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Liceo Scientifico Statale Evangelista Torricelli-Roma
A.S. 2012/2013
Corso di Disegno e Storia dell’Arte: Prof.ssa Flavia Pusic Classe 5F
1
INDICECorso di Disegno e storia dell’arte2012-2013
OLIVETTI & IVREA
1- Luigi Celli - Federico Morano
Camillo Olivetti
Rapporto fra qualità della vita ed
efficienza produttiva
2 – Vanessa Domizi - Francesca Mayer –
Alberto Oliviero
Lettera 22 - Divisumma 24
Case per impiegati – Case per dirigenti
3 – Monir Ghassem - Roberta Marazzotti –
Elisa Morbidelli
Adriano Olivetti
Asilo nido – Servizi sociali
4 – Massimo Codazzo – Simone Gianaroli
Officine Olivetti
Lexikon 80
Marcello Nizzoli
5 – Valerio Andreotti – Giacomo Rastelli
Complesso officine Olivetti
6 – Kevin Mandawe – Alessandra Melchiorre
Mensa Olivetti
Copertura cortile – Collegamento nuova ICO
7 - Flavia Ianni – Noemi Rochira
Centro residenziale Est
Iginio Cappai – Pietro Mainardis
Ivrea patrimonio dell’UNESCO
8 - Sara De Santis – Gloria Tronti
Fondazione Adriano Olivetti
Gino Valle – Annibale Fiocchi
M.A.A.M. Ivrea
Palazzo uffici 2 – Palazzo uffici 1
9 – Marzia Di Francesco – Eleonora Schiattarella
Edificio 18 alloggi
Unità residenziale Ovest
ELEA 9003
10 – Mattia Carboniero – Jacopo Delfini –
Manuela Martinelli
La città di Ivrea: la gente e la sua fabbrica
Eduardo Vittoria
Il Centro Studi ed Esperimenti
La Centrale termoelettrica
11 – Flavia Pusic
Documenti
Editing: Marzia Di Francesco – Eleonora Schiattarella
2
Liceo scientifico statale “Evangelista Torricelli” - Roma
A.S.2012/2013
1. Camillo Olivetti2. Rapporto fra qualità della
vita ed efficienza produttiva
Luigi CelliFederico Morano
5F
3
CAMILLO OLIVETTI : LA VITA
Camillo Olivetti nacque a Ivrea il 13 agosto del 1868 da un padre agricoltore e mediatore di terreni e da una madre ebrea. La sua famiglia era agiata,appartenente all’alta borghesia. Laureatosi in ingegneria elettronica nel 1891,si trasferisce a Londra dove fece la sua prima esperienza lavorativa in fabbrica. Nel frattempo sviluppò progressivamente la sua aderenza al partito socialista che caratterizzò le sue idee politiche e sociali. Nel 1893 intraprese un viaggio negli Stati Uniti con l’obiettivo di migliorare e approfondire le sue conoscenze riguardo alle caratteristiche dell’economia e dell’industria.
Avendo ereditato dal padre uno spirito di imprenditore cominciò a compiere i primi passi da progettista. Infatti, dopo essere rientrato in Italia dal lungo viaggio americano,fondò nella sua città nativa una piccola azienda con lo scopo di costruire degli strumenti elettrici di misurazione. Inoltre costruì una fabbrica in mattoni rossi per ospitare la propria officina e gli operai (per lo più contadini)venivano scelti personalmente da lui ed istruiti sulle caratteristiche dell’elettronica.
Fabbrica in mattoni rossi
4
Non mancò tra l’altro,di trasmettere i propri ideali politici agli operai,stando anche molto attento ai problemi sociali e del lavoro. Nel 1899 sposò Luisa Revel da cui ebbe sei figli. Nel 1903 trasferì la sua piccola ditta a Milano per motivi finanziari, cercando di trovare nuovi sbocchi commerciali. La ditta divenne in seguito nota come C.G.S(Centimetro,Grammo,Secondo, società in cui si inserì anche il più importante produttore di energia italiano dell’epoca, la Edison. Rientrando nel 1907 a Ivrea, lasciò momentaneamente la gestione per produrre macchine da scrivere, idea nata dal viaggio negli USA. Fondò quindi il 29 ottobre 1908, usando la fabbrica a mattoni rossi, la Ing.C.Olivetti e C., la prima fabbrica nazionale di macchine per scrivere.
Nel 1908 tornò in America a scopo informativo e qualche anno dopo il suo ritorno nel 1911 presentò il primo modello,la M1, all’Esposizione Universale di Torino. Dopo alcuni problemi finanziari, la società iniziò ad espandersi,aumentando la produzione. Nel 1920 uscì il secondo modello di macchina da scrivere,la M20. Questo progresso riuscì grazie anche alla sua attenta tutela verso gli operai, in un periodo caratterizzato da scioperi generali in tutta Italia.
Macchina da scrivere M1
5
Nel 1922 costituì la Fonderia e nel 1926 la OMO( Officina Meccanica Olivetti),la quale divenne unità produttiva indipendente,per costruire macchine utensili .Negli anni ’30 cominciò a dare maggiori responsabilità al figlio Adriano, entrato in azienda nel 1925 e divenuto nel 1933 amministratore delegato, continuando comunque lui stesso a progettare e produrre. Così nel 1938 lasciò la presidenza della società proprio al figlio, impegnandosi a migliorare i servizi sociali per i dipendenti. Negli ultimi anni della sua vita pubblicò periodici che proponevano riforme radicali in campo economico,sociale e industriale e, dopo l’armistizio dell’8 Settembre 1943, fu costretto ad abbandonare la sua casa a Ivrea a causa delle leggi razziali, trasferendosi nel biellese. Peggiorarono progressivamente le sue condizioni di salute fino al giorno della sua morte, avvenuta il 4 Dicembre 1943.
Fonderia
OMO (Officina Meccanica
Olivetti)
6
RAPPORTO FRA QUALITÀ DELLA VITA ED EFFICIENZA
PRODUTTIVA
Tra il 1926 e il 1977 Camillo Olivetti progettò tantissimi edifici a Ivrea, comprese le case a favore dei dipendenti della sua azienda per risolvere il problema dell’alloggio. Si servì di architetti qualificati ed in questo modo riuscì ad ottenere risultati di alta qualità ambientale e costruttiva,molto importanti per lui poiché pensava che influissero sulla qualità della vita sociale e sull’ efficienza produttiva. Ma negli anni ’30 ci fu un deciso cambiamento delle politiche abitative, tramite un nuovo progetto urbanistico: nascono nuovi quartieri residenziali, dei quali la prima realizzazione fu attuata da Figini e Pollini, molto attivi nella progettazione di stabilimenti ad Ivrea.
Casa a 24 alloggi
Casa a 4 alloggi 7
Tra il 1939 ed il 1941 fu costruita una casa di tre piani nel Borgo Olivetti, a ridosso della scuola materna locale, per ospitare 24 famiglie.Il progetto seguì i canoni dell’ architettura moderna internazionale di quel tempo, con volumi riconducibili a figure geometriche elementari.Inoltre nel periodo del dopoguerra cominciò ad espandersi il quartiere di Via Castellamonte, un complesso di sette case disponobili per molte famiglie, con forme a parallelepipedo, un tetti piani e pareti esterne bianche, a mo dell’ architettura razionalista. Tra queste sono comprese anche case a 4 alloggi e 18 alloggi.
La città Olivetti
8
Tutti gli edifici costruiti da Olivetti furono 1213(973 solo ad Ivrea)e principalmente si trattò di case date in affitto o a riscatto, regalando condizioni molto vantaggiose rispetto ai prezzi di mercato, senza contare l’ assistenza gratuita ed il finanziamento agevolato dei dipendenti interessati alla costruzione o ristrutturazione delle proprie abitazioni.La selezione dei dipendenti privilegiati era affidata ad una commissione formata dal consiglio di gestione e dai rappresentanti di alcuni enti aziendali in base a reddito, condizioni familiari e anzianità aziendale. La morte di Adriano Olivetti nel 1960 segna una svolta anche nella politica edilizia della Società: cambiano i criteri di selezione e cooptazione degli architetti, alcuni progetti sono rallentati o abbandonati.
Mentre i vincoli di bilancio
diventano più stringenti,
migliorano le condizioni
socio-economiche dei
dipendenti, il cui numero – a
partire dagli anni ’70 –
inizia a calare. Poco alla
volta sfumano, quindi, le
ragioni che avevano
giustificato i rilevanti
investimenti dell’Azienda per
fronteggiare il problema
dell’abitazione dei
dipendenti.
Gli stabilimenti Olivetti
9
Fonti
● Camillo Olivetti, la vita : www.storiaolivetti.it
● Le case a 24 e 4 alloggi : www.storiaolivetti.it
● Foto Camillo Olivetti : www.storiaolivetti.it
● Foto casa a 24 alloggi : www.mamivrea.it
● Foto casa a 4 alloggi : www.mamivrea.it
● Foto Fonderia : www.mamivrea.it
● Foto OMO : www.mamivrea.it
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Vanessa Domizi
Francesca Mayer
Alberto Oliviero
Liceo scientifico statale “Evangelista Torricelli” – Roma
A.S.2012/2013
Lettera 22
Divisumma 24
Case per impiegati
Case per dirigenti
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CASE PER IMPIEGATI
Tra il 1926 e il 1977 l’Olivetti realizza a Ivrea e in altre località importanti iniziative di costruzione di abitazioni per i dipendenti. In genere i progetti sono affidati ad architetti qualificati, che garantiscono risultati di elevata qualità ambientale e costruttiva, in coerenza con l’idea di Adriano Olivetti secondo cui le condizioni e l’aspetto dei luoghi di lavoro e di residenza influiscono sulla qualità della vita sociale e sull’efficienza produttiva.
Sono sei case unifamiliari, realizzate in un’area vicina agli stabilimenti che prenderà il nome di Borgo Olivetti. Il modello stilistico è di tipo tradizionale; le case dispongono di un orto-giardino, per contribuire all’autosufficienza alimentare delle famiglie. Tra il 1940 e il 1942 è realizzato un complesso di sette case per famiglie numerose. Le costruzioni hanno forma di parallelepipedi, con tetto piano e pareti esterne intonacate bianche
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FIGINI E POLLINI
Luigi Figini (1903 – 1984) e Gino Pollini (1903 – 1991) sono stati due architetti Italiani del XX secolo. Le loro storie professionali sono quindi inscindibili l'una dall'altra e sono legate alle opere che congiuntamente hanno progettato e realizzato. Figini e Pollini sono di chiara fede razionalista e la loro scelta iniziale è portata avanti con coerenza tramite un lavoro continuo, che si legge nelle loro costruzioni e progetti e si estrinseca costantemente nella ricerca dell'equilibrio tra gli ideali propri del Movimento Moderno forma, funzione, economia, ma anche armonia e bellezza nuovi. Nella loro opera si può leggere una semplicità formale, nel disegno planimetrico e prospettico, che parla di luce e di spazio architettonico, di tempo, di spiritualità e di poesia, Altre opere rilevano, invece, la ricerca di un disegno armonico, di equilibrio di rapporti e studio dei materiali in un legame a quel razionalismo mai dimenticato nella loro architettura.
