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Page 1: FILOMENA ORNELLA AMOREpaleoitalia.org/media/attachments/news_news/231/Giornate delle Donne 2020.pdfe Geobiologia del mio Ateneo. Le alghe rosse calcaree e il fenomeno della biocostruzione
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FILOMENA ORNELLA AMORE

Dipartimento di Scienze e Tecnologie Università degli Studi del Sannio Via dei Mulini 82100 Benevento

My research interests are mainly focused on paleoecology, paleoceanography, paleoclimatology and biostratigraphy. The paleoclimatic and paleo-environmental researches are devoted to the interpretation of the changes in the calcareous nannoplankton assemblages, linked to Pleistocene-Holocene paleoclimatic events. The investigated areas are in the Mediterranean Sea, in the Atlantic Ocean and in the Antarctic areas. The biostratigraphic researches are focused on the analyses of the calcareous nannoplankton assemblages of the central and southern Apennines. These researches have been carried out in order to provide the biostratigraphic constrain of the cinematic evolution of the chain and to identify new and more useful bio-events for the Mediterranean area. Another area of my research interests is the protection and the valorization of natural resources and of paleontological sites.

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LUCIA ANGIOLINI

Dipartimento di Scienze della Terra Università degli Studi di Milano Via Mangiagalli 34 20133 Milano

Perché ho scelto di diventare paleontologa? Quando mi fanno questa domanda premetto sempre che non sono nata paleontologa, ma lo sono diventata. Non sono mai stata interessata ai fossili da bambina o da ragazza. Al liceo, la materia che mi interessava di più era la matematica, fino all’ultimo anno, quando ho scoperto quella che allora si chiamava “Geografia astronomica”; tenuta da una docente biologa, mi ha così affascinato, che l’anno successivo mi sono iscritta a Geologia. Durante i primi anni di corso mi interessavano più gli insegnamenti di petrografia o di geologia strutturale, che non la paleontologia: i brachiopodi poi, li trovavo inutilmente complessi e banali! Eppure ora sono al centro delle mie ricerche… Al terzo anno, ho seguito il corso di Paleontologia stratigrafica, un magnifico insegnamento tenuto da un grande docente, Maurizio Gaetani, che spalancava mondi di conoscenza davanti a noi. Ho così compreso che dallo studio dei fossili si possono ottenere informazioni di tutti i tipi, della datazione delle rocce, all’evoluzione della vita; i fossili permettono di studiare e comprendere l’evoluzione delle catene montuose, degli oceani e gli spostamenti delle placche; sono fantastici archivi di informazioni paleoclimatiche, fondamentali per capire quello che è avvenuto in passato e predire ciò che avverrà. I fossili sono talmente ricchi di informazioni da studiare, approfondire, correlare in quadri globali e complessi, che mi hanno affascinato per decenni e mi affascinano tuttora, quando riesco a districarmi dai doveri amministrativi accademici per dedicarmi alla ricerca. Quale ricerca oggi? Una ricerca sfaccettata e poliedrica che al momento si concentra sull’evoluzione dei processi di biomineralizzazione e sullo studio delle matrici organiche sigillate all’interno di conchiglie paleozoiche che forniscono informazioni ineguagliabili.

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CARMEN ARGENIO

Dipartimento di Scienze e Tecnologie Università degli Studi del Sannio Via dei Mulini 82100 Benevento

My research interests deal with paleoceanographic and paleoclimatic reconstructions using coccolithophore assemblages. During the past 25 ky, the Earth system underwent a series of dramatic climate transitions until the most recent glacial period. It peaked about 21 ky ago during the time interval known as “Last Glacial Maximum” (LGM). In detail, my study focuses on the reconstruction of global changes occurred from the LGM to the Holocene. For this aim coccolithophore assemblages have been studied at Integrated Ocean Drilling Program (IODP) Site U1385 (37°34.285’N, 10°7.562’W, 2578 m below sea level) located on the continental slope of the southwestern Iberian Margin in a timeframe between 25 and 0 ky. This IOPD Site consists of a continuous record of pelagic-hemipelagic sediments from the Holocene to 1.45 Ma and is considered a marine-terrestrial-ice core point of reference for the study of orbital and sub-orbital (millennial-scale) variability. Nowadays the study area is influenced by the Portugal Current system whose seasonality is driven by migrations of the semi-permanent subtropical Azores High pressure system. The study area also undergoes intra-seasonal oscillations mainly related to changes, during winter, of westerly wind prevalence, induced by the North Atlantic Oscillation. Coccolithophore data were carried out by sediments from the first four sections of the core A of the IODP Site U1385. Coccolithophores, haptophyte algae living in the photic zone, are sensitive to some environmental parameters as temperature, salinity, availability of nutrients and sunlight. Thanks to their ecological sensitivity, coccolithophores are able to record paleoceanographic changes and for this reason are considered to be an important proxy to study the climate variability.

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BEATRICE AZZARÀ

Dipartimento di Fisica e Geologia Università degli Studi di Perugia Piazza Università 1 06100 Perugia

Fin da quando ero bambina ho sempre amato stare a contatto con gli animali nel loro ambiente naturale, immaginandomi in giro per il mondo. Passavo le mie estati nei campi estivi organizzati dal WWF, nelle riserve naturali italiane e non, ritrovandomi a contatto con le diverse realtà presenti, e accrescendo così il mio amore per la natura, la sua storia e ciò che vive in essa. Contrariamente ad altri, con gli anni mi fu subito chiaro cosa volessi fare e ad oggi, grazie alla carriera da paleontologa intrapresa, sto realizzando tutto ciò. L’inizio del mio percorso non è stato facile, in quanto non condiviso dalla mia famiglia ma, nel mio caso, grazie all’aiuto dei docenti che ho incontrato sono riuscita a concludere gli studi in Geologia con successo. Il desiderio di voler intraprendere un percorso di ricerca è cominciato due anni fa, quando per la prima volta sono stata in Africa con la Scuola di Paleoantropologia di Perugia, con la quale ora collaboro. Questa esperienza mi ha permesso di capire ancor meglio di voler lavorare nell’ambito della Paleontologia dei Vertebrati con una formazione da geologa. Per questo motivo, il mio dottorato, vinto l’anno successivo, è focalizzato sulla ricostruzione paleo-ambientale della Gola di Olduvai (Tanzania). Per quanto mi riguarda posso ritenermi fortunata in quanto, durante le mie prime esperienze professionalizzanti, ho incontrato persone e colleghi che mi hanno fatto sentire integrata e a proprio agio. Tra i più importanti esempi c’è mia madre, ricercatrice nel campo medico, che si divideva tra me, mia sorella e l’ospedale, rendendoci partecipe della sua vita e del suo lavoro. Il suo impegno morale mi ha permesso di raggiungere presto la consapevolezza che con costanza, caparbietà e passione si può fare molto, oltrepassando quei preconcetti di genere, razza e cultura che purtroppo ancora esistono nel mondo. Ad oggi quindi, sono riuscita ad allineare i miei desideri con il mio lavoro rendendomi una parte integrante e attiva della ricerca scientifica Italiana.

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GIULIA BARBIERI

Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali Università di Bologna Via Zamboni 67 40126 Bologna

I am a postdoctoral fellow in micropaleontology at the Department of Biological, Geological and Environmental Sciences of the University of Bologna. The focus of my research is the application of benthic foraminifers and ostracods as tracers of coastal and delta dynamics during the late Quaternary. I am particularly interested in the comparison between modern and fossil assemblages to obtain insights on the potential of both groups as paleoenvironmental indicators, with the aid of statistical techniques. The modern sediments of the Adriatic Sea and the subsurface Quaternary succession of the Po Delta plain host the assemblages I am working on. The abundant literature available for the Adriatic Sea allowed me to integrate, for the first time in this area, benthic foraminifers and ostracods in order to develop a distribution model of both faunal groups for river-influenced shelves, which are common all over the world. I highlighted that each group responds to distinct environmental factors, so their combination could represent a powerful tool to unravel the evolution of coastal settings, which represent extremely fragile environments in the current climate-change perspective. My present goal is the comparison of the record provided by each group in the fossil shallow marine succession of the Po Delta and the comprehension of their response to short time-scale delta dynamics (natural and anthropogenic). One of my research projects involves the understanding of the dynamics governing back-barrier environments as well, and I am currently compiling a modern database of benthic foraminifers and ostracods from a coastal lagoon of the Po Delta regional park, that can serve as modern reference set for past sea-level and coastal reconstructions.

