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N° 1/2011
PLATINI A COVERCIANOABETE VICEPRESIDENTE UEFA
PLATINI A COVERCIANOABETE VICEPRESIDENTE UEFA
SETTORE TECNICO CAMPIONATO ALLIEVI, UNO SGUARDO AL FUTURO 4
CONGRESSO UEFA GIANCARLO ABETE VICE PRESIDENTE a cura della Redazione 5
SITO INTERNET DIBATTITO LIVEDEL SETTORE TECNICO E VIDEO DIDATTICA a cura della Redazione 6
MATCH ANALYSIS RILEVAZIONE, I GOL SU TRANSIZIONE di Aldo Dolcetti 8
PANCHINE D’ORO PER LA A E LA B VINCONO MOURINHO E BISOLIE D’ARGENTO PREMIATI ANCHE SANNINO, FAVARIN E ZACCHERONI a cura della Redazione 12
RECENSIONE IO CALCIO A CINQUE di Marco Viani 14
CENTRO STUDI E RICERCHE IL CALCIO DI RIGORE di Felice Accame 16
CENTRO STUDI E RICERCHE IL POST CARRIERA DEI CALCIATORI di Paolo Piani 18
SEMINARIO FIGC/USSI “IL CALCIO E CHI LO RACCONTA”MICHEL PLATINI IN CATTEDRA A COVERCIANO di Luigi Ferrajolo 21
RECENSIONE DIZIONARIO GIURIDICO DELLO SPORT a cura di Federica Centenaro 24
COPPA D’ASIA ZACCHERONI TRIONFA IN GIAPPONE a cura della Redazione 25
CALCIO A CINQUE LA PREPARAZIONE FISICA DEL GIOCATORE ASPETTI PREVENTIVI DEI TRAUMI INDIRETTI di Valerio Garbini 26
CALCIO INTERNAZIONALE VICENTE DEL BOSQUE E LA SUA SPAGNA MONDIALE di Marco Viani 41
CALCIO FRA PASSATO, IL GIOCO PIÙ BELLO DEL MONDOPRESENTE E FUTURO MA LA TECNOLOGIA INCALZA di Azeglio Vicini 45
UEFA NEWS I TECNICI EUROPEI“LEGGONO” L’ULTIMO MONDIALE di Marco Viani 46
3
Tutto il materiale inviatonon verrà restituito.La riproduzione di articoli odi immagini è autorizzata acondizione che ne venga citata la fonte.
Poste Italiane s.p.a
Sped. in abb. Post. D.L. 353/2003
(conv. in L. 27/02/2004 n. 46)
art. 1, comma 2, DCB ROMA
Registrazione del Tribunale di Firenze
del 20 maggio 1968 n. 1911
Il n. 1/2011 del Notiziario
è stato chiuso in tipografia
il 25 maggio 2011
Impaginazione,disegni e stampaArti Grafiche Boccia S.p.a. Via Tiberio Claudio Felice, 784131 Salerno
FotografieArchivio Settore Tecnico FIGCAS fotoFoto SABEGMTMaurizio PittiglioSabattiniUfficio Stampa FIGC
DirettoreRoberto Baggio
Direttore ResponsabileFranco Morabito
Hanno collaborato a questo numeroFelice Accame, Antonio Acconcia, Federica Centenaro,
Aldo Dolcetti, Luigi Ferrajolo, Valerio Garbini, Roberto Guidotti,
Gianfranco Laperuta, Paolo Piani, Carlo Salvadori, Marco Viani,
Azeglio Vicini
SOMMARIO
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4
La proposta
che segue è
il frutto di una
concertazione in-
tervenuta tra il
Settore Tecnico,
Club Italia e Set-
tore Giovanile e Scolastico della Federcalcio. Una proposta che ha a cuore il fu-
turo, e quindi lo sviluppo del calcio giovanile italiano, che chiede il necessario
sostegno di tutte le Società coinvolte. Sviluppo, nella sua accezione più quali-
tativa, avendo come terreno d’elezione il campionato Nazionale Allievi.
Quest’ultimo, punto di passaggio cruciale tra il primo approccio agonistico ed
il salto verso l’alto livello. L’intento è quello di porre più competizione nella di-
sputa, spesso svilita dalle eclatanti disparità in campo. Per avviare questo pro-
cesso, il progetto propone di innalzare il livello qualitativo e quantitativo della
selezione rivolta alle speranze azzurre.
PROPOSTA DI MODIFICA DEL CAMPIONATO NAZIONALE ALLIEVI
Il Settore Giovanile Scolastico, il Club Italia e il Settore Tecnico hanno ravvisato
una evidente disomogeneità nel Campionato Allievi Nazionali tra le forma-
zioni che hanno la prima squadra che milita nel Campionato di Serie A e B, e
quelle che hanno la prima squadra nella Prima e, soprattutto, nella Seconda
Divisione di Lega Pro. Si tratta di differenze tecniche e atletiche dovute in
parte, come è naturale, ai diversi mezzi economici delle società partecipanti.
I calciatori che militano in questa categoria, in particolare quelli nati nel 1994,
sono in una età che, in tanti paesi Europei, dal punto di vista tecnico, è molto
vicina alla soglia del professionismo. La categoria, quindi, dovrebbe espri-
mere un calcio che abbia requisiti più qualificati sotto il profilo tecnico. Un
calcio che sia più allenante e confacente alla crescita dei giovani calciatori,
con lo scopo di aumentare il numero dei confronti di una certa difficoltà. In
questo modo si mettono i ragazzi nelle condizioni di giocare con dei pari li-
vello per prepararli agli incontri dell’immediato futuro, sia nella categoria su-
periore (dove, in tal senso, esiste una divisione tra Campionato Primavera e
Campionato Berretti), sia per le eventuali gare in prima squadra o a livello
internazionale giovanile. Si propone, al momento, di lasciare inalterato il for-
mat del Campionato Giovanissimi Nazionali. Al contempo, con lo scopo di
aumentarne la competitività, si propone di sdoppiare il Campionato Allievi
Nazionali: uno rivolto alle Società di Serie A e B; l’altro dedicato alle Società
militanti in Lega Pro. Per le prime, questo cambiamento produrrà un con-
fronto su livelli tecnici più elevati; dal loro canto, le squadre di Lega Pro po-
tranno partecipare a un campionato in cui saranno maggiormente
competitive evitando di essere destinate a posizioni secondarie in classifica.
Così facendo si eviterà loro di incorrere frequentemente in casi nei quali la
sperequazione in campo ed il punteggio finale possano, alla lunga, diven-
tare deprimenti per i giovani calciatori. In tal modo si aprirebbe alle Società
della Lega Pro la possibilità di poter gareggiare per i play-off e per la vittoria
finale di un campionato che manterrebbe, tutto intero, il suo prestigio.
Si potrà, eventualmente, considerare l’ipotesi della disputa di una Super-
coppa tra i due Campionati Allievi Nazionali, che vedrebbe opposte, in una
o in doppia gara, la vincente del Campionato Allievi Nazionali di Serie A e B
e la vincente del Campionato Allievi Nazionali di Lega Pro. In merito al-
l’aspetto economico, considerato che potrebbero aumentare le spese per le
maggiori distanze da percorrere, dopo aver ascoltato alcune società di Serie A
e B, abbiamo raccolto pareri comunque favorevoli. La conclusione di massima
è stata che, a fronte di un aumento quasi irrisorio dei costi, si avrebbero evi-
denti vantaggi sotto il profilo della crescita tecnica dei calciatori. Per quanto ri-
guarda le Società di Lega Pro si auspica intervenga un sostegno finanziario
da parte della Federazione Italiana Giuoco Calcio con lo scopo di alleviare
l’eventuale disagio economico per le Società meno attrezzate. Si evidenzia,
infine, la non completa partecipazione al Campionato Allievi Nazionali da
parte delle Società di Lega Pro, ritenendo quest’ultime inadeguato il livello
competitivo delle proprie rose giovanili. Con un’eventuale riforma, come
quella sopra esposta, tale problematica potrebbe essere superata.
Roberto Baggio, Presidente del Settore Tecnico FIGCGiovanni Rivera, Presidente del Settore Giovanile e Scolastico FIGCArrigo Sacchi, Coordinatore delle squadre nazionali
SETTORE TECNICO
CAMPIONATO ALLIEVI, UNO SGUARDO AL FUTURO
Roberto Baggio, Presidente del Settore Tecnico FIGC
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Giancarlo Abete nuovo vice presidente della Uefa: lo ha nominato a
Parigi il Congresso delle 53 Federazioni Europee su designazione di
Michel Platini. Già componente del Comitato Esecutivo, il numero uno
della Figc entra ora nel gruppo dei 5 vice presidenti insieme al turco Erzik,
allo spagnolo Villar, all'inglese Thompson e al cipriota Lefkaritis.
Dopo 11 anni di assenza, dall'avvicendamento di Antonio Matarrese nel
2000, l'Italia torna così al vertice della Uefa, nell'ufficio di presidenza sotto
la guida di Michel Platini, confermato oggi all'unanimità numero uno del
calcio europeo.
Al congresso di Parigi la Figc era rap-
presentata dal direttore generale
Antonello Valentini, dal segretario
Antonio Di Sebastiano e dal respon-
sabile dell'ufficio internazionale Ser-
gio Di Cesare.
Con un voto per acclamazione Platini
ha ottenuto la conferma alla presidenza: tra i punti centrali del suo pro-
gramma per il prossimo quadriennio, la centralizzazione dei diritti televisivi
per le qualificazioni ai Campionati europei. Tutte le 53 Federazioni presenti
hanno dato mandato alla Uefa perché a partire dal 2014, in vista degli Euro-
pei di Francia 2016, sia la Uefa stessa a gestire in prima persona la vendita dei
diritti tv delle Nazionali per le partite di qualificazione.
Il modello proposto si muove sulla falsariga di quello applicato per Cham-
pions League ed Europa League e garantirà alle singole Federazioni introiti
più alti rispetto a quelli trattati ora singolarmente dai diversi Paesi.
Resteranno fuori da questo programma le gare dell'Under 21 e ovviamente
tutte le amichevoli e le partite delle altre Rappresentative nazionali (giova-
nili, calcio a 5 e femminili). Impegno prioritario della Uefa resta la lotta alla
corruzione e alle scommesse clandestine: di qui, un appello anche ai calcia-
tori perché collaborino a garantire la “pulizia” del calcio.
Platini ha tra l'altro auspicato una maggiore presenza delle donne negli or-
ganismi dirigenti del calcio e ha annunciato che l'esempio verrà dalla stessa
Uefa che d'ora in poi farà partecipare ai lavori del proprio Comitato Esecu-
tivo una donna dirigente di Federazione.
Nel corso dello stesso Congresso l'ex presidente della FIGC Antonio Ma-
tarrese è stato nominato Membro d'onore della Uefa in segno di stima e di
gratitudine per l'attività svolta fin qui al servizio del calcio internazionale.
Oltre ad aver guidato la Figc dall'87 al '96, Matarrese ha ricoperto molti ruoli
nelle posizioni di vertice all'interno del Comitato Esecutivo Uefa fino alla ca-
rica di vice presidente vicario.
In un breve intervento davanti alla platea del Congresso, Antonio Matarrese
ha voluto ringraziare personalmente Michel Platini e tutto l'Esecutivo per il
gradito riconoscimento, esprimendo piena condivisione per il programma
presentato al Congresso di Parigi.
CONGRESSO UEFA
a cura della Redazione
GIANCARLO ABETE VICE PRESIDENTE
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Il sito internet del Settore Tecnico, www.settoretecnico.figc.it, si è recen-
temente arricchito di Aula Interattiva (visibile sulla sinistra della home-
page): una nuova piattaforma composta di due Sezioni - Dibattito Live e
Video Didattica - che si propone di incentivare attraverso i nuovi canali in-
formatici il ruolo formativo e didattico del Settore.
DIBATTITO LIVE
Per la prima volta nella storia “web” del Settore Tecnico autorevoli personaggi
del mondo del calcio vi daranno appuntamento per dialogare in tempo reale
nella Sezione Dibattito live, parte del progetto Aula Interattiva. Si tratterà di
un confronto diretto tra gli addetti ai lavori, a tutto vantaggio della didattica
nel calcio. Durante l’evento sarà possibile interagire con l’ospite, che rispon-
derà alle domande o agli spunti di riflessione inviati.
Questo renderà così possibile sviluppare i temi di maggiore interesse in tempo
reale, in base all’interesse manifestato dai partecipanti all’evento on line.
La Sezione Dibattito Live è stata sviluppata da Net Sinergy, il partner web
del Settore Tecnico, con le più moderne tecnologie web che permettono
all’utente di evitare di aggiornare periodicamente la pagina per caricare i
nuovi interventi, che invece vengono visualizzati in tempo reale per tutti gli
spettatori della diretta non appena vengono pubblicati dal moderatore.
Chi non avesse la possibilità di partecipare ad un dibattito live di proprio in-
teresse potrà comunque assistervi “in differita” successivamente; sul sito del
Settore Tecnico sarà infatti disponibile l’archivio con tutte le dirette, nel quale
verranno riportati in ordine cronologico tutti gli interventi dell’ospite e degli
utenti. Ma il dialogo non finisce qui giacché sarà possibile per gli utenti com-
mentare i dibattiti chiusi per continuare nel tempo a confrontarsi e svilup-
pare ulteriormente temi di interesse comune.
Fino ad oggi sono stati effettuati due Dibattiti Live che hanno riscontrato
un grande interesse e che potranno essere visualizzati - completi dell’in-
tera discussione (ordinata dal primo all’ultimo intervento) - e commen-
DIBATTITO LIVE E VIDEO DIDATTICALA FORMAZIONE È ANCHE ON LINE
Renzo Ulivieri, direttore della Scuola allenatori del Settore Tecnico (il primo a sinistra), Franco Morabito, Paolo Piani e Felice Accame (a destra) durante il Dibattito Live su “Attacco alla zona a 4”
a cura della Redazione
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SITO INTERNET DEL SETTORE TECNICO
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tati accedendo all’archivio collocato nella Sezione Aula Interattiva.
Il primo, sul tema “Attacco alla zona a 4”, che ha visto come protagonista
il Direttore della Scuola allenatori del Settore Tecnico Renzo Ulivieri;
l’altro, tenuto invece da Ferretto Ferretti, docente di Metodologia dell’al-
lenamento alla Scuola allenatori, che ha risposto in diretta alle domande
su “La preparazione precampionato. Che cos’è? Dove bisogna farla? È vera-
mente utile? A cosa serve?”.
Altri Dibattiti Live sono previsti prossimamente; l’annuncio degli argomenti
e delle date nelle quali si svolgeranno sarà pubblicato tempestivamente sul
sito del Settore Tecnico.
VIDEO DIDATTICA
Nella Sezione Video Didattica, che fa anch’essa parte del progetto Aula In-
terattiva, sono disponibili video di presentazione e di approfondimento
relativi ad argomenti che fanno parte delle materie di studio dei vari corsi
della Scuola Allenatori del Settore Tecnico. In ottica web 2.0, così come
accade già da tempo nella Sezione Documenti, il visitatore avrà così la
possibilità di esporre le proprie idee e dialogare con gli altri utenti del
sito inserendo i propri commenti relativi ad ogni video.
Gli stessi video sono anche disponibili sul nuovo canale Youtube del Set-
tore Tecnico FIGC: http://www.youtube.com/settoretecnicofigc al quale
invitiamo tutti coloro che possano esserne interessati ad iscriversi.
Ad oggi nella Sezione sono stati pubblicati video realizzati con Renzo
Ulivieri, direttore della Scuola allenatori del Settore Tecnico, e con alcuni
docenti della Scuola: Felice Accame (Teoria della comunicazione), Fer-
retto Ferretti (Metodologia dell’allenamento), Maria Grazia Rubenni
(Sezione medica) e Vittorio Tubi (Psicologia).
Il video didattico di Felice Accame, docente di Teoria della comunicazione, pubblicato nel-l’apposita Sezione.
Ferretto Ferretti, docente di Metodologia dell’allenamento, nel corso del Dibattito Live.
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VISITE RECORDNel corso del mese di marzo 2011 il sito del Settore Tecnico hafatto registrare il record di visite effettuate (47.890) e di visita-tori (25.035), migliorando ulteriormente i dati del mese prece-dente, rispettivamente di 47.121 e di 23.994.Significativo il raffronto fra i dati registrati nei corrispondentiperiodi degli ultimi tre anni:
VISITE
Gennaio 2011: 43.262 Gennaio 2010: 36.847 Gennaio 2009: 24.134
Febbraio 2011: 47.121 Febbraio 2010: 31.922 Febbraio 2009: 22.144
Marzo 2011: 47.890 Marzo 2010: 33.501 Marzo 2009: 26.547
VISITATORI
Gennaio 2011: 22.116 Gennaio 2010: 20.917 Gennaio 2009: 14.127
Febbraio 2011: 23.994 Febbraio 2010: 18.242 Febbraio 2009: 13.338
Marzo 2011: 25.035 Marzo 2010: 18.015 Marzo 2009: 15.243
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RILEVAZIONE, I GOL SU TRANSIZIONE
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*Allenatore professionista di Prima categoria, Collaboratore tecnico nel SettoreGiovanile del Milan**Dal 2000 al 2003 ha lavorato nella Panini DSP di Adriano Bacconi con cui ha
collaborato per alcuni mesi lo scorso anno per Delta Tre
di Aldo Dolcetti*
RilevAzione è il nome di un progetto iniziato già nel 2000**.
L’obiettivo era di “rilevare” le AZIONI di calcio su tre livelli: azioni di squa-
dra, situazioni di gioco e azioni individuali. Questo studio ha prodotto codifi-
che e terminologie di tutte le possibili azioni in entrambe le fasi di gioco e ha
per il momento accantonato l’ambizione onnisciente di “pescare” tutte queste
azioni in modo automatico, attraverso un supporto tecnologico all’avanguar-
dia. Per ora tutto si svolge ancora e volentieri con l’osservazione umana, resa
migliore dalla consapevolezza del vedere.
Infatti, anche se l’esperienza è fondamentale, a volte nasconde il rischio di as-
suefazione che non fa vedere quella cosa vista centinaia di volte (una partita
di calcio) con occhi diversi. RilevAzione è perciò un modello di osservazione sog-
gettiva e guidata che facendo riferimento a parametri condivisi, diventa la più og-
gettiva possibile. C’è anche da considerare quanto sia anomalo il nostro sport:
è fantastico perché imprevedibile. Si gioca in uno spazio di 100x60 metri con
22 atleti, per cui la variabilità dei gesti tecnici e dei movimenti tattici, ma soprat-
tutto la rarità del gol, lo rendono spesso inafferrabile. Più semplicemente è uno
sport che forse sfugge spesso alla statistica “secca” e costringe a considerare più
la qualità che la quantità degli eventi. Per questi motivi, nel calcio vincono
anche le squadre più deboli e di conseguenza, purtroppo, a volte c’è tanta di-
stanza tra prestazione e risultato.
RilevAzione è oggi presente nel Settore Tecnico di Coverciano come supporto
di osservazione del calcio e spunto di discussione. In pratica sono state analiz-
zate e archiviate tutte le Azioni di Squadra concretizzate in gol nella Serie
A italiana. Al momento di scrivere questo articolo la Serie A era giunta alla
27a giornata.
In questo primo articolo è presa in esame un’Azione di Squadra che fa da
sempre discutere. Una volta era il contropiede, oggi è chiamato Transizione.
Non importa come si chiami, anche se i cambiamenti avvenuti nel lessico
calcistico a volte vorrebbero dividere i “moderni” (troppo scientifici e com-
plicati) dai “vecchi” (forse presuntuosi, ma essenziali e saggi). In realtà, basta
mettersi d’accordo sul significato delle parole. Il contropiede fa discutere
perché è una parola chiave dello stile calcistico italiano, nella migliore ipo-
tesi considerato come una vincente strategia, ma solitamente sminuito
come un furbo opportunismo. Il furbo contropiede italiano si abbina al-
l’idea di distruggere il gioco, di fare catenaccio per poi lanciare un gioco di
rimessa di pochi secondi e pochi passaggi. Un marchio indelebile al punto
che se qualcosa di simile lo attua una squadra di altra nazionalità, è possi-
bile sentir parlare di ottima organizzazione difensiva e di veloce e spetta-
colare sviluppo nello spazio d’attacco… Anche qui, se c’è una verità sta
nel mezzo. Che sia più semplice attaccare se si hanno metri quadrati in
avanti (spazi vuoti o spazi occupati da un numero basso di avversari) è un
dato di fatto. Allo stesso tempo, l’organizzazione difensiva è migliorata un
po’ dappertutto. Infatti, come trasposizione moderna del catenaccio, si usa
la Densità difensiva volontaria: l’obiettivo è di mettere quasi tutti gli effet-
tivi dietro la linea della palla per formare una ragnatela posizionata che
copre, chiude e marca lo spazio, oltre che logicamente l’avversario.
Contro questo modo di difendersi, la squadra che riesce a manovrare con
qualità (sarà l’argomento dell’ultima puntata, quello più importante per il
nostro calcio) avrà più chance di confezionare occasioni gol, diversamente
dovrà, all’interno della partita, sfruttare i calci piazzati o il recupero del pos-
sesso palla trasformato in azione offensiva in un attimo. La transizione è ap-
punto questa modalità: nella testa del calciatore che conquista palla e
in quella dei compagni scatta l’idea immediata di provare velocemente
ad attaccare, è quello il momento in cui la squadra avversaria potrebbe
MATCH ANALYSIS
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essere impreparata, è quello il momento di sfruttare l’occasione.
