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Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa Anno 23 - nº. 2 del 2010 direttore Ugo Canonici Marketing Accade tutto in pochi secondi Branding per i beni di lusso Welfare e comunicazione La nota Il contagio dell’entusiasmo DM & Comunicazione Organo d’informazione del Club C3 Focus Comunicazione d mc & Poste Italiane S.p.A. Sped in a.p. - d.l. 353/2003 conv. l. 46/2004. art1.c.1 - LO/MI - Mensile - 5 Euro

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dmc N 2 2010

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Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa

Anno 23 - nº. 2 del 2010

direttore Ugo Canonici

Marketing

Accadetuttoin pochisecondi

Brandingper i benidi lusso

Welfare e comunicazione

La notaIl contagio

dell’entusiasmo

DM & ComunicazioneOrgano d’informazionedel Club C3

Focus

Comunicazione

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Italia

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STRATEGIAMarketing

&Comunicazione

CREATIVITA’Grafica - WebPresentazioni Audiovisivi

EVENTI E MEETINGInOutMotivazione

FORMAZIONEFormazione finanziata

GESTIONE FORNITORIGESTIONE AMMINISTRATIVA

CLUB AZIENDALI

UFFICIO STAMPANewsletter

COACHING

CLEIS è un’Agenzia di Comunicazione d’impresa specializzata nell’organizzazione di Eventi aziendali.

Cleis Spa - via Lazzaro Spallanzani 10, 20129 Milano - Tel 02 7422 221 - [email protected] - www.cleis.it

Cosa facciamo:

Fin dal 1998 ha acquisito la certifi cazione di qualità UNI EN ISO 9001: 2000

per i sistemi di gestione della qualità nella progettazione ed erogazione di servizi di comunicazione d’impresa

e di servizi di formazione aziendale.

Cleis

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EDITORIALE

7 Sua Maestà la Comunicazione di Ugo Canonici

PENSIERO LIBERO

62 Lezione muta di Alessandro Lucchini

LA NOTA

8 Il contagio dell’entusiasmo di Guido Montacchini

COMUNICAZIONE

10 Fluidità cognitiva: di cosa si tratta? di Ugo D. Perugini12 La stampa dell’idraulico di Grazia De Benedetti24 Accade tutto in pochi secondi di Ivonne Porto28 E se lo chiamassimo…? di Roberto Mori30 Basso costo alta disinformazione di Paolo Missiaja34 Il lancio della nuova Ferrari di Maurizio Quarta

MOtivazione

26 Incentivi poco incentivanti? di Fabrizia Vania Calzavara

RUBRICHE

46 Fatti & Persone48 Informalibri50 Comunicazione & Benessere52 Comunicazione Sociale60 Club dell’Osso

MARKETING

22 La situazione nelle vendite oggi di Mario Silano32 Marketing e Branding per i beni di lusso di Axel Lo Guzzo44 Comunicare a due vie di Francesco Manenti

COMUNICAZIONE E WELFARE

16 Focus su Welfare e comunicazione di Bruno Calchera

SommarioAnno 23 - no 2 del 2010

COMUNICARE CON IL DIGITALE

36 Internet: diritto fondamentale di Carlo Cremona39 Boring FaceBook di Pier Giorgio Cozzi42 Tublr.com e crowd sourcing: è il web 3.0 di Elena Schiavon

COMUNICARE CON I CONVEGNI

54 C’era una volta il congressuale di Valentina Guerra56 Liguria “Terradamare di Giovanna Risso58 Un’area tutta da scoprire di Erminia Casadei

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Amico lettore, dm&c viene realizzato sia su supporto cartaceo sia su supporto digitale. Se desideri ricevere la Rivista, gratuitamente,

via e-mail, invia la richiesta a: [email protected] segnalandoci le tue corrette coordinate.

Per ricevere la versione su carta puoi collegarti a www.miabbono.com/dmc.

Se ritieni che anche un tuo amico sia interessato alla lettura di dm&c aggiungi anche le sue coordinate.

La rivista, diretta da Ugo Canonici, si propone come testata leader nel settore del marketing, direct mar keting e comunicazione d’impresa. Una marcia in più per chi vuole muoversi senza problemi nel diffi cile mondo del lavoro.

Scrivici Scrivici Scrivici Scrivici Scrivici Scrivici Subito!!!Subito!!!Subito!!!

[email protected]

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Finalmente! Sembra che alfi ne ci siamo arrivati: tutti (o quasi) oggi sosten-gono che è indispensabile comunicare. E’ vero, si fa fatica oggi a trovare la

riprova concreta: non è questo il momento di massimo fulgore degli investimen-ti in questo campo. Ma credo che lo si debba imputare ad un “piccolo” feno-meno “accidentale ed estemporaneo”: la crisi economica. Una crisi che spinge tutti ad essere prudenti (anche se i soldi li hanno) o a rinunciare, a malincuore (se i soldi non li hanno).Ma (profetizzo) quando ne saremo usciti molte aziende si troveranno pronte a “recuperare” l’arretrato. Perché si sono convinte che la comunicazione conta.E c’è anche una valida argomentazione a sostegno di ciò.Stiamo vivendo un periodo incredibile. Tra il 1980 e il 2020 si sta verifi cando un capovolgimento totale della cultura della popolazione. Sino agli anni settan-ta il livello di scolarità superiore toccava appena il 15% delle persone. Oggi si valuta che nel 2020 arriveremo al 70%. Cosa vuol dire? Vuol dire che mentre prima la gente tendeva a “riconoscersi” in un riferimen-to più alto, e accettava quello che da lì derivava, col crescere della cultura e dell’istruzione, la gente prende coscienza e vuol capire.E quel rapporto che prima era di tipo verticale si trasforma in orizzontale. Io e te (azienda) siamo sullo stesso livello. E quindi devi smetterla di pensare solo a te stessa, ma voglio da te l’attenzione che merita un partner. Da qui il fatto che le aziende debbano comunicare non è più un’opzione, ma è un obbligo. Non solo. Diventa un obbligo fare una comunicazione corretta e convincente. Che mi faccia capire che quello che mi proponi non è solo un vantaggio per te, ma è una cosa buona e giusta anche per me. In un rapporto di parità, in cui non ci sia solo uno che ne trae vantaggio. Ma tutti e due.Ecco quindi che la comunicazione conquista il ruolo che è sempre stato suo: lo strumento per veicolare i messaggi, per far conoscere, per far capire, per convin-cere. Viene così ricollocata sul trono che le compete.Da qui la necessità, dopo aver deciso di comunicare, di imparare a farlo bene. Noi tutti sappiamo che una comunicazione fatta bene può dare dei buoni risul-tati e che una comunicazione fatta male dà certamente pessimi risultati.E allora attenzione. Ripassiamo i fondamentali, poniamo cura ai particolari, facciamola bene. Diamole quello che le serve perché tutti possano apprezzare e comprendere i contenuti. Senza equivoci. no2 - 2010 - dm&c 7

Sua Maestà la comunicazione

Ugo Canonici

[email protected]

Editoriale

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E’ la seconda volta nel giro di pochi mesi che mi ritrovo sul volo da Mila-no per Shanghai. Project manager per conto di una grossa multinazionale, sto seguendo il trasferimento di produzione di pro-dotti ad elevata tecnologia dall’Italia in Cina.Decollo da un aeroporto che sembra di provincia, semideserto, dove gli aerei con coda tricolore sono oramai una rarità e mi ritrovo in un mo-dernissimo ed efficiente aeroporto internazionale (Shanghai Pudong), l’unico al mondo ad essere collega-to con il centro città da un treno a levitazione magnetica, il maglev, di tecnologia tedesca che percorre oltre 40 km in 7 minuti, superando i 400 km/h.Il tempo è umido, grigio, piovoso ed anche abbastanza freddo per il perio-do ma la differenza di clima è subito forte e ti pervade, anche se ci vuo-le un po’ di tempo per capire di che cosa si tratti in realtà.Sono partito da una Milano con un cielo insolitamente limpido ed un tepore quasi già primaverile, ma qui si percepisce un’energia più positiva

che subito ti avvolge e ti coinvolge.Già all’aeroporto gli inservienti iniziano con entusiasmo a parlar-ti dell’expo che sarà inaugurato tra pochi mesi, dei grandi preparativi e delle aspettative. Sento di essere la “cavia” utilizza-ta per una sorta di prova generale dell’organizzazione e dell’ospitalità della città.

Non c’è solo l’expo

In ufficio, in fabbrica a Shanghai c’è un atteggiamento positivo, un gioco di squadra, motivazione, entusia-smo, pro-attività, velocità, impegno e tutti sono pronti a farsi carico dei lavori, delle attività e delle responsa-bilità che stanno aumentando grazie al trasferimento della produzione. “just do it” sembra lo slogan.Ho appena lasciato – a Milano - un atteggiamento triste e rassegnato, l’individualismo fa si che le persone si trincerino dietro secchi “it is not my job” (non è compito mio), la preoccupazione si sfoga sui colleghi ed alla fine produttività e risultati ne risentono inesorabilmente avvi-

-

Guido Montacchini

Cerchiamo di copiare anche noi qualche cosa dai ci-nesi. Il loro entusiasmo. Per passare dalla depressio-ne della recessione all’euforia del boom economico

L’atteggiamento positivo “comunica” positività...

Il contagio dell’entusiasmo

La Nota

dm&c - no2 - 20108

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tandosi in una spirale che diventa inconsapevolmente autodistruttiva (autolesionista?).Per strada a Shanghai percepisco la stessa energia: l’ebbrezza di un be-nessere scoperto da poco, la disponi-bilità e l’accessibilità ad ogni tipo di prodotto, utile o sfi zioso portano ad un consumismo euforico. E comunque mi assicurano che an-che qui si risente della crisi econo-mica mondiale, i consumi si sono ridotti e così pure i posti di lavoro in conseguenza della contrazione dei consumi occidentali di prodotti che oramai arrivano tutti da qui; il tasso di crescita del PIL è stato solo di poco meno del 9%!

Una voracità di competenza

C’è una gran voglia di fare, una vo-racità di competenza e di know-how, una disponibilità ad ascoltare ed una umile predisposizione a “lavorare”.Questo si contrappone ad uno stan-co e demotivato approccio al lavoro che si è da noi in occidente afferma-to a causa forse anche di un ingordo individualismo che ha portato tan-ti imprenditori alla ricerca di facili e veloci guadagni a muoversi verso oriente riscoprendo poi che l’impo-verimento economico e di compe-tenze del proprio territorio rischia di diventare un boomerang. I loro ex-dipendenti faticano a man-

tenere i consumi di prima ed il mer-cato orientale è dominato da impren-ditori locali che hanno imparato da loro il mestiere.A Shanghai è tutto un gran fermen-to, ci sono cantieri aperti 24 ore su 24 per 7 giorni a settimana e, con-trariamente ai luoghi comuni, tutti gli operai sono dotati di dispositivi di protezione quali caschi e imbraga-ture… a Milano una rarità.Mi trovo in compagnia di Inglesi, Finlandesi, Malesi tutti in fi la a tra-sferire la propria produzione in Cina. Mi sento un po’ come chi, persa una guerra, senza però nemmeno sape-re di averla combattuta, si ritrova a consegnare al vincitore le proprie ric-chezze più preziose: il proprio know-how, la propria tecnologia.Per fortuna però non è una guerra, è il libero mercato.Possiamo imparare tanto dai nostri colleghi cinesi e questo penso possa servirci da stimolo per crescere, mi-gliorare e competere lealmente.Un sazio torpore ed una miope pre-sunzione ci ha forse fatto credere di essere insuperabili, ora però è giun-to il momento di reagire e di uscire dalla spirale della “depressione per la recessione”.Spirito di gruppo, voglia di fare, en-tusiasmo, motivazione, creatività possono essere la ricetta per far pre-sto riprovare anche a noi l’euforia del boom economico. no2 - 2010 - dm&c 9

tandosi in una spirale che diventa tenere i consumi di prima ed il mer-

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Gli psicologi hanno chiamato così quel procedimento attraverso il qua-le il nostro pensiero tende a preferire concetti semplici, facili da definire e a considerare che essi siano decisa-mente più veri di quelli complessi e laboriosi.Qualcuno dirà: “Bella scoperta!”. E, in effetti, il principio sembra piut-tosto ovvio e intuitivo. Il problema è che spesso ha implica-zioni per lo meno inquietanti. Secondo un recente studio, le azioni di società che hanno un nome fa-cile da pronunciare e memorizzare risultano stranamente più efficienti di quelle che hanno denominazioni più complesse e meno fluide.

Affermazioni più vere

Altre ricerche confermano che le me-desime affermazioni, scritte in un ca-rattere più leggibile o facendo uso di assonanze o ripetendo più volte il concetto, vengono considerate più degne di fiducia, quindi più vere, di altre che, pur identiche nei contenu-ti, non si avvalgono di queste solu-zioni di tipo formale.

Spesso, insomma, quando scegliamo qualsiasi cosa, da un prodotto a un candidato politico, mettiamo in fun-zione il meccanismo di fluidità co-gnitiva che ci porta a scegliere la cosa più semplice e immediata o quella che si presenta o ”suona” meglio. Questo sistema rappresenta anche un naturale mezzo di difesa e di adat-tamento.

Economizzare le risorse

Infatti ci consente di utilizzare in modo economico le nostre risorse mentali in un mondo in cui le infor-mazioni sono numerose e continue e, spesso, richiedono tempi lunghi di riflessione. E molto spesso rischiamo di non ave-re questo tempo a disposizione.La fluidità cognitiva, in altri termini, confina con l’abitudine, la famigliari-tà. Se conosco già qualcosa, è inutile che mi rimetta a compiere un lavoro di rielaborazione già fatto, sprecando tempo ed energia: lo do per scontato. Tanto che alcuni studiosi fanno rien-trare anche il “déjàvu”, la sensazione inaspettata e inquietante di rivivere

Ugo D. Perugini

Spesso siamo portati a scegliere la cosa più semplice e immediata o quella che si presenta o “suona” meglio. Con un meccanismo inconscio

Fluidità cognitiva: di cosa si tratta?

Comunicazione

dm&c - no2 - 201010

[email protected]

Quasi un meccanismo di difesa

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momenti già vissuti, in questa fun-zione.

Cos’è l’effetto “prototipo”?

Da qui, discende l’altro fenomeno che potremmo defi nire effetto “pro-totipo”. In altri termini, se si chiede a delle persone di identifi care tra un certo numero di volti umani quello più in-teressante, o più bello, la gente tende a scegliere quello che riassume me-glio le componenti di tutti quelli che ha visto in precedenza. Insomma, le persone sono molto sen-sibili agli aspetti che riguardano la fl uidità e la facilità del pensiero ma, in genere, ignorano da dove questo meccanismo provenga e a quali risul-tati può portare anche in termini di manipolazione.Per far rifl ettere le persone usiamo si-stemi di comunicazione meno fl uidi.Ma vi sono anche modi per utilizzare a nostro vantaggio sistemi di comu-nicazione meno fl uidi e più comples-si (disfl uency). Ad esempio, proporre lo stesso pro-dotto utilizzando caratteri meno leggibili, testi più diffi cili può natu-ralmente renderlo meno famigliare ai potenziali clienti ma può far “sco-prire” loro aspetti più innovativi (an-che se in realtà non ne esistono).Quindi, alcuni studiosi sono convin-ti che comunicare in modo comples-so o diffi cile in certi casi può essere necessario per ottenere maggiore attenzione da parte dei fruitori, per evitare che essi compiano errori ba-nali e per costringerli a soffermarsi di più sul senso del testo.Un esempio può essere utile.

L’arca di Mosé

La domanda che segue è stata posta in un caso utilizzando un carattere di diffi cile lettura e nell’altro un font leggibilissimo: “Quanti animali di ogni tipo portò con sé Mosé sull’Ar-ca?” La maggioranza delle persone che ha risposto in modo corretto è

stata quel-la che l ’ a v e v a letta nella versione più “crip-tica”. La rispo-sta, come è noto, è “nessuno perché fu Noè a salire sull’Arca e non Mosé”. Fluidità cognitiva? Coinvolge mag-giormente le persone meno felici. Ma anche sulla fl uidità cognitiva c’entra in qualche modo la felicità. Le persone felici sono meno portate ad accettare il meccanismo di fl uidità cognitiva. Di solito, le cose sempli-ci sono tranquillizzanti, è vero, però anche banali, noiose. L’uomo felice preferisce aprirsi all’ignoto, scoprire cose nuove. Chi felice lo è meno si accontenta di soluzioni preconfezio-nate, che danno tranquillità. Cerca stabilità e un senso di sicurezza.

Nota

Ci rendiamo conto di aver solo “grat-tato la superfi cie” di questo tema così vasto della “cognitive fl uency” tanto per stimolare l’attenzione dei lettori e spingerli, se lo vorranno, ad appro-fondire le ricerche. Poiché sappiamo che ci leggono an-che molti universitari e laureandi su queste discipline riportiamo qui di seguito i nomi di alcuni dei nu-merosi autori che hanno affrontato questo argomento: Adam Alter, psi-cologo all’Università Stern School; Norbert Schwarz, psicologo all’Uni-versità del Michigan; Robert Zajonc (1923-2008); Piotr Winkielmann, psicologo presso l’Università della California San Diego; Daniel Oppen-heimer, psicologo presso l’Università di Stanford; Simon Laham, Universi-tà di Melbourne; Geoffrey Goodwin, università della Pensylvania; Law-rence Sanna, Università del North Carolina. L’articolo trae spunto da un saggio di Drake Bennett pubblicato sul Boston Globe del gennaio 2010. no2 - 2010 - dm&c 11

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Alcune si acquistano in edicola, mol-te solo su abbonamento. Sembrano vivere una vita in sottoto-no e invece godono di una vasta dif-fusione e lettori fedeli. Sono le pub-blicazioni tecniche e professionali, un settore vastissimo di circa 7mila te-state e 3mila case editrici. Elettronica oggi, Chimica news, M.D.Medicinae doctor, Impianti solari, Hotel doma-ni, Boxoffice, MobilityLab, Motoci-clismo: dai titoli si intuisce l’enorme ampiezza degli argomenti trattati, che, attraverso riviste professionali a tema e house organ, abbraccia ogni branca dell’economia. Due terzi dei lettori sono addetti ai lavori, operatori di tutti i settori, dal merceologico al commerciale, dal professionale allo scientifico. E’ una nicchia interessante, con un target mirato, fedele e spesso sensi-bile a pubblicità riferite al proprio settore, più appetibile quindi del-le riviste per il pubblico generico dell’edicola. La diffusione di alcune di queste pubblicazioni è invidiabi-le: Bargiornale vanta oltre 130mila copie, superata nel 2008 da Sapere e salute, oltre 628mila. Da sola la Lombardia movimenta 39 milioni di copie (26% del settore).

