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Como ecoinformazioni 371 | O TT | 06 Ecoinformazioni da fare • Mensile • Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 ( conv . in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, DCB (Como) • Direttore responsabile Gianpaolo Rosso • Stampa Gr afica Malima TEMA | IDENTIKIT

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ECOINFORMAZIONImensile della provinciadi Como

via Anzani, 922100 Comotel [email protected]

Sede legalevia Anzani, 9 22100 Como

DirezioneAntonia Barone,Gianpaolo Rosso

RedazioneBarbara Battaglia, EmilianoBerti, Fabio Cani, SavianaCamelliti, Elena Capizzi,Luciana Carnevale, MaraCavalzutti, Tatiana Cerutti,Laura De Agazio, Patrizia DiGiuseppe, Francesca DiMari, Chiara Donghi, LauraFoti, Cinzia Funcis, AlbaEletto, Micaela Landoni,Danilo Lillia, MarcoLorenzini, Francesca Nieto,Bruno Perlasca, JormaPeverelli, Paolo Portoghese,Rossella Rizza, AndreaRosso, Lorenzo Sanchez,Manuela Serrentino,Francesca Solera, MicolTummino, Laura Verga,Elena Vinci

Grafica e impaginazioneNatura e comunicazioneComo

Abbonamenti(insieme al mensile Laria)Annuale (12 numeri + DVD):50 euro. Annuale contessera Arci -ecoinformazioni e bollinoAgis: 64 euro. Versare sulccp n. 15767460 intestatoa Associazioneecoinformazioni,via Anzani 9 22100 Como

Proprietà della testataAssociazioneecoinformazioni - Arci

RegistrazioneTribunale di Comon. 15/95 del 19.07.95

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AUTOCENTRATIGIANPAOLO ROSSO

L’identità della politica lariana (e non solo) ruota tutta intorno allla parola“centro”. La sovrarappresentazione di una parte della popolazione attraverso molteliste non potrà che dare pessimi risultati elettorali ai molti, troppi contendenti. Al-l’estrema destra sembra attestarsi solo la Lega Nord (e forse l’inestinguibile Fiammatricolore). Tutto il resto punta alla moderazione centrista. Le novità vengono soprat-tutto dalla casa della libertà che, orfana del potere romano e con tanti “statisti” senzapoltrona, sembra pronta a partorire tante liste quante sono le “anime” della coalizione.Il centrosinistra invece insiste nella strategia di non farsi capire, viaggiando in ordinesparso, dimostrandosi disponibile ad appoggiare liste civiche di centrodestra e impe-gnandosi a proseguire nella propria scelta di produrre “tavoli” assolutamente staccatidalla società reale, alla quale non si si ritiene necessario fare domande o dare informa-zioni. Non c’è alcuna voglia di parlare all’esterno delle gerarchie. Ecco per esempiol’ultimo parto del “tavolo” nel quale sono presenti tutti i partiti dell’Unione e i consi-glieri comunali di minoranza che, chiamato a decidere su Unione si, Unione no, ha cosìsibillinamente concluso i suoi lavori del 3 ottobre: «il giudizio positivo sull’attivitàsvolta in questi anni dall’opposizione [...] genera le condizioni che consentono oggiun’unità sostanziale per dar vita ad un’alternativa credibile all’attuale giunta comuna-le e ad un progetto capace di rispondere ai problemi dei cittadini comaschi». Fortuna-tamente però le cose vanno meglio a Cantù, la città del mobile, dove i tavoli evidente-mente sono migliori, e in Provincia.

IdentikitQuando nel gruppo del Coordinamento comasco per la Pace, su proposta di EmilioArnaboldi, da sempre fulcro dei convegni del sodalizio, è stata avanzata l’idea diaffrontare il tema delle identità nel Convegno annuale del 2006, la scelta ci è sembratasubito giusta. Le identità religiose, locali, parziali sembrano svilupparsi in modo sem-pre più insidioso, fino ad essere il perno che sorregge conflitti, guerre, piccole e grandicrociate. La consapevolezza di identità multiple che arricchiscono e rafforzano il pro-filo individuale di ogni persona e di ogni popolo deve essere al centro della societàfutura.A questo argomento dedichiamo il tema di questo numero ospitando uno speciale di Oltrelo sguardo (una delle riviste edite da ecoinformazioni) dedicato a “Identikit”. Sullo stessotema pubblichiamo interventi di Saverio Xeres, Elena Riva e Maurizio Migliori.

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Il problema dell’inquinamento delLago di Como non può che essererisolto rimuovendo le sue cause pro-fonde, cioè procedendo alla depu-razione delle acque immesse da tuttigli insediamenti umani disposte nelbacino afferente. Non sfugge a nes-suno che tale obiettivo si può risol-vere solo con una strategia comples-sa e di lungo periodo.Nel frattempo, che fare?Semplicemente avviare i procedi-menti tecnici e politici per giunge-re a tale risultato rischia di esseredemotivante, nella misura in cui permolti anni non si avranno risultativisibili e apprezzabili. Ecco dunquel’esigenza di mettere in atto “buo-ne pratiche” in grado di migliorarela qualità dell’acqua del Lario e con-temporaneamente di ottenere effettivisibili e quindi facilmente comuni-cabili e spendibili in chiave di cre-scita della motivazione sociale a unimpegno ecologico complessivo.Una di queste possibilità è stata

Una buona pratica per il Lago di Como: provare a

distribuire gli agenti inquinanti in tutto il volume delle

acque per trovare un nuovo equilibrio e coinvolgere le

popolazioni nell’impegno ecologico | Acqueagitate per bene FRANCESCA SOLERA E FABIO CANI

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sperimentata nell’ambito del proget-to Plinius, messo a punto dal Cen-tro di cultura scientifica “A. Volta”di Como. Complessivamente, il pro-getto Plinius è articolato in noveambiti di ricerca, volti a colmare lelacune conoscitive sulla qualità delleacque e a studiare soluzioni per ilrecupero e la tutela ambientale del-l’ecosistema del Lago di Como. Unodi questi è specificatamente voltoalla sperimentazione di nuove solu-zioni per il miglioramento della qua-lità delle acque.Il progetto Pumping System si pro-pone di utilizzare miscelatori posi-zionati in diverse parti del lago cheriescano a spingere verso il bassobatteri fecali, alghe e nutrienti al-gali, in modo da ridistribuirli inmodo più uniforme in tutto il volu-me acqueo del lago e soprattuttoda indirizzarli in zone dove non pos-sono sopravvivere per mancanza diluce. I miscelatori (che sono, nellafattispecie, grandi eliche) sono col-locati su zattere galleggianti, instal-late in diversi punti del lago, e rie-scono a ottenere notevoli effettipositivi anche per le particolaritàgeomorfologiche del Lario, che è unlago molto stretto e molto profon-do, e quindi dalle acque molto fred-de in profondità (per questo il si-stema di miscelazione, finora speri-mentato in piccoli bacini, può fun-

Pagina precedente• Fioritura di alghe sul Lago di Comonegli ultimi mesi.

In queste pagine, da sinistra• Montaggio dell’elica del sistema dirimescolamento sperimentato sul Lago diComo.• Il posizionamento della stazionegalleggiante al largo di Como.• La stazione galleggiante con il sistemadi pompaggio al largo di Villa Olmo.• La stazione di rilevamento al largo diGravedona.

Fotografie gentilmente concesse dalCentro di Cultura Scientifica “A. Volta” diComo.

zionare anche in un lago di mediagrandezza). Nella fase sperimenta-le, condotta tra il 2 e il 9 ottobre,le stazioni galleggianti sono servi-te anche per monitorare le correntie avere dati in tempo reale non solosugli sviluppi dell’esperimento ma,più in generale sull’ecosistema dellago.Nel presentare il progetto, Jorg Im-berger del Centre for water researchha sottolineato che si tratta solo diun progetto a breve termine pervelocizzare il ricambio delle acquee renderle balneabili, e che per ri-solvere i problemi di inquinamentodel lago di Como è ovviamente ne-cessaria una strategia a lungo ter-mine, già in studio e riguardanteprincipalmente la riduzione degliscarichi inquinanti. Ma la possibili-tà di avere effetti visibili a brevescadenza è importante, secondoImberger, anche dal punto di vistapolitico, poiché l’equilibrio ecolo-

gico di un sistema complesso comeil Lago di Como non può che deri-vare da un processo di “partecipa-zione” progettuale e decisionale daparte delle comunità residenti. Averedelle acque limpide è un obiettivoche si può ottenere con relativa fa-

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cilità, ma che non corrisponde ne-cessariamente a un “bene comune”in assoluto, poiché può derivare dasquilibri a monte, da enormi costisociali, da eccessi decisionistici.Per evitare questi rischi, il progettoPlinius cerca di procedere con cir-cospezione e gradualità. Avviato nelmaggio 2005, coinvolge enti pub-blici e privati (come la Provincia, ilComune, la Camera di commercio diComo, la Fondazione Cariplo), cercacostantemente il rapporto con l’opi-nione pubblica e soprattutto si aprea prospettive multidisciplinari e siimpegna nella verifica preliminaredelle ipotesi di lavoro.Il Pumping System è il primo pro-getto specifico a giungere alla fasedella sperimentazione sul campo.Dopo i primi incoraggianti risultati,si attende l’approfondimento deidati raccolti, sulla base del qualeverranno stabilite le fasi di ulterio-re sviluppo.

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Il depuratore di Como presenta unerrore di localizzazione dettato dalfatto che l’ipotesi di lavoro su cui siè sviluppato il progetto originarioscontava la scarsa esperienza degliamministratori di allora su questiargomenti. Non dobbiamo dimenti-care che la città presentava allorain convalle importanti insediamen-ti industriali tessili: Ticosa, Colora,Pessina, Castagna, Subalpina, Galliecc, la presenza di un depuratorenon era in contrasto con il tipo ditessuto urbano.La città è cambiata, nel corso diquesti trent’anni; le grandi fabbri-che sono scomparse, al loro postoci sono insediamenti prevalente-mente abitativi e sono mutati gliatteggiamenti nei confronti dell’am-biente e della sua qualità.Oggi il depuratore Como Depur chenel corso dei suoi anni di esercizioha contribuito al progressivo risa-namento del primo bacino del lagopresenta tutti i propri anni ed è allapropria massima capacità; e nessu-na amministrazione costruirebbe oamplierebbe un depuratore nei pres-si del proprio centro storico, visto

l’impatto ambientale che un simileimpianto specie delle dimensioni diComo Depur comporta.Ma intervenire per costruire un nuo-vo impianto di depurazione presen-ta costi dell’ordine di milioni di euro.Il costo dell’impianto così com’eranel 1979 era stato di circa 9 miliar-di di lire.Questo è il bivio che una ammini-strazione comunale deve affronta-re.Per far tesoro delle precedenti espe-rienze e con lo stato delle cono-scenze ormai vaste ed approfondi-te in tema di depurazione delle ac-que reflue è necessario, lontano daproclami, annunci, studi di fattibi-lità che seguono improvvisate idee

del momento, riflettere sulle realiesigenze della città di oggi e deiprossimi cinquant’anni.Innanzitutto rivedere con estremaaccuratezza il sistema fognario dellacittà (attività che in parte, ma conrisorse inadeguate, la pubblica am-ministrazione sta affrontando nel-le varie competenze, comune, pro-vincia ecc); completando il servi-zio di fognatura per avere la coper-tura del territorio prossima al 100per cento, separare tutte le fogna-ture miste in nere e bianche, com-pletare tutti gli allacciamenti, rifa-re le fognature vecchie.Rivedere i consumi idrici pro-capi-te e quelli destinati alle attività pro-duttive, commerciali e di servizio,

La localizzazione attuale del depuratore di Como

corrisponde a una città che non esiste più, ma prima

di spostarlo bisogna analizzare le necessità cui il

nuovo impianto dovrà rispondere e avere un progetto

sull’area che sarà liberata dall’abbandono della

vecchia struttura | Depurare ilfuturo ROBERTO CAPRA

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rando che costi di riqualificazionedell’area sono anche abbattimenti ebonifiche del suolo.Le valutazioni sul nuovo depurato-re in caverna così come riportato

dalle cronache locali non rispondealle esigenze sopra elencate, mad’altro canto la città non può con-vivere pacificamente con un impian-to tra Sant’Abbondio ed il Duomo.

prevedere le curve di movimentodella popolazione e delle attività,attivare tutte le forme di risparmioidrico perché l’acqua è un bene col-lettivo. Per esempio se sposto unospedale e le acque che questo com-plesso scarica non recapitano dovedestinate originariamente, avrò unaqualità e quantità di reflui da trat-tare diversi da quelli precedenti.Tutto questo permette con suffi-ciente precisione di conoscere le ca-ratteristiche e le quantità dell’ac-qua che deve essere trattata dal de-puratore.A seconda dei risultati ottenuti sipotrà procedere verso scelte ade-guate.Il dimensionamento di un depura-tore non dev’essere sull’oggi ma suldivenire della città in un orizzontetemporale molto ampio con le tec-niche depurative più efficaci, ener-geticamente intelligenti, a bassoutilizzo di prodotti coadiuvanti.Spostare un depuratore significaanche avere le idee chiare di cosafare dell’area occupata, non trascu-

| Como Depur/ StoriaIl depuratore è il terminale di un sistema complesso che passaattraverso la disponibilità di acque nel comprensorio, i tipi diinsediamenti presenti, le attività industriali commerciali e di servizi, ilsistema fognario, le caratteristiche geomorfologiche del territorio.La storia del depuratore di Como di questi trent’anni è la storia dellaComo Depur, è la storia delle caratteristiche del primo bacino del lagodi Como racchiuso idealmente tra piazza Cavour, Villa Olmo e VillaGeno.

