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Avvenire 11/11/2011 Copyright © Avvenire November 11, 2011 3:08 pm / Powered by TECNAVIA / H Copy Reduced to 49% from original to fit letter page VENERDÌ 11 NOVEMBRE 2011 3 Eritrei, «riserva» di organi Così la tratta dei fuggiaschi nel Sinai alimenta il business dei trapianti I migranti che fuggono dall’Eritrea per evitare il servizio militare pagano i passatori Rashaida – i nomadi del Sahara – per varcare il confine e raggiungere i campi profughi dell’Alto commissariato Onu a Kassala. Da qui i nomadi offrono per 3mila dollari viaggi verso Israele attraversando il confine tra Sudan ed Egitto. La seconda tappa è Assuan, la grande diga sul Nilo. Da qui le carovane di camion con non più di 30 profughi a bordo partono per il Sinai.Varcato il canale di Suez, i Rashaida vendono il carico umano ai beduini (a destra, le tribù che si spartiscono la penisola), i quali viaggiando sulle piste del deserto arrivando nel triangolo tra El Arish, Rafah e Nakhl, dove gli eritrei vengono rapiti. i incontrare i predo- ni beduini non se ne parla proprio», dice il contatto, l’uomo che con loro ha lavorato per anni da El Arish. Qualche giorno fa c’è stato uno scontro a fuoco con la polizia, e troppi media si stanno interes- sando alla vicenda degli ostaggi nel Sinai. Sono loro, però, la chia- ve per capire i misteri del Sinai, quanti sono at- tualmente i rapiti e dove è finita par- te degli eritrei, quella che non ri- posa fuori dal ci- mitero di El Arish. Secondo un ag- ghiacciante lancio dell’agenzia di stampa palestine- se Ma’an, l’azione dei trafficanti di organi sul confine tra Egitto e Israele è stata denunciata già a settembre da un profugo eritreo sfuggito ai suoi sequestratori beduini. L’uo- mo aveva denunciato l’uccisione dei suoi compagni dopo che era stato preso loro il denaro e a- sportati gli organi. I corpi erano stati gettati nei bagagliai delle au- to dei predoni. Che in Egitto fio- risca un mercato clandestino di organi è noto. Lo scorso giugno è stata approvata una legge che lo contrasta, ma nel 2010 l’Organiz- zazione mondiale della Sanità ha definito il Paese un hub– uno sno- do – per il traffico verso il mondo arabo, classificandolo nei primi cinque Stati attivi in questo im- mondo mercato. Giudizio aggra- vato per il 2011 dal Dipartimento di Stato americano, che lo ha por- tato al terzo posto. Nel deserto il business miliona- rio dei sequestri si sarebbe così sal- dato con quello al- trettanto florido degli organi uma- ni a spese degli a- fricani. Il rischio è infatti pari a zero, le ambasciate dei Paesi di apparte- nenza non recla- mano per la spari- zione di disperati privi di documen- ti, e la polizia egiziana non inter- viene. I predoni, dal canto loro, si sono ben guardati dal rapire oc- cidentali. Parte degli introiti del mercato nero dal Sinai prende probabilmente la strada del Cai- ro, altri finanzierebbero il terrori- smo islamico. Ma qui la pista di- venta troppo intricata, difficile se- parare le responsabilità crimina- li in un Paese dove è alto il tasso di corruzione anche nelle forze dell’ordine, indebolite dalla rivo- luzione, che nel deserto non in- tervengono troppo. I dati confermano comunque che i due luridi mercati, uomini e or- gani, si alimentano. I sequestri, infatti, continuano. Sono almeno 500 le persone in ostaggio da set- tembre dei rapitori che hanno creato un triangolo della morte nel deserto della Bibbia. Dopo un anno di indagini da parte delle or- ganizzazioni umanitarie, che hanno pazientemente raccolto le D « testimonianze delle vittime, so- no noti persino i nomi dei mer- canti di uomini e dei loro com- plici eritrei che attirano i profughi in trappola e riscuotono i ricatti via money transfer. E sono stati trasmessi sia alla polizia israelia- na sia a quella egiziana, ma sen- za esito. «Dopo 12 mesi – spiega don Mo- sè Zerai, il sacerdote cattolico e- ritreo che vive a Roma – il flusso di migranti che van- no volontaria- mente sulla rotta del Sinai è dimi- nuito. Però i ri- scatti sono au- mentati, da qual- che mese vengo- no chiesti 26 mila dollari per ostag- gio». Da Stoccolma la giornalista eritrea Meron Estefanos lancia da luglio un nuovo allarme: «I Rashaida ra- piscono gli eritrei fuori dai cam- pi profughi di Shegarab, in Sudan. Poi li vendono ai beduini in Egit- to. Li scelgono tra i più giovani, temiamo che chi non possa pa- gare sia rivenduto ai trafficanti d’organi». Dall’altra parte del confine Sigal Rozen, avvocato e attivista israe- liana per i diritti umani dell’asso- ciazione Hotline for Migrant Workers di Tel Aviv, ha raccolto migliaia di testimonianze di eri- trei in due anni. Ecco cosa ha con- cluso: «Non è vero che nel traffi- co d’organi finisca solo chi non paga il riscatto. Ci sono ragazze giovani e carine segregate per me- si anche dopo i pagamenti solo per continuare a stuprarle. E mol- ti giovani uomini le cui famiglie hanno pagato spariscono