La funzione è la sua forza

La forza di questa stampa è nella sua funzione unica. Rappresenta infatti un importante strumento di forma-zione e aggiornamento, specie negli ultimi anni, in cui le aziende hanno fortemente ridotto, se non elimina-to, i corsi per il personale. Quasi la metà dei tecnici, secondo uno studio Astra-Doxa, dopo la scuo-la non usufruisce più di formazione, e il 45% di costoro si avvale delle riviste specializzate, meno dell’1% non le conosce. I lettori di queste testate sono quasi dieci milioni e la loro motivazione principale è pro-prio l’aggiornamento, a pari merito con la necessità di conoscere il parere di esperti ed operatori del ramo, ma sono importanti anche il compren-dere l’evoluzione del settore ed esse-re informati sulle innovazioni tecno-logiche e scientifiche. Le case editrici interessate sono molte e di varia ori-gine, dal settore fieristico all’associa-zione di categoria, all’azienda, all’en-te pubblico o privato.Anche questa stampa però risente della crisi. Dal 20 al 30% il calo dei ricavi pubblicitari, con forti sbalzi tra i settori (di più per tessile,-50%,

Grazia De Benedetti

Si tratta di un fenomeno silenzioso, ma le pubbli-cazioni tecniche e professionali hanno una gros-sa diffusione. E soprattutto una grande utilità

Toccate dalla crisi ma reattive

La stampa dell’idraulico e del dottore

Comunicazione

dm&c - no2 - 201012

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informatica, meccanico, regge il me-dicale), -5% sulle diffusioni. Le conseguenze? Contrazione di tira-ture e uscite, testate dismesse, taglia-te o cedute a nuovi editori, fusioni o assorbimento di editrici.Le case editrici confermano.

Reagire alla crisi

Andrea Ferriani, titolare dell’Editoria-le Delfi no di Milano, dalla fi ne degli anni ’40 riviste di energia, ma non solo, ed editoria: -Le aziende hanno tagliato drasticamente i budget di pubblicità, ma gli abbonamenti han-no “tenuto”, perché i professionisti necessitano di essere aggiornati. I settori più in sofferenza sono quelli meno di nicchia. Non abbiamo chiu-so testate, ma abbassato periodicità e foliazione. Il futuro non è roseo, le prospettive di crescita previste dagli organi uffi ciali non sono reali. La crisi è diminuita ma non fi nita e spero che con la fi ne dell’anno si fer-mi. Il problema è la conseguenza sui posti di lavoro: lì purtroppo avremo ancora brutte sorprese-. -L’azienda ha dovuto rivedere le pro-prie strategie. -dichiara Alessandro Cederle, amministratore delegato di Reed Business Information, rinnova-tasi in content-company di informa-zione e comunicazione B2B con tre unit digitali ad affi ancare l’editoria, che ha subito nel 2009 un -30% del fatturato pubblicitario. -Abbiamo ri-dotto il numero delle testate cartacee per concentrarci su 13 riviste di rife-rimento, e puntiamo sul comparto online, che già nel 2009 garantiva più del 30% del fatturato e quest’an-no dovrebbe contare per oltre il 50%, il che ci porrebbe probabilmente all’avanguardia nel settore. La crisi economica passerà presto. Con la nostra fi nestra privilegiata sui settori industriali e di servizi, possia-mo dire che se le cose ancora non migliorano, se non altro non stanno più peggiorando-. La Edifi s, dal 1996 attività editoriale e convegni, riscontra un calo della

pubblicità di circa un 15%, mentre reggono gli abbonamenti. La contrazione si è distribuita in modo equanime sulle testate, ma nessuna ha chiuso. La tenuta miglio-re è della rivista leader, Ristorando. In programma strategie per un rilancio delle testate con rivisitazione del fi le dei destinatari, aumento della tiratu-ra, nuovi piani editoriali, in partico-lare l’assetto del settore vendita, con l’acquisizione di agenti. Quest’an-no è di assestamento, si confi da nel 2011 per un rilancio.

Sempre più online

Sui siti, i livelli di modernizzazione sono molto diversi e quindi le conse-guenze. La Delfi no non li vede come soluzione, bensì come supporto al core business. -Finché si studierà con il cartaceo, le testate sopravviveran-no-. afferma Ferriani. La Edifi s non vi ha investito in parti-colare, ma lo farà in futuro, perché con-siderati uno sbocco di grande interesse. Invece i siti della Reed Business Infor-mation continuano a crescere, ma non con modelli edito-riali traslati: -Il mo-dello va cambiato con organismi del tutto nuovi. -dice Cederle -Il nostro portafoglio di pro-dotti ha già un doppio baricentro, sull’editoriale clas-sico, consolidato su riviste autore-voli, e sul digitale. Questo moltiplica le possibilità di co-municazione e fa leva sulle tecnolo-gie e sull’enorme patrimonio di con-tenuti, per scoprire

Per Gisella Bertini Malgarini, presidente ANES, il problema per l’editoria specializza-ta è delicato: oltre alla crisi, deve fare i conti con la trasformazione verso i new media, che esige investimenti importanti e a 360°: -Non è, come per i quotidiani, questione di concor-renza, ma di innovazione, sia tecnologica che di personale dedicato, per trovare un nuovo ruolo. Da osservatorio anche internazionale, rileviamo che il B2B è favorito: è una stam-pa che ha già una community di riferimento, non deve affermarsi, ma trovare il proprio spa-zio, che comprenda i new media. La diffi coltà quindi è l’investimento ma anche il “riformu-larsi”, fatica enorme in un settore di piccole aziende a imprenditorialità diretta, poche a livello manageriale.Il cartaceo è un costo, ma resta la fonte prin-cipale. I new media sono una scommessa, lo strumento per il rilancio: valorizzano il pro-dotto stampato, che però dev’essere buono. Dalla crisi si uscirà, ma il mercato farà sele-zione, è la nuova ottica a imporla-. Il livello attuale è molto disomogeneo, come siti, ma anche come approccio. L’Anes ha istituito un gruppo, New Media, che offre consulenza ai suoi associati, così come un Forum annuale di aggiornamento.

Su due fronti

informatica, meccanico, regge il me- pubblicità di circa un 15%, mentre informatica, meccanico, regge il me- pubblicità di circa un 15%, mentre informatica, meccanico, regge il me-informatica, meccanico, regge il me- pubblicità di circa un 15%, mentre pubblicità di circa un 15%, mentre pubblicità di circa un 15%, mentre

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nuovi modi di dare valore all’infor-mazione. L’utente business, diversa-mente dal consumatore, è disposto a pagare per una informazione anche liberamente disponibile, se il canale, la modalità e la tempistica di eroga-zione creano valore rispetto ai suoi obiettivi-.-Nel 2010 l’advertissement tradizio-nale sarà ancora in flessione sul 2009 di un 5/10%: anche se ora le azien-de tornano a investire, si risente del vuoto del 2009. -Dice Gisella Bertini Malgarini, presidente ANES, Associa-zione Nazionale Editoria Periodica Specializzata, che con l’Uspi rappre-senta la categoria. -Si vedono invece i risultati della comunicazione web e di altre tecnologie. La mia Bo-Ma ha già ricavi da Internet. “Quattro ruote” non vende più riviste come prima, ma ha fatto un software che calcola i preventivi. Bisogna im-parare a elaborare il proprio patrimo-nio, i contenuti, in termini nuovi. Il 10% perso in pubblicità lo si acquista in altri modi, eventi, film, servizi: se prima erano gratis, ora non possono più esserlo-.Anche per Massimo Giordani, CEO Time&Mind e docente all’Università di Torino, la multicanalità non so-stituisce la carta ma, utilizzata come piattaforma, ne amplifica le poten-zialità. Importante l’ecosistema digi-tale, non un semplice sito, ma una rete complessa di applicazioni, capa-ce di stringere relazioni tra gli utenti,

che l’editoria specializzata potrebbe utilizzare per rendere accessibili i suoi tesori di contenuti. Da capire è come crearlo, con la sua enorme serie di connessioni, capaci di auto-generare e modificare di continuo le proprie regole.

Cambiamento necessario

-Bisogna evitare di illudersi. -dice Ce-derle -Non si tornerà più allo status quo ante. Emergeranno nuovi modi di fare informazione e comunicazio-ne e noi contiamo di trarne benefi-cio-.Per gli esperti il cambio di marcia è su tre sfide: reingenierizzare processi e modelli organizzativi; rinforzare la relazione con imprese e lettori; mo-dernizzare, passando da case editrici a imprese di comunicazione multi-mediali. Bisogna investire sui temi forti, stu-diare le community di riferimento, cercare nuovi servizi, perseguire un “concept” editoriale basato sulla col-laborazione.Tutti d’accordo con Gisella Bertini Malgarini: -La crisi dell’editoria car-tacea è un processo mondiale lento, epocale, verso l’informazione elettro-nica. La crisi economica ha accelera-to e acutizzato una crisi strutturale in corso da anni, che forse avremmo sottovalutato. Ora dobbiamo affrontarla con gran-de determinazione-.

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da vendita libri, oggetti, servizi online

vendita abbonamenti online

aggiorna più volte al dì/settimana/mese

ha pubblicazioni solo on line

ottiene ricavi dal proprio sito

vendita abbonamenti riviste cartacee

50% 100%Diffusione siti

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In questo numero di dm&c trattiamo diffusamente il tema della relazione tra il momento della crisi del sistema economico e del necessario interven-to dello Stato. E soprattutto del Ministero del Wel-fare in particolare, e della rete solida-le presente nel nostro Paese.Abbiamo quindi chiesto direttamen-te al Ministro del Welfare e del lavo-ro, Maurizio Sacconi, e al Direttore Generale del Terzo Settore, Marina Gerini una riflessione sui nessi tra Comunicazione, o meglio, tra buona comunicazione e il compito istitu-zionale del Ministero.

Quale peso

E’ importante non solo recepire dalle pagine dei giornali e dalle informa-zioni TV come vanno o non vanno le cose, cosa si fa per migliorare la situazione e quali sono gli strumen-ti e gli interventi predisposti per superare le crisi, ma lo è altrettanto comprendere quale sistema di Co-

municazione, quale peso ha avuto la Comunicazione nella relazione del Ministero del Welfare, gli stakehol-ders e i cittadini.Senza una riflessione sulla bontà o meno della Comunicazione ben dif-ficilmente si può ragionare sulla effi-cacia degli interventi. Essi infatti, come si è visto nelle varie polemiche giornalistiche, vivono in modo eccessivo della interpretabilità che tiene sempre un occhio rivolto alla politica. Così cercare di lavorare per cogliere opportunità, fare della politica so-ciale produttiva, non risulta un “me-stiere” semplice, anzi si tratta spes-so di cosa molto complicata, di un compito complesso, che in più deve spesso sottostare ad “agguati” di di-storsione e ‘rumors’ che possono es-sere sempre presenti.

Grande complessità

E’ il tema della complessità che ac-compagna sempre il lavoro di chi go-

Bruno Calchera

Una buona comunicazione, anche sui temi com-plessi delle provvidenze sociali che sono a disposi-zione della collettività, facilita la vita al cittadino

Interviste al Ministro e al Direttore Generale del Ministero del Welfare

Focus su welfare ecomunicazione

Comunicazione e Welfare

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verna e di chi fa opposizione. In tutto questo possono entrare an-che distorsioni che vivono i media, generalisti o di settore.Il che rischia di creare una comples-sità che rende diffi cili gli accessi, alle provvidenze sociali presenti nella le-gislazione, da parte del cittadino.

La buona comunicazione

Facilitare la relazione nella Politica Sociale è un compito della buona co-municazione. Al cittadino infatti non è forse suf-fi ciente solo uno spot pubblicitario ben riuscito, ma è necessaria una stabile relazione, fatta di contatti, di relazioni agli URP, di modulistica, di utilizzo di media, di mix di strumen-ti che si rendono indispensabili per mostrare le diverse facce della solu-zione al problema emergente.Spesso ben si comprende che tutto

non è risolto o risolvibile, ma com-prendere i contorni esatti è compito della buona comunicazione.Comunicare bene è indispensabile ma spesso non risulta facile.Questo approfondimento è apparso utile anche al nostro giornale che non cessa di porre domande e cer-ca insistentemente tracce di Buona Comunicazione. Anche per indicare strade possibili o sollecitare gli inter-locutori ad una maggiore attenzione a comunicare bene al fi ne di miglio-rare la relazione cittadino-istituzio-ne.Per far sì che si possa colmare il vuoto dell’assenza di notizie utili, di poca sensibilità al bisogno.Tutti sappiamo infatti che la relazio-ne sociale viene facilitata utilizzando bene vari modi di comunicazione, strumenti che convoglino l’attenzio-ne sulle buone pratiche fortemente condivise.

Il Suo Ministero è importantis-simo perché attraverso i suoi interventi di politica sociale si rivolge speso direttamente ai cittadini, coglie e tende a ri-solvere i loro problemi, avvia nuove prassi tali da migliora-re, nelle diverse situazioni con-giunturali, il sistema di welfa-re e le condizioni sociali per un miglior sviluppo del paese.Per questo il tema “Comunica-zione”, riteniamo, sia tra quelli più sentiti anche da Lei. La Comunicazione giusta e cre-dibile è un fattore decisivo al

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Una domanda al Ministro Maurizio Sacconi

Maurizio SacconiMinistro del Lavoro e delle Politiche Sociali

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fine di raggiungere i risultati desiderati. Come valuta il ruolo del siste-ma della Comunicazione nel Suo ministero?

La comunicazione istituzionale, so-prattutto in un Ministero come quel-lo che presiedo aperto a una platea molto ampia di portatori di interes-se, ricopre un ruolo decisivo per as-solvere alla responsabilità pubblica di un politico. All’inizio del mandato di governo, il Presidente Berlusconi aveva deciso di tenere sotto lo stesso cappello le de-leghe del lavoro, della salute e delle politiche sociali, costituendo il Mini-stero del Welfare. Ancora oggi, pur avendo perso la delega alla salute, insieme al collega Fazio, stiamo pro-vando a mantenere, data la coerenza delle materie che trattiamo, una uni-tarietà nella nostra azione. I cittadini, infatti, sono sempre ri-masti disorientati dalla frammenta-zione dei servizi e della comunica-zione pubblica su temi affini come l’inclusione nel mercato del lavoro e la previdenza, la salute e l’assistenza sociale. Si tratta di ambiti di bisogno che in-sistono in modo integrato sulla vita di una persona e per tale motivo de-vono essere affrontati sotto una regia coordinata quantomeno nell’impo-stazione di fondo.

Tre assi

Ci stiamo muovendo, in particolare, su tre assi di comunicazione istitu-zionale: uscite pubbliche del Mini-stro, Portale del Welfare e Casa del Welfare. Ogni volta che intervengo pubbli-camente tento di evidenziare come esista nella nostra azione una stra-tegia unitaria che tiene insieme tut-ti gli aspetti del Welfare: pensiamo, per esempio, come sono legati gli ammortizzatori sociali alle politiche a sostegno della non autosufficien-za nell’equilibrio di una famiglia.

Abbiamo poi prodotto un nuovo Portale del Welfare dove è realizzata una integrazione comunicazionale tra lavoro e politiche sociali: rice-viamo ottimi feedback dall’utenza e soprattutto in questo periodo di cri-si economico-sociale, il sito internet sta giocando un ruolo di grande uti-lità per trasmettere informazioni in modo veloce e sicuro per i cittadini. Infine, la Casa del Welfare: si tratta del tentativo di integrare a livello territoriale i servizi del Ministero, comprendendo gli enti ad esso col-legati come quelli previdenziali, con-centrandoli in un unico punto di accesso.

La velocità del mondo

Vista la velocità con la quale si muo-ve il mondo, siamo chiamati ad ade-guarci in termini di strumenti di co-municazione. Internet, la telefonia cellulare, la tecnologia digitale ed interattiva rappresentano tutti nuovi orizzonti su cui la comunicazione pubblica, sia essa politica o istituzionale, deve confrontarsi. Pensiamo al ruolo che hanno avuto i social network nella vittoria di Oba-ma alle presidenziali Usa: anche in Italia dobbiamo sperimentare queste nuove forme di rapporto con i citta-dini e gli elettori.I mass media moderni hanno una potenza straordinaria in termini di impatto sulla popolazione. Ciò che si registra in Italia è purtrop-po un loro utilizzo spesso improprio. Politica, magistratura, centri di po-tere economico, sindacato, solo per citare alcuni attori della nostra vita sociale, tentano di condizionare l’opinione pubblica con metodi di comunicazione a volte disinvolti. Su tutto, pensiamo alla pubblicazio-ne barbara delle intercettazioni tele-foniche che ci porta ad abitudini da stato di polizia anziché di diritto. E’ necessaria una rinnovata respon-sabilità, un patto tra comunicato-ri e chi si serve dei mass media per dm&c - no2 - 201018

Comunicazione e Welfare

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ristabilire un giusto equilibrio nella comunicazione.

Frenetica e sintetica

Data la velocità che ci permettono i nuovi mezzi a nostra disposizione, la comunicazione è frenetica e spes-so troppo sintetica, per slogan, non avendo il tempo di analisi e di dibat-tito approfondito. In questo si perde qualcosa, si lasciano indietro pezzi importanti del messaggio che si vor-rebbe veicolare. La politica, invece, ha bisogno anche di rifl essione, di confronto costruttivo, libero dall’esi-to di un condizionamento immedia-to dell’opinione pubblica, di guada-gnare un punto di notorietà per poi perderlo un attimo dopo. In questo chi fa informazione è chiamato a una grande responsabilità: far capire

alla gente cosa stia accadendo, dif-fondere informazioni certe di cui sia verifi cata la fonte, governare un di-battito pubblico sui binari della chia-rezza e del rispetto. Troppo spesso i primi ad accendere fuochi di scontro sono proprio giornalisti e conduttori tv, in cerca anche loro di un attimo di gloria. L’Italia ha bisogno di ri-conquistare un campo di confronto pubblico dove esistano regole condi-vise e rispettate, di riscoprire il ruolo educativo dei mezzi di comunicazio-ne, di non confondere la libertà di espressione e di informazione con l’anarchia. Ogni libertà si deve muovere, per non diventare sopruso del più forte sul più debole, nell’alveo della re-sponsabilità al fi ne di garantire il ri-spetto della persona e delle regole di convivenza.

La Sua Direzione Generale ha un rilievo di notevole impor-tanza: si può ipotizzare una sorta di grande riferimento per il mondo delle Associazioni e in generale del Terzo Settore. Il ruolo della Comunicazione è decisivo per valorizzare questo settore. Quale è il Suo pensiero?Quali sono i canali di sviluppo, di relazione tra la sua Direzio-ne generale e questo mondo? no2 - 2010 - dm&c 19

Qualche domanda al Direttore Generale del Terzo Settore al Ministero del Lavoro, Marina Gerini

Marina GeriniDirettore Generale del Settore Volontariato e Associazionismo del Ministero del Lavoro e del Welfare

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La mia Direzione Generale, anche at-traverso i due Osservatori Nazionali del Volontariato e dell’Associazioni-smo, ha tra i suoi compiti istituziona-li la promozione e l’attuazione delle politiche relative al Terzo settore.E’, questo, un mondo variegato ed eterogeneo; perciò credo nel fonda-mentale contributo della comunica-zione nel favorire conoscenza, scam-bio di buone pratiche, informazione e anche formazione, dal momento che lo sviluppo passa anche per una crescita culturale e progettuale.

Oggi si privilegia Internet come soluzione del necessario compi-to di comunicare con il cittadi-no. Però anche il Web diventa uno sportello cui accedere ed è spes-so faticoso trovare la via giusta e spesso si trovano gli stessi li-miti dello sportello burocrati-co. E’ fondamentale, in ogni modo, avere un sito accessibile, in li-nea cioè con la Legge Stanca. Le pare sufficiente questo cana-le informativo o pensa alla ne-cessità di altri canali informa-tivi e di approfondimenti? Ha dei suggerimenti?

