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BIBLIOGRAFIA Masaaki Imai - Gemba Kaizen: A Commonsense Approach to a Continuous Improvement Strategy – Second Edition Jun 13, 2012 Mike George e David T. Rowlands – Che cos’è la Lean Six Sigma? - 31 dic. 2005 Jeffrey Liker e James K. Franz - The Toyota Way to Continuous Improvement: Linking Strategy and Operational Excellence to Achieve Superior Performance - 15 apr. 2011 Pagina 1

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Page 1: BIBLIOGRAFIA Masaaki Imai - GembaKaizen: A Commonsense … · 2018. 9. 24. · BIBLIOGRAFIA • Masaaki Imai - GembaKaizen: A Commonsense Approach to a Continuous Improvement Strategy

BIBLIOGRAFIA

• Masaaki Imai - Gemba Kaizen: A Commonsense Approach to a Continuous Improvement

Strategy – Second Edition Jun 13, 2012

• Mike George e David T. Rowlands – Che cos’è la Lean Six Sigma? - 31 dic. 2005

• Jeffrey Liker e James K. Franz - The Toyota Way to Continuous Improvement: Linking Strategy

and Operational Excellence to Achieve Superior Performance - 15 apr. 2011

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Quali sono le caratteristiche distintive dei due approcci (BPR e CI)? Proviamo a considerare ciò che

hanno in comune: la finalità di incrementare le prestazioni dei Processi aziendali. Ciò che invece

distingue i due approcci è la dimensione dell’incremento ottenuto, molto elevata per ogni singolo

progetto BPR e … molto elevata anche con il CI, ma, in quest’ultimo caso, la dimensione

dell’incremento è elevata poiché vi concorre un numero elevato di piccoli progetti.

Una differenza di fondo che distingue i due interventi è la seguente: il BPR consente di riorientare (di

ripensare) in modo radicalmente nuovo un Processo che non è più in grado di rispondere alle esigenze

del Business. Ciò può essere dovuto a:

• un deficit di tipo tecnologico – la prevalenza di attività transazionali basate su procedure manuali

anziché su procedure informatizzate;

• un assetto organizzativo incoerente – lo sviluppo di nuovi prodotti affidato alla sequenza di attività

di tipo funzionali anziché l’adozione di team interfunzionali coordinati da un Project Manager;

• un modello di Business superato – ad esempio: una rete di vendita tradizionale costituita da

rappresentanti, agenti e centri di distribuzione, in un mercato che abbia già trasferito sul web la

quota più rilevante delle transazioni commerciali.

In un Processo inadeguato, obsoleto, il Miglioramento Continuo produce risultati utili, ma non

significativi. AL contrario, si rischia di indurre nell’organizzazione un senso di frustrazione generato

dall’evidenza della relativa inutilità dell’impegno profuso.

Su un Processo reingegnerizzato – impostato correttamente – dovrà comunque essere avviato un

Processo di Miglioramento Continuo al fine di assicurare il mantenimento nel tempo del livello di

competitività necessario per lo sviluppo dell’azienda. Pertanto, il percorso virtuoso che si può (e si

deve) seguire è quello che alterna un progetto BPR con l’attività del CI.

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L’installazione di un sistema ERP (Enterprise Resources Planning) costituisce un esempio molto efficace

di progetto PBR poiché l’adozione di un nuovo sistema informatico gestionale (se realizzato

correttamente) promuove una revisione profonda delle procedure organizzative ed ha una ricaduta

molto importante in termini di riduzione dei livelli gerarchici.

Sviluppo di nuove linee di Business o di nuovi mercati come pure le variazioni strutturali apportate ai

processi produttivi (integrazione verticale o de-verticalizzazione) sono progetti (interventi) che

modificano radicalmente l’organizzazione di una impresa.

