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 LIVE Paolo Agostino Vetrugno CUSTODIRE LA MEMORIA Il museo come spazio didattico e convivio educativo tra centro e periferia

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    Paolo Agostino Vetrugno

    CUSTODIRELA MEMORIAIl museo come spazio didattico e convivio educativo tra centro e periferia

  • 2012, P.A. Vetrugno, custodire la memoria, Erickson, www.ericksonlive.it

    Custodire la memoria

    Copia concessa in licenza a giuseppina pagano; scaricato il 03/08/2015

  • 2012, P.A. Vetrugno, custodire la memoria, Erickson, www.ericksonlive.it

    EditingDavide Bortoli

    graficaGiordano Pacenza Licia Zuppardi

    impaginazionELorenzo Poli

    fotografia autorECarlo E. Bevilacqua

    2012 Edizioni EricksonVia del Pioppeto 2438121 TRENTOTel. 0461 950690Fax 0461 [email protected]

    Tutti i diritti riservati. Vietatala riproduzione con qualsiasi mezzo effettuata,

    se non previa autorizzazione dellEditore.

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    Paolo Agostino Vetrugno

    CUSTODIRE LA MEMORIAIl museo come spazio didattico e convivio educativo tra centro e periferia

    Il volume pubblicato con i fondi del Dipartimento di Storia Societ e Studi sullUomo, Universit del Salento.

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  • 2012, P.A. Vetrugno, custodire la memoria, Erickson, www.ericksonlive.it

    il progetto firmato Erickson che propone libri di narrativa, testi autobiografici, presentazioni di buone prassi, descrizioni di sperimentazioni, metodologie e stru-menti di lavoro, dando voce ai professionisti del mondo della scuola, delleduca-zione e del settore socio-sanitario, ma anche a genitori, studenti, pazienti, utenti, volontari e cittadini attivi. Seleziona e pubblica le esperienze, le sperimentazioni e le idee che questi prota-gonisti hanno sviluppato e realizzato in ambito educativo, didattico, psicologico e socio-sanitario, per dare loro la possibilit di condividerle attraverso la stampa tradizionale, le-book e il web.

    Sul sito www.ericksonlive.it attiva una community dove autori e lettori posso-no incontrarsi per confrontarsi, dare e ricevere suggerimenti, scambiare le proprie esperienze, commentare le opere, trovare approfondimenti, scaricare materiali. Unoccasione unica per approfondire una serie di tematiche importanti per la propria crescita personale e professionale.

    Vivi. Scrivi. Pubblica. Condividi.La nuova linea editoriale di Erickson che d voce alle tue esperienze

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    Sommario

    Prefazione (S. Colazzo) 9

    Introduzione 19

    1 Il museo e la didattica Aspetti dei prodromi storici e metodologici

    fino al secolo XVIII 23 Lattestazione del museo nel secolo della borghesia 54 Il Novecento: dalla distruzione del Museo

    allaffermazione della Didattica museale 66 La Didattica museale e i Beni Culturali 90 Dalla Didattica museale alla Pedagogia

    del patrimonio 1102 La visita museale La visita tra spazio museale e spazio didattico 121 La visita nel museo 1293 Alle sorgenti della Didattica museale nel Salento Dal maladatto magazzino al Museo 141 Il Museo nel Salento tra conoscenza e coscienza 155Conclusione 167

    Appendice Per una didattica museale nel Salento: esplorazione preliminare Metodologie dellindagine 173 Larea oggetto di studio 182 I soggetti 183 Unanalisi preliminare 183 Scheda di rilevamento della valutazione

    delle proposte didattiche e museali 195Bibliografia 199

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    A mio padreInteger vitae scelerisque purus

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  • 9 2012, P.A. Vetrugno, custodire la memoria, Erickson, www.ericksonlive.it

    Prefazione

    Per la valorizzazione del presenteSalvatore Colazzo

    Un approccio pedagogico al museo

    La pedagogia si interessata del Museo poich esso luogo di appren-dimenti: questi sono in parte formali, quando espressamente, attraverso laboratori e altre attivit educative, listituzione si propone di insegnare qualcosa ai suoi utenti in vista di definiti obiettivi; in gran parte non-formali, in quanto pur essendo effetti in qualche modo auspicati, tuttavia possono anche non avvenire o avvenire in forma imprevedibile. Ci non significa che il museo non debba interessarsi a eventualmente comprendere il tipo di interazione che lutente stabilisce con loggetto e con lo spazio, i guadagni formativi che egli realizza attraversando le sue sale; di fatto lo fa, innanzitutto attraverso i questionari di customer satisfaction, ma anche pi raramente attraverso mirate ricerche valutative.

    Proprio la riflessione sul museo ha costituito, tra la fine degli anni Settanta e linizio degli anni Ottanta del secolo scorso, un interessante banco di riflessione per prendere consapevolezza delle difficolt di misurare lapprendimento in contesti non scolastici quando si posseggano unicamente strumenti docimologici tarati sui contesti scolastici: il museo, pur essendo un luogo dapprendimento, ha delle specificit che suggeriscono ladozione di strumenti di misurazione e valutazione ad hoc. La riflessione sul museo stata pure occasione per sottolineare la necessit di uscire fuori dallo ste-reotipo che solo a scuola si possono realizzare degli apprendimenti dotati di uno specifico spessore. Naturalmente ci significa porsi il problema delle

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  • 10 2012, P.A. Vetrugno, custodire la memoria, Erickson, www.ericksonlive.it

    metodologie pi idonee per produrre apprendimenti e, avendoli prodotti, per misurarli, al fine di migliorare i processi educativi. Come devessere or-ganizzato un museo affinch lapprendimento venga veramente valorizzato? E poi, quali conoscenze esso deve promuovere? Che significa concepire il museo come un ambiente di apprendimento?

    Per comprendere se taluni effetti di apprendimento (che in parte giustificano lesistenza dellistituzione) si sono realizzati, bisogna ricorrere a metodi pi ingegnosi di quelli scolastici. Occorre che ci si affidi a stru-menti indiretti di monitoraggio e valutazione: pu essere utile losservazione sistematica delle interazioni delle persone con lesposizione e con i propri simili durante la visita, proporre la compilazione di questionari da cui sia possibile desumere il senso che queste persone dnno alla visita stessa, ecc.; pu tornare utile verificare, a distanza di tempo, cosa i soggetti ricordino di una precedente visita a un museo. Alcune ricerche ad esempio hanno dimostrano che i ricordi sono salienti e duraturi e dipendono da una serie di variabili quali il tempo dedicato alla visita, le modalit di presentazione, lambiente fisico e sociale, le conoscenze pregresse: ancora una volta una riconferma dellesigenza di rigorosamente progettare gli spazi e la comuni-cazione per incrementare lefficacia didattica dellesposizione.

    Da questa consapevolezza della portata educativa del museo si svilup-pata, anche in Italia, la cosiddetta didattica museale, che ha una complessit definitoria, in quanto se per un verso indica la consapevolezza del museo quale contesto di apprendimento, per altro verso si riferisce anche alle attivit educative che possibile affiancare al museo, per sviluppare la sensibilit estetica dei fruitori, soprattutto dei pi giovani, per altro verso ancora signi-fica sforzo di gettare un ponte tra listituzione museo e la scuola, in modo che si realizzi una continuit di intenti e unarmonizzazione di metodologie tra gli apprendimenti che possibile realizzare a scuola e gli apprendimenti che possibile realizzare nel museo (valga lo slogan piuttosto in voga negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso del museo aula decentrata, secon-do quellidea scuola-centrica che distingueva uneducazione scolastica da uneducazione extrascolastica, vedendo nelleducazione scolastica il perno principale dei processi educativi relativi a un territorio).

    Ma ha anche un non lineare andamento storico, poich la didattica museale via via cambiata contestualmente al maturare della riflessione sul senso sociale del museo, allo slittamento dellinteresse dal bene artistico al bene culturale, nella consapevolezza di dover essere funzionale a unidea

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  • 11 2012, P.A. Vetrugno, custodire la memoria, Erickson, www.ericksonlive.it

    di comunit plurale, articolata e complessa, interessata da numerose forme di negoziazione dei significati da attribuire agli artefatti e ai valori ad essi annessi.

    E tuttavia al di l della problematicit definitoria della locuzione di-dattica museale, una caratteristica costante: lidea che in qualche modo lartefatto al quale, per una qualche ragione, si voglia annettere un partico-lare significato tanto da musealizzarlo, necessita di una spiegazione (sia essa diretta o indiretta): loggetto devessere supportato da apparati conoscitivi, funzionali a creare un apprendimento efficace, in grado di consentire al frui-tore di formarsi una pi precisa mappa della cultura in cui egli immerso, per essere pi consapevole della propria identit storica e sociale.

    Il Museo, perci, ha, sin dalle sue pi remote origini, richiamato la Biblioteca, cio le parole che descrivono, interpretano, inquadrano e conte-stualizzano loggetto, che proprio investito da quelle parole acquista ulteriori dimensioni e diventa culturalmente spesso. Le cose umane necessitano delle parole per propriamente essere, poich luomo linguistico. E le parole sono e insieme non sono le cose, e ogni vita interpreta a suo modo quella con-giunzione/disgiunzione tra le parole e le cose. Nel Museo gli oggetti sono accompagnati dalle didascalie, le quali sono uno specifico modo di tenere assieme le cose e le parole che le designano; le esposizioni sono completate dai cataloghi che offrono le chiavi per leggere pi perspicuamente loggetto, le relazioni tra gli oggetti, le relazioni tra gli oggetti e il mondo.

    La didattica museale allora si rivela come una declinazione di unistanza conoscitiva che da sempre ha interessato il museo, luogo di conservazione della memoria, istituzione per la preservazione della cultura attraverso la trasmissione intergenerazionale dei valori. Un tempo luogo di formazione, tra gli altri, delle lite, oggi iscritto nei processi di democratizzazione della vita.

    Attraverso la riflessione sul museo, la pedagogia inevitabilmente si slarga a pensare il complesso tema della memoria e dellidentit. Come possibile lavorare con e sulla memoria per sviluppare degli interventi formativi allo scopo di contribuire alla formazione di individui, gruppi, comunit? Si pu tentare di definire una criteriologia in grado di guidare gli operatori educativi e i formatori? Ecco che la didattica museale non basta pi, indispensabile uno sguardo che sappia pi ampiamente scrutare lorizzonte.