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DANIELA BASSO

Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra (DISAT) Università degli Studi di Milano-Bicocca Piazza della Scienza 4 20126 Milano

Sono Professore di Paleontologia e Paleoecologia e coordino il gruppo di lavoro in Geologia marina e Geobiologia del mio Ateneo. Le alghe rosse calcaree e il fenomeno della biocostruzione marina sono al centro dei miei interessi sin dal dottorato, primo in Italia su questi argomenti. Mi occupo della sistematica, ecologia e paleoecologia delle alghe rosse calcaree con un approccio morfo-anatomico e biomineralogico. Questo mi ha consentito di descrivere specie nuove, sia fossili, sia viventi, e di contribuire con la ricerca geobiologica alla comprensione dei processi di formazione dei reef algali. La mia ricerca più nota ha fornito un modello di distribuzione dei noduli algali (rodoliti) lungo la piattaforma del Mediterraneo, in funzione dei principali fattori ecologici che la controllano, ossia l’idrodinamismo e la velocità di sedimentazione, lungo un gradiente di profondità. Questo modello è stato testato con successo nella ricostruzione stratigrafica e paleoecologica di depositi a rodoliti cenozoici, anche di rilevanza economica nel settore Oil & Gas, ed è considerato un contributo di riferimento nei documenti della UE per il monitoraggio dei fondi a rodoliti attuali. Ho esplorato la potenzialità delle alghe rosse calcaree come registro del cambiamento climatico attraverso i proxy geochimici, stabilendo per la prima volta il rapporto Li/Ca come proxy della temperatura nelle alghe coralline e la possibilità di estrarre il segnale isotopico del B, come proxy del pH marino, in alghe calcaree tardo pleistoceniche. Applico la ricerca sulle associazioni bentoniche – non solo alghe rosse calcaree ma anche molluschi – alla conoscenza e conservazione di habitat marini, e all’interpretazione della loro storia ecologica recente, in funzione di cambiamenti naturali ed antropici. Sono coautrice della prima segnalazione di una fauna a molluschi chemiosimbionti nel Mediterraneo attuale e ho appena descritto una nuova specie di Waisiuconcha, un bivalve chemiosimbionte, nei sedimenti batiali recenti del Mediterraneo orientale, con interessanti implicazioni paleobiogeografiche.

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FRANCESCA R. BOSELLINI

Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche Università di Modena e Reggio Emilia Via Campi 103 41125 Modena

Sono Professore Associato di Paleontologia e Paleoecologia dal 2000 presso l’Università di Modena e Reggio Emilia. A partire dalla mia tesi di laurea la mia attività di ricerca ha da sempre riguardato lo studio di coralli e scogliere coralline fossili, affascinata dalla bellezza e varietà di questo prezioso ecosistema marino e dalla possibilità di ricostruirne l’evoluzione nel record geologico. Studio i coralli e le scogliere coralline del Cenozoico e ho svolto, e svolgo tuttora, ricerche nel campo della sistematica e della morfologia funzionale dei coralli, dell’analisi di facies e paleoecologia, delle variazioni di biodiversità delle faune coralline per ricostruzioni paleoclimatiche e paleogeografiche, dei processi di biomineralizzazione dei coralli legati ad eventi di riscaldamento globale ed acidificazione degli oceani. Sebbene le scogliere fossili oggetto dei miei studi siano per la maggior parte su territorio italiano, le mie ricerche mi hanno portata anche ad effettuare campagne sul terreno in diverse altre zone come Corsica, Spagna, Francia, Turchia, Grecia e Oman. Fantastiche esperienze sono state le escursioni ed i corsi alla scoperta delle scogliere coralline attuali dell’Australia, del Belize e del Mar Rosso, fondamentali per un confronto con le scogliere fossili. Indispensabili nel mio lavoro sono anche gli scambi e le collaborazioni con colleghi stranieri ed istituzioni internazionali, dalla pubblicazione di articoli scientifici in comune a soggiorni di studio e incarichi di visiting professor (Natural History Museum, Londra, UK; University of Miami, USA; Institute of Paleontology, Polish Academy of Science, Varsavia, Polonia; Department of Earth & Environmental Sciences, University of Iowa, Iowa City, USA). Dal 2019 sono Presidente dell’International Fossil Reef Society, la società scientifica internazionale che dal 1971 riunisce geologi, paleontologi e biologi, esperti di coralli e scogliere coralline sia fossili che attuali e provenienti da tutto il mondo.

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CINZIA BOTTINI

Dipartimento di Scienze della Terra Università degli Studi di Milano Via Mangiagalli 34 20133 Milano

Il mio percorso come micropaleontologa è iniziato al termine degli studi svolti presso l’Università di Modena e Reggio-Emilia, a cui ha fatto seguito il dottorato di ricerca che ho svolto presso l’Università degli Studi Milano. Durante il dottorato ho sviluppato uno studio integrato dell’Evento Anossico Oceanico (OAE) 1a dell’Aptiano inferiore, tema che ancora oggi è parte importante della mia ricerca. Metà del triennio di dottorato l’ho trascorso presso la Open University e l’Università di Oxford (UK) occupandomi di geochimica isotopica volta alla caratterizzazione degli eventi vulcanici legati all’OAE 1a, a ricostruzioni paleoclimatiche e alla caratterizzazione cronostratigrafica delle sezioni oggetto di studio. Il post dottorato mi ha vista presso la Ruhr Universität Bochum (Germania) dove ho esteso i miei studi alle associazioni a nannofossili del Cretacico Inferiore del record Boreale. Nell’ambito del progetto Scientific Independence of young Researchers” (SIR) 2014 mi sono dedicata, in qualità di PI, a studiare il tempo e il modo di risposta delle alghe coccolitoforidi ad alcuni fattori di stress ambientale e agli effetti che essi esercitano sulla biocalcificazione in combinazione all’eccesso di CO2 in casi di studio del Cretacico. Nel corso degli anni, la curiosità e le proposte di alcuni colleghi mi hanno spinta ad interessanti deviazioni dal Cretacico portandomi a studiare le associazioni a nannofossili al limite T/J nel Bacino Lombardo e del Pleistocene nelle sezioni Arda e Stirone. Negli ultimi tempi, una parte della mia ricerca è sconfinata nell’utilizzo delle grandi sorgenti per esplorare nuove frontiere sul significato paleoambientale di alcuni elementi e la loro interazione con le alghe coccolitoforidi. Dal 2012 sono ricercatore presso il Dipartimento di Scienze della Terra “Ardito Desio” dell’Università degli Studi di Milano. Dal 2017 sono Science Officer per la Paleontologia della Divisione “Stratigraphy, Sedimentology and Palaeontology” (SSP) della European Geological Union (EGU) e dal 2019 sono Tesoriere della Società Paleontologica Italiana.

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VALENTINA ALICE BRACCHI

Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra (DISAT) Università degli Studi di Milano-Bicocca Piazza della Scienza 4 20126 Milano

Sono Assegnista di Ricerca in Paleontologia e Paleoecologia presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, dove esiste un gruppo di lavoro in Geologia marina e Geobiologia coordinato dalla Prof.ssa Basso. Fin dal mio Dottorato di Ricerca, conseguito nel 2012, mi sono applicata allo studio della biocostruzione marina quaternaria mediterranea, ed in particolare dei suoi principali biocostruttori (alghe rosse) e delle associazioni di fauna bentica (molluschi, foraminiferi) ad essi associate. Il fenomeno della biocostruzione carbonatica è un argomento di primario interesse nell’attuale contesto di minaccia ambientale per l’effetto del cambiamento climatico e di gestione sostenibile dell’ambiente marino, perché questi sedimenti rappresentano degli archivi paleoclimatici e paleobiologici che, se da un lato permettono di ricostruire la storia geologica del nostro pianeta, dall’altro consentono di individuare scenari futuri possibili. Per questo motivo seguo un approccio inter- e multi disciplinare, che comprende diverse discipline tra cui la geobiologia, la paleoecologia e la paleontologia, la sedimentologia, la geomorfologia e la geochimica. Mi dedico sia allo studio di testimonianze fossili della biocostruzione marina, sia allo studio dell’ambiente attuale, integrando tra loro scale diverse di osservazione del fenomeno della biocostruzione. Ho sviluppato un nuovo sistema di classificazione dei reef algali e ho contribuito a produrre nuovi dati quantitativi sul tasso di crescita di queste biocostruzioni e sulla loro importanza volumetrica nell’ambiente attuale. Mi dedico alla ricostruzione paleoecologica degli ambienti di formazione e sviluppo di queste biocostruzioni, integrando risultati provenienti anche dai sedimenti e dalle paleofaune associate, cercando di rintracciare i fattori biotici e abiotici che hanno determinato la presenza delle biocostruzioni. Infine, sto dedicando parte della mia ricerca allo studio alla microscala del fenomeno della biocostruzione, andando a dettagliare i biocostruttori dominanti e a rintracciare nei resti scheletrici le informazioni paleoambientali lasciate nella struttura mineralogica e chimica.

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LUCILLA CAPOTONDI

Istituto di Scienze Marine (ISMAR) Consiglio Nazionale delle Ricerche Via Gobetti 101 40129 Bologna

La mia attività di ricerca è incentrata sullo studio dei Foraminiferi, microscopici organismi a guscio calcareo che vivono nel mare a diverse latitudini e presenti come fossili nei sedimenti. Sono sempre stata affascinata dalle enormi informazioni scientifiche che questo gruppo di organismi offre e che continua ad offrire anche grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie. Proprio per questo, le mie ricerche hanno sempre nuovi orizzonti e spaziano in diversi ambiti: dall’ecologia alla paleontologia, dalla geochimica alla paleoclimatologia, dalla tassonomia ai modelli, permettendomi di lavorare in sinergia con esperti di altre discipline. Le domande scientifiche che affronto mi consentono di lavorare anche in aree geografiche estreme quali quelle polari (Antartide ed Artide) e fare esperienze uniche come lavorare su navi oceanografiche. I miei studi mi hanno permesso di contribuire allo sviluppo della biostratigrafia in area mediterranea del tardo Quaternario proponendo uno schema biostratigrafico e di evidenziare l’utilizzo della paleontologia come importante strumento per caratterizzare la variabilità climatica del passato durante peculiari intervalli temporali. Cerco di trasferire la mia passione ed entusiasmo per la paleontologia anche ai ragazzi per cui sono attiva nella divulgazione scientifica e nella formazione.