La P. A. sta percorrendo, seppur len-tamente, la strada del web, proprio con lo scopo di essere più vicina ai cittadini. Tra gli strumenti che la mia Ammini-strazione mette a disposizione degli utenti in aggiunta al sito istituzio-nale (www.lavoro.gov.it) ce n’è uno nato da poco: “Terzosettore”- Portale nazionale dedicato al mondo del vo-lontariato e delle organizzazioni non profit (www.trezosettore.lavoro.gov.it). In collaborazione con l’Istituto per gli Affari Sociali, cui è demandata la gestione redazionale e l’organizza-zione dei contenuti, si è voluto porre

in essere uno strumento per infor-mare formare, condividere. Stiamo lavorando per offrire non solo un servizio utile, ma anche un luogo di incontro e di dialogo tra le piccole e grandi realtà del Terzo settore e tra queste e l’ Amministrazione.

La comunicazione serve ad in-formare delle iniziative che si fanno, le risposte della Sua Direzione Generale al mondo dell’Associazionismo. Quali difficoltà incontra a veri-ficare se il suo messaggio è stato ben percepito? Che ruolo svolge il Suo Ufficio Stampa?

Spesso la conoscenza approfondita delle procedure amministrative, in realtà molto più complesse del risul-tato che si vuole ottenere, è patrimo-nio degli “addetti ai lavori”. Questo ha una ricaduta negativa soprattutto quando si affrontano temi di forte impatto sociale in quanto rende par-ticolarmente impegnativa non solo la trasmissione, ma anche la ricezio-ne di messaggi corretti.

La rete degli stakeholder è im-portantissima per avvicinare la risorsa al bisogno. Come la Comunicazione diffusa può far crescere la capillarizzazione delle informazioni e delle op-portunità?

La rete degli stakeholder è fonda-mentale. Nella nostra esperienza at-traverso gli Osservatori del Volonta-riato e dell’Associazionismo abbiamo rapporti con organizzazioni di II e III livello ove la comunicazione dovreb-be avere ricadute “a cascata”su tutti i soggetti interessati. Basti pensare alla rete di CSVnet o al Forum del Terzo Settore, casi in cui questa dinamica ha dimostrato la sua efficacia.

Comunicazione e Welfare

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Se dovesse fare una scelta, quale messaggio, secondo Lei non ha avuto quella rilevanza pubbli-ca che Ella si aspettava e qua-le invece ha avuto una ripresa interessante, e come giudica i media oggi: anche Lei pensa che la Buona Notizia non è una notizia?

Spesso è la cattiva notizia che viene preferita perché fa eco. Anche una buona notizia può essere trasformata da buona in cattiva. Un esempio per tutti: in tema di “5 per mille”, la stampa ha considerato colpevole ritardo dell’Amministra-zione il pagamento, avvenuto nel novembre 2009, delle somme devo-lute dai contribuenti ad alcune orga-nizzazioni nel 2006. In realtà queste organizzazioni era-no state escluse perché non avevano comunicato (o lo avevano fatto scor-rettamente) i dati necessari per con-sentire il pagamento. Solo attraverso il “milleproroghe” del marzo 2009 è stato possibile ri-ammetterle, a condizione che sanas-sero la loro posizione entro il luglio dello stesso anno.L’aver erogato il contributo entro il 2009 avrebbe, perciò, dovuto essere considerato una conquista per i be-neficiari, più che un ritardo dell’Am-ministrazione.

Tranne rarissime eccezioni non esistono media dedicati al Volontariato e all’Associazio-nismo ( cito l’ottimo lavoro di Riccardo Bonacina, che resta un caso nazionale abbastanza isolato), anche lei percepisce questa assenza di media dedi-cati?

Ho notato un interesse crescente dei media sui temi di natura sociale, di-mostrato dal proliferare di media de-

dicati, anche se a livello locale. Pen-so che sia naturale, in un momento di crisi sociale ed economica come quello che stiamo attraversando, av-vertire ancora di più il valore della gratuità dell’azione sussidiaria delle organizzazioni del Terzo settore.

dm&c riserva sempre due pa-gine al Terzo Settore, gratuita-mente, da molti anni. Il costo della Comunicazione è spesso molto alto. Intende operare con gli edi-tori al fine di far crescere una mentalità che possa favorire le grandi risorse sociali presenti nel paese attraverso l’informa-zione, la conoscenza delle op-portune occasioni di sviluppo e di buone pratiche come model-li virtuosi da imitare?

La crescita del mondo del Terzo set-tore è un dato di fatto in questo mo-mento storico. Lo stesso Libro Bianco del Ministro Sacconi ne parla come punto di forza del nuovo modello sociale che si va delineando, in cui è attore primario nella tessitura di reti sociali in grado di rispondere in maniera puntuale alle esigenze del territorio. In questo quadro comunicare quan-to si fa assume importanza fonda-mentale, anche a fronte di costi ele-vati. L’Unione Europea ha dedicato l’anno 2010 alla lotta alla povertà e all’esclusione sociale, l’anno 2011 al volontariato e sono aperte le con-sultazioni per dedicare l’anno 2012 all’invecchiamento attivo ed inter-generazionale: tre anni incentrati sull’attenzione alle fragilità sociali, durante i quali siamo chiamati ad intervenire con azioni concrete e che molto ci aiuteranno a far cresce-re una nuova cultura di valorizza-zione delle positività che vengono dal sociale. no2 - 2010 - dm&c 21

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Su dm&c ho già richiamato l’atten-zione sulla necessità di ricercare e ac-quisire nuovi Clienti.Oggi, all’alba del 2010 nel settore delle vendite constatiamo che la crisi perdura.

1. IL MERCATO

• Aumentate le Aziende che of-frono lo stesso tipo di prodotto o servizio.• Aumentata la competizione (Prezzi e concorrenza).• Accorciati i cicli vitali dei pro-dotti.• Innovazione lenta.• Mercato più reattivo e più ag-gressivo.• Globalizzazione dei mercati.• La domanda in molti settori si è stabilizzata rispetto all’offerta, o si è ridotta. Non era così da tem-po. Molte Aziende producono sul venduto.

2. IL CLIENTE

• Più informato e più esigente.• Meno fedele.

• Segmenti della Clientela più di-somogenei e meno prevedibili nei comportamenti di acquisto.• Pagamenti dei Clienti rallentati o difficoltosi.• 2008 - 2009: minori acquisti da parte del Cliente.• Acquisti rimandabili e riduzione delle quantità acquistate.• Aumento dei Clienti persI.• Ridotta l’acquisizione di nuovi Clienti.

3. IL VENDITORE

• Cambia il mercato in cui opera.• Cambia il comportamento del Cliente.• Ha perso dei Clienti (Oppure ora inattivi).• Trova difficile ricercare ed acqui-sire nuovi Clienti.• Ha una visione negativa (pessi-mistica) sul Cliente (Sente il NO prima di visitare il Cliente).• Ha difficoltà a gestire il cambia-mento (Ho sempre fatto così, per-ché dovrei cambiare?).• Nell’attuale attività di vendita

Mario Silvano

Cambia il mercato. Cambiano i Clienti. Anche le esigenze cambiano. Potrebbe non cambiare la formazione per il personale di vendita ?

E deve necessariamente cambiare il modo di vendere

La situazione nelle vendite oggi

Marketing

dm&c - no2 - 201022

-Mario Silvano è unanimemen-te considerato il più importan-te tra i formatori e i consulenti italiani di manager nell’area vendite(Dal libro “Come ottenere il massimo dalle vendite” - Edi-tore Franco Angeli - Milano, 2005)

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segue le abitudini e la routine del passato.• Gli pesa una visita con insucces-so.• Viaggiare costa e assorbe più tempo.• Il sistema premiante, spesso la sola provvigione, non lo remu-nera quando non vende. Svolge alcune attività che non sono sem-pre retribuite.• Potrebbe tornare da Clienti già visitati, ma non ha nuovi argo-menti, nuovi prezzi, nuova e ori-

ginale documentazione.• I guadagni sono ridotti ed è dif-fi cile fare carriera.• Tecnologia informatica certo utile ma scarsa è la dotazione, o diffi cile senza assistenza.

4. LA SITUAZIONE SULLA FORMAZIONE

• Il 70% delle imprese avvia pro-grammi di formazione solo ed esclusivamente se ha accesso al fi nanziamento.• Varie offerte formative non sono comprese, e quindi non ac-cettate.• Si è investito molto negli anni ’90 sulla formazione del persona-le di vendita. Oggi si ritiene che non più del 10% di questi investi-menti si è tradotto in competenze nella trattativa di vendita.• Troppi insegnamenti (regole), poco apprendimento.• Una vecchia ricetta per un nuo-vo scenario non sempre è utile

no2 - 2010 - dm&c 23

CHE COSA È IL METODO COACHING NELLA FORMAZIONE ALLA VENDITA?

1. Il Coaching nella Vendita è un metodo che ha l’obiettivo di aiutare il Vendi-tore a superare gli ostacoli che riducono il miglioramento dei suoi risultati.

2. Il Coaching nella Vendita è la capacità di aiutare il Venditore nel processo di apprendimento, innovazione e cambiamento favorendo l’autostima e orientando le capacità.

CHE COSA È RESTATO DOPO IL CORSO?

DOPO 3 SETTIMANE DOPO 3 MESI

60 % 10 %

72 % 32 %

TIPO DI CORSO TRADIZIONALE (INSEGNAMENTO)(TECNICHE DI VENDITA)

TIPO DI CORSO SPECIALISTICOCON SPERIMENTAZIONIIN AULA E SUL CAMPO

segue le abitudini e la routine del

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La costruzione di una buona relazio-ne si sviluppa attraverso diverse fasi, la prima tra queste è “l’accoglienza”. Con questo termine non s’intende solo sincera cordialità e attenzione, ma anche una consapevole gestione di tutti quegli elementi che possono influenzare l’ipotetico interlocutore. Diversi studi hanno dimostrato che sono i primi secondi di un approccio ad originare simpatia ed antipatia, consenso o rifiuto, in sintesi in po-chi attimi “ci giochiamo” la nostra immagine e professionalità.Ancora prima d’iniziare l’interazione vera e propria, un insieme di elemen-ti comunicativi di tipo non verbale, determinano la formazione della “prima impressione”, cioè quell’im-magine di una data persona che strutturiamo nel momento in cui la incontriamo la prima volta.Si tratta di impressioni che si creano a livello percettivo ed emotivo, pos-sono condizionare tutta l’interazio-ne perché delineano la costruzione di credenze personali che il soggetto difficilmente vorrà modificare, anzi il suo obiettivo sarà orientato alla ri-cerca di dettagli che confermino to-

talmente la sua idea iniziale, dando vita a una vera e propria “profezia che si autodetermina”.Ad esempio, se proviamo “un’istin-tiva” avversione verso una persona, il nostro saluto sarà distaccato, lo sguardo sfuggente, nessun sorriso, uno spazio prossemico ampio, una tensione muscolare accentuata; il nostro interlocutore contraccambie-rà il nostro approccio difendendosi e chiudendosi alla relazione. L’effetto finale sarà che avremo avuto confer-ma dell’incompatibilità caratteriale, senza renderci conto che è stato pro-prio il nostro comportamento a cau-sare la chiusura del rapporto.

Senza parlare

Gli ingredienti che determinano la formazione della prima impressione sono la comunicazione non verbale statica e la comunicazione non ver-bale dinamica.La prima (statica) è legata al nostro apparire estetico: capelli, trucco, l’ab-bigliamento, accessori. È l’aspetto più controllabile della comunicazio-ne perché possiamo decidere di mo-

Ivonne Porto *

“Solo i superficiali non giudicano dalle apparenze” (Oscar Wilde)

Ancora prima di iniziare una interazione si genera la “prima impressione”

Accade tutto in pochi secondi

Comunicazione

dm&c - no2 - 201024

-*Consulente aziendale

[email protected]

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dificarlo a seconda della situazione che dobbiamo affrontare. Ma spesso la percezione che abbiamo della no-stra immagine non coincide con la visione che trasmettiamo agli altri. In questo caso è importante porre at-tenzione alla reazione del prossimo e cambiare quello che risulta sconve-niente in quel contesto.

Adattare l’immagine

Adattare la propria immagine alle di-verse circostanze lavorative non vuol dire perdere la propria individuali-tà, ma avere una buona flessibilità e capacità di percepire le necessità del momento. Ogni persona, vuole sentirsi accettata e apprezzata e que-sto avviene anche quando vengono soddisfatte le aspettative che quella specifica condizione richiede. Possono creare dei problemi sia un look troppo perfetto/preciso che ge-nera un senso di rigidità e distanza, sia uno trasandato e trascurato che rimanda ad una poca attenzione ver-so se stessi e gli altri.La seconda (dinamica) comprende: la gestualità, mimica, facciale, la ge-stione dello spazio prossemico, lo sguardo, gli aspetti paralinguistici, cioè tutti quegli elementi che prece-dono l’interazione di tipo verbale. Il corpo comunica, quando proviamo un’emozione, il nostro sistema ner-voso reagisce, gesti e atteggiamenti precedono, oppure celano, le parole che vorremmo pronunciare, espri-mono pensieri e intenzioni a volte lontani da quelli realmente espressi.La gestualità può essere suddivisa in tre categorie: gli atti di scarico di ten-sione, i segnali di gradimento o rifiu-to, gli atti iconici.Gli atti di scarico di tensione sono tutti quei gesti che denotano uno stato d’ansia o emozione negativa, i segnali di gradimento o rifiuto sono quelli che indicano una sensazio-ne piacevole o sgradevole, gli atti iconici si riferiscono ad azioni più complesse che, attraverso la mani-polazione di parti del proprio corpo,

abbigliamento o alcuni oggetti, ci danno una raffigurazione visiva di come l’interlocutore vive la relazio-ne con noi. Per mimica facciale s’in-tende il riconoscimento delle nostre emozioni attraverso l’espressione del viso. Nel corso di qualsiasi interazio-ne, l’ammiccamento è un’importan-te componente di rinforzo della co-municazione, fra i vari cenni mimici del volto, il sorriso sincero, è un fat-tore positivo che stimola simpatia.La prossemica, postulata negli anni settanta dall’antropologo america-no Edward Hall, studia il compor-tamento territoriale degli animali e rapporta questo, alle modalità d’in-terazione degli esseri umani. Lo stu-dioso, individua quattro zone spazia-li interattive caratterizzate da norme, aspettative e comportamenti diversi che variano da cultura a cultura.

Mantenere la distanza

In Italia, dove i contatti sono più in-timi, la scelta della distanza da man-tenere è indice della tipologia di re-lazione che vogliamo avere, ma dal momento che è un elemento sogget-tivo è importante riconoscerla e non violarla. Lo sguardo è un contatto vi-sivo potente regolato in base al sesso, status e intimità e natura della rela-zione. È qualcosa che non andrebbe mantenuto per tutto il corso dell’in-terazione, perché stimola nell’altro un senso di sfida ed invadenza, ma intervallato in modo armonico.Gli aspetti paralinguistici, nella for-mazione della prima impressione sono quelli che intervengono per ultimi, quando si inizia a parlare. Essi sono: il volume, timbro e tono di voce e devono essere modulati in modo da essere sintonici con il resto del corpo. L’effetto “prima impres-sione” è “il nostro biglietto da vi-sita”, può quindi rappresentare un notevole supporto se vogliamo cre-are un clima piacevole e distensivo, coinvolgere il nostro interlocutore, così come essere un forte limite, se trascurato. no2 - 2010 - dm&c 25

Dal libro: “La terapia dell’azienda malata” – Nardone – Mari

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Internet ed i Social media rappre-sentano un cambiamento epocale nel modo in cui la gente apprende e condivide informazioni e contenu-ti. Sono strumenti a basso costo che permettono a chiunque di pubblica-re ed avere accesso ad un mondo di informazioni . Un’enorme comunità globale si in-contra nella rete per informarsi, con-sigliarsi, per esprimere opinioni e valutazioni, per raccontare esperien-ze e suggerire soluzioni.Il “Fai da te” diventa il nuovo cre-do, così come la convinzione che tutti possono fare e dire tutto senza le conseguenze che il fare ed il dire comporta. Infatti se da un lato i social media permettono di ottenere una audien-ce globale con una velocità di infor-mazione impareggiabile rispetto ai sistemi tradizionali, dall’altro lato rappresentano un mondo in cui competenza e professionalità sono parole spesso poco considerate. E’ uno stile di vita e di pensiero diffu-so con il quale è necessario confron-tarsi in tutti gli aspetti della nostra vita professionale e non.

Siamo diventati una Società dove tut-ti si sentono un po’ “Esperti” secon-do la defi nizione dell’ Economista e Sociologo tedesco Max Weber per cui “ Un esperto è una persona che sa sempre di più su sempre di meno, fi no a sapere tutto di nulla” .

Quasi un bazar

Oggi si acquistano servizi di tutti i tipi direttamente “on-line”, ed i for-nitori a cui ci si rivolge a loro volta mettono a disposizione dell’utente ( che si chiama navigatore ) una mi-riade di servizi accessori che non ap-partengono alla loro ragione sociale. Basta collegarsi al sito di web di un Hotel o di una Compagnia aerea per vedere il bazar di offerte collaterali proposte. Avere tutto a disposizione dà la falsa sensazione che tutto sia facilmente conseguibile, facile da realizzare e semplice da attuare. In realtà questo non è, pero la sensa-zione è questa. Credo che tutti ci rendiamo facil-mente conto che, se l’incentive non è fatto con le attenzioni dovute e la

Fabrizia Vania Calzavara *

In un mondo globalizzato, dove l’informazione rischia di diventare selvaggia, si possono intru-folare “professionisti” di scarsa professionalità

Il ruolo di “garante” delle Associazioni

Incentivi poco incentivanti?

Motivazione

dm&c - no2 - 201026

-* Managing Director di

Heading South s.r.l.

www.headingsouth.it

President Elect

V.P. Education

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necessaria professionalità, la motiva-zione (ragione per la quale viene or-ganizzato) va a farsi benedire.E’ giusto quindi chiedersi che cosa deve fare un professionista per di-stinguersi, per crearsi uno spazio ben defi nito, per far nascere l’esigenza di rivolgersi a lui . Oggi si arriva a scegliere il professio-nista probabilmente dopo il primo, magari anche dopo il secondo e for-se, per i recidivi e gli incalliti “Esper-ti”, anche dopo il terzo tentativo non andato a buon fi ne.

Veniamo a noi

E venendo a noi, che senso ha ri-volgersi ad un Professionista degli “Incentive” se quello che material-mente offriamo è quello che si può ottenere direttamente contattando i nostri fornitori?E’ necessario che i Clienti che si ri-volgono a noi debbano incontrare nelle nostre proposte un valore ag-giunto che non potrebbero trovare in altre condizioni. Si tratta di trasformare l’esperien-za “incentive “ in un’emozione che vada al di là di un insieme di servizi che tutti possono proporre o fornire, per poter offrire qualcosa che si tra-sformi in una sensazione memorabi-le che coinvolga, con la comunica-zione, l’intrattenimento, l’esperienza estetica, la formazione e l’evasione tutti i partecipanti.Ed in questo le Associazioni possono rappresentare un valido riferimento per la promozione dei veri professio-nisti del settore, aiutando a far com-prendere come il valore aggiunto viene dato dall’esperienza, dalle ca-pacità professionali e dalla continua ricerca e dalla comprensione delle necessità. C’è inoltre da osservare che, in una Società complessa come la nostra, aggiornamento, informazione, in-novazione e contenuti sono diffi cil-mente gestibili da soli. L’Associazione perciò diventa una scelta strategica dove incontriamo

persone come noi che comprendo-no e vivono le nostre problematiche, dove ci si confronta e si condivide, dove si trovano soluzioni e si pensa al nuovo. L’Associazione inoltre diventa op-portunità attraverso le relazioni con le Istituzioni e con le altre Organiz-zazioni . In più fornisce una Identità precisa con una garanzia su ciò che sei e sai fare.

