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testata iscritta al n.15/2016 del Registro della stampa del Tribunale di Catania
anno I numero 3, ottobre – dicembre 2016 ISSN 2499-9326
© Accademia Nazionale Cerimoniale Immagine e Comunicazione (A.n.c.i.c.)
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Rivista scientifica trimestrale
di Cerimoniale, Immagine e Comunicazione
ISSN 2499-9326
Anno 2016 – Numero 3
e s t r a t t o
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Segreteria di redazione Alessandro D'ALIO, Chiara LEANZA,
Martina MIGNOSA, Adriano NICOSIA,
Valentina SPITALERI
Editorial Staff
Editor informatico Alfio NICOTRA
Computer Editor
SOMMARIO Anno 2016 – Numero 3
ORIGINE STORICA E SOCIOLOGICA DEL CERIMONIALE DI CORTE
Francesco Raneri pag. 1
I SERVIZI OFFERTI DALLA FARMACIA
Giovanni Puglisi pag. 19
THE SOCIOLOGY OF FIFA WORLD CUP: THE PERFORMANCE
OF MEDIA EVENTS INTO GLOBAL CULTURES
Maximiliano E. Korstanje pag. 28
L’OMICIDIO STRADALE
Luigi Ciampoli pag. 53
MINDFULNESS: VALUTAZIONE E TRATTAMENTO
Alice Caruso e Santo Di Nuovo pag. 60
Anno 2016 – Numero 3 60
MINDFULNESS:
VALUTAZIONE E TRATTAMENTO
Alice CARUSO
Santo DI NUOVO
Sommario
1. Origine storica e definizione – 2. La valutazione psicometrica della midfulness –
3. I trattamenti terapeutici basati sulla mindfulness – 4. La mindfulness è efficace?
– 5. Conclusioni
Abstract
L'articolo sintetizza le ricerche sulla mindfulness riguardanti sia gli aspetti cognitivi
e meta-cognitivi, sia le applicazioni in psicologia clinica e in quella delle
organizzazioni e del management.
Vengono descritti i criteri scientifici di valutazione e trattamento della mindfulness,
con riferimento agli strumenti e alle tecniche più diffuse.
Gli interventi basati su questo approccio hanno dimostrato di avere utili ricadute in
diversi ambiti e a livello sia individuale che organizzativo e per la gestione dei
processi complessi.
Keywords
mindfulness – psicometria – psicoterapia – organizzazioni
Autori
dott.ssa Alice CARUSO
Dottore di ricerca in Teoria e Storia dei processi formativi, Università di Cassino
e del Lazio meridionale
Consulente psicologa R.F.I.
Anno 2016 – Numero 3 61
prof. Santo DI NUOVO email: [email protected]
Ordinario di Psicologia. Direttore del Dipartimento di Scienze della Formazione,
Università degli Studi di Catania
Presidente Accademia di Belle Arti di Catania
Anno 2016 – Numero 3 62
1. Origini storiche e definizione
Il termine mindfulness nell'etimologia originale fa riferimento ad uno
stato caratterizzato da “presenza mentale” in cui da un lato i fenomeni
interni vengono visti come realmente sono (privi di un sé intrinseco, e
forieri di benessere o sofferenza), e dall’altro si fa distinzione tra i
fenomeni esterni e le proprie proiezioni e distorsioni mentali (Tsoknyi
1998; Uchiyama 2004).
Il fondatore dell’uso clinico moderno della mindfulness Jon Kabat
Zinn (1990, 2003) la definisce come la consapevolezza che emerge dal
porre attenzione al momento presente sospendendo il giudizio
valutativo: “il processo di prestare attenzione in modo particolare:
intenzionalmente, in maniera non giudicante, allo scorrere
dell’esperienza nel presente momento dopo momento” (Kabat-Zinn,
1994, p. 16).