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LISA CARRERA

Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali Università di Bologna Via Zamboni 67 40126 Bologna

La mia area di ricerca è lo studio degli insiemi fossili dell’avifauna provenienti da depositi del Quaternario, con il fine principale di indagare e ricostruire gli adattamenti ecologici delle diverse specie di uccelli alle oscillazioni climatiche che hanno caratterizzato il Pleistocene. Il record fossile, nel dettaglio, permette di individuare cambiamenti nella taglia e nelle proporzioni corporee tra le fasi glaciali e quelle interglaciali, nonché di delineare le variazioni nella distribuzione geografica delle diverse specie, in termini latitudinali ed altitudinali. La migliore comprensione delle risposte adattative ai cambiamenti climatici nel passato fornisce un importante quadro di riferimento per l’interpretazione degli effetti del global warming sull’avifauna attuale. Tali conoscenze permettono la previsione delle conseguenze del riscaldamento globale sulle popolazioni ornitiche nell’immediato futuro, la distinzione tra le cause climatiche e quelle più prettamente antropiche dell’attuale declino di numerose specie e lo sviluppo di idonee strategie di conservazione per quelle più a rischio. Le paleornitocenosi, ricostruite attraverso l’analisi tassonomica dei resti fossili dell’avifauna, restituiscono inoltre importanti indizi sulle caratteristiche e sull’evoluzione degli scenari ambientali e climatici del passato, contribuendo quindi in modo significativo alla paleoecologia del Quaternario. Un ulteriore sviluppo della mia ricerca consiste nell’analisi archeozoologica dell’avifauna fossile proveniente da contesti archeologici preistorici. Questo tipo di indagine permette di riconoscere, attraverso lo studio tafonomico dei resti, le specifiche tracce che identificano gli accumuli antropici, e di esplorare così le dinamiche dell’interazione tra uomini ed uccelli fin dalle epoche più remote.

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ELISABETTA CIOPPI

Museo di Geologia e Paleontologia, SMA Università di Firenze Via G. La Pira 4 50121 Firenze

Il lavoro più bello del mondo? Curatore di un Museo di Paleontologia, ça va sans dire! Già da studentessa ebbi la meravigliosa opportunità di operare come guida del Museo e di condurre migliaia di alunni attraverso le sale del Museo, appassionandomi sempre più alla Paleontologia. Tra un mese festeggerò 30 anni di lavoro come curatore del Museo di Geologia e Paleontologia di Firenze (e altrettanti come socio SPI) e quotidianamente mi balza agli occhi l’imponente rilevanza dei fossili, trovandovi ancora immense sollecitazioni. Dalle campagne di scavo, alle quali ho partecipato o diretto (di elefanti e balene, leit motiv del nostro museo fiorentino), ho ricevuto molta gratificazione, ma altrettanta dagli scavi nei depositi del museo. Ecco che un giorno ti capita tra le mani un cranio di Leptobos etruscus citato da Darwin, un altro un pesce islebiano elencato nell’Indice di Stenone, un altro ancora alcuni reperti di Ursus etruscus figurati nelle tavole della Recherches sur les ossemens fossiles di Cuvier. E che sorpresa se poi indagando su Leonardo da Vinci trovi la corrispondenza tra un suo disegno e un reperto di Paleodictyon. Un archivio della storia della scienza nelle vetrine del museo. Ma anche la storia sociale è associata ai fossili, come nel caso del Mammut americanum, specie della quale si conserva una ventina di reperti, uno presente in catalogo fin dal 1792, provenienti da Big Bone Lick, Kentucky (USA). Ricerche negli archivi e nei cataloghi antichi hanno permesso di ripercorre le tappe del loro non facile viaggio fino a Firenze e comprendere l’interesse per questa specie perfino di Jefferson, terzo presidente degli Stati Uniti d’America. Sì, i fossili sono proprio importanti oggidì, ci riportano coi piedi per terra, ci ricordano la nostra irrilevanza, ci entusiasmano per le rivelazioni che ci offrono. Grazie SPI, promotrice di queste riflessioni!

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GAIA CRIPPA

Dipartimento di Scienze della Terra Università degli Studi di Milano Via Mangiagalli 34 20133 Milano

Sin da bambina sono stata molto attratta dalle scienze della terra e dalla storia del nostro pianeta. Ciò è stato anche enfatizzato dalla scoperta del significato del mio nome, Gaia, ovvero la Terra. Questa passione per la scienza, che è continuata durante il liceo, mi ha portato ad iscrivermi al corso di laurea in Geologia all'università, dove ho avuto la possibilità di esplorare la vastità di questa disciplina e mi sono innamorata della paleontologia. Nel corso dei miei studi mi ha entusiasmato scoprire come studiando una singola conchiglia, come quelle che troviamo oggigiorno sulle nostre spiagge, sia possibile ottenere numerose informazioni sul passato del nostro pianeta. Dopo una tesi di laurea magistrale riguardante l’analisi sistematica, biostratigrafica e paleogeografica di faune a brachiopodi del Permiano medio dell’Iran, ho conseguito il dottorato di ricerca nel 2015 effettuando un’analisi sistematica, paleoecologica e geochimica di conchiglie di molluschi provenienti da una successione marina del Pleistocene inferiore dell’Emilia occidentale. L’analisi dettagliata del segnale isotopico registrato dalle conchiglie mi ha permesso di ricostruire l’evoluzione paleoclimatica e paleoambientale dell’area di studio e di identificare nella variazione di stagionalità un importante parametro dei cambiamenti climatici del Pleistocene inferiore. Attualmente sono assegnista presso l’Università di Milano, dove continuo a studiare conchiglie di bivalvi fossili ed attuali, sia sfruttando la grande potenzialità della geochimica applicata alle conchiglie di molluschi per le ricostruzioni paleoclimatiche e paleoambientali in diversi contesti stratigrafici (dalle successioni sedimentarie pleistoceniche dell’Italia e dell’Inghilterra ai siti archeologici olocenici dell’Oman) sia analizzando le microstrutture delle conchiglie con strumenti ad alta risoluzione, quali SEM e EBSD (in collaborazione con l’Università di Monaco di Baviera), per meglio comprendere i processi di biomineralizzazione.

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SILVIA DANISE

Dipartimento di Scienze della Terra Università degli Studi di Firenze via La Pira 4 50121 Firenze

Sono una ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze. Dopo molti anni all’estero, tra Regno Unito e Stati Uniti, due anni fa sono tornata in Italia grazie al Programma per Giovani Ricercatori “Rita Levi Montalcini”. Studio la risposta ecologica ed evolutiva delle comunità marine ai cambiamenti climatici del passato. In particolare mi interessano intervalli di tempo in cui la Terra ha attraversato periodi di riscaldamento globale, che in molti casi hanno portato all’estinzione di una larga percentuale degli organismi viventi. Studio sia epoche geologiche del tempo profondo, come il Giurassico Inferiore (circa 180 milioni di anni fa) in cui le specie presenti erano diverse da quelle attuali, sia epoche più recenti, come il Pliocene (circa 3 milioni di anni fa), in cui più della metà delle specie presenti sono le stesse che popolano tutt’ora i nostri mari. In entrambi i casi, l’analisi delle comunità marine bentoniche, popolate da bivalvi, gasteropodi, echinodermi, ed altri organismi a guscio calcareo, permettono di comprendere quali adattamenti rendono più resilienti alcune specie rispetto ad altre ai cambiamenti del clima. Raccolgo i dati per la mia ricerca direttamente sul campo, spesso in aree remote, preferibilmente con poca vegetazione, in modo che le rocce sedimentarie che conservano i fossili siano ben esposte. La spedizione più avventurosa che ho organizzato mi ha portato a trascorrere circa due mesi in Wyoming, campeggiando tutti i giorni in aree selvagge, popolate da serpenti a sonagli, puma e orsi grizzly. Eravamo solo io e la mia assistente, a raccogliere campioni fossiliferi e descrivere sezioni geologiche di giorno, e guardare immensi cieli stellati la sera. Il riconoscimento maggiore al mio lavoro l’ho ricevuto nel 2019, quando ho ricevuto l’Hodson Award della Palaeontological Association, un premio alla carriera per i giovani paleontologi.