senza aver mai contat- tato i loro cari. Probabile che do- po aver incassato il denaro i bedui- ni li abbiano co- munque scelti per l’asportazio- ne di fegato, reni e cornee moltipli- cando così i gua- dagni, e poi li abbiano uccisi». Le gang più note fanno capo ai palestinesi Abu Khaled e Abu Ah- med, ma secondo le testimo- nianze dei superstiti, il più cru- dele e sadico è Abu Abdallah, ar- restato in maggio dalla polizia e- giziana e subito liberato: un be- duino 40enne padre di otto figli, originario di Mekleh vicino a Nahkhab che agisce con il fratel- lo, noto come Abu Musa. Di co- storo sono conosciuti persino i cellulari, eppure sono liberi di gi- rare sulla rotta del traffico che va da Aswan a Rafah. I predoni beduini hanno chiuso i canale, mi dice il contatto di El A- rish. Alla Cnn un leader della tribù beduina Sawarka, una delle più grandi nel Sinai, ha ammesso il traffico di persone e le violenze, e ha puntato l’indice su «alcune ca- naglie» del clan. Un altro capo della tribù Tarabin ha riconosciuto il traffico con i Le prove dell’orribile destino che attende in Egitto centinaia di profughi nelle mani dei predoni che li hanno sequestrati Cornee, reni, fegati: tutto ciò che viene richiesto dal mercato clandestino viene espiantato dai cadaveri di chi non ha potuto pagare il riscatto Prove degli orrori nel Sinai In alto, un certificato di morte di un cittadino sudanese stilato dal medico dell’ambasciata all’ospedale egiziano di El Arish A fianco, la richiesta di aiuto scritta su un foglio di cartone da cinque giovani eritrei rapiti dai beduini per pagare il riscatto di 26 mila dollari ciascuno. A sinistra, sulle rocce del deserto alcuni cattolici eritrei imprigionati hanno inciso i propri nomi in lingua ge’ez prima di venire uccisi dai trafficanti di organi. LE TRIBÙ Nel regno dei beduini l’ombra di al-Qaeda ono una quindicina le tribù di beduini – circa 150mila persone – che da secoli vivono nel Sinai, discendenti da tribù della penisola araba. Oggi si spostano abitualmente nel deserto a bordo di pick-up e fuoristrada, spesso armati di tutto punto. Il loro nome deriva dalla parola araba «bedu», che significa «abitanti del deserto». Dopo le rivolte dello scorso inverno, la zona è considerata instabile ed è poco controllata dalle forze del Cairo. Il giornale egiziano «al-Masri al-Youm» riferiva lo scorso luglio che i salafiti egiziani hanno istituito un tribunale religioso per dirimere i conflitti che sorgono tra le tribù secondo le leggi della shari’a, sostituendosi di fatto alla magistratura egiziana. In giugno violenti scontri tra miliziani islamici e polizia ad Arish avevano provocato la morte di due agenti. Ad agosto alcuni volantini distribuiti nella penisola avevano annunciato la nascita della prima cellula di al-Qaeda nel Sinai, che avrebbe realizzato campi di addestramento nella zona di Nekhel. Lo stesso leader qaedista Ayman al-Zawahiri è egiziano. S Sawarka, spiegando che «su 150mila beduini riguarderebbe 50 persone». Anche lo sceicco del clan Tihi ha parlato in un filmato trasmesso a fine ottobre dall’e- mittente privata egiziana Chan- nel 25 e girato a Nekhel, nel cuo- re del Sinai. Anche questo video è rintracciabile su YouTube. Mostra le fosse comuni con i cadaveri cal- cinati di africani privi di organi, dissanguati e poi strangolati. Il vi- deo mostra i resti di un accam- pamento, e poi farmaci, lacci e- mostatici. E documenti bruciac- chiati di eritrei. Il capo beduino fa il nome del trafficante d’orga- ni: è Solomon Abdallah, alias Abu Abdallah. Probabilmente per smarcarsi i predoni beduini hanno rilasciato mercoledì 600 persone alla fron- tiera con Israele, secondo l’Acnur. Un fatto senza precedenti: i rila- sci sono sempre avvenuti a pic- coli gruppi. Non si sa quanti sia- no attualmente i prigionieri, ed è presto per dire se il clamore me- diatico abbia interrotto lo spre- gevole mercato. Il filmato di Channel 25 riporta – scritti nella lingua ge’ez usata dal- la Chiesa cattolica eritrea – i no- mi di alcuni prigionieri scritti sul- le rocce, poco lontano dal luogo dove, di lì a poco, avrebbero tro- vato la morte più orribile. I nomi di questi cristiani uccisi come be- stie sono Kibrom, Wedi Teyki, Al- maz, Nazu, Yerus Wehatila, Feven, Ephrem, Eyob, Tsgum Dbarwa, Yonas. All’Occidente e alla sua co- scienza addormentata nulla im- porta di loro, ma la diaspora eri- trea li ricorda oggi con una fiac- colata in molte città. Abbiamo visto dove sono finiti gli eritrei morti nel Sinai, partiamo ora a cercare i sopravvissuti nelle galere egiziane, da El Arish fino ad Aswan. 1. continua SUDAN ETIOPIA ERITREA EGITTO MUSZEINA GEBELEYA TARABIN LAHEIWAT TIYAHA TARABIN AQUILA LAHEIWAT LAHEIWAT AYAIDA HAWEITAT ALEIQAT AWARMA QARARSHA AWLAD SAID Asmara Kassala Khartoum Assuan Il Cairo Suez Nakhl Nakhl Rafah Rafah El-Arish El-Arish ARABIA SAUDITA ISRAELE LA ROTTA DEI PROFUGHI GIORDANIA Mar Mediterraneo Sinai Mar Rosso TARABIN SAWARKA