Il posto giusto

Questa potrebbe essere una soluzio-ne per ricollocarci nel posto che ci compete.Ma c’è da aggiungere un’ulteriore considerazione: una associazione “funziona” a patto che tutti i soci credano e partecipino attivamente ai processi di gestione dell’Associazio-ne stessa, fornendo collaborazione e contributi e non partecipando sem-pre solo come spettatore. Vale infatti anche qui la regola evan-gelica che chi più dà, più riceve. Ricordo a margine di queste mie con-siderazioni, una esperienza con un nuovo Cliente dell’Est Europeo che aveva chiesto la nostra consulenza per un Incentive da organizzare in Italia.Si trattava di una Banca che era sta-ta privatizzata sull’onda delle rifor-me che, dopo la caduta del Muro di Berlino, erano in atto in tutti i paesi dell’Est. Il Gruppo desiderava creare un incontro tra tutti i dirigenti (cir-ca 30 persone), per favorire la cono-scenza, l’integrazione ed il senso di appartenenza a questa nuova realtà. Alla domanda su come fossero arri-vati a noi il responsabile ci confermò che dopo una ricerca su Internet ave-vano focalizzato la loro attenzione sull’Organizzazione a cui appartengo “SITE” www.site-italy.com, perché era per loro l’unico modo di avere la garanzia di competenza, professio-nalità ed etica che desideravano. Si è così creata una opportunità e una apertura verso un mercato ed una re-altà che non conoscevamo. no2 - 2010 - dm&c 27

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L’organizzazione del lavoro per pro-getti non è più una tendenza ma un processo in corso inarrestabile in tutti i paesi, indipendentemente dal loro grado di sviluppo.La pressione indotta dalla globaliz-zazione, soprattutto sui tempi di ri-sposta e realizzazione, sull’efficienza e sulla soddisfazione delle Parti inte-ressate (Stakeholders) rendono que-sto tipo di organizzazione indispen-sabile per competere con successo in considerazione dei vantaggi che permette di conseguire :• Utilizzo di tutte le competenze tec-niche, comportamentali e delle espe-rienze maturate.• Organizzazione del lavoro flessibile e adattabile alle diverse esigenze.• Visione degli obiettivi condivisa fra tutti gli attori, interni ed esterni.• Visione globale del progetto, snel-lezza e rapidità decisionale, flessibi-lità e prontezza nel fronteggiare esi-genze continuamente mutevoli.In sostanza, maggiore capacità ri-spetto alla cultura delle organizza-zioni “per dipartimenti funzionali” di integrare e ottimizzare risorse rare e costose in situazioni complesse,

assicurando la capacità di controllo continuo dei risultati, soprattutto ove si debba gestire efficacemente innovazione e cambiamenti.

Creare valore

Quindi, l’organizzazione del lavoro per progetti è ormai una modalità utilizzata in ampi settori produttivi e dei servizi, sia privati sia pubblici, con l’obiettivo di soddisfare i biso-gni, creare valore per i clienti e per il gruppo sempre più numeroso degli Stakeholder e così acquisire vantaggi competitivi.A questo punto sorge spontanea la domanda: ma quando siamo nella condizione di poter operare per pro-getti? Ci aiuta a rispondere la più sintetica ed efficace definizione di progetto: un’iniziativa temporanea per creare un prodotto o servizio unico.Infatti, le due caratteristiche di tem-poraneità (inizio e fine) e unicità evi-denziano che tutto quanto non è at-tività ripetitiva, è inquadrabile come progetto. Non soltanto quindi le re-alizzazioni industriali e infrastruttu-

Roberto Mori

Il primo dei “Cenacoli di Cleis” ha trattato un tema molto importante ma soprattutto ha messo in evi-denza quale può essere l’importanza di un nome

Lavorare per “progetti” è un processo inarrestabile

E se lo chiamassimo…?

Comunicazione

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rali (fabbriche, impianti, costruzioni ecc.), il più grande progetto di logi-stica mai affrontato, cioè il passaggio all’Euro nei paesi della UE, ma anche: lo sviluppo di un software, il lancio di un prodotto informatico, una ri-cerca applicata, una ristrutturazione aziendale, una campagna pubblicita-ria, l’organizzazione di nuovi servizi per il pubblico, la produzione di fi lm, una campagna elettorale, perfi no il lancio di una collezione di moda, la cui creatività, che sembra rappresen-tarne il nucleo, è in realtà la punta di un iceberg costituito da un insieme di progetti di elevata complessità.Tutte queste tipologie di progetti sono fi nalizzate all’ottenimento di benefi ci sostanzialmente economici, ma i progetti nascono per soddisfa-re anche bisogni non economici: un nuovo ospedale di Emergency, una campagna di Medici Senza Frontie-re o di Amnesty International o di qualunque altra organizzazione no-profi t, sono progetti ugualmente complessi. Così come lo sono anche i progetti personali: il matrimonio, l’acquisto/ristrutturazione della casa, la piani-fi cazione del percorso educativo dei fi gli ecc.

Conclusione sorprendente

La sorprendente conclusione è che nessuno è esentato, nel corso della vita professionale e privata, dal dover gestire pressoché quotidianamente dei progetti. I risultati attesi dei progetti non sono però conseguibili in modo automa-tico: è naturale che ci sia una stret-ta interdipendenza fra i risultati del progetto e i metodi gestionali utiliz-zati per realizzarlo, cioè, in sostanza, il Project Management. Che altro non è che la disciplina tesa al “far bene” fi n dall’inizio ogni atti-vità non ripetitiva.Per troppo tempo il project mana-gement è stato considerato una pre-rogativa delle società di ingegneria e affi ni, ma fi nalmente esso sta per-

dendo il carattere elitario e diventan-do popolare in un sempre maggior numero di settori grazie al crescente interesse di professionisti, aziende, organizzazioni, e alla crescente con-sapevolezza dell’aumento di effi cien-za e produttività conseguibile con at-tività strutturate per progetti invece che per dipartimenti funzionali.Il processo di diffusione del project management è portato avanti da as-sociazioni come Italian Project Ma-nagement Academy (IPMA Italia) e Animp (Associazione Nazionale di Impiantistica Industriale) ma c’è da osservare che è però caratterizzato in Italia, rispetto agli altri paesi indu-strializzati e non, da un ritardo e una lentezza singolari.

Un freno alla diffusione

Alla ricerca dei motivi di questa sin-golarità, si potrebbe anche pensare al tranello linguistico che a lungo ha legato il signifi cato del termine “pro-getto” alla progettazione e non inve-ce al senso più ampio dell’originale inglese “project” (piano, attività, im-pegno, lavoro, rischio, esperimento). Se così fosse, per liberarci dall’ab-braccio soffocante della progetta-zione, potremmo cambiare nome al Project Manager, ricordando che in realtà questi è un integratore di pro-fessionalità, capacità e responsabilità complessive oppure un realizzatore di idee, di sogni se si preferisce una visione più romantica, quale quella defi nita da Adesh Jain, past-President IPMA (International Project Manage-ment Association): il progetto è un sogno e il project management lo strumento per realizzarlo.Nel suo sforzo di divulgare questo in-dispensabile strumento IPMA Italia lancia un concorso per nuove defi ni-zioni di project management. A chi presenterà proposte stimolanti e in-triganti, saranno riconosciuti premi in linea con l’innovazione proposta.E’ un peccato non utilizzare una cosa utile solo per un problema di comu-nicazione ! no2 - 2010 - dm&c 29

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Avete mai pensato di approfondire la vostra conoscenza dei voli cosiddetti “LOW COST”.Mi ci sono dedicato attentamente dopo la recente esperienza con un noto vettore su un volo Low Cost da Roma Ciampino a Venezia – Trevi-so.Allora seguitemi bene perché il per-corso effettuato per questa prenota-zione, oltre ad essere colmo di trap-pole, vi farà sentire anche un po’ presi per i fondelli.Tutto ebbe inizio quando, per motivi di lavoro, ci siamo dovuti spostare nell’arco di una giornata da Roma a Conegliano (aeroporto di Treviso). Consultate le varie disponibilità aree abbiamo scelto un volo che veniva pubblicizzato a 49,98 euro andata e ritorno.Sicuri che questa fosse la migliore of-ferta sul mercato abbiamo deciso di prenotare …..e qui viene il bello.Ai 49,98 euro per il volo di andata e ritorno, al momento della prenota-zione saltano fuori:• 54,74 euro di “taxes, fees and Char-ges• 12,00 euro di “passenger fee web

check in• 12,00 euro di “passenger fee: Ita-lian domestic Handling fee.A questo punto il costo del volo era già arrivato a 128,72 euro… decidia-mo, vista l’urgenza di essere a desti-nazione ad un certo orario di proce-dere con la prenotazione e di pagare con Carta di Credito… Altri 8.00 euro per il pagamento. E siamo a 136,72. Poi per evitare di pagare altri 15,50 euro di assicurazione dobbiamo cer-care una Casella in cui si dichiara di non volere l’assicurazione. Cerchiamo come pazzi all’interno del sito questa casella e dopo aver te-lefonato al vettore ci dicono che tale Casella è inserita nella lista dei paesi di residenza…….boh?E non finisce qui. Se per caso avessi-mo deciso di voler entrare nell’aereo con il primo gruppo (non ci sono posti assegnati sui Voli Low Cost) avremmo dovuto pagare altri 4 euro.E non parliamo del bagaglio : per un collo portato a bordo ci sono 15 euro da pagare, se poi oltre a quello volete spedire un’altra valigia allora dovete aggiungere altri 35 euro.

Paolo Missiaja

Ma siamo proprio sicuri che i tanto pubblicizzati voli “low cost” siano davvero convenienti? Non avremmo diritto ad una comunicazione chiara?

Scoprire poco per volta vari “balzelli” ci fa pensare di essere presi in giro

Basso costoalta disinformazione

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Bene adesso avete completato la vostra prenotazione ed il vettore vi manda subito la conferma della pre-notazione (IN INGLESE) E quelli che non parlano la lingua?In questa comunicazione (IN INGLE-SE) c’è scritto che bisogna fare il WEB CHECK-IN (abbiamo pagato 12 euro per farlo) e che se non viene fatto nei tempi richiesti ci sarà da pagare un supplemento di 40 euro all’aeropor-to.Mi accorgo con ritardo di questa clausola inserita nella conferma di prenotazione e riesco a fare il WEB checkin solo per il volo di ritorno.Mi presento in aeroporto e, facen-do fi nta di non essere a conoscen-za della lingua inglese, contesto il pagamento degli ulteriori 40 euro (che poi diventano 48 perché si deve aggiungere l’IVA) in quanto non co-noscendo la lingua non ero stato in grado di capire il signifi cato dei loro messaggi.Non mi ascoltano neppure e, spinto dall’urgenza di partire, decido di pa-gare.A questo punto il mio viaggio , pub-blicizzato a 49,98 euro mi costa euro 200.22E non parliamo dei servizi a bordo. Sembra di essere al supermercato.

Cercano di venderti di tutto:• Biglietti del Gratta e Vinci (secondo me dovreb-bero essere vendibili solo sui voli in-ternazionali) ne ho tenuto una copia da far vedere alla Finanza.• Panini, bibi-te, caffè a pa-gamento• Noleggio di auto• Sigarette di plastica per non fumatori• Prenotazio-ni di alberghi• Gift vou-cherA questo pun-to mi sono chiesto se non fosse il caso di “sfrut-tare” la nuova legge “class action ” per intentare una causa .Se qualcuno la pensa come me, si faccia avanti… Siamo stanchi di es-sere presi in giro. no2 - 2010 - dm&c 31

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“Posso resistere a tutto, eccetto che alle tentazioni”, in questo aforisma di Oscar Wilde è contenuta molta dell’essenza del fenomeno del lusso: l’acquisto di questi prodotti prescin-de, infatti, dai bisogni tangibili e si pone nell’ambito dei vaghi desideri. Il compito del marketing è di dare corpo a questi desideri trasforman-doli in esigenze imprescindibili.Negli ultimi vent’anni, il mercato dei beni di lusso è stato coinvolto da una serie di grandi cambiamenti so-cio-economici: l’aumento della con-correnza e per le piccole imprese il dover lasciare il passo a grandi azien-de internazionali, hanno generato fenomeni di forte concentrazione dovuti anche a un andamento criti-co dell’economia mondiale e conse-guente impatto su tutto il “Made in Italy”.Generalmente il marketing è istin-tivamente associato ai beni di largo consumo, e di conseguenza al nome delle multinazionali che stanno die-tro a questi prodotti, i quali rappre-sentano dei “templi” in cui le attività di marketing trovano mirabile attua-zione.

Il marketing deve dunque modifica-re la realtà creando dei bisogni dove questi non esistono.

Teorie atipiche

Nell’ambito dei beni di lusso vengo-no, infatti, applicate delle teorie di marketing che potremmo definire “atipiche”, sia per alcune caratteri-stiche intrinseche di questo genere di prodotti, sia perché la stragrande maggioranza della “dottrina” di mar-keting si è sviluppata attorno ai beni di largo consumo. Conseguentemente, l’organizzazione del marketing delle imprese operanti nel settore del lusso non può basarsi sul semplice trasferimento delle solu-zioni utilizzate per i prodotti di lar-go consumo, ma richiede opportuni aggiustamenti che tengano in debita considerazione le peculiarità e le va-riabili competitive specifiche. La creazione del bisogno è quin-di resa possibile da una politica di marketing internazionale mirata alla realizzazione di prodotti con caratte-ristiche uniche arricchiti da una pre-cisa identificazione di marca che ne

Axel Lo Guzzo

Desiderati, bramati, invidiati, i prodotti di lus-so creati in Italia sono conosciuti e apprezzati in tutto il mondo. Sono praticamente un mito

Per trasformarli in esigenze imprescindibili

Marketing e Branding per i beni di lusso

Marketing

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amplifi ca il valore.L’affermazione del marchio a livel-lo internazionale rappresenta per le aziende del lusso una leva competiti-va fondamentale su cui incentrare le strategie e le politiche operative.

Niente improvvisazione

Questo marketing a prima vista così elementare è in realtà insidioso e non tollera l’improvvisazione, per-ché di confi ne, e quindi pressoché instabile.Il prodotto non è più un “prodot-to”, essendo, di fatto, un mito e non avendo a prima vista nessuna utilità reale, ma deve rimanerlo quel tanto che basta perché sia sopravvalutato. Il prezzo è solo un simbolo ma deve motivare l’esborso di denaro vero e per di più in quantità spropositata. La pubblicità è il contrario della pub-blicità perché deve essere visibile solo da chi la cerca e deve essere real-mente cercata. La distribuzione del prodotto deve condurre a ricerche diffi cili, animate da necessità profonde che si autoali-mentano dal desiderio della scoperta dell’introvabile rarità.Quello del lusso elevato è un mar-keting affascinante, che alcuni pa-droneggiano in maniera straordina-riamente effi cace, basato su grandi visioni sui contenuti del “brand” e sull’infi nita pazienza nella gestione maniacale di ogni dettaglio del mar-keting mix. Ma, più semplicemente, è specialmente il regno della moda e dei manager che sanno portare a termine la creatività agli obiettivi di posizionamento del “brand”.

Promozioni on line

Incredibile invece, parlando di co-municazione, e quindi del marketing mix che oggigiorno anche nel mon-do del lusso, a differenza di quello che faceva in passato, si comunica on-line e si fa pubblicità in rete. Coloro che lavorano a contatto con il mondo del lusso hanno intuito

che anche il “pubblico di lusso” usa internet per tenersi informato, per cercare consigli, notizie, novità, pro-dotti. Attraverso una rivisitazione di natura storica legata sia al lusso sia a internet, si è arrivati alla tesi secon-do cui ora i due mondi convergono. Tale convergenza trova concretezza e senso nelle numerose attività di promozione on-line che ormai molti marchi di lusso hanno deciso di at-tuare per aumentare la loro visibilità e attirare l’attenzione di tutta quel-la fascia di navigatori appassionati e non del mondo del lusso. Grazie ad una vera e propria evolu-zione del concetto di lusso che, da aristocratico, diventa accessibile e necessario, gli amanti e frequenta-tori del lusso sono in netto aumen-to e smuovono maggiori economie, dando la possibilità a molti “brand” di ripensare la loro comunicazione strategica. Il marketing del lusso è quindi un marketing “paradossale” possibile solo ai grandi maestri del desiderio. no2 - 2010 - dm&c 33

che anche il “pubblico di lusso” usa

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Da diverso tempo in F1 si parla di ri-duzione dei costi: quasi tutte le mo-difi che ai regolamenti vanno in tal senso e tutte le squadre dovranno a breve sottoporsi a sensibili riduzioni degli organici. Quest’anno lo spettro dei costi aleggiava pesantemente già

nella fase preparatoria della stagione: infatti, diverse presentazioni di nuove vetture sono avvenute con profi li molto bassi (online o direttamente in pi-sta). Anche da Ferra-ri, dopo due anni di presentazioni quasi “monastiche” a Fiora-no e Mugello, e in un periodo in cui FIAT deve gestire la delicata situazione di Termini Imerese, molti si sa-

rebbero aspettati una presentazione di basso profi lo. La casa di Maranel-lo ha invece, arditamente, ma mol-to intelligentemente, alzato tiro e tono della presentazione, inserendo il lancio della neonata F10 in un di-scorso mediatico molto più ampio e

articolato. La vettura è stata presen-tata nello stabilimento di Maranel-lo, all’interno del nuovo reparto di assemblaggio delle vetture stradali: la scelta della fabbrica è un primo indicatore del diverso signifi cato dell’evento 2010. La cerimonia, sen-za eccedere in sfarzo e lusso inutili, si è trasformata in un potentissimo altoparlante capace di riprendere e mixare i tanti elementi del mito Fer-rari, a riprova del fatto che bisogna investire nelle attività di marketing specie nei momenti diffi cili. Il Pre-sidente Montezemolo l’ha defi nita “una presentazione seria per persone serie, non low profi le”.

Protagonista l’Italia

Si è trattato di una presentazione a contenitori multipli che partendo da alcuni grandi temi è arrivata a zoo-mare sulla Formula 1 e sulla F10.La prima grande protagonista è sta-ta l’Italia (colonna sonora con “Viva l’Italia” di Francesco De Gregori e con Gianna Nannini).C’è il tricolore sui grandi pannelli alle spalle delle vetture e sul bloc-

Maurizio Quarta

Un messaggio importante da un evento importante: il marketing in tempo di crisi non lascia, anzi ... rad-doppia. Uno dei simboli del Made in Italy insegna

Una occasione per lanciare e riaffermare messaggi

Il lancio della nuova Ferrari F10

Comunicazione

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della stagione: infatti, diverse presentazioni di nuove vetture sono avvenute con profi li molto bassi (online o direttamente in pi-sta). Anche da Ferra-ri, dopo due anni di presentazioni quasi “monastiche” a Fiora-no e Mugello, e in un periodo in cui FIAT deve gestire la delicata situazione di Termini

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chetto uffi ciale della vettura, insieme al bianco. E’ una scuderia latina che dopo anni parla italiano, non quello forzato e apparentemente svogliato di Schumacher o quello inesistente di Raikkonen, ma quello fl uente di Massa e Alonso. Anche Tombazis, l’uomo dell’aerodinamica, diventa “greco per caso”! Una risposta indi-retta, ma non troppo, all’elemento nazionale fortemente sottolineato nelle presentazioni delle nazionali britannica (McLaren) e tedesca (Mer-cedes). All’interno della scatola Italia, si sono presentate un’industria e una fabbrica con in prima fi la il Presi-dente Montezemolo e poi gli uomini chiave della Gestione Sportiva. “Sia-mo in una fabbrica” ha ribadito con forza Montezemolo, sottolineandone qualità della vita, ordine e rispetto per “uomini e donne che conoscono l’importanza di ogni dettaglio. Non una fabbrica come le altre, una che vende un sogno”: sul palco, a fare corona alla F10 ci sono due dei più recenti sogni, una California e una 458 Italia.

