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EIKON ARCMAGAZINE Arte_Ricerca_Comunicazione Free Press/Marzo-Aprile 2011 N.13 MARZO - APRILE 2011 Bimestrale di comunicazione e informazione culturale A voice for the artists...... PIETRO NEGRI EDITORE - Distribuzione su abbonamento 20 euro annuale c/c postale 70951959 VALERIA MARIOTTI Per incantamenti e visioni dal 9 Aprile al 12 Novembre al Plus Florence di Firenze

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Bimestrale di arte, ricerca e comunicazione realizzato dai migliori critici italiani.

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Page 1: Eikon13

EIKONARCMAGAZINEArte_Ricerca_ComunicazioneFree Press/Marzo-Aprile 2011

N.13 MARZO - APRILE 2011

Bimestrale di comunicazione e informazione culturale

A voice for the artists......

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VALERIA MARIOTTIPer incantamenti e visionidal 9 Aprile al 12 Novembre al Plus Florence di Firenze

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VICENZAStr. Cà Balbi 320, Bertesinella

0444 911244

MONTECCHIO MAGGIORE (VI)Largo Vittorio Boschetti 17

0444 499913

BASSANO DEL GRAPPA (VI)Via Scalabrini 47 0424 529034

RUBANO (PD)Via Antonio Rossi 24

049 635600

SANTORSO (VI)Via Ognibene dei Bonisolo 29

0445 540678

I professionisti dell’uditow w w . e l e t t r o s o n o r . i t

Test dell’uditoForniture di apparecchi acusticiForniture di auricolari su misuraRiparazione di apparecchi acusticiRiabilitazione uditiva RPEPile ed accessori per apparecchiGeneGeneratori di rumore ed ambientali per acufeniTappi su misura antirumoreTappi su misura per sport acquaticiConvenzioni con A.S.L. ed INAIL

PROBLEMI DI UDITO?

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N. 13 Marzo - Aprile 2011

Bimestrale di comunicazione e informazione culturale

Direttore responsabileMaria Elena Bonacini

Redazione

Maria Rita MontagnaniAnnette Ronchin Mara CampanerZanandrea AnnaLaura Leone Lorena ZanussoRoberto RoncaRenato FreddoliniMaria Teresa GiffoneClaudia Doppio

Pietro Negri EditoreCorso Palladio, 17936100 Vicenza

StampaGrafiche CorràArcole (VR)

Contatti e informazioni: [email protected]

L’Editore si dichiara pienamente disponibile a regolare eventuali pendenze relative a testi, illustra-zioni e fotografie con gli aventi diritto che non sia stato possibile contattare.

Eikon MagazineE’ vietata la riproduzione anche parziale di testi e immagini pre-senti su tutta la rivista

Supplemento della testataMuseohermeticoReg. Trib. VI. 1115 del 12.09.2005roc n. 13974

Eikon Magazineè un prodotto

EIKON ARCMAGAZINEArte_Ricerca_Comunicazione

AGENDA MOSTREper formazione gruppi e visite guidate alle mostre prenotazioni:[email protected] *039 0444 327976

www.federcritici.org www.7styles.it

N.12

ARTISTI 13

Valeria Mariotti

Lorenzo Fina

Matteo Arfanotti

Luca Lupi

Carlo Inglese

Nicola Sciotto

Giuliana Cobalchini

Silvia Garzonotti

Mirella Raganato

Nino Ninotti

Pietro di Lecce

Motta Piero

Vittorio Formisano

EIKO

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HENRI MATISSEfino al12 GiugnoMuseo S. GiuliaBrescia

MELOZZO DA FORLI’fino al 12 GiugnoMusei S. DomenicoForlì

CAPOLAVORI IMPRESSIONISTI E POST IMPRESSIONISTIfino al 24 LuglioMART Rovereto (TN)

LORENZO LOTTOfino al 12 GiugnoScuderie del QuirinaleROMA

ARCIMBOLDOfino al 22 MaggioPalazzo Reale MILANO

Per esprimere la propria tensione creativa, Silvia Garzonotti ricorre ancheall'uso della fotografia e del computer, ma assegna alla pittura una centralitàche parte dal disegno per trovare nel rapporto fra luce e ombra il momentogeneratore dell'evento e il luogo, in cui la fisicità del tratto si fa limite dipenetrazione dentro l'essenza di spiritualità. In questo caso la matita è unmezzo straordinario di scrittura di sentimenti e umori che talvolta sfuggonoanche alla percezione di chi li prova; l'immagine che focalizza solitamentevolti "ad occhi chiusi" richiama l'idea di una maschera, involucro della realtà,che è necessario infrangere per andare oltre, per sondare, come dice l'artista,"il mondo misterioso dell'anima". L'urgenza di racconto muove da uno scandagliointeriore, con cui Silvia Garzonotti va a prelevare i moti più segreti della suasensibilità per travasarli sulla superficie pittorica che, in tal modo, diventa ilpiano di registrazione di battiti d'emozione lasciati liberi di materializzarsinelle articolazioni figurali dell'opera. Il volto attiva un meccanismo dicomunicazione intensa tra l'autrice e la propria dimensione più segreta, lasciatatrapelare per allusione da un'espressione sospesa tra l'urgenza di intimità equella di relazione con ipotetici interlocutori, capaci di impostare sul silenzioun sistema di colloquialità fatta di vibrazioni, accenni, sfumature fisionomiche:parvenze ieratiche, collocate in una temperie di immobilità dove i ritmi dellacontemporaneità sono momentaneamente interrotti per consentire l'intercettazionedi un respiro, indicatore del grado di partecipazione dell'autrice all'attualità.

BIOGRAFIA ESSENZIALE

Vincitrice "Premio Arte 2003" ed. Mondadori con esposizione al Palazzo dellaPermanente a Milano.

2010: espone “Frammenti” al CAMeC, Centro Arte Moderna e Contemporaneadella Spezia; 2009: con “Rimbalzi del tempo nel viaggio per Itaca” espone, al Centro S.Allende (SP), la mostra viene presentata da Marzia Ratti Direttore IstituzioneServizi Culturali Comune della Spezia;2007: partecipazione a “Hombelico”, mostra collettiva organizzata pressoPalazzina delle Arti (Sp) e partecipazione alla “Settimana dell'Arte” presso IGVClub S. Giusta loc. Castiadas Sardegna;2006: espone, nella collettiva “Frames” presso lo Spazio E. Pifferi Editore,Como e partecipa all'iniziativa organizzata dalla Galleria d'Arte 18, di Bologna"Artearredo '06"; 2005: mostra personale “Io sono Cuba” organizzata presso il Centro S. Allende -La Spezia. Mostra personale a cura di Enzo Santese, organizzata presso laGalleria d'Arte “Il Levriero”, Grado (GO);2004: partecipazione alla collettiva "Visioni Parallele” a Palazzo AreseBorromeo, Cesano Maderno (MI) ed a “Tremend'art”, per Don Mazzi, collettivapresso il Palazzo della Ragione a Milano.Alcune opere sono entrate a far parte delle collezioni del Museo d'ArteModerna di Monsummano Terme (PT) e delle collezioni del CAMeC , Centrod'Arte Moderna e Contemporanea, della Spezia.

SILVIA GARZONOTTIIL MISTERO DEI VOLTIdi Enzo Santese

Silvia Garzonotti nasce a Minucciano (LU), da giovanissima si trasferisce prima a Livorno e poi a Roma, dove completa la suaformazione scolastica, per poi trasferirsi, con la famiglia allaSpezia, dove tutt'ora vive e lavora. Disegnare è sempre stato per leiun gesto spontaneo con particolare interesse per il ritratto e allacopia dal vero. Già sposata e con una figlia, frequenta l'Accademiadi Belle Arti di Carrara, diplomandosi con il massimo dei voti conuna tesi sul ritratto.

Info.:Galleria Il Levriero | L.go Grisogono 30, Grado (GO) cell. +39 3384589095 | www.galleriaillevriero.com

Galleria 44 |Via della Rocca 4/i, Torino tel. +39 011 8123629 | www.galleria44.com

grafite su tavola naturale cm. 50 x 50

grafite su carta cm. 40 x 40

grafite su carta cm. 60 x 50

Per esprimere la propria tensione creativa, Silvia Garzonotti ricorre ancheall'uso della fotografia e del computer, ma assegna alla pittura una centralitàche parte dal disegno per trovare nel rapporto fra luce e ombra il momentogeneratore dell'evento e il luogo, in cui la fisicità del tratto si fa limite dipenetrazionedentro l'essenza di spiritualità. In questo caso la matita è unmezzo straordinario di scrittura di sentimenti e umori che talvolta sfuggonoanche alla percezione di chi li prova; l'immagine che focalizza solitamentevolti "ad occhi chiusi" richiama l'idea di una maschera, involucro della realtà,che è necessario infrangere per andare oltre, per sondare, come dice l'artista,"il mondo misterioso dell'anima". L'urgenza di racconto muove da uno scandagliointeriore, con cui Silvia Garzonotti va a prelevare i moti più segreti della suasensibilità per travasarli sulla superficie pittorica che, in tal modo, diventa ilpiano di registrazione di battiti d'emozione lasciati liberi di materializzarsinelle articolazioni figurali dell'opera. Il volto attiva un meccanismo dicomunicazione intensa tra l'autrice e la propria dimensione più segreta, lasciatatrapelare per allusione da un'espressione sospesa tra l'urgenza di intimità equella di relazione con ipotetici interlocutori, capaci di impostare sul silenzioun sistema di colloquialità fatta di vibrazioni, accenni, sfumature fisionomiche:parvenze ieratiche, collocate in una temperie di immobilità dove i ritmi dellacontemporaneità sono momentaneamente interrotti per consentire l'intercettazionedi un respiro, indicatore del grado di partecipazione dell'autrice all'attualità.

BIOGRAFIAESSENZIALE

Vincitrice "Premio Arte 2003" ed. Mondadori con esposizione al Palazzo dellaPermanente a Milano.

2010: espone “Frammenti” al CAMeC, Centro Arte Moderna e Contemporaneadella Spezia; 2009: con “Rimbalzi del tempo nel viaggio per Itaca” espone, al Centro S.Allende (SP), la mostra viene presentata da Marzia Ratti Direttore IstituzioneServizi Culturali Comune della Spezia;2007: partecipazione a “Hombelico”, mostra collettiva organizzata pressoPalazzina delle Arti (Sp) e partecipazione alla “Settimana dell'Arte” presso IGVClub S. Giusta loc. Castiadas Sardegna;2006: espone, nella collettiva “Frames” presso lo Spazio E. Pifferi Editore,Como e partecipa all'iniziativa organizzata dalla Galleria d'Arte 18, di Bologna"Artearredo '06"; 2005: mostra personale “Io sono Cuba” organizzata presso il Centro S. Allende -La Spezia. Mostra personale a cura di Enzo Santese, organizzata presso laGalleria d'Arte “Il Levriero”, Grado (GO);2004: partecipazione alla collettiva "Visioni Parallele” a Palazzo AreseBorromeo, Cesano Maderno (MI) ed a “Tremend'art”, per Don Mazzi, collettivapresso il Palazzo della Ragione a Milano.Alcune opere sono entrate a far parte delle collezioni del Museo d'ArteModerna di Monsummano Terme (PT) e delle collezioni del CAMeC , Centrod'Arte Moderna e Contemporanea, della Spezia.

SILVIAGARZONOTTIILMISTERO DEI VOLTIdi Enzo Santese

Silvia Garzonotti nasce a Minucciano (LU), da giovanissima si trasferisce prima a Livorno e poi a Roma, dove completa la suaformazione scolastica, per poi trasferirsi, con la famiglia allaSpezia, dove tutt'ora vive e lavora. Disegnare è sempre stato per leiun gesto spontaneo con particolare interesse per il ritratto e allacopia dal vero. Già sposata e con una figlia, frequenta l'Accademiadi Belle Arti di Carrara, diplomandosi con il massimo dei voti conuna tesi sul ritratto.