Al di là della zona di campo in cui la palla è recuperata, la transizione si ori-
gina e si sviluppa a grande velocità con la squadra avversaria che deve difen-
dersi con pochi uomini (la linea difensiva non completa), oppure è costretta
a correre indietro (ripiegamento). Lo spazio, il tempo e la modalità tecnica
e di partecipazione caratterizzano tre tipi di transizione:
- 1) FULMINEO - Recupero palla in zona già avanzata (per un errore av-
versario o per un azione di pressing) trasformato subito per andare alla
conclusione. Tale azione dura pochissimo per ovvi motivi.
- 2) RIBALTAMENTO - Recupero palla tendenzialmente nella propria
metà campo e lo sviluppo ha una modalità di verticalizzazione (un lan-
cio, pochi passaggi in avanti rasoterra, un’azione individuale nello spa-
zio vuoto) e la partecipazione all’azione di pochi uomini. La durata deve
considerare lo spazio tra punto di recupero e porta, e la velocità del-
l’azione in funzione dei disturbi avversari.
- 3) RIPARTENZA - Recupero palla anche in questo caso nella propria
metà campo, con uno sviluppo più articolato anche se ugualmente ve-
loce (una sequenza di passaggi anche corti e medi) e la partecipazione
di un numero più alto di uomini. La durata anche in questo caso è in re-
lazione ai metri da percorrere e alla velocità di svolgimento dell’azione.
Nel momento in cui la squadra in possesso di palla confeziona la sua azione,
la squadra in non possesso palla agirà con le possibili azioni difensive.
Solitamente quando una squadra segna su transizione, gli avversari si difen-
dono con questi modi:
- 1) LINEA - Azione difensiva alla quale partecipano gli ultimi giocatori
(al massimo 6) che si muovono per chiudere gli spazi e marcare gli av-
versari presenti o in arrivo. Le situazioni da gestire sono più o meno pe-
ricolose, fino a diventare veri e propri rischi da linea di ultima resistenza.
- 2) RIPEGAMENTO - In questo caso si tratta proprio dell’evidente movi-
mento all’indietro di uno o più giocatori. Questa corsa, verso la propria
porta, può servire per temporeggiare e riorganizzarsi, oppure è veloce
per riprendere una posizione importante e per tentare un salvataggio.
La situazione che si crea è quindi come se fosse una ritirata o un estremo
tentativo di aiuto al proprio portiere.
TRANSIZIONE Fulmineo
Come indicato dal nome, questa tipologia di transizione ha una durata ve-
ramente breve. Guardando i dati si va da un minimo di 0,3” nel gol di Ro-
binho in casa contro il Brescia, a gol che si materializzano in poco più di 10”
come quello di Di Natale contro il Lecce alla 12a giornata. Il recupero della
palla che dà vita all’azione avviene sempre nella metà campo avversaria.
A volte la riconquista non è legata a niente di particolare, ma in alcune situa-
zioni ci può essere una vera azione di pressing come nel gol di Moscardelli
alla prima giornata in Chievo-Catania oppure un “regalo” come quello dato
da Cannavaro a Pellisier in Napoli-Chievo. Ed è proprio la squadra veneta
quella che ha più segnato con un fulmineo: ha fatto 6 gol stranamente quasi
tutti nella prima parte della stagione e Pellissier è stato il più svelto con 3
realizzazioni. Il gol scelto come esempio è invece quello di Hernanes in Lazio-
Udinese dopo appena 1’ di gioco.
“L’Udinese ha una rimessa laterale nella propria e verso la linea di metà campo.
La situazione sembra tranquilla, è appena iniziata la partita. Battuto il fallo late-
rale, Isla vorrebbe cambiare gioco ma è disturbato per cui ne viene fuori un pas-
saggio orizzontale sui piedi di Rocchi libero nel mezzo del campo a circa 40mt
dalla porta avversaria. I difensori che l’attaccante laziale ha davanti a sé sono a
distanza, Coda gli è a circa 10mt, Zapata più accentrato è ancora più dietro e a
sinistra c’è Benatia in compagnia di Zarate. L’idea di Rocchi è di puntare subito la
difesa avversaria, una transizione fulmineo che durerà solo 5,3” e che vedrà una
combinazione difficilissima tra il portatore palla ed Hernanes. Infatti, se Zarate
con la velocità e il tempo giusto decide di tagliare il campo da sinistra a destra per
dettare un passaggio o aprire migliori possibilità individuali al compagno, Her-
nanes partito dietro addirittura a Inler e Asamoha, corre in verticale, recupera
metri e diventa quella macchia azzurra che Rocchi con la coda dell’occhio vede
arrivare alle spalle. Tra il tocco d’esterno di Rocchi che elude l’avversario Coda, la
corsa lanciata e il tiro di sinistro di Hernanes non c’è quasi distinzione da quanto
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tutto sia stato rapido nell’esecuzione. Il collo piede del brasiliano laziale non è
stato forte, ma Handanovic è stato disorientato dal taglio di Zarate, da quella
intesa velocissima e da Zapata che forse gli copre la palla. Qualità 4 (max 5
stelle) per questa realizzazione dove la riconquista palla è stata trasformata in
gol, nonostante la difesa avversaria fosse comunque posizionata e in superio-
rità numerica. La retroguardia dell’Udinese ha lavorato con ripiegamento e
linea; un tipo di visione direbbe che abbia sbagliato Coda perché non attaccato
a Rocchi, ma la reazione allo sbaglio di Isla e la conseguente situazione po-
teva essere gestita. Certo che il movimento di Zarate ha spinto sia Benatia che
Coda a guardare solo la palla, perché Zapata era l’uomo in più a protezione.
Infatti il problema è arrivato alle spalle ed allora sono stati i centrocampisti del-
l’Udinese ad aver perso lo sprint con Hernanes che ha anche anticipato il tiro
con tanta bravura.” (Figura 1)
TRANSIZIONE Ribaltamento
In questa azione speciale di piena velocità, il Napoli è al primo posto con
6 gol di cui ben 4 hanno come autore Edinson Cavani. Spesso la coppia La-
vezzi-Cavani ha corso tutto il campo, ad esempio in due reti che partono
da due angoli contro. Infatti, i gol con questa modalità di transizione sono
spesso spettacolari per velocità rispetto ai metri percorsi dal punto di re-
cupero palla. Ci deve essere un senso verticale immediato come in uno
dei gol di Cavani in Cesena-Napoli quando l’uscita alta di De Sanctis è tra-
sformata subito in un lancio con le mani per Lavezzi che conduce palla ve-
loce per 60mt con Cavani accanto. A proposito di conduzione palla, da
segnalare il ribaltamento individuale di Vucinic contro la Sampdoria in tra-
sferta, mentre il gol scelto è quello del Milan in casa contro il Genoa, au-
tore Ibrahimovic. “Dopo l’intervallo la gara è ferma sullo 0-0, le squadre sono
di nuovo in campo ed Eduardo sta battendo una punizione dentro la sua
area di rigore. I suoi compagni accennano il desiderio di volere palla corta sui
piedi, ma poi la decisione è per un rinvio lungo. Questo è importante per im-
maginare com’erano posizionate le squadre al momento dello stacco di
Thiago Silva su Toni. Il suo colpo di testa, da considerarsi il momento del re-
cupero palla, indirizza la stessa verso Pirlo, appostato qualche metro a destra.
Sappiamo delle qualità del centrocampista del Milan e qui ne abbiamo una
chiara conferma. Il suo controllo palla è ad un tocco già orientato in avanti
e il suo cervello registra lo scenario offensivo in un attimo. La scelta è imme-
diata, elegante, precisa ed efficace. Il suo lancio di collo destro è un po’ l’icona
del ribaltamento. In questo caso, l’obiettivo da vero quarterbak è alla ricerca
della corsa di Ibrahimovic per il touch down.
Se Pirlo era posizionato a 15mt dalla linea di metà campo, lo svedese era in-
vece a più di 15mt oltre la linea di metà, affiancato da due difensori del
Genoa, Ranocchia a sinistra e Dainelli a destra. La gittata oltre e nello spazio
è stata di 50mt, un rimbalzo prima dell’area di rigore
e qui c’è la seconda prodezza, quella di Ibrahimovic
che affiancato, spinge Ranocchia via e allunga la
gamba destra prima di Dainelli e di collo esterno rie-
sce a superare in pallonetto il portiere Eduardo non
molto reattivo. Il tutto dura 7,3” nei quali i difensori
genoani scappano, ma non riescono ad eludere il
concentrato fisico e tecnico dell’attaccante.” (Figura 2)
TRANSIZIONE Ripartenza
Un’azione tipica di ripartenza è quella che alla 3a giornata ha portato Marchisio
al gol in Udinese-Juventus. Quattro giocatori che percorrono 70mt in poco
più di 12” e con 3 passaggi confezionano una manovra veloce che si con-
clude con un bellissimo tiro al volo. Pato del Milan ha fatto 3 gol in questo
modo, correndo in profondità e partecipando a queste transizioni ben con-
geniate. Il Palermo invece è la squadra che più ha sfruttato con giocate di
qualità il recupero palla nelle retrovie. Il gol scelto è appunto uno della squa-
dra siciliana: quello di Nocerino in Palermo-Roma.
10
MATCH ANALYSIS
Figura 2
Figura 1
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“La Roma è già sotto di due gol ma sta reagendo. Batte un angolo con Totti sul
quale respinge di pugno Sirigu. La palla esce centralmente fuori area dove Sim-
plicio cerca di controllarla. La palla rimbalza e Bovo la porta via di testa e la ripar-
tenza è servita, nel senso che davanti a sé ha solo la coppia avversaria
Cassetti-Riise ma già Pastore a sinistra e Miccoli a destra. I metri da percorrere
sono tanti ma la superiorità numerica spinge il Palermo a correre. Arrivato ap-
pena dopo la metà campo, Bovo allarga a Pastore e cerca di capire. Lo aiuta Cas-
setti che affronta il giocatore argentino senza un’idea precisa, lasciando il
comando del gioco all’avversario con palla. Risulta facile il taglio verticale di Bovo
non seguito da Riise che sente alle sue spalle la presenza di Miccoli. Bovo dopo
80mt si ritrova davanti a Julio Sergio ma un po’ defilato a sinistra. Guarda nel
mezzo e la giocata che sceglie non è per Pastore o Miccoli, ma per Nocerino che
intanto è arrivato veloce e continua ad aumentare per anticipare Riise e mettere
la palla in rete. Questa coast to coast è durata 13”, con partenza da un angolo
contro ed ha avuto Bovo come protagonista principale. Per la squadra in non
possesso palla è difficile dire cosa poteva fare con questo ripiegamento in inferio-
rità numerica. Forse Cassetti e Riise non affrontano il problema con sguardo fe-
roce a 360°, anche perché il rientro dei compagni, soprattutto quello di Julio
Baptista, nel momento finale poteva salvare il tutto.” (Figura 3)
Fino alla 27a giornata i gol realizzati su transizione sono stati 115 così suddi-
visi: 34 su fulmineo, 39 su ribaltamento e 42 su ripartenza.
Il totale di gol in quel momento era 639 per cui: transizione 18%, mano-
vra in ampiezza e profondità 49,4%, calcio piazzato 31,1%, rigori e puni-
zioni dirette 10,5%. Forse è interessante vedere anche il prospetto gol di
una squadra, ad esempio dell’Udinese della coppia Di Natale-Sanchez.
Dopo 27 partite aveva realizzato 49 reti. Ebbene, 14 erano state fatte su
azione manovrata, 12 su azioni da transizione (24,5%), 19 su calcio piazzato
(anche se almeno in cinque occasioni si deve parlare di gol su sviluppo da
piazzato), 3 rigori e 1 punizione diretta.
Sul tema delle transizioni, si possono dire almeno tre cose.
1) È fondamentale avere delle caratteristiche fisiche precise in alcuni
giocatori. In generale, già nella costruzione di una squadra qualsiasi
la componente velocità in zona d’attacco dovrebbe essere tenuta
presente, figuriamoci se si vuole agire in contropiede, sfruttando lo
spazio che gli avversari lasciano vuoto.
2) L’indole di molti allenatori è di prediligere la copertura difensiva e
soltanto dopo agire offensivamente. Di conseguenza si hanno
spesso azioni che durano poco, che non hanno un numero alto di
passaggi e, al primo disturbo, prendono un senso verticale. L’aspetto
strano è che questa strategia non è soltanto legata ad una ricono-
sciuta debolezza di squadra.
3) Il carpe diem della transizione è comunque uno dei momenti più
belli del calcio. Ci sono giocatori di qualità che hanno l’intuizione di
trasformare un recupero palla in azione d’attacco senza che passi
nemmeno un secondo. Allo stesso tempo, questo tipo di azione è
allenabile. In pratica, significa abituare i giocatori a riconoscere quel
recupero palla e “percepirlo” come lo sparo di una gara di 100mt
piani. È chiaro che quei giocatori devono anche e possibilmente pos-
sedere abilità tecnica e reattività tattica.
Figura 3
FIGC_3-13_corr:Layout 1 27-05-2011 11:12 Pagina 11
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PANCHINE D’ORO E D’ARGENTO
a cura della Redazione
PER LA A E LA B VINCONO MOURINHO E BISOLIPREMIATI ANCHE SANNINO, FAVARIN E ZACCHERONI
José Mourinho ha vinto la Panchina d’oro relativa alla stagione
2009/2010 per i successi ottenuti con l’Inter; a Pierpaolo Bisoli, lo
scorso anno alla guida del Cesena, è stata assegnata invece la Panchina
d’argento per la serie B. La Panchina d'oro per i tecnici di Prima Divisione
è andata a Giuseppe Sannino per la promozione in serie B ottenuta con
il Varese; quella d'argento per la Seconda Divisione a Giancarlo Favarin
della Lucchese. Un premio speciale è stato attribuito dal Settore Tecnico
della Federcalcio ad Alberto Zaccheroni per il successo ottenuto con la
nazionale del Giappone in Coppa d'Asia.
La tradizionale cerimonia alla quale hanno presenziato, fra gli altri, il pre-
sidente federale Giancarlo Abete, il vicepresidente Demetrio Albertini, i
vicepresidenti del Settore Tecnico Enrico Demarchi ed Osvaldo Carbo-
nari, il ct della Nazionale Cesare Prandelli e l’ex ct Marcello Lippi, si è
svolta lo scorso 7 febbraio, come sempre nell’Aula magna del Centro tec-
nico di Coverciano, all’interno della consueta riunione di aggiornamento
obbligatoria riservata, come prescrivono le direttive della Uefa Coaching
Convention, agli allenatori responsabili della prima squadra delle società
di serie A, B, Prima e Seconda Divisione. Detta riunione è stata articolata
in due sessioni: la prima, al mattino, con una tavola rotonda dal titolo
“La gestione delle dinamiche individuali nel collettivo”, che ha visto la par-
tecipazione fra gli altri di Julio Velasco, già commissario tecnico delle Na-
zionali di volley di Italia, Repubblica Ceca e Spagna ed attualmente alla
guida della Nazionale dell’Iran, e di Simone Pianigiani, commissario tec-
nico della Nazionale italiana maschile di basket e coach della Mens Sana
Siena pluricampione d’Italia; la seconda, nel pomeriggio, con un dibat-
tito fra i tecnici sul tema “Lo sviluppo del gioco nel confronto fra calcio ita-
liano e calcio europeo”, incentrato su analisi e commento di varie
situazioni di gioco proposte in video dal direttore della Scuola allenatori
Da sinistra: Julio Velasco, Simone Pianigiani, Alberto Zaccheroni, Renzo Ulivieri, Pierpaolo Bisoli, Giancarlo Abete, Antonio Conte (Panchina d’argento 2008-2009, non ritirata lo scorsoanno), Giuseppe Sannino
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del Settore tecnico Renzo Ulivieri con la collaborazione di Aldo Dolcetti.
A quella riunione ne è seguita un’altra dai contenuti analoghi, tenutasi
il 24 marzo nei locali del Museo del calcio, alla quale hanno preso parte
tutti quegli allenatori che non avevano potuto intervenire all’incontro
del 7 febbraio.
ALBO DELLA “PANCHINA D’ORO” DI SERIE ARaymond GOETHALS (O.Marsiglia) per la stagione sportiva 1990-1991 *
Fabio CAPELLO (A.C.Milan) per la stagione sportiva 1991-1992 *
Fabio CAPELLO (A.C.Milan) per la stagione sportiva 1993-1994 **
Marcello LIPPI (F.C.Juventus) per la stagione sportiva 1994-1995 **
Marcello LIPPI (F.C.Juventus) per la stagione sportiva 1995-1996 **
Alberto ZACCHERONI (Udinese Calcio) per la stagione sportiva 1996-1997 **
Luigi SIMONI (Inter F.C.) per la stagione sportiva 1997-1998 **
Alberto ZACCHERONI (A.C. Milan) per la stagione sportiva 1998-1999 **
Alberto CAVASIN (U.S. Lecce) per la stagione sportiva 1999-2000 **
Fabio CAPELLO (A.S. Roma) per la stagione sportiva 2000-2001 **
Luigi DEL NERI (A.C. Chievo) per la stagione sportiva 2001-2002 **
Carlo ANCELOTTI (A.C. Milan) per la stagione sportiva 2002-2003 **
Carlo ANCELOTTI (A.C. Milan) per la stagione sportiva 2003-2004 **
Luciano SPALLETTI (Udinese Calcio) per la stagione sportiva 2004-2005 **
Cesare PRANDELLI (ACF Fiorentina) per la stagione sportiva 2005-2006 **
Cesare PRANDELLI (ACF Fiorentina) per la stagione sportiva 2006-2007 **
Roberto MANCINI (Inter F.C.) per la stagione sportiva 2007-2008 **
Massimiliano ALLEGRI (Cagliari) per la stagione sportiva 2008-2009 **
José MOURINHO (Inter F.C.) per la stagione sportiva 2009-2010 **
ANGOLAZIONI DELLA RINCORSA (dati approssimativi)* Premio assegnato mediante votazione da parte dei giornalisti sportivi.** Premio assegnato mediante votazione da parte degli allenatori. Dalla stagione 2006-07 il Premio va al miglior Allenatore della Serie A
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Un libro coloratissimo e divertentissimo, a metà strada tra il fumetto e
il cartone animato, al servizio di un progetto molto serio e sostanziale:
quello di fornire agli insegnanti della scuola di calcio a 5 uno strumento di
facile comprensione per orientarsi nella programmazione e nella realizza-
zione dell'attività didattica durante la stagione sportiva.
Il suo autore è Roberto Menichelli che ha riversato nelle 227 pagine del testo
i frutti delle esperienze maturate negli anni quale tecnico della federazione,
prima come istruttore nel Centro calcio federale di Roma e attualmente
come docente di tecnica della Scuola allenatori e commissario tecnico della
squadra nazionale di calcio a 5. È bello e suggestivo pensare che queste
pagine possano passare immediatamente e direttamente dalle mani degli
insegnanti a quelle dei bambini, ai quali sono espressamente rivolte, in
contemporanea alla consegna di un pallone. Siamo convinti che entrambi
questi doni vengano accolti con un’eguale emozione, perché il libro si sfo-
glia come quello di una favola e suscita la meraviglia propria di chi riceve
inaspettatamente quanto di più desiderato.
Il titolo “Io calcio a 5” e il sottotitolo “Guida tecnica per le scuole di calcio a
cinque” rimandano fedelmente, ripetendone la copertina, al progetto spe-
rimentale innovativo per il Futsal, finalizzato all'avvio di scuole tec-
nico/educative nelle società di serie A. Il libro ne costituisce lo specifico
strumento avendo per riferimento quei piccoli atleti che frequentano la
scuola di calcio a 5 nel periodo compreso tra la seconda infanzia (4-10
anni) e quello pre-puberale (10-13 anni). I contenuti della guida sono
quindi necessariamente coerenti con la gradualità delle forme e dei mezzi
di apprendimento rispondenti alle loro capacità di risposta, adatti cioè alle
caratteristiche psico-fisiche del bambino appartenente a quella determi-
nata fascia di età.
Ogni materia è quindi trattata e rivelata in maniera dosata e analitica, par-
tendo dall’elementare e specifico apprendimento dei fondamentali tec-
nici, per passare alle nozioni tattiche di base e successivamente agli
sviluppi del gioco, senza lasciare scoperto alcun campo di studio e di in-
dirizzo: dall’analisi delle capacità fisico-motorie ai criteri, ai mezzi e ai con-
tenuti della programmazione, fino addirittura a riportare esempi di
suddivisione del terreno di addestramento per esercizi rivolti a più bambini
contemporaneamente.
La guida ridonda di ipotesi, proposte e riferimenti attingendo da molti au-
tori, alcuni appartenenti anche a discipline diverse dal calcio, come ad
esempio con il ricorso a spunti provenienti dalla pallacanestro.
Questa molteplicità di apporti nutre in particolare la vasta gamma di eser-
citazioni riportate per ogni fascia di età e per le varie situazioni di gioco.
Al riguardo, l'autore non ritiene di dover indicare un piano di lezioni pre-
determinato, con esercizi già predisposti secondo un particolare ordine,
ma intende proporne un ampio ventaglio offrendo all’insegnante la pos-
sibilità di scegliere o di prendere spunto per organizzare il programma di
lavoro e raggiungere gli obiettivi definiti.
Ogni pagina del libro mira alla formazione tecnica e educativa dei piccoli
atleti, nel rispetto della specificità dei loro bisogni e dell’impiego delle loro
14
RECENSIONE
di Marco Viani*
IO CALCIO A 5
*Collaboratore Settore Tecnico FIGC
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risorse, quindi limitando o circoscrivendo prospettive e promesse. Ciò non
significa, tuttavia, non poter incidere sul futuro e sui percorsi più o meno
immediati di ciascun bambino. Alcune pagine della guida sono indicative
al riguardo. Un suo paragrafo è infatti dedicato al rapporto tra il calcio a 5
e quello a 11, dove è specificato il valore propedeutico del primo nei con-
fronti del secondo. Vi si legge: “Illustri tecnici sostengono che la struttura di
base per insegnare il gioco del calcio sia il 5 vs 5 (4 vs 4 + portieri).