In generale, le caratteristiche distintive di un progetto BPR sono le seguenti: è un progetto che si pone

obiettivi di rilevanza strategica per il Business; che tende ad introdurre semplificazioni drastiche nella

struttura gerarchica dell’organizzazione ed è sempre condotto con una impostazione top-down (diretto

dal vertice aziendale).

I progetti CI hanno, generalmente, un ambito di intervento più limitato, una durata temporale ben

definita e breve, una buona numerosità dei progetti ed una diffusione su tutte le aree organizzative.

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Entrambe le tipologie di intervento (BPR e CI) sono fortemente volute (commitment) dall’alta direzione.

Nel caso del BPR, l’avvio del progetto ha motivazioni legate alla necessità di colmare un gap evidente

nei confronti di un competitor o a stabilire un vantaggio competitivo rispetto allo stesso. La scelta del

Top Management viene «declinata» ai livelli inferiori con meccanismi di coinvolgimento che prevedono,

per lo più, lo svolgimento di attività operative finalizzate all’implementazione delle soluzioni adottate

dall’azienda.

Nel caso del CI, il ruolo svolto dalle risorse interne dell’azienda è decisamente più proattivo. A parte la

formulazione degli indirizzi strategici – che per entrambi parte del vertice aziendale – il CI è incardinato

sulla struttura del Middle Management cui spetta il compito di individuare i progetti di miglioramento,

assegnarli ad un Team Leader e monitorarne lo svolgimento intervenendo quando si presenti la

necessità di facilitare il superamento di ostacoli organizzativi.

Un Progetto BPR, in generale, ha un carattere fortemente innovativo e, per questa ragione, spesso, si

avvale del contributo di esperti esterni all’organizzazione che concorrono alla realizzazione del progetto

conferendo il proprio Know How specialistico.

Il CI può fare ricorso a competenze specialistiche esterne per acquisire la metodologia di lavoro, che

dovrà essere condivisa dai diversi Team di progetto, e/o per definire l’assetto organizzativo che dovrà

sostenere tutto il programma di CI (pianificazione, controllo dei progetti, misura delle performances e

sistema di incentivazione dei Team).

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Gli esempi riportati nella tabella fanno riferimento all’impiego di alcune tecniche che verranno

richiamate nella seconda parte del corso. Per una lettura meno «arida» di alcune di queste tecniche

riportiamo una breve guida:

• Push/Pull – si tratta di due impostazioni alternative nel controllo del flusso produttivo. La prima

adotta il modello della pianificazione e programmazione delle attività da svolgere; nella seconda, il

consumo effettivo di un oggetto (prodotto o servizio) abilita la fase a monte a ripristinare

quell’oggetto.

• ERP, CIM, Knowledge Sharing – si tratta di sistemi di automazione applicati alla gestione (Enterprise

Resources Planning), all’automazione dei Processi produttivi (Computer Integrated Manufacturing),

alla capitalizzazione e condivisione del Know How aziendale

• TRIZ – acronimo russo traducibile come «Teoria della soluzione inventiva dei problemi», è una

modellizzazione dei processi generativi delle invenzioni

• Design for xxx – approcci innovativi alla progettazione. Ad es: design for manufacturability; design for

assembly; … ecc.

• Poca Yoke – termine giapponese che sta ad indicare i sistemi a prova di errore, dispositivi introdotti

nei processi aziendali al fine di prevenire scarti e non conformità

• Robust Design (Taguchi) – un approccio finalizzato allo sviluppo di prodotti le cui prestazioni risultino

sostanzialmente insensibili alle variabili di disturbo proprie del contesto in cui verrà impiegato il

prodotto

• DOE – Design of experiments. Tecnica che consente di individuare la configurazione ottimale dei

parametri di progetto

• 6σ – espressione che fa riferimento al livello di variabilità-incertezza dell’output di un Processo.

Quanto maggiore è il livello σ di un Processo, tanto minore è il numero delle non conformità

riscontrate nell’output di quel Processo.

