le logiche del delirio: ragione, affetti, follia (italian...

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LDB

EconomicaLaterza

RemoBodei

Lelogichedeldelirio

Ragione,affetti,follia

©2002,Gius.Laterza&FigliImmagineincopertina:EdvardMunch:«Jealousy».©TheMunchMuseum/TheMunch-EllingsenGroup/SIAE2002

Edizionedigitale:giugno2015

www.laterza.it

ProprietàletterariariservataGius.Laterza&FigliSpa,Roma-Bari

RealizzatodaGraphiservices.r.l.-Bari(Italy)percontodellaGius.Laterza&FigliSpa

ISBN9788858121368

Èvietatalariproduzione,ancheparziale,conqualsiasimezzoeffettuata

Sommario

Capitoloprimo.L’ereditàdelpassato

LeetàdellavitaAnacronismipsichiciIbridazionitemporaliIlpassatocheritornaOggettiinesauribili

Perplessitàevied’uscita

Capitolosecondo.Sconfinamentidellaverità

IlmondonuovoInframondiAldilàdelvero«Larvatusprodeo»L’invisibileevidenzaLaveritàinverosimileUncampodibattagliaGiochidisostituzione

Capitoloterzo.VeritàestoriaIldeliriodellafede«Credoquianonabsurdum»Levocididentro

Sulfrontesbagliato

Capitoloquarto.Logicaeaffetti

«Siichinonsei!»PercorsoaostacoliLogichedelirantiI:laconcettualizzazioneLogichedelirantiII:ilragionamentoLogicaeaffettiGuardareinfaccialaGorgoneConcludereperriaprireildiscorso

Bibliografia

Capitoloprimo.L’ereditàdelpassato

Leetàdellavita

L’impulsoinizialealdiscorso

saràdatodal commento auntestofreudianopoconoto,chemi consentirà, in seguito, didelinearelosfondosucuifarrisaltare un primo modellod’interpretazionedeldelirio.Scrivendo a Fliess il 6dicembre 1896, Freudriassume così le sue piùrecenti scoperte e avanzapropostechenonsarannopiùriprese in questi termini:«Come sai, sto lavorando

all’ipotesi che il nostromeccanismo psichico siasortomedianteunprocessodistratificazione: il materialepresentesottoformaditraccemnemoniche[Erinnerungsspuren] è ditanto in tantosottopostoaunriordinamentoinaccordocongliavvenimentirecenti,aunatrascrizione [otraslitterazione: Umschrift].Ciò che è essenzialmente

nuovo nella mia teoria è latesi che la memoria non siapresente in forma unica mamolteplice e che vengacodificataindiversespeciedisegni». I nostri meccanismipsichicinonsonodunquedatiuna volta per tutte, non sisviluppano in manieracontinua e cumulativa. Sicostruiscono per stratisovrapposti, la cuicongruenza è normalmente

assicurata dal periodicorimaneggiamento eriposizionamento dei ricordi,sulla base di un sistemasegnico in grado disintonizzarli,divoltainvolta,concircostanzenuove.Subito dopo, articolandomaggiormente la metaforadella scrittura, Freudaggiunge:«Vogliomettere inrilievo il fatto che lesuccessive stesure

[Niederschriften]rappresentanolarealizzazionepsichicadisuccessiveepochedellavita.Allimitediognunadi queste epoche si deveverificare una traduzione delmateriale psichico». Ogniriordino del passato producequindi, implicitamente,redazioni diverse della storiadi un individuo. Per effettodellariformulazionediricordicheappartengonoadifferenti

«epoche della vita»[Lebensepochen] (ciascunadelle quali deve essereritradotta e inscatolata nellasuccessiva) la molteplicità diedizioniincuilavitapsichicasisquadernavieneraccoltainunità.A questo punto compare lacongettura più audace:«Spiego le caratteristichedelle psiconevrosisupponendochelatraduzione

diunapartedelmaterialenonsia avvenuta, cosa cheimplicherebbe certeconseguenze […]. Dovemanca la nuova trascrizione,l’eccitamento [Erregung] siverificherà secondo le leggipsicologicamente valide perlaprecedenteepocapsichicaelungoleviealloradisponibili.Ci troviamo così di fronte aun anacronismo: in unaparticolare provincia vigono

ancora fueros. Sopravvivonocioè relitti del passato. Uninsuccesso nella traduzione èciò che è clinicamenteconosciuto come“rimozione”. Quest’ultima èquasi sempre provocata dauno scarica di dis-piacere[Unlustentbindung], cherisulterebbe da unatraduzione, quasi che,attraverso questo dis-piacere,siprovocasseundisturbodel

pensiero, chenon consente ilprocessoditraduzione»1.

Anacronismipsichici

Scomponendo eapprofondendo ulteriormenteil testo, quattro aspettiappaiono rilevantiper le loroconseguenze.

1.L’esistenzaindividualenonsi dipana in linea retta, persuccessive e costantiintegrazioni quantitative.Procede, al contrario,

attraverso sbalzi ediscontinuità. È spezzata indiverse «epoche della vita»,ossia in spazi omogenei ditempo psichico separati dacesure.Se si fosse limitato aenunciare una simile teoria,Freud avrebbe costeggiato ilsensocomune,illustratodallestampe popolari cheraffigurano la paraboladell’esistenza umana dalla

culla alla tomba. L’aspettonuovo della sua ipotesirisiede invece nelparallelismo tra discontinuitàpsichiche (epoche della vita)e discontinuità fisiche (primae seconda dentizione opubertà). Come il corpo“traslittera” le sue precedentifatture inglobandole innuoveforme che conservano traccedelle vecchie pur avendoleabolite, così l’apparato

psichicoreintegra,consaltidilivello,nonsoloiricordi,maanche ipensieri, le fantasieegliaffetti.Subendo torsioniereinterpretazioni tali darenderli compatibili erelativamente omogenei con«gli avvenimenti recenti»,essi vengono riorganizzati apartire dal punto di vista delpresente.Intutteleetàildis-piacere che supera una certasoglia produce – «quasi

sempre», ma non sempre –disturbi del pensiero cheinterdicono i processi ditraduzione. Questo vale, inparticolare, per la primaepoca, in cui le procedure disimbolizzazione non si sonoancoraaffermate.Il corso della vita è cosìsuddivisodaFreudinquattroperiodi: il primo, che va dazero a quattro anni, riceve laqualifica di «preconscio»; il

secondo arriva sino agli ottoanni ed è chiamato«infantile»; tra la secondainfanzia e l’adolescenza(ossia generalmente tra gliotto e i dieci anni, nella fasedefinita «prepuberale») e tral’adolescenzaelamaturità(dinorma tra i tredici e idiciassette anni) vi sono poi,rispettivamente, due casellevuote, A e B, cherappresentano «momenti di

transizione»; a B succedeinfinel’etàadulta2.Nella fase iniziale sembrapertanto prevalere «ilcaratteredelnontradotto».Aicontenuti con forte caricaemotiva è infatti impedito dimanifestarsi in veste dipensieri o di fantasieconsapevoli: si convertonoperciò in sogni, inassociazioni d’idee o inazioni. Come Freud chiarirà

più tardi, non è possibilesuscitare direttamente ilricordo di remote epochedella vita, che «vengonovissute senza essere capite,mentre vengono comprese einterpretateaposteriori».Chiaffrontal’analisi,infatti,«nonricorda assolutamente nulladegli elementi che hadimenticato e rimosso, e cheegli piuttosto mette in atto.Egli riproduce quegli

elementi non sotto forma diricordi, ma sotto forma diazioni; li ripete, ovviamentesenzarenderseneconto»(ER,355-356). La «coazione aripetere»ilrimossoconserva,inunaltroregistro, tracciadiatteggiamenti ed eventi chehanno provocato dis-piacere:«L’Io che ha vissutopassivamenteiltrauma,ripeteora attivamente unariproduzione attenuata dello

stesso, nella speranza dipoterne orientareautonomamente lo sviluppo.Noisappiamocheilbambinosi comporta in questo stessomodo verso tutte leimpressioni che gli sonopenose, riproducendole nelgioco;attraversoquestomododi passare dalla passivitàall’attività egli cerca dipadroneggiare psichicamentele impressionidellasuavita»

(HSA, 312). Quel che si èvissuto nella prima infanzia,allorché l’individuo non erain grado di padroneggiaremediante il pensiero e illinguaggio articolato leenormisommedieccitamentoche giungevano dal mondoesterno e interno, si capiscesolo après coup, in ritardo,quando è stato inserito nelquadro di una successivaepocadellavita.

2. Dopo ogni frattura nellosvolgimento dell’esistenzaindividuale, vi è un “dacapo”, una ridonazione disensoal«materialepsichico»della fase precedente, inparticolare alle traccemnemoniche. Le orme delpassato – quello attualmenteaccessibile – vengonodecontestualizzate,risemantizzate e ridistribuiteentrol’orizzontecognitivoed

emotivo dell’ultima epocadellavita.Selatraduzionehaavuto successo, il testooriginale scompare, assorbitodalla più recente versioneriuscita; altrimenti, il nontradottoresistecaparbiamentenella sua logica (segue «leleggipsicologicamentevalideper la precedente epocapsichica»).Il passato si manifestaperciò in due modi: sciolto

nellasuaricodificazioneentronuovi sistemi di segni3 oincapsulato nello spazioscavato dell’eventotraumatico.Nel primo caso èmetamorfizzato in unpresentecheavanzaecheèingrado di considerarlo comegià trascorso.Nel secondo, ilvuotodimemoriacompareinforma di calco, di recipientesuccessivamente colmato conazioni,sogni,fantasieodeliri.

Passato e presente non sonoallora separabili, giacché ilpassato rifiuta di prenderecongedodaunpresentesucuicontinua a premere (neldoppio senso di «urgere» e«stareacuore»).I ricordi non stanno in unateca,dacuisitolgonoditantoin tanto per rispolverarli.Dato che la memoria non èunica o semplice [einfach],bensì molteplice [mehrfach],

a ogni epoca subentra unnuovo genere di memoria,che riscrive e ricolloca ivissuti trascorsi. Le diversememorie,sovrapponendosi instrati successivi, inglobanoperò, aggirandole senzaconquistarle dall’interno,zone in cui si raccolgonopotenziali forze ribelliall’ultima forma diorganizzazionedeiricordi.Nel corso dell’esistenza

ciascuno sperimenta quindidifferenti versioni di sestesso, che includono braninon tradotti nel linguaggiodegli strati successivi. Ogniindividuo risulta così“dividuo”, attraversato dafaglie e fessure. Sviluppandola metafora della scrittura,somiglia a un palinsestocontinuamente raschiato ericoperto di nuovi strati disegni,dicui–finchéèvivo–

non esiste alcuna editioprinceps. O è paragonabile aun blocco di pagine cheraccoglie, “spillate”, diversestesure di se stesso, alcunedelle quali rimangono sottotracciaeprivedialcunifogli.Questeversionisisomiglianotanto più, quanto più riusciterisultano le trascrizioni deicontenuti delle epocheprecedentientrolecoordinatedisensodell’ultimoperiodo4.

La biografia di ognunonasconde immancabilmentequalcosa:lasivedesemprediprofilo, mai di faccia. Ècostellata di zone buie,ricopertadiferitesegretemaicompletamente chiuse,tracciata in termini temporalisecondo una curvacomplessa, interrotta in piùpunti, piena di ritocchi eripensamenti5. Conoscere ecapire se stessi, per quanto

possibile, vuol dire dislocaree ripartire il pesodelpassatoseparandolo dal presente,lasciandolo,appunto,passare.Se l’impresa non riesce, ilsingolo avverte gli squilibridella propria storia, il suoessere a tratti estranea,sconnessa, ossessionata – ecioè etimologicamenteassediata – da un nemicointerno che sta però fuoridell’area della

consapevolezza.

3. Allorché il lavoro ditrascrizione fallisce nelconnettere in misurasufficiente le diverse epochedella vita, una parte delsoggetto viene messa albando e resa incompatibileconilresto.Ilfocolaiodidis-piacere viene isolato, alprezzo però di istituireun’enclave temporalestraniera incuneata in una

provincia psichica dovevalgono leggi soppressealtrove e dove i materialipsichici seguono proceduregiudicate a posterioriarcaiche.La «rimozione» – inconscianel suo operare e nei suoieffetti – è fonte dianacronismi viventi, disofferenze di individuiimprigionati in celle che noncomunicanocon ilpresentee

chetentanoviedifugalungovecchi cunicoli ormaiimpercorribili. Quandol’accesso al rimosso èprecluso, la normale attivitàdel pensiero – obbligata aconvivereostilmenteconunasua sconosciuta versioneanteriore – viene inibita.Rimane nella psiche, comedirà Freud più tardi, «lacicatrice della rimozione»(MMR, 444), pronta a

riaprirsi in qualsiasi «puntodebole», assumendo veste disintomo sorto senza ilconsensodell’Io.Mutando prospettiva,interpreterei le cicatriciformatesi nella prima etàdella vita, nella fasepresimbolica, come fruttodell’incapacità del pensierocognitivo a tradurre nel suolinguaggiosituazioniaffettivepiù antiche del suo stesso

costituirsi.A causa di questodislivello iniziale tra sferaaffettiva e sfera cognitiva, ifueros precoci rappresentanofattori ad alto potenziale didissoluzione del sistemaintegrato cognitivo-affettivofaticosamente montato dalsoggetto, mine vaganti concui, un giorno o l’altro, eglipotrebbe scontrarsi(nell’ambito delle psicosi enon più delle sole

«psiconevrosi»).Si profila già ora unproblema su cui ritorneròtematicamente: quellodell’esistenza o meno di una«paleologica», ossia di unalogica che – almenoontogeneticamente –precederebbe la logica“aristotelica” del sensocomune e del ragionareconsiderato normalmentecorretto, ossia quella fondata

sui tre principi di identità,non-contraddizione e terzoescluso (cfr. von Domarus,104sgg.;Arieti, I,311-329einfra, pp. 74-78). Al di làdella risposta a taleinterrogativo,cisipuò,findaora, chiedere se un similepensiero esprime un modoillogico di ragionare o noncostituisce piuttosto, comenel casodei fueros, unmododiverso di essere logici,

conformemente ad altrischemietracciatididiscorso.Ammettendoprovvisoriamente la validitàdi quest’ultima ipotesi, ildelirio comincia aconfigurarsi come tentativo,largamentefallito,di tradurrese stessi nel presente.Immergendosi in un passatonon elaborato, un traumaattuale funge in esso dadetonatore di cariche

psichiche più profonde, cheportano tumultuosamenteallasuperficie gli incomprensibilirelittidelgiàstato.Mescolatianuoviframmentidivissuto,questirisultano–percontatto– altrettanto incomprensibili.Il delirante si trova così alcentro di una mischia tralogiche che, in differentiperiodi, hanno separatamentestrutturato l’esperienza alloraattingibile e che ora non

sannorendercontodellacon-fusionedei relativi contenuti.Preso in mezzo, egli ècostretto a plasmarsi unapersonalità e una realtà divolta in volta sincronizzatacon i variabili punti diequilibrioraggiuntidallalottadi queste logiche. La suamente diventa allora lamatricediulteriori traduzioniimproprie,assurdeebizzarre,maconformialnuovomondo

incuisiimbozzola.

4. I fueros non costituisconosolo fattori di scissione dellapsiche. Consentono anche,potenzialmente, di raccordaretra loro le differenti epochedella vita. Io sussisto, infatti,come lo stesso individuoperché vi è in me (oltre allacontinuità di quanto è stato«trascritto») quella, assai piùvischiosa, di un passatoinevaso,incollatoalpresente,

chemiobbligaauncontinuoripiegamento sume stesso, aun’incessante opera diriaggiustamento e di incastrodellemiepartidisperse.

Ibridazionitemporali

Datochelariformulabilitàdelpassato è conditio sine quanon della vita psichica, lastratificata personalità diciascuno risulta di normaassoggettata a integrazionisuccessive6. Grazie a questeoperazioni, il passato vienemesso al proprio posto. Ilvero affrancamento dal suo

incombere si ottiene però,unicamente, attraverso la suaconsumazione: impedendoche sporga – irredento,inquieto e insoddisfatto – sulfuturo. Se è vero, infatti, chela felicità è la «realizzazionepostuma di un desideriopreistorico» e «trovarel’oggetto è in realtà unritrovarlo»7, allora laliberazione dal passatoimplica l’appagamento (non

sottoposto a scariche di dis-piacere o a rimozione) deidesideri rimasti insospeso. Ilfamoso lancio del rocchetto,il Fort/Da, raffigura anche,sotto questo profilo, il gestoinaugurale del controllo deltempo e del mantenimentodella continuità dellacoscienza.Consente,insieme,il ricordo dell’oggettoassente, la dilazionetemporale dell’attesa del suo

ritorno – venata ditrepidazione e d’incertezza –eilsuofinalericonoscimento,che festeggia la vittoria sulvuoto e sulla perdita, ilrimpatrio cioè nel noto. Talericongiungimento con sestesso sconfigge, soprattuttonel bambino, la paura dellapropria scomparsa neimomenti in cui non è vistodalla persona amata, ingenere dalla madre (cfr.

Laing,133-134).Quando i differenti pianidelle Lebensepochens’intersecano e si intralciano,la consapevolezza delpresente logico, percettivo eaffettivo si ottunde. Lamodificazione delle consuetesequenze temporali che neconsegue – e che costituisceuno dei principali«disorganizzatori»deisistemilogico-affettivi(Ciompi1994,

240)–sconcertaedistoglielapersona dal presente intesocomepresenzaasestessi.Piùo meno consapevolmente, laspinge a riaprire vecchiprocessi che pensava di averarchiviato e a riesaminaregliatti che riguardano i rapporticon se stessa e con gli altri.Le vecchie ferite sanguinanodi nuovo,ma trovano la loropronta medicina nel trionfaleritorno del soggetto

all’«onnipotenza deipensieri», capace diriconquistare le posizioni dacui era stato espulso dopo il«tramonto del complessoedipico» e di restaurare ilprimato del desiderio sulprincipiodirealtà.Neldeliriosi cercano allora zone“extraterritoriali” agliinteressieallepreoccupazionidel presente, in paesaggi,tuttavia, che inevitabilmente

limimano.Ivissuti egli eventi,privatidi ogni ordine perspicuo disuccessione o di coesistenza,sono allora spinti verso unambiguo limbo temporale,inseriti in parametriinclassificabili secondo gliusuali criteri dell’esperienza.Si formano degli ibridi chemettono in mora il normalescorrere del tempo,alterandoneletredimensioni.

Il futuro, in particolare,quando è ricusato qualesemplice prolungamento diun presente inaccettabile, neviene stravolto. Si ritorce, diconseguenza, su se stesso,paralizzando la progettualitàdell’individuo e tingendo ilmondo del nero colore dellaperdita delle possibilità.Come testimoniano duepazientidiMinkowski,questamalattia della speranza e del

desiderio si manifesta nelgirareinfolledeimeccanismipsichici, incapaci di trovareaddentellati nella realtà inmovimento, nel venir menodello slancio vitale e nellaperdita di interesse per sestessieper ilmondo:«Primac’era un avvenire per me,adesso esso si raggrinzasempre più. Il passato è cosìimportante, mi sopraffà, mitira indietro. Devo dare un

esempio: sono come unamacchina che cammina, machenonsisposta.Lavorafinoa rompere tutto, ma non sisposta». Ancora: «Tutto èimmobilità attorno a me. Lecose appaiono isolate,ciascuna per sé, senzaevocarenulla [...].C’è inmecome una specie di routineche non mi permette diconsiderare l’avvenire. Laforzacreativaèinmeabolita.

Vedo l’avvenire comeripetizione del passato»(Minkowski 1971, 295, 284-285 e cfr. Francioni, 48-68).Accade qualcosa di simile aquanto narra Robert LouisStevensonnelsuoraccontoIldemonenellabottiglia, incuiun uomo, che dalla vita hafinoraricevutosolodelbene,scopre all’improvviso, conterrore, di avere sulla pelleuna piccola macchia pallida.

È la lebbra (cfr. Stevenson;van den Berg, 45-46). Daquestomomentolasuavitaèchiusa: ogni sua proiezionenel futuro e nel mondo deisani gli è interdetta.L’avvenire si abbassa comeuna saracinesca ed egli ècostretto a rattrappirsi entroun tempo che si stringeattornoaluiecheallafineloschiaccerà.Anche a molti di noi può

capitare, nei momenti dimaggior sconforto, di averel’impressione che l’avveniresia sbarrato, che la vita siafinita ancor primadell’inesorabile giungeredella morte. Il delirio nasceperò dall’avvertire comepermanentee ineluttabileunacondizione che, per lamaggior parte degli uomini,rappresenta una momentaneaocclusione del futuro, dallo

sforzo di ordinare in qualchemodo il caos in cui precipitaun’esistenza considerataormai senza sbocchi: «Laforma specifica dell’ideadelirante […] non è altroinsomma che il tentativo delpensiero, rimasto intatto, distabilireunnessologicotralediverse pietre dell’edificio inrovina» (Minkowski 1967,30-31).

Ilpassatocheritorna

Con la sua tarda teoria dellacoazione a ripetere Freudsembra non solo bloccare ilfuturo, ma anche – eparallelamente –destoricizzare il passato. Ilblocco del futuro, in quantocondannaaripetereilpassato,è reale nei casi in cui ladeclinazione al futuro

dell’individuo sia, appunto,sbarrata. Al contrariol’astoricità del passato è, amio avviso, soltantoapparente (dato che ildelirante crea, ancheattraverso isuoimateriali,untemponuovo, funzionale allanuova realtà che vienecostruendosi8). Occorreperciò ridimensionarel’asserzione freudianasecondo cui i processi

inconsci o l’Es sono«atemporali»(JL,214).Eciònontantoperchéegliavrebbeun’immagine tradizionale ovolgare del tempo o perchéanche l’inconscio sarebbe ingradodiriconoscereil tempo(come sostengono Derrida1971,276-277eFerraris,82),quantoperaltretreragioni.La prima è chel’atemporalità attribuita aicontenuti dell’inconscio è

piuttosto un’indifferenza altempo. Esso non vienenegato, viene semplicementeignorato: una distinzionesottile ma decisiva, chemodifica anche il ruoloattribuibile alla rimozione,giacché i traumi del passato,spesso, non vengonosemplicemente dimenticati,ma «vengono ricordati fintroppo bene» (Jervis 1999,47), trannequellidellaprima

infanzia e tranne gli aspettiche non si vogliono vedere.Tale distinzione implicainfatti che, mediante larimozione, i vissuti sianosottratti ai mutamenti,mantenendo integro il loroimporto energetico, ma chenon tramontino rispettoall’orizzonte temporaledell’individuo nell’arco dellasua esistenza. Dire che«l’offesa patita trent’anni

prima ha per trent’anni,quando si è aperta lavia allefonti affettive inconsce,l’effettodiun’offesarecente»(TD, 527) significa soltantoche non è stata ancoraretrocessa in un tempocompiuto e che continua aseguire il presente comeun’ombra. In questo senso,neppure i fuerosappartengonopropriamentealpassato. Ripiombano in esso

unicamente quando hannoperso la loro caricaperturbante, quando ilpresente, distaccandosene, haabbandonatolelorospogliealflussodeldivenire.Delresto,Freud stesso riconosce «chedaquestofattoaccertatoaldilà di ogni dubbiodell’inalterabilità del rimossoad opera del tempo, noiabbiamo tratto troppo pocoprofitto per la nostra teoria.

Eppurequi sembraaprirsiunvarcocapacedifarciaccederealle massime profondità.Purtroppo nemmeno io sonoandatooltresuquestopunto»(NFV,186).La seconda ragione perridimensionare l’ideadell’atemporalità dei processiinconsci, consiste nel fattoche «la necessità di tornarepropria del rimosso» lomostra «atemporale solo nel

sensofiguratoenonrigorosoper cui esso si conserva neltempo, non è distrutto daltempo.Quindi torna ad agirenel tempo scorrente e acurvarlo, solo in quanto essoè rimasto nel tempo e imomenti del suo tempo sonostati prima quello della nonalterazione, poi quello deltornare non alterato nellatemporalità che scorre,modificandone la forma»

(Trincia, 284 e cfr. 266 e281).Ilrimossopuò,dunque,ritornareproprioperchénonèmai stato escluso dalla suapermanenza nel tempo chescorre.La terza e ultima ragione,che appare anche la piùfruttuosa, la si può rinvenire,in nuce, in un’altra teoriafreudianasul tempopsichico,più ricca di implicazioni.Compare, concentrata in

poche righe nonaccompagnate da alcuncommento, inConsiderazioniattuali sulla guerra e lamorte,del1915.Contro il senso comune el’intera tradizione filosofica,Freudaffermaquil’intreccio,nel tempo, di coesistenza esuccessione. La tesi non ècosì banale come potrebbesembrare a prima vista. Perfarne risaltare meglio

l’originalità, si pensi alleteoriediLeibniz(dautilizzarequale mezzo di contrasto),dove il tempo rappresental’ordine della successione,mentre lo spazio raffigural’ordinedellacoesistenza9. InFreud il tempo assumeinvece, simultaneamente, ladoppia natura del tempo edello spazio leibniziani, inquanto «la successionecomporta anche una

coesistenza» (ZKT, 133).Questa formula, inizialmenteoscura, indica che il passatoconvivecon ilpresenteechel’immobile (o quanto simuove a minore velocità)affianca ciò che fluisce, cosìche il tempo psichico risulta,appunto, coesistenza dicoesistenzaedisuccessione.Dal punto di vista dellapercezione dello spaziofisico, la compresenza di

passato e presente èaltrettanto inimmaginabiledellacoabitazioneaRomadicostruzioni antiche emoderne, intere e nelmedesimo luogo. Se, infatti,valesselaleggepsichicadellacoesistenza della coesistenzae della successione, «nelposto occupato da PalazzoCaffarelli sorgerebbe dinuovo,senzachetaleedificiodovesse essere demolito, il

tempiodiGioveCapitolino,enon soltanto nel suo aspettopiù recente, quale lo videro iromani dell’epoca imperiale,maancheinquellooriginario,quando ancora presentavaforme etrusche ed era ornatodaantefissefittili»(UK,563).Nell’apparato psichico,invece, questa sorta dimiracolosa compenetrazionedi tuttigli stadiè reale, tantopiùcheFreudnutrelafiducia

– condivisa dalla fisiologiadella propria epoca – che«nellavitapsichicanullapuòperire una volta formatosi eche tutto in qualchemodo siconserva», così che, incircostanze opportune, «ognicosa può essere riportata allaluce» (UK, 562). Ciò spiega,con uno sguardoretrospettivo, sia il fatto chetutto sia virtualmentesottoponibile a

rielaborazione,siailfattocheifuerosnonsidissolvanoneltempo che scorre. Iturbamenti del pensiero edell’affettivitàderivano,sottoquestoaspetto,dall’incapacitàdidistinguereeordinareivaristadi della successioneall’interno della coesistenza,dalla disarticolazione deltempo come coesistenza daltempocomesuccessione.

Oggettiinesauribili

Per rendere più plausibile lacostellazionediipotesifinquidisegnata, propongo alcunemodifiche dell’impiantoteorico freudiano. Nellafattispecie, quella disuddividere l’apparatopsichiconon inmodo topico,ma piuttosto secondo irispettivi regimi, ossia le

forme e i gradi dicoordinazione o di“orchestrazione” delle sueistanze. Suggerisco, in altreparole,diprendereinesame–in luogo del «triumvirato diIo, Es e Super-io» (Reeves,163)– le formeassuntedalleloro reciproche interferenze.Questoanchealfinedivenirea capo delle premessenascoste che determinano econdizionano il nostro

giudiziosuldelirio.Al livello di quello chechiameròRegime I si svolgeil lavoro psichico piùdurevole, continuo, tenace einappariscente, la cui attivitàsi potrebbe paragonare a unbassocontinuo,aunpensieroinsonne o a una costanteopera di reinterpretazione dicontenuti dal significatoinsituabile o eccedenterispetto alle capacità di

immediata recezione ericonoscimentodapartedellacoscienza. Nel sogno o neldelirio si ritorna cosìossessivamente su alcunipensieri, fantasie o ricordi,nel tentativo di far parlarepulsionimute, affetti contortieideecifrate.Piùchecomeunpensieroouna lunga sequenza dipensieri, quest’attività siconfigura quale un “dar da

pensare”, un richiamoinsistente al compito di“ruminare”questioniirrisolte,in maniera tale che – inpresenza di conflittiinaggirabili – si trovinoaccettabili soluzioni dicompromesso. Campeggianoin questo Regime I materialipsichici che non si lascianocomprendere e metter daparte una volta per tutte,come accade allorché si è

capito qualcosa diproblematico ma passibile disoluzione (e che, comunque,non ci coinvolge ora davicino).La comprensione degli“oggetti inesauribili” diquesto Regime I è sempredifferita, soggetta ariformulazioni infinite, avariazioni molteplici deglistessi temi. Un’instancabileermeneutica irriflessa,

spontanea, ne fissa isuccessivi contorni e neinterpreta i particolari,rivoltandoli ed esaminandolida tutti i lati, senza volerneeliminare per decreto leambiguitàoridurneladensitàdei significati. Pursforzandosi ostinatamente diapprofondirne il senso, nonriesce mai a venirne a capo,perché il suo scopo nonconsiste semplicemente nel

restaurare quel che ora leapparecomeunsemplicegiàstato, ma di ricostruirlo. Illavoro, per lo più inconscio,di traduzione e diriattualizzazionedeicontenutiancora non interpretati e cheappartengono a un passatoche non passa, si situaall’interno di un regime dipensieri che continuano alievitare (che non sono“azzimi” come quelli già

lavorati e pronti a essereclassificati, con un aloneminimo di ambiguità, dalRegimeII).Gli oggetti inesauribiliassumonotalvoltaleparvenzedi«formazionisistematiche»,costruzionidotatedicoerenzaaccidentale, generate però dauna silenziosa attività dicostante ridonazionedi sensosullabasedianticheesigenzenon soddisfatte. Nel sogno,

nel delirio, nelle passioni,nelle rêveries, bisognifondamentali,di lunga lena–ramificandosi forse da untroncocomuneeseguendo lelineediminoreresistenza–simanifestano in manieraproteiformeeaccidentale.Percostruiremondidiversiconilmaterialedisponibile,ciòcheè duraturo cattura alloratacitamente l’effimero; ciòche è necessario si appoggia

sul casuale; ciò che èimportante si affida al futile;ciò che è reale rimandaall’irreale.Questeformazioni,sul momento abbastanzaconvincenti, offrono cosìsurrogati di soddisfazione adesideri incombenti e tuttorairrealizzati e soluzioniapparenti all’insolubilità diconflittiinatto.L’eccesso, l’eccedenza, lapolisemia, la non

riassorbibilità in schemiprecisi caratterizzano dunquelafisionomiadeicostruttichecadono sotto la giurisdizionediquestoregime.Il Regime II è invecedominato della coscienzavigile, che privilegia ilmomento della successione,del dis-corso, del passaggiodelle argomentazioniattraverso catenerigorosamente controllate di

idee sufficientementeunivoche, coerenti e,all’occorrenza,corroboratedaprove empiriche. Il suoambito è il pensierofocalizzato e delimitato, chebeneficia di un sistemalogico-affettivo individualerelativamente ben integrato eche poggia su un apparatopercettivo entro la norma. Isuoi oggetti – inquadratiabbastanza distintamente e

interpretati secondo canonicondivisidaun’intera societàodapiù ristrettecomunitàdispecialisti – lasciano residuiminimi o, comunque,giudicati irrilevanti, diincomprensibilitàperturbante.La ragioneobbediscequi alprincipio di realtà eall’imperativo di disincantodelmondo, che le assegnanoil compito di impedirel’infiltrazione al suo interno

di idee indimostrabili oassurde, tese ad accreditarel’esistenza di un mondointessuto di combinazioni,messaggi cifrati, congiure opolisemie selvagge. QuestoRegime II (in cui sonoriconoscibili gli ideali dirazionalità, scientificità esanità mentale diffusi nellanostra attuale cultura, contratti anche trionfalistici) haquale compito interminabile

quello di ritagliare dal telonedifondodelRegimeIfinestredi senso definite, di saldareconsensualmente i suoi conticonilpassato,dirovesciareocircumnavigare gli ostacoli,pur conservando laconsapevolezza dei suoilimiti.I due regimi intrattengonoun’intima collaborazioneconflittuale(cfr.infra,pp.81-83). Cooperando e

scontrandosi senza fondersi,delimitano rispettivamentedue margini estremi,inattingibili: l’uno confinacon la pura coesistenzaimmobile del tutto, con laperfetta indifferenza altempo; l’altro con la purasuccessione priva di punti diriferimento,con ildissolversidella coscienza incaleidoscopiche eincontrollabili metamorfosi.