1969-1970 Ipotesi di studio di impianto centralizzato e rapportodell’Unione Industriali

1971-1973 Conferme delle ipotesi da parte della pubblicaAmministazione

1974 Impianto pilota1975 Fondazione di Como Depur e gara d’appalto1976 Stipula della convezione tra Comune di Como e Como

Depur1977 Inizio della costruzione1979 Inizio attività di depurazioneAnni ’90 Interventi di adeguamento

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Il secondo impianto doveva esse-re collaudato nel 2001. Fu approva-ta una variante al piano regolatoreche destinava all’impianto una stri-scia di territorio “libero” (cioè agri-colo e verde, come se l’agricoltura eil verde fossero zone vuote) al con-fine con il comune di Senna Coma-sco e a breve distanza dall’Oasi Wwfdel Bassone, con un decisionismo euna prepotenza tipici della giuntaBotta, e nella campagna elettoraleper l’elezione del sindaco del 1998il tema fu lungamente agitato.Poi più nulla: come per tanti altrigrandi problemi riguardanti il terri-torio, l’atto deliberativo ha solleva-to l’amministrazione dal fare alcun-ché, e si è passati ad altro; le oppo-sizioni, la popolazione di Albate ele associazioni ambientaliste, ve-dendo che tutto taceva, si sono tran-quillizzate, le acque più o menoputride hanno ricominciato a scor-rere nel disinteresse generale, salvoi cittadini che con frequenza varia-bile segnalano l’acqua colorata,schiumosa, puzzolente ...In realtà qualche cosa è successonegli ultimi anni: la provincia diComo, responsabile dei controlli inmateria di “risorse idriche”, ha avu-to a disposizione elementi sufficien-ti per multare pesantemente il co-

mune di Como e costringerlo ad ac-celerare il risanamento di un siste-ma fognario in gran parte risalentea molti decenni fa; di ciò si sonoaccorti gli automobilisti per i lavoristradali dapprima nella zona est, poinella zona sud della città.Ma che cosa è stato del progetto?

In applicazione di una direttiva eu-ropea del 1991, la regione Lombar-dia ha assunto, sulla base delle in-formazioni e degli studi apposita-mente commissionati, un orienta-mento ben preciso e consolidato: illago di Como è una grande riservadi acqua utilizzabile a scopo pota-bile, una “risorsa idrica”, come or-mai si dice con un linguaggio chescopertamente tratta la natura in-tera come un insieme di beni in at-tesa di essere trasformati e scam-biati come merce. Per questo deveessere tutelata in modo prioritariorispetto agli altri laghi della pro-

vincia, per questo i corsi d’acqua,in primo luogo i più degradati (Breg-gia e Cosia) che lo alimentano de-vono essere risanati prima degli al-tri. Tutto ciò ha comportato da unlato studi e approfondimenti scien-tifici da parte dell’Agenzia Regiona-le per la Protezione dell’Ambiente edi vari istituti universitari, dall’al-tro la scelta di eliminare lo scaricodel depuratore di Como nel Cosia equindi nel lago per la costruzionedi un nuovo impianto, dotato di di-mensioni più estese e tecnologie piùavanzate, nel versante del torrenteSeveso, destinato a diventare unvero e proprio collettore fognarioprovinciale, ricevendo già gli scari-chi di due grandi depuratori più asud. Le obiezioni mosse da chi siera opposto a questa scelta riguar-davano sia l’impostazione comples-siva data dalla regione (tutti gli sca-richi in un fiumiciattolo) sia la col-locazione dell’impianto nuovo, cheappariva un’invasione ulteriore del-le poche aree agricole e naturali ri-maste sul teritorio comunale.

Qualcos’altro è successo: anche sulpiano della gestione delle acque, ein particolare della costituzione del-l’”ambito territoriale ottimale” (Ato)in applicazione della legge Galli, laprovincia di Como ha dimostrato diessere più lenta e inconcludente diquasi tutte e province italiane. Lasituazione è così incerta, che neldubbio tutti i progetti di adegua-mento degli impianti e risanamen-to delle acque sono fermi da anniin attesa di vederci più chiaro: cisarà un gestore unico, costituito daigestori esistenti unificati? o uno diloro farà la parte del leone? o arri-verà una società estera per lucraresulle acque del nostro territorio?Entro il prossimo mese di dicembrela situazione dei gestori dovrà es-sere obbligatoriamente definita, poici sarà la gara. Nel frattempo le ac-que scorrono più o meno come pri-ma, i progetti inattuati si accumu-lano, le norme si fanno più severe(limiti più restrittivi per l’azoto sca-ricato anche fuori dai bacini lacua-li, eliminazione delle sostanze pe-ricolose dai corsi d’acqua). E nümspècium ...

La discussione sul nuovo impianto di depurazione di

Como, che avrebbe dovuto prima affiancare e poi

sostituire quello attuale di viale Innocenzo XI, ha avuto

tra gli anni 97 e 98 ormai del secolo scorso

un’accelerazione straordinaria: da un momento all’altro si

doveva decidere dove farlo, anche contro il parere della

popolazione, avviare il cantiere e metterlo in funzione |Dov’è finito il depuratoredi Albate? ERMANNO PIZZOTTI

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Secondo i Giovani in movimen-to fuori dalle mura, gruppo politiconato in seguito al ferimento del gio-vane cingalese, nei sei mesi passatila questione ha fatto in tempo aduscire dalle aule del consiglio co-munale, e a diventare poco più diun ricordo nella memoria della po-polazione cittadina.«Nulla è cambiato» è stato lo slo-gan dell’assemblea organizzata gio-vedì 21 settembre dal movimento,in cui i componenti del gruppo sisono interrogati su come prosegui-re il loro cammino di protesta con-tro l’amministrazione comunale;«Nulla è cambiato» lo slogan cheha accompagnato anche la manife-stazione del 30 settembre organiz-zata dal movimento, con cui gli ade-renti hanno voluto denunciare larepressione in atto nel capoluogolombardo. Sono stati ricordati imomenti in cui la repressione hacolpito giovani e movimenti. È ilcaso dello sparo a Rumesh, ma an-che di altri fatti quali quelli del 5novembre 2005, quando venne de-nunciato un gruppo di antifascistiper essersi spontaneamente riuniti

Sono passati sei mesi dalla tragica notte del 29 marzo in

cui Rumesh Raigama Achrigeno venne ferito alla testa da

un colpo esploso da un agente del nucleo investigativo

della polizia locale di Como | Città armatae smemorata EMILIANO BERTI

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in un “contro-corteo” in risposta aduno della Fiamma tricolore, o del 18febbraio 2006 dove manifestantiaggrediti da un gruppo di naziskinvennero identificati, mentre agli as-salitori fu permesso di dileguarsi.Il corteo che ha attraversato la cit-tà, animato da circa duecento per-sone, ha scatenato le polemichedell’assessore Fulvio Caradonna, cheoltre a considerazioni di merito sullamanifestazione, ha rilasciato unadichiarazione in cui minacciava de-nunce contro gli organizzatori perdue scritte dipinte con lo spray suimuri della palestra Mariani di viaSauro. La risposta degli organizza-tori a questa presa di posizione èstata: «Abbiamo attraversato le viedi Como con un corteo di centinaiadi persone, per ricordare alla cittàquello che è accaduto e perché nonaccada mai più né a Como né altro-ve. L’unica risposta che abbiamoavuto è la minaccia dell’assessoreai lavori pubblici di denunciare gliorganizzatori per alcune scrittecomparse lungo il tragitto. È Chia-ro l’intento di far tacere ogni legit-tima critica all’operato della giun-ta, distraendo l’attenzione pubbli-ca dai reali contenuti della manife-stazione».

Devolution piratescaAnche le iniziative sviluppate dagliesponenti di Rifondazione comuni-

sta sembrano senza risultato. L’’in-terrogazione parlamentare presen-tata per ottenere l’intervento delministero dell’interno affinché scio-gliesse il nucleo investigativo dellapolizia locale ha ricevuto un sostan-ziale no dal governo. La risposta delvice ministro Marco Minniti al do-cumento proposto da FrancescoGiordano ha deluso le aspettativedi firmatari e aderenti al partito.Minniti infatti ha ricordato nella suarisposta come la Costituzione pon-

ga sullo stesso piano Regioni, Pro-vince e Comuni, ovvero come lo sta-to non abbia competenza in mate-ria di organizzazione del servizio diPolizia municipale; Inoltre ha sug-gerito il rinvio di ogni giudizio altermine delle indagini penali. Gior-dano ha stigmatizzato la risposta diMinniti: «Anche se sono in corsoindagini giudiziarie, tutto ciò nonci esime da un giudizio molto nettosull’utilizzo di questi “nuclei di si-curezza”». Di eguale avviso gli espo-nenti locali di Rifondazione e i Gio-vani comunisti, che alla conferenzastampa del 3 ottobre, hanno defini-to il “nucleo di sicurezza” «una mi-naccia, una misura repressiva asso-lutamente sproporzionata ad un pro-blema artatamente ingigantito». IlPrc di Como e I Giovani comunistihanno inoltre programmato un in-contro sul tema della pubblica sicu-rezza e delle politiche giovanili aComo per sabato 11 novembre alle20.30 in Via varesina 1/a, al qualeinterverranno Heidi Giuliani, madredi Carlo, il manifestante ucciso alG8 di Genova nel 2001, Patrizia Al-drovandi madre di Federico, il ra-gazzo morto a Ferrara nel settem-bre 2005 in circostanze oscure dopoun fermo di polizia, e Nilanti Achri-ge madre di Rumesh, il ragazzo fe-rito a Como il 29 marzo scorso.

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Una nuova via alla democrazia attraverso differenti percor-

si di partecipazione alla gestione della cosa pubblica. È

l’idea illustrata nell’incontro organizzato dall’Arci il 6 otto-

bre alla Ca’ d’Industria Federalismo municipale e partecipa-

zione, verso l’assemblea nazionale dei Nuovi municipi

| Federalismo solidale FRANCESCA SOLERA

‹‹Fare uscire la politica daipalazzi e dai luoghi di potere! Ènecessario un dibattito ampio ecoinvolgente per creare strumenti dipartecipazione attiva della popola-zione nell’amministrazione della

cosa pubblica, al di là delle ipocritepromesse pre-elettorali››. Così Da-nilo Lillia ha introdotto l’incontroFederalismo municipale e partecipa-zione, verso l’assemblea nazionaledei Nuovi municipi, organizzato dal-

l’Arci in collaborazione con l’asso-ciazione Rete nuovi municipi venerdì6 ottobre alle 21 alla Ca’ d’industriadi Como.Come ha spiegato Salvatore Amura,coordinatore nazionale dell’associa-

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zione e assessore del Comune di Pie-ve Emanuele, l’associazione Retenuovi municipi, un insieme di co-muni, province e regioni, associa-zioni nazionali e locali, organizza-zioni del territorio (come comita-ti), laboratori universitari e centridi ricerca ‹‹si propone come luogoper ragionare di pratiche, non diideologie››. Un luogo quindi in cuidiscutere di federalismo municipalee solidale e di politiche partecipa-tive nelle realtà locali, in vista dinuove pratiche da realizzare nellapubblica amministrazione. ‹‹La baseda cui partire è certamente la circo-lazione delle idee, la diffusione diinformazioni, il confronto tra le dif-ferenti modalità di azione ipotizza-te, con il supporto indispensabiledei laboratori universitari per met-tere così la ricerca a disposizionedei processi sociali›› ha aggiuntoAmura, facendo anche presentecome obbiettivo della Rete sia an-che il dialogo con la politica e leistituzioni perché adottino sceltediverse nella gestione del patrimo-nio pubblico.Giorgio Ferraresi, docente di Urba-nistica del Politecnico di Milano,uno dei principali riferimenti scien-tifici del sodalizio, ha rivendicatol’importanza politica e sociale dellaRete: ‹‹In un momento di crisi so-ciale della democrazia, in cui i cit-tadini sentono di non avere poteredecisionale sui provvedimenti ri-guardanti la propria vita, una pos-sibile risposta alla volontà espressadalla popolazione di partecipare algoverno della realtà locale è giuntadalla Rete nuovi municipi››. Ferra-resi ha infatti chiarito che la Retepropone di dare parola direttamen-te al “popolo” e alle forme di auto-organizzazione che si generano dovela politica non arriva, anima una ri-costruzione democratica che iniziacon la partecipazione attiva dellapopolazione nella cellula fondamen-tale della nostra complessa struttu-ra istituzionale, la realtà municipa-le da sempre al centro della storiaitaliana. ‹‹Il messaggio legato aquesta idea di cittadinanza attivanon è neutrale›› ha continuato Fer-raresi evidenziando come nella co-struzione di nuove forme democra-

tiche bisogna tenere presente l’at-tuale crisi dell’idea stessa di svilup-po. La differenza come valore e illimite delle risorse a disposizionedell’uomo sono le linee guida stu-diate dalle università più prestigio-se e sostituiscono in toto le teorieche sono state la base di capitali-smo e socialismo per secoli, a cuisono legate le forme di organizza-zione sociale odierne.Tornando alla politica italiana Fer-raresi ha espresso la distanza dellaRete da ogni forma, anche masche-rata di centralismo: ‹‹Il federalismomunicipale che proponiamo è diver-so da quello della Lega lombarda chevuole togliere allo stato delle com-petenze ma in un’ottica in cui tuttoviene deciso sempre dall’alto››. LaRete nuovi municipi intende pro-muovere un federalismo partecipa-

to, ovvero partire dalle capacità diautogoverno del territorio costruen-do dal basso lo stato.Nel dibattito Carlo Cattaneo ha sot-tolineato il ruolo di rete che le Pro-vince possono avere in una realtàdi federalismo municipale. GiulioIsola si è dichiarato scettico su taleipotesi e ha ricordato la necessitàdi un forte impegno culturale perpreparare le persone ad entrare nel-le istituzioni mentre Maria Ambro-soli, ha sottolineato la scarsa vo-lontà di partecipazione dei cittadi-ni comaschi.Nella replica Ferraresi ha osservato:‹‹Il ruolo delle province, proprioperché ormai debole, può riconfigu-rarsi sulla rete dei comuni, è unapossibilità in più››, ‹‹gli abitantisono competenti riguardo il proprioterritorio e le proprie esigenze».

