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Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Roma N° 1/2011 PLATINI A COVERCIANO ABETE VICEPRESIDENTE UEFA PLATINI A COVERCIANO ABETE VICEPRESIDENTE UEFA

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N° 1/2011

PLATINI A COVERCIANOABETE VICEPRESIDENTE UEFA

PLATINI A COVERCIANOABETE VICEPRESIDENTE UEFA

I_II_III_IV_cop:Layout 1 27-05-2011 11:41 Pagina II

SETTORE TECNICO CAMPIONATO ALLIEVI, UNO SGUARDO AL FUTURO 4

CONGRESSO UEFA GIANCARLO ABETE VICE PRESIDENTE a cura della Redazione 5

SITO INTERNET DIBATTITO LIVEDEL SETTORE TECNICO E VIDEO DIDATTICA a cura della Redazione 6

MATCH ANALYSIS RILEVAZIONE, I GOL SU TRANSIZIONE di Aldo Dolcetti 8

PANCHINE D’ORO PER LA A E LA B VINCONO MOURINHO E BISOLIE D’ARGENTO PREMIATI ANCHE SANNINO, FAVARIN E ZACCHERONI a cura della Redazione 12

RECENSIONE IO CALCIO A CINQUE di Marco Viani 14

CENTRO STUDI E RICERCHE IL CALCIO DI RIGORE di Felice Accame 16

CENTRO STUDI E RICERCHE IL POST CARRIERA DEI CALCIATORI di Paolo Piani 18

SEMINARIO FIGC/USSI “IL CALCIO E CHI LO RACCONTA”MICHEL PLATINI IN CATTEDRA A COVERCIANO di Luigi Ferrajolo 21

RECENSIONE DIZIONARIO GIURIDICO DELLO SPORT a cura di Federica Centenaro 24

COPPA D’ASIA ZACCHERONI TRIONFA IN GIAPPONE a cura della Redazione 25

CALCIO A CINQUE LA PREPARAZIONE FISICA DEL GIOCATORE ASPETTI PREVENTIVI DEI TRAUMI INDIRETTI di Valerio Garbini 26

CALCIO INTERNAZIONALE VICENTE DEL BOSQUE E LA SUA SPAGNA MONDIALE di Marco Viani 41

CALCIO FRA PASSATO, IL GIOCO PIÙ BELLO DEL MONDOPRESENTE E FUTURO MA LA TECNOLOGIA INCALZA di Azeglio Vicini 45

UEFA NEWS I TECNICI EUROPEI“LEGGONO” L’ULTIMO MONDIALE di Marco Viani 46

3

Tutto il materiale inviatonon verrà restituito.La riproduzione di articoli odi immagini è autorizzata acondizione che ne venga citata la fonte.

Poste Italiane s.p.a

Sped. in abb. Post. D.L. 353/2003

(conv. in L. 27/02/2004 n. 46)

art. 1, comma 2, DCB ROMA

Registrazione del Tribunale di Firenze

del 20 maggio 1968 n. 1911

Il n. 1/2011 del Notiziario

è stato chiuso in tipografia

il 25 maggio 2011

Impaginazione,disegni e stampaArti Grafiche Boccia S.p.a. Via Tiberio Claudio Felice, 784131 Salerno

FotografieArchivio Settore Tecnico FIGCAS fotoFoto SABEGMTMaurizio PittiglioSabattiniUfficio Stampa FIGC

DirettoreRoberto Baggio

Direttore ResponsabileFranco Morabito

Hanno collaborato a questo numeroFelice Accame, Antonio Acconcia, Federica Centenaro,

Aldo Dolcetti, Luigi Ferrajolo, Valerio Garbini, Roberto Guidotti,

Gianfranco Laperuta, Paolo Piani, Carlo Salvadori, Marco Viani,

Azeglio Vicini

SOMMARIO

FIGC_3-13_corr:Layout 1 27-05-2011 11:12 Pagina 3

4

La proposta

che segue è

il frutto di una

concertazione in-

tervenuta tra il

Settore Tecnico,

Club Italia e Set-

tore Giovanile e Scolastico della Federcalcio. Una proposta che ha a cuore il fu-

turo, e quindi lo sviluppo del calcio giovanile italiano, che chiede il necessario

sostegno di tutte le Società coinvolte. Sviluppo, nella sua accezione più quali-

tativa, avendo come terreno d’elezione il campionato Nazionale Allievi.

Quest’ultimo, punto di passaggio cruciale tra il primo approccio agonistico ed

il salto verso l’alto livello. L’intento è quello di porre più competizione nella di-

sputa, spesso svilita dalle eclatanti disparità in campo. Per avviare questo pro-

cesso, il progetto propone di innalzare il livello qualitativo e quantitativo della

selezione rivolta alle speranze azzurre.

PROPOSTA DI MODIFICA DEL CAMPIONATO NAZIONALE ALLIEVI

Il Settore Giovanile Scolastico, il Club Italia e il Settore Tecnico hanno ravvisato

una evidente disomogeneità nel Campionato Allievi Nazionali tra le forma-

zioni che hanno la prima squadra che milita nel Campionato di Serie A e B, e

quelle che hanno la prima squadra nella Prima e, soprattutto, nella Seconda

Divisione di Lega Pro. Si tratta di differenze tecniche e atletiche dovute in

parte, come è naturale, ai diversi mezzi economici delle società partecipanti.

I calciatori che militano in questa categoria, in particolare quelli nati nel 1994,

sono in una età che, in tanti paesi Europei, dal punto di vista tecnico, è molto

vicina alla soglia del professionismo. La categoria, quindi, dovrebbe espri-

mere un calcio che abbia requisiti più qualificati sotto il profilo tecnico. Un

calcio che sia più allenante e confacente alla crescita dei giovani calciatori,

con lo scopo di aumentare il numero dei confronti di una certa difficoltà. In

questo modo si mettono i ragazzi nelle condizioni di giocare con dei pari li-

vello per prepararli agli incontri dell’immediato futuro, sia nella categoria su-

periore (dove, in tal senso, esiste una divisione tra Campionato Primavera e

Campionato Berretti), sia per le eventuali gare in prima squadra o a livello

internazionale giovanile. Si propone, al momento, di lasciare inalterato il for-

mat del Campionato Giovanissimi Nazionali. Al contempo, con lo scopo di

aumentarne la competitività, si propone di sdoppiare il Campionato Allievi

Nazionali: uno rivolto alle Società di Serie A e B; l’altro dedicato alle Società

militanti in Lega Pro. Per le prime, questo cambiamento produrrà un con-

fronto su livelli tecnici più elevati; dal loro canto, le squadre di Lega Pro po-

tranno partecipare a un campionato in cui saranno maggiormente

competitive evitando di essere destinate a posizioni secondarie in classifica.

Così facendo si eviterà loro di incorrere frequentemente in casi nei quali la

sperequazione in campo ed il punteggio finale possano, alla lunga, diven-

tare deprimenti per i giovani calciatori. In tal modo si aprirebbe alle Società

della Lega Pro la possibilità di poter gareggiare per i play-off e per la vittoria

finale di un campionato che manterrebbe, tutto intero, il suo prestigio.

Si potrà, eventualmente, considerare l’ipotesi della disputa di una Super-

coppa tra i due Campionati Allievi Nazionali, che vedrebbe opposte, in una

o in doppia gara, la vincente del Campionato Allievi Nazionali di Serie A e B

e la vincente del Campionato Allievi Nazionali di Lega Pro. In merito al-

l’aspetto economico, considerato che potrebbero aumentare le spese per le

maggiori distanze da percorrere, dopo aver ascoltato alcune società di Serie A

e B, abbiamo raccolto pareri comunque favorevoli. La conclusione di massima

è stata che, a fronte di un aumento quasi irrisorio dei costi, si avrebbero evi-

denti vantaggi sotto il profilo della crescita tecnica dei calciatori. Per quanto ri-

guarda le Società di Lega Pro si auspica intervenga un sostegno finanziario

da parte della Federazione Italiana Giuoco Calcio con lo scopo di alleviare

l’eventuale disagio economico per le Società meno attrezzate. Si evidenzia,

infine, la non completa partecipazione al Campionato Allievi Nazionali da

parte delle Società di Lega Pro, ritenendo quest’ultime inadeguato il livello

competitivo delle proprie rose giovanili. Con un’eventuale riforma, come

quella sopra esposta, tale problematica potrebbe essere superata.

Roberto Baggio, Presidente del Settore Tecnico FIGCGiovanni Rivera, Presidente del Settore Giovanile e Scolastico FIGCArrigo Sacchi, Coordinatore delle squadre nazionali

SETTORE TECNICO

CAMPIONATO ALLIEVI, UNO SGUARDO AL FUTURO

Roberto Baggio, Presidente del Settore Tecnico FIGC

FIGC_3-13_corr:Layout 1 27-05-2011 11:12 Pagina 4

5

Giancarlo Abete nuovo vice presidente della Uefa: lo ha nominato a

Parigi il Congresso delle 53 Federazioni Europee su designazione di

Michel Platini. Già componente del Comitato Esecutivo, il numero uno

della Figc entra ora nel gruppo dei 5 vice presidenti insieme al turco Erzik,

allo spagnolo Villar, all'inglese Thompson e al cipriota Lefkaritis.

Dopo 11 anni di assenza, dall'avvicendamento di Antonio Matarrese nel

2000, l'Italia torna così al vertice della Uefa, nell'ufficio di presidenza sotto

la guida di Michel Platini, confermato oggi all'unanimità numero uno del

calcio europeo.

Al congresso di Parigi la Figc era rap-

presentata dal direttore generale

Antonello Valentini, dal segretario

Antonio Di Sebastiano e dal respon-

sabile dell'ufficio internazionale Ser-

gio Di Cesare.

Con un voto per acclamazione Platini

ha ottenuto la conferma alla presidenza: tra i punti centrali del suo pro-

gramma per il prossimo quadriennio, la centralizzazione dei diritti televisivi

per le qualificazioni ai Campionati europei. Tutte le 53 Federazioni presenti

hanno dato mandato alla Uefa perché a partire dal 2014, in vista degli Euro-

pei di Francia 2016, sia la Uefa stessa a gestire in prima persona la vendita dei

diritti tv delle Nazionali per le partite di qualificazione.

Il modello proposto si muove sulla falsariga di quello applicato per Cham-

pions League ed Europa League e garantirà alle singole Federazioni introiti

più alti rispetto a quelli trattati ora singolarmente dai diversi Paesi.

Resteranno fuori da questo programma le gare dell'Under 21 e ovviamente

tutte le amichevoli e le partite delle altre Rappresentative nazionali (giova-

nili, calcio a 5 e femminili). Impegno prioritario della Uefa resta la lotta alla

corruzione e alle scommesse clandestine: di qui, un appello anche ai calcia-

tori perché collaborino a garantire la “pulizia” del calcio.

Platini ha tra l'altro auspicato una maggiore presenza delle donne negli or-

ganismi dirigenti del calcio e ha annunciato che l'esempio verrà dalla stessa

Uefa che d'ora in poi farà partecipare ai lavori del proprio Comitato Esecu-

tivo una donna dirigente di Federazione.

Nel corso dello stesso Congresso l'ex presidente della FIGC Antonio Ma-

tarrese è stato nominato Membro d'onore della Uefa in segno di stima e di

gratitudine per l'attività svolta fin qui al servizio del calcio internazionale.

Oltre ad aver guidato la Figc dall'87 al '96, Matarrese ha ricoperto molti ruoli

nelle posizioni di vertice all'interno del Comitato Esecutivo Uefa fino alla ca-

rica di vice presidente vicario.

In un breve intervento davanti alla platea del Congresso, Antonio Matarrese

ha voluto ringraziare personalmente Michel Platini e tutto l'Esecutivo per il

gradito riconoscimento, esprimendo piena condivisione per il programma

presentato al Congresso di Parigi.

CONGRESSO UEFA

a cura della Redazione

GIANCARLO ABETE VICE PRESIDENTE

FIGC_3-13_corr:Layout 1 27-05-2011 11:12 Pagina 5

Il sito internet del Settore Tecnico, www.settoretecnico.figc.it, si è recen-

temente arricchito di Aula Interattiva (visibile sulla sinistra della home-

page): una nuova piattaforma composta di due Sezioni - Dibattito Live e

Video Didattica - che si propone di incentivare attraverso i nuovi canali in-

formatici il ruolo formativo e didattico del Settore.

DIBATTITO LIVE

Per la prima volta nella storia “web” del Settore Tecnico autorevoli personaggi

del mondo del calcio vi daranno appuntamento per dialogare in tempo reale

nella Sezione Dibattito live, parte del progetto Aula Interattiva. Si tratterà di

un confronto diretto tra gli addetti ai lavori, a tutto vantaggio della didattica

nel calcio. Durante l’evento sarà possibile interagire con l’ospite, che rispon-

derà alle domande o agli spunti di riflessione inviati.

Questo renderà così possibile sviluppare i temi di maggiore interesse in tempo

reale, in base all’interesse manifestato dai partecipanti all’evento on line.

La Sezione Dibattito Live è stata sviluppata da Net Sinergy, il partner web

del Settore Tecnico, con le più moderne tecnologie web che permettono

all’utente di evitare di aggiornare periodicamente la pagina per caricare i

nuovi interventi, che invece vengono visualizzati in tempo reale per tutti gli

spettatori della diretta non appena vengono pubblicati dal moderatore.

Chi non avesse la possibilità di partecipare ad un dibattito live di proprio in-

teresse potrà comunque assistervi “in differita” successivamente; sul sito del

Settore Tecnico sarà infatti disponibile l’archivio con tutte le dirette, nel quale

verranno riportati in ordine cronologico tutti gli interventi dell’ospite e degli

utenti. Ma il dialogo non finisce qui giacché sarà possibile per gli utenti com-

mentare i dibattiti chiusi per continuare nel tempo a confrontarsi e svilup-

pare ulteriormente temi di interesse comune.

Fino ad oggi sono stati effettuati due Dibattiti Live che hanno riscontrato

un grande interesse e che potranno essere visualizzati - completi dell’in-

tera discussione (ordinata dal primo all’ultimo intervento) - e commen-

DIBATTITO LIVE E VIDEO DIDATTICALA FORMAZIONE È ANCHE ON LINE

Renzo Ulivieri, direttore della Scuola allenatori del Settore Tecnico (il primo a sinistra), Franco Morabito, Paolo Piani e Felice Accame (a destra) durante il Dibattito Live su “Attacco alla zona a 4”

a cura della Redazione

6

SITO INTERNET DEL SETTORE TECNICO

FIGC_3-13_corr:Layout 1 1-06-2011 19:13 Pagina 6

tati accedendo all’archivio collocato nella Sezione Aula Interattiva.

Il primo, sul tema “Attacco alla zona a 4”, che ha visto come protagonista

il Direttore della Scuola allenatori del Settore Tecnico Renzo Ulivieri;

l’altro, tenuto invece da Ferretto Ferretti, docente di Metodologia dell’al-

lenamento alla Scuola allenatori, che ha risposto in diretta alle domande

su “La preparazione precampionato. Che cos’è? Dove bisogna farla? È vera-

mente utile? A cosa serve?”.

Altri Dibattiti Live sono previsti prossimamente; l’annuncio degli argomenti

e delle date nelle quali si svolgeranno sarà pubblicato tempestivamente sul

sito del Settore Tecnico.

VIDEO DIDATTICA

Nella Sezione Video Didattica, che fa anch’essa parte del progetto Aula In-

terattiva, sono disponibili video di presentazione e di approfondimento

relativi ad argomenti che fanno parte delle materie di studio dei vari corsi

della Scuola Allenatori del Settore Tecnico. In ottica web 2.0, così come

accade già da tempo nella Sezione Documenti, il visitatore avrà così la

possibilità di esporre le proprie idee e dialogare con gli altri utenti del

sito inserendo i propri commenti relativi ad ogni video.

Gli stessi video sono anche disponibili sul nuovo canale Youtube del Set-

tore Tecnico FIGC: http://www.youtube.com/settoretecnicofigc al quale

invitiamo tutti coloro che possano esserne interessati ad iscriversi.

Ad oggi nella Sezione sono stati pubblicati video realizzati con Renzo

Ulivieri, direttore della Scuola allenatori del Settore Tecnico, e con alcuni

docenti della Scuola: Felice Accame (Teoria della comunicazione), Fer-

retto Ferretti (Metodologia dell’allenamento), Maria Grazia Rubenni

(Sezione medica) e Vittorio Tubi (Psicologia).

Il video didattico di Felice Accame, docente di Teoria della comunicazione, pubblicato nel-l’apposita Sezione.

Ferretto Ferretti, docente di Metodologia dell’allenamento, nel corso del Dibattito Live.

7

VISITE RECORDNel corso del mese di marzo 2011 il sito del Settore Tecnico hafatto registrare il record di visite effettuate (47.890) e di visita-tori (25.035), migliorando ulteriormente i dati del mese prece-dente, rispettivamente di 47.121 e di 23.994.Significativo il raffronto fra i dati registrati nei corrispondentiperiodi degli ultimi tre anni:

VISITE

Gennaio 2011: 43.262 Gennaio 2010: 36.847 Gennaio 2009: 24.134

Febbraio 2011: 47.121 Febbraio 2010: 31.922 Febbraio 2009: 22.144

Marzo 2011: 47.890 Marzo 2010: 33.501 Marzo 2009: 26.547

VISITATORI

Gennaio 2011: 22.116 Gennaio 2010: 20.917 Gennaio 2009: 14.127

Febbraio 2011: 23.994 Febbraio 2010: 18.242 Febbraio 2009: 13.338

Marzo 2011: 25.035 Marzo 2010: 18.015 Marzo 2009: 15.243

FIGC_3-13_corr:Layout 1 27-05-2011 11:12 Pagina 7

RILEVAZIONE, I GOL SU TRANSIZIONE

8

*Allenatore professionista di Prima categoria, Collaboratore tecnico nel SettoreGiovanile del Milan**Dal 2000 al 2003 ha lavorato nella Panini DSP di Adriano Bacconi con cui ha

collaborato per alcuni mesi lo scorso anno per Delta Tre

di Aldo Dolcetti*

RilevAzione è il nome di un progetto iniziato già nel 2000**.

L’obiettivo era di “rilevare” le AZIONI di calcio su tre livelli: azioni di squa-

dra, situazioni di gioco e azioni individuali. Questo studio ha prodotto codifi-

che e terminologie di tutte le possibili azioni in entrambe le fasi di gioco e ha

per il momento accantonato l’ambizione onnisciente di “pescare” tutte queste

azioni in modo automatico, attraverso un supporto tecnologico all’avanguar-

dia. Per ora tutto si svolge ancora e volentieri con l’osservazione umana, resa

migliore dalla consapevolezza del vedere.

Infatti, anche se l’esperienza è fondamentale, a volte nasconde il rischio di as-

suefazione che non fa vedere quella cosa vista centinaia di volte (una partita

di calcio) con occhi diversi. RilevAzione è perciò un modello di osservazione sog-

gettiva e guidata che facendo riferimento a parametri condivisi, diventa la più og-

gettiva possibile. C’è anche da considerare quanto sia anomalo il nostro sport:

è fantastico perché imprevedibile. Si gioca in uno spazio di 100x60 metri con

22 atleti, per cui la variabilità dei gesti tecnici e dei movimenti tattici, ma soprat-

tutto la rarità del gol, lo rendono spesso inafferrabile. Più semplicemente è uno

sport che forse sfugge spesso alla statistica “secca” e costringe a considerare più

la qualità che la quantità degli eventi. Per questi motivi, nel calcio vincono

anche le squadre più deboli e di conseguenza, purtroppo, a volte c’è tanta di-

stanza tra prestazione e risultato.

RilevAzione è oggi presente nel Settore Tecnico di Coverciano come supporto

di osservazione del calcio e spunto di discussione. In pratica sono state analiz-

zate e archiviate tutte le Azioni di Squadra concretizzate in gol nella Serie

A italiana. Al momento di scrivere questo articolo la Serie A era giunta alla

27a giornata.

In questo primo articolo è presa in esame un’Azione di Squadra che fa da

sempre discutere. Una volta era il contropiede, oggi è chiamato Transizione.

Non importa come si chiami, anche se i cambiamenti avvenuti nel lessico

calcistico a volte vorrebbero dividere i “moderni” (troppo scientifici e com-

plicati) dai “vecchi” (forse presuntuosi, ma essenziali e saggi). In realtà, basta

mettersi d’accordo sul significato delle parole. Il contropiede fa discutere

perché è una parola chiave dello stile calcistico italiano, nella migliore ipo-

tesi considerato come una vincente strategia, ma solitamente sminuito

come un furbo opportunismo. Il furbo contropiede italiano si abbina al-

l’idea di distruggere il gioco, di fare catenaccio per poi lanciare un gioco di

rimessa di pochi secondi e pochi passaggi. Un marchio indelebile al punto

che se qualcosa di simile lo attua una squadra di altra nazionalità, è possi-

bile sentir parlare di ottima organizzazione difensiva e di veloce e spetta-

colare sviluppo nello spazio d’attacco… Anche qui, se c’è una verità sta

nel mezzo. Che sia più semplice attaccare se si hanno metri quadrati in

avanti (spazi vuoti o spazi occupati da un numero basso di avversari) è un

dato di fatto. Allo stesso tempo, l’organizzazione difensiva è migliorata un

po’ dappertutto. Infatti, come trasposizione moderna del catenaccio, si usa

la Densità difensiva volontaria: l’obiettivo è di mettere quasi tutti gli effet-

tivi dietro la linea della palla per formare una ragnatela posizionata che

copre, chiude e marca lo spazio, oltre che logicamente l’avversario.

