broadcast & production - numero 5-6/2014

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EDIZIONE ITALIANA DI RADIO WORLD & TV TECHNOLOGY Anno XVI - Numero 5/6 - Inverno 2014 SCOMMETTIAMO? PRIX ITALIA 2014: dove stanno andando la Tv e la Radio BVMedia: nuova sede e soluzioni per il broadcasting 3.0 Segnali Impossibili: al centro di Milano a caccia di frequenze LA FORTUNA AIUTERÀ GLI AUDACI Per informazioni e per il tuo pass gratuito per l’area expo Conferenza: 11-16 Aprile 2015 13-16 Aprile vai a pagina 16-17 1- 1 erenza: Conf 3 1 5 1 ile 20 6 Apr -1 ile 6 Apr 3-1 ai a pagina per l’area e per il tuo pass maz or er inf P v 7 xpo e o ratuit g zioni e 6-1 a 1

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Edizione completa e sfogliabile del numero 5-6/2014 di Broadcast & Production

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EDIZIONE ITALIANA DI RADIO WORLD & TV TECHNOLOGY

Anno XVI - Numero 5/6 - Inverno 2014

SCOMMETTIAMO?

PRIX ITALIA 2014:dove stanno andandola Tv e la Radio

BVMedia: nuova sedee soluzioni per il broadcasting 3.0

Segnali Impossibili:al centro di Milanoa caccia di frequenze

LA FORTUNA AIUTERÀ GLI AUDACI

Per informazioni e per il tuo pass gratuito

per l’area expo

Conferenza: 11-16 Aprile 2015 13-16 Aprile

vai a pagina 16-17

1 12/3/14 11:59 PM

1-1erenza: Conf

3151ile 206 Apr-1

ile6 Apr3-1

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INDICE INSERZIONISTIAldena Telecom. pag. 27Bel Power Europe pag. 33BitOnLive III cop.BLT Italia pag. 11BV Media II cop.Diem Technologies pag. 7Fischer Connectors pag. 25Italtelec pag. 39Lemo Italia pag. 21Lupo Light pag. 13M-Three Satcom I cop.Midiware pag. 9NAB Show pag. 5NAB Show pag. 16Network Electronics pag. 35Prase Engineering IV cop.Sitel pag. 37Tedes pag. 31

SommarioPresidente Steve PalmVice Presidente Carmel KingDirettore Vendite Eric Trabb

Direttore Responsabile e Publisher B&P Andrea Rivetta

Vendite Italia e CEORaffaella Calabrese

Produzione e diffusioneDagmar Hänle

Stampa e FotolitoTipografia Sady Francinetti di L. e S. Francinetti snc (MI)

NewBay Media Italy srl S. Felice - Prima Strada, 12 I -

20090 Segrate (MI) Tel. 02 92884940

[email protected] HeadquartersNewBay Media LLC

5285 Shawnee Road, Ste 100Alexandria - VA 22312 USA

Iscrizione al R.O.C.nr. 16523 del 23/10/2007

Registrazione presso il Tribunale di Milano

n. 275 del 16 aprile 1999Copyright

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Associato all’UnioneStampa Periodica Italiana

INFORMATIVA SULLA PRIVACY. Ai sensi dell’art.13, d. lgs 196/2003. I dati saranno trattati da NewBay Media Italy srl - titolare del trattamento - San Felice - Prima

Strada, 12 - 20090 - Segrate MI per gestire il servizio da voi richiestoci, per informarvi su iniziative e progetti, per inviare il catalogo prodotti, la rivista ed il materiale in-

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esclusivamente da NewBay Media Italy srl e dai responsabili preposti ai servizi connessi a quanto sopra, non saranno comunicati né trasferiti all’estero senza dietro

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cui consultare, modificare, cancellare i dati od opporsi al loro trattamento per l’invio di materiale informativo rivolgendosi al Responsabile del Trattamento, presso la

sede legale della Società NewBay Media Italy srl più sopra specificata.

OPINIONI&RUBRICHEI segnali impossibili 04

EVENTI&EXPO PRIX ITALIA 2014: La Televisone 10

PRIX ITALIA 2014: La Radio 29

FLASH&NEWSNeuman U47 fet 38

BVMedia 3.0 40

EDITORIALE.Nell’industria radiotelevisiva nazionale e locale è ormaial capolinea il sistema di comunicazione tradizionale, fatto di canaligeneralisti, il cui modello di business è sostenuto esclusivamentedalla pubblicità. Inutile girarci in giro: solo un radicale processo diadattamento alle mutate esigenze ed una propensione all’innova-zione radicale potranno permettere agli editori radiotelevisivi di man-tenere in vita le proprie imprese. Come sempre qualche eccezioneci sarà, ma la regola oggi è che solo una rivoluzione di tecnologia,linguaggio e capacità nel trovare adeguati ricavi permetteràla prosecuzione dell’impresa. In questo scenario, in costante mutamento, anche l’autocritica è dirigore: le riviste specializzate e i siti web informativi che “aspettano” ilvisitatore-lettore per raccontargli le novità, spesso “con tutta calma”rispetto alla realtà che corre veloce, sono decisamente obsoleti.

Scrivevo, nel mio primo editoriale, co-firmato dall’allora direttore DarioCalabrese, che era il momento di dire addio al caro buon vecchioMille (era il 1999) e salutare l’avvento del secondo Millennio. Tre lustrisono bastati a scardinare oltre un secolo di broadcasting tradizionale.Adesso è il momento di tirare le somme e affrontare l’approccio alfatidico 2020 (vedi il report dal Prix Italia) con quel giusto mix di inco-scienza e intraprendenza che i tempi ci impongono, mettendo ingioco ciascuno la propria esperienza e imboccando con fiducia edun pizzico di ottimismo il sentiero non ancora battuto.Buon 2015 (anzi, buon 2020) a tutti noi! ([email protected])

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O&RProsegue e qui si conclude il nostro resoconto dell’uscita fattaa Milano, sotto un violento acquazzone, in Piazza Gae Aulenti,considerata il fulcro della “skyline” del capoluogo lombardo: èuna piazza circolare di 100 metri di diametro situata accantoalla stazione Porta Garibaldi. Rialzata di 6 metri rispetto al li-vello della strada, è circondata da grattacieli di cemento ar-mato e acciaio: in teoria, una perfetta gabbia di Faraday. Lanostra solita antenna di misura Aldena ALP 1847710 avrebbereso le cose troppo facili: ci siamo dotati di una comunissimaantenna singola a stilo: meno di un metro quando la si mette“tutta fuori”, ma spesso noi la tenevamo tutta chiusa. Sesiamo a caccia di segnali impossibili, vediamo di complicaretutto quello che possiamo. Anche per lo strumento di misuraabbiamo fatto una scelta diversa dal solito: allo scopo diesplorare tutto quanto ci fosse nell’aria a frequenze “umane”(diciamo fino a 3 GHz) ci siamo dotati di un analizzatore dispettro 0-6 GHz di nobile ed autorevole stirpe teutonica.

SECONDO TEMPOLa scorsa puntata abbiamo visto cosa succede nelle bandepiù “classiche” del broadcast, vale a dire la banda FM e labanda TV. Adesso, guardiamo oltre. Iniziamo con una speciedi sommario (Fig. 1, a pag. 6): non è tutto quello di cui ci oc-cuperemo oggi ma dà un’idea di quello che si trova dai confinidella banda TV fino alla soglia dei 2,5 GHz, cioè della banda“libera” utilizzata fra l’altro per le connessioni Wi-Fi. Fra i diversisegnali, quelli che spiccano maggiormente sono i segnali pertelefonia mobile: in corrispondenza del marker M1 (957 MHzcirca) ci sono i segnali per lo standard GSM 900. Il marker M2(1,84 GHz circa) evidenzia i segnali per il GSM 1800, ed il mar-ker M3 (2,15 GHz circa) i segnali UMTS, utilizzati soprattuttoper le connessioni dati. Come vedete i livelli sono tutt’altro chedisprezzabili: ricordiamo che stiamo effettuando misure ad al-tezza d’uomo con una comune antenna a stilo completa-mente ritratta. Va considerato che i dispositivi che questi

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I SEGNALI IMPOSSIBILI

Siamo andati a ricercarele cose più impensate e

lo abbiamo fatto neiposti più strani. Mare,

montagna e autostradetedesche. Ci mancavaqualcosa. Quello che

succede a tutti quandoandiamo a passeggio.Una cosa possiamodirvela fin da ora:

non siete soli

A passeggiocon l’ospite (2a parte)