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ELISABETTA ERBA

Dipartimento di Scienze della Terra Università degli Studi di Milano Via Mangiagalli 34 20133 Milano

MicroPaleontologa per caso… Da ragazza fui rapita dalla grandiosità delle montagne e decisi di studiare geologia per capire come quando e perché si sono formate delle bellezze naturali tanto affascinanti. La Micropaleontologia non fu una mia scelta, ci capitai per caso. Fui un po’ delusa dall’argomento che mi assegnarono per la tesi di laurea: dovevo studiare una roccia bianca, senza strutture o fossili, una roccia così omogenea da essere chiamata “Maiolica”. E invece mi si aprì un mondo ignoto e meraviglioso che ha determinato la mia vita professionale. Ricordo ancora il mio primo campione al microscopio a scansione: mi apparvero milioni e milioni di nannofossili! Poi durante il dottorato ho partecipato ad alcune crociere di geologia marina nel Mediterraneo e da allora "il mio cuore è in alto mare”. Mi sono specializzata sui nannofossili mesozoici utilizzandoli per la biostratigrafia e ricostruire le condizioni chimico-fisiche degli oceani nonché le condizioni climatiche. La Geologia e la Micropaleontologia mi hanno sorpreso molte volte: ho imparato cose che nemmeno immaginavo e ancora continuo a stupirmi e scoprire aspetti della storia del nostro pianeta che solo le rocce hanno custodito. Ho avuto la fortuna di collaborare con molti geologi italiani e stranieri. La ricerca inter- e multi-disciplinare mi ha dato l’opportunità di praticare il rispetto verso il lavoro altrui attraverso il confronto sincero, la discussione e la condivisione di idee e progetti. E ho sempre rispettato anche i limiti delle tecniche analitiche e del pensiero scientifico, praticando la pazienza di raccogliere tutti i dati necessari prima di pubblicare. Ora trasferisco le mie conoscenze a Studenti, Dottorandi e giovani Ricercatori. Cerco soprattutto di spronarli allo studio serio, umile ma sempre appassionato: il bello della ricerca è lo scambio costruttivo di idee, dati, interpretazioni per comprendere i processi che avvengono intorno a noi. I giovani hanno tanta energia e voglia di imparare: lavorare insieme a loro mi arricchisce, mi sprona e mi mantiene giovane (almeno come ricercatrice)!

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ANNALISA FERRETTI

Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia Via Campi 103 41125 Modena

Il mio interesse per la paleontologia è sicuramente legato alla possibilità che ci regala di “viaggiare nel tempo”, una sorta di esplorazione alla Star Trek verso mondi lontani che spesso hanno ben poco a che fare con il nostro. Per questo ho indirizzato il mio interesse alla parte iniziale del Paleozoico e verso organismi ora estinti, quali i conodonti, o problematici di cui interpretare la loro funzionalità. Mi sono iscritta all’Università con la convinzione già da subito di chiedere una tesi in paleontologia e, lo stesso anno, ho aderito alla Società Paleontologica Italiana. Avere avuto due maestri a Modena come Enrico Serpagli e Maurizio Gnoli ha indubbiamente favorito la realizzazione di un sogno. Da allora, ogni giornata di “lavoro” in realtà è stata, e continua ad essere, la possibilità di coltivare una grande passione.

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ANNA FILOSI

Dipartimento di Scienze della Terra Università degli Studi di Milano Via Mangiagalli 34 20133 Milano

Sono Anna Filosi, una studentessa dell’Università Statale di Milano nel corso di laurea magistrale in Scienze e Tecnologie per la Diagnostica e la Conservazione dei Beni Culturali. Sono socia junior SPI, laureata in triennale in Scienze e Tecnologie Geologiche all’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Appassionata sin da piccola dei minerali e dei fossili, ho svolto la tesi di laurea triennale in ambito paleontologico al MUSE di Trento, in collaborazione con la il Dr. Bernardi Massimo e la Prof.ssa Malinverno Elisa, con il titolo Il Rosso Ammonitico Veronese nella città di Trento e studio della collezione Mazzucchi di Castione, dove ho determinato tassonomicamente una collezione di ammoniti giurassiche e ho mappato e geolocalizzato le ammoniti presenti sulla pavimentazione del centro storico della città di Trento. Nel 2019 mi sono iscritta per la prima volta alla Società Paleontologica Italiana, per sostenere e tutelare il patrimonio paleontologico italiano. In collaborazione con Crippa Carlo Pietro e Franceschi Fabio ho effettuato un’analisi paleoecologica dell’Unità A Superiore del Rosso Ammonitico Veronese che è stata messa in correlazione con le formazioni dello stesso periodo di Lombardia e Veneto. Questo lavoro è stato presentato in un poster ai Paleodays2019 a Benevento. Attualmente la mia tesi di laurea si svolge in Trentino nuovamente in collaborazione col MUSE, con il Dr. Bernardi Massimo e il Prof. Balini Marco. Il lavoro prevede lo scavo paleontologico nel Calcare di Prezzo (Anisico) per analizzarne la paleoecologia e la preparazione dei fossili ritrovati, con l’obbiettivo finale di fornire una collezione al MUSE. Per gli IVPDays2019 di Firenze ho presentato un’analisi in collaborazione con il Dr. Bindellini Gabriele sulla distribuzione paleogeografica e la filogenesi degli Shastasauridi dell’Anisico, correlando i taxa ritrovati alle Svalbard e quelli rinvenuti nei siti dell’area corrispondente alla Tetide, per ipotizzare una loro possibile rotta di migrazione.

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GIUSEPPA FORTE

Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige Via Bottai 1 39100 Bolzano

La mia esperienza nel campo della paleontologia è iniziata all’Università degli Studi di Palermo, dove mi sono laureata in Scienze Naturali con una tesi dal titolo “Valutazione tassonomica e quantitativa della documentazione fossile delle faune a macromammiferi della Penisola Italiana dal Pliocene Medio al Pleistocene Medio”. Ho proseguito i miei studi laureandomi in Ecologia e Biogeografia presso lo stesso ateneo, con una tesi intitolata “Valutazione tassonomica e quantitativa delle faune a mammiferi dell’ultimo Ciclo Glaciale Europeo”. Nel 2013, l’opportunità di un tirocinio presso il Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige mi ha permesso di iniziare una proficua e assidua collaborazione scientifica con il gruppo di lavoro di paleontologia, prendendo parte a vari progetti di ricerca e deviando il mio interesse e le mie ricerche nel campo della paleobotanica. I risultati ottenuti ed il mio crescente interesse mi hanno spinta a specializzarmi in questo campo. Senza mai interrompere la mia collaborazione con il Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige, ho svolto nel triennio 2014–2017 un dottorato di ricerca presso l’Università degli Studi di Padova, con un progetto intitolato “An integrated study on late Cisuralian (early Permian) palaeoenvironments and palaeoclimate of Southern Alps”. I miei studi sono focalizzati sullo studio delle conifere permiane e triassiche e sull’analisi geochimica della materia organica come strumento di indagine delle condizioni paleoclimatiche e paleoambientali. Lavoro attualmente al Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige collaborando al progetto di ricerca “PALDOTEC: The paleoflora of Monte Prà della Vacca/Kühwiesenkopf – an open window on Triassic paleoclimate and paleoenvironments”. Lo studio delle collezioni di confronto è supportato dai fondi SYNTHESYS, che mi hanno permesso, nell’ultimo anno, di estendere le mie ricerche su altre collezioni Triassiche custodite presso il Museum für Naturkunde Berlin e lo State Museum of Natural History Stuttgart.

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VIVIANA FRISONE

Museo di Archeologia e Scienze Naturali ‘G. Zannato’ Piazza Marconi 17 36075 Montecchio Maggiore

Ciao care ragazze, vi scrivo in inglese in quanto, se volete diventare scienziate, questa è la lingua più comune in questo momento. Ecco in breve la mia piccola storia, da “scienziata di provincia” ma anche curatrice museale, mamma, moglie, figlia, amica, cittadina ecc. Ricordate: non rinunciate mai a quello che siete e che amate, we can do it! Since 2002 I am the curator of Natural Sciences at Museo di Archeologia e Scienze Naturali, Montecchio Maggiore, Italy (www.museozannato.it). From 2010 to 2013 I worked as a PhD student on Eocene siliceous sponges from northern Italy. The main research questions were about the systematics and palaeoecology of: 1) Bartonian isolated spicules of demosponges; 2) a Lutetian bodily preserved siliceous sponge fauna from Chiampo Valley. The first study documented exceptionally preserved isolate spicules found during a palaeontological excavation. Interpretation of morphological types of spicules by comparison with living species led to their attribution to five genera, firstly reported from the Eocene of Europe. The spicules were also analysed with X-ray power diffraction and at SEM defining the type of preservation. Macro and micro facies analysis defined the sedimentary environment. The results were published in 2014 in Facies. The second study included more than 900 sponge specimens from Museums’ collections. It led to the taxonomic attribution of the studied sponges to 32 taxa (10 new species and 2 new genera) extending the geographical and stratigraphical range of many taxa. Observations of specimens allowed autoecological considerations based on functional morphology. Preliminary results were presented during the conference on Climatic and Biotic Events of the Paleogene (2014), Ferrara, and part of the results were published in Journal of Systematic Palaeontology in 2016. Recently, we performed random surface sampling at the Chiampo original sponge collection sites and compared the biodiversity with the Museum samples. The results were presented at the 10th World Sponge Conference (2017), NUI Galway, Ireland and published in Acta Palaeontologia Polonica in 2018. Currently I am working on a multidisciplinary study on the sponge horizon including paleoecology, taphonomy and sedimentary environment. The results have been presented at 13th International Congress on Fossil Cnidaria and Porifera (September 2019, Modena).