La mindfulness è quindi caratterizzata da due componenti
strettamente interconnesse tra loro: l'abilità di dirigere l’attenzione al
momento presente (intenzionalità, autoregolazione dell’attenzione), e
l’attitudine con cui lo si fa, fatta di curiosità, apertura e accettazione
(Bishop et al., 2004). Queste componenti insieme permettono alla
persona di relazionarsi in una maniera mindful alle proprie esperienze,
con l'atteggiamento di essere presenti ad esse ma in modo non critico e
non ansiogeno.
In ambito cognitivista, la mindfulness è stata definita come una forma
di “insight meta cognitivo o consapevolezza meta cognitiva” intesa come
processo attraverso cui gli stati mentali (pensieri, emozioni, sensazioni
somatiche) sono vissuti in maniera decentrata (Teasdale et al. 1999,
2002). Questa consapevolezza meta-cognitiva corrisponde ad una
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modalità di relazione con i propri pensieri, emozioni, e sensazioni del
momento, caratterizzata dal decentramento e dalla dis-identificazione,
per cui la persona vive i propri stati mentali come stati mentali e non
come realtà ("il pensiero non è un fatto, né sono io").
La psicologia moderna – seppur tra le difficoltà di definizione di un
fenomeno estremamente complesso (Chiesa, 2013) - considera la
mindfulness come una specifica modalità di vivere l’esperienza interna
ed esterna con attenzione consapevole, accettandola momento dopo
momento così com’è, senza giudicarla e senza identificarsi nei propri
contenuti mentali. Si tratta dunque sia di uno “stato” mentale, sia di un
“tratto” in quanto attitudine generalizzata come stile di vita.
Nella ricerca sulla mindfulness possono distinguersi storicamente
due approcci fondamentali.
Il primo, tipicamente 'occidentale', deriva dal lavoro pionieristico di
Langer (1989) secondo cui la mindfulness si esprime attraverso la
differenziazione delle categorie e distinzioni pregresse, creando nuove
categorie discontinue dai flussi di eventi, e un apprezzamento più
sfumato di contesti e dei modi di risposta. All'interno di questa ottica, la
mindfulness può essere riferita ad una consapevolezza attiva e
prolungata di eventi ed esperienze in corso (Brown & Ryan, 2003).
Una concezione più 'orientale' della mindfulness, basata sul pensiero
buddista (Hede, 2010) centra l'attenzione sugli eventi presenti e sulla
coscienza di ogni singolo momento, non reattiva e non giudicante, cioè
avalutativa (Weick & Putnam, 2006).
In entrambe le prospettive, la ricerca sulla mindfulness indica che
essa limita i funzionamenti negativi e migliora le prestazioni della mente
in ambiti di vita quali la regolazione del comportamento, la salute
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mentale e fisica, le relazioni interpersonali (Brown et al., 2007; Langer,
2009)1.
La mindfulness è stata applicata di recente anche al settore del lavoro
e delle organizzazioni, e specificamente alla gestione negoziale e allo
sviluppo delle potenzialità e della creatività, e a miglioramento della
qualità organizzativa e di vita lavorativa (Dane & Brummel, 2013; Reb
& Atkins, 2015).
In questa prospettiva, la mindfulness diventa una caratteristica
dell'organizzazione, che presta attenzione agli esiti dei processi che
avvengono al suo interno, come il clima di sicurezza (Butler & Gray,
2006), la creatività (Runco, 2007), l'innovazione e gli apprendimenti
(Levinthal & Rerup, 2006), le prestazioni individuali e collettive (Weick
& Sutcliffe, 2007).
2. La valutazione psicometrica della mindfulness
Esistono nella letteratura internazionale numerosi test sulla
mindfulness. La rassegna di Bergomi et al. (2013) ne elenca otto messi
a punto nell'ultimo decennio (nessuno dei quali risulta al momento
adattato e tarato in Italia):
Freiburg Mindfulness Inventory (FMI; Buchheld et al., 2001),
Mindful Attention Awareness Scale (MAAS; Brown & Ryan,
2003),
Kentucky Inventory of Mindfulness Scale (KIMS; Baer et al.,
1 Nell'ultimo decennio la mindfulness ha trovato ampia divulgazione anche in Italia, grazie alle traduzioni di
testi classici (Mace, 2008; Kabat-Zinn, 2014; Baer, 2006; Kabat-Zinn, Davidson e Dalai Lama Gyatso Tenzin,
2015), e per alcuni manuali curati da autori italiani (tra gli altri: Bulli e Melli, 2010; Didonna, 2009; Amadei,
2013; Toro e Serafinelli, 2015).