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CASE PER DIRIGENTI
Nel quartiere di via Castellamonte (oggi via Jervis), nel dopoguerra si espandono abitazioni progettate da Marcello Nizzoli e Gian Mario Oliveri: sei case unifamiliari per dirigenti dell’Olivetti (1948-1952), due case di 4 alloggi ciascuna (1951) e la cosiddetta “casa a 18 alloggi” (1954-55). Quest’ultima si differenzia nettamente dalle opere precedenti: collocata in un’ampia area verde, si presenta come l’aggregazione di tre elementi di diversa altezza e diverse soluzioni formali per le facciate.
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LETTERA 22
La Lettera 22 è una
celebre macchina meccanica
portatile per scrivere
realizzata dalla Olivetti
e ricevette premi sia
in Italia nel ‘59 sia
all'estero (miglior
prodotto di design del
secolo secondo). Fu
progettata
nel 1950 dall'architetto e
designer Marcello Nizzoli.
La Lettera 22 sostituì il
modello Olivetti MP1.
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La linea ideata da Nizzoli aveva la tastiera incorporata nella carrozzeria in alluminio, il rullo incastrato senza nessuna emergenza,la leva dell'interlinea emergente ma più compatta nel corpo della macchina rispetto alla Lexikon, per rispondere alle esigenze di trasportabilità e di limitato ingombro. La macchina per scrivere misura 8,3 × 29,8 × 32,4 cm e ciò la rendeva, nonostante il peso di circa 4 chilogrammi, estremamente funzionale al trasporto. La lettera 22 è una macchina per scrivere con leve di scrittura a pressione. Ogni volta che viene premuto un tasto di scrittura.Il martelletto corrispondente, tramite il cinematico, va a battere sul nastro con inchiostro rosso o nero, dietro al quale sta il foglio di carta sul quale viene così impresso il simbolo corrispondente. Una piccola leva situata in alto a destra della tastiera può essere usata per controllare la posizione del nastro e selezionare la stampa in colore nero, rosso o senza inchiostro
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DIVISUMMA 24
Calcolatrice elettrica automatica con chassis composto da due parti: un corpo metallico verniciato di grigio chiaro e munito di tastiera posta sulla superficie frontale e un coperchio. La tastiera, inclinata per facilitarne l'uso, è caratterizzata da nove tasti numerici di forma circolare in plastica bianca riportanti le cifre da "1" a "9", Sotto ai tasti numerici e a destra sono presenti altri tasti a forma variabile in plastica nera. Sopra il corpo principale della macchina è posto un coperchio di plastica nera Nella parte superiore del coperchio vi è un'apertura da cui fuoriesce la carta tramite una piastra e una lamina metallica.
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Viene utilizzata per addizionare, sottrarre, moltiplicare e dividere velocemente a 250 cicli al minuto in sequenza. In questo modo, una grande varietà di calcoli possono essere effettuati rapidamente in modo automatico. Ogni fase di un calcolo e ogni risultato è stampato per mezzo di un nastro inchiostrato in banda blu e rossa su un rotolo di carta.
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\
Liceo Scientifico Evangelista Torricelli – A.S. 2012/2013
5F – Monir Ghassem, Roberta Marazzotti, Elisa Morbidelli 19
Adriano Olivetti – Progettare per vivere
• "La fabbrica di Ivrea, pur agendoin un mezzo economico eaccettandone le regole, ha rivoltoi suoi fini e le sue maggioripreoccupazioni all'elevazionemateriale, culturale, sociale delluogo ove fu chiamata ad operare,avviando quella regione verso untipo di comunità nuova ove non siapiù differenza sostanziale di finitra i protagonisti delle sue umanevicende, della storia che si fagiorno per giorno per garantire aifigli di quella terra un avvenire,una vita più degna di esserevissuta. [...]. Questa fabbrica fuquindi concepita alla misuradell'uomo perché questi trovassenel suo ordinato posto di lavorouno strumento di riscatto e non uncongegno di sofferenza.» Cit.Adriano Olivetti. Essa reincarna lavera essenza della grande impresaOlivetti,fondata sul rapporto umanotra imprenditore e operaio.
• Figlio di Camillo e Luisa Revel,nasce a Ivrea nel 1901. Il padre,ingegnere elettrotecnico, dinamicoe geniale, nel 1908 fonda a Ivreala Ing C. Olivetti & Co. Adriano,negli anni della formazione è moltoattento al dibattito sociale epolitico,si laurea in chimicaindustriale nel 1924 inizial'apprendistato nella ditta paternacome operaio. Compie un viaggio distudi negli Stati Uniti, alritorno, propone un vasto programmadi interventi per modernizzarel'attività della Olivetti:organizzazione decentrata,direzione per funzioni,razionalizzazione dei tempi emetodi di montaggio, sviluppo dellarete commerciale in Italia eall'estero e più tardi, nel 1931,creazione di un ServizioPubblicità, che fin dagli inizi siavvale del contributo di importantiartisti e designer.
Roberta Marazzotti
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Il bene e il bello sociale il valore dei modelli
Olivetti nei servizi sociali
Monir Ghassem
Straordinaria figura di industriale-
intellettuale, Adriano Olivetti chiamò a
Ivrea architetti e intellettuali per
progettare insieme a loro lo sviluppo
della ditta, consapevole delle
responsabilità sociali dell'industria e
del peso che essa ha sulla configurazione
e modificazione di un territorio, delle
sue possibilità di qualificazione o di
degrado delle aree scelte per
l'insediamento. Nella metà degli anni
Trenta iniziò lo sviluppo dell'asse di
via Jervis che portò, nell'arco di
venticinque anni, alla creazione di una
vera e propria città nuova olivettiana. I
principali protagonisti furono gli
architetti milanesi Figini e Pollini, che
progettarono gli ampliamenti della
fabbrica, la fascia dei servizi sociali,
l'asilo nido e alcune abitazioni per
impiegati. Il loro lavoro, insieme a
quello di altri professionisti di fama
internazionale, portò alla creazione di
un esempio unico all'interno del panorama
architettonico italiano contemporaneo.Ed. servizi sociali
Servizi sociali - biblioteca
21
• Funzione originale: centro
culturale, biblioteca,
infermeria, centro colonie
• Funzione attuale: uffici, centro
sanitario, centro di accoglienza
del Maam (abbandonato) bar
ristorante.
22
La fabbrica a misura di bambinoElisa Morbidelli
Gli asili nido si segnalano per
l’innovazione e la qualità sia sul piano
pedagogico, che su quello delle
strutture, pensate “a misura di bambino.
Negli asili si vuole creare un ambiente
aperto e stimolante: “Scopo
dell’educazione non è di offrire ai
bambini la possibilità di un armonico
sviluppo fisico, intellettuale ed emotivo
in un ambiente tollerante e favorevole,
cioè ricco di stimoli adeguati”. L'asilo,
inoltre, è dotato di un'area sopraelevata
e lontana dalla strada, adatta per la
ricreazione all'aperto dei bimbi. I muri
dell'edificio sono stati realizzati in
pietra ad "opus incertum", mentre i
pilastri sono in pietra viva, si pensa
secondo un'antica usanza locale. Il corpo
principale racchiude nel perimetro della
sua pianta un patio, separato dalla
strada da un portico e coperto da un
sistema di tende mobili.
Asilo nido
23
Pianta Asilo Nido Figini e Pollini 24
25
26
Liceo Scientifico Statale
“Evangelista Torricelli” A.S. 2012/2013
Officine Olivetti
Lexikon 80
Marcello Nizzoli
5F Massimo Codazzo & Simone Gianaroli
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OFFICINE OLIVETTI 1896
Pur non essendo un
esempio di
architettura
razionalista, la
fabbrica in mattoni
rossi, come viene
abitualmente
chiamata, ha un
grande valore storico
è stata infatti la
Prima fabbrica
nazionale di macchine
per scrivere
Olivetti, realizzata
su progetto dello
stesso Camillo e
risalente al 1896.
Officine Olivetti nel 189628
Inizialmente la
piccola fabbrica era
sufficiente per tutte
le attività della
Olivetti, ma con lo
sviluppo dell’azienda
nell’arco di
trent’anni si rese
necessaria la
costruzione di altri
edifici intorno a
quello principale.
La Fabbrica in Mattoni Rossi
Particolare della finestraParticolare del rivestimento murario
29
L'edificio, caratterizzato da strutture portanti in
cemento armato e tamponamenti in mattoni,
corrisponde, per impostazione planimetrica e
strutturale, alla concezione e agli standard degli
edifici industriali dell’epoca. Vi si svolgevano
tutte le attività di produzione che si estendevano
progressivamente dalle macchine per scrivere ad
altri prodotti per ufficio, alle macchine utensili e
alle relative attività accessorie.
Camillo OlivettiLa Fabbrica in Mattoni Rossi 30
FONTI
• http://www.storiaolivetti.it
• http://www.mamivrea.it/collezione/edifici
31
LEXIKON 80
Olivetti Lexicon 80 Tipo I
Olivetti Lexicon 80 “Scuola”
La Lexikon 80 è stata
disegnata da Marcello
Nizzoli e progettata da
Giuseppe Beccio.
L'introduzione del nuovo
processo produttivo della
pressofusione consentì a
Nizzoli di concepire un
rivestimento estremamente
plastico e una forma
esteticamente continua,
sottolineata dalle curve
e dalle linee determinate
dal combaciare dei due
pezzi, coperchio e
copertura. 32
La Lexicon 80 è il primo prodotto Olivetti esposto nella collezione permanente del Museum ofModern Art di New York.
Questa non fu presentata al mondo ad una Fiera come altre macchine Olivetti, ma fu presentata "privatamente" ad agenti e venditori nei primi mesi del 1949
Olivetti Lexikon 80
Particolare Olivetti Lexikon 80
33
Caratteristiche Lexikon 80
• Tastiera: 45 tasti corrispondenti
a 90 segni.
• Interlinee: 4 posizioni più lo zero.
• Tabulatore: con 8 tasti nelle versioni
con tabulatore decimale,con barra
singola nelle versioni con incolonnatore.
• Carrozzeria: metallica con coperchio amovibile.
• Colori: beige.
• Progetto meccanico: G. Beccio.
Note: le prime versioni vennero marchiate M 80,
successivamente Lexikon 80, anche se molte M 80
vennero solo trasformate applicando semplicemente
la targhetta Lexikon 80.
Le linee arrotondate di questo modello sono
un esempio di design italiano degli anni '50.
Olivetti Lexikon 80
Particolare della tastiera
34
Lexikon 80eccellenza di un prodotto e della sua pubblicità
La Lexikon 80 segna una discontinuità nella storia delle macchine per scrivere: non ha nulla in comune con i modelli del passato e in particolare con l’ormai vecchia M40 del 1930.Il manifesto disegnato nel 1950 da Nizzoli rappresenta simbolicamente questa svolta. Il variopinto e grande uccello che si stacca dall’immagine elegante della Lexikon 80 è un annuncio di novità; è il simbolo di una macchina moderna e colorata, leggera e facile da usare, assai diversa dai monumentali modelli del passato.
Modello M4035
Il tema della leggerezza è ripreso nel 1955 da un altro famoso manifesto di Nizzoli: la pallina che rimbalza sui tasti esprime l’idea della macchina agile e veloce. Il messaggio è chiaro e non ha bisogno di essere spiegato da un testo.
Il nome Olivetti è ormai affermato e basta a garantire la qualità e il valore del prodotto.Nel 1950 la Lexikon 80 esce anche nella versione elettrica, che ne migliora ulteriormente le prestazioni. Alla pubblicità viene chiesto di comunicare l’innovazione: la grafica si preoccupa di rendere ben visibile la presenza del cavo elettrico, mentre il testo del messaggio ricorda che “il motore libera dalla fatica”.