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L’ISOLA CHE C’È

Riduzione di imballaggi inutilida parte dei sistemi produttivi perquantità e ottimizzazione della qua-lità, politiche municipali di smalti-mento della spazzatura basate sullaraccolta differenziata e responsabi-lizzazione dei cittadini. Sono statiquesti i nodi principali riassunti sa-bato 16 settembre a L’isola che c’èdal deputato del Prc Paolo Cacciari,ex assessore dell’ecologia al Comu-ne di Venezia, nell’incontro-dibatti-to, moderato da Pietro Raitano diAltreconomia, Quali politiche locali digestione dei rifiuti?Il futuro di ciò che gettiamo infattirimane strettamente legato alla no-stra vita quotidiana per il modo incui lo facciamo. Il sistema più sbri-gativo è l’inceneritore, che permetteinoltre di ottenere almeno un recu-pero energetico dalla combustione deirifiuti ed evita l’accumulo di mate-riali nelle discariche (dove finisce inmedia il 70 per cento dei rifiuti) cheprovoca esalazioni di metano, ancorpiù dannoso dell’anidride carbonica.Così ha sostenuto Stefano Caserini delPolitecnico di Milano, esponente dellaRete Lilliput di Lodi e studioso del-l’impatto ambientale ed energeticodegli inceneritori, tema rilevante dalmomento in cui in Italia ve ne sonoben 48, una decina sono in costru-zione e 55 sono le richieste effettua-te per l’edificazione di strutture ditermovalorizzazione. Caserini non cri-minalizza gli inceneritori e a chi ob-bietta che producono diossina rispon-de assicurando la frequenza e l’accu-ratezza dei controlli sull’emissionitossiche. A questi rilevamenti per ilrelatore sfuggirebbero solamente lenanopolveri, così dette perché trop-po piccole per essere verificate con

portanza di creare automatismi com-portamentali nei cittadini tramite unatariffazione sulla quantità di spazza-tura prodotta, un modo sicuramenteefficace per far acquisire maggior con-sapevolezza. Secondo Ercolini infat-ti: «occorre vedere e lavorare la ridu-zione dei rifiuti almeno da tre punti:dall’origine, dalla raccolta e dal trat-tamento/ smaltimento».Un sistema simile è stato sperimen-tato a partire dagli anni ’80 a Mase-rada sul Piave, Comune Ricicloned’Italia 2006. Nel paese in provinciadi Treviso i classici cassonetti stra-dali aumentavano proporzionalmen-te di volume con l’incremento de-mografico e il Piano regolatore del-la provincia di Treviso non permet-teva la costruzione di discariche einceneritori.Nei comuni interessati il ConsorzioPriula, rappresentato al dibattito daMonica Galli, i cittadini ricevonoperiodicamente contenitori per laraccolta differenziata di plastica,carta, vetro, lattine, erba e un sec-chiello per l’umido che permette laproduzione di compost. Sono fre-quenti nel territorio i contenitori per

Tra Rifiuti zero e difficoltà di farla finita con gli inceneritori il dibattito Quali politiche

locali di gestione dei rifiuti? di sabato 16 settembre a L’isola che c’è ha permesso il

confronto di posizioni diverse | Tra diossine enanopolveri SAVIANA CAMELLITI E CHIARA DONGHI

gli strumenti ordinari. Caserini haproposto un sistema integrato cheaffianchi alla raccolta differenziata gliinceneritori, là dove effettivamentesiano utili, come ad esempio nellegrandi città, il tutto sotto costantemonitoraggio.Al problema rifiuti ci sono certamen-te soluzioni più radicali ed efficaciche prevedono però almeno un pic-colo sforzo da ognuno di noi parten-do dal primo anello di produzione ri-fiuti, ovvero, cos’è la spazzatura pri-ma di diventare tale? È un imballag-gio di una merendina, è una botti-glia di plastica, è una lattina. Quindiun appassionato Rossano Ercolinidella Rete nazionale rifiuti zero haproposto di partire proprio da questopunto: evitare confezioni dove pos-sibile, produrre bottiglie per l’acquasolo in vetro o almeno ridurre al mi-nimo la quantità di plastica utilizza-ta, distribuire sacchetti in plasticasolo a pagamento per scoraggiarel’utente e produrre imballaggi in ma-teriali riciclabili come il mater-bi, diorigine vegetale. Poiché l’incenerito-re incoraggia la produzione di rifiuti,Ercolini ha sottolineato inoltre l’im-

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Dodicimila visitatori, 160 realtà dell’economia

solidale presenti, 3000 copie delle Pagine

arcobaleno distribuite. Questi i numeri della terza

edizione de L’isola che c’è, fiera dell’economia

solidale e del consumo consapevole che si è

svolta sabato 16 e domenica 17 settembre nel

parco comunale di Villa Guardia dove, sotto un

cielo sereno contro ogni previsione si è snodato

un coloratissimo corteo di visitatori, espositori e

iniziative | L’isola c’è

Migliaia di visitatori hanno partecipato alla terza edizio-ne de L’isola che c’è, fiera provinciale dell’economia solidale e delconsumo critico. Forse grazie al tempo che, contro ogni previsio-ne, si è mantenuto clemente, forse grazie al fatto che la Rescomasca sta diventando un reale punto di riferimento per i sog-getti economici e i consumatori, le giornate di sabato e domeni-ca hanno visto un’ininterrotta teoria di persone che hanno visi-tato la kermesse.Anche quest’anno è stata particolarmente consistente la presen-za dei bambini che hanno partecipato alle numerose iniziativepensate per loro, ma anche gli adulti hanno affollato gli incontriin programma: oltre ai dibattiti, ai seminari e ai laboratori diautoproduzione, sono stati previsti spazi per la degustazione diprodotti e la presentazione di progetti di alcuni soggetti checompongono la rete di economia solidale lariana.L’edizione 2006 ha anche incrementato il numero delle realtàeconomiche e di volontariato coinvolte: sono state centoses-santa, di cui centotrenta presenti con uno spazio espositivo.Ciascuna di esse è stata censita nella rinnovata edizione dellePagine Arcobaleno, di cui circa tremila copie sono state distribu-ite agli ingressi.L’allargamento della rete è avvenuto anche grazie a Primaverafe-sta, festa provinciale del volontariato e della cooperazione co-masca, che ha rinunciato al tradizionale spazio espositivo diinizio estate per unire le proprie iniziative a quelle de L’isola chec’è.Il successo della terza edizione della manifestazione non è solodovuto ai suoni, colori, sapori della fiera, ma anche alla maggio-re attenzione delle persone ai temi della solidarietà e a un mo-dello economico più equilibrato ed eticamente accettabile. [Fran-cesca Di Mari]

pile e farmaci. Il rifiuto secco chenon può essere riutilizzato in alcunmodo al ritiro viene contabilizzatoe i dati vengono memorizzati per-mettendo all’utenza di verificare siache la raccolta venga fatta adegua-tamente sia che si stia pagando unatariffa equa, che prevede un contri-buto annuale fisso per il servizio piùuna quantità di denaro pari allaquantità di secco prodotta, con lariduzione del 30 per cento per chiutilizzi come fertilizzante il propriocompost. Il tutto comporta costipiuttosto contenuti: in media 141euro annui a famiglia. Il serviziooffre inoltre la possibilità di usu-fruire di “ecosportelli” a cui rivol-gersi per ogni dubbio, un “ecoca-lendario” con le date di ritiro deirifiuti e un periodico di informazio-ne sul tema e sull’andamento delprogetto.I risultati: la quantità di rifiuti èdiminuita dai 440 kg per nucleoabitativo del 2000 ai 366 del 2005,di cui 89 di secco rispetto ai prece-denti 321. Quella di rifiuti differen-ziati è invece passata in percentua-le dal 27 per cento al 75 per centosenza contare i “benefici nascosti”ovvero quelli economici ed occupa-zionali, con l’aumento di operatoriecologici e la possibilità di offrireuna professione anche a personedisabili.Gli interventi successivi hanno por-tato altre testimonianze di politi-che di raccolta territoriale. Licia Vi-ganò, sindaco di Orsenigo e Arrighiex Assessore all’ecologia di FinoMornasco si sono dimostrati favore-voli alla raccolta porta a porta.Nel dibattito, il sindaco di AppianoGentile, Domenico Giusto ha fattonotare che anche raggiungendo altepercentuali di raccolta differenzia-ta resta comunque uno scarto chedeve necessariamente essere depo-sitato da qualche parte. Quindi in-ceneritori e discariche servono. For-temente orientato invece al versantedella riduzione dei rifiuti MassimoPatrignani, consigliere provincialedel Prc, ha assicurato che in pro-vincia si riparlerà del recupero ri-fiuti e ha affermato che si dovràtenere conto anche dei suggerimentiemersi a L’isola che c’è.

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Caminante, son tu huellas el camino, y

nada mas | In camminocon i contadinidell’Honduras FILIPPO PALLOTTA

cosa potevo fare, cosa potevo darea quella gente la cui esistenza è lot-ta.Quando le parole non bastavano acapire, c’erano i sorrisi, gli sguardidi quelle donne e uomini che han-no voluto condividere con me spe-ranze e delusioni.Allora insieme ci si accorgeva di nonessere soli, che il cambiamento sinutre delle comunità di persone cheinsieme osano resistere. Perché ilfuturo è di chi lo sa osare.Osare, sognare, lottare.L’aver vissuto con quelle persone miha fatto contemplare quanto pos-sano essere difficili certe strade, macome allo stesso tempo siano per-corribili se si resta vigili ed attentia quello che succede, se si è capacidi essere aperti, se si ha il coraggiodi camminare insieme.Da laggiù continuano ad arrivarestorie di liberazione e lotta, raccol-te da un gruppo di giovani riunitinel Cica (Collettivo Italia CentroAmerica) e che provano a dare vocealla gente, anche attraverso il sitowww.puchica.org.L’oceano mi separa ora dalla comuni-tà e spero di attraversarlo ancora.Spero di tornare su quella terra, inascolto di un cammino che si fa vita.

1 Ringrazio mia moglie Chiara per la poe-sia, la saggezza, la tenerezza, la forza concui ha saputo rileggere una mia esperien-za che è stata anche sua; per avermi pre-stato parole piene e vive per raccontareuna parte intensa della mia vita; per averfatto nascere, da un tempo vissuto insie-me, un desiderio di futuro condiviso.

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«C’era una volta, ne-gli anni Ottanta, un pezzo di terra.C’era già prima, ma in quel tempoquesto spazio si chiamava Crem,ovvero Centro regional de entrania-miento militar (Centro regionale diaddestramento militare).Lì, ufficiali nordamericani addestra-vano truppe honduregne, salvado-regne e nicaraguesi per la contro-guerriglia negli stessi paesi centro-americani.Siamo abituati a pensare che i pez-zi appartengano ad un intero. L’in-tero del pezzo è la terra dell’Hondu-ras. Gli spazi hanno nomi che pos-sono cambiare.Con il nome, può cambiare chi livive.Oggi questo pezzo di terra si chia-ma “Comunità Guadalupe Carney”.Lì, seicento famiglie vivono riunitenel Movimiento Campesino dell’Aguan(Mca)»1

Sono arrivate da vari angoli del pa-ese. Contadini che esigono una ter-

ra che spetta loro di diritto in basealla Riforma agraria, ma che nel frat-tempo è stata illegalmente occupa-ta da alcuni grandi proprietari ter-rieri. La notte del 14 maggio 2000,sotto una pioggia scrosciante e leraffiche di mitra degli occupanti, piùdi tremila persone entrano in quelpiccolo lembo di Honduras.E sono ancora lì, dopo sei lunghianni vissuti in un faticoso cammi-no per la giustizia.La gente si lascia accompagnare lun-go questo cammino.Per alcuni anni l’Mca ha gioiosamen-te accolto alcuni volontari che han-no condiviso la sua vita, le sue con-traddizioni, la sua lotta. Ho vissutoall’interno della Guadalupe per cir-ca un anno. La piccola champa doveabitavo, una capanna di palme eterra che i contadini hanno costru-ito per gli ospiti, ha ascoltato tan-te storie: momenti difficili, in cuilo stomaco mi si è lacerato davantiagli assurdi di un’ingiustizia cheprendeva forma e diventava realenelle sofferenze della gente; mo-menti felici, al ritmo delle risate deibambini, di una speranza da cerca-re e costruire giorno per giorno.In quei mesi ho accompagnato ilprocesso organizzativo delle strut-ture autonome del Movimiento, ap-poggiando anche la gestione di al-cuni progetti produttivi. Ma ho pro-vato soprattutto ad immergermi inquel contesto, ritrovandomi spessoad affogare davanti ad una realtàtroppo complessa. Mi sono scoper-to debole ed insicuro a chiedermi