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ELENA GHEZZO

Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica Università Ca’ Foscari di Venezia Via Torino 155 30170 Venezia Mestre

Sono Elena Ghezzo e sono post-doc presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia – Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica, grazie al progetto REFIND1 supportato dalla Comunità Europea come global Marie Skłodowska-Curie. Mi occupo di ricerca di fossili e nuove località fossilifere tramite l’analisi di foto da drone, immagini satellitari, e algoritmi di distribuzione spaziale. Durante questo primo anno di progetto, sto utilizzando immagini ad altissima risoluzione per monitorare fossili esposti in superficie su aree desertiche negli Stati Uniti, Perù, Niger ed Egitto. Nel caso di presenza di copertura arborea su scala regionale, il progetto prevederà nei prossimi due anni l’applicazione di algoritmi di distribuzione spaziale su faune del tardo Pleistocene europeo, per individuare gap nel record stratigrafico continentale. Nel 2019 ho focalizzato l’attenzione sulla raccolta dei dati satellitari e territoriali, selezionando i campioni di fossili e sedimento necessari per il confronto. Ho poi campionato i siti di riferimento del progetto: il John Day National Monument in Oregon, la Petrified Forest in Arizona, il sito di Pisco in Perù (in collaborazione con l’Università di Pisa), il sito UNESCO di Wadi el Hitan in Egitto, ed il sito di Gadoufaua in Niger. In questi mesi sto preparando le prime pubblicazioni riguardanti i risultati di ricerca ottenuti sino ad oggi, che prevedo di pubblicare nell’arco del 2020. Attualmente vivo e lavoro negli Stati Uniti presso l’Università dell’Oregon, dove collaboro con il Dipartimento di Scienze della Terra - Vertebrate Paleontology Lab.

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EVELYN KUSTATSCHER

Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige Via Bottai 1 39100 Bolzano

Mi chiamo Evelyn Kustatscher e sono una paleobotanica, ovvero mi occupo di piante fossili, presso il Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige. Questa mia passione per le piante nacque durante il mio studio di scienze naturali all’università di Ferrara, durante il quale ho avuto l’onore di conoscere la prof.ssa Carmela Loriga Broglio, grande esperta di fossili delle Dolomiti, la quale mi propose a seguito dell’esame al primo anno di svolgere la mia tesi su tale argomento. Studiando le piante fossili presso il collezionista che le aveva raccolte, ebbi la grande fortuna di conoscere la prof.ssa Johanna (Han) van Konijnenburg-van Cittert, dell’università di Utrecht, massima esperta di piante fossili del Mesozoico. Sotto le egide di queste due grandi paleontologhe ho potuto eseguire la mia tesi di laurea ed il mio dottorato di ricerca sulle piante fossili del Triassico delle Dolomiti. A seguito di un anno di assegno di ricerca presso l’università di Ferrara, sono tornata in provincia di Bolzano per lavorare presso il Museo di Scienze, visto che ciò mi permetteva non solo di continuare a raccogliere e studiare piante fossili delle Dolomiti, ma anche di trasmettere la mia passione per i fossili a ragazzi e adulti tramite mostre, eventi dedicati alla ricerca (kidscience, notte della ricerca, festa UNESCO), e conferenze serali. Mi mancava solo la possibilità di trasmettere la mia conoscenza anche alle nuove generazioni. Ho realizzato questo sogno tramite un percorso di abilitazione presso la Ludwig Maximilian University di Monaco di Baviera, dove risulto docente dal 2017. Grazie al mio lavoro e progetti internazionali ho avuto, inoltre, la possibilità di visitare tanti affioramenti e collezioni soprattutto in Europa ma non solo, e di incontrare e collaborare con tantissimi esperti del campo.

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CRISTINA LOMBARDO

Dipartimento di Scienze della Terra Università degli Studi di Milano Via Mangiagalli 34 20133 Milano

È stato il disegno di un Allosauro su un libro regalatomi quand’ero bambina che mi ha trasmesso la passione per gli animali del passato e ho vividi ricordi di domeniche trascorse al Museo di Storia Naturale di Milano con il naso attaccato alle vetrine. Studiare Scienze Naturali mi ha permesso in seguito di occuparmi davvero di paleontologia dei vertebrati e di conoscere il nostro straordinario patrimonio fossilifero attraverso l’attività sul terreno, lo studio in laboratorio, le ricerche in biblioteca e nei depositi dei musei. I Pesci del Mesozoico hanno costituito il mio ambito di ricerca prima di approdare felicemente alla redazione della Rivista Italiana di Paleontologia e Stratigrafia e alle collezioni paleontologiche del Dipartimento di Scienze della Terra "A. Desio" (UNIMI), di cui sono responsabile. Ma oltre ai fossili? La musica, naturalmente!

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FRANCESCA LOZAR

Dipartimento di Scienze della Terra Università degli Studi di Torino via Valperga Caluso 35 10125 Torino

Mi occupo di nannofossili calcarei da oltre 25 anni, ed ho studiato sia sedimenti mesozoici che cenozoici. Mi affascina poter studiare resti di organismi così piccoli da risultare “insignificanti” alle persone comuni, ma che contribuiscono a regolare il ciclo del Carbonio del sistema Terra, costruendo minuscoli ed elaborati scheletri calcarei. Amo lavorare con colleghi di discipline affini per ricostruire le condizioni dell’oceano nel passato geologico, sia tramite le associazioni fossili, sia attraverso proxies geochimici e sedimentologici. Recentemente mi sono concentrata sullo studio degli eventi che hanno innescato la Crisi di Salinità del Messiniano, un evento iconico nelle Scienze della Terra che ha coinvolto tutto il Mediterraneo ed è tutt’oggi fortemente dibattuto, dopo oltre 50 anni di studi interdisciplinari. Poter identificare il cambiamento oceanografico avvenuto nel Mediterraneo all’inizio della Crisi tramite l’associazione a nannofossili è uno dei risultati più recenti del mio lavoro. Il confronto scientifico con colleghi italiani ed europei su questo grande tema geologico mi ha permesso una grande crescita professionale e mi dà ogni giorno nuovi stimoli, aprendo domande scientifiche a cui rispondere col mio lavoro. Parallelamente, da alcuni anni mi occupo di divulgazione delle Scienze della Terra (progetto PROGEO-Piemonte) e di Didattica delle Scienze della Terra (Progetto PLS Geologia), con insegnanti e studenti delle scuole secondarie di secondo grado. La sfida è trasmettere ai giovani l’importanza delle Geoscienze per la nostra vita quotidiana, per il progresso della società e la salvaguardia dei beni ambientali, oltre alla passione per la Geologia! La partecipazione al Leg 185 dell’ODP è senza dubbio l’esperienza di ricerca più emozionante della mia carriera, e mi ha aperto a collaborazioni internazionali che si sono negli anni trasformate in amicizie. Lo studio dei sedimenti marini immediatamente sovrastanti i basalti oceanici ha permesso di datare correttamente una delle anomalie magnetiche del Cretaceo Inferiore.

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LOREDANA MACALUSO

Dipartimento di Scienze della Terra Via Valperga Caluso 35 10125 Torino

Ho conseguito il diploma di laurea magistrale in Scienze Naturali nel 2018, con il massimo dei voti, presso l’Università degli Studi di Torino, dove nello stesso anno ho vinto una borsa di dottorato della durata di tre anni. Sebbene il mio dottorato sia incentrato sulla biodiversità dell’erpetofauna d’Italia di Neogene e Quaternario, collaboro con il gruppo di paleontologia della mia Università dal 2016, con progetti indipendenti, incentrati su diversi gruppi, tra cui pesci, dinosauri e piante. Alcuni di questi progetti hanno portato a pubblicazioni su diverse riviste internazionali. Ho una collaborazione in corso con un gruppo di ricerca afferente all’University College di Londra, dove ho trascorso due mesi grazie ad una borsa Erasmus Traineeship. Attualmente mi sto occupando dell’osteologia dei caudati attuali d’Europa, e visiterò a breve le collezioni di Parigi, Budapest e Madrid, grazie a due borse Synthesys e un Erasmus Traineeship. Sono iscritta alla SPI dal 2016 e ho sempre partecipato alle Giornate di Paleontologia, dove ho vinto due Travel Grant, nel 2016 e nel 2017. Nell’estate del 2017 ho partecipato ad uno scavo paleontologico in Svizzera organizzato dal museo “Jurassica”. Dal 2017 sono assistente alla didattica al laboratorio del corso di Paleontologia della mia università. Nella mia seppur breve esperienza nell’ambiente paleontologico italiano non ho mai incontrato discriminazioni per il mio sesso, fino ad ora. Mi sono sempre sentita rispettata ed apprezzata come persona e come ricercatrice, nel mio piccolo, indistintamente da uomini e donne, che dal mio punto di vista sono ugualmente rappresentati nell’ambito della ricerca paleontologica e all’interno della società paleontologica stessa. Non mi sono mai vista come una donna paleontologa, ma come una persona che si occupa di paleontologia; finora è così che mi sono sentita vista dagli altri, ed è così che vorrei continuasse ad essere.