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2004),
Five Facet Mindfulness Questionnaire (FFMQ; Baer et al., 2008),
Cognitive and Affective Mindfulness Scale-Revised (CAMS-R;
Feldman et al., 2007),
Southampton Mindfulness Questionnaire (SMQ; Chadwick et al.
2008),
Toronto Mindfulness Scale (TMS; Lau et al., 2006),
Philadelphia Mindfulness Scale (PHLMS; Cardaciotto et al.,
2008).
Secondo lo studio comparativo di Bergomi et al. (2013) gli elementi
costituivi della mindfulness come analizzata da questi strumenti sono:
la capacità di osservare le esperienze, di denominarle e
descriverle, e di agire con consapevolezza;
la sospensione del giudizio e l’accettazione delle esperienze;
la capacità di accettare se stessi;
la disponibilità a esporsi alle esperienze, senza evitarle ma usando
un atteggiamento di accettazione;
la non-identificazione con le proprie esperienze;
la comprensione profonda.
Una scala appositamente predisposta per l'età evolutiva è la Child and
Adolescent Mindfulness Measure (CAMM: Greco et al., 2011) sviluppata
per misurare in età evolutiva (9-18 anni) le abilità di mindfulness:
capacità di essere consapevoli del momento presente, con un
atteggiamento non giudicante, aperto, e disponibile ad accettare i propri
eventi privati (emozioni, sensazioni e pensieri). La scala è composta da
10 item, ciascuno su una scala ordinale a 5 punti (da 4 = sempre a 0=
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mai). Punteggi elevati denotano scarse abilità di mindfulness. Nella
versione originale gli autori hanno evidenziato una struttura
monofattoriale; le proprietà psicometriche della CAMM sono state
studiate anche in Italia (Ristallo et al., 2015).
Alcuni strumenti sono stati applicati in particolare al contesto
lavorativo:
School Mindfulness Scale (M-Scale: Hoy et al., 2004), scala a 20
item basata su cinque aspetti del benessere organizzativo:
focalizzazione sugli errori, non semplificazione dei problemi,
sensibilità al processo di insegnamento-apprendimento, impegno
per la resilienza, affidamento all'esperienza nella soluzione di
problemi.
Mindfulness Organizing Scale (MOS), scala a 9 items costruita e
validata da Vogus and Sutcliffe (2007) in base alla già citata
letteratura sulla mindfulness nelle organizzazioni lavorative. Le
dimensioni comprese negli item originali sono: Preoccupazione del
fallimento; riluttanza a semplificare le interpretazioni; sensibilità
alle operazioni; impegno per la resilienza, deferenza verso
l'expertise. La scala è stata usata a scopi di ricerca (Golzio et al.,
2014) e validata sul piano psicometrico da Ausserhofer et al. (2013)
e in Italia da Magnano et al. (2016), che in base a verifiche statiche
e psicometriche hanno trovato più valida una versione di 8 items.
3. I trattamenti terapeutici basati sulla mindfulness
Nel corso degli ultimi anni, sono stati definiti in ambito clinico diversi
trattamenti psicoterapici basati sulla mindfulness o che includono la
pratica della mindfulness all’interno di un set più ampio e articolato di
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metodiche e tecniche di trattamento.
Tali approcci non si propongono il controllo dei pensieri o la
sostituzione delle immagini negative del passato, del presente o del
futuro con immagini positive, ma incoraggiano i pazienti a sperimentare
sentimenti di delusione e di rimpianto, semplicemente di 'esserci' (Segal
et al., 2002). Considerata la tipologia di interventi, si comprende come
questo tipo di tecniche possano essere inserite specialmente - ma non
solo - nelle terapie cognitive (Crane, 2009).
