casamica

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RCS MediaGroup S.p.A. – Casamica n. 5 - 2012 Mensile allegato in edicola al Corriere della Sera del 6 ottobre. “Poste Italiane Spa Spedizione in Abbonamento Postale – D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n. 46) art.1 comma 1, DCB Milano”. In vendita solo sabato 6 ottobre con il Corriere della Sera e Io Donna n° 41 a 1,50. Separatamente negli altri giorni a 2,50. CA Storie Come e perché il design entra nelle nostre case. Lo racconta Vittorio Radice Case Micro spazi, verde e innovazione Maestri Vis-à-vis: Carlo e Tobia Scarpa Atmosfere Il ritorno degli arredi di una volta www.atcasa.it CASAMICA [ Design Magazine ] A Paesaggi domestici

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Ottobre 2012

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!2,50.

CA

Storie Come e perché il design entra nelle nostre case. Lo racconta Vittorio RadiceCaseMicro spazi, verde e innovazioneMaestriVis-à-vis: Carlo e Tobia Scarpa

Atmosfere Il ritorno degli arredi di una volta

www.atcasa.it

CASAMICA [ DesignMagazine ]

A

Paesaggi domestici

–141–

Nuovo umanesimo

TESTO RACCOLTO DA SILVIA CORTESEILLUSTRAZIONI DI ELISABETH MOCH

[ colazione di lavoro ]

La casa è fatta dalla personalità di chi la abita: l’imperfezione il suo bello. Fino a oggi le aziende sono entrate nelle case della gente,

talvolta imponendo i loro prodotti. Oggi è il calore delle nostre stanze a far capolino nelle aziende riportando il design all’essenzialità

DANIELAFANTINI

DANIELE LAGO

DAVIDE GROPPI

–143––143–

Pranzo da Pisacco, il risto-bistrò che ha aper-to i battenti a Milano 20 giorni fa. Ospiti di CASAMICA un’imprenditrice e due proget-tisti/imprenditori per fare il punto sui valori e la ricerca del design per la casa.

[SILVIA ROBERTAZZI]: aziende, designer, prodotti, pubblico. Mi piacerebbe partire dai rapporti tra questi quattro cardini per capire come abitano e abiteranno gli italiani la casa.

[DANIELE LAGO]: il design rimane l’anello debole, perché credo che manchi ancora un dialogo diretto con il fruitore.

[SR]: in che senso?

[DL]: si tende a subire l’oggetto che abbiamo davanti. Molto spesso non c’è corrispondenza con il carattere della persona che lo acquista. Per esempio mi capita di vedere case di amici che, seppur progettate da bravi architetti, co-municano una certa fredda tristezza.

[DAVIDE GROPPI]: questo è molto vero.

[DL]: per me dovremmo dare spazio all’imper-fezione, all’errore, all’umanità: nell’imper-fezione c’è l’umanità. Questo è un po’ il mio approccio al progetto. Quello che cerco di fare come impresa, nei confronti del consumatore, è far sì che egli viva davvero la casa, dandogli personalità. Il design forse deve riflettere sul fatto che l’oggetto non può più autocelebrarsi o stare su un piedistallo per essere contemplato, deve tirar fuori qualcos’altro.

[SR]: la stessa critica spesso è stata rivolta all’ar-chitettura contemporanea, quella delle archi-star ritenute distanti dal mondo reale. Nel mon-do del design sta succedendo come nell’arte: la gente ha timore a entrare in certi showroom troppo perfetti, algidi. Credo che sia il sintomo che c’è qualcosa che non funziona.

[DG]: a questo proposito condivido l’idea di Da-niele nel suo elogio all’imperfezione. La mia casa è imperfetta, perché sono imperfetto io e solo adesso capisco che questo è un valore. Bisogna partire da qui per comprendere le esi-genze delle persone. Perciò la casa vera è dove

[ colazione di lavoro ]

–142–

l’incompiuto è frequente, e dove la luce è mi-gliore. Per me l’illuminazione è importante.

[SR]: quindi?

[DG]: illuminare una casa vuol dire semplice-mente mettere una lampada in un angolo o un abat-jour vicino a una poltrona. Si crea un’at-mosfera che ritengo quella della luce più bella. La mia casa in questo senso è un po’ come una capanna, la stessa che potevamo costruire nei boschi da bambini. Anche la mia azienda è fatta concettualmente da persone che hanno la stessa idea di fare una capanna.

[SR]: c’è molta coerenza nella tua vita.

[DG]: mi piace pensare che le case siano un po’ ca-panne perché altrimenti diventa la casa dell’ar-chitetto, tutta giusta, tutta secondo i canoni. È bello pensare di vivere in una casa che esula da questi stereotipi; a me piace molto il pensiero dell’indeterminazione, del provvisorio.

