canto xxii - la scuola€¦ · 461 canto xxii sequenze narrative ® salita alla sesta cornice dopo...

6
461 Canto XXII Sequenze narrative ® SALITA ALLA SESTA CORNICE Dopo che l’angelo della giustizia, custode della quinta cornice, gli ha cancellato un altro se- gno P dalla fronte e ha cantato la quarta Beatitudine evangelica, Dante si sente alleggerito e può seguire i due poeti, che lo guidano con minor fatica. ® IL PECCATO DI STAZIO Virgilio si rivolge a Stazio ricambiandogli la stima che questi aveva per lui, della quale era ve- nuto a conoscenza dal poeta Giovenale*, nel Limbo*. Stazio chiarisce di trovarsi nella quin- ta cornice non per l’avarizia, bensì per la prodigalità, da cui egli riuscì a risollevarsi in tempo proprio grazie alla lettura di un passo dell’Eneide. ® LA CONVERSIONE DI STAZIO AL CRISTIANESIMO Virgilio gli chiede che cosa lo abbia indirizzato alla vera fede e Stazio risponde che il merito spetta ancora a lui: fu infatti grazie alla lettura della quarta Ecloga* che egli comin- ciò ad avvicinarsi al cristianesimo. Tuttavia, per timore delle persecuzioni, egli continuò a dichiararsi pagano, motivo per cui fu costretto a scontare quattrocento anni nella cornice degli accidiosi. ® VIRGILIO PARLA DEL LIMBO Stazio apprende quindi daVirgilio che ora con lui nel Limbo risiedono i grandi scrittori greci e latini del mondo antico, insieme a molti dei personaggi cantati da Stazio nelle sue opere. ® LA SESTA CORNICE. LALBERO DALLA FORMA STRANA I tre poeti passano alla sesta cornice, riservata ai golosi, e arrivano conversando nei pressi di un albero dalla strana forma di cono rovesciato, carico di frutti profumati ma irraggiungibili. Dall’albero proviene una voce, che elenca una serie di esempi di temperanza. vv 115-154 vv 94-114 vv 55-93 vv 10-54 vv 1-9 Posizione V cornice e VI cornice Spiriti espianti Avari e prodighi; golosi Pena Avari e prodighi: sono distesi per terra bocconi, con mani e piedi legati. Golosi: soffrono fame e sete, ma non possono toccare i frutti degli alberi né bere Contrappasso Avari e prodighi: in vita non levarono mai lo sguardo dai beni terreni e ora, per analogia, sono costretti a guardare a terra; furono legati ai beni terreni e hanno ora mani e piedi legati. Golosi: in vita furono dediti al vizio della gola, e ora, per contrasto, sono magrissimi, non potendo toccare il cibo che pure desiderano fortemente Dante incontra Insieme a Stazio*: l’Angelo della Giustizia Purgatorio, XXII, 127-132, miniatura ferrarese, 1474-1482, Ms. Urb. Lat. 365, f. 160 r. Roma, Biblioteca Vaticana.

Upload: others

Post on 22-Jul-2020

0 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: Canto XXII - La Scuola€¦ · 461 Canto XXII Sequenze narrative ® SALITA ALLA SESTA CORNICE Dopo che l’angelo della giustizia, custode della quinta cornice, gli ha cancellato

461

Canto XXII

■ Sequenze narrative

® SALITA ALLA SESTA CORNICE

Dopo che l’angelo della giustizia, custode della quinta cornice, gli ha cancellato un altro se-gno P dalla fronte e ha cantato la quarta Beatitudine evangelica, Dante si sente alleggerito epuò seguire i due poeti, che lo guidano con minor fatica.

® IL PECCATO DI STAZIO

Virgilio si rivolge a Stazio ricambiandogli la stima che questi aveva per lui, della quale era ve-nuto a conoscenza dal poeta Giovenale*, nel Limbo*. Stazio chiarisce di trovarsi nella quin-ta cornice non per l’avarizia, bensì per la prodigalità, da cui egli riuscì a risollevarsi in tempoproprio grazie alla lettura di un passo dell’Eneide.

