affari di gola - dicembre 2012 gennaio 2013

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Supplemento al n. 45 de “La Rassegna” del 13 dicembre 2012 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - 2,60 dicembre 2012 IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO Gli chef stellati: «Ecco la ristorazione che verrà»

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in rassegna sapori, gusti e piaceri del territorio bergamasco

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0dicembre 2012

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

Gli chef stellati:«Ecco

la ristorazioneche verrà»

a TREVIGLIO

presso il

Polo Tecnico Professionale Industriale

“Oreste Mozzali”

AZIENDA BERGAMASCA FORMAZIONE - Azienda speciale della provincia di Bergamo

Corso triennale di

Con possibilità del quarto anno di specializzazione

Corso triennale OPERATORE DELLA RISTORAZIONE

PREPARAZIONE PASTI

4° anno TECNICO DI CUCINA

L’operatore dell’area ristorativa è in grado di gestire in collaborazione con gli altri, le fasi più semplici dei processi che portano alla produzione e vendita di alimenti nella piccola, media e grande impresa ali-mentare, basandosi su capacità tecniche e relazionali e rispettando la normativa vigente sulla sicurezza del lavoro e sull’igiene alimentare.

Il diploma di qualifica del quarto anno, equivalente al diploma di Tecnico Europeo di II Livello, attribui-sce la qualifica di cuoco, consente di avviare un’atti-vità imprenditoriale, dà la possibilità di iscriversi al successivo 5° anno e, previo superamento dell’esa-me di Stato, di accedere a tutte le facoltà universita-rie.

Per informazioni chiamare il numero 035 3693710, visitare il sito www.abf.eu o inviare una mail a [email protected]

DICEMBRE 2012 / GENNAIO 2013

www.affaridigola.itSOMMARIO

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PENNA ALL’ARRABBIATALa clamorosa retromarcia di Vissanismaschera i furbetti del padellino

SCENARIGli chef stellati:«Basta piatti complicati»

L’INTERVENTORota: «Troppo spesso soli, un appello a chi non sostiene il Consorzio Valcalepio»

L’INTERVISTACotarella: «Sarà il clima la nuova sfida per il mondo del vino»

LA CLASSIFICALa Baita del Formaggio: «Ecco i formaggi da Oscar»

IDEERegali, con la crisi vincono il fai da te e il ricettario di famiglia

IL RISTORANTEK2, tutto il sapore della montagna

L’ITINERARIOChiuduno, non solo vino

STORIEQuei teenager con la passione per la terra

Direzione e Redazione: La Rassegna S.r.l. via Giorgio Paglia, 26 - 24121 Bergamo - tel. 035 213030 - fax 035 224572 - [email protected] - Direttore responsabile: Giuseppe Ruggieri - In redazione: Anna Facci - Opinionista: Pier Carlo Capozzi - Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 24125 Bergamo - Presidente: Ivan Rodeschini - Pubblicità: La Rassegna srl - via Paglia, 26 - 24122 Bergamo - tel. 035 213030 - fax 035 224572 - [email protected] - Abbonamenti: www.larassegna.it - tel. 035 4120304 Registrazione Tribunale di Bergamo - N° 48 del 22 novembre 2001 - Collaboratori: Lara Abrati, Leo Bartoli, Marco Bergamaschi, Laura Bernardi Locatelli, Michela Brivio, Fulvio Facci, Riccardo Lagorio, Roberta Martinelli, Lelia Parisi, Rossana Pecchi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani, Giordana Talamona, Donatella Tiraboschi - Impaginazione: Videocomp, Bg - Stampa: Litostampa Istituto Gra co, Bg

4R, Alimentari Moretti, Antica Trattoria Breve Respiro, Azienda Bergamasca Formazione, Casa Arrigoni, Il Cipresso, Loipoll, Metalfrigor Arredamenti, Mobili cio Fattorini, Punto Automatico, Ristorante StellaI NOSTRI INSERZIONISTI

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Q U A T T R O E R R E

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“Signori abbiamo scherzato” La clamorosa retromarcia

di Vissani smaschera i furbetti del padellino

L eggendo la notizia, recentissima, della presentazio-ne del suo ultimo libro (in realtà un cofanetto che ne contiene tre, intitolato “L’altro Vissani”, 49,90 euro

e passa la paura), da supponenti quali ogni tanto ci tocca essere, ci siamo chiesti: “Ma fosse mai che il grande ma-estro di Baschi abbia dato una sbirciatina ad Affari di Gola?”E, considerando la sua meritoria campagna a favore del nostro Stra-chitunt, che lui considera il miglior formaggio italiano, e le sue frequen-ti capatine nelle nostre valli, l’ipotesi potrebbe non essere del tutto campa-ta in aria.Il cofanetto di Vissani, infatti, rappre-senta un forte richiamo alle ricette fa-miliari, un richiamo che ricorda molto da vicino una nostra iniziativa a favore della cucina della nonna, dove chiede-vamo a gran voce che ne avessero fat-to le polpette, le cotolette alla milanese, la pasta al forno e via elencando.È n troppo evidente che, al di là di un -lo di speranza, Gianfranco Vissani non si sia ispirato per niente ai nostri scritti né dovesse averne bi-sogno: il fatto però che un grande innovatore come lui, con un pizzico di ritardo, si ritrovi sulle nostre posizioni, franca-mente ci inorgoglisce un pochino.Perché, al netto degli invidiosi, Vissani resta un grande del-la storia della nostra enogastronomia più recente: ricordo quanto diventasse famelica la lettura della sua recensione sulla Guida de L’Espresso. Perché noi, Vissani, abbiamo im-parato a conoscerlo lì.Ed è stato un grande colpo per quella Guida, una splendi-da scoperta di Federico D’Amato, abile come nessun altro ad esaltare il genio di questo cuoco senza maestri e senza radici, capace di accostamenti impensabili: La minestra di broccoletti al gambero ed al moscato, L’agnello delle colli-ne alla torta di nocchio, La faraona al sugo di gamberi, La gelatina fresca di pistacchio al cioccolato. Adesso, però, il maestro ha cambiato idea: “Basta con la cucina spettacolo, torniamo ad un buon piatto di Bucatini

all’amatriciana. Abbiamo fatto allontanare la gente dai ri-storanti, anch’io ho avuto le mie colpe. Ora è arrivato il mo-mento di tornare agli anni Cinquanta, alla cucina del terri-torio, ai piatti semplici, magari un po’ alleggeriti. È il frutto di 25 anni di viaggi per l’Italia, meglio di quelli dell’Artusi”.

Oddio, forse varrebbe la pena di ricor-darsi di Mario Soldati, in quanto a viag-gi, enogastronomia ed Italia, ma resta il fatto che, arrivati a questo punto del-la corsa, signori, si deve scendere per-ché il macchinista ha cambiato idea.È vero che la storia (quindi anche quella dei fornelli) è piena zeppa di corsi e ricorsi, però questi cambia-menti spericolati di itinerario, que-ste improvvise quanto inattese retro-marce, soprattutto se compiute da un grande che riconosciamo tale, ci lasciano parecchio perplessi.Con la “nouvelle cuisine” andò esattamente allo stesso modo: stanchi delle proposte che si ripe-tevano alla noia, degli stessi ingre-

dienti che uscivano dalla porta e rientravano dal-la nestra, i nostri cugini d’Oltralpe s’inventarono le ricette più leggere (troppo più leggere, non si pranzava più…), sce-nogra camente attraenti, con verdure e sapori mai provati.La cucina novella fu una rivoluzione, ma, come spesso ac-cade, a fronte di un rinnovamento in dispensa e nelle ricet-te, ci furono troppi che la utilizzarono così male che nì per implodere su sé stessa. E quando Paul Bocuse, un altro grande, ne sancì la ne ingloriosa, noi salutammo l’even-to con una pernacchia al cerfoglio. Con Vissani ci pare che la storia (corsi e ricorsi) si ripeta: i golosi di tutt’Italia sono sconcertati da chimica, spume ed esperimenti estremi, ma anche da forzature e abbinamenti che non tutti hanno la padronanza e la professionalità di proporre al meglio e che cominciano a non pagare più.Gianfranco ha quindi detto stop e vuol tornare alla Parmi-giana di melanzane. Abbiamo una notizia anche per lui. Noi non l’avevamo mai abbandonata. [email protected]

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di Pier Carlo Capozzi

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dicembre 2012

Gianfranco Vissani

e dif coltà che la ristorazione sta vi-vendo le sintetizza bene Gualtiero Marchesi, che al settore preferisce di-re di «tenere duro, non perdere di vista i propri obiettivi e continuare a battersi con coraggio», piuttosto che azzarda-re ricette, consapevole che le sorti del comparto dipendono in larga misura dall’andamento economico del Paese. Una visione comune sulla strada che la cucina e la ristorazione sono chia-mate a intraprendere emerge invece dagli altri grandi chef lombardi presen-

ti a Pianeta GourMarte, la nuova mani-festazione dedicata all’enogastrono-mia organizzata dalla Promoberg nel primo ne settimana di dicembre. Fine anno, tempo di bilanci e di pro-getti per l’anno nuovo, tanti eccellenti nomi della cucina italiana riuniti nel-lo stesso padiglione, insomma, l’oc-casione giusta per un giro d’opinioni e orizzonti. Due le domande per tutti: quale augurio, inteso anche come li-nea di condotta, per il nuovo anno al settore e quale errore non dovrebbe

mai essere commesso da uno chef o un ristoratore. Gli “stellati” non hanno dubbi: occorre un passo indietro, non farsi ingannare (né ingannare i consu-matori) dalla ricerca dell’innovazione a tutti i costi, dalle tendenze che spes-so non portano sostanziali novità, dal desiderio di guadagnare consensi solo mediatici. La cucina e l’ospitalità devo-no poggiarsi invece sulla concretezza che viene dalla natura, sul valore del nostro patrimonio enogastronomico, su sapori reali.

di Anna Facci

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I grandi della cucina non hanno dubbi su come dovrà essere la ristorazione nel nuovo anno: concreta, facilmente leggibile,capace di valorizzare il buono che regala la natura e la nostra cultura gastronomica. Stop alla ricerca delle innovazioni a tutti i costi: secondo loro, infatti, il consumatore oggi cerca sicurezza e chiarezza

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Gli chef stellati: «Basta piatti complicati»

SCENARI

In una precedente intervista ad Affari di Gola si era de nito “un uomo di campagna”, non stupisce, quindi, che Giovanni Santini, terza generazione ai fornelli del “tristellato” Ristorante dal Pe-scatore a Canneto sull’Oglio, accanto a mamma Nadia (prima donna in Italia ad aver ottenuto il più alto riconoscimento della guida Michelin), faccia riferimento alla concretezza come con-cetto guida per l’anno che verrà. «Il mio augurio – dice – è di ri-acquistare, qualora si fosse persa, la serenità che ci consente di sorridere e questo avviene se ci si riappropria del rapporto che ognuno di noi ha con la natura e le cose vere. Può bastare una

passeggiata sul ume per rendersi conto che le cose importan-ti non sono lontane da noi». Il suo è un dare peso a valori come il rispetto dell’ambiente, il corretto utilizzo delle risorse, prodotti buoni e sani. Del resto, cosa può esserci di più importante dell’a-ria che respiriamo, dell’acqua e del cibo che portiamo in tavola? «Per noi chef è ancora più facile appropriarsi e trasmettere que-sti concetti – prosegue – perché lavoriamo con i prodotti che la natura ci regala. Il benessere è questo, rendersi conto che quan-to meglio starà l’ambiente, tanto meglio staremo noi che ci vivia-mo e lavoriamo».

«L’ERRORE SAREBBE PERDERE IL SORRISO»Giovanni Santini

Il primo pensiero di Ezio Santin va ai giovani, «che possano avere la prospettiva di lavorare più in tranquillità», dice evidenziando probabilmente il punto più critico del dif cile momento economico del Paese, «del quale anche la ristorazione risente». Lo chef che ha dettato l’evoluzione della cucina italiana, dopo 36 anni di attività, ha da poco passato il testimone dell’Antica Osteria del Ponte a Cassinetta di Lugagnano, dove ha raggiunto le tre stelle Michelin (chiamandosi in seguito fuori dalle classi -che). Ancora alle prese con il mondo della ristorazione, mette in guardia dal rischio di «uscire dal seminato». «Dobbiamo rispettare i nostri valori gastronomici – afferma-,

abbiamo un patrimonio di cui tenere conto. È vero che la cucina deve ave-re uno sviluppo, ma oggi con la fusion si è creata un po’ troppa confusione, si è un po’ troppo condizionati di pro-dotti e dalle presentazioni orientali. Io ho avuto la fortuna di andare all’este-ro per promuovere la cucina italiana e posso dire che è molto apprezzata, al punto da soppiantare quella france-sce, di cui una volta eravamo conside-rati i parenti poveri. Le stesse tre stel-le conquistate da Bombana a Hong Kong lo testimoniano». E per ribadire l’autonomia della nostra cultura ga-stronomica rispetto a quelle stranie-re ricorda: «Parecchi anni fa, insieme con Gualtiero Marchesi, siamo stati in uenzati, per la verità non per molto

tempo, dalla nouvelle cuisine. In realtà abbiamo capito che non avevamo bisogno di rinnovare la cucina italiana perché era già molto fresca e leggera, aveva solo biso-gno di essere abbellita». Ribaltando in positivo il quesito sugli errori da non commettere, individua due capi-saldi: «Pensando a chi inizia, direi che occorre darsi una linea, costruirsi un’identità, un’impronta riconoscibile da portare avanti. Per tutti, invece, il valore guida deve esse-re l’etica professionale, ossia la serietà e il rispetto per il cliente. Signi ca anche but-tare un prodotto non all’altezza di essere servito, a costo di rimetterci, o trovare i modi migliori per far dimenticare una mancanza non voluta se un cliente non è soddisfatto».

All’insegna dell’andare al succo delle cose anche la risposta sull’errore che un ristoratore non dovrebbe mai commettere: «Non sorridere», afferma senza esitazione. «Non è una risposta ad effetto o semplicistica – spiega -. È vero che il momento è dif- cile, ma basta mettersi nei panni di chi esce a cena e non è dif- cile immaginare che voglia lasciare fuori almeno per quella se-ra i problemi. Pensate che preferirebbe essere accolto con da un viso imbronciato o da un sorriso? L’importante per chi fa il nostro mestiere è aprire la porta al mattino felici per quello che si fa, poi arriva tutto il resto». Un ragionamento che non fa una grinza. Nel caso servissero riprove, basta considerare le costanti performan-ce al top del locale nei giudizi della critica da almeno 25 anni.

«LA FUSION HA CREATO CONFUSIONE. RISPETTIAMO I NOSTRI VALORI GASTRONOMICI»

Fabio Barbaglini, nato a Desio nel ‘74, ha riaperto l’Antica Osteria del Ponte a Cas-sinetta di Lugagnano, portata no a gran-di vette da Ezio Santin del quale è stato allievo prima di sbocciare in una brillante carriera che gli ha già regalato una stel-la. Desideroso di avvicinare il pubblico al-la cucina d’autore, tiene a precisare che «parlare di una cucina nuova non vuol di-re far pagare poco o svendere, ma fare una proposta corretta, ricca di idee e al giusto prezzo». «Mi sono messo alla guida dell’Osteria del Ponte non perché doves-se essere un tempio nel quale venire ad osannare lo chef - spiega – ma per offrire qualcosa di pensato per gli ospiti. La mia scelta è stata quella di mantenere una parte di piatti storici, con relativi prezzi, e di organizzare al contempo la mia propo-sta con formule accessibili, come quella delle tre portate a 60 euro o del menù degustazione a 80. Credo che occorra riavvicinare un pubblico che si sta allon-tanando a causa di troppi bluff, di un rin-correre tendenze che hanno ben poco della vera novità».Per questo l’errore da non commettere è «prendere in giro il cliente, né sul con-to né sulle materie prime, né sui piat-ti». «Non ha senso indicare nella carta la provenienza delle materie prime o le tecniche di cottura – rileva Barbaglini -, sono elementi che dovrebbero essere

«TROPPI BLUFF. IL PUBBLICO SI PUÒ RIAVVICINARE CON UNA PROPOSTA PIÙ CHIARA»

Dal Pescatore

Ezio Santin

dicembre 2012

Fabio Barbaglini

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SCENARI

scontati, la base stessa della cucina. La chiarezza che viene richiesta oggi è sem-mai un’altra, quella di trovare nel piatto qualcosa di riconoscibile e buono. C’è bisogno di sicurezza, la gente oggi vuo-le mangiare il pollo, non un piatto pre-sentato con una terminologia tanto com-plessa da non capire cosa sia, serve una proposta più leggibile altrimenti preferi-rà andare negli agriturismo a sgranoc-chiare un coniglio di plastica. Credo che l’alta gastronomia debba essere fatta di sapori reali, da condire con una nota di innovazione».