36
FONTI
• http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Econ
omia%20e%20Lavoro/2010/02/olivetti- prodotti-
storici_1948.shtml
• www.storiaolivetti.it
• wikipedia
37
Dopo essersi diplomatoall'Istituto d'Arte di Parma ha iniziato a farsi conoscere come pittore, unendosi al gruppo Nuove Tendenze e realizzando manifesti pubblicitari per la Campari.
Ha preso parte all'allestimento di varie mostre tra cui la Mostra della Rivoluzione Fascista (1932), la Mostra dell'Aeronautica (1934), il Salone della Vittoria alla VI Triennale di Milano del 1936.
Ha realizzato le sei mappe delle città d'Italia (Assisi, Napoli, Padova, Pisa, Bologna, Trieste) affrescate sulle pareti della sala d'aspetto di terza classe della stazione centrale di Milano, poi trasformata in Libreria Feltrinelli.
Marcello NIZZOLI
38
La sua fama è legata principalmente all'Olivetti dove alla fine degli anni trenta iniziò a collaborare come pubblicitario e in seguito designer, realizzando tra l'altro la famosa Lettera 22.Parallelamente lavorò come architetto realizzando numerosi edifici come quello per la ditta Olivetti. Nel 1966 ricevette dal Politecnico di Milano la laurea ad honorem in architettura.
1950 – Olivetti “Lettera 22”
Pubblicità Campari – M. Nizzoli
Case per dipendenti Olivetti
39
OPERE PRINCIPALI
•1957 - Macchina da cucire Mirella – Necchi
•1958 - Palazzo per uffici ENI a San Donato Milanese
•1959 - Macchina da scrivere Diaspron
•1964 - Palazzo Uffici, Ivrea (con Bernasconi e Fiocchi)
•1927 - MotoSacoche - Manifesto pubblicitario
•1928 - Lubrificanti Fiat - Manifesto pubblicitario
•1930 - Campari Aperitivo - Manifesto pubblicitario
•1930 - Bitter Le Coq - Manifesto pubblicitario
•1932 - Cordial Campari - Manifesto pubblicitario
•1933 - Manifesto Lido di Venezia (con Marcello Dudovich)
•1934 - Manifesto per la XIX Biennale di Venezia
•1936 - Negozi Parker, Milano
•1936 - Salone d'Onore della VI Triennale, Milano
•1940 - Calcolatrice Summa
•1947 - Aurora 88, penna stilografica
•1948 - Divisumma 14, macchina da calcolo
•1948 - Lexikon 80 macchina per scrivere
•1950 - Lettera 22, macchina per scrivere
•1952-1953 - Abitazioni per dipendenti Olivetti a Ivrea
•1954 - Macchina da cucire Supernova BU - Necchi
•1956 - Divisumma 24, macchina da calcolo40
Complesso Officine
Olivetti
Liceo Scientifico Statale “Evangelista Torricelli” Roma
A.S. 2012/2013
Corso di Disegno e Storia dell’Arte
Prof.ssa Flavia Pusic
5F Valerio Andreotti
Giacomo Rastelli
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Fabbrica
in mattoni rossi
Primo
ampliamento
Secondo
ampliamento
Terzo
ampliamento
42
La fabbrica in mattoni rossi -1896-
• A Ivrea il primo nucleo degli
stabilimenti Olivetti è familiarmente
conosciuto dagli eporediesi come “la
fabbrica in mattoni rossi”. La
costruzione, però, risale al 1896: era
stata progettata dall’ingegner Camillo
per ospitare una sua precedente attività
industriale. All’inizio la piccola
fabbrica è sufficiente per l’attività, ma
con il suo sviluppo, nel giro di 30 anni
si rende necessaria la costruzione di
altri edifici intorno a quello
principale. Nascono, così, le Officine
ICO, dall’acronimo del fondatore Ing.
Camillo Olivetti, che nell’arco di circa
sessant’anni, tra il 1896 e il 1958, con
successivi ampliamenti si estendono lungo
l’attuale via Jervis (allora via
Castellamonte), fino alla completa
saturazione dell’area disponibile. A
partire dal 1934, sotto la direzione di
Adriano Olivetti, lo sviluppo e la
modernizzazione della produzione portano
alla realizzazione di nuovi corpi della
fabbrica con uno stile architettonico
decisamente innovativo.
43
Primo ampliamento -1934/36-
Gli ampliamenti vengono affidati ai giovanissimi
Luigi Figini (1903-1984) e Gino Pollini (1903-
1991), appartenenti a una nuova generazione di
architetti italiani, aperti alle contemporanee
esperienze delle avanguardie internazionali nel
campo dell’architettura, della grafica, della
pubblicità. Il primo ampliamento (1934-36) segue le
logiche della produzione in linea. L’edificio è un
grande ambiente, caratterizzato da una struttura
portante in cemento armato, che permette di formare
grandi luci per lo spazio del lavoro, illuminato da
ampie finestre a nastro; richiama,
nell’impostazione compositiva e tecnica, i modelli
di architetture per l’industria che stanno
maturando negli Stati Uniti e nel resto d’Europa.La
costruzione di questo primo blocco è attenta alle
esigenze tecniche della produzione, ma anche a
quelle psicologiche del lavoro. Lo spazio interno
viene pensato in accordo alle analisi e alle
ricerche relative alle qualità psicotecniche e
illuminotecniche degli ambienti di lavoro, condotte
fin dagli anni Venti negli Stati Uniti e che, a
partire dalla seconda metà degli anni Trenta, non
sono estranee agli architetti italiani più attenti
al dibattito sull’architettura industriale. Se ne
trovano tracce in numerosi articoli pubblicati su
“Casabella-Continuità”, che in quegli anni è tra le
più importanti riviste di architettura
internazionale.
44
Secondo ampliamento -1937/39-
Il secondo ampliamento (1937-39) prevede sostanzialmente la sopraelevazione della fabbrica e lo studio delle nuove addizioni nella parte retrostante l’edificio, mentre si mettono a punto delle proposte progettuali che poco dopo confluiranno nel terzo ampliamento, il più significativo per la caratterizzazione delle Officine (1939-40). Nel 1939 ha inizio infatti la costruzione di un nuovo edificio lungo 130 metri, rivestito da una parete vetrata, atta a coprire interamente la facciata dell’edificio e che richiama, per la sua soluzione tecnologica, le architetture delle avanguardie internazionali degli anni Trenta, con un riferimento preciso all’opera dell’architetto di origine svizzera LeCorbusier e al dibattito promosso dai CIAM (Congrès Internationaux d’Architetture Moderne) sui luoghi della produzione e dell’abitare. La parete vetrata progettata da Figini e Pollini rinuncia alla possibilità di applicazione della ventilazione forzata all’interno dell’intercapedine vetrata, così come proposta dall’architetto svizzero e utilizza invece il principio della camera d’aria, risultante dallo strato compreso tra le due superfici trasparenti, cosa che garantisce una certa resistenza al calore. Per evitare l’effetto del surriscaldamento causato dal vetro, Figini e Pollini introducono nello spazio intermedio delle antine opache in faesite, disposte in serie continua, ruotanti intorno a un asse verticale per “filtrare” l’ingresso dei raggi solari.Le Officine Olivetti si collocano da quel momento tra gli esempi più rilevanti dell’architettura industriale in Europa, suscitando interessanti commenti e prese di posizione nel dibattito dell’architettura italiana ed europea.
45
Pareti vetrate moderne
Facciata ventilata Doppio vetro
con oscuramento
La faesite, truciolare
detto anche
impropriamente Masonite, è
un materiale composto da
fibra di legno pressato,
normalmente senza aggiunta
di sostanze incollanti. La
masonite è invece prodotta
con un metodo diverso, che
combina calore e alta
pressione.
La faesite prende il nome
dalla frazione Faé
di Longarone, presso la
quale il suo inventore,
Osvaldo Protti, era
proprietario di una
fabbrica omonima.
46
Terzo ampliamento -1956/57-
Il blocco delle Officine ICO sull’asse di via Jervis
si conclude negli anni ’50 con il quarto ampliamento
e la costruzione della Nuova ICO (1956-1957). In
questo nuovo stabilimento viene abbandonata
l’impostazione adottata per i precedenti edifici che
offrivano grandi ambienti indifferenziati rispetto
alle diverse fasi della produzione. La nuova
fabbrica ospita al suo interno due cicli di
produzione che trovano due collocazioni distinte,
non contemplate nel progetto originario, ma
differenziate nel corso della costruzione: quella
del montaggio delle macchine, e quella, sotto la
pregevole copertura in lucernari della corte interna
progettata da Eduardo Vittoria (conosciuta anche
come Officina H), che riguarda la torneria, le
presse e le lavorazioni meccaniche. La Nuova ICO
riprende nelle soluzioni formali la parete vetrata
già utilizzata negli ampliamenti precedenti, a
sottolineare anche una volontà simbolica nel
caratterizzare l’immagine unitaria dell’intero
complesso produttivo. Le doppie vetrate sono segnate
lungo il perimetro della corte interna e su uno dei
lati dell’edificio da fasce di fioriere orizzontali
in cemento armato, che corrono lungo la facciata e
interrompono la monotonia del curtain-wall. I corpi
delle torri per gli impianti sulla facciata della
corte interna sono rivestiti da piastrelle di
maiolica gialla. Questi elementi compositivi sono
assai significativi della sperimentazione formale
condotta da Figini e Pollini e nel loro insieme
propongono un nuovo, interessante esempio di
architettura industriale, molto innovativo rispetto
ai modelli allora in voga.47
Fonti
• http://www.storiaolivetti.it/percorso.asp?idPercor
so=587
48
Liceo Scientifico Statale
“Evangelista Torricelli”
5F - Kevin Mandawe
5F A.S. 2012/2013
“OLIVETTI COSTRUISCE”
49
50
Il servizio mensa organizzato dalla
Olivetti viene istituito nel 1936,
Realizzato da Ignazio Gardella, viene
pensata principalmente per i
lavoratori che provengono da fuori
Ivrea e che non hanno la possibilità di
rientrare a casa durante la pausa per
il pranzo. occupa il piano sotterraneo
di un’intera ala di fabbrica e prevede
anche una piccola area dotata di una
serie di fornelli che permettono di
riscaldare gli eventuali cibi portati da
casa.
Come sistema di distribuzione dei
pasti viene adottato il self service ed
il sistema di pagamento consiste
nell’utilizzo di buoni pasto.
L’Azienda dava rilevanza al benessere
dell’impiegato per questo la mensa
venne dotata di grandi vetrate da cui
poter ammirare il panorama
circostante
51
1. Linee di distribuzione
della mensa
2. Montavivande
3. Office
4. Mensa rapida
5. Mensa servita
6. Mensa autonoma
7. Riscaldamento vivande
8. Siesta
9. Condotti condizionamento
La pianta della mensa Olivetti presso il Convento di
Ivrea. Il progetto, è stato ideato dall’architetto
Ignazio Gardella.
52
Interno dell’ edificio
Immagini dell’esterno
53
Nato in una famiglia di architetti, è
uno dei maggiori esponenti del
Razionalismo Italiano.
Stile architettonico Se si cerca lo stile di Ignazio
Gardella si rimane disorientati. I
suoi progetti, negli anni, cambiano
secondo le diverse tendenze
architettoniche, spesso le anticipano,
ma sempre contengono elementi
divergenti dalla corrente alla quale
si potrebbero associare. il suo
recupero di tecniche costruttive
locali lo rende in qualche modo
eretico.