La malattia Ferrari

Montezemolo ha enfatizzato la co-siddetta “malattia Ferrari” che è riconducibile al fondatore e che ha consentito alla squadra di essere co-stantemente presente – caso unico – in 61 anni di corse; ha ricordato il primo successo “latino” con Froilan Gonzalez e e il suo primo anno di presenza accanto al Drake nel 1974. Un chiaro messaggio che Ferrari è F1 (il team non è stato acquisito come ha fatto Mercedes) e ci sarà sempre, con la sua storia e la sua tradizione fortemente intrecciata con il moto-rismo sportivo, mentre molti team e molte case automobilistiche sono spariti (Toyota, BMW, Honda).A testimoniare la forza di un marchio e di un’industria c’è quello che Mon-tezemolo defi nisce “il nostro mon-do”: sponsor tecnici e commerciali, istituzioni, autorità, media. Il web è sempre più importante: oltre tre

milioni di utenti con-temporanei hanno assistito alla presentazione e oggi il nome del sito compare anche sulla vettura. E’ un’industria pro-iettata a Est: dal rilascio del sito in giapponese e cinese, ai festeggiamen-ti per la 1000ma vettura venduta a Hong Kong, al debutto della Califor-nia a Shanghai, agli sponsor arabi e indiano.

Un’auto bellissima

Nell’ultima scatola, il team, la nuova F10, defi nita bellissima dalla stampa specializzata e tanti messaggi volti a rafforzare il ruolo di eccellenza della squadra:o l’aggancio alla tradizione di inseri-re nel nome della vettura l’anno del debutto in gara o i colori: il tricolore leit motiv dell’evento, ma anche il bianco, tributo allo sponsor Santander, e il giallo, non solo di Shell, ma anche di Modenao la rinnovata fi ducia in Domenicali, leader giovane, cresciuto dall’interno e andato sempre più affermandosio la “stabilità dinamica” dell’orga-nizzazione, che permette di rafforza-re specifi che aree al fi ne di restare al top della competitività (es. il rientro a casa, dopo anni in Toyota, di Luca Marmorini alla Direzione Motori) o l’impegno di tutta l’organizzazio-ne, il lavoro di squadra “sotto lo stes-so tetto” come nel caso dell’ottimiz-zazione dei consumi e della riduzioni dei costi del motoreo l’impegno di Ferrari per garantire stabilità della F1, ispirandosi ad un concetto di “bene comune” secondo cui la F1 è patrimonio di tutti i team ed ha un valore più grande dell’inte-resse del singolo team.Per chiudere con le parole di Monte-zemolo: una F10 sintesi delle” incre-dibili capacità e competenze di que-sto straordinario paese che è l’Italia ... del nostro lavoro, la nostra passio-ne, i nostri sogni”. no2 - 2010 - dm&c 35

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Lo scorso 11 marzo si è tenuto a Roma - a Montecitorio, nella sede della Camera dei Deputati - il conve-gno “Internet è libertà: perché dobbiamo difen-dere la Rete”. Un tema e una sede sorprendenti in un Paese che Derrick de Kerckhove, il socio-logo belga considerato uno dei maggiori stu-

diosi mondiali di comunicazione e di nuove tecnologie, non più tardi di ventiquattro ore prima, intervistato da Marco Pratellesi del Corriere della Sera, aveva così descritto: “L’Italia è un Paese molto più capace di quel-lo che esprime in questo momen-to: un ‘fascismo elettronico’ che si è manifestato con il decreto Alfano (disegno di legge sulle intercettazio-ni ndr) o la sentenza del tribunale di Milano che ha condannato i vertici italiani di Google. Dobbiamo stare attenti a non toccare la libertà e i di-ritti civili. La democrazia è un bene sostanziale della nostra società e va difesa. Anche contro chi vorrebbe imporre controlli sul Web”. Da par-

te sua Gianfranco Fini - che come Presidente della Camera aveva forte-mente patrocinato l’iniziativa - nel presentare l’ospite d’onore, Lawren-ce Lessig, celebre professore della scuola di legge dell’università di Har-dward e massimo esperto mondiale di ‘cyberdiritto’, si è augurato “che questa conferenza, intitolata ‘Inter-net è libertà’ serva a far maturare i nostri legislatori su questa delicata materia. Perché c’è molta confusione in Italia sulle diverse iniziative legi-slative, alcune bloccate sul nascere, altre in divenire, e altre attualmente in vigore, che hanno come scopo, o come possibile effetto, quello di li-mitare o addirittura di compromet-tere gli spazi di libertà che la Rete ha sino ad oggi creato.” Aggiungendo poi: «Abbiamo fi nalmente capito che Internet non è solo una rete di computer, ma un intreccio infi nito di persone. Di uomini e donne che a tutte le latitudini si connettono tra loro, attraverso la più grande piatta-forma di relazioni che l’umanità ab-bia mai avuto. La cultura digitale ha creato le fondamenta per una nuova civiltà che sta costruendo dialettica,

Carlo Cremona

La guerra a Internet non si può che perdere. Ora che ci sono gli strumenti non si può più impedi-re alle persone di comunicare ed essere creative

ABC Internet

Internet: diritto fondamentale

Comunicare con il Digitale

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nella sede della Camera dei Deputati - il conve-gno “Internet è libertà: perché dobbiamo difen-dere la Rete”. Un tema e una sede sorprendenti in un Paese che Derrick de Kerckhove, il socio-logo belga considerato uno dei maggiori stu-

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confronto e solidarietà attraverso la comunicazione. Perché da sempre la democrazia germoglia dove c’è acco-glienza, ascolto, scambio e condivi-sione». E concludendo: «L’accesso a Internet deve essere considerato un vero e proprio diritto fondamentale dell’uomo, un valore per cui battersi di fronte alle censure e alle restrizio-ni che sempre più spesso vengono imposte alla Rete. Per questo, tutta la comunità internazionale deve cre-are un forte movimento a sostegno dell’assegnazione del premio Nobel per la pace 2010 a Internet: un Nobel dato a ciascuno di noi».Lawrence Lessig, a sua volta, nella mezz’ora abbondante di una ‘lectio magistralis’ completamente tenuta in un ottimo italiano, ha messo in guardia da un’eccessiva regolamen-tazione del Web: «La guerra a Inter-net è una guerra contro i nostri fi gli. I governi devono avere umiltà nell’af-frontare il problema: non si può uc-cidere questa tecnologia, non possia-mo impedire alle nuove generazioni di essere creative come noi non era-vamo, altrimenti le spingiamo verso la clandestinità e questo è terribil-mente corrosivo della democrazia di uno Stato di diritto. Chiediamo ai governi di non imbarcarsi in una guerra senza speranza, siano maturi, sani di mente e non arroganti: non possono governare con la forza».Lessig, secondo cui su Internet si ri-propone ancora un confronto gene-razionale tra chi vede la Rete come uno strumento insostituibile per avviare forme di comunicazione al-trimenti impossibili, e chi invece la percepisce come una minaccia, invi-ta a non dar luogo a iniziative oppor-tunistiche. “Occorre smettere di legi-ferare solo nell’interesse di chi tende a voler conservare lo status quo della società e dell’industria, e cominciare a considerare il fatto che tra pochi anni il panorama sarà dominato nu-mericamente e socialmente da coloro che oggi sono considerati estremisti perché ripongono troppe speranze

nel futuro. Internet è uno strumento ca-pace di genera-re innovazioni impreviste e sconosciute e sarà bene tener conto di questa realtà”.(Siccome risul-ta veramente diffi cile con-densare in po-che righe la ‘lectio’ di Les-sig, invito tutti coloro che fos-sero interessati a scaricare la registrazione completa dei diversi interventi da questo indi-rizzo http://www.radioradicale.it/scheda/299126?format=32).

Perché si deve difendere la Rete?

Il tema del convegno non si limita-va solo a mettere in evidenza il le-game esistente tra Internet e libertà, ma ricordava anche che la Rete deve essere difesa. Per cui ci si potrebbe chiedere perché questa è considerata una necessità. Rispondere a una do-manda del genere necessiterebbe ben più delle tre pagine concesse a questa rubrica, e con molta probabilità, dato l’evolversi delle cose, l’argomento non potrà non essere ripreso. Vedia-mo comunque oggi di fornire alcune motivazioni. Nel corso del 2009 la Ong “Reporters sans Frontières” ha pubblicato un preoccupante rappor-to dal titolo “I Nemici di Internet” (http://www.rsf.org/IMG/pdf/In-ternet_enemies_2009_2_.pdf) dove dodici paesi sono dichiarati ‘Nemici di Internet’ e altri undici vengono defi niti ‘sotto osservazione’. Ora, se non sorprende di trovare in queste liste l’Arabia Saudita, la Corea del no2 - 2010 - dm&c 37

diversi interventi da questo indi-

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Nord, Cuba, l’Iran e lo Yemen, fa in-vece rifl ettere che in esse siano inclu-si anche il paese più popolato della terra (Cina), quello con la più alta percentuale di utenti Internet (Corea del Sud), uno dei più ricchi (Emira-ti Arabi) e, oltre ad Egitto, Russia e Turchia, persino un’apparentemen-te insospettabile democrazia come l’Australia.L’introduzione al rapporto dice: “In-ternet rappresenta la libertà, ma non dappertutto. Con il pretesto di pro-teggere la morale, la sicurezza nazio-nale, la religione e le minoranze etni-che, le tradizioni spirituali e culturali, molti stati ricorrono al fi ltraggio del Web per bloccare alcuni contenuti. I loro governi non si fanno scrupo-lo di consentire ai loro cittadini solo una connettività parziale”.Pretesti con i quali si cerca di ma-scherare la realtà. La ragione vera è che questi paesi hanno paura della Rete perche è di fatto incontrolla-bile. Oramai il Web è a portata di tutti. Tutti possono esprimere le pro-prie opinioni mediante un blog, un sito, un gruppo su Face-book. Se si sa come fare, vi sono inoltre molti modi per far circolare le notizie a velocità fulminee. Ecco perché molti paesi ne hanno paura.

La cultura dell’innovazione

Ne hanno paura perché o non han-no capito quella che è la caratteri-stica fondamentale delle Rete o, pur avendola intuita, non sanno come convivere con essa se non in modo confl ittuale. E questa caratteristica si chiama ‘cultura dell’innovazione’, ed è la vera rivoluzione resa possibile da Internet. Di fatto Internet è un’in-frastruttura del tutto priva di intelli-genza la cui unica funzione è quella di trasportare ‘pacchetti’ di dati da un punto all’altro del pianeta. Per-ché allora un qualcosa di sostanzial-mente ‘stupido’ ha avuto tanto suc-cesso? Dov’è l’intelligenza? Ebbene l’intelligenza è nei computer che a essa si collegano. Ed è importante

quindi distinguere ‘con che cosa si fa Internet’ da ‘che cosa si fa con Inter-net’. (*) Internet può utilizzare qual-siasi supporto per trasportare i nostri pacchetti di dati: doppini telefonici, fi bre ottiche, radiofrequenze. Si pos-sono perfi no inventare nuovi meto-di per trasmettere questi dati senza che cambi nulla di quello che ci si può poi fare. È evidente quanto que-sto fatto sia vantaggioso e consenta grandi risparmi nella gestione delle risorse della Rete, che è poi la ragio-ne prima del successo di Internet. Ma ce n’è una ancora più importante: se l’intelligenza, o meglio, le appli-cazioni che rendono intelligente la Rete si trovano nei computer ad essa collegati, nuove applicazioni posso-no essere continuamente sviluppate, testate e rese operative senza che sia necessario intervenire sull’infrastrut-tura sottostante. E questo signifi ca che chiunque abbia un minimo di competenza tecnica - e ce ne sono or-mai tanti di questi ‘chiunque’, basta pensare al fenomeno ‘Open Source’ - può svegliarsi la mattina e inventa-re una nuova applicazione, un nuo-vo servizio, a costi ridicoli rispetto a quelli che sarebbero stati necessari prima che nascesse la Rete.In defi nitiva la Rete la fanno le per-sone, non le macchine. Chiunque abbia le necessarie conoscenze, può sviluppare nuovi software che fanno qualcosa di nuovo e di diverso, per-ché Intenet Rete, ancorché stupido, permette di farlo. Non sono proto-colli matematici quelli che consen-tono di fare innovazione sulla Rete e di sconvolgere la cultura, sono le ap-plicazioni che l’intelligenza umana produce, la sua visione delle cose, le soluzioni nuove a problemi vecchi, o nuovi problemi e nuove soluzioni.Ed è questo che fa paura perché, come in fondo osserva Lessig, la guerra a Internet è una guerra che non si può che perdere. Ora che ci sono gli strumenti, non si può più impedire alle persone di comunicare ed essere creative come mai era stato loro possibile.

Comunicare con il Digitale

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(*) Su questo tema, ma an-che e soprattutto sul passato, il presente e il futuro della Rete, consiglio di leggere il no-tevole saggio “Eretici Digitali” di Massimo Russo e Vittorio Zambardino, cui si può acce-dere on line a questo indirizzo: http://www.ereticidigitali.it/lindice-di-eretici-digitali/

una connettività parziale”.

bile. Oramai il Web è a portata di tutti. Tutti possono esprimere le pro-prie opinioni mediante un blog, un

per far circolare le notizie a velocità Derrick de Kerckhove

Lawrence Lessig

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Gentile direttore, col tuo permesso tornerei sull’argomento dei social network quali strumenti di comu-nicazione, dei quali molti operatori, forse affascinati dalla novità, si pro-clamano un po’ troppo acriticamen-te convinti sostenitori. Lo spunto mi viene da una notizia riportata da un quotidiano naziona-le: Facebook batte Google, ma è già a rischio di noia. Un dato francamente terrificante, se confermato; pensa a 400 milioni di utenti di Facebook impegnati simul-taneamente in tutto il mondo in un unico, enorme, fragoroso sbadiglio: altro che CO2 e riscaldamento del pianeta! Il problema, peraltro, c’è. Ed è dovu-to al fatto che, come mostrano alcuni indicatori e certi ricercatori confer-mano, Internet sta conoscendo una vera e propria mutazione genetica. Sembra, infatti, che la Rete diventi sempre meno “searching” e sempre più “social”. E fin qui, niente di nuovo, ce ne sia-mo accorti anche noi, figli della Let-tera 22. Ma l’affermazione inquietante è che

la supremazia di Facebook (e penso che, alla fine, tutte le omologhe reti sociali seguirannano la stessa sorte) mostrerebbe qualche scricchiolio proprio in coincidenza del suo mo-mento di gloria. A conferma che anche per queste val-ga la legge del ciclo di vita: quando sei all’apice, ovvero vivi il momento magico della maturità del prodotto, lo step successivo che incalza è pro-prio l’inizio del processo di declino.

Facebook: una noia “mortale”?

Il meccanismo della ‘ragnatela’ coin-volge, è vero, sempre più persone. Ma avere un profilo in Rete non si-gnifica consultarlo in modo regolare né partecipare attivamente con i pro-pri “post”. Inoltre, all’orizzonte si profilano nuovi concorrenti. Il primo, più impercettibile: la task saturation (l’attività di routine, con-nettersi ad Internet) garantisce al cer-vello un basso livello d’interazione e quindi un limitato dispendio d’ener-gia cognitiva. Il secondo, più pratico: i nuovi so- no2 - 2010 - dm&c 39

Pier Giorgio Cozzi *

Il grande ‘libro delle facce’ on line è il fenomeno nu-mero uno. Ma come, non hai visto il mio messaggio su Facebook? Ma c’è ancora l’entusiasmo iniziale?

La comunicazione è una storia d’amore

Boring Facebook

Comunicare con il Digitale

- * giornalista e docente di comunicazione

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cial network tematici come aNobii per soli amanti dei libri, ad esempio. Dove ti iscrivi, dividi lo scaffale dei libri tuoi preferiti, se credi scrivi delle recensioni che chiunque potrà legge-re. Oppure Flickr, dedicato alle fotogra-fi e e ai suoi appassionati. O come certi siti musicali, che aggre-gano i ‘navigatori’ in base alle loro proprie playlist. In questi casi, diversamente da Face-book (et similia) con la sua sempli-ce e spesso vaga ‘conoscenza’ (share of mind), il collante diventa la co-munanza di interessi e gusti (top of mind). Dunque un destino, in prospettiva, simile a quello di Second life? Chissà. Vorrei per altro ricordare ai tuoi lettori che se ne fossero involonta-riamente scordati (ipotesi rara, ma statisticamente possibile) che la co-municazione è una storia d’amore. Da tener presente anche quando guardiamo alle reti sociali on-line come strumento per comunicare.

Una storia d’amore

Chiunque di noi abbia in un certo momento provato un po’ di bat-ticuore per un’altra per-sona sa che farsi vedere non vuol dire necessa-riamente farsi notare e ricordare. Lo stesso vale per la co-municazione di prodot-to: com’è ben noto a chi si innamora, la prima regola è ‘farsi notare’; in questo campo, come in pubblicità del resto, per ottenere successo è necessario disporre di uno ‘share of voice’ suffi ciente. Seconda regola per far breccia nel cuore del nostro ‘target’: conqui-stare un pezzetto del cervello della persona che ci interessa e diven-

tare il suo primo pensiero: gli share of mind e top of mind di cui sopra. Occorre poi calcolare la ‘frequenza del target’: l’innamorato cerca di in-contrare la persona che interessa il più possibile nei luoghi frequentati: ‘frequenza effi cace sui mezzi affi ni’, nel gergo del marketing, per ottene-re un buon ricordo, la mitica brand awareness. A questo punto, come misurare i risultati dell’approccio all’oggetto delle nostre brame? Semplicemente ricorrendo a due strumenti di marke-ting: top of mind e brand awareness appunto. Proprio come nelle attività di comu-nicazione. Quale strategia allora per conquistar-lo? Cuore e mente ci dicono che, per quest’obiettivo :• bisogna essere interessanti ma sem-plici; • si deve raccontare una ‘storia’ coe-rente senza mentire troppo (le bugie, mai; la verità: non sempre);

Comunicare con il Digitale

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• serve essere accattivanti in modo mirato. In conclusione: per comunicare effi -cacemente – off e on line – proprio come in pubblicità è necessario farsi vedere, farsi notare ma, soprattutto, farsi ricordare. Insomma, bisogna fare le stesse cose che si fanno al primo appuntamen-to.

Quali social communities?

