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Health & Medicine


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La rivista dell'ICT in sanità

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Febbraio 2014

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Il processo di riorganizzazione della governance sanitaria, dietro la spinta, in particolare, dei sistemi

ICT, sta ridefinendo processi e percorsi assistenziali. Trasformazione, che apre nuovi scenari nei rapporti tra Azienda sanitaria e territorio. Ma si tratta di un passaggio che stimola anche l’avvento di una diversa cultura organizzativa del management, improntato all’interdisci-plinarità e alla trasparenza. La realizzazione del FSE - data ultima 30 giugno 2015 e si auspica coronata dal raggiungimento delle mete prefissate – che renderà l’erogazione del servizio sanitario più efficace per i pazienti e nel contempo più efficiente in relazione alla spesa, decisamente più coerente con gli standard europei, accelera que-sto mutamento. Un passaggio decisivo, su cui incom-bono, tuttavia, il contesto critico delle risorse di investimento assegnate, un’agenda di programmazione in ritardo e la debolezza di strategie che dovrebbero essere più di largo respiro, capaci di coinvolgere con maggiore condivisione i decisori e gli operatori

Editorialedi Mario Dall’Angelo

Comitato scientificoDirettore: Placido Bramanti, Membro del Consi-glio Superiore di Sanità e Direttore Scien-tifico IRCCS “Bonino-Pulejo”, MessinaComponenti: Piergiorgio Annichiarico, ASL Sassa-ri - Quirino Davoli, Presidente CIOSL (Chief Information Officer Sanità Loca-le), ASL Roma E - Salvatore Garozzo, ASP Catania - Andrea Gelmetti, IRCCS Policlinico “San Matteo” Pavia - Giuseppe Greco, Consiglio nazionale Cittadinan-zAttiva - Luciano Hinna, Università Tor Vergata, Roma - Lorenzo Leogrande, Università Cattolica di Roma e Presiden-te nazionale AIIC (Associazione Italiana Ingegneri Clinici) - Salvatore Lo Presti, Dirigente responsabile Servizi Sanitari Regione Calabria - Franco Luca, ASP Ca-tania - Massimiliano Maisano, A.O.U. “G. Martino”, Messina - Imma Orilio, ASL Na-poli2 Nord - Filomena Polito, ASL 5 Pisa e Presidente nazionale APIHM (Privacy and Information Healthcare Manager Association) - Nunzio Porfido, AOU Po-liclinico Giovanni XXIII Bari - Sebastiano Quercio, ASP Siracusa

Fascicolo Sanitario Elettronico. Un’occasione per fare Sistema

sanitari insieme a nuove figure professio-nali di management come i CIO, i Diret-tori dell’Ingegneria clinica, i DPO, senza escludere gli stessi Stakeholder, porta-tori, spesso, di una visione avanzata e globale di natura sovraregionale. Non si può pensare di fare innovazione, insomma, se essa si presenta avulsa da una logica di sistema. Il pericolo sarebbe quello di un ulteriore appuntamento manca-to, con risultati deludenti rispetto agli obiettivi previsti e alle attese del mondo sanitario e a quelle dei cittadini. Le indicazioni dell’Unione Europea contenute nell’ eHealth Action Plan 2012-2020 - in particolare quelle riguardanti ricerca, sviluppo e innovazione - e nello Staff Working Document on Teleme-dicine - sugli aspetti legali riguardanti la protezione dei dati e della privacy - dovrebbero consentire di guidare il processo anche in Italia oltre le difficoltà contingenti.

di Mario Dall’Angelo

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Fascicolo Sanitario ElettronicoMa sarà vero?

ll FSE è, infatti, uno strumento, se lo si guarda dal punto di vista dei sani-tari, un supporto se il punto di vista diventa quello dei tecnici, composto

negli anni di vari mattoni e processi, che vanno dalla dematerializzazione docu-mentale all’infrastruttura e connettività di rete, al repository, alla creazione della cartella clinica digitale, all’integrazione progressiva dei molteplici professionisti sanitari che ruotano attorno al FSE. Uno strumento che come destinatario finale e unico proprietario il cittadino, anche se il cittadino lo conosce poco.Se, ad oggi ,l’architettura che può met-tere in movimento il FSE è stata ormai completata in tutte le Regioni, chi più chi meno, rimangono aperti ancora numerosi interrogativi.Innanzitutto, il problema degli stan-dard di interoperabilità, cioè di quegli standard, che possono permettere ai medici del territorio e agli specialisti del-le aziende sanitarie contigue, ma anche distanti, di utilizzare i documenti digitali contenuti nel FSE per interrogazioni e indagini cliniche e di ricerca, in modo da ottenere informazioni duttili, flessi-bili e utili all’intervento terapeutico e ai bisogni assistenziali del processo di cura. Anche se a condizione di essere autoriz-zati al trattamento dei dati dal cittadino/

proprietario.Un secondo problema è quello non tanto di riempire di contenuti il FSE (la maggior parte dei documenti di laboratorio, dia-gnostici, specialistici è sulla strada della progressiva dematerializzazione) quanto di capire, senza ambiguità, chi lo deve riempire e come, richiamandosi ad un

linguaggio comune e condiviso. “Manca ancora – dice Angelo Rossi Mori, CNR - uno standard semantico univoco”.E il tema agita gli operatori sanitari, i CIO come gli Stakeholder, divisi sulla scelta, se sostenere standard aperti o standard condivisi dalla comunità e confermati dalle esperienze e dalla pratica inter-nazionale. Ma tutti d’accordo sul fatto che il FSE è uno strumento a sostegno soprattutto della pratica clinica e non

un semplice archivio di dati. Anzi “è parte integrante nella realizzazione dei LEA - chiarisce Giuseppe De Pietro, ICAR/CNR e componente del Tavolo tecnico AGID per il FSE”. Non si tratta, dunque, di questione di lana caprina. In assenza di indicazioni chiaramente orientate da par-te delle istituzioni nazionali, le Regioni su questo terreno hanno proceduto da sole. Risultato: 21 esperienze diverse. Alcune contigue, altre alternative, altre conflittuali. Rendere interoperabile il FSE, in virtù di questa situazione, vuol dire realizzare l’unitarietà di sistema nell’ete-rogeneità, evitando di azzerare quanto già realizzato in alcune regioni. Ma di tempo ne è rimasto poco. Il Decre-to del FARE (Legge 98/2013 di conversio-ne del D.L. 69/2013, recante “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”) ha imposto un’accelerazione all’Agenda Digitale in Sanità, nel più ampio piano di sviluppo dell’e-Gov, imponendo alle Regioni, pena la mancata erogazione di finanziamenti ai SSR inadempienti, di promulgare entro giugno 2014, le programmazioni regionali in tema di FSE, sulla base di linee guida tecniche che dovranno essere note entro fine mar-zo. Obiettivo: giugno 2015 conclusione architettura FSE, cui si aggancerà, entro dicembre 2015 una piattaforma naziona-

le di interoperabilità. Programma volto all’affermazione del carattere nazionale del Servizio Sanitario. E’ credibile che tutto questo avvenga, in un contesto economico in cui alle Regioni sono ul-teriormente decurtati i bilanci in Sanità, con Regioni ancora in contenzioso di rientro, con il contesto politico in condi-zione precaria, avviluppato tra Riforma del Titolo V della Costituzione, legge elettorale e sopratutto nella “vacanza dorata” di una regia politica nazionale che abbia il coraggio di puntare con decisione sull’innovazione ICT come strumento strategico di sviluppo per il Paese? (Per uso di servizi di e-Gov, l’Italia presenta percentuali del 20% rispetto al 40% della media europea – Dati Digital Agenda Scoreboard 2013 – mentre gli investimenti ICT in Sanità toccano l’1,1% del budget della spesa sanitaria – Dati Osservatorio ICT in Sanità, Politecnico di Milano 2013). Staremo a vedere. Intan-to, seguiamo con attenzione e diamo credito alle indicazioni di ottimismo, che provengono dalla cabina di regia (Tavolo tecnico AGID), ma che lasciano perplessi operatori e stakeholder.

Tuttavia, pur in corsa e con un lasso di tempo ridotto, sarebbero possibili in-terventi correttivi, frutto di un ascolto e di una valutazione più attenta di quan-to realizzato in ambito locale, che ha comunque innovato, tra mille difficoltà, mettendo le toppe ad anni di indicazioni di regia vaghe, da parte degli organi di governo nazionali e regionali.Sarebbe, poi, auspicabile, che si affron-tasse, finalmente e definitivamente, il problema del ruolo che la Medicina ge-nerale, vero e proprio pilastro documen-tale e clinico del FSE, deve avere nella gestione del FSE. Uno strumento come il FSE, così strategico per la sostenibilità stessa del Servizio Sanitario, non può incagliarsi su contrattazioni di natura sin-dacale. Né si può assistere a modelli di-versi di “arruolamento” dei MMG nel FSE, come quelli attualmente rappresentati dalla Regione Lombardia e dalla Regione Emilia-Romagna. di responsabilità com-pilare il Patient summary e assunzione di responsabilità di eventi clinici evidentiSarebbe, inoltre, necessario agire con maggiore lungimiranza sulla formazio-ne nel management e degli operatori

Cos’èIl FSE è l’elemento chiave di supporto al governo integrato dei bisogni di salute del cittadino. E’ l’insieme dei dati e documenti digitali di tipo sanitario e socio-sanitario gene-rati da eventi clinici presenti e trascorsi, riguardanti l’assistito.

A cosa serveL’utilizzo del FSE consente di:- seguire il cittadino nei suoi percorsi assistenziali;- avere un maggior coordinamento tra i diversi specialisti che hanno in cura l’assistito;- rendere possibile un ripensamento in logica di rete delle modalità di accesso all’offerta sanitaria.

Cosa contieneIl FSE contiene documenti che riguar-dano: - gli accessi al Pronto Soccorso;- l’assistenza domiciliare;- l’assistenza residenziale;- le prestazioni farmaceutiche;- la specialistica ambulatoriale;- il ricovero ospedaliero.

A chi appartieneIl FSE è di proprietà del cittadino, che

Focus FSE

Alla fine di giugno 2015 saranno 575 i milioni di euro spesiper la realizzazione, “nell’arco di sette anni”, del FSE.Una cifra significativa, “ma che - avverte Andrea Nicolini, CISIS - deve essere considerata nel suo insieme”.

sanitari. Il FSE promuove e “impone” l’adozione di nuove modalità di gover-nance, frutto di una cultura organizzativa interdisciplinare e performante. I vantaggi del FSE, e più in generale dell’ICT in Sanità, per il governo di strutture complesse come le aziende sanitarie sono ormai conclamati (rispar-mi per 7 miliardi di euro senza contare il nesso “virtuoso”, speso sottolineato, tra innovazione ICT e maggiore efficienza e qualità del servizio). Allo stato attuale, sono pochi i manager aziendali, peraltro di nomina politica e spesso distanti per competenze proprie dalle problema-tiche sanitarie, in grado di svolgere un ruolo “organico” all’innovazione. Ma la risposta a queste domande, peraltro le più evidenti, non può che essere una risposta politica, sostenuta da una vision strategica utile che guarda a fare sistema per il sistema paese. E questo per evitare che l’Italia sia ancora quello tra i paesi eu-ropei tra i più refrattari all’innovazione, e che investimenti e competenze costruite in questi anni vadano in soffitta.

Marco Bellandia

autorizza al trattamento dei dati il per-sonale medico, nonché il suo medico di fiducia.I vantaggi di sistemaIl FSE può consentire di:- incrementare sensibilmente il livello di appropriatezza delle risposte fornite ai bi-sogni di salute del cittadino e conseguen-temente di perseguire la sostenibilità del servizio sanitario;- erogare assistenza secondo percorsi cli-nico-assistenziali strutturati, che possono adattarsi in modo flessibile e personaliz-zato ai bisogni di salute del cittadino;- migliorare la qualità della vita dei cittadi-ni soprattutto con riferimento agli anziani e alle persone soggette a vari tipi di fragi-lità e/o disabilità.

I riferimenti di LeggeIl D.L. 21/6/2013, convertito, con modi-ficazioni, dalla Legge 9/8/2013, recante “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’e-conomia” ha previsto disposizioni di rile-vante importanza per lo sviluppo del FSE.Infatti, oltre a prevedere l’istituzione del dossier farmaceutico quale parte specifi-ca del FSE e a stabilire che la raccolta del consenso o del diniego alla donazione degli organi avviene nell’ambito del FSE, stabilisce anche che la realizzazione del FSE è compresa tra gli adempimenti cui sono tenute le Regioni e le Province au-tonome per l’accesso al finanziamento integrativo a carico del SSN;

Step di esecuzioneLe Regioni e le Province autonome sono tenute a istituire il FSE entro il 30/6/2015. Le Regioni e le Province au-tonome sono tenute a presentare entro il 30/6/2014, il piano di progetto per la realizzazione del FSE, redatto sulla base delle linee guida rese disponibili dall’AGID e dal Ministero della Salu-te, anche avvalendosi di enti pubblici di ricerca, entro il 31/3/2014. Il piano di progetto, oggetto di valutazione e approvazione da parte dell’AGID e del Ministero della Salute, per le parti di rispettiva competenza, costituisce lo strumento di riferimento per il monito-raggio della realizzazione del Fascicolo da parte delle Regioni. E’ prevista la messa a disposizione, en-tro il 31/12/2015, di un’infrastruttura nazionale per l’interoperabilità del FSE.

Il Tavolo tecnicoIl Tavolo tecnico è l’organo costituito presso l’AGID per l’orientamento delle specifiche tecniche del FSE.E’ composto da: CISIS, AGID, CNR, Mini-stero della Salute e Regioni benchmark (Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto).Entro il 31 marzo 2014 il Tavolo tecnico dovrà rendere note le linee guida tecni-che, sulle quali i diversi SSR dovranno realizzare la programmazione regionale FSE.

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I modificati bisogni di salute, correlati con l’invecchiamento della popola-zione, la necessità di spostare l’eroga-zione dei servizi sanitari dall’ospedale

(che dovrebbe rimanere luogo di elezione per l’accesso alle cure ad alta specializza-zione/intensità) al territorio, privilegiando ove possibile il domicilio del paziente, l’e-sigenza di migliorare i processi organizza-tivo-gestionali a supporto della continui-tà di cura, nonché le conseguenti ricadute in termini di sostenibilità dei Servizi Sani-tari Nazionali, rappresentano le sfide che, necessariamente, tutti i Paesi avanzati devono rapidamente affrontare per con-ciliare la qualità del servizio sanitario con il controllo della spesa. Lo sviluppo e la diffusione dell’e-Health rappresenta al-tresì un importante fattore di stimolo in termini di sviluppo economico e impren-ditoriale. Il soddisfacimento delle esigen-ze di benessere delle persone e dei biso-gni di carattere sociale, socio-sanitario e sanitario, rappresenta un’opportunità per favorire investimenti da parte delle im-prese, da cui può conseguire lo sviluppo di occupazione qualificata ed uno stimo-lo alla crescita economica del Paese. Cre-scita economica ed occupazionale da un lato, e miglioramento della qualità e della sostenibilità del Servizio Sanitario Nazio-nale dall’altro, sono i due assi portanti, tra loro sinergici, dell’ecosistema e-Health. È fondamentale instaurare un circolo virtuoso tra questi due assi in quanto, in una condizione di benessere socio-e-conomico, i cittadini possono avere una minore necessità di cure ed assistenza. Ne consegue la possibilità di una riduzione della domanda di salute, la conseguente maggiore sostenibilità del sistema, la pos-sibilità, quindi, di concentrare l’assistenza su quella parte di popolazione che ne ha concretamente bisogno, con evidenti ef-fetti anche rispetto all’attuale congiuntu-ra economica. Le dimensioni del Fondo sanitario e la governance stessa del Siste-ma Sanitario Italiano, con competenze concorrenti tra livello centrale e Regioni, fanno sì che il sistema della salute in Ita-

Il progressivo mutare del contesto socio-demografico e la necessità di assicurarela sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale anche alle future generazioni, portano alla considerazione che, anche in Sanità, puntare sull’innovazione è un passo fondamentale per l’attuazione della strategia digitale del nostro Paese.

lia possa svolgere un ruolo decisivo per la digitalizzazione del Paese. L’attuazione dell’Agenda Digitale italiana deve passare per la digitalizzazione del sistema sanita-rio. Un cambio di paradigma nella gestio-ne dei servizi sanitari, a favore delle solu-zioni tecnologiche, può altresì generare un notevole incremento della domanda di soluzioni applicative e di servizi pro-fessionali ad esse correlati, aumentando la concorrenza tra gli operatori di settore e incentivando investimenti, occupazio-ne e sviluppo del mercato di riferimento, permettendo al nostro Paese di recupe-rare posizioni nelle classifiche europee. Il Ministero della Salute, già da tempo, sta perseguendo molteplici iniziative in que-sto senso: il Fascicolo Sanitario Elettroni-co è ormai pronto; il documento digitale unificato ha completato l’iter amministra-tivo per la sua adozione; l’anagrafe na-zionale assistiti è stata approvata nella Legge di stabilità; stiamo per adottare le Linee guida per le Regioni per la Teleme-dicina; nei prossimi giorni verrà presenta-

to il portale della trasparenza dei servizi per la salute, proprio nella logica di messa a disposizione di dati e informazioni agli operatori sanitari e ai cittadini. L’e-Health rappresenta, quindi, un pilastro fonda-mentale in grado di innescare un proces-so di cambiamento volto all’innovazione dei percorsi assistenziali, in quanto con-sente al cittadino di fruire di un’assistenza sanitaria il più possibile personalizzata. È necessario, quindi, che a livello nazionale gli sforzi progettuali siano prioritariamen-te orientati ad omogeneizzare il livello di sviluppo e diffusione dell’e-Health nei diversi territori, a valorizzare le punte di eccellenza, a far sì che l’e-Health divenga una componente strutturale del SSN. Una leva di cui disporre in modo unifor-me sul territorio nazionale, per mettere in atto modelli assistenziali innovativi, necessariamente più efficienti, concreta-mente incentrati sul cittadino e persona-lizzati sui suoi bisogni. L’e-Health abilita, inoltre, nel rispetto delle normative e dei regolamenti vigenti, l’implementazione di una Sanità europea senza frontiere, che possa progressivamente consentire ad un cittadino, necessariamente più in-formato e consapevole, di fruire a distan-za delle più avanzate competenze spe-cialistiche, indipendentemente da dove queste siano localizzate. A livello comu-nitario, il percorso di armonizzazione ed integrazione dei servizi sanitari nel quale il nostro Paese si colloca insieme agli altri Stati Membri, porterà, nel medio periodo, alla realizzazione di un’area comune per le cure a livello europeo e dovrà necessa-riamente conciliarsi con le prerogative re-gionali, con i diversi modelli di attuazione della sanità digitale, ivi realizzati, e con i relativi livelli di maturità conseguiti. Ciò anche in considerazione della sfida che il nostro Paese è chiamato ad affrontare nei prossimi mesi, ovvero la mobilità dei pazienti a livello europeo, dove occor-rerà essere competitivi con gli altri Stati dell’UE a seguito dell’entrata in vigore della Direttiva europea sull’assistenza sa-nitaria transfrontaliera.

Il Sistema della Salute volano decisivoper la digitalizzazione del Paesedi Beatrice Lorenzin, Ministro della Salute

Beatrice Lorenzin - Ministro della Salute

C osa può significarel’introdu-zione del FSE per lo sviluppo

del Paese?

Il Fascicolo Sanitario Elettronico rappre-senta uno dei perni dell’Agenda Digitale. Il fatto che il Governo abbia scelto una guida stimata come quella del Professor Francesco Caio è la conferma che vede in “Agenda” una chiave di volta per lo sviluppo dell’Italia. E’ un processo che in questi anni ha scontato ritardi, ma che è assolutamente necessario per consentire al nostro Paese di recuperare il gap digi-tale e metterlo al passo con le sfide che ci attendono in Europa e con i competitor mondiali. Di certo non possiamo permet-terci di perdere le enormi opportunità, anche in termini di creazione di nuovi posti di lavoro per i giovani, che può ga-rantire un corretto sviluppo del processo di Agenda Digitale.