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O&Rsegnali si prefiggono di raggiungere (i telefoni portatili o imodem USB) non sono tipicamente dotati di antenne esten-sibili, né si può pensare che l’utilizzatore tipico debba orientarsiin un modo specifico per poter usufruire della connessione(non che a volte non accada…) e quindi la copertura deve es-sere garantita anche e soprattutto da un livello robusto di se-gnale. Una migliore idea dei livelli ce la possiamo faresoffermandoci sulle frequenze intorno ai 900 MHz (Fig. 2). Ilmarker M1 (865 MHz circa) è posizionato su un segnale delquale vi sappiamo dire poco: la banda LTE (ex banda V – TV)dovrebbe fermarsi a 862 MHz, il GSM comincia a 880 MHz.Potrebbe essere un canale utilizzato per radiomicrofoni, ma ètroppo ampio, oppure per applicazioni RFID. Il marker M2(890 MHz circa) testimonia invece il grande fermento di tele-fonini accanto a noi. Siamo in piena banda GSM 900, comevedete ancora intensamente utilizzata, ed in particolare siamonella zona “uplink”: le reti di telefonia mobile utilizzano infattiblocchi di frequenza separati e distinti per le comunicazionida stazione radio base a terminale mobile rispetto a quelle daterminale a stazione radio base. In questa zona siamo dalleparti dell’”uplink”, cioè il segnale trasmesso dai telefonini.Anche il marker M3 (912 MHz) individua una zona di “uplink”per il segnale GSM 900, evidentemente di un diverso opera-tore, sulla cui rete il traffico è visibilmente meno intenso (rela-tivamente alle nostre condizioni di misura, ovviamente) rispettoall’operatore che opera sulle frequenze individuate dal markerM2. Parlando di reti di telefonia mobile, con l’attrezzatura cheusiamo oggi è possibile rilevare il traffico generato dai dispo-sitivi utente (i telefonini) solo se si è in presenza di dispositiviimpegnati in conversazioni. Il relativo livello dipende da vari fat-tori, fra cui la vicinanza al telefonino stesso. Invece la bandadi frequenza utilizzata per il “downlink”, cioè le trasmissioni dastazione radio base verso dispositivo mobile è molto più facil-mente rilevabile: il gran numero di apparati registrati su unacella fa sì che almeno un certo numero di essi sia statistica-mente impegnato in conversazioni, e quindi che la cella siaquasi costantemente in trasmissione. Lo vediamo molto benedalla Fig. 3. La curva blu è la lettura MaxHold. Quello chesembra un unico segnale televisivo digitale (con qualche pro-blema di riflessioni vicine) è in realtà l’intero spettro di “dow-nlink” del sistema GSM: sulla carta va da 925 a 960 MHz, e a10 MHz/divisione il nostro strumento conferma la piena oc-cupazione. A prima vista sembra di distinguere le bande difrequenza di cinque operatori di rete. In effetti i conti tornereb-bero: oltre ai pionieri Tim e Vodafone, appositi slot in banda

Fig. 1

Fig. 2

Fig. 3

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900 MHz sono stati successivamente assegnati anche a Winde a Tre. Il quinto? Potrebbe essere il sistema GSM-R, utilizzatofra l’altro per garantire l’esercizio dei treni ad alta velocità:siamo accanto alla Stazione Porta Garibaldi, dove transita siaTrenitalia che NTV (e non manca nemmeno il TGV francese).La Fig. 4 ci mostra un altro piccolo sconosciuto: le frequenzedal marker M1 in su sono utilizzate per la banda GSM 1800(DCS o DECT), ma il segnale individuato dal marker M2 a circa1,34 GHz è di difficile attribuzione. Possiamo dedicare invecela Fig. 5 alle connessioni dati: la zona dalle parti del markerM1 (fino a circa 2,2 GHz) è utilizzata dalle reti 3G (UMTS eHSDPA). Poi c’è il silenzio, fino ai 2,39 GHz del marker M2:un altro segnale difficilmente identificabile, considerato che labanda Wi-Fi inizia a 2,4 GHz. Dal marker M3 in su, siamo in-vece in piena zona Wi-Fi, ben ricevibile anche all’esterno diedifici (dove ci troviamo noi): è possibile che vi sia anche il con-tributo di reti a disposizione del pubblico realizzate da strutturecittadine o da esercizi commerciali. Il salto verso la frontieradei 3 GHz lo facciamo con la Fig. 6: la frequenza di centrobanda è qui 2,6 GHz, e sulla sinistra vediamo chiaramente ilcontenuto (trasposto e scalato) della precedente Fig. 5. Oltrei 2,6 GHz troviamo invece almeno due zone di attività. Laprima vede (come minimo) due segnali distinti nella zona dei2,6 GHz, la seconda un segnale a banda più stretta (markerM1), intorno ai 2,8 GHz. La banda 2,6 GHz è stata identificata dall’ITU come destinataalla telefonia mobile, ed è possibile che questi segnali siano astandard LTE. Da capire infine la natura del segnale a 2,8 GHz.Potrebbe essere un radar meteorologico, ma è difficile che unsegnale di questo tipo arrivi con intensità non disprezzabile alcentro di una piazza, a livello del suolo.

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O&R

I SEGNALIIMPOSSIBILI“I Segnali Impossibili" è l’evoluzione diun progetto di Davide Moro, realizzato incollaborazione con Telecomunicazioni Aldena per le antenne.

Fig. 4

Fig. 5

Fig. 6

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GENELEC 8010 –ENJOY THE SMALLTHINGS IN LIFE!La famiglia di diffusori Genelec della serie 8000 trova largo impiego in ambiti broadcast e televisivi, produzione musicale e post-produzione e rappresenta lo standard di riferimento a livello mondiale. Il modello ultimo arrivato 8010 è perfetto in spazi piccoli, quali OB Van e location recording.

WWW.GENELEC.COM - WWW.MIDIWAREPRO.COM

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Il Prix Italia è uno di quegli eventi difficili da classificare al-l’interno di una definizione precisa. Anzi, per essere più pre-cisi: se chiedete ad un buon numero di addetti ai lavori delsettore radiotelevisivo cosa sia davvero il Prix Italia, cioè cosasi faccia, cosa si dica in quei giorni a Torino, noterete proba-bilmente un discreto numero di punti interrogativi sul viso deifortunati cui avete posto la domanda. Di base il Prix Italia èun concorso - festival per contenuti radiotelevisivi. Pro-grammi radio e TV, ideati e prodotti in tutto il mondo, ven-

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EVENTI&EXPOE&E

Televisione:messaggi per il futuro

Tecnici e creativi esperti di nuove tecnologie hanno discussoal Prix Italia di Torino sui prossimi traguardi per la radio e latelevisione, analizzando casi concreti e discutendo sulle

possibili scelte per il futuro

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gono visionati e valutati da una giuria internazionale, che at-tribuisce specifici riconoscimenti. Ma il Prix Italia è molto piùdi questo. Ad esempio, è stata una delle prime realtà ad ac-corgersi delle potenzialità del Web come mezzo espressivoe comunicativo, dedicando ad esso appositi seminari e ri-conoscimenti. Poi al Prix Italia si parla e ci si confronta moltoanche sui linguaggi della comunicazione radiotelevisiva edelle nuove forme e possibilità espressive. In aggiunta, equesto è il lato che a noi di Broadcast&Production risulta piùaffine, si parla dello stato dell’arte delle tecnologie di produ-zione e radiodiffusione, e si esplora cosa di nuovo e di inno-vativo è stato fatto nei diversi Paesi del mondo su questitemi. Non si parla tipicamente di standard, ché l’imposta-zione del Prix Italia è sempre orientata al prodotto radiotele-visivo: si esplorano possibilità ed esempi concreti di cosa siè fatto o cosa si progetta di realizzare camminando ai confinidi quello che la tecnologia attuale rende economicamentepossibile per un operatore del settore. L’edizione 2014 del Prix Italia ha visto una intera giornata de-dicata ad esplorare il futuro dei due caposaldi storici del bro-

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adcasting, la radio e la televisione. Due distinte sessioni chehanno permesso di confrontare idee, modi di fare e, soprat-tutto, risultati fin qui ottenuti. Questi incontri, entrambi ospi-tati nella prestigiosa e unica cornice del “Museo della Radioe della TV” (presso la sede RAI di Via Verdi, e il museo dasolo vale il viaggio a Torino), hanno visto la partecipazione divari esperti provenienti da tutto il mondo.

IMMAGINI 2020La sessione della mattina, organizzata sotto la bandiera con-giunta Prix Italia – EBU, era intitolata “Sorprendenti tecno-logie televisive all’orizzonte 2020”, ed era moderata daHans Hoffmann, Responsabile Media Fundamentals andProduction technology presso l’EBU Technology and Inno-vation department. Hoffmann ha così introdotto l’incontro:“Questa sessione interessa le nuove tecnologie in senso lato,come usarle e come tradurle in qualcosa di utile per il bro-adcasting, e per parlare di questo sono con noi diversi ospitida vari continenti. Il format che useremo è un laboratorio,siamo fra esperti e parleremo insieme delle varie proposte,discutendo i diversi aspetti di quello che abbiamo ascoltato.La parola chiave è “futuro”. Una delle cose che tutti noi do-vremmo cercare di cambiare per il futuro è la comunicazionefra ingegneri e creativi: noi siamo tecnici, e parlando fra dinoi abbiamo un approccio molto tecnico. Viceversa quandodobbiamo parlare con i creativi dobbiamo riuscire a parlareil loro linguaggio, se serve cambiando anche il nostro ap-proccio. C’è una sfida che dobbiamo vincere: dobbiamo riu-scire a creare un ponte fra la tecnologia e la capacità dicreare contenuti che al pubblico possano piacere. Non pos-siamo limitarci però al contenuto: dobbiamo pensare da su-bito che quel contenuto potrà essere fruito attraverso unamoltitudine di canali e formati diversi. Verrà visto seduti suldivano di casa, guardando il televisore, ma anche osser-vando lo schermo del computer, in streaming, poi mentresiamo su un mezzo di trasporto, attraverso il telefonino, emagari in una sala d’attesa, utilizzando un tablet. Per cia-scuno di questi canali esistono delle possibilità di appassio-nare e coinvolgere lo spettatore che i creativi devonoconoscere, e che i tecnici devono poi rendere possibile.Dobbiamo anticipare il momento in cui tecnici e creativi ini-ziano a parlarsi. Tecnici e creativi devono iniziare a parlarsifin dai primissimi momenti in cui si progetta un nuovo con-tenuto: sviluppare insieme le idee e le proposte, oltre a farcapire subito se e a quale prezzo una determinata cosa sia

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Una delle cose che tutti noi dovremmo

cercare di cambiareper il futuro

è la comunicazione fra ingegneri e creativi

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realizzabile, costituisce uno stimolo reciproco per svilup-pare nuove soluzioni (da un lato) e nuovi linguaggi (dall’al-tro).”