La pratica della mindfulness, all’interno dei protocolli di trattamento
di salute mentale, viene attuata indipendentemente dalle sue tradizioni
religiose e culturali (Kabat-Zinn, 1982, 2003; Linehan, 1993b). Siegel
(2007, 2010) partendo dagli studi sul funzionamento cerebrale durante
l'attivazione della mindfulness, ha suggerito pratiche da applicare alla
vita quotidiana per problemi della vita quotidiana. Le applicazioni della
mindfulness alle tecniche psicoterapeutiche sono state presentate con
precise linee-guida che permettono di adeguarsi alle caratteristiche del
terapeuta, alle esigenze e alle condizioni del paziente ed alla situazione
clinica, consentendo un trattamento individualizzato (Pollak et al.,
2014).
I principali approcci mindfulness-based strutturati e almeno in buona
parte validati con evidenze empiriche sono:
Acceptance and Commitment Therapy (ACT: Hayes et al., 1996;
Hayes e Strosahl, 2004), che incoraggia i pazienti ad accettare,
invece che controllare ad ogni costo, le sensazioni e le situazioni
spiacevoli.
Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR: Kabat-Zinn, 1990),
un corso di addestramento alla mindfulness con molteplici
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applicazioni nel campo della salute fisica e mentale;
Dialectical Behavior Therapy (DBT: Linehan, 1993a, 1993b), è
diventata uno fra i trattamenti principali per il disturbo borderline
di personalità e viene utilizzata in generale per la regolazione degli
affetti;
Mindfulness-Based Cognitive Therapy (MBCT: Segal et al., 2002),
un adattamento del protocollo MBSR che implementa le tecniche
della terapia cognitiva per prevenire le ricadute nel trattamento
della depressione;
Mindfulness-Acceptance Commitment (MAC: Gardner & Moore,
2007), tecnica che ha trovato recenti applicazioni anche nello sport.
Jon Kabat-Zinn, il medico statunitense che ha sviluppato il protocollo
di riduzione dello stress, chiamata Mindfulness-Based Stress Reduction
(MBSR), ne definisce così l'essenza: “Questo lavoro coinvolge
soprattutto la regolare e disciplinata pratica di consapevolezza del
respirare, momento per momento o presenza mentale, la completa
accettazione di ogni momento della vostra esperienza, buono o cattivo
che sia nuovi e non abituali alle sfide della loro vita”. Il programma
MBSR utilizza la consapevolezza corporea del respiro per gestire lo
stress, l’ansia, la depressione e il dolore.
Una delle pratiche essenziali dei training della Mindfulness, collegata
con la consapevolezza corporea, è l’esplorazione delle sensazioni fisiche
con la pratica del body scan. Uno degli obiettivi principali di questa
pratica è il raggiungimento di una consapevolezza dettagliata di
ciascuna parte del corpo. In questo contesto, si impara a mantenere
l’attenzione concentrata per un lungo periodo di tempo, e questo aiuta
anche a sviluppare la concentrazione, la calma, la flessibilità
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dell’attenzione e la consapevolezza. Il body scan dà l’occasione di
praticare portando sul corpo una particolare consapevolezza,
caratterizzata da curiosità e a-valutatività (Segal et al., 2006).
Si può, quindi, considerare la consapevolezza corporea una
componente fondamentale della pratica della Mindfulness che
coinvolge anche gli aspetti cognitivi. Sganciare l’attenzione dai modelli
abituali senza reprimerli o tacitarli è un’azione sottile e può richiedere
molta pratica. La pratica della Mindfulness enfatizza la possibilità che,
quando si scopre la tendenza ad impegnarsi in una lotta tra un pensiero
(“perché ho detto questo?”) e un altro (“questo è un pensiero sciocco?”),
si può sempre scegliere di fare attenzione a come i pensieri e le emozioni
influenzano il nostro corpo, evitando di valutarli.