Info.:Galleria Il Levriero | L.go Grisogono 30, Grado (GO) cell. +39 3384589095 | www.galleriaillevriero.com

Galleria 44 |Via della Rocca 4/i, Torino tel. +39 011 8123629 | www.galleria44.com

grafite su tavola naturale cm. 50 x 50

grafite su carta cm. 40 x 40

grafite su carta cm. 60 x 50

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MostreM

info

La mostra su Matisse è simultanea a quella storico-archeologica dedicata alla figura di Ercole, mitico fondatore di Brixia, entrambe rimarranno aperte fino al 12 giugno 2011 al Museo Santa Giulia, via Musei 81/B, Brescia

per informazioni Numero Verde: 800775083 www.clponline.it www.matissebrescia.it

Schighitz

HENRI MATISSEMaestro dell’essenza di Anna Maria Ronchin

l Museo di Santa Giulia di Brescia presenta la mostra più significativa del panorama artistico italiano nel primo semestre 2011: Matisse, la seduzione di Michelangelo.

Straordinaria esposizione, pensata per offrire al pubblico due ore di godimento estetico, nel percorso estetico di rara eccellenza, scaturito dalla sperimentata ricerca sulle immagini di Maurizio Bernardelli Curuz, direttore artistico di Fondazione Brescia Musei. Il destinatario è il visitatore curioso e desideroso di capire, d’individuare lo slancio creativo di Henri Matisse (1869-1954), l’artista della joie de vivre. L’allestimento di Alberto Torsello ripercorre le tappe principali dell’esperienza estetica del maestro francese e rende partecipe lo spettatore nella scoperta del codice visivo perduto, individuato dal curatore Maurizio Bernardelli Curuz, insieme al suo staff Claudia Beltramo Ceppi e Enrico Giustacchini, in primis. E’ il Codice Michelangelo, il motivo conduttore che emerge dai rimandi fra le opere esposte del grande francese e la scultura del genio rinascimentale, narrato nel linguaggio sinestetico dell’intero percorso, elaborato secondo i canoni della museografia contemporanea, dai fasci di luce che cadono sulle pagine dell’originale Revue Verve ( Paris, 1937-1952), al ritmo alternato dei dipinti e delle sculture, che via via si susseguono, dalla penombra della galleria iniziale fino alla celebrazione della gioia nella

luminosa sala del jazz. Epigrammatiche sono le parole di Matisse stampate sui pannelli e quelle iniziali sono indicative del suo codice:- L’insieme è il nostro unico ideale. I dettagli diminuiscono la purezza delle linee, danneggiano l’intensità emotiva …. quanto ai dettagli pittorei non deve preoccuparsene, esiste la fotografia- . Infatti, dopo il periodo di studi all’Ecole des Beaux-Arts e l’influenza di maestri della levatura di Gustave Moreau e di Paul Césanne, nell’ultimo decennio del XIX secolo, prende le distanze sia dal naturalismo sia dall’impressionismo. Egli si preoccupa essenzialmente di comunicare, distilla la sua poetica squisitamente pittorica, dove la forma e il colore diventano sostanza dell’intero suo percorso artistico. Memore dell’insegnamento del maestro simbolista, per il quale il colore -deve essere pensato, sognato, immaginato- Matisse assurge a elemento fondante della sua pittura, il valore cromatico, che diventa esso stesso immagine, per la sua forza creativa e per l’incanto della decorazione; sceglie di dipingere a tinte piatte, per le quali abbandona la gamma dei colori impressionisti; infatti, nelle sue opere i dominanti del blu e del giallo sono, costantemente, divorati dai complementari verde e arancione.Il colore è il luogo della contemplazione, opposto alla funzione strumentale che ne fecero i cubisti; quando nel 1905 espose con Derain, Vlamink e Marquet al Salon d’Automne di Parigi suscitò lo scandalo per l’uso dei colori puri e vitali, liberamente stesi sulle tele.

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protagonisti dell’arte moderna pHENRI MATISSEMaestro dell’essenza di Anna Maria Ronchin

La reazione fu di sdegno ma anche d’interesse come per il critico Louis Vauxcelles, che coniò l’epiteto Fauves, diventato poi il nome dell’espressionismo mediterraneo. Questa corrente si distingue dalla sua variante tedesca, carica di tensione drammatica, per la vivezza cromatica e per l’esplicita dichiarazione di autentica joie de vivre. Lo studio della scultura di Michelangelo per l’artista è determinante, il grande maestro rinascimentale conferisce equilibrio alla produzione pittorica di Matisse; infatti, lavorò molto alla figura dello Schiavo morente, giungendo a conclusioni diverse da Rodin. Il bronzo Nudo maschile (1900-1903) è l’esordio narrativo, che il curatore della mostra Berardelli Curuz ha concepito come un war game, dove si alternano opere pittoriche, grafiche e scultoree, quest’ultime provenienti principalmente dalla Fondazione di New York, The Pierre and Tana Matisse. Il bronzetto che apre la mostra, proviene dal museo Matisse, di Nizza, è tozzo, con il capo reclinato, seduto sulla pancia, senza arti, sopravvissuto alla storia; al suo fianco è esposta la tela bozzetto dello stesso corpo maschile, datata 1900 e proveniente dal museo Cantini di Marsiglia, ha la medesima posizione degli arti, ma il viso rivolto in alto, l’alito di speranza è confermato dai colori dominanti del blu oltremare e del giallo, trasformatisi nel complementare verde, intervallato dall’incarnato e dalla terra bruciata di Siena. Se i nudi maschili di Matisse appartengono al breve periodo tra il 1899 e il 1903, quelli femminili rimarranno una costante dell’intero repertorio, la ricerca delle linee essenziali denota il peso che assumono le proporzioni e i volumi, costantemente calibrati fino al risultato finale, scaturito dallo scavo della materia. Il procedimento è il medesimo del sublime Michelangelo, la linearità delle figure scaturisce dal costante confronto con l’arte rinascimentale, per questo sono esposti i calchi delle celebri sculture medicee con a latere gli studi matissiani carboncini (1918-20), grafiti su carta (1910-11), creati senza mai staccare la matita dal foglio. I profili dei nudi, tradotti poi in bronzo e su tela, denotano la ricerca dell’essenziale, condotta nel primo decennio del Novecento da Henri Matisse. Nel 1918 dichiarò di non riuscire a staccarsi dal calco della Notte di Michelangelo, ora esposto a Santa Giulia, insieme a quello dell’Aurora, entrambi provenienti dalla Gipsoteca del liceo artistico di Porta Romana, Firenze. Molti soggetti matissiani hanno la medesima configurazione delle sculture medicee, come

maestro dell’essenza

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MMostre Henri Matisse: la seduzione di Michelangelo

la grande figura femminile sdraiata con le braccia sulla testa de Il ratto d’Europa (1929), realizzata prima a carboncino nero su tela, poi confermata dalla pennellata ombreggiata dagli interventi cromatici del celeste-ocra sullo sfondo e del rosa sul manto del toro.La serie di incisioni su linoleum Dell’arte del suonare il violino, conferma la ricerca della linea, essenziale ed assoluta, lo stesso artista compara l’incisore al violinista:-la minima distrazione a tracciare una linea comporta una leggera pressione delle dita sulla sgorbia e influenza negativamente la traccia sul linoleum, così basta stringere un po’ più le dita che tengono l’archetto del violino, perché il suono cambi: da dolce a forte.- con la musicalità dell’archetto l’artista muove il suo bulino sulla lastra, nell’accordo armonico della danza di incantevoli forme.Nella stanza delle odalische, primeggia la sensualità elegante delle disinibite cortigiane orientali, dipinte da Matisse negli anni Venti, dopo il suo viaggio in Marocco, sono in posa, con il seno scoperto e il capo velato. Mentre nelle tele primeggia la ricchezza dei dettagli dei bracieri, dei tamburi, degli arabeschi nei paramenti e dei raffinati ricami nei veli, nel gouache découpée, o

tempera ritagliata, tutto viene decantato nell’essenziale slancio appassionato che delinea il profilo della Danzatrice. Non c’è frattura tra i découpages e i quadri precedenti, è lo stesso procedimento con il quale Matisse si impadronisce della composizione, a sua volta diversa da quella realizzata con le moderne tecniche visive che ingrandiscono e proiettano le immagini volute su una superficie. Per usare l’analogia dell’artista francese: -Colui che cerca un aereo con i riflettori non percorre il cielo nello stesso modo del pilota- . La squillante sala finale espone il libro d’artista -Jazz-, realizzato a gouache pochoir per Tériade Editeur, Paris nel 1943-1944, e il pannello in vetro Tiffany, studio per la Cappella del Rosario di Vence, cui l’artista lavorò dal 1948 al 1951, considerato il suo capolavoro; infatti, è il testamento iconografico per l’equilibrio di ogni sua componente formale, cromatica e strutturale, dove tutte le parti sono considerate con il medesimo interesse, da ciò deriva la sinfonia dello spirito, cui Matisse ha teso nell’arco della sua esistenza – perché noi siamo legati all’universo intero-.

Anna Maria Ronchin

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a fotografia è un’arte espressiva che si avvale di un mezzo tecnico. Per far funzionare un mezzo tecnico ci si avvale di regole e procedimenti ai quali si può anche trasgredire. Perché sempre tutto a fuoco?, perché sempre tutto ben esposto? In fotografia, come del resto in poesia, le regole talvolta possono essere infrante in nome di un migliore risultato estetico ed espressivo che si vuole ottenere.

Si può decidere di scattare dei fotogrammi leggermente mossi o sfuocati a seconda del messaggio che si desidera comunicare. Si può decidere di scattare dei fotogrammi leggermente sottoesposti per ottenere dei colori più saturi.Già, i colori: si può anche scegliere di escluderli e cioè di realizzare dei fotogrammi o un intero lavoro fotografico in bianco e nero.Perché il bianco e nero se il mondo che ci circonda è colorato? E’ questa la domanda che spesso ci viene rivolta e la risposta o, meglio le risposte, si presentano complesse perché investono molteplici aspetti non solo della percezione visiva ma anche il nostro modo di concepire la fotografia come arte espressiva.“Siamo fatti del grigio della polvere al suolo / e del fiato del vento”. Così Erri De Luca inizia il commento di una serie di fotografie di Danilo De Marco dedicata alle donne, per spiegare il senso profondo del suo lavoro in bianco e nero.La scelta del bianco e nero come forma espressiva è un fatto estetico, ma non solo. Con questa forma di linguaggio viene privilegiato il messaggio simbolico lasciando spazio ai colori dell’immaginazione, creando così una complicità, un gioco tra fotografia, autore ed osservatore.Inoltre con la fotografia in bianco e nero vi è un rimando alla memoria e all’interiorizzazione: noi guardiamo a colori ma vediamo in bianco e nero, cioè attribuiamo al nostro vedere un tempo diverso. Il tempo della riflessione, della meditazione, un andare oltre la superficie per comprendere meglio.C’è qualcosa di straordinario e avvincente nella fotografia in bianco e nero soprattutto oggi, epoca della comunicazione sempre più aggressiva, provocatoria e rumorosa: pubblicità in televisione, manifesti per strada, schermi dei nostri computer, telefonini.Nel corso di quasi duecento anni, a fronte di straordinarie ed emozionanti immagini a colori, il bianco e nero rappresenta ancora una valida scelta espressiva per invitare il nostro sguardo a soffermarsi sul senso profondo di ciò che vediamo.