® LA CONVERSIONE DI STAZIO AL CRISTIANESIMO

Virgilio gli chiede che cosa lo abbia indirizzato alla vera fede e Stazio risponde che ilmerito spetta ancora a lui: fu infatti grazie alla lettura della quarta Ecloga* che egli comin-ciò ad avvicinarsi al cristianesimo. Tuttavia, per timore delle persecuzioni, egli continuò adichiararsi pagano, motivo per cui fu costretto a scontare quattrocento anni nella cornicedegli accidiosi.

® VIRGILIO PARLA DEL LIMBO

Stazio apprende quindi da Virgilio che ora con lui nel Limbo risiedono i grandi scrittori grecie latini del mondo antico, insieme a molti dei personaggi cantati da Stazio nelle sue opere.

® LA SESTA CORNICE. L’ALBERO DALLA FORMA STRANA

I tre poeti passano alla sesta cornice, riservata ai golosi, e arrivano conversando nei pressi diun albero dalla strana forma di cono rovesciato, carico di frutti profumati ma irraggiungibili.Dall’albero proviene una voce, che elenca una serie di esempi di temperanza.

vv 115-154

vv 94-114

vv 55-93

vv 10-54

vv 1-9

Posizione V cornice e VI cornice

Spiriti espianti Avari e prodighi; golosi

Pena Avari e prodighi: sono distesi per terra bocconi, con mani e piedilegati.

Golosi: soffrono fame e sete, ma non possono toccare i frutti degli alberiné bere

Contrappasso Avari e prodighi: in vita non levarono mai lo sguardo dai beni terreni e ora, per analogia, sono costretti a guardare a terra;furono legati ai beni terreni e hanno ora mani e piedi legati.

Golosi: in vita furono dediti al vizio della gola, e ora, per contrasto, sonomagrissimi, non potendo toccare il cibo che pure desiderano fortemente

Dante incontra Insieme a Stazio*: l’Angelo della Giustizia

Purgatorio, XXII,127-132,

miniaturaferrarese,

1474-1482, Ms. Urb. Lat. 365,

f. 160 r. Roma, Biblioteca

Vaticana.

p461-466_purgatorio-integr_p461-466_purgatorio-integr 20/10/11 11.52 Pagina 461

Page 2: Canto XXII - La Scuola€¦ · 461 Canto XXII Sequenze narrative ® SALITA ALLA SESTA CORNICE Dopo che l’angelo della giustizia, custode della quinta cornice, gli ha cancellato

462

■ Temi e motivi

La conversione al cristianesimo di StazioDopo l’accurata presentazione, nel canto precedente, della figura e dell’opera di Stazio*, edell’ammirazione da lui nutrita per Virgilio*, vengono ora sviluppati due aspetti non sto-ricamente provati riguardo al poeta latino: la sua prodigalità (che potrebbe essere un’in-venzione dantesca), di cui si sarebbe liberato leggendo un passo dell’Eneide (III, 56-57), ela sua segreta conversione al cristianesimo, anch’essa fatta risalire a un testo virgiliano, laquarta Ecloga; con ciò viene esaltato al massimo grado il valore poetico e spirituale delMantovano (culminante al v. 73: Per te poeta fui, per te cristiano), la cui parola, anche se anco-ra velata dalle tenebre, è tuttavia in grado di illuminare profeticamente il cammino altrui.Per quanto riguarda il cristianesimo, in mancanza di conoscenza di fonti sicure cui Dantepossa avere attinto, si può pensare all’influsso di leggende come quella narrata da Vincen-zo di Beauvais* nel suo Speculum historiale, in cui si narra appunto che alcuni pagani avreb-bero abbracciato la fede cristiana proprio in seguito alla lettura della quarta Ecloga di Vir-gilio, divenendo, da persecutori dei cristiani, martiri di Cristo. Su questa base Dante avreb-be costruito il personaggio di Stazio, ritenendolo il più fervido ammiratore e imitatore diVirgilio. La salvezza di Stazio è forse un modo per affermare la superiorità della letteratu-ra di ispirazione cristiana rispetto a quella pagana, e l’itinerario di Stazio dal paganesimo alcristianesimo può essere visto in parallelo come l’itinerario spirituale del poeta-pellegrinodalla selva del peccato all’Eden della grazia.