- L'architettura di Gardella mantiene
sempre una compostezza che si potrebbe
definire classica.
- capacità di cambiare registro, di
adattarsi al genius loci
54
Alessandra Melchiorre 5F
L’OFFICINA H:
«Un museo a
cielo aperto»
55
• Nasce a Napoli il 12 aprile 1923.
Dopo essersi laureato presso la
Facoltà di Architettura di Napoli
(1947), collabora al corso tenuto
da Luigi Cosenza presso la
Facoltà di Ingegneria e fa
esperienza professionale presso
il suo studio. Contemporaneamente
si impegna nei nuovi organismi
associativi che andavano
costituendosi in quegli anni
quali l’Associazione per
l’Architettura Organica,
l’Istituto Nazionale di
Urbanistica, l’Associazione per
lo Sviluppo del Mezzogiorno,
iniziando un’intensa attività
pubblicistica sia come redattore
del quotidiano “La Voce” che
presso altri periodici
napoletani.
• Trasferitosi a Roma nel 1950
pubblica suoi scritti su
“Metron”, “Rinascita”, “Società”,
“Galleria” e partecipa
attivamente alle vicende
culturali e politiche di quegli
anni. Nel 1951 è chiamato da
Adriano Olivetti ad Ivrea
(Torino) come consulente per la
costruzione del Centro Studi,
iniziando una lunga
collaborazione con quell’azienda
che si protrarrà, con alterne
vicende, fino agli inizi degli
anni ‘70, con il completamento
dei tre insediamenti industriali
di Scarmagno (Torino), Crema
(Cremona) e Marcianise (Caserta).
56
• L'accorta composizione degli
spazi, il buon design e il
razionale uso della tecnologia
diventeranno la costante della
sua attività progettuale e
sosterranno i suoi incarichi
istituzionali ed accademici. Alla
fine degli anni ‘60, dopo un
intenso periodo di attività
professionale, lascia Milano ed
apre uno studio a Roma, che
chiude nel 1975 quando, eletto
Consigliere Comunale a Napoli, è
chiamato dal Sindaco Maurizio
Valenzi a far parte della prima
Giunta di sinistra in qualità di
Assessore al centro storico, ai
beni culturali, al patrimonio.
Nel 1967 è tra i docenti chiamati
a dar vita alla nuova Facoltà di
Architettura della Libera
Università “G. d’Annunzio” di
Pescara. Successivamente
trasferitosi di Roma «la
Sapienza» nel 1978
• promuove la costituzione del
Dipartimento di Disegno Industriale
e Produzione Edilizia, di cui è
stato il primo direttore. Numerosi
i riconoscimenti della sua attività
progettuale e del suo impegno
culturale. È premio In Architettura
1964 per la sistemazione turistico
alberghiera di Capo Carbonara in
Sardegna (Cagliari). Suoi progetti
presentati a vari concorsi di
architettura sono premiati a Parma,
Aosta, Torino, Savona, Venezia,
Terni, Leopoldville (Repubblica
Democratica del Congo). Nel 1985 è
inoltre chiamato ad organizzare,
nell’ambito della XVII Triennale di
Milano la sezione “La fabbrica
giardino”, coordinando i contributi
progettuali di varie sedi
universitarie. Scompare il 10
maggio del 2009.
57
OFFICINA H«Museo a cielo aperto dell’architettura
Moderna»
• Situata nel cuore del distretto di architettura industriale olivettiana
che, a partire dal 2001, è diventato sede del “Museo a cielo aperto
dell’architettura moderna,”L’officina H progettata da Eduardo Vittoria
nel 1956,(situata in via Jervis) era in origine il cortile interno delle
Officine Olivetti disegnate e realizzate alla metà degli anni ’30 dai
maestri del razionalismo Luigi Figini e Gino Pollini. . Dalla copertura
a shed, una particolare sistema di illuminazione attraverso coperture
piane, e dalla struttura metallica blu intenso è risultato questo
particolare esempio di “architettura nell’architettura”, non visibile
dall’esterno, che è stata sede per molti anni di torni automatici e
presse della fabbrica delle macchine da scrivere. Cessata poi la
produzione, lo stabilimento aperto e flessibile, è stato utilizzato per
attività di assemblaggio e di magazzino, fino al totale abbandono. Nel
1998 l'area diventa sede per manifestazioni ricordanti la nascita della
fondazione della Società Olivetti, da cui prende forma l'idea di
dedicarla ad attività espositive, convegnistiche e di spettacolo.
58
• Il progetto di ristrutturazione
(curato dall'Ufficio Tecnico
della Olivetti Multiservices
S.p.A.) pur dovendo sottostare a
rigorosi vincoli tecnici e di
sicurezza, viene sviluppato nel
rispetto dei valori
architettonici ideati da Eduardo
Vittoria, conservando la
visibilità delle colonne
metalliche anche attraverso i
muri tagliafuoco che proteggono
le vie di fuga (mediante
l'utilizzo di vetri "Pirostop"),
ricostituendo i materiali e i
colori originarie, realizzando
gli impianti di illumina-zione e
condizionamento completamente in
vista, secondo criteri condivisi
da Vittoria stesso. L’area è
stata inoltre dotata di un
ingresso indipendente.
• All'interno della struttura uno
spazio destinato ad "Auditorium",
modulabile con tendoni teatrali
motorizzati
59
1-Officina H- Prima della
restaurazione-
2-Auditorium
offre tre diverse capienze di sala, con
un palco in grado di ospitare
un'orchestra di oltre ottanta elementi
e una cabina di regia che controlla gli
impianti luce, audio, video e
frangisole. Questi ultimi, installati
all'esterno degli shed di copertura,
consentono di regolare l'intensità
dell’illuminazione-naturale,
dall'impianto di illuminazione
artificiale montato su travi reticolari
in alluminio.
Gli impianti tecnologici sono
completati da un sistema di
riscaldamento e condizionamento "a
tutta aria" che consente di controllare
temperatura e umidità per l'intero
volume dell'ambiente, di circa
ventimila metri cubi. All'Auditorium si
contrappone la zona destinata alle
mostre, realizzata con pareti
metalliche mobili, componibili e
attrezzabili, che possono adattarsi
alle più svariate esigenze espositive,
offrendo una superficie di oltre
seicento metri quadrati complessivi.
• Nel corso degli anni si è fatta
sempre più evidente la centralità
di questo luogo nella prospettiva
di attrazione turistico-culturale
verso il distretto architettonico
di Ivrea e la sua potenzialità di
essere il primo motore di un
sistema culturale territoriale più
di frontiera, che di provincia: una
fabbrica di idee, progetti, opere
ed eventi, dove poter dare
accoglienza e sviluppo alla
creatività più innovativa, al
dialogo tra le forme espressive
contemporanee, alla forza
comunicativa delle arti sceniche.
• Inoltre tutto il Complesso delle
officine rimane di grande
importanza, non solo per la storia
industriale ma per la storia
dell’architettura italiana: alcuni
tra i più famosi architetti
italiani, si sono espressi con il
loro spirito creativo, tanto che
l’insieme degli edifici è stato
spesso indicato come il risultato
più significativo della ricerca
architettonica italiana nel ‘900 in
campo industriale.
60
61
FONTI UTILIZZATE:
HTTP://WWW.ARCHITETTIROMA.IT/MONITOR/D/PROFILO.ASP?ID=00179
HTTP://WWW.LATERZAISOLA.IT/INDEX.PHP/LUOGO/SHOW/ID/1
HTTP://WWW.MAMIVREA.IT/COLLEZIONE/EDIFICI/ICO5.HTML
HTTP://WWW.TEATROGIACOSA.IT/ITA/LOCANDINA_PDF.HTML
62
‘La fabbrica non può guardare solo all'indice dei profitti. Deve
distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia. Io penso la
fabbrica per l'uomo, non l'uomo per la fabbrica, giusto? Occorre
superare le divisioni fra capitale e lavoro, industria e agricoltura,
produzione e cultura. A volte, quando lavoro fino a tardi vedo le
luci degli operai che fanno il doppio turno, degli impiegati, degli
ingegneri, e mi viene voglia di andare a porgere un saluto pieno di
riconoscenza.’ (Adriano Olivetti)
Flavia Ianni
Noemi Rochira
63
CENTRO RESIDENZIALE EST ‘’LA SERRA’’64
CENTRO RESIDENZIALE EST
Considerata un museo a cielo aperto, la città
di IVREA, situata in provincia di Torino,
ospita numerosi edifici innovativi voluti dal
famoso imprenditore e ingegnere Adriano
Olivetti. Con l’obiettivo di apportare
innovazioni nel campo lavorativo quali
l’organizzazione del personale, la
razionalizzazione dei tempi e metodi di
montaggio, sviluppo della rete commerciale in
Italia e all’ estero, cerca di incrementare la
produzione tenendo nella massima
considerazione le esigenze personali e
famigliari dei dipendenti.
Il suo piano di innovazione parte dallo stile
architettonico degli edifici voluti
dall’imprenditore che puntano ad uno stile
mai uguale e monotono ma teso alla ricerca e
alla valorizzazione del nuovo. Un esempio
pratico del risultato ottenuto da Olivetti è
Il Centro Residenziale Est soprannominato “La
Serra”: la struttura dell’ intero edificio
ricorda la tastiera di una macchina da
scrivere ed è costruito utilizzando materiali
completamente industriali come l’acciaio e
l’alluminio, che vengono affiancati da
particolari elementi come i tettucci apribili
situati nelle stanze dell’hotel.
Focalizzando l’attenzione nel dettaglio,
invece, si possono ammirare finezze tipiche
delle architetture navali quali le rifiniture
in legno, le scalette e le passerelle.
L’edificio è disposto su cinque livelli
ognuno dei quali svolge una
particolare funzione: su un livello è
presente una sala conferenza,su un
altro un cinema, su un terzo un
ristorante e bar, su un quarto un
hotel e su un quinto una piscina.
L’edificio può essere quindi
considerato polivalente, sovvertendo
cosi la fisionomia di una tipica città:
le strade diventano corridoi, le case
stanze d’albergo, le piazze diventano
delle hall. La struttura portante è
stata realizzata con travi di acciaio e
cemento armato, pannelli metallici
(verniciati in ocra bianco e argento) e
una parte di cemento verniciato con
tinta colore argento.
65
ADRIANO OLIVETTI: “spesso il
termine utopia è la maniera più comoda
per liquidare quello che non si ha
voglia, capacità o coraggio di fare. Un
sogno sembra un sogno fino a quando
non si comincia a lavorarci. E allora può
diventare qualcosa di infinitamente piùgrande”
.
I visitatori possono inoltre
accedere ai resti archeologici di
una città romana rinvenuti durante
la costruzione dell’edificio
iniziata tra il 1967 e il 1970.
Attualmente la struttura versa,
purtroppo, in una condizione di
forte degrado nonostante faccia
parte del Museo di Architettura
Moderna di IVREA, anche se,
recentemente, sono state effettuate
opere di modernizzazione
dell’impianto elettrico e di quello
idraulico. Tale degrado dipende dai
problemi relativi alla sua
gestione: attualmente si è
ipotizzato un “piano” per
utilizzare al meglio le funzioni
ricreative e di accoglienza in esso
contenute.
66
Architetti del famoso complesso
residenziale ‘’La Serra’’, Iginio
Cappai e Pietro Mainardis, conseguono
la laurea rispettivamente nel 1962 e
nel 1960. Negli anni successivi Cappai
diventa assistente volontario del corso
di architettura tenuto dall’Arch.