La consapevolezza del corpo ci aiuta a sperimentare un diverso modo
di essere. Prendere consapevolezza di una sensazione fisica modifica la
natura dell’esperienza emozionale e dà più scelta su come rispondere a
quello che accade “qui e ora”. Se diventiamo consapevoli di reagire
emozionalmente a qualcosa, il nostro corpo può dirci qualcosa della
nostra relazione con queste emozioni. Prestare attenzione al corpo ci
offre un altro “luogo” da cui osservare le cose, una posizione di
osservazione diversa e favorevole da cui rapportarsi ai pensieri. Se
vogliamo ottenere una capacità prospettica sui pensieri e le emozioni, e
vogliamo davvero “essere dentro” il nostro corpo, allora abbiamo questo
luogo diverso da cui stare a guardare i pensieri e le emozioni, invece che
soltanto nella nostra testa. Il corpo diviene, quindi, una finestra aperta
sulla mente (Segal et al., 2006).
Altri ricercatori hanno fornito dei modelli teorici a sostegno dei
tentativi volti a integrare gli approcci basati sulla mindfulness e
l’accettazione (mindfulness / acceptance-based treatments) nei
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trattamenti cognitivi e comportamentali di una vasta gamma di
sindromi cliniche, come il disturbo del comportamento alimentare
(Kristeller & Hallett, 1999; Telch et al., 2001) e le dipendenze
patologiche (Bowen et al., 2011). Così, dal programma generale MBSR
sono stati derivati diversi Mindfulness Based Interventions (MBIs), con
alcune caratteristiche comuni: pratica meditativa, lavoro di gruppo ma
responsabilità individuale. Tra questi, i programmi Mindfulness-Based
Relapse Prevention per le dipendenze proposta da Bowen, Chawla e
Marlatt (2011), il Mindfulness-Based Eating Awareness Training di
Kristeller, Baer e Quillian-Wolever (2006), il Mindfulness-Based
Childbirth and Parenting formulato da Bardacke (2013), la
Mindfulness-Based Elder Care di McBee (2008) applicabile ad anziani
con problemi e ai loro caregivers, e il programma Mindfulness-Based
Relationship Enhancement sviluppato da Carson, Carson, Gil e Baucom
(2004).
4. La Mindfulness è efficace?
La mindfulness ha un'azione incisiva a livello neurofisiologico;
secondo Siegel (2007) essa coinvolge in uno stato integrato tra regioni
diverse del cervello: aree della corteccia e subcorticali (sistema limbico
e tronco encefalico). Questa integrazione neuronale, in parte coordinata
dalle aree frontali, è essenziale per indurre l’equilibrio fondato
sull’autoregolazione e di conseguenza il benessere della persona.
Tradizionalmente l'efficacia sulle abilità cognitive delle tecniche di
mindfulness è stata verificata mediante prove di tipo neuropsicologico
(Chambers et al., 2008). In particolare, sono stati registrati significativi
miglioramenti nella flessibilità e stabilità dell’attenzione selettiva e
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esecutiva, e in tempi più prolungati, anche nell’abilità di attenzione
sostenuta non focalizzata; anche la memoria di lavoro e le funzioni
esecutive traggono benefici dalle pratiche di mindfulness (Lutz et al.,
2009; Chiesa et al., 2011).
Più in generale, l’allenamento mentale ha effetti sulla distribuzione
delle risorse cerebrali: dopo alcuni mesi di intensa pratica meditativa
aumentano le capacità di focalizzare e ridistribuire le capacità attentive,
superando i fenomeni di ‘attentional blink’ ossia di cecità verso
determinati stimoli quando presentati in sequenza (Slagter et al., 2007).
Le possibili applicazioni cliniche di queste prove sperimentali sono
evidenti.