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C la seduzione di Michelangelo

FOTOGRAFIA: Appunti (2) di Renato Freddolini

Renato Freddolini

Docente di fotografia presso Ossidiana, centro culturale e di [email protected]@tiscali.it

Cultura dell’immagine

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MELOZZO DA FORLI’Musei San Domenico Circuito visite guidate

on questa esposizione, la città di Forlì intende celebrare il suo artista più famoso, raccogliendo per la prima volta la gran parte delle sue opere mobili. Se già in passato (nel 1938 e nel 1994) Melozzo è stato oggetto di importanti esposizioni, non si è tuttavia mai potuto presentare un numero importante di opere superstiti, né si era condotta una riflessione sul ruolo centrale svolto dall’artista forlivese nella vicenda del Rinascimento italia-

no, preferendo studiarne la personalità nel contesto romagnolo.Già ricordato come pittore in un documento del 1461, Melozzo degli Ambrogi (1438-1494) si era ben presto allontanato da Forlì per attingere ai centri più vitali del Rinasci-mento, da Padova a Urbino, a Roma, dove sarebbe divenuto l’artista di punta negli anni dei pontificati di Pio II e Sisto IV, fino a meritarsi il titolo di Pictor papalis.La conoscenza di Mantegna e soprattutto di Piero della Francesca lo aveva portato ad aderire alle nuove certezze della prospettiva matematica, salvo poi intraprendere, a partire dal colossale affresco nell’abside della chiesa dei Santi Apostoli a Roma (1472-1474), una personale ricerca sulla bellezza della figura umana, in grado non solo di possedere lo spazio entro cui si colloca, ma di imporsi come canone di una perfezione formale su tutto il creato. Su questa base si è potuto di recente affermare che “senza Melozzo difficilmente si spiegherebbe Raffaello” (Antonio Paolucci). Ed è appunto entro questa linea di immensa portata per l’arte moderna che la mostra intende studiare la figura di Melozzo, restituen-dola alla sua dimensione più autentica e innovante. Da un lato la misura matematica dello spazio pittorico di Piero della Francesca e dall’altro la bellezza ideale di Raffaello, quale punto d’arrivo di una ricerca alla quale Melozzo seppe dare un contributo del tutto origina-le, umanizzando la sublime astrazione di Piero e cercando una lingua comune tra le scuole artistiche italiane.Per documentare lo straordinario percorso compiuto dall’artista forlivese, la mostra af-fianca alle sue opere capolavori degli artisti con cui venne in contatto nel corso della sua formazione, da Andrea Mantegna a Piero della Francesca, a Bramante e a Pedro Berru-guete, questi ultimi conosciuti a Urbino. Ne segue poi l’attività a Roma, dapprima ai Santi Apostoli e poi nella Biblioteca Vaticana (Sisto IV nomina il Platina Prefetto della bibliote-ca, 1475), affiancandole le opere degli artisti con cui venne in contatto nella città dei papi, da Beato Angelico a Mino da Fiesole a Bartolomeo della Gatta e ad Antoniazzo Romano. A Roma, Melozzo si trovò altresì impegnato nella riproduzione di immagini sacre di antica devozione, il cui studio si riflette nel Salvatore della Galleria Nazionale di Urbino e nel San Marco dell’omonima chiesa romana. Nello stesso tempo, forte dell’appoggio della fa-miglia Riario, seppe dar voce alle ambizioni culturali della corte pontificia, che richiamava in quegli anni artisti da tutta Italia, tra i quali Domenico Ghirlandaio, Pietro Perugino, Alessandro Botticelli. Di costoro sono presentate in mostra importanti testimonianze. Così come viene documentato, attraverso arredi, paramenti liturgici e codici miniati, lo sfarzo straordinario dell’arte papale.Dopo i lavori nella sagrestia di San Marco a Loreto (1484-1493), lasciata inspiegabilmente incompiuta, Melozzo fece ritorno a Forlì, dove lavorò nella cappella Feo in San Biagio, purtroppo distrutta dall’ultima guerra.

ForlìMusei San Domenicodal 29 Gennaio al 12 Giugno 2011

Prenotazione gruppi e visite guidatesegreteria [email protected] 039 0444 327976

MMostre

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MELOZZO DA FORLI’Musei San Domenico Circuito visite guidate

IMPRESSIONISTI E POST-IMPRESSIONISTIAl Mart dal Musèe d’Orsay Circuito Visite guidate a cura di Anna Zanandrea

RoveretoMARTdal 19 Marzo al 24 Luglio 2011

Prenotazione gruppi e visite guidatesegreteria [email protected] 039 0444 327976

Biglietti Mart Roveretointero: € 11,00 intero unico 2 sedi: € 13,00 ridotto: € 7,00 (dai 15 ai 26 anni di età; dai 65 anni di età; gruppi di visitatori di almeno 15 persone; soci o tesserati di enti convenzionati con il Museo)ridotto unico 2 sedi: € 9,00 tariffa famiglia: € 22,00

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capolavori del Musée d’Orsay di Parigi saranno esposti in Italia.Dal 19 marzo al 24 luglio 2011, al Mart di Rovereto si potranno ammirare oltre settanta dipinti provenienti dalla più importante collezione del XIX Secolo del mondo. E’ proprio il parigino Musée d’Orsay, infatti, che conserva le opere mag-giormente significative, per numero e qualità, di quegli artisti che hanno cambiato alla fine dell’800 il corso della storia dell’arte moderna: se si parla di Impres-

sionismo e Postimpressionismo non c’è infatti raccolta più prestigiosa di quella conser-vata oggi nel Museo francese, un luogo fondamentale per gli studi su Monet, Cézanne, Pissarro, Sisley, Renoir, Degas, Toulouse-Lautrec, Van Gogh, Gauguin, Morisot, Vuillard, Bonnard, Denis, Courbet.I capolavori di questi ed altri artisti saranno presenti nella mostra del Mart: un’occasione unica per conoscere da vicino, attraverso opere esemplari, il più entusiasmante periodo della ricerca pittorica tra Ottocento e Novecento.

“La rivoluzione dello sguardo. Capolavori impressionisti e post-impressionisti dal Musée d’Orsay”, è resa possibile grazie all’accordo di collaborazione tra il Mart e il mu-seo francese, che in fase di restauro (riapertura prevista per l’autunno 2011) ha concesso per la prima volta un nucleo così rilevante di opere in prestito per una itineranza di sole tre tappe, che ha toccato Australia, America e ora, unica sede il Mart, l’Italia.Il progetto presenta un’eccezionale selezione di dipinti, dalla grande stagione dell’Impres-sionismo alla vigilia delle avanguardie: lo scandaloso realismo di Gustave Courbet nella celeberrima tela “L’origine du monde” (1866), esposta per la prima volta nel nostro Paese; la nuova visione temporale che Claude Monet introduce nella serie di dipinti dedicati alla “Cattedrale di Rouen” (1892), della quale il Mart ospita una tra le più intense versioni; la straziante solitudine di Van Gogh e della sua “Chambre ad Arles” (1889); lo sguardo introspettivo, declinato al femminile, di Berthe Morisot, il cui dipinto “Le Ber-ceau” (1873) fu presentato con scandalo alla prima mostra del’Impressionismo nel 1874 a Parigi; l’esotismo di Paul Gauguin con le “Donne di Tahiti” (1891); e poi, lo sguardo di Degas sulla danza e l’”Omaggio a Cézanne” (1900) di Maurice Denis, testimonianza di una fedeltà all’artista da molti considerato il più importante di quell’epoca.Questi sono solo alcuni degli straordinari capolavori presenti nella mostra, che segue un percorso tematico, attraverso appunto quella “rivoluzione dello sguardo”, che gli artisti impressionisti e post-impressionisti tra Ottocento e Novecento hanno aperto alla visione della modernità.L’esposizione La rivoluzione dello sguardo. Capolavori impressionisti e post-impressio-nisti dal Musée d’Orsay, ideata e curata da Guy Cogeval, presidente del Musée d’Orsay, e Isabelle Cahn, con la direzione scientifica di Gabriella Belli, direttore del Mart, propone dunque una rilettura di quel cruciale passaggio che ha preparato il terreno alle avanguardie artistiche europee del primo Novecento.

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MMostre VALERIA MARIOTTIPer incantamenti e visioni a cura di Prof. Carlo Franza

Valeria Mariotti, artista romana dalle esposizioni curate, disegna e dipinge fin da bambina, ma per alcuni inconvenienti non ha potuto frequentare la Scuola d’Arte.Nel 1999 l’ascesa pittorica, il flusso interiore che fino a quel momento fu contenuto esplose in una miriade di iniziative artistico/visuali.Le opere, da prima paesaggi campestri con dettami della cultura classica, sfumano man mano in esibizioni via via piu’ sperimentali. L’estro volteggia in alchimie stilistiche particolari e si riscopre giullare e interprete di se stesso: il segno è piu’ libero di scivolare sulla tela in tracciati inediti, piu’ incontra i desideri dell’artista.Alla domanda “Cos’è per te l’arte?”. L’artista risponde immediata e sicura “L’arte è gioia dello spirito, è in grado di metterti in contatto con la parte piu’ bella della vita: la sfera dei sentimenti e delle relazioni piu’ intime. In ultima analisi: un veicolo di identita’ personale”.Il potere della Comunicazione e la sua intensita’ parlano e cantano all’unisono per l’artista.La Contemplazione della Natura è solo uno dei motivi (sebbene il piu’ trattato e gestito come filtro introspettivo ai vari materiali ed alle tecniche prescelte) di studio.Per andare oltre il bidimensionale, verso il tridimensionale e, infine la scomposizione dei piani e dei livelli cromatici. Il colore puo’ essere caldo, impulsivo o plastificato, non importa, cio’ che conta è il gesto che include l’artista al resto del mondo, il suo tracciato, l’esperienza e l’approdo.L’Amore verso l’altro, il prossimo, l’interlocutore delle sue opere è sempre implicito nelle rielaborazioni al Tema della pittrice e conduce verso forme di ascolto superiori“versus l’Amore puro, versus Dio”.L’Arte viene vissuta dall’artista come specchio delle proprie emozioni e in quanto dotata di uno Spirito Libero, attraverso l’Amore per l’Arte o forme d’Amore Universali,supera se stessa, trova Armonia, si fonde nel sentire unanime delle Creature della Terra.Il Buio e i Colori sono un gesto sovrapposto delle pennellate, l’unico gesto che porta la Luce a danzare con le tenebre… ( da”Rosso, Metamorfosi e Natura per Mariotti” intervista della giornalista M. Recchiuti, in occasione della Personale “Natura e Metamorfosi” e pubblicata a su un giornale telematico).

“Per incantamenti e visioni”Dipinti di Valeria Mariotti Valeria Mariotti è una pittrice nata a Cortona ma romana di adozione che dipinge fin da bambina i suoi mondi reali e fantastici esposti recentemente a Treviso presso la “Casa dei Carraresi”, all’Art Fair di Pechino e al Museo Pigorini di Roma . Dal 9 Aprile al 12 Novembre sara’ presente a Firenze con circa trenta opere recensite dal Professor Carlo Franza, noto storico dell’arte il quale nel 2010 a Milano l’ha insignita del Premio delle Arti e della Cultura per il disegno presso il Palazzo della Stampa.

Personalepresso il Plus Florence di FirenzeVia S.Caterina d’Alessandria 15Dal 9 aprile al 12 novembrecell. 3471454915

contatti:[email protected]/ValeriaMariottiMarvalwww.twitter.com/ValeriaMarval

Origine Foresta metamorficaM

Astro splendente Creazione

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Per incantamenti e visioni

Personale dell’artista alPLUS FLORENCE DI FIRENZEDal 9 Aprile al 12 Novembre 2011

Profondità marine Fiori e farfalle

protagonisti dell’arte contemporanea p

Luce nascente Big Bang

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MMostre

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LORENZO FINAL’Arte dematerializzata di Anna Maria Ronchin

Ultravox, 2011

Lorenzo Fina è artista a tutto tondo, come il copista diventava amanuense solo dopo la rigorosa scuola di scrittura, così diventa artista dopo l’intenso studio teorico-pratico compiuto nel settore delle arti visive. Formatosi nelle botteghe di porcellana dell’Alto Vicentino, ha poi frequentato l’Accademia di Venezia con i maestri Carmelo Zotti e Ennio Finzi, dai quali ha assimilato la storia dell’arte e i suoi linguaggi. Ben presto, si distanzia dal contesto accademico, insofferente al figurativo e allo spazialismo dei maestri si focalizza sull’espressione del suo slancio vitale. Elabora composizioni sedimentate, monocromie toccate da frammenti di luce, che negli anni Ottanta del secolo scorso, recepivano l’informale del grande Emilio Vedova, pur confrontato con gli stili di Burri, in primis poi di Tapies, De Kooning e Dubuffet. La serie: Macchine in fammenti di carta è all’origine delle tele che Lorenzo Fina propone alla Galleria Valmarana Braga di Vicenza dal 14 Maggio al 2 Giugno 2011, si tratta di studi elaborati tra il 1984 e il 1987 e sollecitati dall’ascolto dei gruppi musicali new age allora in voga i Roxy Music, i Devo. I bozzetti, trasferiti sulla tela, diventano i lacerti della composizione originaria, risultante dai tasselli materici in una sorta di cover, che prima enfatizza la forma e poi la dematerializza. Gli sfondi sono così cromaticamente carichi, che annulano la sinopia originale, sospesa dai drippings cupi e visionari, di dense sabbie che paradossalmente annullano lo spazio. La configurazione è il risultato di frammenti esplosivi di carta intelata, di applicazioni in rilievo che scompongono e annullano, contestualmente, la tela.

