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Siria DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE Numero 2 – Marzo 2015 Strage di innocenti Stop alle violenze della guerra più letale

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Siria

DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZENumero 2 – Marzo 2015

Strage di innocentiStop alle violenze della guerra più letale

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A cura di: Francesco Soddu | Monica Ferrari | Silvio Tessari | Danilo Angelelli | Paolo Beccegato

Testi: Monica Ferrari

Hanno collaborato: Renato Marinaro | Chiara Bottazzi | Michela Bempensato

Foto: Monica Ferrari, tranne pagine 13 (Caritas Internationalis) e 15

Grafica e impaginazione: Danilo Angelelli

INDICE DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE

Numero 2 | Marzo 2015

SIRIA | STRAGE DI INNOCENTI

Stop alle violenze della guerra più letale

Introduzione 3

1. Diritti dei bambini e crisi umanitarie nel mondo 5

2. I bambini e la crisi siriana a livello regionale 7

3. Cause e connessioni a livello internazionale 9

4. I dati del conflitto in Siria 13

5. Interviste e testimonianze 17

6. La questione 21

7. Esperienze e proposte 23

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Il 15 marzo 2011 iniziano le tensioni in Siria sul-l’onda delle “Primavere arabe” che avevano già se-gnato altri Paesi del Nord Africa: Tunisia, Egitto eLibia. Le manifestazioni, dapprima pacifiche, con-tro il regime di Assad, si sono presto trasformatein repressione e in conflitto violento con una crisiumanitaria di proporzioni immense.

Nel marzo 2015, la guerra in Siria entra nel suo quintoanno, senza apparenti prospettive di miglioramento,distinguendosi per il triste primato della più grave crisiumanitaria del nostro tempo.

In assenza di prospettive di una soluzione politicaglobale e di una possibile fine del confronto arma-to, il bilancio delle vittime del conflitto interno nellaRepubblica araba siriana ha superato le 210 mila per-sone, di cui la metà civili, ed è dolorosamente desti-nato ad aumentare nel 20151. Sono questi gli ultimidati diffusi dall’Osservatorio siriano per i diritti umani,che ha la sua sede nel Regno Unito e conta su una retedi attivisti in tutta la Siria, secondo il quale, tra le vit-time, ci sono oltre 10 mila bambini e circa 7 miladonne. Il bilancio, però, si basa solo sulle vittime ac-certate tramite documenti di identità o tramite foto ovideo. Il totale potrebbe, quindi, esseremolto più alto.

Secondo le stime dell’ufficio delleNazioni Unite responsabile della coor-dinazione degli affari umanitari (BCAH),10,8 milioni di siriani su una popola-zione totale di 22,8 milioni sono colpitidal conflitto e hanno bisogno di aiutiumanitari. Di questi, 6,5 milioni sonosfollati interni (spesso sfollati più voltealla ricerca di un nuovo rifugio), il 50%in più rispetto al 2013.

Almeno 3,7 milioni sono fuggiti all’estero. Il dato,però, riguarda solo i rifugiati regolarmente registratidalle Nazioni Unite tramite l’Alto Commissariato per iRifugiati (UNHCR). Anche in questo caso il numero po-trebbe quindi essere molto più alto.

Un’intera generazione di bambini siriani è a rischio,non solo gli sfollati: più di 5,6 milioni di bambini all’in-terno del Paese hanno bisogno di sostegno, insiemeagli ulteriori 1,7 milioni di bambini fuggiti nei Paesi vi-cini2. Secondo altre fonti (v. cap. 2) quest’ultima cifrasarebbe invece di oltre 1,9 milioni.

Questa crisi avrà un impatto devastante sulle gio-vani generazioni. Secondo l’UNICEF, la Siria è attual-mente uno dei posti più pericolosi al mondo per ibambini.

C’è un altro motivo per riservare ancora più atten-zione alla crisi siriana: migliaia di operatori umanitaricompiono sforzi incessanti per aiutare le persone piùvulnerabili, in Siria e nei Paesi limitrofi, malgrado i pe-ricoli e le traversie. Diversi operatori, infatti, hannoperso la vita dall’inizio del conflitto. Ed è solo grazie aloro che milioni di persone ricevono cibo, acqua ecure.

La Chiesa da tempo testimonia un impegno con-creto in Medio Oriente ed esprime vicinanza e solida-rietà offrendo assistenza e parole di speranza.

Lo sgomento di Papa FrancescoCome Benedetto XVI, anche Papa Francesco ha lan-ciato numerosi e accorati appelli a lavorare per la pace

e la riconciliazione e mettere fine allaguerra, definita come una sconfitta del-l’umanità. Già durante l’Angelus del 1settembre 2013 Papa Francesco riba-diva: «Quanta sofferenza, quanta deva-stazione, quanto dolore ha portato eporta l’uso delle armi nella martoriataSiria. Pensiamo a quanti bambini nonpotranno vedere la luce del futuro. Conparticolare fermezza condanno l’usodelle armi chimiche. Vi dico che ho an-cora fisse nella mente e nel cuore le ter-

ribili immagini dei giorni scorsi. Non è mai l’uso dellaviolenza che porta alla pace. Guerra chiama guerra,violenza chiama violenza. Esorto la comunità interna-zionale a promuovere la pace in Siria con il dialogo econ il negoziato. Non sia risparmiato nessuno sforzoper garantire assistenza a chi è colpito da questo con-flitto»3.

Dall’agosto 2014, inoltre, sono apparsi i terroristidell’autoproclamato Stato islamico dell’ISIS, che han-no colpito in particolare i cristiani e altre minoranzereligiose. Nel Nord dell’Iraq e in Siria, i miliziani dell’ISIShanno scatenato una violenta persecuzione con de-cine di migliaia di vittime. Nonostante gli accorati ap-pelli dei Patriarchi delle Chiese orientali alle potenzeoccidentali, i cristiani e le altre minoranze vivono un

Introduzione

3SIRIA | STRAGE DI INNOCENTI

Nel marzo 2015,la guerra in Siria

entra nel suoquinto anno:

è la più grave crisiumanitaria delnostro tempo

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4 CARITAS ITALIANA | DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE

dramma senza misura. L’assenza di sicurezza e stabilitàfavorisce lo sviluppo del terrorismo.

In una lettera ai cristiani del Medio Oriente del 21dicembre 2014, Papa Francesco affermava: «L’afflizionee la tribolazione non sono mancate purtroppo nel pas-sato anche prossimo del Medio Oriente. Esse si sonoaggravate negli ultimi mesi a causa dei conflitti che tor-mentano la regione, ma soprattutto per l’operato diuna più recente e preoccupante organizzazione terro-rista, di dimensioni prima inimmaginabili, che com-mette ogni sorta di abusi e pratiche indegne dell’uomo,colpendo in modo particolare alcuni di voi che sonostati cacciati via in maniera brutale dalle proprie terre,dove i cristiani sono presenti fin dall’epoca apostolica».

La solidarietà ai più debolie la condanna del commercio delle armi«Nel rivolgermi a voi, non posso dimenticare anche altrigruppi religiosi ed etnici che pure subiscono la perse-cuzione e le conseguenze di tali conflitti. Penso special-mente ai bambini, alle mamme, agli anziani, agli sfollatie ai rifugiati, a quanti patiscono la fame, a chi deve af-frontare la durezza dell’inverno senza un tetto sotto ilquale proteggersi. Ribadisco la più ferma deprecazione

dei traffici di armi. Abbiamo piuttosto bisogno di pro-getti e iniziative di pace, per promuovere una soluzioneglobale ai problemi della Regione. Per quanto tempodovrà soffrire ancora il Medio Oriente per la mancanzadi pace? Non possiamo rassegnarci ai conflitti come senon fosse possibile un cambiamento»4.

Con l’avvicinarsi di questo quarto triste anniversa-rio, Caritas Italiana ha deciso di realizzare un dossiercon dati e testimonianze raccolte sul campo, per te-stimoniare la solidarietà a un popolo martoriato daquattro anni di guerra e per non dimenticare le vittimeinnocenti di questo sanguinoso conflitto.

1 http://www.unhcr.fr/5490559915.html2 http://www.unicef.it/Allegati/Humanitarian_Action_

Report_2015_ITA.pdf3 http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/09/01/siria-papa-

francesco-dice-no-alla-guerra-violenza-chiama-vio-lenza/697790/

4 http://www.avvenire.it/Papa_Francesco/Messaggi%20e%20lettere/Pagine/lettere-del-papa-ai-cristiani-del-medio-oriente.aspx

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1. Diritti dei bambinie crisi umanitarie nel mondo

I DIRITTI DELL’INFANZIA NEL MONDO – 2015

LA CONVENZIONE INTERNAZIONALE SUIDIRITTI DELL’INFANZIA E DELL’ADOLESCENZA

Nel novembre del 1989 la comunità internazionale rico-nosce ai minori di 18 anni il diritto ad avere una Conven-zione speciale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza,primo strumento giuridico di tutela internazionale chesancisce nel proprio testo diverse tipologie di dirittiumani: civili, culturali, economici, politici, sociali.

Nei 54 articoli e nei due protocolli aggiuntivi, laConvenzione sancisce i diritti fondamentali dei bam-bini di tutto il mondo, senza distinzione alcuna: dirittoalla vita, allo sviluppo, alla partecipazione attiva allavita familiare, culturale e sociale, alla protezione daabusi, violenze, sfruttamento, influenze negative, allalibera espressione e al rispetto dell’opinione dei minori.

Tutti i Paesi che hanno ratificato la Convenzione sisono impegnati a difendere e garantire i diritti dei bam-bini e ad applicare misure e politiche che prendano inconsiderazione l’interesse superiore dei minori, aspi-rando ad un mondo migliore in cui tutti i bambini,soprattutto i più vulnerabili, possano finalmente riven-dicare i propri diritti5. Dal 1989 non sono mancati i pro-gressi, ma ancora oggi, per milioni di minori, vittime dicrisi umanitarie senza precedenti, violenze, abusi o di-sastri e calamità naturali, le promesse della Convenzionenon sono state mantenute. Questo vale in particolareper le proporzioni del dramma che sta vivendo la Siria.

I BAMBINI IN PERICOLO NEL MONDO

Il 2014 è stato un anno funesto per i bambini nelmondo a causa dell’aumento impressionante dei bi-sogni umanitari e delle emergenze. L’UNICEF stimache 62 milioni di bambini siano in pericolo a causadelle crisi umanitarie nel mondo6: l’epidemia di ebolain Africa, gli attacchi dei gruppi armati in Nigeria, ilpeggioramento della crisi in Siria, Iraq e Gaza, conl’atavica questione palestinese, l’instabilità politica inLibia e Yemen, la persistente crisi in Sudan, il conflittoin Sud Sudan, gli scontri in Repubblica Centrafricana,la silenziosa situazione dei profughi in Algeria, gliscontri in Ucraina, senza contare le crisi dimenticatein Afghanistan e nella Repubblica democratica delCongo.

In totale, un bambino su dieci nel mondo, circa 230milioni, vive attualmente in Paesi e zone di conflitti ar-mati, testimone innocente di morte, violenze inauditee privazioni7.

Situazione buona

Situazione discreta

Situazione problematica

Situazione difficile

Situazione molto grave

Fonte: http://www.humanium.org/fr/carte-respect-droits-enfant-monde/

SIRIA | STRAGE DI INNOCENTI

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Bambini in zone di conflitto,schiave sessuali e bambini soldatoI bambini in zone di conflitto, come Medio Oriente oAfrica, subiscono quotidianamente indicibili violazionidei diritti umani fondamentali, come il diritto alla vita,alla libertà e alla sicurezza. Non solo, a causa della bru-talità dei conflitti e della facilità dell’uso e del reperi-mento delle armi, i bambini vengono reclutati e usatiper combattere. Decine di migliaia di ragazzi e ragazzesono assoldati da gruppi armati e molto spesso hannoassistito o sono stati costretti a partecipare ad attidi violenza. Chi vive in campi profughi è par-ticolarmente a rischio di sfruttamento daparte di questi gruppi. Con famiglie ecomunità distrutte, i ragazzi sono ab-bandonati a se stessi; sono più facil-mente indottrinabili, con meno sensodel pericolo e più controllabili rispet-to ai soldati adulti.