Contro questo modo di difendersi, la squadra che riesce a manovrare con

qualità (sarà l’argomento dell’ultima puntata, quello più importante per il

nostro calcio) avrà più chance di confezionare occasioni gol, diversamente

dovrà, all’interno della partita, sfruttare i calci piazzati o il recupero del pos-

sesso palla trasformato in azione offensiva in un attimo. La transizione è ap-

punto questa modalità: nella testa del calciatore che conquista palla e

in quella dei compagni scatta l’idea immediata di provare velocemente

ad attaccare, è quello il momento in cui la squadra avversaria potrebbe

MATCH ANALYSIS

FIGC_3-13_corr:Layout 1 27-05-2011 11:12 Pagina 8

essere impreparata, è quello il momento di sfruttare l’occasione.

Al di là della zona di campo in cui la palla è recuperata, la transizione si ori-

gina e si sviluppa a grande velocità con la squadra avversaria che deve difen-

dersi con pochi uomini (la linea difensiva non completa), oppure è costretta

a correre indietro (ripiegamento). Lo spazio, il tempo e la modalità tecnica

e di partecipazione caratterizzano tre tipi di transizione:

- 1) FULMINEO - Recupero palla in zona già avanzata (per un errore av-

versario o per un azione di pressing) trasformato subito per andare alla

conclusione. Tale azione dura pochissimo per ovvi motivi.

- 2) RIBALTAMENTO - Recupero palla tendenzialmente nella propria

metà campo e lo sviluppo ha una modalità di verticalizzazione (un lan-

cio, pochi passaggi in avanti rasoterra, un’azione individuale nello spa-

zio vuoto) e la partecipazione all’azione di pochi uomini. La durata deve

considerare lo spazio tra punto di recupero e porta, e la velocità del-

l’azione in funzione dei disturbi avversari.

- 3) RIPARTENZA - Recupero palla anche in questo caso nella propria

metà campo, con uno sviluppo più articolato anche se ugualmente ve-

loce (una sequenza di passaggi anche corti e medi) e la partecipazione

di un numero più alto di uomini. La durata anche in questo caso è in re-

lazione ai metri da percorrere e alla velocità di svolgimento dell’azione.

Nel momento in cui la squadra in possesso di palla confeziona la sua azione,

la squadra in non possesso palla agirà con le possibili azioni difensive.

Solitamente quando una squadra segna su transizione, gli avversari si difen-

dono con questi modi:

- 1) LINEA - Azione difensiva alla quale partecipano gli ultimi giocatori

(al massimo 6) che si muovono per chiudere gli spazi e marcare gli av-

versari presenti o in arrivo. Le situazioni da gestire sono più o meno pe-

ricolose, fino a diventare veri e propri rischi da linea di ultima resistenza.

- 2) RIPEGAMENTO - In questo caso si tratta proprio dell’evidente movi-

mento all’indietro di uno o più giocatori. Questa corsa, verso la propria

porta, può servire per temporeggiare e riorganizzarsi, oppure è veloce

per riprendere una posizione importante e per tentare un salvataggio.

La situazione che si crea è quindi come se fosse una ritirata o un estremo

tentativo di aiuto al proprio portiere.

TRANSIZIONE Fulmineo

Come indicato dal nome, questa tipologia di transizione ha una durata ve-

ramente breve. Guardando i dati si va da un minimo di 0,3” nel gol di Ro-

binho in casa contro il Brescia, a gol che si materializzano in poco più di 10”

come quello di Di Natale contro il Lecce alla 12a giornata. Il recupero della

palla che dà vita all’azione avviene sempre nella metà campo avversaria.

A volte la riconquista non è legata a niente di particolare, ma in alcune situa-

zioni ci può essere una vera azione di pressing come nel gol di Moscardelli

alla prima giornata in Chievo-Catania oppure un “regalo” come quello dato

da Cannavaro a Pellisier in Napoli-Chievo. Ed è proprio la squadra veneta

quella che ha più segnato con un fulmineo: ha fatto 6 gol stranamente quasi

tutti nella prima parte della stagione e Pellissier è stato il più svelto con 3

realizzazioni. Il gol scelto come esempio è invece quello di Hernanes in Lazio-

Udinese dopo appena 1’ di gioco.

“L’Udinese ha una rimessa laterale nella propria e verso la linea di metà campo.

La situazione sembra tranquilla, è appena iniziata la partita. Battuto il fallo late-

rale, Isla vorrebbe cambiare gioco ma è disturbato per cui ne viene fuori un pas-

saggio orizzontale sui piedi di Rocchi libero nel mezzo del campo a circa 40mt

dalla porta avversaria. I difensori che l’attaccante laziale ha davanti a sé sono a

distanza, Coda gli è a circa 10mt, Zapata più accentrato è ancora più dietro e a

sinistra c’è Benatia in compagnia di Zarate. L’idea di Rocchi è di puntare subito la

difesa avversaria, una transizione fulmineo che durerà solo 5,3” e che vedrà una

combinazione difficilissima tra il portatore palla ed Hernanes. Infatti, se Zarate

con la velocità e il tempo giusto decide di tagliare il campo da sinistra a destra per

dettare un passaggio o aprire migliori possibilità individuali al compagno, Her-

nanes partito dietro addirittura a Inler e Asamoha, corre in verticale, recupera

metri e diventa quella macchia azzurra che Rocchi con la coda dell’occhio vede

arrivare alle spalle. Tra il tocco d’esterno di Rocchi che elude l’avversario Coda, la

corsa lanciata e il tiro di sinistro di Hernanes non c’è quasi distinzione da quanto

9

FIGC_3-13_corr:Layout 1 27-05-2011 11:12 Pagina 9

tutto sia stato rapido nell’esecuzione. Il collo piede del brasiliano laziale non è

stato forte, ma Handanovic è stato disorientato dal taglio di Zarate, da quella

intesa velocissima e da Zapata che forse gli copre la palla. Qualità 4 (max 5

stelle) per questa realizzazione dove la riconquista palla è stata trasformata in

gol, nonostante la difesa avversaria fosse comunque posizionata e in superio-

rità numerica. La retroguardia dell’Udinese ha lavorato con ripiegamento e

linea; un tipo di visione direbbe che abbia sbagliato Coda perché non attaccato

a Rocchi, ma la reazione allo sbaglio di Isla e la conseguente situazione po-

teva essere gestita. Certo che il movimento di Zarate ha spinto sia Benatia che

Coda a guardare solo la palla, perché Zapata era l’uomo in più a protezione.

Infatti il problema è arrivato alle spalle ed allora sono stati i centrocampisti del-

l’Udinese ad aver perso lo sprint con Hernanes che ha anche anticipato il tiro

con tanta bravura.” (Figura 1)

TRANSIZIONE Ribaltamento

In questa azione speciale di piena velocità, il Napoli è al primo posto con

6 gol di cui ben 4 hanno come autore Edinson Cavani. Spesso la coppia La-

vezzi-Cavani ha corso tutto il campo, ad esempio in due reti che partono

da due angoli contro. Infatti, i gol con questa modalità di transizione sono

spesso spettacolari per velocità rispetto ai metri percorsi dal punto di re-

cupero palla. Ci deve essere un senso verticale immediato come in uno

dei gol di Cavani in Cesena-Napoli quando l’uscita alta di De Sanctis è tra-

sformata subito in un lancio con le mani per Lavezzi che conduce palla ve-

loce per 60mt con Cavani accanto. A proposito di conduzione palla, da

segnalare il ribaltamento individuale di Vucinic contro la Sampdoria in tra-

sferta, mentre il gol scelto è quello del Milan in casa contro il Genoa, au-

tore Ibrahimovic. “Dopo l’intervallo la gara è ferma sullo 0-0, le squadre sono

di nuovo in campo ed Eduardo sta battendo una punizione dentro la sua

area di rigore. I suoi compagni accennano il desiderio di volere palla corta sui

piedi, ma poi la decisione è per un rinvio lungo. Questo è importante per im-

maginare com’erano posizionate le squadre al momento dello stacco di

Thiago Silva su Toni. Il suo colpo di testa, da considerarsi il momento del re-

cupero palla, indirizza la stessa verso Pirlo, appostato qualche metro a destra.

Sappiamo delle qualità del centrocampista del Milan e qui ne abbiamo una

chiara conferma. Il suo controllo palla è ad un tocco già orientato in avanti

e il suo cervello registra lo scenario offensivo in un attimo. La scelta è imme-

diata, elegante, precisa ed efficace. Il suo lancio di collo destro è un po’ l’icona

del ribaltamento. In questo caso, l’obiettivo da vero quarterbak è alla ricerca

della corsa di Ibrahimovic per il touch down.

Se Pirlo era posizionato a 15mt dalla linea di metà campo, lo svedese era in-

vece a più di 15mt oltre la linea di metà, affiancato da due difensori del

Genoa, Ranocchia a sinistra e Dainelli a destra. La gittata oltre e nello spazio

è stata di 50mt, un rimbalzo prima dell’area di rigore

e qui c’è la seconda prodezza, quella di Ibrahimovic

che affiancato, spinge Ranocchia via e allunga la

gamba destra prima di Dainelli e di collo esterno rie-

sce a superare in pallonetto il portiere Eduardo non

molto reattivo. Il tutto dura 7,3” nei quali i difensori

genoani scappano, ma non riescono ad eludere il

concentrato fisico e tecnico dell’attaccante.” (Figura 2)

TRANSIZIONE Ripartenza

Un’azione tipica di ripartenza è quella che alla 3a giornata ha portato Marchisio

al gol in Udinese-Juventus. Quattro giocatori che percorrono 70mt in poco

più di 12” e con 3 passaggi confezionano una manovra veloce che si con-

clude con un bellissimo tiro al volo. Pato del Milan ha fatto 3 gol in questo

modo, correndo in profondità e partecipando a queste transizioni ben con-

geniate. Il Palermo invece è la squadra che più ha sfruttato con giocate di

qualità il recupero palla nelle retrovie. Il gol scelto è appunto uno della squa-

dra siciliana: quello di Nocerino in Palermo-Roma.

10

MATCH ANALYSIS

Figura 2

Figura 1

FIGC_3-13_corr:Layout 1 27-05-2011 11:12 Pagina 10

11

“La Roma è già sotto di due gol ma sta reagendo. Batte un angolo con Totti sul

quale respinge di pugno Sirigu. La palla esce centralmente fuori area dove Sim-

plicio cerca di controllarla. La palla rimbalza e Bovo la porta via di testa e la ripar-

tenza è servita, nel senso che davanti a sé ha solo la coppia avversaria

Cassetti-Riise ma già Pastore a sinistra e Miccoli a destra. I metri da percorrere

sono tanti ma la superiorità numerica spinge il Palermo a correre. Arrivato ap-

pena dopo la metà campo, Bovo allarga a Pastore e cerca di capire. Lo aiuta Cas-

setti che affronta il giocatore argentino senza un’idea precisa, lasciando il

comando del gioco all’avversario con palla. Risulta facile il taglio verticale di Bovo

non seguito da Riise che sente alle sue spalle la presenza di Miccoli. Bovo dopo

80mt si ritrova davanti a Julio Sergio ma un po’ defilato a sinistra. Guarda nel

mezzo e la giocata che sceglie non è per Pastore o Miccoli, ma per Nocerino che

intanto è arrivato veloce e continua ad aumentare per anticipare Riise e mettere

la palla in rete. Questa coast to coast è durata 13”, con partenza da un angolo

contro ed ha avuto Bovo come protagonista principale. Per la squadra in non

possesso palla è difficile dire cosa poteva fare con questo ripiegamento in inferio-

rità numerica. Forse Cassetti e Riise non affrontano il problema con sguardo fe-

roce a 360°, anche perché il rientro dei compagni, soprattutto quello di Julio

Baptista, nel momento finale poteva salvare il tutto.” (Figura 3)

Fino alla 27a giornata i gol realizzati su transizione sono stati 115 così suddi-

visi: 34 su fulmineo, 39 su ribaltamento e 42 su ripartenza.

Il totale di gol in quel momento era 639 per cui: transizione 18%, mano-

vra in ampiezza e profondità 49,4%, calcio piazzato 31,1%, rigori e puni-

zioni dirette 10,5%. Forse è interessante vedere anche il prospetto gol di

una squadra, ad esempio dell’Udinese della coppia Di Natale-Sanchez.

Dopo 27 partite aveva realizzato 49 reti. Ebbene, 14 erano state fatte su

azione manovrata, 12 su azioni da transizione (24,5%), 19 su calcio piazzato

(anche se almeno in cinque occasioni si deve parlare di gol su sviluppo da

piazzato), 3 rigori e 1 punizione diretta.

Sul tema delle transizioni, si possono dire almeno tre cose.

1) È fondamentale avere delle caratteristiche fisiche precise in alcuni

giocatori. In generale, già nella costruzione di una squadra qualsiasi

la componente velocità in zona d’attacco dovrebbe essere tenuta

presente, figuriamoci se si vuole agire in contropiede, sfruttando lo

spazio che gli avversari lasciano vuoto.

2) L’indole di molti allenatori è di prediligere la copertura difensiva e

soltanto dopo agire offensivamente. Di conseguenza si hanno

spesso azioni che durano poco, che non hanno un numero alto di

passaggi e, al primo disturbo, prendono un senso verticale. L’aspetto

strano è che questa strategia non è soltanto legata ad una ricono-

sciuta debolezza di squadra.

3) Il carpe diem della transizione è comunque uno dei momenti più

belli del calcio. Ci sono giocatori di qualità che hanno l’intuizione di

trasformare un recupero palla in azione d’attacco senza che passi

nemmeno un secondo. Allo stesso tempo, questo tipo di azione è

allenabile. In pratica, significa abituare i giocatori a riconoscere quel

recupero palla e “percepirlo” come lo sparo di una gara di 100mt

piani. È chiaro che quei giocatori devono anche e possibilmente pos-

sedere abilità tecnica e reattività tattica.

Figura 3

FIGC_3-13_corr:Layout 1 27-05-2011 11:12 Pagina 11

12

PANCHINE D’ORO E D’ARGENTO

a cura della Redazione

PER LA A E LA B VINCONO MOURINHO E BISOLIPREMIATI ANCHE SANNINO, FAVARIN E ZACCHERONI

José Mourinho ha vinto la Panchina d’oro relativa alla stagione

2009/2010 per i successi ottenuti con l’Inter; a Pierpaolo Bisoli, lo

scorso anno alla guida del Cesena, è stata assegnata invece la Panchina

d’argento per la serie B. La Panchina d'oro per i tecnici di Prima Divisione

è andata a Giuseppe Sannino per la promozione in serie B ottenuta con

il Varese; quella d'argento per la Seconda Divisione a Giancarlo Favarin

della Lucchese. Un premio speciale è stato attribuito dal Settore Tecnico

della Federcalcio ad Alberto Zaccheroni per il successo ottenuto con la

nazionale del Giappone in Coppa d'Asia.

La tradizionale cerimonia alla quale hanno presenziato, fra gli altri, il pre-

sidente federale Giancarlo Abete, il vicepresidente Demetrio Albertini, i

vicepresidenti del Settore Tecnico Enrico Demarchi ed Osvaldo Carbo-

nari, il ct della Nazionale Cesare Prandelli e l’ex ct Marcello Lippi, si è

svolta lo scorso 7 febbraio, come sempre nell’Aula magna del Centro tec-

nico di Coverciano, all’interno della consueta riunione di aggiornamento

obbligatoria riservata, come prescrivono le direttive della Uefa Coaching

Convention, agli allenatori responsabili della prima squadra delle società

di serie A, B, Prima e Seconda Divisione. Detta riunione è stata articolata

in due sessioni: la prima, al mattino, con una tavola rotonda dal titolo

“La gestione delle dinamiche individuali nel collettivo”, che ha visto la par-

tecipazione fra gli altri di Julio Velasco, già commissario tecnico delle Na-

zionali di volley di Italia, Repubblica Ceca e Spagna ed attualmente alla

guida della Nazionale dell’Iran, e di Simone Pianigiani, commissario tec-

nico della Nazionale italiana maschile di basket e coach della Mens Sana

Siena pluricampione d’Italia; la seconda, nel pomeriggio, con un dibat-

tito fra i tecnici sul tema “Lo sviluppo del gioco nel confronto fra calcio ita-

liano e calcio europeo”, incentrato su analisi e commento di varie

situazioni di gioco proposte in video dal direttore della Scuola allenatori

Da sinistra: Julio Velasco, Simone Pianigiani, Alberto Zaccheroni, Renzo Ulivieri, Pierpaolo Bisoli, Giancarlo Abete, Antonio Conte (Panchina d’argento 2008-2009, non ritirata lo scorsoanno), Giuseppe Sannino

FIGC_3-13_corr:Layout 1 27-05-2011 11:12 Pagina 12

13

del Settore tecnico Renzo Ulivieri con la collaborazione di Aldo Dolcetti.

A quella riunione ne è seguita un’altra dai contenuti analoghi, tenutasi

il 24 marzo nei locali del Museo del calcio, alla quale hanno preso parte

tutti quegli allenatori che non avevano potuto intervenire all’incontro

del 7 febbraio.

ALBO DELLA “PANCHINA D’ORO” DI SERIE ARaymond GOETHALS (O.Marsiglia) per la stagione sportiva 1990-1991 *

Fabio CAPELLO (A.C.Milan) per la stagione sportiva 1991-1992 *

Fabio CAPELLO (A.C.Milan) per la stagione sportiva 1993-1994 **

Marcello LIPPI (F.C.Juventus) per la stagione sportiva 1994-1995 **

Marcello LIPPI (F.C.Juventus) per la stagione sportiva 1995-1996 **

Alberto ZACCHERONI (Udinese Calcio) per la stagione sportiva 1996-1997 **

Luigi SIMONI (Inter F.C.) per la stagione sportiva 1997-1998 **

Alberto ZACCHERONI (A.C. Milan) per la stagione sportiva 1998-1999 **

Alberto CAVASIN (U.S. Lecce) per la stagione sportiva 1999-2000 **

Fabio CAPELLO (A.S. Roma) per la stagione sportiva 2000-2001 **

Luigi DEL NERI (A.C. Chievo) per la stagione sportiva 2001-2002 **

Carlo ANCELOTTI (A.C. Milan) per la stagione sportiva 2002-2003 **

Carlo ANCELOTTI (A.C. Milan) per la stagione sportiva 2003-2004 **

Luciano SPALLETTI (Udinese Calcio) per la stagione sportiva 2004-2005 **

Cesare PRANDELLI (ACF Fiorentina) per la stagione sportiva 2005-2006 **

Cesare PRANDELLI (ACF Fiorentina) per la stagione sportiva 2006-2007 **

Roberto MANCINI (Inter F.C.) per la stagione sportiva 2007-2008 **

Massimiliano ALLEGRI (Cagliari) per la stagione sportiva 2008-2009 **

José MOURINHO (Inter F.C.) per la stagione sportiva 2009-2010 **

ANGOLAZIONI DELLA RINCORSA (dati approssimativi)* Premio assegnato mediante votazione da parte dei giornalisti sportivi.** Premio assegnato mediante votazione da parte degli allenatori. Dalla stagione 2006-07 il Premio va al miglior Allenatore della Serie A

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Un libro coloratissimo e divertentissimo, a metà strada tra il fumetto e

il cartone animato, al servizio di un progetto molto serio e sostanziale:

quello di fornire agli insegnanti della scuola di calcio a 5 uno strumento di

facile comprensione per orientarsi nella programmazione e nella realizza-

zione dell'attività didattica durante la stagione sportiva.

Il suo autore è Roberto Menichelli che ha riversato nelle 227 pagine del testo

i frutti delle esperienze maturate negli anni quale tecnico della federazione,

prima come istruttore nel Centro calcio federale di Roma e attualmente

come docente di tecnica della Scuola allenatori e commissario tecnico della

squadra nazionale di calcio a 5. È bello e suggestivo pensare che queste

pagine possano passare immediatamente e direttamente dalle mani degli

insegnanti a quelle dei bambini, ai quali sono espressamente rivolte, in

contemporanea alla consegna di un pallone. Siamo convinti che entrambi

questi doni vengano accolti con un’eguale emozione, perché il libro si sfo-

glia come quello di una favola e suscita la meraviglia propria di chi riceve

inaspettatamente quanto di più desiderato.

Il titolo “Io calcio a 5” e il sottotitolo “Guida tecnica per le scuole di calcio a

cinque” rimandano fedelmente, ripetendone la copertina, al progetto spe-

rimentale innovativo per il Futsal, finalizzato all'avvio di scuole tec-

nico/educative nelle società di serie A. Il libro ne costituisce lo specifico

strumento avendo per riferimento quei piccoli atleti che frequentano la

scuola di calcio a 5 nel periodo compreso tra la seconda infanzia (4-10

anni) e quello pre-puberale (10-13 anni). I contenuti della guida sono

quindi necessariamente coerenti con la gradualità delle forme e dei mezzi

di apprendimento rispondenti alle loro capacità di risposta, adatti cioè alle

caratteristiche psico-fisiche del bambino appartenente a quella determi-

nata fascia di età.

Ogni materia è quindi trattata e rivelata in maniera dosata e analitica, par-

tendo dall’elementare e specifico apprendimento dei fondamentali tec-

nici, per passare alle nozioni tattiche di base e successivamente agli

sviluppi del gioco, senza lasciare scoperto alcun campo di studio e di in-

dirizzo: dall’analisi delle capacità fisico-motorie ai criteri, ai mezzi e ai con-

tenuti della programmazione, fino addirittura a riportare esempi di

suddivisione del terreno di addestramento per esercizi rivolti a più bambini

contemporaneamente.

La guida ridonda di ipotesi, proposte e riferimenti attingendo da molti au-

tori, alcuni appartenenti anche a discipline diverse dal calcio, come ad

esempio con il ricorso a spunti provenienti dalla pallacanestro.

Questa molteplicità di apporti nutre in particolare la vasta gamma di eser-

citazioni riportate per ogni fascia di età e per le varie situazioni di gioco.

Al riguardo, l'autore non ritiene di dover indicare un piano di lezioni pre-

determinato, con esercizi già predisposti secondo un particolare ordine,

ma intende proporne un ampio ventaglio offrendo all’insegnante la pos-

sibilità di scegliere o di prendere spunto per organizzare il programma di

lavoro e raggiungere gli obiettivi definiti.