    Il senso della continuit di una comunit un tuttuno con la memoria, cio con la capacit di tenere in un che di coerente i molti eventi che inve-stono lesistenza di un gruppo. Lattivit, il dinamismo propri delluomo che

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  • 12 2012, P.A. Vetrugno, custodire la memoria, Erickson, www.ericksonlive.it

    agisce storicamente non sono mai mera ripetizione dellidentico, perci quel che noi chiamiamo identit di una nazione, di un popolo, di una comunit, di un gruppo un equilibrio che costantemente si rinnova. Il museo per-ci non celebra un passato fermo una volta per tutte, ma il passato a cui si interessa un passato continuamente reinterrogato e reinterpretato, riletto e ripensato alla luce del presente, ma soprattutto delle aperture progettuali che la societ sa maturare. qui la fondamentale differenza tra nostalgia e memoria.

    Il museo luogo della memoria, non della nostalgia. Luomo, rappre-sentandosi il passato, in qualche modo pu riappropriarsi di ci che stato. Ma questo riappropriarsi unattivit della psiche: avviene infatti attraver-so una trasformazione. Come dire che c unirriducibile differenza tra il rappresentarsi le cose che sono state e la concretezza dellessere stato delle cose. In questo senso luomo storia e la narrazione lo costituisce. Il museo allora uno spazio di racconto: attraverso il racconto gli oggetti vengono propriamente organizzati in unesperienza.

    Ma oggi si dice la possibilit di inanellare gli eventi a costituire un racconto resa estremamente difficile. Il museo sar in crisi per questa ragione? La presentificazione dellesistenza uccide la possibilit di volgere a s il passato e trarre da esso le energie per pensare il futuro.

    Nellattualit lesistenza quotidiana come larte appaiono dominate da un veloce succedersi e sovrapporsi di eventi senza sospensione alcuna e senza nessun tempo o spazio di ricambio, ossia il moltiplicarsi delle sollecitazioni, degli stimoli, delle opportunit, lampliarsi a dismisura delle potenzialit relazionali, favorito dai media telematici, che sollecitano continuamente il nostro agire e lo sballottolano in una molteplicit quasi infinita di direzioni. Ogni istante assume significato in s e per s, il soggetto sembra perdere interesse a ricondurre la somma delle esperienze a una forma sintetica. Il museo stesso si rende disponibile alla logica dellevento. Accompagnato dai media progetta esposizioni che attirano un gran numero di persone, ali-mentando il turismo culturale e generando delle economie non trascurabili.

    Per altro verso, il museo si iscrive nella logica per cui la globalizzazione fa rinascere, a livello delle piccole comunit, il desiderio di recuperare la loro identit, o dinventarne una, da mettere in evidenza, per poter stare nel gioco delle singolarit, che il mercato iperdifferenziato della tarda modernit esige. Da qui il fiorire di un numero elevatissimo di archivi etnografici, musei legati alle specificit del territorio, anche molto particolari, come ad

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  • 13 2012, P.A. Vetrugno, custodire la memoria, Erickson, www.ericksonlive.it

    esempio del confetto oppure del peperoncino. Talvolta il museo si sposa con una seria riflessione delle comunit locali di preservare la loro possibilit di sopravvivenza, da qui alcune esperienze virtuose di ecomuseo, di museo diffuso, che legano intelligentemente lesigenza di valorizzare il territorio con le opportunit offerte dalle nuove tecnologie (si pensi alle esperienze del cosiddetto museo 2.0).

    Uninterrogazione del senso del museo venne condotta dallavan-guardismo di primo Novecento, in primis dal futurismo, per via della sua iconoclastia nei confronti dei simboli della memoria, identificati nelle biblioteche e nei musei. Lo sperimentalismo ovviamente mal tollera la ri-verenza nei confronti del passato, cerca linesplorato, linedito, linaudito. La fascinazione del nuovo esige che si prenda congedo da una tradizione: attraverso questo rifiuto, si illude di fondare ex nihilo un linguaggio inte-gralmente nuovo, non compromesso con le abitudini percettive provenienti dalla memoria duna storia che si rifiuta. Avanguardie negazioniste della sensibilit e antimnestiche, profondamente nichiliste, eppure desiderose di esibire e storicizzare i loro gesti. Dopo aver rifiutato il museo, lo recupera-no come esigenza di tracciamento dellatto di liquidazione dellantico e di inaugurazione del nuovo.

    Tuttavia, pur riconoscendo il carattere problematico del museo, in una societ che vede lesplodere degli approcci allarte, il policentrismo dei valori allinterno di una societ sempre pi articolata in gruppi e sottogruppi, ognuno con le proprie richieste daccesso al mercato del riconoscimento, non si pu negare che esso oggi rappresenta un controcanto rispetto alle spinte verso la presentificazione.

    Il museo denuncia leventualit che la presentificazione sia una deser-tificazione, una disumanizzazione, celebra quindi la memoria come luogo di investimento possibile per una rivalutazione del presente, in cui latto educativo abbia ancora un senso nellaccompagnare i soggetti a riconosce-re, grazie alla cura di cui sono investiti, il loro bisogno di prendersi cura di s, prospettando la propria vita come costruzione narrativa duna coesa identit, pur nella costanza del dialogo con lalterit, o proprio in virt del dialogo con lalterit.

    Da pi parti si sottolineato come siano proprio le giovani generazioni quelle esposte al rischio della presentificazione. Quindi il museo dovrebbe poter rinvenire nelle nuove generazioni il suo target primo. Per chi crede che loperare educativo sia contribuire alledificazione dei soggetti, diventa

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  • 14 2012, P.A. Vetrugno, custodire la memoria, Erickson, www.ericksonlive.it

    indispensabile e irrinunciabile lavorare sulla memoria e sulla narrazione, su-perando la logica del frammento irrelato. E quando dico narrazione intendo riferirmi ai nessi che legano lindividuo alla/e comunit di appartenenza, per comprendere come ogni racconto individuale sia la declinazione, da un singolare punto di vista, di un racconto pi ampio, collettivo, che grazie a quel racconto pu evolvere e farsi altro.

    Proprio il grande disorientamento conseguente alla crisi indotta dal progresso tecnologico e industriale, che ha determinato la disgregazione dellordine sociale che un tempo era basato su comunit fondate su vincoli di conoscenza, facendolo evolvere in societ di estranei, in cui le relazioni sono pi numerose, certamente, ma anche pi distanti e pi labili, ha fatto rinascere il bisogno di riterritorializzazione delle relazioni, ha fatto nascere un diffuso bisogno di memoria, a cui occorre dare risposta attraverso la valorizzazione del presente e linvestimento sulla partecipazione, per sot-trarre terreno a chi quella nostalgia vuole strumentalizzare politicamente, producendo una sorta di neotribalismo fondato sulla chiusura allestraneo, sulla riattivazione di meccanismi che portano a leggere la realt in termini di amico/nemico. Non possiamo pensare che ogni gruppo che esiga ricono-scimento (magari a danno di tutti gli altri) elevi il suo museo a celebrazione della sua differenza; il museo invece deve poter essere lespressione del desi-derio di dialogo di una collettivit. Attraverso il lavoro sulla memoria, che un museo rappresenta, possibile dare concretezza al bisogno di riconosci-mento di individui e gruppi, contribuendo a progettare una societ fondata sui valori della libert e della solidariet, attivare processi di cambiamento, che traggono alimento dal meticciamento culturale, che altro non che lintreccio di memorie e lo slancio verso una progettualit nuova, comune.

    Lapproccio della pedagogia di comunit al museo

    Impegnare una comunit nel recupero, comunicazione, valorizzazione e rilancio della propria cultura insieme un progetto politico e un esperimento di pedagogia sociale. Non ha niente di regressivo o di ripiegamento su un municipalismo asfittico, ma , invece, a pieno titolo un progetto eman-cipatorio, perch porta al riconoscimento dellesistenza di un patrimonio a cui una comunit pu attingere per alimentare un processo creativo di rinnovamento di s e della tradizione.

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  • 15 2012, P.A. Vetrugno, custodire la memoria, Erickson, www.ericksonlive.it

    Nellattuale fase storica, in cui si creata una singolare dialettica fra locale e globale, in cui ritorna prepotente il bisogno di identificazione cultu-rale degli individui e dei gruppi, lavorare per potenziare il senso identitario della comunit, dando ad essa la possibilit di letteralmente prendere la parola su di s, significa compiere unopzione che consente per davvero di cogliere appieno le opportunit della globalizzazione.

    Giddens ha detto che non esiste una pregiudiziale contrapposizione tra locale e globale nellera della comunicazione generalizzata. Perch, per, il locale possa entrare a far parte del gioco deve essere forte e coeso. A renderlo tale pu contribuire il rafforzamento delle reti sociali territoriali. La scuola, lassociazionismo, lente locale nel suo complesso, i singoli individui, che sono portatori preziosissimi di conoscenza, possono dare un importante contributo al recupero della specifica identit dei luoghi, dei loro confini, in modo da aumentare la resistenza ai flussi deterritorializzanti della glo-balizzazione. Per cogliere appieno le opportunit della globalizzazione ci si deve orientare a riconoscere e potenziare quelle situazioni che, irrobustendo le reti relazionali reali, consentono di vivere in modo non espropriante il processo della comunicazione generalizzata. Solo cos pu realizzarsi pro-priamente il glocale.

    La nostra ipotesi scommette sul fatto che un Museo-territorio, ecosi-stema che integra risorse culturali reali e digitali, pu funzionare da potente catalizzatore dellidentit della comunit, favorendo una sinergizzazione di sforzi di istituzioni, associazioni, individui e una convergenza di competenze su un obiettivo che per la sua natura pu agevolare la messa in rete di nodi territoriali, favorendo il rafforzamento di relazioni esistenti e consentendo la nascita. Ci sarebbe dare contenuto a quello che noi chiamiamo lavorare sul locale.

    Le istanze comunalistiche e partecipative costituiscono un indispensa-bile contrappeso alla democrazia rappresentativa, che troppo spesso esita in forme di eterodirezione tecnocratica. La vera cittadinanza si esercita in un definito territorio, da intendersi questo come luogo dellidentit collettiva, formatasi attraverso la stratificazione del tempo. Una meno superficiale considerazione del locale consente quella riduzione di scala che porta a una ri-territorializzazione del sociale, la quale legittima ipotesi politiche di federalismo, sussidiariet et similia.

    La rete reale chiamata a sorreggere uniniziativa come quella ipotizzata di un Museo-territorio quella costituita dallamministrazione, dalla scuola,

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  • 16 2012, P.A. Vetrugno, custodire la memoria, Erickson, www.ericksonlive.it

    dai gruppi pi o meno organizzati esistenti, dalla mediateca, ecc. Essa trae dalla formazione linfa vitale, in quanto ad essa demandato il compito di formare figure idonee a implementare lidea progettuale e a mantenerla viva nel tempo, contribuendo peraltro a offrire gli strumenti per amplificare in una dimensione virtuale il locale, culturalmente elaborato.