Riforma del Titolo V per la modernizzazionedigitale del Paese

Gianpiero D’Alia - Ministro per la P.A. e Semplificazione

Uno degli ostacoli ai piani di e-Gov è stato rappresentato anche dalla mol-teplicità delle scelte e posizioni regio-nali. Quali vantaggi di governance e di sistema la modifica del Titolo V della Costituzione, di cui con insistenza si parla, apporterà alla modernizzazione digitale nazionale?Sono contento che finalmente anche i rappresentanti di quell’area politica che volle la riforma del Titolo V parte secon-da della Costituzione oggi si accorgano che quella rivisitazione frettolosa della nostra Carta ha generato più ombre che luci, più confusione e sprechi che reale efficienza. Il passo verso una complessiva riforma istituzionale che ci apprestiamo a fare in Parlamento potrà portare benefici e chiarezza anche nell’ambito della mo-dernizzazione in chiave digitale, che ha risentito in questi anni di scarso coordi-namento non solo tra lo Stato e le Regio-ni, ma anche tra singoli comuni. Ognuno ha pensato insomma al proprio “orticello” digitale, al proprio sistema chiuso e auto-referenziale che non dialoga con quello del vicino. L’opposto di quello che serve per dare servizi efficienti al cittadino.Per sostenere la completa trasformazione digitale sarà necessario reperire ulteriori risorse economiche.

Da quali fonti?Ci attendiamo molto dal fronte dalla lotta agli sprechi, attraverso una seria Spending review che aggredisca in maniera incisiva i centri di spesa. E’ chiaro però che andrà abbandonata una volta per tutte la strada nefasta dei tagli lineari

seguita negli anni scorsi, ma che dovran-no essere fatti interventi di tipo selettivo per colpire le inefficienze e gli sprechi di denaro pubblico.

Quali azioni si intendono mettere in campo per garantire un management adeguato alla Sanità ed alla P.A.?E’ necessario valutare ogni professiona-lità per ciò che può dare alla struttura pubblica. Penso, ad esempio, a quanto ancora troppo spesso si ricorra a costose con-sulenze esterne non valorizzando quel grande patrimonio di risorse umane già presenti nella P. A. In ogni caso, il ritardo accumulato nell’ICT deriva certamente da problemi che il settore pubblico si trascina da mol-to tempo: l’elevata età dei nostri dipen-denti pubblici, il poco aggiornamento e, conseguentemente, la scarsa ricettività rispetto alle novità digitali. I dati ci dicono che solo il 10% dei nostri dipendenti ha meno di 35 anni. Il Decreto 101, recentemente divenuto Legge, dà una prima risposta anche a questo, selezionando giovani contrattisti e vincitori di concorso che meritano di accedere nella P.A. Il prossimo step di riqualificazione delle Pubbliche Amministrazioni affrontato finora col taglio dei dipendenti, che nel 2014 scenderanno certamente sotto i 3 milioni, dovrà prevedere l’ingresso di gio-vani motivati e con “mentalità” digitale. Rischiamo altrimenti che l’invecchiamen-to dei dipendenti, combinato ai tagli al settore pubblico, generi solo inefficienze.

Gianpiero D’Alia, Ministro per la P.A.

L’ Intervista

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Il Decreto del Fare ha realmente resa più snella l’attività dell’Agenzia?Le modifiche introdotte dal Decre-

to del Fare hanno sicuramente definito meglio le tempistiche e le responsabilità per la realizzazione del FSE. Da ciò ne consegue che l’Agenzia ne ha tratto giovamento in termini di definizio-ne delle competenze. È in quest’ottica, dunque, che il Decreto del Fare ha reso l’attività dall’Agenzia più snella per lo sviluppo del FSE, fornendo gli strumenti per agire più rapidamente e con obiettivi certi.

Qual è il compito del Tavolo tecnico permanente?Il Tavolo ha il compito di indirizzare il la-voro della realizzazione del FSE nel pieno rispetto di quanto stabilito dalla norma istitutiva, il DL n. 179 del 18 ottobre 2012, e dal relativo DPCM attuativo in fase di emanazione. È il luogo dove chi deve realizzare il progetto può confrontarsi e dialogare, dove vengono discusse le problematiche che si incontrano durante la realizzazione, analizzate le alternative tecniche e presentate le possibili soluzio-ni. Naturalmente è anche il luogo dove vengono prese le decisioni per far sì che i vari piani di progetto presentati risultino coerenti e indirizzare tutti verso l’unico obiettivo: rendere disponibile il FSE a tutti i cittadini.

Chi lo compone e in base a quali requi-siti sono stati scelti i componenti?Il Tavolo tecnico è composto da tutti gli attori che intervengono nella realizza-zione del progetto e che possono dare un contributo sotto il profilo normativo, tecnico e procedurale. Sono coinvolti, quindi, rappresentanti del Ministero della Salute, dell’Agenzia, delle Regioni e delle P autonome e di Enti di ricerca come il CNR.

Perché tutte le Regioni devono pre-sentare un proprio progetto per il FSE e non è possibile fare un discorso unico nazionale?Le ragioni sono di duplice natura: la prima è di tipo formale, dato che, come è noto, la Sanità è di competenza regio-nale. E’ indispensabile che ogni Regione

Ragosa, AGID. Ormai la sfida è creare le condizioni per l’interoperabilità a livello europeo

sia libera di decidere il proprio modello organizzativo e tecnico di riferimento, e che quindi sia direttamente responsabile della gestione del proprio sistema, ga-rantendone l’efficienza, il monitoraggio e la corretta armonizzazione con i medici e le strutture sanitarie. La seconda è di natura tecnica: alcune Regioni sono già avanti nella realizzazione del FSE, mentre altre devono ancora iniziare. Risulta evi-dente, quindi, che pur avendo gli stessi obiettivi, ogni Regione avrà esigenze diverse nel formulare il proprio piano di progetto. Tempi e modelli di riferimento saranno diversi di caso in caso e pensare ad un discorso unico nazionale rischie-rebbe di non tenere conto delle singole esigenze e di creare confusione. È chiaro che le Regioni che hanno processi già consolidati possono condividere con le regioni in ritardo soluzioni e infrastruttu-re già operative in ottica di razionalizza-zione delle risorse di ottimizzazione dei tempi, cosi come previsto dalla norma istitutiva. Non è escluso, quindi, che pos-sano nascere aggregazioni regionali per la realizzazione e la messa a disposizione del FSE. Tutto ciò naturalmente non prescinde dal discorso dell’interoperabili-tà dei sistemi, cosa ampiamente svisce-

rata sia nel decreto sia nel disciplinare tecnico, ma non scordiamoci che ormai la sfida è creare le condizioni per l’in-teroperabilità a livello europeo, per cui ragionare soltanto in chiave nazionale risulterebbe incompleto e con una visio-ne parziale. Inoltre, le Regioni potranno avvalersi di una infrastruttura nazionale per l’interoperabilità del FSE, finalizzata a garantire la comunicazione tra i sistemi regionali.

Chi gestirà la razionalizzazione dei Centri di elaborazione dati centraliz-zati e soprattutto chi si caricherà della loro sicurezza?Il FSE è sicuramente un’occasione impor-tante per le Regioni per razionalizzare i propri centri di elaborazione.Un oggetto complesso come quello del FSE richiede un lavoro di ottimizzazione delle risorse notevole: ai sistemi verrà chiesta un’elevata capacità di elabo-razione, di banda disponibile e, non ultimo, un livello di sicurezza tale, che la scelta del modello di riferimento sarà fondamentale per la buona riuscita del progetto. Ciò premesso, ogni Regione opterà per la scelta migliore in grado di soddisfare tali requisiti.

L’ Intervista

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Alla fine di quest’anno riuscire-mo ad avere un FSE davvero funzionante su tutto il terri-torio nazionale?

Allo stato attuale le Regioni presentano un’elevata variabilità in termini di infra-strutture ICT, di architetture applicative, di modalità di informatizzazione dei ser-vizi sanitari nonché di approcci all’intero-perabilità tra gli stessi, soprattutto nell’ot-tica fornire al cittadino risposte integrate ai propri bisogni di salute. La predetta variabilità si rileva altresì nei programmi di intervento, nell’entità e nella modalità di finanziamento dei programmi di inno-vazione digitale in Sanità, oltre che nei modelli organizzativi e di funzionamento adottati dalle diverse Regioni per i relati-vi servizi sanitari. A fronte della variabili-tà descritta, le iniziative riscontrate nelle diverse Regioni portano a ritenere che le stesse condividono l’importanza di realiz-zare nel più breve tempo possibile il FSE. A tale proposito, secondo quanto indica-to nel Rapporto OASI 2013 recentemente pubblicato a cura del CERGAS – Bocconi, la quasi totalità delle Regioni ha imple-mentato il FSE o sta procedendo nella sua implementazione, anche attraverso la messa in atto di sperimentazioni sul proprio territorio. In particolare, allo stato attuale, il FSE risulta essere implementa-to in quattro Regioni: Emilia-Romagna,

Lombardia, Provincia Autonoma di Tren-to e Toscana. Nelle altre Regioni l’imple-mentazione del FSE sta progressivamen-te interessando singole componenti del fascicolo (gestione eventi clinico sanitari, collegamento a referti dematerializzati, integrazione con le Aziende Sanitarie, ecc.) e la relativa sperimentazione, ove av-viata, interessa determinate tipologie di professionisti sanitari (ad esempio i me-dici di medicina generale) e/o specifiche aree territoriali (delimitate, ad esempio, a livello di ASL/distretti). Il FSE risulta in fase di avvio in Piemonte, Umbria, Sicilia, e an-cora da avviare nella Provincia Autonoma di Bolzano. Al fine di supportare la realiz-zazione di una cornice normativa unitaria, necessaria alla definizione di un modello di riferimento nazionale, e nel contempo valorizzare i risultati raggiunti a tutti i li-velli del SSN, il Ministero della Salute ha istituito, già nel secondo semestre del 2008, un tavolo interistituzionale cui par-tecipano, oltre ad esperti del Ministero, rappresentanti delle Regioni (Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Veneto)designati dalla Commissione Salute della Conferenza delle Regioni e PA, rappresen-tanti di DigitPA e del Dipartimento per la digitalizzazione della pubblica ammini-strazione e l’innovazione tecnologica del-

la Presidenza del Consiglio dei Ministri (oggi Agenzia per l’Italia Digitale), nonché un rappresentante dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali. Tale Tavolo ha definito apposite Linee guida nazionali per la rea-lizzazione di un sistema di FSE per finalità di cura. Esse individuano le caratteristiche del FSE e del Patient summary, gli aspetti infrastrutturali e gli standard tecnologici, i livelli di sicurezza e di protezione dei dati, nel rispetto della normativa vigente in materia di privacy. Tale documento è stato oggetto di Intesa da parte della Conferenza Stato-Regioni in data 10 febbraio 2011 ed è stato pubblica-to sulla Gazzetta Ufficiale n. 50 del 2 marzo 2011. Il recepimento delle Linee guida nazionali è valutato in sede di adempimenti LEA. Inoltre, al fine di disciplinare a livello nazionale il FSE, anche per finalità diverse da quelle di cura, il Tavolo interistitu-zionale ha elaborato, come richiesto anche dall’Autorità Garante per la privacy, una disposizione normativa che è stata recepita nell’articolo 12 del

Decreto Legge 18 ottobre 2012, n.179 convertito con modifica-zioni dalla legge 17 dicembre 2012, n.221 recante «Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese.». In particolare, il comma 2 del suddetto articolo stabilisce che il FSE è istituito dalle Regioni e Province Autonome, oltre che per finalità di cura anche per finalità di studio e ricerca scienti-fica, programmazione sanitaria, verifica della qualità delle cure e valutazione dell’assistenza sanitaria. Il citato articolo 12 è stato suc-

FSE elemento chiave per nuove modalità di erogazione dei Servizi Sanitari

L’ Intervista * Rossana Ugenti

La forte vitalità riscontrata nelle progettualità di FSE in atto fornisce un’importante conferma del corretto orientamento dei percorsi strategici di innovazione intrapresi dalle Regioni

cessivamente integrato dal Decreto Leg-ge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, recante: «Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia». Tali integrazioni hanno individuato, tra le altre previsioni, il termine del 30 giugno 2015 per l’istitu-zione del FSE da parte delle Regioni. Al fine di supportare l’istituzione del FSE da parte delle Regioni in condizioni di efficacia e sostenibilità, è attualmente in corso di finalizzazione lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, redatto dal suddetto Tavolo interistituzionale, operante presso il Ministero della Salute in attuazione delle disposizioni di cui al comma 7 del citato articolo 12, volto a disciplinare i diversi aspetti che attengono l’istituzione e l’utilizzo del FSE, tra i quali: i contenuti, le garanzie e le misure di sicurezza da adot-tare nel trattamento dei dati personali nel rispetto dei diritti dell’assistito, le mo-dalità ed i livelli diversificati di accesso al Fascicolo, nonché i criteri per l’inte-roperabilità del FSE a livello regionale, nazionale ed europeo, nel rispetto delle regole tecniche del sistema pubblico di connettività. Il Ministero della Salute, inoltre, sta procedendo alla predisposi-zione, in collaborazione con l’Agenzia per l’Italia Digitale, il Centro Nazionale Ricer-che e le Regioni, delle Linee guida per la predisposizione di progetti regionali in materia di FSE, ai sensi del comma 15-bis del citato articolo 12 del Decreto Legge n. 179 del 2012. Ciò al fine di mettere a disposizione, di tutti i soggetti inte-ressati, utili strumenti di pianificazione, monitoraggio e valutazione dei progetti di FSE intrapresi, che possano contribu-ire a focalizzare ed ottimizzare sforzi e investimenti progettuali. La forte vitalità riscontrata nelle esperien-ze di sviluppo e diffusione del FSE intra-prese dalle Regioni, unitamente al forte impegno profuso in questo ambito da parte delle istituzioni e degli Enti com-petenti a livello nazionale, portano a ri-tenere che il nostro Paese sia sulla buona strada per poter rappresentare, in tempi relativamente brevi, una best practice di riferimento a livello internazionale per quanto attiene la realizzazione del FSE.

Un altro punto di criticità nella rea-lizzazione del FSE è quello relativo all’interoperabilità. Quali scelte di standard si intendono adottare o meglio indicare in questi mesi alle Regioni che dovranno rendere note le loro programmazioni? Si tratta di un falso problema? I cambiamenti sociali e demografici,

l’evoluzione scientifica e tecnologica della scienza medica, l’invecchiamen-to della popolazione e il conseguente aumento delle patologie croniche, nonché la necessità di contenimento della spesa sanitaria, rendono oggi non più procrastinabile ripensare il modello organizzativo e strutturale del servizio sanitario nazionale. Il FSE può rappre-sentare un elemento chiave per la messa in atto di nuove modalità di erogazio-ne dei servizi sanitari, dal momento che consente di seguire il paziente nei suoi percorsi assistenziali, permette un maggiore coordinamento tra i diversi specialisti che hanno in cura l’assistito e rende possibile un ripensamento, in logica di rete, delle modalità di accesso all’offerta sanitaria. Affinché tutto ciò sia concretamente attuabile, è necessario che i sistemi informativi dei soggetti che erogano prestazioni sanitarie al cittadino siano in grado di interoperare. L’interoperabilità rappresenta il “tessuto connettivo” grazie al quale i soggetti che erogano prestazioni sanitarie al cittadino possono operare in modo integrato, e per mezzo del quale è possibile trasfor-mare la modalità di erogazione dell’assi-stenza sanitaria al cittadino da una mera somma di prestazioni, erogate talvolta in modo non coordinato da diversi attori, all’implementazione di processi di cura, di percorsi clinico-assistenziali nonché alla presa in carico del cittadino e dei suoi bisogni di salute. L’interoperabilità deve necessariamente essere analizzata da due prospettive: semantica e tecnica. L’interoperabilità semantica è relativa al “cosa”, ovvero riguarda la definizione e l’utilizzo di linguaggi comuni per mezzo dei quali soggetti diversi possono scam-biarsi inequivocabilmente informazioni sanitarie in forma codificata. L’interope-rabilità tecnica è invece relativa al “come”, ovvero concerne protocolli, standard e regole grazie alle quali un messag-gio, contenente informazioni sanitarie opportunamente codificate, può essere trasmesso da un soggetto e correttamen-te ricevuto da un altro. L’interoperabilità, nelle due accezioni sopra descritte, è da tempo al centro di numerose azioni sia a livello europeo che nazionale. A livello europeo l’eHealth Network, organismo istituito in attuazione dell’articolo 14 della Direttiva 2011/24/UE concernente l’assistenza sanitaria transfrontaliera, nell’ambito del quale l’Italia è rappresen-tata dal Ministero della salute, ha inserito l’interoperabilità tra le priorità previste nel proprio piano di lavoro pluriennale per il triennio 2012-2014. In coerenza con tale priorità, il 19 novembre 2013 il

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suddetto eHealth Network ha adottato le linee guida europee per il Patient summary. Tra gli altri aspetti, le predette linee guida definiscono nel dettaglio i contenuti informativi del Patient sum-mary, ovvero un insieme minimo, non esaustivo, di informazioni caratterizzanti la condizione clinico-sanitaria di ciascun cittadino, individuano gli standard se-mantici e tecnologici che possono essere adottati dagli Stati Membri per consenti-re l’interoperabilità dei rispettivi Patient summary nazionali, le architetture e i modelli di riferimento, nonché gli aspetti legali e culturali riguardanti lo scambio transfrontaliero di informazioni di salute relative ai cittadini europei. Le Linee Guida, pur non essendo vincolanti per gli Stati Membri, costituiscono un impor-tante riferimento in quanto definiscono il linguaggio comune sulla base del quale è concretamente possibile supportare l’assistenza sanitaria ai cittadini euro-pei in Stati Membri diversi da quello di appartenenza, mettendo a disposizione informazioni aggiornate e correttamente interpretabili caratterizzanti la condi-zione clinico-sanitaria della persona. Per quanto concerne il livello nazionale,

l’interoperabilità dei sistemi informativi dei soggetti che erogano prestazioni sanitarie è una delle principali tematiche affrontate nelle citate Linee guida nazio-nali per la realizzazione di un sistema di FSE, di cui all’Intesa Stato-Regioni del 10 febbraio 2011, e nel Disciplinare tecnico allegato al richiamato schema di DPCM predisposto in attuazione del comma 7 dell’articolo 12 del Decreto Legge n.179 del 2012. È fondamentale che le Regioni tengano conto del significativo lavoro svolto in questo ambito sia a livello europeo che a livello nazionale, in quanto, perseguire l’interoperabilità dei sistemi informativi degli attori del comparto sanitario che operano sul territorio, oltre a consentire di ottimizzare sforzi e investimenti pro-gettuali, può consentire di incrementare il livello di attrattività del nostro servizio sanitario nel contesto europeo. Il FSE, oltre ad essere uno strumento ammi-nistrativo, è fondamentalmente uno strumento clinico. Il sistema che si sta realizzando è tecnologicamente “maturo”? I medici sono culturalmente pronti ad utilizzar-lo nella loro prassi sanitaria?