Osteria del Ponte

Una risposta alla crisi che non ri-sparmia la ristorazione Chicco Cerea la trova nella manifesta-zione stessa in cui lo interpelliamo, la prima edizione di Pianeta GourMarte che ha fatto incontrare i big della cucina lombarda, e i loro piatti, con il grande pubblico. Lo chef che, con la famiglia al ristorante Da Vittorio a Brusaporto, ha portato Bergamo ai vertici dell’enogastronomia conquistando le tre stelle Michelin, fa gli onori di casa nel parterre di illustri colleghi. «È un evento che a suo modo ha voluto lanciare un messaggio di speranza, scacciare alcu-ne paure spesso ampliate dai media – dichiara -. Ha sollecitato la voglia di andare al ri-storante, di godere dei bei momenti e delle emozioni che la tavola può regalare. Per noi chef è stata l’occasione per farci conoscere anche da chi non era abituato alla nostra cu-cina». «È vero – prosegue -, il momento è dif cile, ma è proprio in questi casi che occorre impegnarsi di più, darsi da fare per promuovere qualcosa di nuovo. Ed è fondamentale fare gruppo. Non è la singola eccellenza, la cattedrale nel deserto, che può essere utile ad una città o a un territorio, ma la presenza di più locali che possono creare un circuito e richiamare l’attenzione su vasta scala». «L’errore da non fare? Sopravvalutarsi, essere supponenti come mi capita oggi di vedere in alcuni locali», risponde. «Tutti noi, chef e ristoratori, svolgiamo una bella professione e lo facciamo con caratteristiche e capacità professionali diverse. Tutto qui, non servono molti svolazzi. Serve più arrosto che fumo, tornare con i piedi per terra, essere più sem-plici, meno presuntuosi e la clientela non potrà che premiare questa impostazione». Una stoccata torna a darla alla stampa. «Spesso sono proprio i giornalisti – dice - ad esaspe-rare la ricerca del nuovo a tutti i costi e a far credere che il valore si misuri con l’impatto mediatico».

«IL PASSO FALSO?ESSERE SUPPONENTI»

Da Vittorio

Il suo rientro a Hong Kong è praticamente coinciso con la notizia della conferma del-le tre stelle sulla guida Michelin Hong Kong e Macao al suo ristorante “Otto e mez-zo”, che ha letteralmente bruciato le tappe arrivando al prestigioso riconoscimento nel giro di due anni. Umberto Bombana, originario di Clusone, è anche l’unico chef italiano ad averle ottenute all’estero, ma nel suo augurio alla ristorazione italiana per l’anno nuovo c’è poco glamour e molto cuore. «Il mio augurio è che si spenda più tempo attorno a una tavola – dichiara – che si apprezzi il piacere di condivide-re questi momenti, accompagnati da piatti ben fatti». L’errore da non commettere punta dritto alle motivazioni. «Il ristoratore e lo chef non dovrebbero mai avviare un’attività per semplice business – sottolinea -, ma per passione. Da que-sto deriva poi tutto resto, il rispetto delle materie pri-me, che devono essere di qualità, utilizzate nei piatti e del cliente per cui si pre-parano».

Pare proprio che la cucina italiana in Oriente continuerà a parlare bergama-sco. Umberto Bombana, che ha già por-tato il ristorante “Otto e mezzo”a Shang-hai nel febbraio di quest’anno, dalla prossima primavera sarà anche a Pechi-no con un progetto nuovo. Il ristorante si chiamerà Opera Bombana ed aprirà nel Business District della capitale cinese. A guidare la cucina ci sarà un altro chef bergamasco, Marino D’Antonio, di Cisa-no, dal 2006 in Cina e dal 2008 nella cucina del ristorante Sureño a Pechino, presto affermatosi tra le mete ambite della città. D’Antonio ha già cambiato ca-sacca e sta lavorando nel team di Bom-bana (era anche a Pianeta GourMarte) in vista della nuova apertura.

«GUAI AD APRIRE UN LOCALE SOLO PER BUSINESS»

Il “tristellato” approderà anche a Pechino In cucina un altro bergamasco

Otto e mezzo

Enrico Cerea

Umberto BombanaFabio Barbaglini

Umberto Bombana, a destra, con Marino D’Antonio

di Enrico Rota*

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dicembre 2012

entilissimo direttore appro tto della sua ospitalità per fa-re alcune considerazioni sui primi diciotto mesi alla guida del Consor-zio Tutela Valcalepio. Nel tracciare un bilancio di quanto siamo riusciti a fare, senza peccare di presunzione, possiamo ritenerci più che soddisfat-ti. Noi siamo i protagonisti della lie-ra produttiva enologica di Bergamo: esiste un congruo numero di impren-ditori vitivinicoli di primo livello, abili, coraggiosi e tenaci. Imprenditori che hanno costruito aziende di grande ef cienza, moderne, che non temo-no confronti con nessuno. Eppure, se non ci uniamo sotto un unico credo, rischiamo di essere come una voce nel deserto, chiara ma isolata. Ecco

perché, anche se è auspicabile so-stenere il pluralismo per mille ragioni, il proliferare di ulteriori associazioni o compagnie di amici, non può che rendere dispersiva la rappresentati-vità di tutto il comparto. Per i consu-matori, il Consorzio deve occuparsi di tutela e promozione; due cardini fon-damentali non solo per il comparto vitivinicolo, ma per tutti gli operatori che hanno a cuore il tessuto econo-mico locale. Troppe volte però siamo soli nel soste-nere, nei fatti, questo vitale concet-to. Capita di dimenticarci che se non difendiamo assieme questo nostro splendido territorio, tutto risulta va-no. Per noi, una rivoluzione silenziosa è iniziata. Un percorso unico che ha dato vita a situazioni che altre asso-ciazioni, molto più grandi e con risor-se ben diverse della nostra, non sono riuscite neppure ad immaginare. Ab-biamo dato una struttura operativa al Consiglio di Amministrazione e creato il “Circuito ospitalità Valcalepio”. Abbiamo costituito una Commissione Tutela che si occupa del controllo del-la qualità del Valcalepio sul mercato

e organizza apposite degustazioni, fatte solo da produttori, per

avere la possibilità di di-pingere un quadro pre-ciso e dettagliato del Valcalepio stesso sul mercato. Abbiamo si-glato un accordo con le Università di Mi-lano e Piacenza per la ricerca in viticol-

tura ed enologia e concretizzato una magg io re rap -

presentatività di tutte le aziende agli eventi del Consorzio. Molti hanno pu-re capito che senza il Consorzio non ci sarebbe né tutela né promozione del vino bergamasco. Mi piacerebbe ora condividere que-sti pensieri, chiedendo ai produtto-ri che non aderiscono al Consorzio il vero motivo della loro astensione e a chi invece vi appartiene se non è pos-sibile dare qualcosa in più. Sarebbe interessante sapere da alcune istitu-zioni se non meritiamo più attenzione e più sostegno per tutto ciò che abbia-mo fatto e che siamo in grado di fare. Sarei curioso pure di scoprire perché parte della stampa tende a elogiare molti vini basta che non siano berga-maschi, senza parlare di certe guide, che surrogandosi il diritto di valutare il lavoro altrui, ricercano solo sterili e faziose diatribe, ignorano poi gli insin-dacabili progressi dell’enologia ber-gamasca. Capisco perfettamente che gli interes-si personali hanno da sempre una loro logica, ma dobbiamo avere il coraggio, anzi il “carattere”, di cambiare, ricono-scendo una volta per tutte il valore di quelle persone straordinarie, capa-ci di imprese allo stesso tempo tanto semplici quanto sorprendenti, isolan-do ed emarginando in modo de nitivo coloro che solo per interessi economi-ci personali o per puro protagonismo, tutto vogliono meno che il bene comu-ne. Non mi rimane che ringraziarla per l’ospitalità e per quanto lei ha fatto in questi diciotto mesi, dimostrando che, se si vuole, tutto quanto ho raccontato è possibile. Grazie.

*presidente del Consorzio Tutela Valcalepio

G

“Troppo spesso soli. Ecco perché lancio un appello a chi non sostiene il Consorzio di Tutela”

Valcalepio

Enrico Rota

1010

di Giordana Talamona

L’INTERVISTA

“Sarà il clima la nuova sfi da per il mondo

del vino”

abbiamo incontrato a Milano, durante la presentazione del suo libro biogra -co “Quasi un ritratto”, edito da Città del Vino. Riccardo Cotarella, enologo e do-cente universitario, formatori alla scuo-la di Conegliano, è una vera autorità nel settore. Chiamato da decine di aziende, in Italia e nel mondo, come stimato wi-ne maker, Cotarella ha una visione ben precisa sull’importanza della ricerca e sulla straordinaria potenzialità del vi-no italiano che - afferma - “ha dei grossi vantaggi rispetto a quello francese”, ma è manchevole di quel sistema d’intenti condivisi, che al contrario “permette ai cugini d’Oltralpe di alzare barricate a protezione dei loro prodotti”. E in que-sto quadro si inseriscono, non ultimi, i cambiamenti climatici, vera incognita del futuro della viticoltura italiana. Al congresso nazionale di Assoenologi, nel giugno scorso, ha espresso preoc-cupazioni sul rischio di estinzione del merlot. Vuole dirci di più? “Non è tanto un rischio di estinzione della varietà, quanto la preoccupazione che il vitigno, a causa dei cambiamen-ti climatici, non riesca più a esprimersi qualitativamente al massimo. Il merlot è un vitigno che matura precocemente, ma se una volta dava risultati “regolar-mente eccezionali”, sia a livello qualita-tivo che quantitativo, oggi sta soffrendo

molto di questi sbalzi climatici. Le esta-ti torride degli ultimi anni, per esempio, hanno in uito non poco sulla sua cor-retta maturazione”. Quali vitigni si gioveranno dei cambia-menti climatici tuttora in corso? “Tutti quelli tardivi, che faticavano a ma-turare. Per fortuna, in Italia, si tratta del-la maggior parte dei nostri vitigni autoc-toni, come il Montepulciano, l’Aglianico, il Negramaro, il Gaglioppo, il Nebbiolo e molti altri. È chiaro che ci troviamo a vivere in un altro ambiente, rispetto al passato, quindi molte cose vanno rivi-ste grazie alla sperimentazione”. Cosa, nello speci co? “Una volta i terreni migliori erano quelli a sud-ovest, perché prendevano il sole dalla mattina al tramonto. Oggi, si cer-cano zone più fresche. Nel caso del Ver-mentino, ad esempio, non solo ha dato risultati eccezionali su una costa fredda come quella tirrenica toscana, ma an-che nell’entroterra, in Umbria”. Se il clima cambia, cosa rimane co-stante? “Il terreno. L’identità di un vino emerge più dal terreno che dalle caratteristiche del vitigno, per questo il concetto di au-toctoni o alloctoni non ha nessuna im-portanza. In Italia permane l’idea che uno stesso vitigno, impiantato a nord e a sud, darà gli stessi risultati, ma non è

così. Non solo. Ci sono vitigni impianta-ti da secoli nei nostri territori che danno dei vini mediocri e altri recentemente impiantati, grazie alla sperimentazione, che danno il massimo”. E l’uomo? “Ha avuto il cambiamento maggiore. Le nuove generazioni vogliono essere pronte ad occuparsi di vino, altrimenti non si spiegherebbe come mai così tan-ti giovani si iscrivano all’università, a vi-ticoltura ed enologia”. Se dunque no a quarant’anni anni fa il vino era, banalmente, un prodotto agricolo fatto dal contadino, oggi cos’è diventato? “Il vino è un prodotto della terra, quindi per certi versi mantiene ancora quella matrice, tuttavia grazie alla rivoluzione a cui abbiamo assistito in questi anni, in termini di conoscenze sul terreno, sulla vite, sui sistemi d’impianto e, non ulti-ma, grazie alle nuove tecnologie di can-tina, il vino è cambiato molto, qualitati-vamente parlando”. Eppure c’è chi ritiene che, con tutta questa tecnologia, si sia stravolta la natura. “Direi che è l’esatto contrario, più riu-sciamo a trasportare integralmente le caratteristiche di un prodotto dal terre-no al bicchiere, e più rispettiamo la na-tura. Nel passato non era così, ma non

L’

Parla Riccardo Cotarella, il grande wine-maker italiano: “I cambiamenti meteo stanno influenzando le produzioni. Il merlot, per esempio, sta soffrendo molto.

Meglio andranno i vitigni tardivi, come il Montepulciano, l’Aglianico,il Negramaro, il Gaglioppo o il Nebbiolo”.

“L’Italia è cresciuta, ma continua a pagare l’incapacità di fare sistema”

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dicembre 2012

perché le persone non volessero, ma per-ché non ne avevano i mezzi”. Cosa risponde, dunque, a chi afferma che produrre vini assolutamente perfetti, an-no dopo anno, faccia perdere loro un po’ di anima? “Dovremmo prima intenderci su cosa sia l’anima del vino. Per me è tutto ciò che può dare piacere. La stragrande maggioranza dei consumatori, oggi, vuole sentire il vino nella sua integrità, non come viene, vie-ne. Altre persone, al contrario, amano i vi-ni con quelle che noi de niamo “puzzette” anomale? Niente da dire, a ognuno la pro-pria scelta. L’unica cosa che conta, dopo aver bevuto un vino, è se piace o no. Da lì niscono tutte le elucubrazioni”. Cosa ne pensa dei vini biodinamici? “Vanno benissimo, ma mi permetto di fa-re qualche osservazione. Visto che non c’è ancora una legge che de nisce appieno la viticoltura biodinamica e biologica, occorre stare molto attenti alla serietà di certi pro-duttori. Sono quelli che hanno la “divisa da biodinamici” nello sgabuzzino, jeans strap-pati, maglietta a quadri e scarpe senza i lacci, che se la mettono ad hoc quando in-contrano i giornalisti. Oltre a quelli, ci sono i viticoltori seri che producono vini, consci che avranno caratteristiche ricollegabili al loro modo di condurre la vigna e alle tecni-che usate”.

E sul versante biologico ed ecososteni-bilità? “È un dovere. Dobbiamo assolutamente rispettare ciò che ci circonda, ma sempre attraverso la scienza e la conoscenza, al-trimenti rischiamo di attuare procedure sbagliate. Siamo sicuri, per esempio, che con trenta trattamenti di solfato di rame, rispettiamo l’ambiente? È un discorso lun-go, che meriterebbe una certa ri essione”. Venendo al mercato, come stanno i cugi-ni d’Oltralpe? “Non bene, stanno soffrendo quanto noi, se non di più, fatte salve quelle venti azien-de che rappresentano il top della produ-zione”. E noi? “Abbiamo dei vantaggi, in questo momen-to, rispetto alla Francia. La conformazione del nostro Paese, lungo e stretto, ci per-mette di avere un’enorme variabilità di ter-reni e di climi, con innumerevoli vitigni au-toctoni. Senza contare che possiamo col-tivare anche i loro vitigni, cabernet, syrah, merlot, producendo vini che mediamente non temono il confronto. I francesi, al con-trario, non possono coltivare i nostri vitigni, non hanno né le condizioni, tanto meno la mentalità. Hanno chiamato me, un italia-no, come enologo, ma le assicuro che per la loro mentalità nazionalista è la classica eccezione che conferma la regola”. Eppure la loro immagine sembra esse-

re ancora vincente rispetto alla nostra, non trova? “Questa è una valutazione che forse poteva andare bene qualche anno fa, perché nella produzione di livello me-dio e medio-alto, le cose sono cam-biate. Negli Usa il vino italiano è il più venduto, anche di quello france-se, grazie a un lavoro di promozio-ne che è stato fatto in questi ultimi anni dalle aziende italiane. Altro di-scorso è sulle loro punte massime,

che vivono ancora di una considerazione altissima, soprattutto nei paesi emergen-ti. Oggi in Cina un vino francese ha ancora un’alta considerazione, che un vino italia-no non ha”. Quanto è importante arrivare con credibili-tà sul mercato cinese?“Molto, perché i consumi di vino, in Italia, sono contratti, quindi bisogna cercare altri mercati, se no, presto o tardi, verremo supe-rati dagli altri Paesi. Oggi, infatti, proprio a causa dei cambiamenti climatici, è possibi-le produrre vini in luoghi prima impensabili”. Dove? “Sono stato chiamato da un’importante azienda in Giappone, per esempio, per la realizzazione di un grande vigneto, mentre un altro verrà impiantato a sud di Londra, a Brighton. Non possiamo chiuderci nel no-stro orticello, perché quando arriveranno i vini cinesi, e ne sono certo presto o tardi arriveranno, non potremo alzare bandiera bianca, no?”. Cosa ci manca, dunque? “Non abbiamo, e temo non avremo mai, l’obiettivo di fare sistema. I francesi alzano dei muri a protezione dei loro vini, che noi ci sogniamo. Non ho mai sentito un viticolto-re francese parlare male di un altro produt-tore: tutti vanno protetti perché rappresen-tano il Paese. Purtroppo anche i giornalisti italiani hanno delle grosse responsabilità”. Trova che i media italiani abbiano in qual-che caso nuociuto al comparto? “Purtroppo sì, basti ricordare Velenitaly o certe recensioni di vini. Ci sono certi giorna-listi italiani, e temo di offendere la categoria chiamandoli giornalisti, che parlano a spro-posito dei vini, dei territori, dei proprietari e degli enologi, arrivando in maniera comica a dare consigli su come fare il vino. Proprio loro che non distinguono una vigna da un pero!”.All’estero non succede? “Certo che no, giornalisti famosi come Par-ker, di Wine Spectator, non recensirebbero mai un vino difettoso, perché hanno l’in-telligenza di capire che un difetto può ve-nire semplicemente da una bottiglia mal conservata. Se un vino ha un difetto o non piace, non si recensisce, tutto qui. Mentre noi, grazie a questo piccolo esercito di gior-nalisti italiani che sparano sul settore, fac-ciamo ridere i nostri concorrenti stranieri”. Qual è il futuro? “Risiede nella ricerca a 360°. Ricerca della qualità, del mercato, della migliore comuni-cazione. Ma sono ottimista, perché i giova-ni hanno capito che il mondo va a mille e non possiamo stare a guardare”.