    Una rete reale realizza il concorso di prospettive diverse, ma interdi-pendenti: soggetti con interessi, mission e vissuti differenti devono potersi incontrare a partire da un obiettivo, in uno spazio e in un tempo definito. Questo fa identit. Lobiettivo , nellambito della nostra proposta: produrre una digitalizzazione degli elementi culturali che costituiscono la comunit per una fruizione virtuale, che stimoli una conoscenza dei luoghi e degli artefatti reali. Un Museo-territorio, espressione dellidentit di una comu-nit, che ha deciso di viaggiare nelle reti virtuali, proporsi alla universale fruizione, istituire contatti, scambiare, entrare in una prospettiva di dialogo delle differenze, di interculturalit, anche.

    Una digitalizzazione della cultura di una comunit a opera di s me-desima ha ricadute immediate sulla comunit stessa. Si pensi ad esempio alla scuola. Essa potrebbe trovarsi a realizzare dei prodotti che, iscrivendosi allinterno del processo di produzione, porterebbero lartefatto scolastico a uscire dallartificialit dellesercitazione per collocarsi in dialogo con luniverso comunicativo esterno, trovando immediato feedback. Potrebbe progettare, a partire dalle informazioni contenute nel database comunitario, delle attivit didattiche fuori dallaula sul territorio, avvalendosi, come uno dei possibili utenti, dellarchitettura informativa, a cui essa stessa in quanto elemento della comunit pu sentirsi stimolata a contribuire.

    grazie anche e principalmente attraverso lopera della scuola che la ricchezza culturale della proposta di un Museo-territorio d nel tempo i suoi risultati migliori. La collaborazione della scuola , pertanto, centrale.

    Il territorio, proprio per virt della scuola, diventa il luogo visibile che raccoglie le cose che pertengono alla nostra identit, l sono gli oggetti che ci consentono di distinguerci, in quanto comunit, dalle altre comunit vicine o lontane. Gli oggetti che sono dispersi nelle nostre case, nelle nostre piazze, nelle nostre vie, nelle ugole dei nostri nonni sono carichi di vita, furono manipolati e vissuti dai nostri avi, che intrecciarono con essi le loro emozioni e li caricarono dei loro desideri.

    Un museo di questo tipo un museo vivo, che ha degli spazi in cui sia possibile realizzare delle attivit di laboratorio didattico e gioco-lavoro,

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  • 17 2012, P.A. Vetrugno, custodire la memoria, Erickson, www.ericksonlive.it

    che consentono di realizzare forme di interazione tra comprensione teorica e manipolazione, favorendo con ci lassimilazione completa dellesperienza vissuta. un museo che accoglie i suggerimenti che gli provengono dal mondo della scuola, documenta tutte le attivit che esso compie a partire dal museo e rilancia il gioco, offrendo alle scolaresche che lo frequentano materiale didattico preparato dai suoi operatori (con il concorso dei docenti e di altri soggetti impegnati in campo formativo ed educativo) perch possa procedersi ad approfondimenti delle conoscenze acquisite attraverso la fre-quentazione del museo, in classe, con i propri docenti, in attivit didattiche opportunamente progettate ed efficacemente condotte.

    Noi crediamo fermamente che oggi sia unepoca di grandi opportunit, ma indispensabile che esista una forte consapevolezza che sappia rendere accessibile la dimensione della possibilit. E qui incontriamo il ruolo della politica e della pedagogia, che devono mettere gli individui nella condizione di conoscere e agire il presente, affinch le comunit locali si avvantaggino, attraverso unazione, individuale e di gruppo, cosciente e politicamente efficace, delle possibilit insite nel nuovo corso che ha preso la storia.

    Il bene culturale flusso di comunicazione, messaggio. Rivela aspetti della vita e della mentalit del passato, aiuta a riflettere sulloggi e le sue problematiche, consente di assumere a consapevolezza i valori della propria comunit e i significati del territorio in cui si vive. Grazie a unanimazione socio-culturale, appositamente progettata e adeguatamente realizzata, i soggetti possono riappropriarsi dei contenuti culturali veicolati dai beni culturali, imparando a recuperare le briciole di sapere in loro possesso per metterle in comune e creare valore aggiunto.

    Lattivit intellettuale pu e deve intrecciare strettamente riflessione teorica e attenzione alla realt, attitudine scientifica e impegno civico, essa deve pensarsi in situazione, non temendo di compromettersi con il reale, che deve fecondare con la sua carica di speranza.

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  • 19 2012, P.A. Vetrugno, custodire la memoria, Erickson, www.ericksonlive.it

    Introduzione

    Il presente lavoro nasce dal desiderio di mettere a frutto lesperienza maturata nellambito degli studi storico-artistici coniugata con lesperienza sul campo dellinsegnamento, seguendo nellindagine tre nuclei tematici:1. storico, in una doppia articolazione: artistica e giuridica, circoscrivendo

    la ricerca unicamente allambito storico-artistico;2. pedagogico, attraverso la ricostruzione del costrutto del museo didattico

    in ambito nazionale con puntate nella letteratura internazionale;3. metodologico-didattico, individuando una criteriologia per un museo

    didattico coerente con lemergere in ambito storico e pedagogico.

    stata effettuata una ricognizione della letteratura scientifica con-cernente la didattica museale mostrando come la didattica museale si sia profondamente modificata nel corso di questi ultimi anni.

    Molte iniziative sono sorte per sollecitare gli utenti a una reale com-prensione del bene culturale, grazie a forme nuove di produzione e diffusione della cultura museale, con lintenzione di avvicinare pubblici progressiva-mente pi ampi e diversificati, portatori evidentemente di bisogni diversi.

    In particolare, il presente lavoro articolato in tre capitoli distinti ma complementari, che affrontano tematiche inerenti alla didattica e al museo. Attraverso un percorso sullevoluzione dellaccezione del termine museo, si precisano le coordinate delle funzioni e delle finalit dellistitu-zione culturale, in cui, nelle diverse epoche esaminate, prevale una netta volont di conservare, esporre e studiare loggetto, che legittimato dallo

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  • 20 2012, P.A. Vetrugno, custodire la memoria, Erickson, www.ericksonlive.it

    studio e, perci, sempre in relazione con i libri. Note raccolte pubbli-che e private documentano il ruolo centrale dellimmagine a livello di apprendimento e il valore dellexemplum vitae degli uomini illustri, pro-posti nelle collezioni delle loro opere pubblicate e nelle loro effigi (acta et imago). La ricerca tende, peraltro, a rilevare che un museo non pu essere disgiunto da una biblioteca sin dalle sue origini. Res et verba sono, infatti, le costanti caratterizzanti le diverse collezioni soprattutto det moderna, in un rapporto pedagogico-didattico che coinvolge i reperti esposti e le didascalie presentate al pubblico.

    Lidea di museo tempio e laffermazione della Galleria, tra pubblico e privato, sino allaffermazione delle funzioni primarie dellistituzione museale (conservare-esporre-formare), maturata in un contesto di democratizzazione della societ, attestano il ruolo del museo nel secolo della borghesia, segnando il passaggio dal museo universale al museo specializzato, inteso come strumento di tutela e luogo privilegiato per la formazione degli artisti. Una puntata sui musei delleducazione allindomani dellUnit dItalia permette di allargare lo sguardo ai musei pedagogici che si diffondono in un contesto in cui si afferma la Storia dellarte come disciplina autonoma. Il Novecento si apre con laffermazione della distruzione dei musei e delle biblioteche, nellambito di una iconoclastia futurista, soprattutto in un contesto in cui il museo deve fare i conti con lo spazio didattico, senza tralasciare lesigenza di un superamento dellaura. Dal fascismo allo Stato repubblicano il museo diventa un istituto educativo, ma anche di propaganda. Seguono unanalisi della nascita della didattica museale in Italia e un esame dei rapporti con il nuovo concetto di bene culturale e con la pi recente Pedagogia del patrimonio.

    Il capitolo 2 incentrato sulle visite museali, in cui il museo conside-rato un luogo di apprendimento, dove la tradizione e la memoria rivestono un ruolo fondamentale nel recupero dellidentit di appartenenza.

    Il capitolo 3 affronta il tema delle sorgenti della didattica museale in Terra dOtranto, partendo dalla fondazione del museo provinciale di Lecce, la pi antica istituzione della Puglia, connessa al clima di convivio culturale con finalit educative, creato intorno alla figura di Sigismondo Castromediano. A questo fervore intellettuale, legato a quanto accade parallelamente nel contesto nazionale, si associano la nascita dei primi laboratori-musei scola-stici e le iniziali forme di didattica che utilizzano reperti e oggetti autentici.

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    Conclude il lavoro la proposta di un museo nuovo che, stranamente, si identifica con un ritorno allantico (museo-biblioteca-scuola), dove lo spazio museale esso stesso spazio didattico, in un convivio culturale a cui partecipano addetti ai lavori e pubblico, disposti a farsi coinvolgere in un costante simposio educativo.

    In appendice sono riportati i risultati di unesplorazione preliminare, condotta su un campione di visitatori museali, i cui risultati potrebbero essere utili per una pianificazione futura di un programma di didattica museale nel Salento.

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  • 23 2012, P.A. Vetrugno, custodire la memoria, Erickson, www.ericksonlive.it

    Capitolo 1

    Il museo e la didattica

    Aspetti dei prodromi storici e metodologici fino al secolo XVIII

    Il tema della didattica museale e il problema della necessit di ade-guate strutture educative nellambito delle istituzioni museografiche sono due aspetti connessi alla questione del ruolo sociale dei musei, emersa alla met del Novecento, precisamente negli anni Cinquanta. Attualmente sono oggetto di particolare attenzione nellambito della ricerca e degli studi di quanti si occupano della didattica dei musei e dellorganizzazione dei servizi didattici delle istituzioni museali.

    Listanza conoscitiva, che recentemente simpone come didattica, ha da sempre caratterizzato gli svolgimenti storici del museo, facendo nel tempo acquisire allistituzione culturale una forma (Ferretti, 1980) che, partendo originariamente da una dotta committenza e da un investimento materiale e intellettuale, si rivelato un documento globale della storia della societ [] poich rappresenta efficacemente la societ, o il gruppo, la cultura e il gusto che lhanno prodotto (Mottola Molfino, 1991, p. 9).