[DANIELA FANTINI]: anche la mia casa è così. Vivo con mia madre e mia sorella, vi parlo della casa dei miei genitori. La trovo bellissima nella sua imperfezione. Se vedeste il mio bagno, non pensereste mai che la mia azienda si occupa di produrre rubinetterie! Ho rubinetti con colori terrificanti, si chiamavano Petali, un mega-flop commerciale incredibile. Avevamo deciso di farli color fragola, arancia, banana, liquirizia, pesca. Li ho colorati insieme a mio padre e sono arrivata al punto di fare anche gli interruttori e un pezzo di lampadario color fragola. Un trionfo di imperfezione tendente al kitsch, per come lo intenderebbe un interior designer. Tuttavia è in queste cose fatte di ricordi e di affetti che troviamo la vera bellezza.

[DL]: c’è un’indagine, a proposito, che afferma che il cibo che ci piace di più è quello che ci cuci-nava la nonna, quello che ci è rimasto nel cuore, intriso di affetti e amore. Insomma quel che dà gusto alle cose. In alcune tribù africane c’è il detto che se si produce qualcosa con amore, quell’amore viaggia nel pezzo che vendi.

[DF]: ah sì è una forma di comunicazione forte. Se la passione è reale la trasmetti davvero.

[DG]: anche sul lavoro. Basta con l’idea che oggi si debba crescere a tutti i costi, dimenticando che magari c’è anche un altro tipo di guadagno, più umanistico, più etico.

[DL]: bisogna essere sostenibili a tutti i livelli. Si è coltivato troppo a lungo e fino allo spasimo il concetto dell’estetica di un oggetto. Oggi il design dovrebbe tornare alla sua essenza.

[SR]: a quello che era alle origini, ovvero nato per soddisfare i bisogni reali delle persone.

[DG]: il ruolo delle aziende moderne è mettere a disposizione delle persone un alfabeto con il quale comporre parole e frasi. Tornando alla casa penso con tutta l’umiltà del caso che le mie lampade siano un po’ un abecedario che chiunque può utilizzare in sintonia con la pro-pria personalità.

[SR]: quale è il passo concreto oggi per iniziare a comunicare tutto questo?

[DL]: quando pensi sei già in azione. Da circa 8 anni abbiamo elaborato idee che ormai sono fat-ti concreti: dalla biofabbrica alla rivisitazione del rapporto tra design e processo produttivo fino al concept de l’Appartamento Lago.

[SR]: raccontaci che cos’è.

[DL]: tutto nasce dall’idea di trasferire la classica idea di showroom in quella di un appartamento vissuto. La nostra filosofia è improntata for-temente sulla familiarità stile bed&breakfast piuttosto che su quella degli hotel a 5 stelle. Durante il Salone del Mobile di Milano io vivo nell’Appartamento Lago, in Brera. Tut-ti possono vedere come viviamo tra i mobili dell’azienda. È anche un modo per rivedere gli equilibri tra chi compra e chi vende. Si en-tra immediatamente in un clima di empatia facilitato dalla possibilità che il cliente ha di chiedere prodotti custom-made.

“dovremmo cercare di dare più spazio all’errore:

nell’imperfezione c’è tutta l’umanità”

“credo che un designer bravo contribuisca al successo dell’azienda.

Perciò deve essere ascoltato”

DANIELE LAGODesigner dal linguaggio

fresco e creativo, entra giovanissimo

nell’azienda di famiglia dimostrando una

predisposizione innata alla ricerca

e al cambiamento. Si occupa da subito della progettazione

e dell’immagine. Grazie al suo intervento,

Lago è entrata a far parte tra i marchi di

riferimento dei giovani che vogliono risolvere

con semplicità le esigenze dell’abitare

quotidiano. www.lago.it

DANIELA FANTINIGuida la direzione

artistica dell’omonima azienda di famiglia,

riconosciuta da sempre come il

riferimento nel mondo per la produzione di rubinetterie. Dalle

sponde del Lago d’Orta, dove nasce,

l’impresa, ha da sempre fatto dell’acqua la

protagonista assoluta di una ricerca attenta

e sofisticata. Icona intramontabile la serie di rubinetti Balocchi.

www.fantini.it

–144– –145–

Il barman non è più dietro al bancone. E il ban-cone è diventato un tavolone. Si sovverte una delle regole e delle abitudini più incallite del classico cocktail bar, quello suggerito dall’im-maginario cinematografico, in cui sconsolati personaggi cercano se stessi davanti a qual-cosa di forte. La nuova regola dell’ospitalità informale di Pisacco, il ristorante & bar inau-gurato lo scorso 18 settembre in via Solferino 48 a Milano, prevede un drink seduti attorno a tavoloni alti di zinco partecipando così alla cerimonia dello shaker gomito a gomito con il barman. Nel locale familiare e al contempo design oriented – la gran parte degli arredi fa parte della collezione del neobrand Discipline - il perbenismo che trasuda da antiche volte in mattoni ridipinte di bianco si mescola al punk del grande graffito d’autore che campeggia su un’intera parete. Nato dalla sintesi di un’idea

Pisacco, l’altra ospitalità

[SR]: e per quanto riguarda la tua direzione artistica, come fai a scegliere un designer che sappia interpretare al meglio l’azienda?