Parlare del FSE secondo la prospettiva “clinica” significa riferirsi a uno strumento di supporto:- alla messa in atto di modelli assistenziali innovativi, nei quali il punto centrale non è la patologia, ma il cittadino nel suo complesso, con le sue caratteristiche e i suoi bisogni. Un cittadino informato, in grado di partecipare in modo attivo non solo al mantenimento della propria condizione di salute, ma anche allo svol-gimento delle cure che lo coinvolgono.Un cittadino consapevole, in grado di interagire fattivamente con il personale medico nella scelta delle metodologie diagnostiche e delle opzioni terapeuti-che più appropriate, nonché nella defini-zione dei propri programmi multidiscipli-nari di cura;- alla fruizione di un profilo di offerta dei servizi sanitari nel quale il punto centrale è il territorio e, ove possibile, direttamen-te il domicilio del paziente. Un profilo di offerta nel quale il livello ospedaliero viene relegato a luogo di elezione al quale rivolgersi per l’accesso a cure ad alta specializzazione/intensità. Un profilo di offerta organizzato a rete, nel quale ogni nodo svolge specifiche funzioni e,

grazie al quale, poter attivare modalità innovative di erogazione dell’assistenza basate sulla presa in carico, sulla coo-perazione tra specialisti, sull’erogazione delle cure secondo percorsi clinico-assi-stenziali strutturati, che possano adat-tarsi in modo flessibile e personalizzato ai bisogni di salute dei cittadini; - alla messa in atto di processi di cura par-tecipativi, che si basano sullo scambio di conoscenze, esperienze e opinioni tra gli operatori sanitari coinvolti, oltre che sull’accesso universalistico ed equo all’alta specializzazione, anche da località disagiate. Processi di cura nei quali met-tere a disposizione del cittadino, in ogni momento, le migliori competenze ed esperienze. Modelli assistenziali innovati-vi, profili di offerta appropriati e processi di cura partecipativi rappresentano, nel loro insieme, i pilastri di un nuovo modo di fare sanità, la cui attuazione è oggi più che mai una necessità improcrastinabile per le Regioni. Tale necessità è coerente con gli obiettivi perseguiti dalle stesse Regioni attraverso la realizzazione del FSE. Seppure, come si è già avuto modo di rappresentare, il livello di maturità per quanto attiene lo sviluppo e la diffusio-ne del FSE sul territorio nazionale risulti essere molto diversificato, la forte vitalità riscontrata nelle progettualità di FSE in atto fornisce un’importante conferma del corretto orientamento dei percorsi strategici di innovazione intrapresi dalle Regioni. È necessario che l’introduzione del FSE nella pratica clinica sia accom-

pagnata da specifici interventi rivolti ai medici e, più in generale, a tutti gli operatori sanitari coinvolti nei processi di cura del cittadino. Tali interventi dovreb-bero privilegiare un approccio partecipa-tivo all’innovazione, incidere sui processi organizzativi e sviluppare le competenze ICT di base necessarie a un corretto e fattivo utilizzo del FSE. Numerose espe-rienze di successo in atto sul territorio nazionale dimostrano che la resistenza al cambiamento può essere superata, e che l’introduzione del FSE può addirittura incrementare significativamente lo scam-bio di conoscenze, esperienze e opinioni tra gli operatori sanitari.

Il modello di FSE che sarà realizzato in Italia, come si colloca nel contesto di altre esperienze europee? L’approccio alla realizzazione del FSE risulta essere fortemente differenziato tra i diversi Stati Membri. Tale differen-ziazione è ascrivibile principalmente alle strategie, alla modalità di governo dell’innovazione, alle priorità attuative, alle soluzioni e ai modelli architetturali implementati, agli standard tecnologici e semantici adottati, nonché alle modalità di utilizzo dei sistemi informativi. A tali aspetti si aggiungono differenti modelli e logiche di regolamentazione e funzionamento dei servizi sanitari dei diversi Stati Membri, aspetti di carattere culturale nonché una differenziata capa-cità di investimento. A fronte del quadro descritto, il livello

di sviluppo e diffusione del FSE a livello europeo presenta luci e ombre. A titolo di esempio, per quanto riguarda il Pa-tient summary (che costituisce una delle componenti centrali del FSE), un’appo-sita ricognizione effettuata a inizio 2013 nell’ambito del progetto eHGI (www.ehgi.eu), al quale per l’Italia partecipa il Ministero della Salute, ha consentito di ri-levare, a titolo di esempio, che Paesi quali Austria, Germania, Svizzera e Repubblica Ceca non dispongono del patient sum-mary a livello nazionale mentre, sempre a titolo di esempio, tale strumento è disponibile, oltre che in Regno Unito e in Francia, anche in Lituania, Cipro e Cro-azia. Le forti differenze che sussistono tra gli Stati Membri, per quanto attiene l’eHealth, hanno portato a individuare, nell’interoperabilità semantica e tecnica, la modalità più concretamente persegu-ibile per abilitare il dialogo informatico tra i sistemi informativi di medici e/o strutture sanitarie a livello transfronta-liero. Come si è già avuto modo di rappresen-tare, il nostro Paese, grazie al percorso intrapreso, può rappresentare in tempi relativamente brevi una best practice di riferimento per quanto attiene la realiz-zazione del FSE.

*Direttore Direzione generale SISS Ministero della Salute

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Non posso negare che nell’arco di questi anni siano stati fatti diversi passi avanti, ma la visio-ne d’insieme dà l’idea dell’ete-

rogeneità piuttosto che dell’unitarietà, oltre che di alcune criticità strutturali.

Insomma, utilizzando una metafora, è come se fosse stato edificato un granaio, ma senza feritoie per il grano né trattori per trasportarlo. Fuor di metafora, ciò che balza agli occhi, è che le metodolo-gie applicative utilizzate non sono, ad oggi, in grado di generare documenti con standard che li rendano utilizzabili ai medici e agli specialisti, responsabili del proces-so di cura e assistenziale del paziente/cittadino. Sarebbe stato strategicamen-te importante scegliere un fattore unitario di standar-dizzazione, magari quello più diffuso e validato dalla comunità degli utilizzatori internazionali sulla base dalle esperienze realizzate in tutto il mondo, come lo standard IHE. Invece non è andata così. Appunto, lo standard IHE non è conforme con gli standard che attualmente sono in uso in diverse regioni, con il risultato di un forte gap per quanto concerne l’intero-perabilità dei sistemi. Nel nostro Paese la scelta dell’autonomismo regionale, per progetti di natura così strategica per il Servizio Sanitario Nazionale, si sta rivelando penalizzante, palesando un fallimento progettuale e mettendo in discussione il FSE come strumento cli-nico. Motivo per il quale, recentemente, le industrie del settore e-Health hanno deciso di sottoscrivere un appello per sottolineare questo pericolo. Tenuto conto che molti stakeholder, operando in ambito internazionale e collaborando con una pluralità di sistemi sanitari, posseggono una visione globale, più duttile e più coerente con i modelli organizzativi più avanzati.

Si lamenta il fatto che il pun-to di vista degli Stakeholder sia stato tenuto ai margini e che il loro apporto di co-noscenze e di know-how sia stato poco valorizzato?Nel modo in cui fino ad ora si è proceduto per la creazio-ne dell’infrastruttura del FSE in Italia, è proprio così. Non c’è stato alcun coin-volgimento attivo degli stakeholder, in aggiunta anche ad una domanda, che proveniva dalle istituzioni sanitarie, per nulla organizzata. Si è preferito procede-re in ordine sparso, per linee ed espe-rienze parallele, a tratti intrecciate le une

con le altre. Il risultato è, allo stato dei fatti, un FSE, come spesso rilevato, “a macchia di leopardo”, peraltro disallineato, da regione a regione, nei diversi step progettuali.Forse, fin dall’inizio, bisognava insistere più chiaramente su quale fosse lo scopo

peculiare del FSE? Infatti, a cosa serve il FSE? Serve per l’indagine clinica e per sostenere gli interventi terapeutici. Se si pensa che il FSE sia un semplice repo-sitory di documenti digitalizzati, allora

siamo in imbarazzo, perché si ripropone un orientamento economicistico e am-ministrativo per nulla coerente né orga-nico ai bisogni del Sistema Sanitario, che sono principalmente di natura clinica e assistenziale, in risposta alla domanda di

salute. E’ necessario abbandonare velo-cemente questa visione e lavorare per il successo del FSE come strumento clinico. Ma ritorniamo agli aspetti dell’interope-rabilità semantica del sistema e all’utiliz-zo discreto dei suoi dati informativi. Quali passaggi seguire, allora?Intanto è necessario fare chiarezza sul fronte tecnico, delle linee guida tecniche, interpretando e ponderando quanto re-alizzato nel territorio e in un’ottica di va-lorizzazione degli investimenti effettuati e da effettuare. Sicuramente, dal punto di vista tecnico qualche passo avanti si è fatto, ma debole rimane la volontà di condivisione di questo cammino con gli stakeholder e non solo. Poi è necessario chiarire con forza quali siano gli scopi del FSE e il suo utilizzo come strumento clinico e promotore di una nuova cultura organizzativa. Il FSE, non è, ripeto, una banca dati. E’ uno strumento, che può rappresenta-re una vera e propria rivoluzione nella governance sanitaria, tanto più utile

in un Paese come il nostro, in cui l’erogazione del servizio è eterogeneo. Ma perché ciò avvenga – smen-tendo la classifica europea che ci pone a 28° posto per approccio all’ICT - è necessario comprendere che l’e-Health genera sviluppo e che il FSE aiuta e sostiene il Servizio Sanitario a costruire e definire percorsi e processi assistenziali unitari, organizzati, appropriati e trasparenti.Bisogna insomma capovolgere i passaggi e i valori

che li sottintendono: prima viene la problematica clinica, poi quella sanitaria e poi quella amministrativa e non vice-versa. Così avremo un FSE del cittadino e per il cittadino.

Giorgio Moretti - AD Dedalus

FSE. La parola agli StakeholderChiarezza sul fronte delle Linee guida tecniche

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A distanza di anni però non possiamo affermare che l’in-formatica sia uno strumento acquisito e compreso dalle

organizzazioni sanitarie e dalla Pubblica Amministrazione in generale. Ad oggi, purtroppo, ancora dobbiamo riscontrare nella realtà operativa della sanità italiana una scarsa comprensione del ruolo che le tecnologie informatiche possono avere nel supportare i processi sanitari. I princi-pali problemi (o veri e propri errori) che si riscontrano sono molteplici. Innanzitutto la scarsa rilevanza strategica attribuita dalle direzioni delle organizzazioni sani-tarie all’ICT. Questo si manifesta in modo evidente attraverso una serie di atteggia-menti come ad esempio il considerare l’ICT come “costo” e non come investi-mento, esponendolo a rischi di tagli lineari come recentemente accaduto con le operazioni di Spending review.

Troppo spesso ancora le organiz-zazioni sanitarie non identificano precisi piani strategici ICT allineati con le esigenze produttive dell’or-

ganizzazione, associando relativi budget economici, ma reagiscono alle singole esigenze specifiche acquisendo compo-nenti di volta in volta “tattiche”. Tali compo-nenti, proprio perché chiama-te a rispondere unicamente ad esigenze tatti-che contingenti non rispondono a precisi criteri di integrazione con altre componenti del “sistema infor-mativo” aziendale, talvolta nemmeno rispetto all’elemento centrale e fondante delle organizzazioni sanitarie: l’anagrafe dei loro pazienti. Inoltre, vengono ancora troppo spesso selezionate senza coinvolgere i reali uti-lizzatori finali, o al contrario ascoltando unicamente le loro esigenze. Sempre associato alla scarsa rilevanza strategica attribuita alle tecnologie informatiche è anche l’incerta e variabile collocazione organizzativa dei responsa-bili ICT delle strutture sanitarie, posizio-nati nei più disparati modi.Questo scenario così cupo è testimo-

niato oltre che da semplici osservazioni empiriche anche da una serie di dati rilevati dall’Osservatorio ICT in Sanità del

Politecnico di Milano nel 2012: una spesa media di 22 euro per cittadino destinati in Italia all’ICT in sanità, contro i circa 60 della Gran Bretagna e gli oltre 70 della Danimarca, con oscillazioni importanti fra nord e sud del paese. In altri setto-ri il ruolo strategico dell’ICT è più che confermato dai fatti. Così come delineato da Porter con il suo modello della catena

del valore (Michael Porter, 1985, “Com-petitive Advanta-ge: Creating and Sustaining Superior” Performance), le tec-nologie ICT rappre-sentano una compo-nente abilitante per la creazione di valore delle aziende, di qualunque tipo esse

siano. Solo attraverso l’utilizzo diffuso e convinto delle tecnologie informatiche la Sanità può affrontare e superare le gran-di sfide che ne caratterizzano il futuro, dall’invecchiamento della popolazione ai nuovi flussi migratori, con conseguente continuo incremento della domanda di salute. Dunque è oggi indispensabile promuo-vere un radicale cambio di paradigma, che “informi” il sistema decisionale della sanità ad una serie di principi, atteggia-menti e comportamenti irrinunciabili: - Affermare su tutti i tavoli ed a tutti i livelli il valore strategico delle tecnologie informatiche, come chiave di lettura in-

dispensabile dei nuovi fenomeni e sfide della sanità di oggi e domani; - Affrontare i progetti di ICT come pro-

getti di investimento per migliorare le capacità produttive delle aziende; - Identificare precisi budget annuali che consentano il raggiungimento di obiettivi precisi definiti da un piano ICT strategico pluriennale;- Identificare responsabili delle funzioni ICT di alto livello, posi-zionandoli strategicamente nelle organizzazioni aziendali (es. staff alla direzione generale); - Acquisire le diverse componenti di prodotto/servizio secondo il piano strategico aziendale, progettato tenendo conto delle caratteristiche organizzative e delle esigenze pro-duttive delle diverse aziende;

- Acquisire componenti software in grado di garantire una piena e sosteni-bile nel tempo integrazione sia fra loro che verso le eventuali componenti già esistenti in azienda e da salvaguardare; - Considerare sempre e comunque l’anagrafe dei propri pazienti come entità fondante dell’attività dell’azienda stessa, garantendone nel tempo l’unicità, la correttezza, l’aggiornamento; - Verificare periodicamente i processi organizzativi interni, per garantirne la continua aderenza alle esigenze interne ed esterne all’azienda, appoggiando su questi le infrastrutture informatiche di supporto; - Coinvolgere nelle fasi di progetta-zione strategica e nelle successive fasi operative di selezione delle componenti da acquisire i soggetti utilizzatori finali, comprendendone esigenze e resistenze al cambiamento; - Mediare le esigenze dei diversi sog-getti utilizzatori finali con le esigenze strategiche aziendali, al fine di pervenire alla definizione di un piano strategico condiviso ed alla acquisizione di compo-nenti informatiche coerenti sia rispetto alle esigenze dei singoli che dell’azienda nel suo complesso. Su questa capacità di cambio di paradig-ma si fondano le speranze di un Sistema Sanitario Nazionale e regionale ad acces-so universale, etico, attento ai bisogni dei cittadini ed economicamente sostenibile. Sara Luisa Mintrone Direttore Marketing e

Sviluppo Offerta, Engineering

Quello che, però, bisogna affrontare con maggiore deci-sione sono gli aspetti organiz-zativi, la cui mancata soluzio-

ne sta rallentando la messa a regime del FSE. Ad esempio, le programmazioni regionali, che fino ad oggi hanno privilegiato di più il punto di vista ammini-strativo, devono essere declinate per rendere il FSE uno strumen-to operativo al servizio dei clinici e dei medici. Perché ciò avvenga è necessa-ria, a mio parere, un’azione più incisiva in termini di indirizzo, integrando e coinvolgendo con maggiore efficacia i medici, in particolare il MMG, che deve essere accompagnato in questo cammino, in modo da superare la diffidenza diffusa nei con-fronti della tecnologia. Il FSE rappresenta un’opportunità di sviluppo professionale, di miglioramento dell’a-spetto organizzativo, dell’efficacia clinica del professionista. Il FSE, insomma, è il

e-Health: errori da evitare e principida applicareL’adozione delle tecnologie informatiche in ambito sanitario non è cosa nuova: da oltre 25 anni l’informatica ha iniziato a sostenerele organizzazioni sanitarie nei loro processi produttivi.

FSE. Strumento di miglioramentoorganizzativo e professionale

frutto di una tecnologia confidente e permette di entrare in rete con una intel-ligenza diffusa.E’ chiaro che bisogna sostenere questo

cammino con una vision strategica, che superi la logica dei tagli agli investimenti. Il nostro Sistema Sanitario, secondo a nessuno per qualità e standard clinici,

con l’introduzione del FSE può mutare in meglio i propri paradigmi organizzativi, rendendoli più appropriati. Agli stakeholder è necessario rivolgere

una domanda intelligente e organiz-zata. Prendiamo l’esempio dell’orga-nizzazione delle gare. Attualmente, si va dall’organizzazione di bandi di progetto molto articolati, estesi, con l’ambizione di essere risolutivi, ma che spesso si sgonfiano, a una miriade di progetti parcellizzati e dif-fusi che rimangono nell’alveo della sperimentazione. Risolvere le modalità amministrative, snellendole e tarandole ai bisogni del territorio a ragion veduta ci alli-neerebbe con l’Europa, dove, nono-stante vi siano vincoli ferrei imposti dalla normativa , si procede con maggiore dinamismo ed efficienza. Le procedure sono meno complica-te, l’instabilità politica è ridotta e le

politiche di intervento procedono per investimenti strategici, fluidità e chiarez-za amministrativa.

Fausto Manzana - AD GPI

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Il FSE va certamente visto come il passo evolutivo di un sistema, ma non come il suo punto di arrivo.

Le complessità e le necessità del Sistema sani-tario sono talmente complesse che confinarle nel perimetro del FSE sarebbe sviante. Il FSE, sul piano dell’apertura strutturale, rap-presenta, invece, uno strumento, una piatta-forma per l’avvio di nuovi filoni di sviluppo utili a migliorare l’intera infrastruttura della ricerca e della pratica medica. Un sistema al servizio del cittadino, ovunque si trovi nel mondo, senza limiti di frontiera, senza confini, per le modalità di accesso e di fruizio-ne del dato. P.A. digitale, telemedicina, domiciliazione del posto letto, partecipazione attiva del paziente: non sono forse gli argomenti su cui tanto si batte, affinché il Paese esca dal torpore e inizi un nuovo percorso virtuoso? Questi temi hanno bisogno che il Fascicolo Sa-nitario Elettronico parta con successo. Necessitano cioè che venga creato un luogo, un “repository”, ove poter allocare e ammini-strare in sicurezza le informazioni che riguar-

Un primo aspetto importante da sottolineare è la centrali-tà dell’informazione. Il dato, l’informazione, il referto, rap-presentano un valore fondamentale di per sé. Per questo

motivo occorre gestirne la governance, grazie al supporto della tecnologia, in maniera sostenibile ed efficace. Le informazioni sul paziente (dato clinico, contabile etc...) devono essere di-sponibili ed accessibili in modo sicuro, tracciato e monitorato per lunghi periodi di tempo. Aspetto fondamentale per tutti gli operatori dell’ecosistema sanità (ospedali, cliniche, medici di base, etc...) ed in questo ambito il contributo che EMC può fornire è fondamentale. Uno degli aspetti cruciali di questi ul-timi anni nella gestione del valore dei dati sanitari, riguarda la moltiplicazione esponenziale del volume di dati, della tipologia dei formati e della velocità e molteplicità di fonti da cui questi dati provengono. Basti pensare a tutti gli strumenti “mobile” di diagnostica, anche indossabili o disponibili presso le abitazio-ni di pazienti affetti da patologie croniche, per rendersi conto delle criticità relative ad una gestione controllata e sicura. In un ambito più tradizionale, il Ministero della Salute nel 2010 ha registrato la presenza di 586 milioni di ricette per farmaci in Italia all’anno. A questo si aggiungono 61 milioni di esami di diagnostica per immagini e circa 1 miliardo di prestazioni di la-boratorio. Questa enormità di dati è oggi distribuita e dispersa in un’infinità di applicazioni e sistemi; è difficilmente accessibile, perché legata ai macchinari, alle strutture e alle applicazioni che li ha generati. Tutti questi contenuti (prodotti nell’ambito di accertamenti medici, cure, ricoveri o eventi di emergenza) con-tengono informazioni altamente sensibili, che devono essere preservate e rese disponibili in maniera governata a chi ne ha diritto in tempi ragionevoli ed utili. Parte di queste informazioni possono e devono essere “estratte” in maniera anonima e magari aggregata a scopo sociale, collettivo, a fini di trasparenza, ricer-ca medica, education. Per questo motivo gli Open Data in Sanità assumono oggi primaria importanza. EMC fornisce tecnologie che utilizzano standard internazionali (HL7 – XDS-DICOM) per lo

Il FSE. Volano di sviluppo tecnologico e di sistema

dano il cittadino e la sua salute. Ma ancor più si auspica che il FSE venga sviluppato in un’ottica di apertura e di integrazione strate-gica, affinché ci sia continuità di evoluzione tecnologica, capace di accogliere in modo funzionale i dati avanzati della ricerca medica e tecnologica. Insomma, il FSE come modello dati, cui relazionarsi. Cloud, in cui possono federarsi i database regionali, per erogare un servizio organizzato e fruito con una visione univoca e armonizzata. È importante, infatti, che si riesca a dare signi-ficato all’integrazione e all’interoperabilità tra le applicazioni regionali e di standardizzarle sul piano sintattico e semantico, per dare vita ad un network di erogazione del servizio, che sostenga anche la mobilità e la delocalizzazio-ne dell’informazione. Per riassumere le potenzialità del FSE sosten-gono: centralità del cittadino, prevenzione pianificata, sistemi avanzati di telemedicina,

monitoraggio domiciliare, crescita professio-nale, maggiore qualificazione dei laboratori ricerca, crescita degli standard di qualità delle Aziende sanitarie, sviluppo delle infrastrutture di connettività, controllo della spesa, traccia-bilità delle attività, pianificazione strategica degli investimenti misurati sui bisogni. Item non trascurabili, che farebbero da vola-no al sistema dell’innovazione, per cui diventa assolutamente importante varcare la soglia organizzativa che il FSE richiede.