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Nicoletta Mancin

Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente Università degli Studi di Pavia Via Ferrata 1 27100 Pavia

Nicoletta Mancin nasce a Vercelli nel 1972; dopo una laurea con lode in Scienze Geologiche e un dottorato di ricerca in Scienze della Terra, si specializza in Micropaleontologia acquisendo una elevata competenza nel campo dei microfossili (soprattutto foraminiferi), il tutto presso l’Università degli Studi di Pavia. Nel 2002 viene assunta come Ricercatore presso il Dipartimento di Scienze della Terra del medesimo ateneo, dove svolge ricerche ed una cospicua attività didattica nei corsi di laurea in Scienze Geologiche e Scienze della Natura fino al 2018, quando viene chiamata nel ruolo di Professore di 2° Fascia nel settore scientifico-disciplinare GEO-01 (Paleontologia e Paleoecologia). Da un punto di vista accademico, Nicoletta Mancin conduce soprattutto studi di carattere micropaleontologico applicato alle diverse discipline delle Scienze della Terra e finalizzato alla bio-cronostratigrafia e alle ricostruzioni paleobatimetriche di bacini sedimentari cenozoici, e alla paleoclimatologia dell’ultimo milione d’anni. A partire dal 2017, grazie alla collaborazione tutta al femminile con una collega biologa marina (Agnese Marchini), che si occupa dello studio di specie aliene in area Mediterranea, dà avvio ad un nuovo filone di ricerca che, per la prima volta a livello italiano, concilia l’approccio micropaleontologico a quello biologico nell’analisi della dinamica di invasione di specie aliene microscopiche. La sua ricerca le permette di distinguersi a livello nazionale ed internazionale soprattutto per la capacità di utilizzare in modo integrato associazioni a foraminiferi planctonici e bentonici, nell’analisi micropaleontologica di record fossili di età Cenozoica (ultimi 65 milioni d’anni) e di sedimenti marini attuali. Grazie ai suoi studi pionieristici nell’analisi della microstruttura dei gusci agglutinati è inoltre considerata una esperta internazionale di foraminiferi agglutinanti. E’ membro della Società Paleontologica Italiana (SPI), della Società Geologica Italiana (SGI) e della “The Micropaleontological Society” (TMS). E’ una amante della campagna e conduce con il padre una azienda agricola che coltiva riso.

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SARA MARCONATO

Dipartimento di Geoscienze Università degli Studi di Padova Via Gradenigo 6 35131 Padova

Buongiorno a tutti. Mi chiamo Sara Marconato e ho 24 anni. L’amore per la paleontologia è nato quando i miei genitori mi portarono a vedere L’Era Glaciale al cinema, avevo circa sette anni. Mi rimasero impressi quegli animali strani, che io non avevo mai visto in vita mia. Davvero erano esistite quelle creature? Cosa facevano? Cosa mangiavano? Perché ora non c’erano più? La scoperta poi che tanti anni fa a circa cento chilometri da casa mia c’era un mare tropicale pieno di pesci non mi fece dormire per diverse notti. Così decisi di approfondire meglio, sia leggendo che torturando con domande qualsiasi adulto mi capitasse sotto tiro. Da grande, all’università, mi sono occupata di qualcosa di un po’ diverso. Per la mia tesi di laurea triennale mi sono occupata della biostratigrafia a nannofossili calcarei della sezione di Tabiago (Lecco), sotto la supervisione della prof.ssa Eliana Fornaciari e del prof. Luca Giusberti dell’Università degli Studi di Padova. E’ stata per me un’esperienza formativa e molto bella, i cui risultati preliminari sono stati esposti, insieme a quelli di altri colleghi, durante il convegno internazionale STRATI 2019 a Milano). Una bella soddisfazione per una semplice studentessa universitaria! Non contenta ho svolto anche la mia tesi di laurea magistrale sui nannofossili calcarei, questa volta occupandomi della paleoecologia e della biostratigrafia di una sezione della Val Belluna, nel Veneto orientale, sempre sotto la supervisione della prof.ssa Fornaciari. Ciò mi ha dato modo di approfondire le mie competenze e di svilupparne di ulteriori nel processo di ricerca. Credo che la conoscenza, la cultura e la ricerca abbiano bisogno delle donne non tanto per un fattore di quote rosa o di differenze psicobiologiche vere o presunte quanto perché la conoscenza e la cultura hanno davvero il potere di rendere libera qualsiasi persona.

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GIULIA MARGARITELLI

Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica (IRPI-CNR) Via della Madonna Alta 126 06128 Perugia

La mia linea di ricerca si basa sull’analisi micropaleontologica mirata alla caratterizzazione dei cambiamenti climatici. Lo studio della variabilità climatica degli ultimi millenni è, infatti, di cruciale importanza per fornire informazioni per predizione a medio e lungo termine e i foraminiferi planctonici e la geochimica a loro applicata rappresentano uno strumento fondamentale per le ricostruzioni paleoclimatiche ad alta risoluzione. Attraverso uno studio integrato eseguito su foraminiferi planctonici e record geochimici mi è stato, così, possibile mettere in evidenza le fasi climatiche che hanno caratterizzato gli ultimi 2000 anni nel Bacino del Mediterraneo e il loro legame con i periodi storico/culturali del Mare Nostrum. Gli ultimi 2000 anni, infatti, sono stati caratterizzati da importanti oscillazioni climatiche corrispondenti alle principali fasi culturali e sociali che hanno contraddistinto la regione mediterranea e sono così classificabili: Periodo Romano, Dark Age, Periodo Medioevale, Piccola Era Glaciale, Periodo industriale e moderno. Il Periodo climatico Romano copre nell’area Mediterranea un periodo di tempo compreso circa tra il 500 a.C. e il 500 d.C. Questa fase fu caratterizzata da un clima caldo favorendo, molto probabilmente, l'espansione della Civiltà Romana nel Mediterraneo. Questa prosperità terminò nella fase finale del Periodo Romano caratterizzata, invece, dal persistere di forti sbalzi climatici, coincidenti con la distruzione dell'Impero Romano d’Occidente. I secoli che seguirono la caduta dell’Impero Romano (Dark Age) furono contraddistinti da un miglioramento delle condizioni climatiche, in accordo con dati storici che descrivono le rovine della città di Roma immerse in una folta vegetazione. Il Periodo Medioevale, meglio noto come il Periodo Caldo Medioevale (dal IX al XIII secolo d.C.) fu marcato da condizioni climatiche miti e molto stabili. Questi, infatti, furono gli anni della colonizzazione vichinga della Groenlandia. La Little Ice Age, invece, fu una fase estremamente fredda, la più fredda degli ultimi 2000 anni. Furono, infatti, secoli (dal 1250 al 1800) caratterizzati da inverni molto rigidi ed estati brevi e miti. Durante questi anni grandi fiumi, come il Tamigi, sono rimasti congelati per gran parte dell’anno. Non a caso, proprio in questo periodo, si sono concentrate le più grandi pestilenze e carestie che sconvolsero l’Europa ed il resto del mondo. Nella prima metà del XIX secolo, la rivoluzione industriale comportò una profonda ed irreversibile trasformazione che coinvolse anche il sistema climatico che mutò drasticamente. Dal periodo industriale ad oggi, infatti, il sistema climatico terrestre sta subendo dei cambiamenti senza precedenti nella storia umana.

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MARIA MARINO

Dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali Università degli Studi di Bari Aldo Moro via Orabona 4 70125 Bari

Studio i coccolitoforidi da moltissimi anni, a partire dalla mia tesi di laurea, e sto invecchiando “felicemente” con loro. Il primo approccio è stato quello di datare le rocce, cosa che i coccolitoforidi garantiscono di fare in modo affidabile e con estremo dettaglio, tanto da rendermi utile, come giovane ricercatrice, anche a molti colleghi che si occupavano di cartografia e di analisi di bacino. Le prime esperienze con i coccolitoforidi mi hanno consentito di partecipare ad una crociera oceanografica dell’Ocean Drilling Program e di conoscere il fascino della ricerca multidisciplinare in collaborazione con molti colleghi, di tanti paesi diversi, con alcuni dei quali continuo ad avere rapporti scientifici, sempre stimolanti e costruttivi. Ma quello per cui mi appassiono di più negli ultimi anni è lo studio del clima del passato tramite i cambiamenti che le associazioni a coccolitoforidi riescono a raccontare. Il loro potenziale in questo campo è enorme in quanto riescono a registrare, in molti modi, le minime variazioni ambientali nelle masse d’acqua in cui vivono e che sono, direttamente o indirettamente, indotte dal clima. E lo fanno con una precisione che a volte mi lascia sbalordita e che sempre mi stimola a cercare di comprendere e interpretare ogni loro segnale quando mi siedo davanti al microscopio e, con curiosità ed emozione, mi accingo ad analizzare un nuovo vetrino.