    Virgilio Vercelloni, nel suo saggio pubblicato postumo, afferma che la genesi del museo nellaccezione che ci familiare deve essere ricercata nella sua dimensione storica e funzionale, connessa alla rivoluzione urbana che ha interessato la citt considerata come nuova organizzazione umana (Vercelloni, 2007, p. 2). Lo studioso, nel tracciare le linee storiche originarie di un luogo preposto alla raccolta-conservazione-comunicazione del sapere, parla dellesistenza anche se non sufficientemente documentata di protomusei, in particolare in Mesopotamia, identificabili nei templi e nei

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    palazzi, databili tra il III e il II millennio a.C., in cui prevale un privilegiato rapporto con la memoria (p. 3).

    Il termine museo, comune in et ellenistica,1 viene recuperato in et moderna in ambito umanistico per indicare collezioni personali o familiari per lo pi finalizzate a valori conoscitivi morali.

    Nellarco evolutivo dellaccezione, intorno alla met del Cinquecento, il termine museo indica ancora, come nel passato, uno spazio separato dalla quotidianit, un luogo chiuso riservato a pochi. Dallincisione pubblicata allinizio del catalogo di Ferrante Imperato (1550-1631), che una minu-ziosa descrizione dellattivit di ricerca connessa con quella della raccolta del materiale, si evince che, nel 1599, Napoli ha un museo naturalistico, in cui conservato un po di tutto, con una concezione espositiva degli oggetti collocati sul soffitto e sulle pareti intervallate da scaffali di libri (Imperato, 1599). Siamo in presenza di un collezionismo eclettico, in cui loggetto da conservare, esporre e studiare messo in diretta relazione con i libri. Il museo, infatti, concettualmente e fisicamente non disgiunto dalla biblioteca, quasi a ribadire che la predisposizione culturale dellistituzione museale non pu essere scissa da una conoscenza, intenzionalmente attiva e produttiva, cancellando ogni dubbio ed equivoco su una sua presunta definizione occasionale, che ne altererebbe la specifica fisionomia.

    In linea con listanza conoscitiva, il 17 novembre 1600, Ulisse Aldro-vandi (1522-1605) ricorre

    a Senatori affinch, volessero destinargli fin dallora a custode della sua Biblioteca, e del sua Museo, ed a successore nella cura dellOrto botanico Gio: Cornelio, giovine Ollandese, suo allievo, e del quale sa-peva labilit, e il buon servigio che avrebbe prestato. (Cit. in Antonino, Ubrizsy Savoia e Tosi, 2003, p. 62)

    Aldrovandi, infatti, nel 1568 aveva istituito il pi vasto museo natu-ralistico dellepoca, non disgiunto da una ricca biblioteca; e probabilmente questo fu il primo museo aperto al pubblico (Sarti, 2003).2 In questottica

    1 Tramite la tradizione erudita ci giunta notizia dellesistenza di opere letterarie dal titolo Mousion una di Alcidamante (V-IV secolo a.C.) (Lesky, 1962, p. 467; si veda, comunque, Nietzsche, 1870, pp. 528-540; 1873, pp. 11-49) e una di Callimaco di Cirene (300 ca.-240 ca. a.C.) (Lesky, 1962, p. 879) ma non facile accertare se si riferissero alla famosa istituzione alessandrina.

    2 Si veda, comunque, Ambrosini, 1696.

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    sociale il medico filosofo Bolognese dispone per testamento che il museo e lintero patrimonio accumulato nel corso di tutta la sua vita andassero in eredit al Senato di Bologna (Vai, 2003). Con Aldrovandi museo e libro, come in una reductio ad unicum, rappresentano ununit inscindi-bile nel processo cognitivo: da un lato, losservazione diretta delloggetto e, dallaltro, losservazione delloggetto attraverso lo studio. Aldrovandi, oltre a donare il museo, lascia limponente raccolta di circa 3.800 libri a stampa e di quasi 360 volumi manoscritti. A riprova del legame che unisce salda-mente loggetto alla scrittura, lopera osservata allopera letta, la cosa alla parola. sempre pi frequente, infatti, losservazione della natura [che] si accompagna [] alla consultazione del sapere letterario dellepoca, alla citazione (Gentili, 1980, p. 229).

    Lidea, comunque, non era nuova. Allinizio del Cinquecento, infatti, attestato un diffuso legame naturale tra le raccolte artistiche e di antichit con il patrimonio librario. Basterebbe ricordare la collezione di Sebastia-no Erizzo (1525-1585) a Venezia, dove gli stessi locali accolgono raccolte numismatiche, artistiche e una ricca biblioteca (Danzi, 2005, p. 35), o le collezioni di Niccol Leonico Tomeo (1456-1531) (Favaretto, 2002, pp. 100-103) e di Marco Mantova Benavides (1489-1582) a Padova (p. 33),3 in cui stato giustamente evidenziata una stretta relazione tra collezione e biblioteca (Favaretto, 1978-1979). Anche Pietro Bembo (1470-1547), nella patria di Tito Livio, aveva allestito il suo museo non soltanto con ogni rarit antica, ma anche con libri (Danzi, 2005, p. 33; Favaretto, 2002, pp. 103-107).

    Aldrovandi, sullonda lunga di una diffusa moda, per, lega insieme tutto ci che stato visto a tutto ci che stato detto (Olmi, 1976). Sotto questo punto di vista, rappresenta una novit nellorientamento metodolo-gico nelle scienze e nelleducazione, configurandosi come protagonista del passaggio dallenciclopedismo erudito alla scienza intesa in senso moderno (ANMS, 1998). Con Aldrovandi, perci, la categoria della meraviglia inizia ad essere sacrificata alla ragione e si afferma il convincimento e si precisa sempre pi lidea che non pi realizzabile un museo del mondo (Lugli, 1992), secondo uninterpretazione simbolico-sapienziale del cosmo larga-mente sviluppata, qualche anno prima, anche da Giulio Camillo Delminio (1479-1544) nel progetto utopistico del Teatro della Memoria, concepito

    3 Relativamente alla ricca collezione del giurista e umanista Marco Mantova Benavides si vedano: Favaretto, 1984, 2002, pp. 108-112; Bianco, 2002.

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    e descritto dallumanista veneto nellopera LIdea del Theatro, pubblicata postuma (Delminio, 1550).

    Due anni prima della collezione realizzata dal medico naturalista Ulisse Aldrovandi, il veronese Francesco Calzolari (1522-1609) (Ceruti e Chioc-co, 1622),4 partendo da quotidiane esigenze personali legate al mestiere di speziale, per allargare i suoi interessi, raccoglie, colleziona e studia piante officinali e minerali: una necessit professionale non inferiore alla curiosit che scaturisce dal desiderio di conoscere la corrispondenza delle ricette greche tramandate sui libri. Lattenzione e la conoscenza, anche se professional-mente messe al servizio del pubblico, tuttavia, nascono e muoiono ancora nellambito privato. La raccolta del 1566 di Calzolari, comunque, da un lato, documenta come la cultura scientifica sia stata la prima a individuare nel museo uno strumento di conoscenza e, dallaltro, rappresenta il primo esempio di museo naturalistico conosciuto in et moderna, in un contesto in cui, per lo pi, sono diffuse collezioni eclettiche, che fanno trasparire un prevalente sapere enciclopedico, come quella del marchese Ferdinando Cospi (1606-1686) di Bologna, significativo esempio del collezionismo secentesco. Per avere, infatti, un primo forte segnale di un accostamento diverso allidea di museo occorre aspettare let successiva.

    stato, a ragione, osservato che nellincisione che arreda il catalogo del museo cospiano, pubblicato nel 1677 (Legati, 1677), evidente lin-tento didattico della collezione per la presenza di un nano che indica gli oggetti esposti, insieme al personaggio sulla destra che probabilmente lo stesso proprietario (Borsellino, 2001a, p. 14).5 Laspetto didattico, tuttavia, ancora soltanto marginale e secondario o, meglio, i tentativi classificatori e catalogatori finalizzati alla comunicazione del sapere sono consequenziali a un prevalente desiderio individualistico della possessio corporis degli oggetti da collezionare.

    4 Nel 2009 si celebrato il quarto centenario della morte di Francesco Calzolari. Tra le manifestazioni in programma, il 12 maggio 2009, organizzato dal Museo Civico di Storia Naturale di Verona e dallAccademia di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona, si tenuto il convegno di studi sul tema Francesco Calzolari (1522-1609) da speziale a naturalista dellimmaginario.

    5 Il nano ha nella mano destra una bacchetta che utilizza per indicare gli oggetti esposti negli scaffali, mentre nella sinistra impugna una statuetta raffigurante unerma; il personaggio, raffigurato in abiti da gentiluomo del tempo, con mantello e cappello, indica con la mano destra lintera collezione.

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    Nel 1651, il padre gesuita tedesco Athanasius Kircher (1602-1680) organizza, nel Collegio Romano dei Gesuiti, un museo del mondo (Lo Sardo, 2001), un museo eclettico (Kircher, 1688),6 in cui, accanto a oggetti appartenenti a civilt del passato dellarea mediterranea, compaiono oggetti della civilt orientale portati in Italia dai confratelli missionari (Casciato, Ianniello e Vitale, 1986).7 In questo caso loggetto di provenienza esterna, rappresentando laltro, racconta ci che diverso dalla propria cultura e, nellesposizione, offre al visitatore loccasione per modificare il proprio sguardo. Loggetto osservato, tuttavia, acquista, in qualche modo, lalone di feticcio di ci che non si conosce perch lontano o perch non possibile, se non per altre vie, venire a contatto diretto con la cultura che rappresenta. Lattivit organizzativa museale del Kircher, comunque, non disgiunta dagli studi compiuti dal padre gesuita sugli oggetti raccolti (Kircher, 2007) in una rappresentazione di un sapere universale (Leinkauf, 2007, p. 21). Lhomo universalis, infatti, tra il 1630 e il 1680 pubblica trentatr libri di tipo enciclopedico, sempre corredati da un sistema di illustrazioni: tavole tratte da lastre incise, ogni volta a costituire una sorta di museo monografico (Vercelloni, 2007, p. 53).

    Luniversalit del museo kircheriano presumibilmente derivato dal convincimento che luomo non soltanto una sintesi ma anche il migliore prodotto realizzato dalla natura unitamente alla vastit del materiale rac-colto, rendeva quel museo monumento universale della storia della natura e delle scienze (ibidem). Da un lato, quindi, era finalizzato alla valorizzazione della natura e, dallaltro, alla comprensione della storia.

    In questi anni si afferma il concetto di educazione universale (Sadler, 1969) non disgiunto dal diffuso enciclopedismo del secolo.8 Intorno alla

    6 Parte del materiale del museo riferibile alle civilt orientali costituisce attualmente una sezione del Museo etnografico Pigorini di Roma.