Ogni pagina del libro mira alla formazione tecnica e educativa dei piccoli

atleti, nel rispetto della specificità dei loro bisogni e dell’impiego delle loro

14

RECENSIONE

di Marco Viani*

IO CALCIO A 5

*Collaboratore Settore Tecnico FIGC

14-15_io calcio a 5:Layout 1 27-05-2011 11:16 Pagina 14

risorse, quindi limitando o circoscrivendo prospettive e promesse. Ciò non

significa, tuttavia, non poter incidere sul futuro e sui percorsi più o meno

immediati di ciascun bambino. Alcune pagine della guida sono indicative

al riguardo. Un suo paragrafo è infatti dedicato al rapporto tra il calcio a 5

e quello a 11, dove è specificato il valore propedeutico del primo nei con-

fronti del secondo. Vi si legge: “Illustri tecnici sostengono che la struttura di

base per insegnare il gioco del calcio sia il 5 vs 5 (4 vs 4 + portieri).

Per esempio, pensando alla fase di attacco, il possessore di palla ha la pos-

sibilità, attraverso il movimento corretto dei propri compagni, di sviluppare

il gioco in modo ottimale: ai suoi lati, destra o sinistra, per il gioco in am-

piezza; in avanti, per quello in profondità. Oppure, secondo una lettura dif-

ferente del gioco, il possessore di palla può avere a disposizione un

passaggio dietro di sé, verso un compagno che gli garantisce sostegno o si-

curezza, e due appoggi davanti a sé. L'ampiezza e la profondità sono due

principi importanti di tattica collettiva in fase di possesso che, insieme allo

scaglionamento, alla mobilità e all'imprevedibilità, rappresentano le basi

sulle quali l'allenatore farà nascere lo sviluppo del gioco offensivo. Stessa

cosa vale per chi difende: il 4 vs 4 è una situazione di gioco che consente ai

giocatori coinvolti di relazionarsi tra di loro in modo corretto, circa marca-

ture da stringere o da tenere lente, in riferimento a quanto un avversario è

più meno pericoloso nel contesto del gioco, nonché disporsi su più linee di-

fensive offrendo le dovute coperture”.

Ulteriori valori propedeutici sono ricondotti a situazioni di addestramento

e di confronto in spazi ridotti. Questa condizione - si legge ancora nella

guida - “genera apprendimenti importanti per i giovani dell'attività di base.

Per questioni di carattere regolamentare il calcio a 5 favorisce tutto ciò in

modo naturale. La possibilità di entrare in possesso palla con frequenza sti-

mola l'acquisizione di abilità tecniche le quali devono essere espresse in re-

gime di massima velocità, in considerazione dei limitati tempi di gioco

disponibili. Le dinamiche di gioco del calcio a 5 fanno in modo che i gioca-

tori partecipino con uguale intensità sia alla fase di possesso che a quella di

non possesso, occupando diverse posizioni in campo. Di conseguenza viene

sollecitata in modo spontaneo una formazione tecnico-tattica ampia, che

servirà da base per il futuro e che consentirà di non avviare quei processi di

specializzazione del ruolo che nelle prime fasce di età potrebbero rivelarsi

dannosi. Presso il Centro calcio federale di Roma è stata condotta un'attività

di sperimentazione che prevedeva il monitoraggio di alcuni parametri tecnici

in situazioni di gioco (dal 2 vs 2 al 7 vs 7 proposti in differenti metrature di

campo) nelle quali si confrontavano due squadre con l'obiettivo di mante-

nere il possesso palla. Proprio la situazione di 5 vs 5 in uno spazio di gioco di

40 metri per 25 (dimensioni molto vicine a quelle del campo di calcio a 5)

indicava valori ottimali medi relativamente al tempo di possesso individuale

di ogni bambino durante il gioco, numero di passaggi con percentuale alta

in positivo (come differenza tra quelli fatti e quelli riusciti), frequenze cardia-

che non eccessivamente elevate, tali da compromettere o danneggiare l'ap-

prendimento tecnico”.

A completare la guida, da salutare come vero e proprio manifesto del cal-

cio a 5, interviene un'ultima nutrita sezione riservata a “Le esercitazioni del

giovane portiere”, affidata a David Calabria, uno studioso della materia

anche per il suo presente di componente lo staff della nazionale e quindi

collaboratore di Roberto Menichelli in qualità di allenatore e preparatore

dei portieri.

15

14-15_io calcio a 5:Layout 1 27-05-2011 11:16 Pagina 15

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1. Fra l’agosto e il settembre del 1833, in cinque puntate, sulle pagine

dell’“Europe Littéraire”, Honorè De Balzac pubblica la sua Teoria dell’anda-

tura. In sostanza, si trattava del risultato delle sue osservazioni dal punto di

vista privilegiato del tavolino del bar dove sorseggiava qualcuno dei cinquanta

e oltre caffè che assorbiva quotidianamente per mantenersi sveglio e dedi-

carsi alla scrittura. Analizzava i passanti e, dal passo e dal portamento - presu-

mibilmente da un complesso semiotico anche più vasto - cercava di

indovinare quale professione esercitassero o altre caratteristiche loro peculiari.

Fra i suoi risultati può essergli ascritta la formulazione di un assioma come

quello che prescrive “l’immobilità del viso” quando “il corpo è in movimento”.

Ora, al di là del fatto che questo assioma rende ben conto di un atteggiamento

che possiamo riconoscere alla borghesia del suo tempo - l’imperturbabile in-

differenza, la rappresentazione della padronanza di sé e del proprio ruolo so-

ciale -, possiamo riconoscerne l’applicazione anche nelle forme attuali con cui

si esegue un calcio di rigore su un campo di football. Nel 70% dei casi, poi, non

solo il viso dell’esecutore risulta inespressivo, ma questo esecutore evita di

guardare il portiere, ovvero chi, dall’altra parte dell’interazione, funge da suo av-

versario. Solo nel 30% dei casi l’esecutore guarda il portiere e, fra chi lo fa prima

della rincorsa e chi lo fa durante, c’è un sostanziale equilibrio (15% e 15%).

2. Ad un certo livello di generalità, il problema del portiere è quello di qual-

siasi protagonista di un’interazione umana: decodificare la produzione se-

gnica altrui per orientare la propria. Tuttavia, nell’interazione fra esecutore

del calcio di rigore e portiere, una buona parte della mappa risulta per

forza di cose del tutto illeggibile: diametro della pupilla e movimenti sac-

cadici, battito delle ciglia, tensione della mascella, tono muscolare, respiro

e tutto ciò che, da vicino, può tradursi in informazioni preziose, alla distanza

che separa i due protagonisti - nel poco tempo che hanno a disposizione

- diventa arido ed insignificante. L’indagine del portiere va a indirizzarsi al-

trove e i suoi risultati devono fare i conti con quello che gli epistemologi

chiamerebbero un “carico di teoria”, ovvero la storia complessiva di tutti i

rigori calciati - l’enciclopedia calcistica - e la storia di tutti i rigori calciati da

quel specifico esecutore. C’è da chiedersi, comunque, quali indizi possano

emergere nel corso di questa indagine - ed è qui, forse, che anche una teo-

ria dell’andatura di balzachiana memoria potrebbe tornare utile. Postura,

rincorsa e relative coordinate topologiche costituiscono allora un codice

tutto da decifrare - e da decifrare alla svelta.

Per quanto mi consta, fino ad ora, ai portieri non viene somministrato un sa-

pere idoneo a svolgere questa indagine nel migliore dei modi ricavandone

risultati sufficienti ad informarne le azioni motorie successive. Ma va da sé

che questo è un campo d’indagine aperto e potenzialmente proficuo.

3. Da alcuni dati statistici, relativi ai calci di rigore assegnati e battuti nel

Campionato di Calcio 2009-2010 di Serie A, ricavo almeno un’ipotesi che,

almeno a prima vista, varrebbe la pena di vagliare.

Allora, schematicamente:

di Felice Accame*

IL CALCIO DI RIGORE

*Docente di Teoria della comunicazione, coordinatore del Centro Studi e Ricerche del Settore Tecnico FIGCRelazione tenuta presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

nell’ambito del convegno “Neuroscienze e sport - Il calcio di rigore allo specchio”

SEGNATI-SBAGLIATI

Rigori segnati 90 73,77%

Rigori sbagliati 32 26,23%

MOMENTI DEL TIRO

Rigori I tempo 43 35,24%

Rigori II tempo 79 64,76%

ALTEZZA DEL TIRO

I rigori alti si intendono quelli dove la palla è oltre la metà dell'altezza della porta.I rigori a mezza altezza si intendono quelli dove la palla è sollevata da terra finoa metà dell'altezza della porta.Rigori alti 16 13,12%

Rigori rasoterra 53 43,44%

Rigori a mezza altezza 53 43,44%

DIREZIONE DEL TIRO

Rigori tirati a sinistra 62 50,82%

Rigori tirati a destra 48 39,34%

Rigori tirati al centro 3 2,46%

TIRI TOTALI 122

CENTRO STUDI E RICERCHE

16-17_CENTRO STUDI_E RICERCHE:Layout 1 27-05-2011 11:17 Pagina 16

Date le premesse, i dati più significativi evidentemente sono quelli relativi al-

l’angolazione della rincorsa rispetto alla palla ed alle modalità della sua varia-

zione. In questa circostanza - vorrei sia ben chiaro - la misurazione dell’angolo

è puramente “spannometrica”, ma - a mio avviso, costituisce la base di una clas-

sificazione ugualmente utile. L’osservazione più rilevante concerne il rapporto

tra restringimento e allargamento angolare ed esecuzione sbagliata: una rin-

corsa con partenza inferiore ai 30° (tendente ai 15°) comporta 7 errori su 11 ed

una rincorsa con partenza superiore ai 30° (tendente ai 45°) comporta 10 er-

rori su 20. Sembrerebbe esserci, allora, un’angolazione ideale - quella che si

aggira sui 30° - che garantisce un numero elevato di esecuzioni corrette (59

contro 15). La correlazione più evidente è quella con la battuta d’interno collo

del piede che, di per sé, necessita comunque di una torsione della caviglia che

- si noti - nel caso in cui si calci in direzione dello stesso angolo di porta del

piede calciante richiede maggior ampiezza - e, non a caso, il tiro incrociato,

ovvero il tiro nella direzione opposta al piede calciante, risulta preferito. Il fatto

che questa rincorsa, poi, nella consapevolezza o nell’inconsapevolezza degli

esecutori, tenda ad essere “truccata” - con interruzioni (che un tempo obbliga-

rono la Federcalcio ad intervenire con un netto divieto che, poi, è andato stem-

perandosi) e con spostamenti successivi alla localizzazione iniziale (25 casi su

122) -, obbligando il portiere ad un difficoltoso processo di ri-codificazione del

linguaggio espresso dal suo avversario, potrebbe essere interpretato come

una conferma della rilevanza di questo dettaglio.

(Ringrazio Silvio Valanzano per la paziente ricerca e la pazientissima analisi dei filmati relativi).

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MOVIMENTO DEL PORTIERE

Tuffo portiere a sinistra 73 59,83%

Tuffo portiere a destra 46 37,71%

Fermo al centro 3 2,46%

INTUITI-NON INTUITI DAL PORTIERE

Rigori intuiti 56 45,90%

Rigori non intuiti 66 54,10%

RIGORI SBAGLIATI 32 26,33%

Rigori intuiti parati 22 18,03%

Rigori intuiti e sbagliati (pali o traverse o fuori) 5 4,10%

Rigori non intuiti e sbagliati (pali o traverse o fuori) 5 4,10%

RIGORI SEGNATI 90 73,77%

Rigori intuiti non parati 29 23,77%

Rigori tirati a destra 61 50,00%

ANGOLAZIONI DELLA RINCORSA (dati approssimativi)Rincorsa di 30° 74 60,65% segnati - sbagliati 59-15 (79,73%-20,27%)

Rincorsa di 45° 30 24,60% segnati/sbagliati 20-10 (66,66%-33,34%)

Rincorsa di 15° 18 14,75% segnati/sbagliati 11-7 (61,11%-38,89%)

ANGOLAZIONI DEL TIRO

Tiro incrociato (direzione opposta al piede del calcio) 63 51,64%

Tiro non incrociato (stessa direzione del piede del calcio) 47 38,53%

Tiro centrale (senza angolazione) 12 9,83%

ATTEGGIAMENTO DEL TIRATORE

La visione delle immagini non consente sempre di perscrutare lo sguardo del tiratore

che, in alcuni casi, è dunque desunto dall'inclinazione della testa: 12 - 9,83%

non guarda il portiere mai 84 - 68,86%

guarda il portiere prima della rincorsa 19 - 15,57%

guarda il portiere durante la rincorsa 19 - 15,57%

I tiratori che guardano il portiere durante la rincorsa, per chiarezza, lo guardano

anche prima. Ci sono poi degli atteggiamenti particolari: (ad esempio: Vargas si

asciuga lungamente la faccia con la maglietta prima di tirare e sbagliare; Di Vaio

guarda l'angolo alto della porta dove poi effettivamente tirerà e segnerà)...

PARTICOLARI DELLA RINCORSA

rigori con interruzione della rincorsa 14

rigori con spostamento iniziale dalla traiettoria di rincorsa 11

16-17_CENTRO STUDI_E RICERCHE:Layout 1 1-06-2011 19:14 Pagina 17

Un popolo di santi, poeti, navigatori ed allenatori…

• Senti Antò tu per me non sei tagliato per fare l’allenatore. Perché ti ostini?

Fino ad adesso nessuno ti ha chiamato, neppure una squadra minore.

Dico io, tieni un lavoro ammò. Perché ti sei fissato con sta storia di far

l’allenatore? Se è per le polizze, con il lavoro che faccio io te le faccio fare

da qualche altra parte.

• Che state dicendo, cosa c’entrano le polizze? Comunque, presidente, a

me va bene anche allenare gli allievi. Mica devo stare per forza in prima

squadra. Sarei un presuntuoso a chiederle questo.

• Antò io devo dire quello che penso. Penso che il calcio sia un gioco e tu

sia un uomo profondamente triste…

Dialogo fra il presidente e l’allenatore Antonio Pisapia (Andrea Renzi) nel bel-

lissimo film di Paolo Sorrentino “L’Uomo in più”, storia di due perdenti omo-

nimi: Antonio Pisapia, calciatore all’apice della propria carriera che, in seguito

ad un infortunio, non riesce a reinventarsi un futuro, e Antonio Tony Pisapia,

cantante di musica leggera. La storia dell’ex calciatore è stata liberamente

ispirata alle vicende di Agostino Di Bartolomei, campione d’Italia con la Roma

morto suicida il 30 maggio 1994. I motivi del suicidio furono rinvenuti in un

biglietto strappato in cui lamentava le porte chiuse del calcio: “mi sento

chiuso in un buco”. Giocatori che fino a pochi mesi prima contestavano le de-

cisioni tattiche, le sostituzioni, i rimproveri, una volta appese al chiodo le fa-

tidiche scarpe bullonate per prima cosa provano a fare gli allenatori. Molto

spesso è una vocazione, come nel caso di Marco Giampaolo (un passato da

calciatore a livello di C1 e C2 con un anno di serie B; già allenatore di Cagliari,

Siena e Catania in Serie A): «Ricordo che già ai tempi in cui giocavo, intorno ai 24

anni, tornavo a casa e scrivevo ciò che avevo fatto durante gli allenamenti. E soprat-

tutto chiedevo informazioni: all’allenatore, al preparatore atletico, al medico.

Lì ho cominciato a sviluppare l’idea di fare il mestiere dell’allenatore. Quindi mi or-

ganizzavo, mi aggiornavo. Se qualcuno all’epoca mi avesse detto di smettere di

giocare a calcio all’età di 23-24 anni per fare l’allenatore, l’avrei fatto. Pensavo di

poter fare questo mestiere e ho cercato d’iniziare subito quando ho smesso a

trent’anni». Altre volte è un’illuminazione improvvisa, come nel caso di Giu-

seppe Signori (541 presenze fra i professionisti, 28 presenze in Nazionale, tre

volte capocannoniere in Serie A; attualmente si è appena diplomato Allena-

tore di Prima Categoria a Coverciano) : «Mi immaginavo nel mondo del cal-

cio, ma non come tecnico. Avevo anche detto, pubblicamente, che non avrei mai

fatto l’allenatore ed invece eccomi qui a fare, con entusiasmo, il Master a Cover-

ciano». Altre ancora frutto di un lungo percorso di autoconsapevolezza,

come nel caso Paolo Di Canio (539 presenze fra i professionisti con espe-

rienze in Premier League inglese e scozzese. Attualmente si è appena diplo-

mato Allenatore di Prima Categoria a Coverciano): «Dal ’90 fino al 2003 ho

pensato a fare tutt’altro, tanto che mi sono dedicato alla ristorazione. Il calcio

me lo sono goduto come spettatore. Poi ho notato che ho del talento nel tra-

smettere la cose. Dal 2003 ho sentito come una specie di missione il fatto di di-

ventare allenatore. Era l’ultimo anno nel Charlton, nel campionato 2003/04. In

questa decisione mi hanno aiutato anche le interviste fatte dai miei ex compa-

gni di squadra, Lampard e Cole. Dicevano che li avevo aiutati a capire l’impor-

tanza del sacrificio e dell’abnegazione al lavoro. Queste dichiarazioni mi hanno

colpito molto e mi hanno dato un’ulteriore spinta nel voler diventare allenatore».

Del resto che tutti più o meno provino a fare i tecnici lo dimostrano i dati di

affluenza sempre più numerosi ai corsi Allenatori organizzati dal Settore Tec-

nico della Federazione Italiana Giuoco Calcio e dai dati del suo Centro Studi

che ha svolto una ricerca sul percorso post carriera dei calciatori dalla quale

di Paolo Piani*

IL POST CARRIERA DEI CALCIATORI

*Segretario del Settore Tecnico FIGC e Direttore del Centro tecnico federale di Coverciano

Paolo Di Canio

18

CENTRO STUDI E RICERCHE

18-20_CENTRO STUDI_post carriera:Layout 1 6-06-2011 10:55 Pagina 18

è risultato che, una volta terminata la propria carriera agonistica, i 2/3 dei

calciatori hanno acquisito un diploma abilitante alla professione cal-

cistica. Fra questi, vedi Tabella 1, ben il 97,9% ha acquisito un diploma di

allenatore; il 5,0% di direttore sportivo; l’1,5% di agente di calciatori; lo 0,6%

di preparatore atletico e lo 0,2% di massofisioterapista.

Nella Tabella 2 riportiamo invece le diverse specializzazioni all’interno

dei diplomi con i relativi riferimenti normativi.

TABELLA 1: Tipologia dei Diplomi calcistici conseguiti

19

1 La ricerca “Che fine hanno fatto?” è stata effettuata su 2.917 giocatori inseriti nelle rose di prima squadra delle 128 società professionistiche di Serie A (18 squadre), Serie B (20squadre), Serie C1 (36 squadre) e Serie C2 (54 squadre) della stagione sportiva 1988-89. Di ognuno di loro è stato verificato il ruolo in ambito calcistico che, a distanza di anni dallafine della carriera, stavano ricoprendo. N.B. La somma è superiore al 100% in quanto il 5,3% degli ex calciatori ha due specializzazioni.

Marco Giampaolo

18-20_CENTRO STUDI_post carriera:Layout 1 6-06-2011 10:55 Pagina 19

TABELLA 2: Normativa, numeri e percentuali sulle qualifiche calcistiche

20

CENTRO STUDI E RICERCHE

18-20_CENTRO STUDI_post carriera:Layout 1 6-06-2011 10:55 Pagina 20

Adesso nessuno potrà dire che non lo sapeva. Tra due anni scatterà

il piano dell'Uefa, il cosiddetto fair play finanziario, con cui do-

vranno fare i conti tutti i club europei, dunque anche i nostri, soprattutto

quelli più spendaccioni. Se c'era qualche perplessità sulla serietà e sulla

consistenza di questo meritorio intervento dell'Uefa, i dubbi sono stati

sciolti in modo chiaro e netto da Michel Platini in persona, durante il

quarto Seminario di Coverciano, che l'Ussi con la Figc e col grande aiuto

del Settore Tecnico ha organizzato a gennaio. La “lezione” di Michel non

è servita solo ai club che faranno bene a prepararsi in tempo, ma è stata

utilissima soprattutto agli oltre cento colleghi che hanno partecipato al

Seminario. Utile perché intanto ha chiarito dubbi, poi perché ha

sensibilizzato la nostra categoria su questa iniziativa lodevole dell'Uefa.

Il senso è chiaro: basta sprechi, soprattutto basta mecenati che sperpe-

rano i loro soldi con eccessi e acquisti senza limiti che fanno saltare il

banco. Tutti abbiamo sempre pensato che quando le squadre si mettono

attorno al tavolo del campionato o della Champions, non è giusto che al-

cune dispongano di risorse senza fine e altre debbano arrangiarsi con

quello che hanno. Sarebbe bello che alla competizione, sia si tratti dello

scudetto che di Coppe europee, tutte partecipassero alla pari o quasi.

Proprio questo principio, oltre alla esigenza di tenere sotto controllo i bi-

lanci e di evitare acquisti clamorosi e indecenti, ha spinto Platini a stu-

diare le nuove norme, con cui dal 2013 dovranno misurarsi i club. E in

questa fase delicata, chi opera nel campo dell'informazione avrà sicura-

mente un ruolo non secondario. L'intervento di Platini e del segretario

generale dell'Uefa, Gianni Infantino, è stato sicuramente il momento

più significativo del Seminario, ma con grande soddisfazione devo sot-

tolineare che nei due giorni di lavoro non c'è stato un attimo di pausa,

l'interesse e il livello dei relatori sono stati sempre altissimi. L'apertura dei

lavori col presidente Massimo Moratti ha permesso di celebrare ade-

guatamente il club primo nel mondo e una stagione straordinaria dell'In-

ter, ma ci ha regalato anche un Moratti quasi inedito, molto particolare.