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31sono le vie cittadine nonancora collegate alla retedel gas. Le caldaie delleabitazioni vanno per lo piùa gasolio contribuendo cosìa peggiorare la qualitàdell’aria. (La Provincia 2/10/06)

2gli anni di chiusura totaledel dialogo tra il sindacoStefano Bruni e il portavocedella comunità islamica diCamerlata Safwat El Sisi.(Corriere di Como 6/10/06)

64le aziende comasche chehanno scelto l’agricolturabiologica, rinunciando ainsetticidi e a parte deiprofitti per un diversorapporto con la natura. (LaProvincia 26/09/06)

12per cento è la partedell’immigrazioneextracomunitaria comascache vive nel territorio daoltre 15 anni. (La Provincia26/09/06)

21.112euro è la cifra che ilcomune di Como pagheràall’ex sindaco Alberto Bottaper le spese legalisostenute durantel’inchiesta della Corte deiConti sul tunnel delBorgovico. (La Provincia26/09/06)

331sono le attività che fannoparte dell’industria dellabellezza nel comasco. (LaProvincia 18/09/06)

2.000circa le firme raccoltedall’associazione Incroci perchiedere la realizzazione diun dormitorio pubblicopermanente a Como. (LaProvincia 4/10/06)

3.500le persone che lavorano aComo nell’ambito dellasanità privata rimaste senzacontratto. (Corriere di Como23/09/06)

2010sarà l’anno in cui per laGiunta di centrodestra senon vi saranno intoppil’area ex Ticosa avrà unparco, un albergo, unmuseo e altre abitazioni espazi commerciali. (LaProvincia 19/09/06)

3sono le telecamere percontrollo e prevenzionefurto installate all’istitutoscolastico Pessina daquest’anno, come già hannofatto Caio Plinio e MagistriCumacini. (ciaocomo 28/08/06)

18.000euro è il costo dellospettacolo pirotecnicoallestito per la chiusuradella mostra su Magritte il17 Luglio. (La Provincia 07/09/06)

55mesi è il tempo massimostabilito da un contrattocon tanto di penali pereseguire l’intervento sullaTicosa. (La Provincia 09/09/06)

193gli euro di multa che lacomunità musulmana hadovuto pagare per avermontato il tendone per ilRamadan a Muggiò, conl’aggiunta di una diffida.(La Provincia 26/09/06)

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20le aree cittadine che ilComune rimetterà a nuovoentro la primavera prossimatra parchi, giardini e zonegioco. (La Provincia 29/09/06)

29sono gli uffici pubblici cherimarranno aperti anchenella pausa pranzo ognimercoledì a Como periniziativa del Comune. (LaProvincia 28/09/06)

10.000euro è il budget offertoall’assessore Sergio Gaddidal Comune per giraremusei e collezioni private alfine di organizzare laprossima mostra a Como.(La Provincia 28/09/06)

492.940sono i quintali di rifiutiprodotti dai civili nel 2005a Como. (Relazioneprevisionale eprogrammatica 2006-2008del Comune di Como)

156sono i chilometri di retefognaria bianca a Como nel2005, 147 quelli di nero e 8quelli di mista. ( Relazioneprevisionale eprogrammatica 2006-2008del Comune di Como)

9gli asili nido nel comasco,per un totale di 480 posti. (Relazione previsionale eprogrammatica 2006-2008del Comune di Como)

2.285le aziende artigianeoperanti a Como al 31/12/04 in aumento di 271 unitàrispetto all’annoprecedente. ( Relazioneprevisionale eprogrammatica 2006-2008del Comune di Como)

180 .000circa sono i pensionati inprovincia di Como. (LaProvincia 20/09/06)

2.456è il numero dei posti autonei parcheggi non apagamento a Como. (LaProvincia 19/09/06)

5i nuovi insediamenticommerciali e artigianaliche sorgeranno vicino almultisala di MontanoLucino. Per i lavori sonostati anche deviati itorrenti Seveso e Lusert.(La Provincia 17/09/06)

25è la percentuale di bambiniin sovrappeso a Como. (LaProvincia 10/10/06)

13.816.450euro sono i fondi previstidal Comune di Como per ilfinanziamento della polizialocale nel triennio 2006-2008 (Relazioneprevisionale eprogrammatica 2006/2008del Comune di Como).

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Salpano i consiglieriLa lunga pausa estiva è stata per iconsiglieri comaschi, una boccatadi aria fresca, almeno per quelli diAn dopo le forti tensioni che si era-no create nella maggioranza a cau-sa della delibera sull’ex Fisac. Cosafare di quel palazzo? E soprattuttoconcedere a Esselunga la possibili-tà di raddoppiare lo spazio venditain cambio della ristrutturazione del-la palazzina? Questo il dilemmaestivo che a luglio aveva fatto sal-tare ben quattro consigli comunali.A settembre il gruppo di An ha de-ciso di ignorare le direttive del par-tito e votare sì alla delibera, asse-condando il sindaco Bruni. L’unicofedele alla linea che il partito diFini sta portando avanti dal ‘97 con-tro lo spazio commerciale a Camer-lata è stato Stefano Molinari. A po-chi mesi dalle elezioni non solosembra barcollare la coalizione dicentrodestra ma anche nei singolipartiti si stanno affilando i coltelliper il prossimo scontro elettorale.

Via col veloAlleanza nazionale dopo il terremo-to interno ha sollevato un polvero-ne diventato un caso nazionale, peruna mamma che tutte le mattineaccompagna il figlio alle scuole divia Viganò con il niqab, un velo in-tegrale di origine tunisina. Il con-sigliere Alessandro Nardone ha in-vitato il sindaco e le forze dell’or-dine ad intervenire «visto il momen-to in cui viviamo le altre mammesono preoccupate perché potrebbenascondere armi», la preliminare per

lo più inascoltata che è stata com-mentata con ilarità da consiglieridi maggioranza e minoranza, damembri della giunta e dai giornali-sti presenti, però deve essere pia-ciuta molto ai giornali nazionali chene hanno fatto un vero e propriocaso. Seduto tra il pubblico ancheSafwat El Sisi rappresentante dellacomunità islamica di Camerlata cheha dimostrato tutto il suo self con-trol abbozzando un sorriso. La sim-patica preliminare è diventata uncaso nazionale con la gioia di Nar-done, che già sperava di veder spa-rire il velo dalle vie di Como. Alpoverino però hanno risposto pic-

che sia il provveditore che il que-store poiché la donna non viola lalegge italiana se porta il velo instrada e ha sollevato in più occa-sioni il niqab entrando a scuola.

Con te non ci parloMa la “questione musulmana” hatenuto banco in consiglio comuna-le per diverse settimane. La comu-nità islamica di Camerlata nonavendo uno spazio adeguato perpregare durante il Ramadan si è at-trezzata con un tendone posiziona-to a Muggiò. La “tendopoli” è stataprontamente smantellata dalla po-lizia locale e ha mandato su tuttele furie il sindaco Stefano Bruni chelo ha definito «un atto grave cherende difficile il dialogo». Sorgespontanea una domanda, ma c’è maistato questo dialogo? È mai statofacile?

A che serve Gaddi?La fine del mese si prevedeva bol-lente con consigli comunali ognisera per approvare il riequilibrio dibilancio. An però aveva minacciatodi far saltare il numero legale se ilsindaco Bruni non avesse revocatola delega dei rapporti con il consi-glio all’assessore Sergio Gaddi. Perevitare ulteriori scossoni nella mag-gioranza Bruni ha ritirato l’incaricoall’assessore e i consiglieri di Anhanno approvato le variazioni dibilancio in tempo record, facendorisparmiare tempo e soldi al Comu-ne di Como, questa volta Gaddi èservito a qualcosa.

L UOGOCOMUNE

Il consiglio comunale è ripartito con i soliti luoghi

comuni sull’Islam. Passa il bilancio di previsione, grazie

alla trombatura (parziale) di Gaddi |Integralismo e affari FRANCESCA NIETO

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Da una conferenza del direttore

dell’Archivio Storico Diocesano,

una riflessione sull’“identità

cristiana” dell’Europa |Occidentee cristianesimo SAVERIO XERES

Un limite forte della mia rifles-sione è quello di identificare il cri-stianesimo, tendenzialmente, con laChiesa cattolica. Ciò dipende dai li-miti delle mie conoscenze.Tuttavia, anche questo limite puòdivenire un’opportunità, nel sensoche proprio la Chiesa cattolica ha vis-suto una vicenda intensa e travaglia-ta con la “civiltà” occidentale.Per non perdermi troppo nella va-stità del tema, ho scelto di partiredalla situazione attuale, assumen-do come elemento di confronto pro-prio quella che è – o pretende diessere – la posizione più sicura epiù accreditata su questo tema, inambito cattolico.Ossia, che i due termini – Occiden-te e cristianesimo (sulla cui com-plessità soprassediamo) – in largaparte coincidano; meglio, che il cri-stianesimo costituisca il fondamen-to, o uno dei fondamenti essenzia-li, costitutivi di ciò che intendiamocome Occidente.In altri termini: Occidente perchécristiano e viceversa: cristianesimoin quanto occidentale (in Occidentesi sarebbe preservato l’elemento cri-stiano, e di qui diffuso nel mondo).Ma l’Europa (e tanto meno l’Occi-dente) non è una realtà univoca-

mente definibile da un punto di vi-sta geografico né, almeno fino adoggi, politico. Essa trova invece lapropria identità in una «configura-zione spirituale» (secondo quantoscrive G. REALE, Radici culturali e spi-rituali dell’Europa, Cortina, Milano2004.). Tale configurazione è costi-tuita, secondo Reale, da tre «radiciculturali e spirituali ben precise» (p.3); nell’ordine (storico): «la culturagreca […], il messaggio cristiano,[…] la grande rivoluzione scientifi-co-tecnica iniziata nel Seicento» (p.3). Questa parte della tesi di Realesi potrebbe esprimere con un famo-so binomio di un altro filosofo con-temporaneo, Emmanuel Lévinas:«Che cos’è l’Europa [l’Occidente]? LaBibbia e i Greci» (E. LÉVINAS, La Bib-bia e i Greci, in Nell’ora delle nazio-ni. Letture talmudiche e scritti filo-sofico-politici, Jaca book, Milano2000, p. 153).

Anima e corpoL’apporto del cristianesimo non èsemplicemente parallelo o aggiun-to a quello della filosofia greca. Èpiuttosto quel completamento, quel-la realizzazione piena di ciò che ilpensiero antico aveva potuto sol-tanto avviare, dichiarare (o deside-

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rare?) senza poterlo pienamentefondare. Ossia il concetto di “uomo”come “persona”. Nel senso di tuttol’uomo (anima, ma anche corpo, di-versamente da quanto affermavanoi Greci, per i quali il corpo era uncarcere), e dell’uomo al centro del-l’universo. In questo senso, il cri-stianesimo – meglio, questo suo“concetto chiave” – sarebbe «il fon-damento spirituale dell’Europa» (G.REALE, p. 79).L’Occidente sarebbe tale perché cri-stiano, ma nel senso che ha custo-dito un principio, sia pure centrale,del cristianesimo.

Limite comune di questa imposta-zione è l’astrattezza. Nel senso che,prescindendo completamente da uncomplesso e concreto rapporto sto-rico, ne astrae soltanto un princi-pio.Ora, mi chiedo: ha senso definire una“civiltà” sulla base di un solo ele-mento? Ogni civiltà – anche la no-stra, ma anche le altre – sono uninsieme molto complesso nonchédinamico di elementi: pertanto, nonha senso dire che una è superioreall’altra, per il semplice motivo chenon sono paragonabili; ma non per-ché si è relativisti, ossia non si ac-

cetta una scala di valori, ma perchéquesti valori sono tanti e diversi.Questo sfilare un principio teoricodall’insieme concreto è precisamentequanto già fatto dalla secolarizza-zione (almeno secondo l’interpreta-zione più accreditata), e che porta,come passo successivo, al nichili-smo, al rifiuto di quegli stessi “va-lori” rimasti in sospeso, senza linfavitale, isolati dall’insieme e dunquedisponibili ad essere piegati a sensicontrapposti e strumentali.L’uso del principio di libertà, come èben noto, può ed è stato coniuga-to, ad esempio, con un sistema eco-nomico mondiale – il capitalismo –che costruisce la libertà di alcuni ascapito di quella degli altri: è an-che questa un’eredità cristiana?Per non parlare, poi, dell’idea di su-periorità dell’Occidente: sappiamoquanti milioni di schiavi e quantedistruzioni ha portato nel mondoproprio questa presunzione di esse-re i portatori della civiltà, i bene-fattori dell’umanità. Che Dio ce nescampi! Di più: su questa linea, ilcristianesimo diventerebbe una sor-ta di “copertura sacrale” di interes-si puramente politici o economici.Se, invece, rimane quello che è, nonridotto a principi astratti, il cristia-nesimo costituisce piuttosto un ele-mento critico di qualunque sistemapolitico-economico (e forse è pro-prio per questo che non si vuole cheavvenga!).Il cristianesimo ha contribuito inmodo decisivo all’autocoscienza del-l’uomo come persona, ossia comesoggetto capace di interiorità e direlazione, come centro e fine dellostesso creato. Di conseguenza, hacostituito uno dei fondamenti, o ad-dirittura il fondamento dell’Occiden-te.Credo che tale affermazione sia pie-namente accettabile. E tuttavia, dinuovo, non va ridotto il senso pro-prio del cristianesimo.Esso non è un insieme di principi, eneppure una religione (nel senso diun insieme di dottrine e di pratiche

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per trattare con il Trascendente),bensì la promessa e l’offerta – perchi crede, ossia per chi aderisce vi-talmente – di una vita nuova, inCristo.Che cosa comporta ciò per l’uomo?La possibilità di diventare un uomonuovo. Un altro uomo. Di rinascere(ecco il Battesimo: Gv 3, 3-8). L’uo-mo, in Cristo, non è più a una di-mensione (soma) e neppure soltan-to a due (ecco la grande conquistadei Greci: la psuche), ma a tre di-mensioni: soma (la dimensione deldeterminismo), psuche (la dimensio-ne della libertà), pneuma (la dimen-sione di apertura all’altro da sé, os-sia Dio).Il cristianesimo, insomma, non dàuna risposta ma cambia le persone.Al centro sta il primato della Gra-zia, ossia dell’azione di Dio.E ancora: è una condizione possibi-le, sempre offerta e sempre acquisi-bile, ma mai posseduta e definiti-va, in questa esistenza terrena, inquanto legata, anzi fondata su duelibertà: quella di Dio, quella dell’uo-mo, e al loro incontro.