ATTORI FOTOREALISTICIIl primo relatore a prendere la parola è stato Paul De-bevec, Direttore del Laboratorio di grafica presso l’Isti-tuto di Tecnologie Creative dell’Università della California.California vuol dire Major cinematografiche, e Debevecè entrato subito nell’argomento, per far capire come in-vece nel cinema si sia cominciato molto tempo fa a “farparlare” fra loro tecnici e creativi fin dai primissimi momentiin cui si progetta qualcosa di nuovo. Secondo Debevec, pro-babilmente già nel 2020 sarà possibile pensare di produrreun film utilizzando unicamente attori “fotorealistici”: cioèsenza un attore in carne ed ossa, ma con tutte le scene rea-lizzate interamente in computer grafica. Prima di entrare neldettaglio della tecnologia utilizzata, e di proporre alcuniesempi concreti già realizzati, Debevec ha sottolineato comequesta possibilità ponga interrogativi di vario genere. La pos-

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Paul Debevec, a sinistra

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sibilità di effettuare la scansione completa del corpo di unattore ed utilizzare i dati acquisiti per costruire in computergrafica una qualsiasi sequenza, mette a disposizione perso-naggi fotorealistici cui poter far eseguire virtualmente ogniazione. È anche possibile congelare le sembianze di un at-tore per l’intera sua vita, o “recuperare” in un dato momentole sembianze che quell’attore aveva dieci anni prima. Even-tualmente anche dopo la sua morte. È inoltre possibilecreare attori fotorealistici partendo da qualsiasi persona: nonimportano le capacità attoriali, posso prendere le sembianzedi una persona, digitalizzarle, e “far muovere” quel perso-naggio sia completamente in computer grafica che ripren-dendo i movimenti e le espressioni di un generico attore, cuiil computer attribuirà le sembianze della persona digitaliz-zata. Se e quando queste cose siano accettabili è una do-manda che la tecnica fa sorgere, ma a cui la tecnica, da sola,non può rispondere. Attualmente siamo lungo la strada cheporterà a questa completa virtualizzazione degli attori, cheha visto i primi passi alcuni anni fa: il primo grande progettoè stato una piccola versione del body scanner, limitata al visodegli attori; in sostanza quello che sarebbe servito per digi-talizzare le sembianze di una generica persona e applicare

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quel viso su qualsiasi personaggio, il cui corpo ed i relativimovimenti sarebbero però stati quelli effettivamente ripresidalla macchina da presa. Il viso da digitalizzare viene illumi-nato con luce polarizzata e vengono ripresi ed analizzati tuttii dettagli del video: non solo i lineamenti e le proporzioni, maanche i riflessi, il tipo della pelle, la texture, i colori…. E vienepoi raccolta una specie di mappa delle emozioni: viene regi-strato come la pelle “reagisce” alle emozioni, ad esempiogoccioline di sudore o cambiamenti di colore, di tensione, diespressione. Mediante un opportuno processamento si puòpoi “collocare” quel viso sul corpo di un generico attore. Ilprimo risultato di questo progetto è stato “Digital Emily”,che risale al 2008. Anche uno dei più grandi successi delbotteghino, Avatar, è stato realizzato in questo modo, cioèprendendo le visual texture degli attori e poi applicando i di-versi effetti ed i colori, compreso il blu caratteristico di Ava-tar. Per quanto riguarda le singole scene, a volte ci si trovaa fare (per comodità) scelte che danno un’idea di quantocomplessa ed avanzata sia ormai la tecnologia nell’industriadel cinema. Sempre in Avatar, una scena di lotta inizia conmateriale effettivamente girato, ma subito la complessità diquello che accade ha richiesto il passaggio alla computergrafica. All’interno di questa seconda parte vi sono alcuni

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istanti in cui gli attori, che potrebbero senza problemi “girare”quelle scene, sono invece stati digitalizzati ed inseriti all’in-terno del contesto di computer grafica. Il motivo è semplice:inserire il “girato” reale all’interno di una sequenza dove tuttoè computer grafica avrebbe creato più problemi, e richiestosforzi maggiori, rispetto a digitalizzare gli attori reali e spo-stare così l’intera sequenza nel dominio della computer gra-fica. In ogni caso, ha detto Debevec, sono molti i film in cuiil medesimo attore è “reale” in certe scene, mentre è digita-lizzato in altre, soprattutto per quanto riguarda il viso. Debe-vec ha mostrato alcuni filmati per rendere l’idea dellepotenzialità che questa tecnologia è in grado di offrire. Unodi questi filmati mostrava lo schermo diviso in due: sui duelati vi era da una parte il viso di un attore reale e dall’altra lostesso viso riprodotto dalla computer grafica. La camerasegue il viso dell’attore mentre questi viene fatto ruotare di360° all’interno di una stanza. La luce ambiente varia inmodo continuo, per la presenza di finestre e di varie sorgentidi luce, permettendo così di osservare sul viso dell’attore“vero” una grande varietà di riflessi, luci, ombre in continuavariazione. Dal confronto diretto fra le due immagini si potevaverificare come in ogni momento, ed in ogni condizione diluce, la digitalizzazione riuscisse a rendere in maniera asso-lutamente realistica la luce ed i riflessi. Impressionante. De-bevec ha spiegato che le scene, spesso quelle più rischiose,

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sono spesso “girate” con una telecamera sulla mentonieradi un casco che riprende l’attore e ne coglie le espressionied ogni altro dettaglio mentre questi simula la scena: addi-rittura la camera rileva come il colore della pelle cambia perla diversa vascolarizzazione mentre si gira una scena e alsusseguirsi delle diverse emozioni. Questo sistema è ingrado di coglierlo in diretta e di utilizzare poi tutte le informa-zioni raccolte per restituire una visione assolutamente reali-stica di quell’attore nell’elaborazione di una scena che, aquel punto, è completamente virtualizzata. Anche in “Gra-vity” un numero altissimo di fotogrammi è computer gene-rated: in particolare lo sono tutti i riflessi, la terra, lo spazio eanche i riflessi all’interno del casco degli attori. Anche il visodegli attori è stato digitalizzato ed inserito all’interno di queifotogrammi. Data la particolare ambientazione, però, la rea-lizzazione di queste scene è stata particolarmente com-plessa. È stato costruito un intero cubo di illuminatori LED,pilotabili singolarmente: una realtà virtuale al cui interno l’at-tore “vero” poteva trovare riferimenti per sapere dove girarsie dove guardare in base a quello che accade nella scena.Nella realtà “vera” un sistema di luci così non esiste, ma vistal’ambientazione nello spazio e la necessità di simulareombre, riflessi e particolari tagli di luce in situazioni non con-venzionali è stato necessario ricreare un sistema in grado disimulare (e generare) praticamente qualsiasi tipo di sorgenteluminosa. In ambiente di pre-produzione sono state fattemoltissime simulazioni per rilevare quale sarebbe stata divolta in volta la specifica condizione di illuminazione o la sor-gente di luce riscontrabile, l’effettiva provenienza e l’effettivotipo di riflessi che si sarebbe avuto sul viso del protagonista,in modo da pilotare correttamente i led durante la ripresa delviso dell’attore. L’attore è stato poi ripreso da una cameramentre agiva all’interno del “cubo” di luci. Le scene venivanopoi interamente ricreate in computer grafica, tranne il visoche veniva catturato ed inserito nel posto giusto. La tecno-logia di scansione del viso arriva a centesimi di millimetro eriesce ad investigare la texture della pelle in modo realistico,tridimensionale e con un risultato impressionante. Queste ricerche non vengono promosse solo per esigenzecinematografiche: una grande spinta a questa tecnologia ar-riva anche dall’industria dei videogiochi, che stanno diven-tando sempre più simili al cinema di altro livello. Si catturanoespressioni, riflessi, movimenti, increspature della pelle etutto quello che in sostanza serve a rendere realistico un per-sonaggio. Fino ad effetti di dubbio gusto, ma dalla valenza

Queste ricerche non vengonopromosse solo peresigenzecinematografiche: una grande spinta a questa tecnologiaarriva anchedall’industria deivideogiochi

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tecnica incontrovertibile: agli Emmy Award in mezzo allascena è improvvisamente apparsa una “versione” di Mi-chael Jackson che si esibiva in un balletto, a cinque annidalla morte. Un balletto come quello non era mai stato ese-guito da Jackson, quindi non poteva essere una sempliceregistrazione. I dettagli non sono del tutto noti, ma pare cheil balletto sia stato eseguito da un ballerino cui sia stato ap-plicato in computer grafica il viso di Jackson, in modo foto-realistico. Un proiettore riproduceva la scena, in modo nontridimensionale quindi (vista di lato la sagoma sembravapiatta), ma gli spettatori hanno avuto l’idea che tutto fossevero.