In Afghanistan i bambini sono statiimpiegati come attentatori suicidi e per lafabbricazione di armi ed esplosivi; in Repub-blica Centrafricana ragazzi e ragazze anche di ap-pena 8 anni sono stati reclutati e utilizzati da tutte leparti coinvolte nel conflitto per partecipare diretta-mente alle violenze. Nella Repubblica democratica delCongo, le Nazioni Unite hanno documentato casi di re-clutamento di bambini da parte di molti gruppi armatiche operano nella parte orientale del Paese. I bambini,in alcuni casi di appena 10 anni, sono stati usati comecombattenti o in ruoli di supporto, come facchini ecuochi, e le ragazze sono state usate come schiavesessuali.

In Iraq e in Siria, l’ISIS e la costellazione dei varigruppi armati usano bambini, dopo addestramentomilitare, come informatori, per pattugliare determi-nate zone o per vigilare posti di blocco e controllareposizioni strategiche. In alcuni casi sono stati utilizzaticome kamikaze o costretti a compiere esecuzioni8.

Dati più specifici per alcuni Paesi aiutano a capirele dimensioni del dramma.

Nella repubblica siriana e nella circostante regionemediorientale (Egitto, Iraq, Giordania, Libano, Turchia),i numeri sono impressionanti e una generazione interaè in pericolo. Come accennato nell’introduzione, 5,6milioni di bambini nel Paese hanno bisogno di aiuto e1,7 milioni sono i minori rifugiati nei Paesi limitrofi9. Si

tratta di bambini che hanno vissuto e vivono traumicome violenze, privazioni e sradicamento, che avrannoconseguenze terribili sul loro sviluppo e quindi sull’av-venire della regione. Inoltre, la vita di molti di loro èminacciata da focolai di poliomelite e di morbillo.

L’Iraq accoglie circa 223 mila rifugiati siriani, ai qualisi aggiungono le persone colpite dalla crisi irachena,che sono all’incirca 5,2 milioni, di cui 2, 2 milioni (50%bambini) sono state costrette ad abbandonare le lorocase per rifugiarsi in campi profughi ad est del Paese10.

Conflitti e catastrofi naturali ed epidemie di ma-lattie rendono il Sudan uno dei Paesi peggiori

nel mondo per i bambini, con 2 milioni diragazze e ragazzi affetti da malnutrizione

acuta e 2,6 milioni di bambini tra i 6 e i13 anni che non frequentano la scuola.

Solo per i tre Paesi sopra citati –Siria, Iraq e Sudan – si può stimare che

siano oltre 6 milioni i bambini vittimedella violenza.

Altre situazioni gravi si riscontrano inaltri Paesi: nello Yemen, malnutrizione diffusa,

insicurezza alimentare, conflitto in corso e assenzadi servizi di base hanno generato un totale di 14,7 mi-lioni di persone bisognose di assistenza.

In Libia la recrudescenza dei combattimenti minac-cia una situazione già di per sé molto fragile, con 287mila sfollati interni e 100 mila fuggiti nei Paesi vicini.

A Gaza la recente escalation di violenza, dal 7 luglioal 26 agosto 2014, ha raggiunto livelli senza prece-denti, generando numeri esorbitanti di vittime in po-chissimo tempo: 539 bambini uccisi, 3.374 feriti, 54mila bambini senza casa e almeno 1.500 orfani.

5 http://www.unicef.org/french/crc/index_30160.html6 http://www.unicef.be/wp-content/uploads/2015/

01/HAC_Overview_2015_FRENCH.pdf, 2015, Action huma-nitaire de l’UNICEF pour les enfants. Vue d’ensemble.

7 http://www.unicef.org/french/media/media_78952.html8 http://www.unicef.org/french/media/media_79775.html9 http://www.unicef.be/wp-content/uploads/2015/

01/HAC_Overview_2015_FRENCH.pdf10 http://www.unicef.be/wp- content/uploads/2015

/01/HAC_Overview_2015_FRENCH.pdf

6 CARITAS ITALIANA | DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE

62milioni di bambinisono in pericolo a causa

delle crisi umanitarienel mondo

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7SIRIA | STRAGE DI INNOCENTI

La Siria è diventato il posto più pericoloso del pianetaper i bambini e le donne.

La povertà crescente, il terrorismo, un conflitto chenon cessa inesorabilmente dal 2011, il freddo dell’in-verno, la mancanza di carburante e la fame sono le mi-nacce a cui il popolo siriano è esposto da quattro anni.

A fine 2014, secondo l’Osservatorio siriano per i di-ritti umani, sarebbero oltre 10 mila i minori siriani vit-time del terrorismo dell’ISIS e della guerra civile, cheha già causato più di 210 mila morti11. Il nunzio apo-stolico a Damasco, mons. Mario Zenari, ha paragonatoquesto scenario al massacro degli innocenti narratonel Vangelo12: «Sono i bambini e le madri la parte piùvulnerabile di questo conflitto, la Siria piange i suoibambini morti e quelli in esilio nei Paesi vicini, che vi-vono in situazioni deprecabili».

In due anni il numero dei bambini colpiti dal con-flitto è decuplicato, passando dai 0,5 milioni del marzo2012 ai 2,3 milioni del marzo 2013, fino ad arrivare a 5milioni nel 201413.

Si può stimare a 5.600.000 il numero di bambini si-riani che vivono in situazione di povertà, sfollati o bloc-cati in aree di combattimenti, mentre almeno 1.941.000bambini vivono come rifugiati tra Libano, Giordania,Iraq, Turchia, Egitto e altri Paesi in Nord Africa14.

Il rischio di perdere un’intera generazione aumentaproporzionalmente al deterioramento della situazionee i progressi realizzati negli ultimi anni per il migliora-mento delle condizioni di vita dei minori siriani ven-gono spazzati via dalle violenze di ogni giorno. I sognie le possibilità di un futuro migliore sono sul punto disvanire. L’acqua potabile e una alimentazione ade-guata diventano sempre più rari e molte scuole sonostate distrutte.

Numerosi bambini sono traumatizzati dopo avervisto persone della loro famiglia uccise, dopo esserestati separati dai familiari o terrorizzati dai costantibombardamenti.

Inoltre l’inverno è stato estremamente rigido e al-cuni bambini negli accampamenti informali del Li-bano sono morti a causa del freddo. Le precariecondizioni in cui vivono nei Paesi di accoglienza ri-schiano di innescare una spirale di violenza nei pros-simi anni, con tutte le conseguenze che questo puòcreare nella regione. In tutto questo tempo le comu-nità di accoglienza sono state sommerse dall’afflussodi rifugiati. La crisi ha preso una piega attualmente in-sanabile.

Siria. Le infrastrutture e i servizi pubblici di basesono distrutti in buona parte del Paese. Una scuola sucinque è stata distrutta, resa inagibile o convertita inun rifugio per sfollati, impedendo l’accesso all’educa-zione di migliaia di bambini. Donne e bambini rifugiativivono spesso in condizioni insalubri senza acqua po-tabile e per l’igiene personale. Forte dunque il rischiodi contrarre malattie, incluse infezioni respiratorieacute o malattie della pelle come la scabbia.

Nel suo ultimo rapporto, pubblicato nel gennaio201515, l’UNICEF ha stimato che i costi di un interventoregionale per proteggere i bambini dai pericoli e por-tare aiuti essenziali, come vaccinazioni, acqua potabile,mezzi di sostentamento e forme di sostegno scolastico,si aggirerebbero intorno ai 903 milioni di dollari.

Quasi 2 milioni hanno meno di 18 anni e 536 milameno di 5 anni. Più di 800 mila bambini al di sotto di14 anni sono sfollati e la loro possibilità di scolarizza-zione si è considerevolmente ridotta. Cercare altri ri-

2. I bambini e la crisi sirianaa livello regionale

TURCHIA1.622.839rifugiati

EGITTO133.661rifugiati

LIBANO1.180.755rifugiati

GIORDANIA624.513rifugiati

SIRIA (stima)tra i 5 e i 6 milionidi sfollati

IRAQ244.731rifugiati

Distribuzione geografica di rifugiati e sfollatinei Paesi della regione (8 marzo 2015)

Fonte: UNHCR Syrian Refugees

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8 CARITAS ITALIANA | DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE

fugi nel loro Paese significa vivere in luoghi sovraffol-lati e privi di servizi di base. Spesso c’è una latrina per70 persone e molti bambini vivono vicino a cumuli dirifiuti.

Libano. La crisi siriana ha avuto conseguenze pe-santi sulla sicurezza in Libano, principalmente a Tri-poli, così come sull’economia libanese, a causadell’altissimo numero di rifugiati in un Paese colpitoda precedenti crisi e non attrezzato ad ospitare que-sto afflusso. I rifugiati siriani in Libano16 sono oltre1.100.000 in tutto il Paese, in località d’accoglienza oin accampamenti informali non riconosciuti dalloStato. A queste cifre si aggiungonocirca 30 mila rifugiati palestinesifuggiti dalla Siria – il cui numeronon cessa di aumentare –, che vi-vono in campi sovraffollati. La poli-tica di non riconoscimento deicampi ha reso estremamente diffi-cile e complicato fornire aiuti o va-lutare i bisogni di assistenza.

Giordania. L’intensificazione delconflitto in Siria ha aumentato l’af-flusso di rifugiati in Giordania che,tenendo conto soprattutto delle limitate risorse finan-ziarie, ha esercitato una pressione molto forte sullacollettività locale e sui partner umanitari, portandoalla chiusura delle frontiere con la Siria.

La Giordania attualmente accoglie oltre 619 milarifugiati siriani17, che beneficiano di protezione e di as-sistenza umanitaria. La metà è costituita da minori epiù di 10 rifugiati siriani su 100 registrati all’UNHCRsono bambini che hanno meno di 3 anni. Si stima a148 mila il numero di rifugiati in comunità di acco-glienza ad Amman, Ma’an e altre città.

Iraq. La crisi in Siria ha un impatto anche sull’Iraq esi contano ormai più di 235 mila rifugiati siriani regi-strati che vivono nel Paese18. La maggior parte dei ri-fugiati vive in due campi, Al Qaim, nel governatoratodi Anbar, e Domiz, nel governatorato di Dohuk. I bam-bini rappresentano la metà dei rifugiati che vivono neicampi. Nonostante il governo dell’Iraq e le istituzionidelle Nazioni Unite abbiano fornito dei servizi essen-ziali per rispondere ai bisogni di base, le domande con-tinuano ad aumentare con l’arrivo di nuovi rifugiati.

I risultati del rapporto del Comitato per i diritti deibambini delle Nazioni Unite, pubblicato il 4 febbraio201519, che denunciano l’attività dell’ISIS in Iraq, sonoallarmanti: esecuzioni di massa di bambini, decapita-zioni, crocifissioni, violenze sessuali sistematiche, ra-pimenti, bambini sepolti vivi, asservimento sessualedi minori che vengono venduti come schiavi. Molto

spesso i minori, in particolare bambini con deficitmentali/cognitivi, vengono utilizzati dall’ISIS come ka-mikaze o informatori.

Turchia. Dall’inizio della crisi e, in particolare, in se-guito all’afflusso dei rifugiati siriani a partire da giugno2011, il governo turco ha dichiarato e ha mantenutouna politica d’apertura delle frontiere. Oltre 1,6 milionidi rifugiati20 sono registrati dall’UNHCR e sono stati co-struiti 17 campi ripartiti in otto province del Paese.

Egitto. I rifugiati siriani in Egitto si trovano dispersitra i principali centri urbani (il Cairo, Alessandria, Da-mietta e altri centri minori), dove hanno accesso ai ser-

vizi medici di base ma risentonodell’attuale situazione di instabilitàpolitica. Inizialmente non era previ-sto il visto di ingresso e i rifugiati ave-vano beneficiato di una buonaaccoglienza. Il visto nel Paese ha ri-dotto notevolmente le possibilità diingresso. Il Ministero dell’Istruzioneha comunque confermato che ga-rantirà l’accesso dei bambini sirianiall’istruzione come garantito ai bam-bini egiziani. I tentativi di immigra-

zione illegale verso l’Europa continuano e, alla datadel 30 giugno 2014, 3.676 bambini siriani – di cui 585bambini non accompagnati – hanno raggiunto l’Italiavia mare. In Egitto, dall’inizio del 2014, 361 bambinisono stati fermati mentre si apprestavano a lasciare ilPaese per vie non legali e sono stati sottoposti a de-tenzione21.