“Ci sono giornalisti italiani che parlano a sproposito

di vini, di territori, di proprietari e di enologi,

arrivando in maniera comica a dare consigli

su come produrre.All’estero non succede”

Riccardo Cotarella

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di Leo Bartoli

“Ecco i formaggi da Oscar”

ella sua speciale classi ca, il Financial Times lo ha appena incoronato quinto miglior negozio di formaggi del mondo: chi se non Roberto Rusconi, patron della Baita del Formag-gio in via Foppa a Milano, può indicarci i “caci top” per uno shopping natalizio con i occhi? Per questa speciale (e de-licata) operazione abbiamo proposto al clan Rusconi (l’a-zienda è tipica familiare, con papà Marcello, scomparso da poco, che è stato la vera colonna casearia e mamma Lidia che aprirono il primo negozio in pieno boom, nel 1958) di assegnare dei veri e propri Oscar caseari per l’annata 2012. D’altronde, entrare nel negozio di via Foppa è come essere circondati dagli spartani di Leonida: sono infatti “300” i gio-ielli caseari in arrivo da tutto il mondo che stregano giornal-mente la foltissima clientela di a cionados, al punto che, da classica bottega debordante di vaccini, erborinati e paste late, la Baita si è trasformata oggi in nel più moderno che-ese bar italiano con annesso gazebo interamente in legno, proponendo da mattino a sera taglieri tra opzioni classiche e di tendenza, con creativi aperitivi d’accompagnamento. In più è partito da qualche giorno anche lo shopping online per chi vuole la sua forma a casa con un colpo di clic. “Essere stati incoronati dalla classi ca del Financial Times ci ha riempiti di orgoglio - spiega Roberto -, è il coronamen-to di tanti anni di sacri ci non solo miei, ma anche dei miei genitori e del mio staff e credo sia una soddisfazione anche per l’Italia, che è una delle grandi patrie dei formaggi”. Crisi o non crisi, i gusti della clientela non sono cambiati alla Baita: “È tutta questione di qualità: magari si compra meno, ma si compra sempre al meglio: almeno chi viene da me la pensa così”. Roberto ci spiega che da lui, la rivelazione per il 2012 è stata “la nostra Bollcrem, crema di gorgonzola allo Champagne, più altri ingredienti segreti, che abbiamo cre-ato e di cui la clientela va matta: lo spalma sul pane, lo ag-giunge a riso e pasta, sulla carne, sulle verdure, anche solo su un cracker: in molti hanno cercato di imitarlo, ma resta un unicum”. Il formaggio più amato dalle donne è invece “la cacciottina burrosa” dolce e suadente come una carezza, mentre quel-

N Roberto Rusconi, patron della Baita del Formaggiodi Milano, quinto miglior negozio al mondo secondo il Financial Times: “Quella più amata dalle donne è la Cacciottina burrosa, mentre i giovani preferiscono sua maestà il Gorgonzola. La rivelazione 2012? La Bollcrem, crema di gorgonzola allo Champagne”

“Ci sono tante eccellenzein Bergamasca, ma fra tutti il più apprezzato e venduto da me è sicuramente il Branzi”

Roberto Rusconi

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lo preferito dai giovani “è un evergreen, sua maestà il gorgonzo-la: poi c’è chi lo vuole con tante muffe e chi quasi privo di erbori-natura”. Il vanto dei Rusconi è che sui 300 esemplari in vetrina, sono parecchie decine le produzioni proprie della “maison”, per cui quando chiediamo il cacio perfetto per fare un regalo, qui si pesca ancora nel carnet della casa: “Sono tanti, però vi invitiamo a venire a provare il tartucrem, la nostra crema al tartufo nero e gorgonzola dop: rimarrà nella memoria di chiunque lo riceverà”. Quando invece gli chiediamo una sua “creatura” che ha stupito i critici, non ha dubbi: “Il Lariano speziato, sorta di fontina rico-perta di erbe aromatiche che è piaciuta oltre ogni previsione”. Poi si scon na per un attimo: ci attendiamo che Roberto citi un celeberrimo Cru francese o almeno svizzero o spagnolo, invece ci spiazza con “uno Stilton, ma, udite, udite, allo zafferano: una variazione sul tema per palati indomiti, che ha stupito e che ora ci ordinano anche d’estate, quando gli erborinati dovrebbero an-dare in crisi per l’evidente calura”. Optare sui formaggi della tradizione rivisitati e corretti è un mar-chio di fabbrica per la Baita del Formaggio, che incoraggia l’as-saggio del Cru in purezza, per poi proporre apprezzatissime vari-zioni sul tema. E a proposito di classici un po’ trascurati, non può mancare un’altra gloria lombarda: “Io apprezzo molto il panne-rone: so che quel retrogusto amaro lo rende un formaggio ostico a molti palati, ma lo trovo di grande personalità”. Al contrario di quello che Rusconi de nisce uno dei caci più sopravvalutati: “Il Bettelmatt è stata una grande moda che faccio fatica a capire: inoltre è troppo caro per il formaggio che è: oggi si vende anche a 75 euro al chilo”. Rusconi non simpatizza troppo invece per la marea lunga dei caprini che negli ultimi tempi hanno invaso i mercati: “Mi sembra un po’ una moda contro il colesterolo, con le dovute eccezioni fatta di eccellenze, s’intende”. Finalmente si passa ai bergamaschi, ma se un po’ tutti si aspettano che Rober-to citi lo Strachitunt, corteggiato dai critici e fresco di Dop (quan-tomeno a livello di norma transitoria) o il Formai di Mut, spunta invece, nel gradimento della sua clientela, un’altra gemma brem-bana: “Ci sono tanti grandi formaggi in Bergamasca, ma fra tutti il più apprezzato e venduto da me è sicuramente il Branzi, sia fre-sco che stagionato: ottimo da solo, ma anche come ingrediente di piatti importanti”. Onore al grande brembano quindi, effettiva-mente un po’ trascurato dalla critica rispetto alle sue potenzia-lità, ma soprattutto al gradimento dei tantissimi suoi estimatori. E come ingrediente, ad esempio per un grande risotto? Rusconi non ha dubbi: “Continua ad essere il Castelmagno, meglio se un po’ erborinato: la sua struttura, i suoi aromi sono meravigliosi per una mantecatura di gran livello. Buon Formaggio a tutti”.

www.casarrigoni.it

casArrigoni è la storia semplice di due fratel l i , Marco e Tina Arrigoni e di Alvaro, suo marito, che sulle tracce della propria storia, fitta di gesti e tradizioni, cominciarono a stagionare, affinare e selezionare formaggi in una piccola cantina di Peghera, alla fine degli anni ‘70.

Da sempre situata in Valtaleggio, la valle di origine del Taleggio Dop e Strachitunt Dop, casArrigoni è un luogo in cui la cura premurosa per il prodotto è diventata negli anni l’unica e miglior forma di conoscenza.

Qui tre Bergamaschi Dop sono convinti:

chei

creanoformaggi

Sono le

persone

LA COMPETIZIONE

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i avvicina l’appuntamento con la nale del Bocuse d’Or, giunta alla 14esima edizione, che si svolgerà come ormai tradizione nell’ambito del Sirha, il Sa-lone Mondiale dell’Alta Ristorazione all’Expo di Lione il 29 e 30 gennaio. La era, in programma dal 26 al 30 genna-io, mette in mostra le eccellenze enoga-stronomiche e ha scelto quest’anno co-me Paese d’onore proprio l’Italia, con una particolare vetrina per i prodotti orgoglio del Made in Italy. A tenere alto il tricolore ai “Mondiali” di cucina, ide-ati dal grande chef Paul Bocuse, Al o Ghezzi, vincitore della Selezione Italia-na del concorso e chef della “Locan-da Margon” di Trento, ristorante delle Cantine Ferrari insignito di una stella Michelin. Saranno due giorni all’insegna della s -da e della competizione: 24 chef in rap-presentanza di altrettante nazioni e di cinque continenti arrivati a Lione dopo aver superato un percorso di selezione durato 18 mesi con 60 concorsi nazio-nali e 3 continentali (America Latina, Asia ed Europa) si cimenteranno nella preparazione del letto, guancia, co-da e cappello del prete di manzo irlan-dese per il tema di carne e di rombo e astice per il tema di pesce. Al o Ghezzi potrà contare su una squadra af atata, sostenuta da Promozione del Territo-rio (associazione per la valorizzazione delle eccellenze agroalimentari che ri-unisce Camera di Commercio, Ascom, Con ndustria, Ente Fiera Promoberg, Bergamo Fiera Nuova con Comune e Provincia tra i sostenitori). La squadra è presieduta da Giancarlo Perbellini, chef dell’omonimo ristorante ad Isola Rizza (Verona), insignito di due stelle Michelin che, insieme a Daniela Nezo-si, coordina ogni attività del Team Italy. Con Ghezzi lavorerà gomito a gomito il commis diciassettenne Sebastiano Cont, che nonostante la giovane età

vanta già in curriculm due stagioni esti-ve a Locanda Margon. Il coach della nostra Nazionale è il francese Frèdèric Garnier, che attualmente lavora niente meno che per Alain Ducasse a Nizza. “La ricetta di carne è già de nita: un -letto in crosta di olive taggiasche con pomodorini del piennolo accompagna-ti da una polenta in due consistenze e da una guancia al Barolo e caffè - com-menta Al o Ghezzi –. Ora studieremo la ricetta di pesce, cogliendo la nuova s da del concorso che valorizza l’abili-tà dello chef nella scelta delle materie prime e lo spirito della cucina di Bo-cuse, una cuisinedumarchè”. Il pre-sidente di Promozione del Territorio Carlo Spinetti sottolinea il valore del concorso: “Partecipare al Bocuse d’Or è un’avventura umana che coniuga l’e-sperienza personale del candidato al patrimonio culturale culinario, alla ge-stualità tecnica, alla creatività, all’in-ventiva e alla passione”. Giancarlo Per-

bellini tiene alta la tensione pre-gara: “Con Al o porteremo a Lione la crea-tività, la passione e il talento italiano. Ci cimenteremo su prodotti di prima qualità mostrando quale è la tecnica e le tendenza della cucina italiana, in un confronto di tecniche, culture e cotture in 5 ore e 35 minuti”. E sul “timing” di gara sono già iniziati da mesi gli alle-namenti, che da gennaio diventeranno giornalieri. Nulla sarà lasciato al caso, a partire dal design del piatto, che sarà curato da Ilenia Agate e dalla comuni-cazione per immagini curata da Paolo Chiodini. In gara, oltre al nostro Paese la cui discesa in campo è ssata per il secondo giorno del concorso, il 30 gen-naio, il migliore chef di Islanda, Svezia, Singapore, Cina, Brasile, Marocco, Pa-esi Bassi, Finlandia, Canada, Belgio, Messico, Guatemala, Danimarca, Sri Lanka, Estonia, Australia, Svizzera, Francia, Regno Unito, Stati Uniti, Nor-vegia, Giappone e Ungheria.

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Bocuse d’Or, Bergamo porta in fi nale lo chef Ghezzi

Giancarlo Perbellini e Alfi o Ghezzi

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di Laura Bernardi Locatelli

Con la crisi vincono il fai da te e il ricettario di famiglia

a crisi aguzza l’ingegno, limita gli sprechi e incentiva il fai da te anche in cucina. La spinta verso regali utili premia l’enoga-stronomia e si esprime, secondo una recente indagine Col-diretti, con la preparazione fai da te di ricette personali per serate speciali o con omaggi per gli amici. In Italia, secondo lo studio, la maggioranza dei cittadini a Natale preferisce in-fatti spendere soprattutto nel cibo (29%) che supera i regali (28%), i divertimenti (23%) ed i viaggi (20%). In barba alla re-cessione, non resta che rintanarsi al calduccio - evitando ore di ingorghi e caos - e divertirsi con pentole e padelle, andare a caccia di spezie, nastri di raso, vasetti e sacchetti e prepa-rare con pazienza liquori e conserve per stupire amici, colle-ghi e parenti con regali “slow” preparati con le proprie mani.

Il regalo fai da te - assieme al riciclo, che però resta un’arte vera e propria come copiare il compito in classe dal vicino di banco - è, a detta degli esperti, la vera e propria tendenza del 2012, un’abitudine con antiche e solide radici strappate dall’ondata consumista dagli anni Ottanta e messa in naftali-na ma che, con i consumi ahimè vicini a quelli del Dopoguer-ra, si sta rispolverando e sta tornando in auge. Sarà una vera e propria competizione tra ricette di famiglia e piccoli segreti carpiti alle nonne. Da dove cominciare? Ecco alcuni spunti e ricette che chiun-que abbia un po’ di familiarità e dimestichezza con i fornelli può realizzare senza troppa fatica e fare bella gura, metten-do in campo un po’ di creatività nella confezione, dall’etichet-

L

In vista dei regali natalizi, spazio alla creatività. Ecco dieci pensieri da donare a parenti, amici e colleghi

IDEE

Servono coriandolo intero, chio-di di garofano, cortecce di can-nella, anice stellato, scorza di arancia, limone e mandarino non trattati; mela essiccata, frutti di rosa canina, ginepro in bacche, semi di cardamomo, pezzi di vaniglia in stecche, noce moscata, zenzero e pepe nero.Selezionare il mix preferito e confezionare in vasetto o in un sacchetto di juta e accompa-gnare ad una bottiglia di vino rosso.

SPEZIE PER VIN BRULÈPer 4/6 vasetti da 500 ml servono 2 kg di limoni non trattati, 1 kg circa di sale e

olio extravergine di oliva. Preparazione: lavare e asciugare i limoni, eliminare la

calotta superiore ed inferiore e inciderli in quattro lasciando le estremità attaccate le

une alle altre. Aprire i limoni a ore e riem-pirli di sale grosso, quindi metterli nei vasetti

sterilizzati. Terminata l’operazione, riempire il barattolo con il restante sale grosso. Lasciare

una settimana a macerare. Eliminare il sale in eccesso e riempire ogni barattolo no all’orlo di

buon olio extravergine di oliva. I limoni si possono consumare dopo tre settimane.

LIMONI CONFIT

Vasetti profumati

reatività.