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VENERDÌ11 NOVEMBRE 2011 3

Eritrei, «riserva» di organiCosì la tratta dei fuggiaschi nel Sinai alimenta il business dei trapianti

I migranti che fuggonodall’Eritrea per evitare ilservizio militare pagano ipassatori Rashaida – inomadi del Sahara – pervarcare il confine eraggiungere i campi profughidell’Alto commissariatoOnu a Kassala. Da qui inomadi offrono per 3miladollari viaggi verso Israeleattraversando il confine traSudan ed Egitto. La secondatappa è Assuan, la grandediga sul Nilo. Da qui lecarovane di camion con nonpiù di 30 profughi a bordopartono per il Sinai. Varcatoil canale di Suez, i Rashaidavendono il carico umano aibeduini (a destra, le tribùche si spartiscono lapenisola), i quali viaggiandosulle piste del desertoarrivando nel triangolo traEl Arish, Rafah e Nakhl, dovegli eritrei vengono rapiti.

i incontrare i predo-ni beduini non se neparla proprio», dice

il contatto, l’uomo che con loroha lavorato per anni da El Arish.Qualche giorno fa c’è stato unoscontro a fuoco con la polizia, etroppi media si stanno interes-sando alla vicenda degli ostagginel Sinai. Sono loro, però, la chia-ve per capire i misteri del Sinai,quanti sono at-tualmente i rapitie dove è finita par-te degli eritrei,quella che non ri-posa fuori dal ci-mitero di El Arish.Secondo un ag-ghiacciante lanciodell’agenzia distampa palestine-se Ma’an, l’azionedei trafficanti diorgani sul confinetra Egitto e Israeleè stata denunciata già a settembreda un profugo eritreo sfuggito aisuoi sequestratori beduini. L’uo-mo aveva denunciato l’uccisionedei suoi compagni dopo che erastato preso loro il denaro e a-sportati gli organi. I corpi eranostati gettati nei bagagliai delle au-to dei predoni. Che in Egitto fio-risca un mercato clandestino diorgani è noto. Lo scorso giugno èstata approvata una legge che locontrasta, ma nel 2010 l’Organiz-zazione mondiale della Sanità hadefinito il Paese un hub– uno sno-do – per il traffico verso il mondoarabo, classificandolo nei primicinque Stati attivi in questo im-mondo mercato. Giudizio aggra-vato per il 2011 dal Dipartimentodi Stato americano, che lo ha por-tato al terzo posto. Nel deserto ilbusiness miliona-rio dei sequestri sisarebbe così sal-dato con quello al-trettanto floridodegli organi uma-ni a spese degli a-fricani. Il rischio èinfatti pari a zero,le ambasciate deiPaesi di apparte-nenza non recla-mano per la spari-zione di disperatiprivi di documen-ti, e la polizia egiziana non inter-viene. I predoni, dal canto loro, sisono ben guardati dal rapire oc-cidentali. Parte degli introiti delmercato nero dal Sinai prendeprobabilmente la strada del Cai-ro, altri finanzierebbero il terrori-smo islamico. Ma qui la pista di-venta troppo intricata, difficile se-parare le responsabilità crimina-li in un Paese dove è alto il tassodi corruzione anche nelle forzedell’ordine, indebolite dalla rivo-luzione, che nel deserto non in-tervengono troppo.I dati confermano comunque chei due luridi mercati, uomini e or-gani, si alimentano. I sequestri,infatti, continuano. Sono almeno500 le persone in ostaggio da set-tembre dei rapitori che hannocreato un triangolo della mortenel deserto della Bibbia. Dopo unanno di indagini da parte delle or-ganizzazioni umanitarie, chehanno pazientemente raccolto le