Per esempio, pensando alla fase di attacco, il possessore di palla ha la pos-
sibilità, attraverso il movimento corretto dei propri compagni, di sviluppare
il gioco in modo ottimale: ai suoi lati, destra o sinistra, per il gioco in am-
piezza; in avanti, per quello in profondità. Oppure, secondo una lettura dif-
ferente del gioco, il possessore di palla può avere a disposizione un
passaggio dietro di sé, verso un compagno che gli garantisce sostegno o si-
curezza, e due appoggi davanti a sé. L'ampiezza e la profondità sono due
principi importanti di tattica collettiva in fase di possesso che, insieme allo
scaglionamento, alla mobilità e all'imprevedibilità, rappresentano le basi
sulle quali l'allenatore farà nascere lo sviluppo del gioco offensivo. Stessa
cosa vale per chi difende: il 4 vs 4 è una situazione di gioco che consente ai
giocatori coinvolti di relazionarsi tra di loro in modo corretto, circa marca-
ture da stringere o da tenere lente, in riferimento a quanto un avversario è
più meno pericoloso nel contesto del gioco, nonché disporsi su più linee di-
fensive offrendo le dovute coperture”.
Ulteriori valori propedeutici sono ricondotti a situazioni di addestramento
e di confronto in spazi ridotti. Questa condizione - si legge ancora nella
guida - “genera apprendimenti importanti per i giovani dell'attività di base.
Per questioni di carattere regolamentare il calcio a 5 favorisce tutto ciò in
modo naturale. La possibilità di entrare in possesso palla con frequenza sti-
mola l'acquisizione di abilità tecniche le quali devono essere espresse in re-
gime di massima velocità, in considerazione dei limitati tempi di gioco
disponibili. Le dinamiche di gioco del calcio a 5 fanno in modo che i gioca-
tori partecipino con uguale intensità sia alla fase di possesso che a quella di
non possesso, occupando diverse posizioni in campo. Di conseguenza viene
sollecitata in modo spontaneo una formazione tecnico-tattica ampia, che
servirà da base per il futuro e che consentirà di non avviare quei processi di
specializzazione del ruolo che nelle prime fasce di età potrebbero rivelarsi
dannosi. Presso il Centro calcio federale di Roma è stata condotta un'attività
di sperimentazione che prevedeva il monitoraggio di alcuni parametri tecnici
in situazioni di gioco (dal 2 vs 2 al 7 vs 7 proposti in differenti metrature di
campo) nelle quali si confrontavano due squadre con l'obiettivo di mante-
nere il possesso palla. Proprio la situazione di 5 vs 5 in uno spazio di gioco di
40 metri per 25 (dimensioni molto vicine a quelle del campo di calcio a 5)
indicava valori ottimali medi relativamente al tempo di possesso individuale
di ogni bambino durante il gioco, numero di passaggi con percentuale alta
in positivo (come differenza tra quelli fatti e quelli riusciti), frequenze cardia-
che non eccessivamente elevate, tali da compromettere o danneggiare l'ap-
prendimento tecnico”.
A completare la guida, da salutare come vero e proprio manifesto del cal-
cio a 5, interviene un'ultima nutrita sezione riservata a “Le esercitazioni del
giovane portiere”, affidata a David Calabria, uno studioso della materia
anche per il suo presente di componente lo staff della nazionale e quindi
collaboratore di Roberto Menichelli in qualità di allenatore e preparatore
dei portieri.
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1. Fra l’agosto e il settembre del 1833, in cinque puntate, sulle pagine
dell’“Europe Littéraire”, Honorè De Balzac pubblica la sua Teoria dell’anda-
tura. In sostanza, si trattava del risultato delle sue osservazioni dal punto di
vista privilegiato del tavolino del bar dove sorseggiava qualcuno dei cinquanta
e oltre caffè che assorbiva quotidianamente per mantenersi sveglio e dedi-
carsi alla scrittura. Analizzava i passanti e, dal passo e dal portamento - presu-
mibilmente da un complesso semiotico anche più vasto - cercava di
indovinare quale professione esercitassero o altre caratteristiche loro peculiari.
Fra i suoi risultati può essergli ascritta la formulazione di un assioma come
quello che prescrive “l’immobilità del viso” quando “il corpo è in movimento”.
Ora, al di là del fatto che questo assioma rende ben conto di un atteggiamento
che possiamo riconoscere alla borghesia del suo tempo - l’imperturbabile in-
differenza, la rappresentazione della padronanza di sé e del proprio ruolo so-
ciale -, possiamo riconoscerne l’applicazione anche nelle forme attuali con cui
si esegue un calcio di rigore su un campo di football. Nel 70% dei casi, poi, non
solo il viso dell’esecutore risulta inespressivo, ma questo esecutore evita di
guardare il portiere, ovvero chi, dall’altra parte dell’interazione, funge da suo av-
versario. Solo nel 30% dei casi l’esecutore guarda il portiere e, fra chi lo fa prima
della rincorsa e chi lo fa durante, c’è un sostanziale equilibrio (15% e 15%).
2. Ad un certo livello di generalità, il problema del portiere è quello di qual-
siasi protagonista di un’interazione umana: decodificare la produzione se-
gnica altrui per orientare la propria. Tuttavia, nell’interazione fra esecutore
del calcio di rigore e portiere, una buona parte della mappa risulta per
forza di cose del tutto illeggibile: diametro della pupilla e movimenti sac-
cadici, battito delle ciglia, tensione della mascella, tono muscolare, respiro
e tutto ciò che, da vicino, può tradursi in informazioni preziose, alla distanza
che separa i due protagonisti - nel poco tempo che hanno a disposizione
- diventa arido ed insignificante. L’indagine del portiere va a indirizzarsi al-
trove e i suoi risultati devono fare i conti con quello che gli epistemologi
chiamerebbero un “carico di teoria”, ovvero la storia complessiva di tutti i
rigori calciati - l’enciclopedia calcistica - e la storia di tutti i rigori calciati da
quel specifico esecutore. C’è da chiedersi, comunque, quali indizi possano
emergere nel corso di questa indagine - ed è qui, forse, che anche una teo-
ria dell’andatura di balzachiana memoria potrebbe tornare utile. Postura,
rincorsa e relative coordinate topologiche costituiscono allora un codice
tutto da decifrare - e da decifrare alla svelta.
Per quanto mi consta, fino ad ora, ai portieri non viene somministrato un sa-
pere idoneo a svolgere questa indagine nel migliore dei modi ricavandone
risultati sufficienti ad informarne le azioni motorie successive. Ma va da sé
che questo è un campo d’indagine aperto e potenzialmente proficuo.
3. Da alcuni dati statistici, relativi ai calci di rigore assegnati e battuti nel
Campionato di Calcio 2009-2010 di Serie A, ricavo almeno un’ipotesi che,
almeno a prima vista, varrebbe la pena di vagliare.
Allora, schematicamente:
di Felice Accame*
IL CALCIO DI RIGORE
*Docente di Teoria della comunicazione, coordinatore del Centro Studi e Ricerche del Settore Tecnico FIGCRelazione tenuta presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
nell’ambito del convegno “Neuroscienze e sport - Il calcio di rigore allo specchio”
SEGNATI-SBAGLIATI
Rigori segnati 90 73,77%
Rigori sbagliati 32 26,23%
MOMENTI DEL TIRO
Rigori I tempo 43 35,24%
Rigori II tempo 79 64,76%
ALTEZZA DEL TIRO
I rigori alti si intendono quelli dove la palla è oltre la metà dell'altezza della porta.I rigori a mezza altezza si intendono quelli dove la palla è sollevata da terra finoa metà dell'altezza della porta.Rigori alti 16 13,12%
Rigori rasoterra 53 43,44%
Rigori a mezza altezza 53 43,44%
DIREZIONE DEL TIRO
Rigori tirati a sinistra 62 50,82%
Rigori tirati a destra 48 39,34%
Rigori tirati al centro 3 2,46%
TIRI TOTALI 122
CENTRO STUDI E RICERCHE
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Date le premesse, i dati più significativi evidentemente sono quelli relativi al-
l’angolazione della rincorsa rispetto alla palla ed alle modalità della sua varia-
zione. In questa circostanza - vorrei sia ben chiaro - la misurazione dell’angolo
è puramente “spannometrica”, ma - a mio avviso, costituisce la base di una clas-
sificazione ugualmente utile. L’osservazione più rilevante concerne il rapporto
tra restringimento e allargamento angolare ed esecuzione sbagliata: una rin-
corsa con partenza inferiore ai 30° (tendente ai 15°) comporta 7 errori su 11 ed
una rincorsa con partenza superiore ai 30° (tendente ai 45°) comporta 10 er-
rori su 20. Sembrerebbe esserci, allora, un’angolazione ideale - quella che si
aggira sui 30° - che garantisce un numero elevato di esecuzioni corrette (59
contro 15). La correlazione più evidente è quella con la battuta d’interno collo
del piede che, di per sé, necessita comunque di una torsione della caviglia che
- si noti - nel caso in cui si calci in direzione dello stesso angolo di porta del
piede calciante richiede maggior ampiezza - e, non a caso, il tiro incrociato,
ovvero il tiro nella direzione opposta al piede calciante, risulta preferito. Il fatto
che questa rincorsa, poi, nella consapevolezza o nell’inconsapevolezza degli
esecutori, tenda ad essere “truccata” - con interruzioni (che un tempo obbliga-
rono la Federcalcio ad intervenire con un netto divieto che, poi, è andato stem-
perandosi) e con spostamenti successivi alla localizzazione iniziale (25 casi su
122) -, obbligando il portiere ad un difficoltoso processo di ri-codificazione del
linguaggio espresso dal suo avversario, potrebbe essere interpretato come
una conferma della rilevanza di questo dettaglio.
(Ringrazio Silvio Valanzano per la paziente ricerca e la pazientissima analisi dei filmati relativi).
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MOVIMENTO DEL PORTIERE
Tuffo portiere a sinistra 73 59,83%
Tuffo portiere a destra 46 37,71%
Fermo al centro 3 2,46%
INTUITI-NON INTUITI DAL PORTIERE
Rigori intuiti 56 45,90%
Rigori non intuiti 66 54,10%
RIGORI SBAGLIATI 32 26,33%
Rigori intuiti parati 22 18,03%
Rigori intuiti e sbagliati (pali o traverse o fuori) 5 4,10%
Rigori non intuiti e sbagliati (pali o traverse o fuori) 5 4,10%
RIGORI SEGNATI 90 73,77%
Rigori intuiti non parati 29 23,77%
Rigori tirati a destra 61 50,00%
ANGOLAZIONI DELLA RINCORSA (dati approssimativi)Rincorsa di 30° 74 60,65% segnati - sbagliati 59-15 (79,73%-20,27%)
Rincorsa di 45° 30 24,60% segnati/sbagliati 20-10 (66,66%-33,34%)
Rincorsa di 15° 18 14,75% segnati/sbagliati 11-7 (61,11%-38,89%)
ANGOLAZIONI DEL TIRO
Tiro incrociato (direzione opposta al piede del calcio) 63 51,64%
Tiro non incrociato (stessa direzione del piede del calcio) 47 38,53%
Tiro centrale (senza angolazione) 12 9,83%
ATTEGGIAMENTO DEL TIRATORE
La visione delle immagini non consente sempre di perscrutare lo sguardo del tiratore
che, in alcuni casi, è dunque desunto dall'inclinazione della testa: 12 - 9,83%
non guarda il portiere mai 84 - 68,86%
guarda il portiere prima della rincorsa 19 - 15,57%
guarda il portiere durante la rincorsa 19 - 15,57%
I tiratori che guardano il portiere durante la rincorsa, per chiarezza, lo guardano
anche prima. Ci sono poi degli atteggiamenti particolari: (ad esempio: Vargas si
asciuga lungamente la faccia con la maglietta prima di tirare e sbagliare; Di Vaio
guarda l'angolo alto della porta dove poi effettivamente tirerà e segnerà)...
PARTICOLARI DELLA RINCORSA
rigori con interruzione della rincorsa 14
rigori con spostamento iniziale dalla traiettoria di rincorsa 11
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Un popolo di santi, poeti, navigatori ed allenatori…
• Senti Antò tu per me non sei tagliato per fare l’allenatore. Perché ti ostini?
Fino ad adesso nessuno ti ha chiamato, neppure una squadra minore.
Dico io, tieni un lavoro ammò. Perché ti sei fissato con sta storia di far
l’allenatore? Se è per le polizze, con il lavoro che faccio io te le faccio fare
da qualche altra parte.
• Che state dicendo, cosa c’entrano le polizze? Comunque, presidente, a
me va bene anche allenare gli allievi. Mica devo stare per forza in prima
squadra. Sarei un presuntuoso a chiederle questo.
• Antò io devo dire quello che penso. Penso che il calcio sia un gioco e tu
sia un uomo profondamente triste…
Dialogo fra il presidente e l’allenatore Antonio Pisapia (Andrea Renzi) nel bel-
lissimo film di Paolo Sorrentino “L’Uomo in più”, storia di due perdenti omo-
nimi: Antonio Pisapia, calciatore all’apice della propria carriera che, in seguito
ad un infortunio, non riesce a reinventarsi un futuro, e Antonio Tony Pisapia,
cantante di musica leggera. La storia dell’ex calciatore è stata liberamente
ispirata alle vicende di Agostino Di Bartolomei, campione d’Italia con la Roma
morto suicida il 30 maggio 1994. I motivi del suicidio furono rinvenuti in un
biglietto strappato in cui lamentava le porte chiuse del calcio: “mi sento
chiuso in un buco”. Giocatori che fino a pochi mesi prima contestavano le de-
cisioni tattiche, le sostituzioni, i rimproveri, una volta appese al chiodo le fa-
tidiche scarpe bullonate per prima cosa provano a fare gli allenatori. Molto
spesso è una vocazione, come nel caso di Marco Giampaolo (un passato da
calciatore a livello di C1 e C2 con un anno di serie B; già allenatore di Cagliari,
Siena e Catania in Serie A): «Ricordo che già ai tempi in cui giocavo, intorno ai 24
anni, tornavo a casa e scrivevo ciò che avevo fatto durante gli allenamenti. E soprat-
tutto chiedevo informazioni: all’allenatore, al preparatore atletico, al medico.
Lì ho cominciato a sviluppare l’idea di fare il mestiere dell’allenatore. Quindi mi or-
ganizzavo, mi aggiornavo. Se qualcuno all’epoca mi avesse detto di smettere di
giocare a calcio all’età di 23-24 anni per fare l’allenatore, l’avrei fatto. Pensavo di
poter fare questo mestiere e ho cercato d’iniziare subito quando ho smesso a
trent’anni». Altre volte è un’illuminazione improvvisa, come nel caso di Giu-
seppe Signori (541 presenze fra i professionisti, 28 presenze in Nazionale, tre
volte capocannoniere in Serie A; attualmente si è appena diplomato Allena-
tore di Prima Categoria a Coverciano) : «Mi immaginavo nel mondo del cal-
cio, ma non come tecnico. Avevo anche detto, pubblicamente, che non avrei mai
fatto l’allenatore ed invece eccomi qui a fare, con entusiasmo, il Master a Cover-
ciano». Altre ancora frutto di un lungo percorso di autoconsapevolezza,
come nel caso Paolo Di Canio (539 presenze fra i professionisti con espe-
rienze in Premier League inglese e scozzese. Attualmente si è appena diplo-
mato Allenatore di Prima Categoria a Coverciano): «Dal ’90 fino al 2003 ho
pensato a fare tutt’altro, tanto che mi sono dedicato alla ristorazione. Il calcio
me lo sono goduto come spettatore. Poi ho notato che ho del talento nel tra-
smettere la cose. Dal 2003 ho sentito come una specie di missione il fatto di di-
ventare allenatore. Era l’ultimo anno nel Charlton, nel campionato 2003/04. In
questa decisione mi hanno aiutato anche le interviste fatte dai miei ex compa-
gni di squadra, Lampard e Cole. Dicevano che li avevo aiutati a capire l’impor-
tanza del sacrificio e dell’abnegazione al lavoro. Queste dichiarazioni mi hanno
colpito molto e mi hanno dato un’ulteriore spinta nel voler diventare allenatore».
Del resto che tutti più o meno provino a fare i tecnici lo dimostrano i dati di
affluenza sempre più numerosi ai corsi Allenatori organizzati dal Settore Tec-
nico della Federazione Italiana Giuoco Calcio e dai dati del suo Centro Studi
che ha svolto una ricerca sul percorso post carriera dei calciatori dalla quale
di Paolo Piani*
IL POST CARRIERA DEI CALCIATORI
*Segretario del Settore Tecnico FIGC e Direttore del Centro tecnico federale di Coverciano
Paolo Di Canio
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CENTRO STUDI E RICERCHE
18-20_CENTRO STUDI_post carriera:Layout 1 6-06-2011 10:55 Pagina 18
è risultato che, una volta terminata la propria carriera agonistica, i 2/3 dei
calciatori hanno acquisito un diploma abilitante alla professione cal-
cistica. Fra questi, vedi Tabella 1, ben il 97,9% ha acquisito un diploma di
allenatore; il 5,0% di direttore sportivo; l’1,5% di agente di calciatori; lo 0,6%
di preparatore atletico e lo 0,2% di massofisioterapista.
Nella Tabella 2 riportiamo invece le diverse specializzazioni all’interno
dei diplomi con i relativi riferimenti normativi.
TABELLA 1: Tipologia dei Diplomi calcistici conseguiti
19
1 La ricerca “Che fine hanno fatto?” è stata effettuata su 2.917 giocatori inseriti nelle rose di prima squadra delle 128 società professionistiche di Serie A (18 squadre), Serie B (20squadre), Serie C1 (36 squadre) e Serie C2 (54 squadre) della stagione sportiva 1988-89. Di ognuno di loro è stato verificato il ruolo in ambito calcistico che, a distanza di anni dallafine della carriera, stavano ricoprendo. N.B. La somma è superiore al 100% in quanto il 5,3% degli ex calciatori ha due specializzazioni.
Marco Giampaolo
18-20_CENTRO STUDI_post carriera:Layout 1 6-06-2011 10:55 Pagina 19
TABELLA 2: Normativa, numeri e percentuali sulle qualifiche calcistiche
20
CENTRO STUDI E RICERCHE
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Adesso nessuno potrà dire che non lo sapeva. Tra due anni scatterà
il piano dell'Uefa, il cosiddetto fair play finanziario, con cui do-
vranno fare i conti tutti i club europei, dunque anche i nostri, soprattutto
quelli più spendaccioni. Se c'era qualche perplessità sulla serietà e sulla
consistenza di questo meritorio intervento dell'Uefa, i dubbi sono stati
sciolti in modo chiaro e netto da Michel Platini in persona, durante il
quarto Seminario di Coverciano, che l'Ussi con la Figc e col grande aiuto
del Settore Tecnico ha organizzato a gennaio. La “lezione” di Michel non
è servita solo ai club che faranno bene a prepararsi in tempo, ma è stata
utilissima soprattutto agli oltre cento colleghi che hanno partecipato al
Seminario. Utile perché intanto ha chiarito dubbi, poi perché ha
sensibilizzato la nostra categoria su questa iniziativa lodevole dell'Uefa.
Il senso è chiaro: basta sprechi, soprattutto basta mecenati che sperpe-
rano i loro soldi con eccessi e acquisti senza limiti che fanno saltare il
banco. Tutti abbiamo sempre pensato che quando le squadre si mettono
attorno al tavolo del campionato o della Champions, non è giusto che al-
cune dispongano di risorse senza fine e altre debbano arrangiarsi con
quello che hanno. Sarebbe bello che alla competizione, sia si tratti dello
scudetto che di Coppe europee, tutte partecipassero alla pari o quasi.
Proprio questo principio, oltre alla esigenza di tenere sotto controllo i bi-
lanci e di evitare acquisti clamorosi e indecenti, ha spinto Platini a stu-
diare le nuove norme, con cui dal 2013 dovranno misurarsi i club. E in
questa fase delicata, chi opera nel campo dell'informazione avrà sicura-
mente un ruolo non secondario. L'intervento di Platini e del segretario
generale dell'Uefa, Gianni Infantino, è stato sicuramente il momento
più significativo del Seminario, ma con grande soddisfazione devo sot-
tolineare che nei due giorni di lavoro non c'è stato un attimo di pausa,
l'interesse e il livello dei relatori sono stati sempre altissimi. L'apertura dei
lavori col presidente Massimo Moratti ha permesso di celebrare ade-
guatamente il club primo nel mondo e una stagione straordinaria dell'In-
ter, ma ci ha regalato anche un Moratti quasi inedito, molto particolare.
Ha intrecciato le prodezze di questi anni con i ricordi più belli legati al
papà e a mamma Erminia, quasi seguendo un filo magico che unisce le
di Luigi Ferrajolo*
“IL CALCIO E CHI LO RACCONTA”MICHEL PLATINI IN CATTEDRA A COVERCIANO
*Giornalista, presidente dell’Unione Stampa Sportiva Italiana (USSI)
SEMINARIO FIGC-USSI
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Da sinistra: Antonello Valentini, Carlo Tavecchio, Gianni Infantino, Michel Platini, Giancarlo Abete, Luigi Ferrajolo, Demetrio Albertini
21-23 Seminario FIGC_USSI:Layout 1 27-05-2011 11:18 Pagina 21
22
SEMINARIO FIGC-USSI
imprese dell'Inter di Herrera con quelle dell'Inter di Mourinho.