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ta scritta a mano in bella gra a a quella stampata al pc, dal tes-suto per rivestire il vasetto al nastro di ra a o raso, alla scatola di latta o trasparente per biscotti e cioccolata. Da provare l’aceto aromatizzato alla melagrana, che avvolge con delicatezza e una lieve eco orientale il gusto di piatti a base di ver-dura e pesce, i limoni con t, specialità della cucina maghrebina, per dare un gusto particolare a tajine, ad altri piatti a base di car-ne e al cous cous ed esaltare anche piatti a base di pesce e cro-stacei e primi piatti. Non può mancare in nessuna cucina il sale alle erbe, perfetto per dare personalità ad arrosti, carni bianche, zuppe e altre ricette. Sotto Natale impossibile rinunciare ad un ri-tuale antico come il “conditum paradoxum” e riscaldare il cuore e l’atmosfera dell’Avvento e le fredde serate d’inverno con un bic-chiere di vin brulè da condividere con gli amici. Ognuno ha le sue preferenze in termini di spezie, per cui non serve altro che sele-zionare le preferite dall’elenco - magari con l’aiuto dello speziale o dell’erborista di ducia, in città non manca un’istituzione come la Drogheria Mologni - e accompagnare il sacchettino o il vaset-to con una bottiglia di buon rosso corposo. Il cioccolato è sempre un regalo gradito: ecco una ricetta per un ottimo preparato per una tazza di cioccolata Maya al peperoncino e tutte le dritte per preparare senza troppa fatica dei tartu - la ricetta si può perso-nalizzare con granella di mandorle, nocciole o pistacchi per rea-lizzare una confezione ancora più raf nata - pronti a conquista-re anche i meno golosi. Per i più piccoli - e non solo - una ricetta che diverte e porta allegria in casa: una costellazione di biscotti a forma di stella pronti, con un semplice nastro di raso rosso o scozzese, a decorare l’albero di Natale o a tuffarsi in una tazza di latte caldo per chi proprio non resiste alla tentazione della frolla fatta in casa. Spazio alle conserve: ecco due ricette per due con-fetture saporite, una a base di zucca e arance con una nota eso-tica e piccante di zenzero che sta bene con i dolci ma anche con i formaggi, caprini e ovini in testa, ed una chutney di cipolle rosse perfetta da sola su toast e cracker e per accompagnare paté di fegato, carni alla griglia e arrosto e formaggi. E per dimenticare gli eccessi delle feste e levarsi il peso di pranzi pantagruelici, ar-riva in soccorso la più classica delle ricette digestive: un bicchie-rino di liquore all’alloro per dire addio alle feste.

Per 40/50 tartu servono: 250 g di cioccolato fondente di ottima qualità175 g di burro1 cucchiaio di panna fresca2 cucchiai di zucchero1 bicchierino di rhum2 tuorli d’uovo50 g cacao in polvere amaropistacchi o mandorle o noc-ciole a piacimento. Preparazione: amalgamare il burro con lo zucchero no a ottenere impasto omogeneo. Spezzettare nemente il ciocco-lato, mettere in un pentolino con la panna e sciogliere a bagnoma-ria no ad ottenere un composto cremoso e privo di grumi. Lasciare raffredda-re 3 minuti il composto e unirlo all’impasto. Aggiungere i tuorli e il rhum e mescolare no a ottenere una crema omogenea. Mettere in frigo 4 ore. Versare in una ciotola o su una spianatoia il cacao in polvere. Con le dita ricoperte di cacao - o di pistacchi e mandorle - creare delle palline (volendo nocciole o mandole possono essere inserite al cuore dei tartu ni). Adagiare su carta forno o carta oleata. Mettere in frigo per almeno un’ora.

Come ingredienti munirsi di: or di sale grosso, basilico, menta, salvia, rosmarino, origano, maggiorana, timo, santoreggia (e altre aromatiche o ori, come elicriso e ordaliso, a piacere).Preparazione: lavare delicatamente le erbe, asciugarle per bene e metterle nel mixer insieme al or di sale grosso. La consisten-za non deve risultare ne ma piuttosto grezza. Accendere il forno a 50°. Adagiare il sale e le erbe su una placca rivestita con carta da forno e far “asciugare” per 5- 10 minuti. Versare il sale così ottenuto in vasi precedentemente sterilizzati. In que-sto modo gli oli essenziali delle erbe rimarranno imprigionati nei granelli di sale. Ottimo su carne, pesce, verdure e vellutate.

TARTUFINI AL CIOCCOLATO

SALE ALLE ERBE

Regali golosi

Come ingredienti procuratevi: 200 g di cioccolato fondente al 65- 70% di ottima qualità80 g di cacao amaro40 g di zucchero di canna50 g di zucchero a velo30 g di fecola di patatela punta di 1 cucchiaio di peperoncino in polvere. Preparazione: tritare nemente il cioc-colato fondente ed aggiungere gli altri ingredienti no ad ottenere un composto omogeneo e ben polverizzato. Inserire il preparato in vasetti sterilizzati o piccole scatole in latta. Inserire le istruzioni per pre-parare la cioccolata calda : per 1 tazza servi-ranno 3 cucchiai di preparato per cioccolata in tazza e 150 ml di latte fresco.

PREPARATO PER CIOCCOLATA AL PEPERONCINO

IDEE

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Per le “Stelle di Natale” procuratevi: 250 g burro, 350 g farina 00, 8 g di lievito chimico in polvere, la scorza di 1 limone non trattato, 4 uova (4 tuorli d’uovo; 1 albume), 1 stecca di vaniglia, 150 g di zucchero, 50 g circa di zucchero di canna per decorare e degli stampini a forma di stella di 2 diverse dimensioni o 1 a forma di stella e 1 di cerchio.Preparazione: versare in una ciotola capiente la farina, il burro freddo tagliato a toc-

chetti, i 4 tuorli, lo zucchero, i semini di vaniglia, il lievito e la scorza del limone grattugiata. Amalgamare il tutto no ad ottenere un panetto da trasferire su una spianatoia infarinata e lavorare no ad avere un com-posto liscio ed omogeneo. Stendere l’impasto con un mattarello e for-mate una sfoglia dello spessore di 3-4 mm. Con gli stampini a forma di stella ricavate tante sagome, da forare a loro volta al centro con l’altro stampino a stella o rotondo di dimensioni inferiori. Disporre i biscotti su teglie foderate con carta forno, spennellare con del bianco d’uovo e cospargetele con zucchero di canna. Tutte le piccole stelle asportate dalla parte centrale dei biscotti, si possono impastare per formare altri biscotti oppure cuocere in una teglia a parte. Infornare a 180° per cir-ca 13-15 minuti. Fare raffreddare.

Servono: 1 kg di arance rosse di Sicilia non trattate, 1 kg di polpa di zucca tagliata a tocchetti, 750 g di zucchero di canna chiaro,

una radice di zenzero e un limone. Preparazione: tagliare al vivo le arance e ridurle a tocchetti, avendo

l’accortezza di raccogliere il succo perso nella preparazione. Ricava-re la polpa da una zucca e tagliarla a sua volta a tocchetti. Porre zucca

e arance con il loro succo in una pentola - possibilmente di rame - unire lo zucchero, irrorare con il succo di 1 limone e cuocere nché la polpa

si sarà disfatta e la marmellata raggiungerà il giusto punto di densità. Unire lo zenzero 5 minuti prima di terminare la cottura. Riempire i vasetti

sterilizzati e capovolgerli per ottenere l’effetto sotto-vuoto.

Per il Liquore di alloro servono: 1 litro di alcool 90 gradi, 700 ml di acqua, 350 g di zucchero e 40 foglie di alloro fresco. Preparazione: mettete le foglie di alloro spezzettate in infusione nell’alcool per una settimana al riparo dalla luce e da fonti di calore. Tra-scorso il periodo di infusio-ne, iniziare la preparazione del liquore facendo bollire in una pentola acqua e zucche-ro. Quando lo sciroppo si sarà raffreddato potrete unire l’alcool ltrato con un colino tto. Il ltrag-gio andrà effettuato per almeno due volte a distanza di 15 giorni l’una dall’altra. Per il digestivo casa-lingo occorrerà attendere un mese di riposo dai ltraggi.

Ingredienti necessari per circa 4 vasetti: 1 chilo di cipolle rosse di Tropea, 500 g di zucchero di canna, 200 ml di vino rosso, 100 ml aceto rosso e qualche foglia di alloro.Preparazione: pulire le cipolle e tagliarle a fettine. Lasciarle macerare in una ciotola con lo zucchero di canna. Versare le cipolle in un tegame con l’aceto, il vino e le foglie d’alloro. Lasciar cuocere a fuoco bas-so per un paio d’ore no ad ottenere un composto denso. Versare la confettura bollente in piccoli vaset-ti di vetro, precedentemente sterilizzati, chiuderli con apposita capsula e lasciarli raffreddare capovolti.

LE STELLE DI NATALE

CONFETTURA DI ZUCCA E ARANCE ROSSE ALLO ZENZERO

LIQUORE DI ALLORO

CONFETTURA DI CIPOLLE ROSSE DI TROPEA

Biscotti da gustare o appendere all’albero

Le confetture Il digestivo casalingo

L’aceto aromatizzato

dallaTra-sio-one re in cche-si sarà

l’alcool . Il ltrag-

almeno duegiorni l’unao casa-e un gi.

Per l’Aceto di melagrana procurate-vi 3 melegrane e 750 g aceto di me-le (o bianco). Preparazione: sgranare bene (elimi-nando la pellicina bianca amara) le melegrane e con l’aiuto di una cen-trifuga - o in alternativa di uno spre-miagrumi - ricavarne il succo, unirlo all’aceto in un recipiente e travasar-lo in una bottiglia con l’aiuto di un imbuto. Conservare al buio e al fre-sco per due settimane capovolgen-do quotidianamente. Filtrare bene il tutto ed imbottigliare, conservando poi le bottiglie al buio.

L’ACETO DI MELAGRANA

le bottiglie al buio.

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DA FABRIZIO FERRARI UN VOLUME SULLA CUCINA SOTTOVUOTOFabrizio Ferrari, chef stellato del Roof Garden di Bergamo - grande creatività e talento - da anni è docente ai corsi di confezionamento e cottura sottovuoto. Ora tutta la sua co-noscenza ed esperienza l’ha messa nero su bianco in un vo-lume dal titolo “Passione pura”, edito dalla Valko. Ferrari ha creato un punto di riferimento per i professionisti della cuci-na. Per farlo è partito dalla sua storia personale, spiegando quello slancio che l’ha portato a collaborare con alcuni dei mostri sacri della cucina internazionale (da Paracucchi a Pra-lus, da Colonna a Vissani) e illustrando in modo dettagliato, scienti co e scrupoloso, le tecniche per la conservazione e la cottura sottovuoto dei cibi con preparazione indiretta e diret-ta. Nell’elegante volume non manca un nutrito ricettario, con oltre 60 specialità ben descritte e corredate dalle tavole dei

tempi e delle temperature e con indi-cazione dei vini da abbinare. Ferrari approda poi al manifesto in dieci punti sul futuro del mestiere di chef, elaborato a sei mani con altri due protagonisti della grande cuci-na bergamasca: Antonio Ghilardi ed Ezio Gritti. Le pagine del volume danno piena evi-denza al ruolo che la cucina riveste nella nostra società. È un volume rigoroso come un manuale, piacevole come un romanzo, arguto e colmo di citazioni e stimoli. Uno strumen-to che non può mancare a chi ha scelto di cucinare per espri-mere al meglio la cultura del cibo.

Eticalimenta

ià dal nome, Eticalimenta, si evince la loso a di fondo: por-tare alla luce il meglio dei prodotti gastronomici del territorio - in questo caso della Sardegna - puntando sulle materie pri-me biologiche, di alta qualità e dalla completa tracciabilità, e privilegiando nel contempo i sistemi produttivi a bassissimo impatto ambientale. Il tutto con un occhio di riguardo per le migliori ricette della tradizione. È questa la s da che Antonella Pinna, sarda di origine, ma bergamasca d’adozione, ha avviato da pochi giorni in via Quarenghi 13, al pian terreno di palazzo Keller dove ha aper-to un punto vendita in cui è possibile trovare vere “chicche” gastronomiche. “La mission - spiega Pinna - è quella di portare sulle tavole dei buongustai bergamaschi, e di tutti coloro che prestano la massima attenzione all’alta qualità, il meglio della produzio-ne artigianale sarda, frutto di un’attenta selezione di prodot-ti d’eccellenza che rispettano l’ambiente e salvaguardano le tradizioni”. Nello show-room, l’operatore dell’area food, ma anche il semplice buongustaio, può trovare decine e deci-ne di delizie: dal tonno rosso di corsa di Carloforte alla bot-targa di tonno fatta a mano, dalla fregola allo zafferano alle lorighittas fatte a mano, dal miele di asfodelo, di cardo e di agrumi di Bosa alle confetture del Gennargentu, dai torroni al pane bistoccu con lievito madre no al pane guttiau, tanto per citarne alcuni. In evidenza anche i prodotti dell’azienda agricola di famiglia, la Fratelli Pinna di Ittiri (Ss). Sugli scaffali si possono trovare l’olio denocciolato di Bosana, quello degli

Antichi Uliveti del prato, il Maccia d’Agliastru, oltre alle olive di Bosana in salamoia naturale. Non mancano le conserve in olio denocciolato, le creme di carcio e asparagi, bietole selvatiche, melanzane e altro ancora. Gli unici prodotti “stra-nieri” sono i pomodorini sottolio di Pachino e un paio di eti-chette di Franciacorta Docg. Visto il periodo, è possibile ri-chiedere cesti natalizi.

G

Delizie della Sardegna, show room in via Quarenghi

di-

in di ltri ci-ed

evi-

ETICALIMENTAvia Quarenghi, 13 - Bergamo - tel. 035 0792256

www.eticalimenta.it

1919

Antonella Pinna

K2, tutto il sapore della montagna

ra il 1954 quando Compagnoni e Lacedelli conquistaro-no la vetta più insidiosa del mondo, ed ecco nell’euforia del momento orire ovunque, sotto l’insegna K2, insieme all’orgoglio italico, un orilegio di attività commerciali. An-che Foppolo non ne fu immune e, a dorso di mulo, fece il suo K2 conquistando al paese la sua vetta, là dove c’era solo il nulla della montagna. Così nacque nel 1955, per opera della famiglia Berera, il ristorante-rifugio K2. Da al-lora son passati quasi 60 anni e, con qualche doveroso ri-tocco, il Ristorante Meublé K2 è ancora lì, a pochi metri dagli impianti di risalita. Non sarà forse come essere ai piedi dell’Himalaya, ma anche qui in certi giorni ti sembra di galleggiare sulle nuvole, tra vette scontrose che in lza-no il cielo. La montagna, qui al K2, non si affaccia solo dalle nestre: è presente ovunque. È innanzitutto nel piatto, nei prodotti

(formaggi, erbe) che nelle malghe hanno il loro terreno d’e-lezione. È nell’atmosfera, calda di quel tepore che solo il le-gno sa dare. E poi nelle donne che servono in impeccabili abiti tradizionali, il grembiule rosso annodato in vita. Perché a 1.600 metri l’atmosfera è meno densa e tutto è più diretto e intenso: i raggi del sole, il freddo, i sapori. È questo a fare del K2 quello che è, insieme ai suoi quasi 60 anni di storia, tutti sulle spalle ancora salde di nonna San-dra, matriarca di questa famiglia di osti-ristoratori. E poi ci sono i dettagli a fare la differenza. La pioda roven-te sotto i piatti e sotto la pentola di rame che, ancor prima di arrivare in tavola, ti investe con il suo aroma d’erbe e lo sfrigolar delle carni cotte alla brace sul terrazzo esposto all’aria frizzante d’alta quota. Filetto di vitello, costolette di cervo e d’agnello, succose, tenere, profumate. Le carni, svariate, sono cotte alla brace, sulla piastra o al forno, cor-redate di classico contorno o contrappuntate da compo-ste di mirtilli selvatici e castagne al miele: selvaggina della montagna (camosci, cervo, capriolo, cinghiale) e poi tagli scelti di razza piemontese. Tanti i peccati di gola cui è impossibile sottrarsi: in primis quel “voglio ma non posso” che è la taragna al Branzi Dop e burro di malga con le sue 4000 e rotte Kcal di piacere, così come le lasagnette tonde al paruk, che hanno fatto la storia del K2. Una delicata farcitura di formaggio di monte e spinacino selvatico colto dalla signora Sandra e dal glio Fulvio in estate «il primo che spunta, che è il più tenero», e poi messo da parte per l’inverno. Un piccolo bijou con cu-i Sandra Midali coccola i suoi clienti. Tutti i primi son suoi, il risotto ai porcini, i casoncelli, le crespelle alle ortiche, i tagliolini di selvaggina, il risotto ai mirtilli rossi del Passo Dordona. Sue ab illo tempore anche le polpette più buone della valle - pure bolle di bontà -, la cui ricetta Sandra cu-stodisce con quella stessa gelosia che i montanari hanno innata verso la propria roba, sempre mescolata ad altret-tanta generosità. Curioso come un piatto possa essere la radiogra a di una persona. Sandra è come le sue polpet-te. Una coltre ruvida e croccante al primo tocco, ma appe-

di Lelia Parisi

E

2020

A Foppolo, il locale guidato dalla famiglia Bereraè una tappa obbligata per chi ama una cucina che punta in modo sapiente sulle carni, sui formaggi e sulle erbe. Il tutto avvolti nell’atmosfera che solo il legno sa dare

IL RISTORANTE

Da sinistra Sandra Midali, Gabriella e Salvatore Berera

era

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AMBIENTENella foto in bianco e nero degli anni Cinquanta il ristorante sepolto dalle nevi lo scambi davvero per un rifugio ai piedi dell’Himalaya. L’ambiente del K2 è quello di montagna, legno alle pareti e travi al sof tto, la vista che domina le Orobie, la stufa in ceramica che fa un po’ stube tirolese: «È lo stile di tutto l’arco alpino - precisa Gabriella -, solo che in Tirolo si è conservato ovunque, da noi è quasi scomparso. Semmai condividiamo stile e usi con la vicina Valtellina». I tavoli, circa 150 coperti, sono in parte distribuiti nella parte vecchia del locale, più rustica e con tratti di pietra a vista, in parte in quella recente costruita a ridosso della parete esterna che ha mantenuto intatta la sua sionomia.