Tra questi estremi si apreincessantemente una stradal’apparato psichicodell’individuo che non vuolrinunciare a nessuno dei dueregimi e che tenta la lororeciproca impollinazione,come accade felicementenella grande musica, dove ilmassimo di pathos e divaghezza si accompagna almassimo di esattezza e dirigore matematico. Il tempo

allora scorre e, insieme,permane, in un giocosostenibile di torsioni earticolazioni, in quanto ilpassato non è semplicementeannullato o lasciato adassediare l’attualità, mariformulato10; il presenteviene ritmato in base acadenze variabili; il futuroapparerelativamenteapertoein tensione con le altredimensionideltempo.

Perplessitàevied’uscita

Compiendo una primaverifica del modello appenamontato, è lecito interrogarsisulla validità e fecondità diqueste ipotesi (discutibili,nelsenso che meritano di esserediscusse, e più implicite osuggerite che non sostenutedaFreud).Esiste davvero nella vita

psichica una scansione in«epoche», regolata dadifferenti sistemi ditrascrizione dei contenuti delpassato? Le pluridecennaliricerche di Piaget e del suogruppo ginevrino sullosviluppo del pensieroinfantilesembranofortementesuffragare – sia dal punto divistasperimentalecheteorico– la presenza di schemimentali diversi a seconda

delleetà,cosìcomepostulanol’esistenza di apparati di“traduzione”dauna fasciadietàall’altra,secondolivellidicrescente astrazione e dimaggiore integrazione delleinformazioni11.Particolarmente importante,nella prospettiva qui assunta,è l’esistenza di una fasepresimbolica (dalla nascitasino a un anno e mezzocirca), caratterizzata da una

logica non ancora verbaledell’azione, su cui siinnestano, in manieradiscontinua, gli stadisuccessivi,ciascunodeiqualirettifica, ingloba e rende fraloro compatibili i precedenti,ridescrivendoliincontestipiùampiecomplessi.Cosaaccadeinquestaprimafasee,piùingenerale,qualèl’eredità e l’incidenza delpassato nel provocare i

disturbi del pensiero edell’affettività che sfocianonel delirio? Piaget non sioccupa di tale aspetto. Èinvece proprio questo ilproblemacheassillaleprimegenerazioni di psicoanalisti epsichiatri freudiani, daMelanieKlein aBion, sino agiungere–intempipiùvicinianoi–aKernberg.Esplorando la fase piùarcaica dell’esistenza

individuale, il primo anno divita, laKlein sostiene che lostatoschizoidecostituisceunatappa necessaria del normalesviluppodelbambino.Essaènotoriamente definita dallascissione originaria tra «senobuono» e «seno cattivo»,modello di ogni successivaseparazione tra oggetti, cheverranno, a loro volta,classificati come buoni ecattivi.Datochel’assenzadel

seno materno non vieneavvertita dal lattante qualesemplice vuoto, bensì comeentità persecutoria,analogamente–argomenta laKlein – anche i molteplicioggetti fantasmatici cattiviassumono poi un voltoaggressivo e distruttivo. Ingenere,graziealmeccanismoinversoe complementare allascissione, ossia quellodell’identificazioneproiettiva,

il bambino procede allaspontanea «riparazione» delproprio Sé, ossia allareintegrazione nel soggettodei frammenti in precedenzaesteriorizzati nell’oggetto(cfr.M.Klein).Partendodapremessesimili,Bion fa dipendere laschizofrenia dagli effettiritardati del mancatosuperamento di quest’epoca,vale a dire dall’autonomo

permaneredipartierrantidelSé nell’oggetto, inglobate enon più riassorbite dalsoggetto nel corso della suamaturazione psichica. Talischegge incontrollabili sono,alorovolta,ilprodottodiuna«identificazione proiettivaeccessiva», causata nelneonato dall’inidoneità asopportare la frustrazioneperl’assenza dell’oggetto disoddisfacimento. Non

trovando un sostitutosimbolico adeguato ad esso,altri oggetti subiscono unaframmentazione minuta, chedisgrega e indebolisce laconsistenza del Sé incapacedi reintegrare tali proiezionieccessive trasformandole inpensiero. È, infatti, «lacapacità di sopportare lafrustrazionequellachedàallapsiche lo spunto persviluppare il pensiero in

quanto strumento per mezzodel quale la già tolleratafrustrazionevieneresaancorapiùtollerabile»(Bion,172).Questi residui di «partipsicotiche» nel bambino sitrasformano in età adulta infocolai virtuali dischizofrenia. Frammenti nonelaboratidellasuapersonalitàsi dissociano allora dallapsiche, insediandosinell’oggetto, dove si

manifestano in veste diallucinazioni e deliri,specialmentedipersecuzione.L’individuo si sente cosìattorniato da una massa dioggetti strani, improbabili.Supponendo che abbiaun’allucinazione visiva,«l’oggetto bizzarro che ilpaziente avrà nella suapercezione sarà ungrammofono che lo staspiando; supponendo invece

che il frammento riguardil’udito, egli avvertirà in talcaso un grammofono che lostaadascoltare»12.L’ultima ripresa parziale diqueste premesse teoriche siha in Kernberg, cheattribuisce la debolezza e lavulnerabilità dell’io alla maldelimitata, porosa, incerta oincoerente differenziazionetra il Sé e il mondo esterno,che ha luogo, appunto, in

zonecrucialiperunacrescitapsichica sufficientementeequilibrata (cfr. Kernberg,238-275). Tale confusionecomportatantol’incapacitàdidistinguerechiaramente«traisentimenti, i pensieri, leopinioni proprie» e quellealtrui, quanto la «marcatatendenzaalleproiezioniealleintroiezioni di vario genere»(Ciompi 1994, 28). La retecomunicativa –

approssimativamentetracciata – su cui il deliranteha fatto fortunosamenteaffidamentoperconferireconse stesso e con gli altri,collassaorapersovraccarico.Di fronte a sfide cui nonriesce a dare risposteadeguate, le informazioni siaccavallano, il mondointeriore si riversa all’esternoe quello esteriore irrompenella coscienza. Tutto risulta

allora strano, inquietante oterribile, ma, insieme,attraente, rivelativo e dadecifrare.

1 BWF, 217-219. Il testo di questaletteranondifferiscedaquelloriportatonell’edizione precedente, incompleta,apparsa nel 1950 inAPs, 124-126.Ho

modificato in più punti la traduzioneitaliana esistente. Rendo Unlust con«dis-piacere» per conservare l’idea dinegazione del «piacere» presentenell’espressionetedesca.Sutalescritto,chepresentaalcunesimilitudiniemoltedifferenze rispetto al famoso capitoloVII dell’Interpretazione dei sogni, siveda – per altri aspetti – Rabant, 102-103 e Balestrière, 56-65. Per uninquadramentodelleposizionidiFreudin questo periodo, in particolare sulmodelloneuronale,sullatrascrizioneinparole dei sintomi, sul rapportomemoria-coscienza e sul concetto di«eccitamento», cfr. Steward, 3 sgg.;Forrester,52sgg.Ifueros sonoantiche

leggi spagnole, valide in determinateprovince, a garanzia di particolariprivilegi feudali, che sopravvivonoaccanto a una legislazione più recentedopo che – nel 1492 – Isabella eFernando costituiscono il modernoStato unitario spagnolo mediantel’unificazione dei regni di Castiglia eLeóned’Aragona.2 Le caselle vuote sono viste come«periodiditransizioneduranteiqualidisolito ha luogo la rimozione», in cuicioè l’eccedenza di sessualità ha «uneffetto inibitorio sul pensiero econferisce alla memoria e ai suoiderivati il carattere ossessivo diincapacitàa resistervi»(cfr. la letteraa

Fliessdel30maggio1896,inBWF,197= APs, 115). In modo per lui stessopoco convincente, Freud tenderà inseguito a interpretarle come stadiontogenetici (fasi di latenza) cuifilogeneticamente corrispondonoepochedicrisinellastoriadell’umanità.La tesi di fondo – esposta nelmanoscritto del 1915, rimasto a lungoinedito e pubblicato col titolo Sintesidelle nevrosi di traslazione – è che laspecieumanasarebbepassatadaun’etàfelice,adombratanelmitodelparadisoterrestre,aunperiodoterribile, l’epocaglaciale, in cui la durezza della realtàl’avrebbe dapprima resa angosciata, inseguito, dovendosi limitare la

procreazione, indotta a praticheperverse (con regressione a fasilibidiche già oltrepassate) e infinesottoposta,nelleordeprimordialiincuisi sarebbe darwinianamente suddivisa,alla tirannia di un brutale padre-capobranco. In questo testo ricomparel’ideadiunaconcatenazione temporaledelle nevrosi all’interno di un rigorosoparallelismotrasviluppoontogeneticoefilogenetico. Freud rinuncerà apubblicaresimilifantasie,ancheseesseserberanno per lui valore come ipotesiche «danno la possibilità di guardarelontano» (cfr.ÜN, 79, 70). La Sintesidellenevrosiditraslazione–nonchélelettere a Fliess sopra ricordate –

ripropongono il problema del peso deimodelli darwiniani e neo-lamarckianisul pensiero di Freud, per cui sono davedere i saggi, dalle posizioni nonsemprecondivisibili,diRitvo,277sgg.;di Pribham – Gill; di Sulloway; diModelle(peralcuniaspettiparticolari)diGrünbaum.3 Residui di questo schema siconservanosolonella teoriadel sogno,cfr. TD, 257: «Pensieri onirici econtenuto onirico manifesto stannodavantianoicomedueesposizionidelmedesimo contenuto in due linguediverse, o meglio, il contenutomanifesto ci appare come unatraduzionedelpensierodelsognoinun

altro modo di espressione, di cuidobbiamo imparare a conoscerecaratteri e regole sintattiche,confrontando l’originale con latraduzione».4Talemodellopresuppone,per inciso,la rinuncia a ogni passato archetipicochesispaccicomematriceoriginariaemodelloprivilegiatodi riferimento.Sulsignificato teorico del problema dellatrascrizione e la sua differenza dallatraduzione e dalla traslitterazione, cfr.Allouch, 18 sgg., 73 sgg.: «Scrivere sichiama trascrivere quando lo scritto siregola sul suono, tradurre quando siregola sul senso e traslitterare quandosi regolasulla lettera» (ivi,18).Ènoto

cheilsognostessosiesprimecomeunaBilderschrift, una sorta di scrittura diimmagini, di pittografia o digeroglifico, i cui segni non devonoessere interpretati secondo il valored’immagine[Bilderwert],bensìpropriosecondolarelazionesegnicastessa(cfr.TD,283-284).5 È stato spiritosamente detto che, perdare compattezza alla nostra storia,«continuiamo a riscrivere la nostrabiografia un po’ come gli stalinisticontinuavano a riscriverel’Enciclopedia sovietica, portando inprimo piano certi avvenimenti ecancellandonealtri»(P.Berger,62).6 Questo tema si presenta più tardi in

Freud sotto forma di «notes magico»,dispositivoincuiognistratodiscritturasi sovrappone ai precedenti,conservandone però le tracce. NellaNota sul “notes magico”, del 1924,Freud aveva infatti paragonato ilsistema P-C (Percezione-Coscienza) alnotesmagico,ossiaaquelletavolettediceraodiresina,sucuipoggiaunfogliotraslucidodicarta incerataricopertodauna pellicola di celluloide trasparente.Ogni volta che con uno strumento apunta si scalfisce la superficie dellacelluloide, sul foglio si forma una“scrittura”,chevienecancellataquandolapellicoladicelluloidevieneseparatadal foglio (sul quale tuttavia restano i

segni delle scritture precedenti). Cfr.WB,63-68.Suquestotesto,cfr.Derrida1971,293-294;DeRitis,17-20.7LetteraaFliessdel16gennaio1898eDREI,527.Holeggermentemodificatolatraduzioneitaliana.8Comevedremoinseguito(cfr.supra,pp. 88-89), anche le strozzature e iblocchi dello sviluppo e dellarazionalità–cosìcomeifueroseideliri– hanno la loro “storicità”, unadeterminatezzairriducibileallafissitàdiuno schema che si riproduce allamaniera di uno stampo. Non è quindilecito fare astrazione dalla dimensionetemporaleriducendol’apparatopsichicoapurimodelliformali.

9 Cfr. Leibniz, 417: Lo spazio «èl’ordine che rende i corpi situabili, emedianteiqualiessi,esistendoinsieme,hanno una posizione relativa fra loro;allo stesso modo anche il tempo è unordine analogo, in rapporto alla loroposizione successiva». Per uninquadramentodadifferenteangolatura,si veda Naert. Diversamente daNewton,nonesistonoinLeibnizspazioe tempo ab-soluti, sciolti cioè dallapresenza degli enti del mondo e dellamente.10 La rielaborazione del passato noncoincidecon l’annullamento retroattivodi un evento, conquell’Ungeschehenmachen (rendere

non accaduto) di cui Freud parla nelCaso clinico dell’uomo dei topi (cfr.BFZ,32,33-34)einInibizione,sintomoeangoscia(cfr.HSA,268-269)esuicuirituali è tornatoFachinelli, 10 sgg., 24sgg.11Cfr.Piaget;Piaget-InhelderePiaget1952 e 1981. Ad esempio, per Piaget,certe operazioni logiche (diimplicazione, disgiunzione, esclusione)possonoesserecompiutesoloall’etàdidieci-undici anni, il che significa cheprima le percezioni, le idee o isentimentieranoordinatidiversamente.Col passare del tempo, poi, i processicognitivi – e, aggiungerei, affettivi –diventanosemprepiùdecentratirispetto

al bambino, costitutivamenteegocentrico.12 Bion, 80, 81. Bion ipotizzal’esistenza di «una funzione visiva»,che si esprime mediante una sorta di«ideogrammi» e che ha il compito diricondurre sotto il controllo dell’Io leparti espulse in una lontana “epocadella vita”, quella che precede la fasedelpensieroverbale,diorigineuditiva.Per promuovere i processi riparatividell’Io, bisogna quindi saper bencomprendere anche i «modi preverbaliprimitivi,deterioratiperòdamutilazionie identificazioni proiettive» (ivi, 82,98).

Capitolosecondo.Sconfinamentidellaverità

Ilmondonuovo

Cosaaccade a chinon riesce

a tradurre la sofferenzaincapsulata nel passato(risvegliata e raddoppiata daitraumi del presente) inaccettazionedelsuostatooinfattiva volontà di cambiarlo?Continuando a servirmi dellinguaggioedialcuneideediFreud per iniziare a costruireun secondo modello didelirio, riparto dal doppiomovimento della rimozione:da un lato, essa opera per

sottrarre consapevolezza aicontenuti sgraditi; dall’altro,preme sulla coscienza perspingere i suoi materiali amanifestarsi. Essa non lasciadunque dietro di sé unsemplicevuoto,maun luogoin cui si insediano eprosperano nuove formazionidi compromesso,generalmente infelici. Epoiché «quando si forma uncompromesso vi è stata

anteriormente una lotta»(GRA,300),latenutaeduratadel conflitto dipendono dalvariare dei rapporti di forzatra i contendenti. I sintomi –risultante visibile delparallelogramma di forzeformato da vettori divergenti– rappresentano il punto diequilibrio, di volta in voltaraggiunto, tra l’energiaascensionale del rimosso equella mobilitata per

comprimerlo.Avanzo l’ipotesi (daintegrarsi successivamentecon le altre) che le psicosisorganoquando ildis-piacereprocurato dai contenutirimossi provoca tensionipsichiche talmenteinsopportabili da non potersipiùmanifestaresottoformadisintomi locali dicompromesso,quandocioèlalorotraduzionenellinguaggio

delpresentefalliscesututtalalinea. Il delirio è allora ilrisultato di una fratturadifficilmente colmabile fradiversistadidell’esistenza,diun terremoto che sconvolgegli strati della personalitàfaticosamente sovrapposti.Un trauma, uno stress o unlife event (ossia una vicendanon eccezionale, talvoltapersino gioiosa, ma checoinvolge intimamente

l’esistenza dell’individuo:matrimonio o divorzio,nascita o morte di familiari,cambiamentodiprofessioneodi residenza, improvvisiguadagni o perditefinanziarie) riaprono feritenon completamentecicatrizzate, riattivanodesideri insoddisfatti,ridestanoantichepaure,sensidi colpa o incomprensioni,mettendo allo scoperto e

allargando le crepe latenti eaggravandoivecchideficitdidelimitazione logico-affettivadi mondo interno e mondoesterno.Diminuisce allora la fiducianellarealtàdataecresce,confrequenza, l’odio e il furoredistruttivo nei confronti diquanto possa evocarla (cfr.Bion, 65). Nel delirante ilvecchio mondo non solovacilla, ma viene messo al

bandoperesseresostituitodaunaltro.Lasuaperditaèperòcontrobilanciata e risarcitadalla«creazionediunarealtànuova e diversa», che nonpresenta «gli stessiimpedimenti» allasoddisfazione dei desideri(RVNP, 41). Tale privazionedi realtà non è parziale: èl’intero universo inprecedenza percepito,immaginato, pensato, avvolto

in passioni e desideri, che sivede all’improvvisosprofondareechedeveperciòessere ricostruito al piùpresto. I contenuti del delirioappaiono così, a prima vista,quale stoppa o stracciansiosamenteraccolti–comee dove capita – per turare lefalle prodottesi nel rapportotra io e mondo(un’operazione, questa, perinciso,cheHeineattribuivaai

filosofi). La paura di vedercolare a picco la propria vitaaumenta nell’accorgersi cheglisquarcisiconcentranoneipunti in cui più fragile esottileèlaparetedivisoriatrailsoggettoel’oggetto.Lo scarso contatto con ilmondo altrui non è tuttaviasufficiente a spiegare ildelirio. Si può sfuggire ilmondo, voltargli le spalle,rifiutarsidicondividerloconi

propri simili, comportarsicome eremiti, senza perquestoprecipitarenellafollia.Il delirante non desiderainfatti abbandonaresemplicemente una realtàostile, negando conpervicaciaquantocontraddiceil suo delirio. Permettersi alriparo della sofferenza – invistadiunacatastrofe inattoopresagitacomeimminente–riedifica il mondo in cui

finora ha vissuto servendosidei materiali a disposizione.Salpa verso quel che èapparso a molti come unnaufragiodellamente,macherappresenta piuttosto «unmondo diverso in cui lecaratteristichepiùintollerabilisianoeliminateesostituitedaaltre consone ai propridesideri. Chi, in una rivoltadisperata imbocca talecamminoversolafelicitànon

ottiene di regola nulla; larealtà è troppo vigorosa perlui. Diventa un pazzo, chenon riesce a realizzare il suofolle desiderio e non trovaperlopiù nessuno disposto adargli una mano» (UK, 572-573).Risulta condannatoallasimbiosi con il suo nuovomondo, da cui diventatalmente inseparabile chepsiche e mondo formano inlui un’endiadi. Il delirante

non è dunque «un’orchestrasenza direttore», allaKraepelin, ma un direttorechecercadifarfunzionarelasua – per noi cacofonica –orchestra secondo nuovi,improvvisatiprogrammi.Inaltritermini,eglirompeilpatto (non certo tacito, anziassillantemente ripetuto edisseminato in innumerevoliversioni settoriali) cheimpegna tutti all’osservanza

della realtà. Quest’ultima èfreudianamente garantitadalla coscienza, chescaturisce dalle richieste del«principio di realtà», inquanto l’Io è soltanto unapartedell’Esmodificatasiperlaprossimitàel’influenzadelmondo esterno. Un qualsiasichoc può interrompere ilcontattoconlarealtàstessaeripristinare il dominio del«principiodipiacere»,questa

volta, però, in formaangosciosa. Analogamentealle nevrosi traumatiche diguerra – dove si rivivel’evento doloroso per poterlo“scontare a rate”,assorbendolo(cfr.PKNe,peralcuni sviluppi, Finzi) –,ancheildeliriosembraandarenon contro il principio dipiacere,ma“aldilà”diesso.Rivivere il trauma significadepotenziarlo, renderlo

progressivamente accettabile,“spremendone” gradualmentetutti i significati e, sepossibile,tuttiiveleni.Puòdarsicheincerticasi–come hanno riferito a Freudalcuni malati dopo laguarigione–«inun angolinodell’animo loro» si tenesse«gelosamente celata unapersona normale cheosservava come spettatoreimparziale il trascorreredella

malattia e il suo tumulto»(AB, 628). Può anche darsiche, in presenza di unalacerazione dell’animo, sisiano formate «dueimpostazioni psichiche,anziché una sola, una, quellanormale,chetienecontodellarealtà, e l’altra, che, sottol’influsso pulsionale, staccal’Io dalla realtà. Sussistonoambedue, una accantoall’altra.L’esitodipendedalla

loroforzarelativa.Sel’unaèdiventata più forte dellaprima, la condizione dellapsicosi è data. Se il rapportosi capovolge, la malattiadelirante in apparenzaguarisce. In realtà essa èsoltanto retrocessanell’inconscio; infatti, comesi può inferire da numeroseosservazioni,ildelirioeragiàbello e pronto da tempo,prima che esplodesse in

forma manifesta» (AB, 629).QuestastessatesièripresadaBion, che crede, tuttavia, dimodificare la prospettivafreudiana, quando afferma:«L’Io non si è mai ritiratodalla realtà in modocompleto:direisemmaicheilsuo contatto con essa èmimetizzato dalla presenza,nella mente e nel contegnodel soggetto, di una fantasiaonnipotentetesaadistruggere

la realtà, o la percezione diessa, al fine di raggiungereuna situazione che è una viadimezzotralostatodivitaequello di morte senzasomigliare a nessuno deidue».Noncisarebbedunque,per lui, «un ritrarsi dallarealtàcomefattoinsé»,bensì«una fantasia di ritiro dallarealtà»(Bion,78-79).In tutti questi casi ilconcetto di “realtà” deve

essere inteso in senso piùprescrittivo che descrittivo.Rinvia,infatti,aunobbligodifedeltà nei suoi confronti,quale garanzia disopravvivenza della specie edel singolo, alla disciplinacheèstataedènecessariapermantenere un mondocondiviso e per sintonizzareogni soggetto umano conesso, limitando la banda dioscillazioni concettuali,

percettive e affettiveconsentite.La “realtà” rappresenta ilfascio di linee prospetticheconvergenticheinquadranolecostruzioni mentali, affettivee percettive sempre in corsonei cantieri delle differenticiviltà.Noncostituisceaffattounpuntodipartenzanaturale,undatodacui la soggettivitàumanaèespunta.Sipotrebbeaffermare che tutte le culture

riproducono, con strategie emodalità diverse, lo sforzoper tenere gli individuiancorati a una realtà comunee per distribuire in diversezone di compensazioneconsentita (miti, religioni,superstizioni, sogni, opered’arte) quelle extra-vaganze,quei “deliri”, che permettonodi accettare il mondo entro ilimiti fissati. Le società, ilinguaggi, le istituzioni

creano un’ortodossia dellarealtà, rispetto alla quale ildelirante è un eretico, cheproclama sfacciatamenteun’esigenza che tutti sisforzano disperatamente diripudiare:quelladelritornoalprimato del desiderio che,sciolto da ogni vincolo,abbatte senza fatica gliostacoli e consegueimmancabilmente i propriobiettivi. Poiché la realtà,

intesa come «categoria delvissuto», è una conquistadell’evoluzione psichica(Racamier 1979, 283), ildelirante istigascandalosamente tutti allaregressione. Invece dimantenere,lui,ilcontattoconilmondo condiviso, pretendedi far condividere il suomondoaglialtri.La psicosi rimpiazza larealtà, riplasma e rimodella

«ciò che si è venutopsichicamente depositandonel soggetto in base aiprecedenti suoi rapporti conla realtà stessa; riguarda cioèle tracce mnestiche, lerappresentazioni e levalutazioni che dalla realtàsono tratte e da cui tutta larealtà è stata finorarappresentata nella vitapsichica» (RVNP, 41-42). Lapsicosi è indotta a procurarsi

schemi corrispondenti allanuova realtà mediantepercezioni e pensiericonformi ad essa.Allucinazioni e deliriappaiono così quali modalitàdi adaequatio: è realtà“esterna” che deve a tutti icosti adeguarsi a quella“interna”1. In quanto«neoformazionididesiderio»,entrambi attingono allafacoltàdasempredelegataad

aggirare le restrizioni e ilimiti del mondo in cui si ètenuti a vivere: alla fantasia,«scrignodacuivienetrattoilmateriale o il modello per laricostruzione della nuovarealtà»(RVNP,43).Quest’ultima, appuntoperché recente e debole,irreggimentata in un tempo euno spazio ancora incerti, haurgente bisogno diproteggersi. Quanto più

appare traballante, tanto piùstrenuamente viene difesa esigillata nei confronti diintrusioni esterne(generalmente attese, perchéal delirante sembra spessoche tutti congiurino perdistruggereeinvalidareilsuomondo nuovo). Da qui gliincessanti esperimenti perriformulare il presentepercettivo,ideativoeaffettivoin modo da allevare e

irrobustire la neonata realtàpartorita dalla mente. Èquesta – a suo modo –un’opera demiurgica dirimodellamentodell’universo, analoga allacreazione artistica e al«lavoro del sogno», oun’attività minuziosa chesomigliadipiùallacapillaritàdella colonizzazione romanachealledevastazioniprodottedalle invasioni barbariche

(Nacht-Racamier, 426-427;Racamier 1983; Stanghellini,126). L’analogia tra sogno edelirio ha però sensolimitatamente al disancorarsiperiodico del sogno dallarealtàeaquello,piùduraturo,deldeliriodalmondo2.Nella sua stessaanastrophe(ri-volgimento autocentrico,per cui ogni evento è riferitoal soggetto) il delirio èparadossalmente un progetto

di fondazionedell’infondabile, un tentativodiappaesamentoinunmondoestraneo da parte di chi si èsmarrito, la ricerca di unaltrove da trasformare inpatria. La difficoltà disradicare il delirio dipendeanchedalfattocheilpazienteha dedicato anni o decenniall’elaborazionediquestosuonuovo habitat. Resistepertanto fieramente ai

tentativi terapeutici disottrargli tale «capolavorodelirante» (Benedetti, 110),perla deforme costituitasiattorno a un grumo disofferenza. Le sue fantasiehanno acquisito un talecredito che gli è ormaiimpossibilescartarle,cosìchei giudizi normalmenteproblematici su persone ecose vengono in generesostituitidagiudiziassertorie

apodittici (cfr. Olivennes,71).