• 5S – tecnica di origine giapponese, finalizzata al mantenimento dell’ordine e della pulizia nei reparti e

negli uffici.

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I progetti di miglioramento possono essere assimilati alle ristrutturazioni degli ambienti di una casa.

Una famiglia che intenda migliorare la vivibilità o cambiare lo stile della propria abitazione si trova nella

seguente situazione:

• Ha ben presente la situazione attuale, in quanto è vissuta quotidianamente; può giudicare nel modo

migliore e oggettivo il grado di soddisfazione nei vari ambienti.

• In questo caso l’oggettività può essere data da indicatori che misurano come sia sfruttato lo spazio,

da misure perimetrali, dalla qualità degli arredi (condizioni generali e stato di usura), ecc.

• Le soluzioni, anche quelle potenziali non sono note a priori e la famiglia deve fare una scelta su

quale ambiente intervenire prima poiché ha un budget limitato.

• Nel nostro esempio, la scelta ricade sulla cameretta dei bambini perché non coerente con le attuali

esigenze familiari.

• Solo a questo punto, una volta scelto il progetto da portare avanti, la famiglia studia nei dettagli le

soluzioni che vadano incontro agli obiettivi prefissati: aumentare il numero di letti, sfruttare meglio

gli spazi, sostituire parte dell’arredo, …, modificare l’orientamento delle diverse componenti di

arredo.

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Il fenomeno della globalizzazione si manifesta, tra le tante altre evidenze, nella progressiva

convergenza dei «canoni del gusto» dei consumatori. Questo aspetto lo si coglie, ad esempio, nella

relativa uniformità delle linee delle auto – basterebbe sfogliare una rivista specializzata del settore

degli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso per notare la caratterizzazione forte dello stile proprio delle auto

nordamericane, di quelle giapponesi e, senza andare tanto lontano, di quelle dei singoli costruttori

europei.

L’internazionalizzazione ha portato a deverticalizzare e a delocalizzare non solo le unità produttive

delle aziende, ma anche (e soprattutto!) le direzioni commerciali, le strutture amministrative e

finanziarie, i centri di ricerca e sviluppo.

Nelle economie più avanzate (valutazione puramente economica), la domanda dei prodotti sta sempre

più lasciando spazio alla domanda di servizi. La domanda dei prodotti dell’industria manifatturiera

tende a configurarsi come una «domanda di sostituzione»: si acquistano prodotti per sostituire quelli

che hanno esaurito il proprio ciclo di vita a causa di guasti/malfunzionamenti o, sempre più spesso,

perché manifestano un gap di prestazione o un deficit di «immagine» rispetto ai nuovi prodotti.

I consumatori adottano processi decisionali sempre più sofisticati, difficili da intercettare o da

indirizzare. Il risultato di questo comportamento si traduce in una sempre maggiore differenziazione

della domanda fino a caratterizzare il nostro tempo, dal punto di vista dei consumi, come la stagione

della «customizzazione» di massa.

Infine, l’impatto determinato dalle nuove tecnologie – su tutte, la tecnologia digitale – sui Processi

produttivi di prodotti e servizi consente alle imprese di accedere a livelli di prestazione decisamente

molto elevati.

L’esito prodotto da questi quattro fattori di contesto è che le nostre organizzazioni hanno la necessità

di reperire sul mercato del lavoro competenze e professionalità più elevate. Queste figure - Talenti –

devono raccogliere la sfida che consiste nell’incrementare continuamente il valore trasferito al cliente.

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Nella impostazione classica, la progettazione di un sistema produttivo si presenta come la ricerca del

trade-off tra variabili (obiettivi) ritenuti tra loro conflittuali. Per esemplificare questo concetto

possiamo richiamare alcune affermazioni, tanto frequenti da essere entrate anche nella vulgata

comune: «La qualità non va d’accordo con la produttività!» e ancora: «il tasso di utilizzo degli impianti

(o della Manodopera) richiedono necessariamente di produrre per grandi lotti; di conseguenza, è

inevitabile accettare un livello delle scorte elevato», oppure: per assicurare un livello di servizio

adeguato alle richieste del mercato si devono mantenere elevati i livelli delle scorte».