Gli spiriti del LimboL’esaltazione della poesia, condotta attraverso l’ammirazione di Stazio (e quindi di Dantestesso) per Virgilio, si estende ai vv. 94-114, nei quali il Mantovano informa Stazio sul desti-no ultraterreno di alcuni poeti del mondo greco e latino, nonché di alcuni personaggi deipoemi stessi del proprio interlocutore (tutti femminili, tra cui Manto*, stranamente giàincontrata tra gli indovini della quarta bolgia infernale (contraddizione che i critici nonsono ancora riusciti a sanare in maniera convincente), che si trovano tutti tra gli spiriti magnidel Limbo insieme a Virgilio e a Omero*. La rassegna di questi personaggi, lungi dal costi-tuire un arido elenco di nomi, risulta complementare a quella del Limbo in Inf. IV, comeulteriore celebrazione della poesia classica, ma allo stesso tempo, data la condanna dei suoiesponenti, come ennesima sottolineatura dei suoi limiti, della sua inferiorità rispetto allapoesia cristiana, e in particolare della Commedia.

Canto XXIIPurgatorio

Già era l’angel dietro a noi rimaso,l’angel che n’avea vòlti al sesto giro,

3 avendomi dal viso un colpo raso;

e quei c’ hanno a giustizia lor disirodetto n’avea beati, e le sue voci

6 con ‘sitiunt’, sanz’altro, ciò forniro.

E io più lieve che per l’altre focim’andava, sì che sanz’alcun labore

9 seguiva in sù li spiriti veloci;

® SALITA ALLA SESTA CORNICEGià l’angelo era rimasto (rimaso) alle nostre spalle, l’angeloche ci aveva indirizzati (vòlti) verso il sesto girone, dopo aver-mi cancellato (raso) dalla fronte (viso) un’altra P (un colpo);

e aveva (n’avea) dichiarato beati quelli che rivolgono alla giu-stizia il proprio desiderio (disiro), e la sua voce concluse (for-niro) la beatitudine con ‘hanno sete’ (‘sitiunt’), senza aggiun-gere altro (sanz’altro).

E io salivo (m’andava) sentendomi più leggero (lieve) che neiprecedenti passaggi (per l’altre foci), così che riuscivo a seguiresenza alcuna fatica i due spiriti che salivano rapidamente(veloci),

vv 1-9

p461-466_purgatorio-integr_p461-466_purgatorio-integr 20/10/11 11.52 Pagina 462

Page 3: Canto XXII - La Scuola€¦ · 461 Canto XXII Sequenze narrative ® SALITA ALLA SESTA CORNICE Dopo che l’angelo della giustizia, custode della quinta cornice, gli ha cancellato

463

Canto XXII Purgatorio

quando Virgilio incominciò: «Amore,acceso di virtù, sempre altro accese,

12 pur che la fiamma sua paresse fore;

onde da l’ora che tra noi discesenel limbo de lo ’nferno Giovenale,

15 che la tua affezion mi fé palese,

mia benvoglienza inverso te fu qualepiù strinse mai di non vista persona,

18 sì ch’or mi parran corte queste scale.

Ma dimmi, e come amico mi perdonase troppa sicurtà m’allarga il freno,

21 e come amico omai meco ragiona:

come poté trovar dentro al tuo senoloco avarizia, tra cotanto senno

24 di quanto per tua cura fosti pieno?».

Queste parole Stazio mover fennoun poco a riso pria; poscia rispuose:

27 «Ogne tuo dir d’amor m’è caro cenno.

Veramente più volte appaion coseche danno a dubitar falsa matera

30 per le vere ragion che son nascose.

La tua dimanda tuo creder m’avveraesser ch’i’ fossi avaro in l’altra vita,

33 forse per quella cerchia dov’io era.

Or sappi ch’avarizia fu partitatroppo da me, e questa dismisura

36 migliaia di lunari hanno punita.

E se non fosse ch’io drizzai mia cura,quand’io intesi là dove tu chiame,

39 crucciato quasi a l’umana natura:

‘Perché non reggi tu, o sacra famede l’oro, l’appetito de’ mortali?’,

42 voltando sentirei le giostre grame.

Allor m’accorsi che troppo aprir l’alipotean le mani a spendere, e pente’mi

45 così di quel come de li altri mali.

