2003-11-29 mussolini

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Page 1: 2003-11-29 Mussolini

dosso che metterà in imbarazzoalcuni commentatori di storia.

«In crisi di certo, ma escludoche rinunceranno alla loro alacreattività. Non bastano poche pa-role per rovesciare un paradigmaormai radicato: per questo insi-sto che la conversione democra-tica di Fini deve andare avanti».

Lei continua a manifestare ri-serve.

«Ripeto: siamo di fronte a unprocesso molto interessante, maqualche dubbio permane. È lostesso Fini ad alimentare le mie

perplessità».In che modo?«Alla ribellione dei

nostalgici, egli obiet-ta una presunta an-zianità dell’antifa-scismo di AlleanzaNazionale, che fa ri-salire alla svolta diFiuggi: ma allora nonci fu un vero strappo.Fu un’operazioneconfusa e pasticcia-ta, che mescolavaEvola e don Sturzo.Non è con l’onni-comprensività che silegittimano processidemocratici».

Oggi però lo strap-po è più netto, docu-mentato anche dallereazioni veementidei più ortodossi: da

Assunta Almirante ad Alessan-dra Mussolini, da Mirko Trema-glia a Francesco Storace.

«Certamente, l’accelerazionec’è stata e sarebbe sciocco non ri-conoscerla. Mi auguro però chela revisione prosegua, che la con-versione di Fini ai valori demo-cratici e liberali sia cosa profon-da e autentica. C’è il rischio chesulla destra reale prevalga laproiezione della destra ideale in-seguita dalla sinistra».

Un risultato im-mediato è stato rag-giunto: non più epi-nici commossi suiragazzi di Salò.

«L’indignata rivol-ta dei vecchi repub-blichini come Tre-maglia è il segno evi-dente che le dichia-

razioni di Fini sciolgono un gra-ve equivoco, ossia la equivalenzatra i soldati della Rsi e i partigia-ni».

Equivoco in parte alimentatoda un leader della sinistra.

«Può apparire paradossale chesia Fini a liquidare una ridicolacampagna che era stata inaugu-rata proprio da Luciano Violan-te: un altro paradosso, tra i tantidi questa vicenda».

LA REPUBBLICA 43SABATO 29 NOVEMBRE 2003

DIARIOdi

CAPO del go-verno e Duce

del fascismo, Benito Mussolini vuo-le modernizzare l’Italia con la mano pe-sante. Bastonati gli avversari, “naziona-lizza” gli italiani con l’onnipresenza delpartito fascista. Polizia, spie, “mistica”del regime, e sullo sfondo una Roma dicartapesta che “rivendica l’impero”.Quando finalmente l’impero è conqui-stato, l’Italia “proletaria e fascista” vienemobilitata al punto che Togliatti parla di“regime reazionario di massa”; mentreDe Felice metterà a fuoco l’ossimoro ap-parente di un totalitarismo fondato sulconsenso. Istrionico nella mimica dellebalconate, contadino con i “rurali”, avia-tore con gli aviatori, tennista con i tenni-sti, Mussolini si infila nella guerra hitle-riana e manda in rovina se stesso e il pae-se, passando dalla commedia in costu-me alla tragedia. Finisce orribilmente,ma anche il macabro di Piazzale Loretocontribuisce a tener viva la fiammanei superstiti, che lo trasfigurano nelmito-Mussolini: l’uomo che avevasempre ragione, nonostante la storia.

EDMONDO BERSELLI

LA SVOLTA DI FINI E I CONTI CON IL PASSATO

Uno strappo con il passatoche appare netto. È quelloche Fini, leader di An, ha

compiuto rispetto alfascismo, definendolo“male assoluto”. Parte

della base del partito e deisuoi dirigenti non ha

gradito. E quella mossaimprovvisa ha innescato

reazioni di stupore e rabbiafra coloro che ancora

guardano all’esperienza delventennio con nostalgia.

Naturalmente è prematurovalutarne le conseguenze.Per ora quel gesto, a metàstrada fra storia e politica,ha creato molto dibattito

politico e un evidentesgomento teorico tra quegli

intellettuali che da tempohanno avviato un processodi revisione e rivalutazione

storica del fascismo.

Firenze

Dalla politica aveva trattomotivazioni, alimento, fi-nalità e a causa della poli-

tica rischia di estinguersi: sul-l’agguerrito filone storiograficodel neorevisionismo — propa-gandato da giornali, riviste, Tv ecinema — s’abbatte come unascure l’espressione ormai pro-verbiale di Gianfranco Fini “il fa-scismo male assoluto”. Parolegravi, cariche di sdegno morale,che non più ammettono, sul re-gime di Mussolini, letture giusti-ficatorie o banaliz-zanti (la “dittaturabenevola o beni-gna”), comparazioniindulgenti se non as-solutorie (milioni dimorti di là, poche de-cine di qua), sofismiche relativizzano,ammorbidiscono,edulcorano. La nuovavulgata, interpretatacon zelo dai Cofran-cesco, dai Belardelli,dai Perfetti — ne è co-me spiazzata. E ri-schiano di trovarsi inimbarazzo quegliopinionisti “equidi-stanti” che nell’ulti-mo quindicenniohanno assecondatocon enfasi la retoricadei ragazzi di Salò, as-similati per coraggio e virtù pa-triottica agli avversari partigiani.«Con le dichiarazioni rese inIsraele, Fini pone come un argi-ne al nuovo senso comune», so-stiene Enzo Collotti, già profes-sore ordinario di Storia contem-poranea all’Università di Firen-ze, figura di primo piano dellastoriografia antifascista, da po-chi giorni in libreria con un nuo-vo saggio laterziano su Il fasci-smo e gli ebrei. «Lo strappo del vi-cepremier è sicura-mente rilevante, an-che se si tratta d’unpercorso in fieri, nond’un processo com-piuto».

Fascismo maleassoluto: non è unaformula sospettabi-le di ambiguità.

«Sì, ma è appunto una formu-la, una caratterizzazione generi-ca, quasi un anatema teologicoin cui da storico non mi ricono-sco. Posso aggiungerle, forte d’u-na antica militanza antifascista,che non l’ho mai considerato ta-le».

Siamo al paradosso: Fini chescavalca la storiografia di sini-stra nell’ortodossia della vulga-ta antifascista.

ta del perché gran parte degli ita-liani accettò supinamente le di-scriminazioni razziali. Il fasci-smo era una dittatura, un regimetotalitario. Qualsiasi forma didissenso era impedita».

L’analisi è superficiale, ma ilgiudizio appare netto. Una sen-tenza, quella sul male assoluto,che spiazza tutto il filonedell’“anti-antifascismo”, inval-so da quindici anni nel dibattito

MUSSOLINI

MUSSOLINISIMONETTA FIORI

RITRATTO

Qui a fianco, il “Ritratto del Duce” di GerardoDottori, dipinto del 1933

Lo strappo e la nostalgia

INTERVISTA CON LO STORICO ENZO COLLOTTI

«L’obiezione è che Fini giocasu un terreno esclusivamentepolitico, non certo storico. Daleader d’un partito postfascista,compie uno strappo importanterispetto al suo passato, ma l’ana-lisi storica è ancora rozza, confu-sa: mi piacerebbe che uscissedall’astrattezza di certe senten-ze, pur politicamente significati-ve».

Cosa vorrebbe sentirgli dire?«Fini liquida Salò come una

vergogna in riferimento alle leg-gi persecutorie con-tro gli ebrei. Ma lacondanna deve esse-re estesa anche ad al-tro, ad esempio alnuovo ordine euro-peo di marca nazista,incarnato dalla Rsi enel dopoguerra ere-ditato dal neofasci-

smo del Movimento sociale, dacui Alleanza Nazionale discen-de. Dal Fini costituente europeo— nella sua nuova veste l’ho se-guito con interesse — mi aspettouna maggiore elaborazione cul-turale, e dunque maggiore limpi-dezza».

Limpido è il giudizio sulle leg-gi antisemite, interpretate comeprodotto della ignavia italianapiuttosto che come ossequio al-la Germania di Hitler.

«È sicuramente un elemento afavore di Fini, anche se mi sareiaspettato un’analisi più articola-

Quello di Finiè un percorso

ancoraincompiuto

politico-culturale.«Non c’è dubbio, e questo è il

principale merito di Fini: eglimette fine alla banalizzazionedel fascismo, che è ormai diven-tato nuovo senso comune. Quelche è accaduto in Italia è che, gra-zie all’estrema semplificazionedelle proprie formule, il neorevi-sionismo ha finito per plasmarein profondità l’opinione pubbli-ca. Il suo linguaggio, elementaree dunque rassicurante, è statocapace di produrre convinci-menti collettivi edunque un forteconsenso di massa.Gianfranco Fini po-ne un argine a questoprocesso, invitandola coscienza pubbli-ca a problematizzareil rapporto con il pas-sato: non è poco».

Un macigno sulla strada dichi, liquidando l’antifascismocome valore fondante, lavoraper costruire le nuove basi per lalegittimazione storica della se-conda Repubblica.

«È un invito, rivolto alla destrae al centro-destra, di porsi in mo-do più serio e responsabile ri-spetto alla nostra storia repub-blicana».