DOPPIO SCHERMO, MONO APPDopo la panoramica di Debevec, che ha creato fra il pub-blico un silenzio ed una attenzione da sala cinematografica,la discussione si è spostata in campo prettamente televisivo.Ignazio Gomez, direttore Strategy and Innovation del bro-adcaster di servizio pubblico iberico RTVE ha illustrato aipresenti le esperienze con le applicazioni e con i servizi persecond screen maturate dalla televisione in Spagna. “Ab-biamo fatto una app unica per servire tutti i nostri programmi,insieme ad alcuni progetti sperimentali di second screen. Lascelta è indubbiamente controcorrente: i nostri concorrentisono arrivati a mettere 200 app su itunes, e la gente è tipi-camente abituata ad avere una app specifica per ogni cosa.Abbiamo però visto che ogni nuovo sviluppo è molto dispen-dioso, anche in termini di tempo: quindi realizzare una appspecifica per ogni programma e per ogni produzione sa-rebbe stato molto pesante. Abbiamo allora pensato di fareuna sola applicazione che facesse da base all’intera piatta-forma della nostra programmazione.” In sé, la app di RTVEnon presenta aspetti rivoluzionari, e come diverse alte appli-cazioni analoghe permette ad esempio di ricevere informa-zioni contestuali relativamente ai vari soggetti che appaionosullo schermo televisivo, con funzionalità di voto, possibilitàdi interazione e aspetti social. Non mancano la possibilità dicommentare, condividere clip, inserirsi in discussioni e altrefunzionalità tipiche di questi strumenti. Dal punto di vistadell’approccio verso gli spettatori, l’esperienza di RTVE hachiaramente evidenziato le diverse peculiarità delle tre fasitemporali (prima, durante e dopo lo spettacolo cui ci si rife-risce) che caratterizzano ogni evento. La tentazione po-trebbe essere quella di investire molte risorse, anche daparte dello staff che cura la produzione dell’esperienza digi-

Ignazio Sanchez

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tale o di second screen, nella fase “now”, cioèmentre il programma sta andando in onda: l’in-terazione in tempo reale con gli spettatori po-trebbe essere considerata un importantefattore di fidelizzazione. In realtà si è visto chegli spettatori di programmi che prevedono unsvolgimento secondo una trama o un copioneben strutturati (“scripted program”) preferi-scono non essere disturbati e seguire con lamassima attenzione lo sviluppo del pro-gramma. In questi casi hanno tipicamentemolto più successo le fasi “prima” e “dopo” loshow. Monitorando l’andamento delle intera-zioni, si vede chiaramente che in quest’ultimagli spettatori ricominciano rapidamente a com-mentare, scrivere, fare domande anche allostaff di produzione, quindi vi è la necessità ditenere aperte le porte della comunicazione perfinalizzare compiutamente il desiderio di intera-zione da parte degli spettatori. Con la app diRTVE, quando il programma finisce è possibilerivedere le clip preparate e rese disponibili nelfrattempo dallo staff, e lanciarle sui social ag-giungendo i propri commenti e linkando diret-tamente il collegamento alla clip in questionedalla mia applicazione. Sulla parte “prima” hadimostrato una buona efficacia aggiungere do-cumenti (anche storici) che spiegano il pre-gresso, o anche curiosità sul come si è arrivatial punto dove la storia ed il programma comin-ciano, come pure le biografie dei personaggidrammatizzati. “Isabella di Castiglia e Ferdi-nando d’Aragona” è il titolo di una serie che haavuto un grande successo in Spagna, e che hasuscitato un grande interesse anche per il par-ticolare periodo storico. RTVE ha lavorato dasubito a stretto contatto con la società di pro-duzione della serie per costruire anche unaserie di contenuti accessori, materiali e docu-menti destinati alla fruizione su second screen.Gomez ha detto: “Volevamo aggiungere le partimancanti che in una fiction normalmente nonci possono stare. Abbiamo coinvolto la societàdi produzione, gli autori e anche il direttore diproduzione: quest’ultimo, in particolare, è un

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entusiasta di social media, e quindi si è prestato volentieri.Per altri programmi abbiamo invece utilizzato soprattuttomateriale nostro di archivio: dipende dalla natura del pro-gramma, dall’interesse che si pensa potranno avere gli spet-tatori, e anche dalla collaborazione che si riesce adinstaurare con l’intero team di produzione”. Non manca lapossibilità di esprimere tramite la app voti o preferenze(hanno iniziato tre anni fa con il festival musicale dell’Eurovi-sione), come pure di rispondere a domande o cimentarsi inpiccole gare famigliari durante i canonici “game show”.Gomez con schiettezza ha poi condiviso con il pubblicoquelle che, a suo parere, sono le cose che RTVE ha im-parato sul campo durante le proprie esperienze di cros-smedialità. La prima: non tutti i contenuti sono uguali, anchedal punto di vista delle app e delle interazioni. Quello che“tira” di più è lo sport e soprattutto il calcio: qui interazioni,commenti, scambi, discussioni arrivano ad un numero e aduna intensità elevatissimi. Anche Masterchef non ha avutoun risultato disprezzabile, ma dal punto di vista di RTVE inmassima parte è tutto sport-centrico: potrebbe essere undriver o un qualcosa cui conformarsi in futuro. La seconda:il second screen può diventare il first screen: ci permette dicoinvolgere ed attirare verso il programma mainstream lepersone che normalmente passerebbero (comunque) iltempo a twittare o interagire sui social media, e solo di tantoin tanto alzano la testa per vedere la tv. In questo mododiamo loro la possibilità di divertirsi durante la messa in ondadello spettacolo, ad esempio gestendo le camere e sce-gliendo il loro punto di visione personalizzato; in sostanza, el’insegnamento non va sottovalutato, sembra che alla gentepiaccia giocare. La terza: senza il first screen non c’è il se-cond screen: si può commentare in vari modi quello che sivede in TV, ma con la app è molto più intrigante (ad esempio)inviare i link direttamente per invitare altri a vedere le clip.Dopo una partita, in conferenza stampa, l’allenatore può ve-dere quali sono state le clip più twittate o postate, e lui o ilgiornalista possono commentare la tendenza, o comunqueprendere spunto da essa. Ai concorsi cinematografici possorendere disponibili online delle backstage camera con lequali si fanno interviste ad attori o si propongono altri spunti,mentre la regia principale sta seguendo l’evento. Se allospettatore interessa una delle interviste in backstage puòpassare a vederla sul second screen, ma senza perdere ilfilo conduttore con l’evento mainstream. La quarta: proget-tare un’unica app che faccia da comune denominatore a

Non tutti i contenuti

sono uguali, anche dal punto

di vista delle app

e delle interazioni

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tutte le proposte di una emittente consente grandi vantaggi,sia di costo che di facilità di accesso a nuovi contenuti. Maa volte la scelta migliore è, ancora, sviluppare un’app per-sonalizzata per lo specifico programma. Consideriamo ungame show che è sulla breccia da 15 anni e ha una com-munity di appassionati molto forte: non sarebbe impossibileo fuori luogo sviluppare una app dedicata dove questi ap-passionati possono ad esempio proseguire a giocare in ognimomento del giorno, da soli o interagendo fra di essi. In casicome questi può avere senso sviluppare un’esperienza per-sonalizzata per community molto radicate e per programmisimbolo. La quinta: riconoscere la differenza fra “conver-sare” e “commentare”. Premesso che diffondere sui socialnetwork i post con i link alle nostre clip è un ottimo modoper raggiungere le persone che altrimenti non avrebberoguardato i nostri programmi, anche la possibilità di inserirecommenti direttamente sull’applicazione (invece che unica-mente su piattaforme social) può avere un senso. Postaresu Twitter commenti (ad esempio) sui Mondiali di calcio noncomporta inserirsi in una conversazione, ma solo aggiungereun elemento a milioni di commenti inseriti da altri utenti comemessaggi in bottiglia. Se invece offro sulla app la possibilitàdi accedere a una chat room “riservata” per quello specificoprogramma, le persone possono veramente interagire fra diloro: si ritrovano in un ambiente più intimo, ristretto, ma effi-cace per stimolare e realizzare conversazioni su quello spe-cifico tema. La sesta, ma andrebbe sempre tenutapresente: Gomez dice che “qualcosa andrà male: prepara-tevi a riprovare. È normale che agli inizi le cose non vadanotutte bene, o non facciano presa; è normale in un mondotutto da esplorare. Un nostro programma ha provato tutti isocial, fino a vedere che Instagram era quello che “aggan-ciava” di più; allora si sono concentrati su quello e hanno svi-luppato molto la proposta in questa direzione. È andatabene, ma agli inizi non lo si sarebbe detto.”

SUPERIMMAGINIL’intervento successivo ha spostato l’attenzione sulle poten-zialità artistiche, tecniche ed espressive di un formato di ri-presa e trasmissione che è più vicino di quanto si potrebbepensare. Toru Kuroda, direttore generale dell’Ingegneria diNHK (il broadcaster di servizio pubblico giapponese) ha par-lato del sistema Super HiVision (8K), da alcuni anni unabandiera dell’operatore nipponico. Rispetto alla conosciutaHD, il sistema 8K utilizza è 16 volte più pixel, ma non solo.