Molto interessanti anche gli incontri con Massimiliano Allegri, il gio-
vane emergente tra i tecnici italiani, e con la classe arbitrale rappresen-
tata nell’occasione dal designatore della Can di serie A Stefano Braschi
e dai due arbitri internazionali Paolo Tagliavento e Paolo Valeri.
Come sempre illuminante il rapporto di Arrigo Sacchi sul calcio italiano,
con le preziose relazioni di Mino Favini e Christian Damiano sui set-
tori giovanili. Mentre Renzo Ulivieri, direttore della Scuola allenatori del
Settore Tecnico, e Maurizio Viscidi, vice di Sacchi alle Nazionali giova-
nili, hanno parlato di “Moduli e sostituzioni”.
Ricchi di dati e di riflessioni, infine, gli interventi di Andrea Cardinaletti
e Michele Uva sul problema degli stadi.
Ormai il Seminario poggia su una collaudata sinergia tra la Figc e l'Ussi,
sull'impegno personale del presidente federale Giancarlo Abete e del
direttore generale di via Allegri Antonello Valentini, del segretario del
Settore Tecnico Paolo Piani, e su quello dell’Ussi Toscana.
Non è un mistero, il Seminario è diventato il fiore all'occhiello dell'Ussi, il
momento più alto e importante della attività annuale. Ma devo aggiun-
gere con orgoglio che ormai rappresenta anche per i tecnici, i presidenti,
i dirigenti un appuntamento di grande interesse e prestigio.
Renzo Ulivieri durante il suo intervento
21-23 Seminario FIGC_USSI:Layout 1 27-05-2011 11:18 Pagina 22
Ho potuto verificare negli anni quanto sia grande il fascino
di Coverciano, di quella sua storica Aula Magna, anche per
grandi campioni. Due anni fa, Capello, ct dell'Inghilterra,
non ha fatto una piega, alla mia richiesta, ha risposto subito
con grande slancio. Questa volta persino un tipo un po'
snob e non certo sprovveduto, come Platini, si è quasi com-
mosso, quando ha ricevuto la targa dell'Ussi insieme ad una
accoglienza calorosa. “Non pensavo che i giornalisti italiani
mi volessero bene”, mi ha sussurrato con quell'aria sempre
un po' altezzosa che lo accompagna sin da quando giocava
nella Juve. Naturalmente tutto questo ci impegna sempre
di più e per il prossimo anno abbiamo già un'...idea.
Speriamo di poterla realizzare, con l'immancabile e indi-
spensabile aiuto del presidente Abete e del Settore Tecnico.
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Massimiliano Allegri e Massimo Moratti
Da sinistra: Arrigo Sacchi, Luigi Ferrajolo, Christian Damiano e Mino Favini
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Dall’Amore per lo sport alla Zolle giuridiche del campo di calcio: il ti-
tolo “Dizionario giuridico dello sport dalla A alla Z” non tradisce
le aspettative. L’opera di Mattia Grassani, avvocato, docente di diritto, le-
gislazione ed economia dello sport alle Università di Bologna, Milano,
Roma, Firenze e Cagliari, si propone come un volume dalla consultazione
pratica e snella. Il mondo sportivo è integralmente presente nelle quasi
400 pagine del volume edito da Bradipolibri: oltre al calcio, specifica at-
tenzione viene data anche alla pallacanestro, al ciclismo, all’atletica, al ten-
nis, al rugby e alla pallavolo. Una volta tanto le attività sportive extra
calcistiche non svolgono il ruolo di meri vassalli del sovrano “Soccer”: merito
all’autore che è riuscito, in un’opera organica e compatta, a dare spazio alle
principali discipline, evidenziandone gli istituti giuridici e la giurisprudenza
correlata. Il testo è rivolto sia all’addetto ai lavori, dall’atleta, all’allenatore, al
dirigente, all’arbitro, ma anche al professionista - avvocato e commercialista
in primis -, che oggi ha l’occasione di specializzarsi in materia fertile e ricca
di continua evoluzione normativa e casistica. Dal novero dei possibili lettori
non escluderei, comunque, forse il più importante di essi: il tifoso.
Quest’ultimo, infatti, dato il taglio pratico ed esemplificativo, corredato dal-
l’approfondimento tecnico dell’autore, potrà meglio comprendere le pro-
blematiche giuridiche e regolamentari che, giorno dopo giorno, invadono
ed influiscono sempre più direttamente sullo sport giocato. Uno dei punti
di forza del volume è, a mio parere, la contestualizzazione storica degli isti-
tuti e dei casi; l’avvocato Grassani ha il pregio di dipingere un utile excursus
normativo e giurisprudenziale dell’argomento e dell’istituto esaminati.
Tale approccio fa comprendere più profondamente, anche ai non giuristi,
le motivazioni sottese alla promulgazione di una legge e le cause determi-
nanti il deposito di una sentenza, che spesso costituisce un vincolante
precedente per circostanze similari. Il testo, infatti, riporta svariati casi pra-
tici, relativi ad argomenti di attualità; fra i tanti si può citare un tema da
anni oggetto di analisi giuridica e discussione: la possibilità per un calcia-
tore di risolvere unilateralmente il vincolo contrattuale in essere con la so-
cietà di appartenenza, prima della scadenza naturale dello stesso.
L’autore ricorda l’esempio di De Sanctis, il quale nel luglio 2007, ha invocato
l’art. 17 del Regolamento
F.I.F.A., per ottenere lo svin-
colo preventivo dall’obbli-
gazione contrattuale in
essere. Il calciatore italiano
è stato il secondo sportivo
a risolvere unilateralmente
l’obbligazione contratta, ai
sensi dell’art. 17 del Rego-
lamento F.I.F.A., il primo fu
Andrew Webster.
Nella fattispecie in esame il
T.A.S. in secondo grado ha stabilito un importante precedente: il calciatore
che intenderà risolvere anticipatamente il vincolo, senza giusta causa, sarà te-
nuto ad indennizzare l’ex club di appartenenza, sulla base del valore resi-
duale del suo contratto. Il lettore avrà a disposizione l’analisi attenta di 400
argomenti, rigorosamente articolati in lemmi, disposti in ordine alfabetico. Si
può conoscere il dettaglio giuridico della figura di alcuni professionisti dello
sport, dall’agente, al direttore sportivo, al team manager, al commissario di
campo e all’arbitro. Nella chiarezza della distinzione fra la figura dell’atleta
professionista e non, il lettore, inoltre, si avvicina con facilità alle diverse
fattispecie giuridiche del mondo sportivo e alle relative conseguenze con-
trattuali e normative, strettamente connesse alle discipline esaminate.
Il Dizionario riporta, in calce ad ogni voce la sede dell’organismo, dell’Ente
e della Federazione citati, il nome del Presidente, la struttura della compo-
sizione e il recapito telefonico, oltre all’eventuale sito internet di riferi-
mento. Tali accorgimenti rendono l’opera unica nel suo genere; il volume,
infatti, diventa consultabile con estrema praticità, garantendo al fruitore
una guida nel mondo delle regole sportive e suggerendo, altresì, allo
stesso i canali di approfondimento necessari di ogni singola voce.
*Avvocato
DIZIONARIO GIURIDICO DELLO SPORTa cura di Federica Centenaro*
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RECENSIONE
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a cura della Redazione
COPPA D’ASIA
ZACCHERONI TRIONFA IN GIAPPONE
Alberto Zaccheroni Imperatore d’Asia. Il Giappone, guidato dal tecnico
romagnolo, primo italiano a sedere sulla panchina della Nazionale del
Sol Levante, ha conquistato la Coppa d’Asia battendo per 1-0 l’Australia nella
finale giocata a Doha e conclusasi ai tempi supplementari con una rete di
Tafanari Lee, 25 anni, attaccante del Sanfrecce di Hiroshima, entrato in
campo da appena una decina di minuti e autore di una prodezza in acro-
bazia sfruttando un assist del giocatore del Cesena, Nagatomo.
La Nazionale nipponica iscrive così il suo nome per la quarta volta nel-
l’Albo d’oro della manifestazione dopo le vittorie del 1992, 2000 e 2004,
firmando così un poker che finora non era mai riuscito a nessuno.
Grande la soddisfazione di Zaccheroni che con questo trionfo ha allun-
gato la striscia dei successi degli allenatori italiani all’estero. “La forza di
questa squadra - ha detto - sta nel gruppo: nessuno si è mai tirato indietro
quando c'era bisogno di lui, nemmeno chi partiva dalla panchina. Credo di
aver meritato questo titolo: l'intero Giappone deve essere orgoglioso di noi.
Mi aspetto una grande accoglienza al ritorno di questa nazionale in patria".
Il Giappone è atteso ora da alcuni appuntamenti di rilievo: nella pros-
sima estate parteciperà alla Coppa America; nel 2013, invece, prenderà
parte alla Confederations Cup.
L’ALBO D’ORO della Coppa d’Asia
1956 Sud Corea1960 Sud Corea1964 Israele1968 Iran1972 Iran1976 Iran1980 Kuwait1984 Arabia Saudita1988 Arabia Saudita1992 Giappone1996 Arabia Saudita2000 Giappone2004 Giappone2007 Iraq2011 Giappone
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Il calcio a cinque è uno sport in rapida e continua espansione. Lo dimo-
strano i dati relativi al numero delle società che in ambito federale svol-
gono attività agonistica ed anche la vertiginosa crescita dei centri e circoli
sportivi presso i quali tale disciplina viene praticata a livello amatoriale.
La spiegazione della diffusione e della crescita di questo sport, probabil-
mente, è insita nella natura stessa di tale attività. Si tratta infatti, di un gioco
sportivo estremamente semplice nella sua struttura, che non richiede, al-
meno a livello amatoriale, particolari abilità motorie e per tale ragione può
essere praticato pressoché da tutti. Il calcio a cinque inoltre è sport di
gruppo e quindi racchiude in sé valenze socializzanti di notevole spessore.
In alcuni nazioni europee è stata ritenuta attività motoria emergente dei
nostri giorni, al punto da essere inserita ufficialmente nei programmi scola-
stici di educazione fisica. Con l’aumentare dei praticanti è però cresciuto
notevolmente anche il numero degli infortuni che si verificano sui campi
di calcio a cinque, sia in contesti agonistici che amatoriali. La prevenzione
degli infortuni nello sport, intesa come miglioramento dello stato di salute
di un atleta, costituisce un aspetto molto importante che spesso viene poco
approfondito e considerato.
Occuparsi dell’integrità fisica di un atleta, attraverso soltanto studi di trauma-
tologia e riabilitazione, è sicuramente riduttivo, se non si ha l’obiettivo am-
bizioso di ricavare e divulgare informazioni su come prevenire gli infortuni
nello sport (G.S. Roi, 2007). Nel calcio a cinque gli aspetti patologici legati al
trauma, sia esso diretto che indiretto, sono una delle cause più importanti
e frequenti di riduzione della performance negli atleti e di problematiche
funzionali negli amatori, per tale motivo un’adeguata preparazione fisica
garantirebbe un numero minore di infortuni ed una maggiore efficienza da
parte dei giocatori di questa disciplina.
Numerosi sono stati gli studi effettuati sull’incidenza e sull’epidemiologia
dei traumi legati all’attività sportiva del calcio tradizionale, mentre risulta es-
sere molto povera la letteratura scientifica internazionale sull’argomento
calcio a cinque (F. Ferrazza, 2005). L’elaborato si propone di approfondire il
tema della prevenzione degli infortuni di natura indiretta nel calcio a cinque,
con particolare attenzione ai possibili interventi da inserire nell’ambito di
una preparazione fisica specifica.
Il modello funzionale del calcio a cinque
Il calcio a cinque può essere classificato come un gioco sportivo collettivo
cosiddetto di “situazione” o “open skills” ovvero ad abilità motorie “aperte”,
dove i parametri esterni (elementi strutturali significativi) ed interni (pro-
cessi informativi, mentali, energetici) sono continuamente variabili, a diffe-
renza delle abilità motorie di tipo chiuso, “closed skills”, nelle quali tali
parametri rimangono stabili. La capacità di prestazione nei giochi sportivi
collettivi, ha un carattere “multifattoriale”, dipende cioè da molti fattori che
si devono integrare il più possibile al fine di ottimizzare il rendimento di
gara. Per poter comprendere cosa significa giocare a calcio a cinque, biso-
gna necessariamente analizzare cosa avviene durante il gioco, sia in termini
qualitativi che quantitativi, analizzare quindi il modello funzionale.
Le dimensioni del campo di gioco 20m x 40m, il numero dei giocatori in
campo (4 di movimento più un portiere per ogni squadra), la durata dei due
tempi gioco (20 minuti effettivi per tempo) ed alcune particolari regole, ca-
ratterizzano il calcio a cinque come uno sport ad elevata intensità di sforzo
fisico: un giocatore è chiamato a sostenere degli sforzi continui ma con va-
riazioni d’intensità. Secondo un’analisi effettuata in Spagna (Barbero - Alva-
rez J.C. e collaboratori, 2007), durante una gara un giocatore di calcio a
cinque, in media per il 28,5% corre a media intensità, per il 13,7% corre ad
alta intensità e per l’8,9% corre alla massima intensità. Secondo ulteriori dati
di cui siamo in possesso possiamo sostenere che, negli sforzi ad alta e mas-
26
di Valerio Garbini*
CALCIO A CINQUE
*Preparatore fisico per le categorie Juniores e Under 21 al C.C. Lazio Calcio a 5.Tesi di laurea triennale presso lo IUSM di Roma, rielaborata in sintesi da ElenaCastellini del Laboratorio di Metodologia dell’allenamento del Settore TecnicoFIGC.
LA PREPARAZIONE FISICA DEL GIOCATOREASPETTI PREVENTIVI DEI TRAUMI INDIRETTI
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sima intensità, egli percorre per l’80% spazi dai 0 ai 12 metri e per il 20%
spazi dai 12 ai 40 metri. Il totale medio di spazio percorso durante un tempo
è di circa 3.500 metri, quindi 7.000 metri circa per gara; il numero medio di
accelerazioni che vengono effettuate nel corso di una partita è di 120, cor-
rispondente ad uno spazio medio di 1.000 metri; il tratto medio di queste ac-
celerazioni è di circa 8 metri. (Facchin, Seno, Osimani, 1999). È inoltre molto
elevato il numero di volte che il giocatore di calcio a cinque compie repen-
tini cambi di direzione, frenate improvvise e tocchi di palla.
Cenni sulle capacità organico muscolari nel calcio a cinque
Il calcio a cinque, nella suddivisione delle attività sportive proposta dal
Prof. Dal Monte (1969), in quanto gioco sportivo, rientra in quelle atti-
vità definite “ad impegno aerobico-anaerobico alternato” dove in alcune
fasi di gioco viene utilizzato il meccanismo aerobico (situazioni di palla
inattiva, fasi di aggiustamento tattico), ed in altre quello anaerobico, sia
lattacido che alattacido (smarcamento con o senza palla, tiro in porta).
Durante tutto lo svolgimento del gioco, le situazioni che risulteranno de-
cisive ai fini del risultato, vengono prodotte da sforzi intensi a notevole
impegno neuromuscolare. Il modello di prestazione è caratterizzato da
una successione di azioni di tipo esplosivo, la forza muscolare si esprime
quindi attraverso tutte queste contrazioni di diversa intensità che si sus-
seguono nell’arco della partita. Con il concetto di resistenza si indica la
capacità organico muscolare di resistere ad uno sforzo prolungato nel
tempo. Nel futsal essa può essere definita come la capacità di resistere
ad un’elevata quantità di quelle azioni esplosive già citate, alternate a
fasi di recupero attive e passive. Nella dinamica del gioco, lo sforzo ri-
sulta essere di tipo continuo, quindi duraturo nel tempo ma con inten-
sità variabile. La velocità si esprime attraverso tutte le accelerazioni che
si succedono nell’arco della gara, con un’ampia variabilità di espressione
sia sul piano cinematico che dinamico: per tale motivo la velocità si pre-
senta sia nella sua espressione ciclica che aciclica (rapidità). La flessibilità
o mobilità articolare trova espressione in molti gesti tecnici del portiere
che richiedono spesso elevata ampiezza di movimento, soprattutto a ca-
rico degli arti inferiori. L’incremento di questa capacità organico musco-
lare, come vedremo in seguito, risulta essere molto importante ai fini
della prevenzione di alcuni traumi.
Il preparatore fisico e l’allenamento preventivo nel calcio a cinque
Il preparatore fisico ha come compito principale quello di sviluppare gli
adattamenti necessari all’organismo per renderlo capace di produrre uno
sforzo adeguato allo sport praticato, garantendo quindi attraverso un’at-
tenta e scrupolosa pianificazione, la massima efficienza psico-fisica del-
l’atleta. Il carico fisico si può definire come l’elemento che provoca le
risposte adattive dell’organismo agli stimoli di un programma di allena-
mento, attraverso quindi dei gesti che vengono ripetuti nel tempo.
Tali risposte seguono un particolare principio detto di “supercompensazione”.
Nell’organizzazione di un lavoro di condizionamento fisico per il giocatore di
calcio a cinque, si possono distinguere diversi periodi di allenamento:
• primo periodo preparatorio;
• primo periodo agonistico;
• secondo periodo preparatorio;
• secondo periodo agonistico.
Durante questi periodi, la giusta programmazione dei carichi di lavoro, pre-
ceduta da una corretta valutazione funzionale, potrà essere un mezzo estre-
mamente efficace per la prevenzione delle patologie da sovraccarico.
Altro fattore importantissimo è l’individualizzazione del carico di lavoro fisico.
Il principio di individualizzazione, viene definito, come “la logica conseguenza
della unicità o irripetibilità delle caratteristiche di ogni essere vivente, per cui è
evidente che un qualsiasi carico di lavoro fisico, produca differenti risposte adat-
tive a seconda dell’individuo cui viene proposto”.
Il concetto di individualizzazione dell’allenamento, è fondamentale da tener
presente in una pianificazione mirata alla prevenzione dei traumi.
La prevenzione che si può attuare attraverso l’allenamento fisico, potrà es-
sere efficace limitatamente alle situazioni traumatiche di tipo indiretto, cau-
sate da deficit fisiologici o funzionali, quali ad esempio alterazioni
anatomico- biomeccaniche, squilibri di flessibilità e forza muscolare, carenze
propriocettive (L. Vecchiet, 1997). Per organizzare una strategia di allena-
mento preventivo è necessario che il preparatore fisico sia a conoscenza di
alcuni requisiti indispensabili quali l’eziologia, i fattori di rischio e l’esatta mec-
canica d’infortunio nella specifica disciplina sportiva. Anche le componenti
fisiche e psicologiche influenzano l’atteggiamento dell’atleta, sia di fronte
alla fatica acuta, sia nei confronti dello stress derivante dalla stagione sportiva
sia rispetto alla singola gara ed allenamento (Bangsbo, 1997; Bisciotti, 2000;
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CALCIO A CINQUE
Gaitanos e coll., 1993; Marella, 1995; Tibaudi, 1997): a questo proposito alcuni
autori propongono un approccio multidisciplinare che possa risultare più fun-
zionale ai fini della prevenzione dell’infortunio (Junge e coll., 2001).
Gli infortuni nel calcio a cinque: dati, statistiche e fattori di rischio
I dati di cui siamo in possesso riguardanti la disciplina del calcio a cinque
non sono molti, anche se diversi autori concordano sul fatto che ci siano
molte analogie in ambito traumatologico tra il calcio tradizionale ed il cal-
cio a cinque, pur trattandosi di due discipline estremamente differenti sia sul
piano tecnico-tattico che fisiologico (F. Ferrazza, 2005).
Uno studio dell’Università di Calgary, Canada (maggio 2006), ha analizzato
gli infortuni nel gioco del calcio tradizionale paragonandoli a quelli di una
disciplina molto simile al calcio a cinque, l’indoor soccer, una variante del
calcio, con sei giocatori per squadra e le sponde ai bordi del campo. I dati
riscontrati, non hanno evidenziato sostanziali differenze tra gli infortuni nelle
due discipline. In letteratura si individuano lavori che hanno tentato di ana-
lizzare l’incidenza degli infortuni e le cause predisponenti agli stessi: dall’os-
servazione longitudinale durata un anno, su 264 calciatori di 8 differenti
categorie, di età compresa tra i 14 ed i 41 anni, si è potuto constatare che
l’81,2% del campione è incorso in un infortunio, che soltanto il 18% non ha
subito un evento traumatico e che, la quasi totalità degli infortuni è scatu-
rito da un fallo di gioco (Junge e coll., 2001). Il fattore di rischio estrinseco
oggi più rilevante sembra essere appunto il fallo di gioco con il 23 ± 33% di
infortuni rispetto alla totalità di questi ultimi, ma non si deve sottostimare
l’incidenza delle metodologie di allenamento sul rischio inabilità (Junge et
al., 2001). La valutazione preventiva con goniometro articolare dei gradi di
mobilità della coxofemorale e della flessibilità degli ischio-crurali, ha con-
dotto alcuni ricercatori a determinare un rapporto di causa-effetto tra retra-
zioni muscolari con conseguente ipomobilità articolare ed insorgenza di
traumi di natura muscolare (Witvrouw e coll., 2003).