Ha intrecciato le prodezze di questi anni con i ricordi più belli legati al

papà e a mamma Erminia, quasi seguendo un filo magico che unisce le

di Luigi Ferrajolo*

“IL CALCIO E CHI LO RACCONTA”MICHEL PLATINI IN CATTEDRA A COVERCIANO

*Giornalista, presidente dell’Unione Stampa Sportiva Italiana (USSI)

SEMINARIO FIGC-USSI

21

Da sinistra: Antonello Valentini, Carlo Tavecchio, Gianni Infantino, Michel Platini, Giancarlo Abete, Luigi Ferrajolo, Demetrio Albertini

21-23 Seminario FIGC_USSI:Layout 1 27-05-2011 11:18 Pagina 21

22

SEMINARIO FIGC-USSI

imprese dell'Inter di Herrera con quelle dell'Inter di Mourinho.

Molto interessanti anche gli incontri con Massimiliano Allegri, il gio-

vane emergente tra i tecnici italiani, e con la classe arbitrale rappresen-

tata nell’occasione dal designatore della Can di serie A Stefano Braschi

e dai due arbitri internazionali Paolo Tagliavento e Paolo Valeri.

Come sempre illuminante il rapporto di Arrigo Sacchi sul calcio italiano,

con le preziose relazioni di Mino Favini e Christian Damiano sui set-

tori giovanili. Mentre Renzo Ulivieri, direttore della Scuola allenatori del

Settore Tecnico, e Maurizio Viscidi, vice di Sacchi alle Nazionali giova-

nili, hanno parlato di “Moduli e sostituzioni”.

Ricchi di dati e di riflessioni, infine, gli interventi di Andrea Cardinaletti

e Michele Uva sul problema degli stadi.

Ormai il Seminario poggia su una collaudata sinergia tra la Figc e l'Ussi,

sull'impegno personale del presidente federale Giancarlo Abete e del

direttore generale di via Allegri Antonello Valentini, del segretario del

Settore Tecnico Paolo Piani, e su quello dell’Ussi Toscana.

Non è un mistero, il Seminario è diventato il fiore all'occhiello dell'Ussi, il

momento più alto e importante della attività annuale. Ma devo aggiun-

gere con orgoglio che ormai rappresenta anche per i tecnici, i presidenti,

i dirigenti un appuntamento di grande interesse e prestigio.

Renzo Ulivieri durante il suo intervento

21-23 Seminario FIGC_USSI:Layout 1 27-05-2011 11:18 Pagina 22

Ho potuto verificare negli anni quanto sia grande il fascino

di Coverciano, di quella sua storica Aula Magna, anche per

grandi campioni. Due anni fa, Capello, ct dell'Inghilterra,

non ha fatto una piega, alla mia richiesta, ha risposto subito

con grande slancio. Questa volta persino un tipo un po'

snob e non certo sprovveduto, come Platini, si è quasi com-

mosso, quando ha ricevuto la targa dell'Ussi insieme ad una

accoglienza calorosa. “Non pensavo che i giornalisti italiani

mi volessero bene”, mi ha sussurrato con quell'aria sempre

un po' altezzosa che lo accompagna sin da quando giocava

nella Juve. Naturalmente tutto questo ci impegna sempre

di più e per il prossimo anno abbiamo già un'...idea.

Speriamo di poterla realizzare, con l'immancabile e indi-

spensabile aiuto del presidente Abete e del Settore Tecnico.

23

Massimiliano Allegri e Massimo Moratti

Da sinistra: Arrigo Sacchi, Luigi Ferrajolo, Christian Damiano e Mino Favini

21-23 Seminario FIGC_USSI:Layout 1 27-05-2011 11:18 Pagina 23

Dall’Amore per lo sport alla Zolle giuridiche del campo di calcio: il ti-

tolo “Dizionario giuridico dello sport dalla A alla Z” non tradisce

le aspettative. L’opera di Mattia Grassani, avvocato, docente di diritto, le-

gislazione ed economia dello sport alle Università di Bologna, Milano,

Roma, Firenze e Cagliari, si propone come un volume dalla consultazione

pratica e snella. Il mondo sportivo è integralmente presente nelle quasi

400 pagine del volume edito da Bradipolibri: oltre al calcio, specifica at-

tenzione viene data anche alla pallacanestro, al ciclismo, all’atletica, al ten-

nis, al rugby e alla pallavolo. Una volta tanto le attività sportive extra

calcistiche non svolgono il ruolo di meri vassalli del sovrano “Soccer”: merito

all’autore che è riuscito, in un’opera organica e compatta, a dare spazio alle

principali discipline, evidenziandone gli istituti giuridici e la giurisprudenza

correlata. Il testo è rivolto sia all’addetto ai lavori, dall’atleta, all’allenatore, al

dirigente, all’arbitro, ma anche al professionista - avvocato e commercialista

in primis -, che oggi ha l’occasione di specializzarsi in materia fertile e ricca

di continua evoluzione normativa e casistica. Dal novero dei possibili lettori

non escluderei, comunque, forse il più importante di essi: il tifoso.

Quest’ultimo, infatti, dato il taglio pratico ed esemplificativo, corredato dal-

l’approfondimento tecnico dell’autore, potrà meglio comprendere le pro-

blematiche giuridiche e regolamentari che, giorno dopo giorno, invadono

ed influiscono sempre più direttamente sullo sport giocato. Uno dei punti

di forza del volume è, a mio parere, la contestualizzazione storica degli isti-

tuti e dei casi; l’avvocato Grassani ha il pregio di dipingere un utile excursus

normativo e giurisprudenziale dell’argomento e dell’istituto esaminati.

Tale approccio fa comprendere più profondamente, anche ai non giuristi,

le motivazioni sottese alla promulgazione di una legge e le cause determi-

nanti il deposito di una sentenza, che spesso costituisce un vincolante

precedente per circostanze similari. Il testo, infatti, riporta svariati casi pra-

tici, relativi ad argomenti di attualità; fra i tanti si può citare un tema da

anni oggetto di analisi giuridica e discussione: la possibilità per un calcia-

tore di risolvere unilateralmente il vincolo contrattuale in essere con la so-

cietà di appartenenza, prima della scadenza naturale dello stesso.

L’autore ricorda l’esempio di De Sanctis, il quale nel luglio 2007, ha invocato

l’art. 17 del Regolamento

F.I.F.A., per ottenere lo svin-

colo preventivo dall’obbli-

gazione contrattuale in

essere. Il calciatore italiano

è stato il secondo sportivo

a risolvere unilateralmente

l’obbligazione contratta, ai

sensi dell’art. 17 del Rego-

lamento F.I.F.A., il primo fu

Andrew Webster.

Nella fattispecie in esame il

T.A.S. in secondo grado ha stabilito un importante precedente: il calciatore

che intenderà risolvere anticipatamente il vincolo, senza giusta causa, sarà te-

nuto ad indennizzare l’ex club di appartenenza, sulla base del valore resi-

duale del suo contratto. Il lettore avrà a disposizione l’analisi attenta di 400

argomenti, rigorosamente articolati in lemmi, disposti in ordine alfabetico. Si

può conoscere il dettaglio giuridico della figura di alcuni professionisti dello

sport, dall’agente, al direttore sportivo, al team manager, al commissario di

campo e all’arbitro. Nella chiarezza della distinzione fra la figura dell’atleta

professionista e non, il lettore, inoltre, si avvicina con facilità alle diverse

fattispecie giuridiche del mondo sportivo e alle relative conseguenze con-

trattuali e normative, strettamente connesse alle discipline esaminate.

Il Dizionario riporta, in calce ad ogni voce la sede dell’organismo, dell’Ente

e della Federazione citati, il nome del Presidente, la struttura della compo-

sizione e il recapito telefonico, oltre all’eventuale sito internet di riferi-

mento. Tali accorgimenti rendono l’opera unica nel suo genere; il volume,

infatti, diventa consultabile con estrema praticità, garantendo al fruitore

una guida nel mondo delle regole sportive e suggerendo, altresì, allo

stesso i canali di approfondimento necessari di ogni singola voce.

*Avvocato

DIZIONARIO GIURIDICO DELLO SPORTa cura di Federica Centenaro*

24

RECENSIONE

24-25 Dizionario sport_OK:Layout 1 27-05-2011 11:19 Pagina 24

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a cura della Redazione

COPPA D’ASIA

ZACCHERONI TRIONFA IN GIAPPONE

Alberto Zaccheroni Imperatore d’Asia. Il Giappone, guidato dal tecnico

romagnolo, primo italiano a sedere sulla panchina della Nazionale del

Sol Levante, ha conquistato la Coppa d’Asia battendo per 1-0 l’Australia nella

finale giocata a Doha e conclusasi ai tempi supplementari con una rete di

Tafanari Lee, 25 anni, attaccante del Sanfrecce di Hiroshima, entrato in

campo da appena una decina di minuti e autore di una prodezza in acro-

bazia sfruttando un assist del giocatore del Cesena, Nagatomo.

La Nazionale nipponica iscrive così il suo nome per la quarta volta nel-

l’Albo d’oro della manifestazione dopo le vittorie del 1992, 2000 e 2004,

firmando così un poker che finora non era mai riuscito a nessuno.

Grande la soddisfazione di Zaccheroni che con questo trionfo ha allun-

gato la striscia dei successi degli allenatori italiani all’estero. “La forza di

questa squadra - ha detto - sta nel gruppo: nessuno si è mai tirato indietro

quando c'era bisogno di lui, nemmeno chi partiva dalla panchina. Credo di

aver meritato questo titolo: l'intero Giappone deve essere orgoglioso di noi.

Mi aspetto una grande accoglienza al ritorno di questa nazionale in patria".

Il Giappone è atteso ora da alcuni appuntamenti di rilievo: nella pros-

sima estate parteciperà alla Coppa America; nel 2013, invece, prenderà

parte alla Confederations Cup.

L’ALBO D’ORO della Coppa d’Asia

1956 Sud Corea1960 Sud Corea1964 Israele1968 Iran1972 Iran1976 Iran1980 Kuwait1984 Arabia Saudita1988 Arabia Saudita1992 Giappone1996 Arabia Saudita2000 Giappone2004 Giappone2007 Iraq2011 Giappone

24-25 Dizionario sport_OK:Layout 1 27-05-2011 11:19 Pagina 25

Il calcio a cinque è uno sport in rapida e continua espansione. Lo dimo-

strano i dati relativi al numero delle società che in ambito federale svol-

gono attività agonistica ed anche la vertiginosa crescita dei centri e circoli

sportivi presso i quali tale disciplina viene praticata a livello amatoriale.

La spiegazione della diffusione e della crescita di questo sport, probabil-

mente, è insita nella natura stessa di tale attività. Si tratta infatti, di un gioco

sportivo estremamente semplice nella sua struttura, che non richiede, al-

meno a livello amatoriale, particolari abilità motorie e per tale ragione può

essere praticato pressoché da tutti. Il calcio a cinque inoltre è sport di

gruppo e quindi racchiude in sé valenze socializzanti di notevole spessore.

In alcuni nazioni europee è stata ritenuta attività motoria emergente dei

nostri giorni, al punto da essere inserita ufficialmente nei programmi scola-

stici di educazione fisica. Con l’aumentare dei praticanti è però cresciuto

notevolmente anche il numero degli infortuni che si verificano sui campi

di calcio a cinque, sia in contesti agonistici che amatoriali. La prevenzione

degli infortuni nello sport, intesa come miglioramento dello stato di salute

di un atleta, costituisce un aspetto molto importante che spesso viene poco

approfondito e considerato.

Occuparsi dell’integrità fisica di un atleta, attraverso soltanto studi di trauma-

tologia e riabilitazione, è sicuramente riduttivo, se non si ha l’obiettivo am-

bizioso di ricavare e divulgare informazioni su come prevenire gli infortuni

nello sport (G.S. Roi, 2007). Nel calcio a cinque gli aspetti patologici legati al

trauma, sia esso diretto che indiretto, sono una delle cause più importanti

e frequenti di riduzione della performance negli atleti e di problematiche

funzionali negli amatori, per tale motivo un’adeguata preparazione fisica

garantirebbe un numero minore di infortuni ed una maggiore efficienza da

parte dei giocatori di questa disciplina.

Numerosi sono stati gli studi effettuati sull’incidenza e sull’epidemiologia

dei traumi legati all’attività sportiva del calcio tradizionale, mentre risulta es-

sere molto povera la letteratura scientifica internazionale sull’argomento

calcio a cinque (F. Ferrazza, 2005). L’elaborato si propone di approfondire il

tema della prevenzione degli infortuni di natura indiretta nel calcio a cinque,

con particolare attenzione ai possibili interventi da inserire nell’ambito di

una preparazione fisica specifica.

Il modello funzionale del calcio a cinque

Il calcio a cinque può essere classificato come un gioco sportivo collettivo

cosiddetto di “situazione” o “open skills” ovvero ad abilità motorie “aperte”,

dove i parametri esterni (elementi strutturali significativi) ed interni (pro-

cessi informativi, mentali, energetici) sono continuamente variabili, a diffe-

renza delle abilità motorie di tipo chiuso, “closed skills”, nelle quali tali

parametri rimangono stabili. La capacità di prestazione nei giochi sportivi

collettivi, ha un carattere “multifattoriale”, dipende cioè da molti fattori che

si devono integrare il più possibile al fine di ottimizzare il rendimento di

gara. Per poter comprendere cosa significa giocare a calcio a cinque, biso-

gna necessariamente analizzare cosa avviene durante il gioco, sia in termini

qualitativi che quantitativi, analizzare quindi il modello funzionale.

Le dimensioni del campo di gioco 20m x 40m, il numero dei giocatori in

campo (4 di movimento più un portiere per ogni squadra), la durata dei due

tempi gioco (20 minuti effettivi per tempo) ed alcune particolari regole, ca-

ratterizzano il calcio a cinque come uno sport ad elevata intensità di sforzo

fisico: un giocatore è chiamato a sostenere degli sforzi continui ma con va-

riazioni d’intensità. Secondo un’analisi effettuata in Spagna (Barbero - Alva-

rez J.C. e collaboratori, 2007), durante una gara un giocatore di calcio a

cinque, in media per il 28,5% corre a media intensità, per il 13,7% corre ad

alta intensità e per l’8,9% corre alla massima intensità. Secondo ulteriori dati

di cui siamo in possesso possiamo sostenere che, negli sforzi ad alta e mas-

26

di Valerio Garbini*

CALCIO A CINQUE

*Preparatore fisico per le categorie Juniores e Under 21 al C.C. Lazio Calcio a 5.Tesi di laurea triennale presso lo IUSM di Roma, rielaborata in sintesi da ElenaCastellini del Laboratorio di Metodologia dell’allenamento del Settore TecnicoFIGC.

LA PREPARAZIONE FISICA DEL GIOCATOREASPETTI PREVENTIVI DEI TRAUMI INDIRETTI

26-40 prep_fisica_calciatore_parte1-2_corr:Layout 1 27-05-2011 11:21 Pagina 26

sima intensità, egli percorre per l’80% spazi dai 0 ai 12 metri e per il 20%

spazi dai 12 ai 40 metri. Il totale medio di spazio percorso durante un tempo

è di circa 3.500 metri, quindi 7.000 metri circa per gara; il numero medio di

accelerazioni che vengono effettuate nel corso di una partita è di 120, cor-

rispondente ad uno spazio medio di 1.000 metri; il tratto medio di queste ac-

celerazioni è di circa 8 metri. (Facchin, Seno, Osimani, 1999). È inoltre molto

elevato il numero di volte che il giocatore di calcio a cinque compie repen-

tini cambi di direzione, frenate improvvise e tocchi di palla.

Cenni sulle capacità organico muscolari nel calcio a cinque

Il calcio a cinque, nella suddivisione delle attività sportive proposta dal

Prof. Dal Monte (1969), in quanto gioco sportivo, rientra in quelle atti-

vità definite “ad impegno aerobico-anaerobico alternato” dove in alcune

fasi di gioco viene utilizzato il meccanismo aerobico (situazioni di palla

inattiva, fasi di aggiustamento tattico), ed in altre quello anaerobico, sia

lattacido che alattacido (smarcamento con o senza palla, tiro in porta).

Durante tutto lo svolgimento del gioco, le situazioni che risulteranno de-

cisive ai fini del risultato, vengono prodotte da sforzi intensi a notevole

impegno neuromuscolare. Il modello di prestazione è caratterizzato da

una successione di azioni di tipo esplosivo, la forza muscolare si esprime

quindi attraverso tutte queste contrazioni di diversa intensità che si sus-

seguono nell’arco della partita. Con il concetto di resistenza si indica la

capacità organico muscolare di resistere ad uno sforzo prolungato nel

tempo. Nel futsal essa può essere definita come la capacità di resistere

ad un’elevata quantità di quelle azioni esplosive già citate, alternate a

fasi di recupero attive e passive. Nella dinamica del gioco, lo sforzo ri-

sulta essere di tipo continuo, quindi duraturo nel tempo ma con inten-

sità variabile. La velocità si esprime attraverso tutte le accelerazioni che

si succedono nell’arco della gara, con un’ampia variabilità di espressione

sia sul piano cinematico che dinamico: per tale motivo la velocità si pre-

senta sia nella sua espressione ciclica che aciclica (rapidità). La flessibilità

o mobilità articolare trova espressione in molti gesti tecnici del portiere

che richiedono spesso elevata ampiezza di movimento, soprattutto a ca-

rico degli arti inferiori. L’incremento di questa capacità organico musco-

lare, come vedremo in seguito, risulta essere molto importante ai fini

della prevenzione di alcuni traumi.

Il preparatore fisico e l’allenamento preventivo nel calcio a cinque

Il preparatore fisico ha come compito principale quello di sviluppare gli

adattamenti necessari all’organismo per renderlo capace di produrre uno

sforzo adeguato allo sport praticato, garantendo quindi attraverso un’at-

tenta e scrupolosa pianificazione, la massima efficienza psico-fisica del-

l’atleta. Il carico fisico si può definire come l’elemento che provoca le

risposte adattive dell’organismo agli stimoli di un programma di allena-

mento, attraverso quindi dei gesti che vengono ripetuti nel tempo.

Tali risposte seguono un particolare principio detto di “supercompensazione”.

Nell’organizzazione di un lavoro di condizionamento fisico per il giocatore di

calcio a cinque, si possono distinguere diversi periodi di allenamento:

• primo periodo preparatorio;

• primo periodo agonistico;

• secondo periodo preparatorio;

• secondo periodo agonistico.

Durante questi periodi, la giusta programmazione dei carichi di lavoro, pre-

ceduta da una corretta valutazione funzionale, potrà essere un mezzo estre-

mamente efficace per la prevenzione delle patologie da sovraccarico.

Altro fattore importantissimo è l’individualizzazione del carico di lavoro fisico.

Il principio di individualizzazione, viene definito, come “la logica conseguenza

della unicità o irripetibilità delle caratteristiche di ogni essere vivente, per cui è

evidente che un qualsiasi carico di lavoro fisico, produca differenti risposte adat-

tive a seconda dell’individuo cui viene proposto”.

Il concetto di individualizzazione dell’allenamento, è fondamentale da tener

presente in una pianificazione mirata alla prevenzione dei traumi.

La prevenzione che si può attuare attraverso l’allenamento fisico, potrà es-

sere efficace limitatamente alle situazioni traumatiche di tipo indiretto, cau-

sate da deficit fisiologici o funzionali, quali ad esempio alterazioni

anatomico- biomeccaniche, squilibri di flessibilità e forza muscolare, carenze

propriocettive (L. Vecchiet, 1997). Per organizzare una strategia di allena-

mento preventivo è necessario che il preparatore fisico sia a conoscenza di

alcuni requisiti indispensabili quali l’eziologia, i fattori di rischio e l’esatta mec-

canica d’infortunio nella specifica disciplina sportiva. Anche le componenti

fisiche e psicologiche influenzano l’atteggiamento dell’atleta, sia di fronte

alla fatica acuta, sia nei confronti dello stress derivante dalla stagione sportiva

sia rispetto alla singola gara ed allenamento (Bangsbo, 1997; Bisciotti, 2000;

27

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CALCIO A CINQUE

Gaitanos e coll., 1993; Marella, 1995; Tibaudi, 1997): a questo proposito alcuni

autori propongono un approccio multidisciplinare che possa risultare più fun-

zionale ai fini della prevenzione dell’infortunio (Junge e coll., 2001).

Gli infortuni nel calcio a cinque: dati, statistiche e fattori di rischio

I dati di cui siamo in possesso riguardanti la disciplina del calcio a cinque

non sono molti, anche se diversi autori concordano sul fatto che ci siano

molte analogie in ambito traumatologico tra il calcio tradizionale ed il cal-

cio a cinque, pur trattandosi di due discipline estremamente differenti sia sul

piano tecnico-tattico che fisiologico (F. Ferrazza, 2005).

Uno studio dell’Università di Calgary, Canada (maggio 2006), ha analizzato

gli infortuni nel gioco del calcio tradizionale paragonandoli a quelli di una

disciplina molto simile al calcio a cinque, l’indoor soccer, una variante del

calcio, con sei giocatori per squadra e le sponde ai bordi del campo. I dati

riscontrati, non hanno evidenziato sostanziali differenze tra gli infortuni nelle

due discipline. In letteratura si individuano lavori che hanno tentato di ana-

lizzare l’incidenza degli infortuni e le cause predisponenti agli stessi: dall’os-

servazione longitudinale durata un anno, su 264 calciatori di 8 differenti

categorie, di età compresa tra i 14 ed i 41 anni, si è potuto constatare che

l’81,2% del campione è incorso in un infortunio, che soltanto il 18% non ha

subito un evento traumatico e che, la quasi totalità degli infortuni è scatu-

rito da un fallo di gioco (Junge e coll., 2001). Il fattore di rischio estrinseco

oggi più rilevante sembra essere appunto il fallo di gioco con il 23 ± 33% di

infortuni rispetto alla totalità di questi ultimi, ma non si deve sottostimare

l’incidenza delle metodologie di allenamento sul rischio inabilità (Junge et

al., 2001). La valutazione preventiva con goniometro articolare dei gradi di

mobilità della coxofemorale e della flessibilità degli ischio-crurali, ha con-

dotto alcuni ricercatori a determinare un rapporto di causa-effetto tra retra-

zioni muscolari con conseguente ipomobilità articolare ed insorgenza di

traumi di natura muscolare (Witvrouw e coll., 2003).