® IL PECCATO DI STAZIOquando Virgilio cominciò a dire: «L’amore, stimolato (acceso)dalla virtù, purché la sua fiamma appaia all’esterno (paressefore), accende sempre un altro amore:

per questo (onde), dal momento (ora) in cui nel Limbo dell’In-ferno scese fra di noi Giovenale, che mi manifestò (mi fé palese)il tuo affetto (affezion) nei miei confronti,

la mia benevolenza (benvoglienza) verso di te fu tale che mai(più... mai) una più intensa avvinse (strinse) una persona aun’altra non conosciuta sicché ora questa salita (scale) ai giro-ni superiori mi sembrerà troppo breve (corte).

Ma dimmi, e da amico perdonami se l’eccessiva franchezza(sicurtà) allenta (m’allarga) il freno del riserbo, e parla (ragiona)con me (meco) ormai come amico:

come poté trovare posto (loco) nel tuo animo (seno) l’avarizia,data tutta la sapienza (cotanto senno) di cui, per tuo merito (pertua cura), fosti ricco?».

Queste parole fecero (fenno) dapprima (pria) sorridere(mover... un poco a riso) Stazio; poi egli rispose: «Ogni tua paro-la per me è un caro segno (cenno) d’amore.

Veramente si vedono (appaion) spesso cose che offrono falsoargomento (matera) di dubbio, dal momento che le loro verecause (ragion) rimangono nascoste (nascose).

La tua domanda mi prova (m’avvera) essere tua opinione (esser)che io nell’altra vita sia stato avaro, forse perché mi trovavonella cornice (cerchia) degli avari.

Sappi invece che l’avarizia fu esattamente opposta al mio pec-cato (fu partita troppo da me), e migliaia di mesi (lunari) hannopunito la mia prodigalità (dismisura).

E se non fosse che corressi (drizzai) tale tendenza (cura), quan-do compresi pienamente (intesi) quel passo dell’Eneide (là) do-ve tu esclami (chiame), quasi crucciato contro la natura umana:

‘O sacra fame dell’oro, perché non regoli (reggi) tu in giustamisura la brama (l’appetito) dei mortali?’, ora facendo rotola-re pesi (voltando) starei a sentire (sentirei) i miserabili scontri diingiurie (giostre grame).

A quel punto mi accorsi che le mani potevano allargarsi (aprirl’ali) troppo nello spendere, e mi pentii (pente’mi) sia (così)della prodigalità sia (come) degli altri peccati (mali).

vv 10-54

p461-466_purgatorio-integr_p461-466_purgatorio-integr 20/10/11 11.52 Pagina 463

Page 4: Canto XXII - La Scuola€¦ · 461 Canto XXII Sequenze narrative ® SALITA ALLA SESTA CORNICE Dopo che l’angelo della giustizia, custode della quinta cornice, gli ha cancellato

464

Canto XXIIPurgatorio

Quanti risurgeran coi crini scemiper ignoranza, che di questa pecca

48 toglie ’l penter vivendo e ne li stremi!

E sappie che la colpa che rimbeccaper dritta opposizione alcun peccato,

51 con esso insieme qui suo verde secca;

però, s’io son tra quella gente statoche piange l’avarizia, per purgarmi,

54 per lo contrario suo m’è incontrato».

«Or quando tu cantasti le crude armide la doppia trestizia di Giocasta»,

57 disse ’l cantor de’ buccolici carmi,

«per quello che Clïò teco lì tasta,non par che ti facesse ancor fedele

60 la fede, sanza qual ben far non basta.

Se così è, qual sole o quai candeleti stenebraron sì, che tu drizzasti

63 poscia di retro al pescator le vele?».

Ed elli a lui: «Tu prima m’invïastiverso Parnaso a ber ne le sue grotte,

66 e prima appresso Dio m’alluminasti.

Facesti come quei che va di notte,che porta il lume dietro e sé non giova,

69 ma dopo sé fa le persone dotte,

quando dicesti: ‘Secol si rinova;torna giustizia e primo tempo umano,

72 e progenïe scende da ciel nova’.

Per te poeta fui, per te cristiano:ma perché veggi mei ciò ch’io disegno,

75 a colorare stenderò la mano.