Luigi De VecchisDirettore generale B!

La centralità dell’informazione in Sanitàscambio delle informazioni, garantendo, ai nostri clienti, una totale indipendenza di scelta nei confronti dell’imple-mentatore. Ciò significa, ad esempio, evitare di esposi al rischio di dover affrontare costose migrazioni per conti-nuare ad accedere ai dati. Significa, inoltre, ottenere una visione unica, utile a ridurre costi, frodi, duplicazioni di esami non necessarie e a migliorare l’efficacia della cura. Inoltre, da questa gestione, possono derivare ulteriori uti-lizzi delle informazioni verso le società farmaceutiche e la comunità. Per citare un esempio, è interessante vedere come alcune strutture ospedaliere possano estrarre con la necessaria protezione e sicurezza alcuni dati e contribuire allo sviluppo di nuove molecole di cura, collaborando con aziende farmaceutiche o laboratori di ricerca: la gestione delle informazioni, opportunamente gestite, può diventa-re cruciale nello sviluppo di nuove terapie. Tra le possibili viste aggregate di queste informazioni, si trova il Fascicolo Sanitario Elettronico. In questa prospettiva, le aziende/amministrazioni pubbliche che gestiscono I dati attraver-so tecnologie indipendenti, sono senza dubbio agevolate. Oggi, avere un Fascicolo Sanitario personale sul proprio smartphone, tablet, PC, aggiornato con i documenti per-sonali protetti e sempre disponibili è decisamente possi-bile. Le tecnologie nate per l’interoperabilità e progetti di grandi dimensioni, regionali/nazionali, possono essere usate per il coinvolgimento a 360° del paziente. Nascono così i concetti di Patient Empowerment e PHR, che trova-no fattori abilitanti nella diffusione di massa di tecnologie quali “scan da mobile”, “applicazioni consumer”, in cui il cittadino registra il suo stato (ad es. mal di testa, pressio-ne arteriosa) e partecipa attivamente alla costruzione del proprio fascicolo personale. La lista delle applicazioni pra-tiche è pressoché infinita, e la tecnologia per realizzarle è finalmente davvero a portata di mano.

Marco Fanizzi,AD e Direttore generale EMC

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Questi dati rivelano la criticità più grande legata al FSE: la sua diffusione “a macchia di leopardo” che, purtroppo, lo

rende ancora incompleto e parziale (ser-vono omogeneità e massima copertura per un buon funzionamento). Ma cos’è esattamente il FSE? È più facile dire cosa non è. Il FSE non è una cartella clinica digitale, non è un referto digitale, non è solo un documento digitale né solo un fascicolo. Le Linee Guida del Garante della Privacy del luglio 2009 lo definiscono come “un insieme logico di informazioni e documenti sanitari volto a documentare la storia clinica di un indivi-duo condiviso da più titolari del tratta-mento”, le Linee Guida del Ministero della Salute del novembre 2010 invece lo deli-neano come “l’insieme dei dati e docu-menti digitali di tipo sanitario e socio-sa-nitario generati da eventi clinici presenti e trascorsi, riguardanti l’assistito...; ha un orizzonte temporale che copre l’intera vita del paziente, è alimentato in maniera continuativa dai soggetti che prendono in cura l’assistito nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale e dei servizi so-cio-sanitari regionali”. è anche definibile come il risultato di una collaborazione tra Medici di Medicina Generale, Medici Specialisti e Pazienti, i quali, dovranno muoversi tra possibilità di oscuramento del dato e consenso informato (questio-ne tutt’altro che risolta e che continua a generare polemiche). È poi anche il risultato di una stretta collaborazione tra reparti e tra aziende ospedaliere diverse in netto miglioramento rispetto alla si-tuazione odierna, in cui un paziente può arrivare ad avere anche più di 20 cartelle cliniche diverse (una per ogni reparto in cui è stato ricoverato). Infine c’è chi già prevede un’apertura del FSE al mondo del sociale, della ricerca scientifica e della programmazione sanitaria che costringerà il Ministero a rivederne la definizione. Resta ferma, comunque, la volontà del Legislatore di allargarne l’utilizzo il prima possibile, basti pensare al così detto De-creto ‘del fare’(Legge n. 98/2013), in cui

viene dichiarato che nel 2015 il FSE sarà un diritto per tutti i cittadini. Un punto su cui si è ancora discusso poco è quello riguardante le componenti tecnologiche impegnate nella costituzione di questi Fascicoli così particolari. Data la sua com-plessità, infatti, sono necessarie diversi elementi che interagiscano tra loro così da garantire la fruibilità, la sicurezza e in alcuni casi la segretezza dei documenti in essi contenuti. InfoCert ad esempio ha realizzato LegalCare, una soluzione per digitalizzare, firmare digitalmente e conservare in data center a norma di legge molte tipologie documentali, anche le più complesse da conservare, come referti e immagini (notoriamente molto ‘pesanti’), dialogando diretta-mente con i sistemi RIS e PACS degli ospedali. Un notevole primo passo verso la realizzazione del FSE. Se tutte le ULSS arrivassero almeno fino a questo primo livello, la realizzazione su scala nazionale del FSE sarebbe enormemente facilitata. Un esempio locale: l’ULSS 8 di Asolo, Castelfranco Veneto e Montebelluna. Un caso d’uso d’eccellenza è in Regione Veneto, da sempre tra le più all’avanguar-dia. Il livello di digitalizzazione dei servizi della sanità veneta è stato recentemente (settembre 2013) oggetto di valutazione nell’ambito del progetto Fascicolo Sani-tario Elettronico. In questo studio le aziende venete si collocano ad una media di 2,86 che risulta superiore a quella media delle strutture italiane (392 quelle esaminate) pari a 1,61 ma anche superiore a quella delle strutture sanitarie europee (1.144 quelle esaminate) che si collocano al 1,95. In questo quadro si inserisce l’ULSS 8 di Asolo, Castelfranco Veneto e Monte-belluna, in provincia di Treviso (296.000 abitanti), dove oltre il 90% dei cittadini sceglie di ritirare i propri referti on line tramite un apposito portale. Qui, infatti, l’intero ciclo di vita del documento è totalmente dematerializzato: un docu-mento viene redatto, trasmesso, appro-vato, condiviso, archiviato e conservato interamente in ambiente digitale, anche se contenente immagini come per es.

radiografie. Un paziente che necessita di ritirare un referto per un esame effettua-to nei loro laboratori potrà attingere al proprio fascicolo sanitario tramite un’a-rea riservata a cui si accede con apposite credenziali. La particolarità di InfoCert è poi quella di farsi carico di tutti gli oneri del Responsa-bile della Conservazione che concernono questioni delicate quali la leggibilità dei documenti negli anni, data la continua obsolescenza della tecnologia, e la prote-zione e messa in sicurezza di dati c.d. “ul-tra-sensibili”. Per questo InfoCert associa a ogni documento una serie di metadati, di chiavi univoche e un’impronta di hash così che sia sempre ricercabile ed esibibi-le in maniera totalmente univoca. Ecco che l’esibizione di un documento è dunque accompagnato da una rosa di file di corredo che dimostrano anche davanti a un giudice la totale compliance normativa. Ogni documento inviato al DataCenter, infine, viene sempre inserito in un lotto omogeneo, marcato e firmato digital-mente dal Responsabile della Conserva-zione. Nell’ottica di fornire tutti gli elementi tecnologici necessari alla creazione del FSE, InfoCert si distingue nell’utilizzare una “cassetta degli attrezzi” contenente firme digitali ed elettroniche avanzate, marche temporali, PEC, conservazione documentale a norma di legge e sistemi di workflow documentale, per costruire insieme al personale ospedaliero e am-ministrativo soluzioni ad hoc. Integrazione e interoperabilità sono le parole chiave per garantire efficacia, efficienza e permettere di guardare con fiducia allo sviluppo del Fascicolo Sanita-rio Elettronico su scala nazionale.

Silvia Loffi -Marta Gaia Castellan

FSE. Integrazione e interoperabilità: parole chiave per l’efficacia e l’efficienzaIl Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) solo in 4 Regioni è pienamente operativo (Emilia Romagna, Toscana, Lombardia e provincia Autonoma di Trento), in 12 Regioni è ad oggi in fase sperimentale.

Pubbliredazionale

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In coerenza con le Direttive Europee, l’evoluzione dell’e-Health e dell’utiliz-zo di sistemi di gestione elettronica dei dati del paziente, deve essere

indirizzata ad “accrescere l’efficienza e la sicurezza del settore sanitario, nonché ad assicurare migliori e più efficaci servizi sanitari a beneficio di tutto il sistema, a partire dagli individui e dalla società, fino all’economia nel suo complesso” (EU, e-Health 2009, Prague Declaration). A livello nazionale, in linea con l’obiettivo di conferire al cittadino un ruolo centrale, è stata promossa l’adozione del FSE. In questa direzione sono stati promulgati diversi interventi regolatori e normativi, a partire dalle Linee Guida sul FSE del Ministero della Salute del 2010, sino ad arrivare a definire tempistiche e modalità per l’attuazione del FSE con il “Decreto per l’Agenda Digitale” del 2012 e con il “Decreto del Fare” del 2013.L’importanza e la complessità del tema richiedono un pacato ragionamento sulla sostenibilità del FSE nel contesto italiano, segnalando da un lato quanto emerge dalla letteratura in materia di efficienza/efficacia del FSE, dall’altro una breve sin-tesi dell’analisi della realtà italiana, pas-sando dalla necessità di attivare concrete modalità di valutazione delle iniziative in corso di realizzazione del FSE e indican-do, infine, la possibilità di valutare tutte le opzioni sostenibili e disponibili.In letteratura viene confermato che il FSE consente un miglior livello di accessibili-tà inter- organizzativa delle informazioni e di collaborazione tra professionisti che

e-Health-FSE. Un pacato ragionamentosulla sostenibilitàIl Fascicolo Sanitario Elettronicorappresenta indubbiamente un tema importante per l’attualità nel conte-sto dell’Agenda Digitale e per l’op-portunità di costruire uno strumento che favorisca i processi di continuità assistenziale per i cittadini

operano intorno a un dato paziente. In effetti, il FSE dovrebbe: - consentire l’accesso dei professionisti ai dati clinici e ai referti provenienti da altre strutture sanitarie di un dato territorio (Nohr et al 2001; Machan et al 2006; Sackett et al 2006; Shapiro et al 2006; Solomon 2007; Bergmann et . al 2007; Ross et al 2010); - migliorare la comunicazione e il coordinamento dell’assistenza tra gli operatori sanitari all’interno della stessa regione (Nohr et al 2001; Walker et al 2005; Bergmann et al 2007; Maass et al 2008; Balfour et al 2009; Melby & Hellesø 2010) tramite lo scambio tempestivo di informazioni, creando quindi migliori condizioni per il lavoro in team multidi-sciplinari, che consentono una migliore comprensione e gestione della situazio-ne del paziente (Triska et al 2005; Follen et al 2007; Kass-Hout et al 2007; Staff et al 2010; Patel 2011). In merito al FSE, alcuni autori evidenzia-no che la tempestività dell’accesso alle informazioni cliniche risulta essere ina-deguato e che quindi diviene complesso lo scambio di dati clinici, sia all’interno di una struttura che tra diverse strutture (Triska et al 2005; Korst et al 2008; Hinca-pie et al 2011).Nel contempo, il FSE, in un contesto di empowerment del paziente e di miglio-ramento del rapporto team clinico-pa-ziente, dovrebbe consentire al paziente l’accesso alle “proprie” informazioni clinico-sanitarie generate dalle diverse strutture sanitarie di un dato territorio

regionale (Chronaki et al 2007; Wen et al 2010; O’Donnell et al 2011; Patel et al 2011). Tuttavia, a tal proposito, vengono segna-late barriere legate all’accesso digitale del paziente, nonché alla privacy e alla sicurezza (Patel et al. 2011).L’analisi della letteratura consente, quindi, di evidenziare alcuni benefici, riscontrati anche a livello empirico, pur segnalando oggettive difficoltà che potrebbero potenzialmente compromet-tere la realizzazione del FSE. Difficoltà, che devono essere oggetto di adeguate attenzioni, qualora si vogliano concretamente attivare progetti soste-nibili di realizzazione del FSE a costi e risultati “certi”.Nel contesto italiano, alcuni ricercatori hanno evidenziato sostanzialmente tre criticità:1) Governance dell’e-Health e del FSE. L’organizzazione istituzionale della Sanità italiana non favorisce l’adozione di linee guida omogenee: “qualsiasi concertazio-ne Stato/Regioni/Aziende/Professionisti si trasforma in un percorso a ostacoli, dovendo tenere conto di esigenze di una quantità significativa di stakeholder, ciascuno dei quali - a pieno titolo e in perfetta buona fede - rappresenta un

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fattore di ritardo nei processi decisionali” (Mercurio, 2011). In questa situazione, disomogeneità, frammentazioni, ritardi e lentezza deci-sionale, rappresentano un serio ostacolo alla realizzazione del FSE.2) Basso livello di investimenti.A livello nazionale gli investimenti in ICT nella Sanità rappresentano solo il 25% di quanto viene speso nelle altre realtà Europee. L’Osservatorio ICT in sanità del Poli-tecnico di Milano ha segnalato nel suo rapporto 2013 che la spesa pro capite in ICT nella Sanità italiana è pari a 22€ con-tro i 40€ della Francia, i 60€ della Gran Bretagna e i 70€ della Danimarca (evi-denziando nel contempo che all’interno della situazione italiana il Nord-Ovest investe 34€, il Nord-Est 28€, il Centro 14€ e Sud-Isole 12€). I dati non richiedono alcun commento tranne una considerazione sulla soste-nibilità: progetti sostenibili sono quelli a costi e risultati “certi”. Senza investimenti i progetti non sono sostenibili (Franzone, 2011; Mercurio 2011; Osservatorio ICT in sanità Politecnico di Milano, 2013).3) Complessità per gestire Privacy e Sicurezza.Analisi empiriche evidenziano crescenti difficoltà nella gestione della comples-sità, organizzativa e tecnologica e nella manutenzione delle architetture del FSE. Problemi di definizione dei livelli di privacy e sicurezza e di integrazione tecnologica rappresentano delle con-crete criticità nella realizzazione del FSE (Mangia, 2011; Mercurio, 2011)A queste criticità si somma la necessità di disporre di metodologie per una valu-tazione “certa e trasparente” dei risultati e degli impatti generati dall’utilizzo del FSE. Una recente ricerca effettuata dal CeRGAS dell’Università Bocconi di Milano evidenzia la difficoltà sia nella individua-zione di una metodologia da utilizzare per la valutazione degli impatti dell’uti-lizzo dell’ICT in Sanità che nella mancata

consuetudine degli organismi decisionali (Aziende/Regioni/Stato) di attivare reali processi di valutazione dei risultati da conseguire/conseguiti, a fronte di inve-stimenti spesso non irrilevanti.Sarebbe di conseguenza consigliabile definire, prima di avviare questi progetti:- obiettivi e metodologia della valutazio-ne, tenendo conto della natura e della tempistica delle valutazioni, isolando gli effetti del progetto dai fattori esterni;- iniziative per favorire la disponibilità e qualità dei dati, coerentemente con la scelta di effettuare una valutazione ex ante, ex post, o entrambe. Nel caso di raccolta dati, sarà necessario prendere in considerazione alcune caratteristiche dell’indagine, tra cui i tempi, la selezio-ne del campione e la selezione degli strumenti; - predefinire momenti di analisi dei dati e di presentazione degli stessi ai decision makers e ai principali stakeholder per ottenere feedback e contribuire a miglio-rare i processi di innovazione o, nel caso di insuccesso, ad evitare di effettuare ulteriori investimenti in processi di inno-vazione i cui risultati sono già incerti.A fronte delle suddette temati-che, la domanda che si pone oggi concerne la reale sostenibilità in termini organiz-zativi, tecnologici ed economici del FSE.Rendere sosteni-bile significa da un lato riformu-lare l’obiettivo di fondo: quali sono gli elementi di base che sono necessari al cittadino per gestire la propria salute e cosa serve ai team dei professionisti socio-sanitari, che ruotano intorno al paziente per garantire una continuità di cure. Dall’altro prevedere strumenti/azioni, che consentano in tempi ragione-volmente accettabili (brevi!) di rendere disponibili servizi information intensive a cittadini e professionisti della Sanità.In tale contesto, appare necessario aprire un pacato confronto con altri strumenti ed approcci utilizzati a livello interna-zionale ed in particolare sul tema del Personal Health Record (PHR), strumento non necessariamente in antitesi con il FSE, ma che potrebbe consentire di realizzare servizi information intensive per i cittadini e i professionisti in tempi rapidi, semplificando la complessità organizzativa e tecnologica intrinseca ai

progetti di FSE. Il PHR è un sistema che consente una ricomposizione dei dati clinici del paziente in senso longitudinale nel tempo (storia socio-sanitaria) e nello spazio (diversi servizi e strutture geogra-ficamente distribuite in regioni o stati diversi), la messa a disposizione di cono-scenze e strumenti software, che aiutano i pazienti a diventare “partecipanti attivi” nella loro cura coerentemente con le indicazioni dell’OMS sull’empowerment del paziente. Sostanzialmente, si tratta di un sistema, spesso basato su mobile technology, che consente sia una collezione di dati socio-sanitari provenienti da strutture diverse, sia uno scambio di conoscenze paziente-team sociosanitario che lo segue, che rende possibile uno scambio esperienziale tra paziente e pazienti, frequentemente cronici, con medesime patologie, che mette a disposizione apps di self assessment o di self help o di teleconsulto, che vengono gestite direttamente dal paziente. I dati, gestiti in sicurezza e cifrati sia nella comunicazione sia nella registrazione sul device fisso o mobile, sono di proprietà

del pazien-te, che decide le modalità di con-sultazio-ne degli stessi a terze persone (team cli-nico che lo segue, second

opinion…) risolvendo sostanzialmente ex ante i problemi di privacy, che, invece, sono decisamente più complessi da gestire anche in termini di titolarità del trattamento dei dati nelle architetture di FSE. E’ importante evidenziare che il PHR si differenzia dal FSE e dall’Electronic Medical Record. Quest’ultimo è un sistema in genere utilizzato dalle strutture sanitarie per raccogliere dati del paziente, che servo-no al team clinico per la sua cura. Il FSE è una sintesi di questi dati, che possono provenire da strutture diverse. I dati sono virtualmente del cittadino, ma sono og-gettivamente e normativamente gestiti dalle strutture sanitarie che li producono. Nel PHR i dati sono del paziente a tutti gli effetti ed è il paziente il titolare degli stessi in una logica di Universal Health Record centrato sul paziente e gestito

dal paziente stesso (a maggior ragione in ottica di mobilità sanitaria europea di cui al recente dibattito in Consiglio dei Ministri in applicazione della direttiva 2011/24/UE).Tali sistemi di PHR possono essere messi a disposizione del paziente sia da provider pubblici sia da provider privati (Dragster C.A., 1956; Rindfleisch T.C, 1997; Ahima, 2005; Bonander J, Gates S, 2010; UK Department of Health, 2012; Redling R., 2012).In quest’ultimo caso, la realizzazione del PHR non richiede particolari infrastruttu-re tecnologiche gestite da Enti/Istituzioni pubbliche finalizzate alla sua gestione, ma prevede sostanzialmente tre pre-re-quisiti:

- disponibilità in tutte le strutture sanitarie pubbliche, private accredi-tate o private di un clinical datare-pository (quante strutture ne sono effettivamente dotate?) e/o di sistemi che consentano di inviare on time le informazioni cliniche ai pazienti;

- adozione di sistemi di firma elettroni-ca (FEA o Digitale) sui documenti clini-ci che verranno trasmessi al paziente;

- fruibilità di queste informazioni ai cittadini, tramite comunicazioni securizzate e software resi disponibili da terzi allo scopo (in altri Paesi tali software vengono resi disponibili in modo gratuito per i cittadini).