Ulteriori studi effettuati da Ekstrand J. e collaboratori sul rapporto tra l’alle-
namento, gli infortuni ed i successi sportivi nel calcio, hanno fatto emergere
una sostanziale correlazione tra i risultati ottenuti e le ore dedicate all’alle-
namento, nonché una diminuzione del numero di infortuni. I traumi sono
più frequenti durante le gare che in allenamento. La maggior parte degli in-
fortuni è a carico degli arti inferiori e rappresentata da distorsioni articolari
e lesioni muscolari. I traumi così detti da “overuse”, sono invece più frequenti
durante il periodo preparatorio. (Ekstrand J., Gillquist J., 1983). Le lesioni mu-
scolari a carico degli arti inferiori si verificano più di frequente durante una
contrazione eccentrica (Nanni G., Vincentelli F., 2007), su un totale di 1.087
lesioni muscolari a carico di giocatori, 1.016 sono di natura indiretta; i mu-
scoli maggiormente colpiti sono il bicipite femorale (308 casi) soprattutto
nella sua porzione distale, il retto femorale (285 casi) che tende a lesionarsi
a livello della porzione prossimale, il gemello mediale che tende a lesionarsi
maggiormente nella sua porzione distale.
Secondo i dati raccolti da Lindenfeld T.N. e collaboratori (1994), la percen-
tuale d’incidenza degli infortuni è molto simile in entrambi i sessi, ma varia-
bile a seconda dell’età: in minor percentuale negli atleti/e dai 19 ai 24 anni,
mentre maggiore è dai 25 anni in su. I portieri hanno una minore, seppur si-
mile, percentuale d’infortunio rispetto ai giocatori di movimento.
Carolyn A. e collaboratori (2006) sostengono che il 60% dei traumi comples-
sivi è causato da collisioni, quindi fuori dalla portata di qualsiasi intervento
preventivo. I fattori di rischio nel calcio a cinque, si definiscono “intrinseci”
cioè legati alla persona e fattori “estrinseci” legati alla disciplina praticata.
Tra i fattori intrinseci si ricordano:
• età;
• l’indice di massa corporea e la percentuale di massa grassa;
• abitudini voluttuarie come uso di alcool e fumo;
• riposo notturno prima dello sforzo (allenamento o gara);
• precedenti lassità articolari, lesioni muscolari e distorsioni;
• livello di flessibilità articolare;
• difetti assiali muscolo-scheletrici;
• riabilitazione inadeguata post-infortunio;
• grado di condizione fisica;
• numero di partite giocate e tempi di recupero;
• tempo dedicato a riscaldamento e stretching;
• livello agonistico ed età di inizio attività.
Tra i fattori estrinseci:
• fattori climatici (temperatura e grado di umidità dell’ambiente
dove si svolge l’attività);
• fattori legati alla superficie del campo da gioco (terreni sintetici,
parquet, erba sintetica, ecc.);
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• equipaggiamento personale;
• ruolo svolto.
I gesti tecnici del calcio a cinque in ottica preventiva
Con il termine tecnica di gioco si intende l’insieme di gesti ed abilità effet-
tuate grazie a processi motori che permettono l’esecuzione dei movimenti
richiesti dalla singola disciplina sportiva, praticata con sicurezza, disinvoltura
e naturalezza. Nel calcio a cinque in particolare, nel concetto di tecnica sono
inclusi tutti i movimenti ed i gesti del giocatore senza palla e soprattutto con
la palla (A. Nuccorini, 2002). La tecnica di gioco del calcio a cinque si distin-
gue in tecnica di base e tecnica applicata. La prima consiste in tutti i rap-
porti uomo-palla e nei gesti tecnici veri e propri, i cosiddetti “fondamentali
di gioco”, mentre la seconda in tutti quegli accorgimenti messi in atto da un
giocatore in relazione alle diverse situazioni di gioco. Gli elementi della tec-
nica di base sono: il calciare, ricevere la palla, il colpo di testa, la guida della
palla, il contrasto e la tecnica del portiere.
Il gesto del calciare la palla è senza dubbio una delle azioni motorie maggior-
mente ripetute dal giocatore di calcio a cinque nel corso della prestazione.
Uno studio effettuato sull’attivazione dei muscoli durante il calcio della palla
sia d’interno piede che di collo piede, azioni queste tipiche della trasmis-
sione e del tiro in porta, ha evidenziato significative differenze nel coinvol-
gimento dei muscoli hamstring e tibiale anteriore dei due arti, quello
calciante e quello di sostegno. I muscoli iliaco, gastrocnemio vasto mediale
e adduttore dell’anca risultano molto coinvolti nel calcio della palla con il
collo del piede (Brophy R. H. e collaboratori, 2007).
C. Bosco sostiene che “calciare la palla al massimo della potenza, richiede sem-
pre un alto livello di abilità, poiché la sommatoria delle forze deve essere appli-
cata abilmente. Ciò vuol dire che la produzione della forza dei flessori, estensori
dell’anca e del ginocchio e il momento della produzione di tali forze è corretto. La
mobilità delle articolazioni è un prerequisito fondamentale ad una tecnica di tiro
ottimale”. L’atto del calciare costituisce un gesto con molta variabilità dal
punto di vista sia biomeccanico che tecnico, poiché coinvolge oltre al piede,
alla caviglia ed al ginocchio, un’articolazione con ampia mobilità su diversi
piani come quella dell’anca, richiedendo una corretta stabilizzazione del ba-
cino e del tronco. È un gesto a catena aperta, che viene eseguito ad alte ve-
locità angolari e, poiché il pallone viene colpito con il piede ed il fulcro per
la muscolatura estensoria è il ginocchio, il braccio di leva sarà lungo e quindi
molto elevati i momenti di forza che si verificheranno a livello di questa ar-
ticolazione (Greco M. e Baroni B., 2007).
I colpi maggiormente usati dal giocatore di futsal sono:
• interno piede;
• interno-collo piede;
• collo piede;
• punta del piede.
È possibile identificare alcune fasi fondamentali che permettono una cor-
retta esecuzione del gesto tecnico del calciare:
• avvicinamento;
• equilibrio;
• oscillazione;
• contrazione muscolare;
• contatto;
• proseguimento della gamba calciante;
• saltello.
Per una completa analisi dell’atto del calciare, risulta inoltre necessario con-
siderare il rapporto tra il gesto e la traiettoria del pallone in arrivo ed inoltre,
vanno considerate sia la superficie d’urto con cui viene colpita la palla sia le
traiettorie prodotte. La scomposizione del gesto nelle sette fasi fondamen-
tali, darà la possibilità di comprendere dove intervenire per correggere e mi-
gliorare l’efficacia del gesto, prevenendo così eventuali infortuni dovuti ad
una non corretta esecuzione.
All’interno di una seduta di allenamento, è importante collocare questo tipo
di esercitazioni all’inizio, subito dopo un adeguato riscaldamento, quando i
soggetti non presentano ancora i segni di stanchezza che potranno compor-
tare il rischio di traumi. Le più frequenti patologie correlate al gesto del cal-
ciare sono rappresentate da:
tendinopatie del:
• rotuleo;
• quadricipite;
• adduttori (pubalgia);
lesioni muscolari di:
• quadricipite;
• ischio crurali;
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• ileopsoas;
• tibiale anteriore;
• adduttori;
distacchi apofisari di:
• spina iliaca inferiore;
osteocondrosi giovanile.
L’insegnamento di una corretta esecuzione del gesto tecnico in età evolu-
tiva, permette una naturale prevenzione delle patologie sopra citate sia in
età giovanile che in età adulta e contemporaneamente di raggiungere
l’obiettivo di eseguire correttamente ed economicamente il movimento
del calciare.
Lo sviluppo della propriocezione come mezzo
di riduzione dei traumi nel giocatore di calcio a cinque
La propriocezione generalmente racchiude una mole di interpretazioni non
sempre esatte dal punto di vista scientifico e terminologico: informazione
sensoriale, coordinazione intermuscolare, gestione dell’equilibrio o perce-
zione del movimento sono spesso usati come sinonimi.
Fino ad ora si è pensato che la propriocezione riguardasse esclusivamente
due tipologie di informazioni:
• sensazione della posizione articolare;
• sensazione del movimento;
attualmente il concetto di propriocezione si è ampliato in quanto è stata ne-
cessaria l’integrazione delle informazioni provenienti dai feedback afferenti
relativi ai comandi volontari che il soggetto gestisce momento per mo-
mento (Sitting et al., 1985; Djupsjobacka, 2001).
In molte discipline sportive ed in particolare nei giochi sportivi che richie-
dono improvvisi e repentini movimenti in rapporto ad attrezzo, compagni ed
avversari, come nel calcio a cinque, i programmi di preparazione fisica sia
nel periodo definito “preparatorio” che in quello “competitivo”, dedicano
ampio spazio all’allenamento propriocettivo, con metodologie dirette e spe-
cifiche. Il ruolo protettivo svolto dai propriocettori, tra i quali ricordiamo i fusi
neuromuscolari, gli organi tendinei del Golgi, i recettori di Pacini e di Ruffini
e le terminazioni libere, rispetto ai nocicettori, è evidenziato dalle indagini
sulla velocità di conduzione dei rispettivi segnali: in un arco riflesso integro,
la velocità di conduzione del segnale sensitivo dei propriocettori è di circa
70-100 m/s, rispetto a quella dei nocicettori che varia da 4-9 a 0.5-2 m/s in
rapporto al tipo di fibra nervosa mielinica o amielinica. Lo stesso autore so-
stiene inoltre che spesso, l’insorgenza di un trauma distorsivo è causa di de-
ficit propriocettivi capaci di innescare un processo in cui l’instabilità
funzionale conseguente, comporta recidive sulla stessa struttura anatomo-
funzionale (Riva, 1998). Rivestono particolare importanza i propriocettori dei
muscoli cosiddetti “stabilizzatori”, cioè di quei distretti che variano la propria
tensione isometrica in ragione delle condizioni esterne per assicurare che
l’articolazione lavori in un range angolare fisiologico; l’attivazione dei pro-
priocettori, unita a quella del sistema neuromuscolare, sembra infatti miglio-
rare i meccanismi di autoregolazione propriocettiva dell’atleta.
L’allenamento propriocettivo nella preparazione fisica
Il monitoraggio ed il training delle capacità propriocettive, riveste un ruolo
determinante al fine di prevenire e ridurre l’insorgenza dei traumi distorsivi
alle articolazioni degli arti inferiori, nel calcio a cinque ed in tutti i giochi spor-
tivi. L’attenzione della preparazione fisica nei confronti di queste compo-
nenti della prestazione, trova giustificazione metodologica nelle conoscenze
relative alle informazioni che influenzano i circuiti di controllo e gestione del
disequilibrio: a differenza di quanto si possa comunemente pensare, le affe-
renze vestibolari, non rappresentano i canali di informazione più rapidi, ma
comportano movimenti più imprecisi e violenti (Riva e Trevisson, 2000). La
conoscenza delle gestualità predisponenti traumi all’articolazione tibio-tar-
sica, nonché l’analisi della tipologia di tali traumi, ha suggerito l’introduzione
nella pratica sportiva di misure di prevenzione di tipo passivo: l’uso di fascia-
ture, tutori più o meno rigidi e particolari accorgimenti nella scelta dell’equi-
paggiamento, hanno rappresentato alcune modalità di intervento; in
considerazione degli oltre 6.000 contatti con il suolo che si verificano du-
rante una partita, medesimo obiettivo ha avuto l’analisi delle interazioni tra
piede e scarpa, al fine di individuare il profilo che meglio di altri attutisce la
magnitudo dell’impatto. L’aspetto predominante di una corretta prepara-
zione fisica invece, sembra essere rappresentato dalla prevenzione di tipo
attivo, costituita da unità di allenamento finalizzate al miglioramento della
coordinazione intermuscolare a livello della muscolatura della gamba, del
riuso elastico da parte dei suddetti gruppi muscolari e dell’attivazione pro-
priocettiva.
30
CALCIO A CINQUE
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Lo schema con cui si instaura un processo recidivizzante a carico di un’arti-
colazione (Lephart ed Henry, 1996; Riva, Soardo e Kratter, 1998), richiama
l’attenzione nei confronti degli aspetti preventivi e riabilitativi finalizzati alla
riduzione dell’instabilità funzionale dell’articolazione stessa.
Un altro aspetto molto importante di cui si occupano gli studi di Sveistrup
(2001), è rappresentato dal ricondizionamento di un atleta che ha subito un
infortunio di tipo contusivo alla testa con conseguenti alterazioni delle infor-
mazioni propriocettive. L’autore, attraverso un esame posturografico dina-
mico, ha rilevato gravi disturbi nell’equilibrio in atleti con lievi contusioni al
capo a distanza di tre giorni dall’evento traumatico. L’utilizzo da parte del
preparatore fisico delle classiche tavole basculanti di Freeman, costituisce
un idoneo mezzo per favorire l’evoluzione della propriocettività: la praticità
e l’economicità dello strumento consente l’adattamento delle esercitazioni
tecniche e atletiche sul campo in molteplici situazioni.
Viceversa, l’utilizzo di pedane basculanti elettroniche interfacciate con per-
sonal computer si rende più funzionale dove, il preparatore è interessato
non solo al training specifico, ma anche al monitoraggio delle capacità pro-
priocettive o alla capacità di equilibrio (o disequilibrio) (Sannicandro, 2007).
La pedana ad assetto modulare variabile (AMV)
Le nuove pedane propriocettive ad assetto modulare variabile (AMV), hanno la
peculiarità di avere un’elevata possibilità di combinazioni dovuta a degli acces-
sori statici e dinamici. Tali pedane danno
la possibilità di creare differenti tensioni
di uno stesso muscolo, in relazione alla
posizione assunta dal soggetto.
In uno studio recentemente effettuato,
si è voluto indagare se, attraverso l’uti-
lizzo di pedane propriocettive AMV, si
potessero ottenere stimoli diversi, dal
punto di vista sia muscolare che ner-
voso, nei vari distretti muscolari del-
l’arto inferiore coinvolti nelle
esercitazioni proposte. Sono stati ana-
lizzati nove calciatori dilettanti (età
media ± deviazione standard 32,6 anni
± 7,4 anni; peso 70,9 ± 5,6 kg; altezza
174 ± 6 cm;). L’impegno neuromusco-
lare durante attività statica e dinamica sulle pedane propriocettive AMV, è
stato indagato con l’elettromiografia (EMG) di superficie, dei muscoli tibiale
anteriore, gemello mediale adduttore e vasto mediale di entrambi gli arti in-
feriori. Il test statico è stato eseguito facendo assumere al soggetto la posi-
zione di stazione retta in equilibrio sulla pedana per la durata di 10 secondi,
con monitoraggio dell’EMG. Nella variante dinamica del test, la registrazione
EMG, è stata effettuata per 10 secondi durante l’oscillazione della pedana.
Le prove sono state effettuate su cinque diverse pedane AMV e tra un test
ed il successivo si è osservato un minuto di recupero.
I risultati ottenuti hanno evidenziato che, in tutti i test effettuati, sia statici
che dinamici, il muscolo tibiale destro è risultato sempre più attivato rispetto
al controlaterale, mentre per tutti gli altri muscoli, i diversi gradi di attiva-
zione dipendono dalla prova effettuata sulle 37 differenti pedane utilizzate,
che permettono di produrre livelli di attivazione muscolare diversi, anche in
relazione ai differenti angoli articolari utilizzati, sia in statica che in dinamica.
La tabella che segue, riassume i risultati completi del test.
In conclusione si può affermare che le nuove pedane propriocettive ad as-
setto modulare variabile, permettono di sollecitare diversamente ed asim-
metricamente i gruppi muscolari degli arti inferiori e, oltre a costituire una
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variazione rispetto alle metodiche tradizionali, possono essere proposte per
integrare i protocolli in campo sia preventivo che riabilitativo per l’allena-
mento del calciatore (Stracquadaneo G. M., 2007).
Effetti delle vibrazioni sussultorie per la gestione del disequilibrio
L’introduzione delle vibrazioni sussultorie in ambito sportivo, ha evidenziato
sia l’influenza su livelli di forza, sia sul profilo ormonale, sia l’incidenza e la
funzione di interfaccia dei propriocettori tra la modulazione dei carichi
esterni ed il risultato determinato dalle stesse vibrazioni (Bosco, 1998; Bosco
et al., 2000; Scwarzer, 2000). In questo tipo di allenamento, l’attivazione dei
propriocettori unita a quella del sistema neuromuscolare, sembra miglio-
rare i meccanismi di autoregolazione propriocettiva dell’atleta (C. Bosco,
1998). Una ricerca condotta da Sannicandro (2001) si è proposta l’obiettivo
di verificare se gli effetti delle vibrazioni sussultorie sulle componenti pro-
priocettive, mediante l’analisi di compiti motori che prevedono il manteni-
mento dell’equilibrio su pedane basculanti, risente di adattamenti
neuromuscolari di natura centrale o periferica. Lo studio è stato effettuato su
un campione di calciatori dilettanti (n = 32) la cui età, peso ed altezza (media
± deviazione standard) sono: 24,9 ± 4,7 anni; 73,1 ± 5,7 kg; 177,8 ± 4,8 cm.
Il campione è stato suddiviso in modo random in due gruppi: il gruppo spe-
rimentale (GS = n. 16), il gruppo di controllo (GC = n. 16). Tutti i soggetti im-
pegnati nello studio sono stati preventivamente informati del protocollo
somministrato e degli ambiti di indagine di ciascun attrezzo.
Per la valutazione delle componenti propriocettive dell’arto inferiore, è stata
utilizzata una tavola basculante con feedback visivo DEB, mentre per il trai-
ning con vibrazioni sussultorie, è stata utilizzata una pedana tipo Names LS
– B Bosco system dotata di strumentazione elettromiografica per l’indivi-
duazione della frequenza ottimale. Si è adottato il protocollo standard della
pedana che prevede il controllo della situazione di disequilibrio in appoggio
monopodalico per il tempo prestabilito dal software in dotazione (30 se-
condi); quest’ultimo è stato programmato per rilevare la percentuale di
tempo trascorso dal soggetto nell’intervallo ± 2°, ossia nello spazio più pros-
simo a 0°, nella posizione in cui la pedana è perfettamente orizzontale.
Per ciascun soggetto si è proceduto alla valutazione dei livelli di gestione
del disequilibrio iniziale su pedana basculante DEB (quindi dei valori di pro-
priocettività), con una valutazione della durata di trenta secondi per piede.
Quindi, i componenti del GS, in una prima giornata, sono stati sottoposti ad
allenamento con vibrazioni sussultorie con 2x3 set da 30 secondi, con ri-
spettivamente 30 secondi di recupero tra un set e l’altro ed 1 minuto di re-
cupero fra serie. La posizione assunta dai soggetti è stata quella di stazione
retta in appoggio sugli avampiedi in estensione (contrazione isometrica dei
muscoli gemelli); al termine si è nuovamente monitorato sempre con la me-
desima pedana DEB (post test) e con il medesimo compito in appoggio mo-
nopodalico per entrambi gli arti, i livelli di propriocettività finali.
32
CALCIO A CINQUE
Tabella 1:
attività EMG integrata
(mV, media±DS)
rilevata nei vari muscoli
indagati durante le cinque
esercitazioni proposte.
*differenza significativa
P<0.05 tra destro (Dx)
e sinistro (Sin);
**differenza significativa
P<0.05 tra statica e dinamica.
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Gli stessi soggetti del GS, a distanza di 24 ore, hanno effettuato una nuova
valutazione iniziale su pedana DEB (pre test), quindi sottoposti ad allena-
mento con vibrazioni sussultorie con gli stessi criteri del precedente (serie e
tempi di recupero) ma con una posizione di mezzo squat in appoggio sugli
avampiedi in iperestensione (contrazione isometrica del soleo); al termine si
è nuovamente monitorato con il medesimo compito in appoggio mono-
podalico per entrambi gli arti, i livelli di propriocettività finali (post test).
Il gruppo di controllo GC, ha eseguito nelle stesse giornate, le prove su pe-
dana basculante elettronica, senza l’introduzione di nessun training. Le fre-
quenze di vibrazione sono state individualizzate grazie alla rilevazione
elettromiografica (di cui lo strumento è dotato) che evidenziava la massima
risposta muscolare, quindi assegnate automaticamente ad ogni soggetto
dalla pedana vibrante. I risultati ottenuti sono risultati i seguenti:
- Gruppo sperimentale (GS),
valori di disequilibrio in stazione retta in relazione al piede sinistro:
• pre test: media 23,8% ± 9%
• test post vibrazioni 26% ± 9,6%
- Gruppo sperimentale (GS),
valori di disequilibrio in stazione retta in relazione al piede destro:
• pre test: media 24,8% ± 12,4%
• test post vibrazioni 26,9% ± 10,7%
Le valutazioni sopraindicate, hanno messo in risalto un miglioramento tra la
prova pretraining e quella post-training del 2,2% a carico del piede sinistro
e del 2,1% a carico del destro, entrambi statisticamente significativi.
- Gruppo di controllo (GC),
valori medi di gestione del disequilibrio piede sinistro:
• primo test: 23,6% ± 8,5%
• secondo test: 23,4% ± 11,0%
- Gruppo di controllo (GC),
valori medi di gestione del disequilibrio piede destro:
• primo test: 25% ± 10,3%
• secondo test: 23,2 ± 10,3%
Per entrambi gli arti, tali differenze non sono statisticamente significative.
- Gruppo sperimentale (GS),
valori di disequilibrio in posizione mezzo squat in relazione al piede sinistro:
• pre test: media 25,6% ± 13,9%
• test post vibrazioni: 31,1% ± 12,5%
- Gruppo sperimentale (GS),
valori di disequilibrio in posizione mezzo squat in relazione al piede destro:
• pre test: media 29,9% ± 12,2%
• test post vibrazioni: 32,5 % ± 11,3%
Le valutazioni hanno posto in risalto un miglioramento tra la prova pre trai-
ning e quella post training, del 5,5% a carico del piede sinistro e del 2,6% a
carico del destro.
Entrambi i valori risultano essere statisticamente significativi.