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È normale che agli inizi le cose non vadanotutte bene, o non facciano presa; è normale in un mondotutto da esplorare

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Utilizza anche un audio multicanale 22.2, con audio sia ver-ticale che orizzontale, registrando quindi i suoni in modo tri-dimensionale. Il sistema si propone di offrire una esperienzaaltamente immersiva: per l’HD la distanza di visione ottimaleè pari a tre volte l’altezza dello schermo, con un angolo divisione di circa 30°. Il 4K passa a una distanza ottimale di1,5 l’altezza dello schermo e a un angolo di visione di 60°.Per il sistema 8K la distanza di visione ottimale diventa 0,75xl’altezza dello schermo, per un angolo di visione pari a circa100°, cioè più di un angolo retto. Koroda dice: “Abbiamo al-lestito i primi schermi di visione pubblica proprio nel 2014,in occasione dei mondiali di calcio. Vogliamo arrivare allapiena operatività del sistema 8K nel 2020, quando ci sa-ranno le olimpiadi a Tokio. A rendere così complesso l’8K,però, non è solo l’elevato numero di pixel, ma anche unaserie di altri aspetti. La cadenza di ripresa è pari a 120 foto-grammi al secondo, cioè pari a quattro volte cioè l’HD at-tuale, ed inoltre viene utilizzata una gamma colore molto piùestesa, fino a 12 bit.” Koroda ricorda che la prima camera ingrado di riprendere con questo standard risale al 2002, epesava 80 kg: era difficile anche da trasportare. Nel 2010 siera già scesi a 20 kg, e adesso il corpo camera più leggero(solo la testa) pesa 2 kg, pur essendo pienamente a speci-fica con il formato 8K, ed è anche silenzioso al punto dapoter essere usato in concerti o teatri senza arrecare alcundisturbo. Grandi sfide anche dal punto di vista della trasmis-sione e della gestione del segnale. L’8K richiede una bandadi 24 Gigabit/s come minimo, che diventano 140 Gb/s peril segnale “ full spec”. Anche registrare o riprodurre da server

un flusso dati di questa portata è unasfida molto impegnativa. La compres-sione non fa eccezione: NHK si aspettache con la tecnologia HEVC si possa ar-rivare a livelli di bitrate compatibili con ilbroadcasting, pari a circa 100 Mbit/s.Sono state fatte prove con trasmissionivia satellite, terrestre e cavo (e fibra), ecomprensibilmente la diffusione terrestrenon sarà una scelta facile. Quando si ini-zia a parlare di schermi di dimensioni im-portanti la domanda inevitabile è: cistaranno all’interno delle case normali?Koroda dice che hanno provato a mettereuno schermo da 70 pollici all’interno dellecase dei loro collaboratori per capire

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come stava e che effetto faceva. La conclu-sione è stata sorprendente: ci sta perfetta-mente bene, l’unica difficoltà è stata fareentrare il nuovo schermo in ascensore. Korodaritiene che con i display OLED flessibili anchequesto aspetto potrà essere superato. Sino adora NHK ha prodotto in 8K alcuni eventi incondizioni di luce controllata, come il Carne-vale di Rio de Janeiro, eventi sportivi di grido,performance teatrali, ed il risultato è compren-sibilmente eccezionale. NHK ha in programmadi effettuare un test broadcast 8K in occasionedelle Olimpiadi di Rio de Janeiro del 2016, perarrivare alla piena e generalizzata operatività inoccasione delle Olimpiadi di Tokio 2020.

GIPO DOCETGiocava letteralmente in casa il successivo re-latore: Gino Alberico, vice-direttore del Cen-tro Ricerche RAI di Torino, che ha presentatoun prototipo di game/app sviluppato da RAI apartire da un fortunato programma per bam-bini: “Le storie di Gipo”. Alberico ha presen-tato un video che racconta l’evoluzione delgaming dal 1952 ai giorni nostri. Si è partiti conqualcosa di simile alla sweep di un oscillosco-pio per evolvere verso situazioni che diventanosempre più dinamiche, con grafica e colori piùricchi, e con l’esponenziale crescita della com-plessità dei giochi e delle texture; dopo il 2000i videogiochi puntano apertamente al realismo,e cambiano anche le cifre investite dai produt-tori. Ormai i videogiochi vengono realizzati conbudget paragonabile a quello dei film di Holly-wood, e si parla di cifre nell’ordine dei 100 mi-lioni di dollari. Cifre ampiamente compensatedai successi di vendita: per alcuni titoli si sonoregistrate vendite di un miliardo di esemplari inpochi giorni. Il fenomeno è ovviamente impres-sionante, e questi giochi stanno diventandosempre più disponibili anche sui telefonini, chehanno ormai la potenza sufficiente a far scor-rere velocemente ed in modo realistico letrame e gli scenari dei giochi (senza al con-tempo prosciugare la batteria), come pure per-

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mettono di connettersi con altri giocatori per giocare con loroo contro di loro. Anche i bambini, spesso tramite lo smar-tphone o il tablet dei genitori, sono ormai diventati fruitori divideogiochi. E RAI, per la prima volta, ha deciso di fare unpasso in questa direzione. Lo spunto è stato offerto da unprogramma di successo, “Le storie di Gipo” appunto. Gipoè un cantastorie, che evoca magicamente atmosfere, nonnie messaggi da un pozzo incantato. Dice Alberico: “Abbiamorealizzato questo prototipo in collaborazione con il Centro diProduzione di Torino, RAI Yoyo e Animoka, la società di pro-duzione. Il programma di Gipo ha un target prescolare,quindi il gioco realizzato è estremamente semplice: c’è unamodellazione tridimensionale della scena, degli attori, di tuttoil contorno, più altri oggetti come il sole che possono esseremossi dal bimbo. Si può far suonare un ragnetto, si può farcamminare Gipo, farlo muovere in vari modi (correre, cadere,…), chiedergli di suonare una canzoncina. Il risultato è sem-plice e a misura di bimbo, ma visto che per noi era una“prima volta” ci abbiamo messo alcuni mesi. In particolareper realizzare il modello 3D ci abbiamo messo 400 ore,anche se ci aspettiamo di avere acquisito un sufficienteknow-how che ci permetterà di ridurre molto i tempi per leeventuali realizzazioni successive. L’idea iniziale di fruizionedel gioco era pensata per l’uso su tablet e smartphone,quindi con interfaccia “touch”, ma ci siamo chiesti se si po-teva fare qualcosa anche per le connected tv, che ormaihanno un proprio mercato. In aggiunta i televisori 4K sonomolto potenti in termini di processori e algoritmi a bordo,quindi non sarebbe impossibile usarli per caricare codici di

gioco”. Parlando di Smart TV Alberico ha conside-rato due possibili tipi di realizzazione: il sistemaHbbTV per piattaforme aperte (anche nel mercatoverticale dei produttori, ma lì si entra in un mondoche si chiude alle proprie spalle) oppure HTML5.Quest’ultimo, in particolare, è uno standard aperto,e ci sono librerie che permettono di fare molto,“anche se utilizzandole – prosegue Alberico - ab-biamo visto che ci sono dei limiti, tipo la velocità dirisposta delle memorie. Stiamo cercando di sco-prire quanto costerebbe e se sarebbe possibileportare una computer grafica tridimensionale sulleconnected tv, ovviamente sfruttando la loro po-tenza di calcolo.” Scoglio ancora da superare, l’in-terfaccia utente per applicazioni di gioco: consmartphone e tablet è tutto più semplice, complice

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Il programma di Gipo

ha un targetprescolare,

quindi il giocorealizzato

è estremamentesemplice

Il gioco di Gipo

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l’interfaccia “touch”. Per la tv è invece ancora tutto da scoprireed inventare.

VELOCE-MENTEDopo Alberico ha preso la parola Pietro Grignani, DirettoreCentro di Produzione Rai Torino. Ha inizialmente evidenziatole differenze fra operatori di servizio pubblico e commerciali(“Noi non cerchiamo di fare soldi, ma ci servono soldi per la-vorare e fare cose che piacciano alla gente.”) e di come que-sta diversità di fondo imponga un ritmo di marcia specificoa chi si occupa di servizio pubblico. “Dobbiamo imparare,dobbiamo essere più attenti e furbi degli altri, dobbiamocambiare, essere pronti a cambiare e velocemente” ha detto,e ha citato un libro (“che ho letto da bambino”) di Alvin Toffler:“Future shock”. “Parla della velocità, di quanto dovremo es-sere veloci a cambiare, qui produciamo molte cose e le op-portunità tecnologiche ci devono dare lo spunto el’occasione per creare una società dove vivere sia miglioredi quanto non fosse tempo prima, le cose devono cambiareper far diventare il mondo (un poco) migliore. Il progetto dellagame/app per Gipo è stato per noi utile perché ci ha spie-gato che collaborando possiamo fare cose nuove e diverse.