Lo schema di figura ci permette di esemplificare l’interazione esistente tra le variabili: livello di servizio,

livello delle scorte e tasso di utilizzo delle risorse lavoro e impianti. Nella progettazione di un sistema

produttivo, la scelta – libera – di due variabili determinerà inevitabilmente il valore assunto dalla terza.

Il posizionamento del punto sul piano che descrive gli «stati di funzionamento» del sistema è

effettuato, di norma, in modo da ottenere un valore elevato per le variabili ritenute più critiche per la

competitività in quel dato settore di business. Nella figura, lo stato corrispondente al punto A’

presenta, rispetto ad A, un maggior livello di servizio al mercato ed una migliore efficienza delle risorse

(tasso di utilizzo). Ma, come è immediato osservare, tali risultati sono ottenuti con un forte incremento

delle scorte.

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Le prestazioni di costo e livello di servizio fornite da un sistema produttivo, sono descritte da una

curva che ha andamento di tipo esponenziale. I costi di produzione sono da intendersi come l’insieme

dei costi determinati dall’utilizzo delle risorse e dal costo del capitale immobilizzato in scorte.

I punti della curva descrivono gli stati di funzionamento ottimali del sistema. Al di fuori della curva, nel

versante alla sua sinistra, si verificano condizioni di inefficienza dell’utilizzo delle risorse lavoro e

impianti in quanto, a parità dei costi sostenuti, il livello di servizio ottenuto risulterebbe inferiore.

L’andamento esponenziale della curva si spiega con alcune semplici evidenze empiriche: per

aumentare il livello di servizio al cliente si potrebbe incrementare il livello delle scorte di sicurezza,

oppure si potrebbe agire sulla capacità produttiva (aumentando il tasso di insaturazione o

incrementando il costo del lavoro (lavoro straordinario). In entrambi i casi, l’incremento del livello di

servizio così ottenuto non sarebbe proporzionale all’incremento del costo. Infatti, il livello delle scorte

di sicurezza varia con un fattore K che dipende del livello di servizio (lds) che si desidera assicurare al

mercato: lds=50% , K=0; lds 97,5%, K=1,96.

Inoltre, com’è facilmente intuibile, la produttività del lavoro non si incrementa con l’aumentare del

suo costo.

La base su cui si fonda il Continuous Improvement è la seguente: il lavoro diffuso e coordinato da parte

di tutta la struttura organizzativa, porta a modificare i Processi aziendali, cioè produce l’effetto di

modificare la curva degli stati di funzionamento del sistema. L’insieme dei progetti di miglioramento

permette quindi di «trasferire» il sistema su curve sempre più vantaggiose, realizzando in tal modo

l’obiettivo di incrementare il livello di servizio a fronte di una riduzione dei costi.

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Rotazione delle scorte: giacenza media/consumo annuo

Lead Time: tempi di attraversamento dei Processi

Qualità: bontà del progetto e conformità del prodotto

Flessibilità: capacità di ridurre al minimo i transitori (passaggio da: un prodotto ad un altro; da una

mansione ad un’altra; da un volume produttivo ad un altro; … ecc.)

ROI: Risultato operativo/capitale investito

Livello di servizio: N° ordini cliente evasi puntualmente/Totale degli ordini clienti

Sprechi: sfridi, scarti, rilavorazioni, riparazioni in garanzia, ogni extra costo generato dal recupero di

errori e/o ritardi

Tempo di introduzione dei nuovi prodotti (Time to Market): Tempo necessario per progettare,

industrializzare e avviare in produzione un nuovo prodotto

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Lean Manufacturing indica un approccio sistemico alla Progettazione e Gestione dei sistemi produttivi

più innovativi. Essa deriva dal Toyota Production System, un modello di manufacturing elaborato da

Shigeo Shingo e Taichi Ohno in Toyota, implementato in quell’azienda a partire dal 1964 e completato

nel 1978. Attualmente, il riferimento al Toyota Production System è fatto proprio anche da sigle o

appellativi coniati da studi di consulenza internazionali o dalla pubblicistica di scuole di Management.