Contributo indirettoOra, può il cristianesimo porsi a fon-damento di una società umana, seciò che lo qualifica è una dimensio-ne sovrumana? Può fare da riferi-mento fondante per una collettivi-tà politica, se ciò che lo caratteriz-za è l’adesione libera ad una condi-zione di vita offerta ma non esigi-ta?Ma allora il cristianesimo è solo que-stione individuale, privatistica, spi-ritualistica?No. Semplicemente, la dimensionestorica propria al cristianesimo nonè quella socio-culturale o politico-istituzionale, ma quella ecclesiale,in quanto, come detto, esso dà ori-gine ad una comunità di fede “spi-rituale” (nel senso della condivisio-ne dello Spirito divino) qual è laChiesa. Il che non significa che, in-direttamente, la comunità di fedenon possa e non debba riverberare

attorno a sé un nuovo modo di pen-sare.Ma altro, ovviamente, è parlare diun contributo indiretto, altro rite-nere di essersi posti a fondamentodi una intera civiltà. Se si tratta diun contributo indiretto, allora quan-tomeno ce ne possono essere anchealtri, compresi quelli provenienti daciviltà che oggi riteniamo lontane,come l’islam (la matematica; la fi-losofia di Aristotele, base della sin-tesi teologica di san Tommaso, at-traverso Averroè; una certa dimen-sione dell’arte; alcuni aspetti dellamedicina...); d’altra parte si puòanche capire che quel cristianesimoche ha dato alcuni contributi, perquanto importanti, all’Occidente, siaa sua volta oggi sentito da molticome qualcosa di lontano...

È l’univocità che non è sostenibile.Ma è proprio ciò che (necessaria-mente) pretendono i sostenitoridell’identità. Il cristianesimo nonpuò identificarsi, nel senso di rin-chiudersi, in una particolare civil-tà, appunto perché può e deve ger-mogliare ovunque: non è il fruttofatto e confezionato da esportare,ma il seme da lasciar germogliare informe diverse, a seconda delle di-versità dei terreni e dei climi.Probabilmente l’equivoco che staalla base delle convinzioni di moltideriva proprio da quella stessa vi-cenda storica messa troppo sbriga-tivamente in disparte. Ciò che si ègià indicato come accettabile nellatesi esposta (e per questo così dif-fusa) è infatti il dato di fatto dellarelazione storicamente instaurata fra

Originidella cristianitàIl passaggio decisivo avviene indubbiamentenel secolo IV dell’era cristiana, con latrasformazione dell’Impero romano (cheallora coincideva, grosso modo, conl’Occidente, anzi comprendeva ancora unavasta parte dell’Oriente) in Impero cristiano,da parte di Costantino.Quindi non si tratta di un legame diprincipio, quello che si instaura tracristianesimo e Occidente (Cristo non hadetto «Andate e fate da supporto a qualchesocietà», ma «Andate e predicate il miovangelo»), ma di fatto, perché qualcuno adun certo momento lo ha deciso e imposto.Affermare la con-venienza tra cristianesimoe Occidente è dunque un po’ unagiustificazione a posteriori.

Inoltre, nel momento in cui effettivamente il cristianesimo inizia acostituire un fondamento dichiarato e riconosciuto dell’Occidente, ciòavviene a prezzo di una riduzione. La riduzione del cristianesimo a religio,ossia ad una visione globale del mondo e dell’uomo funzionale ad unsistema politico universale.Il disegno, come è noto, si completa, oltre Costantino, con Teodosio,verso la fine del medesimo secolo IV, nel 381, quando il cristianesimo,definito nella sua forma “ortodossa”, viene individuato quale elementodiscriminante per la piena e legale appartenenza alla società romana.L’elemento fondamentale da cogliere in questa svolta è precisamente laprofonda, radicata coincidenza tra ambito religioso e ambito politico, unosorta di “schiacciamento” l’uno sull’altro fra livello trascendente e livellostorico-immanente. Da tale fusione nasceva una nuova società, dettaanche “organica”, appunto perché delineata come un solo organismo (siapure internamente strutturato in parti diverse) o, ancor meglio, “societàcristiana” o “cristianità”.

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cristianesimo e Occidente. Per cuiquella congiunzione non è appuntoun’ipotesi (ma neppure una tesi dadifendere), quanto una vicenda giàrealizzatasi, all’interno della qualeci collochiamo noi stessi, oggi.Gli storici usano un’altra parola perindicare questo legame: cristianità.Con tale costruzione linguistica siintende infatti proprio indicare cheil cristianesimo si associa a qual-cos’altro (cristianesimo e ...), assu-mendo in tale rapporto un ruolo difondamento, di identificazione: cri-stianesimo e Occidente, ossia cristia-nità occidentale. Ora, se è vero chel’Occidente ha costituito di fatto, perun certo e ampio spazio della suavicenda, una cristianità, e se dun-que è innegabile l’importanza assun-ta dal cristianesimo nella sua confi-gurazione culturale, ciò non signi-fica automaticamente che si trattidi un rapporto sempre e soltantopositivo. Non sarebbe una realtàstorica, se non fosse relativa e mu-tevole.Se, per certe epoche, di fatto, il cri-stianesimo ha comunque svolto que-sto compito, ciò non costituisce ti-tolo a poterlo assumere sempre.Anzi, si tratta appunto di un’espe-rienza particolare, comunque limi-tata. Per di più, superata dall’inter-no stesso della civiltà occidentale,da un lato, e da parte del cristiane-simo stesso, dall’altro.Riproporla oggi può dunque avereun senso soltanto: quello di un’ope-razione di restaurazione e di regres-sione. Invece di andare avanti, an-diamo indietro. Certo non è il mas-simo; certo, comunque, non è cri-stiano, dal momento che tra le vir-tù essenziali al cristianesimo c’è lasperanza, ossia uno slancio positi-vo verso il futuro.«Gratuitamente avete ricevuto, gra-tuitamente date». Questo rimanesempre lo stile tipico del cristiano,perché fu ed è quello di Cristo. An-che in Occidente, qualunque sia ilsuo presente e il suo futuro.Se qualcosa abbiamo dato, era sol-tanto il nostro dovere, anzi il no-stro piacere.

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sato che, quasi due secoli dopo, ilprode ‘senatur’ Umberto Bossi inven-tore della Padania avrebbe restitui-to lustro e una rinnovata dignitàstorica al dimenticato e ‘beato’ Re-gno Lombardo-Veneto, allo scopo ditrasformarlo nel missile terra ariache potrebbe condurre il Nord versola tanto agognata libertà dal restod’Italia. Tale idea, nata in seguitoal risultato del referendum delloscorso giugno che ha visto prevale-re il sì solo in Lombardia e nel Ve-neto, ha fatto avanzare l’ipotesi di

Dal Ticino al Tagliamento, dal-la ‘Madunina’ a ‘piazza San Marco’ed ecco bella e formata una nuovaidentità macro-regionale a statutospeciale. Ne sentivamo la mancan-za.Certo è che l’astuto cancelliere del-l’Impero austro-ungarico conte Kle-mens Wenzel von Mettternich e isuoi ‘colleghi’ – piccoli travet dellapolitica internazionale come Cast-lereagh, Talleyrand, Alessandro I diRussia – riuniti al Congresso di Vien-na del 1814-15, mai avrebbero pen-

L’idea leghista di un’identità lombardo-veneta ha qualche

fondamento storico? O non si tratta piuttosto di un

gigantesco fraintendimento delle vicende di uno Stato

inventato nell’Ottocento per esigenze di potenza? |«Facciamo il Lombardo-Veneto» ELENA RIVA

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assegnare forme speciali di autono-mia a tali regioni. La proposta hasollevato poi interrogativi circa l’esi-stenza di un’effettiva specificitàlombardo-veneta rispetto al restodell’Italia: un tema che non ha in-teressato solo la dimensione politi-ca del discorso, ma anche quellastorica, tanto che sul Corriere dellaSera autorevoli studiosi come Erne-sto Galli della Loggia, Giuseppe Ga-lasso e Claudio Magris hanno datovita a un dibattito che ha preso inconsiderazione le eventuali ragioniche presumibilmente sottostannoalla peculiarità di tali regioni, ri-chiamando fattori culturali sedimen-tati nel tempo che dovrebbero af-fondare le loro radici nella sto-ria.Fra le molte invenzioni che han-no caratterizzato la lunga e va-riegata storia d’Italia, l’istituzio-ne di tale Regno nell’aprile del1815 è certamente una delle piùsingolari. Mai nessuno vi avevapensato, mai nessuno – a direla verità – ne aveva sentito ilbisogno, meno che mai veneti elombardi, i quali, all’indomanidella caduta di Napoleone, era-no soprattutto contenti che unlungo quindicennio di sanguino-se guerre fosse terminato e conesso il sovraccarico di tasse e lacoscrizione obbligatoria.La scelta compiuta dall’Austriadella Restaurazione aveva una mo-tivazione chiara, ovvero costruire unbaluardo tra il Ticino, il Po e l’arcoalpino che potesse impedire a chiun-que quello che le armate napoleo-niche avevano fatto nel 1796, at-traversando la Valle padana e pun-tando diritte verso Vienna.D’altro canto, l’unione delle terredell’antico Ducato lombardo con ciòche restava della Repubblica di SanMarco realizzava parte del sogno delpiù famoso generale dell’esercitoasburgico, quel principe Eugenio diSavoia che, nel primo Settecento,avrebbe voluto fare degli stati ere-ditari italiani della monarchia asbur-gica una realtà compatta ben go-vernata dal potere di Vienna. Il ri-sultato fu appunto uno stato nuo-vo, la cui arbitrarietà risultava giàdal fatto che si erano costituiti due

governi di pari grado e autonomi,uno a Milano e uno a Venezia, conun corte pendolare di basso profilo,un viceré, alcuni rappresentanti pro-vinciali e pochi uffici con scarsopotere.Si trattava di uno stato molto piùdi nome che di fatto. La Costituzio-ne che venne promulgata nel 1815istituì anche due Congregazioni, unain Lombardia e una nel Veneto; l’Au-stria ne nominava i componenti, inprevalenza nobili e possidenti, cheesercitavano competenze ristrette.La polizia dipendeva direttamenteda Vienna e i due governi regiona-li, in tale materia, potevano sca-valcare addirittura il viceré; dal

punto di vista finanziario il bilan-cio del Regno, pur in attivo graziesoprattutto alla Lombardia, era te-nuto addirittura segreto.

Bossi beatoE con buona pace del Bossi, dun-que, quel periodo che egli defini-sce ‘beato’, quando cioè nel Lom-bardo-Veneto comandavano gli au-striaci, necessiterebbe una maggio-re revisione nel suo giudizio. Infattila logica di potenza che aveva gui-dato la formazione del Regno eracosì esclusiva che non permettevané ai lombardi né ai veneti di espri-mere volontà ed interessi diversi daquelli dell’occupante. Del resto l’im-peratore Francesco I era stato mol-to chiaro ad esempio sul destinodella Lombardia: essa doveva esse-re terreno di conquista e non meri-

tava alcun riguardo in quanto erastata il cuore di uno stato – il Re-gno d’Italia – che aveva combattu-to l’Austria fino all’ultimo.Milano e Venezia servivano a Vien-na in quanto disciplinate e obbe-dienti, all’interno di un delicato marazionale meccanismo di egemoniapeninsulare che già Giuseppe IIquasi tre decenni prima aveva cer-cato di realizzare nella sua politicaimperiale e che il nipote FrancescoI cercò di tradurre in realtà, pur nel-l’ambito di un quadro storico deltutto mutato.Tuttavia nessun cuore batté mai perquesto Stato, che sostanzialmentefallì nella creazione di un’identità

comune. Del resto Lombardia eVeneto troppo differenti appaio-no nella loro storia e nel loro svi-luppo storico ed economico-so-ciale: già affacciata all’industria-lizzazione la prima, con un’eco-nomia prettamente agricola il se-condo. Manca in sostanza un co-mune denominatore: l’industria-lizzazione del Veneto e, ancor piùdel Friuli, è recente (tanto che ilVeneto fu terra di emigrazione),mentre in Lombardia l’industria-lizzazione fu una delle più preco-ci d’Italia e, in tal senso, essamanteneva maggiori legami conil Piemonte e la Liguria (baste-rebbe ricordare il triangolo indu-striale Milano-Torino-Genova);

inoltre non si possono immaginaredue città come Milano e Venezia piùdiverse tra loro per storia e culturae quello che viene loro oggi impu-tato dal punto di vista politico, ecioè un difficile rapporto con lo Sta-to, sembra essere un male tutto ita-liano che certamente si articola inmodo diverso a seconda della lati-tudine, ma che in sostanza non cam-bia.In ogni caso dal pericolo di conti-nuare a riflettere sulla necessità diricostituire il Lombardo-Veneto cisalva un altro onorevole leghista,Mario Borghezio, il quale, pensandofortunatamente in grande, di frontealla possibilità di creare una nuovamacro-regione ha risposto che l’ideagli sembra interessante ma che eglirimane fedele alla Padania, da Ven-timiglia a Trieste. Meno male.