Dalla politica era nata l’esi-genza di rileggere strumental-mente il fascismo e l’antifasci-smo. La politica ora mette a ta-cere questa revisione. Un para-

Comunquemette fine allabanalizzazionedel fascismo

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non c’è stato, una guerra civile den-tro la guerra risorgimentale controi tedeschi, chiarissima questa «vafuori di Italia, va fuori stranier» in-tricata, spesso assurda la prima,una lacerazione di relazioni citta-dine, una mescolanza di antichi ri-spetti e di presenti furori. Mia ma-dre, mia sorella, mio padre visseroper venti mesi nella casa di via XXSettembre di fronte al Palazzo Lit-torio dove si sapeva benissimo cheio ero un comandante partigiano,protetti non si sa da quale solida-rietà civile, e io che il 25 aprile dellainsurrezione, per così dire ricam-biavo portando in salvo a Torino suun’autoambulanza un ufficialedella repubblica fidanzato di unanostra cugina bella e stupida masempre cugina prima. E giorni do-po fingevo di non riconoscere, suun treno l’impiegato postale cheaveva co-mandato labrigata nera,ma era stato uncompagno di ta-rocchi al bar Nigra.La guerra civile, nonquella risorgimenta-le ferocemente chia-ra, era spesso una par-tita falsa che andavagiocata anche contro-voglia. Soprattutto conil fascismo irragione-vole. Avevamo in valleVaraita una «volante»che andava a caccia di fa-scisti come di pernici, re-golarmente, una volta lasettimana. Scendevano inpianura, salivano sul trenoCuneo-Saluzzo e tornavano in val-le trionfanti con i prigionieri, conarmi e divisa. Alcuni rassegnati allaprigionia, zitti e buoni; altri comecolti da un eroismo isterico, senzasenso, urlavano la loro intransigen-za. Ne ricordo uno, non so di qualereparto della repubblica, con fiam-me bianche su una uniforme azzur-rina, professore di filosofia che nonriusciva a capire, non voleva capireche la sua guerra era ormai persa,che non aveva senso prolungare lasofferenza e la paura. Ma si arrivò

alla fine con il ri-dicolo che sem-pre si mescola al-le tragedie. Co-me nella trattati-va per la resa del-la Monterosa aDronero. Al po-sto di blocco glialpini addestrati

in Germania sono armati e torvi dipaura, ma l’arciprete ha combina-to l’incontro, gli ufficiali fascisti ciattendono in municipio. Il coman-dante del reggimento sembra irra-gionevole, farnetica di onore mili-tare, di dovere, dice che vuole fareuna sortita. Ma dove? Gli diciamoche dovunque incontrerà altri par-tigiani. Mentre si parla mi sembradi vedere fra gli ufficiali fascisti unvolto noto. Ma sì, è Soria il segreta-rio del Guf Torino che ci mandava afare le gare di sci. Lo saluto con unamano e risponde. Ora si sente sali-re dalla piazza un suono di voci fe-stanti e una canzone. Mi avvicinoalla finestra, assieme a Soria. «Sonoi vostri che cantano?», gli chiedo.«Non credo», dice, «cantano «Ban-diera rossa»». La piazza è già pienadi gente. Si sente un urlo più forte,sta avanzando fra la folla MarioScaglione, il primo antifascista diDronero, porta all’occhiello ungrande garofano rosso.

Poi sono venuti i neofascisti, i po-stfascisti, la specie nera di cui l’Ita-lia sembra non possa fare a menononostante le apostasie dei Fini.Sono tornati a Cuneo, a Torino e

44 LA REPUBBLICA SABATO 29 NOVEMBRE 2003D I A R I O

I LIBRI

LUIGI

SALVATORELLI

NazionalfascismoEinaudi 1952

PAOLO

MONELLI

MussolinipiccoloborgheseGarzanti 1959

RENZO DE

FELICE

MussoliniEinaudi1965-1997

Intervistasul fascismo(a cura diMichael A.Ledeen)Laterza 1975

DENIS

MACK

SMITH

MussoliniRizzoli 1981

ENZO

COLLOTTI

Fascismo eantifascismo.Rimozioni,revisioni,negazioniLaterza 2000

ERNST

NOLTE

I tre volti delfascismoSugar 1964

PIER

GIORGIO

ZUNINO

Interpretazionee memoria delfascismoLaterza 1991

PIERRE

MILZA

Mussolini Carocci 2000

EMILIO

GENTILE

Fascismo.Storia einterpretazioniLaterza 2002

SALVATORE

LUPO

FascismoDonzelli 2000

AA. VV

Dizionario delfascismoEinaudi 2002

AA. VV.

Dizionario deifascismiBompiani 2002

E già principiavanoinvaghirsene, tutte leMarie Barbise d’Italiagià principiavanoinvulvarselo, appenadiscese d’altaresognando fasti delmanganello educatoreEros e Priapo1967

CARLO EMILIO GADDA

Mussolini èil più grande bluffd’Europa. Anche sedomattina mi facessearrestare e fucilare,continuereia considerarloun bluffMussolini: il più grande bluff1923

ERNEST HEMINGWAY

(segue dalla prima pagina)

Percorse in auto scoperta i via-li, abbronzato, soddisfatto delsuo esercito scalcagnato ed

era piaciuto anche a mio zio Marioper niente fascista ma che per gior-ni mi aveva ripetuto: «Perlomeno èbello, mica come quel Ciano che hai piedi piatti e una faccia di palta».Tradizioni e vizi provinciali si eranotrasferiti in quel fascismo che per-ciò stesso ci sembrava quasi nor-male. Una simbiosi che sembravaperfetta quando arrivavano a Cu-neo in allenamento gli azzurri delcalcio, e appena deposti i bagagli inalbergo e indossata la camicia nera,guidati da Vittorio Pozzo, il com-missario unico, attraversavano in-quadrati piazza Vittorio con la co-rona di fiori portata da Meazza eMonzeglio da deporre sul monu-mento dei caduti ai giardini pubbli-ci. Nessuno voleva fare la guerra,ma Mussolini credeva che fosse giàvinta dai tedeschi. Lo vidi tre giorniprima della dichiarazione. Aveva-mo vinto la staffetta con il Guf Tori-no ai littoriali dello sci a Madonnadi Campiglio e lui doveva conse-gnarci a Roma la M d’oro di premio.Prima aveva ricevuto la redazionedel Lambello, il giornaletto studen-tesco di Torino a cui aveva detto che«era finito il tempo di cirioleggia-re», parola da settimana enigmisti-ca ma che anche a quelli del Lam-bello risultava chiara; entravamo inguerra. Qui finì il nostro fascismo diregime, pieno di statue di cartape-sta, di gerarchi in sahariana ma an-che di entusiasmi nazionalistici ecolonialistici perché predare il re-sto del mondo piace a tutti. E si ar-rivò all’8 settembre del ’43, alla ca-duta del regime, all’occupazionetedesca, alla repubblica collabora-zionista di Salò e sin dai primi gior-ni si capì che la musica era cambia-ta, da “Giovinezza giovinezza”, uninno da operetta alla marcia fune-bre, alle decine di morti fucilati, im-piccati, annegati a Boves, a Meina,a Ferrara. Dovunque.

Eravamo da pochi giorni in mon-tagna quando arrivò la notizia che ilDuce era stato liberato sul GranSasso che a Cu-neo il PalazzoLittorio era dinuovo occupatodai fascisti, mafascisti di un tiponuovo, comecolti a caso dauna follia suici-da, nomi maisentiti o imprevedibili, come fun-ghi guasti dopo una pioggia avvele-nata: il pugile Kumar di Gorizia fi-nito a Cuneo per occuparsi del ringsistemato nelle cantine, il capo del-l’ufficio stampa, un uomo colto, af-flitto da elefantiasi, un avvocato sinlì timidissimo e ritroso, un calciato-re arrivato da Reggio Emilia, com-pagno di interminabili partite di bi-liardo, mai parlato di politica, unacompagna di liceo bella, intelligen-te, sposata a un notaio mai visto incamicia nera, un professore di sto-ria dell’arte. E cominciava quel rap-porto morboso di una guerra senzaprigionieri, quella rivelazione di unfascismo, irragionevole, rimastodentro le viscere della gente checantava l’inno lugubre scritto da unteatrante romano «le donne non civogliono più bene / perché portia-mo la camicia nera / hanno dettoche siamo da catene, / hanno dettoche siamo da galera». Il fascismo fe-roce che avrebbe ucciso DuccioGalimberti, lasciandone il cadave-re in un fosso lungo la strada per Sa-vigliano. Il fascismo della guerra ci-vile che anche oggi a tanti anni di di-stanza non si riesce a spiegare a chi

dovunque e ho voluto conoscerliper scrivere la storia della Repub-blica di Mussolini andandoli a tro-vare per tutta Italia a cominciare daGiorgio Almirante nella direzionedel Msi a Roma e mi guardava conquei suoi occhi azzurri ed entrambipensavamo che se ci fossimo in-contrati nell’inverno del ’45 nellaValsesia uno dei due non sarebbestato lì a raccontarlo. Fascisti diogni tipo: il generale Montagna co-mandante della polizia di Salò, ilgenerale Filippo Diamanti bracciodestro del maresciallo Graziani, l’e-conomista Mario Sargenti che cre-deva nella socializzazione, altri mi-nistri e diplomatici, comandantidella X Mas e della Guardia repub-blicana per scoprire che la diversitàfra guerra risorgimentale e guerracivile era ed è inesistente, che la se-conda è dipesa totalmente dalla

prima e che la sua mediocrità di-pendeva proprio dal suo collabora-zionismo, dallo stare agli ordini deltedesco occupante. E così è statodel neofascismo che nella politica èstato un taxi, come diceva EnricoMattei, che i partiti antifascisti po-tevano usare, pagare e poi salutare.La svolta di Fiuggi e la grande apo-stasia di Fini non fanno altro chesuggellare una sconfitta definitiva.Resta qualcosa di simile al fascismoche esisteva già nell’Italia liberale emonarchica: un trasformismo op-portunista, una retorica coloniali-sta da paese voglio e non posso. L’a-postasia di Fini per dire la nascita diun partito conservatore democra-tico? Ma no, bastava e avanzava laDemocrazia cristiana. Ha fatto be-ne la nipote dei Mussolini ad an-darsene. C’è un limite a tutto, an-che a Fini con la kefiah.