    7 Dal 1986, utilizzando quanto era rimasto dellex museo Kircheriano e dei laboratori scientifici dei Gesuiti derivati dallo smembramento e dalla distruzione per linsipienza dei governi italiani che si sono succeduti dallUnit nazionale in poi (Vercelloni, 2007, p. 54), allestito il Museo della didattica delle scienze al liceo romano Ennio Quirino Visconti.

    8 Si veda Vasoli, 2005. In appendice alle pp. 95-125 pubblicata la relazione di Cesare Vasoli Comenio e la tradizione enciclopedica del suo tempo, tenuta al convegno Eredit di Comenio. Bilancio di un centenario, Roma, 14-16 aprile 1993, promosso e organizzato dallIstituto della Enciclopedia Italiana, dintesa con la Societ Europea di Cultura.

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    met del secolo, infatti, Johan Amos Komensk, latinizzato in Comenius (1592-1670) (Bellerate, 1989; Ferranti, 1998), elabora lintuizione che tutto debba essere insegnato a tutti, nota con lespressione non priva di suggestivi effetti sul piano fonico-timbrico ubi omnes omnia omnino doceantur (Thiselton Mark, 2009, p. 72).

    Lirenismo comeniano, finalizzato alla creazione di una societ pi giusta e pi pacifica, coinvolge specialmente i fanciulli di stirpe nobile o comune, ricchi e poveri, bambini e bambine, in tutte le citt, villaggi e caseggiati (Loiodice, 1994, p. 24), secondo un ideale pansofico che consente, attraverso gradi dinsegnamento distinti per differenti approfon-dimenti del sapere, di recuperare la frantumazione del sapere enciclopedico e di riunirlo e secondo un criterio di uguaglianza di diritti (Comenius, 1993). Il pedagogista moravo, individuando nelleducazione e nellistruzione lo strumento principale per realizzare una trasformazione sociale, sostiene che tutti devono apprendere le cose naturali e artificiali, senza per perdere lunit delle cose (olistica). Comenio, con lintenzione di sviluppare le fina-lit delleducazione in una visione universale (pampedia) (Comenio, 1968), utilizza immagini ed espressioni verbali per avanzare lidea che le parole non devono mai essere insegnate disgiuntamente dalle cose. Nellambito pedagogico-didattico incentrato sul rapporto tra res e verba, risulta, infatti, significativa la sua opera Orbis Sensualium pictus del 1658 (Comenius, 1810),9 un libro illustrato da centocinquanta immagini, che costituiscono altrettante unit tematiche, destinato ai fanciulli, quasi un repertorio di iconologia didattica (Farn, 2002), con titoli di una sola parola collocati nella pagina del testo su ogni figura che indicano largomento della rappresentazione, il cui contenuto precisato con numeri espressi in cifre arabe che puntano a parole che formano semplici e brevi frasi esplicative. La centralit dellimmagine nella concezione pedagogica ideata da Comenio innegabile: rappresen-tazioni delle cose visibili nel mondo e descrizioni che spiegano le singole parti delle figure, come del resto indica il sottotitolo dellopera: omnium principalium in mundo rerum, et in vita actionum, Pictura et nomenclatur.

    Per Comenio il testo un valido strumento per la didattica delle lingue; tuttavia, tra i criteri da adottare utile la rappresentazione delle cose, che

    9 Numerose le edizioni in diverse traduzioni, per lo pi nelle lingue dei paesi dove Comenio era vissuto: dal 1658 al 1700 furono 58; dal 1701 al 1800 furono 89 e dal 1801 al 1900 furono 77 (Cagnolati, 2003, p. 138, nota 4).

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    deve essere sempre collegata alla descrizione delle cose fatte con il discorso che comunemente chiamiamo libro. Comenio chiarisce le finalit generali della sua opera, precisando che, in primo luogo,

    le figure sono come tante rappresentazioni di tutto ci che vi di visibile nel mondo; [che] le nomenclature sono iscrizioni o titoli poste su ciascuna figura, che esprimono con una sola parola generale tutto il senso contenutovi; [e infine che] le descrizioni sono spiegazioni delle singole parti delle figure, espresse con i propri nomi in modo tale che lo stesso numero, posto sulla singola parte delle figure e sul nome che la indica, corrisponda sempre. (Cit. in Cagnolati, 2003, p. 7)

    Tre sono gli scopi fondamentali dellOrbis: in primo luogo, quello di rafforzare le impressioni delle cose, perch i fanciulli hanno bisogno di esercitare molto i sensi mettendoli in collegamento con le impressioni degli oggetti esterni; in secondo luogo, quello di invogliare le menti ancora tenere a cercare cose piacevoli in altri libri; in terzo luogo, quello di imparare a leggere pi facilmente. Infatti, comparendo scritti i rispettivi termini nella parte superiore delle singole immagini, il fanciullo potr di qui cominciare linsegnamento della lettura (Comenius, 1993, p. 465).

    Questopera, che il fondamento del museo pedagogico, in realt non nasce dalloggi al domani. Come in un museo Comenio raccoglie, dispone e ordina, procedendo a una ricognizione di tutti i beni con tutti gli in-ventari di essi; alla collocazione degli inventari con le cose, per vedere se sono veramente come dicono le nostre classificazioni; alla disposizione di quelle gi trovate per nuovi usi universali (Vasoli, 2005, p. 36). Comenio lavora per diverso tempo sul progetto pedagogico organizzato nellunire cose e parole; almeno dal 1641, da quando intende produrre scritti che, gi nel titolo, indicano la lunga gestazione dellOrbis: dallEncyclopedia Sensua-lium a un potenziale libro intitolato Picturarie, da un Picturarium sino al Picturaria Didactica (Cagnolati, 2003, pp. 3-4).

    Offrendo allocchio del fanciullo le immagini delle cose notevoli del mondo naturale e umano accanto alla loro nomenclatura, Comenio privilegia il metodo costante dellautopsia in una connessione tra realt, da un lato, e le parole e le frasi, dallaltro. Lapprendimento delle parole deve essere in parallelo con losservazione diretta delle cose o delle loro immagini, sfrut-tando i sensi e la memoria; anzi dannoso far apprendere termini il cui uso insolito e, in ogni caso, fuori dalle capacit di apprendimento dei fanciulli.

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    Lopera , in fondo, un testo per lezioni di cose e per lapplicazione del metodo intuitivo: una conoscenza delle cose conquistata sulle cose. Il progetto era gi contenuto in una precedente opera del moravo, pubblicata nel 1653 con il titolo Vestibuli et Januae Linguarum Lucidarium, hoc est, nomenclatura rerum ad autopsian deducta. Affinch lautopsia si risolva nellautopratica, per, sono necessari opportuni strumenti didattici: una suppellettile adatta allinsegnamento sperimentale, libri illustrati, escursioni e visite in botteghe.

    In unedizione dellOrbis dei primi dellOttocento, pubblicata in lingua inglese con traduzione in lingua latina (Comenius, 1810), presente unim-magine facente parte, nellordine sequenziale, degli argomenti relativi alle attivit delluomo legate al libro e alla cultura. Limmagine, contrassegnata con il numero romano progressivo CI, riproduce un ambiente ben defi-nito, in cui raffigurata la scena di un uomo intento alla lettura, seduto a un tavolo da lavoro, e nello sfondo riprodotta una libreria ricca di libri. Ha la nomenclatura The Study, tradotta con il corrispettivo termine la-tino Museum (Comenius, 1810, p. 139),10 dando la seguente definizione: Museum est locus ubi Studiosus secretus ab hominibus, sedet solus, deditus Studiis, dum lectitat Libros quos penes se et exponit super Pluteum. Anche in questo caso il termine museo indica un luogo di studio.

    Relativamente allOrbis, la stampa e la tipografia acquisiscono i contorni di una metafora di un metodo di insegnamento/apprendimento, definito da Comenio didacografia (Farn, 2007, p. 651), la cui efficacia ha riscontro nella memoria. Formare la memoria nellambito delle istituzioni educative, come ha chiarito Roberto Farn, argomentando sullimparare a memoria e sullimparare dalla memoria, significa costruire un fonda-mentale retroterra su cui il soggetto elabora la sua identit e la sua visione del mondo (p. 650). Daltra parte, la concezione didattica sviluppata da Comenio sembra rispecchiare il noto principio, elaborato nel 1690 da John Locke (1632-1704), secondo cui nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu (Locke, 1999, II, cap. 1, par. 5).11 Perci, in ambito pedagogico, Comenio attribuisce allimmagine un ruolo centrale, in quanto fedele ri-produzione della cosa che deve essere, sempre e comunque, decodificata mediante il riconoscimento visivo conforme alloriginale.

    10 Al numero IC riprodotta limmagine del Libro (p. 137); al numero C quella della Scuola (p. 138).

    11 Si veda, comunque, Pacchi, 1997.

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    nellet successiva a Comenio, comunque, che sinizia a riconoscere e a mettere gradualmente a fuoco una visione della funzione didattica dei musei. A Verona, tra il 1714 e il 1720, Scipione Maffei (1675-1755) fonda un museo (Ferretti, 1980, p. 58) in stretta connessione con la biblioteca (Modonesi, 1995; Franzoni, 1982). Lilluminista marchese era convinto che il museo non dovesse essere soltanto un luogo per la persona istruita, ma anche un luogo di apprendimento soprattutto per gli studiosi di pittu-ra (Maffei, 1731-1732, pp. 253-275),12 aperto a tutti perch rappresentava unutile occasione per far accostare il pubblico alla cultura (Franzoni, 1975-1976). Scipione Maffei , di fatto, il precursore di unistituzione aperta al pubblico e il museo maffeiano considerato il primo museo pubblico europeo, ideato e ordinato secondo criteri scientifici e gi con una chiara visione della potenzialit di una simile impresa (Favaretto, 2002, p. 255).

    Comunque, anche a Roma, nel 1734, Clemente XII (1730-1740) realizza unistituzione museale pubblica in senso moderno.13 questo un dato estremamente indicativo, i cui precedenti possono essere individuati in alcuni, sia pure remoti, episodi significativi.