Le terminologie più diffuse sono: Just-In-Time production, World Class Manufacturing, Lean Thinking,

Dynamic Manufacturing, Produzione a Flusso Teso

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Le sigle che compaiono nella figura si riferiscono a tecniche e strumenti che consentono di

implementare il modello Lean.

TPM – Total Productive Maintenance. E’ un approccio evolutivo della manutenzione e consiste nella

implementazione di una politica di manutenzione complementare alle tradizionali politiche di

intervento: a guasto e a programma (preventiva). Questa nuova modalità di manutenzione è finalizzata

a «trasformare» gli operatori da conduttori di impianti/macchine a proprietari delle stesse. Uno degli

interventi riconducibili al TPM è la manutenzione condizionata o predittiva: l’operatore assicura il

monitoraggio attento della macchina su cui lavora ed individua il momento più opportuno per

effettuare gli interventi manutentivi

5S – sono le iniziali di 5 termini giapponesi che indicano una serie di attività finalizzate a mantenere

ordine e pulizia nel posto di lavoro. Ordine e pulizia portano ad aumenti medi di produttività pari al

15%

Sistemi Pull – sono sistemi e tecniche che consentono di regolare il flusso produttivo in modo da

sincronizzarlo con la domanda di mercato

Tempi di attrezzaggio – son i tempi di preparazione delle macchine (o del posto di lavoro) necessari per

passare dalla produzione di un articolo A quella di un articolo B. Poiché questi tempi costituiscono uno

spreco elevato, sono state messe a punto metodologie di intervento che consentono di ridurre tali

tempi e di aumentare considerevolmente il grado di flessibilità dei sistemi produttivi. (segue)

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Gestione «a vista» – si riferisce a tecniche e strumenti che consentono di trasferire ad ogni livello

dell’organizzazione gli obiettivi di prestazione e le informazioni necessarie per assicurare il corretto

indirizzo delle attività operative.

Celle di lavorazione – riorganizzazione delle macchine in accordo con il criterio della organizzazione

«per prodotto». In una cella di fabbricazione le macchine (tecnologie) vengono disposte in accordo

con la sequenza delle operazioni che devono essere effettuate su una «famiglia» di prodotti. Con le

celle di fabbricazione si ottengono riduzioni drastiche dei Lead Times di produzione.

Oltre a quelle sopra indicate esistono molte altre tecniche Lean che verranno approfondite in altri

corsi del terzo anno e nel percorso della Laurea Magistrale.

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Genesi del Six Sigma (da "IL FENOMENO SEI SIGMA" per gentile concessione dei Prof. P.Citti,

G.Arcidiacono)

Il primo passo della metodologia che ha preso il nome di Sei Sigma è stato nel 1979, quando, a

seguito della necessità di migliorare la qualità, la Motorola iniziò un progetto pilota per realizzare un

pager di concezione innovativa. Questo progetto venne affidato ad un gruppo di progettazione

indipendente, che comprendeva 23 ingegneri esperti di differenti settori; il suo capo era Mikel

Harry.

A questo gruppo fu data ampia autonomia a livello di organizzazione e di metodi applicativi. A

questo progetto collaborava anche Smith, un giovane ingegnere che poco tempo prima aveva

portato avanti delle ricerche su quella che è nota come “fabbrica nascosta”, ovvero sul costo legato

ai prodotti difettosi. L’ innovazione stava nel fatto che in un periodo in cui aumentare la qualità

significava incrementare i costi, fu dimostrato che migliorando la qualità del pager (precursore del

telefonino) e del suo processo produttivo si erano ridotti drasticamente i costi di quel prodotto.