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Non così i marxismi, che hanno per lopiù sviluppato un rapporto per lineeinterne, attento all’ortodossia e alla“identità marxista”, a volte con ridico-li tentativi di scomuniche e con altret-tanto ridicoli tentativi di tenere insie-me cose che sono del tutto incompati-bili, come nel classico slogan che elen-cava Marx, Lenin, Mao. Così incistatiin questa nicchia, pur importante inalcuni periodi e in alcune zone, imarxismi non si sono più “confusi” congli altri e non hanno più ibridato il

pensiero sociale e il pensiero econo-mico “corrente”. Così oggi, in questoclima culturale, pare che lo stessoapporto di Marx possa essere del tut-to cancellato. Gli errori si pagano: unaforte identità rifiuta il rapporto, sidistingue e quindi, facilmente, si iso-la. Ma così rischia anche di esserebypassata del tutto. Comprometten-do anche chi non ha fatto questa “fes-seria”.Temo che la questione non sia oggi di-versa e che questa “identità” serva aindividuare chi e che cosa è “dentro” echi va messo fuori (e sono quasi certodi finire nel secondo gruppo).C’è un altro aspetto preoccupante sucui riflettere. L’identità la cerca chinon ce l’ha. E’ una ricerca tipica del-l’adolescenza, di quel periodo in cuiil soggetto non sa bene che cosa glista succedendo e quindi si chiede “chisono?”. L’adulto non si interroga sullasua identità, perché la vede nelle coseche fa, nelle relazioni che stabilisce,nei progetti con cui si misura. Se haun problema è quello di migliorarla edi renderla eventualmente più coeren-te, perché lui è quello che fa e quelloche vuole fare, successi e insuccessivissuti - si spera - criticamente.Quindi una sinistra che si interrogasulla sua identità evidentemente nonsa più chi è. Ma se questa è la situa-zione, ci troviamo di fronte ad un com-pito difficilissimo, perché è una sortadi “ripartire da zero”. A conferma, misembra molto più facile indicare quelloche tale identità non deve essere piut-tosto che quello che deve essere.Non deve essere un sistema di valori,una scorciatoia rassicurante, che perònon funziona, anzi che è addiritturapericolosa: non a caso una delle pri-me mosse teoriche di Marx è stataquella di contrapporsi al socialismoutopistico. I valori tendono ad essereassoluti e quindi falsi, perché di as-soluto nella nostra esperienza umananon c’è nulla. Posso capire, ma noncondividere, la mossa di un credenteche trasferisce l’assolutezza del Dio incui crede nell’assolutezza del suo rap-porto con Dio, ma non riuscirò mai acapire questo in una posizione politi-ca. Tanto più che questo assoluto, perrestare tale, deve raggiungere tali li-velli di genericità da essere scarsamen-te utile nel concreto. Basta pensare aconcetti come “vita” per rendersi con-to di che prezzi altissimi fanno paga-re in termini di precisione, di atten-

commenti |Qualeidentità per lasinistra? MAURIZIO MIGLIORI

Strano e pericoloso tema quellodell’identità. Pensiamo alla storia deimarxismi. Marx è impensabile senzail suo rapporto intenso verso autoridi parte avversa come Hegel, Smith,Ricardo, di cui egli si sente, per variaspetti, anche erede (anzi: la classeoperaia è erede della grande filosofiatedesca). Anche per questo non c’èpensatore socio/economico/politico“borghese” che, almeno fino agli AnniTrenta, non abbia dovuto misurarsicon lui.

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zione, di rispetto della realtà. I valoriconsentono di saltare i problemi, chespesso sono di grande difficoltà (quan-do comincia e quando finisce la “vitaumana”?) e rendono facile liquidarel’altro come meritevole del massimodisprezzo, in questo caso come as-sassino di un innocente che non è ingrado di difendersi.Non facciamo lo stesso sulla guerra?È possibile oggi, nella sinistra, ra-gionare pacatamente sulla guerra,cosa orrenda, ma magari necessariae forse persino utile… Perché orren-do e inutile sono presi come sinoni-mi? Poi, se uno condanna la guerraper la sua orrenda natura, deve con-dannare le guerre di liberazione, leguerre risorgimentali, la guerra par-tigiana... Deve definire con epitetiche io mi rifiuto persino di scriverel’attentato di Via Rossella….Non ho dubbi che la pace sia un va-lore, e dei più grandi. Ma non saròmai un pacifista e non negherò maiai popoli il diritto di ribellarsi, an-che con le armi. Questo ha sempresostenuto la sinistra da quando, nelcorso della rivoluzione francese, duesecoli fa, è nata.Vorrei essere capito: credo che la lottadel non violento meriti molto rispet-to, perché è la lotta dell’agnello cheaccetta di cacciarsi in mezzo ai lupi.È terribilmente “logico” che Gandi eMartin Luther King, come tanti altrimeno noti, siano stati uccisi. I lupinon hanno pietà. Una tale testimo-nianza, un gesto “assoluto e religio-so” che afferma che non si deve ri-nunciare…, il gesto di chi paga i co-sti di questa operazione… come sipuò non rispettarlo? Ma quando di-venta gesto politico, e magari di “suc-cesso” (c’è anche un successo di nic-chia, come ben sappiamo), mi sem-bra che si dimentichi la realtà: uomi-ni siamo, non angeli. Anche se dico:beati gli angeli e beati gli uomini cheagli angeli si accompagnano.Quindi, non voglio affatto respinge-re i valori, solo non li ritengo l’ele-mento qualificante di una sinistra. Ivalori vanno bene per l’individuo, oanche per un gruppo, che si interro-ga su come realizzarli rispetto allasituazione in cui si trova, Nella vitaconcreta nessuno testimonia valori,ma sforzi, tendenze, ipotesi. Chi in-carna la generosità? O la giustizia? Ilvalore è l’orizzonte irrinunciabile, lastella polare che guida, ma che si

verifica sempre e solo nel concreto,che quindi costituisce il vero terrenodi confronto, la “misura” che giudicail resto. Se devo andare a nord, madavanti ho una montagna, credo pro-prio che dovrò girare a est o ad ovestper riprendere il mio cammino (e sesono sfigato, magari anche a sud-esto a sud-ovest; questo i grandi diri-genti dei movimenti rivoluzionaril’hanno fatto tante volte… ma eranograndi mica per niente…).In secondo luogo, la sinistra non do-vrebbe essere continuista, perchéquesto la porta a essere conservatri-ce, peggio: cieca. La centralità dellavoro e della classe operaia si basa-va su un sistema produttivo specifi-co e sul fatto (chiedo perdono per lasemplificazione) che la classe opera-ia liberando se stessa libera l’interaumanità. Ci sono le condizioni per ri-tenere ancora oggi credibile questoschema? L’identità sociale, anche quel-la di chi mi sta leggendo, è data es-senzialmente dal lavoro e non dallacultura o addirittura dal sistema diinformazioni in cui uno è inserito?Esiste uno schema che tenga dentrocontraddizione di classe, scontro digenere, conflitto religioso, rispettan-do la diversità di ambiti? La divisionefra femministe e operaisti che distrus-se Lotta continua (mica un secolo fa)non dice nulla? E lo schema imperia-listico è il più adatto per affrontare iltema della mondializzazione? E…..Il mondo è cambiato così tanto e lateoria è rimasta ferma. E mentre chi“gestisce il presente” può non averbisogno di una teoria, chi vuol cam-biare le cose non può farne a meno,pena incorrere in continui disastri. Maper fare un lavoro teorico adeguatoalla situazione occorrerebbe un impe-gno enorme, la rinuncia ad andare daVespa e forse anche a fare politica perl’oggi pensando subito al domani egestendo solo il “meno peggio”, vistala rapidità con cui i tempi cambiano.Invece per i giornali e le campagnepolitiche basta molto meno: New La-bor, modernità e giustizia, Terza via eavanti con i carri. Magari si vince pure(il che è assolutamente necessario seil nemico, come da noi, è pessimo eoggettivamente pericoloso).In positivo, credo che si debba ripren-dere la lezione originaria: rinunciarealle scorciatoie e indagare sulle con-traddizioni del presente, sui pericoliche esso racchiude e sulle prospetti-

ve che esso apre, favorendo queste ecombattendo quelli, graduandone lapericolosità sociale. Ad esempio, nonriesco a convincermi che la questionedel lavoro, che resta certamente im-portante, lo sia più della attuale crisidella democrazia. Ma se ho ragione equesta crisi va avanti, cade anche ilpresupposto per il quale ha senso par-lare di destra e sinistra.In tutti i casi la sinistra dovrebbe es-sere critica, il che vuol dire prima ditutto critica su se stessa: non solo nonpuò continuare a sostenere cose chehanno fallito, ma dovrebbe interrogar-si e spiegare perché hanno fallito ecome possono non fallire. Se unaemancipazione della società ad operadello stato e/o del partito è del tuttofallita, se come diceva – ahimè con-traddittoriamente – Mao nessuno puòliberare un altro, lo stato dovrebbecontinuare ad essere una delle coseche meno ci interessano. Ma non misembra affatto che sia così. Evidente-mente si ritiene che il fallimento siadovuto ad altre ragioni. Quali?E visto che sto sognando: penso aduna sinistra che riscopra la comples-sità del sistema capitalistico, soprat-tutto di quello attuale, che intreccianecessariamente tanti elementi e cosìdiversi, e si interroghi su come, a par-tire da qui, si possa pensare un mi-glioramento del sistema in qualcosache funzioni. Senza un’ipotesi reali-sta su come le tante cose che abbia-mo davanti possano stare insiememeglio la sinistra continuerà a saltarei problemi concreti e quindi a caderenell’ideologia. Che ha questa terribilecaratteristica: il principio di realtà nonconta, quanto alle conseguenze delledecisioni prese, ci penseranno gli al-tri (come dicevano i nobili di un tem-po e tanti “borghesi” oggi) tanto noiaffermiamo questo e quel valore chesono il futuro e la speranza dell’uma-nità… Si continua ad attendere l’albadel giorno nuovo…Dovremmo invece abbandonare que-sta simbologia ottimistica e con as-soluto realismo cercare di capire larealtà e cercare quelle relative veritàche, con tutti i nostri umani limiti,possiamo/dobbiamo conquistare. Ilche vuol dire accettare tutti i “se” etutti i “ma” che la realtà ci impone,perché “senza se e senza ma” non c’èricerca e non c’è verità.Eppure la verità, diceva Gramsci, è ri-voluzionaria. E lei sì, lo è rimasta.

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Si è tenuta il 7 ottobre nella salaconferenze della Camera di commer-cio di Como l’assemblea annuale diConfcooperative Pratiche dimutualismo,cooperazione di credito,cooperazione sociale, sviluppo dellacomunità locale.Dopo gli interventi di Paolo de Santise di Stefano Bruni i lavori sono entra-ti nel vivo col presidente di Confcoo-perative di Como, Mauro Frangi, cheha presentato una relazione in dicias-sette punti riguardante le considera-zioni sullo stato della cooperazionecomasca e dell’Unione provinciale del-le cooperative. Frangi ha presentatola crescita di Confcooperative riven-dicando con soddisfazione che damaggio 2005 a oggi le cooperativesono passate da 159 a174 e osservan-do come nonostante le cooperativesiano nell’economia comasca una re-altà largamente minoritaria «insiemeall’occupazione e ai fatturati, è signi-ficamene cresciuto in questi anni ilnumero dei soci ed è progredita inmodo rilevante la patrimonizzazionedelle imprese cooperative».Frangi ha ricordato le due idee chesorreggono il modello e la pratica co-operativa: «l’idea che il soddisfacimen-to dei bisogni delle persone possaavvenire in modo diretto - attraversoil concreto perseguimento di un ”van-

taggio mutualistico” derivante dal-l’azione comune – e non in modo in-diretto, come avviene, invece, per l’im-presa capitalistica, con la distribuzio-ne, attraverso dividendi, di una quotaparte degli utili conseguiti. E, insie-me, l’idea che tale soddisfacimento deibisogni possa attuarsi solo attraversol’esercizio in comune di un’attivitàeconomica ed imprenditoriale, cosic-ché i protagonisti di tale attività di-ventino “imprenditori di sé stessi” enon già meri destinatari di interventibenevoli, realizzati da filantropi, be-nefattori dell’umanità o da uno Statoassistenziale capace di occuparsi deipropri cittadini “dalla culla alla tom-ba”. Ancora oggi è proprio e solo perqueste due ragioni profonde che lepratiche mutualistiche e le impresecooperative rimangono profondamenteattuali ed, anzi, trovano proprio nella“modernità” le ragioni di una profon-da e rinnovata attualità». Il presidentedi confcooperative polemizza inoltrecontro la nuova finanziaria e controle presunte agevolazioni fiscali con-cesse alle cooperative infatti:«daglianni novanta ad oggi le cooperativesono state spogliate di tutte le age-volazioni tranne una: la parziale in-tassabilità degli utili prodotti quandoquesti utili sono destinati ad una ri-serva indivisibile».