CUCINACucina di montagna in tutto e per tutto, dalle carni al forno, stufate, ma-rinate, all’ardesia, in salmì, con e senza funghi (costolette, nodini, letti, contro letti, stinchi), passando per i salumi nostrani e il magatello affu-micato in casa con le bacche di ginepro, no ai formaggi delle malghe più alte. Interessanti anche alcuni abbinamenti di selvaggina (capriolo, cer-vo) a contorni a base dolce come la composta di mirtilli rossi del Passo Dordona, le castagne cotte nel miele o la mela, retaggio di un gusto pre-moderno, che sopravvive ancora nelle conservatrici cucine teutoniche.

CANTINAUn’ottantina le etichette in lista, per lo più rossi, concentrati in Lombar-dia, Piemonte e Toscana. Presenti anche produttori di pregio e, per la Val-tellina, la linea completa di Triacca. Ricarichi nella media.

ESPERIENZAA 82 anni Sandra Midali tiene ancora salde le redini della cucina e mette in riga tutti. Rimasta, negli anni Settanta, poco più che quarantenne, ve-dova del marito con il quale aveva avviato l’attività, ha gestito il locale in-sieme a tre gli, Gabriella, Fulvio e Salvatore. Quella del K2 è una cucina corale a impronta matriarcale, dove ciascuno dà il suo contributo. Salva-tore addetto alle carni, Fulvio che porta linfa nuova reinterpretando piatti che incontra durante i suoi viaggi e adeguandoli ai prodotti della monta-gna, nonna Sandra che prepara i primi (ne ha inventati un centinaio) e cura la regia avvalendosi di un aiuto esterno. Le sue capacità tecniche poggiano sui solidi piloni di un’esperienza maturata in oltre mezzo seco-lo. Da quasi 60 anni parla attraverso la chimica del cibo, mostrando di conoscerne le leggi “a naso”, grazie a quella maestra, tanto più infallibile se unita alla passione, che è l’esperienza.

SERVIZIOIn sala spicca la gura di Gabriella, loquace, estroversa, energica, addet-ta anche alla mise dei tavoli, dove non fa mancare fantasiose composi-zioni con ori e frutti raccolti in montagna. Il servizio, svolto insieme alla cognata Mariuccia, è ef ciente e veloce e non lesina spiegazioni sui det-tagli dei vari piatti e menù.

RAPPORTO QUALITÀ/PREZZOLe varie formule dei menù degustazione (a 25 e 35 euro, vini e bevan-de inclusi, min. 4 persone) e il menù turistico a 20 euro (solo a pranzo) consentono di modulare il pasto secondo l’appetito e il portafoglio, con ampia libertà di manovra. Rapporto qualità-prezzo complessivamente buono.

p.s.

IL GIUDIZIOna l’addenti subito remissiva, un sof o di sapore che si scioglie sul palato nell’abbraccio caldo tra il Branzi e il paruk. Imperdibili.Al braciere lavora, come tradizione, il glio ma-schio, Salvatore. E poi c’è Fulvio, che ricalca l’an-tica gura di cacciatore-raccoglitore, a ingrossa-re con il suo “bottino”, erbe, bacche e cacciagio-ne, la dispensa del K2. Il viso abitato da una tra-ma di solchi narra del sole irriverente della mon-tagna, che però non ne ha scal to i tratti ancora giovanili e forti. Eh sì, gente tosta e di carattere quella di Foppolo. Nervosa ed elettrica come l’a-ria d’alta quota. «Ritroviamo spesso le nostre idee e ricette in altri locali» sbuffa Gabriella Berera, sorella di Fulvio e Salvatore, il viso intersecato da un pizzico di di-sappunto. Buon segno, non si imita ciò che non piace. Gabriella si occupa della sala insieme al-la cognata Mariuccia. Sguardo solare e vigile su tutto ciò che accade in sala, ti narra la storia del locale, le pietre portate con i muli, l’ampliamento che ha lasciato intatte le nestrelle sbilenche e piacevolmente goffe del vecchio rifugio, il viavai di clienti dalla Svizzera in inverno, i belgi in esta-te, sì perché al meublé ci sono gli appartamen-ti, tutti rivestiti di legno, sì, proprio quelli d’alta montagna.Nonna Sandra, invece, non è una molto di paro-le. Sono i piatti la segnaletica delle sue emozio-ni. Quando ti mostra quelli appena partoriti dalla sua fantasia è come se ti rivelasse un segreto. Capisci che è il suo modo di concedersi, come una madre che ti af da il suo bambino. Quel-li che ci fa vedere, al riparo da occhi indiscre-ti, sembrano zuccherini grezzi alla viola, sono gnocchetti di patate violette, ma l’effetto, in fon-do, non è diverso. E capisci allora perché anche i dolci son suoi. Torte di mele e crema, alle casta-gne, crostate di mirtilli, una s lata di tenerezza: rustiche d’aspetto, ma tutte di sostanza, come d’altronde la proposta del K2. Meno “di sostanza” fortunatamente il conto, sui 30 euro medi alla carta, vini esclusi.

RISTORANTE MEUBLÉ K2via Foppelle, 42 - Foppolo

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dicembre 2012

di Anna Facci

Quei teenager con la passione per la terra

Ad “accendere la lampadina” è stato il classico sogno di guidare il trattore, complici le visite all’azienda orticola del nonno Giuseppe a Levate. Ma Emanuele Sanzani, 12enne di Treviolo, a differenza di tanti altri bambini affascinati da questa immagine, non si è limi-tato ad aspettare di avere l’età giusta per farlo ed ha cominciato a cimentarsi nel mondo dell’agricoltura secondo le sue possibilità. Quando alcuni anni fa lo zio ha lasciato l’orto dietro casa per spo-starsi su uno degli spazi messi a disposizione dal Comune, se ne è impossessato lui e con l’aiuto dell’amico Biagio, 74enne collabora-tore della famiglia (che gestisce un negozio di frutta, verdura e ali-mentari in piazza), ha dato il via alla sua personale produzione. Col-tiva soprattutto insalate (come lattuga, gentile, spumiglia), pomo-dori, zucchine e melanzane, ma anche nocchi, zucche e verze e gli piace sperimentare, «perché – dice – mi incuriosisce veder cre-scere le diverse varietà e capire come vanno trattate. Quest’anno, ad esempio, ho piantato il grano. Il nonno mi ha dato la semenza e mi ha detto di schiacciare con i piedi i germogli appena spuntati per compattare la terra, credevo che avrei danneggiato le piante, invece sono cresciute, è stata una bella sorpresa. Ho provato an-che a sgranare le spighe a mano, ma era un lavoro troppo lungo e così il raccolto è nito nel compost che utilizzo come fertilizzante». «Ora che è inverno, nell’orto sono rimaste solo le verze – spiega -, con la primavera cominceremo a zappare per far tornare la terra sof ce, aggiungeremo l’humus che si è formato con la decomposi-zione degli scarti vegetali, rifarò i vialetti e ricomincerò a piantare». L’impegno maggiore è richiesto d’estate. «Io quest’anno ho prefe-rito non iscrivermi al Cre – racconta -. La mattina mi alzavo presto per annaf are e dopo pranzo tornavo nell’orto: c’è sempre da fa-re e mi piace che sia tutto in ordine, così arrivava sera senza quasi che me ne accorgessi». Se dal nonno materno Emanuele ha ereditato la passione per la terra e la sapienza per coltivarla, dal ramo paterno ha acquisito la visione commerciale. La famiglia Sanzani ha infatti un ne-gozio di ortofrutta a Treviolo n dagli anni Sessanta, che nel frattempo ha ampliato la gamma comprendendo il banco dei freschi e della gastronomia, pane fresco e alimentari confe-zionati. L’attività è arrivata ormai alla terza generazione, visto

che accanto papà Gigi e a mamma Grazia si alternano nel punto vendita anche i fratelli più grandi, Angelo, Daniele e Chiara, che pur essendo ancora tutti impegnati con la scuola non mancano di da-re una mano. Anche Emanuele è cresciuto respirando l’aria del negozio e la stes-sa attenzione che mette nel far crescere gli ortaggi la riserva alle sue “clienti”, alcune signore che hanno saputo del suo hobby ed apprezzano la possibilità di mangiare prodotti cresciuti vicino casa e senza l’utilizzo di concimi o trattamenti chimici. Con grande pro-fessionalità Emanuele le avvisa quando è pronto il raccolto, pulisce le verdure e le consegna a domicilio in bicicletta. È orgoglioso di poter spendere autonomamente il piccolo gruzzolo che ne ricava, senza dimenticare di reinvestirlo con oculatezza nella sua “azien-da”. Per averne la conferma, basta chiedere al orista del paese, con il quale contratta sul prezzo delle piantine di insalata o nocchi se vede che non sono al meglio. Pur essendo certo di questa passione, il ragazzo al momento non esclude comunque la possibilità di prendere altre strade. «Con pa-pà e tutti gli altri fratelli suono nella Fanfara Garibaldina di Treviolo – afferma -, mi interessano anche la musica e il mondo militare e se ci sarà l’occasione mi piacerebbe tentare anche in questi campi. Altrimenti farò di certo l’agricoltore». L’obiettivo più immediato, del resto, ce l’ha già chiaro: un pezzo di terra più grande da coltivare da solo nell’azienda del nonno.

STORIE

EMANUELE SANZANI

«Ho passato l’estate nell’orto, il tempo volava»

giato le piante, Ho provato an-troppo lungo e e fertilizzante». erze – spiega -, tornare la terra n la decomposi-erò a piantare». anno ho prefe-

mi alzavo presto è sempre da fa-era senza quasi

passione per la ha acquisito fatti un ne-a, che nel banco dei ari confe-

zione, visto

esclude comunque la possibilità di prendere altre strade. «Con papà e tutti gli altri fratelli suono nella Fanfara Garibaldina di Treviolo – afferma -, mi interessano anche la musica e il mondo militare ese ci sarà l’occasione mi piacerebbe tentare anche in questi campi. Altrimenti farò di certo l’agricoltore». L’obiettivo più immediato, del resto, ce l’ha già chiaro: un pezzo di terra più grande da coltivare da solo nell’azienda del nonno.

Emanuele Sanzani con mamma Grazia, papà Gigi e i fratelli Chiara e Angelo2222

Cesare Cugini Emanuele Sanzani

Il suo sogno è un maneggio con ca-valli da montare all’americana e un allevamento di vacche texane, «una razza da carne – spiega – che ha fatto la storia del West, presente in pochissime realtà in Italia». Intan-to Cesare Cugini, 14enne di Albino iscritto il primo anno dell’Istituto agrario di Bergamo, ha pensato be-ne di sperimentarsi come allevato-re in settori più accessibili. Due an-ni fa, quando aveva quindi 12 anni, ha cominciato a costruirsi da solo un pollaio, dove ha poi messo Ber-ta, la sua unica gallina dalla quale ricava le uova per il consumo in famiglia. «Mio papà mi ha detto che avrei potuto mettere un pollaio nel giardino ad Alzano se avessi fat-to tutto da solo, sostenendo anche i costi – ricorda -. Lo ha fatto pensando che mi scoraggiassi, invece l’ho preso in parola. Ho tro-vato su Internet diverse soluzioni, ho valutato i materiali e alla ne, per una ragione di costi, ho optato per il polistirolo, che ho ritaglia-to e poi ricoperto con il cemento e colorato di verde per abbellirlo. Il pollaio è rialzato perché i volatili si sentono più sicuri ed ho fat-to un recinto scavando in profondità per evitare che i quattro cani che abbiamo lo sollevino ed entrino. Ogni volta che ci vado cerco di migliorarlo. Mi piacerebbe metterci almeno un’altra gallina, anche perché Berta comincia a fare meno uova, ma mi rendo conto che non siamo in campagna: pur se spazioso è comunque un giardino».Cesare ha colto al volo anche l’occasione di lavorare in una fatto-ria che alleva capre in Valle Rossa, nel comune di Cene. «Ho saputo che accoglievano ragazzi che volevano imparare – dice – e ci so-no andato per una settimana nelle due ultime estati. Mi alzavo alle 6.30, la mamma mi accompagnava ogni giorno, mungevo, seguivo la produzione dei formaggi, davo da mangiare agli animali, pulivo. Il secondo anno è stato ancora più grati cante perché Gigi e Cinzia, i responsabili dell’azienda, mi hanno dato ducia e assegnato dei compiti da fare da solo».

Se questo è stato il suo passatem-po estivo, come credete che abbia trascorso le vacanze? «Tra i ricordi più belli c’è il soggiorno in un agritu-rismo in Toscana – svela -. C’era un maneggio e si organizzavano pas-seggiate, ma era una zona di ripo-polamento ed io ero troppo piccolo per uscire a cavallo. Però ho potuto dare una mano a governare i caval-li, a prepararli, a sellarli e i gestori mi hanno ricompensato con delle lezioni in maneggio. È stata davvero una bella soddisfazione».Il giovane allevatore riconosce che

la sua è una passione insolita, soprattutto perché non è nato e cre-sciuto nel mondo agricolo. «Credo che dipenda dal fatto che i miei genitori mi hanno sempre fatto apprezzare la natura – sostiene -. Mi sono sempre piaciuti gli animali, cani, gatti, pesci, criceti, ma poi mi ha interessato di più la zootecnia, la possibilità di entrare in sin-tonia anche con specie non considerate di compagnia, che invece trasmettono molto. In quinta elementare avevo già deciso che mi sarei iscritto ad una scuola agraria». Questa chiara visione è anche quella che gli fa cogliere con realismo il ne dell’allevamento: «So che gli animali devono essere mangiati – afferma -, fa parte dell’e-cosistema, del ciclo della natura. Quello che per me è importante che vengano allevati nelle migliori condizioni». Scoprire così presto la sua vocazione gli ha permesso anche di col-lezionare già un buon bagaglio di conoscenze ed esperienze. Parte-cipa alle ere, è abbonato a riviste specializzate e si interessa delle storie di giovani che hanno realizzato imprese nuove, trova model-li, poggia i suoi sogni su dati concreti. Ma la sua vita non è a senso unico. Nel tempo libero c’è, ad esempio, anche il calcio, gioca in-fatti negli Allievi Eccellenza della Falco. «Ora che frequento l’Agra-rio ho altri coetanei con cui confrontarmi – conclude -, ma natural-mente agricoltura e zootecnia non sono argomenti per tutti. Con gli amici si parla d’altro».

l fascino della natura colpisce ad ogni età. Accanto alle storie di chi lascia un’attività “urbana” per ritornare alla campagna e a quelle di giovani che – è proprio l’ultima tendenza rilevata dalle statistiche – aprono un’azienda agricola tutta loro o rileggono in chiave più attua-le l’attività di famiglia, ci sono piccole esperienze ancor più singolari. Come quelle di Emanuele, 12 anni di Treviolo, e di Cesare, 14enne di Albino, che nel giardino di casa hanno realizzato e curano, rispettiva-mente, un orto e un pollaio. Non vivono in un ambiente agricolo, ma una passione nata «sin da piccoli» (sottolineano entrambi come se fosse passato chissà quanto tempo!) li ha portati ben presto sporcar-si le mani, senza che i genitori li abbiano in qualche modo sollecitati. Se i loro coetanei vivono tra telefonini, Internet, videogiochi, tv e diva-no, spesso incerti sulle strade da prendere per il loro futuro, per i due ragazzi alzarsi presto nelle mattine d’estate per annaf are o andare a fare esperienza in una fattoria è una scelta che regala grandi sod-disfazioni.