Già era ’l mondo tutto quanto pregnode la vera credenza, seminata

78 per li messaggi de l’etterno regno;

e la parola tua sopra toccatasi consonava a’ nuovi predicanti;

81 ond’io a visitarli presi usata.

Quanti prodighi risorgeranno con i capelli tagliati (coi criniscemi) per l’incosapevolezza (per ignoranza), che toglie loro lapossibilità di pentirsi (’l penter) di questa colpa (pecca) tanto invita (vivendo) che in punto di morte (ne li stremi)!

Sappi inoltre che la colpa che si contrappone direttamente(che rimbecca per dritta opposizione) a un peccato, in Purgatorio(qui) viene espiata (suo verde secca) insieme ad esso:

perciò (però), se io, per purificarmi, sono rimasto tra coloro(quella gente) che espiano piangendo (che piange) l’avarizia,questo mi è toccato (m’è incontrato) a causa del peccato con-trario».

® LA CONVERSIONE DI STAZIO AL CRISTIA-NESIMO«Quando tu cantasti la guerra fratricida (le crude armi) di Eteo-cle e Polinice, duplice causa di amarezza (doppia trestizia) perla madre Giocasta», disse Virgilio, autore delle Bucoliche (bucco-lici carmi),«da quello che tu vi narri con l’aiuto della musa Clio (per quel-lo che Clïò teco lì tasta), non appare ancora che ti facesse cristia-no (fedele) la fede, senza la quale le opere buone non bastano.

Se le cose stanno così, quale divina illuminazione (qual sole) oquali insegnamenti umani (quai candele) ti liberarono dalletenebre (ti stenebraron) in modo tale da farti poi (poscia) alzarele vele per seguire la barca di Pietro (pescator)?».

E Stazio rispose: «Tu per primo (prima) mi indirizzasti(m’invïasti) verso il Parnaso (alla poesia) per bere alla fonteche sgorga dalle sue rocce (a ber ne le sue grotte), e tu per primomi illuminasti il cammino (m’alluminasti) verso (appresso) Dio.

Hai fatto come chi cammina di notte, che porta il lume die-tro e non giova a se stesso, ma rende esperte (dotte) del cam-mino le persone che lo seguono (dopo sé),

quando dicesti: ‘Il mondo (Secol) si rinnova; torna la giustiziae torna il regno di Saturno (primo tempo umano), e dal cieloscende una nuova stirpe (progenïe)’.

Per merito tuo (Per te) diventai poeta, per merito tuo diven-tai cristiano: ma affinché tu veda (veggi) meglio (mei) il dise-gno che ho tracciato (ciò ch’io disegno), cercherò di comple-tarlo colorandolo (a colorare stenderò la mano).

Il mondo era già tutto pieno (pregno) della vera fede (creden-za), seminata dagli Apostoli, messaggeri (messaggi) del regnoeterno di Dio;

e le tue parole sopra ricordate (toccata) concordavano (si con-sonava) con quelle dei predicatori della nuova fede (nuovi pre-dicanti); perciò io presi l’abitudine (usata) di frequentarli (avisitarli).

vv 55-93

p461-466_purgatorio-integr_p461-466_purgatorio-integr 20/10/11 11.52 Pagina 464

Page 5: Canto XXII - La Scuola€¦ · 461 Canto XXII Sequenze narrative ® SALITA ALLA SESTA CORNICE Dopo che l’angelo della giustizia, custode della quinta cornice, gli ha cancellato

465

Canto XXII Purgatorio

Vennermi poi parendo tanto santi,che, quando Domizian li perseguette,

84 sanza mio lagrimar non fur lor pianti;

e mentre che di là per me si stette,io li sovvenni, e i lor dritti costumi

87 fer dispregiare a me tutte altre sette.

E pria ch’io conducessi i Greci a’ fiumidi Tebe poetando, ebb’io battesmo;

90 ma per paura chiuso cristian fu’ mi,

lungamente mostrando paganesmo;e questa tepidezza il quarto cerchio

93 cerchiar mi fé più che ’l quarto centesmo.

Tu dunque, che levato hai il coperchioche m’ascondeva quanto bene io dico,

96 mentre che del salire avem soverchio,

dimmi dov’è Terrenzio nostro antico,Cecilio e Plauto e Varro, se lo sai:

99 dimmi se son dannati, e in qual vico».