Ulteriori studi effettuati da Ekstrand J. e collaboratori sul rapporto tra l’alle-

namento, gli infortuni ed i successi sportivi nel calcio, hanno fatto emergere

una sostanziale correlazione tra i risultati ottenuti e le ore dedicate all’alle-

namento, nonché una diminuzione del numero di infortuni. I traumi sono

più frequenti durante le gare che in allenamento. La maggior parte degli in-

fortuni è a carico degli arti inferiori e rappresentata da distorsioni articolari

e lesioni muscolari. I traumi così detti da “overuse”, sono invece più frequenti

durante il periodo preparatorio. (Ekstrand J., Gillquist J., 1983). Le lesioni mu-

scolari a carico degli arti inferiori si verificano più di frequente durante una

contrazione eccentrica (Nanni G., Vincentelli F., 2007), su un totale di 1.087

lesioni muscolari a carico di giocatori, 1.016 sono di natura indiretta; i mu-

scoli maggiormente colpiti sono il bicipite femorale (308 casi) soprattutto

nella sua porzione distale, il retto femorale (285 casi) che tende a lesionarsi

a livello della porzione prossimale, il gemello mediale che tende a lesionarsi

maggiormente nella sua porzione distale.

Secondo i dati raccolti da Lindenfeld T.N. e collaboratori (1994), la percen-

tuale d’incidenza degli infortuni è molto simile in entrambi i sessi, ma varia-

bile a seconda dell’età: in minor percentuale negli atleti/e dai 19 ai 24 anni,

mentre maggiore è dai 25 anni in su. I portieri hanno una minore, seppur si-

mile, percentuale d’infortunio rispetto ai giocatori di movimento.

Carolyn A. e collaboratori (2006) sostengono che il 60% dei traumi comples-

sivi è causato da collisioni, quindi fuori dalla portata di qualsiasi intervento

preventivo. I fattori di rischio nel calcio a cinque, si definiscono “intrinseci”

cioè legati alla persona e fattori “estrinseci” legati alla disciplina praticata.

Tra i fattori intrinseci si ricordano:

• età;

• l’indice di massa corporea e la percentuale di massa grassa;

• abitudini voluttuarie come uso di alcool e fumo;

• riposo notturno prima dello sforzo (allenamento o gara);

• precedenti lassità articolari, lesioni muscolari e distorsioni;

• livello di flessibilità articolare;

• difetti assiali muscolo-scheletrici;

• riabilitazione inadeguata post-infortunio;

• grado di condizione fisica;

• numero di partite giocate e tempi di recupero;

• tempo dedicato a riscaldamento e stretching;

• livello agonistico ed età di inizio attività.

Tra i fattori estrinseci:

• fattori climatici (temperatura e grado di umidità dell’ambiente

dove si svolge l’attività);

• fattori legati alla superficie del campo da gioco (terreni sintetici,

parquet, erba sintetica, ecc.);

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• equipaggiamento personale;

• ruolo svolto.

I gesti tecnici del calcio a cinque in ottica preventiva

Con il termine tecnica di gioco si intende l’insieme di gesti ed abilità effet-

tuate grazie a processi motori che permettono l’esecuzione dei movimenti

richiesti dalla singola disciplina sportiva, praticata con sicurezza, disinvoltura

e naturalezza. Nel calcio a cinque in particolare, nel concetto di tecnica sono

inclusi tutti i movimenti ed i gesti del giocatore senza palla e soprattutto con

la palla (A. Nuccorini, 2002). La tecnica di gioco del calcio a cinque si distin-

gue in tecnica di base e tecnica applicata. La prima consiste in tutti i rap-

porti uomo-palla e nei gesti tecnici veri e propri, i cosiddetti “fondamentali

di gioco”, mentre la seconda in tutti quegli accorgimenti messi in atto da un

giocatore in relazione alle diverse situazioni di gioco. Gli elementi della tec-

nica di base sono: il calciare, ricevere la palla, il colpo di testa, la guida della

palla, il contrasto e la tecnica del portiere.

Il gesto del calciare la palla è senza dubbio una delle azioni motorie maggior-

mente ripetute dal giocatore di calcio a cinque nel corso della prestazione.

Uno studio effettuato sull’attivazione dei muscoli durante il calcio della palla

sia d’interno piede che di collo piede, azioni queste tipiche della trasmis-

sione e del tiro in porta, ha evidenziato significative differenze nel coinvol-

gimento dei muscoli hamstring e tibiale anteriore dei due arti, quello

calciante e quello di sostegno. I muscoli iliaco, gastrocnemio vasto mediale

e adduttore dell’anca risultano molto coinvolti nel calcio della palla con il

collo del piede (Brophy R. H. e collaboratori, 2007).

C. Bosco sostiene che “calciare la palla al massimo della potenza, richiede sem-

pre un alto livello di abilità, poiché la sommatoria delle forze deve essere appli-

cata abilmente. Ciò vuol dire che la produzione della forza dei flessori, estensori

dell’anca e del ginocchio e il momento della produzione di tali forze è corretto. La

mobilità delle articolazioni è un prerequisito fondamentale ad una tecnica di tiro

ottimale”. L’atto del calciare costituisce un gesto con molta variabilità dal

punto di vista sia biomeccanico che tecnico, poiché coinvolge oltre al piede,

alla caviglia ed al ginocchio, un’articolazione con ampia mobilità su diversi

piani come quella dell’anca, richiedendo una corretta stabilizzazione del ba-

cino e del tronco. È un gesto a catena aperta, che viene eseguito ad alte ve-

locità angolari e, poiché il pallone viene colpito con il piede ed il fulcro per

la muscolatura estensoria è il ginocchio, il braccio di leva sarà lungo e quindi

molto elevati i momenti di forza che si verificheranno a livello di questa ar-

ticolazione (Greco M. e Baroni B., 2007).

I colpi maggiormente usati dal giocatore di futsal sono:

• interno piede;

• interno-collo piede;

• collo piede;

• punta del piede.

È possibile identificare alcune fasi fondamentali che permettono una cor-

retta esecuzione del gesto tecnico del calciare:

• avvicinamento;

• equilibrio;

• oscillazione;

• contrazione muscolare;

• contatto;

• proseguimento della gamba calciante;

• saltello.

Per una completa analisi dell’atto del calciare, risulta inoltre necessario con-

siderare il rapporto tra il gesto e la traiettoria del pallone in arrivo ed inoltre,

vanno considerate sia la superficie d’urto con cui viene colpita la palla sia le

traiettorie prodotte. La scomposizione del gesto nelle sette fasi fondamen-

tali, darà la possibilità di comprendere dove intervenire per correggere e mi-

gliorare l’efficacia del gesto, prevenendo così eventuali infortuni dovuti ad

una non corretta esecuzione.

All’interno di una seduta di allenamento, è importante collocare questo tipo

di esercitazioni all’inizio, subito dopo un adeguato riscaldamento, quando i

soggetti non presentano ancora i segni di stanchezza che potranno compor-

tare il rischio di traumi. Le più frequenti patologie correlate al gesto del cal-

ciare sono rappresentate da:

tendinopatie del:

• rotuleo;

• quadricipite;

• adduttori (pubalgia);

lesioni muscolari di:

• quadricipite;

• ischio crurali;

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• ileopsoas;

• tibiale anteriore;

• adduttori;

distacchi apofisari di:

• spina iliaca inferiore;

osteocondrosi giovanile.

L’insegnamento di una corretta esecuzione del gesto tecnico in età evolu-

tiva, permette una naturale prevenzione delle patologie sopra citate sia in

età giovanile che in età adulta e contemporaneamente di raggiungere

l’obiettivo di eseguire correttamente ed economicamente il movimento

del calciare.

Lo sviluppo della propriocezione come mezzo

di riduzione dei traumi nel giocatore di calcio a cinque

La propriocezione generalmente racchiude una mole di interpretazioni non

sempre esatte dal punto di vista scientifico e terminologico: informazione

sensoriale, coordinazione intermuscolare, gestione dell’equilibrio o perce-

zione del movimento sono spesso usati come sinonimi.

Fino ad ora si è pensato che la propriocezione riguardasse esclusivamente

due tipologie di informazioni:

• sensazione della posizione articolare;

• sensazione del movimento;

attualmente il concetto di propriocezione si è ampliato in quanto è stata ne-

cessaria l’integrazione delle informazioni provenienti dai feedback afferenti

relativi ai comandi volontari che il soggetto gestisce momento per mo-

mento (Sitting et al., 1985; Djupsjobacka, 2001).

In molte discipline sportive ed in particolare nei giochi sportivi che richie-

dono improvvisi e repentini movimenti in rapporto ad attrezzo, compagni ed

avversari, come nel calcio a cinque, i programmi di preparazione fisica sia

nel periodo definito “preparatorio” che in quello “competitivo”, dedicano

ampio spazio all’allenamento propriocettivo, con metodologie dirette e spe-

cifiche. Il ruolo protettivo svolto dai propriocettori, tra i quali ricordiamo i fusi

neuromuscolari, gli organi tendinei del Golgi, i recettori di Pacini e di Ruffini

e le terminazioni libere, rispetto ai nocicettori, è evidenziato dalle indagini

sulla velocità di conduzione dei rispettivi segnali: in un arco riflesso integro,

la velocità di conduzione del segnale sensitivo dei propriocettori è di circa

70-100 m/s, rispetto a quella dei nocicettori che varia da 4-9 a 0.5-2 m/s in

rapporto al tipo di fibra nervosa mielinica o amielinica. Lo stesso autore so-

stiene inoltre che spesso, l’insorgenza di un trauma distorsivo è causa di de-

ficit propriocettivi capaci di innescare un processo in cui l’instabilità

funzionale conseguente, comporta recidive sulla stessa struttura anatomo-

funzionale (Riva, 1998). Rivestono particolare importanza i propriocettori dei

muscoli cosiddetti “stabilizzatori”, cioè di quei distretti che variano la propria

tensione isometrica in ragione delle condizioni esterne per assicurare che

l’articolazione lavori in un range angolare fisiologico; l’attivazione dei pro-

priocettori, unita a quella del sistema neuromuscolare, sembra infatti miglio-

rare i meccanismi di autoregolazione propriocettiva dell’atleta.

L’allenamento propriocettivo nella preparazione fisica

Il monitoraggio ed il training delle capacità propriocettive, riveste un ruolo

determinante al fine di prevenire e ridurre l’insorgenza dei traumi distorsivi

alle articolazioni degli arti inferiori, nel calcio a cinque ed in tutti i giochi spor-

tivi. L’attenzione della preparazione fisica nei confronti di queste compo-

nenti della prestazione, trova giustificazione metodologica nelle conoscenze

relative alle informazioni che influenzano i circuiti di controllo e gestione del

disequilibrio: a differenza di quanto si possa comunemente pensare, le affe-

renze vestibolari, non rappresentano i canali di informazione più rapidi, ma

comportano movimenti più imprecisi e violenti (Riva e Trevisson, 2000). La

conoscenza delle gestualità predisponenti traumi all’articolazione tibio-tar-

sica, nonché l’analisi della tipologia di tali traumi, ha suggerito l’introduzione

nella pratica sportiva di misure di prevenzione di tipo passivo: l’uso di fascia-

ture, tutori più o meno rigidi e particolari accorgimenti nella scelta dell’equi-

paggiamento, hanno rappresentato alcune modalità di intervento; in

considerazione degli oltre 6.000 contatti con il suolo che si verificano du-

rante una partita, medesimo obiettivo ha avuto l’analisi delle interazioni tra

piede e scarpa, al fine di individuare il profilo che meglio di altri attutisce la

magnitudo dell’impatto. L’aspetto predominante di una corretta prepara-

zione fisica invece, sembra essere rappresentato dalla prevenzione di tipo

attivo, costituita da unità di allenamento finalizzate al miglioramento della

coordinazione intermuscolare a livello della muscolatura della gamba, del

riuso elastico da parte dei suddetti gruppi muscolari e dell’attivazione pro-

priocettiva.

30

CALCIO A CINQUE

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Lo schema con cui si instaura un processo recidivizzante a carico di un’arti-

colazione (Lephart ed Henry, 1996; Riva, Soardo e Kratter, 1998), richiama

l’attenzione nei confronti degli aspetti preventivi e riabilitativi finalizzati alla

riduzione dell’instabilità funzionale dell’articolazione stessa.

Un altro aspetto molto importante di cui si occupano gli studi di Sveistrup

(2001), è rappresentato dal ricondizionamento di un atleta che ha subito un

infortunio di tipo contusivo alla testa con conseguenti alterazioni delle infor-

mazioni propriocettive. L’autore, attraverso un esame posturografico dina-

mico, ha rilevato gravi disturbi nell’equilibrio in atleti con lievi contusioni al

capo a distanza di tre giorni dall’evento traumatico. L’utilizzo da parte del

preparatore fisico delle classiche tavole basculanti di Freeman, costituisce

un idoneo mezzo per favorire l’evoluzione della propriocettività: la praticità

e l’economicità dello strumento consente l’adattamento delle esercitazioni

tecniche e atletiche sul campo in molteplici situazioni.

Viceversa, l’utilizzo di pedane basculanti elettroniche interfacciate con per-

sonal computer si rende più funzionale dove, il preparatore è interessato

non solo al training specifico, ma anche al monitoraggio delle capacità pro-

priocettive o alla capacità di equilibrio (o disequilibrio) (Sannicandro, 2007).

La pedana ad assetto modulare variabile (AMV)

Le nuove pedane propriocettive ad assetto modulare variabile (AMV), hanno la

peculiarità di avere un’elevata possibilità di combinazioni dovuta a degli acces-

sori statici e dinamici. Tali pedane danno

la possibilità di creare differenti tensioni

di uno stesso muscolo, in relazione alla

posizione assunta dal soggetto.

In uno studio recentemente effettuato,

si è voluto indagare se, attraverso l’uti-

lizzo di pedane propriocettive AMV, si

potessero ottenere stimoli diversi, dal

punto di vista sia muscolare che ner-

voso, nei vari distretti muscolari del-

l’arto inferiore coinvolti nelle

esercitazioni proposte. Sono stati ana-

lizzati nove calciatori dilettanti (età

media ± deviazione standard 32,6 anni

± 7,4 anni; peso 70,9 ± 5,6 kg; altezza

174 ± 6 cm;). L’impegno neuromusco-

lare durante attività statica e dinamica sulle pedane propriocettive AMV, è

stato indagato con l’elettromiografia (EMG) di superficie, dei muscoli tibiale

anteriore, gemello mediale adduttore e vasto mediale di entrambi gli arti in-

feriori. Il test statico è stato eseguito facendo assumere al soggetto la posi-

zione di stazione retta in equilibrio sulla pedana per la durata di 10 secondi,

con monitoraggio dell’EMG. Nella variante dinamica del test, la registrazione

EMG, è stata effettuata per 10 secondi durante l’oscillazione della pedana.

Le prove sono state effettuate su cinque diverse pedane AMV e tra un test

ed il successivo si è osservato un minuto di recupero.

I risultati ottenuti hanno evidenziato che, in tutti i test effettuati, sia statici

che dinamici, il muscolo tibiale destro è risultato sempre più attivato rispetto

al controlaterale, mentre per tutti gli altri muscoli, i diversi gradi di attiva-

zione dipendono dalla prova effettuata sulle 37 differenti pedane utilizzate,

che permettono di produrre livelli di attivazione muscolare diversi, anche in

relazione ai differenti angoli articolari utilizzati, sia in statica che in dinamica.

La tabella che segue, riassume i risultati completi del test.

In conclusione si può affermare che le nuove pedane propriocettive ad as-

setto modulare variabile, permettono di sollecitare diversamente ed asim-

metricamente i gruppi muscolari degli arti inferiori e, oltre a costituire una

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variazione rispetto alle metodiche tradizionali, possono essere proposte per

integrare i protocolli in campo sia preventivo che riabilitativo per l’allena-

mento del calciatore (Stracquadaneo G. M., 2007).

Effetti delle vibrazioni sussultorie per la gestione del disequilibrio

L’introduzione delle vibrazioni sussultorie in ambito sportivo, ha evidenziato

sia l’influenza su livelli di forza, sia sul profilo ormonale, sia l’incidenza e la

funzione di interfaccia dei propriocettori tra la modulazione dei carichi

esterni ed il risultato determinato dalle stesse vibrazioni (Bosco, 1998; Bosco

et al., 2000; Scwarzer, 2000). In questo tipo di allenamento, l’attivazione dei

propriocettori unita a quella del sistema neuromuscolare, sembra miglio-

rare i meccanismi di autoregolazione propriocettiva dell’atleta (C. Bosco,

1998). Una ricerca condotta da Sannicandro (2001) si è proposta l’obiettivo

di verificare se gli effetti delle vibrazioni sussultorie sulle componenti pro-

priocettive, mediante l’analisi di compiti motori che prevedono il manteni-

mento dell’equilibrio su pedane basculanti, risente di adattamenti

neuromuscolari di natura centrale o periferica. Lo studio è stato effettuato su

un campione di calciatori dilettanti (n = 32) la cui età, peso ed altezza (media

± deviazione standard) sono: 24,9 ± 4,7 anni; 73,1 ± 5,7 kg; 177,8 ± 4,8 cm.

Il campione è stato suddiviso in modo random in due gruppi: il gruppo spe-

rimentale (GS = n. 16), il gruppo di controllo (GC = n. 16). Tutti i soggetti im-

pegnati nello studio sono stati preventivamente informati del protocollo

somministrato e degli ambiti di indagine di ciascun attrezzo.

Per la valutazione delle componenti propriocettive dell’arto inferiore, è stata

utilizzata una tavola basculante con feedback visivo DEB, mentre per il trai-

ning con vibrazioni sussultorie, è stata utilizzata una pedana tipo Names LS

– B Bosco system dotata di strumentazione elettromiografica per l’indivi-

duazione della frequenza ottimale. Si è adottato il protocollo standard della

pedana che prevede il controllo della situazione di disequilibrio in appoggio

monopodalico per il tempo prestabilito dal software in dotazione (30 se-

condi); quest’ultimo è stato programmato per rilevare la percentuale di

tempo trascorso dal soggetto nell’intervallo ± 2°, ossia nello spazio più pros-

simo a 0°, nella posizione in cui la pedana è perfettamente orizzontale.

Per ciascun soggetto si è proceduto alla valutazione dei livelli di gestione

del disequilibrio iniziale su pedana basculante DEB (quindi dei valori di pro-

priocettività), con una valutazione della durata di trenta secondi per piede.

Quindi, i componenti del GS, in una prima giornata, sono stati sottoposti ad

allenamento con vibrazioni sussultorie con 2x3 set da 30 secondi, con ri-

spettivamente 30 secondi di recupero tra un set e l’altro ed 1 minuto di re-

cupero fra serie. La posizione assunta dai soggetti è stata quella di stazione

retta in appoggio sugli avampiedi in estensione (contrazione isometrica dei

muscoli gemelli); al termine si è nuovamente monitorato sempre con la me-

desima pedana DEB (post test) e con il medesimo compito in appoggio mo-

nopodalico per entrambi gli arti, i livelli di propriocettività finali.

32

CALCIO A CINQUE

Tabella 1:

attività EMG integrata

(mV, media±DS)

rilevata nei vari muscoli

indagati durante le cinque

esercitazioni proposte.

*differenza significativa

P<0.05 tra destro (Dx)

e sinistro (Sin);

**differenza significativa

P<0.05 tra statica e dinamica.

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Gli stessi soggetti del GS, a distanza di 24 ore, hanno effettuato una nuova

valutazione iniziale su pedana DEB (pre test), quindi sottoposti ad allena-

mento con vibrazioni sussultorie con gli stessi criteri del precedente (serie e

tempi di recupero) ma con una posizione di mezzo squat in appoggio sugli

avampiedi in iperestensione (contrazione isometrica del soleo); al termine si

è nuovamente monitorato con il medesimo compito in appoggio mono-

podalico per entrambi gli arti, i livelli di propriocettività finali (post test).

Il gruppo di controllo GC, ha eseguito nelle stesse giornate, le prove su pe-

dana basculante elettronica, senza l’introduzione di nessun training. Le fre-

quenze di vibrazione sono state individualizzate grazie alla rilevazione

elettromiografica (di cui lo strumento è dotato) che evidenziava la massima

risposta muscolare, quindi assegnate automaticamente ad ogni soggetto

dalla pedana vibrante. I risultati ottenuti sono risultati i seguenti:

- Gruppo sperimentale (GS),

valori di disequilibrio in stazione retta in relazione al piede sinistro:

• pre test: media 23,8% ± 9%

• test post vibrazioni 26% ± 9,6%

- Gruppo sperimentale (GS),

valori di disequilibrio in stazione retta in relazione al piede destro:

• pre test: media 24,8% ± 12,4%

• test post vibrazioni 26,9% ± 10,7%

Le valutazioni sopraindicate, hanno messo in risalto un miglioramento tra la

prova pretraining e quella post-training del 2,2% a carico del piede sinistro

e del 2,1% a carico del destro, entrambi statisticamente significativi.

- Gruppo di controllo (GC),

valori medi di gestione del disequilibrio piede sinistro:

• primo test: 23,6% ± 8,5%

• secondo test: 23,4% ± 11,0%

- Gruppo di controllo (GC),

valori medi di gestione del disequilibrio piede destro:

• primo test: 25% ± 10,3%

• secondo test: 23,2 ± 10,3%

Per entrambi gli arti, tali differenze non sono statisticamente significative.