D« testimonianze delle vittime, so-no noti persino i nomi dei mer-canti di uomini e dei loro com-plici eritrei che attirano i profughiin trappola e riscuotono i ricattivia money transfer. E sono statitrasmessi sia alla polizia israelia-na sia a quella egiziana, ma sen-za esito. «Dopo 12 mesi – spiega don Mo-sè Zerai, il sacerdote cattolico e-

ritreo che vive aRoma – il flusso dimigranti che van-no volontaria-mente sulla rottadel Sinai è dimi-nuito. Però i ri-scatti sono au-mentati, da qual-che mese vengo-no chiesti 26 miladollari per ostag-gio».Da Stoccolma lagiornalista eritrea

Meron Estefanos lancia da luglioun nuovo allarme: «I Rashaida ra-piscono gli eritrei fuori dai cam-pi profughi di Shegarab, in Sudan.Poi li vendono ai beduini in Egit-to. Li scelgono tra i più giovani,temiamo che chi non possa pa-gare sia rivenduto ai trafficantid’organi».Dall’altra parte del confine SigalRozen, avvocato e attivista israe-liana per i diritti umani dell’asso-ciazione Hotline for MigrantWorkers di Tel Aviv, ha raccoltomigliaia di testimonianze di eri-trei in due anni. Ecco cosa ha con-cluso: «Non è vero che nel traffi-co d’organi finisca solo chi nonpaga il riscatto. Ci sono ragazzegiovani e carine segregate per me-si anche dopo i pagamenti soloper continuare a stuprarle. E mol-

ti giovani uominile cui famigliehanno pagatospariscono senzaaver mai contat-tato i loro cari.Probabile che do-po aver incassatoil denaro i bedui-ni li abbiano co-munque sceltiper l’asportazio-ne di fegato, reni ecornee moltipli-cando così i gua-

dagni, e poi li abbiano uccisi». Le gang più note fanno capo aipalestinesi Abu Khaled e Abu Ah-med, ma secondo le testimo-nianze dei superstiti, il più cru-dele e sadico è Abu Abdallah, ar-restato in maggio dalla polizia e-giziana e subito liberato: un be-duino 40enne padre di otto figli,originario di Mekleh vicino aNahkhab che agisce con il fratel-lo, noto come Abu Musa. Di co-storo sono conosciuti persino icellulari, eppure sono liberi di gi-rare sulla rotta del traffico che vada Aswan a Rafah.I predoni beduini hanno chiuso icanale, mi dice il contatto di El A-rish. Alla Cnn un leader della tribùbeduina Sawarka, una delle piùgrandi nel Sinai, ha ammesso iltraffico di persone e le violenze, eha puntato l’indice su «alcune ca-naglie» del clan.Un altro capo della tribù Tarabinha riconosciuto il traffico con i

Le provedell’orribiledestino cheattende in Egittocentinaia diprofughi nellemani dei predoniche li hannosequestrati

Cornee, reni,fegati: tutto ciòche viene richiestodal mercatoclandestino vieneespiantato daicadaveri di chinon ha potutopagare il riscatto

Prove degli orrori nel SinaiIn alto, un certificato di

morte di un cittadinosudanese stilato dal medicodell’ambasciata all’ospedale

egiziano di El ArishA fianco, la richiesta di aiuto

scritta su un foglio dicartone da cinque giovani

eritrei rapiti dai beduini perpagare il riscatto di 26 mila

dollari ciascuno.