    In primo luogo, occorre ricordare la donazione della collezione di bronzi, fatta al popolo romano da Sisto IV (1471-1484), poco dopo lelezione alla successione sulla cattedra di Pietro. In realt, non si tratta di unistituzione museale, n la fruizione della raccolta destinata al vasto pubblico. Risulta, invece, interessante osservare che, almeno nelle intenzioni del pontefice, ci fosse la volont di restituire un bene al legittimo proprietario.14 Il provvedimento da inserire in una pi vasta visione del bene pubblico che vede impegnato il pontefice in una parallela importante azione di difesa e di tutela con lemanazione della bolla Cum provida del 1474, tendente a impedire che gli edifici religiosi fossero spogliati di marmi e di ogni orna-mento antico.15 La politica sistina, in realt, seguiva le linee tracciate dal suo predecessore, Pio II (1458-1464), il quale nel 1462 aveva inaugurato

    12 Si vedano anche Sandrini, 1982; AA.VV., 1985.13 Nello stesso anno Carlo di Borbone trasporta tutte le collezioni darte di casa Farnese

    a Napoli (Fittipaldi, 1995).14 Si veda liscrizione che ricorda levento in cui compare il termine restituit, identificando

    il popolo di Roma come il naturale legittimo proprietario (Borsellino, 2001a, p. 20).15 La bolla di Sisto IV del 7 aprile 1474 e il titolo completo Cum provida Sanctorum

    patrum decrete; testualmente recita: Ad nostrum pervenit auditum quod nonnulli iniquitatis filii de patriarcalibus et aliis ecclesiis et basilicis porphjreticos marmoreos

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    unazione di tutela e di conservazione delle opere darte con la bolla Cum almam nostram Urbem,16 considerato come risultato dei primi provvedimenti organici di tutela che, nellet successiva, saranno tenuti presenti per evitare anche la dispersione delle collezioni romane. Basterebbe ricordare che, oltre allinevitabile scomunica, era previsto il carcere e la confisca dei beni per chi aveva demolito, danneggiato e distrutto antichi edifici, pubblici e privati, senza lautorizzazione del pontefice. Se questi provvedimenti mirarono, da un lato, a ribadire la legittima autorit del pontefice, dallaltro, testimoniano unembrionale affermazione del principio di pubblica utilit che, nel 1515, porter Leone X (1475-1521) a istituire la carica di Prefetto delle antichi-t, incarico ricoperto nel 1519 da Raffaello (1483-1520). Lurbinate, nella Lettera al pontefice (Venturi, 1918; Golzio, 1936),17 apprezza la promozione culturale del Papa, il quale,

    lassando vivo el paragone de li antichi [mira a] eguagliarli e superarli [] con magni edific, col nutrire e favorire le virtuti, e risvegliare glingegni, dar premio alle virtuose fatiche, spargendo el santissimo seme della pace tra li prncipi cristiani. [Inoltre, la conservazione della memoria degli] animi divini [] de li antichi [che] excitano e destano alle virt li spirti [ compromessa] dalli maligni e ignoranti [che arre-cano] ingiurie. (Golzio, 1936, pp. 82-83)

    Nella Lettera, inoltre, affermato il principio secondo cui lazione educativa della conservazione non pu essere attuata senza una parallela azione di conoscenza che faccia leva sulla coscienza.18

    Si diffonde e si afferma lidea della collezione intesa come strumento di formazione e di sviluppo culturale, che parallelamente consente ai com-mittenti di esercitare un dominio intellettuale sugli artisti e sugli scienziati.

    Allo stesso modo, qualche anno dopo, precisamente nel 1523, il cardi-nale Domenico Grimani (1461-1523) per testamento lascia la sua collezione

    et alios lapides abstulerunt hactenus, et in dies auferre, eosque ad diversa loca per se vel alios asportare praesumunt (Sisto IV, 1580, pp. 34-35).

    16 La bolla di Pio II del 28 aprile 1462 (Mntz, 1878, p. 352).17 Si vedano, comunque: Raffaello Sanzio, 1956, pp. 52-53; Raffaello, 1994; Di Teodoro,

    2003.18 Nel riconoscere il valore della testimonianza storica, Paolo III con il Breve del 1535

    nomina Michelangelo architetto, scultore e pittore del Vaticano (Mancuso, 2004, p. 18).

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    alla citt di Venezia e, seguendo lesempio dello zio, il patriarca Giovanni Grimani (1506-1593), che per tutta la sua vita aveva accresciuto la sua raccolta con sculture provenienti dallAttica, dal Peloponneso e dalle isole greche, nel 1586, completa la raccolta archeologica.19 Tra questi due episodi sinserisce la singolare iniziativa di Paolo Giovio (1483-1552), vescovo di Nocera, il quale raccoglie ritratti di uomini illustri e registra scrupolosamente tutto quanto serve a rendere autentico ed esemplare il personaggio raffigurato.20 Sullonda lunga della tradizione umanistica, Giovio, uno degli intellettuali pi influenti e pi ammirati della prima met del Cinquecento, adotta un criterio poggiante su un intento di edificazione morale, riprendendo lex-primere imaginem consuetudinis atque vitae (Nepote, 2001: Epaminondas, I, 3) di una collaudata produzione letteraria ricadente nel genere biografico, che, in quegli anni, era conosciuto grazie anche alla diffusione della pub-blicazione della traduzione di Matteo Maria Boiardo (1440/1-1494) del De viris illustribus di Cornelio Nepote (Guerrini e Ricci, 1885).

    Tra il 1537 e il 1543, accanto al suo palazzo di Borgovico sul Lago di Como, Giovio organizza, in un luogo ideale dellotium umanistico in cui ospita i pi importanti personaggi dellepoca, una raccolta di ritratti di uomini illustri (146 ritratti di letterati e 134 di uomini darme), con una sistemazione unitaria. Giovio ha cura di elaborare una didascalia e di collocarla accanto a ogni dipinto, nella quale contenuto il nome del personaggio raffigurato con le relative notizie biografiche (Giovio, 1546; 1552, pp. 5-14),21 da cui emergono le ragioni per andare al di l dellocca-sione concreta, in una prospettiva di tipo pedagogico fondata sullideale di armonia tra le forze fisiche e le forze morali. La raccolta appare arricchita anche da copie dei ritratti degli uomini illustri che sono dipinti nella sala di Eliodoro in Vaticano dal Bramantino (1465 ca.-1530).

    19 Relativamente alla donazione per lascito testamentario del cardinale Domenico Grimani si veda Favaretto, De Paoli e Dossi, 2004; ma si veda pure sulla collezione Grimani e sul collezionismo di reperti antichi Favaretto e Ravagnan, 1997.

    20 Su Paolo Giovio si vedano: Casati, 1916-1934; Arici, 1993. Per il profilo bio-biblio-grafico di Paolo Giovio, inoltre, si veda Galante Garrone, 1991.

    21 La singolare figura del comasco Paolo Giovio, ecclesiastico erudito, antiquario e diplo-matico, oltremodo contrassegnata dalla sua opera in latino Historiarum sui temporis libri XLV, in cui narra le vicende delle guerre dItalia dal 1494 al 1547 con una dovizia di particolari e di curiosit.

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    I contemporanei scriveranno che il reverendissimo Giovio in un bel sito sopra del lago sha eletto fabricar un Museo, cos da lui chiamato, in s leggiadro luogo che gli pare che la dilettazione labbia formato con le sue mani (Doni, 1970, p. 98).22 evidente il carattere erudito di chi ricerca, con grande cura, e raccoglie, con grande passione, oggetti che, con espressione moderna, denomineremmo materiale specializzato, organizzandoli con rigore in un apposito spazio espositivo, che acquista i connotati di un luogo di documentazione e di deposito di conoscenze, adottando una politica di acquisizione delle opere, fruibili da un pub-blico scelto e ristretto. Listituzione, perci, si risolve, ancora una volta, nellambito privato.

    Lidea, comunque, non nasce soltanto dal desiderio di raccogliere e di conservare, per s e per i posteri, beni di valore artistico, volendo sottrarli alloblio della memoria, ma parallelamente finalizzata alla riscoperta dello spessore delle virt di uomini illustri, da cui occorre trarre insegnamento (Rovelli, 1928). Il valore didattico non sta, dunque, principalmente nel valore in s dellopera darte, ma nel fatto che essa diventa occasione, se non mezzo e strumento, per considerare le azioni compiute dal personaggio raffigurato e riflettere con la consapevolezza che certezza storica e fonte antica coincidono. Di lui, qualche tempo dopo, labate Luigi Lanzi, parlando della raccolta dei Ritratti duomini illustri della Reale Galleria di Firenze, scriver:

    Fu dopo il risorgimento delle lettere un nuovo Varrone per la cura di raccorre e di tramandare a posteri le vere sembianze de grandi uomini [] sotto ogni effigie [dei quali] avea sospeso un brevelogio latino, che conteneva il carattere e le azioni memorande. (Lanzi, 1782, p. 22)

    A ben pensare, per, in questo caso pi che di Museo, come indica-to dai contemporanei, occorre parlare di collezione e considerare Paolo Giovio un collezionista (De Benedictis, 1998) che, mosso dalla prevalente sollecitazione culturale tutta umanistica, studia, scrive e pubblica gli Elogi, un complemento letterario alla sua raccolta dei ritratti di grandi uomini della storia e della letteratura (Giovio, 2006; Fasola, 1985). Perci, la per-

    22 La descrizione del palazzo contenuta in due lettere di Anton Francesco Doni (1513-1574): la prima del 17 luglio 1543 indirizzata a Lodovico Domenichi (1515-1564) e la seconda del 20 luglio 1543 indirizzata ad Ascanio Landi (notizie sec. XVI), citate da Mario Pepe in Doni, 1970, pp. 96-100.

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    sonalit di Giovio quella di un collezionista in cui presente un movente puramente culturale,

    intimamente congiunto con uno almeno degli altri [] moventi speculativo, devoto, erudito, di prestigio sociale, ecc. [riconoscendo] una natura culturale, considerato che essi si verificano nelle opere darte. (Toscano, 1971, pp. 106-107)

    Lo sforzo ricompositivo di Giovio, in realt, si basa essenzialmente sul primato della vista e, conseguentemente, sullimmediatezza del ricordo, con-dizioni euristiche in grado di salvaguardare lattendibilit delle ricostruzioni storiche e la razionalit del giudizio.

    Nel Cinquecento Paolo Giovio non il solo a collezionare ritratti di uomini illustri, in una moda assai diffusa che consiste nel far nascere luomo dalluomo (Dupront, 1993, pp. 27-28), favorendo un ritorno al passato (remoto e prossimo) nella quotidiana ricerca di unumanit pi libera e migliore. Si tratta, infatti, di far crescere luomo nella consapevolezza di un patrimonio affidatogli dalla certezza del passato.

    Non , dunque, un caso che tra il 1560 e il 1580, per volont della fa-miglia Medici, nasce a Firenze il grande museo degli Uffizi, in cui allestita una raccolta di uomini illustri (Scudieri, 2001).

    Cristoforo Sorte (1510-1595) racconta che il veronese messer Bernar-dino India (1528-1590),

    come saggio e gentilissimo pittore, cos con alto et elevato spirito, n a fatica n a spesa alcuna perdonando, i veri ritratti de prencipi e degli uomini pi segnalati nelle scienze e nelle arti liberali di tutti i tempi va raccogliendo e se ne fa a sua posta un bellissimo museo. (Sorte, 1960, p. 283; 2006, p. 278)

    Verso la fine del Cinquecento il termine museo utilizzato anche per indicare un luogo destinato alla conservazione delle opere darte.