Franco Albini, successivamente di
quello di impianto tecnico e infine di
quello degli elementi di composizione
entrambi tenuti da noti architetti. La
sua formazione viene completata
lavorando a Venezia in famosi studi di
architettura.
Mainardis svolge invece un periodo di
apprendistato nello studio dell’Arch.
Ignazio Gardella, avviando poi la sua
attività in modo autonomo e spostando
definitivamente la sede del suo studio
in Santa Croce. Le attività dei due
architetti si sviluppano lungo due
direzioni: da un lato i concorsi
internazionali, dall’ altro i progetti
studiati per le città dell’Italia nord-
orientale, in particolar modo per il
territorio veneto. La struttura che
regala loro la massima notorietà è
proprio il “Centro Residenziale Est”
commissionato dallo stesso Olivetti.
.
Dopo la morte di Cappai (1999)
Mainardis continua a condurre
l’attività dello studio.
I progetti e le opere realizzate
dallo studio di architettura
Cappai-Mainardis testimoniano,
ancora oggi, la grande importanza
che la ricerca e l’innovazione
rivestono anche in questo
settore.
Entrambi si inseriscono nel
fenomeno del ‘’Professionismo’’
caratterizzato dalla scelta di
alcuni architetti di prediligere
l’aspetto progettuale rispetto a
quello teorico, di mettere al
centro dell’attenzione i materiali
utilizzati per la costruzione e i
sistemi di lavorazione.
IGINIO CAPPAI E PIETRO
MAINARDIS
67
Per volere del Ministero per i Beni
e le Attività Culturali del Comune
di Ivrea e della fondazione
‘’Adriano Olivetti’’ la città di
Ivrea è stata ufficialmente
candidata a diventare Patrimonio
dell’UNESCO.
Elemento essenziale di tale
decisione sono state proprio le
opere architettoniche olivettiane
che rappresentano il 70% del
perimetro urbanizzato della città.
Sono stati necessari quasi due anni
per la preparazione del dossier
richiesto dall’UNESCO, a cui
dovranno seguire altri 18 mesi per
la sua valutazione.
Il verdetto definitivo dovrebbe
essere emesso nel 2015. Oltre
alla ricchezza strutturale, la
città di IVREA incarna la
testimonianza dell’esperienza
industriale piemontese e del
valore dell’architettura
razionalista del XX secolo.
L’idea di candidare la città a
patrimonio dell’UNESCO maturò nel
2009, ma la prima documentazione
fu inviata nel dicembre del 2011.
Si può affermare, in definitiva,
che la città nel suo complesso
rappresenta l’esempio di
realizzazione della città
industriale fortemente voluta da
Olivetti, nella quale
l’importanza rivestita
dall’aspetto produttivo è la
stessa assunta dal rispetto per
le esigenze sociali ed economiche
degli abitanti della comunità.
IVREA COME PATRIMONIO
DELL’UNESCO
68
BIBLIOGRAFIA
www.effettoserra.eu/architettura.htmwww.iuav.itwww.situnesco.itwww.comune.ivrea.to.itwww.fondazioneadrianolivetti.it
IMMAGINI
http://www.storiaolivetti.it/upload/adriano%20olivetti.jpghttp://3.bp.blogspot.com/-xfacu3DSrQo/ThyBuZvDUoI/AAAAAAAADK8/KS74pY0uNho/s1600/1242508_AR12_VIEW_Rome_IMG_8759.jpg
69
OLIVETTI S.p.A
Fondazione Adriano Olivetti
Palazzo uffici 1
Palazzo uffici 2
M.A.A.M Ivrea
Annibale Fiocchi
Gino Valle
Gloria TrontiSara De Santis
LICEO SCIENTIFICO STATALE “EVANGELISTA TORRICELLI” – ROMA
A.S. 2012-2013
Corso di Disegno e Storia dell’arte
Prof.ssa Flavia Pusic
70
Fondazione Adriano OlivettiLa Fondazione Adriano Olivetti nasce nel 1962ad opera di alcunifamiliari, amici e collaboratori del grandeimprenditore, con l’intento di raccoglieree sviluppare l’impegnocivile, sociale e politico che ha distintol’operato di Adriano Olivetti nel corso dellasua vita.
71
La Fondazione, con sede dapprima a Ivrea e subito dopo a
Roma, si propone “la promozione, l’incoraggiamento e
l’organizzazione gli studi che sono diretti ad approfondire
la conoscenza delle condizioni da cui dipende il progresso
sociale”.Contemporaneamente l’attività si volge anche a
studi di carattere politico: è in questo periodo infatti
che, si svolgono studi e ricerche sul governo locale che
rappresentano ancor oggi una testimonianza tra le più
originali sul dibattito allora in corso relativo
all’istituzione regionale. Tra i principali progetti di
ricerca si devono annoverare il Progetto Bilancio e il
Progetto Energia e Ambiente. Il primo è finalizzato allo
studio del processo decisionale della finanza pubblica; il
secondo all’analisi comparata delle scelte di politica
energetica in campo nazionale e trans-nazionale.
L’attenzione nei confronti delle nuove tecnologie si traduce
in ricerche volte ad indagare l’impatto dell’informatica
sulla struttura e sulle relazioni sociali. In particolare
viene promosso uno studio sulle ’immagini’ dell’informatica
e sui loro effetti ai vari livelli sociali e professionali.
72
Palazzo Uffici 1Negli anni ’50 l’Olivetti non disponeva di una sede per gli uffici
della presidenza e della direzione centrale così tra il 1952 e il
1955 agli architetti:Gian Antonio Bernasconi, Annibale Fiocchi e
Marcello Nizzoli, era stato affidato il compito di progettare una
nuova sede che potesse ospitare in modo più razionale gli uffici
della sede centrali.L’area più adatta destinata alla realizzazione
dell’edificio fu un vasto terreno di proprietà aziendale, alle falde
della collina di Montenavale a Ivrea. Nel maggio 1960, l’incarico
formale del progetto fu affidato a tre architetti.Per limitare
l’impatto ambientale, si riprese l’idea di una struttura a raggiera.
Questa soluzione soddisfaceva anche l’esigenza di rendere più
agevole la comunicazione tra i diversi uffici. Il corpo centrale,
fungeva da disimpegno e raccordo tra le ali è diventa luogo di
passaggio e incontro informale tra le persone. La suddivisione delle
aree è realizzata con pannelli mobili prefabbricati, che potevano
essere facilmente spostati.Il palazzo presenta sette piani fuori
terra, un seminterrato e due piani interrati per i magazzini,
impianti e servizi tecnici.La facciata, regolare ed armoniosa, è
alleggerita dall’ampia vetratura con finestre a nastro. Tra le
decorazioni spiccano quelle di Nizzoli.
73
La realizzazione della costruzione fu molto rapida. Nel corso
della costruzione furono apportate anche alcune modifiche
rispetto al progetto iniziale. Il centro di calcolo,
necessitava di soluzioni particolari e non poté essere
facilmente inglobato nel palazzo per uffici. Una
caratteristica dell’edificio è la copertura, che poggia sulle
pareti perimetrali e che, per effetto dell’ampia vetratura
con finestre a nastro sembra “sospeso”, rendendo più leggera
la massa della costruzione. In un progetto ambizioso come
quello impostato, non poteva essere ignorata la sistemazione
dell’ampia area verde circostante. Il compito venne affidato a
Piero Porcinai, a cui si deve in particolare la scelta molto
curata delle piante che ormai sono divenuti elemento
caratteristico del paesaggio locale. Il progetto di Porcinai,
ha contribuito in modo importante al positivo inserimento
ambientale del quartier generale dell’Olivetti.
74
Palazzo Uffici 2
Il Palazzo Uffici è l’unica opera
permanente progettata nell’ambito
delle realizzazioni previste per
l’Esposizione Universale di Roma
E42. Per le sue peculiari
caratteristiche, può essere ritenuto
a ragione l’edificio “pilota” per
tutte le altre architetture del
piano urbanistico/espositivo. La
complessiva articolazione
dell’impianto, nella sua identità
costruttiva e architettonica, ne
sottolinea il carattere di grande
contenitore sperimentale. Fu
progettato dall’architetto Gaetano
Minnucci. Pensato originariamente
come un parallelepipedo quasi
regolare, caratterizzato da una
grande corte principale e da altre
tre di servizio, nella stesura
finale mantiene il grande “patio”
monumentale collocandosi verso la
porta d’ingresso all’esposizione.
75
La struttura dell’edificiopresenta un primo corpo in muratura portante ed un secondo concepito in cemento armato. Il progetto è ispirato a criteridi razionale utilità. L’apparente staticitàmonumentale dell’intero corpodi fabbrica è negata da unacontinua e permeabilità visiva, anche attraverso l’uso di “colpi” prospettici d’incisivaeleganza, e di riferimenti con il contesto circostante. A completamento dell’operavengono inoltre progettati e realizzati gli arredi degliuffici. La ricchezza e l’eleganza dei dettagliarchitettonici interni edesterni, congiuntamente allasuggestione degli apparatidecorativi presenti, contribuiscono a fare del Palazzo Uffici un’opera daicontenuti stilistici e compositivi di grande effettoed armonia.
76
M.A.A.M IVREAInaugurato nel 2001, con l'intento di valorizzare il "lascito
culturale" della Olivetti, che si distinse sin dagli anni '50 per
i progetti d'avanguardia realizzati nel campo dell'urbanistica e
dell'architettura industriale e civile. Gli edifici raccolti dal
MAAM sono: Palazzo Uffici 1 e 2 (sede dell'Olivetti), le Officine
e centrale termica ICO, l'asilo nido, la mensa, il centro studi,
il quartiere residenziale Crist, l'Unità Residenziale Ovest,
chiamata popolarmente Talponia e numerose altre abitazioni per
dipendenti e dirigenti. Vicino al Palazzo Uffici, ha inizio il
comune di Banchette, il cui quartiere moderno composto
essenzialmente da palazzine, è stato proprio costruito negli anni
'60 e '70 per conto dell'Olivetti, al fine di garantire
un'abitazione per i propri dipendenti vicina al sito lavorativo.
Altri luoghi di interesse sono la fontana Camillo Olivetti,
situata di fronte al Ponte Isabella in prossimità del Lungo Dora,
e il complesso La Serra. Quest'ultimo è un grande edificio a forma
di macchina per scrivere, che inizialmente conteneva al suo
interno un caratteristico albergo dove ogni "tasto da scrivere"
rappresentava una camera dell'hotel; nell'edificio erano presenti
anche una sala conferenze e una piscina ma nel tempo l'albergo è
stato trasformato in miniappartamenti e la sala conferenze in
cinema.
77
Annibale FiocchiFigura di grande umanità e laureato nel 1939 al Politecnico di Milano (dove nasce il 29 luglio 1915), Annibale Fiocchi vive in prima linea il conflitto mondiale prestando servizio presso la Marina militare. Rispondendo a un’inserzione di lavoro apparsa su un quotidiano si stabilisce a Ivrea e dirige l’Ufficio architetti Olivetti dal 1947 al 1954. Nel frangente progetta uffici residenze e servizi per colui che per tutta la vita Fiocchi chiamerà «l'ingegner Adriano», ma fa anche gli onori di casa accompagnando nel «grand tour» delle realizzazioni olivettiane illustri ospiti. Tra le realizzazioni, sono da ricordare i quartieri di Canton Vesco e la colonia a Marina di Massa e il palazzo uffici Olivetti a Milano. In seguito, con Bernasconi e Nizzoli, realizza ancora per Olivetti il palazzo uffici e centro meccanografico a Ivrea. Ma ci sono anche altre le committenze industriali «illuminate» per le quali lavora. Opere attente all’orientamento solare, all’innovazione tecnica, all’industrializzazione del cantiere, alla tecnologia dell’involucro come macchina efficiente dalle prestazioni sempre perfettibili, nella convinzione che l’architettura veicoli la modernità quale incubatore d’immagini collegate a un’idea di rinnovamento possibile e di fiducia verso il futuro, senza derive utopistiche.