11 http://syriahr.com/en/12 Intervista di Mgr Zenari a Radio Vaticana http://fr.radiova-

ticana.va/news/2014/12/19/mgr_zenari__les_enfants_et_les_m%C3%A8res_en_syrie,_le_massacre_des_inno-cents/1115446

13 http://www.unicefusa.org/stories/mission/emergencies/conflict/syria/infographic-syrian-children-under-siege/582

14 http://childrenofsyria.info/15 http://www.unicef.org/appeals/files/HAC_Overview_

2015_FRENCH_WEB_29_01_15.pdf16 http://data.unhcr.org/syrianrefugees/country.php?id=12217 http://data.unhcr.org/syrianrefugees/country.php?id=12218 http://data.unhcr.org/syrianrefugees/country.php?id=12219 http://www.ohchr.org/EN/NewsEvents/Pages/Display-

News.aspx?NewsID=15543&LangID=E20 http://data.unhcr.org/syrianrefugees/country.php?id=12221 http://www.unicef.it/Allegati/Emergenza_Siria_aggiorna-

mento_2ott2014.pdf

Le precarie condizioniin cui i minori rifugiati

vivono nei Paesi diaccoglienza rischiano

di innescare unaspirale di violenzanei prossimi anni

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La primavera araba siriana, dalla regionalizzazioneall’internazionalizzazione di un conflittoTra la fine del 2010 e l’inizio del 2011 una serie di pro-teste, sollevamenti popolari e agitazioni coinvolgonodiversi Paesi tra cui Egitto, Tunisia, Yemen, Algeria, Iraq,Bahrein, Giordania, Gibuti e Siria, con moti minori inMauritania, Arabia Saudita, Oman, Sudan, Somalia,Marocco e Kuwait.

Questa ondata rivoluzionaria, che ha inizio in Tuni-sia il 17 dicembre 2010, viene definita dai media occi-dentali con l’espressione “primavera araba”, a sotto-lineare la spontaneità della ribellione, la partecipa-zione giovanile e la nonviolenza del movimento, cheben presto si trasformeranno però irrimediabilmentein guerre civili e lotte di potere, terreno fertile per ter-roristi e fondamentalisti.

Il tragico gesto dell’ambulante tunisino MohamedBouazizi che si dà fuoco per protestare contro il se-questro della sua merce, nel dicembre 2010, innescauna serie di rivolte che culmineranno in Tunisia con ledimissioni del rais Ben Ali, in Egitto con la caduta diHosni Mubarak, in Libia con l’uccisionedi Muammar Gheddafi e in Yemen conla fuga del presidente Saleh, facendoscivolare progressivamente l’intera re-gione verso l’instabilità politica e cre-scenti agitazioni sociali.

Siria, cronologia di una rivoltadiventata guerraIl 15 marzo 2011, dopo oltre 45 anni digoverno Assad, migliaia di siriani scen-dono in piazza a Damasco e Aleppo in maniera trasver-sale e nonviolenta per protestare contro il governo. Èuna delle prime manifestazioni di dissenso di massadella storia recente del Paese, che degenereranno inribellione armata e guerra civile a causa di una duris-sima repressione del governo.

Da allora la Siria, un Paese di 22 milioni di abitanti,è il campo di battaglia di una guerra per procura, chein quattro anni ha distrutto le infrastrutture del Paese,raso al suolo Homs e buona parte di Aleppo, distruttoil patrimonio artistico di Maaloula (foto pag. 10), inflittogravi danni ai resti archeologici di Palmira, distrutto lavita di milioni di bambini22, ucciso oltre 200 mila per-sone e costretto alla fuga oltre 3 milioni di rifugiati.

In realtà le prime proteste scaturiscono dall’arrestoa Daraa, città nel Sud del Paese, vicino alla Giordania,di alcuni ragazzi tra i 13 e i 16 anni, colpevoli di averscritto, il 6 marzo 2011, sul muro di una scuola «Il po-

polo farà cadere il governo» e «È il tuo turno, dottore»,messaggio indirizzato al presidente Assad.

La notizia degli arresti si diffonde velocemente e lemanifestazioni cominciano a moltiplicarsi, complicela povertà, la disoccupazione, i profughi arrivati dalNord del Paese a causa della siccità a cui il governonon aveva saputo provvedere e le notizie di folle che,scese in piazza nel resto del mondo arabo, erano riu-scite a rovesciare il governo tunisino e quello egiziano.Il “regno del silenzio”, come era stata definita la Siriadalla rete televisiva Al Jazeera, comincia a vacillare.Dopo quattro mesi di repressioni e proteste, il 29 lu-glio 2011 un gruppo di ufficiali disertori proclama la

nascita del Free Syrian Army (EsercitoLibero Siriano) e le proteste sfociano inguerra civile.

Gli attori del drammaDopo quattro anni di conflitto, semplifi-cando al massimo un intricato sistema dialleanze, gli attori in campo sono quat-tro schieramenti principali: l’esercito fe-dele al presidente Assad (sostenuto damilizie irregolari, dal movimento liba-

nese Hezbollah, dall’Iran e da milizie sciite irachene);le forze ribelli (con un fronte “moderato” costituitodall’Esercito Libero Siriano, che gode di un certo ap-poggio internazionale, e un fronte islamico tradizio-nalista – salafita – costituito principalmente da JabhatAl Nusra e Ahrar Al Sham); lo “Stato Islamico” (ISIS), unadelle formazioni più forti all’interno dell’ “opposizione”,dedita soprattutto a conquistare territorio e alla crea-zione di uno pseudo-stato; la regione autonoma defacto del Kurdistan Siriano (Rojava), che tenta di affer-mare un governo democratico e difendere i propriterritori dall’ISIS. Vi è anche una fitta rete di organiz-zazioni della società civile e di comitati di coordina-mento locale che difendono e autogestiscono le zonesotto il loro controllo.

Ad oggi, gli sforzi della comunità internazionaleper cercare di risolvere o mitigare il conflitto nonhanno ottenuto alcun risultato: due conferenze di

3. Cause e connessionia livello internazionale

9SIRIA | STRAGE DI INNOCENTI

Ad oggi, gli sforzidella comunità

internazionale percercare di risolvere

o mitigare il conflittonon hanno ottenuto

alcun risultato

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pace a Ginevra sono fallite, le spedizioni di soccorsointernazionale e la tentata creazione di corridoi uma-nitari nelle città assediate non hanno avuto successo,mentre la guerra diventa sempre più sanguinosa, lecondizioni di vita sempre più inumane e le conse-guenze a livello regionale si fanno sempre più pesanti.

L’impatto sulla regioneLa questione siriana porta con sé la destabilizzazionedel Medio Oriente, con conseguenze su tutti i Paesidella regione: sul Libano, che vive al ritmo degli avve-nimenti in Siria (scontri confessionali a Tripoli, soste-gno di Hezbollah – il partito libanese sciita vicino algruppo religioso degli alawiti a cui appartiene Assad– alla guerra in territorio siriano, attentati kamikaze,uccisione del capo dei servizi segreti, ingerenze di ter-roristi nel Nord della valle della Bekaa, attacchi dal Sudcontro Israele e cellule salafite a Saida); sulla Giorda-nia, asfissiata dall’arrivo massiccio di rifugiati su un tes-suto economico fragile; sulla Turchia, dove vive unaforte minoranza curda, ovviamente vicina ai curdidell’Iraq; su Israele, per l’impatto indiretto sui palesti-nesi e per il fatto che la Siria di Assad “garantiva” unasorta di stabilità nel quadro di una pace armata stabi-litasi tra i due Paesi; sull’Iran, potenza regionale che

appartiene all’Islam sciita, in concorrenza con l’ArabiaSaudita, dove predomina l’Islam sunnita.

Sul piano internazionale la Siria si appoggia a Iran,Russia e Cina, come alleata nello spazio mediterra-neo23. Ma la situazione è ancora più complessa. La fra-gilità dei regimi mediorientali, il periodo di instabilitàche vive la regione, la mancanza di veri leader nelmondo arabo, il declino dell’influenza americana e iltracollo economico dell’Occidente sono fenomeni le-gati tra loro, poiché rappresentano le diverse manife-stazioni di un’unica “crisi di sistema” che riguarda tutti.In questa fase di indebolimento dell’influenza degliStati Uniti in Medio Oriente, la guerra civile in Siria ela partita iraniana – di cui la questione nucleare costi-tuisce solo un aspetto – emergono allora come ele-menti chiave di una competizione più ampia per laridefinizione degli equilibri mondiali e l’accaparra-mento delle risorse del pianeta24.

22 Dati Unicef.23 http://www.lemonde.fr/idees/article/2012/10/31/l-engre-

nage-syrien_1783335_3232.html24 http://www.castelvecchieditore.com/geopolitica-del-col-

lasso/, Geopolitca del Collasso, Roberto Iannuzzi, Castelvecchi.

10 CARITAS ITALIANA | DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE

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COSA C’È ALL’ORIGINE DELLA CRISI SIRIANA

Succede un po’ ovunque nel Medio Oriente che moltielementi confluiscano e si intersechino per mantenereuna situazione di instabilità politica. La loro impor-tanza specifica è oggetto di studio e di dibattito. Perquanto riguarda la Siria è possibile tentare un “elenco”,forse non completo, di queste cause. Anche se com-plesse, non dovrebbero giustificare nessuna indiffe-renza davanti a un dramma così grande, ma piuttostostimolare il senso di responsabilità di tutti gli attori.

A) Elementi di tensione fra potenze internazionali

1. Competizione Stati Uniti – Russia. Alla Russia l’alle-anza con la Siria serve come sbocco nel Mediter-raneo e come potenza egemonica di fronte all’A-merica.

2. Le vie del petrolio passano anche dalla Siria el’America non può essere insensibile. Inoltre, nonvorrebbe sostenere un dittatore (Assad), ma l’Iraqinsegna che, eliminato Saddam, e sostenendo isuoi oppositori, l’America ha invece perso in-fluenza a vantaggio – non certo voluto – dell’Iran.

B) Elementi di tensione/interessi fra potenze europee

Vi è una certa rivalità storica anche tra Francia e Inghil-terra sulle antiche sfere di influenza coloniali. Dopo lasconfitta dell’Impero ottomano nel 1918, la Francia ot-tenne il mandato su Siria e Libano per “proteggere icristiani”, l’Inghilterra ebbe l’Iraq e la Giordania per ar-rivare fino a Suez e quindi garantirsi lo stretto, semprenecessario per raggiungere l’India. Anche la Russiadegli zar voleva proteggere gli ortodossi dell’Imperoottomano.

C) Israele e il rapporto di “vicinato”

La prima guerra con gli Stati arabi fu dichiarata nel1948, il giorno dopo l’indipendenza di Israele, seguitada conflitti nel 1956, 1967,1973, 1982, 2006, ... Israeleoccupa dal 1967 le alture del Golan (Siria) e controllala Cisgiordania, dove vive la popolazione palestinese.La tensione nasce fra Palestina, sostenuta da Assad, eIsraele, protetto dall’America.

D) Tensioni religiose arabo/persiane (sunniti/sciiti)

Antiche tensioni religiose tra i due gruppi più impor-tanti dell’Islam: sunniti (Penisola Arabica, Turchia, Gior-dania, Palestina) e sciiti. Sono sciiti quasi tutti gliiraniani, il 60% degli iracheni e circa un terzo dei liba-

nesi (Hezbollah). In Siria c’è il gruppo religioso deglialawiti, di origine sciita. Rappresentano solo il 6/7%della popolazione, ma hanno un ruolo egemone poli-ticamente, grazie all’entourage di Assad, che è alawita.L’Iran sostiene gli alawiti di Siria e gli Hezbollah liba-nesi. Gli USA sono alleati dell’Arabia Saudita in fun-zione anti-Iran.Il potere in Medio Oriente è tradizionalmente propor-zionale alla percentuale delle varie religioni presenti.È la dottrina del “confessionalismo”. Non esiste la laicitàin senso occidentale (indipendenza di sfera religiosae politica).