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ANTONELLA CINZIA MARRA

Dipartimento di Scienze Matematiche e Informatiche, Scienze Fisiche e Scienze della Terra Università degli Studi di Messina Viale Stagno d'Alcontres 31 98166 Messina

A. C. Marra conduce ricerche individuali ed in collaborazione su mammiferi miocenici e pleistocenici. Le ricerche sugli ippopotami endemici del Quaternario delle isole del Mediterraneo individuano in Hippopotamus antiquus l'ascendente della specie di Creta e tentativamente della specie Ciprota, che hanno evoluto un alto grado di endemismo in associazioni a mammiferi a bassa biodiversità su un'area di ridotta a marcato isolamento. Hippopotamus pentlandi si è evoluto in Sicilia da Hippopotamus ampibius in condizioni di biodiversità medio-alta, ampio areale e prossimità all'Italia peninsulare; presente anche a Malta, potrebbe essere l'ascendente di Hippopotamus melitensis. Le ricerche sulle faune a mammiferi del Quaternario della Sicilia ricostruiscono una peculiare paleobiogeografia che passa da condizioni di arcipelago composto da piccole isole alla grande isola attuale, in cui si sono impostate, nel tempo, faune a diversa biodiversità e grado di endemismo. Nel Pleistocene Medio inferiore, in un arcipelago composto da Calabria meridionale, Nebrodi-Madonie e Iblei, era presente una fauna a bassa biodiversità ed elevato endemismo, con affinità eurasiatiche e nordafricane. Nella seconda metà del Pleistocene Medio, una Sicilia più simile all'attuale ospita una fauna a buona biodiversità ed a basso grado di endemismo, proveniente dall'Italia peninsulare. Nel Pleistocene Superiore, le faune endemiche scompaiono gradualmente a favore delle specie continentali di nuovo arrivo. Le faune dell'inizio del Pleistocene sono di grande interesse perché, presentando specie relitte di un evento dispersivo da Africa e Europa risalente probabilmente al tardo Miocene, contribuiscono a delineare un quadro paleogeografico del Mediterraneo centro-meridionale ancora molto frammentario su cui si innestano le recenti e originali ricerche sulla fauna di Cessaniti (Calabria), datata tra 8.1 e 7.2 Ma. I mammiferi di affinità greco-iraniana (Samotherium boissieri; Bohlinia attica; Tragoportax rugosifrons) e sub-sahariana (Stegotetrabelodon syrticus; ‘Ceratotherium’ advenientis nov. sp.) individuano un'area emersa in Calabria testimone della continuità biotica tra Eurasia e Nord Africa nel tardo Miocene.

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ROBERTA MARTINO

Via Ninfa 9 04100 Latina

Neolaureata magistrale in Geologia di Esplorazione con titolo conseguito il 19/12/2019 presso l'Università di Roma La Sapienza, votazione 110/110 cum laude. Ho ottenuto il percorso di Eccellenza nel corso di studi frequentato. Durante tale percorso ho avuto l’incredibile opportunità di imparare ad utilizzare gli scanner 3d in dotazione presso il Paleo[Fab]Lab, Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Firenze, al fine di ottenere modelli virtuali di diversi esemplari di ippopotami attuali e fossili. Nel mio elaborato finale ho trattato approfonditamente due specie di ippopotami tardo miocenici dell’Europa meridionale: Hippopotamus pantanellii Joleaud 1920 stabilito su reperti rinvenuti nel Bacino del Casino (Siena) e Hippopotamus siculus Hooijer 1946 instituito su resti provenienti da Gravitelli (Messina). Recentemente queste due specie sono state indicate da Boisserie (2005) rispettivamente come Hexaprotodon? pantanellii ed Hexaprotodon? siculus. I reperti toscani sono purtroppo scarsi e poco diagnostici, e non erano mai stati revisionati dall’anno della loro pubblicazione (1879). I reperti siciliani sono andati perduti durante il terremoto di Messina del 1908 e di essi restano solo alcune descrizioni e tavole pubblicate da Seguenza (1902; 1907). I risultati ottenuti dalle indagini morfologiche e morfometriche dei reperti saranno presentati in un articolo scientifico che mi vedrà autrice insieme al mio relatore e correlatori. Sono inoltre coautrice di un articolo sulla Rivista Italiana di Paleontologia e Stratigrafia riguardante i cambiamenti di forma del cranio all’interno della famiglia Hippopotamidae. Le variazioni di forma sono state indagate attraverso la Geometria Morfometrica e metodi di statistica avanzata. L’approccio innovativo di questo studio ha potuto mettere in luce nuovi risultati ed ha quindi contribuito ad una migliore comprensione del complesso quadro evolutivo della famiglia Hippopotamidae. I risultati ottenuti sono ancora preliminari e la ricerca da fare ancora lunga!

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ILARIA MAZZINI

Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria Area della Ricerca di Roma 1 Montelibretti Via Salaria km 29,300 00015 Monterotondo

“Cacciatrice” di ostracodi Quando in prima elementare mi chiesero che cosa volessi fare da grande, risposi che volevo diventare un’esploratrice. Durante il periodo scolastico, trascorrevo pomeriggi guardando documentari, leggendo le avventure di Sandokan e il National Geographic. La scelta di fare geologia non sorprese i miei familiari. Durante la tesi di laurea, sul rilevamento geologico dei depositi continentali quaternari del bacino di Rieti (Lazio), trovai degli strani limi calcarei. Il relatore della mia tesi mi disse di lavare i campioni per studiarne il contenuto. Mai avrei immaginato che quel momento avrebbe segnato una svolta nella mia vita! Infatti, quel sedimento era pieno di valve calcaree di micro-crostacei, gli Ostracodi. Lo stesso professore mi mandò da una ricercatrice esperta di Ostracodi e da quel momento…non li ho più lasciati! Lo studio di questi crostacei e la passione per la geologia sul campo mi hanno portato a girare il mondo: Germania, Nuova Zelanda, Yemen, Emirati Arabi Uniti, Etiopia sono solo alcuni dei luoghi che ho visitato per lavoro. Le cose che più mi affascinano degli ostracodi sono la capacità di vivere in qualsiasi ambiente acquatico, marino e continentale, e la persistenza nella storia della terra, (il più antico ostracode risale all’Ordoviciano, 485.4 - 443.8 milioni di anni fa). Uno dei luoghi più emozionanti dove mi ha portato lo studio degli ostracodi è la valle del fiume Omo, in Etiopia, nell’ambito del progetto internazionale “Omo Research Group Expedition”. Lì ho campionato i livelli a ostracodi della formazione Plio-Pleistocenica di Shungura che ha restituito migliaia di resti di vertebrati, incluse diverse decine di fossili umani, ora conservati nel Museo Nazionale di Addis Abeba. Lo studio degli ostracodi di questa formazione servirà a capire che tipo di ambienti acquatici caratterizzavano il paesaggio dove vivevano i nostri antenati.

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SIMONETTA MONECHI

Dipartimento di Scienze della Terra Università degli Studi di Firenze Via La Pira 4 50121 Firenze

Sono una micropaleontologa per caso e per passione. Mai e poi mai, avevo giurato a me stessa durante i miei studi di Geologia, avrei passato il mio tempo al microscopio a studiare “bacherozzi”, “oggetti” piccolissimi. I miei interessi erano ben diversi. Invece, sono stata affascinata dalle estinzioni di massa, dal grande dibattito che ne scaturiva e dai microfossili. Studio da una vita i nannofossili calcarei (coccolitoforidi) strumento incredibile per datare le rocce, per ricostruzioni ambientali e climatiche. Ho avuto esperienze molto interessanti, ho fatto campagne geologiche in luoghi meravigliosi da Trinidad al Tibet, campagne oceanografiche e escursioni vicino a casa. Il mio lavoro mi ha permesso di studiare i grandi cambiamenti nella storia della vita della Terra e mi ha dato anche grandi soddisfazioni. Ho avuto però nei primi tempi anche degli incubi; il passare tanto tempo al microscopio mi faceva sognare coccoliti e il mio sogno ricorrente era affacciarsi al Ponte Vecchio e guardare con orrore navigare enormi coccoliti di Watznaueria e Prediscosphaera nell’acque dell’Arno. La mia più grande soddisfazione, adesso, è quella di vedere che tanti dei miei studenti sono diventati dei bravi e famosi paleontologi, e con un po’ di soddisfazione e orgoglio spero che la mia passione abbia contribuito al loro successo.

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JORDI ORSO

Via Bertinoro 9 20148 Milano

La voce dei paleontofili La Società Paleontologica Italiana (SPI) mi ha aperto le sue porte nel 2001 accettandomi come socia amatoriale, o meglio “paleontofila”. Nel 2002, durante una settimana di escursioni paleontologiche della SPI in Sardegna, la presidente, prof.ssa Cherchi, mi propose di diventare portavoce dei soci paleontofili, una carica tutta nuova per la SPI. Accettai volentieri e la mantenni per una decina di anni. Per prima cosa scoprii che si ignorava chi tra i soci fosse un socio paleontofilo. L’iscrizione non prevedeva questa distinzione. Per svolgere il mio compito mi impegnai subito a rendere “visibili” questi soci sconosciuti, e l’invio di un questionario a tutti permise l’individuazione di almeno 80 soci paleontofili. Presto capii che esigenze e aspettative dei paleontofili erano molto diverse da quelle dei soci paleontologi di professione. Facilitata dalla disponibilità del Consiglio SPI, che gentilmente mi invitò alle sue riunioni, ebbi occasione di introdurre alcuni nuovi punti di vista e strategie nelle discussioni in atto. Consapevole che la comunicazione interna è la linfa di tutte le associazioni, cercai di mettere in contatto diretto il mondo amatoriale con quello professionale della SPI fondando il gruppo “Amici dei Paleontofili”. Parecchi paleontologi aderirono all’iniziativa, mettendo il loro know-how a disposizione dei soci paleontofili per chiarimenti di vario tipo. Divulgazione sul campo, che magia! Grazie alla generosa disponibilità di numerosi soci paleontologi, mi fu possibile organizzare ogni anno da 4 a 6 escursioni didattiche. Furono domeniche indimenticabili e preziose occasioni di approfondimento scientifico, accolte con grande entusiasmo, che davano un senso molto speciale di appartenenza alla SPI. I soci rimasti a casa potevano leggere i resoconti delle nostre avventure su PaleoItalia, la rivista “minore” in italiano della SPI, purtroppo oggi scomparsa. Negli ultimi anni divenne più difficile mettere insieme abbastanza partecipanti. Il numero dei soci paleontofili era calato drasticamente. Quasi in sordina se ne stavano andando, frustrati dalla situazione legislativa che continua a considerare chiunque raccolga un fossile, per quanto banale, un criminale da punire senza indugio. Anno dopo anno avevo cercato di convincere il presidente SPI in carica ad adoperarsi per far cambiare la legge (che ingenua!), o almeno trovare un modo di proteggere i soci da potenziali incriminazioni. Solo ultimamente la SPI ha fatto dei passi in questa direzione. Insomma, se non si interessa la SPI, who else?