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Pietro Grignani, a destra

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CRIT e Rai Ragazzi sono due parti di Rai, ma non avevanomai collaborato insieme proprio fin dal principio, iniziando apensare insieme le cose dal principio. Credo poi che sia fon-damentale collaborare con aziende private per sviluppareun progetto che sia il “nostro” progetto, invece di limitarsi acomprare cose da aziende private.” Grignani cita una seriedi video su YouTube, che mostrano un match di improvvisa-zione teatrale. Durante lo show viene detto di volta in volta auno degli attori cosa dovrà fare poco dopo, ma nessunodegli altri attori sul palco ne è a conoscenza: quando unodegli attori fa qualcosa, pure qualcosa di imprevisto, ognunodegli altri attori deve “inventarsi qualcosa” per rispondere atono e proseguire con lo spettacolo. “Reagire, cambiare edadattarsi. – prosegue Grignani - Anche i bambini forse hannouna possibilità simile. Nello show è in realtà il pubblico a dareistruzioni ai diversi attori su cosa devono fare. Per la TV aibimbi si potrebbe chiedere: ‘cosa preferisci che succedaadesso?’ Non sappiamo se la cosa potrebbe essere fattibile,ma dobbiamo pensarci e capire; potrebbe essere lo sviluppodi un modello. Nello show di improvvisazione, al termine dellescene il pubblico in sala si mette a parlare di tutto quello cheè successo. Adesso i bambini giocano al computer permolto tempo, mentre noi ai nostri tempi giocavamo con altribambini. Quindi adesso ci preoccupiamo di come farli so-cializzare, perché socializzano virtualmente e parlano conaltri che non hanno mai conosciuto di persone. I figli unicistanno aumentando, è un dato di fatto, e dobbiamo pensarea come usare le tecnologie perché le persone possano im-parare a vivere insieme e ad interagire; e anche per aiutare i

bambini a giocare insieme.” Hofmann haprovato a chiedere a Grignani: “In due-treanni i broadcaster di servizio pubblicoavranno l’enorme problema di raggiungerei giovani, i bambini, i più piccoli. Cosa pen-sate di fare?” Ci è piaciuta la risposta: “Noioperatori di servizio pubblico dobbiamofare di più per portare la comunità deicreativi più vicino a chi gestisce e crea latecnologia. Io credo che non ci siano altrepossibilità: dobbiamo smetterla di essereorgogliosi e boriosi per difendere una in-tangibilità che non c’è più. Noi facciamoentertainment, e dobbiamo fare entertain-ment in un modo che alla gente possapiacere, che possa sentirsi coinvolta.”

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Non sappiamo se la cosa

potrebbe esserefattibile,

ma dobbiamo pensarci e capire;

potrebbe essere lo sviluppo di un

modello

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Radionon convenzionale

Moderava l’incontro Wojciech Markiewicz, di PolskieRadio, che ha rapidamente introdotto i diversi relatori.

RADIOSTAMPANick Dunkerley, Direttore creativo di Hindenburg Sy-stems (Danimarca) ha presentato un esempio di un softwareper fare radio giornalismo. In collaborazione con URTI(Union radiophonique et télévisuelle internationale)questo software ha permesso di dare vita ad un progetto in-novativo, semplificando l’approccio ai mezzi tecnologici daparte di emittenti che normalmente non avrebbero le possi-bilità per accedervi. Dice Dunkerley: “Abbiamo sviluppato il

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EVENTI&EXPOE&E

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Nel pomeriggio, sempre presso il Museo della Radio e dellaTV, è andato in scena un laboratorio Prix Italia–EBU–URTI,

dal titolo “La radio non convenzionale. E se domani fosse oggi?”

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software in stretta collaborazione con gli utilizzatori finali,chiedendo a loro di cosa avevano bisogno, e poi adattan-dolo alle loro richieste e suggerimenti. Insieme all’URTI ab-biamo così sviluppato i diversi aspetti relativi allavisualizzazione della radio, e per creare nuovi modelli speri-mentali di radio. Oggi la radio può essere (vista e) ascoltatasu dispositivi come gli smartphone. La radio è audio, madobbiamo prendere atto che la gente usa cose diverse dalleradio convenzionali per ascoltarci. E allora dobbiamo pren-dere atto che il nostro pubblico ci chiede di essere visiva-mente gradevoli, con bottoni da schiacciare, aree su cuiscorrere il dito eccetera.” Il software in questione si chiamaHindenburg Player: è stato pensato per consentire di “ar-ricchire” i file audio (tipici dei programmi radiofonici) con con-tenuti testuali, video, immagini ed ipertesti checontribuiscano a rendere più accattivante, intrigante, piace-vole e coinvolgente l’esperienza di ascolto, muovendola supiani multisensoriali. Come prima caratteristica permette difare una cosa che in sé è tutt’altro che rivoluzionaria, ma chenel podcast di programmi radiofonici trova raramente appli-cazione. Si può dividere il programma in capitoli, ciascunocon proprie caratterizzazioni testuali, video e di immagini.Nella fruizione on-demand si può scegliere a quale capitolo“puntare” e ascoltare subito quello. C’è poi una parte wiki,dove è possibile inserire informazioni aggiuntive (scritte) su

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un personaggio o un oggetto menzionato ad esempio dalconduttore, in modo che chi ascolta possa leggerle imme-diatamente, ampliando a richiesta con un apposito link aduna fonte più estesa. “Non faccio push, è la gente che sce-glie cosa vedere mentre sta ascoltando, non si è obbligati,ad esempio posso vedere la mappa di un territorio di cui mistanno parlando” dice Dunkerley. Il software punta tutto sul-l’immediatezza e sulla facilità d’uso da parte di chi realizza ilprogramma e le relative appendici multimediali. Il programmaappare diviso in capitoli sulla timeline. “Per caratterizzare uncapitolo – prosegue Dunkerley - posso fare “drag and drop”di un testo, posso aggiungere immagini semplicemente tra-scinandole sul capitolo, e collegarle all’istante preciso dellatimeline. Anche per il link il funzionamento è analogo: possoaggiungerli facendo copia-incolla, per i wikilink prendiamo ipuri e semplici link da Wikipedia. Poi è sufficiente aggiun-gere i metadati che occorrono e pubblicare il tutto.” SecondoDunkerley la sfida dell’arricchimento dell’esperienza diascolto radio si sposta sul piano della facilità per i produttoridi trovare rapidamente foto accattivanti, che si prestino a ca-ratterizzare il contesto e che si possano vedere bene (nonsgranate) su telefoni e tablet. Per avere un buon risultato,

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Il software punta tuttosull’immediatezza esulla facilità d’uso da parte di chi realizzail programma e lerelative appendici multimediali

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l’intero processo deve poi essere integrato nel workflow inmodo trasparente: dal punto di vista del produttore di unprogramma è comprensibile che se sono sufficienti alcuniminuti per trovare ed inserire immagini e altri contenuti attra-enti, si troverà il modo di gestire questo ulteriore passaggio.Se invece l’impegno richiesto diventerà eccessivo, è difficileche presso la specifica emittente l’arricchimento visuale deiprogrammi radiofonici prenderà piede.

RADIOSCAMBIOIl software Hindenburg Player è stato utilizzato all’internodel progetto Francophonie 3.0 dell’URTI, che è stato pre-sentato da Sara Lacomba. Francophonie 3.0 è finalizzatoa creare un network di stazioni radio che si indirizzano ad unpubblico giovane e di lingua francese (circa 132 milioni dipersone in tutto il mondo). Il progetto, ed il relativo portaleweb www.francophonie3.org è pensato per i giovani profes-sionisti che lavorano in tutti i campi delle produzioni radiofo-niche e il cui lavoro quotidiano è lo sviluppo e la produzionedi programmi per giovani. Le emittenti coinvolte sono sei:CRTV (Camerun), Radio Romania, Radio Dakar (Sene-gal), Radio Tirana (Albania), Tunisian Radio e SNRT (Ma-rocco). Dice Lacomba: “Tutti producono secondo standarddiversi, e cercando di fare interscambio di contenuti radioabbiamo visto che era un grosso problema. Le emittenticoinvolte nell’interscambio mettono a disposizione poi i loro(spesso enormi) archivi, che tipicamente non sono oggettiattraenti per il pubblico. Come facciamo a renderli tali?Usando il software di Hindenburg (che abbiamo reso dispo-nibile a ciascuna delle emittenti affiliate) abbiamo chiesto dilavorare i contenuti messi a disposizione sul portale di scam-bio, compilando metadati e informazioni extra, dividendo incapitoli e caratterizzando con informazioni, aggiungendomappe per spiegare ad ascoltatori di paesi lontani a qualiluoghi si riferisca il contenuto, aggiungendo poi foto, link, ealtre suggestioni visive. Idealmente l’obiettivo sarebbe riu-scire a coinvolgere le diverse persone che prendono partead ogni livello della produzione, in modo che anche i dati“aggiuntivi” (rispetto all’audio) vengano il più possibile inseritidurante le fasi di produzione.” Ogni radio fa una scelta au-tonoma dei programmi da proporre ed inserire nel portale.Poi ciascuna emittente arricchisce i programmi con conte-nuti multimediali e li mette a disposizione sul sito; il targetsono persone di età compresa fra 18 e 35 anni, cioè la fasciatipica delle persone che normalmente utilizzerebbero il pod-

Sara Lacomba

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cast per ascoltare la loro playlist, invece di un contenutoradio. Lacomba ha concluso con una stima sui costi: “Nelcomplesso, il progetto è costato circa 120.000 Euro, cuivanno sommati l’impegno personale ed il contributo, spessoentusiastico, delle diverse radio coinvolte, che hanno messoa disposizione diverse persone”.