E) La Turchia, antica potenza egemonica

I turchi hanno dominato il Medio Oriente (e i Balcani)per quattro secoli, soppiantando i precedenti califfiarabi che avevano creato un impero dalla Spagna al-l’India. Hanno finito di essere un impero dopo la scon-fitta nella prima guerra mondiale e quando Ataturksoppresse il Califfato, nel 1924. La Turchia considera laSiria area strategica da controllare per evitare che leminoranze curde che si trovano nei due Paesi sfug-gano al controllo.

F) Il paradosso siriano, la laicità non riuscita

C’era il tentativo di realizzare una certa laicità di go-verno con il partito Baath, al potere dal 1963. Il legamenazionale doveva essere al di sopra dell’appartenenzareligiosa. Ma nel 1970, quando va al potere Assadpadre, si ricade in una forma di confessionalismo, pri-vilegiando gli alawiti che, prima disprezzati, si impa-droniscono di quasi tutte le leve del potere. Il potere si fa autocratico: le prime ribellioni sono in-fatti contro l’oligarchia, non contro la setta religiosa insé. Le prime manifestazioni nel 2011 erano infatti pa-cifiche e vi erano anche dissidenti intellettuali alawiti.La repressione è stata violenta e l’opposizione assumeaccenti religiosi, fino all’arrivo delle milizie estremistedell’ISIS nell’estate del 2014. Ora è la guerra di tutticontro tutti. E tutti hanno aspettato di vedere chi sene avvantaggiava. Nessuno può vincere, nessuno puòperdere.

Il quadro siriano, già così fosco, si fa ancora più nerose si considerano gli altri conflitti della regione:– il conflitto in Iraq (1991 e dal 2003 al 2015);– il conflitto libanese (1975-1990);– il conflitto Iran-Iraq (1980-1988);– il conflitto d’estate tra Israele e Libano (2006) e l’at-tuale presenza delle forze di interposizione al confinetra i due Paesi;– il conflitto a Gaza (2014).

11SIRIA | STRAGE DI INNOCENTI

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13SIRIA | STRAGE DI INNOCENTI

4. I dati del conflitto in Siria

Non è facile fornire cifre esatte relative alle vittimedella guerra civile siriana. Dall’inizio del conflitto inSiria, i numeri cambiano in un balletto di cifre chevaria in modo considerevole, a seconda della fonte diriferimento e della metodologia di conteggio. Le stimeufficiali variano tra i 129.230 morti e i 295.060, se-condo i gruppi di attivisti dell’opposizione, mentre il15 gennaio 2015 le Nazioni Unite hanno dichiaratoche il numero dei morti in guerra si aggirerebbe at-torno a 220 mila. Eccetto il Syrian Network for HumanRights, che non enumera le morti dei combattenti del-l’ISIS né dei pro-governativi, tutte le fonti citate nellatabella sottostante riportano le morti dei civili, dei ri-belli e dei lealisti.

Fonte: Syrian Revolution Martyr Database30

Per quanto riguarda i bambini, le Nazioni Unitehanno dichiarato che alla fine di aprile 2014 neerano stati uccisi 8.80331, mentre l’Oxford ResearchGroup affermava che alla fine di novembre 201432

il numero dei bambini morti era di 11.420 e l’Osser-vatorio Siriano per i Diritti Umani riportava che il nu-mero dei bambini uccisi alla fine di dicembre 2014era di 10.664, oltre a 6.783 donne33. Inoltre, secondolo stesso Osservatorio, 24.989 foreign fighters, cioècombattenti stranieri, sarebbero stati uccisi dall’ini-zio del conflitto a febbraio 2015.

I rifugiati siriani registrati al 26 febbraio 2015dalle Nazioni Unite (UNHCR) nei Paesi confinantierano esattamente 3.746.537, per un totale di3.826.752 nell’intera regione. Altri 80.215 erano inattesa di uscire dalla Siria34.

Fonte: http://data.unhcr.org/syrianrefugees/regional.php

Fonte Vittime Periodo

Nazioni Unite25 220.000 15 mar 2011 /15 gen 2015

Syrian Networkfor Human Rights26 150.631

15 mar 2011 /31 gen 2015

Syrian Observatoryfor Human Rights27 210.060–295.060

15 mar 2011 /5 feb 2015

Centerfor Documentationof Violations28 129.230

15 mar 2011 /7 feb 2015

Syrian revolutionmartyr database29 122.326

15 mar 2011 /31 dic 2014

Settimane (18 marzo 2011 – 18 ottobre 2013)

Governatorato Vittime

Latakia 1.147

Rif Dimashq 28.767

Homs 15.797

Hama 8.514

Al-Hasakah 1.035

Daraa 11.118

Aleppo 23.950

Deir ez-Zor 6.910

Damascus 8.793

Tartus 547

Quneitra 901

Idlib 12.915

As-Suwayda 88

Ar-Raqqah 1.935

Andamento settimanale delle stime dei mortidall’inizio del conflitto in Siria a ottobre 2013

Numero di morti

Età0-4

5-1112-1718-5960+

Dati demografici

Uomini (48,7%)9,210,96,620,61,4

Donne (51,3%)8,8

10,36,3

24,21,7

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14 CARITAS ITALIANA | DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE

Considerando sempre i dati UNHCR, che ven-gono aggiornati quasi quotidianamente, si può cal-colare il flusso annuale e quindi l’aggravarsi dellasituazione: a fine anno 2011 c’erano 8 mila rifugiati; nel 2012 ci sono state altre 485 mila persone in

fuga; nel 2013 si sono aggiunte 1 milione e 834 mila

persone; nel 2014 altre 900 mila circa.

La diminuzione dei rifugiati nel 2014 non devesuggerire conclusioni affrettate. Nei primi 45 giornidel 2015 (dati UNHCR del 15 febbraio) 500 mila per-sone sono fuggite dalla Siria. Gli sfollati interni si va-lutano con approssimazione in 4/5 milioni.

Considerando solo i rifugiati, i minori in pericolosono circa la metà di tutte le persone in fuga, cioècirca 2 milioni.

L’Osservatorio CaritasPresente in sei uffici regionali del Paese, Caritas Siriacontinua la sua attività ancora in piena emergenza,con assistenza alimentare in viveri o buoni acquisto(food vouchers), assistenza sanitaria, cura degli an-ziani, organizzazione di scuole, ricerca di abitazioniper gli sfollati.

Nel solo periodo settembre-dicembre 2014 han-no avuto un qualche tipo di assistenza in tutte lezone raggiungibili 76.225 persone (Rapporto SiTrep,dicembre 2014).

Fra queste, sono 2.003 le nuove famiglie chehanno ricevuto assistenza per l’alloggio e 6.534 lefamiglie aiutate con pacchi viveri. Le persone che intotale hanno potuto avere interventi chirurgici sono2.743, le nuove persone anziane assistite sono state1.578 e a 2.084 bambini è stata data la possibilità difrequentare la scuola.

Per tutto il 2014 (dati non ancora definitivi) CaritasSiria ha aiutato oltre 60 mila famiglie, cioè più di 300mila persone. Sono stati spesi circa 4 milioni di euro.

Si tratta di un lavoro svolto in una situazione dicostante pericolo: due operatori Caritas sono statiferiti, per fortuna non gravemente, a seguito diun’esplosione avvenuta poco lontano dagli uffici Ca-ritas di Aleppo. Due esplosioni hanno colpito ancheun quartiere di Homs, vicino alla sede Caritas.

I dati degli ultimi quattro mesi non tengonoconto della zona settentrionale di Hassaké, non rag-giungibile perché sotto controllo dell’ISIS.

È notizia di febbraio 2015 che alcune centinaiadi cristiani sono stati rapiti in questa zona e pur-troppo si teme per la loro sorte.

L’impatto della crisi siriana in Libano si fa semprepiù forte su questo piccolo Paese di 4 milioni di abi-tanti, dove vivono almeno 1.300.000 profughi si-

riani. L’UNHCR ha diminuito gli aiuti umanitari e ilWFP (World Food Programme – Programma Ali-mentare Mondiale delle Nazioni Unite) ha interrottol’assistenza alimentare nel mese di novembre 2014,affermando di dover diminuire gli aiuti nei mesi avenire a causa della mancanza di fondi.

Inoltre l’ISIS ha una sua roccaforte ad Arsal, nelNord-est, e vi sono stati scontri alla frontiera meri-dionale con Israele. Nel Nord, a Tripoli, vi sono scon-tri tra sunniti e alawiti. Iniziano ad arrivare anchenuovi rifugiati dall’Iraq (oltre 6 mila a gennaio 2015),che hanno dovuto affrontare molte difficoltà acausa delle rigide temperature invernali, delle re-strizioni sui permessi di soggiorno e delle nuoveprocedure per i visti messe in atto dal governo liba-nese.

Un appello di 2.255.740 euro è stato lanciato daCaritas Libano a settembre 2014. I rifugiati siriani vi-vono per il 55% (dati UNHCR) in situazioni abitativeprecarie e in molte località sparse, perché il governolibanese non ha mai approvato la costruzione dicampi ufficiali per i rifugiati.

Al 26 febbraio 2015 l’UNHCR aveva registrato inLibano 1.167.067 rifugiati siriani35, mentre secondoCaritas Libano sarebbero 1, 6 milioni36.

Il numero delle famiglie registrate al CLMC (Ca-ritas Lebanon Migrant Center), la struttura specia-lizzata di Caritas Libano per l’assistenza ai rifugiati,dall’inizio della crisi, a gennaio-febbraio 2015, è di56.312, cioè 272.403 individui, di cui 130.506 bam-bini. Il CLMC porta assistenza a tutte le famiglie vul-nerabili, che non rientrano nei criteri di selezione eregistrazione dell’UNHCR. Per Caritas Libano sonodisponibili alcuni dati interessanti:

La Giordania ha mantenuto finora l’ambiente piùfavorevole all’accoglienza dei rifugiati, grazie alla re-lativa stabilità politica garantita dalla figura del reAbdallah. Al 26 febbraio 2015 l’UNHCR registrava623.447 rifugiati siriani e 58 mila iracheni37, una cifrache comunque comincia a preoccupare la pubblicaopinione giordana. Secondo Caritas Giordania,come riportato nel Rapporto (SiTrep) n. 40 di gen-naio 2015, il Paese ospita complessivamente 1,4 mi-

60.00050.00040.00030.00020.00010.000

0Cristiani Musulmani Totale

Numero dei rifugiati siriani in Libano (CLMC)

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lioni di rifugiati siriani (750 mila residenti nel Paeseprima della crisi e 650 mila rifugiati dopo il 2011) dicui il 51% minori, cifre insostenibili per le scarse ri-sorse del Paese.

In Giordania il sistema educativo è stato messo adura prova dai 140 mila studenti siriani che sovraffol-lano le scuole e hanno obbligato il Ministero del-l’Educazione a organizzare due turni di frequenza.Nel rapporto dell’UNHCR sulle condizioni di vita deisiriani in Giordania, intitolato Living in the shadow38,si afferma che 538 mila rifugiati siriani, ovvero l’85%della popolazione rifugiata, vive in condizioni tragi-che in contesti urbani. Un rifugiato siriano su 6 vivein condizioni di estrema povertà, con meno di 40dollari USA a persona al mese, e 2/3 dei rifugiati inGiordania vivono sotto la soglia della povertà.

Secondo il Syria Regional Response Plan, la Gior-dania avrebbe bisogno di 2,9 milioni di dollari nel2015 per coprire le spese per l’accoglienza dei rifu-giati siriani. L’UNHCR stima che più del 10% deglioltre 3 milioni di rifugiati accolti nei Paesi confinanticon la Siria siano persone altamente vulnerabili chenecessitano una sistemazione urgente in altri Paesi.Dal 2013, la Germania ha accolto circa 30 mila siriani,l’Australia 5.600, la Svezia 1.200 e la Norvegia 1.000.