Per la loro efficacia nel modificare stati neurobiologici, le pratiche di
mindfulness trovano molteplici ambiti applicativi. Da tempo utilizzate
per l’alleviamento del dolore cronico (Kabat Zinn e al., 1985), sono state
rivolte alla gestione dello stress, alla riduzione dei disturbi d’ansia
generalizzata, alla riabilitazione dopo interventi cardiaci e oncologici; in
campo psichiatrico, al trattamento della depressione maggiore e delle
sue ricadute, ai disturbi da attacchi di panico, nei disturbi alimentari
(binge-eating), alla riduzione della sintomatologia del disturbo
ossessivo-compulsivo e delle dipendenze patologiche (Fulton et al.,
2005, Bowen et al., 2011).
Analizzando più in dettaglio questi ambiti, si rileva anzitutto
un'azione della mindfulness sulla riduzione dello stress (Garland,
2009). Secondo Jha et al. (2010) una sufficiente pratica di meditazione
può proteggere contro menomazioni funzionali associate a contesti ad
alto stress. In particolare nello stress si è dimostrata l’efficacia della
mindfulness nella riduzione del cortisolo (l’ormone dello stress) e del
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testosterone (aggressività e violenza), nella riduzione della tensione
muscolare e psichica con diminuzione di nervosismo, insonnia,
ipereccitazione. Shapiro et al. (2008) hanno confermato una riduzione
dello stress e un aumento dei livelli di benessere utilizzando la MBSR.
Diversi studi, alcuni mediante sintesi meta-analitiche della
letteratura, hanno evidenziato risultati rilevanti di interventi di
mindfulness nei disturbi correlati allo stress: Segal et al. (2002), Brown
(2003), Grossman et al. (2004), Hofmann et al. (2010), Piet & Hougaard
(2011) hanno verificato una diminuzione nei disturbi dell’umore e nelle
ricadute in stati depressivi. Arch e Craske (2006), hanno trovato una
migliore regolazione emotiva a seguito della respirazione consapevole;
questa regolazione ha riscontro in precisi parametri psicofisiologici
(Takahashi et al., 2005; Cahn & Polich, 2006). Jain e Shapiro (2007)
hanno condotto uno studio per dimostrare che la tecnica mindfulness di
consapevolezza può essere specifica nella sua capacità di “ridurre i
pensieri e i comportamenti di distrazione e di rimuginazione”, e che può
fornire un “meccanismo unico per la riduzione del disagio”.
La Mindfulness Based Cognitive Therapy può prevenire gli episodi
depressivi ricorrenti con un effetto migliore rispetto al placebo e analogo
a quello dei farmaci. L’obiettivo di questa terapia è aiutare le persone a
modificare radicalmente la loro relazione con i propri pensieri ed
emozioni e con le sensazioni fisiche, cioè con gli elementi che possono
contribuire alle ricadute depressive (Segal e al., 2006; Williams e al.,
2007).
Le ricerche cliniche hanno ampiamente dimostrato l’efficacia della
mindfulness, oltre che nelle maggiori malattie del nostro tempo (stress
e depressione) anche su diverse patologie correlate all’ansia, come crisi
di panico, disturbi ossessivo-compulsivi, disturbi post traumatici da
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stress.
Un training di meditazione si è rivelato efficace anche per il
trattamento dei disturbi alimentari (Kristeller et al., 2006) e per la
dipendenza dal fumo (Tang et al., 2013).
Sul piano preventivo, l’uso della mindfulness ha dimostrato una
buona efficacia nel facilitare il parto e la nascita (Bardacke, 2012), e
anche per ridurre l’ansia e la depressione materna in gravidanza (Vieten
e Astin, 2008). Beddoe et al. (2009) hanno dimostrato che la
mindfulness produce una diminuzione del dolore pelvico tipico dei mesi
finali della gravidanza. Ridurre l’ansia materna in gravidanza mediante
la mindfulness ha anche ripercussioni positive sullo sviluppo del
temperamento e dello sviluppo socio-emotivo del bambino (Van de
Heuvel et al., 2015).