78
Gino Valle e L’architettura
79
Gino ValleLa prima esperienza
artistica non fu legata
alla pratica
architettonica, bensì a
quella pittorica: nel
1943 due sue opere furono
infatti selezionate per
il premio di Bergamo.
Durante la seconda guerra
mondiale venne fatto
prigioniero e internato
in un campo di
smistamento in Germania.
Durante la sua prigionia
lavorò in una fabbrica di
cingoli armati. Frequentò
l'Istituto Universitario
di Architettura di
Venezia dove si laureò
nel 1948. Nello stesso
anno iniziò l'attività
professionale nello
studio del padre a Udine.80
Ottiene numerose borse di studio all'estero tra cui la Fullbrightpresso la Harvard Graduate School of Design nel 1951.
La prima esperienza di docenza fu presso la scuola internazionale del Ciam, dove insegnò dal 1952 al 1954. Fu professore alla facoltà di architettura di Venezia dal 1954 al 2001. Durante la sua lunga carriera professionale ha collaborato con Zanussi, per la quale disegnò il frigorifero piatto, e con Solari, per la quale ha progettato orologi e datari a cifra (con Cifra 5 si è aggiudicato il Compasso d'Oro del 1956), nonché il sistema di teleindicatori per aeroporti e stazioni, vincitore del medesimo premio nel 1962. Attualmente l'attività del suo studio è continuata dallo Studio Valle Architetti Associati, con sedi a Udine e a Milano, diretto dalla moglie Piera Ricci Menichetti e dal figlio Pietro Valle.
Sistema di teleindicatori81
Fonti
http://www.storiaolivetti.it/percorso.asp?idPercorso=589
http://www.ilgiornaledellarchitettura.com/articoli//2011/3/109856.html
http://www.eurspa.it/la-societa/patrimonio/palazzo-uffici
http://it.wikipedia.org/wiki/Ivrea#Museo_all.27aperto_di_architettura_moderna_.28MAAM.29
http://it.wikipedia.org/wiki/Gino_Valle
82
Marzia Di Francesco
Eleonora Schiattarella
Liceo Scientifico Statale Evangelista Torricelli-Roma
A.S. 2012/2013
83
EDIFICIO 18 ALLOGGI
L’edificio a 18 alloggi,
progettato dagli architetti
Nizzoli e Oliveri e realizzato
nel 1954-55. L’edificio, che si
differenzia notevolmente dalle
altre costruzioni del quartiere
che pure sono state in gran
parte progettate dagli stessi
architetti pochi anni prima.
Esternamente appare come
l’aggregazione di tre corpi
molto diversi per altezza e per
soluzioni architettoniche
adottate. Internamente, invece,
la costruzione è formata da due
corpi serviti da un blocco
scale. L'ingresso è decorato con
una pittura murale dello stesso
Nizzoli.
Retro edificio 18 alloggi
Facciata edificio 18 alloggi
84
UNITÀ RESIDENZIALE OVESTNel 1968, Roberto Gabetti e Aimaro
Oreglia d’Isola iniziano la
costruzione dell’Unità
Residenziale Ovest, meglio nota
agli abitanti di Ivrea con il nome
di «Talponia».
Il complesso si sviluppa su due
piani secondo una pianta
semicircolare di quasi 70 m di
raggio e di circa 300 m di
lunghezza. Al suo interno sono
collocati 12 alloggi duplex e 70
simplex. Questi ultimi sono
destinati a 1 o 2 persone e hanno
una superficie di circa 80 mq. I
duplex sono destinati a 3 o 4
persone massimo: al piano
inferiore c’è la zona notte e a
quello superiore la zona giorno.
Ogni appartamento ha il proprio
garage.
85
Elaborati grafici - Studio di architettura Gabetti e Isola
86
Esternamente risulta visibile
soltanto la parete vetrata continua
dell’affaccio degli alloggi: essa è
un curtain-wall con una fitta
partitura di montanti in alluminio,
elementi fissi alternati a parti
apribili; la passeggiata
panoramica, costituita da manto
erboso, di cui si possono servire
gli operai funge da copertura ed è
il prolungamento praticabile del
terreno circostante.
Punto di forza dell’architettura è
il dialogo con la natura. Ma
l’analogia naturalistica si ferma
al disegno poiché la costruzione
sottolinea la sua artificialità
nell’uso dei materiali. Questo
edificio propone connubio tra
natura e artificio, giocato ai suoi
estremi: gli alberi e il cristallo.
Particolare della facciata
La passeggiata panoramica87
ELABORATORE ELETTRONICO ARITMETICO
L’ELEA 9003 discende dai modelli 9001 e 9002, prototipi
basati su tecnologia a valvole, che nella fase
sperimentale fecero da banco di prova per le
successive evoluzioni basate su transistor. Si
distingueva, inoltre, per l'originalità del design di
Ettore Sottsass.
Dal punto di vista tecnico
Elea 9003 era in grado di
elaborare circa 100.000
informazioni al secondo ed
era dotata di una memoria
di massa affidata ad unità
a nastro, per una capacità
di memorizzazione
praticamente illimitata.Uno dei primi calcolatori della storia
88
VALVOLEI tubi a vuoto sono ampolle, che presentano
al loro interno un catodo e un anodo fra i
quali avviene passaggio di elettroni.
L’emissione di elettroni da parte del catodo
avviene per mezzo termico infatti questo,
portato ad alta temperatura, emette elettroni
che si muovono più velocemente, superano un
dislivello di potenziale ed escono dal
metallo. Questo effetto prende il nome
effetto termoionico. Il riscaldamento del
catodo avviene per via elettrica e può essere
diretto o indiretto. Nel primo caso la
corrente circolante provoca il riscaldamento
del catodo, mentre nel secondo caso il catodo
viene riscaldato per mezzo di una resistenza
elettrica. Di solito il catodo è posto
all’interno dell’anodo, in modo da facilitare
la raccolta da parte dell’anodo degli
elettroni emessi dal catodo. Se fra anodo e
catodo c’è una d.d.p. positiva il tubo a
vuoto acquista la funzione di valvola
termoionica che apre e chiude il circuito
elettrico, interrompendo o meno la corrente.
ELEA 9001
Valvola termoionica 89
TRANSISTOR
Il transistor nasce in America alla
fine del 1947 grazie a Shockley,
Bardeen e Brattain, che per questo
risultato guadagneranno il premio
Nobel nel 1956. Il transistor
originale a punte di contatto
consisteva in una piastrina di
germanio, detta base, a una faccia
della quale era connesso un
elettrodo, mentre sull’altra faccia
erano poggiati altri due sottili
elettrodi a punta: uno era
detto emettitore ,
l’altro collettore. In questo modo
si avevano due punti di contatto.
90
FONTI
Unità residenziale Ovest:www.archi2.polito.it
Edificio 18 alloggi: www.storiaolivetti.it
ELEA 9003: www.museoaica.it
Valvole: www.appuntidigitali.it
Transistor: www.radiomarconi.com
91
92
Liceo Statale Scientifico “Evangelista Torricelli” - Roma
A.S. 2012/2013
La città di Ivrea: la gente e la sua fabbrica
Eduardo Vittoria: Centro Studi ed Esperienze – La centrale
termoelettrica
Classe 5F- Mattia Carboniero – Manuela Martinelli – Jacopo Delfini
92
93
“L'Architettura è il gioco sapiente, rigoroso e
magnifico, dei volumi assemblati nella luce”.
Le Corbusier
93
94
LA CITTA' DI IVREA: LA GENTE
E LA SUA FABBRICA (Carboniero Mattia)
La città di Ivrea (fig. n.1) si estende
al centro di una conca, sulla strada
che porta in Valle d’Aosta.
E’ delimitata da una caratteristica
serie di rilievi montagnosi denominata
La Serra, assieme ad alcuni monti
prealpini del Canavese.
La città moderna si stende in piano
occupando le due sponde della Dora
Baltea, mentre il suo centro storico si
arrampica su di una collina che porta
al Castello ed al Duomo.
Dove ora c’è la città, nei tempi
preistorici, c’era un immenso lago
formatosi con lo sciogliersi dei
ghiacciai.
Ecco perché tutto intorno alla città,
oggi c'è un così elevato numero di
piccoli laghi residui.
Fig. n. 1 – Collocazione geografica di Ivrea
Fig. n. 2 – Scorcio della città di Ivrea
94
95
Forse sono pochi a sapere che agli inizi
degli anni '70, in questa città vennero
progettati e prodotti per la prima volta
al mondo i primi Mini Computer (fig.
n.3), molto simili ai Personal attuali. In
quel tempo Microsoft non esisteva ancora,
non si parlava di Windows e neppure di
MS/DOS e forse Bill Gates stava ancora
frequentando le scuole medie. Non dobbiamo
dimenticarci che ad Ivrea vi era anche la
famosa fabbrica Olivetti, che fino ad
allora era stata la più importante
produttrice di macchine da scrivere del
mondo e cominciava a diventare
un'importante produttrice di tecnologie
informatiche.
Fig. n. 3 - Il primo modello di personal
computer
95
96
Ivrea, una piccola città, ma una grande
industria. La storia di Ivrea è
praticamente la storia della sua
fabbrica perché se la storia è il senso
del tempo, memoria del passato, attesa
del futuro, Ivrea non ha una grande
storia. Qualche rudere romano, un
castello medievale, delle vecchie case
circondate dalla nuova città, lo
storico carnevale (fig. n.4), e una
periferia informe sulle sponde della
Dora Baltea. Fuori, un paese splendido
e intatto. Il paesaggio è dolcissimo e
il vento della valle· leviga i monti,
il cielo, i pensieri.
Fig. n. 4 – Lo storico carnevale d'Ivrea
96
97
EDUARDO VITTORIA (Martinelli Manuela)
Eduardo Vittoria (fig. n.5) fu uno dei
più importanti architetti che lavoro'
nella città di Ivrea. Nacque a Napoli
nel 1923. Nel 1947 si laurea in
Architettura sempre a Napoli, dal 1968
al 1973 insegna presso la libera
Università di Pescara e dal 1973
all'Università di Napoli.Riceve il
premio In/Arch nel 1964 per la
ripianificazione di Capo Carbonara come
centro turistico. Consulente di
Industrial Design e, dal 1952 al 1960,
consulente di architettura per Olivetti.
Scompare nel maggio 2009. Due delle più
importanti strutture da lui progettate
furono Il Centro Studi ed Esperienze e
la Centrale Termoelettrica di Ivrea.
Fig. n. 5 – Eduardo Vittoria
97
98
“Il Centro Studi si poggia polemico coi suoi colori marini
sul declivio della verde convalle che racchiude la fabbrica
di Figini e Pollini, le case di Nizzoli, le prepotenti
strutture della mensa di Gardella…”
Riccardo Musatti
98
99
IL CENTRO STUDI ED
ESPERIENZEEduardo Vittoria iniziò i lavori del centro
nel 1954, ma ottenne l' abitabilità nel
1955. La funzione originale dell'edificio era
quella di un centro ricerche-progettazione
(fig. n.7). Attualmente invece le sue stanze
sono invece utilizzate in qualità di
uffici, aule e laboratori dell'istituto.