Lorenzo Fina ha studiato all’Accademia di Venezia con Carmelo Zotti e Ennio Finzi, dai quali ha assimilato la storia dell’arte e i suoi linguaggi, complemento indispensabile alla sua formazione artistica iniziata a 14 anni nei laboratori di porcellana del distretto artigianale di Nove e Bassano del Grappa (Vicenza). Lorenzo Fina dagli anni ’80 produce modelli per l’oreficeria e l’argenteria e dagli anni ’90 realizza nella sua factory pannelli decorativi d’ambiente come la serie: La mia città.

CONTATTICell. 348 7468679email:[email protected]

MOver the rainbow, 2011

Collision, 2011

Vicenza - Galleria Valmarana Braga - C.so Fogazzaro dal 14 Maggio al 02 Giugno

VicenzaGalleriaPalazzo Braga

Dal 14 Maggioal 2 Giugno

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LORENZO FINAL’Arte dematerializzata di Anna Maria Ronchin

-L’arte Barocca è per me la più affascinante, per la sua spettacolarità, come i riti del paese legati alla natura. Amo i Bamboccianti del ‘600, rifiuto l’arte colta ed élitaria–. Così sentenzia l’artista, che infatti coltiva la pittura contemporaneamente alla produzione di prototipi di porcellana, arte singolarmente tradotta da Fina nella magnificenza del gesto sia sulla tela concepita dall’action painting, sgocciolata e densa di cromatismi sia, per contrasto, nell’esemplare di porcellana, dove il gesto rarefatto plasma modelli destinati ad entrare nella catena di produzione seriale. La produzione di Fina è di gusto manieristico, propulsiva di ricchezza per il designer vincente e per la sua indiscussa abilità di riprodurre raffinate copie dell’arte barocca. La sua attività artistica è un tutt’uno con quella produttiva, di mercato, è linfa vitale che costantemente lo rinnova, sorgente di ispirate forme. Le tele diventano il luogo della sua libera riflessione, dove il suo pensiero si materializza e gli opposti coincidono – La penso in modo orientale, l’universo è concentrico- è per questo che i soggetti delle sue tele non hanno alcuna gravità, sospesi nella catartica deflagrazione, risolutrice di ogni contrasto.

Il tema conduttore dei disegni, gouaches e collages ripescati dalla sua esperienza estetica è il furore dionisiaco di soggetti che deflagrano in forme meccaniche sempre nuove: ventole, molle, rotelle, fili elettrici, prese e flessibili che si accampano nella dimensione aerea dello spazio senza gravità. Riprendere studi di 24 anni or sono significa dare solidità alla sua cifra pittorica, oltre che trovare coerenza, luogo della felicità, ma mentre dai bozzetti degli anni Ottanta emerge il segno nitido dei contorni e l’intensità cromatica gioiosa, nelle tele, realizzate nel 2011, prevale il grigio metallico nel quale fatica a fare breccia il calore del sole di Over the Rainbow. Qualsiasi forma deve la sua origine ad un conflitto e l’altra grande abilità di Fina sta nel catturare l’ordine che il Caos nasconde, nell’impresa titanica di dare un senso a questo nostro mondo, percepito nell’apogeo dell’apocalissi. Il riquadro nero ritagliato sullo sfondo di Collision , concilia l’emozione della scoperta con la strutturazione dello spazio dematerializzato, messaggero di eventi improcrastinabili , saranno ancora nelle mani dell’uomo? Anna Maria Ronchin

Radiant,2011

Sentimental day, 2011

l’arte dematerializzata Vicenza - Galleria Valmarana Braga - C.so Fogazzaro dal 14 Maggio al 02 Giugno

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MATTEO ARFANOTTI Metafisiche seduzioni di Maria Rita Montagnani

Il p

Maestosa Luna

Il Matto

RRecensioni

“Ciò che seduce e incanta, ha anche il potere d’incatenare, ed è sempre in qualche modo pericoloso, perché vuole portarci via nell’Oltre o nell’Altrove. Nell’Oltre c’è l’abisso, nell’Altrove c’è il sogno dell’abisso”. L.M.La parola “seduzione” deriva dal verbo latino se-ducere, condurre a sé, e dunque implica una conquista, un irretire attraverso il lento ma tenace atto del catturare. Questo processo sta alla base della pittura di Matteo Arfanotti, artista ricercato e sensibile, che trasforma il disegno in arte completa, senza indulgere minimamente alle mode imperanti o agli stilemi del momento.Le opere di Arfanotti ci conducono immediatamente in un regno fiabesco e misterioso, quasi metafisico, dove il silenzio e l’immobilità, nonché l’ossessivo scandire delle immagini, ci introducono in una dimensione al di là e al di fuori dello spazio e del tempo, almeno di quel concetto di spazio-tempo che noi conosciamo nella nostra quotidianità, concetto peraltro sempre parziale e riduttivo, se non addirittura limitato.Nel mondo in cui viviamo, l’Ego è diventato il centro di ogni comportamento e di ogni azione umana. In questa Istanza nefasta, con i suoi sistemi deliranti, con le sue architettoniche illusioni, con la sua scienza arrogante e fallace, è racchiusa la fonte dei tanti mali e di tutte le erronee convinzioni che affliggono l’umanità odierna.Ma l’Ego non è materia d’interesse per Matteo, il cui campo di ricerca è tutto concentrato sul Sé, sui suoi luoghi archetipici e mitopoietici, sulle sue strane connessioni tra umano e divino, sulle sue molteplici influenze e suggestioni, esso stesso oggetto e soggetto delle sue metafisiche seduzioni.Così attraverso questa arcaica conoscenza del mondo che vaoltre il mondo, Arfanotti vuole introdurci in quel pensare mitico ed esoterico per il quale non è scienza la religione, non è scienza l’amore, non è scienza la vita e non è scienza nemmeno la morte, e dove il vero sapere è arcanamente racchiuso in ciò che non si può apprendere né imparare, ma che si può solo contemplare attraverso l’esperienza interiore dell’archetipo.Esso è appunto una forma primaria, un primo tipo, che si avvicina molto all’idea platonica, che a sua volta significa “modello ideale”.Questo modello ideale è per l’artista la sua cifra espressiva, l’impronta” del suo inconscio e nel caso di Arfanotti, è rappresentato da figure femminili sotto la specie di Imago Foemine, che non sono già persone reali ma, andando oltre la loro stessa immagine, divengono veri e propri simulacri, ricettacoli enigmatici della presenza di dèi.La pittura di Matteo, mediante l’utilizzo dei fondi scenografici e l’impiego del disegno come impianto teatrale, rivela un gusto raffinato e sottile per il particolare narrativo, un autentico culto del dettaglio che, unitamente alle cromie tonali-ocre, bruni, terre-concorre ad un “unicum” il cui fine è la perfetta armonia tra materia e spirito, tra reale e immaginario, tra terra e cielo.Gli archetipi dell’inconscio collettivo sono molteplici ed agiscono ognuno in modo peculiare sulla nostra psiche (l’archetipo dell’Ombra, del Vecchio Saggio, ecc.), ma quello che è predominante nel mondo interiore di Arfanotti è palesemente quello del Femminino, con le sue malìe i suoi incantesimi ed i suoi influssi. Così ogni sua figura femminile, sia essa in veste di Soror, Mater, Filia, Sposa o altre sembianze alchemiche, vuole prima di tutto avvincerci e condurci a sé, nel suo mondo lontanissimo dal nostro e tuttavia familiare a quello delle nostre fantasie, perché parte del nostro immaginario.A tratti, pare quasi che come una sibilla, essa ci domandi: si può

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MATTEO ARFANOTTI Metafisiche seduzioni di Maria Rita Montagnani metafisiche seduzioni

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protagonisti dell’arte contemporanea

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p

Tenebra

La Stella Nera

amare solo ciò che si conosce o si può conoscere solo ciò che si ama?- E magari come una sibilla essa ci risponderà con la stessa risposta, che non è mai uguale, tanto oscura, sfuggente e inafferrabile che possiamo solo amarla, non comprenderla, come ogni immagine che scaturisce dall’anima.Dice il poeta: “Ho interrogato il tempo sullo spazio ed esso mi ha risposto allargando cerchi. Così tu mi cerchi”. (Neri Tancredi) Ecco che allora questa icona, per un attimo, si stacca dalla nicchia della sua favola eterna, in cui Matteo l’ha “consacrata” e da lì ci scruta, da quella sua apparente ed ipnotica fissità.Gettando il suo sguardo come si getta un sasso, muovendo cerchi nelle acque ferme del nostro Io, provocando strane turbolenze nei nostri pensieri, essa fa emergere dalla nostra anima, antichi sogni,ricordi di altre vite passate e struggenti ma inestinguibili desideri.E’ il suo modo strabiliante di cercarci. Maria Rita Montagnani

Cantavi.-Sono la stella brunaChe brilla come nessuna,sono la stella nera che non brillanel cielo della sera. Mi consumonel cielo bianco del non averti accanto.-Cantavi. E il pianto ti cancellava il viso.

Neri Tancredi

Note BiograficheNato a Sarzana (SP) nel 1974, si è diplomato presso il Liceo Scientifico della sua città e successivamente si è laureato in Architettura presso l’Università degli Studi di Firenze.

L’amore per l’Arte in tutte le sue forme lo ha portato a scegliere un percorso di studi che gli permettesse di conoscere e sperimentare personalmente e in diversi ambiti, senza subire influenze accademiche.

Ciò gli ha consentito di maturare una coscienza ed una conoscenza artistica attraverso un percorso di crescita ed individualizzazione trovando un proprio linguaggio, comune a tutta la sua produzione artistica.

Matteo ArfanottiVia Novella di Sopra, 554035 Fosdinovo (MS)Cell: 339.4163854e-mail: [email protected]

web: www.matteoarfanotti.comwww.equilibriarte.org/site/arfanottiwww.facebook.com/matteo.arfanotti

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12. CRITICO GABRIELLA NIERO

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Luca Lupi è fotografo autentico, la cui arte risiede nel grande rigore formale e nella ricerca continua della scintilla creativa, che restituisca all’immagine la sua forza primigenia. Così Luca si serve dell’obiettivocome fosse un organo di senso,quello più importante perché li riunisce tutti, e con questo mezzo portentoso, si accosta al soggetto da ritrarre cercandolo in se stesso, prima ancora che nel mondo esterno.Si potrebbe quasi dire che Luca pensi per sequenze, e senta attraverso le inquadrature, tanto è radicale e viscerale in lui il processo dell’interiorizzazione, che consiste nel cogliere la fotografia nell’attimo stesso. In cui il suo sguardo è rivolto all’interno.Lo scatto nasce in realtà da quell’inversione del moto naturale,e la tensione poetica che ne deriva, scaturisce sempre da una sorta di sospensione, di strana attesa, dove tutto potrebbe avvenire, o dove tutto potrebbe già essere avvenuto. Questo artista ama i silenzi, le cose apparentemente immobili e immote, ama le distanze e le lontananze, forse perché esse gliconsentono una comunione spirituale più profonda col mondo e con se stesso. Così questa tensione, questo porsi di fronte alla natura e alle cose come fossero viste per la prima o anche per l’ultima volta fa di Luca Lupi un delicato e sensibile narratore, la cui grandezza infine ci viene disvelata quasi a sua stessa insaputa.Maria Rita Montagnani

RRecensioni LUCA LUPI La tensione dello sguardo poetico di Maria Rita Montagnani

Luca Lupi nato a Pontedera in provincia di Pisa, attualmente vive e lavora a Fucecchio, Firenze. Nel 1996 inizia a lavirare come fotografo professionista.Mostre personali recenti:

2010 Living in the arid margins- Le Murate , FirenzeA changing China, Galleria SESV, facoltà di Architettura, Firenze Earthen Domes and Habitats, Museo Cultura Bizanrtina, Salonicco

2009Cina. Il sentimento dello spazio. Centro per l’Arte Contemporanea Otello Cirri, Pontedera, PisaEathen DOmes and Habitats, Museo Nazionale, Aleppo, Siria

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12. CRITICO GABRIELLA NIERO

LA TERRE NOIRE

Non ha importanzail buio ma la sua essenza.Gli occhi devono saper trasportareil buio fin dove finisce la notte.Quella è l’oscurità.il buio ha fine, l’oscurità non ha inizio.Neri Tancredi

AVANT LA FIN

Prima della fine verrà il giornoche si mangerà tutte le ombre,

ci sarà una notte così chiarache sparirà anche il buio.