I Emanuele a Treviolo ha avviato una “produzione” tutta sua nell’orto di casa. Cesare si è costruito da solo il pollaio ad Alzano. «Un interesse sbocciato fin da piccoli», dicono entrambi

CESARE CUGINI

«Alle elementari avevo già deciso di fare l’Agrario»

dicembre 2012

2323

di Lara Abrati

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Chiuduno, non solo vino

l territorio di Chiuduno fa parte della zona in cui è possibile produrre Valca-lepio Doc. Considerata dai più come località esclusivamente di passaggio, pochi si soffermano sulle bellezze di questo piccolo comune bergamasco in cui nei decenni scorsi è orita l’in-dustria del bottone.Nella parte più ad ovest del territorio comunale, alle pendici della collina, si può passeggiare nel borgo storico del paese, da cui fa da vedetta la vecchia parrocchia, il santuario di San Miche-le, che prende il nome dall’omonimo colle. Qui si può vedere anche la par-te rimasta del castello del IX secolo e i vecchi lavatoi, ancora in funzione. In direzione est, invece, si incontra la via Montebello che porta nella zona pedecollinare. La strada nisce e si trasforma in uno sterrato che termina nella frazione Cicola del vicino paese Carobbio degli Angeli. La collina, ora ricoperta in gran parte dai boschi, era

la zona prediletta per la coltivazione della vite. “Essendo molto scoscesa - spiega Diego Locatelli dell’azienda vitivinicola Locatelli Caf - pian pia-no ci si è spostati con la coltivazione della vite nelle parti più basse, anche

per l’esigenza di meccanizzare le ope-razioni colturali”. Un tempo infatti si coltivava attraverso l’uso di tecniche esclusivamente manuali, il terreno era organizzato in terrazzamenti ora parzialmente in disuso. In queste zo-

IPur avendo una decisa vocazione vitivinicola, nel territorio sono stati introdotti negli anni anche la produzione di olio d’oliva e di insalate in serre

L’ITINERARIO

2525

ne sono stati recentemente introdotti gli olivi, da cui l’azienda Bilòffer estrae un ottimo olio. Nella zona più a est del paese si incon-tra la valle del Fico. Dalla strada provin-ciale 91, seguendo le indicazioni, si arri-va in questa piccola valle che si origina dal torrente Tirna che, lungo il suo cor-so, crea delle splendide pozze di acqua limpida. Appena imboccata la strada della valle, sulla destra si incontra l’a-zienda Locatelli Caf , attorniata dai vi-gneti. Proseguendo, la strada è a fondo

chiuso e da qui parte un sentiero su cui si trovano moltissime piante di co di di-versa varietà e tipologia. Questa è la zo-na adibita tutt’oggi alla coltivazione del-la vigna dove si mantengono ancora vive molteplici piccole aziende a conduzione familiare, talvolta neppure segnalate, ma quasi tutte con un denominatore co-mune: si ricollegano in qualche modo al-la famiglia Locatelli. Chi produce solo uve e le conferisce ad altri per la lavorazione, chi vini ca e vende vino sfuso o in bottiglia in pic-

cole quantità e chi, avendo investito to-talmente nella produzione vitivinicola, ha l’ambizione di guadagnarsi quote di mercato sempre maggiori puntando sul-la produzione di un vino di qualità. Nella parte sud, quella pianeggiante, so-no orite negli ultimi anni aziende adibi-te alla produzione di insalata in tunnel, tra le serre. Qui sorge la cantina di Si-mone Locatelli, dell’azienda vitivinicola “Cascina Castello”. Non da sottovaluta-re l’azienda vitivinicola di Fabio Finazzi, localizzata al centro della Valle del Fico.

L’azienda di Simone Locatelli, ha una sto-ria da raccontare. Visto che il padre aveva scelto a suo tempo una carriera lavora-tiva esterna al mondo del vino, Simone, non ancora nita la scuola agraria, deci-de di seguire le orme del nonno e inizia così la sua esperienza nella produzione di vino. A 18 anni già imprenditore agricolo, chiama l’azienda come la cascina dove ha avuto la sua prima piccola cantina, la “Cascina Castello”, in collina, in una posi-zione panoramica sulla valle del Fico. At-torno alla struttura, i suoi vigneti curati in modo meccanizzato. Il primo vino prodot-to e venduto inizialmente sfuso è stato “Il Vignaiolo”, a base di Merlot e Cabernet. Successiva la scelta di costruire la nuova cantina, più comoda perché posiziona-ta vicina al paese, in zona pianeggiante, più grande e funzionale, per preparare un ambiente confortevole in vista dei pro-getti di espansione. La nuova struttura ha visto la luce nel 2010. Simone ha scelto di fare diversi investimenti al ne di inno-vare e rendere più produttiva la cantina e aumentare la qualità del vino. Attualmen-te coltiva 7 ettari di vigneto con vitigni di diverse tipologie. Con Merlot e Cabernet produce il suo vino pioniere, il “Vignaio-lo”. Ma Simone produce anche un Caber-net in purezza e Cabernet sovra maturo, ottimo da abbinare ai formaggi. Coltiva anche Moscato giallo per la produzione del passito, il vitigno Franconia per il Rosè e lo Chardonnay e il Pinot Grigio per il suo bianco fermo e lo spumante brut metodo classico. Il costo delle bottiglie varia da un

minimo di 3 euro ad un massimo di 15 eu-ro per una bottiglia da 0,5 litri di Cabernet sovra maturo. Simone ha optato inoltre per la vendita del vino sfuso, a 1,40 euro al litro, nel suo spaccio aziendale ha le da-me da 5 litri già confezionate. I suoi clien-ti preferenziali sono ristoranti, enoteche, agriturismo, ma soprattutto i privati, tan-to che la sua cantina è sempre aperta per l’acquisto e per eventuali visite. Partecipa inoltre a numerosissimi mercati agricoli sparsi su tutto il territorio della provincia di Bergamo, dalla pianura alle valli.

Gestita ora dai due fratelli, Fabio di 36 an-ni e Diego di 29, è la prosecuzione dell’at-tività del padre Pietro. Fabio è perito agra-rio e gestisce la parte agronomica e col-turale, mentre Diego è enologo e, con il padre, si occupa della parte commerciale. Pietro racconta dei suoi viaggi in Germa-nia, per vendere il vino. Infatti l’azienda punta molto sull’esportazione e ha stret-to rapporti commerciali, oltre che in Ger-mania, in California, in Belgio, in Inghil-terra, poco in Olanda e presto in Senegal. L’impostazione e l’orientamento si notano dalla grande cantina, costruita nel 2004, che è andata a sostituire quella storica di famiglia. Una struttura nuova, con attrez-zature all’avanguardia al ne di ottimizza-re il lavoro e la manodopera non sottova-lutando la qualità del prodotto. Una strut-tura gestita con grande professionalità. Al pianterreno invece lo spazio per la vendita allestito con l’esposizione delle bottiglie.L’azienda lavora circa 13 ettari di vigneto, tra terreni di proprietà e in af tto. Ha im-piantato i vitigni per produrre Valcalepio Doc, quindi Merlot, Cabernet Sauvignon, Pinot bianco e grigio, Chardonnay, che vie-ne anche spumantizzato, e Moscato. Inol-tre, l’azienda ha un terreno e una cantina in af tto a Scanzorosciate dove è prevista la produzione di Moscato di Scanzo Docg. Locatelli Caf ha avviato la produzione di vini anche con la nuova Doc “Terre del Col-leoni”. E le soddisfazioni non sono manca-

“CASCINA CASTELLO”,LA SCOMMESSA DI SIMONE

LOCATELLI-CAFFI PRIMEGGIA CON LA DOC “TERRE DEL COLLEONI”

dicembre 2012

Le aziende

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te: il Merlot “Gaudio” ha infatti vinto la medaglia d’oro al recente concor-so enologico “Emozioni dal Mondo - Merlot e Cabernet insieme”. Una curiosità: i vigneti posti vicino all’azienda, nella valle del Fico, han-no le reti antigrandine, dif cilmente utilizzate nella zona di produzione del Valcalepio Doc. Questo perché nella valle vi è un particolare micro-clima. Anche i terreni sono diversi ri-spetto alle zone limitrofe.L’azienda produce anche alcuni vi-

ni Igt bergamasca, tra cui il novello, prodotto con macerazione carboni-ca. Due invece gli spumanti con me-todo classico: un brut (da uve Char-donnay) e un dolce (da uve Mosca-to). In vendita nello spaccio azienda-le anche la grappa di Moscato e la grappa di Cabernet.

Bilòffer deve il curioso nome al soprannome del nonno di Andrea Gavazzeni, giovane imprenditore agricolo di 28 anni. Nata 5 anni fa, l’azienda ha sede in posizione collinare e panoramica, nella zona più alta del monte di Chiuduno. L’impianto degli ulivi è però anteceden-te all’apertura dell’attività e risale al 2002. La sede aziendale è ora un cantiere, infatti Andrea sta inve-stendo af nché vengano restaurate le vecchie struttu-re di proprietà della sua famiglia con l’obiettivo di cre-are un ambiente confortevole e utile alla sua attività: è in costruzione lo spaccio aziendale e una struttura che probabilmente diventerà uno spazio destinato all’ac-coglienza e all’ospitalità. Tanti progetti e la necessità di effettuare costantemente piccole scelte in funzione delle necessità e delle possibilità. Nei periodi in cui il lavoro nei campi lo permette, Andrea collabora nell’im-presa edile del papà.L’impianto dell’oliveto conta circa 600 piante, di varie-tà Leccino, Pendolino e Frantoio. L’azienda produceva anche una tipologia di vino rosso che ha abbandona-to al ne di dedicarsi con costanza alla produzione di

olio, che è commercializzato in bottiglie da 0,5 litri, da 0,75 litri e in latte da 5 litri. Il prezzo medio di vendita è di 15 euro al litro.L’azienda ha ottenuto la certi cazione “Laghi Lombardi Dop”, non a caso una parte della produzione (rispetto-sa del disciplinare) riporta tale menzione in etichetta. Chiuduno è uno dei 24 comuni della provincia di Ber-gamo inseriti nel disciplinare di produzione, dove viene indicata la menzione geogra ca aggiuntiva “Sebino” (legata in termini di ovvietà ai comuni delle province di Bergamo e Brescia, mentre sempre per la certi cazio-ne Laghi Lombardi Dop di oli prodotti da olive coltiva-te in provincia di Lecco e Como, si utilizza la menzione geogra ca aggiuntiva “Lario”). Le olive di Andrea ven-gono frante subito dopo la raccolta nel frantoio “Vela” di Marone (Brescia), dando un olio extravergine di oliva caratterizzato da una bassissima acidità.

BILÒFFER, SEICENTO OLIVI PER UN OLIO DOP

DOVE MANGIARE

Il ristorante, di proprietà della famiglia Berzi dal 1860, ha se-de nella vicina Cicola, frazione di Carobbio degli Angeli. Si può raggiungere anche a piedi, infatti il sentiero che scende dal monte di Chiuduno (da via Montepelato) giunge proprio a cir-ca un centinaio di metri dal ristorante, sulla vecchia strada che congiungeva Bergamo a Brescia. L’Hosteria del Vapore viene chiama-ta “al vapore” quando nel 1905 vie-ne attivata la nuova linea ferroviaria Bergamo-Sarnico, proprio accanto all’osteria il treno si fermava a carica-re il carbone e l’acqua per la caldaia. Al suo riavvio, si creava una nube in-tensa di vapore che andava a riempi-re i locali. Ora il ristorante è ancora di

proprietà della famiglia Berzi. In cucina Stefano prepara piat-ti semplici legati al territorio bergamasco. Con lui la famiglia è arrivata alla quinta generazione di osti. In sala presenziano Gianpaolo Berzi, sommelier, e la moglie Monica. La cantina vanta una vasta selezione di vini scelta, negli anni, da Gian-

paolo. La struttura del ristorante è molto suggestiva, tanto da avere una vecchia ghiacciaia. Il complesso è stato ristrut-turato nel 2000 ed è stato dotato anche di un’accogliente cigar room. È aperto a pranzo e a cena, no a tardi.

L’HOSTERIA DEL VAPORE, DA CINQUE GENERAZIONI AI FORNELLI

via Manzoni, 2 - Carobbio degli Angeli tel. 035 953401 www.hosteriadelvapore.com

L’ITINERARIO

Andrea Gavazzeni

Stefano Berzi

GLI ITALIANI AL RISTORANTE? TUTTI “ESPERTI” E P

Quando si siede a tavola, un fran-cese è sempre un po’ dif dente

e a tratti spocchioso. Se però il suo palato viene solleticato da inaspetta-te leccornie, va in brodo di giuggiole e dopo aver prodigato innumerevoli complimenti lascia una lauta mancia. L’italiano è diverso. Assume subito un atteggiamento amichevole, ti dà del tu perché “tra connazionali all’estero ci si capisce”. Parte dal presupposto che “la nostra cucina mediterranea sia la migliore, non come quei bistrot turisti-ci della via pedonale”. E così si sbafa un pasto luculliano, dall’antipasto al caffè. Si fa offrire pure il digestivo. Al

momento di pagare, però, fa di tutto per avere lo sconto. Le strategie per arrivare all’obiettivo, di solito, sono due: c’è chi si appiglia a pretestuose critiche riguardo al cibo appena gusta-to e c’è chi, invece, dice di non volere lo scontrino in cambio di una ricevuta non scale con sconto annesso. Non a caso la parola “mancia” deriva dal francese “manche” (manica) anche se i più attenti a questo tipo di compenso sono gli inglesi e gli americani: gli euro che lasciano sul tavolo, infatti, non vengono mai messi in modo casuale ma vengono calcolati in base alla cifra nale presente sullo scontrino. Questo

perché chi vive negli Stati Uniti sa bene che le mance possono essere, a ne mese, anche il 70% dello stipendio di un cameriere, di solito al minimo sin-dacale. Tornando agli italiani, per lavo-ro o turismo, a Nizza ce ne sono moltis-simi. E paradossalmente a fare le pulci sullo scontrino sono proprio quelli che in Costa azzurra possiedono seconde case o attici da centinaia di migliaia di euro. C’è chi, tra una portata e l’altra, si arrovella per scegliere la miglior de-corazione per il nuovo appartamento appena acquistato a pochi passi dalla rue piétonne. Lo senti parlare con la moglie di stucco veneziano, spatolato

RATATOUILLE

di Laura Ceresoli

2828

FUORI PORTA

epte

di Michela Brivio

na passione più che radicata - “questo è il mestiere più bello del mondo e non avrei voluto fare altro nella vita” - e un’esperienza, indimenticabile, all’Antica Osteria del Ponte con il “grande maestro Ezio Santin”. Un biennio formativo che ha forgiato Stefano Riva facendogli scoprire la ricchezza del territorio, il valore delle materie prime. Tanto che questo legame con la tradizione lo ha por-tato a ricorrere alla voce “Osteria” nell’insegna che ha scelto per il suo locale a cui ha af ancato “Strecciolo”, nome dell’antico rione di Rob-biate a marcare appunto l’attaccamento al territorio.“Sono un cuoco - spiega Stefano - lavoro nel mio regno, che è la cucina, è la mia più grande soddisfazione è quando le sensazio-ni che voglio comunicare vengono recepite nei piatti che parlano per me”. Fondamentale è quindi l’incastro perfetto con i fornitori e con la mo-glie Stefania Mastrota: è lei ad accogliere gli ospiti e a occuparsi del-la sala con Barbara, ormai parte della famiglia dall’inizio di questa avventura, quattro anni fa.

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“Osteria dello Strecciolo”, la passione si sente

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Osteria dello Strecciolo - via Indipendenza, 2Robbiate (Lc) - tel. 039 9281052giorno di chiusura: martedì

RATATOUILLE

Stefania Mastrota e Stefano Riva

E PRONTI A CHIEDERE LO SCONTO o di altre tecniche so sticate per ridi-pingere le pareti. Ma si tratta solo della seconda casa perché la prima si trova a Roma, a pochi passi dal Vaticano. Be-ato lui! Peccato che alla ne del pasto, anziché ricompensare lo sforzo di due giovani che da soli riescono a portare avanti un locale all’estero, assume il classico atteggiamento da amicone e chiede uno sconticino, come se quei 2 euro fossero questione di vitale impor-tanza per il suo budget mensile. Ma i più buf rimangono quelli che parlano in italiano con uno spiccato accento da ispettore Clouseau, per dimostrare che loro in Francia sono integrati e che la

lingua d’origine l’hanno ormai scorda-ta. Peccato che magari abbiano vissuto no a 5 anni prima a Barletta, complice il codazzo di parenti meridionali che puntualmente si portano appresso ogniqualvolta escono a pranzo. Poi arrivano gli emiliani che esaminano le etichette del nostro Lambrusco da cima a fondo; i napoletani che la sanno lunga sulla mozzarella di bufala cam-pana; certi milanesi, che sostengono che la vera cotoletta non sia quella con l’osso bensì la cosiddetta orecchia di elefante; i bergamaschi che vogliono mettere alla prova la nostra capacità di fare una buona polenta. Insomma, una

cosa in questi mesi l’abbiamo capita: ognuno ha le sue ricette, legate alla cu-cina regionale di origine e alle proprie tradizioni, e pretendere di assecondare i gusti di tutti sarebbe un’impresa a dir poco titanica.