Da questa prima esperienza, Mikel Harry produsse un documento che tracciava le linea guida per

migliorare la qualità dei prodotti e dei processi, il suo nome era “the yellow brick road to Six Sigma”.

Questo documento arrivò presto sulla scrivania dell’allora amministratore delegato della Motorola

Galvin che rimase entusiasta per i risultati ottenuti.

Nel 1990 Galvin chiese allora ad Harry di implementare la metodologia in tutta l’azienda, creando il

primo gruppo di ricerca sul Sei Sigma.

La metodologia divenne quindi una vera e propria filosofia operativa, in quanto tendeva non solo a

modificare, migliorandolo, un processo produttivo, ma anche a creare in ciascun addetto una

diversa consapevolezza dell’importanza del nuovo metodo operativo (segue)

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Questo portò a notevoli vantaggi economici per la Motorola ed al lancio a livello mondiale della

metodologia.

Nel 1994 Harry lasciò la Motorola per fondare la Six Sigma Academy, che ebbe come clienti GE ed

altre compagnie di rilevanza internazionale.

Oltre alla eccezionale esperienza di GE, il Sei Sigma si è sviluppato molto rapidamente nel mondo

industriale, soprattutto se si considera la giovinezza di questa metodologia.

Infatti molte aziende fra le più importanti l’hanno introdotta al loro interno. Alcuni esempi sono:

Motorola, Allied Signal, Polaroid, Sony, Honda, Texas Instruments, Canon, Hitachi, Lochkeed Martin,

Ericsson, Toshiba.....

Tipiche Metriche Six Sigma sono:

DPM - defects per million (PPM, DPPM) number of defected units X 1,000,000

total number of units

DPMO - defects per million opportunities

number of defects X 1,000,000

number of opportunities to fail x total number of units

RTY - rolled throughput yield (without rework) yieldstep 1 x yieldstep 2 x yieldstep 3 x …..

COPQ - cost of poor quality total labor, materials, and overhead costs attributed to imperfections in

the processes that deliver products or services that don’t meet

specifications or expectations of the customers

CTQ - critical to quality specific, measurable needs and requirements of the customer as related to

the process, product or service targeted for improvement

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La riduzione della variabilità dell’output di un Processo consente di ridurre le non conformità.

Un Processo «capace» è un Processo il cui output ha un livello di variabilità tale da assicurare

che il 99,99936 % dei prodotti rientrerà all’interno del limite di tolleranza concordato con il

cliente. Un processo è 6σ quando il valore medio della variabile oggetto di controllo (ad es: una

dimensione geometrica del prodotto) «dista» 6σ volte dal limite di specifica più vicino (LIS =

Limite Inferiore di Specifica; LSS = Limite Superiore di Specifica).

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Il modello organizzativo alla base di un programma di miglioramento continuo che adotti la

metodologia Lean Six Sigma prevede quattro figure chiave:

Il Champion – E’ il responsabile dell’indirizzo strategico del programma di miglioramento continuo.

Egli indica gli obiettivi prioritari dell’azienda e quindi stabilisce i criteri di approvazione dei progetti

che dovranno essere avviati.

Gli Sponsor, frequentemente i Process Owner dei Processi, identificano le aree di potenziale

miglioramento, e definiscono obiettivi, ambiti e risorse del progetto. Infine, affidano il progetto ad

un project Leader (Green o Black Belt)

Green e Black Belt sono figure chiave nella attuazione dei programmi di Miglioramento Continuo. La

formazione di questi project leader segue uno standard, definito a livello internazionale, che

comprende la frequenza di un corso teorico e il completamento di due progetti entro un anno dalla

conclusione del corso.