- Gruppo di controllo (GC),
valori medi di gestione del disequilibrio piede sinistro:
• primo test: 25,9% ± 11,1%
• secondo test: 25,3% ± 8,3%
- Gruppo di controllo (GC),
valori medi di gestione del disequilibrio piede destro:
• primo test: 31% ± 10,7%
• secondo test: 30,4% ± 5,3%
Per entrambi gli arti, tali differenze non sono statisticamente significative. In
conclusione si può quindi affermare che l’utilizzo delle vibrazioni sussultorie,
sembra provocare un eccellente adattamento ed un’intensa eccitazione del
sistema neuromuscolare dell’atleta: tale tipo di sollecitazione meccanica sui
fusi muscolari, recettori articolari e cutanei, provocherebbe una contrazione
riflessa dei segmenti muscolari che si aggiungerebbe al “riflesso tonico da vi-
brazione” (C. Bosco et al., 2000), ovvero al livello di contrazione presente
prima e soprattutto durante la sollecitazione vibratoria. I differenti risultati
ottenuti nelle due posture di training utilizzate, farebbero supporre che le vi-
brazioni attiverebbero efficacemente la struttura neuromuscolare periferica
ed i relativi propriocettori, piuttosto di evidenziare un adattamento di tipo
centrale che avrebbe dovuto attestare i medesimi risultati anche al variare
della postura utilizzata. Alla luce dei risultati evidenziati nel presente studio,
l’introduzione del training vibratorio, oltre che risultare vantaggioso ai fini
dell’incremento della forza muscolare, della flessibilità e della stimolazione
del sistema ormonale, così come ampiamente dimostrato in letteratura
(Bosco et al. 1998; Schulmberger et al., 1999; Schwarzer, 2000), sembra costi-
tuire per il campione osservato, un’efficace metodica di allenamento per le
componenti propriocettive.
33
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L’allenamento della forza muscolare in ottica preventiva
La forza muscolare, intesa come capacità di contrazione del muscolo, rappre-
senta la capacità organico-muscolare fondamentale, dalla quale tutte le altre
possono essere considerate come derivate. Quando l’atleta vince o tenta di
vincere resistenze ponderali elevate od elevatissime, al limite delle sue capa-
cità, egli esprime i massimi livelli di forza, cioè la sua forza massimale.
Quando egli invece eroga la massima forza nell’unità di tempo, vincendo re-
sistenze molto piccole oppure rappresentate soltanto dal peso del proprio
corpo, esprime quella capacità definita come velocità o rapidità. Se lo stesso
atleta è chiamato ad esprimere nell’unità di tempo percentuali relativamente
elevate (ma non massime) della forza massimale, egli potrà reiterare il gesto
per un numero più o meno elevato di volte; la possibilità di esprimere, con
continuità, nel tempo, le capacità di forza, viene comunemente definita re-
sistenza. Diversi autori individuano tre fattori fisiologici che maggiormente
condizionano ed influenzano la capacità di produrre forza muscolare:
- fattori propriamente nervosi;
- fattori propriamente muscolari;
- fattori di tipo meccanico.
Un importante aspetto di tipo nervoso è rappresentato dal numero delle
unità motorie, dalla loro frequenza di scarica ed alle possibilità di intervenire
modificando questi valori. Si definisce unità motoria l’insieme costituito da
un motoneurone e dalle fibre muscolari da questo innervate. I potenziali
d’azione della fibra nervosa e di quella muscolare, rispondono alla cosid-
detta legge del “tutto o nulla”, nel senso che nessun potenziale d’azione può
generarsi fintanto che la depolarizzazione di una membrana eccitabile, non
raggiunge un livello detto di “soglia”. Solo al raggiungimento di tale livello di
depolarizzazione, si genera un potenziale di azione che non è modulabile. Il
concetto appena illustrato del “tutto o nulla”, tuttavia non è applicabile al
concetto di espressione di forza muscolare, le cui manifestazioni possono
essere graduate e modulate attraverso due differenti meccanismi:
- meccanismo del rate coding (frequenza di scarica);
- meccanismo del recruitment.
Il concetto di rate coding è riferito alla frequenza con la quale i motoneuroni
scaricano i loro potenziali di azione, mentre il secondo meccanismo, è quello
relativo al reclutamento del maggior numero di unità motorie attraverso il
quale viene incrementata l’estrinsecazione di forza muscolare.
Tra i fattori cosiddetti muscolari bisogna sottolineare che le fibre non risul-
tano essere tutte uguali.
Le unità motorie vengono classificate sulla base di almeno tre distinte carat-
teristiche fisiologiche:
• la velocità con cui esse si contraggono;
• il valore della forza che riescono ad estrinsecare;
• la capacità di resistere all’affaticamento.
Questi parametri consentono di differenziare le unità motorie in due distinte
categorie:
- unità motorie di tipo S, a contrazione lenta (ST, Slow twitch fibers) che svilup-
pano forza inferiore ma sono le più resistenti alla fatica;
- unità motorie di tipo F, a contrazione rapida (FT, fast twitch fibers) con capa-
cità intermedia (a seconda dei diversi tipi) di estrinsecare elevati valori di
forza e di resistere all’affaticamento o di esprimere più elevati livelli di forza
ma con rapido esaurimento (FF). I fattori meccanici coinvolti nell’espressione
della forza muscolare sono sostanzialmente riconducibili alla lunghezza dei
muscoli e alla loro architettura. Si evidenziano, in definitiva, attraverso varia-
zioni di lunghezza dei bracci di leva del momento e conseguenti variazioni
delle posizioni articolari. La relazione esistente tra la lunghezza muscolare e
forza espressa, si può considerare come il risultato dell’azione di componenti
sia attive sia passive. La componente attiva dell’espressione della forza è ri-
conducibile all’effetto del ciclo “accoppiamento-accorciamento” (cross bridge
cycling).
Allenamento eccentrico e prevenzione dei danni muscolari
L’evento lesivo a livello muscolare costituisce uno degli insulti traumatici più
ricorrenti in ambito sportivo. L’entità della lesione può andare dal semplice
stiramento, spesso associato a rottura dei piccoli vasi, con comparsa di do-
lore e tumefazione, sino allo strappo muscolare completo. Le conseguenze
per lo sportivo, che appaiono ovviamente correlate all’entità della lesione
subita, sono sempre comunque sgradevoli e comportano sempre una so-
spensione, più o meno lunga, dell’attività agonistica e l’attuazione di un’ido-
nea terapia fisica (G. N. Bisciotti, 2001). Il danno strutturale della fibra
muscolare può essere causato, sia da una singola contrazione muscolare,
come dall’effetto cumulativo di una serie di contrazioni (Armstrong e coll.,
1991). In ogni caso, il meccanismo maggiormente correlato al possibile dan-
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CALCIO A CINQUE
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neggiamento della fibra muscolare, risulterebbe essere la contrazione di tipo
eccentrico (Armstrong, 1990; Garret, 1990). La ragione della maggior inci-
denza traumatica a livello muscolare, riscontrabile durante una situazione
di contrazione eccentrica, è soprattutto imputabile alla maggior produzione
di forza registrabile nel corso di quest’ultima, rispetto a quanto non avvenga
nella modalità di attivazione di tipo concentrico od isometrico (Stauber,
1989; Garret, 1990). Infatti, durante una contrazione eccentrica, effettuata
alla velocità di 90° · s-1, la forza espressa dal distretto muscolare, risulta essere
di ben tre volte maggiore di quella espressa, alla stessa velocità, durante una
contrazione concentrica (Middleton e coll., 1994). Inoltre, durante una con-
trazione eccentrica, risulta maggiore anche la forza prodotta dagli elementi
passivi del tessuto connettivo del muscolo sottoposto ad allungamento (El-
ftman, 1966). Soprattutto in riferimento a quest’ultimo dato, occorre sotto-
lineare come anche il fenomeno puramente meccanico dell’elongazione,
possa giocare un ruolo importante nell’insorgenza dell’evento traumatico,
visto che quest’ultimo, può verificarsi sia in un muscolo che si presenti attivo
durante la fase di stiramento, come in un distretto muscolare che sia pas-
sivo durante la fase di elongazione (Garrett e coll., 1987). Durante la contra-
zione eccentrica il muscolo è in effetti sottoposto ad un fenomeno di
"overstretching" che, in quanto tale, può determinare l’insorgenza di lesioni
a livello dell’inserzione tendinea, della giunzione muscolo-tendinea, oppure
a livello di una zona muscolare resa maggiormente fragile da un deficit di va-
scolarizzazione (Middleton e coll., 1994).
È interessante notare come siano i muscoli pluriarticolarii quelli maggior-
mente esposti ad insulti traumatici, proprio per il fatto di dover controllare,
attraverso la contrazione eccentrica, il range articolare di due o più articola-
zioni (Brewer, 1960). Anche la diversa tipologia delle fibre muscolari presenta
una differente incidenza di evento traumatico. Le fibre a contrazione rapida
(FT), sono infatti maggiormente esposte a danni strutturali rispetto a quelle
a contrazione lenta (ST), probabilmente a causa della loro maggior capacità
contrattile, che si traduce in un’accresciuta produzione di forza, e di velocità
di contrazione, rispetto alle fibre di tipo ST (Garret e coll., 1984; Friden e Lie-
ber, 1992). Inoltre, i muscoli che presentano un’alta percentuale di FT, sono
generalmente più superficiali (Lexell e coll., 1983) e normalmente interes-
sano due o più articolazioni, fattori entrambi predisponenti al danno strut-
turale (Brewer, 1960; Garret, 1990). È interessante notare come l’insulto
traumatico sia prevalentemente localizzato a livello della giunzione muscolo-
tendinea, a testimonianza del fatto che in questa zona, come del resto nella
porzione finale della fibra muscolare, si verifichi il maggior stress meccanico
(Garrett, 1990; Garrett e coll., 1987; Lieber e coll., 1991). In ultimo occorre sot-
tolineare il particolare aspetto metabolico connesso alla contrazione di tipo
eccentrico. Durante la contrazione di tipo eccentrico, dal momento che la
vascolarizzazione muscolare viene interrotta, il lavoro svolto è di tipo anae-
robico, questo determina, sia un aumento della temperatura locale che del-
l’acidosi, oltre ad una marcata anossia cellulare. Questi eventi metabolici si
traducono in un’aumentata fragilità muscolare ed in una possibile necrosi
cellulare, sia a livello muscolare, che del connettivo di sostegno (Middleton
e coll., 1994). Secondo Bisciotti, considerando quindi che il muscolo si pre-
senta particolarmente vulnerabile nel momento in cui viene sottoposto ad
una contrazione di tipo eccentrico, soprattutto quando quest’ultima è di no-
tevole entità, come nel caso di uno sprint, di un balzo o di un gesto di tipo
esplosivo, nasce l’esigenza di "condizionare" i distretti muscolari maggior-
mente a rischio con un tipo di lavoro consono a questa particolare esigenza.
Si tratta quindi di agire secondo una metodologia di lavoro che comporti la
ricerca dell’instaurazione di un ambiente muscolare acido, condizione im-
mediatamente seguita, senza soluzione di continuità, da una serie di contra-
zioni eccentriche rapide (definibili come eccentriche-flash) effettuate
sull’atleta da un operatore, oppure da una contrazione eccentrica lenta e
controllata (che potremmo definire come eccentrica-classica).
L’acidosi muscolare può essere prodotta da una serie di scatti a velocità mas-
simale, ancor meglio se effettuati su distanze relativamente brevi (20-30
metri) con arresto e cambio di direzioni immediati, in modo da ricalcare,
nella biomeccanica di corsa, il più possibile il modello prestativo.
In tal modo il condizionamento muscolare è orientato verso un progressivo
adattamento nello sviluppare contrazioni eccentriche rapide ed intense in
condizioni di forte acidosi e di marcata anossia cellulare. Questo tipo di la-
voro, come riportato nell’esempio 1, si dimostra particolarmente interes-
sante per il bicipite femorale. Per provocare una marcata acidosi locale, del
bicipite femorale, è possibile indurre quest’ultima attraverso una esercita-
zione muscolare settoriale, come l’esercizio di leg curl, eseguito ad esauri-
mento muscolare completo, immediatamente seguito dall’esercitazione
eccentrica, come descritto dall’esempio 2.
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Esempio 1: L’esercitazione è complessivamente composta da una serie di 5 scatti
a velocità massimale effettuati su di una distanza breve (20 metri), con arresto e
cambiamento di direzione, effettuati senza soluzione di continuità, abbinati ad
una serie di "contrazioni flash" (10-15 ripetizioni per gamba) a carico del bicipite
femorale.
Esempio 2: Per provocare una marcata acidosi locale, del bicipite femorale, è
possibile effettuare una esercitazione muscolare settoriale, come il leg curl, ese-
guito ad esaurimento muscolare completo (65-70% del carico massimale per
12-10 RM), immediatamente seguito da una serie di "contrazioni flash" (10-15 ri-
petizioni per gamba).
Un altro schema di lavoro interessante, sempre a carico del bicipite femorale,
è costituito da una serie di corsa calciata, eseguita ad alta intensità, con l’au-
silio di bande elastiche, della durata di alcuni secondi, seguita da una serie
di contrazioni eccentriche-flash (esempio 3) o da contrazioni eccentriche di
tipo tradizionale (esempio 4).
Esempio 3: Un altro schema di lavoro a carico del bicipite femorale, può preve-
dere una serie di corsa calciata, eseguita ad alta intensità, con l’ausilio di bande
elastiche, della durata compresa tra i 20 ed i 30”, immediatamente seguita da
una serie di contrazioni eccentriche-flash (10-15 ripetizioni per gamba).
È inoltre necessario aggiungere che una serie eccentrica, definibile come di
tipo "classico", comporta l’utilizzo di un carico sovra-massimale (110%-120%
del carico massimale) ed un numero di ripetizioni compreso tra 3 e 4, la fase
eccentrica deve essere eseguita molto lentamente e naturalmente la fase
concentrica deve essere effettuata grazie ad un aiuto esterno. Data la diver-
sità della modalità di contrazione eccentrica tra il cosiddetto "eccentrico-
flash" ed il metodo "eccentrico classico", sarebbe buona norma adottare
entrambi questi tipi di lavoro, al fine di ottenere un condizionamento musco-
lare consono ad entrambi i pattern di attivazione. Lo stesso tipo di lavoro è
proponibile anche per il quadricipite femorale (esempio 5), in questo caso
dopo una serie di skip con resistenza elastica, viene eseguita una serie di
"eccentrico classico" al leg extension, oppure di contrazioni eccentriche
"flash" (esempio 6).
Esempio 4: Lo stesso schema di lavoro dell’esempio precedente, nel quale però
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CALCIO A CINQUE
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l’eccentrico "flash" è stato sostituito dall’eccentrico "classico" (carico pari al 120%
del massimale, 3-4 ripetizioni eseguite il più lentamente possibile). È sempre
buona norma adottare entrambi questi tipi di lavoro, al fine di ottenere un con-
dizionamento muscolare consono ad entrambi i pattern di attivazione.
Esempio 5: Lo stesso tipo di lavoro per il quadricipite femorale, in questo caso
dopo una serie di skip con resistenza elastica.
Esempio 6: Esercitazione simile alla precedente dove però, dopo una serie di skip
con resistenza elastica sempre della durata di 20-30”, viene eseguita una serie di
eccentrico "flash" (10-15 ripetizioni per gamba). Anche nel caso del quadricipite
femorale è sempre consigliabile adottare entrambe le modalità di contrazione ec-
centrica (classica e flash).
Questi esempi esercitativi, che naturalmente possono essere integrati o mo-
dificati, sempre restando in quest’ottica metodologica, possono quindi co-
stituire sia un egregio lavoro di tipo preventivo nei confronti dei possibili
danni muscolari, sia, ovviamente con i dovuti adattamenti, fornire una solida
base di condizionamento muscolare per ciò che riguarda i piani di lavoro
riabilitativo susseguenti ad eventi traumatici a livello muscolare (G. N. Bi-
scotti, 2001).
L’allenamento “selettivo” della forza come mezzo
di prevenzione dei traumi nel giocatore di calcio a cinque
L’allenamento delle caratteristiche della forza muscolare nei giocatori di cal-
cio a cinque, può ricoprire in alcuni casi, aspetti di tipo preventivo, motivo
per cui dovrebbero essere sistematicamente integrati in ambito programma-
tivo. Di seguito si propone un’analisi dettagliata dell’allenamento dei vari di-
stretti muscolari.
L’allenamento selettivo del vasto mediale
Il vasto mediale è uno dei quattro ventri muscolari che costituiscono il qua-
dricipite femorale e svolge un ruolo importantissimo nell’ambito della bio-
meccanica del ginocchio, garantendo un corretto equilibrio artro-muscolare.
Occorre però specificare i seguenti punti:
• L’ipotrofia muscolare che consegue ad un evento traumatico a
livello dell’articolazione del ginocchio, come ad esempio potrebbe essere
una lesione al legamento crociato anteriore oppure meniscale, colpisce so-
prattutto il vasto mediale;
• Il vasto mediale è il maggior stabilizzatore della rotula e la sua
azione diviene essenziale nell’ambito di tutte le patologie rotulee;
• È il muscolo maggiormente attivo nella stabilizzazione del ginoc-
chio conseguente alla ripresa del contatto con il suolo dopo un balzo;
• Il vasto mediale è il muscolo più attivo durante gli spostamenti
basati sulla corsa laterale;
• Negli atleti che lamentano dolore femoro-rotuleo, il vasto me-
diale è attivato in modo fasico e tende a perdere la capacità di resistere alla
fatica (Richardson, 1985);
• È il maggior produttore di forza durante il movimento di esten-
sione della gamba sulla coscia (gesto del calciare). Per tutta questa serie di
motivi, la muscolazione selettiva del VM, risulta di primaria importanza, non
solo nell’ambito della riabilitazione funzionale dell’atleta ma anche al fine di
garantire un corretto equilibrio artro-muscolare dell’articolazione del ginoc-
chio, che costituisce a sua volta la miglior strategia preventiva possibile. Nel
caso del vasto mediale, è corretto parlare di muscolazione selettiva perché
quest’ultimo è innervato da un ramo ben distinto del nervo femorale e, per
questo motivo, è possibile attivarlo selettivamente come una singola unità
motoria (Basmajian e De Luca, 1985). L’esercizio maggiormente adatto all’at-
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tivazione del vasto mediale, è costituito dal leg extension eseguito sugli ul-
timi gradi di estensione con la punta del piede extra-ruotata ed il busto
flesso, inoltre è importante ricordare che una contemporanea contrazione
degli adduttori potenzia ulteriormente la contrazione del vasto mediale.
Il ruolo del retto femorale
Il retto femorale (RF), che come il VM costituisce uno dei quattro ventri che
formano il quadricipite femorale, è un muscolo biarticolare, ossia controlla
simultaneamente due articolazioni. Il RF infatti risulta attivo, sia nella fles-
sione dell’articolazione dell’anca, che nell’estensione della gamba sulla co-
scia. Una caratteristica che accomuna tutti i muscoli biarticolari è il concetto
di "variazione simultanea". Il concetto di "variazione simultanea" sta ad indi-
care che tali muscoli svolgono azioni muscolari di tipo diverso nell’ambito
della catena cinetica di cui fanno parte. Il RF ad esempio si accorcia quando
l’articolazione del ginocchio si estende, e si allunga quando l’anca si estende;
inoltre il RF ha una duplice azione muscolare che comporta il verificarsi di
una contrazione eccentrica a livello dell’anca contemporaneamente ad una
contrazione concentrica a livello del ginocchio. Il fatto di essere biarticolare,
e quindi di controllare le forze tensive generate simultaneamente da due ar-
ticolazioni, ed il particolare tipo di attivazione a cui è sottoposto il RF, lo pone
ad alto rischio d’insulto traumatico nell’ambito di discipline sportive nelle
quali viene fortemente sollecitato, come ad esempio il calcio o lo sprint. Tutto
questo giustifica una particolare attenzione che si concretizza nell’adozione
di particolari tipi di esercitazioni in grado di condizionarlo positivamente nei
confronti delle sollecitazioni meccaniche cui è sottoposto. Particolarmente
adatto a questo scopo è l’esercizio, nel quale il quadricipite femorale parte-
cipa alla flessione dell’anca vincendo una resistenza di tipo elastico, eventual-
mente è possibile inserire l’utilizzo di una cavigliera zavorrata al fine di
aumentare la partecipazione del retto femorale nell’azione di estensione
della gamba sulla coscia.
Il ruolo delicato e particolare del bicipite femorale
Il bicipite femorale (BF) è un flessore del ginocchio ed un estensore dell’anca,
inoltre, come tutti gli altri flessori della gamba, impedisce, se la gamba è
estesa, di forzare l’elevazione dell’arto inferiore, oppure di flettere il busto in
avanti. I muscoli flessori, infatti, non possono essere allungati oltre una certa
misura. Il bicipite femorale è uno dei muscoli maggiormente stressati nel-
l’ambito sportivo generale e nel calcio in particolare. Nell’ambito calcistico
i danni al bicipite femorale rappresentano il 13% di tutti i traumi e causano
una perdita di lavoro pari a ben il 16% dell’allenamento totale (Sewar e coll.,
1993). Ma perché il bicipite femorale è un muscolo a così "alto rischio"?