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ognuno ha le sue ricette, legate alla cucina regionale di origine e alle proprie tradizioni, e pretendere di assecondare i gusti di tutti sarebbe un’impresa a dirpoco titanica.

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dicembre 2012

Gradevole lo stuzzichino di benvenuto che viene offerto nell’atte-sa, come pure il pane e la piccola pasticceria, servita al termine, che completano un servizio svolto con professionalità. Il menù spazia dalla terra al mare e sono la qualità e la stagionali-tà delle materie prime gli ingredienti fondamentali di ogni portata. Non si può che iniziare con il baccalà mantecato all’olio nuovo con sfoglie di polenta e, tra le novità, le frittelle di “borroeula”, grano saraceno, taleggio, pomodoro e zucca. Menzione speciale al risot-to, attualmente proposto mantecato al cavolo, vino rosso e taleg-gio, ma non da meno sono gli altri primi come i ravioli di zucca con fonduta di blu del Monviso e aceto balsamico. Emergono tecnica e preparazione anche nei secondi: coscia d’a-natra con t, composta di rabarbaro, curry e tortino di patate, un tutto coniglio da scoprire e, sul versante ittico, trancio di branzino con quinoa, cruditè di verdure e olio aromatico. Ogni piatto è un invito alla degustazione, grazie a una cucina di tradizione rivisita-ta in chiave moderna e imperniata sulla ricerca, sull’equilibrio dei sapori e sulla cura nella presentazione.Da assaggiare i dolci: a partire dal cremoso al caffè, gelato allo zafferano e liquirizia per arrivare alla torta alle noci e mou con cre-ma pralinata no al sorbetto alle pere e grappa e sedano candito. Quanto ai vini in carta gurano vini di pregio, ma viene proposta anche una selezione di etichette in abbinamento ai piatti in car-ta. Il conto è intorno alle 45 euro mentre a pranzo si va sui 13, per un menù di lavoro con una scelta più ridotta ma che mantiene gli stessi standard qualitativi. Il giovedì sera è invece dedicato al te-ma del mese - come l’ultimo con protagonista la Cassoeula - o a eventi con ospiti interessanti e coinvolgenti.

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APPUNTAMENTI

Si concluderà venerdì 21 dicembre con la premiazione dei primi tre classi cati e con la preparazione in piazza Città di Lombardia del risotto giallo per tutti il concorso enogastronomico “Giallo Mi-lano”, dedicato al risotto alla milanese. La keremesse coinvolge dal 14 al 16 dicembre 43 ristoranti di Milano e provincia, che si contendono a suon di mantecatura e zafferano il titolo per il “mi-glior risotto alla milanese”. L’evento, giunto alla quinta edizione, è realizzato con il patrocinio di Regione Lombardia, Provincia di Milano, Comune di Milano e Camera di Commercio, con la colla-borazione anche dell’Unione del Commercio e della Fipe. Al pre-mio della giuria, composta da giornalisti del settore, si af anca il gradimento del pubblico, che nei tre giorni della manifestazione è invitato a recarsi nei ristoranti che partecipano al concorso per

assaggiare il piatto tipico della tradizione milanese e ad inviare giudizi e commen-ti (l’indirizzo è info@vitaminemilano). La manifestazione è organizzata in collabo-razione con Ersaf, che fornisce tutte le materie prime per il concorso: zafferano di Varedo (Mb), riso milanese, burro e ci-polla “made in Lombardy” e vino di ac-compagnamento dell’Oltrepò pavese.

IL 21 DICEMBRE

RISOTTO IN PIAZZA PER LA CHIUSURA DEL CONCORSO “GIALLO MILANO”

Consolidato appuntamento internazionale per gli operatori della gelateria, pasticceria e pani cazione, il Sigep di Rimini quest’anno si presenta insieme ad A.B. Tech Expo, salone internazionale del-le tecnologie e dei prodotti per la pani cazione, la pasticceria e il settore dolciario. Il giro d’orizzonte sulle novità in tema di materie prime e ingredienti, impianti e attrezzature, arredamento e servizi potrà perciò essere ancora più ampio e completo. La 34esima edi-zione, in programma a Rimini Fiera dal 19 al 23 gennaio, ospiterà nei suoi 100mila metri quadrati un migliaio di espositori e sarà co-me sempre il contenitore di sezioni tematiche, concorsi e campio-nati, dimostrazioni, corsi e seminari di aggiornamento. Ci saranno,

Ruoterà attorno al “Valore Rivoluzionario del Rispetto” l’edi-zione 2013 di Identità Golose, il congresso di cucina d’autore lanciato nove anni fa a Milano dal giornalista enogastronomi-co Paolo Marchi, nel tempo sviluppato anche in nuovi appun-tamenti nel mondo. Il tema della manifestazione – di scena a Mi.Co. Milano Congressi in via Gattamela-ta dal 10 al 12 febbraio – prosegue il per-corso iniziato nel 2010 con “Il Lusso della semplicità” e proseguito lo scorso anno con “Oltre il mercato”, entrambi inviti ad andare all’essenzialità della cucina an-che sulla spinta della crisi economica che si andava pro lando e che si è fatta sem-pre man mano più presente e pressante. Troppi per essere elencati i grandi nomi - della cucina e della ristorazione italiana, europea e mondiale – che si alterneran-no nelle tre giornate e nelle tre sale dell’evento. «I relatori di domenica 10 e lunedì 11 in Auditorium parleranno di Rispetto – spiega Marchi -, rispetto per la natura, per le materie prime, per i clienti e i loro soldi e il rispetto dei clienti verso cuochi e ri-storatori che sono liberi professionisti e rischiano il loro. E an-cora il rispetto per la verità che non è solo la nostra, ma anche quella degli altri. Seguiremo così anche i “nuovi leoni della cu-cina mondiale” provenienti da Italia, Spagna, Francia, Svezia, Brasile e Singapore». Martedì invece la mattina sarà dedicata al focus su una realtà particolare, la cucina amminga in que-sta circostanza, e il pomeriggio all’ormai classico appunta-mento con la pasticcieria d’autore e il mondo del cioccolato. E poi le due sale tematiche: domenica Identità di Pasta e, per la prima volta, Identità di Sala, lunedì Identità Naturali e Identi-tà di Pizza. Senza dimenticare le soste tra le aziende presenti nell’area espositiva. www.identitagolose.it

GELATI, PASTICCERIA, PANIFICAZIONE: AL SIGEP DI RIMINI LE NOVITÀ E I CAMPIONI

IDENTITÀ MILANO, I GRANDI DELLA CUCINA A CONFRONTO SUL “RISPETTO”

DAL 19 AL 23 GENNAIO

“Anteprima Amarone: la storia di un vino di successo” è il ti-tolo scelto per il decennale della manifestazione organizzata dal Consorzio per la tutela dei vini della Valpolicella. L’appun-tamento è il 26 e 27 gennaio a Verona con un nuovo allesti-mento ma nella stessa prestigiosa location dello storico Pa-lazzo della Gran Guardia, su una delle più belle piazze europe-e, di fronte all’Arena. La vendemmia protagonista è quella del 2009, ma l’evento vuole anche celebrare i 10 anni che hanno cambiato la storia dell’Amarone della Valpolicella, facendolo diventare uno dei grandi vini più apprezzati al mondo, nito anche sulla tavola del presidente degli Stati Uniti Barack Oba-ma. Ottenuto dall’appassimento delle uve conservate in frut-tai per 100/120 giorni, dove porta a termine la fermentazio-ne degli zuccheri, l’Amarone è uno dei più longevi fra i grandi vini italiani. La manifestazione è aperta al pubblico il sabato dalle 16 alle 19 e la domenica dalle 10 alle 18. L’ingresso è a pagamento su invito, da richiedere a [email protected]

A VERONA SI DEGUSTA IN ANTEPRIMA L’AMARONE 2009

IL 26 E 27 GENNAIO

DAL 10 AL 12 FEBBRAIO

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Per gli operatori dell’ospitalità e della ristorazione che vogliono ag-giornarsi sulle nuove tendenze e opportunità e per i cultori della tavola sempre alla ricerca di prodotti golosi i mesi di gennaio e feb-braio offrono una serie di ere specializzate. Al quartiere eristico di Riva del Garda dal 27 al 30 gennaio è in programma la 37esima edizione di Expo Riva Hotel, uno dei prin-cipali momenti di incontro per le aziende dell’hotellerie e della ri-storazione. La manifestazione è suddivisa in quattro grandi aree: Benessere Hotel, per chi è alla ricerca di proposte per creare o rin-novare il proprio centro wellness in hotel; Eco Hotel con le soluzioni per il risparmio energetico in albergo; Contract & Design dedicata ad arredo, soluzioni bagno e tecnologie; Food & Beverage dedica-to del bere e al mangiare fuori casa, con prodotti alimentari, grandi attrezzature e beverage, oltre alla mostra degli oli extravergine d’o-liva Dop e monovarietali. (www.exporivahotel.it)Dall’8 all’11 febbraio toccherà alla Fiera di Brescia con Golosi-talia, giunta alla seconda edizione. La manifestazione, aperta al pubblico e agli operatori, farà spazio a 350 aziende suddivise in sei aree tematiche: food, wine, beer, ristorazione, attrezzature pro-fessionali e turismo enogastronomico. Rispetto al debutto sono raddoppiati gli eventi collaterali, circa 50 tra corsi di degustazione, corsi di cucina, seminari, corsi di galateo, dimostrazioni in diretta, concorsi per le aziende. (www.golositalia.it)Dal 17 al 20 febbraio sarà la volta di Ristorexpo, il salone dedica-to ai professionisti della ristorazione promosso da Confcommercio Como e Lecco a Lario ere. La rassegna si affaccia alla 17esima edizione forte di circa 200 aziende espositrici e 20mila visitatori della scorsa edizione. Punti di forza dell’evento sono gli incontri con i grandi chef, gli stage di cucina, workshop e seminari di ap-profondimento che permettono di confrontarsi e far nascere nuove idee. Sempre atteso il concorso di cucina calda nazionale “Cuoco dell’anno”, promosso dalla Fic – Unione Cuochi Regione Lombar-dia. Il concorso ha come tema per l’edizione 2013 il pesce d’ac-qua dolce ed è aperto ai cuochi professionisti - età minima 18 anni - operanti in Italia e all’estero iscritti alle rispettive associazioni di categoria. (www.ristorexpo.net)

ad esempio, il Sigep Gelato d’Oro, ossia il Gran Premio italiano va-lido per la selezione alla Coppa del mondo di Gelateria, e il concor-so che eleggerà il miglior gusto nocciola. Nella sezione della pastic-ceria si svolgeranno il Campionato mondiale Juniores a squadre, i Campionati italiani Seniores e Juniores e l’inedito concorso inter-nazionale dell’arte dello zucchero. S de di alto livello, in vista del-le competizioni mondiali, saranno anche quelle nella cioccolateria e per i baristi, mentre nel Sigep Bread Cup Award cinque paesi di cinque continenti presenteranno le proprie creazioni dolci e sala-te offrendo degustazioni e ricette al pubblico. Non poteva mancare nemmeno il cake design, con un apposito forum della decorazione con concorsi, dimostrazioni e formazione, e neppure le iniziative nel settore pizza e pasta. Si fanno largo anche il biologico e l’ecoso-stenibilità con Biodays, percorsi di integrazione bio in laboratorio. L’ingresso è riservato ai professionisti. www.sigep.it

dicembre 2012

RISTORAZIONE E OSPITALITÀ, È TEMPO DI FIERE

S E D I E , TA V O L I E P R O G E T T I

D A L 1 9 6 1P R O D U T T O R I D I S E D I E , T A V O L I

E A R R E D I D I Q U A L I T À

di Fulvio Facci

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Bistrò, il bar che cucinaIn via Masone la velocità del servizio si sposa con piatti fatti in casa e griglia sempre in funzione. «È una zona di uffici, dovevamo per forza puntare sull’offerta di mezzogiorno»

IL PREZZO FISSO

BAR BISTRÒ - via Masone, 8 Bergamo - tel. 035 218162chiuso sabato e domenica

opo l’ottima mensa interaziendale del numero precedente ancora una va-riante nella nostra pausa pranzo. Non un ristorante o una trattoria classici ma un bar nel centro della città. Non si tratta di un’inchiesta ad ampio raggio, e con obiettivi di ricerca e documenta-zione, semplicemente abbiamo voluto mangiare in un posto diverso rispetto alla consuetudine. Un bar, quindi, ma non con un “menù da bar”, con panini, insalatone, piatti freddi o di gastrono-mia, bensì con una cucina vera.Al Bistrò di via Masone al numero 8, nella zona delle poste centrali, abbia-mo trovato questa interpretazione del-le proposte da offrire a pranzo. Non è scritto da nessuna parte, intendiamo-ci, noi abbiamo mangiato con calma assoluta, ma l’impressione che abbia-mo ricavato è che si tratti soprattutto di pranzi veloci. «Siamo al centro del-la città, una zona di uf ci ed i nostri clienti sono quindi prevalentemente impiegati o imprenditori e non hanno molto tempo. Sì, in verità i nostri pranzi in media sono abbastanza veloci». De-scrive così la tipologia della sua clien-tela Donald Cattaneo Gasparini, 43 anni, da 13 titolare del locale.«Abbiamo una buona tradizione nella gestione degli esercizi pubblici – pro-segue - dal momento che già la nonna e poi la mamma gestivano un albergo a Sedrina. E proprio da mamma Anto-nietta ho appreso, chiamiamoli così, i segreti della sua cucina».La proposta è casalinga nel senso che i clienti trovano al Bistrò quello che troverebbero a casa. Si tratta preva-lentemente di clienti abituali e quindi ci sono i piatti del giorno che variano, appunto, tutti i giorni e poi una serie di piatti che sono sempre nella lista.

La cucina è una struttura “vera” con personale specializzato, la griglia è sempre in funzione e non c’è spazio per l’improvvisazione. E a giudicare dall’af uenza tutto deve lare molto bene.«Iniziamo a mezzogiorno e niamo ver-so le tre – rileva Donald Cattaneo Ga-sparini –, i clienti sanno bene come funziona, dobbiamo ruotare i tavoli, in queste tre ore il ritmo del lavoro è vera-mente frenetico. Sono veramente sod-disfatto di quello che stiamo facendo e dei traguardi che abbiamo raggiun-to. Volevamo arrivare a questo punto, avere un locale con una buona clien-tela affezionata. Ci siamo e non posso chiedere di più. Del resto, se vogliamo, in questa zona non c’erano molte al-ternative per ottenere dei buoni risul-

tati dal punto di vista della gestione. Di bar ce ne sono molti, dopo le sei e mez-za della sera, chiusi gli uf ci, in zona non gira più nessuno. Abbiamo punta-to sin dall’inizio sulla pausa pranzo e sta andando bene nonostante la crisi, che pure si avverte».Il locale non è molto ampio e, distribu-ito in due salette, c’è spazio per circa cinquanta coperti. Il servizio è rapido, ef ciente e curato e trattandosi pre-valentemente di clienti abituali tutto scorre in maniera uida, sembra persi-no che ci siano dei ritmi sincronizzati.

D LA PROVA

Molto chiare le proposte del Bistrò disposte su quattro fogli a stampa inseriti nei portamenù. Non c’è la combinazione a prezzo sso ma i costi delle sin-gole portate sono accessibili. Tra 4,20 euro e 4,80 i primi, 6 euro per i secon-di. Un euro e quaranta per l’acqua minerale, due euro per un quarto di vino.Il menù del giorno prevede due primi, due secondi e due dolci. Spaghetti alle vongole e gomiti al pomodoro, wurstel alla griglia, frittatina di verdure e noce di grana, formaggella alla piastra con patate, macedonia di frutta e semifred-do al torroncino le proposte che abbiamo trovato.Ma al Bistrò c’è anche un menù permanente che prevede otto insalatone a 5,50, tutta la carne che si può cucinare alla griglia per 6 euro con l’eccezione del letto di manzo che ne costa dieci. Ma molto interessanti e gettonati sono i piatti unici sulla carta a 6,50 euro. Prevalentemente si tratta di piatti fred-di ma c’è anche il petto di pollo con torta salata e verdure lesse e quindi ab-bondanza di scelta tra salumi e formaggi anche con una certa ricercatezza.Siamo andati sul classico e quindi spaghetti alla vongole e wurstel alla griglia con frittatina di verdure, molto buona, e noce di grana. Con acqua e un quar-to di vino e caffè abbiamo speso 13,50 euro. Buona la qualità, accettabile il rapporto qualità-prezzo.