- Gruppo sperimentale (GS),

valori di disequilibrio in posizione mezzo squat in relazione al piede sinistro:

• pre test: media 25,6% ± 13,9%

• test post vibrazioni: 31,1% ± 12,5%

- Gruppo sperimentale (GS),

valori di disequilibrio in posizione mezzo squat in relazione al piede destro:

• pre test: media 29,9% ± 12,2%

• test post vibrazioni: 32,5 % ± 11,3%

Le valutazioni hanno posto in risalto un miglioramento tra la prova pre trai-

ning e quella post training, del 5,5% a carico del piede sinistro e del 2,6% a

carico del destro.

Entrambi i valori risultano essere statisticamente significativi.

- Gruppo di controllo (GC),

valori medi di gestione del disequilibrio piede sinistro:

• primo test: 25,9% ± 11,1%

• secondo test: 25,3% ± 8,3%

- Gruppo di controllo (GC),

valori medi di gestione del disequilibrio piede destro:

• primo test: 31% ± 10,7%

• secondo test: 30,4% ± 5,3%

Per entrambi gli arti, tali differenze non sono statisticamente significative. In

conclusione si può quindi affermare che l’utilizzo delle vibrazioni sussultorie,

sembra provocare un eccellente adattamento ed un’intensa eccitazione del

sistema neuromuscolare dell’atleta: tale tipo di sollecitazione meccanica sui

fusi muscolari, recettori articolari e cutanei, provocherebbe una contrazione

riflessa dei segmenti muscolari che si aggiungerebbe al “riflesso tonico da vi-

brazione” (C. Bosco et al., 2000), ovvero al livello di contrazione presente

prima e soprattutto durante la sollecitazione vibratoria. I differenti risultati

ottenuti nelle due posture di training utilizzate, farebbero supporre che le vi-

brazioni attiverebbero efficacemente la struttura neuromuscolare periferica

ed i relativi propriocettori, piuttosto di evidenziare un adattamento di tipo

centrale che avrebbe dovuto attestare i medesimi risultati anche al variare

della postura utilizzata. Alla luce dei risultati evidenziati nel presente studio,

l’introduzione del training vibratorio, oltre che risultare vantaggioso ai fini

dell’incremento della forza muscolare, della flessibilità e della stimolazione

del sistema ormonale, così come ampiamente dimostrato in letteratura

(Bosco et al. 1998; Schulmberger et al., 1999; Schwarzer, 2000), sembra costi-

tuire per il campione osservato, un’efficace metodica di allenamento per le

componenti propriocettive.

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L’allenamento della forza muscolare in ottica preventiva

La forza muscolare, intesa come capacità di contrazione del muscolo, rappre-

senta la capacità organico-muscolare fondamentale, dalla quale tutte le altre

possono essere considerate come derivate. Quando l’atleta vince o tenta di

vincere resistenze ponderali elevate od elevatissime, al limite delle sue capa-

cità, egli esprime i massimi livelli di forza, cioè la sua forza massimale.

Quando egli invece eroga la massima forza nell’unità di tempo, vincendo re-

sistenze molto piccole oppure rappresentate soltanto dal peso del proprio

corpo, esprime quella capacità definita come velocità o rapidità. Se lo stesso

atleta è chiamato ad esprimere nell’unità di tempo percentuali relativamente

elevate (ma non massime) della forza massimale, egli potrà reiterare il gesto

per un numero più o meno elevato di volte; la possibilità di esprimere, con

continuità, nel tempo, le capacità di forza, viene comunemente definita re-

sistenza. Diversi autori individuano tre fattori fisiologici che maggiormente

condizionano ed influenzano la capacità di produrre forza muscolare:

- fattori propriamente nervosi;

- fattori propriamente muscolari;

- fattori di tipo meccanico.

Un importante aspetto di tipo nervoso è rappresentato dal numero delle

unità motorie, dalla loro frequenza di scarica ed alle possibilità di intervenire

modificando questi valori. Si definisce unità motoria l’insieme costituito da

un motoneurone e dalle fibre muscolari da questo innervate. I potenziali

d’azione della fibra nervosa e di quella muscolare, rispondono alla cosid-

detta legge del “tutto o nulla”, nel senso che nessun potenziale d’azione può

generarsi fintanto che la depolarizzazione di una membrana eccitabile, non

raggiunge un livello detto di “soglia”. Solo al raggiungimento di tale livello di

depolarizzazione, si genera un potenziale di azione che non è modulabile. Il

concetto appena illustrato del “tutto o nulla”, tuttavia non è applicabile al

concetto di espressione di forza muscolare, le cui manifestazioni possono

essere graduate e modulate attraverso due differenti meccanismi:

- meccanismo del rate coding (frequenza di scarica);

- meccanismo del recruitment.

Il concetto di rate coding è riferito alla frequenza con la quale i motoneuroni

scaricano i loro potenziali di azione, mentre il secondo meccanismo, è quello

relativo al reclutamento del maggior numero di unità motorie attraverso il

quale viene incrementata l’estrinsecazione di forza muscolare.

Tra i fattori cosiddetti muscolari bisogna sottolineare che le fibre non risul-

tano essere tutte uguali.

Le unità motorie vengono classificate sulla base di almeno tre distinte carat-

teristiche fisiologiche:

• la velocità con cui esse si contraggono;

• il valore della forza che riescono ad estrinsecare;

• la capacità di resistere all’affaticamento.

Questi parametri consentono di differenziare le unità motorie in due distinte

categorie:

- unità motorie di tipo S, a contrazione lenta (ST, Slow twitch fibers) che svilup-

pano forza inferiore ma sono le più resistenti alla fatica;

- unità motorie di tipo F, a contrazione rapida (FT, fast twitch fibers) con capa-

cità intermedia (a seconda dei diversi tipi) di estrinsecare elevati valori di

forza e di resistere all’affaticamento o di esprimere più elevati livelli di forza

ma con rapido esaurimento (FF). I fattori meccanici coinvolti nell’espressione

della forza muscolare sono sostanzialmente riconducibili alla lunghezza dei

muscoli e alla loro architettura. Si evidenziano, in definitiva, attraverso varia-

zioni di lunghezza dei bracci di leva del momento e conseguenti variazioni

delle posizioni articolari. La relazione esistente tra la lunghezza muscolare e

forza espressa, si può considerare come il risultato dell’azione di componenti

sia attive sia passive. La componente attiva dell’espressione della forza è ri-

conducibile all’effetto del ciclo “accoppiamento-accorciamento” (cross bridge

cycling).

Allenamento eccentrico e prevenzione dei danni muscolari

L’evento lesivo a livello muscolare costituisce uno degli insulti traumatici più

ricorrenti in ambito sportivo. L’entità della lesione può andare dal semplice

stiramento, spesso associato a rottura dei piccoli vasi, con comparsa di do-

lore e tumefazione, sino allo strappo muscolare completo. Le conseguenze

per lo sportivo, che appaiono ovviamente correlate all’entità della lesione

subita, sono sempre comunque sgradevoli e comportano sempre una so-

spensione, più o meno lunga, dell’attività agonistica e l’attuazione di un’ido-

nea terapia fisica (G. N. Bisciotti, 2001). Il danno strutturale della fibra

muscolare può essere causato, sia da una singola contrazione muscolare,

come dall’effetto cumulativo di una serie di contrazioni (Armstrong e coll.,

1991). In ogni caso, il meccanismo maggiormente correlato al possibile dan-

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CALCIO A CINQUE

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neggiamento della fibra muscolare, risulterebbe essere la contrazione di tipo

eccentrico (Armstrong, 1990; Garret, 1990). La ragione della maggior inci-

denza traumatica a livello muscolare, riscontrabile durante una situazione

di contrazione eccentrica, è soprattutto imputabile alla maggior produzione

di forza registrabile nel corso di quest’ultima, rispetto a quanto non avvenga

nella modalità di attivazione di tipo concentrico od isometrico (Stauber,

1989; Garret, 1990). Infatti, durante una contrazione eccentrica, effettuata

alla velocità di 90° · s-1, la forza espressa dal distretto muscolare, risulta essere

di ben tre volte maggiore di quella espressa, alla stessa velocità, durante una

contrazione concentrica (Middleton e coll., 1994). Inoltre, durante una con-

trazione eccentrica, risulta maggiore anche la forza prodotta dagli elementi

passivi del tessuto connettivo del muscolo sottoposto ad allungamento (El-

ftman, 1966). Soprattutto in riferimento a quest’ultimo dato, occorre sotto-

lineare come anche il fenomeno puramente meccanico dell’elongazione,

possa giocare un ruolo importante nell’insorgenza dell’evento traumatico,

visto che quest’ultimo, può verificarsi sia in un muscolo che si presenti attivo

durante la fase di stiramento, come in un distretto muscolare che sia pas-

sivo durante la fase di elongazione (Garrett e coll., 1987). Durante la contra-

zione eccentrica il muscolo è in effetti sottoposto ad un fenomeno di

"overstretching" che, in quanto tale, può determinare l’insorgenza di lesioni

a livello dell’inserzione tendinea, della giunzione muscolo-tendinea, oppure

a livello di una zona muscolare resa maggiormente fragile da un deficit di va-

scolarizzazione (Middleton e coll., 1994).

È interessante notare come siano i muscoli pluriarticolarii quelli maggior-

mente esposti ad insulti traumatici, proprio per il fatto di dover controllare,

attraverso la contrazione eccentrica, il range articolare di due o più articola-

zioni (Brewer, 1960). Anche la diversa tipologia delle fibre muscolari presenta

una differente incidenza di evento traumatico. Le fibre a contrazione rapida

(FT), sono infatti maggiormente esposte a danni strutturali rispetto a quelle

a contrazione lenta (ST), probabilmente a causa della loro maggior capacità

contrattile, che si traduce in un’accresciuta produzione di forza, e di velocità

di contrazione, rispetto alle fibre di tipo ST (Garret e coll., 1984; Friden e Lie-

ber, 1992). Inoltre, i muscoli che presentano un’alta percentuale di FT, sono

generalmente più superficiali (Lexell e coll., 1983) e normalmente interes-

sano due o più articolazioni, fattori entrambi predisponenti al danno strut-

turale (Brewer, 1960; Garret, 1990). È interessante notare come l’insulto

traumatico sia prevalentemente localizzato a livello della giunzione muscolo-

tendinea, a testimonianza del fatto che in questa zona, come del resto nella

porzione finale della fibra muscolare, si verifichi il maggior stress meccanico

(Garrett, 1990; Garrett e coll., 1987; Lieber e coll., 1991). In ultimo occorre sot-

tolineare il particolare aspetto metabolico connesso alla contrazione di tipo

eccentrico. Durante la contrazione di tipo eccentrico, dal momento che la

vascolarizzazione muscolare viene interrotta, il lavoro svolto è di tipo anae-

robico, questo determina, sia un aumento della temperatura locale che del-

l’acidosi, oltre ad una marcata anossia cellulare. Questi eventi metabolici si

traducono in un’aumentata fragilità muscolare ed in una possibile necrosi

cellulare, sia a livello muscolare, che del connettivo di sostegno (Middleton

e coll., 1994). Secondo Bisciotti, considerando quindi che il muscolo si pre-

senta particolarmente vulnerabile nel momento in cui viene sottoposto ad

una contrazione di tipo eccentrico, soprattutto quando quest’ultima è di no-

tevole entità, come nel caso di uno sprint, di un balzo o di un gesto di tipo

esplosivo, nasce l’esigenza di "condizionare" i distretti muscolari maggior-

mente a rischio con un tipo di lavoro consono a questa particolare esigenza.

Si tratta quindi di agire secondo una metodologia di lavoro che comporti la

ricerca dell’instaurazione di un ambiente muscolare acido, condizione im-

mediatamente seguita, senza soluzione di continuità, da una serie di contra-

zioni eccentriche rapide (definibili come eccentriche-flash) effettuate

sull’atleta da un operatore, oppure da una contrazione eccentrica lenta e

controllata (che potremmo definire come eccentrica-classica).

L’acidosi muscolare può essere prodotta da una serie di scatti a velocità mas-

simale, ancor meglio se effettuati su distanze relativamente brevi (20-30

metri) con arresto e cambio di direzioni immediati, in modo da ricalcare,

nella biomeccanica di corsa, il più possibile il modello prestativo.

In tal modo il condizionamento muscolare è orientato verso un progressivo

adattamento nello sviluppare contrazioni eccentriche rapide ed intense in

condizioni di forte acidosi e di marcata anossia cellulare. Questo tipo di la-

voro, come riportato nell’esempio 1, si dimostra particolarmente interes-

sante per il bicipite femorale. Per provocare una marcata acidosi locale, del

bicipite femorale, è possibile indurre quest’ultima attraverso una esercita-

zione muscolare settoriale, come l’esercizio di leg curl, eseguito ad esauri-

mento muscolare completo, immediatamente seguito dall’esercitazione

eccentrica, come descritto dall’esempio 2.

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Esempio 1: L’esercitazione è complessivamente composta da una serie di 5 scatti

a velocità massimale effettuati su di una distanza breve (20 metri), con arresto e

cambiamento di direzione, effettuati senza soluzione di continuità, abbinati ad

una serie di "contrazioni flash" (10-15 ripetizioni per gamba) a carico del bicipite

femorale.

Esempio 2: Per provocare una marcata acidosi locale, del bicipite femorale, è

possibile effettuare una esercitazione muscolare settoriale, come il leg curl, ese-

guito ad esaurimento muscolare completo (65-70% del carico massimale per

12-10 RM), immediatamente seguito da una serie di "contrazioni flash" (10-15 ri-

petizioni per gamba).

Un altro schema di lavoro interessante, sempre a carico del bicipite femorale,

è costituito da una serie di corsa calciata, eseguita ad alta intensità, con l’au-

silio di bande elastiche, della durata di alcuni secondi, seguita da una serie

di contrazioni eccentriche-flash (esempio 3) o da contrazioni eccentriche di

tipo tradizionale (esempio 4).

Esempio 3: Un altro schema di lavoro a carico del bicipite femorale, può preve-

dere una serie di corsa calciata, eseguita ad alta intensità, con l’ausilio di bande

elastiche, della durata compresa tra i 20 ed i 30”, immediatamente seguita da

una serie di contrazioni eccentriche-flash (10-15 ripetizioni per gamba).

È inoltre necessario aggiungere che una serie eccentrica, definibile come di

tipo "classico", comporta l’utilizzo di un carico sovra-massimale (110%-120%

del carico massimale) ed un numero di ripetizioni compreso tra 3 e 4, la fase

eccentrica deve essere eseguita molto lentamente e naturalmente la fase

concentrica deve essere effettuata grazie ad un aiuto esterno. Data la diver-

sità della modalità di contrazione eccentrica tra il cosiddetto "eccentrico-

flash" ed il metodo "eccentrico classico", sarebbe buona norma adottare

entrambi questi tipi di lavoro, al fine di ottenere un condizionamento musco-

lare consono ad entrambi i pattern di attivazione. Lo stesso tipo di lavoro è

proponibile anche per il quadricipite femorale (esempio 5), in questo caso

dopo una serie di skip con resistenza elastica, viene eseguita una serie di

"eccentrico classico" al leg extension, oppure di contrazioni eccentriche

"flash" (esempio 6).

Esempio 4: Lo stesso schema di lavoro dell’esempio precedente, nel quale però

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CALCIO A CINQUE

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l’eccentrico "flash" è stato sostituito dall’eccentrico "classico" (carico pari al 120%

del massimale, 3-4 ripetizioni eseguite il più lentamente possibile). È sempre

buona norma adottare entrambi questi tipi di lavoro, al fine di ottenere un con-

dizionamento muscolare consono ad entrambi i pattern di attivazione.

Esempio 5: Lo stesso tipo di lavoro per il quadricipite femorale, in questo caso

dopo una serie di skip con resistenza elastica.

Esempio 6: Esercitazione simile alla precedente dove però, dopo una serie di skip

con resistenza elastica sempre della durata di 20-30”, viene eseguita una serie di

eccentrico "flash" (10-15 ripetizioni per gamba). Anche nel caso del quadricipite

femorale è sempre consigliabile adottare entrambe le modalità di contrazione ec-

centrica (classica e flash).

Questi esempi esercitativi, che naturalmente possono essere integrati o mo-

dificati, sempre restando in quest’ottica metodologica, possono quindi co-

stituire sia un egregio lavoro di tipo preventivo nei confronti dei possibili

danni muscolari, sia, ovviamente con i dovuti adattamenti, fornire una solida

base di condizionamento muscolare per ciò che riguarda i piani di lavoro

riabilitativo susseguenti ad eventi traumatici a livello muscolare (G. N. Bi-

scotti, 2001).

L’allenamento “selettivo” della forza come mezzo

di prevenzione dei traumi nel giocatore di calcio a cinque

L’allenamento delle caratteristiche della forza muscolare nei giocatori di cal-

cio a cinque, può ricoprire in alcuni casi, aspetti di tipo preventivo, motivo

per cui dovrebbero essere sistematicamente integrati in ambito programma-

tivo. Di seguito si propone un’analisi dettagliata dell’allenamento dei vari di-

stretti muscolari.

L’allenamento selettivo del vasto mediale

Il vasto mediale è uno dei quattro ventri muscolari che costituiscono il qua-

dricipite femorale e svolge un ruolo importantissimo nell’ambito della bio-

meccanica del ginocchio, garantendo un corretto equilibrio artro-muscolare.

Occorre però specificare i seguenti punti:

• L’ipotrofia muscolare che consegue ad un evento traumatico a

livello dell’articolazione del ginocchio, come ad esempio potrebbe essere

una lesione al legamento crociato anteriore oppure meniscale, colpisce so-

prattutto il vasto mediale;

• Il vasto mediale è il maggior stabilizzatore della rotula e la sua

azione diviene essenziale nell’ambito di tutte le patologie rotulee;

• È il muscolo maggiormente attivo nella stabilizzazione del ginoc-

chio conseguente alla ripresa del contatto con il suolo dopo un balzo;

• Il vasto mediale è il muscolo più attivo durante gli spostamenti

basati sulla corsa laterale;

• Negli atleti che lamentano dolore femoro-rotuleo, il vasto me-

diale è attivato in modo fasico e tende a perdere la capacità di resistere alla

fatica (Richardson, 1985);

• È il maggior produttore di forza durante il movimento di esten-

sione della gamba sulla coscia (gesto del calciare). Per tutta questa serie di

motivi, la muscolazione selettiva del VM, risulta di primaria importanza, non

solo nell’ambito della riabilitazione funzionale dell’atleta ma anche al fine di

garantire un corretto equilibrio artro-muscolare dell’articolazione del ginoc-

chio, che costituisce a sua volta la miglior strategia preventiva possibile. Nel

caso del vasto mediale, è corretto parlare di muscolazione selettiva perché

quest’ultimo è innervato da un ramo ben distinto del nervo femorale e, per

questo motivo, è possibile attivarlo selettivamente come una singola unità

motoria (Basmajian e De Luca, 1985). L’esercizio maggiormente adatto all’at-

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tivazione del vasto mediale, è costituito dal leg extension eseguito sugli ul-

timi gradi di estensione con la punta del piede extra-ruotata ed il busto

flesso, inoltre è importante ricordare che una contemporanea contrazione

degli adduttori potenzia ulteriormente la contrazione del vasto mediale.

Il ruolo del retto femorale

Il retto femorale (RF), che come il VM costituisce uno dei quattro ventri che

formano il quadricipite femorale, è un muscolo biarticolare, ossia controlla

simultaneamente due articolazioni. Il RF infatti risulta attivo, sia nella fles-

sione dell’articolazione dell’anca, che nell’estensione della gamba sulla co-

scia. Una caratteristica che accomuna tutti i muscoli biarticolari è il concetto

di "variazione simultanea". Il concetto di "variazione simultanea" sta ad indi-

care che tali muscoli svolgono azioni muscolari di tipo diverso nell’ambito

della catena cinetica di cui fanno parte. Il RF ad esempio si accorcia quando

l’articolazione del ginocchio si estende, e si allunga quando l’anca si estende;

inoltre il RF ha una duplice azione muscolare che comporta il verificarsi di

una contrazione eccentrica a livello dell’anca contemporaneamente ad una

contrazione concentrica a livello del ginocchio. Il fatto di essere biarticolare,

e quindi di controllare le forze tensive generate simultaneamente da due ar-

ticolazioni, ed il particolare tipo di attivazione a cui è sottoposto il RF, lo pone

ad alto rischio d’insulto traumatico nell’ambito di discipline sportive nelle

quali viene fortemente sollecitato, come ad esempio il calcio o lo sprint. Tutto

questo giustifica una particolare attenzione che si concretizza nell’adozione

di particolari tipi di esercitazioni in grado di condizionarlo positivamente nei

confronti delle sollecitazioni meccaniche cui è sottoposto. Particolarmente

adatto a questo scopo è l’esercizio, nel quale il quadricipite femorale parte-

cipa alla flessione dell’anca vincendo una resistenza di tipo elastico, eventual-

mente è possibile inserire l’utilizzo di una cavigliera zavorrata al fine di

aumentare la partecipazione del retto femorale nell’azione di estensione

della gamba sulla coscia.

Il ruolo delicato e particolare del bicipite femorale

Il bicipite femorale (BF) è un flessore del ginocchio ed un estensore dell’anca,

inoltre, come tutti gli altri flessori della gamba, impedisce, se la gamba è

estesa, di forzare l’elevazione dell’arto inferiore, oppure di flettere il busto in

avanti. I muscoli flessori, infatti, non possono essere allungati oltre una certa

misura. Il bicipite femorale è uno dei muscoli maggiormente stressati nel-

l’ambito sportivo generale e nel calcio in particolare. Nell’ambito calcistico

i danni al bicipite femorale rappresentano il 13% di tutti i traumi e causano

una perdita di lavoro pari a ben il 16% dell’allenamento totale (Sewar e coll.,

1993). Ma perché il bicipite femorale è un muscolo a così "alto rischio"?