Inframondi

Quella del delirio non è lalogica del mondo reale, diquel «mondo comune» aglisvegli, di cui parla Eraclito,manonèneppurelalogicadiunidioskosmos,diunmondoprivato dell’individuo,analogo a quello del sogno(come vuole Binswanger1970 a, 89-90 e come,

generalmente,sisostiene)3. Ildelirio sembra piuttostocostituire un paradossalemondo intermedio in cui ladimensione pubblica e quellaprivata, la logicadellamentee quella delle passioni, lapercezione corretta el’allucinazione,laproibizionee la realizzazione deldesiderio, l’adattamentocompleto al mondo el’assoluta fuga da esso

confluiscono e s’incrociano.Lo si potrebbe paragonare aunavitaparallelaallanostraoallasequenzaalfanumericadiuna cassaforte: lettere enumeri sono comuni, noti atutti, ma è, appunto, lacombinazione ad esserespecifica.Delresto,quandosicondividono una lingua e unsistema dettagliato diorganizzazionedell’esperienza, frutto di

tradizioni plurimillenarie, unmondo del tutto privato èperfino impossibile daimmaginare: anche lecostruzioni mentali piùcapriccioseestravagantisonoinfatti formate da partiriconoscibilidatutti.Nel delirio, poi, la volontàdi entrare in rapporto conglialtri e di sottrarvisi, dirivelare e di nascondere, siscontrano e si compongono,

dando luogo a uno stileallusivo e iniziatico4. Adesempio, nel sentimento divergogna giunto allo stadiopatologico (su cui cfr.Ballerini-Rossi Monti), dovela tendenza a occultarsi ècostitutiva, la parola deldelirante esprimeadeguatamente la volontàdivisa e contraddittoria dicomunicare e di noncomunicare.Anche in questo

caso,tuttavia,ildistaccodalladimensione sociale non ècompleto,cometestimonia,inaltritipididelirio,lacostantepresenzadicongiurati, spieocalunniatori. Ammettere laloro esistenza significa,infatti,mantenereunesilefilodicontattoconlarealtàdeglialtri.Il delirante è incoerente eassurdosoloneiconfrontidelmondo condiviso, mentre è

fin troppo coerente eragionevole nell’ottica delmondo “rimpiazzato”.Sebbene giunga talvolta adubitare delle sue credenze,ha rinunciato agli schemiacquisiti e tuttora accettatidagli altri. Procede ormai –con successivi aggiustamenti“giroscopici” – allaritraduzione della propriaintera esperienza nellinguaggio di un’inattesa e

anomala epoca della vita. Lasua attuale versione delmondononprevedefuerosodovvietà, zone cioè sottratteall’interpretazione. Tutto èormai significativo el’esperienza è dominatadall’horror vacui. Così,mentre le convinzioni diciascuno si stagliano sullosfondodelleabitudinimentaliedellepratichecorrentiacuisi affida, il delirante rinuncia

a tale vantaggio. Il suoprecedente mondo è, infatti,diventato incerto einaffidabile: lo deve saturaree rinforzare con nuoveinterpretazioni, in modo chenonrimanganosaccheresiduediincompatibilità.A ben riflettere, tuttavia,niente è più incomprensibiledell’ovvio. Quando cis’interroga su ciò che èfamiliare, subito esso si

trasforma in qualcosa diestraneo, perdendo ogniintrinseca virtù dirassicurazione. Il deliriolacera l’opaco scenario delmondo della vita, da tuttipresupposto, e lo metteapertamente in discussione.Laddovenienteèovvio, tuttocessadi essere familiare (cfr.Jervis 1975, passim), tuttoviene sottoposto a occhiutoesameearadicalerevisione.

Il mobile, paradossale,punto archimedeo persollevare il nuovo mondo èdato da questa assidua operadi reinterpretazione, chesublima pensieri, fantasie,stati d’animo in rivelazioni,voci, visioni, avvitandoli invorticidi senso“anastrofici”,appena intellegibili a chinonne sia il centro. Ciò cheappare agli altri unatraduzione non riuscita della

realtà, si mostra al delirantecome un’epifania, unascoperta che non richiedeulteriori conferme. Un«Eureka!» delirante dichiaraunaveritàcheè semprestataaportatadimano,dicuinonci si era, purtroppo, maiaccorti, ma che è stata orafinalmente riconosciuta(Conrad; Rossi Monti 1991;StanghellinieBallerini).Il delirio e le allucinazioni,

benché labili, nonrappresentano soltanto –come credevano moltiesponenti della psichiatria difineOttocento–ilrisultatodiuna «degenerazione» deitessuti cerebrali.Manifestanoinvece, e soprattutto,l’immane sforzo, la fatica diSisifo, di rifare e disfareincessantemente il mondo,rendendolo vivibile, coerentee consistente dall’interno

mediante una crescita indottae accelerata del suo tessutoconnettivo. Idee, percezioni,affetti, persone, cose,costrette ad abdicare alvecchio senso, sonoaffannosamente reinvestite dinuovisignificatievalori.Ciòavviene grazie a un’arscombinatoria in grado diriempire al più presto i vuotiprovocati da vissuti abnormie di tamponare vistose

emorragie di intellegibilità,utilizzando in manieraaccortamente tattica (eiperinterpretando percompensazione) tutti imateriali o le schegge direaltà che casualmentes’incontrano5.Anchenelpensieronormale,il raggio delle connessionipossibilitraidee,sensazioniofantasieèampioe indefinito.Ammontanoinfattiamigliaia

le combinazioni e i rimandiconsentiti: «In certi casi daquesta rete il soggetto puòessere catturato, a patto cheegli stesso faccia scattare latrappola. È quando la retedell’esperienza diventatrappolacheessarivelalasuaconnessione col soggetto,attorno al quale trova unacentratura il reticolodimoltevie»(Petrella1993,294).Nel delirio si è condotti al

tranelloapartiredaunaopiùcellule tematiche, chesviluppanounaveraepropriaorchestrazione del delirio,con multiformi variazioni eintrecci. In lineadiprincipio,le si può enucleare edelencare, individuando unrepertorioattendibiledeitemie una grammatica dei motivio dellematrici (tenendo peròconto dello specificoriordinamento [Umordnung]

cheisingolielementiideativiricevono)6. Queste celluleiniziali o «postulati» deldelirio sono – soprattutto neiprimistadi–vive,rigogliose,«floride», virulente.Assomigliano, per certiaspetti, alle loro omologhefisiche,allecellulecancerose,a causa della loro facoltà dimoltiplicarsirapidamente.In che consistono? Per lopiù in un episodio o in una

catenadiepisoditraumaticiocomunque ritenuti cruciali(reminiscenze, frasi, pensieri,immagini o affetti rimastiimpressi e non sviluppati, alpari di lastre fotografiche innegativo),ilcuisenso,invecedi essere ricollocato e prestoesaurito nell’ambito delRegime II, ha bisogno, peresprimersi, di gonfiarsi adismisura. L’ipertrofia deldelirio a partire da una di

queste cellule tematichesembra garanzia di maggiorearticolazione dei problemi epromessa di una lorosoluzione. Tant’è vero cheesse assumono talvoltal’aspetto illusorio di unpasse-partout logico, di un«Sesamoapriti!»o–comesiè detto – di un conceptabracadabrant (Olivennes,70).Le variazioni sulmedesimo

tema finiscono per dar luogoa una forma di pensiero«convergente», nel senso diGuilford, un pensiero cioèche inibisce o restringe ognipossibile apertura aventaglioin direzione di nuovesoluzioni. Nel delirio visarebbe quindi la «fissazionead un certo stadio delprocesso interpretativo, cheresterebbe così bloccato sualcuni patterns immutabili

attraversoiqualinuovieventisarebbero riconosciuti senzafeedback modificatore, inmodo che a poco a poco, ladistanza – l’ambiguità – trapatterns di riferimento, cheservono al riconoscimento, egli eventi nuovi dariconoscere, diventa sempremaggiore,finoalpuntocheilprocesso stesso diriconoscimento si blocca eriuscirà a sopravvivere solo

rinchiudendosi su se stesso»(Atlan, in RossiMonti 1991,62).

Aldilàdelvero

Il delirio, nella sua formaricostruttiva, non è semplicefalsità, assenza di ragione oerrore di giudizio. È invece,paradossalmente, veritàipercompensata, che – peresser stata a lungo rimossa,combattuta, disconosciuta –scatta infine come unamollacompressa, espandendosi in

maniera così prepotente edeccessivada invadereareedisenso avvertitesoggettivamente comecontigue. Contrariamente aquel che suggeriscono leetimologie di alcuni termini,nel delirio non ci si svuota onon ci si gonfia di vuoto (iltedesco Wahn, «delirio»deriva infatti dall’anticotedesco wana, «senza»,«privodi»–chesembraavere

la stessa radice di vanus –,mentre il latino follisdesignaoriginariamente una palla dagiocopienadiaria)7.Comeinparte già sappiamo e comevedremo in seguito, più cheun difetto o un’assenza, siriscontra nel delirioun’eccessiva pienezza, undebordare.Sierrao,appunto,si diventa “extra-vaganti”(uscendo fuori dalla lira, dalseminato)8,perchénonèstata

adeguatamente riconosciutauna verità che, alla suamaniera, sa farsi comunquestrada.Vi è in Freud un passo dicapitale importanza percomprendere la questione. Èun testo arduo, carico diipotesi mai interamentesviluppate, ancora tutto dadecifrare: «Quandol’ammalato crede cosìtenacemente al proprio

delirio, ciò non avviene perun sovvertimento nelle suecapacità di giudizio e nonderivadaciòchedierratoviè nel delirio stesso. In ognidelirio vi è invece un nucleodiverità,viè sempre inessoqualcosa che meritaveramente fede, ed è questoqualcosa la fonte dellapersuasione del malato, laquale fin qui è giustificata.Ma questa verità è stata per

lungo tempo rimossa; equandofinalmenteleriescedipenetrare nella coscienza informa travisata, il sentimentodi convinzione che vi èconnesso risulta percompenso rafforzato; essoaderisceoraalsurrogatodellaverità rimossa e lo proteggeda ogni attacco critico. Ècome se la convinzione sispostasse dalla veritàinconscia all’errore cosciente

che vi è collegato, e virimanesse fissata proprio inforza di quellospostamento»9.Individuandoipuntisalientidi questo testo, è possibilerisalire alle sue implicazioni.La prima affermazione dasottolineare, quella chemaggiormentecolpisceper lasua natura contro-intuitiva, èche l’errore è unosconfinamento della verità,

unandaredellaveritàoltresestessa, uno spostamento delsentimento di convinzione (ocertezza) dal «nucleo diverità»alsuo«surrogato».Laveritàstorica–enonlogica–è un evento che haeffettivamente avuto luogo alivello psichico (con o senzacause esteriori giustificabili:adesempiounacutosensodicolpa, di vergogna o diprofonda inadeguatezza alle

situazioni), sebbene ilsoggetto non sia allora statoin grado di interpretarlo e dielaborarlo perchéintollerabile. Tale veritàriesce a manifestarsi «informa travisata» solo a pattodi cedere la propria garanziadi realtà, ilpropriooriginariopotere di convinzione, a unsostituto, alla costruzionedelirante,appunto.Questo «surrogato», per

nascondere la verità da cuiprocede,deveorainvestirladiun «sentimento diconvinzione» dotato diesorbitante capacitàesplicativa. Una similecertezza diventa tanto piùincrollabile quanto più i suoicontenuti si allontananodallaverità iniziale. Il suoconsolidamento avviene, diconseguenza, a detrimentodella verità. La bilancia

psichica resta tuttavia inequilibrio, poichél’accresciuto peso dellaconvinzione compensal’alleggerimentodellaverità.Più il delirio avanza, più ildelirante è certo dei suoicontenuti, perché la corazzaprotettivadel falsoavvolgeeprotegge la verità da cui si èpartiti. Tale verità è peròsoggettivamente troppoimportante per essere

cancellata, di modo che ilcamuffamento rappresenta ilsuo solo lasciapassare.Parallelamente, più il delirioavanza, più si abbandona la«veritàinconscia»peraderireall’«errorecosciente»,ciòchegeneraunulterioreparadosso,per cui la coscienza non èattualmente sede della verità,ma dell’errore. In questosenso,ildelirioèsimileaunavalanga psichica formata

dallafranaodalloslittamentodi frammentidiveritàstoricainsopportabili, che nel lororotolare si ingrossano semprepiùdicertezza,avvolgendoenascondendoprogressivamente ilnucleodiverità.Perquesto ildelirio simanifesta anche come unamalattia del credere, unadisponibilità ad accettarecome indubitabili evidenze evissuti non analizzati o

quell’ibrido tra certezza everità che è il sentimentodellaverità.L’evidenza – e, soprattutto,l’eccesso di evidenza – nonrinvia dunquetautologicamente a se stessa,ma ad altro10. Allude a unaverità nascosta dalla suastessa luce (la cui intensitàsembra proporzionale algrado di oscuramento delrimosso). Dove gli sciami di

pensieri deliranti trovanoriposo e ristoro, dove cioècompare un eccesso dievidenza, una sfolgorante esmisurata presunzione dicertezza–magarinellaformadella rivelazione improvvisa–siètuttaviaviciniallaveritànascosta.L’ipercompensazionedell’evidenza, che sitrasforma in fanatismo delcredere, rappresenta un

segnaledidifesaediallarmeper comunicare all’individuoche sta avvicinandosi troppoalnucleodiveritàcheintendeproteggere o all’«eventochiave», come lo chiamaKretschmer, che non vuoledecifrare.Ilsoggettoreagisceallora con un eccesso dilegittimadifesa,trincerandosidietro l’incorreggibilità delleidee errate.Una “funzionediirrealtà”delineaeprotegge il

mondo nuovo mediantemeccanismi analoghi a quelliper cui nel nostro mondocerchiamo di esaudire leuniversali aspirazioni deldesiderio (amore,riconoscimento, autostima) odi placare le grandi angoscecomuni (morte, dolore,malattia,abbandono,povertà,violenza).Sel’errorerisultaquindidaldebordaredellaveritàdalsuo

specifico ambito locale, sicomincia a capire perché neldeliriosiproducaunasortadipermanentemetabasiseisalloghenos,disaltodaunaclasselogicaall’altra, con l’annessapretesa di equipararel’incongruo, di congiungereconcetti, immagini, affetti osegmenti di esperienzaincompatibili o separati fraloro da distanze stellari11.Tale trasmissione o

dislocazione mobile dicertezza a spese della verità,pur coincidendo con unagenealogia dell’errore, non«sovverte»però–ammonisceFreud – le capacità logiche,giacché lo spostamento dellaconvinzione dal nucleo diverità alla catena deduttiva oinferenzialedelragionamentodelirante ne rafforza anzi la“cogenza”, allargando ilcontesto di false

verosimiglianze.

«Larvatusprodeo»

Il successivoelementodegnodi nota è appunto che, nelcorso del delirio, verità ecertezza non coesistono.Come in parte sappiamo, piùci si allontana dal nucleo diverità,più laconvinzionedelfalso si rafforza. Se latrasmissione della certezzapuò dunque aver luogo

separatamentedaquelladellaverità, si ripropone, in formarovesciata, il problemasollevato da Descartes nelleRegulae ad directionemingenii (in particolare nelleregoleXIeXII),ossiacom’èpossibile trasmettere lacertezza a partire daun’evidenza prima einconfutabile. In Descartesl’evidenza si trasferisceattraverso la catena

dimostrativainmodoanalogoalla fiaccola dei tedofori,secondo lo schema deilucreziani cursores ferenteslumina vitae, così daconsentire la coesione e lacorrettezza delladimostrazioneedapermetterea ciascuno di capire e digiudicare secondo il lumennaturale, senzanulla imporreperautorità12.Lacogenzaelapersuasività

dell’argomentazione sonodate dal passaggio della lucedell’evidenza attraverso tuttelesueparti.Una volta stabilitaun’evidenza prima eassolutamente indiscutibile,capacediattraversareindenneogni dubbio (quella delcogito, che è omniumcertissima evidentissimaque,così potente da sfuggirepersino alla follia, al genio

malignoealdio ingannatore,su cui cfr. Petrella 1983, 63-64), verità e certezzaprocedono di pari passo,rafforzandosi e garantendosireciprocamente attraversol’intuitus o inspectio mentis,un vedere che è sapere e unconoscere che è quasi unriconoscere: «Mi sembra dinon apprendere nulla dinuovo, ma, piuttosto, diricordare ciò che sapevo già

prima»13.Lapazzia,inquestocaso, non colpisce tanto laratio in se stessa, il sistemadelle connessioni discorsive,quanto l’intuitus, la capacitàdi concepire chiaramente edistintamentelecose14.Il valore del «metodo»consistedunquenelsaldare–inpresenzadiunaconcezionediscontinuistica o granularedel tempo – la serie discretadelle certezze e nel tradurre

l’istantaneità dell’intuizionenella durata del discorso.Descartessitrovadinanzialladifficoltà di spiegare comepossa un’evidenza immobile,riposante su se stessa,contagiare di verità le ideevicine e propagarsi in talmodo, con crescente tasso diconvinzione, sino allaconclusione delragionamento, al luogo dovel’evidenza iniziale si

ricongiunge con se stessa. Èperciòcostretto,daun lato,aenfatizzare l’evidenza delcogito, a sovrainvestirlo diluminosità, dall’altro agiustificarelapermanenzadeicontenuti e dei passaggilogici dell’argomentazionefacendo ricorso a una«memoria intellettuale»15. Epoiché il cogito è perDescartes il prototipo diqualsiasi evidenza, niente è

più chiaro del fatto che ubicogito,ibisum(dimodoche,rispondendoaMersenne, chesichiedevasenonfosselecitodire, con la medesimanecessità, «cammino, dunquesono», egli poteva ribattereche anche il camminarepresuppone il pensiero delcamminare).A differenza di Descartes edi molti esponenti delpensiero moderno e

contemporaneo, Freud nega(certo all’interno di undifferente contesto teorico)che il pensiero e il soggettosiano trasparente autoscopia,idealistico autoriferimento diIo= Io, trascendenza rispettoa ogni oggettivazione, attopuro. Mostra invece comeessi rinviino sempre aun’assenza ineliminabile,riempita però di interlocutorie “padroni” con cui fare i

conti. Ripetendo le parole diLacan – che radicalizzano ein qualche misura forzano leconcezioni di Schelling(Cogitatur,Esdenktinmir)edi Freud,ma che indicano inmodo incisivo ilsovvertimento apportato daquest’ultimo nella culturafilosofica–diciamoallora:jepenseoùjenesuispas,doncje suis où je ne pense pas(Lacan1974,517=trad.it.E,

II,511).

L’invisibileevidenza

Se, in questo secondomodello di delirio abbozzatoda Freud, verità econvinzione si separano, cosìche il falso può risultare dalvero acquisendo addiritturamaggiore certezza, nonbisognaperòvedereinquestoatteggiamento una variantedella cosiddetta «scuola del

sospetto», che loaccomunerebbe a Marx e aNietzsche (Ricoeur 1966). Intalediffidenzaverso leveritàsolari egli è semmaiclassicamente vicino adAristotele, studiato ai tempiin cui seguiva le lezioni diBrentano, preparandonealcunedispense.Nelsecondolibro della Metafisica ilfilosofo greco aveva, infatti,distinto la verità

dall’evidenza:«L’intelligenzadella nostra anima sta difronteallecosechepernaturasono più evidenti come gliocchi dei pipistrelli [dellecivette?] di fronte allosplendoredelgiorno»16.Freud non si rivolgeintenzionalmente al centrodelleevidenze:cercalaveritàaimargini, in ciò che spessonon si vede per troppa luce.Questo decentramento

dell’intenzione o, meglio,l’uso dell’intenzionalitàobliqua, lo separanonettamente dalle correnti dipensiero che si richiamano aDescartes o ai teorici stessidell’intenzionalismo, daBrentano a Husserl.L’evidenza non è in luiautoreferenziale,nonsifondasuse stessa,nonèpura luce,ma rinvia ad altro, a unmondo di luci e ombre. Per

conquistare gli Inferi e“smuovere l’Acheronte” sirichiede una vista abituata adistingueresfumatureemezzitoni, un’anima che, nel buio,faccia buon uso dei suoi“occhi di civetta” o – se iltermine aristotelico nykterissignifica «pipistrello» – siaaddirittura capace diorientarsi nell’oscurità deisensiattraversol’intelligenza.Consottilediplomaziadella

diversione, l’evidenzafunziona dunque in Freudtanto per nascondere, quantoper rivelare. Non vi ècomunque una veritàimmediataeineluttabileacuiappellarsi, un faro luminosocheguidinelbuio.L’apparatopsichico, infatti, non lanciasolo cortine fumogene o nonsecerne unicamenteinchiostro, come le seppie,allo scopo di celarsi a se

stesso: per abbagliare econfondereusaanchelaluce.Questo accade, ad esempio,anche nei «ricordi dicopertura», in quellereminiscenze infantili di persé banali, la cui particolareperspicuità è dovuta a unaattribuzione ipercompensatadi senso. La loro evidenza,come nel delirio, copre unaltroelementodiverità,acuipure è cripticamente

associata17. Un fenomenosimile si mostra nel corsodella terapia, quando – inseguito a una «costruzione»ben riuscita comunicatadall’analista al paziente – laspinta ascensionale delrimosso porta alla coscienzasignificative traccemnestiche.Ciòavviene,però,a condizione di offrire allaresistenza,qualepedaggio, lospostamento del fuoco

dell’attenzione su «oggettiadiacenti e di secondariaimportanza», che appaiono«più che mai vividi[überdeutlich]» (cfr. KA,550).Coerenza ed evidenza,normalmente consideratesegni di razionalità, qualoradiventino ab-solutae, scioltecioè da ognicondizionamento, limite olira, costituiscono (ecco un

ennesimo paradosso)l’espressione più tipica deldelirio. Ciò significa, percontrasto, che l’idea diragione è legata a confinilocali e ad eccezioni“particolareggianti”,“pertinentizzanti”, mentrequella di delirio sembrapiuttosto connettersiall’inosservanza dellefrontiere logiche in nome diuna coerenza ed evidenza

assolute (cfr. infra, pp. 38sgg.). Il pensiero “sano” haimparato a fermarsi alframmentario eall’incompleto, sacrificandoarmonie più complete epremature.

Laveritàinverosimile

Laveritànoncoincidenéconl’illuminazione interiore, nécon l’evidenza puntuale eaccecante (come sappiamo,anche lo schiavo platonicoche esce dalla caverna restadapprima abbagliato dallaluce e, inoltre, «nella lucepura si vede altrettantopoco,quanto nelle pure tenebre»:

Hegel 1968, I, 94). E noncoincide neppure con ilsemplice combaciare di partiseparate:«Anchequandotuttigli elementi di un problemasembrano adattarsi l’unoall’altro, come i pezzi di unincastro, occorre tenerepresentecheilverosimilenonnecessariamente è il vero eche la verità non sempre èverosimile» (MMR, 346).Proprio perché la verità è

abbastanza spessoinverosimile, i poeti e quantiaudacemente si servonodell’ausiliodell’immaginazione sonotalvolta in grado di coglierlaprima o meglio degliscienziati, necessariamentevincolati a imperativi dicautela, ligi a procedure esaperi bisognosi di unriconoscimento ufficiale,talvolta restii a rischiare il

loro buon nome. Con lacreazione della psicoanalisi,Freud ha consapevolmenteaffrontato l’aleadell’inverosimile e subìtol’accusa di essere più unfantasioso romanziere cheunoscienziato.Sen’èdifeso,nonsenzaambiguità,maconenergiaebuoneragioni.Nel caso specifico deldelirio, ha implicitamenterifiutato uno dei canoni del

verismoscientistaesostenutoche la poesia non deveadeguarsi alla scienza, maprocedere oltre, in quanto èproprio «la scienza che nonregge di fronte all’opera delpoeta»(GRA, 301).Questi è,infatti, capace – come neidiscorsi adoppio senso eneimotti di spirito che ZoeBertgang rivolge a NorbertHanold nella Gradiva diJensen – di esprimere,

insieme, il delirio e la suaverità:«L’unsensoèadattatoal delirio di Hanold, perpenetrare nel pensierocosciente di lui; l’altro sisolleva inveceoltre ildelirio,ecidàingenerelatraduzionedel delirio stessonell’inconsciaverità cheessorappresenta.Èunverotrionfodel motto di spirito poterraffigurarecontemporaneamente, nella

stessa forma espressiva, ildelirio e la verità» (GRA,205). Trionfo, aggiungo, dicui potrebbe approfittare, adaltro livello, la ragioneospitaleedespansiva.La verità, nel discorsoanalitico,nonconsistesemprenel mettere a posto subitotutti gli elementi del puzzle,ma nel sapersi fermare alframmentario,nelriconoscereopacità e lacune, nel

sacrificare l’armonia, lacoerenzael’evidenzaperfettein favore dell’acquisizione diqualcheparzialeeprovvisoriaconoscenza. Chiunque lavoricon pretese di scientificitàrinuncia a spiegazioniesaustive. A differenza deldelirante, vi è sempre per luiun punto, un «ombelico», incui le spiegazioni hannotermine e le ipotesi siscontrano con dati non

ulteriormente interpretabili18.Il delirio lucido sicaratterizza, al contrario, perla sistematica volontà diblindare il fragile mondonuovodestinatoarimpiazzarequello reale, mentre chi sisitua nell’ambito dellarazionalità ha imparato chel’ignoranza è più vasta delsapereechebisognaresisterealla tentazione di trovare piùcoerenza di quella che

attualmente si è in grado diconseguire.La ricerca di coerenzaconosce vari livelli: nelsogno, nelle fantasie, neideliri, nelle spiegazioni deglianalisti,nellafilosofiaenellascienza.Aigradipiùbassi,lacoerenza si ottiene attraversouna sorta di bricolage,sottoponendo il materiale adisposizione (traccemnestiche, associazioni di

idee, convinzioni) a uninteresse che per suo tramitevuoleesprimersi.Èl’intensitàdell’investimentosimbolicoarendere coerente quanto è diper sé accidentale eraccogliticcio. Perciò sogni efantasie, rispetto ai ricordi diinfanzia cui si riferiscono,«hannopressappocolostessorapporto che certi palazzibarocchi di Roma hanno conleanticherovine,lecuipietre

squadrate e le cui colonnehanno fornito materiale perl’edificio più recente» (TD,450).Ogni «formazionesistematica» tenta dieliminare le incoerenze e ledissonanze escogitandosoluzioniaiproblemiapartiredalle evidenze che immaginadipossedere:«Vièinnoiunafunzione intellettuale cherichiede unificazione,

coerenzaecomprensibilitàdaogni materiale dellapercezione o del pensiero dicui s’impadronisce e nonesita a produrre una falsacoerenza quando, percircostanze particolari, non èin grado di afferrare quellavera. Questa formazione disistemiciènotanonsoltantodal sogno, ma anche dallefobie, dal pensiero ossessivoe dai deliri» (TT, 116-117).

Come nelle macchie diRorschach o nelle formeindividuate talvolta nellenuvoleoneicrinalideimonti,sembra difficile sottrarsi allatentazione di interpretarel’accidentale. Si preferiscespesso la «falsa coerenza»all’incoerenza, il delirio allamancanza di senso. Laconquista di una più altarazionalità coincide pertantocon una demarcazione più

nettadell’areadeisignificatiecon una relativaspecificazione dei divieti diconnubio tra determinatefamiglie di idee. Sembraquasi che esista unsotterraneoparallelismotralosviluppodellaciviltàapartiredalla proibizione dell’incestoe di quello del pensiero apartire dalle forme lecite eillecite di coniugazione eimparentamentodeiconcetti.

I deliri, come i giochi o isogni, sono organizzazionifugaci ma coerenti, che, inconformità a motivazioniprofonde e in parte nascoste,dispongono secondo regolequanto casualmente avvienenel«cortiledellaricreazione»o Tummelplatz dellacoscienza. Con un’immagineappropriata, Freud paragonal’ordine del sogno a quelloinventato in tutta frettadaun

ragazzo vivace eindisciplinato per rimediareallaconfusioneche luistessohacreato:«Possiamoinrealtàimmaginare che la coscienzadel sonno dica a se stessa:“Ecco qua il nostro maestro,la coscienza vigile, che dàun’enorme importanza allaragione,allalogicaecosìvia.Su presto! Piglia le cose,mettile inordine,ogniordineèbuono,primacheentrileia

occupare la scena”» (TD,458-459).Neldelirioenelsonnononèquindilalogicachefadifettoo la prova di realtà chefallisce: sono i contenuticatturati che obbediscono aun differente criterio dellastrutturazione del caso edell’attualità secondo schemiimplementati nel tempo.Scrivendoa Jung il 16 aprile1909, Freud afferma che la

«condiscendenza del caso[das Entgegenkommen desZufalls]» è innegabilmentepresentenella formazionedeldelirio,dovesvolge«lastessafunzione che lacondiscendenza somatica hanel sintomo isterico, quellalinguistica nella battuta dispirito» (Br, 237).L’accidentale,checertamenteesistenelmondoesterno,nontrovadirittodicittadinanzain

quello psichico, dove viene“curvato” a una qualchespiegazione19.Nel delirio il casuale èpercepito come sicuramentedotatodiunsenso,perquantooscuro, indefinito e – sulmomento – indecifrabile.Viene sottomesso a unprocesso analogo a quellodella trasformazionedell’angosciasenzaoggettoinpaura di qualcosa di

specifico. Nel determinarel’oggetto che funge daparafulmine al terrore senzanome, l’angoscia perde granparte della sua carica di dis-piacere.In astratto, il delirante haragione di intravedere nelcomportamentoapparentemente accidentale,proprio e altrui, un senso eun’intenzione, così comel’analista nel trovare un

significato nei lapsus o negliatti mancati. Spesso il primohaanzi«vistapiùacutadellamente normale», solo chesovrainterpreta e, per effettodellospostamentodicertezza,generalizza unilateralmentedeterminati indizi. Freudprecisa: «Quel po’ digiustificazione, tuttavia, chenoi concediamoallaparanoiaper questo suo modo diconcepireleazionicasuali,ci

renderà più facile capirepsicologicamente ilconvincimento che, presso ilparanoico, connette tuttequeste interpretazioni. C’ècertamente qualcosa di veroin esse; anche i nostri erroridi giudizio che non sianomorbosi acquistano in modonon diverso il senso diconvinzione che è loroinerente.Questosentimentoègiustificato per una certa

porzione del ragionamentoerroneo o per la fonte dallaqualeproviene,evienepoidanoi estesoa tutto il restochevisiconnette»(PA,277).Ciò che per il sogno, incondizioni di isolamentosensoriale, sono le traccemnestiche,per ildelirio sonole idee improvvise chepassano per la mente[Einfälle], le percezioni, lefantasie e le passioni che

vengono forgiate o attrattenell’orbita del ragionamentodelirante. Si affermano,infatti,ipensierichehannolapossibilità di inserirsi indeterminate matrici otraiettorie, mentre nonvengono registrati quelli chene esorbitano. Si forma unospaziologicoetemporaledeldelirio, in cui la distorsionedei ragionamenti è provocatadall’obbligo di restare

rigorosamente all’interno deisuoiconfini.Il delirio è, dunque, unandareoltre la lira, il terrenocoltivato dall’intelletto, manonunvagare indeterminato.Haanch’essoisuoiconfini,ilsuo letto di Procuste (logico,fantastico, affettivo,percettivo, spaziale etemporale).Le suevariazionirappresentano esperimenti diconciliazione dell’individuo

con se stesso attraverso loscioglimento di grumi oemboli di problemi vaganti.Sono perciò, spesso,inevitabilmente monotone,ricorsive, proprio perché nonriescono per principio asbloccare la situazione, aprovocare uno scorrere nonimpeditodellacoscienza.GuardandodinuovoaFreudcon l’ottica delle grandifilosofie,sivedecheanchela

coerenza, come l’evidenza,cessa di essere un criterio diverità.Perdonoinaltreparolela loro presunzione diassolutezza tanto il modellocartesiano del fundamentuminconcussum, quanto quellohegeliano espresso nellaformula «il vero è il tutto»,secondo cui ogni veritàparziale dipende dal suovalore di posizione nelsistema. I sistemi filosofici,

più che espressione di veritàscientifiche, sono in genereconsiderati da Freud (conl’eccezione di quelli diEmpedocle e diSchopenhauer)cristallizzazioni di un ideale,documents du désir,formazioni intermedie tral’arte, cui è lecito esprimeredesideri,elascienza,cuinonè invece concesso20. La lorovolontà di spiegare

rigorosamente le questionipuò,tuttavia,contenereancheaspetti deliranti (cfr. Petrella1983,62-66), lacuipresenzaFreud non esclude, del resto,neppurenellesuetesisulcasodi paranoia del presidenteSchreber: «Sarà l’avvenire adecidere se la mia teoriacontienepiùdeliriodiquantoiononvorrei,oseildeliriodiSchreber contiene più veritàdiquantoaltriogginonsiano

disposti a credere» (PBFP,403).