[DF]: la relazione tra un’azienda e un progettista dovrebbe fondarsi sull’esperienza maturata in anni di produzione. Alcune volte si cerca con la razionalità di arrivare a un determinato designer, magari perché ha certi connotati. Per esempio quando cercavamo un prodotto tecnologico ci siamo rivolti a King & Miranda. per un progetto più ludico abbiamo chiamato Enzo Mari. Oggi il catalogo Fantini conta circa 14 nomi: designer coi quali collaborare in al-ternanza, che considero le nostre antenne sul mondo in fatto di tendenze. Credo che un de-signer bravo faccia l’azienda e per questo deve essere ascoltato. Quindi quel che cerco di fare è allenarmi a capire i messaggi che manda.

[DL]: sì, i designer sono importanti: non portano contributi esclusivamente per la parte tecnica; devono anche conoscere e interpretare il Dna dell’azienda traducendolo di volta in volta a seconda delle necessità.

[DF]: in questi ultimi anni, come azienda, abbia-mo privilegiato le collaborazioni con i designer che ci conoscono meglio perché il prodotto è diventato sempre più complesso, soprattutto dal punto di vista tecnico. Parlando di rubinetti non si possono più considerare soltanto gli aspetti, sia pure fondamentali, dell’erogazione, dell’ergonomia o dell’estetica. C’è anche il tema della riduzione del consumo d’acqua, e quello più tecnologico dell’elettronica che abbiamo approcciato, per esempio, con la produzione delle docce. Questo insieme di fattori, di cui alcuni nuovissimi, ha bisogno di qualcuno che li conosca e che li cali nella realtà,

[SR]: insomma il successo deriva anche da questi rapporti?

[DF]: sì, tuttavia credo molto anche nella ca-sualità. La nostra azienda è molto semplice e gioca su dei valori diversi, come appunto il rapporto che si instaura con le persone. Credo

che i nostri prodotti di successo non sono quasi mai stati quelli in cui il designer è arrivato con il progetto finito e pronto da mettere in produzione.

[SR]: quando un prodotto funziona per il pubbli-co è perché ha intercettato un bisogno vero.

[DG]: un prodotto che funziona è un’emozione da un punto di vista imprenditoriale indescri-vibile.

[SR]: e qual è il tuo prodotto di successo?

[DG]: la lampada Sampei e la Nulla. Quest’ultima è un buco nel soffitto. Quando la vedi capi-sci che non c’è davvero bisogno di inventarsi grandi cose.

[SR]: le novità di Davide Groppi?

[DG]: far vivere ai nostri clienti un’esperienza. In questo senso stiamo progettando non più degli showroom ma degli Spazi Esperienza. Partiamo da quello di Piacenza in cui abbia-mo creato un luogo della luce all’interno della fabbrica stessa: il cliente che viene a trovarci vede la merce, le persone che lavorano. Solo in un secondo momento comprendono cosa significa accendere una nostra luce.

[SR]: voi della Fantini state investendo molto sulla riduzione dei consumi.

[DF]: sì, ci proviamo. Per esempio stiamo realiz-zando grandi docce facendo in modo di avere il massimo del comfort con il minor spreco d’acqua. Acqua Pura, un nostro progetto di colonna doccia con 500 getti frontali va in questa direzione.

[SR]: e voi della Lago?

[DL]: nei prossimi anni dedicheremo sempre più spazio alla trasparenza dei processi. Non per essere arroganti ma credo che sia il viaggio il segreto e non la meta. Quindi è come fai le cose che deve essere straordinario.

IL MENU

Calamaro alla plancia con guacamole

e cipollotto

Minestrone tiepido di verdure e pesto con capesante al cappero

Merluzzo alla plancia con indivia belga brasata

e peperoni

Macedonia con gelato

VinoValdobbiadene

Prosecco superiore di Silvano Follador

[ colazione di lavoro ]

“il ruolo delle aziende moderne è mettere le persone nelle condizioni di avere un alfabeto

col quale comporre parole e frasi”

collettiva: lo chef stellato Andrea Berton, Giovanni Fiorin professionista della gestione e servizio nell’ospitalità, Diego Rigatti avvo-cato, sommelier e l’architetto Tiziano Vuda-fieri, firma del progetto di interior, Pisacco ha scelto una cucina ragionata sui fondamentali: preparazioni essenziali, freschezza, eccellen-za degli ingredienti. A firmare e sovrintendere la linea di proposte è lo stellato Andrea Berton che ha affidato allo chef Matteo Gelmini la preparazione dei cibi, vero interprete di una cucina quotidiana al passo coi tempi. Il must: spaghetti pomodoro e basilico con crema di mozzarella di bufala, simbolo di italianità casalinga semplice e gustosa. Infine, per un ristorante che vuole essere familiare, non mancano seggioloni confortevoli e un menu dedicato ai bambini. –SC

www.pisacco.it

DAVIDE GROPPIPoeta della luce, ma

anche designer e imprenditore concreto.

I suoi progetti più innovativi e di successo si basano sulla ricerca

di una rarefazione estrema, in cui l’apparecchio

di illuminazione scompare per dare spazio a pura luce, ovvero atmosfera,

scenografia, emozione.www.davidegroppi.com