Caritas Giordania gode di un sicuro appoggiodelle autorità locali, e ha saputo mantenere una no-tevole efficacia nell’aiuto ai rifugiati, riconosciuta damolte istituzioni internazionali. Grazie anche a unasignificativa rete di oltre trecento volontari, ha ga-rantito viveri, assistenza sanitaria e supporto psico-logico con notevole efficienza. Dopo gli appellidegli anni scorsi, un ultimo appello è stato lanciatoil 1 gennaio 2015, soprattutto per le persone conmaggiori vulnerabilità, siriane, irachene e giordane.L’aspetto psicologico in particolare è curato concompetenza e costituisce una forma di accompa-gnamento molto significativa della Caritas nazio-nale. L’appello si propone di assistere 24 milapersone e ammonta a 2.139.950 euro.

Un particolare, drammatico appello nell’appelloviene lanciato a favore di 7 mila rifugiati cristiani ira-cheni, molti dei quali provvisoriamente accolti nelleparrocchie della capitale Amman. Arrivati da pochimesi, corrono il rischio di non avere più risorse e didover “vivere nelle strade”.

OSSERVAZIONI CONCLUSIVE DAI DATI CARITAS

15SIRIA | STRAGE DI INNOCENTI

Profughi assistiti dalle principali Caritas della regione

Totale rifugiati nella regione(UNHCR febbraio 2015) 3.828.614

Rifugiati assistiti da Caritas Libano (2011-2015) 272.403

Rifugiati assistiti da Caritas Giordania (2011-2015) 315.550

Sfollati assistiti da Caritas Siria (2011-2015) 200.000 (ca.)

Rifugiati registrati UNHCR 3.747.957

Bambini vittime dell’attacco nella Ghouta,21 agosto 2013. AFP/HO/Shaam News Network

I rifugiati palestinesi di Yarmoukin fila per ricevere gli aiuti umanitari.

Foto diffusa dall’UNRWA il 31 gennaio 2014

Fra gli innumerevoli fatti di violenza, il 21 agosto2013 scatta un’offensiva in due zone controllatedai ribelli vicino Damasco. L’opposizione e i Paesioccidentali accusano il regime di avere ucciso cen-tinaia di persone e aver fatto ricorso a dei gas tos-sici nei due attacchi perpetrati alla Ghouta,periferia di Damasco. Il regime e l’opposizione siaccusano reciprocamente di avere utilizzato taliarmi.

http://www.lorientlejour.com/article/858268/syrie-chronologie-dune-revolte-devenue-guerre.html

A gennaio 2014 è la volta dei palestinesi, rifugiatiin Siria a Yarmouk, vicino Damasco, a trovarsi accerchiati e senza viveri. Secondo Amnesty, quasi200 persone sono morte di stenti, di cui 129 difame.

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16 CARITAS ITALIANA | DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE

SULLA SITUAZIONE DEI MINORI

Al di là dei numeri impressionanti dei bisogni e diquanto le Caritas nazionali riescono a fare, vi sonoalcune caratteristiche generali che interessano la si-tuazione dei minori.

1. Se circa la metà dei rifugiati e degli sfollati sonominori, quelli che hanno assistito ad atti di vio-lenza sono, con stima prudente, dai due ai tremilioni. Come affronteranno la vita quando sa-ranno adulti e cosa penseranno delle difficoltàche la comunità internazionale pone alla loro ac-coglienza?

2. La situazione non si stabilizza, ma peggiora conil passare del tempo, anche se i media parlanosolo quando vi sono atti di nuova violenza. Inquesto senso il tempo non è una medicina, mauna complicazione che interpella le lentezzedella politica, sia locale che internazionale. Leesigenze geopolitiche ignorano la fossa che essestesse stanno scavando?

3. Le conseguenze psicologiche: secondo CaritasGiordania, la maggior parte dei bambini rifugiatiche si sono rivolti alla stessa Caritas sono affettida sintomi di trauma (aggressività, violenza, ipe-rattività, balbuzie, mancanza di concentrazionea scuola e enuresi notturna) e almeno il 60 percento di loro necessitano di una cura specializ-zata. Questi bambini hanno genitori incapaci diintervenire e non mancano desideri di suicidi daparte di diverse mamme. Se, come si può sup-porre, questa percentuale riguardi tutti i minoririfugiati, avremo fra qualche anno alcune centi-naia di migliaia di persone che soffriranno di di-sturbi psichici, che avranno avuto poca o nessunacura. Che ne sarà di loro?

4. Anche chi non soffre di apparenti disturbi psi-chici, vive la propria infanzia come una scuola diviolenza, che trasforma perfino i giochi innocui,come insegna la testimonianza di Sandra Awaddalla Siria (cap. 5). La società dove dovranno vi-vere sarà ancora caratterizzata da divisioni set-tarie, quindi terreno di coltura di nuove violenzee di nuova scuola di terrorismo. È questo che vo-gliamo?

5. Con queste premesse, come si potrà educare alrispetto civile “dell’altro”, alla convivenza, inevi-tabile, di culture e religioni diverse?

6. Se si tarderà ancora a trovare una soluzione in-ternazionale, anche provvisoria, alla folla di rifu-giati che gravano sui Paesi vicini, si creerannonuovi focolai di tensione e nuova emigrazione,anche da parte dei residenti stessi di questi Paesi.

25 http://www.huffingtonpost.com/2015/01/15/syria-rebel-truce_n_6478226.html?ncid=txtlnkusaolp00000592

26 h t t p : / / s n 4 h r . o r g / p u b l i c _ h t m l / w p - c o n t e n t /pdf/english/The_Death_Toll_for_July.pdfe http://sn4hr.org/public_html/wp-content/pdf/english/august-death-tollen.pdf

27 http://syriahr.com/en/2015/02/about-2-millions-killed-and-wounded-in-47-months-and-it-is-still-not-enough/ L’Osservatorio Siriano per i diritti umani viene consideratouna fonte controversa, ma in genere piuttosto affidabile,anche se nessuna testata importante è riuscita a confermarele cifre, e l’ONU ha smesso di contare i morti il 7 gennaio 2014.

28 https://www.vdc-sy.info/index.php/en/home29 Il Syrian Martyr Revolution Database include tra i morti i

combattenti ribelli, ma non i morti tra le fila dell’esercitogovernativo o tra i combattenti pro-governo.

30 http://syrianshuhada.com/?lang=en&Syrian Revolution Martyr database, website di un gruppodi attivisti dell’opposizione, considerata una fonte contro-versa in quanto riporterebbe numeri molto più alti rispettoalle altre fonti, come le UN, adducendo come motivazioneil fatto di enumerare tra le vittime anche quelle di cui nonsi conosce il nome.

31 http://edition.cnn.com/2014/08/22/world/meast/syria-conflict/index.html?hpt=imi_c2

32 http://www.independent.co.uk/news/world/middle-east/bombs-and-guns-have-killed-11500-children-in-syria-research-shows-including-some-executed-and-tortured-8960809.html

33 http://syriahr.com/en/2015/02/about-2-millions-killed-and-wounded-in-47-months-and-it-is-still-not-enough/

34 http://data.unhcr.org/syrianrefugees/regional.php35 http://data.unhcr.org/syrianrefugees/country.php?id=12236 http://www.cath.ch/newsf/liban-premiers-morts-a-cause-

du-froid-parmi-les-refugies-syriens/37 http://data.unhcr.org/syrianrefugees/country.php?id=10738 http://unhcr.org/jordan2014urbanreport/home-visit-re-

port.pdf

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UN APPELLO ALLA PACE Intervista a MONS. ANTOINE AUDO, vescovo catto-lico di rito caldeo di Aleppo e presidente di CaritasSiria. Nato ad Aleppo, dove è stato ordinato vescovonel 1992, è membro del Pontificio Consiglio per il Dia-logo interreligioso per i Migranti e gli Itineranti.

Come vivete la minaccia dell’ISIS in Siria e più in ge-nerale in Medio Oriente?

«In primis la cosa più inquietante è la percezione di in-sicurezza, di instabilità. Da quando non c’è sicurezzae non ci sono possibilità di lavoro si assiste a un impo-verimento generale e di conseguenza a una grandeinquietudine. Il 2014 è stato un anno molto duro dalpunto di vista dell’evoluzione della guerra in Siria, so-prattutto ad Aleppo. Non essendoci una speranza dipace, prevale nelle persone lo sconforto e l’unicastrada possibile sembra l’esilio, la cosa più dura pernoi, perché porta alla scomparsa dei cristiani in MedioOriente. La presa della città di Mossul e della pianuradi Ninive in Iraq ha delle gravi ripercussioni anche pernoi in Siria. Ci siamo detti che ben presto sarà il nostroturno. Aleppo è una città che, storicamente, assomi-glia molto a Mossul. Il DAESH (acronimo dell’ISIS inarabo) rappresenta una minaccia che ha portato lepersone che ne avevano la possibilità a lasciare il pro-prio Paese».

Esistono delle tensioni comunitarie? Che cosa fa Ca-ritas Siria per evitare le possibilità di tensione tra le di-verse comunità?

«A parte quello che è successo con gli attacchi a Maa-loula e Saadnayah, in generale non c’è in Siria unatensione diretta tra cristiani e musulmani; c’è un pro-blema confessionale tra musulmani sunniti e musul-mani sciiti, dal quale i cristiani sono indeboliti, per-turbati e minacciati. Caritas Siria è al servizio di tutti equesta è la più bella testimonianza: ci comportiamocome cittadini e non secondo uno spirito confessio-nale, non siamo al servizio di una comunità, siamo alservizio dei più vulnerabili, dei più svantaggiati. Eccola novità fondamentale. Lavoriamo con donne colvelo, con studenti musulmani, che vengono ai Centriperché ne hanno bisogno. Alcuni musulmani comin-ciano a collaborare con noi e questa è un’altra bellatestimonianza».

Quali sono i possibili scenari in Siria? Come vede il fu-turo del suo Paese?

«La nostra più grande speranza è la pace e la riconci-liazione. Il nostro desiderio più profondo è vivere inpace, ma sfortunatamente quello che ci sentiamo ri-petere spesso, soprattutto all’estero e dai media, è che

questa guerra durerà per molto tempo, con l’obiettivodi dividere e indebolire la Siria così com’è successo inIraq».

Quali sono i progetti che Caritas Siria realizza per farfronte ai bisogni dei più vulnerabili?

«Caritas Siria ha diversi programmi. In un primo mo-mento abbiamo lavorato molto su una formazionespecifica, sul piano tecnico e psicologico, al lavoroumanitario affinché il nostro personale avesse un li-vello professionale tale da poter rispondere in ma-niera rigorosa e a lungo termine ai nostri beneficiari.Si tratta di servire un intero Paese, in sei regioni diffe-renti. Tutti i nostri programmi, anche se lavoriamocome Chiesa cattolica, sono al servizio dell’essereumano e della sua dignità. Abbiamo programmi ali-mentari, grazie ai quali aiutiamo migliaia di famigliein tutte le regioni della Siria, e programmi sanitari: inuna città come Aleppo abbiamo aiutato a realizzare1.200 operazioni chirurgiche nel 2014. Inoltre, ab-biamo programmi scolastici: nel 2014 sono stati aiu-tati circa 100 mila studenti. Infine aiutiamo centinaiadi sfollati che non riescono a trovare alloggio e gli an-ziani isolati e in difficoltà. Un sesto programma chepartirà a breve riguarda il sostegno psicologico/psico-sociale in diverse scuole di Damasco per aiutare i bam-bini a superare i traumi subiti. Un progetto ancora infase di studio è quello di “riabilitazione economica”, ilcui scopo è aiutare le persone a ricrearsi un lavoro tra-mite dei piccoli progetti di sviluppo».

Qual è l’impatto dei vostri programmi in Siria?«Molto spesso ho sentito dire dalle persone che aiu-tiamo: “Che cosa saremmo diventati se non ci fossestata Caritas? forse dei mendicanti”. Questa è solo unapiccola testimonianza rispetto a tutte le volte che lepersone ci ringraziano, ci sorridono e mostrano di ap-prezzare il lavoro di un’équipe competente che lavorarigorosamente».