Tali sistemi dovrebbero favorire una nuo-va capacità delle strutture sanitarie di in-teragire con i propri clienti B2C (business to consumer), di favorire i rapporti tra paziente e professionisti C2B (consumer to business) e un’ interazione tra pazienti C2C (consumer to consumer), nonché di migliorare:

- semplicità - facile da usare (semplicità ed efficien-

za come caratteristiche per l’utilizzatore cittadino o professionista del circuito socio-sanitario);

- efficienza - migliorare i processi sociosanitari in termini di tempestività e di appropriatezza in ragione a un bagaglio informativo essenziale, ma on line e on time;

- empowerment - soluzioni fortemente orientate al cittadino;

- etica - in quanto comporta nuove forme di interazione tra professionisti del circuito socio-sani-tario e cittadino;

- equity - attenzione all’iniziale digital-divi-de, che può essere me-diato dai familiari delle persone con maggiori difficoltà.Le tematiche trattate sono oggettivamen-te complesse date le implicazioni di carattere normativo, organizza-tivo, tecnologico ed

A.I.S.I.S. (Associazione Italiana Sistemi Informativi in Sanità) è una associazione nata nel 2003 con lo scopo di dare visibilità a chi si occupa professionalmente di ICT nelle aziende sanitarie italiane, siano esse pubbliche o private, e di favorire una crescita dell’attenzione sulle problematiche connesse all’utilizzo dell’Ict in sanità come leva strategica di cambiamento. www.aisis.it

economico. In tale contesto, pare interessante l’approccio di affrontare la complessità attraverso la semplificazione dei processi piuttosto che con architetture e strumen-ti ancora più complessi. Un confronto culturalmente “aperto” e una valutazione documentata sul FSE e sul PHR possono favorire la capacità di ipotizzare un percorso sostenibile di qua-lificazione e sviluppo della Sanità, basato sull’innovazione tecnologica che possa concretamente incentivare l’empower-ment del paziente (segnalato dall’OMS come prerequisito di successo e efficacia delle politiche sanitarie) e una maggior efficienza della Sanità stessa.

Claudio Caccia Presidente A.I.S.I.S.

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L’Agenda Digitale Italiana, decli-nazione della European Digital Agenda, rappresenta una coinci-denza perfetta , che consentirà

al nostro Paese di essere pronto per l’era digitale.Tra i temi che costituiscono l’Agenda Digitale, la Sanità Elettronica rappre-senta l’opportunità, che permetterà di introdurre nel SSN quella straordinaria innovazione tecnologica ed operativa che s’insegue da tempo. In verità di Sanità Digitale si parla da tempo (Codice dell’Amministrazione Digitale CAD - Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82) e negli anni è sorto un serrato dibattito a vari livelli, che solo ora trova una sua soluzione. Lo stesso Decreto Legge n° 62/2013, recante le “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”, meglio cono-sciuto come “Decreto del Fare”, contiene alcune interessanti novità anche in tema di Agenda Digitale e di dematerializza-zione, a cominciare dagli articoli 13 e ss., con i quali si stabiliscono le misure per il potenziamento dell’Agenda Digitale Italiana, ridefinendone la governance e modificando, a tale scopo, l’art. 47 del Decreto Legge n. 5 del 9 febbraio 2012. Tra i grandi interventi attuativi la Sanità Digitale spicca per complessità e per innovazione indotta il Fascicolo Sanitario Elettronico. Su questo il “Decreto del FARE” introduce altre importanti previsioni anche nell’art. 17 (Misure per favorire la realizzazione del FSE), che modifica l’articolo 12 del Decreto Legge n. 179/2012. In esso vengono stabiliti i tempi per l’istituzione del Fascicolo Sanitario Elet-tronico e della relativa attuazione della programmazione regionale. Questi gli aspetti normativi, ma cosa rap-presenta il Fascicolo Sanitario Elettronico e quali sono le opportunità che sotten-de? E’ noto che il FSE è “l’insieme dei dati e documenti digitali di tipo sanitario e socio-sanitario generati da eventi clinici presenti e trascorsi, riguardanti l’assistito. Ha un orizzonte temporale che copre l’intera vita del paziente ed è alimentato in maniera continuativa dai soggetti che lo prendono in cura nell’ambito del SSN e dei servizi socio-sanitari regionali”. Ma, dal punto di vista tecnologico e anche organizzativo, il FSE deve essere abilita-to, cioè le architetture, le infrastrutture

FSE. Opportunità di investimento e necessità di governance dei Sistemi informativi

e la modellazione dell’informazione, più sinteticamente l’Infostruttura comples-siva, deve essere in grado di sostenere il FSE nel tempo e nello spazio. Il primo importante abilitatore è l’infra-struttura di comunicazione, nella fatti-specie il Sistema Pubblico di Connettivi-ta (SPC), con l’insieme di regole e modelli a corredo, che ne ha definito da tempo le fondamenta. Rimangono, tuttavia, ancora aperti i problemi connessi con la banda larga, che è, a mio parere, la vera chiave di lettura dell’architettura digitale nel suo insieme. Intanto, a livello nazionale sia pur con lentezza, si è avviato il program-ma LTE (Long Term Evolution) di quarta generazione (4G), che vede al momen-to coinvolte le aree metropolitane più importanti del Paese. Occorre, però, abbattere rapidamente il digital divide per consentire a chiunque di accedere ai servizi digitali con i livelli di qualità e di performance, che siano omogenei su tutto il territorio nazionale. A livello di Unione Europea, poi, la crea-zione dello European Single Market deve trovare nell’abolizione delle tariffe di roa-ming il cardine centrale di riferimento.Il secondo grande abilitatore è il com-plesso de i sistemi e dei domini applica-tivi. La situazione allo stato attuale è molto complessa e variegata. Ogni ASL e AO ha attuato nell’ICT interventi peculiari e spesso in totale autonomia, probabil-mente derivante dalla forte autonomia gestionale che caratterizza le aziende stesse. Inoltre, la governance dei Sistemi Infor-mativi aziendali è stata modellata in fun-zione della personalità e della sensibilità culturale dei diversi CIO. La crescita ed evoluzione tecnologica dei Sistemi si è, dunque, caratterizzata per avere velocità diverse nelle singole aziende. Il quadro d’insieme appare così forte-mente eterogeneo. Nonostante ciò, a livello internazionale, alcuni standard, ormai acclarati (HL7 e DICOM), hanno fatto da traino e sono alla base dell’inte-roperabilità dei sistemi, che costituisco-no l’infostruttura abilitante il FSE. L’IHE (Integrating the Healthcare Enterprise), partendo dai protocolli HL7 e DICOM, ha definito una serie di profili d’integrazione tematici (PIX,

NMI,NMHC,XDS,XDS-I) attuatori dell’in-teroperabilità sanitaria. Tra questi, il XDS (Cross-enterprise Document Sharing) e il XDS-I (XDS Immagining), come facilitato-ri della registrazione, della distribuzione e dell’accesso ai dati elettronici (in forma-to CDA2 Clinical Document Architecture) ed alle immagini, supportano diretta-mente il FSE. Questi aspetti declinati in architetture di sistema orientate ai servizi (SOA) hanno completato il quadro tecno-logico di riferimento. Accanto a ciò la digitalizzazione del ciclo prescrittivo e la realizzazione di una soluzione federata di Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) del cittadino hanno abilitato i processi di cooperazione ap-plicativa, ormai definiti ed articolati, tra domini informativi.Tale imponente processo di rivisitazione tecnologica, architetturale ed organiz-zativa dei sistemi e dei processi alla base della Sanità elettronica costituisce la leva del cambiamento su basi totalmente innovative. Processo, che promuove da un lato forti opportunità di investimento e dall’altro impone una diversa gover-nance dei Sistemi Informativi ed una rivisitazione del ruolo del CIO.

Quirino DavoliPresidente CIOSL

CIOSL. Un’associazione per i CIO in Sanità Il CIOSL (Chief Information Officer Sanità Locale) riunisce i CIO e, più in generale, i professionisti ICT, che operano nelle strutture pubbliche ed accreditate del Servizio Sanitario in un momento in cui, soprattutto in Sanità, è fondamentale il ruolo dell’ICT per il raggiungimento dei livelli di efficienza necessari per la crescita del nostro Paese.Il CIOSL vuole essere una sede di con-fronto con tutte le parti interessate al tema dell’ICT in Sanità per elaborare istanze unitarie e condivise nell’otti-ca di rete per raggiungere una reale integrazione tra ospedale, territorio e ricerca universitaria e raggiungere soluzioni qualitativamente uniformi e livelli di standardizzazione eleva-ti, basati sulla cooperazione come strumento di efficacia ed economicità per progetti che siano sostenibili per il Sistema. www.ciosl.net

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Ma anche: l’ottimizzazione degli investimenti e contenimento - se non riduzione - dei costi, il

miglioramento della governance clinica ed aziendale, l’innovazione attraverso l’introduzione di ICT, la gestione e il trat-tamento di pazienti cronici (che spesso convivono con due o più patologie diver-se) con una più radicata presenza sul ter-ritorio e un mag-giore coordi-namen-to tra tutti gli attori coinvolti nel percorso di cura e/o di prevenzione. E la lista non finisce certamente qui! Tutto questo grava sulle strutture sanitarie, che devono essere in grado di vincere la sfida di integrare le strutture ospedaliere classiche con una nuova presenza sul territorio mentre, allo stesso tempo, devono anche sostene-re una continua evoluzione culturale e tecnologica ed un aggiornamento delle logiche di governo verso principi e metodologie di gestione azienda-le, senza mai sviare l’attenzione dalla particolare missione sociale ed etica del Servizio Sanitario. Non ci si stancherà mai di ribadire che la disponibilità di un Sistema Informativo Sanitario integrato, completo ed avanzato rappresenta un elemento pregiudiziale e condizionante per il raggiungimento di questi obiettivi, sia per quanto riguarda l’efficacia e l’effi-cienza della gestione interna che sotto il profilo della competitività della struttura sanitaria nello scenario esterno. In altre parole, un Sistema Informativo integrato e completo è un indicatore della reale integrazione della struttura sanitaria in termini della continuità tra i diversi settori e un mezzo imprescindibile per ottenere tale integrazione! Quali sono però i veri requisiti, cui deve rispondere il Sistema Informativo Sanitario, affinché possa non solo essere definito senza

Spesso i termini integrazione e in-teroperabilità vengono utilizzati in modo interscambiabile, come

sinonimi. Potrebbe chiarire la differen-za qualitativa e sostanziale che esiste tra questi due termini?La differenza, semantica a parte, è sostanziale. L’interoperabilità permette a due, o più, sistemi di inter-operare, ovvero di rendere le operazioni svolte su ciascun sistema parte delle operazioni dell’altro, anche se tali sistemi non sono stati progettati per lavorare insieme. È chiaro che l’integrazione tra sistemi è,

Lapo Bertini - IHE International BoardL’ Intervista

L’interoperabilità attraverso standard è l’unica risposta possibile alle esigenzedi cooperazione e di integrazione informativa

come dire, un caso speciale, di interope-rabilità. L’aspetto più interessante dell’in-teroperabilità è che due sistemi svilup-pati e pensati in modo completamente distinto l’uno dall’altro possano lavorare insieme e arricchire il processo verso il quale ambedue tendono. Questo è possibile attraverso l’uso degli standard. A livello internazionale, l’interoperabilità tra sistemi utilizza diversi standard, quali, ad esempio, IHE e HL7. Sebbene IHE sia di fatto uno standard (in quanto ISO Lia-son A), l’approccio unico della metodolo-gia di IHE, è quello di non definire nuovi

SIS aperti, integrati ed avanzati per la continuità dei processi aziendaliMolte sono le aspettative e i temi all’ordine del giorno riguardo al Sistema Sanitario,cui si chiedono non solo un crescente impegno per il miglioramento dei servizi assistenziali erogati ai cittadini.

UNINFO (Ente federato all’UNI che opera con delega UNI e che rappresenta l’Italia presso l’ISO, l’ISO/IEC JTC 1 e il CEN) ha lo sco-

po di promuovere e di partecipare allo sviluppo della normativa nel settore delle tecniche informatiche. Rientrano nel suo campo di attività i sistemi di elaborazione e di tra-smissione delle informazioni e le loro applicazioni nelle più diverse aree, quali, ad esempio, l’informatica medica, le attività bancarie, le carte intelligenti, la telematica del traffico, l’automazione industriale. www.uninfo.itpossibilità di dubbio “integrato, comple-

to ed avanzato” e che oggettivamente sia in grado di sostenere con efficacia tutti gli utenti clinici, amministrativi e dire-zionali nell’esecuzione delle loro attività giornaliere? Qual è l’architettura globale del Sistema Informativo Sanitario, verso cui devono

evolvere i sistemi oggi operativi nelle nostre strutture sanitarie, anche a livello territoriale? Esiste una strategia e un approccio metodologico per far evolvere il Sistema Informativo Sanitario verso il modello identificato? Ben vengano le molte attività in corso, tra cui, ad esempio, lo sviluppo omogeneo del Fascicolo Sanitario Elettronico, il cui punto di forza è quello di permettere il

raccordo e la condivisione dei documenti e dei dati clinici degli assistiti, generati in base ad eventi ben definiti e che per-tanto contiene lo storico d’interesse. Ma non possiamo confidare in queste sole attività per rispondere a queste doman-de e per ottenere una vera condivisione tra tutti gli attori coinvolti dei dati clinici integrati ed “attuali” dei pazienti, neces-sari per gestire, ad esempio, un percorso di cura o di prevenzione in modo appro-priato. Nella moderna Sanità Elettronica bisogna andare oltre i documenti clinici dei singoli episodi di cura, prevenzione e trattamento per includere nel patri-monio integrato a disposizione anche osservazioni e dati clinici raccolti dai pazienti stessi, dai loro famigliari o dai caregiver, dai vo-lontari e specialisti delle associazioni per patologie che li assistono, dai MMG o specialisti ed infine dai dispositi-vi medici e sensori domiciliari ed ambientali. In altre parole, è indispensa-bile muoversi verso Sistemi Informativi Sanitari aperti, integrati ed avanzati che siano in grado di raccogliere ed integrare queste informazioni ed assicurare la con-

tinuità dei processi aziendali attraverso i diversi settori e di garantire la disponibi-lità del patrimonio informativo integrato sotto il profilo sia clinico che amministra-tivo che all’interno del centro che nella rete territoriale. Il fatto non riguarda solo l’Italia: anche a livello internazionale c’è grande fermento intorno alla razionaliz-

zazione dei servizi sanitari offerti ai vari livelli (nazionale, regionale e territoriale) e nell’identificazione dei componenti delle architetture informative da adot-tare per ottenere sistemi informativi efficaci. Una prima risposta alle domande prece-denti sta nell’adozione di un’infrastruttu-

ra architetturale conforme agli standard rilevanti (CEN, HL7, ISO, UNINFO, etc...) per le varie aree tematiche dell’architettura stessa. L’infrastruttura comprenderà in questo modo tecnolo-gie sviluppate, adottate e implementate nel Sistema Informativo Sanitario, affin-ché tutti gli attori coinvolti

(cittadini-assistiti, pazienti, caregiver, personale clinico, amministrativo e ma-nageriale, ricercatori, decisori) possano collaborare tra loro, condividendo infor-mazioni e dati per assumere decisioni

informate sulle azioni più appropriate sulla salute propria, dei cittadini-assistiti e, più in generale, sul Sistema Sanitario. Tali standard, infatti, grazie alla loro peculiarità di specifica pubblica, defi-niscono delle caratteristiche condivise, garantendo così sia fornitori che aziende, che possono adottarle per raggiungere gli obiettivi di integrazione e di apertura del Sistema Informativo Sanitario. I fornitori possono contare su termini di riferimento, mediante i quali stabilire accordi di collaborazione. Le aziende possono evolvere ed estendere il loro sistema informativo senza sottostare a dipendenze e costi derivanti da soluzioni proprietarie di specifici fornitori. Le infrastrutture ed i principi architet-turali che sono comunemente presi in considerazione nella letteratura interna-zionale e nella documentazione pubbli-cata dagli enti di normazione riguardo alla sanità includono: ISO 12967 Health Informatics Service Architecture (HISA), la

visione ed i principi del World Economic Forum (WEF) Global Health Data Charter, ed il Health Enterprise Architecture Fra-mework (HEAF). Soprattutto HISA è stata sviluppata per assistere utenti e fornitori nel processo di definizione di architettu-re basate su servizi per la Sanità. Varie strutture sanitarie hanno già condiviso la scelta strategica di basare la propria architettura informativa sugli standard, secondo i paradigmi di integra-zione, apertura e completezza delineati precedentemente, onde soddisfare le esigenze informative e funzionali di continuità dei processi intrasettoriali, scegliendo ad esempio HISA 12967, per assicurare l’integrazione, il controllo, l’accessibilità e l’usabilità del proprio patrimonio informativo. Tra queste la Regione Molise, la Regio-ne Calabria, il Policlinico “A. Gemelli” di Roma e la Regione di Copenaghen.