LA VARIETÀ È ASSICURATA CON IL MENÙ DEL GIORNO

dicembre 2012

Aperitivo di benvenuto

Sformatino di spinaci e ricottacon crema al pecorino

Salame nostrano tagliatoa coltello

Risotto al Chianti mantecatocon formaggella di valle

Ravioli al cavolo nerocon burro agli aromi

Stracotto di manzo al vino rossocon polenta macinata a pietra

Pecorino e grana con noci e frutta

Semifreddo natalizio

Caffè con panettoneVino, acqua, coperto

Aperitivo di benvenutocon crostini e stuzzichini

Crudo toscanocon donzelline al rosmarino

Tris di verdure padellatecon crema al Camembert

Bocconcini di pecorino con il miele

Fagottino vegetarianocon salsa di zafferano e rucola

Caramelle di pasta frescacon salsiccia e stracchino

Faraona alle castagne e ristrettodi vino rosso con flan di patate

e cardi in umido

Muffin al melograno con salsa di torrone

A mezzanotte brindisicon panettone e come buon augurio

cotechino con lenticchieMusica, balli ed intrattenimento

Ospite della serata Luigi Delpanno

Vino, acqua, coperto

Da gennaio

serate jazzVISITA IL SITO PER

IL PROGRAMMA

dicembre 2012

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Il “baffo” di Rivolta da ragazzino si divertiva a cucinare nella trattoria sul ume gestita dai suoi genitori. Oggi, invece, all’arte culinaria preferisce le cene, quelle con

gli amici, i collaboratori e i dirigenti delle sue squadre. Ma quella che ama è sicuramente la cena di Natale, un mo-mento in cui la famiglia si ritrova per stare insieme e che è per lui un po’ magica. Anche se ora la sua condizione di sa-lute lo vincola un po’, Emiliano Mondonico ha cominciato ad apprezzare il fatto che l’alimentazione migliore è quella equilibrata, senza strafare e stramangiare. Per vivere me-glio e stare meglio con se stessi. Il suo piatto preferito“Purtroppo, ora sono obbligato a mangiare pasta in bianco. Devo dire che comincio ad apprezzarla”.Le piace cucinare?“Non proprio… Anche se da ragazzino, siccome i miei geni-tori avevano una trattoria in riva al ume a Rivolta d’Adda, mi divertivo a cucinare qualcosina”.Il piatto che le veniva meglio?“Il latte con due uova sbattute: ero diventato un vero artista di questa pietanza”.La specialità bergamasca che preferisce?“Beh, la polenta taragna senza alcun dubbio”.Cosa non le piace?“Non ho mai sopportato il fegato e tutto ciò in cui si può tro-vare del fegato”.La cucina regionale che più apprezza?“Quella del Trentino e della Valle d’Aosta, quando andavo in ritiro con le mie squadre: ci facevamo certe mangiate di carne…”Il suo menù ideale“Un buon piatto è quello che sa unire alimenti equilibrati. La cosa ideale è mangiare carboidrati a pranzo e proteine a cena. Dobbiamo imparare a mangiare di meno, ma cose genuine, sane e di qualità, altrimenti diventeremo tutti obe-si e non staremo mai bene con noi stessi”.Carne o pesce?“Al pesce, purtroppo, sono intollerante: quindi, carne”.Vino o birra?“La birra. Durante una cena però non si può pasteggiare

con la bionda, e allora vado sul vino rosso”.La cucina straniera che più le piace?“Amo la cucina italiana, quelle straniere sono troppo con-dite e piene di salse: un’alimentazione troppo ricercata e grassa, a me piace la semplicità in fatto di cibo”.La sua pizza preferita“La più semplice e secondo me la più buona di tutte: la margherita”.Che alimentazione segue prima e dopo una partita?“Prima della partita non mangio mai, faccio solo una buona colazione al mattino. Al termine della partita, in-vece, negli spogliatoi è abitudine vedere grandi porzioni di pasta portate per i ragazzi che devono reintegrare e anch’io, non avendo pranzato, mi ci butto a capo tto…(ride!)”.Perché non mangia mai prima di una partita?“Toglie lucidità, e le partite bisogna saperle leggere con estrema chiarezza”.Un piatto che le mette allegria“Il buon vecchio pane e salame”.Se è quello della sua cascina di Rivolta meglio, giusto?“Esatto”.Qual è stata la cena più emozionante della sua carriera?“Amo molto quando a Natale ci si ritrova tutti insieme a fe-steggiare con una bella cena: è un momento che trascorro con le persone che amo, con i nipoti che giocano in mezzo ai tavoli. Il Natale è una festa bellissima”. Come s’immagina una cenetta romantica?“Se le cene sono tutte emozionanti perché si condividono momenti di gioia con amici e conoscenti e vorresti che non terminassero mai, al contrario la cena romantica vorresti che nisse al più presto, per stare poi in intimità con la don-na che ami... (ride!)”.Un cibo che rappresenta il suo carattere?“L’antipasto. È quello che mi mette più allegria e arriva su-bito. Se si vuole però arrivare bene ai secondi e alla ne del-la cena, non bisogna abusarne: bisogna saperlo prendere, un po’ come bisogna fare con me”.E uno che raf gura il suo stato d’animo attuale?“La pasta in bianco”.

Mondonico: “La cena di Natale è il mio momento magico”

A tavola con lo sportivoA tavola con lo sportivodi Filippo Grossi

Emiliano Mondonico

NEWS

TORNA “CACCIA IN CUCINA”, ULTIMI GIORNI PER ADERIRE ALLA MANIFESTAZIONE

Anche quest’anno, l’Ascom coordina per la provincia di Ber-gamo “Caccia in cucina”, la rassegna dedicata alla valoriz-zazione della tradizione culinaria a base di selvaggina orga-nizzata in Lombardia da Anuu Migratoristi con la collabora-zione delle associazioni provinciali dei ristoratori e i patroci-ni delle Province e della Regione. La nuova edizione – l’undi-cesima - è in programma da lunedì 25 febbraio a domenica 3 marzo 2013 (con la possibilità di prorogarla per un’ulte-riore settimana) e porta nei ristoranti piatti o interi menù a base di cacciagione abbinati ai vini. Per i clienti è l’occasio-ne di gustare ricette “classiche” o nuove interpretazioni di una tradizione presente nella cucina bergamasca e magari di scoprire insieme le altre tipicità del territorio, mentre per i

locali è un’iniziativa coordinata che permette di far conosce-re ad un ampio pubblico la propria offerta. I ristoratori che aderiscono alla campagna potranno approvvigionarsi dei prodotti attraverso i canali abituali e riceveranno locandine, segnaposto ed altro materiale promozionale predisposto dal Comitato organizzatore. Ogni anno la manifestazione raggiunge un signi cativo numero di adesioni, permettendo di comporre un interessante itinerario tematico tra valli, la-ghi, città e Bassa. La partecipazione degli esercizi è gratui-ta. L’Ascom ha già inviato agli interessati il modulo di adesio-ne che dovrà essere compilato e restituito via fax (al numero 035 224572) entro il 20 dicembre. Per informazioni è pos-sibile contattare la segreteria del Gruppo allo 035 213030.

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Al Carlton Hotel apre il ristorante “Da Vittorio”

fratelli Chicco e Roberto Cerea, i celebri chef che vantano tre stelle Michelin con il loro ristorante “Da Vittorio” a Brusaporto, dal 14 dicembre delizieranno con la loro arte culinaria gli ospiti del Carlton Hotel St. Moritz. Durante tutta la stagione inverna-le, al ristorante “Da Vittorio - St. Moritz” (ex ristorante Tschinè) si potranno gustare proposte gastronomiche di prima classe e di pura tradizione lombarda.“Un ristorante gestito personalmente da chef tristellati è una novità assoluta non solo per il Carlton ma per tutta l’Engadina - afferma Dominic Bachofen, general manager dell’ Hotel -. Noi vogliamo sempre offrire ai nostri ospiti l’eccellenza. Durante il Gourmet Festival St. Moritz, che si è tenuto lo scorso gennaio, i fratelli Cerea sono stati i nostri chef ospiti e i nostri clienti so-no rimasti entusiasti. È nata così l’idea della collaborazione”.“Siamo onorati di poter esprimere al meglio per tutta la dura-ta della stagione invernale l’arte della nostra cucina in questo hotel da mille e una notte - afferma Chicco Cerea -. Questa lo-cation da sogno si adatta pienamente alla nostra loso a e al-la nostra tradizione familiare. Tutto il nostro team guarda con entusiasmo a questa esperienza che ci vedrà impegnati nei prossimi mesi. Noi vogliamo trasferire il meglio della nostra tradizione professionale in questa destinazione ammirata in tutto il mondo”.La cucina dei Cerea si basa su prodotti di altissima qualità, la-vorati in maniera tradizionale, con il ricorso anche a tecniche ricercate che non compromettono comunque il gusto e la qua-lità degli ingredienti. “Tradizione lombarda e genio creativo” è il leitmotiv dei fratelli Cerea, che a St. Moritz proporranno agli ospiti i piatti che hanno reso grande il loro ristorante: scamponi

al vapore, moscardini con la polenta della tradizione, pacche-ri alla Vittorio o gran fritto misto con frutta e verdura. Decan-tati dalla critica sono anche i celeberrimi dolci che si rifanno alla tradizione italiana. Il menu à la carte del nuovo ristorante del Carlton Hotel St. Moritz prevede sia una proposta comple-ta sia una più snella, anche di un solo piatto. L’esperienza ga-stronomica è completata da un’ampia selezione di vini inter-nazionali.Info: www.carlton-stmoritz.ch.

I

I fratelli Cerea sbarcano anche a St Moritz

Enrico e Roberto Cerea

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Viniplus 2013, massimo riconoscimento per il Cipresso

Dalle guide, presentate nelle scorse settimane, arrivano buone soddisfazioni per “Il Cipresso” di Scanzorosciate.L’ultima, in ordine di tempo, è stata la Guida Viniplus 2013, che ha premiato il Moscato di Scanzo “Sera no” 2009 dell’azien-da agricola guidata da Angelica Cuni con il massimo riconosci-mento delle 4 Rose Camune e la Rosa verde. La Guida Gam-bero Rosso 2013 ha invece segnalato il “Sera no” 2008 (2 bicchieri), il Valcalepio rosso riserva “Bartolomeo” 2008 (2 bic-chieri) e il Valcalepio rosso “Dionisio” 2010 (1 bicchiere), men-tre Vini d’Italia 2013 dell’Espresso ha segnalato, oltre al “Sera- no” 2007, anche il Valcalepio rosso riserva “Bartolomeo” Doc del 2007, al quale ha assegnato 3 bottiglie.

dicembre 2012

L’AGRITURISMO DI CENATE SOPRA

Dallo scorso 3 novembre, l’azienda agrituristica Sassi della Luna di Cenate Sopra (via Sant’Ambrogio, 2/d) propone an-che cucina di qualità nella sala ricavata all’interno della can-tina di vini cazione, a 500 metri di altitudine sulle colline con vista che spazia sui vigneti circostanti. Cucina rigorosamen-te basata su ingredienti stagionali selezionati, prodotti dalla stessa azienda o da altre aziende locali che condividono la loso a di attenzione alla qualità e al rispetto della natura. Proprio per favorire la qualità del servizio e della proposta ga-stronomica, il numero dei coperti è stato ssato a massimo di 40. Il menù viene rinnovato mensilmente. Due le proposte a 28 euro, il menù degustazione e quello della tradizione berga-masca. Chi vuole può comunque optare per la carta, con prez-zi che vanno dai 9 euro per gli antipasti ai 12 per i secondi.Quanto al vino, è disponibile una lista che propone, accanto alla produzione aziendale, vini realizzati con metodi naturali, con un ragionevole rapporto tra qualità e prezzo. Sassi della Luna è un’azienda agricola biologica multifunzionale, gestita secondo rigidi criteri di sostenibilità ambientale e alimentata dalla passione per la natura e le cose buone. È nata 10 anni fa su un appezzamento di circa 9 ettari di terreno totalmente incolto. Nel corso degli anni, i proprietari hanno recuperato il podere, impiantandovi il vigneto, oltre a 120 alberi da frutto, ulivi, lari di frutti di bosco e di erbe aromatiche e recinzioni per l’allevamento di animali all’aperto. Il ristorante è aperto il venerdì e il sabato a cena e la domeni-ca a pranzo. Nella bella stagione sarà possibile pranzare sot-to l’ampio porticato della cantina. Info: www.sassidellaluna.it

“SASSI DELLA LUNA” ORA È ANCHE RISTORANTE

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Pennette alla bufala

PREPARAZIONEVersate in un pentolino la passata di pomodoro, un pizzico di sale, dell’olio di oliva e lasciate cuocere per 5 minuti a fuoco lento.In un’altra pentola portate ad ebollizione le pennette, stando attenti a non farle scuocere.Una volta pronta, scolate la pasta, lasciatela nella pentola e versateci sopra la passata; quindi aggiungete la mozzarella di bufa-la precedentemente tagliata a cubetti, una spolverata di parmigiano e mescolate no a che il tutto sia fuso e amalgamato con la pasta. Impiattate, aggiungete qualche foglia di basilico fresco e consumate, non dimenticando qualche fetta di pane integrale, indispensabile per fare l’irrinunciabile scarpetta.

Il piatto di oggi rientra in quelle ricette che negli anni abbiamo denominato “dell’ultimo minuto” per la facilità e i tempi irriso-ri necessari alla sua preparazione; in realtà, quando non si sa cosa cucinare o si organizza una serata senza troppe pretese con qualche amico, la pasta rappresenta sempre la soluzione più gettonata.Tra quelle presenti in commercio ho una particolare predilezio-ne per la pasta di kamut, per il suo colore giallo, il sapore dolce e leggero e il suo gusto che è più delicato rispetto ai normali ele-menti integrali. Questo tipo di grano contiene inoltre dal 20% al 40% di proteine in più, rispetto al solito frumento ed è ricco di lipidi e sali minerali come magnesio, zinco e selenio, quest’ul-timo conosciuto soprattutto per le preziose proprietà antiossi-danti. Pertanto, se ne abbiamo la possibilità, la scelgiamo sem-pre anche perché è sempre perfetta per abbinamenti con sughi saporiti e decisi o con quelli più delicati.La mozzarella di bufala rappresenta un’altra golosità alla qua-le dif cilmente rinuncio, anche se, a onor del vero, ho appurato che il mio è un parere diffuso, considerato che una volta mes-sa in tavola, non ne avanza mai. Formaggio sano e bilanciato dal sapore inconfondibile, la mozzarella di bufala è un alimen-

to ricco di proteine, calcio e sali minerali che va mantenuta ri-gorosamente in frigo, immersa nel suo liquido no al momento di mangiarla; se la si consuma cruda, per gustarla meglio, la si può immergere in acqua calda (35-40°) per circa cinque mi-nuti. Se invece la utilizziamo per preparare dei piatti, come nel nostro caso, è bene ricordare che sarebbe opportuno toglierla dalla sua acqua di conservazione e rimessa in frigorifero per qualche ora, af nché possa separarsi dall’acqua in eccesso, guadagnando così la giusta consistenza. Sono piccoli accorgi-menti non certo indispensabili, ma che fanno la differenza; pro-vate e poi mi darete ragione. Non mi resta che auguravi buon appetito.

L’AN

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LO Ricette facili e veloci per chi

vive da solo, ma non rinuncia

alla buona cucina

Capita a tutti di vivere per un certo periodo di tempo da soli. E spesso ciò coincide con la rinuncia ai piaceri della buona tavola ed è sinonimo di cibo congelato, essiccato, imbustato. Ecco allora qualche idea per preparare ricette “monodose” da mangiare seduti a tavola o rilassati sul divano, a seconda dell’umore, per non sentirsi mai più soli ai fornelli... perché anche man-giare da soli può essere piacevole.

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DEL SINGLE di Marco Bergamaschi

INGREDIENTI PER 1 PERSONAMezzo barattolo di passata di pomodoro1 mozzarella di bufalaqualche foglia di basilico

100 g di pennette al kamutolio d’oliva extraverginesale e pepe q.b.

CURIOSITÀ

Qualità e convenienzaper mense e ristoranti

ALIMENTARI MORETTI

Consegne rapide e personalizzate.Prodotti freschi, surgelati e biologici,

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SEDE DI CURNO (BERGAMO)Via Bergamo 46 - 24035 Curno (BG)Tel. 035/462861 Fax 035/461151 - 035/[email protected]

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Buon Natale

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