Uncampodibattaglia

Se la scienza inibisce ilricorsoaevidenzeecoerenzeassolute è perché la veritàpsichica è inserita in uncampo conflittuale. Essa nonè mai neutra, inoppugnabile,pacifica, rigida e paludatacome una statua. Viveall’interno di scontri etensioni tra forze

sostanzialmentedisomogenee, fra evidenzecontese, fra strati di sensoseparati da faglie temporali,appartenentiaepochediversedella vita dell’individuo (odella collettività) e maiinteramente elaborate oelaborabili.Né un uomo, né una civiltàsi sviluppano quindi senzaostacoli da superare. Il loroterreno è la lotta, non solo

quella reale, constatabiledall’esterno, ma anche lagigantomachia interiore dipulsioni, fantasie, ricordi,affetti,checondizionatutteleforme di esistenza umana,riusciteomancate.Aldiquadei conflitti sociali e diclasse, Freud ha scoperto unaltrofocolaiodiconflittualità:lacasa,conilsuoimpastodigerarchie e di affetti, diviolenza e di protezione, di

sessualità e competizione, dipassioni e di interessi, dimatrimonio e di patrimonio.Ha così tentato di venire acapo e di dipanare l’intricatamatassadeirapportifamiliari,già impietosamenteanalizzata, fra icontemporanei, da Ibsen,StrindbergoPirandello,el’hatrovata, alla lettera, abitata –oltre che dall’amore – da“spettri”, paure e tensioni

mortifere.L’evidenza non può valerequalecriteriodiveritàproprioperché si pretende che rivelisenza nascondere, che siasoltanto con-vincente, capacediimporsisenzalottaeconilpacifico consenso di chi laintuisce.Laverità è invece–già in Freud, prima ediversamente che inHeidegger – disvelamentoincompleto di qualcosa che

resta altrove costitutivamenterivelato solo in misuraparzialeeinmodalitàdiverse,non sempre tra lorointegrabili.Èconservazioneesalvaguardia di quantostrappato al purooccultamento. Il campoconflittuale del vero escludeper principio evidenzeassolute insindacabili,originarie (come quelle checompaiono, appunto, in

Cartesio o in Husserl),dinanziallequalilacoscienzanon ha altra scelta che lacapitolazione. In questosenso, quando si afferma che«nella psicoanalisi non c’ènient’altro di vero che le sueesagerazioni» (Adorno, 47),queste ultime non sono cheingrandimenti di ciò cherimanevacelatoeincapacediimporre la sua deboleevidenza.

Il delirio è una formazioneconflittuale di compromesso– dal punto di vista ufficialelogicamente inconsistentemadi fatto realissima – tra unnucleo di veritàsoggettivamente intollerabileeunmondointernooesternoavvertito come invivibile. Inbalìa di comandicontraddittori che gliimpongono nello stessotempodisapereediignorare,

di parlare e di tacere, ilsoggetto delirante cercainvanodiobbedireacomandidi per sé improponibili, aingiunzioni paradossalianaloghealla richiesta rivoltaalle persone timide eimpacciate di esserespontanee o all’invito chel’insonneindirizzaasestessodidormire.Daquil’assurditàdel delirio, in cui si nega dauna parte ciò che si afferma

dall’altra (cfr. infra, pp. 55-62).Il delirante è diviso tra ilbisogno di manifestare quelchelotormentaelapaurachevengaintalmodoconclamatoilnefas,ciòdicuinonèlecitoparlare,ma che lo opprime elo ossessiona. Comprenderel’incomprensibile come sefosse comprensibile,indovinarequelchesimuovedietro il vetro opaco della

rimozione, risolvere l’enigmareso torbido proprio da chidovrebbeinterpretarlo:questodiventailsuoscopovitale,lasua scommessa (perduta finoa quando continuerà a nonaver la forza di affrontarerisolutamenteiconflitti).

Giochidisostituzione

Questa,tuttavia,èlacosapiùdifficile.Laverità del delirionon si afferma infatti senzaun dolore inizialmente piùorrendodeldeliriostesso.Pervincerlo, la verità deverisultare preferibile aibenefici offerti dal“tornaconto secondario”dell’irrealtà:deveguidarenon

tanto verso la rassegnataaccettazione di ciò che si èvoluto sempre ignorare, maverso il suo accoglimento. Ildiscorso vero non miraall’immediata restaurazionediun’armoniaperduta.Tendein primo luogo a individuareecomprendereleragionie leorigini della dissonanza, aregistrarelelineedifrattura,asmontare il dispositivo dellavolontà autocontraddittoria, a

riconoscere quel che sidesiderava negare e a farparlare di quel ches’intendevatacere.Il discorso vero sradica ericonduce nei suoi confiniquanto vi si eraparassitariamente infiltrato eaccumulato, spezza estempera il suo originarionucleo ridistribuendone icontenuti(maipensatisinoinfondo, sebbene

instancabilmente ruminati ecombinati in unaproliferazione ininterrotta dilegami di senso). Toglie,nello stesso tempo, sial’accecante luminositàassegnata dalla cellulatematica del delirio ai suoisostituti psichici, sia lanebulosa indeterminatezzache ne avvolge leimplicazioni. Sottrae così alnucleo il suo carattere di

assolutezza–perchélorenderelativo, vero in undeterminato contesto – e aldelirio quello dilussureggiante polisemia.L’asse di senso viene cosìriorientato in modo tale dapermettere la presa dicoscienza deicondizionamenti che hannoprovocato la malattia. Lacostruzione interpretativamessainoperaperfuoriuscire

dal delirio non ne elimina leinterne contraddizioni: lespiega nelle coordinate diun’altra logica, per mezzodella quale il delirio vienericontestualizzato, dislocandoe configurando diversamentelemedesimemassedisenso.Laveritànonstadunquenéall’inizio,néallafine.Nonsisitua, metafisicamente, instrutture eterne, né,pragmatisticamente, in meri

risultati. Si trova nel ritornodall’errare che conserva ilricordo e il segno delle sueextra-vaganze,conviveconletrasformazioni, ledistribuzioni e leriformulazioni lacunose disenso che si sostituiscono aldelirio. Dal formarsi deldelirio alla suainterpretazione vi è, infatti,un complesso gioco dirappresentanze e di deleghe.

L’allucinazione, chesubentrava alla realtàpercettiva ripudiata, e ildelirio, che mimava lefunzioni del pensiero logicodel Regime II, vengonoritradotti ad altri livelliermeneutici. La verità è diconseguenza Vertretung, enonVorstellung, della realtà,la sua «rappresentanza» (ilsuovicario,ilsuodeputato)enon la sua

«rappresentazione». Vale adire che sta “al posto di...”,manonneèl’immagine,cosìcomeunospartitomusicaleoun nastro magnetico nonpossiedono alcunasomiglianza sensibile con isuoni che riproducono. Inquesto senso, la verità non èsemplice adaequatio, maneppure abbandono di ognireferenza intellegibile alla“realtà”.

Nel delirio realtà eapparenzasiconfondonoe laveritàel’erroresiintrecciano.Unerrore fornitodiastuziaedi perseveranza “diaboliche”,capace di resisterevittoriosamente a ogniconfutazione razionale,proprio perché – peraffermare se stesso – si èibridato con la ragione21.L’errore che maschera ilnucleodiveritàrestapertanto

a lungo racchiuso e protettodentro un involucrorefrattario a ognidimostrazionelogicaeaogniprovadirealtà.O,meglio,neldelirio l’intelligenza, invecedi scomparire, «si pone alserviziodeldelirio» (Jaspers,105, ma cfr. infra, pp. 64sgg.).L’esagerataevidenza,ilsentimento di convinzione, isurrogati di verità fornisconocosì al delirio l’armatura e il

fanatismo per difendersi daogni confutazione. Allacogenza logica e allapercezione normalmenteinterpretata si contrapponeun’esperienza interiore diobbligatorietà, di lealtà efedeltàalnuovomondo.Diversa è, per inciso, laposizione di Lacan, secondocui il delirio è significativonontantoperchéfornitodiunnucleo di verità che lo rende

comprensibile, quanto perchéquesto è «inaccessibile,inerte, stagnante in rapportoad ogni dialettica» (Lacan1985, 27), sottratto cioè alladinamica e all’interazione,conflittuale o meno. Èastorico, separato e distantequasi come l’Uno di Plotinorispetto alle sue emanazioni.Eppure è Lacan stesso ariconoscere – nel suoimpianto argomentativo non

immemore della lezionehegeliana di Kojève e diHyppolite – la presenza ditensioni dialettiche.Esse nonsi manifestano però nelrapportotra ilnucleoe isuoisurrogati,masianelcarattere«colmante, inondante» delleformazionideldelirio(incui,accanto a espressionistereotipate, sembra rivelarsi«la parola dell’enigma»:Lacan 1985, 40), sia nella

descrizione medesima delfenomeno psicotico, cherappresenta «l’emergenzanella realtà di un significatoenormeche sembranulla– equesto in quanto non puòricollegarsi a nulla, poichénonèmaientratonelsistemadi simbolizzazione – ma chepuò, in certe condizioni,minacciare tutto l’edificio»(Lacan1985,101).

1 La definizione dell’allucinazione,intesa classicamente (alla Lhermitte)come percezione senza oggetto, èinsufficiente. L’oggetto è semprepsichicamente intenzionato: «Leallucinazioni sono, allora, percezionisenza oggetto comune» (Borgna 1995,57) o, nel senso delMerleau-Ponty diFenomenologia della percezione,modificazioni della struttura dellospazio vissuto. Per la storia delconcetto, cfr. James, 73-87, 160-172,252-260; per alcune implicazioniteorichesivedainveceLazorthes.2Freudimpostataleanalogiatrasognoe delirio sulla base del comune«distacco dal mondo esterno reale».

Stabilisce inoltre questa importantedistinzione: «Nella psicosi il distaccodallarealtàvienedeterminatoinduplicemodo: o perché il rimosso inconsciodiviene troppo forte,cosìdasopraffareil conscio che è legato alla realtà, operché la realtà è diventata cosìinsopportabilmente tormentosa che l’Iominacciato, ribellandosidisperatamente, si getta nelle bracciadelle forze pulsionali inconsce» (NFV,131). Sulla figura di Racamier e suisuoirilevanticontributiallaconoscenzadeldelirio,cfr.Bayle.3 Her., frammento 89D. - K. Cfr. sulcontrasto tra idios kosmos e koinoskosmos, Binswanger 1970a, 89. Sul

carattere individuale del delirio inopposizione non alla realtà, ma alleconcezioni socialmente condivise hainsistito, a più riprese, Jung. MauriceHalbwachs ha dimostrato che lamemoria individuale non è sorrettatanto da ricordi soggettivi, quanto dacadres sociaux o protesi esterne(linguaggio, forme di orientamentospaziale e temporale, segnali, scrittura,riti, monumenti) che la sorreggono ecercano di perpetuarla, rendendo cosìcomunicabile l’esperienza.Nell’individuononsidàmemoriaaldifuorideisistemidicoordinateutilizzatisocialmente dagli uomini per fissare eritrovare i propri ricordi (cfr.

Halbwachs). Lo stesso si può dire deldelirio: che non è un fenomenopuramente privato, proprio perchéinevitabilmente si serve di strumentiche sono pubblici (come minimo, dellinguaggio). Per inciso, intendo qui«individuo»comecoluichesiconsideraunico, isolabile dalla sua comunità, eintendo «privato», etimologicamente,nel senso del «privare», come si vedeancora bene nell’inglese private, cheindicailsoldatosemplice,senzagradi.4 Giusto per ricordare un altro notoframmento di Eraclito, cfr. Her.,frammento 93 D. - K. = 14 Colli: «Ilsignore, cui appartiene quell’oracoloche sta aDelfi, non dice né nasconde,

maaccenna».5 L’eliminazione delle categorie di«caso», «contingenza» ed «evenienzafortuita» costituisce per Minkowski ilcarattere principale del delirio (cfr.Minkowski 1973). Quando il caso sitrasforma però in necessità soggettiva,come accade appunto in certi tipi didelirio, ne risulta talvolta una «logicadel destino». In essa suggestioni fatali,che sembrano venire dall’esterno,spingono l’individuo ad abdicareall’ideadiappartenenzaasestessoeaporsi nelle mani di una necessitàanonima (Binswanger 1990, 138-139).È stata però suggerita l’idea che ildelirante si comporti, su scala

maggiore, dinanzi al caso come unapersona anziana che, avendo perdutol’udito, cerca di indovinare quantoviene detto, cogliendo o fraintendendoparti del discorso, poi rimontatesecondo un’altra logica, e che diventasospettosaquandocredechesimormoriqualcosaperevitarecheeglisenta(cfr.Maher).6Nelsenso,adesempio,diBurkeodiFoulkes.PerilconcettodiUmordnung,chepotrebbeessereapplicatoaldelirio,èdaricordarequantoFreudscrivevanel1891 in Zur Aufassung der Aphasieriferendosi alla trasformazione subìtadai messaggi che giungono dallaperiferia del corpo alla corteccia

cerebrale: le fibre che conducono allacorteccia contengono la periferia delcorpo come «un poema contienel’alfabeto,inunaUmordnungcheservead altri fini, in un legame multiplo dielementitopiciindividuali,incuialcunipossono essere rappresentati diversevolteedaltrinonesserloaffatto»(Aph,55). Freud non si è mai interessato distabilirelefasideldelirio(incubazione,organizzazione, sistematizzazione,cronicizzazione), questione che hainvece assorbito le energie di moltipsichiatri dell’Ottocento e delNovecento, da Malret, Lasègue eMagnan sino a Clérambault, Lévy-ValensieLacan.

7Cfr.adesempioPlauto,Rudens,3,4,16oMarziale,14,47,2;4,19,5.8 Più esattamente dalla «porca», dallaterra sollevata tra due solchi, cfr.Columella, II, 4,8: liras rustici vocanteisademporcas,cumsicaratumest,utinterduoslatiusdistantessulcosmediuscumulus siccam sedem frumentispraebeat.Sivedaanchesupra,p.VII.9GRA,VII,323.Ilpassocitatositrovanel primo testo in cui Freud esaminaespressamente la questione del delirio,ossiaDelirioesogninella«Gradiva»diWilhelm Jensen, scritto nel 1906, cheprecede di cinque anni il famosoCasoclinico del presidente Schreber, del

1911. Sul romanzo diWilhelm JensensivedaPal.,76-78.Sull’operadiFreudriguardante la Gradiva, cfr., invece,Bellemin-Nol, che tocca soprattutto laquestione del feticismo; Russo, cheinsiste sul mesmerismo nella suacomune incidenza su Jensen e Freud esul «sesto senso», l’ecstatic vision,come iniziazione poetica e autenticocontenutodelromanzo;el’introduzionedi Lavagetto a Jensen 1992, oltre cheLavagetto[1985].Iltemadella«nucleodiverità»(giàabbozzatonel1901,cfr.PA, 277) è qui legato, come si sa, allevicendedelgiovanearcheologoNorbertHanold, che, giunto a Pompei, ha unaallucinazione:crededivedereGradiva,

una pompeiana morta durantel’eruzione delVesuvio del 79 d.C. Siscoprepoichesi tratta in realtàdiunasua vecchia amica – Zoe Bertgang, incarneeossaeinabitimoderni–sucuiNorbert ha inconsciamente e a lungofantasticato, sognato e delirato. Loscenario dell’apparizione di Gradiva èsolare, meridiano e, insieme,perturbante. È l’ora di culminazionedella luce, in cui le ombre sembranoazzerarsi,icorpicontrarsiechiudersiinsestessi,lavitaminoredellelucertoleedelle farfalle sparire e ogni distinzioneconfondersi in un’indifferenziatatotalità,nelPan.Losfondoèperòanchequello delle rovine di una città che ha

vissutoecheorasipresentamorta(cfr.Jensen 1969, 52 sgg.). Rifiutandosi diaccettare la caducità, l’animo resistestrenuamentedinanzialpensierochelavitadiquestiluoghiunavoltaabitatisiaveramente scomparsa: coglie, infatti,l’analogia tra le rovine di Pompei el’oscuropresentimentopercuiqualcosacheinnoiapparivamorto,sepoltosottolaceneredellarimozione,puòscattareanuova vita fantasmatica, diventare unrevenant.10 Non si tratta qui semplicemente diperdita dell’evidenza naturale (nelsenso di Blankenburg) o del carattere«spettrale»cheassumerebbelaveritàinquantorimossa(Derrida1996,113).La

verità storica simanifesta come rinvioad altro, a un’assenza di per séincolmabile. Rimanda, tuttavia, anchealla costruzione forzata di nuoveevidenze.11 Cfr. supra, pp. 69-74. Già nellaMinuta teorica K, del Natale 1895,Freud aveva mostrato come il «deliriodi attenzione», il credere che tutti ciosservino e conoscano anche i nostripiù intimi segreti, proceda dallacancellazione di un passaggio nellosviluppo logico dell’argomentazione:«Iomirimproverodiqualchecosa–hopaura che altre persone sappiano –mivergognoquindidifronteaglialtri.Unavolta rimosso il primoanellodi questa

catena, l’ossessione salta al secondo oterzoanello[…]»(K,52).12 Come scrive a Mersenne il 21gennaio del 1641, Cartesio sa di nonpoter convincere nessuno se nonaprendogli gli occhi: «Je ne puis pasdonnerdel’espritauxhommes,nifairevoir ce qui est au fond d’un cabinet àdes gens qui ne veulent pas entrerdedanspourleregarder»(AT, III, 285ecfr.283).13Descartes,Meditazioni,AT,IX1,51=I,242.14 Il tema della follia e del delirio erastato notoriamente toccato da Cartesionella prima meditazione: «E come

potrei io negare che queste mani equesto corpo sono miei? a meno che,forse, non mi paragoni a quegliinsensati,ilcervellodeiqualiètalmenteturbato ed offuscato dai neri vaporidella bile, che asserisconocostantemente di essere dei re, mentresonodeipezzenti;diesserevestitid’oroediporpora,mentresonnudiaffatto;os’immaginanodiesseredellebrocche,od’avere un corpo di vetro.Ma costorosonodeipazzi;ediononsareidamenose mi regolassi sul loro esempio»(Meditazioni, AT, IX 1, 14 = OP, I,200).Nonèimprobabile,perinciso,cheparlando di insensati che credono diavere «un corpo di vetro», Cartesio

pensasseaunadelleNovelle esemplaridi Cervantes, il cui protagonista «sicredeva fatto di vetro e con questafissazione: quando qualcuno gli siavvicinava metteva spaventose grida,chiedendo ed implorando con parole ediscorsi ben logici, che non gli siaccostassero perché lo potevanorompere;egliesclamavachenoneraunuomocome tutti gli altri,ma chedallatesta ai piedi era fatto di vetro»(Cervantes,109-110e,più ingenerale,cfr. Federn). Anche nelle Regulae,Cartesio presenta il caso dei«melanconici» che scambiano le lorofantasieturbatecon«cosevere»emetteinguardiacontrotaleerrore:«Dondesi

conclude che le cose da noi ritenutereali siano invece composte in qualchemododanoimedesimi»(Regole,AT,X,423=OP,I,63-64).15Sullenozioniditempodiscontinuoedi memoria intellettuale in Cartesio,cfr., rispettivamente, Wahl e Kamya.FreudhaosservatocomeCartesioriescapersino in sogno a mantenere lacontinuità e la concatenazione delleevidenze grazie all’alto tasso dipresenza del pensiero cosciente a sestesso, che mette in opera una logicanondissimiledaquelladasvegli.Isuoisogni sono, infatti, «“sogni dall’alto”(Träume von oben), sono cioèformazioni ideative che avrebbero

potutoesserecreatesiadurantelostatodiveglia,siadurantelostatodisonno,echesoltantoincertepartihannotrattoilloro contenuto da strati psichiciabbastanza profondi» (TC, 550). Essisono quindi relativamente trasparenti(come quelli dei bambini). Per questaragione Freud, in deroga alla normaesplicitamente annunciatanell’Interpretazionedeisogni (secondocuioccorre trascurare come sospetta lacoesione apparente del sogno eaccordare la stessa attenzione ai fattorichiari e a quelli oscuri), attribuisce inessiunvaloreprevalenteagli«elementichiari»(cfr.Assoun1976,119).16 Aristot., Metafisica, II, 993 b. È

probabile, per quanto non certo, che iltermine nykteris, in origine animalenotturno, significhi in Aristotele«pipistrello» piuttosto che «civetta»(cfr.Hist. anim., I 1, 488 a;De part.an.,IV,13697be,inambitoletterario,Omero,Odissea,XII,433eXXIV,6edErodoto,II,76).Freudseguì,trail1874eil1876,cinquecorsidiBrentanosullalogica di Aristotele, cfr. Cappeletti,103-104; Anzieu, 127 sgg; Sulloway,101n.SuFreuddiscepolodiBrentanocfr.Merlan 1945 e 1949. Che ciò cheappare più evidente sia anche il piùoscuro è un’idea, seppure minoritaria,diffusa in più ambiti: si veda, adesempio, già il Platone del mito della

caverna(dovechièuscitoallalucedelsolenonpuòosservareimmediatamenteglioggetti,madeveiniziaredairiflessietantomenopuòguardaredirettamenteilsole,cfr.Repubblica,VII,515E-516B), oppurePlotino,Enneadi, IV, 4, 37o, ancora, il verso di François Villonnella Ballade:Obscur, fors ce qui esttoutévident.17NelsaggioRicordidicopertura,del1899, Freud presenta un ricordoinfantile come fusione di due serie difantasie retrospettive («castelli in aria,fatto strano, non volti al futuro, ma alpassato che cercavano di migliorare»)in cui compaiono due elementi troppovividi («ilgiallodelfiorespiccatroppo

nell’insieme, ed anche il buon saporedel pane mi sembra comeallucinatoriamente esagerato»). Questaevidenzanonèindicediautenticitàdelricordo, ma, al contrario, espressionesintomaticadiunnascondere rivelando(cfr. DE, 543, 541-542, 444, 443).Sull’eccesso di verità, in riferimento aLacan e all’esempio della LetterarubatadiPoe,cfr.Derrida1978,22-56.18Cfr.PT,347:«Diffidentialmassimoverso la potenza degli umani moti didesiderio, verso le tentazioni delprincipiodipiacere,purdiacquisireunframmento di sicurezza oggettiva essisono disposti a sacrificare tutto:l’abbagliante splendore di una teoria

privadilacune,l’esaltantecoscienzadipossedere una compiuta visione delmondo, la tranquillità psichica chederiva da ampie motivazioni per agireopportunamente ed eticamente. Alpostodituttociòessisiaccontentanodiqualche sparso frammento diconoscenza e di ipotesi fondamentalinon troppo precise e passibili diqualunque rettifica». Scrivendo a LouAndreas-Salomè il 30 luglio 1915,Freud conferma la sua scarsapropensione per le vedute d’assieme,dichiarandodipreferirelesuddivisioni:«Sento raramente un simile bisogno disintesi. L’unità di questo mondo miappare non meritevole di menzione.

Quelchem’interessaèlaseparazioneel’organizzazionediquantoaltrimentisiperderebbe in una pappa primordiale»(Andreas-Salomè,43-44).19Cfr.PA, 279:«io credodunque allacasualità esterna (reale), non a quellainterna (psichica)». Per alcuni aspettidel concetto di casualità in Freud e isuoi nessi con la superstizione e lacredenza,cfr.Granoff-Rey,107-138.20 Sulla valutazione freudiana dellafilosofia, cfr.NFV, 262 e Assoun, 99sgg.Menopertinente,malgradoiltitolocon cui è stato reso in italiano(Siegmund Freud e la filosofiacontemporanea),èillibrodiSchöpf.

21 Cfr. BFZ, 56: «Quelle che sioppongono ai pensieri ossessivi nonsono considerazioni meramenterazionali, ma ibridi, per così dire, traduespeciedipensiero:assumendoinséalcuni presupposti dell’ossessione checombattono esse si collocano – con imezzi della ragione – sul piano delpensieropatologico».

Capitoloterzo.Veritàestoria

Ildeliriodellafede

Cosa persuade nel delirio?Chi è il retore, il sofista, che

mescola il vero al falso,deduceoinferisceilfalsodalvero, pur conservando (epersinoaumentando) il gradodi plausibilità dell’errore?1.Qual è il facteur de la vérité(neldoppiosensodi«fattore»e «portalettera», cfr. Derrida1978) che trasmette e checonsegna la verità assiemealla falsità? Il pensierodelirante si appoggiaindubbiamentesuun’autorità,

su un’intima convinzionecapace di affermarsi inquanto «fonte» diconvinzione soggettiva. Maqualeneèl’origine?Freud non intenderinunciare a un concetto diverità che abbia un referenteesterno alle elaborazionisoggettive e che sia filiatemporis, soggetta cioè ametamorfosi nelle varieepoche. Distinguendo tra

«verità materiale» e «veritàstorica»(«veritàdimenticata»e che riaffiora «dopo lunghiperiodi»: MMR, 407, 406),amplia l’area di validità deimeccanismi del delirio dalladimensione individuale aquella collettiva, dalle«epoche della vita»dell’individuo a quelledell’umanità. Formula cosìl’ipotesipercuilareligione–al pari del delirio–ha il suo

nucleo di verità in eventi delpassato che non cessano diritornare con particolareinsistenza e impeto, proprioperché sono stati a lungorimossi. Nonostante la loropalese assurdità, i contenutidimenticati hanno carattere«coatto», esigono di esserecreduti, in quanto laconvinzionesiestende,anchein questo caso, dal nucleo diverità agli errori che lo

circondano:«Findovegiungela deformazione è giustodesignarla come delirio; inquanto reca il ritorno delpassato, la si deve chiamareverità»2.Come in tutti i fueros, ilnucleodiveritàdellereligioniè articolato secondo lecategorie di una logica piùantica, chenon coincide cioècon lo stadio a cui èmediamente pervenuta la

maturazione psichica degliappartenenti a unadeterminata civiltà3. La suaforza consiste proprio nellasuainattualità,nell’aggirareilpresentepersaldarepassatoefuturo, paura e speranza,secondo schemi sorti in fasiarcaiche e dimenticatedell’esistenza: «Ci rendiamoconto a questo punto che ilpatrimonio dellerappresentazioni religiose

comprende non soloappagamenti di desideri, maanche importantireminiscenzestoriche.Questoconvergeredipassatoefuturoconferiscecertoallareligioneunincomparabilepotere!»(Z,472).Adifferenzadeldelirio,tale potere è ulteriormenteaccresciuto dal fatto che ildistacco dalla realtà attuale èpubblicamente approvato,legittimato ed esaltato. Il

“principio di irrealtà” puòcosì tranquillamenteaffiancarsi a quello di realtà,occupando le zone dovequest’ultimo è più debole erendendo il mondo, nel suocomplesso, maggiormentesopportabile.In quanto delirio collettivoconsentito, organizzato,controllato e teologicamenterazionalizzato,lareligione,daun lato, salva l’individuo da

un’angoscia senza nome,dall’altrolomantienesottolaminaccia permanente di unaforma appena attenuata diessa: il timor diDio, del rextremendaemaiestatis. Questas’intreccia peraltro conl’oscura percezione dellasconfinata potenza delsoggetto umano, di cui il«sentimento oceanico»,descritto nel Disagio dellaciviltà, rappresenta una delle

principali manifestazioni.L’Io è l’avvizzito residuo ditalesentimentodifusioneconil tutto, al quale, crescendo,abbiamo dovuto rinunciare,cosìche lanormalepsichediognunoèilrisultatodiquestaordinariamutilazione. Perchéciascuno diventi un Io ènecessario che abbandonil’ideadiunacontinuità trasestesso e il mondo, intesocome sua protesi o

prolungamento. Qualora ciònon avvenga, la linea didemarcazione tra soggetto eoggetto rimane labile,lasciandoaldeliriobrecceperirromperenellacoscienza.Le credenze religiosetraggono il loro valore dalnucleodiverità anacronisticacheancorainglobano.Daquilatenaciaconcuiquesteideeresistono agli sforzi delpensiero razionalistico per

estirparle dalla vita degliuomini.Finchénonriconoscel’esistenzadifueroscollettivi,ogni atteggiamentoastrattamente illuministicorisulta, infatti, parziale esviante: «Se consideriamol’umanità comeun tutto, e lamettiamoalpostodelsingoloessere umano, troviamo cheessa pure ha sviluppatoformazioni deliranti checontraddicono la realtà e

risultano inaccessibili adargomentazioni critichefondate sulla logica. Se cidomandiamo perché,ciononostante, questeformazioni riescano aesercitare sugli uomini unpotere così straordinario, laconclusione cui ci porta laricerca è la stessa cui siamopervenuti nel casodell’individuo singolo: essedevono il loro potere al

contenutodiveritàstoricachehanno ricavato dallarimozione di epocheantichissime e dimenticate»(KA, 552 e cfr. MMR, 444sgg.). Nonostante consideritutte le religioniun’«illusione» (appagamentodidesideriochenoncoincidecon l’errore) e rivendichiapertamente il proprioateismo, Freud cerca discoprirepiùilnucleodiverità

che le rende persuasive chenon le falsità e lesuperstizioni che essediffondono. Anche se «laveritàcheledottrinereligiosecontengono sono cosìdeformateesistematicamentemascheratechelamassadegliuomini non può riconoscerlecomeverità»(Z,474),lafederiesce a innalzare“ragionevoli” formazionideliranti4.

