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Donato Speroni - Milano 14/03/2011 1 I numeri della felicità dal Pil alla misura del benessere Donato Speroni “Everything should be made as simple as possible, but not simpler”. Albert Einstein

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I numeri della felicità

dal Pil alla misura del benessere

Donato Speroni

“Everything should be made as simple as possible, but not simpler”.

Albert Einstein

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Statistica, sviluppo e benessere Perché ce ne occupiamo: l’importanza dei

“numeri” per una buona politica Il tema è diventato più attuale che mai: dalla

commissione Stiglitz ai dibattiti all’Onu Come cambia la statistica: un grande processo di

revisione in corso in tutto il mondo Che cosa significa davvero andare “oltre il Pil”. Che cosa possiamo realmente aspettarci da

questo processo di cambiamento

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La statistica: perché conta sempre di più. Ma possiamo fidarci? “Una volta la politica veniva prima dei numeri, oggi sono i

numeri che fanno la politica e la politica è l’arte di adeguarsi ai numeri”. Chi l’ha detto? Perché è vero?

Ma quanto è credibile la statistica ufficiale? Le regole del gioco: Standard internazionali Calendario prefissato dei rilasci Controlli europei (che non sempre funzionano, vedi Grecia)

La differenza tra statistica e sondaggi. Attenti a: Criteri di campionamento lntervallo di confidenza e margine di errore

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La“statistica del 21° secolo”:Raccogliere, elaborare, diffondere dati che siano condivisi ed effettivamente utili per le

scelte politiche e il controllo democratico consentano confronti internazionali ma

rispecchino anche le specificità locali Siano non soltanto “statistica” ma anche

“societistica”: attenzione non solo alle informazioni “per il Principe”, ma agli individui, al sociale, all’ambiente

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Superamento del Pil: se ne parlava già nel1968: il famoso discorso di Bob Kennedy

Per troppo tempo e in misura troppo intensa abbiamo subordinato i valori individuali e collettivi alla mera accumulazione dei beni materiali. Il nostro Prodotto interno lordo (Pil) include anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette e le ambulanze per sgombrare le carneficine sulle nostre strade. Comprende le serrature speciali per le nostre porte e le prigioni per la gente che le viola. Conteggia la distruzione delle sequoie e la perdita delle nostre bellezze naturali nell’urbanizzazione caotica.

Al tempo stesso, il Pil non tiene conto della salute dei nostri bambini, della qualità dell’educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non include la bellezza della nostra poesia, la forza dei nostri matrimoni, l’intelligenza del nostro dibattere pubblico o l’integrità delle nostre autorità. Non misura né il nostro spirito né il nostro coraggio, e neppure la nostra devozione al Paese.

In poche parole, misura tutto, fuorché quello che rende la vita degna di essere vissuta. Ci può dire tutto dell’America, tranne il perché siamo orgogliosi di essere americani.

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Che cosa è successo in questi 40 anni? Il movimento degli indicatori sociali ha posto

l’accento sui dati non economici Si è cominciato a misurare la felicità individuale

(scala di Cantril) e si sono scoperti riscontri oggettivi al benessere percepito

Il paradosso di Easterlin ha messo in evidenza che oltre un certo livello la felicità non cresce col reddito ma dipende da altri fattori

Alcuni economisti (Bartolini) affermano anzi che gli incrementi di Pil distruggono felicità

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I ruoli nella rivoluzione statistica I Millennium Development Goals (obiettivi Onu al 2015) hanno

rappresentato un grande tentativo globale. Quest’anno si è discusso sui risultati a 10 anni dal lancio.

La pressione “dal basso” per elaborare nuovi indici di benessere si è fatta sempre più forte, soprattutto nei Paesi democratici.

Gli indicatori sociali si sono moltiplicati, sono diventati più tempestivi, affiancano statistiche di “subjective well being” (swb) basate sull’auto percezione a rilevazioni oggettive (disoccupazione, condizioni abitative, speranza di vita in buona salute ecc.).

Il progetto Measuring Progress dell’Ocse fa periodicamente il punto su quello che avviene nel mondo.

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Il 2009 è il punto di svoltaoltre 40 anni dopo il discorso di Bob Kennedy, nel giro di pochi mesi: In Francia la commissione Stiglitz – Sen – Fitoussi

ha analizzato il processo e presentato proposte tecniche di miglioramento

Il G 20 di Pittsburgh ha invitato a elaborare metriche nuove

L’Unione Europea ha lanciato il progetto “Beyond Gdp”

A Busan (Corea) l’Ocse ha mobilitato 2000 tra statistici, economisti, politici, Ong, di 100 paesi in un grande congresso sulle “misure del progresso” e ha lanciato “wikiprogress”

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La differenza col passato è politica La crisi economica ha accentuato le contraddizioni tra ripresa dello

sviluppo, qualità della vita e sostenibilità Sarkozy ha voluto la commissione Stiglitz perché ha colto l’

impossibilità di continuare col vecchio modello di sviluppo (così dice Stiglitz che aveva fallito con Clinton)

E adesso? I “tavoli nazionali” tra gli stakeholders (“portatori d’interesse”) dovrebbero

calare la riforma Stiglitz nelle realtà nazionali. Diversi Paesi, dalla Gran Bretagna alla Cina, hanno dichiarato di voler

misurare la felicità dei propri concittadini Gli istituti ufficiali di analisi economica di Francia e Germania hanno

presentato congiuntamente una prima proposta di un “cruscotto” di indicatori che dovrebbe essere valido per l’Europa.