Detto ciò, direttore, vorrei termina-re con una serie di considerazioni sulle cosiddette reti sociali: la proliferazione dei canali di comunicazione richiede nuo-vi canali, media e contenuti adatti. L’attenzione degli inernauti (che peraltro spendono cia-scuno 5 ore e mezza del loro tempo sulle reti sociali; feno-meno aumentato del 82% in un anno) si sposta su emitten-ti di comunicazione sempre più legati alle emozioni, alle cose belle e divertenti, alla memorabilità dell’esperienza. Le tecnologie di comunicazio-ne più recenti rispecchiano il mutamento sociale in atto, di

cui già s’intrave-dono i primi se-gni che inducono a pensare che an-che il marketing on-line debba cambiare. Quanto al resto, di sé la tecnologia è neutra: è l’uso che se ne fa, in questo caso il che cosa e il come, a fare di un mezzo uno strumento ef-fi cace. Soprattutto nel caso della comu-nicazione on-line, siamo alla presen-za di un processo in cui gli indivi-

dui coinvolti sono, di volta in volta, emittenti e riceventi, instaurando in questo modo un processo di co-municazione a due vie, di scambio d’informazioni e d’infl uenzamento reciproco che avviene in una deter-minata situazione, al quale – nel caso delle cosiddette social communities - si somma l’elemento validante co-stituito dal “parere personale” che tanta presa ha sull’interlocutore. Se manca questa ‘presa’, allora è vero; anche su Facebook (et similia) pende una minaccia mortale: la noia.

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Facile, veloce, gratuito: queste le caratteristiche del blog, che ha per-messo a milioni di aspiranti scrittori, grafomani o amanti della scrittura di riempire la Rete (o, meglio, la blogo-sfera) di un magma interminabile di

racconti di avventure, di diari perso-nali, di consigli.

Nascita ed evoluzione del blog

Il blog è stato lo strumento che fi n dal lontano 1997 (negli USA, natu-ralmente; in Italia la “blogmania” è esplosa nel 2001) ha permesso a mol-ti di dare libero sfogo ai loro pensieri,

parole, opere e missioni. Ma le cose, ad un’attenta analisi della blogosfera, sembra stiano rapi-damente cambiando. Naturalmen-te, quando parlo di cambiamenti nell’ambito della blogosfera, parlo soprattutto di cambiamenti che sono in atto e coinvolgono soprattutto i blog personali, quelli più intimistici, che hanno a che fare con le passioni e gli hobby delle persone. Ci siamo accorti di questo fl uido cambiamento soprattutto dopo l’av-vento dei social network come Twit-ter e Facebook, Linkedin, Faceparty, Myspace (solo per citarne i più noti dei 104 presenti nel web, secondo una ricerca di WatchMouse). È in atto un cambiamento epocale per chi ha sempre abitato la Rete, un cambiamento rapido e inarrestabi-le che va verso un sempre maggior snellimento del fl usso di comunica-zioni internettiane. Dal blog si sta rapidamente passando al microblog, e tutto questo grazie alla necessaria sintesi che consento-no i 140 caratteri di un sms o di un tweet o di uno status.140 caratteri che permettono a chiunque, grazie

Elena Schiavon

Anche le cose della blogosfera, nate poco tempo fa, stanno rapidamente cambiando e vanno verso lo snellimento del fl usso di comunicazioni

Sembrano insulti ma non lo sono

Tumblr.com e crowd sourcing: è il Web 3.0?

Comunicare con il Digitale

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alle applicazioni per cellu-lari, smartphone, iPhone, di aggiornare continuamente il proprio blog in un fl usso inarrestabile di pensieri e “pensierini”.

Tumblr, il micro-blogging e il crowd sourcing

E in questo fl usso di mini-diari, di piccoli pensieri, di rapide e sintetiche opinioni si può inserire la funzione che offre la piattaforma tumblr.com per usare, riutilizzare, copiare, aggior-nare in contemporanea i pensieri nei propri blog piuttosto che social net-work. Tumblr.com è una piattaforma che consente di operare il cosiddet-to tumbleblogging, cioè riutilizzare contenuti che sono già apparsi nella Rete, siano essi video, foto, link, im-magini, note, post: qualsiasi cosa.In sostanza tumblr.com è riuscito a basarsi essenzialmente su quello che viene defi nito il crowd sourcing, cioè la scrematura, la valutazione e la pubblicazione di contenuti non ori-ginali, o comunque già visti in rete. Ma cos’è il crowd sourcing? In pra-tica il gestore di un blog o di un sito chiede ai propri lettori di produrre dei contenuti che poi lui stesso valu-ta e pubblica. Direi che questa è la prima vera ma-nifestazione di Web 3.0, nella sua

forma più democratica e partecipati-va. Questo lavoro di partecipazione, selezione e valutazione ha coinvolto fenomeni spontanei che si sono au-toalimentati nel corso del tempo, ed è una tendenza che coinvolge sem-pre di più, ad esempio, siti e magazi-nes on-line di moda, soprattutto per quelli nella forma del photoblog. Se i blog tendono sempre di più a diventare dei magazine monotema-tici, questo è possibile, in taluni casi, solo e grazie alla partecipazione degli utenti e del pubblico. È il caso, ad esempio, di siti come lo-okbook.nu, dove gli utenti (che pos-sono accedervi solo attraverso l’in-vito da parte di utenti già registrati, in una catena esclusiva di coinvolgi-mento virale) pubblicano le foto con i loro look, che sono poi valutati da-gli altri utenti. Si creano così dei veri e propri sti-li, delle gallerie, dei quasi servizi di

moda in alcuni casi; e tutto questo partendo dal basso, cioè dall’utente che, coinvol-to nel gioco della produzione del magazine, mostra, pro-duce e condivide contenuti. Oppure ancora un fenomeno mondiale di blog basato sul crowd sourcing è quello we-lovechucknorris.it, blog nato nel 2006 dove gli utenti sono inviatati a pubblicare post de-menziali e goliardici che han-no come protagonista l’attore Chuck Norris. no2 - 2010 - dm&c 43

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La crescente familiarità con internet e con i nuovi canali ha fatto nasce-re la convinzione, in alcuni, che un messaggio digitale può risolvere tutti i problemi di comunicazione.Come sempre la situazione è forse più complessa e va affrontata con maggiore consapevolezza. La vera sfida della aziende oggi è riu-scire a sviluppare un nuovo paradig-ma di comunicazione non più basa-to su invii di messaggi “massivi”, ma basato su una relazione one to one con il cliente, in modo puntuale e attraverso soluzioni/strumenti che, meglio ancora, consentano la per-sonalizzazione dell’interazione con gli utenti sia attraverso i tradizionali canali, sia attraverso i nuovi media dell’“Era Internet”.La multicanalità si è dimostrata una carta vincente per il marketing; oggi l’utente non è solo il destinatario di una comunicazione commerciale, ma anche fonte primaria di feedback, ad esempio per ricerche di mercato. Gli strumenti utilizzabili sono molti (il telefonino non ha ancora espres-so tutte le sue potenzialità ma il suo futuro è certamente da protagonista)

ed uno degli obiettivi deve essere quello di poter utilizzare soluzioni che permettono di aumentare l’effi-cienza delle comunicazioni attraver-so una riorganizzazione unificata dei diversi dispositivi.Tutti sappiamo che esistono varie modalità di comunicazione in usci-ta (outbound: Sms, Mms, Fax, Posta ibrida, Messaggi vocali, Email e fonia VoIP) e anche modalità di comu-nicazione in entrata/ricezione (in-bound: Sms e Fax). Diventa quindi importante poter creare un legame tra questi strumenti che permetta di sfruttarne appieno le potenzialità e soprattutto le sinergie.

eMessage

E’ nato così un nuovo servizio che viene proposto e che si basa su una piattaforma che è in grado di inte-grare i vari canali di comunicazione.L’utente di eMessage invia e riceve fax, lettere raccomandate, sms, po-sta prioritaria, messaggi vocali con la stessa logica e semplicità con cui invia e riceve le email. La flessibilità della piattaforma (web

Francesco Manenti

Una efficace comunicazione può essere ottenuta grazie alle innovazioni tecnologiche che garantiscono un buon rapporto costo-efficienza

Interazione e tempestività per le situazioni più diverse

Comunicare a due vie

Marketing

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services standard) consente l’integra-zione con database e soluzioni sof-tware (gestionali, ERP , CRM , mobi-le) già presenti presso gli utenti. La completezza dei servizi consente alle aziende di utilizzare un unico strumento semplice ed affi dabile che gestisce comunicazioni in entrata e uscita sia per applicazioni ammini-strative (invio fatture, ricezione fax, etc...) sia per applicazioni di mar-keting durante eventi e campagne commerciali (raccolta database, pro-fi lazione clienti, etc...), attraverso in-terfacce web e mobile. Vediamo qualche esempio pratico.

Pubblica Amministrazione

eMessage per le Pubbliche Ammini-strazioni e le associazioni è lo stru-mento unico per gestire i differenti dispositivi di comunicazione (posta, fax e telefonia), più una serie di ser-vizi innovativi come sms e messaggi vocali, per comunicazioni immedia-te e puntuali con i cittadini.Si studiano le esigenze dell’Ente, si stabiliscono delle modalità di comu-nicazione decidendo quale è lo stru-mento più adatto ad ogni bisogna. Integrando il tutto nella piattafor-ma realizzata, si offre un servizio che permette di migliorare la tracciabilità degli invii (notifi ca in tempo reale e tracciato degli invii effettuati), si of-fre un elevato standard qualitativo dei messaggi (stampa, tempi di con-segna, etc...), e si fornisce un valido strumento di risparmio sia abbatten-do i costi di gestione e manodope-ra ( il servizio è esternalizzato), sia incidendo drasticamente sui costi di archiviazione dei documenti (paper-less) dando così anche una mano alla natura. Il che non guasta!

Aziende

Nella vendita eMessage è un valido strumento a supporto delle azioni di prevendita, prenotazione e comuni-cazione post vendita. I servizi IP gestiti dalla piattaforma

migliorano l’effi cienza dei collabora-tori, diminuendo il TCO (total cost of ownership) e ottimizzando i tem-pi di gestione delle comunicazioni: quanto si risparmia inviando una raccomandata a.r. direttamente da PC, non andando all’uffi cio postale? Benefi ci Certi e Verifi cabili: la rapidità del ritorno dell’investimento nasce dall’analisi di elementi come il costo medio di una persona che invia i fax, di una che prepara le lettere da con-segnare all’uffi cio postale, il costo della carta e di tutti quei costi invi-sibili tempo/personale che incidono fortemente sul costo vero di gestione delle comunicazioni. C’è chi ha valu-tato un risparmio fi no all’80% rispet-to alla gestione tradizionale.Facciamo un altro esempio:le socie-tà di recupero crediti. In genere in-viano via posta le comunicazioni ai debitori, ma contemporaneamente all’invio postale, anticipano via fax (comunicazione con valore legale) il documento, ottimizzando i tempi di riscossione.Attraverso l’automazione di questi processi si ottengono costi chiari, certi e verifi cabili; ogni comunicazio-ne viene contabilizzata e resa traspa-rente con l’ausilio di report analitici e specifi ci di tutte le comunicazioni transitate attraverso la piattaforma. Un altro caso da esaminare: la sem-plifi cazione dei processi aziendali consente alle aziende con forza la-voro distribuita su tutto il territorio nazionale di inviare comunicazioni tempestive via sms o messaggi vocali per interventi di manutenzione.

Sanità

E’ possibile anche inviare sms e mes-saggi vocali di promemoria ai pazien-ti che hanno prenotato un esame (es: cliniche ed ospedali) e sempre via sms ricevere le conferme e le disdette. Si riducono i costi della gestione di-versifi cata delle diverse modalità di comunicazione. no2 - 2010 - dm&c 45

Per Informazioni inviare un sms al numero 333/2001345scrivendo “info”

migliorano l’effi cienza dei collabora-

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Imprese in reteopportunità per le aziende

Grande opportunità di cooperazione per le aziende, specie quelle piccole. E’ “Rete d’impresa”, l’iniziativa di Confi ndustria, volta ad ampliare le relazioni anche tra realtà molto di-stanti fra loro. All’agenzia creata da Confi ndustria hanno già aderito 21 federazioni di settore e associazioni di categoria o di territorio e altre 25 stanno per far-lo. “Rete d’impresa” nasce per pro-muovere progetti da portare avanti insieme da parte di aziende che non potrebbero farlo singolarmente, e a cui vengono offerti servizi extra, ad esempio corsi di formazione. L’uso di Internet 2, la banda larga veloce, che costituisce parte del business, permette di allargare le attività, este-ro compreso, e di creare una piatta-forma tecnica che mette in contatto fornitori e clienti.

Un sito fi dato per l’e-commerce

Una guida per comprare più sicuri online? Ora c’è www.trustpilot.it, un sito innovativo dedicato a chi usa la Rete per acquistare prodotti e servizi e aiutarlo a scegliere dove compra-re, in tutta sicurezza e trasparenza. Trustpilot infatti è un’enorme com-munity di utenti europei e si avvale delle loro recensioni, quasi due mi-lioni, nei confronti di oltre 55mila aziende. In grado di raccogliere tut-te le valutazioni presenti in blog e forum su una determinata azienda o servizio e testarne l’affi dabilità, il sito offre anche la possibilità di con-frontarsi con le aziende, che possono rispondere alle osservazioni e correg-gere errori. Lanciata nel 2007 in Danimarca, si è diffusa rapidamente in Usa e vari paesi europei e ora approda in Italia. L’obiettivo non è di mettere all’in-dice determinati siti, ma di fornire gratis una garanzia agli acquirenti online.

Lo zerbino si fa spot

La pubblicità sotto i piedi è l’ultima trovata della giunta comunale di Mi-lano. Un bando di gara, diviso in 4 lotti, propone infatti un centinaio di tappetini da porre alle entrate/uscite delle stazioni della metropolitana da sfruttare come advertisment. Qualche pubblicità a terra si era già vista all’interno delle stazioni del metrò, ma questi saranno dei veri e propri tappeti antisdrucciolo, fatti con una pellicola che non lascia trac-cia quando viene rimossa. Di m1,20 x 1,80 e un bordo di cm20 per incor-niciare slogan e immagini, sono pre-visti in 50 stazioni, con esclusione di quelle del Duomo e di altre piazze con vincoli artistici. Il Comune nei tre anni di sperimentazione conta di incassare 840mila euro.

L’università garante dell’azienda

Prima fu il dentifricio, poi il vino: un docente testimonial della qualità del prodotto ed ecco l’università è nel mondo degli spot. Una sinergia, in cui l’azienda mette un suo prodotto e l’ateneo nome e autorevolezza. Ma mentre per l’azienda questo si-gillo è una garanzia prestigiosa, per l’università può essere anche un ri-schio. Vero è che da questa collaborazione può avere un ritorno di immagine e l’occasione per far conoscere i risul-tati di una ricerca alla gente e agli imprenditori per ulteriori contatti e ricerche. Un vantaggio è anche il ritorno eco-nomico da reinvestire: l’università di Bologna nel 2009 ha ricavato 20 milioni di euro da attività svolte per esterni. Il grosso rischio però è la per-dita di credibilità se il prodotto non è di qualità, meglio allora se è frutto della ricerca dell’università.

L’azienda, star del cinema

Antonioni, Soldati, Blasetti, Alain Re-snais: fi no agli anni Settanta ci furo-

Fatti & Persone

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Icone del sito www.trustpilot.it

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no fi lm che avevano per protagonista la fabbrica, spesso diretti e recitati da grandi nomi del cinema. Erano pellicole destinate a un uso interno e pubblicitario, ma importanti come politica industriale e per diffondere la valenza della fabbrica. Fiat, An-saldo, Olivetti, Edison, Eni, tutte le grandi fabbriche contribuirono ad arricchire questo patrimonio, venuto alla luce solo da pochi anni. Ad esso è dedicata la rassegna Memoria con-tesa/Memoria condivisa. Il lavoro nei documenti fi lmati dell’impresa e del movimento operaio, che è stata pre-sentata a Torino, Ivrea e Roma e che si propone come la prima edizione di un vero e proprio festival di cinema del lavoro da tenersi ogni anno per presentare opere originali, preziose e del tutto sconosciute.

La sfi da di Mantova, la lingua degli arazzi

Mantova continua il percorso: valo-rizzare il suo straordinario patrimo-nio di storia, cultura e ambiente, di recente riconosciuto dall’Unesco, dialogando tra la valenza locale e il suo valore universale. Questa vol-ta la mostra, Gli arazzi dei Gonzaga nel Rinascimento, è anche una sfi da: coinvolgere il pubblico proponen-dogli di capire e apprezzare un lin-guaggio artistico poco conosciuto in Italia ma di grande fascino. Una mostra rara, solo il Metropolitan di New York ha osato altrettanto, che riafferma come l’Italia abbia fondato la sua trama culturale sull’ibridazio-ne: la cultura della corte dei Gonzaga veicolo di relazioni con l’Europa del ‘500. Con gli arazzi ancora di più, tra cartoni di Mantegna, Raffaello, Giu-lio Romano, e manifatture del Nord Europa. Palazzo Te, fi no al 27 giugno.

Turismo interattivo con guide gioco

Una sorta di caccia al tesoro, per ren-dere la scoperta di una città ancora

più stimolante. Si chiama Whaiwhai, “cercare” in lingua Maori, la collana di guide turistiche interattive, che dialoga col viaggiatore e lo fa gioca-re: basta inviare un SMS a un nume-ro indicato per ricevere subito una risposta, che ordina le pagine per sco-prire il primo itinerario, poi sul cellulare si incominciano a ricevere informazioni, do-mande, tranelli, che fanno di ogni territorio o museo un luogo da approfondi-re, scoprendo un tesoro. La collana, inventata da Tomas Barazza, ha ricevuto dal Pre-sidente della Repubblica il premio per l’innovazione dei servizi nella categoria Turismo “per aver proposto una modalità non solo innovativa ma anche ludica ed originale di co-struzione degli itinerari turistici e di scoperta dei luoghi visitati”.