In definitiva, esiste un consistente corpus di ricerche che attestano
consistenti effetti clinici medici e psicologici dovuti alle diverse tecniche
di consapevolezza di Sé, e mostrano un’assenza di effetti collaterali
(Manzoni et al., 2008). Le tecniche di mindfulness sono entrate
pertanto a pieno titolo nel repertorio delle terapie cognitivo-
comportamentali (Crane, 2009; Herbert et al., 2011; Felder et al., 2012).
Numerose applicazioni della mindfulness sono state riferite al campo
sportivo. Tecniche di concentrazione dell'attenzione al momento
presente sono presenti nel mental training, diffuso in molte discipline
sportive e negli allenamenti individuali e di squadra (Jackson &
Csikszentmihalyi, 1999; Ravizza, 2002;). Si evitano così distrazioni
interne ed esterne, influenzamenti di ideazioni disfunzionali riguardanti
il passato (di tipo potenzialmente depressivo) o di previsioni future,
generanti ansia: tutti elementi che pregiudicano la prestazione sportiva
Anno 2016 – Numero 3 74
a livello sia agonistico che amatoriale (Aherne et al., 2011; Gardner &
Moore, 2012).
Il programma Mindful Sport Performance Enhancement (MSPE) è
stato messo a punto specificamente per gli atleti e ne è stata verificata
l'efficacia nel migliorare il flusso di consapevolezza, l'attenzione,
l'emotività e altri fattori fisiologici (Pineau et al., 2014).
È stata verificata l'efficacia della mindfulness anche nel coaching
(Hall, 2013) e nel campo dell'insegnamento e dell'educazione (Flook et
al., 2013; Jennings et al., 2013). In particolare, è stato provato l’effetto
sulle funzioni esecutive di bambini di scuola primaria (Flook et al.,
2010). Rendere i bambini consapevoli dei propri funzionamenti
cognitivi ed emotivi è l’obiettivo del programma MindUp. Particolare
efficacia ha la mindfulness nel ridurre i sintomi dell’iperattività
(Smalley et al., 2009): mediante esercizi di consapevolezza corporea e
sensoriale, di respirazione, i bambini iperattivi imparano a concentrarsi,
ad autocontrollare l’impulsività e ad inibire le risposte automatiche.
Parallelamente al lavoro con i bambini, è possibile proporre alle famiglie
un percorso di Mindful Parenting.
Anche con adolescenti programmi educativi basati sulla mindfulness
favoriscono il benessere e la competenza socio-emotiva (Schonert-
Reichl e Lawlor, 2010). In questi programmi l’insegnante assume il
ruolo di facilitatore delle emozioni positive, mediante lezioni giornaliere
di training di focalizzazione mirata dell’attenzione.
Nel campo del lavoro una buona utilità ha dimostrato la mindfulness
organizzativa: essa presta attenzione ai possibili fallimenti, comprende
i contesti senza interpretazioni semplificatrici, integra queste
comprensioni in un quadro sempre aggiornato e 'presente', riconosce
Anno 2016 – Numero 3 75
l'inevitabilità di ostacoli e momenti di crisi cercando di rispondere in
modo resiliente, affida all'expertise piuttosto che all'autorità le decisioni
importanti (Vogus and Sutcliffe, 2012). Ricerche ulteriori sono in corso
per verificare questi benefici organizzativi in aziende di diversa tipologia
e dimensione, e con diverse modalità di leadership e gestione del
personale.
5. Conclusioni
Va ribadita l'importanza dello studio della mindfulness – con i criteri
scientifici di valutazione e trattamento descritti in questo articolo - nella
comunicazione, specie applicata al management. Questo approccio può
avere infatti utili ricadute in ambiti diversi, a livello sia individuale che
organizzativo e per la gestione dei processi complessi.
Come sottolineano Weick e Sutcliffe (2007), la mindfulness è un
potente strumento per governare l'inatteso e attuare prestazioni
resilienti in un'epoca di incertezza e forti spinte al cambiamento, spesso
accompagnate da disorientamenti e malesseri che potrebbero condurre
a vere e proprie patologie sia nelle persone che nei gruppi sociali.
Anno 2016 – Numero 3 76
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