Vediamo di individuarne le cause che possono essere riassunte nei seguenti
punti:
• Il bicipite femorale è un muscolo biarticolare, come il retto femo-
rale controlla, sia l’articolazione dell’anca, che quella del ginocchio;
• È ricco di fibre a contrazione rapida (FT), ancor più di quanto non
lo sia il quadricipite femorale. Un’alta percentuale di FT costituisce un alto
fattore di rischio per l’integrità muscolare, soprattutto durante forti e vio-
lente contrazioni eccentriche (Garret e coll., 1984);
• Il capo breve del bicipite femorale origina dal terzo medio della
linea aspra con un’attaccatura lunga ed incostante che costituisce di per sé
un fattore predisponente alla lesione (Burkett, 1975);
• Il capo lungo del bicipite femorale è innervato dal nervo tibiale,
mentre il capo corto dal nervo peroniero comune. Questa doppia innerva-
zione può generare un tipo di contrazione vigorosa ma incoordinata e po-
tenzialmente pericolosa per l’integrità del muscolo stesso (Brunet e Hontas,
1996).
Oltre a queste cause predisponenti alla lesione di tipo anatomico, altri fattori
possono concorrere all’insorgenza lesiva a carico del bicipite femorale, tra
questi possiamo ricordare:
- Un inadeguato riscaldamento;
- Un’insufficiente capacità d’elongazione;
- Una scarsa resistenza muscolare specifica, soprattutto nei confronti della
contrazione eccentrica prolungata;
- Un’asimmetria degli arti inferiori;
- Uno squilibrio delle capacità di forza tra flessori ed estensori.
Inoltre, un altro importantissimo fattore di rischio a carico del bicipite femo-
rale, è costituito dal particolare tipo di attivazione a cui viene sottoposto nel
corso della contrazione. È noto come durante una contrazione concentrica,
il muscolo, per vincere la resistenza esterna, si contrae e si accorcia, e che
al contrario, durante una contrazione eccentrica, dato che la resistenza
esterna supera la capacità di forza massimale del muscolo, quest’ultimo
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CALCIO A CINQUE
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viene allungato. Forse è meno noto il concetto di contrazione ecocentrica:
con questo termine si indica una contrazione concentrica ed una contem-
poranea contrazione eccentrica di uno stesso muscolo che si inserisce su
due articolazioni, come nel caso già accennato riguardante il retto femorale
(Bubulian e Bowles, 1992). Nel caso del bicipite femorale, questo particolare
tipo di contrazione viene ancor più esasperato, infatti, nel corso di un movi-
mento a carico degli arti inferiori effettuato in catena cinetica chiusa (ossia
durante la quale il piede poggia a terra), il bicipite femorale non ricopre più
il ruolo di antagonista nei confronti del retto femorale come avviene in un
movimento in catena cinetica aperta (movimento nel quale il piede è libero,
come ad esempio nel caso dell’esercizio di leg extension) ma, al contrario, è
un coattivatore del quadricipite.
In questo caso infatti il bicipite femorale si contrae per estendere il bacino
sulla coscia ma nel contempo viene fortemente stirato eccentricamente del
movimento di estensione della gamba sulla coscia. Ragion per cui il bicipite
femorale viene fortemente stirato nel corso di una massiccia contrazione
concentrica. Nella letteratura anglosassone si utilizza il termine “hamstring in-
jury” per indicare quello che noi definiamo danno agli ischio-crurali; questa
terminologia troppo vaga, necessiterebbe di una definizione più precisa o,
meglio ancora, di una precisa distinzione.
Con il termine di ischio-crurali si intende un gruppo di muscoli, tutti esten-
sori dell’anca e flessori del ginocchio, che originano dalla tuberosità ischia-
tica e dal legamento sacro tuberoso e precisamente: il bicipite femorale, il
semitendinoso ed il semimembranoso. La distinzione che occorre fare è
dapprima di tipo funzionale ed è la seguente: durante la corsa, il semi-
membranoso mostra il massimo dell’attivazione quando frena eccentrica-
mente la flessione della coscia sul bacino nella sua fase di oscillazione in
avanti, mentre il bicipite mostra la massima attività nella fase finale della
spinta (Elliot e Blanksby, 1979). Da questa considerazione nasce una ulte-
riore distinzione questa volta di ordine traumatologico che è questa: il ter-
mine danno degli ischio-crurali è troppo vago, occorrerebbe distinguere
in due casi specifici di diversa natura, ossia:
il primo riguardante il danno del semimembranoso, essenzialmente causato
da una violenta contrazione eccentrica (in catena cinetica aperta) nell’esple-
tamento del suo ruolo di "antagonista puro" durante la parte finale della fles-
sione della coscia sul bacino durante la sua fase di oscillazione in avanti.
Il secondo a carico del bicipite femorale, causato da una contrazione di tipo
ecocentrico che si verifica nella fase finale della spinta del piede a terra,
quindi durante un movimento a catena cinetica chiusa.
Nel corso di uno sprint quindi i momenti di "alto rischio" per gli ischio-cru-
rali sono essenzialmente due, ben distinti tra loro e con un’eziologia altret-
tanto ben distinta, il primo a carico del semimembranoso ed il secondo
riguardante il bicipite femorale.
Training di forza e rischio di infortunio
nel calcio a cinque: esperienza di uno studio
Lo scopo principale del lavoro svolto, è stato quello di valutare il rischio di in-
fortunio presente in differenti tipologie di training di forza durante l’arco di
una stagione sportiva (allenamento con multibalzi e con sovraccarichi).
Lo studio è stato condotto su un campione di 28 atleti di sesso maschile pra-
ticanti campionati di livello nazionale, suddiviso in due gruppi di 14 soggetti.
Un gruppo sperimentale (GS) ha eseguito il training di forza mediante so-
vraccarichi, mentre l’altro gruppo (GMB) ha eseguito invece il training di
forza mediante multibalzi. La tabella riassume i dati di età, peso e altezza
dei soggetti in esame:
La valutazione dell’elevazione del centro di gravità mediante contrazione
concentrica e mediante il ciclo stiramento-accorciamento, è stata realizzata
attraverso pedana a conduttanza Ergojump di Bosco, secondo il protocollo
squatjump e counter movement jump.
La valutazione dell’accelerazione è stata realizzata mediante uno sprint con
partenza da fermo di 20 metri, mentre quella della velocità massimale aero-
bica con il test di Léger. La diagnosi di infortunio è stata condotta dal mede-
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simo ortopedico specialista e confortata dai medesimi ausili diagnostici per
immagini. Per valutare il rischio di infortunio si è calcolato l’indice per 1.000
ore di attività sportiva, senza considerare i giorni di inabilità derivante da
trauma diretto.
Il monitoraggio delle capacità motorie condotto per tutto l’arco della sta-
gione, si sono previsti quattro differenti momenti:
• precampionato;
• dopo 40 giorni dalla preparazione;
• immediatamente prima della sosta natalizia (120 giorni dopo);
• immediatamente prima della sosta pasquale (240 giorni dopo).
I risultati ottenuti dalla ricerca hanno evidenziato che i due gruppi sottopo-
sti a monitoraggio hanno sommato un volume annuo di 4.396 ore il GS, e di
4.326 ore il GMB. I valori relativi all’elevazione del centro di gravità mediante
contrazione concentrica eseguita con uno SJ, unitamente a quelli relativi al-
l’elevazione del centro di gravità mediante contrazione concentrica prece-
duta dal prestiramento eseguita con un CMJ, nel GS e nel GMB, hanno rivelato
il medesimo andamento nel corso della stagione sportiva monitorata.
Per quanto concerne i livelli prestativi ottenuti nel corso della stagione in
relazione al test di accelerazione sui 20m, i due gruppi hanno evidenziato
differenze significative con p<0.05 nella terza e nella quarta valutazione
a favore del GS. La valutazione indiretta del VMA mediante test di Léger
nei quattro momenti della stagione ha rivelato per il GS e per GMB tempi
di percorrenza sovrapponibili solo per le prime due rilevazioni.
Dalla rilevazione del rischio di inabilità è emerso che la stagione spor-
tiva del GS e del GMB sono state caratterizzate rispettivamente dal 2,9%
e dal 10,2% di ore di inabilità. In particolare la stagione sportiva del GS e
del GMB hanno presentato rispettivamente un’incidenza di 29,3 e 102,4
infortuni ogni 1.000 ore di attività.
Tale differenza è risultata significativa per p<0.001. Dai risultati ottenuti con il
presente lavoro sembra opportuno integrare l’allenamento con sovraccari-
chi a quello con multibalzi: il primo pur non determinando variazioni signifi-
cative dell’elevazione del centro di gravità relativamente ai jump test adottati,
rivela significativi miglioramenti a carico delle prove di sprint di 20m e della
VMA. Da un punto di vista preventivo, sembrerebbe più opportuno organiz-
zare l’allenamento di forza in modo tale che quello svolto con sovraccarichi
possa precedere e successivamente integrare quello con multibalzi.
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CALCIO A CINQUE
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Se si torna con la mente e con le emozioni al successo della Spagna
nella Coppa del Mondo 2010 emergono in ordine sparso certe nitide
immagini e alcune spiccate componenti: la brillante orchestrazione di
gioco di Xavi, l’incisiva maestria tecnica di Andrés Iniesta, l’abilità di David
Villa davanti alla porta, gli interventi di Iker Casillas, ma anche i gesti ed i
comportamenti di un protagonista seduto al margine del campo: Vicente
del Bosque. Proprio quest’ultimo, nella straordinaria semplicità della sua
conduzione, è visto da osservatori più vicini e sicuramente più esercitati
come lo specchio di altri diffusi, condivisi valori, riconducibili a qualità
umane non proprio ordinarie. Essi fanno particolare riferimento alla mode-
stia che ha accompagnato (e continua ad accompagnare) non pochi gio-
catori spagnoli, tanto da far dire che la loro vittoria in Sudafrica è stata
anche “una lezione di umiltà”. Scrive non a caso Andy Roxburgh nel nu-
mero 47 della rivista UEFA “The Technician” che “è facile vedere come questa
gloriosa generazione di calciatori non sia pretenziosa, ma semplice e felice di
promuovere la mentalità del noi”. “Siamo un gruppo di persone molto normali,
che lavorano davvero duro e amano il calcio", spiega dal suo canto Xavi, in-
dicando così indirettamente proprio quello che è il modo di essere del suo
tecnico in nazionale, Vicente del Bosque, capace di vincere in Europa e nel
mondo (due Champions League, una Supercoppa e un Intercontinentale
con il Real Madrid che ha condotto dal 1999 al 2002) con il suo modo ri-
spettoso e paziente di guidare una squadra.
“Se mi dovessi descrivere come allenatore - confessa quest’ultimo a “The Techni-
cian” - direi che il mio stile riposa sui valori umani e sulla condivisione. Ed anche
sull’essere affabile, cortese, gentile, e positivo. Non so se altri colleghi condividano
questo, ma per me il calcio rimane un gioco, un divertimento. Tutti noi riceviamo
gioia dal pallone, ecco perché non vedo motivo di essere triste, teso o di apparire
nervoso e di cattivo umore. Devo essere un capo, ma io mi sforzo di essere un capo
simpatico. Gli allenatori sono giudicati dai fatti più che dalle parole, così dob-
biamo avere misura e dirigere un gruppo in maniera ferma, ma anche mettere
l’accento sulle componenti umane e naturalmente su una filosofia di gioco. Noi
ci sforziamo di fare calcio privilegiando la conservazione della palla a un ritmo
elevato, molta mobilità e un buon equilibrio tra passaggi corti e lunghi. Impor-
tante, comunque, è la condivisione. Ciò significa che si deve essere disposti a ascol-
tare i giocatori ed a stabilire buone relazioni con loro. Alcuni possono vedere in
questo comportamento un segno di debolezza. Per me, invece, un’aperta comu-
nicazione con ogni componente il gruppo-squadra è essenziale”.
Alcuni contenuti educativi di questa comunicazione arrivano da lontano.
Vicente del Bosque si avvale di quanto seminato nel corso degli ultimi quin-
dici anni dalla federcalcio spagnola a livello giovanile, dove arroganza, va-
nità e senso di superiorità vengono messi all’indice. Diventa così più facile
per il tecnico iberico mettere in guardia contro l’autocelebrazione e la fie-
rezza mal posta. Certo, tutti sono d’accordo sul fatto che i giocatori abbiano
bisogno di un ego, che vogliano essere i migliori, ma ciò non deve sfociare
nel mare vischioso dell’egotismo. “Quando calciatori e allenatori conoscono il
successo, non è necessario che si autoglorifichino”, ammonisce Andy Roxburgh,
CALCIO INTERNAZIONALE
di Marco Viani*
VICENTE DEL BOSQUEE LA SUA SPAGNA MONDIALE
*Collaboratore Settore Tecnico FIGC
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CALCIO INTERNAZIONALE
ricordando la massima: “Se dobbiamo dire alla gente che esistiamo, vuol dire
che non esistiamo davvero”.
Sul riconoscimento di Vicente del Bosque, da parte dell’Istituto Internazio-
nale di Storia e Statistica del Calcio (IFFHS), come miglior tecnico del 2010
pesa sicuramente la brillante e concreta qualità del gioco espressa dalla sua
Spagna in Sudafrica, ma forse anche il fatto di aver vinto, con i suoi ragazzi,
il trofeo del fair-play. Se è così, si può parlare di una filosofia in grado di va-
lorizzare, in ugual misura, rapidità tecnica (non esente da aggressività) e
esemplare rispetto del regolamento. Valori e acquisizioni che non si improv-
visano. Parlando del suo capitano, Xavi ha detto: “Iker Casillas è speciale anche
perché è una persona molto umile, molto normale”. Giudizio da estendere a
molti altri componenti il gruppo mondiale, in particolare a coloro che sono
maturati e migliorati nei ranghi del settore giovanile. “La nostra filosofia è ba-
sata sullo sviluppo delle qualità delle squadre minori - spiega Fernando Hierro,
direttore sportivo della federcalcio spagnola - sempre restando fedeli a un
certo stile di fare calcio, basato sulla conservazione del pallone, e sulla volontà di
imporre il nostro gioco. Abbiamo cambiato il nostro staff tecnico negli ultimi due
anni, conservando però la nostra filosofia. L'idea è di facilitare il passaggio da
una selezione all’altra. So che, tradizionalmente, molte federazioni tentano di
applicare lo stile della squadra maggiore a quelle inferiori. Noi pensiamo che
deve essere l'inverso. La nazionale A è fondata sul lavoro che viene fatto con le for-
mazioni giovanili”. Questi concetti si accompagnano (anche fisicamente, in
quanto espressi nel corso dell’ultima conferenza UEFA per tecnici delle squa-
dre nazionali svoltasi a Madrid) con quanto esposto da Ginés Meléndez, di-
rettore della Scuola allenatori iberica. Al di là del talento calcistico, ha detto,
la selezione è basata sulle qualità umane, come il carattere, lo spirito di com-
petizione, la volontà di riuscire e il livello di intelligenza emozionale: tutto
quanto permette ai giocatori di affrontare tornei di breve durata. Ha preci-
sato: “I ragazzi hanno bisogno di essere veramente equilibrati. Un giocatore il cui
comportamento oscilla fortemente tra l’euforia e la drammatizzazione in base al
risultato, produrrà deboli prestazioni in gara. Da qui, il nostro impegno per inse-
gnar loro a giocare a calcio, a confrontarsi, a sviluppare un equilibrio psicolo-
gico. Si lavora su valori quali l’impegno, il cameratismo, la naturalezza, la
modestia per cercare di far crescere giocatori di élite e buoni caratteri”.
Vicente del Bosque è oltremodo esplicito nel riconoscere la grande ricchezza
che ha ereditato e di cui si è giovato fin dal primo giorno di allenamento
con Xavi e compagni, non tacendo successivi percorsi del tutto propri e
scelte fatte assolutamente ‘in solitario’: “La maggior parte del gruppo portato
in Sudafrica era quella artefice della vittoria nell’Europeo 2008 e non ho voluto di-
struggere o cancellare ciò che era stato fatto prima. Il mio predecessore aveva
fatto un eccellente lavoro: l’aspetto della continuità è stato grandemente bene-
fico per il calcio spagnolo. Ritengo peraltro che la peggiore cosa sia non progre-
dire. I 23 giocatori di Vienna non potevano essere i 23 di Johannesburg. Così
abbiamo inserito elementi nuovi come Busquet, Navas, Javi Martinez, Llorente e
altri. Parliamo di sette, otto inserimenti in grado di dare nuovo sangue al gruppo.
Si è trattato in parte di una sfida perché ha comportato decisioni dure, alcune
delle quali mi hanno fatto dispiacere. Marcos Senna, per esempio, forse il migliore
a Vienna: era difficile escluderlo. Noi allenatori non possiamo però abbandonarci
ai sentimenti e alle emozioni. Dobbiamo prendere decisioni tecniche e assumerci
dei rischi. Non c’è posto per la compiacenza”. Sicurezza e un pizzico di perento-
rietà accompagnano anche certi suoi orientamenti di ordine strettamente
tecnico: “Non credo molto alla lavagna. In altre parole, non considero che una
certa struttura, una certa impostazione di squadra siano garanzie di buon cal-
cio. Penso che sia più importante costruire un gruppo ben cosciente del bisogno
di esprimersi come blocco unico tanto bene in difesa come in attacco.
Certi osservatori tendono a mettere l’accento sulle qualità offensive della Spagna,
come se noi non facessimo altro che indirizzare verso la porta avversaria palloni
su palloni. Abbiamo invece anche qualità difensive e, se non facciamo bene certe
cose, diventiamo una squadra vulnerabile, quasi debole. È importante reagire
collettivamente e rapidamente alla perdita del pallone”. Visti i risultati, il calcio
spagnolo appare consolidatamene adulto, e ben definito, nel padroneggiare
le molteplici componenti di gioco che si traducono in concretezza e spetta-
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colo: “Sottolineo di nuovo l’importanza della continuità, il fatto di quelle squadre
e di quei giocatori che hanno conosciuto il successo a livello giovanile giocando
in un certo modo e così contribuendo alle nostre affermazioni.
Questo è incontestabile. Ma bisogna anche guardare ciò che fanno i giocatori
tutti i giorni nei loro club, analizzare il loro ruolo, ogni loro movimento in campo,
per poi pensare quale può essere il loro apporto al gioco della nazionale. La gente
ci sovrappone al Barcellona - ed è logico avendo Xavi, Iniesta e Busquet a centro-
campo - ma sono presenti anche tracce di altre squadre spagnole nel nostro
modo di fare calcio”.
Il cammino della Spagna nel mondiale era iniziato con uno shock: la scon-
fitta nella gara di esordio con la Svizzera. Xavi e compagni avevano vinto
tutte le partite di qualificazione e, così, questa inattesa caduta aveva posto
ognuno di loro, Vicente del Bosque in testa, davanti ad un fatto del tutto
nuovo da gestire: “Il calcio spagnolo si aspettava molto da noi in Sudafrica, co-
sicché quello è stato un momento difficile: ci ha messo addosso ansietà e qual-
che angoscia. Subito però, appena usciti dal campo e col pensiero già rivolto a
Honduras e Cile, nostri futuri avversari, abbiamo convenuto che non era proprio
il caso di puntare il dito per rimproverare questo o quello. Se qualcuno doveva
essere rimproverato, questi era ciascuno di noi. Ci siamo anche curati di memo-
rizzare gli elementi positivi della nostra prestazione e inoltre abbiamo inserito
questo risultato nel quadro di tutte le altre gare che ci hanno portato in Sudafrica.
Sapevamo che potevamo giocare meglio, ma non ho visto alcuna ragione per
fare grandi cambiamenti: con l’Honduras, ad esempio, mi sono limitato a ini-
ziare la partita con Torres ed a rimpiazzare Silva con Navas. La cosa più impor-
tante era ritrovare fiducia. L'abbiamo ritrovata contro l’Honduras e l’abbiamo
consolidata battendo il Cile. Un allenatore può essere un bel parlatore, ma ciò
che dice è più rilevante del modo in cui lo dice. Se si parla, dobbiamo avere argo-
menti convincenti. Il punto essenziale è stato quello di sottolineare che avevamo
il coraggio delle nostre convinzioni sullo stile di calcio che volevamo praticare: la
risposta è stata la successiva gara e tutto quello che è seguito. Si trattava solo di
giocare, non di discutere. La cosa peggiore, dopo quella prima delusione, sarebbe
stata quella di tornare negli spogliatoi e dire che il gioco che ci aveva fin lì ac-
compagnato non era valido. Bisogna restare fedeli alle proprie idee. Penso che
l'allenatore debba trovare una giusta misura in quello che dice e debba trasmet-
tere le sua fermezza in certi criteri. Sono dell'avviso che se si esagera nei nostri di-
scorsi, si corre il rischio di dire una cosa un giorno e un'altra differente il giorno
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CALCIO INTERNAZIONALE
dopo. Io sono stato agevolato dal fatto di avere un gruppo di persone formida-
bili, in grado di comprendere facilmente i messaggi”.