Pier Angelo SottilePres. Comm. Informatica medica UNINFO

standard, ma di utilizzare al meglio quelli esistenti. I“Profili d’Integrazione” di IHE specificano come le varie parti degli standard in que-stione debbano essere utilizzati in modo tale che i dati rilevanti possano essere trasmessi da un’applicazione ad un’altra, all’interno di un contesto di un chiara-mente identificato processo clinico. In altre parole, ogni profilo d’integrazio-ne IHE fa riferimento a standard base utilizzati dall’industria, quali DICOM, HL7, OASIS, W3C, etc... Inoltre, IHE permet-te ai produttori come agli utilizzatori,

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stems Society) si propone di definire in maniera chiara come gli standard esistenti (in particolare DICOM e HL7) devo-no essere utilizzati dai diversi sistemi informativi per realizzare un’integrazione tra loro, partendo dall’analisi del reale workflow clinico. L’obiettivo di IHE è quello di assicurare che, nella cura dei pazienti, tutte le informazioni richieste per le decisioni cliniche siano corrette e facilmente reperibili da parte delle varie figure professionali coinvolte.

attraverso i suoi eventi di test chiamati Connectathon, di verificare l’aderenza di prodotti ai profili d’integrazione IHE. (ndr. Il prossimo Connectathon europeo si svolgerà a Vienna dal 7 all’11 Aprile 2014). L’interoperabilità è legata anche all’approccio metodologico della coo-perazione condivisa. Potrebbe spie-gare cosa vuol dire? L’interoperabilità è legata alla necessità sempre maggiore di condivisione dei dati ed alla tendenza a considerare qualsiasi parte di un sistema informativo come ele-mento di un orizzonte più vasto. Con la com-plessità e la diversità di informazioni, che gli operatori clinici e sanitari fronteggiano ogni giorno, è sempre più necessario che le informazioni relative ad un paziente siano sempre significative e disponibili da qua-lunque sistema del processo sanitario o clinico sia necessario accedervi. I flussi informativi e di lavoro pertanto tendono a estendersi oltre il confine di un dato sistema informativo e questo, in un certo senso, “forza” tutti gli attori coinvolti all’inte-roperabilità. In tal senso, l’integrazione, così come l’abbiamo sempre concepita, risulta talmente complessa rispetto a tutte le necessità di scambio informativo da risultare antieconomica. Quindi, l’inte-roperabilità attraverso standard è l’unica risposta possibile alle esigenze di coo-perazione e di “integrazione” informativa che le strutture e gli operatori hanno. E

l’orizzonte, in tal senso, continua ad al-largarsi: dalle unità di cura primaria, agli ospedali, dalle aree vaste alle regioni, a livello nazionale, a livello sovranazionale. Il principio dell’interoperabilità è forte-mente sostenuto dall’Agenda Digitale, ma al di là delle indicazioni del Regola-mento 1025/2012 sull’utilizzo degli stan-dard, non è stato fatto nulla di concreto. Potrebbe dare una spiegazione al motivo di questo ritardo? In molti am-

bienti politici regna un po’ di confusione su questo argomento. Anche se non è, chiariamo, un argomento facile, nemme-no per gli addetti ai lavori. Tuttavia, la Commissione Europea, alla fine del 2011, ha istituito un gruppo di lavoro, il Multi Stakeholder Platform, con l’obiettivo di “chiarirsi” le idee sulla standardizzazione in ICT, con enfasi sugli standard di intero-

perabilità. Un’altra iniziativa è quella dell’OMS, che ha creato nella propria Agenda digitale, una traccia specifica sull’interoperabilità, invitando esperti e organizzazioni di standardizzazione ad un Forum annuale con gli Stati membri. Nell’ultima riunione è stato affermato chiaramente dagli Stati membri presenti (oltre 150) che l’efficien-za e l’efficacia di qualsiasi programma di e-Health non può non passare dagli stan-

dard d’interoperabilità internazionali quali IHE. Quindi, a livello euro-peo ed internazionale, un certo movimento nella direzione giusta si comincia a vedere e questo è un bene sia per gli utilizzatori di sistemi clinici e sanitari che per i produttori, che da anni faticano a convincere la “politica” a muoversi in tal senso. Quale sarebbe il cam-mino metodologico da intraprendere per permettere la diffusio-ne di soluzioni intero-perabili che possano favorire la crescita del sistema in vista di un modello federativo che rispetti l’estrema eterogeneità nazio-nale attuale? L’unica strada possibile è quella di condividere gli stessi standard internazionali

che altre istituzioni (ONC in USA, EC in Europa, OMS a livello internazionale) stanno scegliendo e condividendo (vedi epSOS, Trillium Bridge). In mancanza di tale convergenza, gli operatori e i pro-duttori non saranno in grado di “soste-nere” a lungo la domanda socio-politica di riduzione dei costi e quella sociale di incremento della qualità di cura.

IHE (Integrating the Healthcare Enterprise) rap-presenta un’iniziativa internazionale di produttori ed utenti a supporto dello sviluppo dell’integrazio-ne tra sistemi informativi sanitari. L’iniziativa IHE, nata negli Stati Uniti nel 1998 ad opera di RSNA (Radiological Society of North America) e HIMSS (Healthcare Information and Management Sy-

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L’Agenda Europea per il Digitale è una delle sette inizia-tive chiave della strategia Europa 2020, che si prefigge di sfruttare al meglio il potenziale sociale ed economico delle soluzioni ICT che, grazie a un circolo virtuoso di

attività che funzionano correttamente, mettono a disposizione contenuti e servizi in un ambiente interoperabile e senza confini. Nonostante il potere delle tecnologie ICT sia evidente, per sfruttarlo occorre risolvere ancora diversi problemi relativi alla sicurezza, alla riservatezza, all’accessibilità e all’usabilità. La Com-missione europea ha individuato sette deficit da superare:• frammentazione dei mercati digitali;• mancanza di interoperabilità; • difesa dalla criminalità informatica; • assenza di investimenti nelle reti; • impegno insufficiente nella ricerca e nell’innovazione; • mancanza di alfabetizzazione digitale; • scarsa ricaduta sociale dell’innovazione.

L’Agenda Europea per il digitale, lanciata dalla Commissione Europea il 19 maggio 2010, vede dunque nelle tecnologia ICT un segmento strategico per lo sviluppo di conoscenza e competiti-vità, oltre che di efficienza dei servizi. .Tra gli ambiti oggetto di intervento, rientra l’assistenza sanitaria. Queste le indicazioni guida:• Azione 5 - Quadro europeo di interoperabilità con la defini-

zione degli standard semantici delle ICT in Europa;• Azione 6 - Misure per una politica efficace in materia di sicu-

rezza delle reti e delle informazioni;• Azione 13 - Attuazione di un piano di Tlc per la tutela della

Privacy e dei dati sensibili, con la garanzia di un accesso on line sicuro ai dati socio-sanitari;

Il Programma Horizon 2020 è un’opportunità per il Paese per stimolare l’innovazione e metterla a sistema. Quali saranno le azioni e le indicazio-ni perché ciò avvenga?

Horizon 2020 è una grande opportunità per l’Eu-ropa e per l’Italia, un’opportunità che dobbiamo essere in grado di sfruttare appieno per promuovere la crescita del nostro ‘capitale umano’ di eccellenza. Decisivo sarà il legame che sapremo stabilire tra l’at-tività dei ricercatori, la “società digitale” e le imprese, stimolando in tal modo l’innovazione, rendendo il nostro Paese più attrattivo e promuovendo migliori prospettive di carriera per i giovani e lo sviluppo di infrastrutture per la ricerca. Come sarà possibile accedere ai fondi messi a disposizione da Horizon 2020? Si riuscirà ad utilizzarli bene ed efficacemente e soprattutto tutti?La sfida è quella di focalizzarsi sempre più sulla buona ricerca, e le proposte dovranno essere in grado di coniugare i tre pilastri su cui si basa il nuovo programma: eccellenza scientifica, leadership industriale e nuove sfide per la società. Non c’è innovazione sociale senza sviluppo tec-nologico, e non può esserci sviluppo tecnologico se non siamo in grado di promuovere una ricerca d’eccellenza. È questa l’opportunità che dobbiamo cogliere, e che deve viaggiare di pari passo con la capacità di utilizzare al meglio i fondi a disposizione. Il sistema formativo italiano pecca nel riconosci-mento dell’importanza della conoscenza dei servizi ICT, come strumento di valore aggiunto alla profes-sionalità. Ritiene che questo sia un ostacolo allo sviluppo del Paese?L’utilizzo delle nuove tecnologie nell’educazione è necessaria per dotare docenti e studenti di strumen-ti che possano portare ad una vera innovazione. Ormai, da diversi anni, il MIUR sostiene l’innovazione nella scuola attraverso numerosi progetti per l’intro-duzione delle tecnologie digitali in classe, integran-doli con i metodi tradizionali. Per rispondere alla sua riflessione, posso dire che il processo di innovazione deve riguardare sempre più le Pubbliche Ammini-strazioni, con particolare attenzione a quegli aspetti che hanno immediate ricadute sulla vita quotidiana dei cittadini. Non solo, dunque, istruzione e forma-zione, ma anche Sanità elettronica, miglioramento delle infrastrutture per la comunicazione e la mo-bilità, che rappresenteranno ambiti di intervento e investimento di altissimo valore.

Iniziative chiave della strategia Europea 2020: Agenda Digitale e Programma HorizonLa Commissione Europea punta ad una crescita intelligente,sostenibile e inclusiva. Tecnologia guida: l’ICT. Principio strutturante: l’interoperabilità.

• Azione 14 – Definizione di un numero minimo comune di dati sui cittadini/pazienti per garantire l’interoperabi-lità delle cartelle cliniche, che dovranno essere accessi-bili o scambiabili per via informatica fra gli Stati membri.

Per una Società della conoscenza, competitiva a livello glo-bale e pronta ad affrontare cruciali sfide del prossimo decen-nio, l’Europa spinge sugli investimenti nelle attività di R&S. Punto di riferimento è Horizon 2020, il programma quadro per la ricerca e per l’innovazione per il settennio 2014/2020. Horizon 2020 ha l’obiettivo di unificare l’insieme degli stru-menti di investimento previsti a livello UE nell’ambito della ricerca e dell’innovazione in un programma unico, con circa 80 miliardi di Euro di finanziamento. Di interesse le sezioni: “ Excellence Science”, “Industrial Leadership” e “Societal Challenges” in cui la Sanità e le ICT risultano trasversali. Non dimentichiamo che le soluzioni ICT in ambito socio-sanitario rappresentano una quota significa-tiva pari al 33% dell’intero mercato, il cui trend è di crescita. Lo scorso dicembre sono stati pubblicati i primi bandi del Programma Horizon 2020:• Sezione dedicata alle sfide sociali (2,8 miliardi di Euro),

con due inviti a presentare proposte per un valore di finanziamento allocato di 600 milioni di Euro per il biennio 2013/2015 (http://ec.europa.eu/digital-agenda/en/news/first-horizon-2020-calls-ehealth-projects-laun-ched);

• Personalizing Health Care (PHC); • Invecchiamento attivo e in buona salute con l’ICT, con

uso della robotica all’interno degli ambienti di vita assistita.

Patrizia Marcella Scalisi

Decisivo sarà il legame che sapremo stabilire tra l’attività dei ricercatori, la “società digitale” e le imprese

Gianluca Galletti, Sottosegretario MIURL’ Intervista

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Life flows through our software

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L’ICT è universalmente ricono-sciuta non solo come una leva che può giocare un ruolo di primo piano nel recupero di

efficienza, ma anche come motore di cambiamento e innovazione dei servizi sanitari erogati ai cittadini. Tuttavia, proprio mentre si richiede uno sforzo per migliorare le prestazioni di sostenibilità ed efficacia del nostro Sistema Sanitario, gli investimenti in ICT rischiano di subire un rallentamento, se non delle vere e proprie frenate in tutto il Paese. Tutto questo a fronte di uno scenario di partenza, che registra una forte disomogeneità nella spesa ICT tra i Sistemi Sanitari delle Regioni del Nord e di quelle del Centro Sud, come rilevato dall’Osservato-rio ICT in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano. Con riferimento alla spesa ICT sostenuta nel 2011 dalle strutture sanitarie, al Nord si concentra l’87% delle strutture ad alta spesa (superiore a 2 milioni di €), mentre solo il 7% sono nel Centro e il 6% nel Sud e Isole. Significative sono anche le differenze a livello di spesa degli Enti regionali. È sufficiente pensare che il Nord copre oltre due terzi delle spese in ICT sostenute direttamente dalle Regio-ni. Complessivamente, considerando la spesa complessiva per area geografica e l’entità della popolazione residente, ne deriva una spesa ICT pro-capite di circa 31 euro al Nord (per esattezza 34 euro al Nord-Ovest e 28 euro al Nord-Est), contro una spesa di 14 euro al Centro e di solo 12 euro nel Sud e nelle Isole. Ampliando il confronto con altri Sistemi Sanitari eu-ropei similari, tali valori risultano partico-larmente bassi (ad esempio a livello na-zionale la Germania arriva a 36 euro per abitante, la Francia a 40, la Gran Bretagna a quasi 60) ed enfatizzano un rischio da evitare. La forte attenzione a mettere

ICT per rilanciare la Sanità del Sud Italiain sicurezza i conti pubblici italiani si è giustamente tradotta in una pressio-ne alla riduzione delle spese di breve periodo, che potrebbe però innescare, se non ben governata, un pericoloso circolo vizioso in tutti i Sistemi Sanitari Regionali del nostro Paese. In particolare, il taglio indiscriminato delle spese ICT finisce per togliere risorse agli investimenti, an-dando a impattare negativamente sulla qualità dei servizi e delle prestazioni ero-gate. Nelle Regioni del Sud Italia, dove le risorse ICT impiegate sono già insuffi-cienti a garantire il necessario sviluppo e miglioramento del sistema, un’ulteriore

contrazione degli investimenti ICT

rischierebbe di innescare una spirale di deterioramen-to dei Sistemi Sanitari Regionali e di aggravare ancor più il gap con le Regioni più virtuose e i principali Paesi europei. Per uscire da questo “circolo vizioso” occorrono provvedimenti significativi, che agiscano incentivando e sostenen-do una spesa mirata in innovazione, accompagnata da misure che ne facili-tino il coordinamento, la condivisione e l’ottimizzazione. Per rendere quest’azio-ne compatibile con la contrazione delle risorse complessivamente disponibili, è necessario fare tre mosse fondamentali:• definire un piano di lungo periodo

sull’innovazione ICT, che preveda incentivi agli investimenti negli ambiti applicativi chiave, tenendo conto dei necessari prerequisiti e, al contempo, accompagni il

cambiamento attraverso una go-vernance condivisa basata su un elevato grado di coinvolgimento di tutti i decisori del sistema. Ciò consentirebbe di abbandonare la tendenza al “localismo”, per pro-muovere un maggior confronto e collaborazione e cogliere quindi le opportunità insite nello sviluppo di innovazioni e servizi condivisi;

• conquistare il committment degli operatori sanitari, sia interni che esterni alle strutture sanitarie, predisponendo adeguate azioni di formazione e change mange-ment che riducano le barriere e le resistenze al cambiamento e

incentivino l’informa-tizzazione, ricercan-do al contempo il coinvolgimento dei medici nel processo di digitalizzazione e innovazione ICT;•ridisegnare la relazio-ne e le dinamiche di en-gagement dei cittadini, puntando sul coinvolgi-mento e la partecipazio-ne diffusa ai processi di innovazione.Associare, però, una migliore salute dei cittadi-ni con la sostenibilità del Sistema Sanitario richiede un profondo cambiamento culturale a tutti i livelli. E’, infatti, necessario spe-rimentare concretamente nuove modalità di risposta ai bisogni dei pazienti, sia

espliciti che latenti, uscendo da un’ottica ospedale-centrica, per orientarsi mag-giormente verso l’ascolto attivo delle esigenze dei cittadini. In questo quadro l’ICT può passare da strumento di recu-pero di efficienza locale a leva sistemi-ca, in grado di accelerare l’evoluzione verso l’innovazione e la sostenibilità dei Sistemi Sanitari, soprattutto di quelli che partono da posizioni svantaggiate come nel Sud Italia.

Claudio VellaCoresponsabile scientifico, Osservatorio ICT in Sanità, School of Management del

Politecnico di MilanoLuca Gastaldi

Ricercatore, Osservatorio ICT in Sanità, School of Management

del Politecnico di Milano

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Febbraio 2014Febbraio 2014

La dematerializzazione del dato e l’inte-roperabilità dei sistemi dovrebbero costi-tuire, infatti, quelle premesse indispensa-bili per rendere possibile la realizzazione di un efficace FSE.I principi della condivisione del dato clinico-assistenziale dei pazienti si sono più ampiamente diffusi tra i MMG, sia per l’ampia informatizzazione della categoria, sia per la presenza degli istituti contrattuali relativi all’associazionismo professionale, che prevedono la messa in rete dei database ambulatoriali.Esiste ancora il problema della multiva-rietà dei software di cartella clinica, che crea una barriera nell’ulteriore diffusione dei meccanismi di rete informativa. Per rispondere a queste esigenze, è la stessa professione che sta organizzando piattaforme intermedie di standardizza-zione e di aggregazione dei dati (NetMe-dica Italia), creando i migliori presupposti per una massima implementazione dei sistemi di rete e per le necessarie intero-perabilità con le risorse del FSE.

Paolo MisericordiaResponsabile Centro Studi FIMMG

Il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) è stato concepi-to come una collezione di documenti sanitari prodotti, attraverso sistemi informatici, dai medici e dalle strutture sanitarie operanti nel SSN, che assistono e curano i pazienti:

l’obiettivo è quello di fornire, all’atto della sua consultazione, una visione completa ed unificata dello stato di salute dell’indi-viduo, in modo da produrre, quando necessario, le più efficaci ed efficienti strategie assistenziali.E’ previsto che il MMG interagisca con il FSE nella fase di consul-tazione documentale e in quella di popolamento dati. Uno dei documenti di maggior rilievo clinico dell’intero FSE è costituito infatti dal Patient Summary (PS), prodotto appunto dal MMG e dal Pediatra di Libera Scelta (PLS), dove viene raccolta la sintesi clinica del paziente ed aggiornata la sua situazione corrente.Se è lecito attendersi che un sistema basato sulla continuità dell’informazione permetta, intuitivamente, al personale sani-tario di intraprendere le migliori scelte operative, consentendo di escludere inutili ripetizioni di indagini già eseguite, restano alcuni dubbi rispetto alla reale adeguatezza di un sistema infor-mativo non sempre governato dalla attività intellettuale della professione medica. Gli algoritmi di ricerca informatici previsti estraggono dati ed informazioni che non riescono, in modo scontato, a produrre quelle sintesi intelligenti utili ad inquadrare con efficacia e puntualità il quadro clinico dell’individuo. Il documento che dovrebbe risultare cruciale per rappresentare le condizioni sa-nitarie del paziente, dovrebbe essere costituito, come detto, dal PS. Definito come una sintesi clinica, che non può essere creata automatica-mente dal FSE, ma che deve essere sempre frutto di una valutazione professionale, la cui frequenza di aggiornamento va adeguata a discre-zione del MMG o del PLS.C’è, però, da se-gnalare che, a sua volta, il PS viene generato dai data-base dei gestionali ambulatoriali dei MMG in modo automatico, sulla base delle informazioni precedentemente archiviate, con il rischio evidente di produrre dati obsoleti, esi-stendo inoltre la possibilità che il medico non sia così puntual-mente aggiornato dallo stesso paziente sull’evoluzione della propria condizione sanitaria, con la conseguente emissione di un documento inadeguato, se non addirittura “scorretto”.Aspetti, che aprono scenari di evidente responsabilità in carico a chi deve compilare, aggiornare e produrre il PS. E’ auspicabile, dunque, che vi siano prossimi chiarimenti

sull’attribuzione del valore medico-legale di un atto così costituito.Altre questioni rilevanti attengono alla prerogativa, sancita dai regolamenti sulla privacy, che ha il cittadino di impedire l’inserimento, sia nel FSE che nel PS, di singoli documenti o informazioni sanitarie che lo riguardano, o comunque di cancellarne alcune qualora già inserite (oscuramento), potendo evitare anche di farlo percepire (oscuramento dell’oscuramento). Se queste opportunità possono sembrare declinazioni adeguate di un corretto diritto alla riservatezza, è del tutto evidente che, per il solo fatto di essere possibili, esse comportano un marcato depotenziamento della valenza informativa di tutta la raccolta documentale, vanificando l’obiettivo di far diventare questi strumenti risorse vera-mente utili per l’efficacia ed efficienza dei processi. Nessun professionista potrebbe far affidamento, per le proprie de-cisioni, su documenti che potrebbero essere stati oggetto di manipolazioni sottrattive rilevanti. D’altro canto, e forse anche paradossalmente, questi siste-mi di condivisione informativa potrebbero creare una mi-naccia alla specificità e al ruolo di massimo confidente che

il MMG ha da sempre avuto verso il proprio assistito. C’è il rischio, infatti, che que-sti possa percepire, in un medico “costretto” a condivi-dere informazioni massima-mente riservate anche con altri colleghi e strutture, un vulnus nello stesso rapporto fiduciario.Nonostante tali perplessi-tà, l’obiettivo di fornire ai medici ed al paziente una esaustiva raccolta docu-mentale relativa all’indivi-duale condizione sanitaria, è da considerare certamente ambizioso e condivisibi-le. Può essere l’occasione per realizzare finalmente quelle interoperabilità tra

le miriadi di diverse banche dati presenti a vario titolo nel SSN, troppo spesso vincolate da “incomunicabilità”, anche in ambiti dove dovrebbe essere massima l’interconnessio-ne funzionale e l’omogeneità operativa (in un medesimo ospedale, ad esempio). La stessa dematerializzazione delle cartelle cliniche ospe-daliere è lontana dal costituire uno standard operativo, considerando che solo il 6% di esse presenta dati comple-tamente digitalizzati.