Può raccontarci degli esempi di solidarietà e frater-nità intercomunitaria o interreligiosa?

«Vi sono famiglie di amici cristiani che ricevono e ac-colgono delle famiglie musulmane e viceversa; diesempi del genere potrei stilarne una lista enorme, fa

5. Interviste e testimonianze

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parte della cultura siriana il senso dell’accoglienza,della solidarietà e di protezione, soprattutto tra i vicini.Nei nostri Centri Caritas cristiani e musulmani ven-gono insieme per essere ascoltati con rispetto e aiu-tati. Un grande esempio di dialogo».

Nella regione di Raqqa e Deir Ez-zor la presenza delloStato Islamico è forte. Come vive l’équipe di CaritasSiria in questa situazione?

«La situazione in quella regione è molto difficile e deli-cata e in più estremamente rapida nei cambiamenti,perché coesistono diversi elementi impegnati nellalotta, diversi gruppi armati, per cui la situazione puòevolvere da un momento all’altro. Nella regione di Has-sakeh e Deir Ez-zor non è possibile l’accesso. Così comeda più di 3 anni non possiamo raggiungere la regionedi Al Jazireh perché pericolosa. Abbiamo poi difficoltàdi comunicazione sia via internet, sia via telefono».

Qual è l’appello che vorrebbe lanciare?«L’appello che ripeto dall’inizio: aiutate la Siria a ritro-vare la pace, perché la distruzione di questo Paese èuna perdita per tutto il mondo. Una perdita di civiltàe un’ingiustizia che si impone a un intero Paese».

LA VITA QUOTIDIANA DI UNA EUROPEANEL CONFLITTO SIRIANOIntervista a NATHALIE GERDAOUI, professoressa difrancese di origine franco-siriana, che vive a Damascoda 25 anni. Ha collaborato nel 2014 con Caritas Sirianella redazione di proposte di progetti in aiuto alle fa-miglie dei siriani vittime del conflitto.

Come vive un europeo a Damasco in un contesto cosìdifficile come quello della crisi siriana?

«La crisi dura da quattro anni e, purtroppo, penso diessermi abituata a vivere in questo spirito di guerrae di incertezza. Ho visto i danni che può causare unbombardamento, ho perso persone che conoscevo,con cui ho condiviso molto del mio tempo, mi sonotrovata in mezzo a un fuoco incrociato a un checkpoint, ... È una specie di sfida, diciamo a noi stessi chedobbiamo vivere nella maniera più normale, nono-stante tutto quello che succede. Ho cercato di man-tenere le mie abitudini: andare al lavoro, al mercato,discutere con i commercianti, e tutte le piccole coseche ci ricordano che la vita non è solo sinonimo didolore e tristezza. Quattro anni di guerra mi hannoperò insegnato ad adattarmi. Affrontare la mortequotidianamente ti rende consapevole che alcunecose nella vita sono molto più importanti di altre.Questi anni, inoltre, mi hanno insegnato ad espri-mere i miei sentimenti più apertamente. L’impreve-dibilità dei combattimenti rende la vita così fragile,che le relazioni umane che si creano diventano piùforti e intense. Penso che si dovrebbe vivere sempre

così, avere sempre questo atteggiamento, e non es-sere costretti ad impararlo dalla guerra».

Quali sono le difficoltà delle famiglie? Queste diffi-coltà si ripercuotono sui bambini e i giovani?

«Le famiglie sfollate devono affrontare importantisfide legate al reperimento di una casa. A volte tre fa-miglie vivono insieme in un’abitazione adatta per unafamiglia. Poi c’è il costo del cibo, dei vestiti, delle me-dicine. L’impatto sui bambini e i giovani è concreto,molti sono costretti a interrompere la scuola. I bam-bini e gli adolescenti vivono in promiscuità con gliadulti, con tutto ciò che questo comporta nella for-mazione della personalità. Sono sempre di più igiovani fumatori, con problemi di droga e di prostitu-zione. Le ripercussioni legate ai combattimenti e laviolenza sono concrete, dalle lesioni fisiche alle con-seguenze psicologiche, raramente curate. Anche senon sono testimoni oculari, sono testimoni auditivi: ilrumore dei combattimenti, delle esplosioni, sonocose che possono facilmente segnare un bambino.Tante volte è stato impossibile dormire la notte. Poic’è il lavoro minorile per aiutare le famiglie in diffi-coltà, l’aumento del numero dei bambini orfani e diquelli abbandonati appena nati, fenomeno pratica-mente sconosciuto prima della guerra. La distruzionedel tessuto sociale e religioso creerà una generazioneperduta che vivrà in una atmosfera di divisioni inter-confessionali che la generazione precedente non havissuto».

I GIORDANI, UN POPOLO CHE ACCOGLIEIntervista a WAEL SULEIMAN, giordano di Amman,direttore di Caritas Giordania. Impegnato, insieme alpersonale di Caritas Giordania, nella risposta all’emer-genza siriana sin dall’inizio del conflitto, nel 2011.

Come si vive la crisi siriana in Giordania dopo quattroanni?

«Purtroppo i nostri amati Paesi non hanno visto la paceper più di 70 anni. Molte generazioni hanno vissuto inquesta terra privati dei diritti umani fondamentali, te-stimoni di molte guerre e conflitti perpetui! Vivere sa-pendo che i nostri sono Paesi di guerra e mai Paesi dipace è la nostra risposta nei confronti della crisi siriana».

Che impatto ha tutto questo sulla tua vita quotidianae quali difficoltà stai affrontando?

«Ovviamente non è facile vedere persone che sof-frono senza avere alcuna risposta ai loro “perché”: Per-ché dobbiamo soffrire? Perché noi e non altri? Perchéil nostro Paese e non un altro? Perché ora e non in unaltro periodo? ...».

Quali sono le difficoltà delle famiglie giordane edellefamiglie siriane in Giordania e qual è l'impatto suibambini e i giovani?

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«La Giordania accoglie circa 1,5 milioni di profughi si-riani perché, oltre ai rifugiati registrati, bisogna con-tare anche i siriani che prima lavoravano in Giordaniae che non possono certo tornare in Siria. Le difficoltàche le famiglie giordane si trovano ad affrontare sonola crescente inflazione, quindi l’aumento dei costidella vita quotidiana, la mancanza di lavoro e il sovraf-follamento di studenti nelle scuole pubbliche».

Che cosa state facendo per aiutare i bambini?«Ci sono diversi programmi per i bambini e per le madrie i bambini, come ad esempio asili, nursery e attivitàinformali, nonché il programma di educazione formalee non formale e attività psicosociali per i bambini».

Come vede il futuro di questa crisi?«Le crisi nella nostra regione si sa come iniziano manon si sa mai come e quando andranno a finire. CaritasGiordania non discrimina per colore, religione, genere,ma include ogni fratello; il nostro compito è diffon-dere un amore che non ha limiti, nel tentativo di ripor-tare la speranza e la vera pace. Solo insieme possiamofare il miracolo, un giorno».

Avete alcuni esempi di solidarietà e sostegno intercul-turale e interreligioso tra la comunità giordana equella dei rifugiati siriani?

«Dal primo giorno della crisi, il popolo giordano haaperto le proprie case per ospitare le famiglie sirianee fornire loro tutto ciò di cui hanno bisogno. È unsegno di solidarietà tra i due popoli».

LA VITA AD ALEPPOIntervista a FAHED ASSOUAD, prima volontario, poicoordinatore dei progetti e membro del Comitatocentrale di Caritas Siria. Ci racconta la vita ad Aleppo,tra paure, difficoltà e voglia di andarsene.

Quali sono le difficoltà di famiglie, bambini e giovani?«Non c’è lavoro, non ci sono soldi, molte famigliehanno perso le loro case, i prezzi degli affitti si sonoquadruplicati, le organizzazioni internazionali comin-ciano a ridurre gli aiuti alimentari. I bambini si sonoabituati a fare giochi di guerra, giocano a uccidere lepersone, a decapitarle, a fare dei funerali. I bambininon hanno un’infanzia ad Aleppo, vedono solo miseriae morte, sono traumatizzati. Molti di loro sono co-stretti a mendicare per strada. Per i giovani non c’è fu-turo, cercano di lasciare il Paese per evitare il serviziomilitare o, se restano, assumono droghe».

Come è la situazione dell'educazione in Siria?«Possiamo dire che le scuole pubbliche continuanoa funzionare (quando non diventano rifugi per i pro-fughi), ma sono sovraffollate e in generale il livello diistruzione è inaccettabile. Le scuole private hannoaumentato incredibilmente i costi. Nelle universitàmancano i docenti».

Come vede il futuro della Siria?«Purtroppo male!».

Che appello vorrebbe lanciare? Qual è la sua spe-ranza?

«Ho paura del futuro di noi cristiani, siamo in peri-colo... Amo il mio Paese e non ho mai pensato di emi-grare, ma ora credo proprio che sia arrivato ilmomento di trovare un Paese di emigrazione. Il mioappello è: aiutateci ad emigrare (anche se i vescovinon sono d’accordo)».

Ha qualche testimonianza che l’ha particolarmentecolpita o una storia che vuole condividere?

«Una sera stavo andando a casa e non c’era luce perstrada. A un certo punto ho sentito qualcuno pian-gere. Ho guardato sul marciapiede e ho visto un bam-bino che non aveva più di 8 anni. Gli ho chiesto perchépiangesse, ma non mi rispondeva. Dopo vari tentativida parte mia, mi ha raccontato che gli avevano rubatoi soldi guadagnati lavorando durante il giorno e nonpoteva tornare a casa altrimenti il padre lo avrebbepicchiato. Gli ho dato i soldi... La seconda storia è ac-caduta qualche mese fa: una signora è arrivata negliuffici Caritas con due bambini, raccontando che questibimbi avevano perso prima il loro papà in un bombar-damento e si erano rifugiati in una zona molto perico-losa perché più economica, poi, qualche giorno dopo,anche la mamma, uccisa da un cecchino mentre an-dava a comprare il pane, lasciando orfani i suoi cinquefigli, che hanno tra i 4 e i 16 anni. La signora che è ve-nuta in ufficio aveva accolto i bambini, ma aveva bi-sogno di aiuto. Caritas le ha fornito degli aiutialimentari e una casa di accoglienza per i bambini ri-masti orfani».

I BAMBINI E LA CRISITestimonianza di SANDRA AWAD, siriana di Dama-sco, madre di due bambini e assistente esecutivadell’Ufficio nazionale di Caritas Siria. Collabora con Ca-ritas Siria dal 2014 e nel pomeriggio, dopo il lavoro, sioccupa della gestione di un piccolo asilo nido a Da-masco.