Ciò significa che, quandosonoingiocoquestionichecitoccano da vicino, la logicaperde valore, sottopostacom’è alla violenzadistorcente di quelle stessepassioni e di quegli stessiinteressi che, in situazioninormali, vengono, più omeno, efficacementecontrastati.Ènotala«facilitàcon la quale le capacitàintellettuali dell’uomo sono

indotte ad accogliere uncontenuto assurdo quandomoti fortemente intrisid’affetto trovano in esso illoro soddisfacimento» (GRA,315). Allo stesso modo, iragionamenti logici, sebbeneperfettamente corretti, sonosterili nel contrastarel’energiacontrariadipulsionie passioni (cfr. ZKT, 134-135), proprio perché loscontro si svolge sul terreno

improprio dei «surrogati» enon del nucleo di veritàstoricadacuiessiprocedono.In generale, di fronte allapossibilità di ricreare unmondo immaginario piùvivibile,«lalibertàèbarattatacon la verità» (Stanghellini,84).Perl’animo“perturbatoecommosso”, dunque, anchel’assurdodiventavero.Freud,adesempio,saperesperienzadiretta che la fede negli

spiriti, nei revenants, non èun atteggiamento imputabileesclusivamente alprotagonistadellaGradiva diJensen o a coloro chesoffronodiallucinazioni.Eglistesso ha creduto per unattimo di riconoscere in unavisitatrice del suo studio unapazientemorta da anni, forsea causa di un errore da luicompiutonella diagnosi5. Siaper Norbert Hanold, che per

Freud, il fenomeno del déjàvu è perturbante, non soloperché riguarda persone chedovrebbero essere morte eche ricompaiono, ma ancheperché il pensiero vacillaquando viene costretto adattraversare un campo diconflitti emotivamenteirrisolti, allorché torna aimbattersi in sensi di colpanon riassorbiti o in desiderichenonsilascianosoddisfare

senzalacerazioniinteriori.Sbarramenti, interdetti,spiegazioni ad hoc, cordonisanitari mentali, sanzionipolitiche, religiose o etichevengono, dunque, posti aguardia di tutte le credenzerazionalmentefragili.Lafedeè l’equivalente della certezzaneldelirioindividuale,perciòil tasso di fede socialmentemobilitato cresce, appunto,proporzionalmentenellezone

di maggior pericolo e dimaggiore implausibilità.Dove la credenza èintrinsecamente improbabile,là viene invocata conurgenza. Sofisticati strumentiteorici e pratici lavoranosenza posa sia perintercettare, distruggere oschivare le questioni piùspinose, sia per procurarsi eriutilizzarequalsiasimaterialein grado di fungere da

sostegno e da confermaretroattiva a premesse già inprecedenza sovrainvestite dievidenza. In tal modo,qualsiasi cosa accada, lacredenzaè incrollabile finchéil nucleo di verità storicorestaintatto.

«Credoquianonabsurdum»

In assenza di tale nucleo,qualsiasi strategia mentale,qualsiasi sanzione politica,giuridica o etica nonriuscirebbe a mantenere invita le religioni. Si ha fedenell’assurdo perché l’assurdoha, in fondo, una sua«verità»,che,appunto,«nonèmateriale, ma storica» (NS,

139).Anchequandocredodicredere quia absurdum, inrealtà credo quia nonabsurdum. Le illusioni o ledelusioni (per inciso, ininglese il delirio ègeneralmente chiamatodelusion)acuisiva incontrosonoscontate,perchénonc’èfedesenzalotta,senzastrenuavolontà di credere che siriaffermadopoogni“caduta”.Il più profondo nucleo di

verità contenuto nellereligioni del ceppo ebraico-cristiano (le uniche su cuiFreud si sofferma) è quellodell’interiorizzazione dellalegge attraverso la ribellione,il delitto e il rimorso. Comein Totem e tabù –sviluppando un’intuizionedarwiniana – era giunto aformulare l’ipotesidell’uccisione del maschiopiù vecchio e più forte

dell’orda da parte dei figlicoalizzati, così in L’uomoMosè e la religionemonoteistica, appoggiandosiall’interpretazione di alcunipassi della Bibbia (inparticolareOsea,12-15;13,1-2), egli ritiene che ancheMosè sia stato assassinatodagli Ebrei. In questo modo,illegislatoreeilcapopoliticoper eccellenza – quel MosècheMachiavelli, nel capitolo

conclusivo del Principe,annovera, assieme a Romoloe Ciro, tra i fondatoriesemplari di nuovi Stati –subisce lo stesso destino delsuo più arcaico progenitore,di colui che dettava legge algruppo,imponendolapropriatirannica volontà e, con essa,ilmonopoliodelledonne.L’uccisione delrappresentante dell’autorità,ambiguamente odiato e

ammirato a un tempo, e ilsuccessivo «pasto totemico»di tipo cannibalico, nonavvengono, notoriamente,senza scatenare un terribilesenso di colpa in chi vi hapartecipato(MMR,447sgg.).Il rimorso condiviso porta,per ipercompensazione, allatrasformazione in dio delpadre assassinato, che damortodivienepiùfortechedavivo, all’obbedienza postuma

aisuoipresuntiprecettieallacommemorazione rituale delsuo sacrificio. Il ricordo diquell’evento–«forselaprimafesta dell’umanità» –tramandato dalla religione edal costume, si trasmette digenerazione in generazione.Passa così dalle forme direligiosità più primitive aquelle più recenti, come ilcristianesimo, in cui però –secondo l’antico fuero della

legge del taglione –l’assassinio del Padre puòessere redento solo dalsangue di un Figlio, cherappresenta tutti gli altri: «Ilsuocontenutoprincipalefusìla riconciliazione con DioPadre,l’espiazionedeldelittocommesso contro di lui, mal’altro lato della relazioneemotiva compariva nel fattoche il figlio, che avevapresosudisél’espiazione,divenne

egli stesso dio accanto alpadreepropriamentealpostodel padre. Scaturito da unareligione del padre, ilcristianesimo divenne unareligione del figlio. Nonsfuggì alla fatalità di doversisbarazzaredelpadre»(MMR,452).Ilnucleodiveritàdeldeliriocollettivo religioso è quindicostituito da un’esperienzaarcaicarimossa,daunevento

inenarrabile, nefando, da uninsostenibile mysteriumtremendum. Si tratta di undelitto,medianteilquale–alpari del meccanismovittimariodiRenéGirard–siistituisce lo stesso ordinecivile. Perché il nefas siatollerabilmente dimenticato ènecessariatantolarimozione,quanto la sostituzione direaltà, ossia l’oblio più ildelirio. Due strati di

protezione avvolgono ilnucleo di verità storica, cosìche il delirio rappresenta ilreiterato tentativo didimenticare ricordando e dicommemorareripudiando.La sostituzione di realtàconserva tracce di queimeccanismi che compaiononei «ricordi di copertura», iquali nascondono eventitraumatici attribuendomassima evidenza a elementi

marginali. Freud riportal’esempiodiunprofessoredifilologia che tra i suoiprimissimi ricordi d’infanzia(stranamente pochi e banaliper tutti) avevaquellodiuna«scodella di ghiaccio».Attraverso la testimonianzadei familiari si scopre chequesta ciotola stava su untavolonellostessoperiodoincui morì la nonna delbambino (episodio che lo

impressionòmolto).L’agoniae la scomparsa di questapersona cara vengonoappuntosostituite,inmanierapittografica, dalla scodella dighiaccio(DE,438).Ilricordoapparentemente bizzarro staalricordotraumatico,comeildelirio (individuale ecollettivo)all’orroreoaldis-piacere che esso ricopre. Inentrambi i casi, l’obliomantiene un esile filo diretto

con l’evento traumatico,come il surrogato con laverità storica che haimbozzolato.Le ipotesi di Freudsull’origine della religioneebraica e cristiana sono,com’è noto, difficilmenteconfermabili (e, per certiaspetti, piuttosto rozze esbrigative).Eglistessoneèinparte consapevole e leinserisce nell’ambito dei

«romanzi storici». Leparagona, inoltre, a ibridiquali il «muloo il bardotto»,destinati a non soddisfare néchi cerca la verità storica, néchidesiderailpiacereesteticodella narrazione. Eppure,quando si devono indagareeventi talmente remoti eimmemorabili, di cui nonrimane documentazionediretta o attendibile, èdifficile dimostrare

rigorosamente qualcosa: o sirinuncia all’impresa o siaccetta che le «proveeffettive» siano«sostituitedadeduzioni e congetture». Inrealtà, non è del tutto veroche manchi ladocumentazione.Essanonhasemplicemente la stessanatura delle fonti che glistorici normalmenteconsultano.Nella storia dellaciviltà, nelle istituzioni

religiose, nei miti e nellevicissitudini della vitapsichica persistono infattiorme, stampi, vuoti, sostitutidi eventi da cui si possonoricavare, in negativo, calchiche aiutano per absentiam acapirequantoèavvenuto.Al fine di ricostruire lanaturadei ricettacoli incui ildelirio collettivo si insedia eprende consistenza, non èstrettamente necessario

condividere il postulatofreudiano dell’uccisione diMosèodelpadre-padronedaparte dei figli coalizzati. Ilnucleodiveritàdellereligioni(anche al di fuoridell’ebraismo e delcristianesimo) potrebberinvenirsi, più in generale,nell’elaborazione delmultiformeterroredifrontealmondo (cfr. Blumenberg,manon mancano alcuni cenni

anche in Freud), nellasolennizzazione dideterminati eventi ecircostanze significativetrasportate dall’hic et nuncall’ubique et semper (Diano;Bodei 1993, 13-14), nelparadossale tentativo dispiegare l’inspiegabile, dirazionalizzare una realtàassolutamente debordanterispetto alle umane capacitàdi dominio e

d’interpretazione.Attraverso una narrazionemitica (l’ipotesidell’uccisionedelPadree,dalpunto di vista individuale, ilsuperamento del complessoedipico) viene piuttostoadombrata l’uscitaconflittuale di ciascunindividuo dallo stato diminorità, il processo dicrescita che ogni infanzia eadolescenzaintraprende–con

tutte le sue ambivalenze,fantasmi e proiezioni – peremanciparsidallatutelaaltrui.Ilnucleodiverità inscatolatonelnucleofreudianodiveritàmi sembra un momento,culturalmente determinato,del più universale processod’interiorizzazione dellalegge. Si diventa cioèrelativamente autonomi soloquando si è capaci di sfidarel’autorità esterna per poterla

poi ricostruire, sublimata,dentro di sé, quale occhioinvisibile che ci scruta, maalle cui ingiunzionipossiamocomunquedisobbedire.Ilsensodicolpa,ilrimorso,l’angosciosa attesa dellapunizione costituiscono unacesura netta nello sviluppodei singoli e delle civiltà, unpossente interruttore psichicodell’immediatezza naturale,un canalizzatore in grado di

deviarepulsioniedesideridalloro ravvicinatosoddisfacimento a metelontane, sottomettendoleall’inibizione, alla cernita,alla censura e al controllo diun’istanza più alta(mantenendo la terminologiafreudiana, del Super-io, ches’impone senza mai esserepienamente cosciente eaccettato). Storicamente, laformazione del Super-io è

debitrice, in buona misura,alla “missione civilizzatrice”delle religioni, che radicanonelle profondità della psicheindividuale sistemi di normeche esigono il personalecoinvolgimento di ciascuno,tanto da diventarne, allalettera, una parte.L’interiorizzazione armonicadi tali codici, tuttavia, nonriesce mai a pieno, così chel’integrazione del Super-io

con le altre istanze risultainevitabilmente imperfetta.Per questo la sutura con cuil’autorità è cucitasull’individuotalvoltasisfila.L’autorità torna allora aessere di nuovo esterna eostile, si estroflette comeaccade nel deliriod’osservazione e dipersecuzione.Un’altra ragione nonfreudianapercredereèquella

segnalata da NicolaChiaromonte: si crede inquanto l’assurdità dellereligioni«siaccordaconquelresiduooscuromadecisivodidubbio nella sensatezza dellaragione – di ogni ragione,vale a dire di ogni pretesaspiegazione osistematizzazione del mondo–chenonsipuòeliminaredalfondo dell’animo umanoperchénonsipuòeliminareil

sentimento del casuale,dell’aleatorio, dell’irrazionaleinsiti nella combinazione dicose e di circostanze chechiamiamo “realtà”»(Chiaromonte,217).

Levocididentro

Ripropongoancoraunavolta,da un’altra angolazione,l’interrogativo già formulato:cosa persuade nel delirio?Talvolta è l’autorità di altrevoci(commentanti,dialogantio echi del pensiero, secondolacatalogazionediSchneider1952 e 1973), che, staccatesidall’io, giungono al soggetto

da un remoto passatoindividuale,familiare,storico.Voci fantasmatichedell’assenza, dell’irrealtà –dal tono generalmenteaccusatorio, sgradevole,irridente, tormentante oautocelebrativo–, incapacidiinstaurare un dialogofruttuoso con la logica e icontenuti del presente. Informa di “sussurri e grida”,rimproverano e lodano,

ratificano e condannano frasio comportamenti,impartiscono ordini econsigli, spesso sibillini, checostringono il delirante alogorantisforziinterpretativi.Queste voci comunicanospesso l’autorità di unatradizione che transita,freudianamente, proprioattraverso il Super-io ol’Ideale dell’io. Dopo il«tramonto del complesso

edipico», esse accumulano illascito conteso della dupliceidentificazione con i genitoriall’eredità stratificata dinumerose altre persone, realioimmaginarie,chehanno–avario titolo e in una serie disuccessiveondate–esercitatoinfluenza sul soggetto (cfr.PG, 477-480). Il Super-io,collettore della tradizione, siinsedianell’apparatopsichicoattraverso processi di

assimilazione paragonabilialla «incorporazione orale,cannibalesca, della personaestranea»(NFV,175)6.Soprattutto nella prima fasedi vita, l’asse di trasmissionenon è però mai diretto, nonpassa da una generazioneall’altra per mezzo diun’educazioneconsapevolmente trasmessadall’Io già formato deigenitori all’Io in formazione

del bambino: «in realtà, ilmodello del Super-io delbambino non viene costruitosecondo il modello deigenitori,masuquellodelloroSuper-io; si riempie dellostesso contenuto, diventa ilveicolo della tradizione[Träger der Tradition], ditutti i giudizi di valoreimperituri che per questa viasi sono trasmessi digenerazione in generazione»

(NFV, 179). Ogni individuononsiradica,diconseguenza,nel passato appena trascorso,bensì nel passato remoto,nella traditio, che perpetuamediante il Super-io delnuovo nato forme culturalilontane, durevoli. Grazie alSuper-io, nell’arcocronologico contiguo fra duegenerazioni si saldano lecatene temporalidinumerosegenerazioni (per questa

ragione, alle teorie dellastoria che attribuisconoun’importanza determinanteai condizionamenti delpresente, senza tener contodella vischiosità del passato,sfugge la complessità delproblema, così come sfuggeall’illuminismo astratto ilperdurare di verità storichenon completamenteelaborabili).L’«Idealedell’io»[Ichideal]

risulta dalla progressivadecantazione espersonalizzazione di tutti imodelli e dalla loro parallelafusione, sempre incompleta,in un paradigma a cuiriferirsi. Al Super-io, inquanto più “alto”, vienericonosciuta dall’Ioun’auctoritas anonima, unasuperiorità, appunto, che lopone al di sopra dell’Iostesso: «Il Super-io sta a

perpetua testimonianza dellaprimitiva debolezza edipendenza dell’Io, emantieneilsuoimperioanchesull’Io maturo. Come ilbambino fu indottocostrittivamenteaobbedireaipropri genitori, così l’Io èsoggetto all’imperativocategoricodelproprioSuper-io» (IE, 510). Questo Idealedell’io non è però del tuttoconsapevole e privo di

contrasti. È in buona parteinconscio e si plasma anchesuavversariofigurenegativein genere (cfr. IE, 491 sgg.).Non ha quindi luogo solol’identificazione conqualcuno, ma anche la“contro-identificazione”. Inquestosenso,losfasamentoola deficitaria coordinazionedeicomplementariprocessidiidentificazione e didifferenziazione spiana la

strada al delirio e alleallucinazioni, sdoppiando ladirezione degli affetti emoltiplicando le voci didentro.I modelli seguiti nondipendono esclusivamentedall’esperienza direttamentevissuta. Proprio perché è ilSuper-ioatrasmetterevaloriecriteridelpassato,accadechel’identificazione avvengaanche su assenze. Vi sono

infatti fantasmi diidentificazione checondizionanoinconsapevolmente i pensierie la condotta delle persone,comenelcasodiRimbaud,ilcuierrareestabilirsiinAfricariproduce simbolicamente lastoriadiunaltropersonaggiointeriorizzato, di suo padre.Innumerevoli sono poi gliindividui su cui i genitoriproiettano immagini

identificatorie di fratellidefunti, di esseri di un altrosesso o con altri lineamenti:«Bambine condannate ad unruolo di “ragazzo mancato”,efebi votati per sempre adabbigliamenti femminili,occhi azzurri vistiimmancabilmente di colorscuro, quanti sono i viviseduti al posto dei morti,portatori d’un altro che,scomparso, è rimasto

l’insostituibile complementonarcisistico di genitori inlutto?»7.Simili proiezioni possonofinireperalterarel’identitàdiun individuo, minandone laconsistenza e frantumando oimpoverendo il suo idealedell’io. Qualora infatti ilprocesso di identificazioneabortisca per l’impossibilitàdi riferirsi a stabili, solidi edegnipuntidiorientamento,a

una stella polare psichica, sidiffondono le malattiedell’ideale, che diventano, indeterminate epoche, delleautentiche epidemie8. Laperdita di un coerente econvincente Ideale dell’ioobbliga allora il singolo, alivellopatologico,acompieresostanzialmenteduemosse:aelaborare,percompensazioneipertrofica, identificazioniabnormi con grandi

personaggi (o con Diostesso), oppure a scindersi inidentità plurime, ciascunadellequaliè ingradodidaresoddisfazioneaunasolapartedelproprioIdealedell’io.Siacon l’elefantiasi dell’Io checon l’autonomizzarsi delleidentificazioni ambigue econflittuali in identitàseparate il soggetto perdequell’orientamentorelativamente uniforme che

permette la congruenza trapersonalitàemondo.L’Idealedell’io(nonchélatradizionale«voce della coscienza» o delproprio Daimon) si disgregain una molteplicità di vocidiscordanti ed estranee, a cuiil delirante si sente obbligatoadattribuiresensoecoerenza.

Sulfrontesbagliato

Da capo: cosa persuade neldelirio? Perché è cosìscarsamente intaccabile?Nonsolo perché i pensieri e levociincuisièframmentatoilSuper-ioesigonodaldeliranteun supremo sforzo dicoerenza,maancheperchésiavvolgono attorno alleramificazioni dei surrogati di

verità, rafforzandoli. Lecapacità critichedell’individuo si dissipanoallora inutilmentecombattendo su un frontesbagliato. Non è infattil’obiettivo vero a essereattaccato e colpito, ma unfalsoobiettivo,un’escasimilealle anatre di legnousate daicacciatori, un simulacrodepistante.Freud imposta la questione

in questi termini, sia nel piùfamoso Caso clinico delpresidente Schreber chenell’Introduzione allapsicoanalisi, del 1917. Nelprimo testo, l’«ingegnososistema delirante» vienespiegato sulla base dimeccanismi logicid’inversione imputabiliall’amore omosessualerimosso. Il delirio si articolaqui, notoriamente, nella

forma di «contraddizionidell’unica proposizioneseguente:“Io(unuomo)amolui (un uomo)”». Nonpotendo questa verità essereaccettata, si trasforma, indeliriodipersecuzione,in«Ionon l’amo – io l’odio»,passando attraverso laproposizione-ponte«“Eglimiodia (miperseguita)eciòmiautorizza a odiarlo”». In talmodo il sentimento inconscio

propulsore si presenta comeconseguenza di una profondaconvinzione: «“Io non l’amo– Io l’odio perché EGLI MI

PERSEGUITA”»9.L’irricevibilità di un affettoo di un’idea, avvertiti comeintollerabili per il proprioequilibrio psichico, rilanciasugli altri la nascostaautoaccusa,trasformandolainpalesepersecuzione:«glialtrinonsonopiùquiunalterego,

uominicomeme,maanonimispiriti tormentatori,amplificatori e ripetitori deimiei pensieri» (Binswanger1990, 69). Nel negare lapropriacolpaenell’attribuirlaagli altri, il malato preserva,contemporaneamente,l’integrità del proprio io –spessorafforzatadaundeliriodi grandezza – e la certezzadell’esistenza di un mondoesterno, per quanto

minaccioso:«Sipotrebbedireche la persecuzione è,insieme, il prezzo che ilmalatopagapersdoganare lapropriaaggressivitàeilmododi provare che non haammazzato l’oggetto diquestaaggressività,inquantola persecuzione proval’esistenza dell’Altro»(Nacht-Racamier, 490).Aggiungo: la persecuzionegiustifica la suadebolezza, il

rigonfiamento dell’io lacontrasta.Generalizzando il casoSchreber, nella spiegazionedella paranoia è stataassegnata, da Lacan in poi,un’importanza eccessiva aldesiderio omosessualerimosso10. In effetti il deliriodiSchreber,comemoltialtri,è opportunista, cerca deipretesti (storicamente eculturalmente variabili) per

esprimersi e plasmarsi,ponendo così un argine allaparanoia. Può quindi averespiegazioni diverse ocomplementari a quelledell’omosessualità rimossa.Elias Canetti lo ha, adesempio, acutamenteassociato a quello degliuomini di potere,attribuendogli un significatopolitico, sino al punto diaffermare che la paranoia è

«una malattia di potere»(Canetti, 492). Il suoragionamento è il seguente.Poichélamaggiorpartedegliindividui è costretta aobbedire a comandi che gliripugnano, le «spine» diquestiordiniglisiconficcanonella carne, accumulandosisinoatrasformareciascunoinuna specie di rassegnato sanSebastiano. Può tuttavia«venireilmomentoincuisiè

talmente colmi di spine danon riuscirepiù apensare adaltro,asentirealtro.Perchisitrova in tale situazione,difendersi da nuovi ordini èuna questione vitale. Eglicercherà di non udirli, pernon doverli ricevere; se lidovrà udire non li capirà; sedovrà capirli vi sfuggirà inmodo vistoso, facendoesattamenteilcontrariodiciòche gli ordinano». Da qui

quell’atteggiamentochevienedefinito«negativismo»,chesirovesciaspessoin«accessidiservilismo», inidentificazioneconchiemetteil comando (Canetti, 353-354). Il presidente Schreber,ricoperto di «spine» sindall’infanzia a causa dellasevera e crudele educazionepaterna – rivissuta nellelimitazioni impostegli dallecure del suo psichiatra, il

dottor Flechsig –, cerca disalvare se stesso dalladistruzione temutaelaborando deliri diinvulnerabilità e dionnipotenza, innalzandosisino alle stelle e a Dio,trasformandosi in un potentesovrano, nel centrodell’universo, a cui tutto siriferisce. Credendo che Dioabbia stretto un’alleanza conFlechsig per annientarlo,

immagina di esserecircondato da una muta dianime – le cui voci gliparlano incessantemente –,chepenetranonelsuocorpoelo attaccano, privandolo diorgani essenziali come lostomaco. Egli, però,autonominatosi «veggentedegli spiriti», lerimpicciolisce e le fascomparire, sino a restarel’unico uomo vivente sulla

Terra. Guarendo se stesso,attrae ora l’innumerevolemassa di anime per divorarlee testimoniare con la loroscomparsa la sua gloria e ilsuo splendore, che simanifesta in un’aureolaradiosa (Schreber, passim).Nella sua follia, sotto ilmanto di antichi miti, sirinviene la chiave del poteremoderno, ossia la «forte edurevoleattrazionesuisingoli

che devono radunarsi in unamassa, l’ambiguo modo disentire della massa, la suadomesticazione mediante ilrimpicciolimento dei suoicomponenti, il suoriassorbimento nel potenteche rappresenta il poterepolitico nella sua persona[…]» (Canetti, 484). Ildesiderio di Schreber ditrasformarsi in donna, alloscopo di essere fecondato da

Dio e di generare una nuovastirpe di esseri, non si riducepertanto al solo desiderioomosessuale rimosso: «Volletrasformarsi in donna perdisarmare Dio: il suo esseredonnacostituivaunaformadilusinga e di sottomissione aDio; altri si inginocchiavanodinanzi a Dio, egli si offrivapergoderedelsuocorpo.PertirareDiodallapropriaparte,per impadronirsi di lui,

Schreber lo aveva adescatosotto false spoglie femminili.E ora lo teneva stretto conogni mezzo» (Canetti, 493-494).TornandoaFreud,anch’eglinell’Introduzione allapsicoanalisi descrive undelirio che non dipende daamore omosessuale rimosso.Si tratta di un «delirio digelosia», che colpisce unasignora non più giovane. In

seguito a una calunniosalettera anonima della suacameriera,ladonnacredecheilmarito, da sempre fedele eaffettuoso, ora la tradisca. Siscopre poi che la missiva èstataindirettamenteprovocatadalla signora stessa, quandoha «dichiarato il giornoprima, di fronte aquell’intrigante, che se suomarito avesse avuto unarelazione amorosa con una

giovane, questa sarebbe stataper lei la peggiore delledisgrazie». Tale pensiero –poidiventatoossessivo–leèin realtà venuto perché «eralei ad essersi intensamenteinnamoratadiungiovane»,ilquale, per giunta, era suogenero. Dato che taleinclinazione, inconfessabile emostruosa, non può e nondeve diventare cosciente, peruscire dall’impasse, per

trovare«unqualcherimedio»,la signora opera unadiversione, uno spostamentodi obiettivo. Il suo pensierotrova così una stradapercorribile, un balsamo allasua vergogna: «Se non fossestata lei, donna anziana, aessersi innamorata di unuomogiovane,maseancheilsuo anziano maritointrattenesse una relazioneamorosa con una ragazza,

allora avrebbe avuto lacoscienza sgravata dal pesodell’infedeltà. La fantasiadell’infedeltà del marito eraquindi un impiastrorefrigerante sulla suabruciante ferita. Il proprioamore non le era diventatocosciente, ma l’immagineriflessadiquest’ultimo,chelearrecava dei vantaggi,divenne cosciente in formaossessivaedelirante.Tuttigli

argomenti contrari nonpotevano naturalmente avereeffetto alcuno, poiché sidirigevano soltanto control’immagine riflessa, noncontro quella originale, cheaveva ceduto all’altra lapropria intensità e si trovavainviolabilmente nascostanell’inconscio»11.Indotto a combattereun’immagine fallace,specularmenterovesciata,che

capovolgeeschermalarealtà,il delirante scambia l’effettoper la causa. DiversamentedalmiticoPerseo,cheriuscìasconfiggere la Gorgone(«colei che è terribile aguardarsi», in quantopietrifica lo spettatore)osservandone i movimentiriflessisulproprioscudo,quièproprioilcombatterecontroun riflesso a rendereinvincibile la Gorgone della

follia.