Regnerà un buio più grandeche gli occhi non coglieranno,

perchè saranno nella luce.Neri Tancredi

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14. CRITICO MARA CAMPANERRRecensioni CARLO INGLESE Sensazioni metropolitane di Teresa Francesca Giffone

Gia nel 1910 i giovani componenti del nascente gruppo futurista, auspicavano, che gli artisti italiani si ispirassero “ai tangibile miracoli della vita contemporanea, alla ferrea rete di velocità che avvolge la Terra”. Mi chiedo allora, cosa avrebbero pensato della società odierna ormai entrata totalmente nel meccanismo di velocità ed individualità.Proprio le opere di Carlo Inglese evidenziano lo stato d’animo dell’uomo nel vivere moderno. Nelle sue opere ci conduce in una passeggiata virtuale in un’affollata strada di una grande città, dove il nostro sguardo può essere colpito da stimoli diversi che alterano la nostra percezione. Alzando lo sguardo possiamo scorgere gli occhi malinconici di una donna che si affaccia da una finestra in una perenne attesa, mentre una pioggia di colore si abbatte sui vetri .Oppure, passando vicino ad un muro, vediamo divieti su divieti che limitano la nostra libertà e la nostra personalità.Ancora arrivando ad un incrocio nell’ora di punta il caos causato dai rumori modesti, dal rombo delle macchine nonché dei colori della città si traducono nell’opera dell’artista in energia pura, espressa dall’uso di colori mescolati. Il disagio visivo è provocato dalla sovrapposizione di cartelli su cartelli, in cui i segni della crescita e dell’effimero cancellano quasi tutte le scomode tracce del passato, come qualcosa da nascondere e di cui vergognarsi.Ci resta da domandarci, dopo tutto questo, se l’uomo di oggi creda in qualcosa che non sia l’apparire. Solo le anime sensibili come quelle di un artista trovano nel cemento un fiore profumato che diventi simbolo di speranza. Allora questi stessi muri, dove prima vi si leggevano solo divieti e incomunicabilità, Carlo Inglese li fa diventare depositari dei veri sentimenti. Dall’amore nelle sue varie declinazioni, ai ricordi dell’infanzia e dell’adolescenza.L’elemento che contraddistingue l’opera del nostro pittore è l’uso sfrenato del colore. Una pennellata vibrante e fluida che percorre la tela nella sua interezza, i toni sono prevalentemente caldi e su tutti domina un rosso bollente e affascinante. Questo viene abbandonato solo nelle composizioni più malinconiche. I colori più freddi conferiscono alla composizione un senso di affezione ed impotenza. Il pigmento diventa eloquente e palpitante. Ulteriore legame che crea con lo spettatore è l’utilizzo di immagini ormai entrate nel nostro immaginario collettivo. Un collage composto da immagini di celebri film che si mescolano con la sensibilità artistica di Inglese. Trovano spazio non solo noti attori, ma anche spezzoni che raccontano l’amicizia, la libertà nonché la gioia delle piccole cose sempre circondati dal messaggio imprescindibile del colore.La street art non è usata con l’intenzione di rendere omaggio ai cambiamenti della vita, ma l’autore ci invita ad osservarli per farci rendere conto della strada che stiamo percorrendo. Oltre all’utilizzo del collage, l’artista adopera l’acrilico e le vernici, che donano alla tele un effetto materico e stratificato.Dott.ssa Teresa Francesca Giffone

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BIOGRAFIANasce a Foggia ma già a vent’anni si trasferisce a Bassano del Grappa, dove ancora oggi vive e lavora. Si approccia all’arte come autodidatta. Ha partecipato a numerosi concorsi e mostre collettive. Nell’ultimo anno ricordiamo: la mostra personale tenutasi presso la galleria “A. Zamperin” di Bassano del Grappa tra il febbraio e il marzo 2010.La partecipazione al Premio Internazionale Italia 2010 presso Villa Gualino a Torino.In-differenze, mostra collettiva, presso il centro espositivo “Vista” di Roma.Love Art 2, mostra collettiva presso la Villa Orsini di Scorzè (Ve).E OttobrArte Capri presso il museo “I. Cerio”.Nel 2011 ha già al suo attivo la mostra collettiva abOVO presso il Castel dell’Ovo di Napoli.

contatti:www.carloinglese.com

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CARLO INGLESE Sensazioni metropolitane di Teresa Francesca Giffone Sensazioni metropolitane

protagonisti dell’arte contemporaneap

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RRecensioni

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NICOLA SCIOTTO La forza espressiva del mare di Teresa Francesca Giffone

Una forte carica espressiva è presente nelle tele di Nicola Sciotto, artista autodidatta che prende spunto dalle tante esperienze e dai tanti percorsi intrapresi per creare delle tele intense.Elemento molto importante nella pittura di Sciotto è l’acqua, tema della vita per eccellenza, ma per lui in particolare è sinonimo di cambiamento. Il suo mare non è solo un mare placido, in cui il nostro sguardo si può rilassare nel vedere la dolce risacca delle onde. Ma è soprattutto un mare tempestoso in cui i sentimenti ci sconvolgono facendoci trasportare dalle passioni. Il pittore nelle sue marine sceglie spesso la luce dell’alba o del tramonto emblemi di importanti passaggi esistenziali.Spesso è solo l’onda protagonista dei suoi quadri, realizzando un vero e proprio ritratto, riesce a far sprigionare tutta l’energia che trasporta con sé, infrangendosi sulla sabbia quasi bianca, mentre la candida spuma marina, ci ricorda personaggi mitici, che proprio da questo elemento sono nati. Il cielo terso e la grana spessa della tela, esaltano i vari colori usati per crearla concorrendo a realizzare un mare lucente, dal quale si può altresì percepire l’odore salmastro e rinfrancante, tipico delle località marine.Per Sciotto pensare a questa distesa infinita d’acqua diventa sinonimo di pace allo stato puro. In dipinti, quali “Evasione dell’animo” oppure “Stupendo pensiero”, il muro o l’effetto di tela squarciata rende l’interprete, ma in realtà ognuno di noi, liberi da tutto quello che ci circonda e che ci fa stare male, un male contemporaneo. In questo ultimo dipinto, altro elemento che compare, è il nudo femminile, il quale appare dal buio della tela, nascondendoci il suo volto. Un nudo tornito che quasi si nasconde dalla luce improvvisa che piomba su di lei. Le tele raffigurano anche la sua terra d’origine e tra i molti scenari, nell’opera intitolata “Milazzo” è ancora una volta l’onda a essere in primissimo piano, facendoci scorgere l’altra sponda, intesa come meta.Nel complesso una pennellata sciolta e libera che concorre a creare tele dal gusto naif ed attente alla tradizione.BIOGRAFIAD’origine siciliana, Nicola Sciotto nasce in Svizzera, a Montreaux, città situata su una baia sul lago di Lemano. Attualmente vive e lavora a Padova, dove coltiva la sua passione per la pittura e l’arte. Ha partecipato alle seguenti mostre collettive: l’Arte contro l’omofobia presso la Galleria Civica Sciortino di Monreale (Pa); l’Arte Sacra Nazionale Contemporanea a Ristretta (Me); Open Art 2011 presso le Sale del Bramante di Roma; collettiva Liberart presso la Galleria d’Arte IT’S MY a Milano.

Dott.ssa Teresa Francesca [email protected]

CONTATTI:[email protected]/nicolasciotto

Splendore di un’onda

Luce nella tempesta

Evasione dell’animo

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NICOLA SCIOTTO La forza espressiva del mare di Teresa Francesca Giffone La forza espressiva del mare

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p protagonisti dell’arte contemporanea

Stupendo pensiero

Il silenzio di un’alba

Profumo di tramonto Milazzo

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EEmergenti SILVIA GARZONOTTI Il mistero dei volti di Enzo Santese

infoSilvia Garzonotti nasce a Minucciano (LU), da giovanissima si trasferisce prima a Livorno e poi a Roma, dove completa la sua formazione scolastica, per poi trasferirsi, con la famiglia alla Spezia, dove tutt’ora vive e lavora. Disegnare è sempre stato per lei un gesto spontaneo con particolare interesse per il ritratto e alla copia dal vero. Già sposata e con una figlia, frequenta l’Accademia di Belle Arti di Carrara, diplomandosi con il massimo dei voti con una tesi sul ritratto.

Info.:Galleria Il Levriero | L.go Grisogono 30, Grado (GO) cell. +39 3384589095 | www.galleriaillevriero.comGalleria 44 |Via della Rocca 4/i, Torino tel. +39 011 8123629 | www.galleria44.com

Per esprimere la propria tensione creativa, Silvia Garzonotti ricorre anche all’uso della fotografia e del computer, ma assegna alla pittura una centralità che parte dal disegno per trovare nel rapporto fra luce e ombra il momento generatore dell’evento e il luogo, in cui la fisicità del tratto si fa limite di penetrazione dentro l’essenza di spiritualità. In questo caso la matita è un mezzo straordinario di scrittura di sentimenti e umori che talvolta sfuggono anche alla percezione di chi li prova; l’immagine che focalizza solitamente volti “ad occhi chiusi” richiama l’idea di una maschera, involucro della realtà, che è necessario infrangere per andare oltre, per sondare, come dice l’artista, “il mondo misterioso dell’anima”. L’urgenza di racconto muove da uno scandaglio interiore, con cui Silvia Garzonotti va a prelevare i moti più segreti della sua sensibilità per travasarli sulla superficie pittorica che, in tal modo, diventa il piano di registrazione di battiti d’emozione lasciati liberi di materializzarsi nelle articolazioni figurali dell’opera. Il volto attiva un meccanismo di comunicazione intensa tra l’autrice e la propria dimensione più segreta, lasciata trapelare per allusione da un’espressione sospesa tra l’urgenza di intimità e quella di relazione con ipotetici interlocutori, capaci di impostare sul silenzio un sistema di colloquialità fatta di vibrazioni, accenni, sfumature fisionomiche: parvenze ieratiche, collocate in una temperie di immobilità dove i ritmi della contemporaneità sono momentaneamente interrotti per consentire l’intercettazione di un respiro, indicatore del grado di partecipazione dell’autrice all’attualità.

Biografia essenzialeVincitrice “Premio Arte 2003” ed. Mondadori con esposizione al Palazzo della Permanente a Milano.2010: espone “Frammenti” al CAMeC, Centro Arte Moderna e Contemporanea della Spezia; 2009: con “Rimbalzi del tempo nel viaggio per Itaca” espone, al Centro S. Allende (SP), la mostra viene presentata da Marzia Ratti Direttore Istituzione Servizi Culturali Comune della Spezia;2007: partecipazione a “Hombelico”, mostra collettiva organizzata presso Palazzina delle Arti (Sp) e partecipazione alla “Settimana dell’Arte” presso IGV Club S. Giusta loc. Castiadas Sardegna;2006: espone, nella collettiva “Frames” presso lo Spazio E. Pifferi Editore, Como e partecipa all’iniziativa organizzata dalla Galleria d’Arte 18, di Bologna “Artearredo ‘06”; 2005: mostra personale “Io sono Cuba” organizzata presso il Centro S. Allende - La Spezia. Mostra personale a cura di Enzo Santese, organizzata presso la Galleria d’Arte “Il Levriero”, Grado (GO);2004: partecipazione alla collettiva “Visioni Parallele” a Palazzo Arese Borromeo, Cesano Maderno (MI) ed a “Tremend’art”, per Don Mazzi, collettiva presso il Palazzo della Ragione a Milano.Alcune opere sono entrate a far parte delle collezioni del Museo d’Arte Moderna di Monsummano Terme (PT) e delle collezioni del CAMeC , Centro d’Arte Moderna e Contemporanea, della Spezia.

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SILVIA GARZONOTTI Il mistero dei volti di Enzo Santese

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MMostre

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Giuliana lavora nell’ambito della pittura con l’impiego del bianco e del nero quale timbro cromatico capace di connotare l’opera di un proprio carattere.Nelle sue opere emerge l’espressività sussurrata di una intelligenza introversa, ma nobilmente espressiva nei giochi ritmici con cui traduce il suo impulso creativo. Il suo modo di stendere il colore definisce strutture armoniose, sottintendendo tensioni e rielaborazioni di un pensiero problematico.I fili o farfalle protagonisti delle sue opere, sono delle presenze eleganti e suadenti. Applica all’interno della tela una lezione sulla luce molto ben appresa dove non compare la necessità di focalizzare le sorgenti luminose nella composizione, partecipando al gioco di luci e ombre che provengono da un altrove illuminato. La rappresentazione della luce e dell’ombra è elevata a protagonista e diviene elemento focale della sua pittura.Giuliana compie una scelta non facile, perseguita con ardore insolito, mirando a una resa visiva di grande forza suggestiva.La difficile conoscibilità del reale è per lei elemento compositivo ineludibile per raccontare la sua visione del mondo, e per stabilire l’armonia e l’equilibrio della forma e dei volumi.Interessanti nelle sue tele sono il gioco delle apparenze e delle illusioni negli spazi, che costruisce attorno alle sue immagini e rientrano nelle dimensioni dell’irrealtà.Le linee all’interno delle tele compiono una traiettoria che tende all’infinito. L’articolazione degli argomenti visivi gioca una grande trama segnica complessa e strutturata per attuare equilibri e riscontri volumetrici.