QUESTA ERA LA PROVINCIA

QUANDO IL DUCE ARRIVAVA

GLI ARDORI FASCISTI DEI PRIMI ANNI, IL DISSENSO, E POI LA LOTTA PARTIGIANA

GIORGIO BOCCA

All’inizio tradizioni evizi provinciali si

trasmisero nel fascismoche ci sembrò normale

Cos’ha a che fare con la fi-losofia quel male assolu-to di cui ha parlato Fini?

Poco, per la verità, essendo ilmale un fenomeno per sua na-tura relativo. Il male è un «no,non deve essere» che è pronun-ciato dal bene e non dal male.In un mondo dove non ci fosseche il male, la sua potenza fini-rebbe con l’implodere e non re-sterebbe che il nulla. Del restoil male ha bisogno del bene. Sene nutre in modo del tutto pa-rassitario.

Perciò nella storia della filo-sofia il male viene definito perlo più in termini di negazione edi mancanza. E’ la religione, è ilmito, non la filosofia, a vederenel male una forza tenebrosa edotata di una sua realtà auto-noma. Come se la filosofia nonpotesse dar voce alla «positi-

vità» e cioè appunto alla realtàdel male. Semmai il male è par-so ai filosofi qualcosa come unapulsione invincibile, cui l’uo-mo sarebbe soggetto per natu-ra. Ma questo non è il male as-soluto, bensì, come aveva so-stenuto Kant, il male radicale.

Da questo punto di vista nondeve sorprendere che il con-cetto di male assoluto abbiafatto irruzione nel dibattito fi-losofico in chiave polemica. Siain Nolte sia in Del Noce trovia-mo la tesi secondo cui definireil nazifascismo come il male as-soluto è un errore (errore tipicodell’azionismo secondo DelNoce), perché allora non si ca-pisce più quell’altro male che èil totalitarismo comunista. Equi viene da chiedersi: si è resoconto, Fini, usando l’espres-sione che ha usato, di far sua

QUANTI EQUIVOCI

SUL MALE ASSOLUTO

L’ESPRESSIONE NASCE NELLA RIFLESSIONE DI SINISTRA

LE TAPPE

PRINCIPALI

LA MARCIA SU ROMA

Il 26 ottobre del 1922 da diverseparti d’Italia le camicie neremarciano verso Roma. Il re VittorioEmanuele III non firma lo statod’assedio e il 30 dà a Mussolinil’incarico di formare il governo.

I volti di un regime chenell’arco di un

ventennio ha mostratoirragionevolezza, eferocia, stupidità e

tanta retorica

1922

LE LEGGI RAZZIALI

A partire dal settembre 1938vengono approvate le norme “per ladifesa della razza”. Gli ebrei italianisono esclusi dagli impieghipubblici, poi da quelli privati. Con laguerra gli ebrei vengono internati

1938

DAL 25 LUGLIO A SALÒ

Il 25 luglio del 1943 il Granconsiglio mette in minoranzaMussolini. Imprigionato, è liberatoin settembre dai tedeschi. Fonda laRepubblica sociale. Il 28 aprile ‘45Mussolini viene fucilato a Dongo.

1943-1945

CIMELI MUSSOLINIANI

Qui sopra, una coppacelebra il Concordato del’29. A fianco, da sinistra, unritratto del 1935, il “Profilocontinuo” del 1933, unpiatto del 1926.

SERGIO GIVONE

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non poteva credibilmente essereconsumato in pochi giorni, senzacolpo ferire, senza apparente sof-ferenza, senza pagare alcun pe-gno».

Cosa mancò?«La storia, appunto. I conti con

la storia. In questi otto anni An nonha mai organizzato un solo dibat-tito, un convegno, una discussio-ne per ridefinire il proprio giudi-zio sul fascismo e farlo diventaresenso comune di tutto il corpo delpartito. Non c’è stata pedagogiademocratica dopo Fiuggi. Nulla diparagonabile, per esempio, allavera e propria campagna di edu-cazione di massa che promosseroin Germania i conservatori di Ade-nauer per cancellare ogni tracciadi possibili indulgenze verso ilpassato nazista».

È un lavoro che ha fatto Finipersonalmente. È del ’98 la

sua condanna di Salò: «Nonavrei combattuto nella

Rsi, era la strada sba-gliata»…

«E io commentai:Fini è in fuga, ma Anarranca. Fini ha con-

centrato su di sé,con piglio leaderi-stico, la revisione

storica che avrebbedovuto coinvolge-re l’intero partito.Non fu impostata,direi anzi che fuevitata ogni ope-

razione di educa-zione politica. Finicontava sul princi-pio dell’intendencesuivra. È successo

invece che i quadriintermedi di An si sono

comportati come se lostrappo con la storia fos-

se una necessità rituale etattica, un tributo alla rispetta-

bilità poco impegnativo».La versione di destra della

doppiezza comunista di epocatogliattiana?

«Lo definirei piuttosto l’accan-tonamento di un pensiero scomo-do, un tratto molto più tipico delnostro caratterenazionale».

Forse Finicontava suquella che leistesso definì«socializzazio-ne inconscia»,la lenta infiltra-zione delle abi-tudini e dei princìpi democratici?

«Se il contesto fosse stato quel-lo della Prima Repubblica, forseavrebbe avuto ragione ad affidar-si solo al corso della politica, sen-za affrontare di petto il nodo delleradici storiche. Ma è successa unacosa inattesa: nel centro-destra èesplosa la concorrenza, combat-tuta proprio sulla storia e sui suoisimboli. Berlusconi e i suoi ap-prezzamenti per Mussolini, la Le-ga e il suo populismo gladiatoriohanno fatto appello agli umori ne-ri che covano dentro An. Fini si ètrovato a remare controcorrente.E contro una corrente molto forteservono colpi di remo forti».

Forte quanto? Che peso ha,quanto conta il nostalgismo inAn?

«Nel ’98, tre anni dopo Fiuggi, il61% dei delegati al ‘congresso teo-rico’ di An erano ancora contrari arecidere i legami con Salò. La stes-sa percentuale giudicava il fasci-smo ‘un buon regime’ e un altro3% addirittura ‘il migliore possibi-le’. Consideri che non si trattavasolo di vecchi iscritti Msi, ma an-che delle giovani reclute di An».

LA REPUBBLICA 45SABATO 29 NOVEMBRE 2003 D I A R I O

Nei suoi primi annianticlericaliMussolini chiesea Dio di fulminarlosul posto, per provarela sua esistenza. Dioevidentementeera distrattoCinque scritti morali1997

UMBERTO ECO

Il talento istrionescodi Mussolini puòingannare i fascistiper qualche tempo,ma non per sempre equando la frenesiacomincerà a calare,la dittatura cadràDai ricordi di un fuoruscito2002

GAETANO SALVEMINI

Bologna

Toglierebbe il punto interro-gativo, professore? «Lo to-glierei». Piero Ignazi oggi

correggerebbe il titolo del suo Po-stfascisti?, studio sulla galassiadella destra estrema pubblicatoormai dieci anni fa. Ma c’è volutoil trauma di Gerusalemme perconvincerlo. Solo uno scossoneviolento poteva disancorare labarca di An, partita da Fiuggi ottoanni fa ma insabbiata nelle secchedella doppiezza politica. Merito diGianfranco Fini aver compresoche la scossa doveva venire dallastoria e dai suoi simboli, non dallapolitica e dalle sue promesse;dal passato e non dalfuturo. Suo deme-

rito: averlo compreso molto tardi.Forse non troppo tardi, però:Ignazi, docente di scienze politi-che a Bologna, analista e storicodella destra, ora dà al presidente diAn una discreta chance di succes-so come traghettatore. E prevedeche non sarà la ribellione dei no-stalgici il suo vero problema di na-vigazione.

Non fu abbastanza traumaticoper gli ex missini il congresso diFiuggi, professore?

«Era solo l’inizio del viaggio, esuscitò troppi incauti entusiasmi.Uno strappo di quella portata, unmovimento politico post-fascista

che diventa an-tifasci-

sta,

Significa che non solo non fupraticata una pedagogia demo-cratica, ma che ne funzionavauna nostalgica?

«No, significa soltanto che dopoil ’95 An è stato un partito senzaun’identità di ricambio, senza ri-ferimenti storici e ideali diversi daquelli che continuava ad esibiresulle sue bandiere, certo stinte e amezz’asta, ma le uniche visibili sulvascello».

La mattina al congresso a vota-re la svolta, il pomeriggio a Pre-dappio a salutare il Duce… Quan-to poteva reggere quella schizo-frenia?