Vediamo di individuarne le cause che possono essere riassunte nei seguenti

punti:

• Il bicipite femorale è un muscolo biarticolare, come il retto femo-

rale controlla, sia l’articolazione dell’anca, che quella del ginocchio;

• È ricco di fibre a contrazione rapida (FT), ancor più di quanto non

lo sia il quadricipite femorale. Un’alta percentuale di FT costituisce un alto

fattore di rischio per l’integrità muscolare, soprattutto durante forti e vio-

lente contrazioni eccentriche (Garret e coll., 1984);

• Il capo breve del bicipite femorale origina dal terzo medio della

linea aspra con un’attaccatura lunga ed incostante che costituisce di per sé

un fattore predisponente alla lesione (Burkett, 1975);

• Il capo lungo del bicipite femorale è innervato dal nervo tibiale,

mentre il capo corto dal nervo peroniero comune. Questa doppia innerva-

zione può generare un tipo di contrazione vigorosa ma incoordinata e po-

tenzialmente pericolosa per l’integrità del muscolo stesso (Brunet e Hontas,

1996).

Oltre a queste cause predisponenti alla lesione di tipo anatomico, altri fattori

possono concorrere all’insorgenza lesiva a carico del bicipite femorale, tra

questi possiamo ricordare:

- Un inadeguato riscaldamento;

- Un’insufficiente capacità d’elongazione;

- Una scarsa resistenza muscolare specifica, soprattutto nei confronti della

contrazione eccentrica prolungata;

- Un’asimmetria degli arti inferiori;

- Uno squilibrio delle capacità di forza tra flessori ed estensori.

Inoltre, un altro importantissimo fattore di rischio a carico del bicipite femo-

rale, è costituito dal particolare tipo di attivazione a cui viene sottoposto nel

corso della contrazione. È noto come durante una contrazione concentrica,

il muscolo, per vincere la resistenza esterna, si contrae e si accorcia, e che

al contrario, durante una contrazione eccentrica, dato che la resistenza

esterna supera la capacità di forza massimale del muscolo, quest’ultimo

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CALCIO A CINQUE

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viene allungato. Forse è meno noto il concetto di contrazione ecocentrica:

con questo termine si indica una contrazione concentrica ed una contem-

poranea contrazione eccentrica di uno stesso muscolo che si inserisce su

due articolazioni, come nel caso già accennato riguardante il retto femorale

(Bubulian e Bowles, 1992). Nel caso del bicipite femorale, questo particolare

tipo di contrazione viene ancor più esasperato, infatti, nel corso di un movi-

mento a carico degli arti inferiori effettuato in catena cinetica chiusa (ossia

durante la quale il piede poggia a terra), il bicipite femorale non ricopre più

il ruolo di antagonista nei confronti del retto femorale come avviene in un

movimento in catena cinetica aperta (movimento nel quale il piede è libero,

come ad esempio nel caso dell’esercizio di leg extension) ma, al contrario, è

un coattivatore del quadricipite.

In questo caso infatti il bicipite femorale si contrae per estendere il bacino

sulla coscia ma nel contempo viene fortemente stirato eccentricamente del

movimento di estensione della gamba sulla coscia. Ragion per cui il bicipite

femorale viene fortemente stirato nel corso di una massiccia contrazione

concentrica. Nella letteratura anglosassone si utilizza il termine “hamstring in-

jury” per indicare quello che noi definiamo danno agli ischio-crurali; questa

terminologia troppo vaga, necessiterebbe di una definizione più precisa o,

meglio ancora, di una precisa distinzione.

Con il termine di ischio-crurali si intende un gruppo di muscoli, tutti esten-

sori dell’anca e flessori del ginocchio, che originano dalla tuberosità ischia-

tica e dal legamento sacro tuberoso e precisamente: il bicipite femorale, il

semitendinoso ed il semimembranoso. La distinzione che occorre fare è

dapprima di tipo funzionale ed è la seguente: durante la corsa, il semi-

membranoso mostra il massimo dell’attivazione quando frena eccentrica-

mente la flessione della coscia sul bacino nella sua fase di oscillazione in

avanti, mentre il bicipite mostra la massima attività nella fase finale della

spinta (Elliot e Blanksby, 1979). Da questa considerazione nasce una ulte-

riore distinzione questa volta di ordine traumatologico che è questa: il ter-

mine danno degli ischio-crurali è troppo vago, occorrerebbe distinguere

in due casi specifici di diversa natura, ossia:

il primo riguardante il danno del semimembranoso, essenzialmente causato

da una violenta contrazione eccentrica (in catena cinetica aperta) nell’esple-

tamento del suo ruolo di "antagonista puro" durante la parte finale della fles-

sione della coscia sul bacino durante la sua fase di oscillazione in avanti.

Il secondo a carico del bicipite femorale, causato da una contrazione di tipo

ecocentrico che si verifica nella fase finale della spinta del piede a terra,

quindi durante un movimento a catena cinetica chiusa.

Nel corso di uno sprint quindi i momenti di "alto rischio" per gli ischio-cru-

rali sono essenzialmente due, ben distinti tra loro e con un’eziologia altret-

tanto ben distinta, il primo a carico del semimembranoso ed il secondo

riguardante il bicipite femorale.

Training di forza e rischio di infortunio

nel calcio a cinque: esperienza di uno studio

Lo scopo principale del lavoro svolto, è stato quello di valutare il rischio di in-

fortunio presente in differenti tipologie di training di forza durante l’arco di

una stagione sportiva (allenamento con multibalzi e con sovraccarichi).

Lo studio è stato condotto su un campione di 28 atleti di sesso maschile pra-

ticanti campionati di livello nazionale, suddiviso in due gruppi di 14 soggetti.

Un gruppo sperimentale (GS) ha eseguito il training di forza mediante so-

vraccarichi, mentre l’altro gruppo (GMB) ha eseguito invece il training di

forza mediante multibalzi. La tabella riassume i dati di età, peso e altezza

dei soggetti in esame:

La valutazione dell’elevazione del centro di gravità mediante contrazione

concentrica e mediante il ciclo stiramento-accorciamento, è stata realizzata

attraverso pedana a conduttanza Ergojump di Bosco, secondo il protocollo

squatjump e counter movement jump.

La valutazione dell’accelerazione è stata realizzata mediante uno sprint con

partenza da fermo di 20 metri, mentre quella della velocità massimale aero-

bica con il test di Léger. La diagnosi di infortunio è stata condotta dal mede-

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simo ortopedico specialista e confortata dai medesimi ausili diagnostici per

immagini. Per valutare il rischio di infortunio si è calcolato l’indice per 1.000

ore di attività sportiva, senza considerare i giorni di inabilità derivante da

trauma diretto.

Il monitoraggio delle capacità motorie condotto per tutto l’arco della sta-

gione, si sono previsti quattro differenti momenti:

• precampionato;

• dopo 40 giorni dalla preparazione;

• immediatamente prima della sosta natalizia (120 giorni dopo);

• immediatamente prima della sosta pasquale (240 giorni dopo).

I risultati ottenuti dalla ricerca hanno evidenziato che i due gruppi sottopo-

sti a monitoraggio hanno sommato un volume annuo di 4.396 ore il GS, e di

4.326 ore il GMB. I valori relativi all’elevazione del centro di gravità mediante

contrazione concentrica eseguita con uno SJ, unitamente a quelli relativi al-

l’elevazione del centro di gravità mediante contrazione concentrica prece-

duta dal prestiramento eseguita con un CMJ, nel GS e nel GMB, hanno rivelato

il medesimo andamento nel corso della stagione sportiva monitorata.

Per quanto concerne i livelli prestativi ottenuti nel corso della stagione in

relazione al test di accelerazione sui 20m, i due gruppi hanno evidenziato

differenze significative con p<0.05 nella terza e nella quarta valutazione

a favore del GS. La valutazione indiretta del VMA mediante test di Léger

nei quattro momenti della stagione ha rivelato per il GS e per GMB tempi

di percorrenza sovrapponibili solo per le prime due rilevazioni.

Dalla rilevazione del rischio di inabilità è emerso che la stagione spor-

tiva del GS e del GMB sono state caratterizzate rispettivamente dal 2,9%

e dal 10,2% di ore di inabilità. In particolare la stagione sportiva del GS e

del GMB hanno presentato rispettivamente un’incidenza di 29,3 e 102,4

infortuni ogni 1.000 ore di attività.

Tale differenza è risultata significativa per p<0.001. Dai risultati ottenuti con il

presente lavoro sembra opportuno integrare l’allenamento con sovraccari-

chi a quello con multibalzi: il primo pur non determinando variazioni signifi-

cative dell’elevazione del centro di gravità relativamente ai jump test adottati,

rivela significativi miglioramenti a carico delle prove di sprint di 20m e della

VMA. Da un punto di vista preventivo, sembrerebbe più opportuno organiz-

zare l’allenamento di forza in modo tale che quello svolto con sovraccarichi

possa precedere e successivamente integrare quello con multibalzi.

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CALCIO A CINQUE

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Se si torna con la mente e con le emozioni al successo della Spagna

nella Coppa del Mondo 2010 emergono in ordine sparso certe nitide

immagini e alcune spiccate componenti: la brillante orchestrazione di

gioco di Xavi, l’incisiva maestria tecnica di Andrés Iniesta, l’abilità di David

Villa davanti alla porta, gli interventi di Iker Casillas, ma anche i gesti ed i

comportamenti di un protagonista seduto al margine del campo: Vicente

del Bosque. Proprio quest’ultimo, nella straordinaria semplicità della sua

conduzione, è visto da osservatori più vicini e sicuramente più esercitati

come lo specchio di altri diffusi, condivisi valori, riconducibili a qualità

umane non proprio ordinarie. Essi fanno particolare riferimento alla mode-

stia che ha accompagnato (e continua ad accompagnare) non pochi gio-

catori spagnoli, tanto da far dire che la loro vittoria in Sudafrica è stata

anche “una lezione di umiltà”. Scrive non a caso Andy Roxburgh nel nu-

mero 47 della rivista UEFA “The Technician” che “è facile vedere come questa

gloriosa generazione di calciatori non sia pretenziosa, ma semplice e felice di

promuovere la mentalità del noi”. “Siamo un gruppo di persone molto normali,

che lavorano davvero duro e amano il calcio", spiega dal suo canto Xavi, in-

dicando così indirettamente proprio quello che è il modo di essere del suo

tecnico in nazionale, Vicente del Bosque, capace di vincere in Europa e nel

mondo (due Champions League, una Supercoppa e un Intercontinentale

con il Real Madrid che ha condotto dal 1999 al 2002) con il suo modo ri-

spettoso e paziente di guidare una squadra.

“Se mi dovessi descrivere come allenatore - confessa quest’ultimo a “The Techni-

cian” - direi che il mio stile riposa sui valori umani e sulla condivisione. Ed anche

sull’essere affabile, cortese, gentile, e positivo. Non so se altri colleghi condividano

questo, ma per me il calcio rimane un gioco, un divertimento. Tutti noi riceviamo

gioia dal pallone, ecco perché non vedo motivo di essere triste, teso o di apparire

nervoso e di cattivo umore. Devo essere un capo, ma io mi sforzo di essere un capo

simpatico. Gli allenatori sono giudicati dai fatti più che dalle parole, così dob-

biamo avere misura e dirigere un gruppo in maniera ferma, ma anche mettere

l’accento sulle componenti umane e naturalmente su una filosofia di gioco. Noi

ci sforziamo di fare calcio privilegiando la conservazione della palla a un ritmo

elevato, molta mobilità e un buon equilibrio tra passaggi corti e lunghi. Impor-

tante, comunque, è la condivisione. Ciò significa che si deve essere disposti a ascol-

tare i giocatori ed a stabilire buone relazioni con loro. Alcuni possono vedere in

questo comportamento un segno di debolezza. Per me, invece, un’aperta comu-

nicazione con ogni componente il gruppo-squadra è essenziale”.

Alcuni contenuti educativi di questa comunicazione arrivano da lontano.

Vicente del Bosque si avvale di quanto seminato nel corso degli ultimi quin-

dici anni dalla federcalcio spagnola a livello giovanile, dove arroganza, va-

nità e senso di superiorità vengono messi all’indice. Diventa così più facile

per il tecnico iberico mettere in guardia contro l’autocelebrazione e la fie-

rezza mal posta. Certo, tutti sono d’accordo sul fatto che i giocatori abbiano

bisogno di un ego, che vogliano essere i migliori, ma ciò non deve sfociare

nel mare vischioso dell’egotismo. “Quando calciatori e allenatori conoscono il

successo, non è necessario che si autoglorifichino”, ammonisce Andy Roxburgh,

CALCIO INTERNAZIONALE

di Marco Viani*

VICENTE DEL BOSQUEE LA SUA SPAGNA MONDIALE

*Collaboratore Settore Tecnico FIGC

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CALCIO INTERNAZIONALE

ricordando la massima: “Se dobbiamo dire alla gente che esistiamo, vuol dire

che non esistiamo davvero”.

Sul riconoscimento di Vicente del Bosque, da parte dell’Istituto Internazio-

nale di Storia e Statistica del Calcio (IFFHS), come miglior tecnico del 2010

pesa sicuramente la brillante e concreta qualità del gioco espressa dalla sua

Spagna in Sudafrica, ma forse anche il fatto di aver vinto, con i suoi ragazzi,

il trofeo del fair-play. Se è così, si può parlare di una filosofia in grado di va-

lorizzare, in ugual misura, rapidità tecnica (non esente da aggressività) e

esemplare rispetto del regolamento. Valori e acquisizioni che non si improv-

visano. Parlando del suo capitano, Xavi ha detto: “Iker Casillas è speciale anche

perché è una persona molto umile, molto normale”. Giudizio da estendere a

molti altri componenti il gruppo mondiale, in particolare a coloro che sono

maturati e migliorati nei ranghi del settore giovanile. “La nostra filosofia è ba-

sata sullo sviluppo delle qualità delle squadre minori - spiega Fernando Hierro,

direttore sportivo della federcalcio spagnola - sempre restando fedeli a un

certo stile di fare calcio, basato sulla conservazione del pallone, e sulla volontà di

imporre il nostro gioco. Abbiamo cambiato il nostro staff tecnico negli ultimi due

anni, conservando però la nostra filosofia. L'idea è di facilitare il passaggio da

una selezione all’altra. So che, tradizionalmente, molte federazioni tentano di

applicare lo stile della squadra maggiore a quelle inferiori. Noi pensiamo che

deve essere l'inverso. La nazionale A è fondata sul lavoro che viene fatto con le for-

mazioni giovanili”. Questi concetti si accompagnano (anche fisicamente, in

quanto espressi nel corso dell’ultima conferenza UEFA per tecnici delle squa-

dre nazionali svoltasi a Madrid) con quanto esposto da Ginés Meléndez, di-

rettore della Scuola allenatori iberica. Al di là del talento calcistico, ha detto,

la selezione è basata sulle qualità umane, come il carattere, lo spirito di com-

petizione, la volontà di riuscire e il livello di intelligenza emozionale: tutto

quanto permette ai giocatori di affrontare tornei di breve durata. Ha preci-

sato: “I ragazzi hanno bisogno di essere veramente equilibrati. Un giocatore il cui

comportamento oscilla fortemente tra l’euforia e la drammatizzazione in base al

risultato, produrrà deboli prestazioni in gara. Da qui, il nostro impegno per inse-

gnar loro a giocare a calcio, a confrontarsi, a sviluppare un equilibrio psicolo-

gico. Si lavora su valori quali l’impegno, il cameratismo, la naturalezza, la

modestia per cercare di far crescere giocatori di élite e buoni caratteri”.

Vicente del Bosque è oltremodo esplicito nel riconoscere la grande ricchezza

che ha ereditato e di cui si è giovato fin dal primo giorno di allenamento

con Xavi e compagni, non tacendo successivi percorsi del tutto propri e

scelte fatte assolutamente ‘in solitario’: “La maggior parte del gruppo portato

in Sudafrica era quella artefice della vittoria nell’Europeo 2008 e non ho voluto di-

struggere o cancellare ciò che era stato fatto prima. Il mio predecessore aveva

fatto un eccellente lavoro: l’aspetto della continuità è stato grandemente bene-

fico per il calcio spagnolo. Ritengo peraltro che la peggiore cosa sia non progre-

dire. I 23 giocatori di Vienna non potevano essere i 23 di Johannesburg. Così

abbiamo inserito elementi nuovi come Busquet, Navas, Javi Martinez, Llorente e

altri. Parliamo di sette, otto inserimenti in grado di dare nuovo sangue al gruppo.

Si è trattato in parte di una sfida perché ha comportato decisioni dure, alcune

delle quali mi hanno fatto dispiacere. Marcos Senna, per esempio, forse il migliore

a Vienna: era difficile escluderlo. Noi allenatori non possiamo però abbandonarci

ai sentimenti e alle emozioni. Dobbiamo prendere decisioni tecniche e assumerci

dei rischi. Non c’è posto per la compiacenza”. Sicurezza e un pizzico di perento-

rietà accompagnano anche certi suoi orientamenti di ordine strettamente

tecnico: “Non credo molto alla lavagna. In altre parole, non considero che una

certa struttura, una certa impostazione di squadra siano garanzie di buon cal-

cio. Penso che sia più importante costruire un gruppo ben cosciente del bisogno

di esprimersi come blocco unico tanto bene in difesa come in attacco.

Certi osservatori tendono a mettere l’accento sulle qualità offensive della Spagna,

come se noi non facessimo altro che indirizzare verso la porta avversaria palloni

su palloni. Abbiamo invece anche qualità difensive e, se non facciamo bene certe

cose, diventiamo una squadra vulnerabile, quasi debole. È importante reagire

collettivamente e rapidamente alla perdita del pallone”. Visti i risultati, il calcio

spagnolo appare consolidatamene adulto, e ben definito, nel padroneggiare

le molteplici componenti di gioco che si traducono in concretezza e spetta-

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colo: “Sottolineo di nuovo l’importanza della continuità, il fatto di quelle squadre

e di quei giocatori che hanno conosciuto il successo a livello giovanile giocando

in un certo modo e così contribuendo alle nostre affermazioni.

Questo è incontestabile. Ma bisogna anche guardare ciò che fanno i giocatori

tutti i giorni nei loro club, analizzare il loro ruolo, ogni loro movimento in campo,

per poi pensare quale può essere il loro apporto al gioco della nazionale. La gente

ci sovrappone al Barcellona - ed è logico avendo Xavi, Iniesta e Busquet a centro-

campo - ma sono presenti anche tracce di altre squadre spagnole nel nostro

modo di fare calcio”.

Il cammino della Spagna nel mondiale era iniziato con uno shock: la scon-

fitta nella gara di esordio con la Svizzera. Xavi e compagni avevano vinto

tutte le partite di qualificazione e, così, questa inattesa caduta aveva posto

ognuno di loro, Vicente del Bosque in testa, davanti ad un fatto del tutto

nuovo da gestire: “Il calcio spagnolo si aspettava molto da noi in Sudafrica, co-

sicché quello è stato un momento difficile: ci ha messo addosso ansietà e qual-

che angoscia. Subito però, appena usciti dal campo e col pensiero già rivolto a

Honduras e Cile, nostri futuri avversari, abbiamo convenuto che non era proprio

il caso di puntare il dito per rimproverare questo o quello. Se qualcuno doveva

essere rimproverato, questi era ciascuno di noi. Ci siamo anche curati di memo-

rizzare gli elementi positivi della nostra prestazione e inoltre abbiamo inserito

questo risultato nel quadro di tutte le altre gare che ci hanno portato in Sudafrica.

Sapevamo che potevamo giocare meglio, ma non ho visto alcuna ragione per

fare grandi cambiamenti: con l’Honduras, ad esempio, mi sono limitato a ini-

ziare la partita con Torres ed a rimpiazzare Silva con Navas. La cosa più impor-

tante era ritrovare fiducia. L'abbiamo ritrovata contro l’Honduras e l’abbiamo

consolidata battendo il Cile. Un allenatore può essere un bel parlatore, ma ciò

che dice è più rilevante del modo in cui lo dice. Se si parla, dobbiamo avere argo-

menti convincenti. Il punto essenziale è stato quello di sottolineare che avevamo

il coraggio delle nostre convinzioni sullo stile di calcio che volevamo praticare: la

risposta è stata la successiva gara e tutto quello che è seguito. Si trattava solo di

giocare, non di discutere. La cosa peggiore, dopo quella prima delusione, sarebbe

stata quella di tornare negli spogliatoi e dire che il gioco che ci aveva fin lì ac-

compagnato non era valido. Bisogna restare fedeli alle proprie idee. Penso che

l'allenatore debba trovare una giusta misura in quello che dice e debba trasmet-

tere le sua fermezza in certi criteri. Sono dell'avviso che se si esagera nei nostri di-

scorsi, si corre il rischio di dire una cosa un giorno e un'altra differente il giorno

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44

CALCIO INTERNAZIONALE

dopo. Io sono stato agevolato dal fatto di avere un gruppo di persone formida-

bili, in grado di comprendere facilmente i messaggi”.