    Con questa accezione il pittore milanese Giovanni Paolo Lomazzo (1538-1592) riferisce che il gran re Filippo di Spagna oltre il suo museo celebratissimo per opere di pittura e scultura possiede gioie, libri et arme in tanta copia, che solamente a mirarli la mente nostra si confonde (Lo-mazzo, 1973a, p. 359).

    Il termine , inoltre, adoperato anche come sinonimo di centro di insegna-mento e come equivalente di luogo dove si studia senza tralasciare la didattica:

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    I luoghi ove studiamo si dicono anchessi Musei, e Stefano recita, secondo Polibio, che in Olimpo monte ci fu un Museo, e Filostrato racconta, che fu un Tempio detto Museo, ove fur adorate le Muse e dieder responsi [] et a nostri tempi il Giovio alz quello in Como. [Inoltre] Museo si dicea [] un huomo erudito, e che dicesse le cose quasi che tratte dalla pi intima parte dellantro delle Muse, e [] fu appo gli Egitii una mensa chiamata Museo, alla quale concorreano tutti gli uomini dotti di Egitto. (Lomazzo, 1973b, p. 607)23

    Che il museo non possa essere separato dai libri confermato dalla lettera dedicatoria indirizzata Al Serenissimo Ferdinando de Medici, Gran Duca di Toscana, di Gian Paolo Lomazzo datata 27 agosto 1591. Cos scrive il pittore milanese:

    Basterammi dunque dacennare un Pietro, un Giovanni, che fu poi Leon X. un Giuliano, un Cosmo Padre di V. A. chanchegli aggiunse grandissimo splendore alla grande Academia del disegno, et orn ma-ravigliosamente il suo Museo di bellissimi libri, di vaghissimi ritratti di Principi, et dhuomini famosi in lettere, et in armi, di statue, e di scolture antiche, et moderne di grandissimo pregio; talmente chegli senza dubio il pi famoso di tutti i Musei del mondo. (Lomazzo, 1973b, p. 607)

    interessante notare, comunque, che, per la prima volta in et mo-derna, con Paolo Giovio che il termine museo appare adoperato per indicare una raccolta di oggetti con una valenza storica, riuniti seguendo una compilazione di carattere generale, per lo pi illustrata da tavole esplicative redatte con una paziente schedatura manuale. Non si tratta, per intenderci, di una organizzazione espositiva concepita in senso moderno. Siamo, infatti, in presenza di una collezione specialistica nata in un contesto in cui una organizzazione museale si risolve ancora in un grande accumulo di merci e beni di valore artistico (Agrillo, 2001, p. 33). Del resto, relativamente recente lidea di un superamento di crescita di un museo per accumulo, perch tale pratica, da sola, farebbe rimanere statico il valore simbolico del patrimonio, degli oggetti e delle collezioni, che hanno bisogno di evolversi nel tempo, mutando e arricchendo la loro importanza simbolica affinch

    23 Si veda anche Lomazzo, 2002, p. 12.

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    un museo mantenga il suo ruolo sociale di luogo di identificazione della societ (Pinna, 1997, p. 20).

    A questo proposito Giulio Carlo Argan (1909-1992) evidenzia: Il compito di raccogliere e conservare le opere darte, un tempo

    funzione e privilegio di determinati ceti, passato alla comunit sul finire del secolo XVIII e sul principio del XIX; la nascita del Museo corrisponde al positivo riconoscimento della capacit educativa dellarte. [] se larte educazione, il Museo deve essere scuola. (Argan, 1949, p. 65)

    A ben riflettere, la nascita e lesistenza stessa del museo non possono essere ricondotte esclusivamente alle capacit educative dellarte. Infatti, stato giustamente osservato che la vita del museo , in buona misura, regolata da condizioni maturate al suo esterno (Ferretti, 1980, p. 47). Inoltre, da pi parti riconosciuto che il rapporto Arte e Societ in et moderna muta, da un lato, sotto la spinta dellonda lunga del processo di democratizzazione innescato dalla Rivoluzione Francese e, dallaltro, grazie alla diffusione della cultura illuministica. In realt, qualche tempo prima del 1789, precisamente nel 1727, Caspar Friedrich Neickel (notizie intorno al 1727) (Neickel, 2005), anagramma di Einckel (Berg, 2005, p. 536), pubblica il trattato Museographia Neickeliana in cui distingue: le stanze del tesoro, Schatzakammern; le stanze delle meraviglie, Wunderkammernen; le camere dellarte, Kunstkammernen; le stanze delle rarit e degli oggetti naturali, Naturalien und Rariteien kammernen.

    Lopera del Neickel, nelloffrire una panoramica delle collezioni europee del tempo, da un lato, chiarisce lacquisizione del termine museografia as-sunta nel secolo XVIII e, dallaltro, propone spunti di riflessione sulla natura, sugli scopi e sulle finalit del museo. Il punto pi rilevante dellopera la di-stinzione tra naturalia e artificialia: i naturalia sono gli oggetti che si trovano in natura e che vengono raccolti, catalogati e studiati; gli artificialia sono i manufatti realizzati, come il nome stesso indica, dallartificium delluomo.

    Al Neickel va il merito di aver tracciato un cammino che porter a defi-nire il museo come luogo di apprendimento, stabilendo due nuove direzioni dellevoluzione del pensiero settecentesco: da una parte, lIlluminismo, con

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    un interesse maggiore verso le basi scientifiche e, dallaltro, il Positivismo, con una identificazione dei musei come luoghi della sperimentazione e dellanalisi scientifica.

    Per Enzo Borsellino, infatti, il luogo che appare riprodotto nellincisio-ne, che arreda il frontespizio della prima edizione dellopera del Neickel, non un museo, ma un luogo di studio del 1727 (Borsellino, 2001a, p. 14).

    Che la funzione educativa del museo nel corso del secolo XVIII si affermasse sempre pi , oltremodo, testimoniato dallindicativa esperienza messa in atto dal veneziano Francesco Algarotti (1712-1764), collezionista e teorico dellarte, amico del Tiepolo e del Canaletto, il quale provvede ad arricchire con nuovi acquisti la Regia Pinacoteca di Federico Augusto II a Dresda (Nicosia, 2005, p. 81), proponendo un allestimento programmato con criteri espositivi nuovi e rivoluzionari nel campo delle strutture museo-grafiche del tempo, illustrati nel suo Progetto organico del 28 ottobre 1742 (Algarotti, 1791-1794). Ad Algarotti va, comunque, riconosciuto lavere per primo raccolto dipinti con una privilegiata campionatura delle varie scuole pittoriche, in modo che la collezione riflettesse la storia della pittura nel suo genere (Haskell, 1966, p. 532).

    Nel 1763 il conte Algarotti, discutendo sulloccasione che si presenta agli artisti francesi di utilizzare il soggiorno romano per studiare le opere conservate nelle chiese, espone una serie di riflessioni sul valore museale dei contenitori chiesastici, liberamente aperti al pubblico, indicando la via di quello che, nellet successiva, sar il museo istituzionale. Lo scrittore veneziano si domanda:

    Di quadri dei migliori nostri maestri, dove apprendere i differenti caratteri, e le modificazioni varie della Pittura, ne tiene in paragone la Francia un molto maggior numero, che di antiche statue. Ma dove sono eglino? Nel palagio di Versaglia, del Lussemburgo, nella galleria del duca di Orleans, appresso gli eredi di Monsieur Crouzat, e in po-chissimi altri simili luoghi. E chi non sa, che in Italia ogni chiesa , per cos dire, una galleria; sono arricchiti di pitture i monasterj, i palagi pubblici, i privati; ne sono piene le facciate, ed i muri dei casamenti. N gi queste, per essere poste in luoghi di picciol rispetto, dir cos, si hanno a credere le meno considerabili. Sogliono anzi tali pitture essere studiatissime, come quelle che di continuo starsi doveano presenti alle viste del popolo, giudice incorruttibile per gli artefici, e pi da temersi di qualunque siasi Accademia. (Algarotti, 1763, pp. 23-24)

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    Lidea, comunque, che un museo fosse un luogo di studio e di insegna-mento parte da molto lontano ed recuperata in et moderna.

    , forse, appena il caso di segnalare che il Museo, sin dalle origini, un luogo sacro alle Muse, figlie di Zeus e di Mnemosyne, la memoria (Esiodo, 2000, vv. 57 ss.),24 differenziate personificazioni di quelle varie arti e scienze che costituiscono campi specializzati (Becatti, 1971, p. 294). Il diffondersi del culto delle Muse nellantichit classica non dovuto soltanto al fatto che erano considerate dee della poesia, ma come protettrici degli studi e della formazione educativo-culturale delluomo (Tarditi, 1998, p. 228). Giovanni Tarditi chiarisce come gi Platone (438-347 a.C.)

    aveva rinnovato la teologia delle Muse: la sua scuola era un taso delle Muse non solo perch ad Atene non erano riconosciute associazioni che non fossero religiose, ma perch, come risulta dalle Leggi (653d-654a, ma anche passim), vedeva nel culto di quelle dee una pratica profonda-mente educativa per i cittadini. (pp. 227-228)25

    Lo stesso Platone aveva una scuola nei giardini di Academo dove aveva consacrato alle Muse un tmenos. Nello stesso luogo Speusippo, il successore del filosofo, aveva messo le statue delle Chariti. Le Muse, pertanto, sono considerate le dee protettrici dellattivit intellettuale e anche Aristotele (384-322 a.C.) ne professava il culto. Tuttavia, nella tradizione non esi-steva alcuna Musa protettrice delle arti figurative: gli artisti erano solo dei techniti, tanto che Policleto presentato da Aristotele come un mousiks, introducendo il concetto dellartista [] ispirato allievo delle Muse (p. 228). Originariamente, dunque, i Mousia dellantichit erano luoghi a cielo aperto (Roux, 1954), giardini, dove sinsegnava; il dio Apollo denominato appunto Musagete, guida e capo delle Muse, in cui erano collocate statue delle Muse, e in particolare di Mnemosyne.

    la memoria che riesce a vincere loblio e, attraverso la conservazione delle opere realizzate, rende immortali gli uomini, garantendo unefficace

    24 Museo era, invece, il poeta mitico greco compagno e allievo di Orfeo, la cui immagine si poteva ammirare in Atene nella Pinacoteca dei Propilei (Pausania, 1990, 22, 7).