«Poco. Infatti Fini, dopo avercontinuato per anni a compiereatti politici importanti ma di scar-so impatto emotivo, come il rifiu-to di sedere a Bruxelles assieme adHaider, ha scelto la via di un fortegesto simbolico. Col viaggio inIsraele ha dato un colpo di mazzaall’ultimo rifugio dell’ambiguità edei distinguo: la tesi di un Musso-lini bravo fino al 1938, poi traviatoda Hitler».

Ma l’intendenza non l’ha se-guito.

«Questo è ancora da vedere. Èchiaro che la resistenza del vascel-lo alla tempesta dipende quasi in-teramente dalla compattezza deisuoi ufficiali in seconda. Io credoche gli Storace, gli Urso e gli Ale-manno sfrutteranno l’occasioneper rinegoziare gli equilibri inter-ni e non avranno voglia di rimet-tersi la camicia nera e di calarsi inmare con una scialuppa fragile. Ese nessuno nel gruppo dirigentedarà sponda all’area nostalgica,per quanto estesa sia, An reggerà ilguado. Del resto, tutti sanno che ilcapitale di credibilità del partitorisiede nell’immagine del suo lea-der. L’unica alternativa alla mar-cia verso il partito conservatoremoderno è un altro Msi emargina-to nella sua nicchia».

Non prevede una Rifondazio-ne Fascista?

«No. Se qualcuno ci proverà,sarà un tentativo folclorico. Delresto c’è già stata l’esperienza diRauti e non ha avuto grande fortu-

na».Ma un altro

partito conMussolini nipo-te, Almirantevedova…? No-mi che hannol’appeal dellastoria.

«Ininfluenti.Hanno lo stesso appeal dei nomidelle star dello sport o della tivù».

Ne è sicuro? L’elettorato silen-zioso con chi starà?

«Gli elettori di An sono un pas-so avanti rispetto al partito. Nel2001 solo il 40% dava un buongiudizio sul fascismo, e il 23% loriteneva un regime brutale. Il 40%era già favorevole al voto agli im-migrati prima che lo dicesse Fi-ni».

Dunque Fini non pagherà al-cun pegno?

«Al contrario, lo pagherà già al-le europee. Ma la sua scommessarende nel medio termine, e si gio-ca sul voto moderato. Fini nondovrebbe temere di abbandona-re ad altri i voti di chi si baloccaancora coi giocattoli d’orbace,perché può riguadagnarne pe-scando tra i delusi dell’altra de-stra, sempre più sbilanciata e ra-dicale. La vera sfida, e i veri rischi,sono in questa partita, non nellarivolta dei nostalgici».

E se gli ufficiali in seconda nonci stanno?

«La barca affonda, e affondaper tutti».

LE DUE FACCE

DEL POSTFASCISMO

DOVE PORTA LO STRAPPO DI FINI/ INTERVISTA ALLO STORICO PIERO IGNAZI

MICHELE SMARGIASSI

un’idea che appartiene a unacultura antagonista rispetto al-la sua? Era consapevole di ripe-tere un errore che i suoi autori diriferimento imputavano alcampo a lui avverso? Sapeva diparlare un linguaggio talmentedi sinistra che neppure a sini-stra usa più?

Ciò non toglie che la filosofiasia oggi più disposta di un tem-po a riconsiderare il problemadel male. Forse perché veniamoda un secolo che ha sperimen-tato la furiosa capacità distrut-tiva del male in proporzionismisurate e inaudite. O forseperché gli sforzi fatti per toglie-re al male il suo tragico pungi-glione si sono rivelati per quello

MUSSOLINIULTIMOATTOGli ultimigiorni delDucenell’aprile del1945. Nonaccetta lecondizionidella resaofferte dalcardinaleSchuster efugge. ADongo vienefucilato conClarettaPetacci. RodSteiger èMussolini.Regia di CarloLizzani, 1974

IL DELITTOMATTEOTTIRicostruzionestorica degliavvenimentitra il giugno‘24 e ilgennaio ‘25,dall’omicidiodel deputatosocialista aldiscorso delduce che nerivendica laresponsabilitàMario Adorf èMussolini.Regia diDamianoDamiani,1973

UN TE’ CONMUSSOLINIUn gruppo disignoreinglesi eamericaneamantidell’arte vive aFirenze. Unadi esse adoraMussolini chel’ha ricevuta aPalazzoVenezia. Poiverranno leleggi razziali.Regia diFrancoZeffirelli, 1999

IL GRANDEDITTATOREScambio dipersonalità traun barbiereebreo e ildittatoreHynkel(Hitler).Napaloni-Mussolini èJack Oakie.Regia diCharlieChaplin, 1940

I FILM

A sinistra, una cartolina postale deglianni Venti. In alto,“Balilla” di Verossì del1937

LA NASCITA DEL MSINel dicembre del 1946 vienefondato il Movimento socialeitaiano. Nel partito neofascistaconviveranno (a volte a fatica)un’anima nostalgica ed estremista euna più cattolico-conservatrice.

1946

LA SVOLTA DI FIUGGINel gennaio del 1995 si svolge aFiuggi l’ultimo congresso del Msiche è anche il primo di AlleanzaNazionale. Pino Rauti darà vita allascissione del Msi-FiammaTricolore.

1995

LO STRAPPO DI FINIIl 24 e il 25 novembre GianfrancoFini, in visita a Gerusalemme, parla«dell’epoca del nazismo, delfascismo e delle persecuzioni»come «male assoluto» e dice diaver «cambiato idea» su Mussolini.

2003Un processo che daldopoguerra a oggi haportato la destraestrema a una revisionedi posizioni noncondivisa dalla base

Il rischio che sulladestra reale prevalgaquella ideale resta

ancora alto

che erano: vani esercizi retorici.Sia come sia, l’ «assolutezza» delmale, o meglio quel fondo di ir-redimibilità che sembrano ren-derlo impermeabile alla ragio-ne, non è più oggetto di censura,anzi. La lezione di maestri delpensiero contemporaneo comeJonas, Pareyson, Ricoeur, che almale hanno dedicato le loro ri-flessioni più profonde, è tutt’al-tro che inascoltata.

E così è potuto accadere che il«no, non deve essere» sia diven-tato un «no, non deve essere as-solutamente». Non il male asso-luto, ma l’assoluto nel male è ciòche dà da pensare. Quell’asso-luto di cui ci siamo liberati e checomunque non sapremmo piùdove trovare, è lì, nel cuore delmale. Il giorno che non avremopiù parole per dire «no, non de-ve essere assolutamente» saràun brutto giorno. E non solo perla filosofia.

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è in questo che personalmente vedo, da let-trice, la grandezza di Wallace. E d’altra par-te, ciascuno di voi troverà un proprio mo-do di leggerlo, non c’è dubbio. È in questosenso che Wallace è uno scrittore di culto:vi sembra che stia parlando solo a voi.

Fin qui ho parlato in astratto, in parteperché volevo essere concisa, e anche, sedevo essere onesta, perché Wallace è il ge-nere di scrittore di cui si preferisce non par-lare o scrivere molto; in questo senso mi ri-corda Nabokov. Quando si cerca di dire

qualcosa di più riguardo aNabokov sul pianodell’»interpretazione let-teraria» pare sempre di ve-dere da qualche parte, conl’occhio della mente, Vla-dimir stesso che fa unasmorfia. Wallace è ungrande produttore dismorfie — quando l’ho in-contrato di persona si è fat-to prendere da un accessodi smorfie — e in particolarmodo i suoi saggi sono pie-ni di «smorfie»: nei con-fronti della crudeltà, dellavanità, della prepotenzaemotiva e, forse più di ognialtra cosa, della volgaritàintellettuale. Ma spero cheperdonerà la mia volgaritàintellettuale per un attimomentre rivolgo brevemen-te la nostra attenzione a unpiccolo brano tratto da unracconto di questa raccol-ta, “Piccoli animali senzaespressione”. Voglio arri-schiarmi a sostenere che

questa storia parli della scrittura di Walla-ce, come di tanto in tanto capita con qual-che racconto di uno scrittore. Apparente-mente il racconto parla di Julie Smith, unaconcorrente lesbica che riscuote uno stra-biliante successo nel gioco a premi televi-sivo «JEOPARDY!», e senza dubbio parlaanche di questo. Ma parla anche abbastan-za di enciclopedie, dei dati e dei loro effettisul cuore, dell’inutilità di alcuni tipi di sto-rie, dell’autentica lotta per proteggere lapropria esperienza dal vorace riconfezio-namento da parte dei media di quella espe-rienza... Insomma, si sente che qui Walla-ce traccia le linee di battaglia della sua con-cezione letteraria, raccontandoci allo stes-so tempo più cose sul popolare presenta-tore tv americano Alex Trebek di quanteavremmo mai voluto saperne.

Ad ogni modo, a un certo punto della sto-ria, un dirigente televisivo spiega ad altridirigenti televisivi che cosa ha di specialequesta Julie Smith. Viene fuori che lei con-voglia una forza speciale, una forza moltorara in televisione:

«Questa forza, signore e signori, è la ca-pacità dei dati di trascendere le loro intrin-

seche limitazio-ni di dati per di-ventare, in sé eper sé, significa-to, sentimento.Questa ragazzanon solo i dati seli mangia a cola-zione. Questaragazza pervade

le nozioni di importanza. Le rende umane,le trasforma in qualcosa che ha il potere diemozionare, evocare, indurre, provocarecatarsi. Dona al quiz quella simultaneità ditrasparenza e mistero che tutti noi in que-sto ambiente tentiamo di raggiungere da,da decenni. Una sorta di concorrente idea-le che unisce testa, cuore, viscere e dito sulpulsante. [...] È un mistero».