CONFEDERAZIONE RADIOFONICASamuel Vuillermoz, CEO e fondatore di mx3.ch-mxlab(azienda svizzera che si occupa di nuove piattaforme permusica e radio) ha offerto una rapida panoramica delle pro-poste che la propria azienda ha sviluppato negli ultimi anni.Si è soffermato in particolare su un progetto presentato dueanni prima, nel 2012, proprio al Prix Italia: una stazione ra-diofonica online “virtuale”; che ciascun ascoltatore può per-sonalizzare come desidera. DIY.fm è un aggregatore dicontenuti che consente a ciascun ascoltatore di creare unapropria programmazione attingendo fra elementi trasmessiin diretta da radio “reali”, podcast di emittenti radiofoniche,brani e clip disponibili sul web. L’ascoltatore decide libera-mente l’orario di inizio di ciascuno di questi contenuti e la re-lativa successione. Mx3.ch è invece un punto di incontro fra

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musicisti e radio. Dice Vuillermoz: “In Svizzera abbiamo re-lativamente poche persone ma con quattro lingue diverse;le persone si parano e si conoscono poco. Nel territorio pos-siamo contare circa 21.000 “band” musicali, con mx3.ch of-friamo la possibilità ai musicisti di inserire qui le propriecanzoni”. Il sistema mxLinear è invece basato su una appdall’interfaccia volutamente giocosa che consente al pub-blico di scegliere il prossimo brano da mandare in onda; aseconda delle scelte dell’emittente il sistema può essere uti-lizzato per un calale esclusivamente digitale oppure per lacanonica programmazione “on air”.

FARSI SOCIALSophia Halliot, direttore generale di @Bobler, ha presen-tato un modello innovativo di social media, che potrebbeavere importanti sbocchi radiofonici. Secondo Halliot, “lavoce è la prossima rivoluzione digitale.” Bobler è un socialmedia basato sulla voce. La voce è praticamente l’unicostrumento non ancora usato sui social media, che attual-mente gestiscono contenuti basati su testo, foto, video esuoni. “Con i social si fa di tutto, ma ci si dimentica della pro-pria voce. Con Bobler stiamo creando un social networkdove si postano clip della propria voce, con un limite nelladurata come Twitter, e si sceglie se renderle disponibili a tuttio solo ai propri amici. Ci sono milioni di tweet e di foto chevengono inviati ogni giorno in tutto il mondo: io penso chele clip vocali forse potrebbero essere ancora di più. Gli studidicono che la radio è un media tuttora molto amato, e pro-babilmente lo è anche perché ci consente di fare altre cosementre lo utilizziamo. Allo stesso modo è molto facile parlareal proprio telefono per registrare una clip vocale o ascoltarne

una da esso piuttosto che digitareo leggere un testo. Gli strumentiper raccogliere le clip non man-cano: i dispositivi “connessi” sonoin aumento esponenziale, non sologli smartphone, presto avremoanche orologi e cose simili. Lavoce trasporta molte più emozionidi un testo scritto, è più intuitiva.Radio France sta utilizzando que-sto sistema per chiedere ai propriascoltatori di inviare clip vocali, eogni giorno ne scelgono una chemandano in onda.”

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La voce èpraticamente

l’unico strumento non ancora usato

sui social media

Sophia Halliot, al centro

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TUTTI PER UN’APPUn messaggio piuttosto prudente è arrivato invece dall’in-tervento di Natacha Mercure, responsabile offerta digitaledi Radio Canada, una emittente in lingua francese. Anchein Canada hanno seguito un approccio tutto sommato co-mune per quanto riguarda le piatta-forme digitali per la radio: l’idea di baseera fare una radio che fosse facile, at-traente e accessibile su tutte le piatta-forme. Al centro di tutto c’è ilcontenuto, gli strumenti di ascoltoormai sono tanti e di molti generi diversi(tablet, smartphone, …). È quindi moltoimportante ottimizzare la catena di pro-duzione per rendere facile e veloce lapredisposizione dei vari contenuti in for-mato adatto a ciascuna delle possibilipiattaforme di fruizione, conservandoperò un elevato grado di flessibilità perpoter ricevere (ed offrire al pubblico)nuovi stimoli che la tecnologia rendesseattuabili. Radio Canada ha sviluppato

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un’app, che permette di ascoltare tutte le 21 stazioni del Ca-nada francofono, e che raggiunge un picco superiore a50.000 ascolti al minuto nell’ora di punta, al mattino. La appconsente anche il catch-up per i file audio. Mercure ha poiparlato di un prototipo di ebook che si riprometteva di fun-gere da “guida turistica”: inquadrando un edificio o un mo-numento, l’applicazione riproduceva un file audio chedescrive e racconta l’oggetto inquadrato, “ma non ha avutoun grande successo”, per dirla con parole della Mercure“.La mia impressione è che la creatività dei radiofonici vada inrealtà molto oltre quello che le radio riescono poi effettiva-mente ad agganciare e a sfruttare utilizzando la tecnologia.Molte idee non trovano la risposta sperata da parte del pub-blico. Abbiamo fatto anche noi diversi esperimenti, ma inquesto momento è difficile trovare ‘the next big thing’, anchee soprattutto dal punto di vista della ‘presa’ nei confronti delpubblico”.

CRACKOPOLISSilvain Gire, responsabile editoriale ARTE Radio/ArteFrance ha presentato un caso in cui l’attenta gestione dellaconfezione e della promozione di un prodotto “web only” haconsentito di incontrare un enorme successo di pubblico edun interesse che, a distanza di mesi dalla messa in onda, staancora proseguendo. Crackopolis è un documentario rea-lizzato sulla storia di un giovane tossicodipendente. Realiz-zato con cura e capacità radiofoniche, è stato diviso inquindici episodi pubblicati come podcast, di durata libera esenza vincoli, due episodi a settimana (come una serie

radio). Ha detto Gire: “Abbiamo poi pubbli-cizzato molto la cosa con Soundcloud,Youtube e Twitter, e a distanza di quattromesi la gente sta ancora parlando di que-sta serie sui vari social. Questo contenutoha avuto un enorme successo, e lo ha fattosenza cannibalizzare altri contenuti dellaradio. A me non piacciono Facebook oTwitter, ma alla gente non interessa la miaopinione: se la gente scegliere di essere inun posto, il nostro contenuto deve esseredove c’è la gente. Con i sistemi di fruizionebasata sul web noi controlliamo la produ-zione, ma perdiamo di vista la distribu-zione. Dobbiamo essere là dove si trova lagente. Dobbiamo pensare molto bene al

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Silvain Gire

La mia impressione è che la creatività

dei radiofonici vada inrealtà molto oltre

quello che le radioriescono poi

effettivamente adagganciare e a

sfruttare utilizzando latecnologia

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modo in cui si informa la gente di un pro-dotto, su come lo si confeziona, su comelo si fa arrivare a destinazione. Parlando diservizio pubblico è fondamentale ricordarsiche facciamo servizio per altri, e do-vremmo preoccuparci di più di come e sequesto servizio ‘arriva’ alle persone”.

TUTTO L’ARCHIVIOAndrea Borgnino, Strategie WebRadio RAI, ha concluso l’incontro illu-strando alcuni esempi di programmi econtenuti innovativi sviluppati dai canaliRadio RAI. Le Web Radio RAI hanno consentito dicreare una radio speciale per diffonderel’immenso patrimonio contenuto negli archivi RAI: invecedi limitarsi a rendere disponibili questi contenuti per lafruizione “on demand” è stato creato un canale radio fattosolo di archivi. Tramite i social network si chiede agli ascoltatori di espri-mersi sui contenuti che vorrebbero trovare in questo ca-nale speciale; l’iniziativa sta rivelando una buonaaccoglienza da parte del pubblico. Twitter viene ancheutilizzato come sorgente di informazioni o come spuntiper dei “flash”, ad esempio citando quella che vienescelta come migliore “battuta” del giorno circolata neitweet, a volte con la voce dell’attore o del comico cheper primo l’ha pubblicata.

E&E

Andrea Borgnino

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FLASH&NEWS

Il Neumann U 47 fetè tornato!

Gli anni ‘60 e ‘70 sono con-siderati uno dei periodi piùinnovativi nella storia dellamusica. Molti concetti sonoridi questo periodo pionieri-stico vengono ora riscopertied utilizzati per la creazionedell’attuale discografia, inparticolare nel mondo del-l'audio digitale; l'interazionetra le tecnologie di diversegenerazioni costituisce labase di una libertà sonorasenza precedenti. Un'iconadi quell'epoca, decisiva nelcontribuire a plasmare ilsuono degli anni ’70, è statoil Neumann U 47 fet, suc-cessore a transistor dell’ U47 a valvola, nato per con-sentire di lavorare con livellidi pressione sonora fino adallora inimmaginabili. L’U 47fet Collectors Edition è lariedizione del classico e sto-rico omonimo presentatoper la prima volta nel 1969.Neumann ha ripreso la pro-duzione di questo microfonoleggendario seguendoschemi e documenti di pro-duzione originali, e fornisce

oggi il nuovo U 47 fet in unelegante case in legno,completo di un certificato in-dividuale con il numero diserie del microfono. Si trattainfatti di una limited editiondestinata ad arricchire la col-lezione dei più appassionati.In termini tecnici, l’U 47 fet èun microfono a condensa-tore con caratteristica dire-zionale cardioide ecircuitazione fet. Questa tec-nologia, utilizzata anchenell’U 87, è caratterizzatasoprattutto da un’ampiagamma dinamica. La K 47,doppia capsula a diaframmalargo, è già stata utilizzatanell’ U 47 ed ha la precisacaratteristica timbrica di for-nire un leggero incrementosopra i 2 KHz. Se necessario, un filtro low-cut commutabile aumentaelettronicamente la fre-quenza di taglio da 40 Hz a140 Hz. L’attenuazionecommutabile è in grado di ri-durre i livelli pressione di 10dB. Inoltre, per evitare di so-vraccaricare il preamplifica-

tore, il segnale di uscita puòessere ridotto di 6 dB tra-mite un interruttore sul fondodel microfono. Il microfono èdisponibile nel colore nickelclassico. La lista degli artistiche hanno fatto la storiadella musica con il suonodell’U 47 fet – tra cui AC/DC,Kate Bush, Bruce Sprin-gsteen, e più tardi R.E.M,the Pretenders, a-ha, DireStraits, Metallica, MichaelBublé e molti altri – può oraricominciare a crescere. I prodotti Neumann sono di-stribuiti in Italia da Exhibo(www.exhibo.it)

Il magico suono di fine anni ’60, ’70 è ora a portata di mano in edizione limitata

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BV Media 3.0: più spazio,più servizi, più social

FLASH&NEWS

Il nemico è la crisi da transi-zione che la nostra societàsta vivendo. Reagire al ne-mico che avanza imponeuna scelta: ritirarsi in buonordine o, studiata una stra-tegia adeguata, partire all’at-tacco e fare leva sulleopportunità comunque of-ferte dall’avversario. Questaseconda scelta è quella per-seguita da BVMEDIA,azienda di system integra-tion voluta da Roberto Bel-lotti, Mario Volo e PietroGrassi. Li abbiamo incontratinella nuova sede di via Plinio38 in centro a Milano (apochi passi da corso Bue-nos Aires) per capirne di più.