L'edificio ha 3 piani fuori terra, più uno
seminterrato, ed è costituito da 4 bracci
asimmetrici disposti ortogonalmente tra loro,
quasi a formare una croce, a partire da un
corpo centrale contenente la scala e i vari
servizi. Le pareti esterne sono rivestite da
piastrelle in klinker blu (fig. n.6) , chiaro
e scuro, mentre la struttura in cemento armato
è leggibile dall'esterno dal colore grigio,
originariamente bianco, delle fasce marcapiano
e dei pilastri perimetrali.
Fig. n. 6 – Rivestimento in klinker blu
99
100
Eduardo Vittoria era convinto che non vi
sia nulla di nuovo da inventare
nell’architettura moderna, ma che in
compenso vi sia molto da studiare per
approfondire quei motivi che i grandi
maestri hanno già elaborato. Durante il
periodo dei lavori si oppone dunque a
quanti avevano creduto che “l’uso di
forme strane, libere, di piante distorte,
di tetti spioventi potesse assicurare il
passaporto dell’invenzione artistica”.
Nel 1965, su progetto dell'architetto
Ottavio Cascio, il secondo piano dell'ala
est viene prolungato di 2 campate, a
scapito di una delle terrazze. L'edificio
è stato recentemente ristrutturato da
Ettore Sottsass e Marco Zanini per
ospitare la sede dell'Interaction Design
Institute Ivrea (fig. n.8).
Fig. n. 7 – Centro Studi ed Esperienze prima
del restauro
Fig. n. 8 – Centro Studi ed Esperienze
dopo il restauro
100
101
La centrale termoelettrica utilizza
l’energia termica generata dalla combustione
di oli combustibili (carbone, nafta,
orimulsion o metano), trasformandola
prima, attraverso un ciclo termico, in
energia meccanica e poi, attraverso un
alternatore, in energia elettrica. La
combustione sviluppata all’interno della
caldaia, trasforma l’acqua di processo in
vapore che, fortemente surriscaldato, va ad
agire sulle palette della turbina (fig.
n.9). Quest’ultima riesce a trasformare
l'energia potenziale del vapore in energia
meccanica per poi cederla ad un alternatore
che provvede a trasformarla in energia
elettrica in media tensione. Il livello di
tensione viene innalzato dai trasformatori
elevatori che collegano la centrale alla
rete di alta tensione.
LA CENTRALE TERMOELETTRICA(Delfini Jacopo)
Fig. n. 9 – Turbina con alternatore da
10.000 kVA
101
102
Il vapore, dopo aver ceduto il
suo contenuto energetico alla
turbina (fig. n.10), viene
scaricato dalla stessa e
raccolto dentro il condensatore
all'interno del quale, per
mezzo dell'acqua di
raffreddamento proveniente
dall’esterno, viene
ritrasformato in acqua e quindi
ricondotto in caldaia
attraverso la pompa di alimento
per ripetere un nuovo ciclo. In
un impianto termoelettrico
convenzionale solo il 38 %
circa dell’energia termica
liberata dalla combustione
nella caldaia viene convertita
in energia elettrica.
Fig. n. 10 – Caldaia professionale
102
103
Il restante 62 % viene dissipato
nelle successive conversioni
dell’energia da chimica a termica,
da termica a meccanica, da meccanica
a elettrica e come calore residuo
dei fumi della ciminiera e del
vapore avviato alla condensazione e
recuperato come acqua calda da
rimandare alla caldaia per un nuovo
ciclo (fig. n.11). L'energia
elettrica prodotta e immessa in rete
viene infine trasportata, per mezzo
di opportuni elettrodotti, alle
stazioni di trasformazione dove
altri trasformatori la rendono
disponibile alle richieste delle
varie utenze.
Fig. n.11 - Schema e principio di
funzionamento della centrale
termoelettrica
103
104
La centrale termoelettrica si trova nel
comprensorio industriale della ICO (acronimo
di Ing. Camillo Olivetti) a Ivrea. All'inizio
degli anni '70, in seguito alla tempestiva
trasformazione della alimentazione della
centrale da nafta in metano, si ottiene una
drastica riduzione della emissione di fumi
nocivi. Non appena il metano arriva ad Ivrea
attraverso la rete della SNAM, l’Olivetti tra
il 1970 e il 1971 provvede a convertire la
centrale termoelettrica di Ivrea da nafta a
metano, riducendo drasticamente i fumi
nocivi. La foto (fig. n.12) presenta le
tubazioni del metanodotto che collega la
centrale termoelettrica con la centrale di
decompressione, dove arrivano le forniture
della SNAM.
LA CENTRALE TERMOELETTRICA
DI IVREA
Fig. n.12 - Il metanodotto che alimenta la
centrale termoelettrica di Ivrea
104
105
Questo tipo di centrale inquina fortemente
l'aria con i fumi della combustione (fig.
n.13). Il monossido di carbonio, l'anidride
solforosa, gli ossidi di azoto, il piombo e
gli idrocarburi sono detti inquinanti
atmosferici primari. In particolari condizioni
climatiche, e cioè quando l'aria non circola e
gli inquinanti permangono a lungo
nell'atmosfera, si verificano reazioni
chimiche, favorite dalla luce del sole, che
danno luogo a un insieme di prodotti,
denominati nel loro complesso "smog", e che
rappresentano gli inquinanti atmosferici
secondari.
Un discorso a parte va fatto per l'anidride
carbonica, la quale è un componente naturale
dell'aria, ed è indispensabile per tutti i
processi biologici, ma è anche responsabile
della regolazione della temperatura dell'aria.
IMPATTO AMBIENTALE
Fig. n.13 - Fumaioli del locale caldaie
105
106
L'anidride solforosa e gli ossidi di azoto, che si
generano dalla combustione del carbone e dei
derivati del petrolio (fig. n.14), provocano il
fenomeno delle piogge acide. Combinandosi con
l'acqua piovana, l'anidride solforosa si trasforma
in acido solforico e gli ossidi di azoto in acido
nitrico, e poi ricadono al suolo. L'effetto di
queste piogge è progressivo e insidioso, esse
producono un accumulo di acidi nel terreno e nelle
acque dei fiumi e dei laghi, danneggiando
gravemente gli ecosistemi, a partire dalla
vegetazione. L'enorme immissione di CO2
nell'atmosfera impedisce alla Terra di reirradiare
nello spazio l'energia che riceve dal Sole,
provocando l'effetto serra, cioè il riscaldamento
dell'atmosfera, che, a sua volta, provoca l'aumento
della temperatura dei ghiacci, determinando un
innalzamento del livello del mare, e quindi la
sommersione delle regioni costiere, che, come è
noto, sono le regioni più popolate della Terra.
Fig. n.14 – Emissioni di una centrale
termoelettrica
106
107
Fig. n.15- Alternatore di una centrale
termoelettrica
L'impianto, come tutte le altre centrali del
resto, occupando una certa superficie,
normalmente recintata, allontana dalla zona
la fauna e, i vari edifici connessi al suo
funzionamento comportano sempre un certo
impatto sull'ambiente dal punto di vista
paesaggistico. Nella sala macchine sia le
turbine, sia i generatori di corrente
producono un rumore costante di parecchi
decibel che, a lungo andare, provoca danni
all'udito degli operatori, per cui, questi,
devono essere sottoposti a periodici
controlli medici. Le macchine elettriche,
quali gli alternatori (fig. n.15) e le
dinamo, per effetto dello strisciare delle
spazzole sul collettore generano un certo
scintillio. L'arco voltaico scompone
l'Ossigeno dell'aria O2 in O, che legandosi
poi ad altre molecole, forma Ozono O3, gas
velenoso dal caratteristico odore di aglio.
107
108
“LA BELLEZZA, INSIEME ALL'AMORE, LA VERITA' E LA
GIUSTIZIA, RAPPRESENTANO UN'AUTENTICA PROMOZIONE
SPIRITUALE. GLI UOMINI, LI IDEOLOGIE, GLI STATI CHE
DIMENTICHERANNO UNA SOLA DI QUESTE FORZE CREATRICI, NON
POTRANNO INDICARE A NESSUNO IL CAMMINO DELLA CIVILTA‘”
Adriano Olivetti
108
BIBLIOGRAFIA www.storiaolivetti.it
www.mamivrea.it
www.arte.it
www.energierinnovabilibruno.netsons.org
www.massacriticaivrea.blogspot.it
FONTI E ILLUSTRAZIONI
1) www.salamano.it 9) www.beltramecse.com
2) News.immoiliare.it 10) www-made-in-china.com
3) www.informaticaitaliana.blogspot.com 11) www.rosariobernardi.it
4) www.sphimmtrip.blogspot.com 12) www.storiaolivetti.it
5) www.progettinetwork.it 13) www.mamivrea.it
6) www.mamivrea.it 14) www.enzomontanari.it
7) www.mamivrea.it 15) www.energierinnovabilibruno.netsons.org
8) www.mamivrea.it 16) www.arte.it
109
DOCUMENTI
Flavia Pusic
110
Il Giornale. it
Olivetti, addio alle stampanti: chiude stabilimento valdostano
La società, visto il declino del mercato, alla fine ha deciso di cessare le attività e
cedere la sua controllata Olivetti i-Jet
Ven, 01/06/2012 - 21:47
Chiude un altro pezzo di Olivetti, quello stampanti e fax. La società, visto il declino del
mercato, alla fine ha deciso di cessare le attività e cedere la sua controllata Olivetti i-
Jet.
Eppure la società di Ivrea era stata tra le prime aziende a puntare sulla tecnologia ink
jet e su fax e stampanti. Ma il mercato e la dura legge delle produzioni a basso prezzo
effettuate sopratutto in Asia, alla fine, hanno vinto spingendo alla chiusura della
fabbrica di Arnad in Val d'Aosta, dove lavoreranno, fino a Natale 162 persone. E anche se
l'azienda controllante, Telecom Italia, assicura che tutti verranno ricollocati i sindacati
hanno già annunciato due anni di cassa integrazione. Certo sono lontani i tempi di Adriano
Olivetti, gli anni cinquanta, quando Ivrea era centro nevralgico dell'innovazione italiana
e internazionale e la società poteva contare su 24mila dipendenti. In realtà la
transizione, dalla macchina da scrivere primo prodotto dell'Olivetti fondata nell'ormai
lontano 1908, all'informatica era già cominciata. Olivetti, pare impossibile, vendeva bene
i suoi prodotti innovativi anche negli Usa.