Questa è una forza maledettamente raraanche nella mia professione. Trasforman-do qualche femminile in maschile, e mal-grado le smorfie dell’autore, considereròquanto riportato qui sopra tra gli obiettividella scrittura di Wallace: unire testa, cuo-re e viscere. Ed è un totale mistero per mecome lui riesca a farlo tanto bene. Fornircile informazioni, tutte le informazioni, piùinformazioni di quante ne possiamo dav-vero sopportare, e illuminandole tutte coisentimenti genuini che ancora possedia-mo, malgrado tutto.

(Traduzione di Andreina Lombardi Bom)

scrittori in mezzo a questo pubblico cheemette a sua volta mormorii di approva-zione.

5) Un gran numero di newyorkesi chetollera che qualcuno indossi una bandanain un luogo pubblico.

La spiegazione dellesuddette stranezze è cheDavid Foster Wallace godedi un grande e insolito af-fetto da parte di molti fracoloro che costituisconoquella che viene chiamataeducatamente «comunitàletteraria»...

Come spiegarlo? Non èsolo il fatto che Wallaceproduce buona narrativa— naturalmente è così, main un certo senso questo èun aspetto marginale. Enon è solo il fatto che è di-vertente e innovativo e do-tato in maniera leggenda-ria dei vari strumenti di cuiun romanziere ha bisognoper fare il proprio lavoro(empatia, intuito, abilità diconnessione, perspicacia eaver-letto-tutto-quel-che-esiste-sulla-faccia-della-terra)… Non ha molta im-portanza che cosa sta fa-cendo — se sta scrivendoun reportage sulla campa-gna elettorale del senatoreJohn McCain nel 2000, unlibro sull’infinito nella ma-

tematica, o un articolo sulle navi da crocie-ra, o sull’uso del linguaggio al giorno d’og-gi, o sul tennis, o le storie di molta gente chenon esiste affatto, e che fa cose che non so-no mai successe davvero. La narrativa è

New York

Ho mandato un mio amico newyorke-se esperto di mondanità in una li-breria Barnes & Noble di Manhattan

a caccia dell’autografo di uno scrittore. Ilmio scrittore vivente preferito presentavail suo nuovo libro sul concetto matematicodi infinito, e anche se questo scrittore lo co-nosco di persona — per quanto vagamen-te — e ho la sua firma in calce a un paio dilettere, mi sono accorta che volevo co-munque il suo autografo su un libro vero eproprio da poter metterein un mio scaffale vero eproprio. Dato che in quelmomento insegnavo a Bo-ston non potevo andare al-la presentazione di perso-na, e mi vergognavo ancheun po’, suppongo, di vole-re un libro autografato. Aprezzo di un certo sacrifi-cio personale ho vuotatol’amaro calice dell’umilia-zione con il mio amico, cheha accettato di andare almio posto.

Il giorno dopo ho chie-sto al mio amico un reso-conto della presentazione:

«Il posto era strapieno...non ci si poteva muovere...e poi è arrivato lui...»«Com’era vestito?»«Com’era vestito? Mmm...aveva, non so, una speciedi camicia da matematico?Una camicia da insegnan-te di matematica, un po’anni Cinquanta, hai pre-sente, con le maniche cor-te?» «Aveva pure le penne nel taschino?»«No, non aveva penne».

«?» «!» «E poi... che altro? Che mi dici? Por-tava la bandana?» «Sì... una grande banda-na... si sta facendo ricrescere i capelli. Su-dava un po’».

«E che mi dici del pezzo che ha letto... eraterrificante? Una cosa difficilissima...? Vo-glio dire, tu l’hai capito?» «Guarda, lui è sta-to divertentissimo... è stato grandioso... laparte delle domande e risposte è stata ve-ramente grandiosa... divertentissimo e ingamba, davvero».

«Perché? Cos’è successo... spiegati me-glio».

«Ok, dunque... uhm, per esempio, c’eraTouré... hai presente, lo scrittore? E gli faquesta bella domanda su “che effetto fa sa-pere che fra i tuoi coetanei e per un sacco dilettori più giovani, tu sei un po’ L’UNICO, ese ne sei consapevole, e che effetto fa es-serne consapevole se lo sei eccetera”, e trail pubblico c’è stato un mormorio come perdire: Giusto, bella domanda, e allora lui,Wallace, ha detto una cosa tipo: Non lo sose ne sono consapevole, ma sono un po’scettico su tutta questa concezione... per-ché poi ha parla-to di DeLillo ePynchon e di co-me c’era questaspecie di amore-odio totale perloro quando lagenerazione diWallace faceval’università... èstato divertentissimo, davvero. È stato fi-co».

«E il libro per me te lo sei fatto firmare ono?» «Ah, no, scusa... c’era una fila che nonfiniva più... io avevo un impegno da un’al-tra parte e quindi... e in ogni caso sarebbestato troppo strano... tipo: Ciao sono l’exragazzo di Zadie per piacere mi firmi que-sto... è troppo strano... ti ho preso una co-pia, però».

Ci sono alcune cose insolite in questastoria:

1) Uno scrittore vivente che vuole l’auto-grafo di un altro scrittore vivente.

2) Un gran numero di newyorkesi cheviene a sentire un tizio che presenta un li-bro sulla matematica. Matematica terrifi-cante.

3) Un gran numero di newyorkesi cheemette mormorii di approvazione quandoqualcuno lascia intendere che uno fra tuttiloro è straordinariamente intelligente, spi-ritoso e pieno di talento.

4) Un gran numero di scrittori/aspiranti

una delle tante cose che David Foster Wal-lace fa con il cervello, ma i suoi fans hannoimparato a tenere d’occhio attentamentevia internet tutto quello che lui produce —che sia un saggio, un’introduzione, metà di

una conferenza, perfinoun’intervista via e-mail.Quando una voce è volumi-nosa come questa, la si vuo-le sentire in qualsiasi for-ma.

È un’intelligenza gene-rosa — è a questo che vole-vo arrivare, in fondo. E su dime fa un effetto che Pyn-chon non è mai riuscito a fa-re. Né DeLillo. Mentre mifornisce tutte le informa-zioni di cui ho bisogno, tut-ta la precisione che mi oc-corre per capire come stia-mo cambiando, di cosa èfatta la nostra modernità —mentre fa questo, tutta l’o-pera di Wallace riesce co-munque ad avere una riso-nanza tale da ricondurmi ame stessa. Ricondurmi allamia vera vita vissuta, allemie esperienze affettive au-tentiche, alle mie grandipaure, e al mio singolare(così sembra — ma natural-mente è condiviso) destino.Come se un personaggiocon i contorni di Ivan Il’icmettesse piede sulla scenaiperreale di Rumore bianco:

LA REPUBBLICA 47SABATO 29 NOVEMBRE 2003

David FosterWallace

TUTTI I FAN DI WALLACEZADIE SMITH

Uno scrittore-cult presenta un libro a New York

CI SONO

ALCUNE COSE

INSOLITE IN

QUESTA STORIA

UNO STRANO

AMORE E ODIO

PER DELILLO E

PYNCHON

Il posto erastrapieno,non ci sipoteva

muovere elui eravestito

come uninsegnante

di matematica

È statodivertente,grandiosospecie con

le domandedella gente

che glidiceva “seil’unico, cheeffetto fa?”

www.kataweb.it KATAWEB ARTE. I musei, le gallerie, le mostre in Italia e nel mondo. Tutto a regola d’arte.

DAVID FOSTER WALLACE è ormai un ca-so letterario internazionale. È nato nel ’62ed ha al suo attivo romanzi (Infinite Jest,La scopa del sistema), saggi come quellorecentissimo sull’infinito di cui ha parlatosu queste pagine Antonio Monda, e rac-

colte di racconti. La ragazza dai capellistrani, che ora minimum fax pubblica inuna nuova traduzione di Martina Testa econ due racconti inediti in più, è forsequella più famosa. Anticipiamo qui la pre-fazione di Zadie Smith.

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48 LA REPUBBLICA SABATO 29 NOVEMBRE 2003

«Mentre sono intento atracciare queste ulti-me parole la mia fine-

stra è aperta... Vedo i riflessi diun’aurora di cui non vedrò il sorge-re del sole. Non mi resta che sede-re sul bordo della fossa, per poiscendere arditamente, il crocifissoalla mano, nell’eternità». È conqueste parole che il 16 novembre1841 François de Chateaubriandmetteva fine alla grande impresamemorialistica con cui aveva volu-to evocare sul filo della propria vi-cenda individuale «i principi, leidee, gli eventi, le catastrofi... dellasua epoca». Iniziate con il raccon-to della nascita del loro autore nel1768, e dopo averne ripercorso peroltre 3.500 pagine la vita nel suofarsi, le Memorie d’Oltretomba siconcludevano, dunque, inscriven-do nel testo l’annuncio della suastessa morte. In realtà sarebbe so-pravvissuto ancora sette anni.

Accorso a Rue du Bac alla noti-zia della morte di Chateaubriand,Victor Hugo ricordava in Cose Visteche la cassa di legno bianco conte-nente il manoscritto delle Memo-rie d’Oltretomba si stagliava comeun monumento funebre ai piedidel lettino di ferro su cui giaceva lasalma dello scrittore. Esse erano lìa ricordare come, ancor prima diabbandonare la sua spoglia morta-le, Chateaubriand fosse già scesonel regno degli Inferi e avesse scon-fitto la morte, ridando voce alleombre dei defunti con la forza me-dianica della scrittura.