Uno dei principali obiettivi da raggiun-gere per Confcooperative riguardal’unità delle associazioni di rappresen-tanza del movimento cooperativo inparticolare delle due maggiori, Con-fcooperative e Legacoop. I pilastri allabase della costruzione dell’unità perFrangi sono due: l’idea, le prassi, imodelli cooperativi e l’autonomia dallapolitica.Dopo gli interventi di Alessandro Azzi,presidente di Federcasse, è stato mol-to apprezzato dagli studenti presentiin sala quello spumeggiante di John-ny Dotti, presidente del Consorzionazionale della cooperazione sociale,«lo sviluppismo è una bestemmia eun idolo. C’è bisogno di “mutualizza-re i bisogni”, in quanto fare le cosecon gli altri è un bisogno dell’uomomentre il mito del selfmade man nonè altro che una degenerazione dell’in-dividualismo».Dopo un breve spazio dedicato ai vo-lontari di Servizio civile di Confcoo-perative, è intervenuto Giuseppe Cal-zati, presidente di Legacoop, ripren-dendo i concetti emersi nei discorsidi Frangi e Azzi e aggiungendo: «ab-biamo bisogno di rilanciare con forzal’essere orgogliosi della cooperazio-ne». Carla Massira; coordinatrice delForum comasco del terzo settore, haespresso la convinzione che si debbacostituire una rete più forte e cital’Isola che c’è come esempio di tenta-tivo di dare delle risposte comuni permigliorare le condizioni di tutti e raf-forzare l’associazione. Al’idea della si-nergia corrisponde anche l’interventodella Cisl, con il segretario Fausto Ta-gliabue che ha sottolineato la neces-sità che sindacati e cooperative lavo-rino insieme oltre che per le loro radi-ci comuni per la condivisione di prin-cipi come la solidarietà e la parteci-pazione.La chiusura dei lavori è stata affidataa Fausto Ottolini, presidente regiona-le di Confcooperative Lombardia: «For-se è tempo che i comuni e le provinceinvestano meno in autostrade e aero-porti e più nelle associazioni che in-vestono per l’effettivo sviluppo siaeconomico che sociale del loro terri-torio. Siamo imprese a dimensioneumana capaci di dare ancora qualchesuggestione a questo paese che affo-ga nell’iniquità e nel capitalismo».

«È la ricerca di costruire legami “corti”, capaci di mettere

al centro le relazioni dirette tra le persone, i loro

interessi e le loro preferenze, ed insieme, affetti,

passioni, relazioni. É solo per queste ragioni che le

cooperative crescono e si sviluppano». Mauro Frangi,

all’assemblea di Confcooperative del 7 ottobre |Sviluppo cooperativo SAVIANA CAMELLITI

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T f ] e f c R

Da diversi anni, ormai 7 o 8,mi occupo a tempo pieno, facendoricerche e scrivendo, del coloniali-smo italiano in Etiopia. Ho semprereputato che il mestiere dello stori-co debba essere utile, al servizio diqualcuno o di una causa – giusti s’in-tende. In un certo senso scegliendotale tematica mi sono posto al ser-vizio di un paese diseredato.Il problema serio però è che l’Etio-pia, anche se paga ancora un caroprezzo al colonialismo, ha bisognodi aiuto oggi. Ma possono studiosio professionisti di estrazione uma-nistica essere utili nel fare qualchecosa oltre ad insegnare? Questa èuna domanda che ripetutamente misono posto e credo, come me, tantealtre persone. Storici, filosofi, criti-ci, eccetera, eccetera possono ide-are e portare a termine progetti dicooperazione o si devono limitare adare soldi ad associazioni e rimane-

Una proposta, parziale ma praticabile, per cominciare a

restituire, in termini di conoscenza, ciò che il colonialismo

italiano ha sottratto all’Africa | Per unamemoria del colonialismo MATTEO DOMINIONI*

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re estranei se non gratificandosi conviaggi in Africa, America Latina oEuropa dell’Est? È lecito pensare chesul campo siano utili – certamentenon necessarie – altre figure oltreai medici o gli ingegneri?

In Etiopia gli studiosi locali hanno,per così dire, fame di documenti.Possiedono ben poco di quanto fuprodotto all’epoca dalle autorità ci-vili e militari coloniali, mentre inItalia la documentazione è stermi-nata. Gli etiopici sono impossibili-tati dal fare ricerca sugli anni del-l’occupazione italiana. È un parados-so perché possiedono antichissimimanocritti, conoscono moltissimecose del passato ma nulla del perio-do coloniale. In Etiopia questo rap-presenta una tragedia culturale.La storia per un popolo è fondamen-tale, è linfa vitale. Senza conoscen-za del proprio passato un popolo èperso. Può uno storico, a questoproposito, rendersi utile?

Dobbiamo considerare che per unetiopico venire in Italia per svolge-re una ricerca è assai dispendioso,tutto sarebbe più facile se egli aves-se le fonti a disposizione a casa sua.Detto questo, rimane il fatto che ègiusto che in Etiopia gli archivi con-servino una parte di quanto abbia-mo in Italia.

Per ovvie ragioni gli archivi italianinon possono cedere a un paese stra-niero parte del proprio patrimonio.Si potrebbe pensare però di ripro-durre alcuni fondi o serie archivi-stiche e donarne una copia a un’uni-versità o un ente di ricerca etiopici:ad esempio i Diari storico-militaridella guerra italo-etiopica custoditidall’Ufficio storico dello stato mag-giore dell’esercito di Roma. Con unastrumentazione digitale di mediolivello (fotografie e digitalizzazio-ne) si potrebbero contenere i costi.Il tempo di realizzazione potrebbeessere di due anni, 4 le personeimpiegate a rotazione. La spesacomplessiva tra i 50 e i 60 mila euro.Un così vasto progetto dovrebbecoinvolgere più soggetti nazionali(università, regioni, ministero del-la difesa e ministero degli affari

esteri, istituti di storia contempo-ranea) e internazionali (Unesco).

Riprodurre e donare i documentidell’amministrazione coloniale ita-liana significa fare un’operazione dicooperazione culturale. A ben ve-dere non si tratta di cooperazione asenso unico; cioè non ci sono bian-chi buoni cha fanno una buona azio-ne. A lungo termine ci sarebbe ine-vitabilmente un feed-back che cree-rebbe uno scossone salutare allenostre coscienze e alla nostra cul-tura. Perché? si chiederà chi legge.Semplice: in Italia non c’è ancorastato un processo di condanna col-lettivo del colonialismo perché è

assai radicato il mito del buon ita-liano. Se invece da parte delle vit-time venissero prodotte adeguatericerche nessuno potrà più fare fin-ta di niente.

* Matteo Dominioni, giovane studioso co-masco esperto di storia militare e in parti-colare delle vicende del colonialismo ita-liano in Etiopia, è dottore di ricerca al-l’Università di Torino, che gli ha affidatoun modulo sulla storia dell’Africa in uncorso multidisciplinare. Ha recentementecurato, per l’ Istituto di Storia Contempo-ranea di Como e NodoLibri, la pubblicazio-ne di Prigioniero d’Africa, diario scritto dalmilanese Carlo Diotti dopo la battaglia diAdua e la sua prigionia presso la corte delNegus d’Etiopia.

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Qual è il significato di Fuo-chi fatui?Fuochi fatui nasce dal desiderio diaffrontare il tema della morte, in-tesa non solo dal punto di vista cor-poreo, materiale ma anche comeassenza, frattura, abbandono, ri-nuncia. Viviamo in un epoca nellaquale rimuoviamo la morte, tutte le“morti”, in modo quasi sistematico.Insomma in mancanza di rituali (vec-chi e/ o nuovi) che possano aiutarciad accettare la morte come naturaleprocesso di trasformazione dell’esse-re umano veniamo sopraffatti dallapaura e la rimozione di cui parlavoprima ne è la diretta conseguenza. Ipersonaggi dello spettacolo sono deimorti che non riescono a congedarsiin modo definitivo dalla loro vita ter-rena. Prima che ciò possa accadererivivono in modo convulso un ultimotentativo di affermarsi come presen-ze cariche di una tensione tutta uma-

na e caratterizzata da ricordi, amori,gelosie, rancori, momenti di tenerez-za e violente, incontrollabili esplo-sioni di fragilità. Sarà una ninna nan-na a permettere loro finalmente dispegnersi ed in questo modo diven-tare luce, altrove, lontano o forse piùvicino di quanto possiamo immagi-nare.

Che tipo di rapporto si è instau-rato o si sta instaurando tra il co-reografo ed il gruppo di lavoro?Riguardo il rapporto tra me e il grup-po credo sia importante specificareche ero stato a Como già tre volte afare dei seminari. Questo ha contri-buito molto a creare da subito un’at-mosfera serena e ad entrare nel vivodel lavoro senza troppi preliminari.I seminari svolti in precedenza han-no contribuito enormemente su duelivelli: hanno permesso di acquisireal gruppo familiarità con il mio vo-

cabolario di movimento e con la miamodalità di lavorare oltre che conme come persona. Questo ultimofattore è importantissimo soprattut-to se si considera il tema scelto. Miservo degli stati d’animo che scatu-riscono (a volte esplodendo) dal mioapproccio di lavoro con il corpo ilquale diviene la “scena”: il luogodove l’azione fisica esiste perchéesiste dentro il danzatore. L’azioneviene sentita, vissuta e per questomotivo eseguita. Al di là della pos-sibile storia che si vuole racconta-re, con questo spettacolo (ma ingenere nel mio lavoro) quello chepiù profondamente mi interessa èsuscitare nello spettatore delle vi-brazioni, essere capace di toccaredirettamente il sistema nervoso dichi assiste allo spettacolo. È miaconvinzione che ciò sia possibilesolo se i performers stessi si sotto-pongono allo stesso processo: es-

Bruno Catalano è un giovane coreografo

cresciuto a Milano. Si è artisticamente

formato in Olanda, è impegnato a Como

alla realizzazione di Fuochi fatui

[Progetto snodi, Rete nuovi territori

teatrali]. Lo spettacolo verrà presentato

sabato 18 novembre all’interno del

festival Traiettorie | Fuochifatui ELENA CAPIZZI

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TRAIETTORIE ‘06

Danza contemporaneae teatro danzaIncontri casuali inattesiQuarta edizioneCOMO SABATO 18 E DOMENICA 19NOVEMBRE 2006 ALLE 20.45ISTITUTO IPSIA L. RIPAMONTI, VIABELVEDERE 18

Organizzato dall’Associazione culturaleTraiettorie grazie ai contributi di RegioneLombardia (Culture, identità e autonomiedella Lombardia), Provincia di Como(Assessorato alla cultura) e Comune diComo (Assessorato alla cultura).

Sabato 18 novembreNuovi linguaggi per antiche passioni.La Compagnia Lucylab – Evoluzioni si esibirà in Moto da luogo coreografatoda Rosita Mariani, affascinante ed onirico viaggio sulle origini; a seguire peril progetto Snodi – rete nuovi territori teatrali (Di.D.Att. in collaborazione conle associazioni culturali Mobeel, Mooka Movie, Punto a capo) verràpresentato Studio su Fuochi fatui, coreografie di Bruno Catalano.

Domenica 19 novembreDanza contemporanea e teatro danza a confronto.La giovane Compagnia Umpalumpa si esibirà in Neon, spettacolo in cuidanza, luci e video ci raccontano i possibili incontri dei corpi negli spaziurbani; successivamente la Compagnia Almatanz (formata da Anna Dego eAlessandro Mor) si esibirà in Ostinato – duro destino è l’avere un destino…una reinterpretazione della storia di Tristano e Isotta in chiave contemporanea.

Quest’anno il festival presenta una differenza, è stanziale perché ospitato daun istituto storico del territorio, il polo scolastico Ripamonti, che da anniforma professionalmente tantissimi ragazzi.Permane l’idea di coinvolgere spazi inusuali del tessuto urbano comasco, incui la danza contemporanea e il teatro danza possano creare nuoveinterazioni.Accanto ad artisti affermati lavora il Di.D.Att, diretto da Cinzia Severino –gruppo emergente ma già conosciuto nel comasco – all’interno del progettoSnodi creato per giovani artisti con la collaborazione di diverse associazioni.

BigliettiIntero posto unico: una serata 10 euro, due serate 18 euro.Ridotto posto unico (sotto i venticinque e sopra i sessant’anni): una serata 8euro, due serate 14 euro.Info-line e prenotazioni al 346.6833125: dal lunedì al venerdì dalle 11 alle13 e dalle 17 alle 21, il sabato dalle 11 alle 15.

Direttore: Fabio GhisalbertiDirezione artistica e coordinamento: Cinzia SeverinoPromozione e diffusione: Eleonora Sanavio, associazioni culturali Mobeel eMooka MovieUfficio stampa: Elena CapizziSegreteria: Francesca LipariResponsabile tecnico: Roberto LalliInternet: www.traiettorie-didatt.itContatti: cell. 346.6833125 e-mail: [email protected],[email protected], [email protected],[email protected], [email protected]

sere aperti e preparati a divenirecorpi “vibranti”, ad essere testimo-ni e quindi a vivere in prima perso-na l’esperienza di una emozione, diuno stato d’animo. Il mio lavoro èstato anche questo, forse soprattut-to questo: creare delle opportunitàperché tutto ciò accadesse e nonposso non ammettere che il gruppoha reagito con molto coraggio eduna professionalità altissima.

Una città provinciale e di confinequale Como come potrebbe e do-vrebbe stimolare le attività arti-stiche? Esistono modelli di rife-rimento adattabili?È vero, Como è una città di provin-cia ma questo non dovrebbe fare diessa necessariamente una città diserie b dal punto di vista delle pro-poste artistiche. Como offre di menoper esempio rispetto alla vicina Mi-lano ma è anche meno dispersiva.