L’artista sarà presente ad Arte Pordenone dal 26 al 28 marzo con la galleria Arte Dania.Tutto il mese di aprile le opere dell’artista saranno esposte alla locanda Avogaria di Venezia.

Giuliana Cobalchiniv. Macello39/2 35013 Cittadella PDTel. 3287343163www.giulianacobalchini.it

GIULIANA COBALCHINI Il ritmo del bianco e del nero di Mara Campaner

Personale dell’artista alla GALLERIA ARTE DANIADal 26 al 28 Marzo 2011

Libertà violata

Primavera (in bianco e nero)

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GIULIANA COBALCHINI Il ritmo del bianco e del nero di Mara Campaner Il ritmo del bianco e del nero

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protagonisti dell’arte contemporanea

Verso la libertà

Nido Dea delle farfalle

D.E.A.

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In questa sede approfondiamo unodei settori nei quali opera la Safac: laproduzione di gelato, tema che ci sembra particolarmente adatto alla stagione esti-va che sta per cominciare. L’azienda di Montecchio infatti èl’alleato ideale per chi si dedica allaproduzione di gelato: è sempre vicinasia al gelatiere che decida di iniziarel’attività ex novo sia a quello che intenda rinnovare un progetto non piùconfacente al mutare dei tempi, dellenormative e dei... gusti dei clienti.Naturalmente Safac sa che la “qualità” del prodotto è fondamentale: la ricetta base va personalizzata e gli ingredienti bilanciati a seconda del tipo di gusto, che deve essere dato da prodotti naturali di sicura provenienza e puntando sulla stagionalità. In poche parole, è impossibile ottenere un gelato davvero buono partendo daun’unica base per tutti i gusti e cambian-do il sapore semplicemente aggiungendo una piccola quantità di frutta, di aromi, cioccolata o altro: per realizzare un gelato artigianale di alta qualità occorre lavorare ogni gusto in modo diverso. Per fare ciò il gelatiere ha a disposizione una macchina adeguata che risponde al nome di Trittico Bravo Executive: una mac-china che pastorizza e manteca ricetta su ricetta e che oltre a creare un gelato di alta qualità produce anche monoporzioni, semifreddi, granita alla siciliana, creme, cioccolatini ed altro ancora…Safac progetta e realizza l’intero labo-ratorio, consigliando le attrezzature più idonee ad operare in velocità,precisione e qualità.

Non solo, oltre ad occuparsi della lavorazione è vicino al cliente anche nella scelta del banco vendita, che oltre al rispondere ad esigenze estetiche deve avere particolari caratteristiche, come spiega il responsabile tecnico dell’azien-da Sig. Massimo Piazza: doppia venti-lazione, sbrinamento ad inversione di ciclo, compressori trifase possibilmente semiermetici remoti, temperatura diffe-renziata e reversibile per poter variare l’esposizione dei prodotti in vasca duran-te le varie stagioni, visione ottimale dei prodotti esposti. Il Sig. Giovanni Satanassi della Safac specifica che la gelateria deve avere un’immagine fresca, colori coordinati, riuscire a trasmettere al cliente la cosa più importante, l’artigianalità: una genu-inità priva di grassi idrogenati, additivi e coloranti, un gelato asciutto, cremoso, consistente di ottima struttura, stabile in vetrina e naturalmente con gusti decisi e squisiti.In questa stagione 2010/2011, oltre alle nuove gelaterie MILLEUNANOTTE di Caldogno (VI), GOLOSI E CONTEN-TI di Vicenza, MORBIDI PIACERI di Cadoneghe (PD), RIALTO di Selvazzano Dentro (PD), gelateria SOTTOSOPRA di Carmignano di Brenta (PD), gelateria BLU ICE di Rovigo, ROSAPANNA di Rosolina (RO), si ringraziano anche la gelateria IL GELATAIO di Vicenza, PICCOLE VOGLIE di Torri di Quarteso-lo, ISALBERTI di Cerea (VR), gelateria CAPO NORD di Legnago (VR), CHOCOLAT di Colognola ai Colli VR), gelateria ZERO NOVE di Albaredo d’Adige (VR), MONDOGELATO di

Lonigo (VI), gelateria BELLINI di San Giovanni Lupatoto (VR), IL GABBIA-NO di S.Bonifacio (VR) per la fiducia accordata, acquistando un Trittico Bravo e promuovendo detto sistema.La Safac si preoccupa anche della for-mazione, istituendo corsi di gelateria e pasticceria gratuiti: in questa stagione, come di consueto, sono in programma in-contri mensili, nonchè il tradizionale cor-so di pasticceria a Settembre e corso di gelateria ad Ottobre, dove, normalmente, c’è la partecipazione di un centinaio di gelatieri di Vicenza, Verona e Padova.Sono in programma per la primavera, le aperture delle nuove gelaterie:GELATERIA YOGURTERIA ELEFAN-TINO - Sandrigo (VI), GELATERIA CREMERIA - San Fior (TV), GELATERIA CIOCCOLATERIA PARADICE - Garda (VR), GELATERIA CIOCCOLATERIA BRU-NORI - Besenello (TN), GELATERIA CIOCCOLATERIA DUL-CIS - Lonigo (VI),CREMAGELATO - Este (PD), LA FONTE DEL GELATO - Campo-sampietro (PD), CAFFE’ GELATERIA BAR BORSA - Cittadella (PD),GELATERIA CIOCCOLATERIA ZA-NETTI - Tombolo (PD), GELATERIA TAKE AWAY - Monselice (PD), che fin d’ora ringraziamo per la fiducia accordata.

Quindi SAFAC è un’azienda completa, che si distingue anche per la cordialità del suo staff: Mariarosa, Mara, Franco,Simone, Massimo e Giovanni.

REDAZIONALE

In questo 2011 particolarmente diffi-cile per l’economia italiana e mondiale esistono per fortuna anche aziende che non soffrono. Una di queste è certamente la SAFAC di Alte di Montecchio Maggiore (Vicenza), un’azienda che opera da anni nel settore delle attrezzature per gelateria, pasticceria e ristorazione e che in questi mesi si sta dimostrando particolarmente vivace e attiva.

La Safac e il gelato artigianale

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RRecensioni MIRELLA RAGANATO (RAMI) La forza del colore di Teresa Francesca Giffone

info

Il gusto del colore e della decorazione costituiscono la peculiarità della ricerca estetica di Mirella Raganato, in arte Rami. L’artista salentina arricchisce le opere con le sue competenze accademiche componendo le tele con richiami mitologici, simbolisti ed iconografici.Gran parte dei suoi dipinti si riempiono di donne riflessive ed eteree, che si fanno quasi cullare da pensieri dolci e da amare considerazioni.In quadri come “Anima” possiamo notare accanto alla protagonista, una voluttuosa donna dai boccoli rosso rubino apparentemente sopita e avvinta dai rovi, un elegante pavone che si innalza nel cielo. Animale questo che è presente in particolare nella simbologia cristiana, dove diventa vessillo dell’immortalità, quindi la persistenza dell’anima anche dopo la morte.L’atmosfera cambia diventando più distesa in “Soffio”, opera dolce e sognante, che ci fa sperare nell’arrivo della tanta sospirata primavera.Un nuovo cambio di tematica, accompagnato anche da un cambio di tecnica è la tela intitolata “La mia Italia”, tema, questo, che non poteva essere più attuale. Ma come si evince dal titolo è l’Italia della pittrice, decisa ad immortalare il rapporto magico tra madre e figlia. Sceglie un formato insolito e un punto di vista altrettanto particolare inserendo le due figure contro uno sfondo verde scuro. Le protagoniste parlano un linguaggio dolce e complice, fatto di un silenzio fecondo. Rami per la madre si trasforma e trasferisce le sue emozioni dedicandole tenere poesie. Come in altre tele, il contrasto cromatico rende ancora di

più l’emozione che le lega, accomunate nell’uso di un foulard rosso vivo con le medesime decorazioni, usato a vezzo di turbante. Quello indossato dalla figura più matura, viene accostato alla maglietta bianco latte della protagonista più giovane creando un meraviglioso contrasto cromatico.Rami è una pittrice dai raffinati tocchi di colore, che lega ed armonizza con sapienza vari temi ed esperienze artistiche, dalle icone sacre, passando per il trompe l’oeil fino al disegno. BIOGRAFIA:Mirella Raganato è laureata in Lingue e Letterature Straniere, lavora come docente. Presto affascinata dalla pittura ne studia da autodidatta anche le tecniche tradizionali. Vive e lavora a Montesano Salentino con la famiglia. Ha partecipato alle seguenti mostre: nel 2008 partecipa alla XXII Mostra d’Antiquariato, presso il Castello di Copertino (Le); nel 2009 partecipa alla mostra di icone Lo sguardo dal Cielo svoltasi a Taurisano; nel 2010 partecipa alla mostra di Icone Parola a parola sempre a Taurisano, ed alla mostra Sulla scia dell’anima a Borgo Cardigliano- Specchia (Le); tra dicembre 2010 e gennaio 2011 a Taurisano partecipa alle mostre Pietre di Scarto e alla IV edizione di Arte Sacra.

CONTATTI:www.webartgallery.it/mirellaraganato/

La mia Italia!

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la forza del coloreMAMMA

Ciao mammaRacchiuso quiIl mio amore Per te

Aspetto Il tuo sorrisoIntristito dagli anniSpento dal doloreAspetto Uno sguardoI tuoi occhiQuella luceDolce Severa

Aspetto I ricordiLi inseguoLi metto in ordine

Ti amoCome figliaTi amo Come madre

Miei sono I tuoi doloriMie sonoLe tue ansie

Mi stai abbandonandoNon voglioNon puoi andare

Stai morendoSto morendoSono impotente

Piango

Raccogliere le lacrime

Se potessero salvartiPiangerei all’infinito

31/05/2010

PER UNA VOLTA … GUARDAMI!

Notti … giorni Ore … minutiSeduta quiAccovacciataCerco di scaldarmiLa gonna lungaAttorcigliata Avvinghiata alle mie gambeLe mani avvizziteIncappucciate da guanti sporchi Un fazzoletto colorato Fiori sbiaditiSul mio giovane volto stanco

Giorni lunghiNotti silenziose Guardo davanti a meIl mio pensiero volaVia … Lontano … Corre tra le vie polveroseDi un paese frantumatoCorre tra i fiumiCorre tra gli alberiCerca riparoIn una casa che non c’è piùUn brivido lungo la schienaMi stringo in un abbraccio soli-tario

I miei occhi si posanoScrutano il tuo volto …Passante frettolosoGli occhi ingrigiti Il cuore spentoLe gambe freneticheIl sorriso confezionatoHo imparato a conoscere la tua etàHo imparato a conoscere il tuo cetoHo imparato a leggere nel tuo cuoreDalle scarpe che porti

Di tanto in tantoScopro una monetina in più Nel mio cappelloTi guardo …Accenno un sorrisoNon corrispostoAccenno un augurioNon accoltoAccenno …Ti guardo …Ma per una voltaSoloPer una volta…Guardami!

22 dicembre 2010Soffio

Anima

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RRicerche

info

La bauta bianca

Ombre della sera

NINO NINOTTI Sensualità e melanconia

…Nino Ninotti si muove nell’ambito di una cultura pittorica sostanzialmente francese, che va da Delacroix al postimpressionismo degli artisti di Montmartre, con una forte tensione antiaccademica (che prediligeva la luce e le ombre); come uno scrittore del romanticismo ottocentesco italiano, che prima di svelare la realtà nuda e cruda, gira intorno alle cose e ai fatti, nell’intento di prepararci psicologicamente agli eventi. La spiccata sensualità espressiva di questo artista e il suo temperamento si manifestano anche nell’uso dei colori mai accesi, mai volgari, che contribuiscono alle sue tipiche fantasticazioni narrative, dove Apocalisse e quotidiano entrano continuamente in rotta di collisione. Questo artista avverte nelle figure di donna e nelle cose che le circondano una ricchezza tale di gamme, di passaggi del tono, che il tessuto della sua pittura ne acquista una varietà sempre nuova, restando armonicamente fuso nella giustezza spontanea dei rapporti. Quella di Nino Ninotti è una figurazione nuova, che si adatta magnificamente alle vicende del nostro tempo, ad una società egoistica ed egocentrica, che non ha tempo di fermarsi ad osservare le cose degli altri. Questa pittura indaga nel profondo dell’animo umano, per coglierne gli aspetti più nascosti, le paure e le ansie, per riportarle sulla tela.