FSE. Le valutazioni dei Medici di Medicina Generale

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Negli ultimi 20 anni il tasso di over 80 in Italia è aumentato del 150% (sesto volume dei “Quaderni del

Ministero della Salute”) e si stima che entro il 2030 gli over 65 saranno il 26,5% della popolazione. Insomma, i numeri parlano chiaro: il nostro è uno dei Paesi più longevi al mondo.In questo panorama una delle principali priorità della nostra Sanità è garantire al cittadino anziano - diversamente abile o bisognoso di cure mediche - una assistenza di qualità non solo nelle strutture ospedaliere, dove i tempi di ricovero sono stati drasticamente ridotti, ma anche all’interno del proprio nucleo familiare.I recenti progressi della medicina hanno permesso la deospedalizzazione di un gran numero di patologie proponendo l’assistenza domiciliare integrata (A.D.I.), quale modalità per vivere e gestire la malattia nel proprio ambiente familiare, tra i propri affetti, con una significativa contrazione dei costi sanitari e sociali. Tale scelta però, applicata in modalità massiva e realmente efficace, ha un impatto organizzativo molto forte, con cambiamenti profondi nelle modalità di operare da parte delle professiona-lità medico/sanitarie che implicano il coinvolgimento di team multidisciplinari e multiprofessionali nonché di associa-zioni/cooperative. Ma proprio l’impatto organizzativo può essere ridotto, se la deospedalizzazione è coadiuvata da una maggiore diffusione della digitaliz-zazione, non solo per realizzare sistemi di assistenza a distanza (telemedicina), ma più semplicemente per coordinare, controllare, rilevare, ricevere dal o inviare al paziente, nonché registrare tutti gli in-terventi effettuati sul territorio, minimiz-zando il più possibile i tempi e i costi e insieme fornendo un’attenzione maggio-re all’assistito e alla sua famiglia.In poche parole: rilevare e/o comunica-re dati tempestivamente, facilmente e periodicamente.Infatti, tale sistema di intervento, proprio perché erogato in mobilità e remota-mente, necessita di una serie di facili-tatori, che aiutino il paziente ad avere risposte efficaci e tempestive ai propri bisogni e contemporaneamente offrano al Servizio Sanitario Nazionale la possibi-lità di costruire una base dati integrata in

Il governo sanitario del territorio, la sua corretta razionalizzazione di rete tra aziende e presidi è uno dei nodi del

miglioramento del Servizio sanitario al cittadino. Quali sono gli ostacoli che ancora impediscono di disegnare strategie efficaci?Esistono ostacoli molteplici e di diversa natura. Ne vedo almeno tre: il manage-ment pubblico, le conoscenze e le com-petenze in ambito professionale, deficit infrastrutturali.Difficile pensare che, risolvendo solo uno di questi tre ordini di problemi, si possa giungere ad un governo sanitario del territorio che abbia senso compiuto: non si fa nulla senza manager, professionisti e infrastrutture adeguate.La sfida assistenziale alla cronicità è altro punto nodale nel governo del territorio.

Quale apporto possono dare le soluzioni IT nel mi-gliorare non solo il monitoraggio della cronicità, ma anche i suoi costi?E’ un dato ormai supportato anche da recenti ricerche che l’ICT sia un fattore di riduzione drastica dei costi in Sanità. Il tema della cronicità sarà un ul-teriore elemento di prova di quanto dico, ma bisogna fare attenzione ad almeno due fattori.Innanzitutto, non darei per scontato che il monitoraggio dei pazienti si possa svol-gere solo con l’introduzione di strumenti IT nel processo di assistenza e cura dei pazienti cronici: la tecnologia, senza un

FSE. Digitalizzazione per la deospedalizzazioneLa popolazione italiana, come quella dell’intero occidente, è sempre più longeva. Con l’aspettativa di vita cresce però anche la cronicità delle patologie.

merito agli interventi sanitari e socio-sa-nitari erogati da operatori, che svolgono il loro lavoro fuori dalla struttura ospe-daliera, così come previsto dal Sistema Informativo Sanitario.Ecco quali sarebbero le opportunità:• rilevazione su base individuale dei

pazienti (presa in carico, tipologia di accesso al domicilio);

• dati relativi ai singoli accessi al domi-cilio del paziente da parte di opera-tori coinvolti nella realizzazione del piano di cura (Medici di Medicina Generale, Infermieri, OSS, Assistenti Sociali, Medici Specialisti, Fisioterapi-sti, etc...);

• informativa multicanale sui servizi offerti (accompagnamento, visita assistente sociale ecc.), modalità di accesso ed eventuale prenotazione;

• gestione organizzativa del perso-nale medico, infermieristico, OSS o volontario (notifica turni, segnalazio-ne assenze e presenze, verifica stato servizio, classificazione attività da svolgere per singolo paziente);

• localizzazione del personale infer-mieristico e socio-sanitario;

• comunicazione periodica al medico di dati clinici raccolti quali ad es. temperatura, pressione etc...;

• promemoria automatico visite o assunzione farmaci con inoltro della chiamata, in caso di necessità, direttamente all’operatore sanitario di competenza;

• tele-assistenza, telesoccorso e telediagnosi in multicanalità (dalla video chiamata alla interazione con strumenti clinici).

Inoltre, una forma di digitalizzazione diffusa permetterebbe di verificare, se le condizioni e la patologia dell’assistito lo permettono, diverse modalità orga-nizzative di erogazione delle prestazioni modulando interventi domiciliari costan-ti supportati da una maggiore o minore componente digitale. Con il risultato di una migliore efficienza economica del sistema, un aumento della qualità perce-pita dall’assistito e un aggiornamento in tempo reale della cartella clinica.Le idee e le soluzioni non mancano, l’as-sistenza domiciliare è il banco di prova per un cambiamento possibile e virtuoso in direzione di una sanità non soltanto pubblica, ma realmente al servizio del

cittadino.Le ricadute da un sistema che sia diffusa-mente così articolato sono molte:• riduzione dei tempi di degenza nelle

Unità Operative;• ottimizzazione dei percorsi e della

assegnazione assistiti agli operatori;• aumento delle prestazioni erogate a

parità di operatori impiegati;• implementazione dell’offerta riabili-

tativa e/o infermieristica territoriale ai pazienti dimessi dalla struttura ospedaliera, sia per la quantità, sia per la qualità delle prestazioni erogate;

• maggiore continuità assistenziale tra Ospedale e territorio;

• filo diretto dei familiari con la Sanità;• pari opportunità di accesso alle cure

domiciliari tra aree urbane e aree rurali o disagiate.

Insomma tener conto di quanto offre l’e-Health, in particolare degli strumenti di comunicazione multicanale, oggi do-vrebbe costituire la base su cui costruire il futuro delle pratiche di continuità assistenziale.

Domenico Mezzapesa - AD I-Tel

processo organizzativo efficace, non fa miracoli e non cambia anni di “latitanza” sul versante della telemedicina. Poi, è evidente, nel momento in cui abbiamo processi organizzativi ben strutturati e gestiti, che l’IT può portare a riduzioni di costi significativi, a patto che gli strumenti IT siano in grado di dialoga-re tra loro e far dialogare in modo smart tutti gli operatori del sistema. Nel supermercato dei dispositivi e dei supporti IT c’è di tutto. Mettere insieme il tutto, in modo or-ganico e integrato, dentro un processo organizzativo come accennato sopra, … beh, questo è tutto da vedere.Il Management sanitario è sottoposto a nuovi compiti, come quello di orientarsi più alla sapienza strategica e alla capaci-tà di sapere gestire staff in un contesto di decisioni anche condivise e autonome.

Ritiene che il management attuale sia pronto a questa sfida?Sinceramente no.Ho vissuto tanti anni in quella che desideravo diventasse una community professionale fondamentale per il Paese, ma non solo non è stata sostenuta in questa propria azione di garanzia per il sistema, ma è stata bistrattata a tal punto da non avere più neanche una credibilità interna alle aziende. Nel momento in cui i criteri di selezione e di reclutamento si orientano alla miglior logica di appartenenza politica, i criteri di valutazione sono i meno oggettivi nei processi valutativi, i criteri di sviluppo professionale sono determinati dalle

migliori logiche burocratiche, credo sia difficile (e legato solo alla forza morale e deontologi-ca dei singoli) trovare mana-ger che abbiano la lungimiran-za, la trasparenza, la tenacia necessaria a prendere decisio-ni anche difficili, sostenere i propri professionisti e mante-nere la rotta in un sistema così ricco di contrasti e di conflitti quotidiani.

Perché in Italia, secondo lei, non si riesce ancora a fare sistema per l’inno-vazione, in particolare e-Health? Quali sono secondo lei gli ostacoli che si frappongono a questo sviluppo?In Italia non si riesce a fare sistema su niente: abbiamo una logica da tifosi del “Bar dello Sport” su tutto. Piuttosto che accettare che qualcuno

abbia una soluzione da offrire al sistema che noi non abbiamo, facciamo di tutto perché quella soluzione non sopravviva.Gli esempi sono innumerevoli. Nel campo e-Health, poi, un po’ come in tanti settori della nostra economia, un quadro non meritocratico e un’assenza di mercato (nel senso della trasparenza e dello scambio tra valori oggettivi e riconosciuti) lasciano troppo spazio a im-provvisazioni, ciarlatanerie e sotterfugi.Individuando i limiti, si individuano anche le possibili soluzioni: ci vuole più mercato e più trasparenza nei processi decisionali pubblici. Non è possibile che la maggior parte dei finanziamenti per l’ICT in Sanità non giunga ai prodotti e servizi finali, ma sia trattenuto a vario titolo a foraggiare le varie infrastrutture pubbliche che “gover-nano” il sistema. Poi, ci vuole coerenza tra gli obiettivi di policy dichiarati e le decisioni che si prendono: le prassi delle “grida man-zoniane” non sono ancora purtroppo terminate.

Stefano Del MissierConsulente sanitario

Stefano Del Missier - Consulente sanitario L’ Opinione

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Febbraio 2014Febbraio 2014

La seconda opzione è ovviamente la migliore, ma anche la più diffi-cile. Un nuovo manifesto organiz-zativo culturale s’impone: nulla di

trascendentale e neanche nulla di troppo nuovo, solo la sintesi di ciò che si sa da tanto tempo e che è emerso da molti studi condotti a livello internazionale in ambiente pubblico, settore sanitario incluso, che non hanno però rimosso l’indifferenza del management sanitario. Ma quali sono questi elementi emersi? Vediamoli e lasciamoli alla riflessione senza commenti ulteriori. - La qualità dei servizi che le pubbliche amministrazioni erogano non riscuotono sufficiente attenzione nelle agende dei dirigenti;- Gli investimenti in Information Techno-logy sono potenziali strumenti di incre-mento della produttività, ma trovano un limite significativo nelle limitate capacità di gestione di progetti complessi e nella scarsa disponibilità di competenze spe-cialistiche che ne frenano lo sviluppo. Le capacità non si comprano, ma si acqui-siscono facendo, mentre le attitudini si scoprono operando;- Il miglioramento delle modalità di misu-razione è il driver principale del cambia-mento che sviluppa le competenze. Per attirare, mantenere e sviluppare i talenti che operano “nascosti”, siano essi camici bianchi che colletti bianchi, servono co-raggio e sperimentazione di idee nuove;- La corsa delle amministrazioni è pre-valentemente orientata ad accaparrarsi risorse, ovviamente sempre più scarse, con una limitata attenzione all’analisi costi benefici che si riflette ovviamente sui risultati ottenibili;- Gli strumenti per promuovere il cambiamento rientrano nel perimetro concettuale della gestione strategica del capitale umano e nella possibilità di integrazione e coordinamento tra ammi-nistrazioni pubbliche, servizi e funzioni all’interno della stessa struttura sanitaria, nonché nell’utilizzo di sistemi di Project management;

E’ davanti agli occhi di tutti quanto l’ICT con le sue applicazione sia diventata pervasiva e strategica.Una rivoluzione silenziosa, rapida, che è stata ma-

lamente governata, e lo è ancora, vuoi per la persistenza di pregiudizi culturali sull’innovazione tecnologica in genere vuoi per la vision culturale stessa dei decisori detentori di un background formativo dissimile, vuoi per l’assenza di un piano strategico istituzionale. Una situazione, a tratti sconfortante, che se non fa giustizia del core di particolare rilevanza scientifica e tecnologica ed anche culturale di molta dell’industria italiana di ICT, è comprovata dalle posizioni nelle classifiche internazionali occupate dall’Italia sulla diffusione di connettività, sull’uti-lizzo di PC, sul ritardo “pesante” della P.A. ad implementare servizi digitali al cittadino e a rispondere in maniera snella e duttile ai vantaggi offerti dai sistemi ICT. E’ una situazione nota, più volte sottolineata, e su cui insistere sembra un’at-tività priva di misericordia, come insomma sparare sulla Croce Rossa. Detto questo, la risoluzione di questo deficit rimane urgen-te per il nostro Sistema, che non riesce a “fare sistema”. Se si guarda alla Sanità e al prossimo appuntamento del FSE, la cui realizzazione segnerà nella governance sanita-ria un punto di non ritorno, per le modalità organizzative e culturali che saranno avviate e dettate, non si può non denunciare la debolezza, in generale, di questa percezione nel management sanitario e, in particolare, del top mana-gement. Perché il FSE risulti efficace e diventi uno strumento utile nella prassi sanitaria, c’è bisogno di decisori, culturalmente sensibili, meno legati alle indicazioni politiche di riferimen-to. Decisori che abbiano il coraggio di accettare questa sfida, sostenuta da un orizzonte strategico, valorizzando le risorse di conoscenza e di competenza di nuove figure professionali, (CIO, Ingegneri Clinici, DPO) e riconoscendoli nei loro ruoli e posizioni all’interno dell’azienda.E non come tecnici, ma come risorse strategiche, con re-sponsabilità di progetto e di decisione.

FSE. Valorizzare le risorse di conoscenzae di competenza di nuove figureprofessionali

Lo staff aziendale dovrebbe cioè essere ampliato nella logica di costituzione di un’equipe interdisciplinare e trasversale, in cui governo clinico, gestionale e delle tecnologie si intreccino in una visione di sistema. Si dovrebbe, ad esempio, dare vita, all’interno dell’organigram-ma aziendale, di un Dipartimento delle Infrastrutture tecnologi-che, che riunisca le figure legate agli assett tecnici e tecnologici. E questa è una scelta che, per il suo valore, non può essere la-sciata ancora alle sensibilità locali di questo o quel manager, ma che deve essere indirizzata in modo istituzionale. Non è un caso, ad esempio, che spesso da parte dell’industria si lamenti una domanda sulle nuove tecnologie poco organizzata, insufficiente, deficitaria nelle competenze. E purtroppo meno qualificata nel Meridione d’Italia, anche se vi sono isole di eccellenza, dove anche maggiore è il ritardo d’innovazione. Si comprende perché una tale situazione non può essere lascia-ta all’autodeterminazione, ma governata in modo unitario e strategicamente finalizzato. Anche perché l’utilizzo dei sistemi ICT sta orientando l’erogazio-ne del servizio verso l’appropriatezza e la trasparenza al cittadi-no. Un cittadino sempre più 2.0 e sempre più consapevole dei propri diritti.

Fabio Artenza

Sanità pubblica. Una nuova agenda per il ManagementLa popolazione sta invecchiando, la spesa pubblica sanitaria tendead aumentare e pesare sempre di più sul Welfare State. Il management dalla sanità è chiamato ad una scelta di campo: o esserela continuazione del passato o segnare un punto di discontinuità.

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Febbraio 2014Febbraio 2014

Il CIO è un professionista, di particolare valenza strategi-ca, con un’ottima preparazione orientata sia al Problem solving che specializzata per l’ambito in cui lavora (IT, Tlc, Impiantistica, Controlli). Insieme ad una spiccata propen-

sione al cambiamento.Requisiti, tutti necessari, a fare in modo che l’evoluzione delle risorse informatiche e delle infrastrutture abilitanti i processi siano di sostegno all’attuazione delle politiche strategiche per il Servizio Sanitario.Oggi, il ruolo della programmazione sanitaria è quello di creare servizi che spostino il baricentro dall’ospedale al terri-torio. Per fare ciò va ripensata l’architettura dell’intero sistema informatico aziendale, ottimizzando i flussi delle informazioni e agevolando l’adozione di tali strumenti, anche in contesti in cui finora non è mai entrata la tecnologia.Per realizzare tutto questo, è fondamentale il corretto inse-rimento della figura del Manager dell’ICT nell’ambito delle gerarchie aziendali.Dal 25 gennaio 2011, data di entrata in vigore del D.l. n. 235/2010, la P.A., che aveva già rispolverato con il D.l. 150/2009 i vecchi e buoni principi di meritocrazia, premialità, trasparenza e responsabilizzazione dei dirigenti, con il nuovo CAD rinnova il quadro normativo in materia di amministrazio-ne , definito nel 2005 con il D.L. n.82, aggiornando le regole di riferimento rispetto a un panorama tecnologico in evoluzione.Il Decreto 235/2010 avvia un processo che cerca di svecchiare la P.A., sgrossandone l’apparato burocrati-co, informatizzando i processi, introducen-do un insieme di in-novazioni normative che vanno a incidere concretamente sui comportamenti e sulle prassi delle am-ministrazioni, oltre che sulla qualità dei servizi. La riforma ha il merito di ribadire il diritto del cittadino alla salute e eviden-zia la cogenza degli obblighi per la P.A., stabilendo la validità, anche giuridica, dell’amministrazione digitale.In tale scenario, non serve più, quindi, il semplice informatico che gestisca un CED e ottemperi alle richieste delle Unità Operative più smart, ma un nuovo profilo, quello del CIO appunto. Un professionista, che deve governare azioni strategiche per obiettivi di avanzamento e sviluppo dell’intera azienda.

- L’innovazione quasi sempre passa attraverso la partnership con altri enti pubblici con strutture del settore privato e del settore non profit: è il fare sistema di cui oggi tanto si parla. - La Sanità è quella che, rispetto alle altre pubbliche amministrazioni, si è ibridata di più inserendo nuovi profili professio-nali: figure nuove di manager che stanno crescendo. Nuove culture che arricchi-scono il patrimonio intellettuale di una struttura sanitaria;- Le idee non costano e modificare i com-portamenti per ottenere nuovi risultati costano ancora meno in termini finan-ziari: idee e comportamenti producono grandi risultati senza incremento dei costi;- La Sanità ha un livello di education più alto degli altri comparti pubblici e privati ed un livello di burocratizzazione minore. Tuttavia, va presa coscienza che non è possibile combattere la burocrazia con altra burocrazia. Le norme vanno anticipate e non seguite con la logica dell’adempimento invece che del risultato;- La novità, meglio l’innovazione, è intesa come realizzare cose vecchie e cono-sciute in maniera nuova, ma i risultati che si ottengono non debbono essere conseguiti a scapito di altri soggetti o ambiti della stessa amministrazione o

di soggetti esterni alla stessa. Spesso si chiede ai cittadini e alle imprese di fare ciò che l’amministrazione non vuole e non sa fare. Il cliente della struttura sanitaria per gli aspetti burocratici non può continuare ad essere la stessa amministrazione, va recuperata anche in questo ambito lo spirito di servizio che anima il rapporto con i pazienti. Un incremento della qua-lità dei servizi non deve andare a scapito della riduzione dei costi, la Spending Review, che ormai è diventata struttura-le e permanente, non deve incrinare la motivazione del personale ed il benesse-re organizzativo interno della struttura.