A sinistra, sulle rocce deldeserto alcuni cattolici eritrei

imprigionati hanno inciso ipropri nomi in lingua ge’ez

prima di venire uccisi daitrafficanti di organi.

LE TRIBÙ

Nel regno dei beduinil’ombra di al-Qaeda

ono una quindicina letribù di beduini – circa

150mila persone – che dasecoli vivono nel Sinai,discendenti da tribù dellapenisola araba. Oggi sispostano abitualmente neldeserto a bordo di pick-upe fuoristrada, spesso armatidi tutto punto. Il loro nomederiva dalla parola araba«bedu», che significa«abitanti del deserto».Dopo le rivolte delloscorso inverno, la zona èconsiderata instabile ed èpoco controllata dalle forzedel Cairo. Il giornaleegiziano «al-Masri al-Youm»riferiva lo scorso luglio chei salafiti egiziani hannoistituito un tribunalereligioso per dirimere iconflitti che sorgono tra letribù secondo le leggi dellashari’a, sostituendosi difatto alla magistraturaegiziana. In giugno violentiscontri tra miliziani islamicie polizia ad Arish avevanoprovocato la morte di dueagenti. Ad agosto alcunivolantini distribuiti nellapenisola avevanoannunciato la nascita dellaprima cellula di al-Qaedanel Sinai, che avrebberealizzato campi diaddestramento nella zonadi Nekhel. Lo stesso leaderqaedista Ayman al-Zawahiriè egiziano.

S

Sawarka, spiegando che «su150mila beduini riguarderebbe 50persone». Anche lo sceicco delclan Tihi ha parlato in un filmatotrasmesso a fine ottobre dall’e-mittente privata egiziana Chan-nel 25 e girato a Nekhel, nel cuo-re del Sinai. Anche questo video èrintracciabile su YouTube. Mostrale fosse comuni con i cadaveri cal-cinati di africani privi di organi,dissanguati e poi strangolati. Il vi-deo mostra i resti di un accam-pamento, e poi farmaci, lacci e-mostatici. E documenti bruciac-chiati di eritrei. Il capo beduinofa il nome del trafficante d’orga-ni: è Solomon Abdallah, alias AbuAbdallah.Probabilmente per smarcarsi ipredoni beduini hanno rilasciatomercoledì 600 persone alla fron-tiera con Israele, secondo l’Acnur.Un fatto senza precedenti: i rila-sci sono sempre avvenuti a pic-coli gruppi. Non si sa quanti sia-

no attualmente i prigionieri, ed èpresto per dire se il clamore me-diatico abbia interrotto lo spre-gevole mercato.Il filmato di Channel 25 riporta –scritti nella lingua ge’ez usata dal-la Chiesa cattolica eritrea – i no-mi di alcuni prigionieri scritti sul-le rocce, poco lontano dal luogodove, di lì a poco, avrebbero tro-vato la morte più orribile. I nomidi questi cristiani uccisi come be-stie sono Kibrom, Wedi Teyki, Al-maz, Nazu, Yerus Wehatila, Feven,Ephrem, Eyob, Tsgum Dbarwa,Yonas. All’Occidente e alla sua co-scienza addormentata nulla im-porta di loro, ma la diaspora eri-trea li ricorda oggi con una fiac-colata in molte città. Abbiamo visto dove sono finiti glieritrei morti nel Sinai, partiamoora a cercare i sopravvissuti nellegalere egiziane, da El Arish finoad Aswan.

1. continua

SUDAN

ETIOPIA

ERITREA

EGITTO

MUSZEINA

GEBELEYA

TARABIN

LAHEIWAT

TIYAHA

TARABIN

AQUILALAHEIWAT

LAHEIWAT

AYAIDA

HAWEITAT

ALEIQAT

AWARMAQARARSHA

AWLAD SAID

Asmara

Kassala

Khartoum

Assuan

Il CairoSuez Nakhl

Nakhl

Rafah

Rafah

El-Arish

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ISRAELE

LA ROTTA DEI PROFUGHI

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Sinai

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