Eraldo Di Vita

…Ninotti giocando molto sugli accostamenti dei colori dà risalto ad un mondo femminile fatto di fragilità. Nelle opere di questo artista viviamo una interpretazione sulla solitudine e di una ferita interiore indelebile. Il colore è un elemento fortissimo nell’artista Nino Ninotti, è il punto di connessione tra la sua pittura figurativa trattata con tecniche tradizionali e il forte contenuto simbolico dei suoi soggetti. L’arte di questo artista è infatti una pittura di contenuti e il suo significato va ricercato non nell’apparenza della raffigurazione ma nelle tematiche. Un racconto velato perché l’occhio subito intuisce che gli elementi sulla tela non sono casuali, ma ritornano, s’inseguono e nella loro ricorrenza assumono un significato che naturalmente per l’artista si sublima ricordando.

Raffaele De Salvatore

Contatti:[email protected]://ninoninotti.webartgallery.it

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Simbiosi

Il vecchio albero

Fiore delll’inverno

Gabbianelle in volo

la sensualità del colore il colore della melanconia

protagonisti dell’arte contemporanea

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28. CRITICO TERESA FRANCESCA GIFFONER Recensioni PIETRO DI LECCE Bane Pop di Teresa Francesca Giffone

Le opere di Pietro Di Lecce sono ricche di richiami Pop. Artisti del calibro di Andy Warhol e Roy Lichtestein sono stati la necessaria base per le sue estrose creazioni. Chiaramente lo scopo di questi grandi interpreti era diverso dal messaggio che l’artista vuole trasmetterci, infatti, usando immagini popolari questi diventano per il pittore metafora della nostra società. Dalla politica, ai personaggi celebri troviamo una galleria di immagini che riflettono la cronaca e il costume, non solo nazionale.Per esempio Barak Obama, minacciato dall’attacco di uno squalo, oppure l’attrice che è l’incarnazione del mito pop per eccellenza, Marilyn, che inveisce contro colui che è stato tra i suoi più grandi estimatori. Trovano addirittura posto i membri della famiglia reale inglese, ritratti in una feroce satira, che diventa eloquente accusa.Immagini incisive e ricche di cenni pungenti e giudizi al vetriolo, ma che in realtà potrebbero riflettere un sentimen-to comune a molti. Come nella migliore tradizione fumettistica le composi-zioni si riempiono di rumori, parole e flash, che contribu-iscono a farci entrare nel vivo dell’azione e della storia che Di Lecce ci sta raccontando. Possiamo ancora vedere come usa, in maniera esplicita e senza censure, simboli e iconografie che creano disagio ideologico, mettendo sotto la lente d’ingrandimento vizi e imperfezioni di un mondo, anche religioso, alla fine governato solo da uomini.I simboli del consumismo prendono forma grazie ai perso-naggi scaturiti dalla fantasia, ma entrati prepotentemente nel mondo capitalista, diventando delle imprese milionarie, quando il loro primario scopo era solo quello di intrattene-re.Sotto il profilo strettamente esecutivo, le figure sono com-poste da ampie campiture piatte e i pochi chiaroscuri usati donano al tutto un effetto plastico. Tra le tecniche usate da Di Lecce troviamo anche la serigrafia, tecnica incisoria di grande pregio, che amplifica le palette di colore da lui usate. Anche il supporto varia e la tela viene talvolta sosti-tuita dal legno. Nel complesso troviamo un artista capace di piegare la tecnica al suo scopo, le tematiche affrontate sono trattate in modo crudo e diretto, facendo scuotere le coscienze.CURRICULUM ARTISTICONel 2010 ha partecipato alle seguenti mostre: collettiva City Play Space presso lo spazio Immaginecolore di Sanre-mo; la collettiva Artisti per la Solidarietà presso la Chiesa di Sant’Apollonia a Salerno; collettiva al Milionhouse Mobili & Design di Salerno; doppia personale al Fuori Salone di Millano.Ha altresì curato le seguenti collettive: Apocalisse!La religione nel 2010 e la collettiva Forma di espressione entrambe a Milano.

[email protected] www.equilibriarte.org/pietrodilecce

info E

Obama’s dream

Disobbedienza

Fucking art

L’oro del Vaticano

Another facking Marilyn

Goodbye England

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PIETRO DI LECCE Bane Pop di Teresa Francesca Giffone

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MOTTA PIEROMateria e Passione di Roberto Ronca

….la passione con la quale lavora la materia traspare dalle espressioni corporee delle sue figure antropomorfe, alle quali sa imprimere disperazione, drammaticità, conflitto interiore ma anche ironia, leggerezza, umanità e amore. Le sue mani sanno creare immagini da elementi che, apparentemente privi di vita, prendono forme che non ci si aspetta. Nelle sue storie Motta gioca su simbologie e metafore che toccano tanti temi, ma che si concentrano nell’elemento fondamentale della sua poetica: l’uomo e la sua materia. Ha un potere generatore così forte che anche l’ironia diventa messaggio pregnante. Le forme armoniche tondeggianti lasciano lo spettatore esterrefatto davanti a tanta creatività che si domanda come sia possibile che qualcuno sappia vedere negli oggetti forme che prima non c’erano, quasi fossero sempre state lì, e che solo sotto il suo sguardo ingegnoso siano potute venire alla luce…..’ ( R.Ronca)

1. ‘Donna tenaglia’ vecchi attrezzi, impasti cementizi, patinatura

2. ‘Vele’ vecchi attrezzi usurati, saldatura

3. ‘La donna col visone’ acciaio, legno, ottone, vinile, visone.Nella foto da destra Motta Piero, JP Ottina

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Recensioni

infowww.mottapiero.it

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E Emergenti FORMISANO

L’arte di Formisano nasce da un incessante viaggiare e poetare, prendendo forma attraverso sperimentazioni di molteplici tecniche e materiali che fanno di lui un artista completo, capace di colorare parole e far parlare colori.Profonde le radici con la sua terra, forte l’impegno verso le tematiche civili, salda la memoria delle esperienze e degli eventi che hanno segnato la sua esistenza, ancora in divenire.

Francesca Giovanelli

Formisano collabora con Gestalt Gallery, Pietrasanta (LU), dove ad agosto 2011 produrrà la sua settima mostra personale. Formisano vive e lavora tra Polo Sud e Polo Nord.

infowww.gestaltgallery.it www.vittorioformisano.it

Formisano è nato nel 1972 a Torre del Greco (Na).Ha studiato Scienze Naturali a Napoli e Filosofia a Genova, dipinge dal 1999.Contemporaneamente intraprende la strada della poesia-spettacolo, con azioni poetiche realizzate su tutto il territorio nazionale. La poliedrica ricerca nella quale si muove è legata al ruolo civile dell’arte.

Personali: 2004 chiesa della SS Annunziata, Altare (Sv);

2005 “Molteplice”galleria Monogramma, Roma, testo di Valerio P.Cremolini;

2008 “Profeta in Patria”Rialtosantambrogio, Roma a cura di Francesco Dobrovich;

2008 “Profeta in Patria” foyer teatro Palladium, Roma, testo Pietro Capra;

2009 “Totem” galleria Monogranna, Roma, cura di Rosanna Fumai;

2009 “Studio NumeroZero” galleria Gestalt, Pietrasanta (Lu), testo di Rosanna Fumai.

Ha pubblicato quattro raccolte di poesia e curato scenografie per spettacoli teatrali.

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Pablo Picasso, “Guernica”, part.

FORMISANO ARTISTI EMERGENTI

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protagonisti dell’arte contemporanea P

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LOCANDA CENTRALE Tempura di carciofi e bacalà

RRecensioni di Arte&Gusto

Loretta Urani è una donna ecclettica. Viaggia, dipinge, scrive e canta. Tra le pareti del ristorante ci sono i suoi quadri, nelle tavole ognuno ha un segnaposto diverso, come differenti sono i bicchieri. Una donna piena di risorse, una cuoca, una mamma. Ed è proprio il figlio Stefano ad aiutarla nel ristorante. Accoglie i clienti in sala, suggerisce piatti e vini. E i numerosi ospiti stranieri non lo trovano impreparato, parla perfettamente inglese e tedesco. Ai fornelli Loretta propone una cucina che è un giusto mix fra tradizione e creatività. Nel menu il bacalà non manca mai. Non a caso la Locanda Centrale è tra i ristoranti della Venerabile Confraternita del Bacalà. Oltre alla tipica ricetta vicentina, il bacalà accompagna risotti, bigoli e gnocchi. O viene proposto in tempura, al carpaccio e mantecato con cialde di polenta. Ma non solo bacalà. Ogni stagione ha i suoi piatti e Loretta ama ricordarlo. Nella locanda si propongono serate a tema: spagnolo, messicano, tirolese. E una volta all’anno si ripete con successo la cena di cacao. Un ingrediente che tradisce il vero amore di Loretta: i dolci. Il dessert è la madeleine che risveglia il ricordo di una cena. E non si cancelleranno dalla vostra memoria il parfait di liquirizia o il tortino al cioccolato con cuore di cioccolato bianco.

TEMPURA DI CARCIOFI E BACALÀ

Ingredienti per 4 persone200 gr di bacalà già dissalato e a cubetti4 cuori di carciofoolio di semi per friggere

Per la tempura250 g farina bianca250 g farina di riso3 dl di acqua gassataqualche cubetto di ghiacciosale

Per la salsa200 g di panna acida 1 spicchio di aglioprezzemolo, erba cipollina, sale

In una ciotola preparate la pastella per la tempura mescolando le due farine e un pizzico di sale con l’acqua gassata ben fredda e qualche cubetto di ghiaccio. Mescolate fino a ottenere una consistenza cremosa.Togliere i cubetti di ghiaccio rimasti.Sbollentate i cuori di carciofo e tagliateli in 4 spicchi ciascuno. Infilzate gli spicchi di carciofi in stecchini di legno lunghi circa 20 cm, alternandoli con i cubetti di bacalà. Immergete gli spiedini così ottenuti nella pastella e friggete in abbondante olio bollente.

Per la salsa: aromatizzate la panna acida con l’aglio schiacciato, del prezzemolo, dell’erba cipollina tritati e un pizzico di sale. Serviti gli spiedini in tempura accompagnati con la salsa di panna acida.

infoLocanda CentralePiazza Vittorio Emanuele 2Sandrigo (Vicenza)tel. 0444 657318chiuso: lunedì gradita la prenotazione

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LOCANDA CENTRALE Tempura di carciofi e bacalà

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Stefano Costa

(27 anni)

Loretta Urani

(48 anni)

> RistoranteLoCanda CentRaLea Sandrigo (Vicenza) in P.zza Vittorio emanuele, n° 2

0444 657318foto di Mauro Pozzer

In centro a Sandrigo, nel cuore della tradizione della blasonata specialità vicentina, la Locanda Centrale si fregia del riconosci-mento della Venerabile Confraternita del Baccalà. Fra le proposte di Loretta Urani la Locanda Centrale vanta un menu "a base di Baccalà" accanto ai menu della tradizione e ai menu persona-lizzati per le esigenze più speciali. L'accoglienza in sala è diretta da Stefano Costa, figlio di Loretta, che si muove in un'atmosfera accogliente e molto calda, con i dipinti della stessa Loretta alle pareti. Due giardini e un'ampia area dedicata ai bambini comple-tano la descrizione della Locanda Centrale.

dalle mani di Loretta:

Cannoncini alla mousse

di cioccolato bianco

su fondo a specchio di mou

Pomodoro ripieno di Bufala,

olive e basilico

Crostatina

di frutta fresca

alla crema Chantilly

Sono ancora disponibili gli ultimi tavoli per la serata del 12 ottobre, con il Concorso per l'Accademia della Cucina Italiana e la Confrater-nita del Baccalà: 3 nuove ricette, ai voti dei commensali.