B&P -Molte Aziende del-l’industria broadcastingin Italia chiudono, altretagliano le spese, il per-sonale e i servizi. BVMEDIA ha traslocato inuna sede più grande, incentro a Milano, ha ac-quisito nuove e illustricollaborazioni e sta inve-stendo al fine di potererogare di nuovi servizi. La prima domanda, ov-viamente provocatoria, è:siete pazzi?Pietro Grassi - Se ottimi-smo, fiducia e passionesono indici di pazzia, allorasi, possiamo dire che siamopazzi...

B&P -Ottimismo fiducia epassione per voi in cosasi traducono?Roberto Bellotti - In que-sto settore adesso è veropiù che mai il detto crisicome opportunità. Le nuovetecnologie impongono cam-biamenti, ovvero e meglio lirendono possibili. Se do-vessi sintetizzare con deglihashtag, certamente sce-glierei: #socialmedia #strea-ming e #multiplatform.

B&P – Clicchiamo ideal-mente su queste parolechiave e capiamone ilsenso.RB -“#socialmedia” sta adire che chi diffonde conte-nuti (anche tramite mediatradizionali) oggi deve ne-cessariamente prevedereuna partecipazione attiva delsuo fruitore, il quale devepoter rendere personale econdivisa l’esperienza colmedia audiovisivo. Unesempio: i gruppi che na-

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Mentre alcune aziende del settore “tirano i remi in barca”,qui assistiamo ad un rilancio imprenditoriale basato

sull’evoluzione tecnologica dei media e su un’analisi del futuro prossimo

Roberto BellottiPietro Grassi

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scono attorno a serie tv o aprogrammi. La community,più che il singolo utente, di-venta oggetto di un progettoaudiovisivo contemporaneo.Oggi non solo bisogna “con-vincere” una persona a farsiutente, ma anche a farsi“ambasciatrice” nella suacerchia di relazioni. L’effettomoltiplicatore fa la differenzanel successo di una propo-sta. Poi c’è “#streaming“,perché il web oggi è lo spa-zio per fare quello che fa-ceva il broadcastingdi ieri, inquanto la rete è passata darelazioni interpersonali one-to-one a relazioni one-to -many, pur salvaguardandoper ciascuno una totale au-tonomia di fruizione. Strea-ming reso possibile al pienodella sua efficienza grazieallo sviluppo delle tecnologiemedia over IP. Infine ecco“#multiplatform“ poichéoggi nessun contenuto au-diovisivo ha ragion d’esserese non è sin dall’origine pen-

sato per una distribuzioneplurale nel mondo digitale.Sia in termini di formato tec-nico, sia in termini di moda-lità di fruizione, dall’altissimaqualità dei grandi schermifissi, alla mobilità in contestidifferenti, sia di ripresa (sipensi alle immagini di una-GoPro o di una Action Cam),sia in termini di fruizione(smartphone e tablet).

B&P - E nei rapporti con iclienti come si realizzaquesto salto di qualità?PG - In questo momento dicrisi finanziaria noi diamo ri-sposte, soprattutto al clientestorico e ben conosciuto ecol quale s’è sempre fattoun lavoro di partnership, inbase alle quali siadottanomisure elastiche di relazione.In questo ovviamente i nostrifornitori si rendono a lorovolta disponibili. Quella chesi crea è una relazione fidu-ciaria forte, che unisce bro-adcaster e aziende

produttrici attraverso BVME-DIA. Siamo noi stessi a fareda mediatori e a sollecitareinnovazione da parte del for-nitore: in questo siamo un la-boratorio di idee e diinnovazione.

PARLANDO DELLASTRUTTURA La nuova sede si sviluppa sucirca 250 mq, inclusiva di:uno studio tv, due studi di-postproduzione audio evideo, una sala regia e unamaster control room; ovvia-mente oltre agli spazi delladirezione e a quelli commer-ciali. Il senso di questanuova sede è di proporsicontemporaneamente comespazio di produzione per

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progetti audiovisivi chepossanoincludere la filieracompleta (dalla produzioneal delivering), ma anche unasorta di openhouse per-manente, in cui il clientepossa venire quando vuole etrovare sempre la struttura asua disposizione. In talmodo la sede diventa un la-boratorio catalizzatore dinuoveidee per la produzionee distribuzione audiovisivadigitale. Questo è uno spa-zio dove rispondere alle do-mande dei clienti, ma ancheelaborare con loro nuoveidee e nuove soluzioni. Enon dimentichiamo che è inarrivo Expo2015 e perquell’occasione sarà impor-tante mettere a disposizionein centro a Milano una strut-tura di produzione e post -produzione flessibile disupporto.

CAMPAGNAACQUISTITra le novità più importanti,vanno segnalate anche duenuove collaborazioni di pre-gio in BVMEDIA: ValerioGallorini (carriera aRadio105, Radio Deejay, En-demol, RTTR) e RobertoZeccara (da Radio Deejay eFinelco-RMC, sino a MatchMusic). Precisa Roberto Bel-lotti: “Sono due scelte chevanno nel senso di rispon-dere alle richieste semprepiù sfidanti del mercato. Ab-biamo cercato persone di

esperienza, ma anche ricchedi creatività. Perché da unlato si devono costruire ri-sposte alle domande giàchiare degli editori, maspesso bisogna disegnareassieme a loro delle soluzioni“work in progress”. Per farloservono persone che ab-biano tantaesperienza, ma-turata dal punto di vistaeditoriale, ma anche la fan-tasia e le competenze tec-nologiche per percorrere lestrade nuove”. Gallorini eZeccara si affiancano aMarco “Markino” SacchiIT manager molto cono-sciuto tra “radiofonici” ita-liani, Gino Nuzzo, projectmanager e responsabile delsupporto e del training aiclienti, e a Chiara Pratesi,marketing e comunicazionecon i media.

CATALOGOBVMEDIA nasce nel marzo2010 dall'idea di professioni-sti di offrire prodotti, soluzionie servizi per il mercato delbroadcast radiofonico e tele-visivo. L'esperienza trenten-nale ha permesso loro diindividuare ed acquisire im-portanti partnership con i mi-gliori attori del settore,creando un portafoglio diprodotti e servizi unico nelpanorama radiotelevisivo delnostro paese. Tra i marchi giànoti ricordiamo MusicMa-ster (gestione e programma-zione di contenuti audio e

video musicali), ZenonMe-dia (playout radiofonico lea-der in Europa), StirlitzMedia(per monitorare tutto quelloche viene distribuito attra-verso i media), MediaSales(manager per la gestione delworkflow pubblicitario), Bro-adcast Bionics (call mana-gement system voip dialtissimo livello per l’ interatti-vità con gli ascoltatori) eTools on air (soluzionecompleta per la produzionedi una tv in ambiente OsX). Tra le interessantissime newentry ecco Wigepa (che inEuropa rappresenta i marchiFlipps, piattaforma di conte-nuti audiovisivi fruibili in mo-bilità e tramite smartTv, eStreamPartner, servizi diconnettività e cloud, e File-Zilla, delivering di contenuti),XeuxMedia (soluzione per ilplayout televisivo in ambienteWindows) e Metus (soluzioniper il media asset manage-ment). BVMEDIA srl ha la sua sedeoperativa in via Plinio 38 a Mi-lano. Telefono 02 87078550,email [email protected] e sitoweb www.bvmedia.it

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PER OGNI LAVORO IL GIUSTO STRUMENTO.L’IMMAGINE DETTAGLIATA DEL SUONO.Un valore che Shure ha imparato da oltre 85 anni nella produzione di dispositivi professionali e che ha contribuito alla ripresa delle più leggendarie performance al mondo. Questo è il motivo per cui Shure continua a fornire agli ambienti del broadcast e delle produzioni radiotelevisive tutto il necessario per emergere nelle condizioni di lavoro sempre più esigenti al giorno d’oggi. Dalle soluzioni portatili ai microfoni e headset per applicazioni speci�che �no agli avanzati sistemi wireless progettati per affrontare le s�de più ardue.

Perchè ora, come sempre, il mondo è in ascolto.

Prase Engineering S.p.A.Via Nobel, 10 30020 Noventa di Piave (Ve) • Italy Tel.: +39 0421 571411 Fax :+39 0421 571480 www.prase.it