L’opera a cui Chateaubriand af-fidava la sua immortalità tra gli uo-mini non aveva precedenti nellaletteratura francese. Sovvertendoradicalmente le regole dei generiletterari classici, le Memorie d’Ol-tretomba erano una grande epo-pea in prosa che coniugando auto-biografia, storia, racconto, poesia,dramma, venivano a colmare unaduplice assenza. Da secoli la Fran-cia lamentava la mancanza diquella poesia epica e cavallerescadi cui l’Italia del Rinascimento ave-va dato tanti splendidi esempi, népoteva, d’altro canto, vantare unatradizione storiografica all’altezzadella nazione. Chateaubriand ri-spondeva ad entrambe le esigenzeraccontando il «secolo delle Rivo-luzioni» (La Ri-voluzione fran-cese, l’avventu-ra napoleonica,la Restaurazio-ne, la Monarchiadi Luigi Filippo),di cui era statoattore e testimo-ne, in un’opera«aperta», dove lanarrazione alta-mente poeticadei sentimenti edegli eventi evo-cati procedevadi pari passo conla storia della lo-ro gestazione.

Nel 1832, do-po la caduta de-finitiva dellamonarchia deiBorbone, lascia-ta per sempre lascena pubblica,Chateaubriandaveva ripresol’antico proget-to, iniziato edabbandonato più volte, di redigerele proprie memorie. Lo scrittore in-tendeva rappresentare la sua vitacome un «dramma» in tre atti, cor-rispondenti a tre momenti storicisuccessivi. Dalla prima giovinezzafino al 1800, egli era stato soldato eviaggiatore; dal 1800 al 1814, sottoil Consolato e l’Impero, aveva per-seguito la carriera letteraria e, apartire dalla Restaurazione, si eraconsacrato alla vita politica. A que-sta tripartizione si sarebbe aggiun-to, cammin facendo, un quartomomento, quello della vecchiaiadell’autore e della realizzazionedell’impresa letteraria che, auten-tico work in progress, assommavatutti i momenti precedenti sotto ilsegno della memoria.

È a quest’opera grandiosa ecomplessa, posta al crocevia tral’antico e il moderno, in cui la ri-flessione politica è inseparabile daquella religiosa e morale, e l’ispira-zione poetica è essenziale per ren-dere intelligibile la storia, che MarcFumaroli dedica oggi uno studiomonumentale, destinato a fare da-ta.

Le 799 pagine del suo Chateau-briand Poésie et Terreur (Editionsde Fallois, pagg. 779, euro 27 ), nonci propongono in effetti, come po-trebbe indurre a credere il titolo, lastoria di una vita bensì quella di uncapolavoro. Scandito in quattroparti, come l’opera a cui è consa-crato, il libro di Fumaroli ricostrui-sce la genesi intellettuale e poeticadelle Memorie d’Oltretomba in tut-ti i suoi molteplici elementi costi-tutivi. A partire da una nuova mes-

sa in prospettiva critica delle vi-cende biografiche e del contestostorico che costituiscono il tessutoconnettivo delle Memorie, Fuma-roli procede a ricostruirne la ge-nealogia in tutta la sua ampiezza ela sua complessità. Sviluppando lasua indagine per cerchi concentri-ci, lo studioso evidenzia i possibilimodelli delle Memorie — dai poe-mi antichi alla tradizione memo-rialistica francese — , analizza legrandi letture formative di Cha-teaubriand — Fenelon, Bossuet,Rousseau, Vico, Milton — , illustral’influenza esercitata su di lui dalleteorie estetiche e filosofiche deisuoi contemporanei — la poeticaclassicista di Fontanes, la visionefilosofico-cristiana della storia diBallanche — , ricostruisce le espe-rienze cruciali della sua vita senti-mentale alla luce della sua relazio-ne con Madame de Récamier. Ma illibro di Fumaroli non si limita aproporci una lettura totalizzantedelle Memorie, disvelandone tantole necessità interne quanto i condi-zionamenti esterni, prestandouguale attenzione al dialogo inin-terrotto che esse sottendono con ilpassato come alla dialettica co-stante che le lega al loro presente.Quella dello studioso è una pro-spettiva di lunga durata che leggele Memorie anche in funzione del-la loro capacità di prefigurare il fu-turo. Nell’illustrare i grandi temiche attraversano l’opera di Cha-teaubriand, la religione, la tradi-zione, la memoria, la libertà, il libe-ralismo, la democrazia, Fumaroli,ne mette in evidenza il carattereinaugurale e la permanente attua-lità attraverso il raffronto con gran-di scrittori, da Tocqueville a Prou-st, che dopo di lui hanno riflettutosugli stessi problemi. Mostrando lacentralità del pensiero di Chateau-briand nella storia delle idee chehanno modellato la nostra conce-zione della modernità, Fumaroliconsegue come primo obiettivo diliberare il campo degli ingombran-ti pregiudizi che fanno dell’autoredelle Memorie d’Oltretomba unoscrittore reazionario, o quantome-no uno splendido, romantico pala-dino di un mondo scomparso. Per-ché, condotta in profonda empatiacon il pensiero di Chateaubriand,

l’impressionan-te summa criticadi Fumaroli nonè solo unos t r a o r d i n a r i otour de force eru-dito, è ancheun’opera «mili-tante» che con-sente allo stu-dioso di dise-gnare in contro-luce la propriavisione liberaledella politica edella cultura, eribadire instan-c a b i l m e n t el’importanza vi-tale del legameche la moder-nità deve saperintrattenere conla tradizioneumanistica e cri-stiana.

Due procedi-menti retorici,quello della con-trapposizione e

quello della giustapposizione,consentono allo studioso di dareuna evidenza quasi teatrale allasua indagine critica e di mettere inscena, una dopo l’altra — ma an-che una dentro l’altra — le espe-rienze cruciali attraverso cui l’av-ventura intellettuale, poetica, reli-giosa, politica di Chateaubriandprende forma. Pensiamo, adesempio, nel primo caso, al capito-lo inaugurale su «Lumi e Anti-Lu-mi», dove alla fede nella ragionepura, «all’idolatria dell’uomo ver-so se stesso», Chateaubriand con-trappone, sulla falsariga di Vico,l’impossibilità di ricondurre la vitaumana al vero e al falso, la neces-sità di tener conto della storia, del-la natura, della condizione imper-fetta dell’uomo, dell’importanzadel buon senso, della memoria,dell’immaginazione, del cuore. Oal secondo capitolo, dedicato aChateaubriand e a Talleyrand, do-ve Chateaubriand incarna un idea-le aristocratico basato sull’onore esul dovere, fedele al ricordo di un«Antico Regno» di stampo ancorafeudale, umano, stabile, garantedelle libertà e delle diversità, men-tre Tayllerand è preso ad emblemadella degradazione morale dell’as-solutismo monarchico.

L’amore per la libertà è ugual-mente all’origine della contrappo-sizione tra «Il Poeta e l’Imperato-re». Fin dal 1807 Chateaubriandaveva annunciato il suo j’accusecontro Napoleone — «È invano cheNerone prospera, Tacito è già natonell’Impero» — ma l’esecrazionedello scrittore per il despotismo di

Bonaparte si accompagna dopo lasua caduta, come mostra bene Fu-maroli, all’ammirazione cavalle-resca per il grande sconfitto e allanecessità, davanti al vuoto aperto-si con la sua scomparsa, di fare iconti tanto con il suo operato checon la sua leggenda. Nel capitolointitolato «Il Poeta e il Re», la nota

dominante è, invece, la delusionenei confronti della Restaurazione edi Carlo X, l’ultimo dei sovranifrancesi legittimi, a cui lo scrittoreaveva prestato servizio come mini-stro, ma che si era mostrato inca-pace di realizzare il progetto salvi-fico di una monarchia costituzio-nale e rappresentativa. Un proget-

to in cui Chateaubriand si era rico-nosciuto pienamente, fin dalla suaprima enunciazione nel 1789, eche la Rivoluzione aveva brutal-mente interrotto.

Il trauma della Rivoluzione e l’e-sperienza del Terrore sono uno deinodi centrali della riflessione criti-ca di Fumaroli e costituiscono —

IDROLOGICOSTEFANO BARTEZZAGHI

Ogni anno, a novembre, sono meno i millimetri di piog-gia necessari a farci venire nostalgia dell'Arca: poz-zanghere monstre, autostrade chiuse o pericolosissi-

me, strade-piscine, blackout nelle case e negli uffici, metro-politane bloccate, transenne che ostruiscono i torrenti dellaRiviera ligure già massacrata dalla speculazione edilizia, conrischi per le case sorte subito al limite dell'alveo... La soluzio-ne del problema è indicata in un refuso, procurato la scorsasettimana in un articolo su Repubblica dall'entusiasmanteidiozia dei correttori automatici. Laddove l'estensore del-l'articolo aveva parlato del "dissesto geologico e idrologicodel territorio" il lettore poteva leggere "dissesto geologico eideologico".

Ai filosofi al potere non si è mai creduto: ma nel caso deigeologi? Probabilmente basterebbero cinque anni di potereassoluto a un'oligarchia di geologi e le cose incomincereb-bero ad andare per il meglio. Piedi per terra, e terra ben saldasotto i piedi. In quanto al resto, l'economia o la guerra o lapubblica istruzione più di tanti danni non faranno: anchesenza scambiare idrologi con ideologi e geologi con teologi.