Io ci sarò' - Isabella M.

Vota la nuova ricetta BaCCaLà

STORIE

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EIKON *****

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RISORGIMENTO Antonio Caregaro Negrin (Vicenza 1821 -1898) architetto, ingegnere, urbanista e paesaggista. a cura di Laura Leone

A.C. Negrin sin dall’inizio della sua carriera professionale si è interessato di architettura romantica, neo-gotica e pseudo-rinascimentale nell’area vicentina. Rievoca lo stile classico di Palladio e di Scamozzi nel pieno clima romantico, ma i maggiori interessi si estendono all’arte medievale, tanto da scoprire a Venezia il fascino dello stile gotico e lombardo. Si è distinto nell’ingegneria militare nell’area veneziana per aver realizzato costruzioni di difesa contro gli austriaci durante il periodo risorgimentale (1848). La sua brillante carriera di progettista è proseguita, dopo l’Unità d’Italia, per affrontare le nuove tematiche legate alle belle scenografie dei paesaggi, alle architetture industriali e residenziali, inseriti in un contesto urbano razionale organizzato su una precisa maglia modulare. Negrin passa così dagli ideali patriottici alle soluzioni funzionali e pratiche di una società moderna che vede nelle correnti europee le nuove soluzioni eclettiche. L’architetto vicentino si è distinto per aver proposto la città industriale inserendo soluzioni pregevoli di architettura, di ingegneria e di paesaggio dimostrando di saper coniugare bellezza compositiva e funzionalità d’uso con soluzioni innovative in stile Liberty.

A.C. Negrin: patriota, architetto e ingegnere militare tra Vicenza e VeneziaNegrin nasce in un contesto familiare umile e la sua prima esperienza ha luogo nell’impresa edile di famiglia. Raccoglie in un album, ora perduto, lo studio sistematico di ordini architettonici classici proposti da Serlio, Vignola, Palladio, Scamozzi e Sanmicheli e rielabora i profili

sagomati in chiave moderna. Tenace e volitivo negli studi, frequenta un corso d’istruzione tecnica, si avvia agli studi superiori e inizia con determinazione l’attività di architetto raggiungendo in breve tempo un inaspettato successo. Vicenza lo vede impegnato tra il 1941 e il 1848 nelle ristrutturazioni degli edifici privati in città e ville, dove l’ispirazione rinascimentale trionfa, come se volesse proseguire le opere palladiane e scamozziane delle quali ripete al piano terra la tecnica del bugnato e il modulo della serliana e ai piani superiori prosegue il largo impiego di lesene, paraste, finestre timpanate e arcuate. Gli ambienti interni degli edifici si presentano funzionali, ordinati secondo il rigore geometrico palladiano, e caratterizzati da pratici vani comunicanti di ampia visione scamozziana. Esempi pregevoli di restauri e ristrutturazioni in città di A.C. Negrin, durante e dopo le battaglie dei vicentini contro gli austriaci, sono individuati nei seguenti edifici: Casa Costantini in Contrà Riale (1840), Casa Marangoni (1842) a Santa Caterina, Casa Cabianca (1844), Bottega di V. Fontana (1845) in via Pescheria, Casa Gasparoni (1845) in via S. Paolo, Palazzo Compostini (1845) in piazza Duomo, Casa Bollina (1847) in via Canove, Palazzo Lampertico (1848) in Corso Palladio, Casa Muzzan (1854) in via Do Rode, ora Albergo 2 Mori e la Scena del Teatro Olimpico di Vicenza (1847). Significativo intervento di sistemazione è l’ampio scalone e le due logge sovrapposte di stile dorico e ionico del Palazzo Loschi Zilieri poste nel retro, danneggiate durante il conflitto franco-austriaco nel 1805. Questo palazzo, dalle imponenti

Palazzo Compostini

Palazzo Lampertico

Casa Muzzan

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caratteristiche classiche monumentali, ha ospitato nel 1866 il re Vittorio Emanuele II e il figlio Umberto. Adiacente all’edificio è visibile l’altra eccellente ristrutturazione interna al Palazzo Braghetto Pagello (1877) con la realizzazione di una scuderia. Su Piazza Castello si affaccia il Palazzo Piovini (arch. Pizzocaro) la cui ristrutturazione è interna, limitata al salone centrale (1890). Il Palazzo all’esterno è valorizzato dalle aiuole fiorite della piazza adiacente, spazio riqualificato da Negrin, sulla quale domina la statua di G. Garibaldi.Nel 1848 Vicenza reagisce agli austriaci guidata da forti sentimenti patriottici. Costituisce gruppi di volontari chiamati Crociati e innalza le barricate in prossimità delle vecchie mura della città per contrastare l’avanzata austriaca. L’architetto nel 1848 partecipa come patriota al Comitato di Difesa e s’impegna ad organizzare assieme ai cittadini le barricate. Durante la guerriglia scoppiata a giugno del 1848 A.C. Negrin, ferito ad una gamba, chiede ospitalità a Venezia e il Governo Provvisorio della Repubblica Veneta di Marghera invia la sua supplica al generale Antonini, Comandante la Piazza e Forti di Venezia scrivendo …“Le invio una supplica dell’Ingegnere Antonio Negrin di Vicenza; l’esposto è verità; la sua attività è zelo e meritano considerazione; pochi sono stati così attivi come questo individuo nelle fortificazioni di Vicenza; in oggi per servizio della causa è ramingo; il Governo gli deve assistenza. Io lo raccomando a Voi cittadino Generale perché Voi più d’oggi altro conoscete cosa merita quell’uomo che si dedica al Servizio abbandonando famiglia e averi. 25 giugno 1848” Colonnello Comandante di Forte Belluzzi

A.C. Negrin Architetto

Palazzo Loschi Zileri

Palazzo Braghetto Pagello

Palazzo Piovini

Palazzo Piovini, sistemazioni esterne

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La famiglia Salvi lo ospita a Venezia e il Governo gli assegna incarichi progettuali il 22 dicembre del 1848 per la difesa della città: barricate lungo il Porto di Marghera e il Fortino di Brondolo a Chioggia (VE). Coglie l’occasione di entrare nel Corpo del Genio e diventa Tenente dopo aver superato le prove progettuali di fortificazioni, di artiglieria e di strategia militare contro il nemico. Gli viene conferita la nomina di “Ufficiale del Genio” per essersi distinto con ulteriori abilità nelle strategie militari, dimostrando un forte senso patriottico. Gli verranno riconosciuti molti attestati di onorificenze per l’impegno patriottico dimostrato tra il 1848 e 1849, tra cui una Medaglia d’Oro al valor militare in data 19 novembre 1866 dalla Congregazione Municipale di Vicenza, dal Podestà Costantini e dagli Assessori Mosconi, Fogazzaro, Boschetti e Trissino. Il ritorno a Vicenza nel 1850 offre all’Architetto nuove occasioni di riproporre il suo stile classico nelle ricostruzioni degli edifici danneggiati dalla guerra. La sua committenza aristocratica gli ha però riservato altri incarichi eccellenti tra cui le realizzazioni di parchi e giardini a coronamento degli edifici. A.C. Negrin li considera spazi infiniti dove la villa diventa il punto focale della scenografia naturale e l’uomo si integra in una perfetta dimensione dinamica. Egli rinnova l’estro artistico e compositivo nelle nuove vesti di urbanista, passando gradatamente dall’idea di spazio dinamico tardo barocco alle soluzioni scenografiche di spazi chiusi e aperti suggerite dal noto architetto neoclassico Giuseppe Jappelli, proponendo effetti illusionistici e percettivi completati da parchi e giardini pittoreschi profumati. A.C.Negrin inserisce nelle sue opere architettoniche eclettiche la perfetta combinazione tra arte medievale, impreziosita da elementi decorativi d’ispirazione orientale, e arte pseudorinascimentale. L’intreccio di stili è decisamente originale, ma è il punto fondamentale di partenza di una tendenza della fine dell’Ottocento che si diffonde in Francia ( Art Nouveau) e in Italia ( Liberty).

A.C. Negrin Architetto-Ingegnere Urbanista-Paesaggista

Attestato di onorificenza

Progetto di quartiere operaio di Schio

ARCHITETTURA DEL RISORGIMENTO

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A.C. Negrin: urbanista, paesaggista, architetto e ingegnere nel Nuovo Quartiere Operaio di Schio.

L’Arte del Giardino e del Paesaggio sono i punti di riferimento per l’innovazione e A.C.Negrin li presenta a Torino, il 31 ottobre 1890 in occasione dell’Esposizione Nazionale, illustrando l’esperienza già fatta a Schio nel Nuovo Quartiere Operaio (1859/78). E’ Alessandro Rossi, importante imprenditore dell’industria tessile, ad accettare la nuova sperimentazione della città industriale e incarica per la stesura del progetto del Nuovo Quartiere Operaio A.C. Negrin, il quale si impegna come urbanista nella realizzazione delle strade, dei quartieri e delle infrastrutture. L’Architetto sottolinea il valore del paesaggio e così rievoca la poetica romantica del pittoresco con viali in mezzo a parchi e giardini botanici, padiglioni, serre dalle caratteristiche orientali moresche, finte grotte e torrette medievali, percorsi d’acqua, fontane e statue per far stupire lo spettatore davanti allo scenario naturale fantastico che muta piacevolmente in ogni angolo offrendo forti emozioni. A.C.Negrin è ingegnere di fabbriche tessili e utilizza materiali diversi (pietre, sassi, laterizio, ghisa) per adeguarsi alle nuove tipologie industriali, per la produzione e per la lavorazione della lana. La facciata esterna di alcuni contenitori produttivi mantengono le caratteristiche neoclassiche vicentine, altri confermano i volumi industriali geometrici, privi di ogni decorativismo. E’ interessante la facciata del Lanificio Rossi arricchito da dieci bassorilievi che rappresentano i simboli dell’attività dell’imprenditore: pecore merinos, merci, navi a vapore, caducei e un medaglione con l’immagine dell’Agnus Dei in memoria della corporazione medievale dell’Arte della Lana. A.C.Negrin si impegna come costruttore di “..case economiche e non operaie..”, di tipologie diverse, dall’aspetto piacevole e circondate dal verde, al contrario degli esempi inglesi e francesi che richiamano lo stile coloniale.

Il Nuovo Quartiere è dotato di Asilo d’Infanzia (1872) composto da aule scolastiche, sala riunioni e refettorio al piano terra. I locali adibiti a servizi compreso la lavanderia e dispensa- cucina si trovano nel piano interrato. Altri spazi destinati ad aule e abitazione per il maestro vengono inseriti al primo piano e all’esterno gli ampi spazi verdi sono destinati a giardini e giochi ginnici per l’infanzia. Il tutto è integrato nel quartiere residenziale- produttivo perché garantisce l’autonomia e la funzionalità dalla città. L’area urbana industriale francese più volte citata daA.C. Negrin è Muhlhouse (1835). Il sindaco Koechlin di questa città approva la progettazione destinata alla realizzazione di nuclei di abitazioni operaie per incrementare la forza-lavoro delle industrie. La tipologia abitativa è seriale con notevole densità abitativa. Altra precedente esperienza si sviluppa in Inghilterra nel 1820 con gli impianti tessili di cotone nella contea di Lanarh, dove l’incremento demografico operaio ha richiesto più attenzione nella progettazione edilizia e nella funzionalità del sistema.Robert Owen, utopista, sviluppa l’idea del “villaggio operaio” autonomo rispetto alla città, concentra le sue attenzioni sul miglioramento delle condizioni economiche e sociali degli operai, potenzia i servizi pubblici per l’ambiente e propone le regole di “..convivenza ideale..”. Alla fine dell’Ottocento si aprono nuovi orizzonti per queste idee che vedono la tipologia della città industriale subordinata alle leggi geometriche e ai paesaggi fantastici, tanto da concepirla ideale, una sorta d’intreccio tra le utopie socialiste e il movimento delle città-giardino, secondo l’idea di Owen, Cabet e Fourier. A.C. Negrin applica queste teorie con successo alle sue numerose esperienze progettuali. Egli segue le nuove tendenze e le nuove esigenze dei grandi mutamenti sociali e culturali, perché guardano ormai la società moderna, lasciando alle spalle i ricordi dei vecchi movimenti liberali e indipendentisti che hanno portato la popolazione italiana all’Unità. Laura Leone

A.C. Negrin Architetto-Ingegnere Urbanista-PaesaggistaSTORIA VICENTINA

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