«Gestisco un piccolo asilo nido a Damasco e uno deigiochi preferiti dai bambini sono le costruzioni Lego.I bambini le usano sempre per giocare, in particolarei maschietti. La maggior parte di loro costruisce dellegranate, delle mitragliatrici, dei carri armati, … Hosempre cercato di convincerli a fare qualcosa di di-verso, come costruire una città o una macchina, maneanche mi ascoltano, talmente sono concentrati a di-vertirsi a “giocare alla guerra”.Un giorno, dopo che alcuni ragazzi avevano finito la co-struzione di un grande carro armato, hanno cominciatoa riempirlo di palline fingendo che queste sfere fossero

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razzi da gettare sulla città. Con un grande sorriso, hosuggerito loro di riempirlo di rose invece che di razzi:mi sembrava una buona idea gettare rose coloratesulla città; loro invece, guardandomi con irriverenza,sono scoppiati a ridere per la mia stupida idea.Un altro giorno vedo un ragazzino molto intelligente,che con i Lego aveva riprodotto un televisore, un di-vano e un altro oggetto che non riuscivo a capire cosafosse. Gli ho chiesto allegramente: “Che cosa hai fatto,Hagop?”. Lui mi risponde orgoglioso: “Un televisore,un divano da dove guardarla e una mitragliatrice”. Glichiedo con disappunto: “Perché un’arma?”. Mi ri-sponde: “Perché quando accendiamo la tv vediamosempre mitragliatrici”.Un’altra storia è quella di Spongebob, il personaggio aforma di spugna gialla dell’omonimo cartone animato.I bambini stavano riproducendo Spongebob su un pic-colo pezzo di legno perforato con della pittura di coloregiallo. All’improvviso un ragazzo mi ha chiesto: “Spon-gebob è molto divertente con tutti questi buchi nel suocorpo! Avrà mica ricevuto delle schegge di granata?”.Un giorno ho chiesto a un ragazzo che cosa volessediventare da grande. Lui ha risposto: “Un terrorista cheuccide i cattivi!”.Pochi giorni fa ho dato ai bambini alcuni disegni raffi-guranti delle automobili, chiedendo loro di decorarele strade con quello che volevano: fiori, alberi, sema-fori. Un ragazzino continuava a disegnare dei checkpoint lungo tutta la strada!Poi la storia della favola dei tre porcellini. Quandosono arrivata al punto in cui il terzo porcellino costrui-sce la propria casa in mattoni, ho detto loro che le no-stre case sono costruite proprio come quella, in mododa essere resistenti e nessuno possa soffiarle via. Unabambina mi ha interrotto e ha detto: “Non è vero, lanostra casa è stata fatta con i mattoni, ma una grandeesplosione l’ha soffiata via!”.

Le favole di Cappuccetto rosso, Biancaneve, Aladino,La bella e la bestia, sono tutte diverse dai nostri rac-conti di infanzia; si trasformano in storie di guerra. L’in-fanzia nel mio Paese riflette la guerra degli adulti,immersa nei suoi colori scuri».

IN FUGA TRA PAURA E SCONFORTOTestimonianza di HIND ABU SAIF, siriana di 38 anni,madre di 8 bambini tra i 3 e i 18 anni, fuggita in Gior-dania il 24 ottobre del 2012.

«La mia unica scelta quel giorno era scappare con imiei bambini... Quella scena rimarrà impressa nellamia memoria e sfortunatamente anche in quella deimiei bambini, per sempre!Un gruppo di persone armate ha fatto irruzione nellamia casa di Daraa, prendendo mio marito, Khaled, eportandolo fuori per interrogarlo, picchiarlo forte sullatesta e infine sparargli! Queste persone hanno poi ap-piccato fuoco alla casa, ma io sono riuscita a scapparecon i miei bambini.Siamo arrivati nel campo di rifugiati di Zaatari, in Gior-dania, ma le condizioni del campo non erano indicateper la salute di mia figlia Taghreed, 5 anni, che richiedetrattamenti e cure specifiche in quanto affetta da epi-lessia.Dovevo provvedere alla famiglia da sola, così mi sonorivolta a diverse organizzazioni, ma solo Caritas mi haascoltata e mi ha aiutata con dei buoni alimentari, ve-stiti e dei lavori di ristrutturazione per rendere vivibilela casa che avevo trovato per me e i miei figli.Adesso la mia unica preoccupazione è l’educazionedei miei bambini: il loro papà voleva garantirgli unabuona educazione, e lo scopo della mia vita è soddi-sfare quel desiderio».

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Era l’8 luglio 2013, quando papa Francesco a Lampe-dusa lanciò il suo grido per svegliare le coscienze con-tro i troppi morti dei “barconi” pieni di persone in cercadi pace. Li chiamiamo migranti, rifugiati, clandestinima, ci ricorda il Papa: «Oggi nessuno si sente respon-sabile. Abbiamo perso il senso della responsabilità fra-terna, siamo caduti nell’atteggiamento ipocrita delsacerdote e del servitore dell’altare, di cui parla Gesùnella parabola del Buon Samaritano: guardiamo il fra-tello mezzo morto sul ciglio della strada, forse pen-siamo “poverino”, e continuiamo per la nostra strada,non è compito nostro. E con questo ci sentiamo aposto».

Poi ha aggiunto, in uno dei passaggi più toccantidella sua Omelia: «La cultura del benessere rende in-sensibili alle grida degli altri, fa vivere in bolle di sa-pone. Una situazione che porta all’indifferenza versogli altri, anzi porta alla “globalizzazione dell’indiffe-renza” e “all’anestesia del cuore”».

L’obiettivo che si pone il presente dossier va lettoalla luce delle parole del Papa, che sono, come eglistesso dice, un invito a svegliare le coscienze.

I minori rifugiati, i più vulnerabiliAbbiamo voluto concentrare la nostraattenzione sul dramma dei bambini si-riani costretti a lasciare il Paese con leloro famiglie (a volte anche senza) perdiventare “rifugiati”.

Chi è un rifugiato? Le Nazioni Unitelo definiscono così: una persona che«temendo a ragione di essere persegui-tata per motivi di razza, religione, nazio-nalità, appartenenza ad un determinatogruppo sociale o per le sue opinioni po-litiche, si trova fuori dal Paese di cui ècittadino e non può o non vuole, acausa di questo timore, avvalersi della protezione diquesto Paese» (dalla Convenzione delle Nazioni Uniterelativa allo status di rifugiato – Ginevra 1951). A que-sta convenzione hanno aderito più di 130 Paesi nelmondo, tra cui l’Italia.

Ma ciò che colpisce è il trend: il numero comples-sivo delle persone sotto la responsabilità dell’UNHCRera all’inizio del 2001 di 21,1 milioni di persone; allafine del 2014 si sono superati, per la prima volta dallafine della seconda guerra mondiale, i 50 milioni fraprofughi, sfollati, richiedenti asilo. Una persona ogni120, in rapporto a tutta la popolazione mondiale. Datala struttura della popolazione, si può stimare che circala metà sono minorenni, di entrambi i sessi.

Cosa succede ai minori?I vari aspetti della “questione”I siriani rappresentano alla fine del 2014 la più grandecomunità di rifugiati al mondo, superando gli afgani,e questo è il primo aspetto della “questione”. La granparte dei 3,8 milioni di siriani sono accolti da Turchia,Libano e Giordania. Molti altri Paesi hanno chiuso lefrontiere, a cominciare dai ricchi e vicini Paesi petroli-feri della penisola arabica. L’Europa è dubbiosa, solola Germania e la Norvegia accolgono un numero rile-vante di rifugiati.

Perché sovraffollare fino all’inverosimile, fino acreare nuove situazioni di tensione e diconflitto a rifugiati che potrebbero es-sere distribuiti altrove e con maggioredignità?

Sono i più vulnerabili non solo perl’ovvia considerazione che si tratta dibambini e giovani, ma proprio perché laloro giovane età li sottopone a rischiparticolari. Azioni o situazioni che pos-sono essere “sopportate” da adulti, di-ventano gravi minacce per dei minori,incapaci perfino di capire quello che stasuccedendo attorno a loro. Ecco perchéi minori lasciati soli, i cosiddetti “non ac-compagnati”, devono avere la certezza

di non essere abbandonati mantenendo le famiglieunite, e dando a esse una particolare protezione. È undiritto della famiglia ed è un “doppio diritto” per il mi-nore.

Non basta sentire la coscienza tranquilla dopo avergarantito il vitto e l’alloggio. Ed è il secondo aspettodella questione, che deve andare a impattare tutte lepolitiche di accoglienza.

Un terzo aspetto è la miniera che i minori rappre-sentano per i trafficanti illeciti in tutto il mondo: An-tonio Gutiérrez, direttore dell’UNHCR, afferma che leorganizzazioni criminali internazionali sono diventatepotenti e si finanziano con commerci di organi, disfruttamento sessuale e lavorativo, con torture e vio-

6. La questione

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Azioni o situazioniche possono essere

“sopportate” da adulti,diventano gravi

minacce per deiminori, incapaci

perfino di capire ciòche sta succedendo

attorno a loro

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lenze. Non solo con i minori, ma i minori sono un in-vestimento migliore proprio perché giovani e indifesi.Eppure, mentre i rifugiati crescono, quindi cresce il po-tenziale mercato dei criminali, l’UNHCR ha dovuto ri-durre della metà nel 2014 il budget che riceve dagliStati (The Guardian, 20 giugno 2014).

Un mercato della morte che cresce grazie al caospolitico: la drogaLa situazione di anarchia della Siria non può che faci-litare il commercio della droga, dalla produzione allospaccio in tutto il Medio Oriente. Succede anche inaltre parti del mondo che i narcotrafficanti approfit-tino dell’instabilità politica e ora in Siria si produce unagrande quantità di anfetamine (Julien Omar Tohme,Internazionale, 6 febbraio 2015). Le fazioni in lotta siaccusano a vicenda, mentre il commercio si consolidanonostante siano in aumento i sequestri di droga. Siteme giustamente che si possano creare ulteriori si-tuazioni di conflitto di tipo messicano. La presenza difolle di rifugiati e di migliaia di minori senza futuro èun terreno di coltura eccezionale per il narcotraffico eper ulteriori focolai di morte.

Ogni elemento di instabilità (commercio dellearmi, guerra, povertà, droga) entra in un circolo vi-zioso che si alimenta reciprocamente e che è desti-nato ad aggravare la sorte di interi popoli.

Proteggere i rifugiati, soprattutto i minori, significaproteggere il dilagare della criminalità, significa pro-teggere noi stessi. Questo aspetto della “questione”non va però visto come un semplice metodo per con-trollare la criminalità. I rifugiati più vulnerabili sonocausati dalle guerre e quindi la fatica principale dellenostre azioni a ogni livello politico è prevenire le causedelle guerre. Le istituzioni internazionali sono vera-

mente così impotenti da permettere il raddoppio deirifugiati mondiali nello spazio di poco più di 12 anni?

I minori rifugiati, una bomba a scoppio ritardatoCosa significa essere un bambino, una ragazza, sradi-cati da casa propria? Le statistiche potrebbero dirciche tutti i rifugiati di quel posto sono nutriti e curati,ma non svelano cosa significa per un minore vedersivittima per qualcosa che né lui né la sua famigliahanno commesso.

Cosa significa crescere per anni senza che nessunaistanza sia in grado di tutelare o di ridargli i suoi diritti?

Nutrirsi con i viveri delle ONG senza che i suoi ge-nitori guadagnino quello che sarebbe necessario perprocurarsi da vivere.

Passare gran parte della giornata senza fare nulla.Mancare per anni a scuola o frequentarla in modo

irregolare o con programmi stranieri. Crescere senza sapere se potrà tornare a casa sua,

se potrà andare in un altro Paese e imparare unanuova lingua, se potrà imparare un mestiere e formareuna famiglia.

Crescere senza sapere cosa significa essere liberi eonesti cittadini, perché nei campi profughi queste no-zioni sono estranee.

Sentirsi sopportato nelle relazioni con il Paeseospite, dalla scuola agli amici, alle autorità, inventandotutte le astuzie per accattivarsi gli uni e gli altri.

E così per anni. Dovrebbero bastare queste considerazioni per ca-

pire quali frutti potremo aspettarci dalla scuola del “ri-fugiato” e con quali responsabilità le autorità dei Paesidi accoglienza, Italia compresa, dovrebbero affrontareil problema dei richiedenti asilo, in particolare, ancorauna volta, per i minori.

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I minori resistono meno degli adulti alla malattia, allamalnutrizione e alla privazione dei beni primari e sonoi primi a morire quando le risorse sono scarse sia dalpunto di vista fisico che psicologico.

Un’attenzione a cui si deve dare molta cura èl’aspetto psicologico delle persone vulnerabili, comei minori di entrambi i sessi e le donne. Anche quandosono trattati con rispetto, molti sono troppo spaven-tati per descrivere le loro umilianti esperienze davantia stranieri.

Inoltre, nel contesto di guerre e persecuzioni, i piùgiovani non sono solo vittime accidentali, ma sempredi più obiettivi specifici da colpire, come parte di unastrategia per eliminare il nemico di domani, e si sen-tono ancora “braccati”.

Il trasferimento in altre località a causa di un con-flitto armato rappresenta una violazione di quasi tuttii diritti dell'infanzia: alla vita, alla salute, alla sopravvivenza e allo sviluppo, a crescere in un ambiente familiare ed essere nu-

trito e protetto, a un’identità e a una nazionalità reale, all’istruzione e ad avere prospettive per il futuro.