Con questo gruppo, Vicente del Bosque ha passato cinquanta giorni insieme

prima di alzare, insieme, la Coppa del Mondo: “Cinquanta giorni sono tanti,

sono lunghi e noi abbiamo avuto la fortuna di non avere né problemi né contra-

sti. Questo dice tutto di un gruppo di veri uomini di sport, tutti molto generosi, con

attitudini fortemente positive. Una buona armonia e lo spirito di squadra non

bastano per vincere le partite: questi valori ci devono essere indipendentemente

dai risultati. Ho avuto un gruppo di 23 eccellenti giocatori e di 23 eccellenti per-

sone. Tutti insieme abbiamo trasformato quei cinquanta giorni in un’esperienza

ogni giorno piacevole e via via entusiasmante”. Nella gestione di un così pre-

zioso patrimonio, Vicente del Bosque sembra rifarsi anche a una precisa ere-

dità del suo predecessore, Luis Aragonés, relativa al rilievo dell’apporto dei

cosiddetti ‘capitani’, così chiamati da quest’ultimo: “Il mio proposito, in linea di

principio, è di trattare tutti i giocatori in maniera uguale. Ma forse questo non av-

vantaggia alcuni perché un gruppo comprende abitualmente elementi con mag-

giore esperienza, con ‘qualità di capo’, di solito quelli con più presenze in nazionale,

e con doti naturali di guida. Si cerca comunque di sfruttare queste risorse e di ot-

tenere le migliori risposte nelle varie contingenze sia a livello individuale che col-

lettivo. Do molta importanza alle relazioni umane e se queste sono buone significa

fare un bel passo verso il successo. Le partite si decidono spesso in base a piccoli

dettagli: ricordo che in Sudafrica non abbiamo vinto nessuna partita con un

grande scarto. I valori umani sono importanti per reagire alle situazioni serrate,

compresse. La chiave è fondere le qualità individuali con uno stile di gioco ben or-

ganizzato e strutturato: è ciò che abbiamo tentato di fare in Sudafrica e che ten-

teremo di fare in futuro”. “Se si conosce soltanto il calcio, si va poco lontano”, ha

sentenziato un allenatore, creando una suggestione nella quale Vicente del

Bosque ha dimostrato felicemente di muoversi e che lo avvolge a tal punto

da richiamare antiche fedeltà e influenze: “Ho avuto la fortuna di giocare sotto

la conduzione di alcuni bravissimi tecnici, spagnoli e stranieri, che mi hanno in-

segnato quanto era importante avere altre qualità oltre quelle calcistiche. Essi

avevano conoscenze in altri campi ed ho via via scoperto quanta cultura in più

sia necessaria per essere veri protagonisti nel calcio. Ho in particolare quattro de-

biti di riconoscenza. I primi due rimandano a Milijan Milijanic e Vujadin Boskov,

entrambi jugoslavi ma differenti l’uno dall’altro, originalissimi nel loro modo di es-

sere tecnici proprio anche per la dimensione della loro preparazione. Erano più

che degli allenatori: erano persone preparate su tanti piani dell’esistenza e del sa-

pere. Al loro confronto, io mi sento soltanto un tecnico e niente di più. Gli altri due

debiti mi riconducono a Miguel Munoz e Luis Molowny. L’importanza di quest’ul-

timo, meno conosciuto sul piano internazionale, è presto detta: è stato colui che

ha fatto nascere e stimolato il mio desiderio di diventare allenatore. Anzi, devo

dire il ‘nostro’ desiderio, perché se si guarda al Real Madrid di quegli anni (Vicente

del Bosque vi ha giocato dal 1970 al 1984 ndr), troviamo calciatori come

Camacho, Garcia, Remon che, a contatto con un simile maestro, hanno trovato

le prime motivazioni per intraprendere a guidare a loro volta una squadra.

Sono questi i quattro maggiori riferimenti della mia formazione e sono felice che

due di essi si identifichino con tecnici venuti da un paese diverso dalla Spagna

perché credo fermamente che, nel nostro lavoro, non esistano frontiere.

Ci possono essere buoni o cattivi allenatori, ma questo non ha niente a che ve-

dere con il paese in cui si è nati”. Tanto Real Madrid, dunque, nella formazione

e nella carriera di Vicente del Bosque anche come tecnico, per un protratto

cammino di vertice sfociato sulla panchina della nazionale prima nel mondo.

Un passaggio che induce a un confronto: “Io mi sento perfettamente a mio

agio nel mio ruolo di guida della Spagna, anche se penso che i migliori risultati

arrivino quando giocatori e allenatori si conoscono bene a vicenda. Con una

squadra nazionale si ha evidentemente meno tempo per farlo perché ci sono

meno contatti, mentre in una di club, dove ci si conosce molto bene, a volte basta

un’occhiata per trasmettere messaggi, anche se il contatto quotidiano può dar

luogo a maggiori frizioni e conflitti. In nazionale, in fondo, il solo ‘conflitto’ deriva

dal fatto che si hanno 23 giocatori e soltanto 11 possono andare in campo. Basta

pensare a chi avevo in panchina: Silva del Manchester City, Torres del Liverpool,

Cesc dell’Arsenal. Ciò chiaramente può porre ostacoli. Ma devo dire che, sia come

allenatore del Real Madrid sia della nazionale spagnola, ho avuto abbastanza

fortuna per non andare incontro a gravi difficoltà. Mi sono via via reso conto che,

in linea generale, più il giocatore è grande, meno crea problemi”.

Semplice, umile, gentile, rispettoso, positivo, saggio. Infine, vincente.

È il modo di essere uomo e allenatore di Vicente del Bosque, che si congeda

così: “Esprimo solo un auspicio, un desiderio per il futuro: vorrei che allenatori e

giocatori non parlassero degli arbitri. So benissimo che viviamo in paesi dove la

libertà di parola è sacrosanta, ma sono altrettanto convinto che giudizi ed espres-

sioni su chi è chiamato a far rispettare le regole del gioco facciano male a tutto

il nostro calcio”.

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Il gioco del calcio, il più bello del mondo.

Nato in Inghilterra attorno alla metà dell’Ot-

tocento è sempre rimasto uguale con le sue

regole e i suoi entusiasmi; è per questo che

desta tanto interesse ed anche i ragazzini rie-

scono a seguirlo con semplicità.

In molti si è provato a modificarlo: noi allena-

tori con tattiche nuove, i preparatori atletici

rinforzando oltre misura la potenza, la prepa-

razione fisica; ma alla fine il gioco di palla ha

sempre avuto la meglio. Il calcio è il calcio, e

dei fuoriclasse lo rendono unico.

Negli ultimi anni però qualcosa è avvenuto in-

troducendo cose nuove che hanno in parte

stravolto questa regolarità.

Su tutte, la televisione e la tecnologia. La televisione, con la moviola, oltre

a mettere in risalto e garantire il valore di certe azioni, di certi tiri e di gol

bellissimi, ha alimentato polemiche veramente dannose proponendo fino

all’esasperazione la regolarità di un tiro, la posizione di un giocatore, la svi-

sta di un arbitro, dando così corpo a discussioni a non finire che si protrag-

gono per giorni interi.

Da ciò ecco nascere varie proposte di moviola in campo, di telecamere

sulle porte, e così via. Platini, presidente dell’Uefa, contrario alla tecnologia,

in un recente suo discorso ha ipotizzato la soluzione - da adottare per il

momento solo in alcuni tipi di gare - di aggiungere due uomini di porta:

due arbitri che andrebbero ad aggiungersi ai tre già proposti ora.

La soluzione parrebbe semplice, ma sarà possibile trovare tanti arbitri va-

lidi, e in tutto il mondo?

Intanto anche la Fifa, dopo anni di discussioni e di rinvii sembra orientata

a sperimentare il sistema di telecamere con sensori per i gol fantasma.

È un passo avanti? Al momento è difficile dirlo, vedremo con l’applicazione

sul campo.

CALCIO FRA PASSATO, PRESENTE E FUTURO

di Azeglio Vicini*

IL GIOCO PIÙ BELLO DEL MONDO MA LA TECNOLOGIA INCALZA

*Dirigente benemerito FIGC, ex Commissario tecnico azzurro ed ex Presidente del Settore Tecnico

45 calcio_passato_pres_futuro:Layout 1 27-05-2011 11:37 Pagina 45

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di Marco Viani*

UEFA NEWS

Tanti entraineurs, trainer, entrenadores, coaches, treinadores, mister, prof,

e così via, chiamati a raccolta in due distinti e ravvicinati incontri, svol-

tisi rispettivamente a Madrid, nella sede della federcalcio spagnola, e a

Nyon, nella sede dell’UEFA, che li ha entrambi promossi.

Protagonisti, nel primo caso, i commissari e i direttori tecnici delle nazionali

europee riuniti per la loro nona conferenza, mentre nel secondo caso sono

stati gli allenatori dei club di élite del vecchio continente a dar vita al loro do-

dicesimo forum. La pubblicazione “The Technician” ne riporta nel numero 47

un ampio resoconto che riteniamo utile far conoscere con dovuta sintesi.

Organizzata per la prima volta nel 1994, la conferenza ha sempre avuto ca-

denza biennale, a distanza di due anni dalla Coppa del Mondo o dal Cam-

pionato europeo. Nel 2010 si è tenuta appena tre settimane dopo il forum

di Nyon con conseguente inevitabile intreccio di analisi, tematiche, rilievi.

Imprescindibile il comune campo di studio: il mondiale e l’ultima Cham-

pions League, quella vinta dall’Inter.

A “aprire i giochi” un’osservazione di Pep Guardiola registrata nel corso

del forum, significatamente condivisa dai partecipanti alla conferenza di

Madrid, riguardante il comportamento della Germania nel mondiale su-

dafricano: “I tecnici tedeschi hanno avuto il coraggio di applicare un tipo di

gioco che si è allontanato da quello tradizionale”.

Parole che trovano conferma in quelle di Joachim Loew, primo responsabile

sulla panchina dei terzi classificati in Sudafrica: “Dopo l’Europeo 2004, in pro-

spettiva Coppa del Mondo 2006, abbiamo deciso di lavorare su un nuovo stile di

gioco, con un effettivo molto giovane. Uno stile basato sul possesso del pallone,

sull’impostazione del ritmo, sul dominio della gara, con una maggiore vocazione

all'attacco e una maggiore assunzione di rischi.

Dovevamo farlo anche perché avremmo giocato quel mondiale davanti al no-

stro pubblico. Quando poi la nostra Under 21 ha vinto il Campionato d'Europa

in Svezia nel 2009, abbiamo capito che alcuni giocatori avevano non soltanto

il talento ma anche la maturità per essere inseriti in squadra A e quindi erano

in grado di assumersi più elevate responsabilità”.

*Collaboratore Settore Tecnico FIGC

I TECNICI EUROPEI “LEGGONO” L’ULTIMO MONDIALE

Pep Guardiola

46-50 UEFA NEWS_bis:Layout 1 27-05-2011 11:38 Pagina 46

47

Manuel Neuer, Tennis Aogo, Sami Kedhira, Mesut Ozil, Jerome Boateng e

Marko Marin sono stati promossi da Joachim Loew nella nazionale mag-

giore soltanto un anno dopo aver giocato in Svezia, mentre Toni Kroos,

Thomas Muller e Holger Badstuber, ancora più giovani, hanno incarnato

la nuova filosofia di gioco che ha dato vita ad un calcio offensivo e spetta-

colare, ampiamente meritevole del terzo posto ottenuto in Sudafrica.

Sistemi di gioco

Dai lavori della conferenza di Madrid è emerso che, nell’ultima Coppa del

Mondo, il sistema 4-2-3-1 è stato adottato da 12 squadre, mentre in Cham-

pions League 2009-10 a questa stessa impostazione avevano fatto ricorso

8 formazioni su 16. Altri numeri riflettono una diversità di comportamenti

in queste due competizioni: in Sudafrica 10 squadre su 32 hanno spesso

privilegiato il 4-4-2, mentre soltanto 2 in Champions League; 6 hanno op-

tato per il 4-3-3, come in quest’ultima. Alcune selezioni non europee

hanno presentato una difesa a tre. Nella Coppa del Mondo 2002, era stato

il 40% delle squadre a scegliere questo tipo di difesa, che si è via via rare-

fatto nelle ultime edizioni della Champions League, tanto che nessuna

delle 16 formazioni dell'edizione 2009-10 ha adottato questa formula.

La metà delle squadre presenti in Sudafrica ha iniziato con un attaccante di

punta, contro l'85% in Champions League. Gli attaccanti hanno tuttavia se-

gnato il 53% delle 145 reti del torneo mondiale. D’altro canto, la tendenza a

optare per due centrocampisti recuperatori si è consolidata, con una percen-

tuale del 65%, corrispondente ai valori della Champions League. Da registrare

comunque una certa varietà nella personalità dei giocatori impiegati in que-

sta posizione. La coppia spagnola Sergio Busquets-Xabi Alonso, per esempio,

contrasta con quella formata da Javier Zanetti e Esteban Cambiasso nell'Inter

regina d’Europa dopo la vittoriosa finale di Madrid contro il Bayern Monaco.

Il ricorso sempre più frequente ai due centrocampisti recuperatori, dalla

collocazione ben definita e, generalmente, dalle priorità difensive, ha ac-

cresciuto la domanda di difensori laterali chiamati a muoversi da un’area

all’altra. In Champions League, due di questi - Maicon dell'Inter e Holger

Badstuber del Bayern Monaco - sono stati i principali autori di centri evi-

Joachim Loew

Carlos Dunga

46-50 UEFA NEWS_bis:Layout 1 27-05-2011 11:38 Pagina 47

48

UEFA NEWS

denziando una costante confermata nel mondiale sudafricano dove gio-

catori come Sergio Ramos (Spagna), Philipp Lahm (Germania) e Giovanni

van Bronckhorst (Olanda) hanno contribuito in maniera significativa alle

offensive collettive delle rispettive squadre. Il Rapporto tecnico dell’UEFA

sulla Champions League 2009-10 ha indicato tra gli esempi più lampanti

di difensori laterali polivalenti quelli di due brasiliani: Maicon e Daniel Alves

del Barcellona. Il fatto che questi due giocatori si muovano sul lato destro

del campo ha indotto Carlos Dunga a schierarli in contemporanea in na-

zionale, attribuendo una posizione più avanzata a quest’ultimo.

Le vie del gol

Nell’ultima Coppa del Mondo sono state segnate 145 reti, contro le 147

dell'edizione precedente, per una media di 2,27 a partita; 2,56 invece in

Champions League. Il 23% è scaturito da palla inattiva (26% in quest’ul-

tima). 26 gol sono stati realizzati da fuori area. In Champions League, que-

sto genere di conclusioni vincenti ha fatto registrare un aumento del

28%. Ciò si può spiegare con la necessità di rispondere a blocchi difen-

sivi ‘bassi’ e con la crescente volontà di far breccia dalla distanza.

I rapidi contrattacchi hanno prodotto il 25% delle reti risultanti da azioni di

gioco, contro il 27% in Champions League e il 46% nell'Europeo 2008.

In queste tre competizioni, la capacità di lanciare veloci controffensive si è ri-

velata un'arma talmente efficace da non poter non far parte dell'arsenale

delle migliori squadre. In Sudafrica, Germania e Brasile sono stati i maestri in-

contrastati in questo campo, seguiti dalle finaliste Spagna e Olanda. “Questa

componente del gioco spagnolo è spesso sottostimata”, ha commentato Joa-

chim Loew nella conferenza di Madrid, per poi aggiungere: “Non bisogna di-

menticare che la Spagna è stata la migliore squadra dal punto di vista difensivo,

con buoni meccanismi di recupero del pallone uniti alla capacità di produrre

transizioni in cinque, sei secondi. Per lanciare dei contrattacchi efficaci occorre

una reazione istantanea in termini di movimento”.

Questo comportamento di offesa è venuto sempre più a caratterizzare lo

svolgimento della Champions League, fino a far registrare, nell’edizione 2005-

Carlo Ancelotti

46-50 UEFA NEWS_bis:Layout 1 27-05-2011 11:38 Pagina 48

06, il 40% delle realizzazioni. Una graduale diminuzione di questa incidenza

si deve alla messa a punto di meccanismi per "contrastare i contrattacchi".

Si può ben pensare che, in Sudafrica, squadre come le due finaliste, ben

coscienti di lasciare spazi alle loro spalle, abbiano lavorato molto per ri-

durre la loro vulnerabilità in caso di perdita del pallone, perfezionando e

oliando ogni ingranaggio della loro macchina. Al forum di Nyon, Carlo

Ancelotti ha dichiarato: “Abbiamo chiaramente constatato come la Spa-

gna, pur con molte pedine in avanti, non abbia subito troppi contrattacchi”.

Individualità e carattere

Sia a Madrid che a Nyon ci si è chiesto perché certi giocatori dai quali, nel

mondiale, ci si attendeva molto, non siano riusciti a imporsi. Messa da parte

la fatica di fine stagione, i tecnici europei sono arrivati a mettere l’accento sul

peso delle attese, tale da alzare barriere psicologiche e creare alti livelli di

stress. A riprova, come ha riferito uno di loro, l’ammissione da parte di alcuni

giocatori, anche molto navigati sul piano internazionale, di non aver mai sen-

tito una simile tensione prima. Ciò, tuttavia, non sembra aver penalizzato

singoli valori e inibito personali colpi vincenti. In questo senso il mondiale ha

confermato un rilievo del Rapporto tecnico dell'Uefa sulla Champions Lea-

gue 2009-10 relativo all’imprescindibilità di certi spunti individuali per avere

la meglio su difese apparentemente insuperabili. Visto alla vigilia come tea-

tro per mettere in risalto le virtù collettive, il torneo sudafricano ha disatteso

questa aspettativa, come attesta il 23% delle reti risultante da azioni indivi-

duali (26% in Champions League). Esplicito al riguardo Andy Roxburgh:

“Spesso sono stati singoli lampi di genio ad aver fatto la differenza”.

Talento personale, isolate prodezze, concentrazione, rapide transizioni, vo-

lontà di vincere figurano tra i fattori che possono rivelarsi decisivi in un tor-

neo finale intenso e di breve durata come quello rappresentato dall’ultimo

atto di un mondiale. Questo campionario non è tuttavia completo se non

comprende un’ulteriore componente: la capacità di recuperare. Basta pen-

sare alla Spagna di Vicente del Bosque: la prima squadra capace di vincere

il titolo dopo aver perso la prima partita. Joachim Loew si è ritrovato in una

situazione simile dopo la sconfitta della sua Germania con la Serbia:

“Questo insuccesso ha creato tensioni e un’enorme pressione, ponendo tutti

noi di fronte al compito di dover alleggerire ogni cosa”.

Si può dunque rimediare tra una partita e l’altra, come pure nel corso di una

stessa gara, anche se in Sudafrica poche squadre sono state capaci di farlo.

Soltanto tre formazioni - tutte europee - sono infatti uscite vittoriose dal

campo dopo essere state in svantaggio per uno a zero, mentre in Cham-

pions League 2009-10 le squadre che hanno vinto dopo aver concesso la

prima rete sono arrivate al 14,4%.

A volte, comunque, i momenti e i gesti decisivi non hanno niente a che ve-

dere con la preparazione mentale, fisica e tattica messa a punto dagli alle-

natori. Quando gli è stato chiesto quale ricordo avrebbe conservato del

mondiale, Bert van Marwijk, tecnico dell’Olanda, ha risposto: “Vedere il tiro

di Arjien Robben deviato dall’alluce di Casillas. La differenza dipende, a volte, da

un centimetro: un niente ti può permettere di vincere o perdere un titolo”.

Gli aveva fatto eco Roy Hodgson, tre settimane prima, intervenendo nel

forum di Nyon: “Su trent’anni la fortuna può equilibrarsi. No, in una edizione di

Champions League o di Coppa del Mondo”.

Primato della Champions League

Alla conferenza di Madrid hanno partecipato i rappresentanti delle 53 fede-

razioni riunite dall’UEFA, mentre il forum di Nyon ha raccolto 17 allenatori di

squadre di élite europee, chiamati ad una analisi delle competizioni inter-

club 2009-10 e segnatamente della Champions League, considerata la mas-

sima materia di riferimento. In linea, nonché di suggestivo impatto, l’esordio

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Bert van Marwijk

46-50 UEFA NEWS_bis:Layout 1 27-05-2011 11:38 Pagina 49

di José Mourinho: “L’allenatore esce sempre migliorato da questo torneo,

sia che vinca sia che perda”. “Nessuna competizione supera la Champions

League sul piano della velocità e dell’intensità di gioco”, ha sottolineato a

sua volta Claude Puel, allenatore dell'Olympique Lione, che ha ag-

giunto: “Le transizioni sono diventate più rapide e i meccanismi di recu-

pero del pallone sono molto efficaci”.

Alex Ferguson ha lui stesso riconosciuto, pur riferendosi al periodo re-

lativamente breve delle ultime due-tre stagioni, come la velocità dei

contrattacchi sia aumentata, mentre Martin Jol si è domandato se, con

la tendenza a schierare due mediani recuperatori, non si corra il rischio

di dividere le squadre in due: una unità difensiva di sei giocatori e una

offensiva di quattro.

Roy Hogdson ha ricordato la difficoltà sempre più grande per i talenti

di brillare in formazioni sempre meglio organizzate. “Può darsi che le

individualità diventino meno decisive in Champions League e in Coppa

del Mondo”, ha commentato Carlo Ancelotti, “perché le squadre più com-

petitive sembrano le più collettive e le più compatte”. Thomas Scaaf ha

osservato: “Credo che in Bundesliga siano stati i talenti individuali del Ba-

yern Monaco a fare la differenza. Nella finale di Champions League si è

invece potuto vedere come l’Inter abbia saputo gestire questo aspetto con

maestria. Il titolo vinto dai nerazzurri è da ascrivere più alle loro virtù col-

lettive che al loro talento individuale”.

Alex Ferguson ha rimarcato che “nella fase a eliminazione diretta della

Champions League bisogna studiare gli avversari con più attenzione ri-

spetto a quanto avviene nelle competizioni nazionali”, per poi aggiun-

gere: “Ci sono differenti culture da tenere in conto e le preparazioni

tattiche devono essere più intense perché, lo sappiamo, a questo livello

un dettaglio può fare la differenza. Bisogna fare attenzione a non perdere

per mancanza di conoscenza”.

Queste ultime osservazioni ne hanno stimolate altre. José Mourinho ha

stimato che l'analisi della squadra avversaria può condurre a una foca-

lizzazione troppo marcata sulla medesima e a una perdita di identità

della propria.

Altri fattori, come la paura di perdere, possono impedire alle formazioni

di esprimersi concretamente. Ha rivelato un allenatore a Madrid, prota-

gonista nel mondiale sudafricano: “Nel primo tempo ho visto la mia squa-

dra e non ho riconosciuto i miei giocatori. Nell'intervallo, la mia priorità è

stata di convincerli ad essere loro stessi”.

L’ultima osservazione ha coinciso con un rilievo di Thorsten Fink, al-

lenatore del FC Bale: “Bisogna incoraggiare i giocatori a esprimersi e a

non perdere di vista l'aspetto ludico”, convalidato dal giudizio di un altro

tecnico: “I giocatori hanno piacere quando sono incoraggiati a praticare

il loro calcio”.

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UEFA NEWS

José Mourinho

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