“Bugiardini” istruzioni da semplifi care

Qualche miglioria è stata fatta, ma le istruzioni per l’uso del farmaco nella confezione continuano a non avere un linguaggio comprensibi-le. Lo conferma una recente inda-gine sui farmaci da banco condotta dall’Ossevatorio della Comunicazio-ne dell’Università di Pisa per conto di Coop. Molti termini generano confusione così come le istruzioni sul dosaggio. Ma in Italia si è restii a semplifi care il linguaggio (malgrado una circolare ministeriale del 1997) e anche a usare il “test di leggibilità”. E’ previsto da una direttiva europea del 2001 e da noi recepita nel 2006, ma non utilizzata. In altri paesi inve-ce si verifi ca che le informazioni dei “bugiardini” siano chiare e utili, in-tervistando gruppi di persone, target di quel farmaco. no2 - 2010 - dm&c 47

Bottega di Willem de Pan-nemakerPuttini: La danzaArazzo, 383 x 435 cm

Bottega di Jehan BaudouynFructus Belli: Il carro del trionfoArazzo, 495 x 890 cm

Bottega di Willem de Pan-

più stimolante. Si chiama Whaiwhai,

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iNFORMALIBRI

Il processo di globaliz-zazione as-sociato alle m o d e r n e forme di co-municaz io-ne, come tv, carta stam-pata, Inter-net, Mobile insieme ai so-cial network, sono ormai o rgan i z za -te su base m o n d i a l e , agevolando i meccanismi d’integrazio-ne culturale e se, da un lato, sembra avvicinare i modelli di c o n s u m o , d a l l ’ a l t r o crea occasio-ni di carat-terizzazione sempre più

approfondite di prodotti e di servizi. Le nuove tecnologie informatiche pro-ducono degli effetti pervasivi sulle in-frastrutture delle imprese, sui prodotti, sui mercati e sui consumatori, con una rilevanza che non è possibile riscontrare in nessuna epoca passata, scatenando nuove opportunità legate a moderni modelli di business emergenti, ma esal-tando i rischi e le possibili sorprese stra-tegiche per chi pensa di poter leggere i nuovi tempi con gli strumenti interpre-tativi del passato.In questo scenario si assiste a un’evolu-zione dal marketing fondamentalmen-te standardizzato a un marketing che

segmenta sempre più in profondità la propria clientela, differenziando anche il modo d’impiego dei media, con una comunicazione ancor più mirata e per-sonalizzata.Il lavoro di Andrea Boaretto, Giuliano Noci e Fabrizio Maria Pini, si inserisce in queste problematiche con un’integra-zione equilibrata tra un’impostazione teorica e un’analisi dagli sviluppi ope-rativi. Gli autori sono mossi dall’importanza della coerenza all’interno degli ele-menti del marketing mix per una buo-na riuscita di una strategia multicanale e affrontano temi di grande rilevanza quali l’illustrazione del nuovo scenario di consumo e la conseguente crisi del mercato tradizionale. Presentando i fattori abilitanti di un approccio “open marketing” gli autori individuano le caratteristiche distintive dei differenti canali d’interazione a di-sposizione di un’impresa il tutto collo-cato per fornire un quadro strutturato delle strategie e del processo gestionale alla base del nuovo “paradigma” iden-tifi cando alcune linee guida di carattere operativo per la costruzione di un siste-ma di misurazione delle prestazioni di marketing.Questi temi sono trattati dagli autori con il ricorso a casi di estrema attualità, con riferimento ad esperienze oppor-tunamente differenziate quali: Cartasi, Mediamarket, Zara, Nestè, Carrefour, Barclayscard.L’impostazione complessiva rende il lavoro adatto a uno studente universi-tario che può trovare nel volume una solida impostazione del marketing con ampiezza di rimandi e di bibliografi e di approfondimento, ma si presta anche a un decisore aziendale, che vi troverà in-teressanti stimoli ed esempi operativi di particolare, successo da reinterpretare creativamente nel proprio lavoro.

OPEN MARKETINGStrategie e strumenti di marketing multicanaleAndrea Boaretto, Giuliano Noci e Fabrizio Maria Pini - ETAS editore - pag. 269 - 25,00 Euro.

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Internet è contemporaneamente un nuovo mezzo di comunicazione, uno strumento per la raccolta e la gestione delle informazioni e un vero e proprio canale di vendita.Tale natura composita rappresenta un’assoluta novità nel campo della co-municazione di marketing, e una vera rivoluzione nel campo di fare impresa, anche se l’impatto dell’adozione di In-ternet sui diversi settori è fortemente differenziato.Con l’avvento del web si era diffusa l’opinione che i vecchi principi e le vec-chie regole del marketing seguite dalle imprese fi no a quel momento, non ser-vissero più. Oggi è chiaro che Internet non rappresenta la “fi ne del marketing” e che le vecchie regole generali sono perfettamente applicabili.Il libro propone un modello interpreta-tivo che consiste in uno strumento per identifi care le novità digitali e collocarle all’interno delle singole funzioni azien-dali: il modello così chiamato dagli au-tori “a 4 direzioni”.Le 4 direzioni rappresentano i principali vettori della comunità aziendale del mes-saggio e dei contesti che si manifestano nell’impresa e nel mondo circostante: da dentro a fuori, da fuori a dentro, da dentro a dentro e da fuori a fuori.La proposta degli autori è di entrare nel merito dei singoli vettori comunicativi, mettendo a confronto modelli già riconosciuti con quelli utilizzabili e messe a disposizione dai nuovi strumenti digitali.Le applicazioni che ne derivano possono essere sfruttate dalle aziende per rende-

re più per-f o r m a n t i molte fun-zioni inter-ne, ridurre i tempi di risposta dal m e rc a t o , affrontare il mondo esterno in modo di-verso mi-s u r a n d o tempest i-v a m e n t e le reazioni della clien-tela.Il volu-me è ric-co di casi, esempi e indicazioni pratiche su come fare e su come orientarsi nell’utilizzo degli strumenti del web 2.0 secondo le proprie esigenze; un percorso che attraverso la descrizione dei singoli strumenti orientati in capito-li e corredati da un’appendice tecnica, evidenzia le fi nalità applicative.Un manuale di facile lettura, veramente utile e indispensabile per chi si occupa o vuole saperne di pianifi cazione della comunicazione per il marketing nella sua globalità; un testo fondamentale e rivoluzionario che cambierà per sempre il modo in cui comunicherete.

Impresa 4.0Marketing e comunicazione digitale a 4 direzioniFranco Giacomazzi, Marco Camisani Calzolari - Pearson Education Italia - pag. 269 - 25,00 Euro.

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Nello scorso numero di dm&c ci sia-mo posti una domanda che da sem-pre l’essere umano ha davanti a sé: è possibile misurare la felicità?Perché si sente questa esigenza? Ma perché essere felice appare essere il primo obiettivo per il genere uma-no. I libri sono pieni di citazioni di filosofi e saggi che tendono a dimo-strare quanto sia importante essere felici.E allora proviamo a misurarla questa felicità.In medicina esistono gli Holter, sono aggeggi che si applicano per misura-re le variazioni del ritmo cardiaco o la pressione arteriosa. Funzionano allo stesso modo gli Esm, Experience Sampling Method un metodo messo a punto dagli eco-nomisti per misurare la felicità. Sono come piccoli palmari che emettono di tanto in tanto un bip e invitano a premere il tasto che cor-risponde allo stato d’animo del mo-mento: eccitato o calmo, arrabbiato o sereno, preoccupato o frustrato, inquieto o impaurito. Elaborando i dati di questi “Holter della felicità” gli economisti hanno

ottenuto risultati che considerano imprevisti.

I soldi non danno la felicità

Si sono accorti che l’influenza del reddito sull’umore era minima. Che in Giappone tra il 1958 e il 1987 la felicità dichiarata non era cresciuta benchè nel periodo il reddito medio fosse quintuplicato. Ma perché si sorprendono così tanto questi economisti? Si sapeva già che “i soldi non danno la felicità”.Kahneman nel suo libro “Economia della felicità”, parla anche della ten-denza della gente ad adattarsi alle circostanze positive o negative che siano. E anche questo non è nuovo. Lo dicevano già i proverbi popolari che l’uomo si adatta a tutto, che niente è per sempre, nemmeno l’in-felicità. A seconda delle condizioni ci si abitua alla ricchezza ma anche alla povertà, alla salute ma anche alla malattia, al successo ma anche all’insuccesso. Felicità e infelicità ci accompagnano nel cammin di nostra vita in qualsia-

Antonella Lucato

Felicità e infelicità ci accompagnano nel cammin di no-stra vita in qualsiasi condizione ci troviamo a vivere. E’ facile passare da un momento di gioia a uno di tristezza

L’essere umano è attraversato da una alternanza di emozioni e sensazioni

Misurare la felicità

Comunicazione & Benessere

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- Seconda parte

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si condizione ci troviamo a vivere.Basta osservare le espressioni che si dipingono sul volto delle persone che ci stanno intorno per scoprire quanto cambino da un momento all’altro e come sia facile passare da un momento di gioia ad uno di tri-stezza.

Impresa vana?

Come esseri umani siamo attraver-sati da un’alternanza di emozioni e sensazioni, pensieri e sentimenti. Misurare la felicità è un’impresa vana, a ciascuno il destino riserva una quota di momenti felici ed in-felici. Non siamo sempre felici così come non siamo sempre infelici. Momen-ti di felicità si alternano a momenti d’infelicità. Così come si alternano lo Yin e lo Yang, Eros e Thanatos, l’Amore e il Dolore.Una felicità perpetua potrebbe per-sino trasformarsi in una condanna poiché prima o poi faremmo l’abitu-dine alla felicità e finirebbe per atte-nuarsi e stemperarsi al punto da non farci più gioire così intensamente.

Piccole, preziose cose

A regalarci attimi di felicità a volte bastano piccole cose per noi preziose. Emozioni che esplodono dentro im-provvise e ci ricordano che la vita è bella, nonostante tutto il male e il dolore che ci circonda. Un gesto d’amore, un abbraccio, una

carezza, l’incontro o il ritorno di un amore, di un amico di cui ti puoi fidare. Gli studiosi che cercano di misurare la felicità dovrebbero ricordarsi che viviamo in un universo variabile come il cielo. Il sole un attimo brilla splendente e un attimo dopo è coperto dalle nubi, piccole o grandi, bianche o nere.La grande letteratura è intrisa di quest’alternanza, tra luce e ombra, momenti di vita felice e infelice, una musica a volte improvvisa, sempre diversa così come lo è la vita.

Una ricerca perenne

Scegliere di essere felici si può. Nel libro che sto leggendo “Los cua-tro acuerdos” il dottor Miguel Ruiz, i suoi libri sono tradotti in trenta lin-gue e hanno venduto oltre cinque milioni di copie, scrive “ no hay ra-zon para sufrir. La unica razon por la que sufres es porque asi tu lo exiges. Si observas ti vida encontrars mu-chas excusas para sufrir, pero ningu-na razon valida. Lo mismo es aplica-ble a la felicidad. La unica razon por la que eres feliz es porque tu decides ser feliz. La felicidad es una eleccion, como tambien lo es el sufrimiento”.(Penso che non sia necessario tradur-re queste parole.) Verso la felicità tendiamo, è una ri-cerca che è insita negli esseri umani da sempre E proprio la continua ricerca di feli-cità ci salverà, nonostante il male e il dolore del mondo, come individui e come umanità.

La comunicazione nelle sue diverse forme espressive è il filo con-duttore che accompagna studi, formazioni e attività di una vita. Il Gesto e la Parola, la Relazione tra comunicazione verbale e non-verbale è stato il tema della tesi in Relazioni Pubbliche all’Uni-versità Iulm di Milano. Master in linguaggi espressivi, psicolo-gia della comunicazione e psicosomatica, un’intensa attività di comunicazione in note aziende multinazionali e l’insegnamento in prestigiose Scuole di formazione arricchiscono l’esperienza sino all’approdo alla scrittura. I libri pubblicati, diversi per genere, in comune hanno la ricerca interiore, l’arte sottile di scoprire e conoscere se stessi. Scrive per testate italiane ed internazionali.

Antonella Lucato

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Save the Children è la più grande organizzazione internazionale indi-pendente per la difesa e la promozio-ne dei diritti dei bambini. Esiste dal 1919 e opera in oltre 120 paesi del mondo coordinati da Save the Chil-dren International, Ong (Organizza-zione non governativa) con status consultivo presso il Consiglio Eco-nomico e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC).Save the Children Italia è stata co-stituita alla fi ne del 1998 come On-lus (Organizzazione non lucrativa di utilità sociale) ed ha iniziato le sue attività nel 1999. Oggi è una Ong (Organizzazione non governativa) ri-conosciuta dal Ministero degli Affari Esteri. Porta avanti attività e progetti rivolti sia ai bambini e alle bambine dei cosiddetti paesi in via di sviluppo che a quelli che vivono sul territorio italiano. Save the Children Italia lavora per la piena attuazione dei diritti dei bambini, delle bambine e degli ado-lescenti, rinforzando l’impatto degli interventi concreti realizzati in Italia e nel mondo , attraverso un’attività di sensibilizzazione dell’opinione pubblica ( campaigning ) anche at-traverso la promozione delle proprie posizioni, ed attività di advocacy a li-vello istituzionale (advocacy), spesso in sinergia con altre organizzazioni (networking).

In ItaliaSave the Children Italia, fi n dalla sua nascita, ha sviluppato programmi che hanno l’obiettivo di migliorare la

vita dei bambini e delle bambine che vivono in Italia. La presenza dell’Or-ganizzazione, in questi anni, si è consolidata in diversi settori e ambiti d’intervento, quali ad esempio la pro-tezione dei minori migranti presenti in Italia o a rischio di sfruttamento, e dei bambini e adolescenti che sono esposti ai problemi derivanti da un uso scorretto e illegale delle nuove tecnologie, o ancora, nell’ambito del sistema scolastico nazionale.

ATTIVITA’

ProtezioneSave the Children lavora sulla pro-tezione, intesa come l’insieme degli strumenti e azioni volte a prevenire e rispondere all’abuso, sfruttamento e violenza nei confronti dei minori.Unita’ legaleL’Unità Legale cura varie attività: consulenza legale diretta e online, raccolta di giurisprudenza e normati-va, raccordo con avvocati volontari, formazione e informazione, suppor-to giuridico alle attività programma-tiche, di advocacy e policy.Nuove tecnologieSave the Children Italia, vanta un impegno pluriennale per la tutela dei diritti dei più giovani nell’utiliz-zo dei Nuovi Media, promuovendo azioni ad ampio raggio.Educazione e ScuolaL’Area Educazione e Scuola favorisce attraverso attività di formazione in contesti scolastici ed extrascolastici la promozione e la tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

Save the Children dal 1919 lotta per i diritti dei bambini e per migliorare

le loro condizioni di vita in tutto il mondo

La nostra missione

Comunicazione Sociale

-

L’EDITORE

Save the Children Italia OnlusVia Volturno, 5800185 RomaTel: (+39) 06.4807.001 (+39) 06.4807.001Fax: (+39) [email protected] Fiscale 97227450158 Partita Iva 07354071008 C.C. POSTALE n. 43019207

Informazioni

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Nella sua EIBTM Industry Trends and Market Share Report, Rob David-son –ricercatore di turismo d’affari dell’Università di Westminster– non ha soltanto tastato il polso della fi -liera degli eventi aggregativi –come riportato nel precedente articolo Si salvi chi Pco– ma, dati alla mano, ne ha ipotizzato le linee di tendenza per il futuro. Aumentano le riunioni virtuali e quanti ancora si sposteranno per incontrarsi dovranno farlo con più austerità, con maggiore attenzione all’impatto ambientale e assicuran-dosi di lasciare un benefi cio sociale a chi li ospita.

Vediamoci online

La congiuntura economica sfavore-vole ha indotto nel congressuale il cosiddetto “fenomeno dei tagli”: di budget, del numero di eventi, del numero di giornate di presenza, del numero di partecipanti e della capa-cità di spesa media dei congressisti. I meeting dunque diminuiscono ma le necessità di incontrarsi per moti-vi di lavoro o di formazione restano

immutate. Come fare? Ricorrere alla tecnologia. In Germania un’inchiesta porta-ta avanti da uno dei principali in-terlocutori locali, la VDR (Verband Deutsches Reisenmanagement) ri-vela che le aziende hanno sostituito le conferenze tradizionali con quelle virtuali: aumentate del 40% rispet-to all’anno precedente provocano un’importante diminuzione dei viag-gi d’affari e un conseguente risparmio aziendale. Davidson fa inoltre riferi-mento a un’altra inchiesta interna-zionale relativa alle nuove strategie dei planner, questa volta Americani (PCMA/AMEX/Y Meeting Planner

Valentina Guerra

La Meeting Industry del futuro sarà sempre più virtuale e legata all’opinione dei media che tenderanno a decretarne le linee di tendenza

Recessione e interconnessione

C’era una volta il congressuale

Comunicare con i Convegni

dm&c - no2 - 201054

-

immutate. Come fare?

Vediamoci online

vole ha indotto nel congressuale il

budget, del numero di eventi, del

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Intentions Survey). Gli intervistati hanno dichiarato di voler fare mag-giore uso delle tecnologie alternative tra cui webinars (54%), teleconferen-ze (48%) e videoconferenze (30%). Anche il Future Watch dell’ultima EIBTM di Barcellona ha confermato questo trend evidenziando come me-eting virtuali e corsi di formazione online siano sempre più frequenti. L’hotellerie internazionale considera poi il taglio degli spostamenti come una nuova forma di guadagno cui adeguarsi rapidamente. Molti Star-wood e Marriot stanno per esempio dotando le loro sale congressi delle più moderne tecnologie di teleconfe-renza per assecondare le esigenze di un’economia sempre più globalmen-te interconnessa. Dobbiamo dunque dire addio agli appuntamenti faccia a faccia? No, o meglio, non ancora. A tale proposito Rob Davidson riporta l’opinione di Richard Arvey, eminen-te psicologo e comportamentista bu-siness. Il dottor Arvey afferma infatti che le numerose alternative online non riescono a sostituire pienamen-te gli incontri reali che producono un effetto maggiormente positivo sia a livello psicologico sia a livello di business e quindi di ROI (Return on Investment).

Pensano male di noi

L’austerity generale provoca una cer-ta diffi denza verso il Mice. Come far-si accettare dall’opinione pubblica e

dai media la cui stima diventa sem-pre più importante per la Meeting Industry? Prima di tutto assecondan-do le attuali tendenze socio-econo-mico-ambientali. Bisogna risparmia-re? Ok, scegliamo sedi meno costose e organizziamo cene di lavoro meno lussose e stravaganti ma, soprattutto, optiamo per riunioni che uniscano al Roi aziendale uno sociale. I delegati devono cioè poter svolgere attività di volontaria-to utili alle comunità ospitanti. Un esempio di questa fi losofi a è stato fornito da un importante appuntamento mice britanni-co: Eventia. Si tratta di una con-ferenza annuale che, lo scorso luglio, si è svolta a Brighton dove i congressisti hanno ridi-pinto i muri del cortile dell’area giochi per bambini di un’area disagiata della città. I maggiori rappresentanti del settore a li-vello internazionale –Conven-tion Industry Council’s Accep-ted Practices Exchange (APEX) on Green Meetings and Event Practices Exchange– hanno inoltre messo i puntini sulle “i” dell’eco-sostenibilità creando una policy uf-

fi ciale cui la fi liera dovrà attenersi mentre un’inchiesta rivolta a oltre 300 responsabili marketing e vendi-te statutitensi ha rivelato che il 66% ha implementato le iniziative green nell’ambito dell’event planning, di cui il 44% in seguito a uno specifi co mandato aziendale. no2 - 2010 - dm&c 55

Intentions Survey). Gli intervistati

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La Liguria non è soltanto una “terra-damare” ma un’armonia di paesaggi, che vanno da affascinanti e suggesti-vi borghi visitabili, a città artistiche ed incantevoli paesaggi naturali.Soffermandosi sul territorio savonese questo si presenta con una duplice fi-sionomia che va da un tipico litorale dalla morfologia tormentata ad una terra più collinare che si affaccia dol-cemente sulla costa. Con il blu immenso del mare da un lato e i primi contrafforti alpini dall’altro la Riviera, grazie alla di-versità degli ambienti naturali ed alla presenza delle catene montuose, gode di un’ abbondante insolazione e degli effetti benefici del mare an-che nei periodi invernali.Il Savonese aggiunge al suo carnet un clima fra i più miti, con vegeta-zione lussureggiante, inverni tiepidi e la possibilità ininterrotta dalla pri-mavera all’inverno di balneazione ed escursioni nell’entroterra.