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HOLETTO

UNLIBRO

AA. VV.

Feste e sagre dellaprovincia di Como.

Immagini,cronache, storia

Provincia di Como

2006

pp. 180

Il volume è organizzato per stagioni e presenta per ogni mesealcune sagre e feste popolari della provincia di Como. Non tutte,perché sarebbe impossibile un elenco completo. Sono stati sceltigli eventi che hanno o una tradizione illustre e antica, come laSagra di san Giovanni a Ossuccio, o quelli che hanno uno strettolegame con le attività del luogo, come la festa della capra verza-schese a Dosso del Liro.Ciascuna delle trentatre feste elencate è accompagnata da una notastoriografica che descrive le origini della manifestazione e il rap-porto di questa con il territorio, da un reportage dell’evento, dauna sezione fotografica che raccoglie sia immagini di repertorioche le belle fotografie di Carlo Pozzoni; il testo è anche arricchitoda alcune finestre di approfondimento che evidenziano alcuni temiparticolarmente significativi come la produzione dei missultini o ladiffusione della devozione per san Antonio abate nella provincia.Ci sono feste per propiziare il tempo migliore per i raccolti, fiereper il bestiame, sagre per valorizzare i prodotti del luogo, rivisita-zioni storiche, pellegrinaggi.Forse le feste e le sagre finiscono per assomigliarsi un po’ tutte (laprocessione, le grigliate, le immancabili bancarelle di prodotti lo-cali, i fuochi artificiali), ma ciascuna è un’occasione per stare in-sieme (mangiare, comprare). Tutte sono testimoni di uno strettolegame tra la popolazione e il territorio in cui vive e lavora. [Fran-cesca Di Mari]

economiche ma anche il recupero diun rispetto e di un riconoscimentonei confronti di chi opera nel campodell’arte e quindi in definitiva crede-re che valorizzare ed investire nel-l’arte sia necessario alla società, chesia quindi un atto dovuto e non unatto di generosità o peggio ancora dicarità. Infine Como è una città diconfine: la Svizzera è vicinissima.Incominciare a guardare come e quan-to altri paesi stimolano le attività

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artistiche potrebbe essere utile a ca-pire se ci sono dei modelli riadatta-bili al nostro Paese. Questo significacreare dei ponti per fare circolare idee,proposte, progetti, scambi, coopera-zioni. È proprio questo che potrebbeaiutare a rendere meno provincialenon solo Como in quanto città maanche un modo di pensare, un’atti-tudine presente un po’ ovunque nel-la nostra penisola: il vero provincia-lismo che atterrisce.

Forse si dovrebbe incominciare acreare una mappatura seria di quel-lo che già esiste e valorizzarlo. Cer-tamente fino a quando chi lavoranell’ambito del teatro e della danzaè costretto a vivere una precarietàperenne (economica e a volte esi-stenziale) non ci si potrà aspettaremolto. Como è inoltre una città ric-ca quindi volendo esisterebbero ri-sorse da investire, ma lo vuole fare?Il problema non sono solo le risorse

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Lui cravatta seta lei sciarpa cash-mire. Aperitivo locale trandy teatroMilano mostra d’arte Lugano.Parlare poco sottovoce, uomo di-screto riservato, donna attiva. La-voro lavoro lavoro, tempo lavorovita lavoro lavoro vita mia noi voitutti darsi da fare. Bisogna darsi dafare chi non ha tempo non aspettitempo. Chi non lavora non vuole la-vorare, chi non vuole lavorare è unpoco di buono, chi non lavora è unpoco di buono. Zingari, giostrai, al-banesi, extracomunitari tornate acasa vostra. Nooo, voi filippinenooo, voi siete diverse, ci pulite ilculo dall’incontinenza di benesse-re, restate pure ma non rompetetroppo i coglioni.‘fan culo al conformismo serio atti-vo riservato produttivo calvinistacomasco.Nooo, mi dici che non sei d’accor-do?Como, dizionario dei luoghi comu-ni della coscienza.Como, piccolo mondo antico di ipo-crisie mai sopite.Como, bestiario umano firmato.Como, caravan serraglio del nuovoconformismo.Giovani trentenni sciamano in fre-sco lana lungo vie lastricate di gra-nito fiume con borse pelle 500 euro,mamme in visone monovolume fan-no la fila davanti al Gallio, guaicamminare! Com’è poco trendy cam-minare in vie con pochi negozi!Bisogna darsi da fare chi non hatempo non aspetti tempo. Il girodella spesa, lo sbattimento dellaroba. Tee, ma lo sai che quella troiadella Giovanna si fa il macellaio!Cammina di sera tra le panchine deigiardini di ponente e vedrai gli oc-chi rosso vino dei senza fissa di-

mora, visita le cattedrali dimenti-cate del fordismo e sentirai il tuoodore di piscia che sale dagli ango-li neri, il sudore dei materassi cheti entra nella pelle profumo. Qua-drilatero di uomini e donne che alposto del cuore hanno un eurocon-vertitore; quando ti sveglierai dalsonno dei mostri?Poi sali in cima alla torre del Bro-letto e vedi i tetti di cotto e arde-sia, ti ricordi il sogno iconoclastadi un’epoca sognatrice, vedi i tom-bini delle fogne aperti da tempo eloro che camminano felici e padro-ni di un mondo che non è più mio.Ma chi sono questi sorridenti gio-vani di plastica con belle macchi-ne, soldi da spendere e un micro-chip di stronzo nella testa?Nooo, mi dici che non sei d’accor-do?Como, dizionario dei luoghi comu-ni della coscienza.Como, piccolo mondo antico di ipo-crisie mai sopite.Como, bestiario umano firmato.Como, caravan serraglio del nuovoconformismo.Attori che fanno i politici, commer-cialisti che fanno il sindaco, gior-nalai che fanno gli intellettuali, in-dustriali che fanno gli assessori,musicisti che imparano in fretta il

mestiere del denaro, vescovi chefanno i poliziotti, una schiera dianime belle che si pulisce la co-scienza facendo le anime belle, ope-rai che si vergognano di essere ope-rai, giovani writer che non hannopreso abbastanza calci nel culo.Poi sali a Brunate, lentamente, conla Funicolare e ti chiedi se quellasignora addormentata che appog-gia la testa a Camerlata e i piedi aTavernola non sia una strega.L’altro giorno un amico cieco hasbattuto il grugno su una portieradi un camion; sangue a fiotti, faz-zoletti rosso rubino nelle mani. Nonun cane che abbia detto, ha biso-gno di qualcosa? Vuole un fazzo-letto? Ha bisogno di una mano?Vuole che l’accompagni a casa?Ognuno è chiuso nel suo bel vesti-to grigio topo e pensa che l’altrosia solo una minaccia, un ostacoloalla tranquilla riproduzione della suavita quotidiana di merda.Mani sui finestrini. È rosso incubosemaforico. Sigarette, accendini, li-bri, giornali, statuette, signoremangiare grazie.Guarda, non se ne può più di que-sta microcriminalità, si ha paura auscire di casa! Oh, finalmente, stat-tene a casa davanti alla tua tivù,chatta con una pornostar, fatti lepippe sul bel mondo passato, leggii tuoi giornali di vampiri di demo-crazia.Nooo, mi dici che non sei d’accor-do?Como, dizionario dei luoghi comu-ni della coscienza.Como, piccolo mondo antico di ipo-crisie mai sopite.Como, bestiario umano firmato.Como, caravan serraglio del nuovoconformismo.

9VRX]V9VRX]V9VRX]V9VRX]V9VRX]VNAVIGAZIONIDARWINIANE

Caravanserraglio

MARCO LORENZINI

2006miniarttextilcomoin–reteComoFino al 12 novembre2006

Si ripropone l’ormaitradizionale rassegnacurata da NazzarenaBortolaso e MimmoTotaro. In molti luoghi (exchiesa S. Francesco, largoSpallino 1; La tessituraMantero, viale Roosevelt2/a; Spazio regioneLombardia, via Einaudi 1;Camera di Commercio, viaParini 16; Chiostrino S.Eufemia, piazzoloTerragni; Comune di Como,via Vittorio Emanuele II97; Broletto, piazzaDuomo; BibliotecaComunale, via Raimondi;Provincia di Como, viaBorgovico 148; Museodidattico della Seta, viaCastelnuovo) una serie diinstallazioni e diesposizioni dedicateall’uso estetico edartistico dei “tessili”,intesi nelle loro più vasteaccezioni.

Orari: da martedì adomenica ore 11-18;chiuso lunedì; luoghipubblici aperti secondo iconsueti orari. Entratalibera.

Biennaledell’ImmagineInvasioniChiasso, Balerna,Ligornetto, MendrisioFino al 12 novembre2006

Per la 5a edizione dellaBiennale dell’immagine,

sono allestite in variluoghi di Chiasso (SalaDiego Chiesa, SpazioOfficina, Galleria Cons Arc,Galleria Mosaico, exGarage Corso), di Balerna(Sala del Torchio),Ligornetto (Museo Vela) edi Mendrisio (Bibliotecadell’Accademia diArchitettura) mostre difotografia e video.Originale il progettoRadix, secondo cui “alcuni

spazi urbani [di Chiasso]sono invasi con i prodottidella campagna”.

Orari: a Chiasso damercoledì a venerdì ore15.30-19.30, sabato edomenica 10.30-12.30,15.30-18.30; altri luoghicon prorpri orari. Entrataper tutte le mostre e glieventi: Fr. 10 ? 7 (connumero speciale dellarivista Chiasso_so!).Per informazioni: 0041916950914;www.biennaleimmagine.ch.

HardingMeyerGalleria Roberta Lietti,Como - via Diaz 3Fino al 25 novembre2006

Harding Meyer presenta,nella sua prima mostrapersonale italiana curatada Emma Gravagnuolo eLicia Spagnesi, circa ventilavori realizzatiappositamente per questaesposizione, opere cheben esemplificano la suaricerca pittorica da sempreincentrata sul ritratto.Con una tecnica pittoricafatta di larghe pennellatea cui si sovrappongonoripetuti interventi dispatola, Meyer tracciasulla tela enormi,bellissimi volti maschili efemminili in primo oprimissimo piano.

Orari: da martedì a sabatoore 10.30-12 15.30-19;chiuso lunedì e festivi.Entrata libera.

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In alto• Harding Meyer, Untitled.In mostra a Como.

Qui a lato• Akio Hamatani, Orbit 6.In mostra a Como.

Il segnodellascapigliaturaRinnovamento tra ilCanton Ticino e laLombardia nel seconoOttocento

Pinacoteca CantonaleGiovanni Züst, Rancate -CHFino al 3 dicembre 2006

Una nutrita scelta didipinti, acquerelli,sculture e disegnipresentano, a cura diSergio Rebora eMariangela Agliati Ruggia,una nuova interpretazionedel movimento artisticodella scapigliatura,riportandolo all’internodell’evoluzione dell’artelombarda dell’Ottocento.Di grande interesse laserie dei ritratti eseguitida Daniele Ranzoni negliultimi anni della suatormentata vicenda umanae professionale.

Orari: da martedì adomenica 9-12, 14-17;chiuso lunedì. Ingresso: Fr8, euro 5,50, ridotti Fr 6,euro 4, gratuito per lescolaresche.Catalogo: SilvanaEditoriale.Per informazioni: tel.004191 6464565;www.ti.ch/zuest.

EspritSphériqueSfere dalla CollezioneLegler, Bergamo

Galleria Gottardo, LuganoViale Stefano Franscini 12Fino al 23 dicembre2006

Decine e decine dideclinazioni diverse peruna forma che dovrebbeessere sempre uguale a sestessa: sfere di utilizzomilitare, decorativo,religioso, tecnico,artistico; sfere antiche emoderne, colte e popolari,rigorose e irregolari. Unamostra curiosa estimolante, accompagnatada un “catalogo” che èun’articolata raccolta disaggi sul tema.

Orari: martedì 14-17; damercoledì a sabato 11-17;chiuso domenica e lunedì(aperto anche durante igiorni festivi 1 novembree 8 dicembre). Entratalibera.Per informazioni: 0041918081988; www.galleria-gottardo.org.

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L’immaginedel vuotoUna linea di ricercanell’arte in Italia 1958-2006

Museo Cantonale d’Arte,LuganoFino al 7 gennaio 2007

Una coppia antitetica(l’immagine/il vuoto) fada titolo a una mostra heindaga gli sviluppidell’arte italiana dalla finedegli anni Cinquanta aoggi: la dissoluzione deglioggetti tradizionalidell’interesse artistico (il

In alto• Tranquillo Cremona, Schizzodal vero o I due cugini.In mostra a Rancate.• Alighiero Boetti, GhisaVerde 1970.In mostra a Lugano.

Qui a lato• Lampada a olio indiana.In mostra a Lugano.

vuoto) non significa larinuncia alla figurazione(l’immagine). Molte opereesposte sono veri e propricapolavori, non solo tra igrandi ispiratori (Fontana,Klein, Manzoni, Paolini,Boetti) ma anche tra i“giovani”.

Orari: martedì 14-17; damercoledì a sabato 10-17;domenica 11-18; lunedìchiuso.Ingresso: Fr. 10, euro 7;AVS, studenti, gruppi Fr.7, euro 5.Per informazioni: tel.004191 9104780;www.museo-cantonale-arte.ch.

Piera Benzoni, Oreficeria Como • Via Adamo del Pero, 20 • Tel. 031/264481 • Fax 031/264016Benzonibijoux Como • Via Adamo del Pero, 23 • Tel. 031/240112