«Costoro e Persio e io e altri assai»,rispuose il duca mio, «siam con quel Greco

102 che le Muse lattar più ch’altri mai,

nel primo cinghio del carcere cieco;spesse fïate ragioniam del monte

105 che sempre ha le nutrice nostre seco.

Euripide v’è nosco e Antifonte,Simonide, Agatone e altri piùe

108 Greci che già di lauro ornar la fronte.

Quivi si veggion de le genti tueAntigone, Deïfile e Argia,

111 e Ismene sì trista come fue.

Védeisi quella che mostrò Langia;èvvi la figlia di Tiresia, e Teti,

114 e con le suore sue Deïdamia».

Tacevansi ambedue già li poeti,di novo attenti a riguardar dintorno,

117 liberi da saliri e da pareti;

Essi poi mi si vennero rivelando (parendo) tanto santi che,quando Domiziano li perseguitò (li perseguette), al loro piantosi unirono le mie lacrime (lagrimar);

e finché (mentre) rimasi (per me si stette) sulla terra (di là), io liaiutai (li sovvenni), e i loro onesti (dritti) costumi mi fecero(fer... a me) disprezzare ogni altra scuola (sette).

E prima (pria) che, scrivendo il mio poema (poetando), narras-si l’arrivo dei Greci ai fiumi di Tebe (conducessi i Greci a’ fiumidi Tebe), ricevetti (ebb’io) il battesimo; ma per paura di perse-cuzione fui (fu’mi) cristiano non dichiarato (chiuso),

continuando a lungo a mostrarmi pagano (lungamente mostran-do paganesmo); e questa accidia (tepidezza) mi costrinse a per-correre (cerchiar) il quarto girone (cerchio) per più di quattro-cento anni (quarto centesmo).

® VIRGILIO PARLA DEL LIMBOTu dunque, che mi hai tolto (levato) il velo (coperchio) cheprima mi nascondeva la fede cristiana di cui io parlo (quantobene io dico), finché (mentre che) ci avanza tempo (avem sover-chio) durante la salita,dimmi dov’è Terenzio, nostra antica gloria (nostro antico),dimmi dove sono Cecilio e Plauto e Vario (Varro), se lo sai:dimmi se sono dannati, e in quale cerchio (vico)».

«Tutti costoro e Persio e io e molti altri», rispose la mia guida«siamo insieme a Omero (quel Greco) che le Muse nutrirono(lattar) più di qualsiasi altro poeta (più ch’altri mai),

nel Limbo, primo cerchio (cinghio) dell’Inferno (carcere cieco):spesso (spesse fïate) parliamo del monte Parnaso, dimora abi-tuale (che sempre ha... seco) delle Muse (nutrice nostre).

Con noi (nosco) vi sono anche Euripide e Antifonte, Simoni-de, Agatone e molti altri (altri piùe) Greci che un tempo orna-rono la loro fronte con l’alloro (di lauro).

Nello stesso cerchio (Quivi) si vedono (si veggion), tra i perso-naggi da te cantati, Antigone, Deifile e Argia, e Ismene anco-ra piena di tristezza (sì trista) come fu in vita (come fue).

Vi si vede (Védeisi) Isifile, che indicò la fonte Langia: e vi è(èvvi) la figlia di Tiresia (ossia Manto), e Teti, e Deidamia conle sue sorelle (suore)».

® LA SESTA CORNICE. L’ALBERO DALLA FOR-MA STRANAEntrambi i poeti se ne stavano ora in silenzio (Tacevansi), dinuovo intenti a guardare intorno, essendo ormai liberi da gra-dini (saliri) e pareti;

vv 115-154

vv 94-114

p461-466_purgatorio-integr_p461-466_purgatorio-integr 20/10/11 11.52 Pagina 465

Page 6: Canto XXII - La Scuola€¦ · 461 Canto XXII Sequenze narrative ® SALITA ALLA SESTA CORNICE Dopo che l’angelo della giustizia, custode della quinta cornice, gli ha cancellato

466

Canto XXIIPurgatorio

e già le quattro ancelle eran del giornorimase a dietro, e la quinta era al temo,

120 drizzando pur in sù l’ardente corno,

quando il mio duca: «Io credo ch’a lostremole destre spalle volger ne convegna,

123 girando il monte come far solemo».