1 Per alcuni aspetti della retorica diFreud, in tutt’altro contesto, cfr. Jaffe;Campagnon,171-202eSpence.2 Questa affermazione si trovaincastonata nel seguente contesto, chemerita di essere citato per intero:«QuandoMosèportòalpopolol’ideadiundiounico,nonrecavanulladinuovo,

ma richiamava in vita un’esperienzaprimordiale della famiglia umana, cheera svanita da molto tempo dallamemoria cosciente degli uomini. Maessa era stata così importante, avevaprodotto o avviato modificazioni cosìincisive sulla vita umana, che nonpossiamo fare a meno di credere cheavesse lasciato qualche tracciadurevole,paragonabileaunatradizione,nell’anima degli uomini. Dallapsicoanalisi degli individui abbiamoappreso che le loro primissimeimpressioni,ricevuteinun’epocaincuiil bambino non sapeva quasi parlare,manifestano prima o poi effetti dicarattere coatto, pur senza esser

ricordateconsciamente.Ciriteniamoindirittodiammetterelastessacosaperleprimissime esperienze dell’interaumanità.Unodiquestieffettisarebbeilsorgere dell’idea del grande dio unico,nella quale occorre riconoscere unricordo,certodeformato,manonprivodi fondamento. Un’idea siffatta hacarattere coatto, deve essereassolutamentecreduta.Findovegiungela deformazione è giusto designarlacome delirio; in quanto reca il ritornodel passato, la si deve chiamareverità.Ancheildeliriopsichiatricocontieneunpezzettino di verità, e la convinzionedel malato si propaga da questa veritàfino all’involucro delirante» (MMR,

446-447).Per l’atteggiamentodiFreudnei confronti dell’ebraismo e dellaBibbia, cfr. Robert; D.B. Klein;Pfrimmer; Yerushalmi, Meghnagi;Trincia, 223 sgg.; Derrida 1996. PercomprenderelavalutazionediFreuddelfenomeno religioso, non è senzaimportanza ricordare la suadichiarazione di aver letto «con zelo epiacere»,dagiovane,leoperediDavidFriedrich Strauss e di LudwigFeuerbach(cfr.Binswanger1970b).3 L’importanza di Freud ai fini delformarsi di una fede «post-religiosa»consisteproprionell’avermessoinlucela struttura arcaica della religione,basata sul nesso accusa/consolazione e

sulla minore età dell’uomo. Freudinsegna, infatti, «la rinuncia al Padre»,ponefinealla«nostalgia»neiconfrontidella sua figura e, di conseguenza, aldominio invisibile e incontrastato delSuper-Io. Egli svela il fatto che «Diominaccia e protegge; è il pericoloultimo e l’ultima protezione» (Ricoeur1977,469).4 Mi servo dell’aggettivo ossimorico“ragionevole” anche per sottolineare ilfatto che i “deliri” collettivi(espressione da usare con cautela) noncostituiscono fenomeni del tuttoinspiegabili. Più che attraverso ildiscutibile libro di Gabel, possonoessere meglio compresi, in ambito

antropologico e sociale, come strategiecollettive di conferma di determinatepremesse e aspettative culturali,difficilmente modificabili da parte delragionamento(cfr.,davarieangolature,Evans-Pritchard; Polanyi, 289 sgg.;Cassano).5«Iosodiunmedicocheperdetteunavolta una delle sue pazienti affetta damorbo di Basedow e che non potevaliberarsi da un lieve sospetto di avercontribuito all’esito letale conun’incauta prescrizione medica. Moltianni dopo entrò nel suo ambulatoriouna ragazza, in cui egli fu costretto,controognisuariluttanza,ariconoscerela defunta. Non poté fare a meno di

pensarecheeradunqueverocheimortipossono ritornare; il suo sgomento sitrasformò in vergogna quando lavisitatrice si presentò come sorella dicolei che era morta per la stessamalattia[...].Ilmedicoacuièaccadutoquesto caso sono io stesso e proprioperciò non mi sento di contestare aNorbertHanoldlapossibilitàclinicadelsuobrevedeliriodellaGradivaritornatain vita» (GRA, 316). Su alcuni lati delproblemadell’irrazionaleinFreud,cfr.,daultimo,Davidson,289-305.6 Su tale aspetto dell’identificazione,cfr. Parsons 1964, 82 sgg.; Parsons1983,63-88.7 Cfr. De Mijolla 1981, 85. Per

l’episodio diRimbaud, cfr.DeMijolla1981, 35-80 e De Mijolla 1975. Peralcuni aspetti clinici della questione,cfr.ancheZavitzianos,632sgg.8 Sulla formazione dell’Io in base aprocessi di identificazione, ma conl’attenzionerivoltaadaspettipiùtecnicidellapsicoanalisieallaperversione,cfr.Chasseguet-Smirgel. Per altri lati dellaquestione, cfr. Mancia. Guardandorapidamente indietro,nonsipuò fareameno di constatare la contagiosità diqueste malattie dell’ideale (con ilconseguente indebolimento dell’Io) inepoche storiche di crisi, quando latrascrizione di se stessi in un’altraversionenonha–percosìdire–alcun

vocabolario autorevole su cuibasarsi edeve naufragare contro i duri «scoglidella realtà» oppure appoggiarsi anuove istituzioni.Anche per questo, aitempi della psicologia delle folle e deiregimi totalitari di massa delNovecento, un Ideale dell’io, questavolta esterno agli individui, offre unmodello di ritrascrizione di se stessiabbastanza facile da ricopiare, perchérichiede soltanto la fede assoluta (el’obbedienza cieca) nel Duce, nelFührer, nel Caudillo o nel PiccoloPadre. Il prezzo da pagare è però ildelirio collettivo in cui milioni diuominisonoimmersi.9PBFP, 389. Per un’analisi di questo

caso, oltre al testo di Schreber stesso,cfr. Macalpine e Hunter, 328-371;AA.VV.1979;Forrester,154-157.10Nelpanoramaculturalepsicanaliticoe psichiatrico il caso del presidenteSchreber (e dell’omosessualità comecausadeldelirioparanoico) èdivenutoparadigmatico.Ciòaccadegiàapartiredal Lacan della tesi di dottorato del1932,Delapsychoseparanoïaquedansses rapports avec la personnalité(Lacan1980,passim)sinoagiungereaD’une question préliminaire à touttraitement possible de la psychose(Lacan1974,II,527-579)e,soprattutto,al seminario del 1955-1956 (Lacan1985,12sgg.,30sgg.epassim),incui

tale caso è presentato come una«decifrazione champollionesca» deigeroglifici della follia, mentre ilprocesso di simbolizzazione nellepsicosi,nel«salirelascaladeldelirio»,viene costantemente indicato comedeficitario, segnato com’è dallaVerwerfung,oforclusione,acausadellaquale il soggetto rifiuta «l’accesso, almondosimbolico,diqualcosachepureha sperimentato, e che all’occasionenon è altro che la minaccia dellacastrazione» (Lacan 1985, 12, 18). Suipresupposti della teoria lacaniana dellaparanoia, ossia sulla natura delsoggetto, sulla separazione tra sujetvéritableeinvisibiledell’Inconscio(Je)

e sujet narcissique come costruzioneimmaginaria dell’io (moi) e sul delirioche ruotaattornoaciòche sivorrebbeessere e all’odiato persecutore comeindividuo ammirato e amato, cfr., inparticolare, Kremer-Marietti; Frank,114-140;Borch-Jacobsen,3-22eMatteBlanco1995,120-134.11 Freud,VEP, 415-416. Su un deliriodi gelosia, legato in questo casoall’omosessualità,sivedaNM,369sgg.Per i deliri di gelosia cfr. Lagache;Mowat;Lantéri-Laura,232sgg.

Capitoloquarto.Logicaeaffetti

«Siichinonsei!»

Abbiamofinalmentedoppiatoilcapodelpensierofreudiano

esiamoprontiainoltrarcinelmare aperto della psichiatriadel Novecento. Il continentepsicoanalitico si allontana,ma i suoi risultatipermangono nella memoria,progressivamenteriquadratie– in parte – confutati oridimensionati dal confrontoconaltreteorie.Vediamo così subitoricomparire, modificato, ilparadigmadellacompresenza

nel delirio di affermazionicontraddittorie esposto daFreud nel Caso clinico delpresidente Schreber. Apartire da un articolo del1956, a firma di GregoryBateson e di un gruppo disuoi colleghi, si incominciainfatti a imputare laschizofrenia (e il delirio)all’effetto dei «doppilegami»,ossiaamessaggichesiannullanoreciprocamenteo

a ordini ineseguibili. Taleschema–ripropostoinformamaggiormente critica ancheda M.M. Berger et alii e daLuc Ciompi (1994, 149-207)– sembra in grado diinglobare e ridescrivere ilmodello freudiano ruotanteattornoalrovesciamentodellaproposizione «Io (un uomo)amo lui (un uomo)» in «Ionon l’amo – io l’odio».Quando, infatti, una madre

sostiene di amare il suobambino, ma non vuolelasciarlo crescere comepersona indipendente, inrealtà «brama il bambino persé,non loamaperciòcheè;egli deve soddisfare i suoiprofondi bisogni di integrità,purezza e affettuosità (= diessere amata); non gli èconsentito sottrarsi allafunzione che gli è stataimposta, e cioè, innanzitutto

non deve crescere troppo, népuòdiventare autonomo».Albambino vengono cosìlanciati messaggicontraddittori del tipo: «Io(non)tiamo→←Io(non)miamo» (Ciompi 1994, 32,190). La paradossalità disimili messaggi puòriassumersinelcomando«Siichi non sei!» (SelviniPalazzoli et alii, 44), l’esattooppostodelprecettoclassico,

«Diventa quel che sei!»formulato da Pindaro e daAristotele e poi ripreso daNietzsche.Il “mittente” di questomessaggio,nellafattispecielamadre, è sì in preda alnarcisismo, ma a unnarcisismo infelice e lacerato(in cui l’amore e l’odiovengono, nello stesso tempo,rivolti verso se stessi eversogli altri). Trasmette perciò al

“ricevente” segnali ambiguidi connivenza e di conflitto.Con oggettiva ipocrisia,promette all’altro amore elibertà, intendendo con ciòanchepassivitàedipendenza.Scattano in tal modo«trappole relazionali», ricattiunilaterali che finiscono perdiventare reciproci e perchiudere entrambi in unagabbia senzauscite. Il ricattonei confronti del più debole

prende allora la forma di ungioco di potere, in cui chi sisottomette è come se dicesse«Iodiventocometumivuoiapattoche tu tiprendacuradime». Se la realtà è quellaimposta, il realismo rischiaallora di degradarsi a unamalattia e di scatenarel’autodistruttivitànelsoggettoche, negando se stesso, hadovuto accettare il mondovolutodagli altri (cfr.Gruen,

16 sgg.). All’interno dellafamiglia, l’interazione è cosìsegnata dal disorientantemodulo di una doppia veritàsui generis, che si rivela,logicamente, come falsità omenzogna e, affettivamente,come svalutazione diretta dichi riceve il messaggio eindirettadichiloemette.Nonoccorre, peraltro, che similicomunicazioni sianoverbalizzate o espresse con

gesti espliciti. Èl’atteggiamento complessivodei singoli soggetti neirapporti interpersonali acostituirneilnucleotematico,che si sviluppa secondomodulazioni polari disentimenti quali«benevolenza/malevolenza;fiducia/sfiducia;apertura/chiusura;chiarezza/oscurità; amoreoggettuale/amore

narcisistico» (Ciompi 1994,179).Interminitecnici,Batesoneil suogruppo sviluppano, sulpiano della comunicazionedisturbata, l’idea di unadevianza rispetto alla teoriadei tipi logicidiRussell:«Latesicentralediquestateoriaèche esiste una discontinuitàtra una classe e i suoielementi. La classe non puòessere un elemento di se

stessa,poichéiltermineusatoperlaclasseèdiunlivellodiastrazione diverso (di undiversotipologico)rispettoaitermini usati per glielementi». Lo schizofrenicotrasgredisce questa regola didiscontinuità e, per questo,nonriesceadiscriminaretraidiversi modi di comunicarecon se stesso o con gli altri:«Noiavanziamol’ipotesiche,ognivoltacheunindividuosi

trova in una situazione didoppio vincolo, la suacapacità di discriminazionefra tipi logici subisca uncollasso» (Bateson et alii,245, 252 e cfr. infra, pp. 69-80).Guardando non solo al latologico, ma anche a quelloaffettivo, si può estendere –con lievi modifiche – ilparadigma del double bindalla collisione fra intenzioni

opposte di uguale intensità.Prendiamo il caso di chi,avendo sofferto un’offesaterribile,nonèingradonédivendicarsi, né di accettarla.La paralisi dell’azione, lasnervante altalena traun’opzione e l’altra (tral’ammissionerassegnatadellapropria impotenza e ilcocente desiderio diritorsione) gli avvelenanol’anima, acuendo in lui le

tensioni sino allo spasimo epreparando il terrenoall’eventuale irrompere dellapsicosi. Più che iragionamenti sul pro e ilcontro della scelta, solo unimpulsoesternoouncolpodistato della volontà possonospingerlo a decidere in unsenso o nell’altro. L’eticasociale dell’onore induceallora l’individuo piùmansuetoallospargimentodi

sangue oppure la dottrinacristianapersuadel’uomopiùviolento a concedere ilperdono al proprio nemico.Entrambelestrategietendonoa scaricare il soggetto dalpeso di tensioni altrimentiintollerabili e a permettergli,in un modo o nell’altro, divoltare pagina nella sua vita.Diversa è però la situazionedi chi cova e fomenta dentrodiséunalottaintestinasenza

volereopotere fare ricorsoasbocchi culturalmenteaccettatidallacomunitàincuivive.In Bateson e, più ingenerale, negli esponentidella Scuola di Palo Alto, ildoppio legame viene peròvisto, quasi esclusivamente,in forma logica,comeugualepretesa di verità avanzata dadue proposizioni (unaaffermativa, l’altra negativa)

che vertono sul medesimooggetto. Pur parlandone, essinonmettonosufficientementein rapporto il lato logico conil lato affettivo della“contraddizione”, vale a direche non tengono abbastanzacontodellacollisionetrastatid’animo opposti, che simanifestano attraverso «latensione, la rabbia,l’angoscia, o la gioia cheforse provocano» (Ciompi

1994, 158). Aggiungo chenon analizzano da vicinonemmeno le specifichemodalità di conversione trapassioniopposte(adesempio,odio e amore, invidia egratitudine,pauraesperanza).

Percorsoaostacoli

Prima di entraretematicamente nella sferadell’affettività, vorreiesplorare i più significativisettori delle “logichedeliranti”, passando dalleteoriedinamiche(basatesullaproiezione rovesciata edeccessiva o sul doppiolegame) a quelle che si

richiamano ad anomalieformalidelpensiero.Fin dall’inizio, due ostacolisbarrano però il cammino, inuna sorta didouble bind checolpisce le dottrinepsichiatriche dall’interno,costringendolealrimbalzofratesi opposte, puntualmenteaccompagnate dacompromessi non dichiarati.Per procedere oltre occorrerimuovere o aggirare tali

impedimenti o, almeno,ridurre la banda dioscillazione tra punti di vistapalesementeincompatibili.Il primo ostacolo èrappresentatodall’incongruenza, dallascarsa specificazione deitermini o dall’incompletezzadel ragionamento di quantiaffermano che nel delirante imeccanismi del pensierorestanointatti(cfr.GRA,323;

Jaspers, 105; Clérambault,41;Minkowski1967,30-31),ma sono poi costretti adammettere che, in quantodelira, viola innegabilmentele normali regole dellaconcettualizzazione edell’argomentazionerazionale. Il secondoinciampo è dato dall’annosapolemica tra i fautori e gliavversaridell’incomprensibilità del

delirio. Tali incertezze,dovutealprivilegiare,divoltainvolta,puntidivistadiversie incompatibili, intorbidanola discussione, facendolaspessogirareavuoto1.Ammesso che si possapresupporre un «troncocomune dei deliri» (Nacht-Racamier,496),l’integritàdelpensiero schizofrenico vienedifesa con una batteria diargomenti che presentano

diversi punti deboli. Sisostiene,adesempio,chenonsono le alterazioni riferibilialla logica a caratterizzare idiscorsi quotidiani deimalati(cfr. Harrow-Prosen). Hasenso, però, parlare di«discorsi quotidiani» senzariferirsi alle fasi acute deldelirio? Si dice poi che iprocessi logici e percettivi inquanto tali non vengonointaccati dalla malattia,

precisandoperòcheipazientipresentano spesso difettid’attenzione e di memoria,nonchéunaridottacapacitàdiproblem-solving (cfr. Gold-Harvey). Si osserva, ancora,che«néglischizofreniciacutiné quelli cronici mostranouna compromissioneintrinseca nella capacità diconseguireconcetti semplici»(Cutting, 376). Dov’è, però,la linea di demarcazione tra

«concetti semplici» ecomplessi? Si constata,infine,ilfattoche«ilcollassodelle regole formali delpensiero logico non risultacomprovato dagli studisperimentali» (Cutting, 396),tranneadaggiungere–subitodopo e inopinatamente – che«gli schizofrenici acutimanifestano quasi sempredeliri o disturbi formali delpensiero […] e una tendenza

apensareinmodoinadeguatoi problemi psicologici»(Cutting,386).Mancherebbe, inconclusione, la necessità dipostulare una «logicaspecifica del pensierodelirante» (Murphy;McGrath, 1991; RossiMonti1996),inquantoiprocessidipensiero nel delirio nondifferirebbero essenzialmentedaquelliinattoneldiscorsoe

nelgiudizionormali.Sarebbepiuttosto il modo in cuil’affermazione è fatta, e nonla sua struttura logica, arenderla delirante (cfr. RossiMonti 1996, 110-111). Siconcede tuttavia, in questocaso, l’esistenza di unacollisione di categorie,spostandola però «in unospazio mentale esterno aldelirante», quello di chi è ingrado di interpretarla (Rossi

Monti1996,113).Ora,èveroche il delirante non avvertechiaramente come tali le suecontraddizioni, ma questosignifica forse che non sianocontenute nel testo del suodelirio? Inoltre: il modostesso di delirare, pur contutte le tonalità affettive el’agitazione psicomotoria deldelirante, esclude forse leanomalielogiche?Èovviochesimettonosullo

stessopianoproblemielivellidi analisi differenti. Esistonoinfatti, senza ombra didubbio,modi di pensare e diragionare che travalicano leregole fondamentali dellanostra logica comune econdivisa. Il lato di veritàdelle posizioni di quantisostengonocheilpensierodeideliranti rimane in sostanzaintatto dipende, da un lato,dalla sua potenziale

comprensibilità di base daparte di una ragione chericonosca loro una logica,ossia un autonomo modo distrutturare i materiali (cfr.infra, pp. 69-80), dall’altro,dal fatto che, anche grazie aFreud, si capisce che «lapatologia mentale è lospecchiodistortodiunmododi ragionare e sentire che èpur sempre quello nostro ditutti i giorni» (Jervis 1999,

22).Il secondo impedimento èdato dall’oscillazioneperiodica da un cornoall’altro del dilemma: ildelirio è per definizioneinintellegibile o, al contrario,esibisce una indefinita seriedi gradi di decifrabilità, nondeterminabili in anticipo enon separati da alcuna sogliain cui finisce lacomprensibilità e inizia

l’incomprensibilità? (Infavore di quest’ultimaposizione cfr., da ultimoStrauss;Stanghellini,13-14.)Per orientare la risposta,proviamo a ricostruireconcisamente le tappe piùsignificative di questodibattito, che ha attraversatol’intera psichiatria delNovecento. Come è noto, ildelirio autentico ècaratterizzato, per Jaspers,

dalla sua intrinsecaincomprensibilità, dalloscacco che subisce ognitentativo di interpretazioneanalogica basata sui nostrinormalivissuti(checerchi,adesempio, di spiegare i deliridi gelosia e di grandezzaimmaginandoli come formepiù intense delle passioni digelosia o d’ambizione). Daqui ladistinzionecheJaspersintroduce tra «idee deliranti

vere» e «idee deliroidi»,«sorteinmodocomprensibileper noi da affetti, daesperienze sconvolgenti eumilianti, che risvegliano ilsenso di colpa e da altreesperienze vissute, dapercezioni false odall’esperienza diestraneamento dal mondodelle percezioni, conesperienza modificata, ecc.»(Jaspers, 103). Il peccato

capitale della psicoanalisifreudiana è rappresentatodalla superbia,dall’immodesta pretesa di«comprenderetutto»(Jaspers,392).Altrihannoseguìtoetuttoraseguono questa prospettiva,corroborata dal prestigio diunaltrograndeesponentedelpensiero psichiatrico, KurtSchneider, secondo il quale,laddove si palesa il vero

delirio, con i suoi specifici«sintomi di primo rango», lacomprensione cessa (cfr.Schneider 1952 e 1967;Schneider-Huber 1975;contra O’Grady). AncheMichel Foucault hacontribuitoadaccreditaretaleposizione, spostandola peròin maniera originale su unambito del tutto diverso. InpolemicaconDerrida,eglihainfatti cercato, nella seconda

edizione della Storia dellafollia, di impedire lareclusione della pazzia entroun recinto esclusivamentepsichiatrico. Negando chepossano diventare di per séoggetto da indagare,considera infatti follia edelirioqualeresiduodelgestofondativo grazie al quale – acominciare, in Europa, dalXVII secolo – la ragionemodernahadefinitosestessa:

«Nel mondo sereno dellamalattia mentale l’uomomoderno non comunica piùconilpazzo:daunapartec’èl’uomo di ragione che affidala follia al medico,autorizzando un rapportosoltanto attraversol’universalità astratta dellamalattia; dall’altra parte c’èl’uomodifolliachecomunicacon l’altro solo attraversol’intermediariodiunaragione

altrettanto astratta, che èordine, costrizione fisica emorale, pressione anonimadel gruppo, esigenza diconformità» (Foucault 1979,50, cfr. Foucault 1994;Blasius; Welsch, 166-172).Nell’età moderna il potere-saperehabisognodellafiguradel pazzo, dell’antagonista,per delimitarsi e imporsicome luminosa razionalità. Ilmalato mentale, che nel

Medioevo viveva all’internodella comunità, viene oraisolato, rinchiuso inmanicomi ricavati dailazzaretti e dagli altri edificirimasti sgombridaquandosiè attenuata l’incidenza dellapeste. Di fronte alla fecondaattivitàdellaragione,delirioepazzia vengono ormaiequiparati all’«assenzad’opera», a una storia nellostessotempovuotaepopolata

«di tutte quelle parole senzalinguaggiochefannosentireachi porge l’orecchio unrumoresordosottolastoria,ilmormorio ostinato di unlinguaggio che parlerebbedasolo, senza soggetto parlanteeinterlocutore,schiacciatosusestesso,strettoallagola,chesprofondaancorprimadiaverraggiunto qualsiasiformulazione e che tornasenza strepito al silenzio di

cui non si è mai liberato»(Foucault1979,53).Più che la tesidell’irrapresentabilità deldelirio per mezzo di unaragione ipostatizzata,ricompare oggi l’idea chenessun pensiero sia possibilesenonsiriesceadabitarenelpensiero paradossale (nel«riuscire a pensare e asostenere lacontemporaneità,la compresenza di due

considerazioni contrastanti»),se non si accostano, confelicemetafora,tantolafolliaquanto il pensiero al jollydellecartedagioco:«Questojolly che vortica con le suefacce speculari, cheappartiene al mazzo, ma chenonèunacartaqualunquedelmazzo, non sembra fissabileinundiscorso.Ognivoltachene fissiamo al discorso unafaccia, ogni volta

rinchiudiamo la follia, maogni volta la follia si èspostata e mostra un’altrafaccia» (Rovatti 1998a, 32,98sgg.;Rovatti1998b,13).Perquantocontestabili,tuttequeste impostazioniracchiudono una doppia,salutare, avvertenza. Ciinvitano, in primo luogo, adistinguereconcuraildeliriopsicotico da quello checolloquialmente definiamo

tale, quando ci riferiamo allafede in idee assurde oindimostrabili generate dapassioni violente,superstizioni tenaci,convinzioni religiose emagiche di difficileattaccabilità.Ciobbligano, insecondo luogo, a ripensare ildelirio nel quadro deimeccanismistorici,culturaliepolitici entro cui esso sicostituisce, assumendo di

volta in volta tratti specifici.Queste impostazionidimenticano tuttavia – fral’altro–didefalcaredall’ideadiincomprensibilitàdeidelirialcuni fattori importanti: laloro effettiva interpretabilità,che ha talvolta favorito laguarigione del malato;l’ubiquità della schizofrenia,il suo non essere legata – senon per la diversità delleespressioni o dei metodi di

trattamento – a contesticulturali; le resistenze cheoppongono alla decifrazionedel delirio sia diversiterapeuti,siaipazientistessi,che ingenerenonamanochi«cerca di penetrarepericolosamente nell’intimitàpersonale» (Petrella 1993,163).Altri motivi sono stati peròaddotti allo scopo diconfutarequello che si è alla

fine trasformato in dogmadell’ininterpretabilità deldelirio. Binswanger è statouno dei primi a rivendicarnecon forza l’intellegibilità,mostrando come «le tramesfilacciate» della sua logica,«sesiesaminal’interoessercidelirante, rivelano unacomune radice» (Binswanger1990, 146). Il prezzo da luipagato è stato però quello disottrarlo eccessivamente alla

dimensionelogicapersituarloentro un condiviso orizzonteumano di sofferenzapsichica2, di averne cioèsbilanciato la comprensione,spostandola nettamente dalversante del logos a quellodel pathos. In seguito, itentativi di coglierne ilsignificato si sono tuttaviamoltiplicati: si è così, adesempio,rinvenutoneldeliriol’assurdo,ilcontro-senso,che

permette di cogliere il senso(Müller-Suur) o il «franaredel senso», in vista della«restaurazione di un sensoaltro» (Borgna 1992, 27-28,35).A me pare che il problemanon sia, in astratto, quello diprosciugareilmaredeldelirioe di mostrare nel suo fondostrutture assolutamentecomprensibili oincomprensibili, quanto

piuttostoquellodifardivoltainvolta«arretrarelafrontieradell’incomprensibilità»,trovandomagari«pietrediunpossibile guado attraversodue sponde separate dallospazio dell’incomprensibile».Questa attitudine vale,tuttavia, a due condizioni: laprimaèchele«pietre»nonsiriducano soltanto ai nucleiemozionali individuati dallaterapia (come vogliono

Ballerini-Rossi Monti, 20),ma comprendano anchequelle formazionidipensieroche, rivelando significativiscarti rispetto alla norma,permettono di disegnare conmaggiore esattezzal’architettura del pensieronormale; la seconda è chevengano, appunto, ricostruitele logiche del delirio nellaloro struttura complementarecognitivo-affettiva. Se è vero

che oggi, «con la crisi dellaspecificità nosografica deisintomi di primo rango el’affermarsi di una visionetrans-nosografica del deliriol’asse percezione delirante-delirio-schizofrenia si èspezzato e brandelli delmodelloassiale-unicentricosisonodispersi inun’areaassaiampia e poco specifica»(Rossi Monti 1996, 108),questa è una ragione in più

per ricostruire il fenomenodel delirio su altre basiteoriche, anche con l’apportodi discipline diverse dallapsichiatria. Trovo giustapertanto l’esigenza espressada Giuseppe Maffei: «Lapatologia del delirio nonconsiste tanto nella falsità diciò che il delirio afferma,quantonelfattocheciòcheildelirante afferma non è poiinserito nel buon

funzionamento dell’apparatoper pensare i pensieri. Unaverità alberga nei deliri, maha da essere pensata»(Maffei,119).

LogichedelirantiI:laconcettualizzazione

Ilmalato tenta, certo,didaresensoalpropriopaesaggiodirovine(Minkowski1967,30-31ecfr.supra,p.11),maperfar questo forzanecessariamente le regoledelragionare consideratocorretto. Anche ammesso, enon concesso, che i

meccanismi elementari delpensierologicoedelgiudiziorestino intatti – almeno sinoalla cronicizzazione deldelirio–,ècomunque la loromaniera di funzionare cherisulta alterata, sia nellaformazione dei concetti, sianellosviluppodeldiscorso.Le tesi di Goldstein sulla«concretezza» del pensieroschizofrenico, ossia sulla suaincapacità di generalizzare,

sonooggiperlopiùrespinte3.Prevale, semmai, la tesiopposta, che ne mette inrilievo la spiccata tendenzaall’astrazione, come se essocercasse in concetti piùcomprensivi una garanziacontro la dissipazione, laconfusione e la fuga delleidee. Appare perciòmaggiormente degna diattenzione, anche se in parteda rettificare, la concezione

propostaperlaprimavoltadaCameronsull’overinclusiono«iperinclusione» (cfr.Cameron1944e1947).Il pensiero iperinclusivo,frequente nelle schizofrenieacute,consistenell’incapacitàdi scegliere gli elementipertinenti di un concetto,eliminando quelli meno (oper nulla) correlati ad esso.Per portare un esempiosemplice, costituisce una

overinclusion inserire nellacategoria di «mobile» anche«san Giuseppe», per nonparlare di «abete» o di«donna». Il suo oppostocomplementare è il pensieroipoinclusivo, riscontrabilenelle schizofrenie croniche,dove, invece, il raggio delconcetto si restringe, per cuisi applica la categoria di«mobile» ai tavoli, ma nonagli armadi o ai cassettoni.