    25 Sarebbe sufficiente ricordare il termine della lingua greca mousos (composto da alfa pri-vativa e mosos) che significa privo di arte e di raffinatezza, grossolano, rozzo; alla lettera privo delle Muse, estraneo alle Muse, alle lettere, alle scienze, alle arti; ma anche privo di canto, non armonioso; mentre il termine amousa (a-mousa) significa ignoranza, incivilt, mancanza di cultura, rozzezza, grossolanit, disarmonia (Rocci, 1998, p. 98, s.v.).

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    azione eternatrice. Mnemosyne , perci, considerata la dea protettrice dei musei, capace di operare una resurrezione di ci che appartiene al passato e il museo, nel tempo, diventa linsostituibile organismo mediante il quale avviene questa resurrezione (Ruggieri Tricoli e Vacirca, 1998, p. 108); e il passato, risorgendo, diventa contemporaneo del vissuto quotidiano. Lopera costruita dalluomo, come scrive Enzo Borsellino, commentando linterpre-tazione antropologica e semiologica di Ktzysztof Pomian, diventa medium, acquista i connotati di semioforo, col potere di stabilire legami tra diverse sfere, tra il visibile e linvisibile, tra il mondo della realt e il mondo della trascendenza, tra sacro e profano e tra presente e passato. Perci, latto del collezionare interpretato come un desiderio delluomo di sconfiggere la morte, di trascenderla, di esorcizzare il nulla, di vivere le cose raccolte in un anelito di eternit (Borsellino, 2001b, p. 64).

    Al Museo di Alessandria, centro di lavoro scientifico (Lesky, 1962, p. 870), era annessa la biblioteca, con funzioni sia di laboratorio di cura e di esegesi delle opere della letteratura greca sia di luogo di raccolta e di tutela dei testi. noto che nellantichit erano particolarmente famose la biblioteca di Pergamo, di Alessandria e di Rodi, le quali erano parte integrante dei musei, considerati centri dinsegnamento e di ricerche favoriti dai sovrani; infatti, intorno ad essi che si costituiscono i primi nuclei di universit e di scuole di insegnamento superiore (Martin, 1984, pp. 170-171). Partico-larmente attivo era il gruppo formato da maestri, filosofi, scienziati, filologi, costituito intorno al III secolo a.C. da Tolomeo I Sotr (367 ca.-283 a.C.) nel Mousion di Alessandria, in Egitto, ove gli stessi intellettuali alloggiavano, secondo un ambizioso progetto culturale che, continuando sotto il regno di Filadelfo (309-247/6 a.C.), figlio di Tolomeo I, nel quadro dellellenismo si mantenne autonomo (Lesky, 1962, p. 875) con unintegrazione culturale tra le diverse componenti del regno.

    Strabone (64 a.C. ca.-19 d.C.), nella sua Geografia,26 in un excursus su Alessandria,27 inserisce unaccurata descrizione del Museo, la cui biblioteca egli stesso frequenta per motivi di studio, con lintenzione dintegrare la

    26 Geografia, XVII, 1, 8. Si veda, comunque, Strabone, 1930. Ma, per la tradizione, rimane importante ledizione del Palinsesto Vaticano: Aly, 1956, con unappendice di Francesco Sbordone sui manoscritti principali.

    27 Nel 25-24 a.C. Strabone viaggi per lEgitto con lamico Elio Gallo (Strabone, Geografia, II 5, 12; XI 11, 5; XVII 1, 24) e si ferm anche ad Alessandria per qualche tempo (II, 3, 5).

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    storia con la geografia, dedicandovi una vasta trattazione.28 Il geografo stoico di Amasea sul Ponto annota che il Museo era parte integrante della reggia e comprendeva un portico (il peripato),29 unesedra e una grande sala, nella quale i dotti, di cui si componeva il Museo, vivevano ed erano soliti consumare i pasti insieme. Era una comunit di eruditi che, mettendo in comune anche le proprie risorse finanziarie, miravano a specializzarsi in varie branche della conoscenza. A capo del Museo era posto un sacerdote, originariamente designato dai sovrani, in attuazione di un pi vasto pro-getto di promozione culturale e di ricerca scientifica coerente con la nuova mentalit ellenistica; ma, al tempo in cui Strabone scrive la sua opera, era nominato dallimperatore Augusto.30 Al museo si associano, quindi, sin dalle origini, il primitivo carattere religioso e la funzione di ricerca, di studio, individuale e collettivo, e di insegnamento. Perci, al museo annessa una biblioteca, che originariamente non era un edificio o una sala a s stante.31 Sono, tuttavia, documentati altri casi,32 in cui piccole sculture con relativa

    28 Geografia, XVII, 1, 5. Nella biblioteca del Museo di Alessandria, Strabone, da giova-nissimo, aveva studiato sotto la guida del peripatetico Senarco. Durante un successivo soggiorno egiziano, riesce a consultare opere, altrove irreperibili, utili tra laltro per studiare il complicato problema della corrente del Nilo, che aveva interessato la scienza greca sin dai tempi di Talete e di Erodoto. qui che il geografo accresce la propria cultura e la conoscenza delle opere di quegli autori che avrebbero costituito le fonti per la composizione della sua Geografia. Si veda anche Pais, 1890.

    29 Con ogni probabilit il peripato non era un vialetto, ma un ambiente per una passeg-giata coperta, ai cui lati erano disposte delle nicchie, destinate a ospitare la produzione degli autori ordinati secondo il genere, ben dichiarato da adeguate intestazioni e ben organizzato secondo una ripartizione assai simile a quelle dei Cataloghi di Callimaco. I rotoli successivamente furono conservati in altri ambienti ricavati nei due edifici principali del Museo.

    30 La sacralit del Museo di Alessandria emerge anche dal fatto che attiguo al Museo vi era un recinto circolare chiamato Soma, in cui vi erano le tombe dei re e quella di Alessandro (Strabone, Geografia, XVII, 1, 8).

    31 Gli scaffali (bibliothkai) erano quasi sicuramente disposti lungo il peripato e la bi-blioteca non consisteva in un edificio o in una sala a s stante; come, del resto, era anche la biblioteca di Pergamo, il cui modello fu, con buona probabilit, il Museo di Alessandria.

    32 A questo proposito utile ricordare la scoperta che fu fatta, tra il 19 ottobre 1752 e il 25 agosto 1754, in una villa suburbana ricadente nellarea archeologica di Ercolano, appartenete con ogni probabilit a Lucio Calpurnio Pisone Cesonino (100ca.-43ca. a.C.), suocero di Giulio Cesare. Nella villa, che, da allora, fu detta dei Papiri, furono rinvenuti i papiri che costituiscono attualmente il fondo librario pi antico posseduto

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    didascalia sono utilizzate nella biblioteca per lidentificazione delle opere conservate.

    Pur riconoscendo allet ellenistica le nuove condizioni per la produzione e la conservazione del sapere, inscindibili dal libro,33 e conseguentemente la funzione sociale e culturale della biblioteca, il libero accesso al museo, comunque, riservato a una privilegiata minoranza.

    Anche in et moderna, dal secolo XVI sino a gran parte del XVIII secolo, i musei sono luoghi esclusivi e, come tali, esclusi ai pi.

    George Brown Goode (1851-1896), ricordato come uno dei primi teorici delleducational museum, alla fine dellOttocento scriver che il museo del futuro destinato a muoversi di pari passo con le biblioteche e, diventando parte integrante della struttura dellinsegnamento impartito nelle scuole e nelle universit, finalizzato a contribuire allampliamento del sapere (Goode, 1891).

    Bruno Bettelheim (1903-1990) osserva che a Vienna, tra i numerosi musei, meritano una particolare attenzione il museo di storia dellarte e il museo di storia naturale, ubicati sul Ring, il grande anello della cir-convallazione della citt: il Naturhistorisches Museum e il Kunsthistorisches Museum, due musei ospitati in due edifici gemelli molto imponenti, siti luno di fronte allaltro, quasi a rispecchiarsi. Lo studioso afferma che soltanto in et adulta ha capito perch quei due musei, in cui erano esposti oggetti di tipo radicalmente diverso e che avevano funzioni totalmente differenti, dovessero essere ospitati in edifici identici (Bettelheim, 1997, p. 5).34 La risposta semplice e nello stesso tempo profonda: coloro che li avevano progettati avevano badato soprattutto al fatto che, bench diversi per contenuto e funzioni, erano entrambi musei (ibidem). In questo caso lidentit esteriore dei due musei era stata volontariamente scelta per sottolineare che era pi importante dare ai fruitori una forma

    dalle biblioteche italiane ed estere. La singolarit della scoperta consiste nel fatto che sulla libreria, quasi sicuramente, erano disposti con cura alcuni piccoli busti in bronzo, talvolta con iscrizioni sulle basi che indicavano lidentit del personaggio raffigurato, i quali avevano la funzione di rendere visibile immediatamente lautore delle opere conservate nella biblioteca (Sgobbo, 1972, pp. 284-298).

    33 La biblioteca unistituzione che, in et ellenistica, ha favorito lo studio, il sorgere e lincremento della scienza filologica, ma si configurata anche come centro di media-zione e di conservazione della memoria.

    34 Linaugurazione dei due edifici risale al 1889.

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  • 43 2012, P.A. Vetrugno, custodire la memoria, Erickson, www.ericksonlive.it

    appropriata dellidea di museo e ampliare allesterno le sue finalit piut-tosto che adattare ledificio a un contenuto specifico. Del resto, un modo per affermare che la cultura dello scire per leges della scienza e quella del facere per inventionem dellarte sono soltanto due aspetti di ununica realt (Lugli, 2006).

    Lidea di museo che, tra la fine del Settecento e i primi dellOttocen-to, inizia a prevalere e a diffondersi quella del Museo Tempio (Schaed, 1996), messa in atto dalle opere di Raffaele Stern (1774-1820) (De Angelis, 1994; Cerutti Fusco, 1997), che si ispira ai templi greci e romani. Ma non occorre sottovalutare la particolare attenzione diffusa verso la cultura artistica archeologica condizionata dalle teorie di Johann Joachim Winckelmann (1717-1768) che, senza essere mai andato in vita sua in Grecia, nel 1764 pubblica una Storia dellarte presso gli antichi o Storia dellarte antica (1764; si veda anche Winckelmann, 1973). Nel Museo Tempio sembra che alla base ci sia quasi un voler dilatare allesterno il percorso espositivo, comu-nicando al visitatore, nella forma della struttura architettonica, al pari di un documento visivo, linequivocabile sacralit degli oggetti conservati in un contenitore non occasionale. In questo caso le funzioni simboliche sembrerebbero prevalere sugli assunti educativi, che Bruno Zevi (1918-2000) fa rientrare in un programma edilizio privo di ispirazione originale perch, secondo lo studioso, prende in prestito fo