Spaccati suggestivi

Il paesaggio savonese con una realtà ambientale così multiforme offre al turista, e non solo, spaccati di sugge-stiva bellezza.Si può godere di un litorale animato dalle “promenades” delle varie loca-lità turistiche marine dalle quali si può esultare dell’ abbraccio del mare con la verdeggiante macchia medi-terranea dove le ginestre, il lentisco,

il mirto, il timo, il rosmarino, i casta-gneti e le maestose foreste di faggio popolano l’entroterra arrivando a picco sulle acque.Gli armoniosi paesi dell’entroterra ricchi di storia, di cultura, di tradi-zioni in grado di conquistare chiun-que; le caratteristiche peculiari dei borghi, a pochi chilometri dalla co-sta, li rendono straordinariamente affascinanti.

Piacevole scoperta

La scoperta dell’entroterra Ligure è un piacevole viaggio attraverso i pa-esi delle diverse Comunità montane che si estendono a monte della fascia costiera ligure. Territori abbandonati negli anni pas-sati e riscoperti con grande entusia-smo dalle popolazioni del Nord Eu-ropa quali tedeschi e scandinavi. Ad oggi anche la popolazione italia-na è tornata a ripopolare questi luo-ghi godendo degli scenari suggestivi e dell’aria pulita che vi si respira. Si possono creare diversi itinerari che passando da una valle all’altra danno la possibilità di soffermarsi a visita-re i numerosi borghi che il territorio offre.Tenendo come punto di riferimento e di partenza il Loano2Village, aperto tutto l’anno, si potrà decidere di sce-gliere uno degli interessanti itinerari che illustreremo nel prossimo artico-lo. (continua)

Giovanna Risso*

L’entroterra savonese è una sfera di bellezze an-cora troppo nascosta, con i suoi borghi antichi e panorami suggestivi che si affacciano nel blu

Interessante per il turismo e per il congressuale

Liguria:”terradamare”

Comunicare con i Convegni

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-* Responsabile Marketing Loano2Village

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Chiunque arrivi a Milano ha un motivo preciso, legato alle sfi late della moda, agli eventi fi eristici, al business e solo qualche volta si pensa a questa bellissima città europea e cosmopolita come ad una meta turistica.Milano è monumenti, palazzi storici, shopping, è caos sulle tangenziali, è una giornata fre-netica, ma è anche verde, parchi, testimonianze storiche.

Il Parco Nord di Milano

Pochi conoscono il Parco Nord di Milano …Basta passeggiare tra i viali, tra i fi lari di tiglio o ippocastano, oppure im-mergersi nei numerosi sentieri che corrono tra i boschi, per ammirare i colori e assaporare i profumi di una natura più che mai vivace e scoprire molte specie di uccelli e farfalle che popolano una vera oasi naturale nel-la città.Un percorso naturalistico da percor-rere a piedi, di corsa o in bici e respi-rare a pieni polmoni, perché anche vicino alle grandi città questo è pos-

sibile.Se continuiamo il nostro itinerario, verso la Brianza, raggiungiamo il Parco di Monza con la splendida Vil-la Reale, completamente restaurata, sede di eventi musicali e teatrali.Un parco che ospita lo storico Auto-dromo, il circuito delle emozioni …Avete mai provato a correre ad alta velocità su uno dei circuiti più belli? E percorrere anche la curva paraboli-ca? Un’esperienza unica …Tutto questo è realizzabile all’Auto-dromo di Monza, ideale per organiz-zare giornate dedicate a corsi di gui-

Erminia Casadei

Nel cuore della Brianza, intorno a Milano, si possono trovare interessanti offerte per rendere unico un evento congressuale o motivazionale

Alla ricerca di emozioni

Un’area tutta da scoprire…

Comunicare con i Convegni

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-

sibile.

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da sicura, speed day e team building e attività di coaching aziendali per-sonalizzati.

Perfetta per un evento

Il complesso offre anche un im-portante spazio meeting e servizi di catering ed è una location davvero originale da suggerire come sede di un evento, grazie anche al bellissimo contesto del parco.Nel cuore della Brianza, senza di-menticare Monza con le sue caratte-ristiche ed eleganti strade dello shop-ping.Motori, arte, natura … non manca proprio nulla!

Per una sosta

Per la sosta lungo questo breve itine-rario possiamo darvi qualche sugge-rimento: un nuovissimo albergo, Ora Hotels City Milano, ricavato all’in-terno di una fabbrica, con i suoi am-bienti eleganti in stile un po’ retrò, 106 camere tra classic, superior e ju-nior suite, ristorante e sala meeting.Una struttura che può essere rag-giunta anche in elicottero o in pi-per, parcheggiando proprio davanti all’albergo, grazie alla sua splendida posizione di fronte all’aeroclub di Bresso. Davvero niente male, special-mente per chi vuole evitare il traffi co

cittadino o sem-plicemente per chi desidera apprezzare una splendida vista sulla metropoli di giorno o, an-cora più sugge-stivo, by night!Quante nuove emozioni … chi l’avrebbe detto? Milano è anche tutto questo! Una città da vivere, sot-to tutti i punti di vista!www.orahotelsgroup.eu

ORA HOTELSVia XXV Aprile 49/5120092 Bresso (Milano)Tel 02/6101422Fax 02/[email protected]

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Un interessante viaggio a cono-scere una Italia che è un po’ fuori

dai percorsi classici tradizionali, dal-le città d’arte più nominate. Sembra quasi che quando si deve pensare ad un meeting non si riesca ad uscire dai soliti schemi, dalle soli-te mete. E forse dimentichiamo che in Italia si può andare da qualsiasi parte e organizzare un evento che può essere memorabile. Un interessante viaggio alla scoper-ta di tre province della Lombardia è stato organizzato dalla Camera di Commercio di Milano, in collabora-zione con le camere di commercio ed i convention bureau locali. E così proviamo a raccontare breve-mente cosa ci ha colpito a Pavia, Va-rese e Bergamo. Tre province ognuna con la propria caratteristica e personalità ma con alcuni elementi di eccellenza comu-ni: la storia, la cultura, l’enogastro-nomia, il folklore, l’artigianato, gli eventi …

Provincia di PaviaCollocata nell’angolo sudocciden-tale della Lombardia, ai confini con Piemonte ed Emilia-Romagna, la provincia pavese è divisa in tre aree: il Pavese a nord-est, la Lomellina a nord-ovest e l’Oltrepò Pavese a sud. Nel Pavese e nella Lomellina le risa-ie si estendono per migliaia di etta-ri, cinte da filari di pioppi e fossati. Nell’Oltrepò prevalgono le colline coltivate a vigneto. Molte le cose da vedere: il Parco del Ticino; l’Oasi di Sant’Alessio; il Giar-dino delle Farfalle. E molti i luoghi di interesse artistico: la Certosa di Pavia; la Piazza Ducale di Vigevano, la Pinacoteca Malaspina.

Provincia di VareseAll’estremità occidentale della regio-ne, la provincia di Varese si sviluppa per linee verticali, tra il lago Maggio-re e le Alpi (e la Svizzera). Caratteri-stica della zona è la ricchezza idro-grafica (torrenti e laghi).Anche qui molti i luoghi di interesse artistico: il Palazzo Estense; l’Eremo di Santa Caterina del Sasso, ; il Ca-stello Mantegazza a Masnago.E anche luoghi di interesse storico tra cui spicca il Sacro Monte di Vare-se, inserito a buon diritto nell’elenco dei Patrimoni dell’umanità dell’Une-sco. Provincia di BergamoNel cuore della regione lombarda, il territorio propone al suo interno contesti molto differenti. Nella re-gione settentrionale le Alpi Orobie offrono un paesaggio naturale mol-to variegato. Dalle Prealpi Orobiche scendono più torrenti che segnano le valli della bergamasca, come la Val Brembana (fiume Brembo) e la Val Seriana (fiume Serio). Tra i luoghi di interesse storico si può ricordare, su tutti, la Piazza Vecchia di Bergamo Alta. In Provincia esistono molti servizi e strutture: Impianti sciistici, in Val Seriana e in Val Brembana; impianti sportivi; stabilimenti termali; strut-ture fieristiche e Parchi divertimenti. Vengono consigliati anche alcuni iti-nerari: una corsa in treno, lungo la linea Palazzolo sull’Oglio-Paratico Sarnico, rimasta chiusa per quasi trent’anni, corre il Treno Blu, il treno turistico per il lago d’Iseo; la crociera sul lago; la visita al villaggio operaio; la Ciclovia Val Brembana, ricavata dall’antico tracciato della ferrovia.

L’Italia da scoprire

Club dell’Osso

dm&c - no2- 201060

[email protected]

Demetrio Minutilli

Una veloce corsa in tre province della Lombardia fa riflettere su quante cose interessanti ci sono da scoprire su tutto il nostro territorio nazionale

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dmcFondato nel 1987

dm & comunicazione

Rivista di Direct Marketing, Marketing e Comunicazione d’ImpresaAutorizzazione tribunale n° 300 del 19/04/1991Sped. abb. post. 50% - Anno 23 - n° 2 del 2010Prezzo di una copia 5 Euro Abbonamento annuale (6 numeri) 25 Euro - www.miabbono.com/dmc

Direzione, Redazione, Grafi ca, Amministrazione:Via Spallanzani 10 - Porta Venezia - 20129 Milano tel. +39.02.74.22.22.1 - fax +39.02.74.22.22.23e-mail: [email protected] - www.dmconline.it

Direttore Responsabile: Ugo Canonici ([email protected])Capo Redattore: Sarah CanoniciRedazione: Carlo Cremona, Grazia De Benedetti, Luca PalestraCoordinamento Redazionale e Grafi ca: Davide Canonici ([email protected])Editore Incaricato: Bruno Calchera

Collaboratori: Fabrizia Vania Calzavara, Erminia Casadei, Pier Giorgio Cozzi, Vittoria A. D’apice, Antonio Ferrandina, Silvia Frattini, Valentina Guerra, Axel Lo Guzzo, Antonella Lucato, Alessandro Lucchini, Marco Maglio, Domenico Matarazzo, Demetrio Minutilli, Ugo D. Perugini, Maurizio Quarta, Andrea Rettore, Emiliano Ricci, Giovanna Risso, Margherita Ruggiero, Elena Schiavon, Mario Silvano

Pubblicità: Gestita direttamente dall’Editore ([email protected])tel +39.02.74 22 22.1

Iscrizione ROC: 16511Deus Editore s.r.l.: via Turati, 26 - 20121 Milano - P.I. IVA 11422020153

Club C3:Il club per chi opera nel mondo della comunicazione d’impresa, ha come missione una corretta divulgazione della cultura della comunicazione.

dm&c è l’organo d’informazione del Club C3e-mail: [email protected] www.dmconline.it

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Qualora non vogliate ricevere più questa pubblicazione potete inviare una mail a [email protected] specifi cando nell’oggetto “cancellatemi dal data base”.

dmcdmdmd cmcmComitato scientifi co

Bruno CalcheraGiornalista. Collabora con diverse realtà del Terzo Settore. Già Direttore della Comunicazione Istituzionale della Regione Lombardia, dopo essere stato Direttore della Comunicazione per l’Assessorato alle Politiche Sociali.

Mario Pasquero Dopo esperienze in aziende leader del Largo Consumo (Ferre-ro, Diageo, Paglieri) in ambito Marketing e Commerciale entra in Poste Italiane come Direttore Marketing di Postel e poi nella Capogruppo Poste. Oggi è consulente specializzato in Direct Marketing e Product/Trade Marketing per il Largo Consumo.

Marzia CuronePartner di “Relata”, Agenzia di Marketing e di Comunicazione di Relazione. Presidente del settore Direct Marketing di Asso-comunicazione, Coordinatore del Comitato Interassociativo Marketing Diretto.

Chiara GrosselliResponsabile del Marketing e delle Comunicazioni per l’IBM in Italia, delle Relazioni Esterne e della Fondazione IBM Italia. Collabora con diverse associazioni per sostenere l’imprendito-ria femminile. Ha vinto il Premio “Marisa Bellisario”.

Alessandro LucchiniGiornalista e copywriter, è autore di libri sulla comunicazione professionale. Tiene corsi di business/web writing per aziende ed enti pubblici e insegna all’università Iulm di Milano.

Bruno Patrito SilvaFondatore e presidente di Direct Channel - con oltre 30 anni di esperienza, maturata prima nell’ambito di prestigiose azien-de leader dell’I.T. e trasformata successivamente in attività im-prenditoriale.

Mario SilvanoPresidente di Silvano Consulting, società di formazione, consu-lenza, marketing operativo, sviluppo quadri commerciali.Dal 1961 tiene corsi in Italia e all’estero. Autore di libri su mar-keting e vendita.

Roberto ValliniGià direttore della Comunicazione di AEM Milano, e vice Presi-dente della FERPI. Giornalista, Direttore del TG di Antennatre, è stato Portavoce del Presidente della Lombardia Roberto For-migoni, e Direttore Editoriale di Telereporter.

Michele FaldiDirettore dell’Alta Formazione e delle Alte Scuole dell’Univer-sità Cattolica del S. Cuore. Ha lavorato presso centri culturali ed istituti di ricerca e formazione in Italia e all’estero. Da sem-pre si è occupato di Higher Education.

Maurizio NichettiArchitetto, mimo, sceneggiatore di cartoni animati, attore, au-tore, regista di fi lm di successo e di cortometraggi.Debutta nel cinema con Ratataplan, a cui faranno seguito una decina di altri fi lm. Lavora anche per il teatro e per la televisio-ne. È direttore artistico del teatro fi lm festival di Trento.

Bruno CalcheraGiornalista. Collabora con diverse realtà del Terzo Settore. Già Direttore della Comunicazione Istituzionale della Regione Lombardia, dopo essere stato Direttore della Comunicazione per l’Assessorato alle Politiche Sociali.

Mario PasqueroDopo esperienze in aziende leader del Largo Consumo (Ferre-ro, Diageo, Paglieri) in ambito Marketing e Commerciale entra in Poste Italiane come Direttore Marketing di Postel e poi nella Capogruppo Poste. Oggi è consulente specializzato in Direct Marketing e Product/Trade Marketing per il Largo Consumo.

Marzia CuronePartner di “Relata”, Agenzia di Marketing e di Comunicazione di Relazione. Presidente del settore Direct Marketing di Asso-comunicazione, Coordinatore del Comitato Interassociativo Marketing Diretto.

Chiara GrosselliResponsabile del Marketing e delle Comunicazioni per l’IBM in Italia, delle Relazioni Esterne e della Fondazione IBM Italia. Collabora con diverse associazioni per sostenere l’imprendito-ria femminile. Ha vinto il Premio “Marisa Bellisario”.

Alessandro LucchiniGiornalista e copywriter, è autore di libri sulla comunicazione professionale. Tiene corsi di business/web writing per aziende ed enti pubblici e insegna all’università Iulm di Milano.

Bruno Patrito SilvaFondatore e presidente di Direct Channel - con oltre 30 anni di esperienza, maturata prima nell’ambito di prestigiose azien-de leader dell’I.T. e trasformata successivamente in attività im-prenditoriale.

Mario SilvanoPresidente di Silvano Consulting, società di formazione, consu-lenza, marketing operativo, sviluppo quadri commerciali.Dal 1961 tiene corsi in Italia e all’estero. Autore di libri su mar-keting e vendita.

Roberto ValliniGià direttore della Comunicazione di AEM Milano, e vice Presi-dente della FERPI. Giornalista, Direttore del TG di Antennatre, è stato Portavoce del Presidente della Lombardia Roberto For-migoni, e Direttore Editoriale di Telereporter.

Maurizio NichettiArchitetto, mimo, sceneggiatore di cartoni animati, attore, au-tore, regista di fi lm di successo e di cortometraggi.Debutta nel cinema con Ratataplan, a cui faranno seguito una decina di altri fi lm. Lavora anche per il teatro e per la televisio-ne. È direttore artistico del teatro fi lm festival di Trento.

Michele FaldiDirettore dell’Alta Formazione e delle Alte Scuole dell’Univer-sità Cattolica del S. Cuore. Ha lavorato presso centri culturali ed istituti di ricerca e formazione in Italia e all’estero. Da sem-pre si è occupato di Higher Education.

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Dove si può fare sperimentazione, se non in università? e dove speri-

mentare nella comunicazione, se non nell’università della comunicazione? e come sperimentare la potenza della scrittura, se non spegnendo il micro-fono al docente, e facendolo interagire con l’aula solo tramite il suo mac, in una conversazione scritta, in diretta, con i ragazzi, tutt’al più con qualche suggestione video? Questo mi è successo tempo fa, in una strana lezione all’Uni-versità Iulm di Milano. Il fatto di essere senza voce è stato forse solo un pretesto. In realtà c’era la voglia di provare strade nuove, di cambiare punto di vista, anche nella didattica. Come nello sport: esegui il gesto tecnico fino all’automatismo, se non fino alla perfezione, ma a un certo punto vuoi provare nuove modalità.Il buon risultato non era scontato. Il ri-schio era il fischio: gli studenti non sono proprio di bocca buona. Esigenti, seletti-vi, se non colgono subito il vantaggio di una proposta formativa non perdonano. Rumoreggiano, disapprovano, o peggio, annoiati, abbandonano l’aula. Il silen-zio di quell’aula in quell’ora e mezza, scandito solo dalle risposte e dai com-menti alle provocazioni via via scritte sullo schermo, da qualche sussulto e da qualche risata, è stato la misura del buon risultato.Si inizia alle 10.30. Tutto ciò che suc-cede è ripreso con una telecamera. I ra-gazzi osservano, curiosi. D’improvviso, lo schermo comincia a riempirsi delle parole che scrivo in diretta: «Bene, oggi il programma era: web writing ed email. Solo che non ho voce, quindi vi propon-go una cosa un po’ diversa.

Ci state? O preferite che rinviamo la lezione? Ci state, vero?»Sorrisi e, pur tra sguardi perplessi, se-gnali di approvazione e di fiducia.Studenti attenti e interessati. Un susse-guirsi di spezzoni video (brani di film e pezzi comici, tutto dal magico Youtu-be) e di parole scritte sullo schermo, con continui richiami agli argomenti tratta-ti nelle lezioni precedenti, e con nuove proposte di riflessione, in una inedita chat con l’aula che realmente dimostra la potenza straordinaria della parola scritta, ben al di là del suo valore lessi-cale e semantico.L’esperimento formativo scorre veloce all’insegna della stravaganza. Non il solito predicozzo a una via, con il brusio di fondo dall’altra parte, ma una nuova e coinvolgente interazione. Niente appunti presi di corsa: c’è solo da stare attenti e concentrati.La lezione si conclude con due proposte:1. scrivere a più mani: invito i ragazzi a scrivermi, nei giorni successivi, rispon-dendo alla domanda: «Quali idee mi sono venute da quella strana lezione?». E l’invito - incredibile ma vero! – viene accolto da molti ragazzi.2. nello spirito del web 2.0: la realizzazio-ne di un video da pubblicare su Youtube per ricordare questa lezione (eccolo, per i curiosi e per gli increduli: http://www.youtube.com/watch?v=qxlYXKnzqxY).La morale della favola, al di là della le-zione, penso sia questa: osate cambiare, provate nuove strade anche nella scrit-tura, con coraggio e passione, per se-durre i lettori e affermare, nella pratica quotidiana, la magia della scrittura.

Esperimento all’Università Iulm di Milano. Una lezione di scrittura fatta come una pagina: solo parole scritte e immagini. Una palestra per docente e studenti.

Lezione muta

Pensiero Libero

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di Alessandro Lucchini*

*Alessandro Lucchini, giornali-sta e copywriter, Autore di libri sulla comunicazione profes-sionale. Tiene corsi business/web writing per aziende ed enti pubblici e insegna all’università Iulm di Milano. www.palestradellascrittura.it [email protected]

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