Con questo gruppo, Vicente del Bosque ha passato cinquanta giorni insieme
prima di alzare, insieme, la Coppa del Mondo: “Cinquanta giorni sono tanti,
sono lunghi e noi abbiamo avuto la fortuna di non avere né problemi né contra-
sti. Questo dice tutto di un gruppo di veri uomini di sport, tutti molto generosi, con
attitudini fortemente positive. Una buona armonia e lo spirito di squadra non
bastano per vincere le partite: questi valori ci devono essere indipendentemente
dai risultati. Ho avuto un gruppo di 23 eccellenti giocatori e di 23 eccellenti per-
sone. Tutti insieme abbiamo trasformato quei cinquanta giorni in un’esperienza
ogni giorno piacevole e via via entusiasmante”. Nella gestione di un così pre-
zioso patrimonio, Vicente del Bosque sembra rifarsi anche a una precisa ere-
dità del suo predecessore, Luis Aragonés, relativa al rilievo dell’apporto dei
cosiddetti ‘capitani’, così chiamati da quest’ultimo: “Il mio proposito, in linea di
principio, è di trattare tutti i giocatori in maniera uguale. Ma forse questo non av-
vantaggia alcuni perché un gruppo comprende abitualmente elementi con mag-
giore esperienza, con ‘qualità di capo’, di solito quelli con più presenze in nazionale,
e con doti naturali di guida. Si cerca comunque di sfruttare queste risorse e di ot-
tenere le migliori risposte nelle varie contingenze sia a livello individuale che col-
lettivo. Do molta importanza alle relazioni umane e se queste sono buone significa
fare un bel passo verso il successo. Le partite si decidono spesso in base a piccoli
dettagli: ricordo che in Sudafrica non abbiamo vinto nessuna partita con un
grande scarto. I valori umani sono importanti per reagire alle situazioni serrate,
compresse. La chiave è fondere le qualità individuali con uno stile di gioco ben or-
ganizzato e strutturato: è ciò che abbiamo tentato di fare in Sudafrica e che ten-
teremo di fare in futuro”. “Se si conosce soltanto il calcio, si va poco lontano”, ha
sentenziato un allenatore, creando una suggestione nella quale Vicente del
Bosque ha dimostrato felicemente di muoversi e che lo avvolge a tal punto
da richiamare antiche fedeltà e influenze: “Ho avuto la fortuna di giocare sotto
la conduzione di alcuni bravissimi tecnici, spagnoli e stranieri, che mi hanno in-
segnato quanto era importante avere altre qualità oltre quelle calcistiche. Essi
avevano conoscenze in altri campi ed ho via via scoperto quanta cultura in più
sia necessaria per essere veri protagonisti nel calcio. Ho in particolare quattro de-
biti di riconoscenza. I primi due rimandano a Milijan Milijanic e Vujadin Boskov,
entrambi jugoslavi ma differenti l’uno dall’altro, originalissimi nel loro modo di es-
sere tecnici proprio anche per la dimensione della loro preparazione. Erano più
che degli allenatori: erano persone preparate su tanti piani dell’esistenza e del sa-
pere. Al loro confronto, io mi sento soltanto un tecnico e niente di più. Gli altri due
debiti mi riconducono a Miguel Munoz e Luis Molowny. L’importanza di quest’ul-
timo, meno conosciuto sul piano internazionale, è presto detta: è stato colui che
ha fatto nascere e stimolato il mio desiderio di diventare allenatore. Anzi, devo
dire il ‘nostro’ desiderio, perché se si guarda al Real Madrid di quegli anni (Vicente
del Bosque vi ha giocato dal 1970 al 1984 ndr), troviamo calciatori come
Camacho, Garcia, Remon che, a contatto con un simile maestro, hanno trovato
le prime motivazioni per intraprendere a guidare a loro volta una squadra.
Sono questi i quattro maggiori riferimenti della mia formazione e sono felice che
due di essi si identifichino con tecnici venuti da un paese diverso dalla Spagna
perché credo fermamente che, nel nostro lavoro, non esistano frontiere.
Ci possono essere buoni o cattivi allenatori, ma questo non ha niente a che ve-
dere con il paese in cui si è nati”. Tanto Real Madrid, dunque, nella formazione
e nella carriera di Vicente del Bosque anche come tecnico, per un protratto
cammino di vertice sfociato sulla panchina della nazionale prima nel mondo.
Un passaggio che induce a un confronto: “Io mi sento perfettamente a mio
agio nel mio ruolo di guida della Spagna, anche se penso che i migliori risultati
arrivino quando giocatori e allenatori si conoscono bene a vicenda. Con una
squadra nazionale si ha evidentemente meno tempo per farlo perché ci sono
meno contatti, mentre in una di club, dove ci si conosce molto bene, a volte basta
un’occhiata per trasmettere messaggi, anche se il contatto quotidiano può dar
luogo a maggiori frizioni e conflitti. In nazionale, in fondo, il solo ‘conflitto’ deriva
dal fatto che si hanno 23 giocatori e soltanto 11 possono andare in campo. Basta
pensare a chi avevo in panchina: Silva del Manchester City, Torres del Liverpool,
Cesc dell’Arsenal. Ciò chiaramente può porre ostacoli. Ma devo dire che, sia come
allenatore del Real Madrid sia della nazionale spagnola, ho avuto abbastanza
fortuna per non andare incontro a gravi difficoltà. Mi sono via via reso conto che,
in linea generale, più il giocatore è grande, meno crea problemi”.
Semplice, umile, gentile, rispettoso, positivo, saggio. Infine, vincente.
È il modo di essere uomo e allenatore di Vicente del Bosque, che si congeda
così: “Esprimo solo un auspicio, un desiderio per il futuro: vorrei che allenatori e
giocatori non parlassero degli arbitri. So benissimo che viviamo in paesi dove la
libertà di parola è sacrosanta, ma sono altrettanto convinto che giudizi ed espres-
sioni su chi è chiamato a far rispettare le regole del gioco facciano male a tutto
il nostro calcio”.
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Il gioco del calcio, il più bello del mondo.
Nato in Inghilterra attorno alla metà dell’Ot-
tocento è sempre rimasto uguale con le sue
regole e i suoi entusiasmi; è per questo che
desta tanto interesse ed anche i ragazzini rie-
scono a seguirlo con semplicità.
In molti si è provato a modificarlo: noi allena-
tori con tattiche nuove, i preparatori atletici
rinforzando oltre misura la potenza, la prepa-
razione fisica; ma alla fine il gioco di palla ha
sempre avuto la meglio. Il calcio è il calcio, e
dei fuoriclasse lo rendono unico.
Negli ultimi anni però qualcosa è avvenuto in-
troducendo cose nuove che hanno in parte
stravolto questa regolarità.
Su tutte, la televisione e la tecnologia. La televisione, con la moviola, oltre
a mettere in risalto e garantire il valore di certe azioni, di certi tiri e di gol
bellissimi, ha alimentato polemiche veramente dannose proponendo fino
all’esasperazione la regolarità di un tiro, la posizione di un giocatore, la svi-
sta di un arbitro, dando così corpo a discussioni a non finire che si protrag-
gono per giorni interi.
Da ciò ecco nascere varie proposte di moviola in campo, di telecamere
sulle porte, e così via. Platini, presidente dell’Uefa, contrario alla tecnologia,
in un recente suo discorso ha ipotizzato la soluzione - da adottare per il
momento solo in alcuni tipi di gare - di aggiungere due uomini di porta:
due arbitri che andrebbero ad aggiungersi ai tre già proposti ora.
La soluzione parrebbe semplice, ma sarà possibile trovare tanti arbitri va-
lidi, e in tutto il mondo?
Intanto anche la Fifa, dopo anni di discussioni e di rinvii sembra orientata
a sperimentare il sistema di telecamere con sensori per i gol fantasma.
È un passo avanti? Al momento è difficile dirlo, vedremo con l’applicazione
sul campo.
CALCIO FRA PASSATO, PRESENTE E FUTURO
di Azeglio Vicini*
IL GIOCO PIÙ BELLO DEL MONDO MA LA TECNOLOGIA INCALZA
*Dirigente benemerito FIGC, ex Commissario tecnico azzurro ed ex Presidente del Settore Tecnico
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di Marco Viani*
UEFA NEWS
Tanti entraineurs, trainer, entrenadores, coaches, treinadores, mister, prof,
e così via, chiamati a raccolta in due distinti e ravvicinati incontri, svol-
tisi rispettivamente a Madrid, nella sede della federcalcio spagnola, e a
Nyon, nella sede dell’UEFA, che li ha entrambi promossi.
Protagonisti, nel primo caso, i commissari e i direttori tecnici delle nazionali
europee riuniti per la loro nona conferenza, mentre nel secondo caso sono
stati gli allenatori dei club di élite del vecchio continente a dar vita al loro do-
dicesimo forum. La pubblicazione “The Technician” ne riporta nel numero 47
un ampio resoconto che riteniamo utile far conoscere con dovuta sintesi.
Organizzata per la prima volta nel 1994, la conferenza ha sempre avuto ca-
denza biennale, a distanza di due anni dalla Coppa del Mondo o dal Cam-
pionato europeo. Nel 2010 si è tenuta appena tre settimane dopo il forum
di Nyon con conseguente inevitabile intreccio di analisi, tematiche, rilievi.
Imprescindibile il comune campo di studio: il mondiale e l’ultima Cham-
pions League, quella vinta dall’Inter.
A “aprire i giochi” un’osservazione di Pep Guardiola registrata nel corso
del forum, significatamente condivisa dai partecipanti alla conferenza di
Madrid, riguardante il comportamento della Germania nel mondiale su-
dafricano: “I tecnici tedeschi hanno avuto il coraggio di applicare un tipo di
gioco che si è allontanato da quello tradizionale”.
Parole che trovano conferma in quelle di Joachim Loew, primo responsabile
sulla panchina dei terzi classificati in Sudafrica: “Dopo l’Europeo 2004, in pro-
spettiva Coppa del Mondo 2006, abbiamo deciso di lavorare su un nuovo stile di
gioco, con un effettivo molto giovane. Uno stile basato sul possesso del pallone,
sull’impostazione del ritmo, sul dominio della gara, con una maggiore vocazione
all'attacco e una maggiore assunzione di rischi.
Dovevamo farlo anche perché avremmo giocato quel mondiale davanti al no-
stro pubblico. Quando poi la nostra Under 21 ha vinto il Campionato d'Europa
in Svezia nel 2009, abbiamo capito che alcuni giocatori avevano non soltanto
il talento ma anche la maturità per essere inseriti in squadra A e quindi erano
in grado di assumersi più elevate responsabilità”.
*Collaboratore Settore Tecnico FIGC
I TECNICI EUROPEI “LEGGONO” L’ULTIMO MONDIALE
Pep Guardiola
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Manuel Neuer, Tennis Aogo, Sami Kedhira, Mesut Ozil, Jerome Boateng e
Marko Marin sono stati promossi da Joachim Loew nella nazionale mag-
giore soltanto un anno dopo aver giocato in Svezia, mentre Toni Kroos,
Thomas Muller e Holger Badstuber, ancora più giovani, hanno incarnato
la nuova filosofia di gioco che ha dato vita ad un calcio offensivo e spetta-
colare, ampiamente meritevole del terzo posto ottenuto in Sudafrica.
Sistemi di gioco
Dai lavori della conferenza di Madrid è emerso che, nell’ultima Coppa del
Mondo, il sistema 4-2-3-1 è stato adottato da 12 squadre, mentre in Cham-
pions League 2009-10 a questa stessa impostazione avevano fatto ricorso
8 formazioni su 16. Altri numeri riflettono una diversità di comportamenti
in queste due competizioni: in Sudafrica 10 squadre su 32 hanno spesso
privilegiato il 4-4-2, mentre soltanto 2 in Champions League; 6 hanno op-
tato per il 4-3-3, come in quest’ultima. Alcune selezioni non europee
hanno presentato una difesa a tre. Nella Coppa del Mondo 2002, era stato
il 40% delle squadre a scegliere questo tipo di difesa, che si è via via rare-
fatto nelle ultime edizioni della Champions League, tanto che nessuna
delle 16 formazioni dell'edizione 2009-10 ha adottato questa formula.
La metà delle squadre presenti in Sudafrica ha iniziato con un attaccante di
punta, contro l'85% in Champions League. Gli attaccanti hanno tuttavia se-
gnato il 53% delle 145 reti del torneo mondiale. D’altro canto, la tendenza a
optare per due centrocampisti recuperatori si è consolidata, con una percen-
tuale del 65%, corrispondente ai valori della Champions League. Da registrare
comunque una certa varietà nella personalità dei giocatori impiegati in que-
sta posizione. La coppia spagnola Sergio Busquets-Xabi Alonso, per esempio,
contrasta con quella formata da Javier Zanetti e Esteban Cambiasso nell'Inter
regina d’Europa dopo la vittoriosa finale di Madrid contro il Bayern Monaco.
Il ricorso sempre più frequente ai due centrocampisti recuperatori, dalla
collocazione ben definita e, generalmente, dalle priorità difensive, ha ac-
cresciuto la domanda di difensori laterali chiamati a muoversi da un’area
all’altra. In Champions League, due di questi - Maicon dell'Inter e Holger
Badstuber del Bayern Monaco - sono stati i principali autori di centri evi-
Joachim Loew
Carlos Dunga
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UEFA NEWS
denziando una costante confermata nel mondiale sudafricano dove gio-
catori come Sergio Ramos (Spagna), Philipp Lahm (Germania) e Giovanni
van Bronckhorst (Olanda) hanno contribuito in maniera significativa alle
offensive collettive delle rispettive squadre. Il Rapporto tecnico dell’UEFA
sulla Champions League 2009-10 ha indicato tra gli esempi più lampanti
di difensori laterali polivalenti quelli di due brasiliani: Maicon e Daniel Alves
del Barcellona. Il fatto che questi due giocatori si muovano sul lato destro
del campo ha indotto Carlos Dunga a schierarli in contemporanea in na-
zionale, attribuendo una posizione più avanzata a quest’ultimo.
Le vie del gol
Nell’ultima Coppa del Mondo sono state segnate 145 reti, contro le 147
dell'edizione precedente, per una media di 2,27 a partita; 2,56 invece in
Champions League. Il 23% è scaturito da palla inattiva (26% in quest’ul-
tima). 26 gol sono stati realizzati da fuori area. In Champions League, que-
sto genere di conclusioni vincenti ha fatto registrare un aumento del
28%. Ciò si può spiegare con la necessità di rispondere a blocchi difen-
sivi ‘bassi’ e con la crescente volontà di far breccia dalla distanza.
I rapidi contrattacchi hanno prodotto il 25% delle reti risultanti da azioni di
gioco, contro il 27% in Champions League e il 46% nell'Europeo 2008.
In queste tre competizioni, la capacità di lanciare veloci controffensive si è ri-
velata un'arma talmente efficace da non poter non far parte dell'arsenale
delle migliori squadre. In Sudafrica, Germania e Brasile sono stati i maestri in-
contrastati in questo campo, seguiti dalle finaliste Spagna e Olanda. “Questa
componente del gioco spagnolo è spesso sottostimata”, ha commentato Joa-
chim Loew nella conferenza di Madrid, per poi aggiungere: “Non bisogna di-
menticare che la Spagna è stata la migliore squadra dal punto di vista difensivo,
con buoni meccanismi di recupero del pallone uniti alla capacità di produrre
transizioni in cinque, sei secondi. Per lanciare dei contrattacchi efficaci occorre
una reazione istantanea in termini di movimento”.
Questo comportamento di offesa è venuto sempre più a caratterizzare lo
svolgimento della Champions League, fino a far registrare, nell’edizione 2005-
Carlo Ancelotti
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06, il 40% delle realizzazioni. Una graduale diminuzione di questa incidenza
si deve alla messa a punto di meccanismi per "contrastare i contrattacchi".
Si può ben pensare che, in Sudafrica, squadre come le due finaliste, ben
coscienti di lasciare spazi alle loro spalle, abbiano lavorato molto per ri-
durre la loro vulnerabilità in caso di perdita del pallone, perfezionando e
oliando ogni ingranaggio della loro macchina. Al forum di Nyon, Carlo
Ancelotti ha dichiarato: “Abbiamo chiaramente constatato come la Spa-
gna, pur con molte pedine in avanti, non abbia subito troppi contrattacchi”.
Individualità e carattere
Sia a Madrid che a Nyon ci si è chiesto perché certi giocatori dai quali, nel
mondiale, ci si attendeva molto, non siano riusciti a imporsi. Messa da parte
la fatica di fine stagione, i tecnici europei sono arrivati a mettere l’accento sul
peso delle attese, tale da alzare barriere psicologiche e creare alti livelli di
stress. A riprova, come ha riferito uno di loro, l’ammissione da parte di alcuni
giocatori, anche molto navigati sul piano internazionale, di non aver mai sen-
tito una simile tensione prima. Ciò, tuttavia, non sembra aver penalizzato
singoli valori e inibito personali colpi vincenti. In questo senso il mondiale ha
confermato un rilievo del Rapporto tecnico dell'Uefa sulla Champions Lea-
gue 2009-10 relativo all’imprescindibilità di certi spunti individuali per avere
la meglio su difese apparentemente insuperabili. Visto alla vigilia come tea-
tro per mettere in risalto le virtù collettive, il torneo sudafricano ha disatteso
questa aspettativa, come attesta il 23% delle reti risultante da azioni indivi-
duali (26% in Champions League). Esplicito al riguardo Andy Roxburgh:
“Spesso sono stati singoli lampi di genio ad aver fatto la differenza”.
Talento personale, isolate prodezze, concentrazione, rapide transizioni, vo-
lontà di vincere figurano tra i fattori che possono rivelarsi decisivi in un tor-
neo finale intenso e di breve durata come quello rappresentato dall’ultimo
atto di un mondiale. Questo campionario non è tuttavia completo se non
comprende un’ulteriore componente: la capacità di recuperare. Basta pen-
sare alla Spagna di Vicente del Bosque: la prima squadra capace di vincere
il titolo dopo aver perso la prima partita. Joachim Loew si è ritrovato in una
situazione simile dopo la sconfitta della sua Germania con la Serbia:
“Questo insuccesso ha creato tensioni e un’enorme pressione, ponendo tutti
noi di fronte al compito di dover alleggerire ogni cosa”.
Si può dunque rimediare tra una partita e l’altra, come pure nel corso di una
stessa gara, anche se in Sudafrica poche squadre sono state capaci di farlo.
Soltanto tre formazioni - tutte europee - sono infatti uscite vittoriose dal
campo dopo essere state in svantaggio per uno a zero, mentre in Cham-
pions League 2009-10 le squadre che hanno vinto dopo aver concesso la
prima rete sono arrivate al 14,4%.
A volte, comunque, i momenti e i gesti decisivi non hanno niente a che ve-
dere con la preparazione mentale, fisica e tattica messa a punto dagli alle-
natori. Quando gli è stato chiesto quale ricordo avrebbe conservato del
mondiale, Bert van Marwijk, tecnico dell’Olanda, ha risposto: “Vedere il tiro
di Arjien Robben deviato dall’alluce di Casillas. La differenza dipende, a volte, da
un centimetro: un niente ti può permettere di vincere o perdere un titolo”.
Gli aveva fatto eco Roy Hodgson, tre settimane prima, intervenendo nel
forum di Nyon: “Su trent’anni la fortuna può equilibrarsi. No, in una edizione di
Champions League o di Coppa del Mondo”.
Primato della Champions League
Alla conferenza di Madrid hanno partecipato i rappresentanti delle 53 fede-
razioni riunite dall’UEFA, mentre il forum di Nyon ha raccolto 17 allenatori di
squadre di élite europee, chiamati ad una analisi delle competizioni inter-
club 2009-10 e segnatamente della Champions League, considerata la mas-
sima materia di riferimento. In linea, nonché di suggestivo impatto, l’esordio
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Bert van Marwijk
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di José Mourinho: “L’allenatore esce sempre migliorato da questo torneo,
sia che vinca sia che perda”. “Nessuna competizione supera la Champions
League sul piano della velocità e dell’intensità di gioco”, ha sottolineato a
sua volta Claude Puel, allenatore dell'Olympique Lione, che ha ag-
giunto: “Le transizioni sono diventate più rapide e i meccanismi di recu-
pero del pallone sono molto efficaci”.
Alex Ferguson ha lui stesso riconosciuto, pur riferendosi al periodo re-
lativamente breve delle ultime due-tre stagioni, come la velocità dei
contrattacchi sia aumentata, mentre Martin Jol si è domandato se, con
la tendenza a schierare due mediani recuperatori, non si corra il rischio
di dividere le squadre in due: una unità difensiva di sei giocatori e una
offensiva di quattro.
Roy Hogdson ha ricordato la difficoltà sempre più grande per i talenti
di brillare in formazioni sempre meglio organizzate. “Può darsi che le
individualità diventino meno decisive in Champions League e in Coppa
del Mondo”, ha commentato Carlo Ancelotti, “perché le squadre più com-
petitive sembrano le più collettive e le più compatte”. Thomas Scaaf ha
osservato: “Credo che in Bundesliga siano stati i talenti individuali del Ba-
yern Monaco a fare la differenza. Nella finale di Champions League si è
invece potuto vedere come l’Inter abbia saputo gestire questo aspetto con
maestria. Il titolo vinto dai nerazzurri è da ascrivere più alle loro virtù col-
lettive che al loro talento individuale”.
Alex Ferguson ha rimarcato che “nella fase a eliminazione diretta della
Champions League bisogna studiare gli avversari con più attenzione ri-
spetto a quanto avviene nelle competizioni nazionali”, per poi aggiun-
gere: “Ci sono differenti culture da tenere in conto e le preparazioni
tattiche devono essere più intense perché, lo sappiamo, a questo livello
un dettaglio può fare la differenza. Bisogna fare attenzione a non perdere
per mancanza di conoscenza”.
Queste ultime osservazioni ne hanno stimolate altre. José Mourinho ha
stimato che l'analisi della squadra avversaria può condurre a una foca-
lizzazione troppo marcata sulla medesima e a una perdita di identità
della propria.
Altri fattori, come la paura di perdere, possono impedire alle formazioni
di esprimersi concretamente. Ha rivelato un allenatore a Madrid, prota-
gonista nel mondiale sudafricano: “Nel primo tempo ho visto la mia squa-
dra e non ho riconosciuto i miei giocatori. Nell'intervallo, la mia priorità è
stata di convincerli ad essere loro stessi”.
L’ultima osservazione ha coinciso con un rilievo di Thorsten Fink, al-
lenatore del FC Bale: “Bisogna incoraggiare i giocatori a esprimersi e a
non perdere di vista l'aspetto ludico”, convalidato dal giudizio di un altro
tecnico: “I giocatori hanno piacere quando sono incoraggiati a praticare
il loro calcio”.
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UEFA NEWS
José Mourinho
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