La dimensione dei programmi di Miglioramento Continuo varia da azienda ad azienda. In alcune

grandi imprese multinazionali, l’obiettivo indicato dal Top Management per i programmi di CI è di

qualificare a livello di Green Belt il 50% del personale e a livello di Black Belt l’1-2% del personale

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Il lead time può essere definito come il tempo necessario per lo svolgimento di una determinata

attività.

Nel contesto produttivo il Lead Time viene definito come il tempo impiegato dai materiali per

attraversare una determinata fase del processo produttivo.

Viene pertanto misurato come intervallo di tempo che intercorre dal momento in cui l’attività di

produzione è nella condizione di poter essere avviata* (ordine di lavoro rilasciato), al momento in

cui l’output del processo produttivo viene versato a magazzino.

Due sono le macro-attività principali per le quali vengono solitamente calcolati i Lead Times: la

fase di approvvigionamento e la fase di produzione.

Nel primo caso il Lead Time è inteso come il tempo intercorrente tra l’istante in cui si manifesta

con certezza il fabbisogno di materie prime e componenti e l’istante in cui i materiali ordinati al

fornitore sono disponibili nel magazzino dell’azienda.

Nel secondo caso, il Lead Time è il periodo di tempo che intercorre tra l’istante in cui i materiali per

la produzione sono disponibili a magazzino, e l’istante in cui il prodotto finito è disponibile per la

spedizione al cliente.

* E’ sottinteso che il rilascio dell’ordine di produzione coincide con l’effettiva disponibilità a

magazzino dei materiali necessari per l’avvio della lavorazione

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Nella figura sono riportate le diverse attività che compongono il Lead Time del Processo Logistico-

Produttivo di un determinato prodotto.

Le prime quattro attività sono finalizzate ad acquisire i materiali (materie prime e componenti) che

saranno impiegati nella realizzazione del prodotto finito. Tra queste, la fase relativa al rifornimento

(lead Time di fornitura) è contraddistinta con il colore giallo per indicare che non rientra

direttamente (nella maggior parte dei casi) tra le attività svolte dal personale dell’azienda.

Le dimensioni dei singoli elementi riportati in figura non corrispondono all’effettiva durata degli

stessi. La durata di ciascuna attività può variare notevolmente nelle diverse realtà aziendali. Essa

dipenderà dalle condizioni imposte dal mercato di approvvigionamento (lead times dei fornitori) e

da quello di vendita (livello di servizio atteso dal cliente), ma dipenderà, soprattutto, dalle scelte

organizzative e dai criteri di gestione adottati dalla singola azienda. Ad esempio, i tempi di

permanenza sullo scaffale (stoccaggio), sia per le materie prime che per il prodotto finito, sono

fortemente condizionati dalla «bontà» dei processi interni: in particolare, da quello di Pianificazione

e Programmazione delle risorse produttive e dal Processo di Produzione.

Nel quadro attuale della competizione far le imprese, la riduzione del Lead Time del Processo

Logistico-Produttivo costituisce per ogni azienda una delle opzioni strategiche prioritarie.

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Il Lead Time di Produzione ha alcune componenti comuni ad ogni tipologia di Processo (fabbricazione,

assemblaggio) e/o di settore industriale.

Nella figura sono utilizzate diverse colorazioni per indicare le singole fasi «interne» di ciascuna delle

operazioni. La lavorazione in senso stretto, intesa come l’insieme delle attività svolte su una postazione

di lavoro o su una macchina/impianto, è indicata con il colore azzurro. All’interno di questa lavorazione

possiamo distinguere le seguenti attività:

• Attrezzaggio (set-up) – preparazione della macchina per passare dalla produzione di un particolare A

ad un particolare B. Rientrano in questa attività il cambio dell’attrezzatura e degli utensili, la

regolazione della macchina e delle attrezzature, l’impostazione dei parametri o il caricamento del

programma software che consentirà di effettuare l’esecuzione della lavorazione

• Lavorazione 1° pezzo (avviamento) – è la realizzazione del primo pezzo del lotto di produzione.