UN CONVEGNOSU CUOCOCAMPOBASSO — Nellastoria del pensiero politico,l’opera di Vincenzo Cuocoè stata oggetto di ininter-rotto studio: un bilancio èofferto dai numerosi saggiraccolti nel volume Vincen-zo Cuoco nella cultura didue secoli, a cura di Luigi Bi-scardi e Antonino De Fran-cesco (Laterza,); e dalla rac-colta degli studi di FulvioTessitore Filosofia, storia epolitica su Vincenzo Cuoco(edizioni Marco, Cosenza).Di questi e altri lavori di-scuteranno Tessitore, Bi-scardi, Umberto Carpi, An-tonino De Francesco, Do-menico Conte, il 1° dicem-bre, a Campobasso, nel-l’Aula Magna del ConvittoNazionale Mario Pagano.

A CAMPOBASSO

Partendo dai propriricordi l’autore volevaraccontare il suo secolo

e restituire al mondoil passato: il contrario

del progetto di Rousseau

Lo scrittore della Memoriatra Rivoluzione e Terrore

BENEDETTA CRAVERI

François -René

deCHATEAUBRIAND

UN SAGGIO DI MARC FUMAROLIAl centro della vasta indagine

c’è un’opera grandiosa epoeticamente ispirata

che si pone al crocevia traantico e moderno

Come si poteva risolvere ilproblema? Non vi era altra stra-da che riprendere le ricerche ecompletare lo scavo della strut-tura. Così è stato fatto da Fran-cesco Roncalli, attuale diretto-re del Centro del C.N.R., ora de-

comunque a un ambiente «de-stinato a riunioni pubbliche».Nel 1993, Giovanni Colonnapropose il confronto con gliekklesiasteria, i luoghi delleadunanze, o con lo stesso Co-mizio di Roma.

Cerveteri

Tra il 1983 e il 1989, Mau-ro Cristofani, in qualitàdi direttore dell’Istitu-

to per l’Archeologia Etrusco-Italica del Consiglio Nazio-nale delle Ricerche, svolseuna serie di fortunate cam-pagne di scavo nella zonacentrale dell’area urbana diCaere (Cerveteri), una città-stato etrusca affluente e col-ta al punto che i rampolli del-l’aristocrazia romana vi ve-nivano a completare la loroformazione secondo la testi-monianza di Tito Livio.

I risultati furono d’inte-resse notevole, vennero ri-portate alla luce infatti unaresidenza, la probabile sededel monarca, un tempio, unsingolare edificio di formaellittica e un’ampia cava col-mata già in antico. Tra lestrutture ricuperate l’atten-zione degli studiosi venneattratta soprattutto dall’in-solito edifico ellittico, ununicum in Etruria. Di cosa sitrattava? Inizialmente gliscavatori ne proposero l’i-dentificazione con unagrande capanna poi pensa-rono a una «sorta di curia», o

TROVATO IL TEATROPIÙ ANTICO D’ETRURIA

GIUSEPPE M. DELLA FINA

L’EDIFICIO ELLITTICO SI TROVA A CERVETERI, L’ANTICA CAERE

Il teatro etrusco ritrovato a Cerveteri

augura un buon 2004 ai suoi lettori

Adolf Loos e il suo Angelo

Massimo Cacciari

Pensare architettura

Peter Zumthor

Architettura e nulla

Oggetti singolari

Jean Baudrillard / Jean Nouvel

Architettura e disegno

La rappresentazione

da Vitruvio a Gehry

James S. Ackerman

Il restauro dell’architettura

contemporanea

Carlo Scarpa,

aula Manlio Capitolo

Renata Codello

Delirious New York

Rem Koolhaas

Il Giardino Zen

François Berthier

Architettura è

Louis I. Kahn, gli scritti

Maria Bonaiti

Architettura©

della tabula rasa©

Due conversazioni

con Rem Koolhaas, ecc.

François Chaslin

i libri per pensarel’architettura

www.electaweb.it

Electaarchitettura

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LA REPUBBLICA 49SABATO 29 NOVEMBRE 2003

come suggerisce il sottotitolo dellibro — la chiave di volta della sualettura di Chateaubriand. Con ilTerrore, infatti, il mondo si è spez-zato in due; la libertà si è trasfor-mata in schiavitù; il culto dell’uo-mo ha rivelato l’inumanità di cuigli uomini sono capaci verso sestessi; la continuità storica si è in-

terrotta e tutto è diventato instabi-le; la Rivoluzione non si è mai real-mente conclusa ma è entrata a farparte delle modalità della storia,trasformandosi in un fenomenoendemico della modernità.

È confrontato a questa catastro-fe che Chateaubriand diventa Cha-teaubriand. Egli è spinto a conver-

tirsi perché gli è possibile accettareil Terrore solo in una prospettivaprovvidenziale e non razionaledella storia: è spinto a scrivere perevocare il solo regno che la Rivolu-zione non ha potuto abolire, quel-lo del lutto e della memoria: il gran-de tema che attraversa tutti i diver-si saggi che compongono il Cha-

teaubriand di Fumaroli, conferen-do alla sua straordinaria «bibliote-ca portatile» una unità profonda, ead esso sono dedicate molte dellepagine più belle del libro.

Giovanissimo, Chateaubriandera stato profondamente segnatodalla lettura di Rousseau (il capito-lo che Fumaroli dedica al confron-to tra i due scrittori è di straordina-rio interesse) e, come lui, aveva fat-to del ricordo il processo conosci-tivo rivelatore dell’identità dell’io.Unica traccia della nostra vita ed altempo stesso emblema della labi-lità della condizione mortale, lamemoria era stata fino ad allora, apartire da Sant’Agostino, appan-naggio della riflessione cristiana,ma diventava con Rousseau e Cha-teaubriand la trama di «due grandiOdissee dei tempi democratici».Tanto l’autoredelle Confessio-ni che quellodelle Memoried ’ O l t r e t o m b aerano risaliti al-l’infanzia sul filodella memoriaaffettiva ma, adifferenza diJean-Jacques,Chateaubriandnon mirava arendere traspa-rente il suo «inesplicabile cuore»,non intendeva confessare le suedebolezze e i suo intimi segreti permeglio proclamare la sua innocen-za, non si proponeva di scrivere lasua autobiografia né, tantomeno,la sua apologia. Partendo dai pro-pri ricordi, Chateaubriand volevaraccontare il suo secolo, ricostrui-re una situazione storica e sociale,mettere in scena il suo io nella qua-lità di testimone ed attore. Rous-seau mirava a liberare l’individuodalla società e dalla storia, Cha-teaubriand voleva, al contrario, re-stituire, attraverso il ricordo poeti-co ed eroico di un passato scom-parso, il senso della storia.

Fumaroli mostra bene comeChateaubriand fosse stato forte-mente influenzato anche da unapratica della memoria di segno op-posto all’opzione aperta da Rous-seau, quella della tradizione me-morialistica francese. Fin dai tem-

pi delle crociate, la nobiltà france-se aveva fatto ricorso alla scritturaper dare la propria versione dei fat-ti di cui erano stati protagonisti etestimoni. Con l’avvento della mo-narchia assoluta, questa scritturaprivata — da Bassompierre, a Retz,a La Rochefoucauld — era diventa-ta per i grandi aristocratici dissen-zienti l’ultima possibilità di pro-clamare la loro verità e difendere illoro onore, facendo appello allamemoria dei posteri. La pubblica-zione sistematica dell’intero cor-pus di questi testi intrapresa sottola Restaurazione e, in particolarmodo, quella delle Memorie diSaint-Simon, rimaste fino ad allo-ra inedite, consentiva a Chateau-briand di evocare la civiltà a cui ilTerrore aveva messo fine non solocome memoria poetica ma come

esempio di unaindipendenza dipensiero più chemai essenzialealla vita demo-cratica moder-na. «In nessunaepoca, in nessunpaese, sotto nes-sun governo»,aveva scrittoChateaubriandnel Genio delCristianesimo,

«la libertà di pensiero è stata piùgrande che in Francia al tempo del-la monarchia... basta aprire le no-stre memorie per trovare ad ognipagina le verità le più dure e le piùoltraggiose dirette ai re, ai nobili, aipreti. Il Francese non ha mai pie-gato servilmente la testa sotto ilgiogo; si è sempre sottratto, fortedell’indipendenza della sua opi-nione, alla costrizione impostaglidalle forme monarchiche». Nondiversamente da quanto avevanofatto i suoi antenati, Chateau-briand avrebbe affidato alle Me-morie d’Oltretomba il compito didifendere il suo onore e di testimo-niare di una libertà di pensiero chedava coerenza alle diverse figuredella sua vita — l’esule, il viaggia-tore, lo scrittore, il dissidente,l’ambasciatore, il ministro, il gran-de Incantatore —, fungendougualmente da monito per i tempinuovi.

MONTAIGNEA 300.000 EUROPARIGI — Un rarissimoesemplare dell’edizioneoriginale dei Saggi di Mi-chel de Montaigne,pubblicata nel 1580, èstato venduto a Parigi,durante un’asta diSotheby’s, per la cifra re-cord di trecentomila eu-ro. L’esemplare aggiu-dicato all’asta — intera-mente consacrata ai te-sti del grande umanistafrancese — è uno deiquattro ancora conser-vati in mani private. Lacopia, che fu stampata aBordeaux dal tipografoSimon Millange, era sti-mata centocinquanta-mila euro: nell’accesagara al rialzo, il prezzo èraddoppiato.