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Oltre il Pil: tre linee di ricerca(rapporto Stiglitz, ma non solo)1 Migliorare le informazioni diffuse dalla contabilità

nazionale

2 Misurare la felicità individuale e le sue correlazioni con dati oggettivi di benessere, sui quali comunque migliorare le informazioni

3 Valutare la sostenibilità per le generazioni future

Un interrogativo di fondo:

Indice unico come il Pil, o dashboard (cruscotto) di indicatori???

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1) C’era una volta (e c’è ancora) il Prodotto interno lordo… Si è cominciato a calcolarlo dopo la crisi del ’29 e

la sua elaborazione ha avuto un impulso con la seconda guerra mondiale

Nel tempo è diventato qualcosa che non doveva essere secondo gli ideatori Kuznets e Keynes: una misura onnicomprensiva di ricchezza

Il primo politico ad esprimere una forte critica è stato Robert Kennedy nel 1968

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La contabilità nazionale E’ una branca della statistica che misura le

macrograndezze, attraverso il Conto delle Risorse e degli Impieghi

Non deve quindi essere confusa con la contabilità di Stato che riguarda solo la pubblica amministrazione

Utilizza tutte le variabili a disposizione della statistica pubblica: produzione, lavoro, ecc.

Dà il polso della produzione di ricchezza di un sistema: il Pil, Prodotto interno lordo = GDP, Gross Domestic Product

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Il conto delle risorse e degli impieghi Prodotto interno lordo Importazioni

= RISORSE

Esportazioni Investimenti lordi Consumi finali= IMPIEGHI

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Il prodotto interno lordo misura... Anche l’economia sommersa perché si tratta di una stima a

tavolino Fatica a valutare adeguatamente la produttività della pubblica

amministrazione Non misura:

determinate prestazioni quali il lavoro familiare le economie parallele: criminalità, prostituzione Il depauperamento delle risorse ambientali La qualità della vita: spendere per fare sport o per serrature di

sicurezza è la stessa cosa E’ “lordo” in quanto non tiene conto del consumo dei capitali (a

differenza dei bilanci d’impresa che prevedono l’ammortamento)

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Migliorare, non rottamare il Pil Il calcolo del Gdp (gross domestic product: il Pil in inglese)

segue criteri definiti internazionalmente che favoriscono la confrontabilità tra i Paesi

Più significativo del Pil pro capite il reddito effettivamente disponibile per le famiglie e quello corretto dai servizi pubblici, il lavoro domestico, il tempo libero

E’ utile indagare sulle mediane (che ci dicono come sta la famiglia o l’individuo “di mezzo”) e non solo sulle medie

E’ utile valutare il Prodotto interno al netto dei consumi di capitale

La contabilità nazionale resta comunque fondamentale per misurare la ricchezza prodotta

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2) Misure soggettive/oggettivedi benessere e felicità La Gallup, ma anche altri (Australia, per esempio) misura il

benessere soggettivo (Swb) con la scala di Cantril: da zero a dieci quanto sei soddisfatto della tua vita? E’ una misura con molti difetti. Però è utile

Il benessere oggettivo non è facile da misurare: per esempio, qual è il tasso ottimale di divorzio? Anche il suicidio può avere significati diversi nelle diverse società

Le correlazioni tra benessere soggettivo e valutazioni sui campi che lo influenzano (soldi, salute, famiglia, amici, sicurezza, fiducia in chi governa, religiosità, ambiente ecc.) forniscono un profilo interessante di ciascuna comunità.

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Benessere, felicità, happiness, well being: sfumature diverse in italiano e inglese ISTANTANEO PROTRATTO NEL

TEMPO

ECONOMICO Benessere

GENERALE Felicità Happiness - Well being

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Confronto (opinabile ma interessante) tra le classifiche Gallup e quelle Fmi

Paese Felicità 2008/9 (data base Gallup )

Rispetto a 2 anni prima...

Rispetto al Pil pro capite 09(Fmi)

Danimarca 1 = +15

Stati Uniti 14 -3 -9

Brasile 18 +22 +48

Italia 36 -14 -7

Cina 121 -29 -39Donato Speroni - Milano 14/03/2011 19

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3) La misura della sostenibilità In pratica è lo “stato patrimoniale” di un sistema Paese, esteso a

comprendere: Il capitale economico Il capitale ambientale e la biodiversità Il capitale umano (livelli di educazione e formazione: Pisa, Program

for international student assessment, e nuovo indice basato sui 50enni

Il capitale sociale (reti di relazioni, adesione ai valori collettivi) Soprattutto per l’ambiente, ci sono numerosi indici che aiutano a

capire se la produzione di oggi danneggia il futuro: taglio foreste tropicali, depauperamento riserve ittiche ecc.