Così l’usanza fu lì nostra insegna,e prendemmo la via con men sospetto

126 per l’assentir di quell’anima degna.

Elli givan dinanzi, e io solettodi retro, e ascoltava i lor sermoni,

129 ch’a poetar mi davano intelletto.

Ma tosto ruppe le dolci ragioniun alber che trovammo in mezza strada,

132 con pomi a odorar soavi e buoni;

e come abete in alto si digradadi ramo in ramo, così quello in giuso,

135 cred’io, perché persona sù non vada.

Dal lato onde ’l cammin nostro era chiuso,cadea de l’alta roccia un liquor chiaro

138 e si spandeva per le foglie suso.

Li due poeti a l’alber s’appressaro;e una voce per entro le fronde

141 gridò: «Di questo cibo avrete caro».

Poi disse: «Più pensava Maria ondefosser le nozze orrevoli e intere,

144 ch’a la sua bocca, ch’or per voi risponde.

E le Romane antiche, per lor bere,contente furon d’acqua; e Danïello

147 dispregiò cibo e acquistò savere.

Lo secol primo, quant’oro fu bello,fé savorose con fame le ghiande,

150 e nettare con sete ogne ruscello.

Mele e locuste furon le vivandeche nodriro il Batista nel diserto;

153 per ch’elli è glorïoso e tanto grande

quanto per lo Vangelio v’è aperto».

ed erano già passate le prime quattro ore (ancelle) del giorno,e la quinta era al timone del carro solare (al temo) e ne driz-zava sempre verso l’alto (pur in sù) la punta infuocata (l’arden-te corno),

quando la mia guida disse: «Credo che dobbiamo (ne conve-gna) volgere il nostro fianco destro (destre spalle) verso l’orloesterno della cornice (a lo stremo), girando così intorno almonte come siamo soliti (solemo) fare».

Così l’abitudine (usanza) fu in quel momento (lì) il nostrosegnale di direzione (insegna), e ci incamminammo (prendem-mo la via) con meno timore (sospetto) di sbagliare per l’appro-vazione (l’assentir) che ci diede Stazio, anima eletta (degna).

Essi camminavano (givan) davanti, e io dietro tutto solo (solet-to), e ascoltavo i loro discorsi (sermoni), che mi davano stimo-lo intellettuale (intelletto) a poetare.

Ma presto (tosto) interruppe (ruppe) i loro dolci ragionamen-ti (ragioni) la vista di un albero che trovammo in mezzo alcammino (in mezza strada), carico di frutti (pomi) dal profu-mo dolce e buono;

e come l’abete va restringendo la sua chioma (si digrada) diramo in ramo verso l’alto, così quell’albero restringeva lachioma verso il basso (così quello in giuso), credo, affinché nes-suno (persona) possa salirvi (sù non vada).

Alla nostra sinistra, dalla parte in cui (onde) il nostro cammi-no era limitato dalla parete rocciosa (chiuso), cadeva dall’altodella roccia un liquido (liquor) chiaro e si spargeva sulla partealta delle foglie (per le foglie suso).

I due poeti s’avvicinarono (s’appressaro) all’albero; intanto unavoce tra (per entro) le fronde gridò: «Avrete carenza (caro) diquesto cibo».

Poi continuò: «Maria pensava più a rendere decorose (orrevo-li) e complete (intere) le nozze che a soddisfare la sua bocca,che ora intercede (risponde) in vostro favore.

E le antiche donne di Roma, per bere, s’accontentavano diacqua; e il profeta Daniele rifiutò (dispregiò) il cibo e acquistòla sapienza (savere).

La prima età degli uomini (Lo secol primo), finché rimase dioro puro (quant’oro fu bello), con la fame rese (fé) saporite(savorose) le ghiande, e con la sete trasformò ogni ruscello innettare.

Miele selvatico (Mele) e locuste furono le vivande che nutri-rono (nodriro) Giovanni Battista nel deserto; e per questo egliè glorioso e grande tanto

quanto vi è dichiarato (aperto) dal (per) Vangelo».

p461-466_purgatorio-integr_p461-466_purgatorio-integr 20/10/11 11.52 Pagina 466