Spesso, questa lavorazione è eseguita con modalità e tempi che si discostano sensibilmente rispetto

a quanto previsto per la produzione di quel particolare nelle condizioni a regime

• Attesa controllo 1° pezzo – la durata di questa attesa può dipendere dal fatto che l’operatore

incaricato del controllo (quando non coincide con l’addetto alla produzione) non sia

immediatamente disponibile, oppure che l’esecuzione del controllo richieda l’utilizzo di attrezzature

non disponibili sul posto di lavoro (ad esempio, attrezzature collocate nella sala metrologica o in un

laboratorio per esigenze di precisione/accuratezza della misura)

• Delibera 1° pezzo – E’ l’autorizzazione ad eseguire la lavorazione su tutti i particolari del lotto di

produzione. Può essere eseguito da personale diverso dall’operatore addetto all’attività di

produzione. Consiste nella verifica che il particolare prodotto è conforme a quanto prescritto. In

taluni casi, il controllo può/deve essere ripetuto sugli altri particolari del lotto con frequenza dettata

dai «piani di controllo» definiti dall’ingegneria di Processo. (segue)

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Il tempo netto di lavorazione, inteso come l’insieme delle operazioni che aggiungono valore al

prodotto, è una frazione molto piccola del Lead Time della lavorazione. Nel settore delle lavorazioni

meccaniche tale frazione varia dal 5 al 12% del Lead Time di Lavorazione

Come abbiamo visto, il Lead Time è determinato:

• dai tempi tecnici necessari per effettuare tutte le lavorazioni richieste dal prodotto (a loro volta

funzione delle tecnologie impiegate)

• dall’organizzazione del lavoro (competenze disponibili, divisione delle attività, dislocazione degli

impianti, …)

• dai criteri di gestione (frequenza di rilascio degli ordini di produzione, dimensioni dei lotti di

produzione, grado di personalizzazione dell’offerta, …)

adottati dall’azienda per realizzare un dato prodotto.

Se si confrontano tra loro il Lead Time ed il tempo tecnico di produzione (considerando unicamente il

tempo necessario per realizzare un prodotto, cioè escludendo i tempi di preparazione e la

dimensione del lotto) si ottiene una indicazione importante sulla qualità e l’efficacia del sistema di

produzione. Un’azienda è tanto più competitiva quanto più bassa è la differenza tra Lead Time e

Tempo Tecnico. La riduzione del Lead Time comporta sempre un aumento dell’efficienza (riduzione

costi di produzione) e dell’efficacia (aumento del livello di servizio al cliente).

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Il miglioramento continuo, è un processo che deve essere «guidato» dagli obiettivi strategici

dell’azienda. La scelta dei progetti da avviare deve essere guidata dalla necessità di riposizionare i

Processi aziendali su livelli di competitività più elevati. Guardando alla matrice riportata in figura, il

quadrante in alto a destra corrisponde a livelli di prestazione superiori al Best in Class. Il

raggiungimento di quel quadrante può essere ottenuto attraverso:

1. L’introduzione di un’innovazione tecnologica del Processo (nuovi impianti/macchine;

nuovi sistemi di gestione; un nuovo modello di business)

2. I risultati ottenuti con le attività dei Team di miglioramento (Learning Organizations)

3. La combinazione dei due contributi: innovazione tecnologica e miglioramento continuo

In sintesi, lo spostamento di un indicatore lungo l’asse orizzontale testimonia della qualità del

personale (motivazione, competenze, capacità di lavorare in team, coordinamento) sia a livello

operativo che a livello manageriale. A livello operativo sarà presente una buona capacità di problem

solving; a livello manageriale le qualità più evidenti saranno la capacità di identificare le aree di

intervento e l’efficace azione di coordinamento dei numerosi progetti di miglioramento.

Incrementi di prestazione realizzati sulla verticale, in generale, sono riconducibili ad un investimento

in tecnologia.

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