Ma nel 1960 Adriano Olivetti muore prematuramente e la società non riesce a mantenere il
ritmo di innovazione impresso dal figlio del fondatore. Olivetti cambia pelle ma alla fine
la progressiva riduzione dei margini di redditività del business informatico e i nuovi
sviluppi delle telecomunicazioni, spingono negli anni '90 Olivetti a spostare il baricentro
verso questo settore, dapprima creando Omnitel (1990) e Infostrada (1995) e poi acquisendo
il controllo di Telecom Italia (1999), con la quale si fonde nel 2003. Ora Olivetti cerca
di riposizionarsi sul mercato dell'Ict, proponendo tablet specifici per la clientela
business che vengono venduti attraverso i canali di Telecom Italia. E l'evoluzione della
nuova offerta - spiega la società - richiede una forte focalizzazione e la necessità di
concentrare su di essa tutte le risorse disponibili. E dunque dire addio alle stampanti è
un passo necessario. 111
I superstiti dell’OlivettiLe cronache operaie dell’Unità/5
Di Rinaldo Gianola 2 ottobre 2012
Si torna a Ivrea perché anche se l’Olivetti è solo la flebile ombra del gigante del passato,
bisogna celebrare la fondazione. Il “Calepino dell’azionista” di Mediobanca ci ricorda che nel
1932, quindi sono passati ottant’anni, «la Ing.C.Olivetti & C. spa» viene fondata a Ivrea in via
G. Jervis, 77.
Sarà vero che non è rimasto quasi più nessuno, che l’Olivetti consuma gli ultimi fuochi, però
varcare il Palazzo Uffici è sempre una bella emozione. I sentimenti, a volte, aiutano a
consolarsi e offrono l’occasione del riscatto. E ce ne sarebbe un gran bisogno. Qui, una volta,
si respirava l’aria della grande comunità, circolava gente geniale e non erano solo gli
scrittori, i sociologi, gli architetti famosi chiamati a Ivrea per cimentarsi con un ambizioso,
illusorio?, nuovo modello d’impresa e di società. Erano gli operai, gli impiegati, i tecnici,
gli ingegneri a dare la “cifra” dell’impresa, a rappresentare la dignità e il valore del lavoro
in contrasto con il modello assai diverso, opposto, della Fiat a Torino. Peraltro toccò poi a un
olivettiano, lo scrittore Paolo Volponi, raccontare limiti e contraddizioni del capitalismo di
quest’impresa, aperta e plurale, ma pur sempre governata dalle «Mosche del capitale».
Questo palazzo è la sede storica dell’Olivetti, origine anni Sessanta. Quel che resta del gruppo
occupa il quinto e il sesto piano, il resto è stato invaso da call center (Comdata) e da altre
piccole imprese. Negli anni Ottanta, De Benedetti fece costruire a tempo di record il secondo
Palazzo Uffici, ora occupato da Wind. Al parcheggio spuntano indicazioni che ricordano gli
ultimi padroni. Ci sono le insegne di Pirelli Real Estate, finita male, ora la proprietà del
palazzo è passata a un fondo immobiliare.
112
Al primo piano sotterraneo i lavoratori dell’Olivetti hanno mantenuto una sala, quella del
“Consiglio di fabbrica”. Proprio così, usano ancora questa definizione come se il tempo non fosse
passato. Un paio di scrivanie, una stampante, due armadi, un manifesto in bianco e nero che
ricorda Luciano Lama. «Siamo rimasti in pochi, siamo gli ultimi e non si sa nemmeno cosa sarà del
nostro futuro, se l’Olivetti sopravviverà» spiega Massimo Benedetto, 57 anni, assunto nel 1982,
impegnato in politica e nel sindacato, con il papà olivettiano. Per non disperdere la cultura, la
storia di quest’impresa si è messo in testa di archiviare su un computer tutte le piattaforme e
gli accordi sindacali dell’Olivetti. «Magari qualche studente, qualche storico possono trovare
interessante il materiale», si augura, ricordando quando «Ivrea negli anni Ottanta era piena di
giovani, ricercatori, neolaureati che venivano da tutto il mondo per lavorare all’Olivetti, per
studiare l’informatica, per progettare nuovi prodotti. Una parte di questo patrimonio ha poi
fatto crescere altre imprese sul territorio, ma quel periodo è finito da tempo. Purtroppo le
crisi continue, i tagli, le chiusure hanno distrutto l’impresa e oggi ci sono ingegneri ex
Olivetti finiti a organizzare i turni dei ragazzi dei call center».
È inutile oggi, almeno in questa sede, ricercare responsabili o colpevoli però si potrebbe fare
un bel seminario sulla fine delle fabbriche Olivetti. Fabrizio Bellino, segretario della Fiom di
Ivrea, ci aiuta a fare l’elenco, è impressionante. Racconta: «L’impianto di Scarmagno, qui
vicino, produceva computer e sistemi, aveva 6mila occupati, chiuso e diviso tra altre aziende di
varia natura. San Bernardo, stampanti, 2mila addetti, chiuso. Agliè, 500 lavoratori, copiatrici,
chiuso. Chiuse le linee di Ivrea, fermati gli impianti di Crema, Pozzuoli, Marcianise e Leinì...
per non parlare delle fabbriche all’estero». Una domanda almeno s’impone: l’Olivetti nel 1987
aveva 58mila dipendenti, scendono a 40.500 nel 1992, oggi sono 558, cosa è successo? Nel 1992-‘93
all’epoca di una profonda crisi economica, il Parlamento approvò la cosiddetta legge Olivetti con
la quale gli esuberi industriali potevano essere trasferiti alla pubblica amministrazione. I
lavoratori del gruppo si opposero a questa proposta. Certo, il capitalismo esce dalle sue crisi
con ristrutturazioni e tagli dolorosi, ma il bilancio dell’Olivetti è troppo duro. Oggi ci sono
tecnici, impiegati e ingegneri, gli operai, per sicurezza, li hanno eliminati quasi tutti. Sono
rimasti una quarantina.
113
Giuseppe Vittonatti è stato assunto nel 1988, è uno dei più giovani, ha 44 anni e 4 figli.
Racconta: «Mi sono diplomato all’Itis Camillo Olivetti, poi ho studiato al Centro di tecnologie
informatiche Carlo Ghiglieno. Entrare all’Olivetti era lo sbocco naturale per ogni studente.
L’azienda telefonava a casa, offriva l’assunzione ben prima che arrivasse il diploma. Sono legato
all’Olivetti informatica, la trasformazione in azienda di telecomunicazioni non mi ha mai
convinto. A un certo punto, negli anni Novanta, tutti gli investimenti sono stati indirizzati
alle telecomunicazioni. Ai computer, ai sistemi, ai servizi sono stati tolti tutti fondi. La
creazione di Omnitel, il suo successo, non sono bastati a dare un futuro al gruppo e poi la
scalata di Olivetti a Telecom Italia è stata per noi solo un’illusione, una speranza di breve
durata perché sapevamo, e ne abbiamo avuto la conferma, che la nostra cultura industriale non
poteva integrarsi con quella di Telecom, eravamo due mondi diversi». A Ivrea c’è ancora
l’edificio dove mosse i primi passi Omnitel, ultima intuizione di Carlo De Benedetti prima che
arrivasse la bufera che lo costrinse a lasciare la guida dell’Olivetti nel 1996. Omnitel è stata
probabilmente la più bella impresa italiana creata da zero dell’ultimo quarto di secolo, oggi è
dentro Vodafone e il marchio della multinazionale, guidata dall’italiano Vittorio Colao, domina
il vecchio palazzo della svolta telefonica d’Ivrea. L’Olivetti, invece, che ha scalato Telecom
Italia oggi, dopo fusioni, scissioni, riorganizzazioni, è controllata dall’ex monopolista
pubblico dei telefoni.
Speranze? Progetti? Daniela Franchino è stata assunta all’Olivetti nel 1985. Lavorava alla Op
Computer, ceduta a un affarista americano in tutta fretta perché i computer perdevano un sacco di
soldi. Ricorda: «Se penso che i nostri tecnici andavano a Cupertino, in California, portavano
idee nuove... È così deludente. Se l’Olivetti vuole avere un futuro deve almeno mantenere i suoi
grandi clienti nel settore bancario, sviluppare le stampanti e le nuove macchine per le
scommesse, per i bolli, per i giochi, per gli assegni dematerializzati. Certo oggi si vive male,
non ci sono certezze né progetti imprenditoriali che possano far pensare a una svolta. Nessuno
investe più un euro nel Canavese e la gente se ne va mentre una volta Ivrea attirava giovani da
tutte la parti». La città, la vecchia capitale dell’Olivetti, perde abitanti. E molti fanno i
pendolari. Si è creato negli ultimi anni un flusso di pendolarismo qualificato, ingegneri e
tecnici, verso Milano. Si va a Santhià a prendere il treno e via verso la città. I treni sono
spesso in ritardo, i passeggeri protestano.
114
Firmato l'accordo per i lavoratori della "Olivetti I-jet", che andranno nei call center di "Telecom"Martedì, 19 Giugno, 2012 - 17:30redazione 12vda.it
Finiranno probabilmente in un call center del gruppo "Telecom" cento dei 162
dipendenti della "Olivetti I-Jet" di Arnad, che cesserà la produzione entro la fine
dell'anno.
L'accordo firmato con i sindacati nella giornata di martedì 19 giugno, che sarà
ratificato il prossimo lunedì 25 al Ministero del lavoro e delle politiche sociali,
prevede l'avvio, dal 1° luglio, della "cassa integrazione straordinaria" per due
anni (eventualità che, con la riforma del lavoro del ministro Elsa Fornero, non si
sarebbe più potuta applicare) e, contestualmente, l'avvio della mobilità e della
ricollocazione dei primi cinquanta lavoratori.
Altri cinquanta dipendenti verranno spostati, entro il 2014, in altre aziende del
gruppo mentre per altri venti non è esclusa la possibilità del trasferimento alla
"Olivetti SpA", attualmente ospitata nello stesso fabbricato della "Olivetti I-
Jet", che produce testine ad aghi, utilizzate in numerose stampanti installate in
uffici postali e banche.
La situazione più problematica è quella dei dirigenti dei "quadri" e dei lavoratori
altamente specializzati dei quali si occuperà un'azienda esterna nel cosiddetto
"outplacement", che cercherà loro, fondamentalmente, un nuovo lavoro consono alle
loro competenze.
Buona parte dei 77 valdostani assunti alla "Olivetti I-Jet" dovrà quindi spostarsi
fuori Valle per continuare a lavorare, probabilmente ad Ivrea, nella sede della
"Advalso", azienda dedicata alla progettazione
115
ed erogazione di servizi e soluzioni di "caring" specializzato anche se non è
escluso che ad altri lavoratori vengano proposte soluzioni lavorative a Roma o a
Carsoli, in provincia dell'Aquila: da anni il "call center" aostano che si occupava
del "customer care" della clientela francese è stato chiuso e, come altri,
trasferito in India, dove il costo della manodopera è più conveniente.
E' quindi rimasta inascoltata la lettera che i lavoratori hanno inviato a "Telecom
Italia", proprietaria del marchio "Olivetti", chiedendo di «recedere dalla decisione
di liquidare l'azienda, che comporta la perdita, per l'Italia, di uno dei suoi poli
di eccellenza tecnologica, la perdita di quasi duecento posti di lavoro, difficoltà
in alcuni casi insormontabili per le aziende che hanno sviluppato i nuovi prodotti
sulla tecnologia "Olivetti I-Jet" e la scomparsa delle "start up" nate sui progetti
europei».
I lavoratori hanno trovato la solidarietà di Laura Olivetti, figlia del patron del
polo industriale canavesano, Adriano Olivetti, e presidente della fondazione
intitolata a suo padre che, lo scorso 13 giugno, a Torino, nel corso del convegno
"La Fabbrica al tempo di Adriano Olivetti" ha pubblicamente espresso il suo
personale rammarico per la chiusura dello stabilimento valdostano.
Ad Arnad la produzione di cartucce di inchiostro per fax e stampanti "Olivetti"
proseguira fino alla fine del 2012: sono previsti ordini per oltre 700mila pezzi, ma
nonostante questo, lo stabilimento valdostano, continua a presentare bilanci in
perdita.
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