UN’ASTA A PARIGI

Nel “Genio delCristianesimo” avevascritto che in nessunaepoca la libertà era

stata più grande che altempo della monarchia

François-René de Chateaubriand

in una stampa d’epoca

Sotto, a sinistra, Jean-Jacques Rousseau

nominato Istituto di Studisulle Civiltà Italiche e delMediterraneo Antico, cheaveva iniziato le indagini.

I lavori si sono appenaconclusi e le sorprese nonsono mancate: l’edificio,stando almeno ai risultatidelle analisi geofisiche, sem-bra chiudersi anche verso illato di sud-est e assumere laforma di una vera e propriaellissi. Inoltre sono stati rin-venuti al suo interno i resti diun successivo edificio diepoca romana, con ogniprobabilità una basilica. Lascoperta non è di scarso in-teresse: l’edificio a forma diteatro, usato per gli spetta-coli ma anche per le riunionipolitiche, risulta il più anticosinora ritrovato in ambitourbano in Etruria e possia-mo ricostruirne le dimensio-ni ragguardevoli (più di 32metri in lunghezza e 22 inlarghezza; con uno spazioutile interno di circa 325 mq)e ipotizzarne l’elevato chedoveva essere in legno. Un’i-dea di come doveva essere cela fornisce la decorazionedella coeva Tomba delle Bi-ghe di Tarquinia.

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I MUJAHIDDINDI CASA NOSTRA

I kamikaze di Bagdad partiti da MilanoCellula del terrore: quattro gli arresti, due sfuggono alla cattura. Decisive le rivelazioni di un “pentito”. Pisanu: presto altre operazioni

Controlli di polizia in Italia SERVIZI DA PAGINA 2 A PAGINA 7

RENZO GUOLO

L’INCHIESTA sullo sceicco Abderra-zak Mahjub, e su altri quattro mili-tanti islamisti radicali in Italia, tra

cui una donna, ripropone il problema delruolo dei gruppi jihadisti nel nostro Paese.Lo sceicco catturato ad Amburgo, legato a AlTahwid, il gruppo guidato dall’emiro gior-dano palestinese Abu Mussab Al-Zarkawi, èritenuto il collettore organizzativo dellecentinaia di radicali che vivono, o transita-no, in Italia, disposti a combattere e morirecome “martiri” suicidi laddove ritenganol’Islam in pericolo.

SEGUE A PAGINA 24

Le intercettazionidei militanti islamici

“Serve gentepronta a tuttoho un malatoterminale...”

FAZZO e MENSURATIA PAGINA 3

I VERBALI

La memoriadel fascismotra strappoe nostalgia

DIARIO

GIORGIO BOCCA

Sfonda per la prima volta quota 1,20, poi ripiega. Napoli, al summit dei 15 ministri degli Esteri intesa solo sulla difesa comune

L’euro vola, record sul dollaroPatto, Monti attacca: si torna all’800. Costituzione Ue in alto mareDOV’È LA FORZADELLA MONETA

FEDERICO RAMPINI

PROPRIO mentre l’Unioneeuropea sprofonda in unacrisi politica innescata dal-

la prepotenza franco-tedesca;mentre la sua economia è umi-liata dalla vigorosa ripresa ame-ricana (+8 per cento del Pil Usanel terzo trimestre); in questafase l’euro fa il record storico suldollaro. C’è una logica nell’ap-parente follia dei mercati. L’eu-ro, contro l’interesse dei gover-ni, delle imprese e dei lavorato-ri europei, viene sospinto dagiochi che si fanno altrove: leelezioni Usa; il complesso rap-porto America-Cina che è ilnuovo centro dell’economiamondiale. I mercati valutari e gliinvestitori sono prigionieri dimode capricciose. Fino a dueanni fa adoravano il “Dio-cre-scita”. L’America cresceva piùdell’Europa.

SEGUE A PAGINA 17

ROMA – Continua la corsa del-l’euro che ieri ha registrato unnuovo record storico sfondan-do quota 1,2017 sul dollaro, perpoi ripiegare leggermente. Aguidare il rafforzamento dellamoneta unica sono i segnali diripresa economica per l’Europae i dati sui deficit commerciale edi bilancio degli Stati Uniti. An-cora polemiche, intanto, dopolo scontro sul Patto di stabilità.Ieri il commissario europeo allaConcorrenza, Mario Monti, haaffermato che c’è il rischio dicompromettere l’Unione «tor-nando così all’Europa dell’Ot-tocento». Il ministro delle Fi-nanze tedesco, Eichel, è tornatoad accusare la Commissioneeuropea: «Deve cambiare la po-litica sul deficit». Sul fronte poli-tico resta alta la tensione in Eu-ropa, a Napoli dove è in corso ilsummit dei ministri degli Esterici sono molti scontri e pochi ac-cordi. L’unica intesa è sulla dife-sa comune.

ALLE PAGINE 8, 9, 10 e 11

IL FANTASMADELL’ECOFIN

ANDREA BONANNI

VA TUTTO bene, assicurail ministro degli esteriFranco Frattini al termi-

ne della prima giornata del“Conclave” di Napoli. Ma il ner-vosismo su quella sua faccia dabravo ragazzo proverbialmenteinappuntabile, mostra quantosia difficile, per la presidenzaitaliana, sottrarre la Conferenzaintergovernativa all’effetto Tre-monti e pilotarla verso una feli-ce conclusione al vertice dei ca-pi di governo che tra due setti-mane dovrà varare la nuova Co-stituzione europea. Ieri Frattini,energicamente supportato daifrancesi e dai tedeschi, ha dovu-to fare i salti mortali per evitareche lo choc provocato in Europadall’abbandono delle regole delPatto di Stabilità travolgesse ladiscussione sulla riforma deiTrattati.

SEGUE A PAGINA 9

“Se sarà necessario ci conteremo”

Storace: non lascio Anma darò battaglia

DE GREGORIO A PAGINA 13

“La malattia minaccia tutta l’umanità”

Appello di Mandela“Battiamo l’Aids

è il nuovo apartheid”

Nelson Mandela CAFERRI e VIDETTI A PAGINA 21

L’integrazione per annullare la tradizione

Tv e matrimoni misticosì la Cina

cancella il Tibet

Lhasa, la capitale del Tibet VALLI A PAGINA 15

L’INTERVISTA REPORTAGE

Brennero, sono iniziati i lavori per la linea ferroviaria Monaco-Verona: 267 chilometri sono sotto terra

Il tunnel più lungo del mondodal nostro inviato

GIAMPAOLO VISETTI

INNSBRUCK

TRIVELLE e fresatrici, nellavalle tirolese dell’Inn, sca-vano già da una settimana.

Fino al 2015 i giganti di acciaionon si fermeranno più. In tredicianni, salvo imprevisti, dovrannorealizzare la sequenza di tunnelpiù lunga del mondo. La nuovalinea ferroviaria da Monaco aVerona, assieme al traforo di ba-se del Brennero, sarà la via di co-municazione più costosa e im-ponente tra il sud e il centro Eu-ropa, lungo il Corridoio Berlino-Palermo.

SEGUE A PAGINA 26

Alla madre sarà tolto il neonatoscontro su emendamento bipartisan

Finanziariabonus di 1500 euro

a chi rinunciaad abortire

SERVIZIOAPAGINA 28

CON REPUBBLICA

Oggi l’8° Cd Brasil“Le canzoni della libertà”

L’ottavo Cd della seriea richiesta a 6,90 euro in più

DICE Gianfranco Fini che ilfascismo è stato il «maleassoluto». Gli apostati, si

sa, un po’ esagerano. A Cuneo, lamia città, negli anni Trenta gliantifascisti noti erano due: l’av-vocato Galimberti, figlio di unministro giolittiano alle Poste, el’avvocato Soleri, figlio di un mi-nistro giolittiano alle Finanze.Vestivano entrambi di nero, an-che d’estate, e passeggiavano dasoli sotto i portici. Il regime ave-va ingoiato e digerito il fasci-smo; per quel che mi ricordo, aCuneo e provincia della rivolu-zione fascista non si vedevaquasi traccia, c’era invece unmussolinismo strabordante,faccia virile ed elmetto del Ducestampati in nero sulle case conscritte inneggianti e anche leoscillazioni del mussolinismo lecui onde si spegnevano nellaprovincia piemontese fermanella sua conservazione di bolli-ti e fondute. Ogni tanto al Ducetornavano i furori antiborghesie anticattolici del socialistamassimalista che era stato e ar-rivavano delle direttive strambeche il nostro “federale”, sposatoa una cugina di una nostra zia,nipote del parroco di Chiesa-nuova, non riusciva a capire, co-me la volta che una cinquantinadi quelli della Milizia (volonta-ria per modo di dire perché ciavevano arruolato i poveraccidisoccupati), arrivarono allacinta della SUCE, come chiama-vamo l’azione cattolica, urlan-do e gesticolando contro di noicome se non sapessero che era-vamo gli avanguardisti e i giova-ni fascisti parenti dei gerarchiche stavano al Palazzo Littoriodi via XX Settembre. Il Duce erastato a Cuneo per il decennale eci tornò nel ’38 dopo le grandimanovre nel Monferrato in cuigli “azzurri” avevano sbaraglia-to, come sempre, i rossi.

SEGUE A PAGINA 44BERSELLI, FIORI

GIVONE e SMARGIASSIALLE PAGINE 43, 44 e 45