Cosa può, ognuno di noi, “fare” e “sapere”Ognuno di questi diritti va tutelato e curato secondoil principio di sussidiarietà: a ogni livello della societàc’è un livello di responsabilità e quindi di corrispon-dente risposta. Una famiglia può aiutare una famigliadi rifugiati temporaneamente, ma una comunità puòassumersi un impegno più duraturo.

Una scuola non può contribuire senza l’appoggiodelle autorità locali e/o statali.

Un flusso imponente di rifugiati, soprattutto percausa di guerra, non può non essere regolato in Eu-ropa che dalla Comunità europea. E nel mondo, dalleistituzioni internazionali, tanto più che le responsabi-lità di un conflitto, in Siria come altrove, non sono solodella Siria.

Non ha molto senso rimbalzarsi le responsabilitàtra Stati; sarebbe come dire che se dei rifugiati arri-vano in un paese, ci deve pensare solo il sindaco diquel paese!

Ha senso invece che ognuno si prenda una parte delpeso, e del dolore, che colpisce tanta parte di umanità.

La protezione dei minori a livello nazionaleNon c’è solo il diritto dei rifugiati ad avere un rifugio,c’è il dovere degli Stati di darglielo, anche di quelli re-

calcitranti che chiudono le loro frontiere. Nessunodegli Stati che invece sono generosi deve essere la-sciato solo, perché la responsabilità di proteggere nonpuò che essere collettiva.

Gli strumenti pratici, come gli uffici per la richiestadi asilo nei Paesi in transito, vanno potenziati, tenendoconto che le procedure amministrative non vannorese più difficili, ma sveltite, proprio per le peculiari si-tuazioni psicologiche sopra descritte.

La protezione dei minori a livello europeoNel caos del conflitto, della fuga e dello sradicamento,i bambini corrono fortissimi rischi di essere separatidalle loro famiglie: un trauma potenzialmente più de-vastante dello stesso sradicamento geografico. È giu-sto ricalcolare periodicamente la percentuale dirifugiati, soprattutto di minori, che gli Stati dell’Europapossono accogliere in base alla propria situazioneeconomica e attuare meccanismi di compensazioneper gli Stati che ne accolgono in percentuale supe-riore.

I minori e i corridoi umanitariI corridoi umanitari in una zona di guerra sono una stri-scia di territorio (o di spazio aereo o navale) demilita-rizzata e dove vige un cessate il fuoco. Questi spaziservono a garantire incolumità a convogli che portanoaiuti umanitari e che permettono una via di fuga allepopolazioni civili. Sono garantiti dal diritto internazio-nale e sono l’unico modo per contrastare i barconi degliscafisti e le continue inaccettabili tragedie del mare.Tuttavia sono proprio gli Stati che dovrebbero tutelarequesti diritti, i primi che li calpestano. Vi è dunqueun’ipocrisia internazionale, che provoca lo stesso maleche vuole togliere; il danno è tanto maggiore quantoappunto sono deboli le vittime che lo patiscono.

Perché prendersi cura (dal messaggio di Papa Francesco per la 48a GiornataMondiale della Pace, 1 gennaio 2015)Papa Francesco si rivolge alle coscienze con un invitoe una preghiera, davanti ai drammi dell’umanità, a

7. Esperienze e proposte

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saper «resistere alla tentazione di comportarci inmodo non degno della nostra umanità» (n. 1). Unanuova tentazione, quindi un nuovo possibile peccato,secondo le riflessioni del Papa.

C’è dunque un desiderio evidente di vivere in pacecon tutti gli uomini, ma la vicenda di Caino e Abele,continua Papa Francesco, «evidenzia il difficile com-pito a cui tutti gli uomini sono chiamati, di vivere uniti,prendendosi cura l’uno dell’altro» (n. 2).

Questa dunque è la nostra umanità, che un temporiteneva normale “l’istituto della schiavitù”, cioè la per-dita della libertà. Questo “istituto” è stato abolito nelleforme tradizionali, ma riappare sotto nuove forme.Tutti quelli che sono privati della libertà sono di fattoschiavi.

Le folle di sfruttati e rifugiati, bambini e adulti,clandestini, vittime del traffico umano, con legisla-zioni nazionali inefficaci se non complici, non fannoaltro che equiparare “l’istituto del rifugiato” agli anti-chi schiavi.

Un ruolo da svolgere per tutti,dal soccorso alle leggi di tutela«Si ha l’impressione che questo fenomeno abbialuogo nell’indifferenza generale» continua il Papa,mentre l’azione da svolgere, degna della nostra uma-nità, è quella di agire su tre piani: «il soccorso alle vit-time, la loro riabilitazione sotto il profilo psicologicoe formativo e la loro reintegrazione nella società didestinazione o di origine», mentre «gli Stati dovreb-bero vigilare perché le proprie legislazioni nazionalisiano realmente rispettose della dignità della per-sona».

«In questa prospettiva», conclude il Papa, ogni sin-golo e ogni comunità può «nel proprio ruolo e nelleproprie responsabilità particolari operare gesti di fra-ternità nei confronti di coloro che sono tenuti in stato-di asservimento»(n. 5).

24 CARITAS ITALIANA | DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE

ALLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE

Il diario di questi quattro anni di guerra è un rosarioinfinito di offensive, controffensive, avanzate e riti-rate, violenze e persecuzioni, sconfinamenti neiPaesi vicini, mentre le vittime si calcolano ormaicon stime approssimate alle decine di migliaia e irifugiati e sfollati approssimati al milione.

Non si contano più gli appelli alla pace in Siria, acominciare dalla giornata di digiuno e di preghierache Papa Francesco aveva indetto il 7 settembre2013.

Tre inviati speciali delle Nazioni Unite si sonosucceduti nel vano tentativo di trovare una solu-zione politica: Kofi Annan, Lakhdar Brahimi e Staf-fan de Mistura. Una conferenza di pace, Ginevra 2,nel gennaio 2014 è fallita.

Non si può accettare che la comunità internazio-nale sia di fatto così impotente di fronte a undramma che si svolge a danno di innocenti e di per-sone che porteranno per sempre nel loro cuore isegni del dolore e molto probabilmente quelli dellavendetta. Dio non voglia che si resti così indiffe-renti, senza tenere conto che più passa il tempo,peggio sarà la situazione e più difficile il recupero.

La solidarietà resta un dovere per tutti noi eCaritas Italiana continuerà a tenere vivo questo sen-timento presso le nostre comunità, ma la respon-sabilità politica ed economica spetta a chi hal’autorità ed è a loro che lanciamo il nostro grido:

BASTA CON LA GUERRA!

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25SIRIA | STRAGE DI INNOCENTI

LA RISPOSTA DI CARITAS ITALIANA AL DRAMMADELLA SIRIA E ALLE RICADUTE NEI PAESI VICINI

Dopo aver risposto alle prime richieste di Caritas Siriafin dal 2011, ad agosto 2014 Caritas Italiana ha rice-vuto un contributo dalla CEI di un milione di euro daifondi 8 per mille, da suddividersi nella regione perl’emergenza siriana. Dopo varie consultazioni, dalfondo CEI una somma di 405 mila euro è stata desti-nata alle diverse attività di Caritas Siria. Fra queste èstata particolarmente apprezzata dalla Caritas nazio-nale, come afferma mons. Antoine Audo, arcivescovocaldeo di Aleppo, l’attenzione che proprio Caritas Ita-liana ha avuto per la cura dei bambini e delle loro par-ticolari necessità.

Il resto del contributo è andato ad altre organizza-zioni ecclesiali operanti in Siria e ai rifugiati siriani as-sistiti da Caritas Libano e Caritas Giordania.

Inoltre, sempre in Libano, rispondendo alla richie-sta di educazione alla pace, esigenza che già in pas-sato Caritas Italiana aveva colto come necessariaintegrazione all’assistenza di base, è stato finanziatoun progetto pilota di 58 mila euro per il 2015. Si trattadi una serie di incontri di formazione e di attività pra-tiche in tutto il Paese, volti ad apprendere le tecnichedi risoluzione pacifica dei conflitti, e destinato a gio-vani rifugiati siriani e libanesi.

In Giordania Caritas Italiana ha stanziato nel 2014la somma di 100 mila euro per la riabilitazione pro-fessionale dei rifugiati siriani e per l’allestimento diuna clinica sanitaria. Ma il futuro è pieno di incognite.Altri contributi di minore entità sono stati erogati alle

Caritas di Turchia, Grecia e Cipro, per l’assistenza a ri-fugiati siriani arrivati in questi Paesi.In totale, nei quattro anni del conflitto, Caritas Italianaha finanziato progetti per 1.878.500 euro, suddivisinei vari Paesi della regione come segue:

Paese Somma finanziata(in euro)

Somma finanziata(%)

Siria 1.113.260 59,3

Libano 304.999 16,2

Giordania 236.811 12,6

Turchia 110.000 5,9

Grecia 50.000 2,7

Cipro 5.000 0,3

Trasversale 58.430 3,1

Totale 1.878.500 100,0

LA RISPOSTA DI CARITAS IRAQ

Pur non riguardando direttamente la crisi dei ri-fugiati siriani, si ricorda l’attività di Caritas Iraq,che, come Caritas Siria, si trova ad affrontare unagrave situazione di sfollati interni.

Da dodici anni (2003, Guerra del Golfo) l’Iraq spe-rimenta una continua situazione di fragilità politicainterna fino a un vero conflitto fra le diverse forze po-litico-religiose del Paese. Ma è dal 2014, con l’apparirein forze dell’ISIS nelle regioni settentrionali di Mossul,Ninive e Kirkuk, che la situazione interna è precipitata.

I dati IOM (International Organization for Migra-tion) indicano che si è passati da una cifra di 557 milapersone sfollate a circa 1.700.000 persone, delle quali971 mila si sono rifugiate nella regione settentrionaledel Kurdistan. Fra queste persone si trovano i circa100/120 mila cristiani che hanno dovuto abbando-

nare le loro abitazioni a Mossul e nella piana di Ni-nive, accolti con uno sforzo ammirevole dalla piccolacomunità cristiana del Kurdistan. Il giudizio che si rac-coglie fra i cristiani locali è che non ci sono prece-denti storici di uguale gravità.

Dopo la prima assistenza garantita dai vescovi edalle comunità cristiane del Kurdistan, che hannomesso a disposizione degli sfollati tutte le struttureecclesiastiche, chiese comprese, si è progressiva-mente strutturata una collaborazione con Caritas Iraqe un appello ad hoc è stato lanciato da Caritas Iraq. Ilvalore di questo appello è di 3.147.000 dollari USA perl’assistenza a 12.350 famiglie, oltre 70 mila persone.

Dal 2011 alla fine del 2014 Caritas Italiana hasostenuto le attività di Caritas Iraq nell’assistenzadi profughi, sfollati e rifugiati per una somma di460.000 euro.

Siria€ 1.113.26059,3%

Libano€ 304.99916,2%

Giordania€ 236.81112,6%

Turchia€ 110.0005,9%

Trasversale€ 58.4303,1%

Grecia€ 50.0002,7%

Cipro€ 5.0000,3%

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Per maggiori informazioni e per contribuireai progetti di Caritas Italiana:

www.caritas.itUfficio Medio Oriente e Nord Africa:tel. 06 66177 242 / [email protected]

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Quattro anni di guerra. Una catastrofe umanitaria, la più grave al mondo.

Record assoluto, in negativo, per numero di vittime, sfollati, rifugiati,atrocità, distruzione.

Dramma nel dramma, il coinvolgimento dei bambini: uccisi, usati, abusati.

Una strage.

L’analisi dei nuovi dati Caritas, presentati in questo dossier, evidenziale sofferenze e le ferite anche invisibili patite dai minori.

La guerra in Siria non è più circoscritta, ma sempre più estesa,con implicazioni globali.

La comunità internazionale sino ad ora ha fallito.

Occorre un approccio completamente nuovo, che tolga combustibileall’incendio siriano.