L’apparente concretezza delpensiero schizofrenico,osservata da Goldstein, e ilprevalereinessodelmodelloiperinclusivo di Cameronsegnalano fenomeni che nonsono forse tra loroincompatibili. Ritengo chetali posizioni –opportunamenteriformulateeposte in relazione conun’altra ipotesi, quella diFrith – possano integrarsi in

una nuova teoria, capace diconnettere e spiegare unmaggiornumerodifenomeni.Secondo Frith,l’iperinclusione deriva, inmaniera paradossale,dall’iperconsapevolezza deldelirante.Questinonècioèingrado di elaborare,filtrandolo,l’enormeflussodiinformazioni che gli giungedal mondo esterno e internoe, specialmente, quel di più

che nella personaclinicamente sana resta al disottodellasogliadicoscienzao, se vi giunge, vieneimmediatamente eliminato onon tenuto in conto. Taleimpostazione contrastadiametralmente con l’ipotesi–cheJungriprendedaPierreJanet, trasformandola –secondocuinellaschizofreniavisarebbeunabaissementduniveau mental sino a un

«gradoinfausto»,almomentoin cui l’individuo entra incontatto con gli archetipi o isimboli dell’inconsciocollettivo, dalla cui «marea»viene sommerso (cfr. Jung1971, 248-250 e Jung 1983,96sgg.).Nella prospettiva di Frith, ideliri non costituisconoinvece il prodotto di unacoscienza torbida, ma ilrisultatodellosforzofallitodi

interpretare coerentemente lamesse di dati in arrivo.Correggereiquestaipotesinelsenso che il flusso non ècompletamenteprivodi filtri.Cambia il filtro: la coscienzaè desta e in grado diaccogliere molto di ciò chenormalmente è consideratoinsignificante, ma questosurplus di dati è pur semprerecepito secondo altri criteri,laschimasignificativi.Sipuò

persinodirechelelogichedeldelirio sono modellate dallaforma di questi filtri, cheselezionano il vissuto e ilpensatosignificativifacendolipassare attraverso le strettoiedellacoscienza.Sotto questo profilo, lanatura «concreta» delpensiero schizofrenico nonsarebbe dunque altro –propongo–cheilrisaltodatoa elementi impropri

dell’iperinclusione, a ciò cheè entrato in manieratorrentizia (secondo lamodalità del flooding) nelcampo di coscienza,ponendosi “illecitamente”sotto l’ombrello di unconcetto, senza essere statopreviamente vagliato odepennato secondo la sualogica. Ciò spiega perché ilmalato trovi significativoquanto, altrimenti, non

sarebbedaaltrineppurepresoinconsiderazione,adesempioil colore di tutte le cravattedegli invitati a unricevimento. L’abnormeaumento di consapevolezzadeiprocessimentaliproduce,dunque, una ridondanza diinformazione che il delirantenonèingradodicatalogareedi categorizzareadeguatamente secondonormali standard. Questo gli

impedisce di controllarel’efficace capillarizzazionedei flussi di coscienza e dielaborare informazionicomplesse.I significati normalmenteeliminati dai non delirantivengono perciò inseriti neisuoi concetti (cfr. Frith;Cutting, 75, 81, 257) lungouna gamma di overinclusionchepuòvariaredaunminimoaunmassimo.Unodeilivelli

più alti viene raggiuntoquando si assegna un’unicaconnotazione non pertinenteaimembridiun’interaclasse,come accade nel delirio dipersecuzione, in cui a tuttiviene indistintamenteattribuita la qualifica dicospiratore ai danni delsoggetto delirante. Sichiarisce così,trasversalmente, anche ilfenomeno–osservatoinaltro

contesto – del progressivo«allargamento della tramadelle referenze», per cui leparole acquistanogradualmente significatisempre più ampi ed entranoin combinazioni sempre piùimprobabili. Si assiste allafine, nella fase cronica dellaschizofrenia, a una «totaleabolizione di ogni nessosemantico» (Piro, 521, 522),così che le parole utilizzate

con l’intenzione di designarequasi tutto finiscono per nonvolerdirequasinulla.Il filtraggio carentepostulato da Frith comportauningorgo,unaturbolenzadipensieri e di immagini cheassumonolaformadiinsiemibizzarri, ma non privi disenso. ParafrasandoFreud, sipotrebbe dire: l’«organoispettivo» che sorvegliaimpulsi e atti della coscienza

(S,66)nonsiècertodistratto,ma ha anzi acuito la suavigilanza fino al punto dinotare quasi tutto, con laconseguenza di nondistinguere più leinformazioni rilevanti daquelle irrilevanti. Con unlinguaggio più moderno, sipotrebbe constatare come il«monitor» o il «periscopio»(Menninger,102)concuil’Ioperlustra continuamente il

mondo esterno e internoammassi una innumerevolequantitàdidaticheècostrettopoi a ordinare in frettasecondoun’economiaguidatadall’urgenza e dal desideriodi giungere a conclusionicompatibili con il mondonuovochestacreando.Sarebbe possibile, partendoda Frith, formulare l’ipotesisecondo cui – in linguaggiofreudiano – il “lavoro del

delirio”, al pari di quelloonirico, «non pensa, noncalcola, non giudica perniente, ma si limita atrasformare» (TD, 463)? Inentrambi gli autori, certo, le«processioni d’idee» sisnodano allentando i legamilogicinormali,i«“se,perché,come se, benché, o – o” etutte le altre preposizioni,senza le quali non possiamocomprendere una frase e un

discorso»(TD,287-288).Neldelirio inoltre, come nelsogno – e l’analogia finiscequi –, l’io, in quantodisciplina e selettività deimateriali psichici eancoraggioal reale, latita.Lacoscienza, tuttavia, nel sensospecifico di consapevolezza,non è, nel delirio, affattoscomparsa. Al contrario, èben desta. Solo che risultainondata da contenuti che

organizza attraverso unalogica che segue stradeproprie. Se, dunque, vi è neldeliriounlatodiautomatismo(che, del resto, esiste anchenel pensiero normale), vi èanche un lato di intenzionaledonazione di senso. Ildelirante iperinclude quando,nella sua volontà di capire,convocaeraggruppaelementidispersi in forma dicostellazioni di significato

attraverso cui orientarsi.Oppure – il che è in parte lostesso – ragiona secondocriteri sin troppo concretiquando mette in evidenzaaspetti che per lui hanno unvalore particolare (mentreassumono per l’interprete lafunzione di indizi grazie aiquali può ricostruire i campigravitazionali responsabilidell’attrazionedell’eterogeneo).

Inchemodoeinchemisuraildelirantesidiscostadunquedalla forma corretta didefinire i concetti e diargomentare? Partiamo dallaprima. Se, ad esempio, sulpianodella logicaelementarevogliamo dare la definizioneesattadi«quadrato»,diciamocheèunquadrilatero(genereprossimo) con lati e angoliuguali (differenza specifica).Si parte dalla famiglia più

ampia dei quadrilateri e siarticola poi la loro varietà.Qualora affermassimo che ilquadrato è una figurageometrica, non diremmo ilfalso, ma useremmo ungenere remoto (saremmo,appunto, generici). Se,invece, dicessimo soltantocheèunquadrilateroconlatiuguali, non saremmospecifici, perché anche irombi godono della

medesima proprietà. Allostesso modo, attribuendoglisoltanto angoli uguali, loequipareremmoalrettangolo.Anche i non deliranti sonospesso generici o nonspecifici, sia per ignoranza(come può una personamediamente colta definire uniguana o unmesone, se non,almassimo,comeunanimaleesotico o una particella sub-atomica?),siaperpigrizia,sia

per la sottintesa fiducia diessere in ogni caso compresinelle conversazioniquotidiane. Mai, comunque,inserirebbero seriamente tra iquadrilateri una fortezza, unuomo robusto o un asino emai il rombo ma non ilquadrato.L’overinclusion implica,quindi, da una parte, che ilconcetto acquistiun’estensione più ampia di

quellacomunementeaccettatae, dall’altra, che, al suointerno, siano consideratepertinenti connotazioniaccessorie o improprie. I dueprocessisonocomplementari.Sepossediamolachiavedeglispecifici vissuti del deliranteedeitrattipertinentidellasuacultura, siamo anchefacilmentenellacondizionedicapire come si è formata lacatena associativa elementare

che ha generatol’iperinclusione: mobile/falegname/ san Giuseppe. Inquesto caso egli si serve –allalettera–diunametafora,ossia di un «trasloco» disignificati,checonduce,nellanostra civiltà d’improntacristiana, dal mobile a sanGiuseppe. Nel ragionamentonormale questa associazione,qualora venga in mente, ècomunque tralasciata, perché

ininfluente o sviante rispettoai fini della normalecomunicazione (maeventualmente utilizzabile inunmottodispirito)4.Ildelirioè, sotto questo profilo,altamente metaforico, inquantoimpollinaeibridaideee immagini tra loro remotesecondo intenzionianalogiche soggettive,producendo talvoltainvolontarieffettipoetici,ma,

più spesso, accostamentistrambioassurdi.Correggendoeintegrandoletesi precedenti, si potrebberoimputare ai fueros sia ilsurplus di informazione nonelaborata riversato nellacoscienza, sia le distorsioni,in primo luogo temporali,introdotte nel Regime II. Lacoscienza attuale nonriuscirebbe cioè a filtraremateriali e a rettificare

modalità di pensiero secondoi propri principi se nonappoggiandosiparassitariamente a eventi epensieri casuali. I processi diiperinclusionedipenderebbero, inquest’ottica, dal tentativo difar posto a un passatoinsituabile da parte di unacoscienza incapacedisituarsial centro dell’orizzonte delpresente. Il delirio si mostra

così, di nuovo, come un de-lirare, un andare oltre, uneccesso di coscienza, verità,evidenza,coerenzasucuinonsono intervenuti dei riduttoriedeifiltriconvenzionali.

LogichedelirantiII:ilragionamento

Proviamo a estendere lavalidità di questa nozionemodificata di overinclusiondalla sfera dellaconcettualizzazione ad altriambiti,inparticolareaquelli:delragionamentodiscorsivoosillogistico; dell’intersezionetra categorie; della

contaminazione tra fasce diesperienza ritenutenormalmente tra loro distantio ripugnanti. Anche permisurare il grado dimaturazione dei risultatifinora conseguiti, mi serviròcome reagenti delleimpostazioni di vonDomarus, Arieti e MatteBlanco.L’anomalia più vistosa delpensiero schizofrenico è

costituita per von Domarusdalla presenza in esso di unalogica fondata sull’identitàdei predicati – e non deisoggetti – delle proposizioni.I cani e i tavoli vengonoperciò assimilati sulla basedella comune proprietà dipossederequattrogambeogliindiani e i cervi di essereveloci (von Domarus, 104sgg.). Una simile logica,ricondottaalmodus operandi

del «pensiero primitivo»,presuppone che i deliri sianouna forma di regressione afasi filogeneticamente eculturalmente superate, al«pensiero paleologico».Arieti, che condivide taleprospettiva, la illustra permezzo di questo esempio:«Una malata credeva diessere la Vergine Maria. Ilprocedimento del suopensiero è il seguente: “La

VergineMariaeravergine;iosono vergine; io sono laVergineMaria”»5.La fallacia del sillogismopaleologico «Tutti gli indianisonoveloci; tutti icervisonoveloci; tutti gli indiani sonocervi» dipende tecnicamentedalla mancata distribuzionedelterminemedio.Infatti,«inun sillogismo categoricovalido, il terminemediodeveessere distribuito in almeno

una delle due premesse,quindi deve apparire o comesoggetto di una proposizioneuniversaleaffermativaoppurecome predicato in unaproposizione particolarenegativa»6. In questo caso, ilterminemediofadapredicatotanto nella premessamaggiore, quanto in quellaminore (e dunque non fungené da soggetto di unaproposizione universale

affermativa, né da predicatodi una proposizioneparticolare negativa). Ilpredicato «veloce»,includendo allo stesso modotanto gli indiani che i cervi,introduce invece una loroequivalenza all’interno dellaclasse più ampia degli esseriveloci. L’iperinclusione,quindi, si presenta ora comecostruzione di una categoriapiù ampia in grado di

assimilare categorie diversesulla base di una qualitàcomune che le collega e lerendeindiscernibili.Le tesi di von Domarus eArieti sono traducibili in ciòche Matte Blanco hachiamato«simmetrizzazione»di una classe più ristretta inuna classe più ampia: «lapaziente che affermava cheun uomo era molto ricco,quandolefuchiestoilperché

di tale affermazione rispose:“È molto alto”. Si noti cheentrambi erano sottoinsiemidell’insieme più ampio dicolorochehannoqualcosa inalto grado. Lasimmetrizzazione conduce a:molto alto = molto ricco»(Matte Blanco 1995, 62). Alpari del sogno e di altrifenomeniinconsci,ildelirioèattribuibile perMatte Blancoall’operare di tale logica

«simmetrica», presenteperaltro in ognuno di noiaccanto a quella “normale”(«asimmetrica», o«eterogenica»). Ladistorsione del ragionamentoè idealmente calcolatamedianteladeviazionesubìtadal pensiero «eterogenico»per effetto della «logicasimmetrica», oppure – inmaniera complementare –dalla scarsa influenza

esercitata dal pensieroeterogenico sul movimentoinerziale della logicasimmetrica, la quale, lasciataa se stessa, tende adassimilareognidifferenzaeaconfondere ogni ordinegerarchico(cfr.MatteBlanco1981; Bria; Rayner; Bodei2000).Ilpensareeilsentireumanohanno, infatti, naturaantinomica. Coesistono in

essi entrambe le logiche,incompatibili tra loro eppureinconcorrenzaperaffermare,ciascuna, la propria verità.Una simile coabitazione nonimplica comunque il lorofondersi in una struttura diordinesuperiore:«sonocomel’azoto e l’ossigeno nell’aria:insiemee, tuttavia, separati emai combinati a formarebiossido di azoto» (MatteBlanco 1995, 81).

Sottoponendoci al penosotirocinio del pensieroasimmetrico impariamo adistinguere e a classificarecorrettamente,evitandosaltiecapovolgimenti logici,paralogie o passaggi indebitida una classe all’altra osussunzioni indebite di classieterogenee sotto una classepiùampiache imponea tuttelealtrelacondivisionediunadeterminata proprietà

(secondo il «principio diastrazione egeneralizzazione»). È quindiesatto dire che «tutti i gattisono felini», ma non che«tutti i felini sonogatti», che«AèpadrediB»,manonche«B è padre di A». Nella«logicasimmetrica»(appuntoperché gli enunciati sonorovesciabili, trasformano ilsoggetto in predicato eviceversa o cancellano

l’asimmetria delle relazioni)tali equivalenze sono invecelaregola.Secondoicriteridellalogicaclassica, il sillogismopaleologico è errato. Dalpunto di vista del pazienteobbedisce però a un’altralogica, di cui si possonostabilire, almeno, gli stilicognitivi: «Finché egliinterpreta la realtà con unalogica aristotelica, è

consapevole dell’intollerabileverità, e lo stato di panicopersiste. Una volta che eglivedalecoseinmododiverso,con una nuova logica, la suaansia diminuisce o muta dicarattere. Questa nuovalogica o gli permetterà divederelarealtàcomedesiderao gli offrirà almeno unopseudosoddisfacimentoparziale dei suoi desideri»(Arieti, I, 312 e cfr. I, 311-

329, ma cfr., per Aristotele,Lukasiewicz; Berti 1977 e1983;RomayerDherbey).In entrambi i casi ildesiderio contenuto neldelirio sfonda la parete della“contraddizion che nolconsente” e procede verso laconciliazionedell’inconciliabile. Ilprincipio di onnipotenza, lavolontàe lavoluttàdinegarela logica condivisa, si

sostituisce al principio dinon-contraddizione.Oltrepassando i limiti dellalira, il desiderio tende, diconseguenza, a nonriconoscere più l’aut-aut,masolo il vel...vel, lacompatibilità – in linea diprincipio–di tutto con tutto.È una condizione che ha isuoi lati piacevoli. ComericordaJung,«ioebbiincurauna volta una ragazza

schizofrenica chemi disse diodiarmi,perchéleavevoresoimpossibileritornarenellasuabella psicosi» (Jung 1971,257-258). Una paziente diResnik testimonia, a suavolta, del potere magicoesercitatosudileidaldelirio:«Mi affascinava, miconquistava, dandomi lapossibilità di vivere in unaltro mondo […]. Delirare èperme come una droga, che

mistimola,mifapensareaunaltro tempo, a un altrospazio» (Resnik, 102). Inquesta impresa loschizofrenicosirivelatuttaviacome «un individuo che, neltentativo di salvarsi da unaconfusioneintollerabile,cercaun rifugio astruso che, inrealtà, gli crea difficoltàsempremaggiori e, alla fine,diventalasuafataleprigione»(Ciompi1994,229).Ildelirio

come “uscita di insicurezza”distorce tanto più la logicanormale,quantopiùaltaèperl’individuolapostaingiocoequanto più incerte ospaventoserisultanolesortieleprospettivedellasuavita.Egli diventa alloraintimamente restio adaccettareconseguenzelogicheda premesse evidenti. Per luineppure il noto sillogismo«Tutti gli uomini sono

mortali; Socrate è uomo;dunque Socrate è mortale»mantiene integra la suacertezza, qualora al posto di«Socrate» si dica «io».Talvolta anche il pensierodelle persone clinicamentesane è però scossodall’ineluttabile conclusionedi tale ragionamento, setradotto in termini personali(forse perché lamorte, comesostiene Nietzsche, è una

piegacuiabbiamoabituatolacoscienza da non molto). Inquesto dominio, infatti, quasitutti noi «abbiamo ancora lastessa mentalità delselvaggio», inquantoè«rarotrovare un ambito in cui ilnostro modo di pensare e disentiresiacosìpococambiatodai tempi primordiali, in cuil’elemento antico si siaconservato così bene sottounascorzasottile,comenella

nostra relazione con lamorte»(U,102-103).LetesidivonDomarussonostate sottoposte a critichegiustificate per quantoriguarda l’equiparazione delpensierodeliranteaquellodeiprimitivi (cfr., ad esempio,Piro, 240-245, 530-532).Resta peraltro vero che ilimiti del delirio sonoculturalmente determinati,cosìcomelosonoquellidella

categorizzazione e dellacreazione di tassonomie aprima vista sorprendenti, mapoi, a loro modo, del tuttocoerenti. Come ha rilevatoLévi-Strauss, sembrerebbe,ad esempio, assurdo (o, pernoi, costituire un casolampante di overinclusion)mettere insieme, come fa il«pensiero selvaggio» inalcune culture, «la ciliegiaselvatica, la cannella, la

vaniglia e il vino di Xeres».Eppure dall’analisi chimicarisulta che «formano ungruppochenonèpiùsoltantosensibile ma intellegibile,perché tutti contengonoaldeide» (Lévi-Strauss, 25-26).Il modello paleologico nonregge neppure sul pianoontogenetico, dellaregressione individuale astadi mentali oltrepassati

dell’infanzia odell’adolescenza. Dopo cheVygotskij, in un saggio del1934, aveva cercato diassimilare il pensiero deglischizofrenici a quello degliadolescenti, Camerondimostrò, infatti,sperimentalmentel’inconsistenza delle sueconclusioni, ipotizzando neldelirio non un sempliceritorno all’indietro della

mente, quanto piuttosto ladisgregazionediunastrutturagiàsviluppata.G.E.Morselli,peraltro, aveva elaborato nel1948unateoriacheèl’esattocontrario di quella di vonDomarus,inbaseallaqualeildelirio farebbe emergere,invece che una paleologica,una neo-logica, «subordinataa schemi paradossali dielaborazione dell’esperienza»e paragonata «all’impiantarsi

di una vegetazione diversa»sul terreno di un boscobruciato (Morselli, 297 sgg.;Stanghellini, 54-55, ma peruna diversa ipotesi diibridazione tra logiche, cfr.infra,pp.80-83).La confusione delle classilogiche è, comunque, solouna delle possibili strategieche il delirante adotta perrisolverelesueaporie.Nonèperò l’unica. Distinguendo i

deliri paranoici, benstrutturati, dai deliriparanoidi, caratterizzati dalegami logici allentati (esenza considerare, per ora, illato affettivo, ad esempio, laconversione dell’amore inodio), accantoall’iperinclusione, alsillogismo paleologico, allasimmetria, altri aspetti – sucui non mi soffermerò –possono definire sia il

pensiero che il linguaggiodeliranti. Sul piano delpensiero abbiamo così lapresenza di questi fenomeni:laviolazionedelprincipiodelterzo escluso; l’interferenzatraleidee;lalabilitàdeinessiassociativi; la metaforadebordante. A livellolinguistico risultano invececaratteristici, tra gli altri, isintomi seguenti: ladistorsione semantica; la

fluttuazione dell’alonesemantico; le alterazionifonetiche;leneoformazionidisignificato; l’insalata o ilcarillon di parole (Wortsalade Wortklingel). Aquest’ultimo livello, notevoleè la conclusione a cui sonogiuntiglipsicolinguisti,ossiache la sintassi deglischizofrenici,conl’eccezionedi un ristretto numero dimalaticronici,rimaneintegra

e che, nei loro enunciati,«l’aspetto più caratteristico èla mancanza di pertinenza,piuttosto che la mancanza dicompetenza» (Cutting, 296),il che ci riporta, per altrastrada, alle ragionidell’iperinclusione nelpensierodelirante.La differenza piùsignificativa tra logicacomune e delirio sembrariscontrarsi nel fatto che la

prima pone dei limiti alla“ragione”, mentre il secondoè lasco o ab-solutus,completamente slegato daogni vincolo, sfrenato,eccessivo, debordante. Acommento di quantoaffermava Montaigne, ossiache il delirio è soltantoumano, perché gli animalitengono lo spirito «aguinzaglio»,sipuòdirecheildelirante lo ha sciolto, per

fuggire verso un mondocapace di soddisfare la suafamediirrealtà.AMontaigne(che nel 1580 aveva, tral’altro, visitato TorquatoTasso, ormai completamentepazzo, nell’ospedaleSant’AnnadiFerrara)noneraperò sfuggita la frequenzacon cui la follia colpiscepropriogliindividuidimentepronta, acuta e agile. Da quila sua provocatoria e

inquietante proposta: «Voleteun uomo sano, lo volete benregolatoeinposizionesaldaesicura? Avvolgetelo ditenebre, di ozio e di torpore.Dobbiamo istupidirci perdiventaresaggi,eabbacinarciper sapere dirigerci»(Montaigne,II,XII,642).

Logicaeaffetti

L’ottundersi dell’intelligenzanonèperòl’unicomotivodeldelirio. Se non si prende inesame anche il versanteaffettivo, ogni suainterpretazione risulta moncaefinisceinunvicolocieco.Ildelirio colpisce e disarticolacontemporaneamente – inmanieradiversa–sia lasfera

cognitiva che quella affettiva(o,rovesciandolaprospettiva,è il prodotto della loroconfusione e distorsione).Assieme al pensiero, in unsistema di reciprocheinterazioni, esso sovvertedunque pulsioni, emozioni edesideri. Da questo punto divista, la distinzione operatadamolti psichiatri tra delirioe disturbi dell’umore, trapsicosi schizofreniche e

psicosi affettive7, perde diincisivitàteorica.La filosofia, il sensocomuneelapsichiatriahannodatemposegnalatol’analogiatra delirio e passioni(includendo i desideri, chenon sono altro che passionideclinate al futuro, attesa dibeni a venire). Già Esquirol,nel secolo scorso, seguendod’altrondeunadelletradizionipiùconsistentidellamedicina

antica, aveva attribuito lafollia a un dérèglement despassions.Pervarie ragioni, illegametraaspetticognitiviedemotivi è tuttavia rimasto inombra,nelsensochelalogicadelle passioni non è stataquasi mai posta in relazionediretta ed esplicita con lalogicadellaconoscenza.Eppure la logica dellepassioni ha un lato diconoscibilità, come la logica

dellaconoscenzahaunlatodiaffettività. Concentrandociper ora sulla logica dellepassioni,chièinpredaall’ira,ad esempio, appare colto datemporanea follia o daprovvisoriacecitàmentale.Lasua furia può essere infattiscatenata da un episodioinsignificante, che denuncial’evidente sproporzione o“irrazionalità” tra la causa el’effetto delle sue azioni.

Eccesso e dismisura esistonotuttavia solo se commisuratiall’evento specifico che haprovocato la collera.Cambiando prospettiva econsiderando l’ira come ilprecipitato istantaneo di tuttele frustrazioni, le delusioni ele amarezze che la vita ci hariservato, la ratio, l’adeguataproporzione tra causa edeffetto, è pienamenteristabilita. La passione

dell’ira diventa intellegibilesupponendo che nel breveperiodosiscarichilatensionelatente accumulata in unlungo arco di tempo. Quelladelle passioni è dunque unalogica aggregante,agglutinante, analogaall’overinclusion, che metteinsieme elementi eterogenei,chefa(comediceilproverbiopopolare) di ogni erba unfascio. Nelle passioni

esplosive in modo piùperspicuo – ma anche inquelleviscose–confluisconopertanto elementi che nonhanno alcun rapportoimmediatoconl’attualità,chesono sì ab-soluti rispetto alpresente immediato, ma nonrispetto all’ordinaria storia diunavita (cfr.Bodei1997,35sgg.;Bodei1998).Generalizzando le ipotesidiCameron e di Frith, si può

quindipostularel’esistenzadiun’iperinclusione affettiva,checatturanellepercezionionei discorsi alterati ciò chenon è pertinente allasituazionedata,comequandoun iracondo o un geloso“stravedono”, riversandosugli altri raffiche di accuseinfondateoaccatastandonellaloromenteindizisignificativiassieme a congetturecervellotiche. Ancora una

volta:ildelirioèunandarealdi là, uno sfogarsi nelpresente di quanto,accumulatosi col tempo,aveva raggiunto una massacritica e attendeva solo unpretesto, un episodioscatenante, per manifestarsiintuttalasuavirulenza.L’errore che si compie (sianelcasodellepassionicheinquello del delirio) è diconsiderare ilpensiero logico

comeunostatonormaledellamente che verrebbesuccessivamente alterato etraviato dalle passioni.L’affettività accompagnainveceogninostrapercezionee idea: non si aggiungené sisovrappone dall’esterno.Nellacrescitadell’individuoirudimenti dell’affettività siformanoaddiritturaprimadeisistemi simbolici, con cui siintegrano poi

progressivamente, formando(in condizioni normali) unsistema “giroscopico” ingradodiorientarlo.La doppia logica –passionale e razionale insenso stretto, capace diintrattenere, nella sferapsichica,unarelazionecheè,insieme, cooperativa eantagonistica, alla manieradelRegimeI edelRegime II(cfr. Bodei 1979, 199 sgg.;

Bodei 1997, 7 sgg. e, supra,pp. 14-17) – esiste però solodal punto di vista di unaragione puramente difensiva.Sottoilprofilodella“ragioneospitale”, esiste invece unasola logica, capace però dicom-prendere anche leanomalie, lacontraddizioneel’ambiguità, il linguaggiosimbolico e l’eccedenza disignificato, nonché ledeviazioni rispetto alle sue

stesse norme8. Con un altrolinguaggio e un impiantoteorico diverso, ma in parteconvergente, si può quindipostulare l’esistenza di una«logica affettiva», nel sensoche gli schemi affettivi equelli cognitivi coabitano,coordinatieincastratitraloroconmaggioreominore forzacoesiva: «La psiche puòessere concepita come unsistema duplice, formato

inscindibilmente da un poloaffettivo e da uno cognitivoche nel corso dello svilupposi strutturano in un processocomune […]; potremoindividuare una strutturaaffettiva della logica comepure una struttura logicadell’affettività,valeadireuna“logica affettiva” in cuientrambe evolvono insiemeper giungere a unastrutturazione unitaria»

(Ciompi 1994, 13). Laschizofrenia e il deliriosorgono, in quest’ottica,quando i sistemi logico-affettivi (e non solo quellologico o quello affettivoseparatamente) impostati nelcorso della vita, soprattuttonell’infanzia, in modoconfuso e labile vengono«disorganizzati» e costretti atrovarsi nuovi stati diequilibrio (cfr. Ciompi 1994,

270): il delirio è ilriorganizzarsi,adaltrolivello,della disorganizzazione di unsistemanormale.Nonèquindilasolaragionea essere colpita nel delirante,ma l’intero campo logico-affettivo e, più in generale,l’individuale «mondo dellavita». La tela di fondo diquanto è rimasto in lui nonesplicitato, tematizzato ofocalizzato, ossia lo scenario

indistinto su cuinecessariamentecampeggiano le sue idee e lesue emozioni coscienti, sipresenta così lacerato,lasciandoperòresidui«filidiintellegibilità» (Lantéri-Laura, 384), da cui ilterapeuta può partire perun’opera di difficilericucitura.Tra passioni e deliri esisteuna parentela iniziale, ma

anche una biforcazionesuccessiva. Attraverso unsalto qualitativo – sulla cuinatura si sa ancorarelativamentepoco–ildelirioprogetta e costruisce,globalmente emetodicamente, il propriomondo parallelo, perdendo ilcontattoconlacomunerealtà.Le passioni, invece, puralterando aspetti rilevantidellavisionedelmondosiain

modo episodico (come nelcaso della collera), sia inmanieracontinuata(comenelcaso dell’invidia, dellagelosia o del desiderio divendetta), non giungono maia una permanentecancellazione della realtà nelsuo complesso, a unsovraccarico di tensioni cheporta a un black-out dellaconsapevolezzadeilimiti.