La semplificazione non deve essere una semplificazione di processi interni a cari-co dei cittadino e via dicendo;- La pressione sui risultati che si realizza attraverso la trasparenza ed il coin-volgimento degli Sta-keholder è un elemento che, anche se scomo-do per il manage-ment della sanità, crea di per se già risultato. I manager pubblici debbono imparare a comunicare con i loro Stakeholder;- E’ necessario uscire dalla logica del so-lito confronto tra Sud e Nord. Il migliora-mento non lo si fa per scalare le classifi-che che lasciano il tempo che trovano, ma per ottenere il massimo risultato in condizioni difficili. Tutti sono capaci di vincere il campionato avendo in pan-china i migliori giocatori del mondo; ora anche i manager della sanità, come nel golf, debbono cominciare a misurarsi con l’handicap ambientale ed organizzativo ed i manager migliori sono quelli capaci

di ridurre l’handicap delle loro strutture in poco tempo. Quello che serve è lo spirito dei “mana-ger senza frontiere”: quelli che ottengono grandi risultati gestio-nali operando costantemente in situazioni precarie e difficili;- La crisi in cui versano le imprese private ha fatto sì che si venisse a creare una potenziale riserva di manager privati abituati a combattere e marciare in salita, che possono essere uno stimolo ed un confronto per i manager pubblici della sanità vecchio

stampo. - In tema di risorse finanziarie abbiamo perso tanti treni, non ultimo quello dei Fondi europei.I Paesi europei ottengono 110 a fronte del loro contributo di 100. Noi, a fronte dello stesso 100, otteniamo 20, ma in compenso subiamo sanzioni per ritardi accumulati e per non aver speso i fondi assegnati. I programmi europei 2014-2020 possono essere l’occasione per tra-sformare ciò che oggi è un passività ed un sconfitta organizzativa in una grande opportunità; - Le strutture sanitarie sono grandi aziende di knowhow pubbliche, ovvero

strutture a grande intensità di conoscen-ze, che sono chiamate a bilanciare il knowhow tecnico delle specializzazioni mediche con il knowhow gestionale: si

rende necessario “curare” l’organizzazio-ne per mettere in condizione le strutture di “curare” meglio i loro pazienti”.- Come aziende di knowhow, oltre al patrimonio delle cifre che si legge in bilancio, hanno anche un patrimonio intellettuale intangibile elevatissimo: un patrimonio umano fatto di anni di espe-rienza accumulata in diversi campi della medicina, un patrimonio organizzativo non solo nei reparti ma anche nelle strut-tura amministrative e fatto quindi non solo di protocolli terapeutici, ma anche di procedure amministrative. Ciò che non esiste ancora è la sua misu-razione. E ciò che non si misura non si gestisce e non si migliora;- L’incapacità della politica a vedere lontano unito e spesso lo scarso livello culturale e tecnico che ne è il presuppo-sto, nasconde una trappola: l’alibi per il manager vecchia maniera della santità per nascondere la propria pigrizia men-tale e le scarse capacità manageriali.E tempo di ripensare il ruolo del mana-ger della sanità. Non servono norme, ma solo ripensare gli atteggiamenti soprat-tutto mentali. “….Non possiamo pretendere che le cose cambino se continuiamo a farle nello stesso modo….. E’ nella crisi che na-sce l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato. Chi attribuisce le proprie sconfitte alla crisi, violenta il proprio talento e rispetta più i problemi che le soluzioni. L’unica crisi minacciosa è la tragedia di non voler lottare per superarla”.

Luciano HinnaOrdinario di Economia delle Aziende Pub-

bliche e Non ProfitUniversità Tor Vergata Roma

CIO. Un nuovo Management multiwindows multitasking per la P.A.

Con un mandato così impegnativo il CIO, dunque, deve ope-rare essenzialmente un’analisi di scenario per comprendere i trend tecnologici e sviluppare progetti che abbiano un’aspet-tativa di vita efficace e commensurabile al necessario ritorno dell’investimento. Deve sapere modellare i programmi azien-

dali rispetto all’ottimizzazione delle risorse e realizzarli in un tempo utile a sfruttare al massimo la tecnologia scelta. Ma deve anche programmare l’exit strategy in caso di un qualunque default, definire il budget e, infine, essere in grado di sostenerlo con processi di ingegneria Fondamentale è, poi, l’interscambiabilità con la figura del CTO (Chief Technology Officer). Quando in un’azienda, sono presenti entrambi i ruoli, i compiti vengono divisi in maniera ide-ale dal momento che il CIO è il responsabile dei processi e delle pratiche che gestiscono il flusso di informazioni, mentre il CTO si occupa della tecnologia che sostiene le infrastrutture.Non sempre, però, nella scelta dei CIO, il management si muove sulla base della verifica dei requisiti, ma su scelte di avanzamento di carriera essenzialmente tecnica e spesso ma-turata in un unico contesto lavorativo. Invece, è opinione abbastanza condivisa che il CIO debba essere scelto in forza di competen-ze non solo tecnologiche, ma anche orga-

nizzative e gestionali. Un manager, insomma, multiwindows e multitasking. Certamente non virtualizzato.

Imma OrilioResponsabile Tecnologie Informatiche

ASL Napoli 2 Nord

I tempi cambiano, ma la P.A. mantiene la sua inerzia. E così discutiamo ancora di chi sia e cosa debba fare un Chief Information Officer

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Febbraio 2014Febbraio 2014

La Scienza dell’Informazione ci insegna a trattare i dati ed a far sì che questi possano diventare informazione attraverso un pro-

cesso di interpretazione, che deve essere contestualizzato da chi, per competenza ed esperienza, vive nell’ambito da cui sono stati ottenuti i dati stessi.Concetti, che stentano ad essere recepiti nei diversi ambiti lavorativi e professio-nali, dove si ritiene, invece, che il dato coincida con l’informazione. Tuttavia, l’enorme proliferazione di sistemi automatici ci inducono a dover affrontare con estrema urgenza quello che di fatto è divenuto un problema. I dati sono parte essenziale per la co-stituzione di una base di conoscenza, fondamento di qualunque decisione nei diversi ambiti professionali. Nel mondo sanitario tali aspetti sono ancor più sentiti, dato che i processi deci-sionali impattano sulla salute delle perso-ne. Non a caso proprio in questo settore negli ultimi anni si è avuta la crescita più importante della produzione dei dati. Apparecchiature che, fino a pochi anni, fa rappresentavano dati oggettivi, base per la refertazione, in maniera analogica e non digitale, archiviata su supporto cartaceo, difficilmente trattabile, oggi diventano digitali, veicolabili attraverso le reti ed elaborabili con semplici compu-ter. Un proliferare di dati che determina inevitabilmente un problema, non solo per l’analisi che è necessaria condurre per produrre anche un semplice referto, ma anche per l’elaborazione necessaria a fornire informazioni sia per il controllo di gestione di un’azienda che per gli organi di governo regionali e nazionali. Facciamo un esempio. Quante volte si è sentito parlare di posti letto, della loro disponibilità e dei relativi tagli. Conoscere quanti posti letto abbia una struttura ospedaliera sembrerebbe banale. Una lettura semplificata potrebbe dare origine a interpretazioni viziate se non si valuta la funzione di quale sia lo scopo conoscitivo di tale informazione. Un’azio-ne frutto di un attento lavoro di analisi da parte di chi conosce il contesto, sia or-ganizzativo che tecnico, dal quale viene generato il dato.Ma la conoscenza non è solo di carattere organizzativo, è anche tecnica, laddove i

A partire dall’aziendalizzazione delle strutture sanitarie, che ha introdotto almeno formal-mente la figura del manager,

fino alle più recenti modifiche legate prevalentemente al controllo dei costi, la classe dirigente ha dovuto modificare non solo il proprio modo di lavorare ma anche i propri obiettivi. Come in ogni altra realtà industriale, anche in Sanità il dirigente/manager ha il compito di ge-stire obiettivi spesso contrapposti, quali ad esempio la richiesta di miglioramento continuo dei servizi erogati e la riduzione dei costi di gestione.Considerazioni che applicano preva-lentemente al middle management, l’ambito manageriale significativamente più numeroso nelle aziende sanitarie, ma anche quello più legato ai processi produttivi.Ulteriore peculiarità dell’Azienda Sani-taria è legata al fatto che al suo interno il management è costituito da due aree diverse e con obiettivi “culturali” differen-ti: l’area sanitaria e quella tecnico-ammi-nistrativa.La differente prospettiva delle diverse aree, ed al contempo, la necessità di con-vergere verso gli obiettivi di sostenibilità ed incremento della qualità dell’assi-stenza erogata, ha come conseguenza principale una focalizzazione dell’attività quotidiana di ogni dirigente non più sul solo ambito di competenza ma sull’intero processo gestionale. In particolare, nei processi a supporto dell’erogazione di servizi vi è sempre più la necessità di dare risposta a una cre-scente complessità organizzativa delle strutture sanitarie, risultato della com-

ICT in Sanità: un processo strategico che parte dal cambiamento culturale

dati vengono ottenuti attraverso l’impie-go di sistemi informatici. E’ necessario, infatti, sapere come gli attori del contesto che si sta analizzando registrino i dati e cosa rappresentano nel loro ambito professionale. A fronte di tale contesto, si registra un mancato riconoscimento professionale di queste “nuove” figure professionali, i CIO, conseguenza della debole valutazione dell’ICT, come approccio a sostegno del processo riorganizzativo aziendale. Le ragioni, a mio parere, sono essenzial-mente due. La prima, la più ovvia, è legata alla scarsa capacità di visione strategica del top management, che vede l’utilizzo delle ICT come un costo e non come un inve-stimento strategico con i suoi vantaggi in termini di efficacia ed efficienza. La seconda, più preoccupante, è legata al fatto che il governo delle ICT è divenuto un catalizzatore di interessi, che impedi-sce un corretto sviluppo del mondo della Sanità.

Nelle realtà sanitarie, se l’interesse strategico è quello di creare un’alta specializzazione su una disciplina come la Cardiochirurgia, la prima cosa che si pensa è come reclutare un grande chirurgo cardiologico, un team di medici o una squadra di esperti del settore e infine la struttura logistica e tecnologica da mettere a disposizione. Ebbene nei sistemi informativi accade esattamente il contrario. Si pensa immediatamente al prodotto informatico o più in generale alla soluzio-ne informatica senza pensarla né vederla come un valore strategico per l’azienda e i suoi processi. Ne consegue che il CIO è visto come un ostacolo e non come una figura di mana-gement strategico.Problemi, che vanno radicalmente af-frontati dal punto di vista di una strate-gia “culturale”, che miri a potenziare le professionalità ICT, disegnando percorsi di formazione e di reclutamento coerenti, rendendoli anche capaci di una doman-da più chiara e decisa nei confronti delle soluzioni offerte dagli stakeholder.Il FSE, come la più ampia programma-zione di innovazione digitale nella P.A. condotta dall’AGID, ha avviato ormai un processo di sviluppo, ma anche di riorientamento organizzativo e gestio-nale da affrontare con sistemi aperti e flessibili, ma soprattutto con organizza-zioni interne ben strutturate e pronte a sostenere una sfida di rilevante impor-tanza per il nostro Paese.

Gianpiero GuerrieriDirezione Sistemi Informativi

e Innovazione MEF

Quali Manager per la Sanità che cambia?binazione di diversi fattori.Da un lato va considerato il pro-gresso scientifico nella pratica clinica, derivante da una naturale evoluzione delle conoscenze, dall’ottimizzazione di nuove tecniche diagnostico tera-peutiche. Dall’altro il progresso tecno-logico e la crescente presenza di tecnologie nelle struttura sanitarie, che determina inevitabilmente una crescente esigenza di sicurezza di pazienti ed operatori. In Sanità è ormai consolidato il fatto che i driver principali del cambiamento siano di tipo tecnologico. L’attività pratica (e nei casi più brillanti l’organizzazione) viene più o meno radicalmente modifica-ta dall’introduzione di nuove tecnologie, che tra l’altro presentano un rateo di introduzione sul mercato decisamente elevato. In ogni caso è estremamente evidente l’impatto che le tecnologie hanno sull’organizzazione e, conseguen-temente, sui costi.In questo quadro, risulta chiaro che le figure dirigenziali più propense alla gestione del cambiamento siano quelle che da sempre lavorano più a stretto contatto con la tecnologia: il clinico in riferimento all’area sanitaria, l’Ingegnere Clinico (IC) ed il gestore dell’IT (CIO) sul fronte tecnico-amministrativo. Da questo punto di vista l’Ingegneria Clinica (quindi il settore delle tecnolo-

gie biomediche) e l’IT sono senz’altro le discipline che hanno avuto l’evoluzione più importante, permeando ogni ambito dell’attività clinico assistenziale. In particolare, negli ultimi anni l’inge-gnere clinico più di altri ha modificato il proprio modus operandi spostandosi da un dominio prettamente tecnico (legato alla manutenzione delle apparecchiature, la “scatola”) ad un dominio gestionale in quanto sempre più spesso chiamato fattivamente a contribuire all’analisi dei processi che coinvolgono i Dispositivi Medici, di cui le apparecchiature elettro-medicali fanno parte. Tale evoluzione professionale è legata inizialmente alla gestione dell’impatto economico/organizzativo e più recen-temente, anche alla necessità pratica di integrare il sistema medicale in una struttura più complessa con cui l’appa-recchiatura deve necessariamente comu-nicare per scambiare informazioni utili. Le aziende ospedaliere hanno sempre più la necessità di disporre di una leva di governo dell’innovazione tecnologica, sempre più attenta alle problematiche connesse all’impiego ottimale di tecno-logie, ma prima ancora alla loro corretta introduzione in un contesto “produttivo” appropriato. L’attività svolta da un ingegnere clinico si pone oggi nell’ottica di una strategia tecnologica complessiva, sempre più propensa ad affrontare i problemi con un approccio multidisciplinare. Il prossimo passo di questo percorso ormai iniziato sarà quello di identificare un dominus di questo nuovo modo di lavorare, che contemperi conoscenze tecnologiche, organizzative e di processo clinico. L’Ingegnere clinico è pronto ad affrontare questa nuova sfida organizzativa.

Lorenzo LeograndePresidente AIIC

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A tale proposito, l’attivazione di un sistema RIS-PACS, che consente di acquisire, trasferire o conservare una gran mole

di informazioni consolidate in referti ed immagini, fa nascere l’onere di dover ri-spettare scrupolosamente le misure indi-viduate dal Decreto Legislativo n.196/03 e dai Provvedimenti e Linee Guida di riferimento emanati dall’Autorità Garante per la Protezione dei dati personali, me-glio noto come “Garante Privacy”.Il sistema RIS-PACS, in effetti, è uno stru-mento potentissimo, ma le informazioni che contiene sono, alla luce delle indica-zioni dell’articolo 4, comma 1, lettera d, del Decreto succitato, dati personali di tipo sensibile e il loro trattamento può correttamente avvenire solo attivando in via preliminare le specifiche misure di sicurezza e individuandone le relative responsabilità. Ma ciò non basta, perché tale sistema è, in realtà, alla luce delle in-dicazioni emanate dal Garante Privacy in tema di “Linee guida in tema di Fascicolo Sanitario Elettronico e di Dossier sani-tario - 16 luglio 2009”, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 178 del 3 agosto 2009 - un vero e proprio Dossier Sanita-rio o Fascicolo Sanitario Elettronico. Tali Linee Guida, infatti, individuano come Dossier sanitario l’insieme di “…. diverse informazioni inerenti allo stato di salute di un individuo relative ad eventi clinici presenti e trascorsi, volte a documentarne la storia clinica. I dati personali sono collegati tra loro con mo-dalità informatiche di vario tipo che ne rendono, comunque, possibile un’age-vole consultazione unitaria da parte dei diversi professionisti o organismi sanitari che prendono nel tempo in cura l’interes-sato, qualora tale strumento sia costituito presso un organismo sanitario in qualità di unico titolare del trattamento (ad es. Azienda Sanitaria o Clinica privata), al cui interno operino più professionisti.E per Fascicolo Sanitario Elettronico le stesse Linee intendono “….il fascicolo formato con riferimento a dati sanitari originati da diversi titolari del trattamen-to (Aziende Sanitarie o Cliniche private)”.A tali considerazioni, ne va poi aggiun-

Fascicolo Sanitario Elettronicoe Data protectionUn obiettivo strategico è indubbiamente rappresentato da una corretta gestione e circolazione dei dati personali che contemperi le indicazioni di legge e le esigenze di disporre di informazioni utili a garantire qualità e sicurezza delle prestazioni erogate.

ta un’altra: un sistema di RIS-PACS, che permette di avere veramente, almeno per il percorso sanitario di diagnostica, quell’amministrazione paperless di cui tanto si parla, deve essere gestito nel rispetto anche di tutte le misure del Decreto Legislativo n.82/05, il Codice dell’Amministrazione Digitale, che indi-vidua le azioni necessarie non solo per la creazione, ma anche per la fruibilità e la conservazione nel tempo di documenti e immagini, che per loro natura nascono già esclusivamente in formato digitale. L’omessa adozione delle misure previste dalle due normative, indice spesso di una visione solo tecnica ed organizzati-va dell’innovazione digitale nei sistemi aziendali complessi come, nel caso in oggetto, quello sanitario, se in un primo momento può rendere più veloce e economico la loro attivazione, porta però come possibili conseguenze:1. Il mancato rispetto dei diritti dei cit-tadini e la possibile diffusione e comu-nicazione incontrollata di dati delicatis-simi, con le evidenti ricadute in tema di responsabilità in capo alle organizzazioni aziendali e ai diversi operatori coinvolti nel processo gestionale dei dati;2. Il non poter considerare i documenti nativi digitali, nel caso in questione im-magini e referti diagnostici, come auten-tici, integri e immodificabili nel tempo, cosa veramente rischiosa per documenti aventi rilievo medico-legale. Pertanto, è assolutamente necessario che le Aziende Sanitarie, prima di attivare un sistema RIS-PACS attivino tutte le misure e gli accorgimenti necessari a garantire la rispondenza dello stesso al Codice dell’Amministrazione Digitale e alla nor-mativa sulla protezione e sicurezza dei dati. Esempio di tale processo, per quan-to riguarda il Sistema RIS-PACS dell’Area Vasta Nord-Ovest della Regione Toscana è il percorso, avviato negli anni scorsi da un apposito gruppo di lavoro, coordinato dal responsabile dell’Ufficio Privacy della USL5 di Pisa, che ha individuato le misure necessarie per rendere conforme a legge il suo sistema diagnostico.

Filomena PolitoPresidente APIHM

APIHML’APIHM (Privacy and Information Healthcare Manager Association) è una libera associazione di esperti che vuole riunire coloro che, sull’in-tero territorio nazionale, si occupa-no direttamente o contribuiscono comunque all’implementazione della disciplina in materia di gestione dell’informazione, di protezione dei dati e di sicurezza in ambito sanitario, sviluppandone la crescita culturale e professionale. L’Associazione è un momento di raccordo e confronto dedicato tra i professionisti chiamati ad operare per rendere fruibili i diritti del cittadino in materia di riserva-tezza, trasparenza, identità digitale e sicurezza per gestire, trattare e man-tenere in sicurezza i dati degli Enti Pubblici. Ha la finalità di raccogliere diffondere e sviluppare gli studi, le sperimentazioni, le ricerche e le best practices. www.apihm.it.

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