Nessuna misura è davvero soddisfacente, anche perché quasi tutte si concentrano sulla sostenibilità ambientale, ma nessuno ci fornisce un modello di sostenibilità sociale

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Ecco perché diciamo che non esiste una misura adeguata di sostenibilità sociale Anche l’Onu nasconde l’entità del problema

migratorio: parla di 100 milioni di persone nei prossimi 40 anni. Saranno molte di più!!!

Abbiamo modelli complessivi di previsione economica, ma non abbiamo modelli globali di previsione sociale e di calcolo del rischio delle diverse politiche

Esempio: nessun modello aveva previsto quello che è successo in Nordafrica!

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E’ possibile sostituire il Pil con un indicatore composito più ampio? Il tentativo più importante in questa direzione è lo Human Development

Index dell’Undp, che include reddito, speranza di vita e “literacy”. Il rapporto diffuso per il ventennale tien conto tra l’altro, di ambiente e governance. Sul sito dell’Undp puoi farti la tua classifica.

Nascono anche indicatori “privati” come il Bcfn Index di Barilla: 35% lifestyle, 20% variabili economiche, 15% sostenibilità, 30% componenti sociali e interpersonali

Il Buthan parla da anni di Gross National Happiness. Si tratta di una elaborazione rigorosamente matematica, ma ancora sperimentale e molto legata alle specificità locali

I due più istituti nazionali di statistica più avanzati nel mondo hanno scelto strade diverse: il Canadian Index of Wellbeing è un indicatore composito, Measuring Australia’s Progress è un “cruscotto”

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In conclusione: la partita è politica Si vogliono evitare gli errori dei Mdg, con un

maggiore coinvolgimento della base. Ma la confrontabilità diventa un problema

Ci sono resistenze da parte dei Paesi di nuova industrializzazione alla introduzione di nuove metriche. A cominciare dalla Cina, che però sta cambiando posizione

Altri temono che i nuovi indicatori servano solo a far fare bella figura a qualche Paese

Il processo però è avviato: il vecchio Pil non basta e deve essere integrato

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E in Italia? Opportunità e rischi C’è una forte attenzione politica e culturale al dopo Stiglitz

con numerosi dibattiti e convegni, come dimostra anche questa giornata.

Cnel e Istat presenteranno il primo rapporto sul beessere equo e solidale entro 18 mesi, dopo ampia consultazione

L’Istat ha già una base importante di statistiche sul benessere; saranno integrate e adeguate nella tempistica e serviranno da supporto tecnico al Cnel.

Manca però il consenso politico su quali statistiche sono davvero importanti. E manca la cultura statistica per valutarle.

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Riflessioni dopo l’uscita del mio libro…

Sul tema del “superamento del Pil” c’è molto interesse, ma col rischio di eccessiva ideologia

Bisogna chiarire bene l’equivoco tra “felicità” e “benessere” e anche il rapporto di questi indicatori con l’azione politica

Il campo della misura della “sostenibilità” è quello più inadeguato rispetto alle crisi che ci attendono

In ogni caso serve più “numeracy” e più impegno culturale per leggere indicatori più complessi.

Se non si costruisce il consenso su indicatori effettivamente condivisi si rischia un lavoro inutile.

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Grazie!

Il seguito… su www.donatosperoni.it

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Andiamo verso una “tempesta perfetta”? La frase è stata coniata nel 2009 da John

Beddington, capo dei consulenti scientifici del governo inglese, che la prevede per il 2030

La tempesta perfetta, cioè un sostanziale tracollo degli attuali equilibri, deriva dalla somma dei fattori ambientali economici e demografici, dalle carenze di cibo e di acqua.

La tecnologia ci salverà da tutto questo? Non lo sappiamo. Giovannini: dobbiamo misurare il rischio

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Che cosa sappiamo del futuro: la demografia La popolazione mondiale passerà dagli attuali 6,8

miliardi ad oltre nove miliardi attorno al 2050, poi dovrebbe stabilizzarsi.

E’ prevedibile una enorme pressione migratoria: nello stesso periodo la popolazione europea (compresi gli attuali livelli di immigrazione) resterà stabile, mentre l’Africa crescerà di un miliardo di persone.

Bisogna accogliere bene, ma quanti migranti si possono accogliere?

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Le migrazioni sono importanti, ma non risolvono i problemi dei paesi d’origine Per far fronte all’aumento demografico, alla

diminuzione del lavoro in agricoltura e alla crescita del lavoro femminile nei pvs si dovranno creare circa 1,5 miliardi di posti di lavoro “decenti”

Al confronto, l’intera occupazione attuale dei paesi sviluppati è pari a 600 milioni di posti.

Altro problema: la cosiddetta gobba delle migrazioni: i paesi di più elevata emigrazione non sono quelli più poveri. Quindi non basta dire “aiutiamoli a casa loro”

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