GuardareinfaccialaGorgone

Il sorgeredeldelirio– con ildérèglement des passions el’accecamento dell’intellettoche ne conseguono – sonoattribuibili a un’«insicurezzaontologica» o a unasofferenza intollerabile?Contro la psichiatriaesistenziale e drammaturgica,

allaBinswanger,sitendeoggia sottolineare due fatti: che«non esiste prova chedimostri che gli schizofrenicisiano, prima dell’insorgenzadella psicosi, piùontologicamente insicuri dialtri»9; che la confusaorganizzazione del sistemalogico-affettivo non sempredipende in forma diretta datraumimanifesti.Eppure anche eventi banali

o serie di fantasie la cuiintensità superi una certasoglia possono spalancare leporte alla psicosi. Ciò che,agli occhi degli altri, appareinsignificante produce spessoeffetti catastrofici sul vissutodel singolo. Come nel casodell’ira, anche in quello deldelirio un episodio attualecoagula situazioni,sentimenti, pensieriappartenenti ad altre epoche

della vita. Tutti insiemerinviano il soggetto allapungentesensazionediesserefuori posto in questomondo,mostrato a dito e braccato,oppure, al contrario, allaconvinzione di godere diun’immensa, luminosasuperiorità rispetto agli altri.La formazione della linea difrattura che conduce aldistacco dalla comune realtàvaria quindi da persona a

persona,cosìcomeilgradodivulnerabilità (su cui cfr.Stanghellini,19sgg.).Alparidella fusione dei metalli, ilcambiamento di stato dallepassioni o dai pensierinormali all’allucinazione e aldelirio avviene a determinatetemperature psichiche,situabili entro una gammaindividuale.Nella sua banalità ebizzarria, il delirio mette a

nudo la latente fragilitàdell’esperienzadiciascuno,ilsuo poggiare su presuppostinon consolidati, nonanalizzati o semplicementedimenticati.Alungocisifidadi questi perni invisibiliattornoaiqualiabbiamofattoautomaticamente ruotare ilnostro pensiero e la nostravita: almeno finché non siscardinano, trascinando nellaloro caduta la fiducia che

avevamo innoi stessieneglialtri. Nel delirio sembra chele persone per noi piùimportanti ci tradiscano, ciabbandonino, ci perseguitino,cispiino.Perfarfronteatalecongiura,l’ioesauriscelesueenergie combattendo contromulini a vento o cercandodiingigantirsi a dismisura. Inentrambi i casi attenta alprincipio di realtà, seguendocon poche inibizioni ed

esitazioni la china deldesideriodionnipotenza, chelo intimorisce e lo esalta altempo stesso. In quasi tuttinoiessoèstatorepressodopodure lotte, ma – nelledifficoltà e in assenza ditestimoni – chi non vorrebbeancora farvi ricorso peraggirare retroattivamente lesconfitte e i vicoli ciechidell’esistenzaoperprocedereavanti senza impedimenti,

dolori o pericoli? In certimomenti, chi non vorrebbeessere riconosciuto o amatoincondizionatamente da altri,pur essendo consapevole delcarattere irrealistico, infantilee regressivo di questapretesa?La desertica solitudinepolare in cui il delirante siracchiude con la solacompagnia dei suoi fantasmidi persecuzione, gelosia o

grandezza; le visioni e levoci;lestereotipiemotorie;leanomalie nellaconcettualizzazione e nelragionamento; i sensi dicolpa,divergognaodivuoto;la sospettosità o la ciarlierairruenza;larovina,laperdita,il distacco o il congedo daquel che si ama: tutto questonon può che allontananarlodal sentiero comunedell’esperienza. Il delirio è

così perturbante e temutoproprio perché minaccia emette scandalosamente indiscussione il mondo diognuno nella sua presuntaovvietà.«Ovvio» (obvius) si diceinfatti, etimologicamente, dicosaopersonachesiincontralungo la via, che risultaquindi accessibile e allamano.Iltermineracchiudeinsé l’atto di imboccare o di

continuare una strada nonostruita, ben transitabile, indirezione di quanto siconosce o si è in grado diriconoscere con facilità,perché non si nasconde. Ciòche è importante è spessoovvio, ma l’ovvio è celatodalla sua stessa luce: al paridell’evidenza, appareabbagliante ed eccessivo inquantochiamatoasanzionareil compromesso tra il

comprensibile el’incomprensibile, a montarela guardia al quotidiano, aimpedire sconfinamenti inmassanella“zonagrigia”cheloseparadallafollia.L’ovvietàstabilisceunpattoche conviene a tutti e cherisulta a stento incrinabile.Muoversiaproprioagionellelarghe e pianeggianti regionidella realtà, bonificate daldubbio e dai problemi, è un

vantaggio a cui si rinunciamalvolentieri. Non si puòevitare, per esprimerequalcosa, di presuppornetacitamentemiriadidialtre,dinutrire fiducia in premesseinverificate e inverificabili.Nessuno è infatti in grado diprocedere a tutti i riscontriche sarebberonecessari.E seanche, per ipotesi, qualcunoprovasse a screditare e adistruggerelafedenell’ovvio,

l’impresa si rivelerebbe, allafine, palesemente futile.Persino il dubbio radicale e«iperbolico» di Descartes,come si evince dall’attaccodelle Meditazioni, non èsistematicamente applicato:ha luogouna solavoltanellavita,semel in vita, quando lamente ha raggiunto lo zenitdella suamaturità.Peresserespinti a cercare oltre l’ovvio,è forse necessario esserne

stati in precedenza espulsi oessersene volontariamenteallontanati, tagliando i ponticon esso. Le domande suldelirio potrebbero quindifruttuosamente capovolgersiin questi termini: come si èacquisita la familiarità con ilmondo? Attraverso qualipercorsi esso ci è diventatonotoescontato?Il delirio rappresentaun’alternativa all’ovvietà di

situazioni soggettivamenteinsostenibili,unmenopeggiorispetto al vuotoirrappresentabile che pure sipresenta minaccioso nellamodalità paradossaledell’assenza,unaribellionedichinonsiattendepiùnulladibuono dalla vita, un rimedioall’insensatezza e alladistruzione incombenti.Costituisceunadifesadinanziall’angoscia del terrificante

che spesso si nasconde indettagli banali: «Nella folliasi manifesta taloraquell’aspetto del reale chel’uomo non deve vedere perrimanere sano» (Burckhardt,inBorgna1995,38).In quanto esce dalla viadell’ovvietà e persegue confanaticadeterminazioneisuoiobiettivi, il delirio può anchenon partorire pensieriabnormi. Per certi, limitati

aspetti, esso è infattiaccostabilepersinoallalogicadella scoperta scientifica: nelmomento in cui le anomaliediunateoriasonotantogravida non apparire emendabiliattraverso sempliciaggiustamentilocalioadhoc,il ricercatore creativo siavventura in un camminoignoto, procedendo a tentoni,de-lirando e abbandonando isolchigiàtracciati.Èsoltanto

quandoha finalmente trovato– anche attraverso il testardorifiuto di apparenti evidenzeincontrastoconlesueipotesi– la soluzione alle difficoltàchel’insoddisfacenteteoriadipartenza può essereeventualmente ricompresa ereintegrata nella nuova comesuo caso particolare. Lalogica della fantasia sembrapertanto assisterenell’indaginedelnuovosialo

scienziato che il delirante.Conduedifferenzeessenziali,però.Ossia che il primo noninveste generalmente nellaricerca tutto il pathosdrammatico di chiricostruisce un intero mondoe può quindi tollerareeventuali fallimenti; che ildelirante non è, diconseguenza, in grado dimantenere una distanzasufficiente rispetto alle sue

costruzioni, perché vi credesenza riserve in quantocostituiscono il suo unicosalvagente e gli offrono quelsentimentodiveritàluminosae inconfutabile che lo salvadall’angoscia.Forse molti di noifinirebbero, del resto, perdelirare se seguissero fino infondo i “pensieri-scivolo”,quelli che – partendodall’ovvio – rischiano di

trascinarciinunainarrestabilediscesa verso gli abissi,obbligandoci a prenderetremendamente sul serio ideee passioni in cui, per lo più,evitiamo di immergerciincondizionatamente (diinspiegabilità e gratuitàdell’esistere, di melanconicacaducità,di tempodistruttivoedimorte).Seaffrontassimonella sua radicalitàl’interrogativo di Ellen West

– «Perché aneliamo, perchéviviamo,soltantopermarcire,dimenticati dopo brevetempo, nella fredda terra?»(Binswanger 1973, 59) –,anche la nostra rispostaprevalente sarebbeprobabilmente ladisperazione.La stessa sorte, seppure perun cammino opposto, cicolpirebbeseseguissimosinoall’ultimo i “pensieri-scala”,

quelli che si innalzanovertiginosamenteversol’alto,assecondando l’incontrastatainfinità del desiderio,l’aspirazione illimitata versolo sconfinato e l’amorfo. Ilmovimento di fuga verso ilcielo lascerebbe l’animosenza sostegno, sospeso inaria, librato sulprecipizio. Inentrambi i casi, dei pensieri-scivoloedeipensieri-scala,losforzodicomprenderesfonda

nel delirio le pareti dellecategorieolarigidasequenzadei ragionamenti, inglobandoe intercalando ciò che nonappartiene alla correttaformazione dei concetti oall’ordinata argomentazione:si sbaglia per eccesso, siscendetroppoinbassoocisiinerpica troppo inalto, side-lira.Per fortuna nostra,riusciamoingenereaeludere

ilprecipitareolasalitarapidaverso tali pensieri o fantasie.Ilprezzopagatoè,divoltainvolta,accessibileoelevato.Ilrimediopiùabuonmercato(eanche il più diffuso) sta nelnon soffermarsi a lungo eintensamente sulle loroimplicazioni, nell’affidarsi auna consolidata routine, nelbeneficiare della buonafortuna e nel ricorrere albalsamo dell’oblio. Quello

più caro, ma anche più“nobile”edefficace, consisteinvece nel rendersi conto deilimitiinaggirabilidellanostrasituazione e nel farne l’usomigliore, sforzandosi di dareunqualchesensoallapropriaesistenza.Come?Riflettendo,ad esempio, sul fatto che lacaducità rende più raro eprezioso ogni bene (cfr. V,174);che il tempomuorema– finchésiamovivi– rinasce

per noi a ogni istante; che larealtà è degna di essereesperita, conosciuta e amata;che l’esistenza riserva anchegioieeaffetti;chepuòesserebello persino morire simili aospiti sazi della vita ocadendo come un’«olivamatura», capace di benedire,riconoscente, «l’albero chel’ha prodotta» (MarcoAurelio,IV,48).Ottime ragioni,

indubbiamente.Reggonoperòdi fronte alle tempeste e ainaufragi dell’esistenza, aicolpi della sorte e allelogoranti sollecitazioni a cuivengono sottoposti gliindividui sprovvisti di solidestrutture cognitivo-affettive?Sono sufficienti a mantenereentro la comunità dei sanipersone abituate a vagareextra moenia, al di là dellefrontiere dell’ovvio e delle

convenzioni, che finisconoperpassareilsegnoepernontollerare più (comeHölderlino Van Gogh) la stessasovrabbondanza del lorosentire, immaginare opensare?Perlamaggiorpartedinoiilbisogno di venire a contattoinmodonontraumaticoconipensieri e gli affetti abissali(gli oggetti inesauribili delRegime I) viene soddisfatto,

oltreche,periodicamente,dalsogno, soprattutto dallareligione e, in misura moltominore, dal controllatosprofondare nella theiamania, nel platonico «divinodelirio» della poesia edell’arte in genere. Lasublimazione estetica rendequesti pensieri e affettiavvicinabili senza eccessivipericoli, poiché il viaggio diritorno alla normalità non

solo è garantito, ma èaccompagnato da unrafforzamento delle difesepsichiche. Nel caso dellatragedia, poi, addirittura dalpiacere estetico, quasi un exvotoperloscampatopericolodinanzi a ciò che nella vitareale ci riempirebbe di paurae di raccapriccio. Per questo,adesempio, ci commoviamo,pur stando al sicuro, dinanzialbranoseguente:«ODio!se

a noi fosse concesso dileggere il libro del destino, econtemplarelerivoluzionideltempo mentre si livellano lemontagne, e mentre laterraferma, stanca della suasolida consistenza, sidiscioglie nel mare! ed’accorgerci[…]chelasortesi ride di noi, e di come letrasformazioni riempiono lacoppa delle vicissitudini diliquori diversi! Oh, se si

potesse veder tutto questo,anche il più felice tra igiovani, scorgendotutt’intero, spiegato innanzi alui, il suo viaggio, con ipericoli trascorsi così comecon le croci a venire,chiuderebbe il libro e sisederebbe ad attendere lamorte senza far più nulla»(Shakespeare, Enrico IV,330). O siamo colti da unbrividoallaletturadeiversidi

Hugo von Hoffmannstahlsullacaducitàdeigiorni:«Unabisso ci separa, sette ore, /per sempre questo ieri si èdissolto» (Hoffmannstahl,149 e Bohrer, 25). Ci turba,infine, Leopardi quandoosserva nello Zibaldone, alladata dell’11 febbraio 1821:«L’orrore e il timore chel’uomo ha, per una parte delnulla, per l’altra, dell’eterno,si manifesta da per tutto, e

quelmaipiùnonsipuòudiresenzauncertosenso».Invece di tentare dipersuadere il malatodell’assurdità del suo delirio,esibendoneleincoerenzeelefalseevidenze,unarazionalitàa base più larga, chericonosca la ricchezza e lacomplessità di ogniindividuo, che abbia sondatole varietà delle esperienzeumane, che sia sensibile ai

loro fallimenti, che accettil’esistenza dell’ignoto e deidiscorsi allusivi su di esso eche sappia «guardare infaccia il negativo esoffermarsi presso di esso»(Hegel1963,I,26),dovrebbericostruire il nucleo di veritàdel delirio attraverso ledeformazioni subìte daglischemi logico-affettivinormali. Dovrebbe ancheindicare a chi

professionalmente se neoccupa come fare leva suirisultati di volta in voltaottenuti, provvisori erettificabili, per rimettereinsieme – possibilmente perlinee interne, mobilitando lerisorse del soggetto e senzaforzature – una storiasconnessa. Comprendereteoricamente il deliriosignifica perciò,indissolubilmente,

storicizzarlo e trasformarlo,tarandolo sulla biografia diciascuno, commisurandolo auna controintuitiva, marealissima «leggeindividuale», al sistema diregole che si manifesta inognipersona(cfr.Simmel).Più spesso di quanto sicreda10, il delirio,scaricandosi, puòspontaneamentesfociarenellaguarigione. Infatti, «lo

schizofrenico tende non soloa produrre ma anche adestrutturarelostatodelirantepercuisirendonooperantiinlui due serie di meccanismi:quelli che lo portano ariguadagnare, attraverso lecostruzioni allucinatorie edeliranti, il mondo perdutoper effetto deldisinvestimento libidico equelli che lo portano adannullare o a modificare in

modo sostanziale leproduzioni psicopatologichedeliranti o allucinatorie»(Zapparoli, 97 e cfr. 35). Ildeliriosimanifesta,delresto,comeunsintomodimalattia,ma anche – e nello stessotempo–comeunparadossaletentativo di ricostruzionedell’integrità psichica entrounmondovivibile.Daquestopunto di vista è analogo allafebbre, in quanto reazione

positiva a un equilibrioturbato: «La formazionedelirante che noiconsideriamoilprodottodellamalattia, costituisce in veritàun tentativo di guarigione»(PBFP,396).Guardare in faccia laGorgone significa per ilmalato avere la forza dicontinuare il suo delirio conaltri mezzi, di trasformare laguerra civile dell’anima in

politica, in procedure dinegoziazione con se stesso,rivendicando però anche leragionichelohannospintoinrotta di collisione con unmondo che non è comedovrebbe essere, un mondocarico di violenza (“reale” esimbolica)dicuisiportanoleferite. Da qui la proposta dialcuni psichiatri di nonseparare l’esperienzapsicotica da quella normale,

di rispettare la protesta delpaziente contro l’invivibilitàdella sua situazione, diaccogliere «il lavorosoggettivo all’opera neldelirio» e di porgere «unascolto benevolo» allevicende della sua erranza,lasciandogli «la possibilità dielaborare una soluzioneoriginale» (Maleval, 1, 197).Pur senza condividere deltutto le affermazioni di un

delirante di genio («Nousn’admettons pas qu’onentrave le libredéveloppement du délire,aussi légitime, aussi logiqueque toute autre successiond’idées et d’actes humains»:Artaud, 267), non bisognacerto colonizzare il delirio,sovrapponendogli unarazionalità estranea. Occorrelasciarlo parlare il piùpossibilenellaproprialingua.

La ragione espansiva eospitalenoncombatte,infatti,un suo antagonista estraneo,ma i suoi stessi turbamenti.Accetta l’audace fallibilitàcon cui ciascuno di noi (inquanto animale delirante,oltre che razionale) cerca dicolmare le lacunedell’esperienza. Riconosceperò, in senso lato, che sidelira ogniqualvolta –partendo da pregiudizi, stati

passionali o frammenti diinformazioni–sivaoltreciòche è empiricamente e“logicamente” dimostrabile esi costruiscono, senzaaccorgersene, inconsistenticastelli di congetture a cui sicrede. Questa stessa ragionesa anche, tuttavia, che se perpaurapreferisceletecnichediottundimento ironicamentesuggerite da Montaigne ècondannataallastupidità.

Concludereperriaprireildiscorso

Giunti al compimento diquesto lavoro, proviamo adisporreletesseredimosaicointagliate in modo cheforminoundisegnoperspicuoe plausibile anche sevolutamentediscontinuo.Cosaabbiamoricavato?Unaserie di frammenti di verità,

diipotesiedienunciati–percaso pari al numero dellelettere dell’alfabeto – cheservono a ricostruire e ainterpretare il linguaggio deldelirio. Elenchiamoli,incastrandoli tra loro eaffidandoallettoreilcompitodi ricombinarli ed,eventualmente,diriformularlinella lingua delle sueesperienze.Cidicono:a) che la vita psichica è

discontinua, per cui adifferenti stadi di crescitacorrispondonosistemilogico-affettivi,funzionidimemoriaecriteridirilevanzadiversi;b) che elementi non tradottidi altre epoche della vita(fuerosopartipsicotichenonsufficientemente integratenelsoggetto lungo tutto il corsodella sua maturazione)permangono incapsulati, mapur sempre operanti, negli

stratidelleepochesuccessive;c) che il delirio sorge, aquesto livello, dallasovrapposizione incoerente odal cortocircuito di regimipsichicieterogenei;d) che, quando unintollerabile trauma attuale –provocato talvoltadacauseaprimavistabanali–nidificaeprolificaentroilcalcodiunoschema sortocronologicamente in altra

epoca, ha luogo uno scontrotra divergenti modalità diarticolazione dei «materiali»psichici, ossia tra logicheincongruenti che modificanoilcalcostesso;e) che, nel delirio, lacollisione di tali logiche (edegli affetti che vis’intrecciano) raggiunge ilsuo assestamento o la suacomposizionesullabasediunincessantesforzodidarsenso

a situazioni di permanente odurevoleemergenza;f)checiòavvieneattraversouna duplice, paradossaleobbedienza a schemianacronistici e a preteseattuali;g) che, mediante unaadaequatio forzata, in gradocioè di adattare la realtà alleproprie esigenze, il delirantesi costruisce un mondonuovo, che continua a

consolidaregraziealdelirio;h)cheildeliriostesso,fruttodi conflitti, ma anche dellasimultanea ricerca disoluzioni, si manifesta nellacreazionediibridi(temporali,spaziali, percettivi,concettuali, argomentativi eaffettivi), che sono però talirispetto ai nostri consuetiparametri e che mostranosintomatici scarti nei loroconfronti;

i)che ildeliriosi insedia inun passato che non passa(perché si rifiuta di prenderecongedodalpresente)e,nellostesso tempo, batte alla portadi un futuro sbarrato, su cuis’infrange ogni progettualitàche mantenga addentellaticonilreale;j) che l’esistenza di dueregimipsichici(RegimeIeII)spiega, forse meglio delladivisione topica freudiana, la

natura del delirio e la suasostanziale appartenenza alprimoregime;k) che il nuovo mondo deldelirio appare spesso comeuna scoperta, illuminatocom’è, per l’individuo, daevidenze mai prima notate ecementato da vincoli diassolutacoerenza;l) che il delirio è resocredibile da un nucleo dinascosta«veritàstorica»,così

che esso non rappresenta unerrare senza meta, ma unandare oltre la lira dellaverità;m) che tra verità econvinzione si instaura neldelirio un rapporto inverso,per cui più cresce ilsentimentodicertezza,piùcisi inoltra in ingannevolisurrogatidiverità;n)che,ingenerale,laveritànon sempre è verosimile, in

quanto – contro un’illustretradizione filosofica –l’evidenza e la coerenzaeccessivehannoneldeliriolafunzione più di nascondereche di rivelare, operandomediante l’innalzamento dicortine fumogene attorno averitàchel’individuononèingradodisopportare,madicuilascia comunque intravedereaspettimarginali;o) che il delirio non

possiede solo una valenzaindividuale, ma anchecollettiva (con la differenzache, nel caso delle religioni,esso è, per lo più, non solotollerato, ma addiritturasocialmentepromosso);p) che, per spiegare lapotenza dei deliri collettivi,nonèindispensabileaccettareil «romanzo storico»freudiano dell’uccisione delpadreprimitivoodiMosè;

q) che la persuasione deldelirio dipende anche da“voci di dentro”, in cui èriconoscibile il frantumarsidell’Idealedell’io;r) che il delirio rimaneinattaccabile finché sicombatte contro i suoisurrogati, le sue proiezionirovesciate, i suoi simulacrisvianti, invece che contro il“motore”cheliproduce;s) che le teorie del double

bind e delle «trappolerelazionali», elaborate daBateson e da altri esponentidella Scuola di Palo Alto,possono spiegare i paradossicognitivi del pensieroschizofrenico, ma ignoranoquasi del tutto i rapporti conlalorodimensioneaffettiva;t) che – esaminandodapprima il delirio soltantodalpuntodivistacognitivo–si scoprono in esso indubbie

anomalie nellacategorizzazione e nellastrutturazione delragionamento, individuabili emisurabili rispetto a standardcondivisi da una determinatacomunità;u) che le opposteinterpretazioni del pensierodelirante, visto comeeccessivamenteconcretoo,alcontrario,comeiperinclusivo,si possono reciprocamente

completare ammettendol’iperconsapevolezza deldelirante in fase acuta, ossiala sua incapacità diselezionare l’immensaquantità di informazioniricevute, ragion per cui ècostretto a gonfiare e asfigurare i concetti,includendovi ciò che non èpertinente o fissandosi suqualcheparticolare;v) che non esiste una

«paleologica» intesa comericaduta nella mentalità deiprimitivionelpensierodegliadolescenti,ma,semmai,unalogicapiù antica, di carattereindividuale (non riassorbita erielaborata in una faseulteriore, verso cui, tuttavia,non si regredisce), la quale,incrociandosi con forme dipensieropiùrecente,dàvitaainnestieibridiconcettuali;w) che l’interferenza di tali

logiche risulta responsabiledei sillogismi fondatisull’identità dei predicati,sulla «simmetrizzazione»,sulle paralogie, sui passaggiindebiti da una classe diconcetti all’altra, sullaviolazione dei principiclassici di identità, non-contraddizione e terzoescluso, nonché sulladistorsione dei significatidelle parole o della

fluttuazione del loro alonesemantico;x) che, a un determinatopunto dello sviluppo delbambino, la logicaaffettivaequella cognitiva cominciano,più o meno felicemente, aintegrarsi in sistemi diorientamento complessivodella vita psichica, di modoche il delirio appare, sottoquesto profilo, come iltentativodisperatodisanaree

nuove e antiche fratturevenuteallaluce;y)cheesisteunalogicadellepassioni, strettamenteintrecciata – ma sino a uncerto punto – con quella deldelirio e caratterizzata nontanto da una sempliceestensione al suo ambito delmodello di overinclusion,quanto dall’attività diprocessi e schemiagglutinanti, in grado cioè di

condensare nel tempoelementirelativamenteslegatidal presente logico-percettivo,iqualiperò(giuntia formare una massa critica)siscaricanonell’attualità;z) che attraverso “pensieri-scivolo” e “pensieri-scala”,accompagnatidapassionichespingono alla disperazione oall’esaltazione, il deliriomette allo scoperto lapresunta ovvietà del mondo

di tutti, per cui conoscerlosignifica, per una razionalitàcapace di guardare in facciala Gorgone, apprendere diriflesso qualcosa sullemodalitàeimaterialiconcuiciascuno costruisce il suomondo.Seguendo il precettobaconiano in base al qualedovel’uomosiaccorgediunpo’diordinenonnedovrebbesupporretroppo,nonintendo,

per il momento, stringere traloro queste tesi con vincoliancora più cogenti. Mi bastaavermostrato l’esistenza e ilpeculiare funzionamentodelle logiche cognitivo-affettive del delirio e di avereventualmente indicato eaperto nuovi e percorribilisentieridiricerca.

1 Su questa oscillazione si innestanoulteriori interrogativi: 1. riportando ildelirio alla dicotomia verità-errore nonsi rischia di isterilirlo e di togliergliogni «contenuto vitale» (Callieri, 21)?2. Non sarebbe meglio sostituire lanozione classica della verità comeadaequatio(trailmondodeldeliranteeil mondo reale) con quella di«rivelazione» di un mondo nuovoprodotto dal delirio stesso (cfr.Ballerini, 26-27, 32)? 3. Non sarebbeanche il caso di introdurre unaarticolazione teorica più complessadella dicotomiacomprensibile/incomprensibile (cfr.Ballerini, 26-27, 32). Sulle dinamiche

del delirio si vedano Bini-Bazzi, 281-303;Gozzano,41sgg.;Lenz;Pancheri,470-491.2Cfr.Borgna1990,XXII:«Laquestionedeldelirio,dellasuagenesiedellasuacomprensibilità (della suaincomprensibilità), si mette in drasticaevidenza nel discorso binswangerianoedentra in immediatacollisionecon laconcezione jaspersiana del deliriointeso come esperienza destituita dicomprensibilità e tematizzato comeslittamento (come precipitare) in unacoscienzaabnorme di significato». Sultemacfr.,piùingenerale,Borgna1988;Borgna1998evonBaeyer.3 Cfr. Goldstein (che ha cominciato a

elaborare queste posizioni già dal1938). Criticando Goldstein, Chapmane Chapman interpretano le presunteincapacità logiche degli schizofrenicicome «accentuazione di unapredisposizione normale», per cui essinonsiallontanerebberosostanzialmentedal pensiero comune a tutti.Commetterebbero soltanto errori piùfrequenti.4Nel delirio si rivela invece una sortadi nomadismo del pensiero edell’affettività. Avendo levato le tendedalvecchiomondo,ilsoggettovagaoraalla ricerca di un altro, procedendo amapparlo secondo forme diconcettualizzazioneche includonoquel

che, almeno provvisoriamente, gliappare significativo. Il «no», checostituisce la prima espressione delpensiero e della separazione tra io emondoesterno(cfr.Spitz),sembraaverperduto la sua capacità di correttadelimitazioneedifiltroadeguato.5 Arieti, I, 314. Analoga al sillogismopaleologico, ma con esso noncoincidente è la paralogia. Questodisturbodelpensiero–già individuato,oltreunsecolofa,daTanzieRivaepoiriformulato da Kraepelin – ècaratterizzato dalla soppressione diun’idea, successiva nella catena diassociazione del pensiero, e dalla suasostituzione con un’altra a essa

collegata (cfr. Del Pistoia, 127-128 eTanzi e Riva). La paralogia non vaconfusa con il paralogismo,«sostituzionediunaparolaconun’altrache normalmente ha un diversosignificato», il quale viene, peraltro,frequentemente scambiato con ilVorbeireden oparler à côté (cfr. Piro,472,473).6 Cfr. Giusberti, 103 e, sugli erroripossibili nel ragionamento sillogistico,cfr.Ceraso-Provitera;Evans-Newstead-Byrne.7 Che la schizofrenia implichi disturbiemotivi è indubbio, sebbene nella fasecronicatalimanifestazionisipresentinoin maniera diversa da quanto ci si

potrebbe aspettare: «Il disturbocaratteristico non consiste nel provaresentimenti o stati dell’umore di gradointenso,anchesenellafaseacutatuttiisentimenti possono essere intensificatied è frequente la deflessione del tonodell’umore.Ildisturbopiùcaratteristicoè una riduzione della capacità diprovare e comunicare le emozioni»(Cutting, 270-271). L’accento suidisturbi dell’umore e dell’affettività èstatopostosoprattuttodaKretschmere,più recentemente, da Ballerini e RossiMonti 1990. Mentre il primo mostracome il delirio scaturisca da un plessodi emozioni di angoscia, vergogna erabbia, i secondi focalizzano invece

maggiormente il ruolo della vergogna(cfr. Ballerini-Rossi Monti, 96-135).Particolarmente interessante apparequesta loro osservazione: «La colpa sideclina in molte forme prefigurate nellinguaggio e facilmente trasmissibili;l’esperienza della vergogna appare unvissuto più ineffabile, più magmatico,ingeneremaltematizzabile»(Ballerini-Rossi Monti, 122). Sulla vergognacome possibile causa di follia,soprattuttoquandosipresentaconnessaalla nudità, si veda, in altro contesto,Dürr. Anche a questo livello ci siscontra, nella letteratura sul tema, conunacoppiadiaffermazioniopposteeinapparenza inconciliabili: a) che nel

delirante l’affettività subisce sìun’alterazione, ma non in manierasostanzialmente diversa da come puòcapitare a tutti in particolari momenticritici, di paura, d’ira o di stress, inquanto la schizofrenia (e la suaintellegibilità) dipendono da «certemanifestazioni comuni e propriedell’umanità in generale come latensione, la confusione, l’angoscia el’ambivalenza – che certamente incondizioni favorevoli possonointensificarsi a grado estremo […]»(Ciompi 1994, 229); b) che la suaaffettività tracima e travolge gli arginidella ragione. Diversamente dagliesponenti della Scuola di Palo Alto,

notevole è stato il contributo dato daMatte Blanco alla conoscenza del latoaffettivo della schizofrenia e dellanaturadelleemozioni ingenere,con lasua teoria per cui, con l’abbassarsi dellivello di coscienza, l’andaredall’asimmetrico al simmetrico,l’emozione cresce di grado sino araggiungere un’intensità infinita (cfr.MatteBlanco1981,195;Bodei2000).8Cfr. supra, p.VIII. Questa sua naturanonimplicaaffattolarinunciaalvaloredella «scienza» o la sfiducia nei suoiconfronti con la mera riduzione avolontà di potenza e ordine. Si trattatuttavia di intendere il concetto di«scienza» in senso non chiuso, ma

aperto ai limiti e all’ignoto. Ciò nonconfligge con l’idea di uno «sfondosimbolico»cherendegiustiziaaquantoappare irrazionale (cfr. Galimberti, 53sgg.). Per un approfondimento delrapporto ragione-emozioni, cfr. Veca,288-305;AA.VV.1995.9 Cutting, 403. E cfr. Hudgens: «Nonmi sembra che i ricercatori abbiano atutt’oggi dimostrato in modoconvincente che lo stressdell’esistenzapossa causare la follia in una personaprecedentemente sana di mente»(Hudgens,inCutting,141).L’incidenzadella schizofrenia pare obbedire a unasortadimagianeradei numeri.Essa èinfatti costante in quasi tutti i paesi,

aggirandosi sull’1% della popolazionecomplessiva e non mostrandosignificative differenze nelladistribuzione per classi e ceti. La suarelazioneconglistressevents subìtiedempiricamente controllabili puòbenissimo non avere carattere diretto.Essi non devono essere presi allalettera, considerati unicamente comefatti esterni e osservabili, qualil’esclusione sociale, la separazione deigenitori o gli insuccessi scolastici eprofessionali. Quello che conta è larisonanzainternaassuntaperilsoggettodacertesituazionidiasperitàdellavitaolalorocapacitàdirisvegliaretraumiodeficitrimastilatenti.

10 È stato calcolato che nel 53% deicasi la schizofreniasi risolve lasciandosololieviresidui(cfr.Ciompi1989).

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