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MARIA ROSE PETRIZZO

Dipartimento di Scienze della Terra Università degli Studi di Milano Via Mangiagalli 34 20133 Milano

Sono una micropaleontologa specializzata in foraminiferi planctonici. Le mie ricerche sono centrate sullo studio delle relazioni/interazioni tra la distribuzione dei foraminiferi planctonici del Cretacico e Paleogene e le variazioni paleoclimatiche e paleoceanografiche. In particolare, sono interessata a capire la risposta della biosfera ai cambiamenti nel sistema oceano-atmosfera durante gli intervalli caratterizzati da elevate pCO2 e/o estremo riscaldamento nel Cretacico e Paleogene. Studio anche la paleoecologia dei foraminiferi planctonici mediante isotopi stabili e la ricostruzione delle paleotemperature del Cretacico per documentare le fasi di riscaldamento e raffreddamento globale con confronto tra basse e alte latitudini. Biostratigrafia e tassonomia dei foraminiferi planctonici sono ulteriori argomenti di ricerca finalizzati a migliorare le biozonazioni, aggiornare la Geological Time Scale e per la definizione dei Global Boundary Stratotype Sections and Points (GSSP). Tra le attività di coordinamento scientifico a livello internazionale sono molto soddisfatta dei risultati come Chair della International Subcommission on Cretaceous Stratigraphy (ISCS) (http://cretaceous.stratigraphy.org/) della International Commission on Stratigraphy (ICS) il cui obiettivo è la definizione degli stratotipi (GSSP) dei Piani del Cretacico. Il coordinamento del Mesozoic Planktonic Foraminifera Working Group, finalizzato alla realizzazione di atlanti tassonomici, ed essere membro dell’advisory board del Planktonic Foraminifera online Database (http://www.mikrotax.org/pforams) sono altre attività particolarmente stimolanti. In ambito editoriale sono stata Guest Editor per Sedimentology e Cretaceous Research e sono Associate Editor del Journal of Foraminiferal Research e del Bollettino della Società Paleontologica Italiana. Tra le esperienze scientifiche è stato molto emozionante e gratificante partecipare a programmi di ricerca come micropaleontologo sia a mare in campagne di perforazione oceanografica dell’Ocean Drilling Program (ODP) e dell’Integrated Ocean Discovery Program (IODP) in Oceano Pacifico ed Oceano Indiano e sia a terra in campagne di perforazioni in Tanzania.

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ISABELLA PREMOLI SILVA

Dipartimento di Scienze della Terra Università degli Studi di Milano Via Mangiagalli 34 20133 Milano Socio Onorario

MicroPaleontologa per caso…???? La mia avventura scientifica (lunga oltre 50 anni) è iniziata verso la fine degli anni 50 grazie al Prof. Renato Pozzi, allora docente di Geologia Applicata, che ha suggerito il mio nome alla Prof. Cita, docente di Micropaleontologia, adducendo che gli studi micropaleontologici fossero più idonei per una fanciulla che non arrampicare sull’Ortles-Cevedale. Scopo della mia tesi di laurea è stato l’inquadramento biostratigrafico del Piano Langhiano (Miocene medio) sulla base dei foraminiferi planctonici, verificando l’applicabilità dello schema e successione di biozone descritta da Bolli (1957) a Trinidad. Infatti, i foraminiferi planctonici venivano considerati e sono tuttora un gruppo-chiave, data la loro ampia distribuzione, abbondanza e rapida evoluzione, per la risoluzione di problemi stratigrafici (datazione e correlazioni) relativi ai vari Piani del Cenozoico, definiti principalmente sulla base di macrofaune controllate dalle facies deposizionali. Nonostante l’abbondanza delle associazioni, anche nei successivi Serravalliano e in parte Tortoniano, fu una grossa sorpresa l’assenza dei markers biozonali considerando che la zonazione di Trinidad era perfettamente applicabile nel Maastrichtiano e Paleocene-Eocene a Paderno d’Adda e Tignale (Bs). La chiave di interpretazione ha dovuto attendere per più di 10 anni la ricostruzione della paleobiogeografia dell’Atlantico basata su analisi quantitative delle associazioni a planctonici e loro variazioni nel tempo e nello spazio durante il Paleogene con estensione al Miocene inferiore. Questo grazie alle campagne di perforazione in Atlantico nell’ambito del Deep Sea Drilling Program (DSDP) e successivi programmi. A latere degli studi sul Neogene ho studiato insieme ad H. P. Luterbacher il limite Cretacico/Paleogene nella sezione di Gubbio: ricordo ancora l’emozione di poterlo riconoscere con una lente su frammenti di roccia. La risoluzione è stata al centimetro evidenziando il drastico cambiamento faunistico dei planctonici, la più recente delle “Big Five” Extinctions, in seguito associato al possibile impatto per l’arricchimento in iridio. Da ultimo menziono anche gli studi di magnetostratigrafia a Gubbio e di ciclostratigrafia nella carota Piobbico.

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ADELAIDE ROSSI

Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio dell’Abruzzo via degli Agostiniani 14 66100 Chieti

L’invito a partecipare a questa iniziativa cade a breve distanza dal termine della mia attività come funzionario paleontologo nella Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio dell’Abruzzo, è quindi un’occasione per fare una breve riflessione sui quaranta anni trascorsi. Gli impegni sono stati svariati anche nel settore della geoarcheologia, specie nei primi anni, ma certamente il lavoro svolto per la tutela e valorizzazione di siti e beni paleontologici è quello che più mi ha coinvolto e che tuttora mi entusiasma. Molto del materiale scoperto in questi anni è esposto in sezioni di musei archeologici – naturalistici e in due musei geopaleontologici dedicati a importanti geositi del Miocene superiore: Palena (CH) e Scontrone (AQ). Dietro la realizzazione di un museo o di una vetrina c’è tanto lavoro, dopo lo scavo il restauro, lo studio scientifico dei reperti, il progetto espositivo. Tante belle collaborazioni con colleghi della mia stessa struttura ma anche con colleghi specialisti di diverse università italiane con cui ormai mi lega un rapporto di amicizia. Infine l’incarico più importante è arrivato negli anni che hanno seguito il sisma del 2009 dell’Aquila: la direzione del restauro del Mammuthus meridionalis di Madonna della Strada, lo storico elefante rinvenuto nel 1954 che per il suo stato di conservazione è stato ed è esemplare di riferimento per gli specialisti del settore. Esperienza molto impegnativa, che mi ha arricchito moltissimo ma che mi lascia anche un grande senso d’insoddisfazione a causa dei ritardi che affliggono il restauro del Forte spagnolo dell’Aquila in cui il mammut è conservato, o meglio dire, è oggi “tenuto prigioniero”. L’allestimento del salone, infatti, rimane sospeso in un’altalena di date e impegni disattesi. Chiudo questa sintesi con l’auspicio che il MiBACT bandisca un concorso per funzionario paleontologo, tanto importante per la tutela di questa categoria di beni culturali…non vorrei restare l’unico in organico nella storia.

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VALENTINA ROSSI

School of Biological, Earth and Environmental Sciences University College Cork North Mall, Cork T23 TK30, Ireland

Mi chiamo Valentina Rossi e sono una dottoranda in Paleontologia all’University College Cork, Irlanda. Durante il mio dottorato mi sono occupata dello studio di vertebrati fossili preservati in modo organico. Questi fossili, tra cui spiccano anfibi permiani, rettili triassici, dinosauri aviani e faune cenozoiche mostrano tracce di pelle, piume, occhi e organi interni riconoscibili come sottili strati di materiale organico scuro. Questo materiale organico è formato quasi esclusivamente da melanosomi, organelli cellulari che, in vivo, contengono la melanina. La melanina è un pigmento ed è estremamente importante nella produzione del colore della pelle, di piume e peli e negli occhi dei vertebrati viventi e protegge l’organismo dai dannosi raggi UV. La presenza dei melanosomi nei fossili ci permette oggi di ricostruire il colore di vertebrati estinti, ma non solo. Durante la mia ricerca ho scoperto che i melanosomi sono abbondanti anche all’interno degli organi interni, anche se quest’ultimi non giocano nessun ruolo nella produzione del colore della pelle, ma bensì proteggono gli organi vitali dai danni provocati da presenza di metalli pesanti, infezioni batteriche ed infiammazioni. La scoperta fondamentale del mio lavoro è stata che i melanosomi contenuti in diversi organi come pelle, fegato, cuore, polmoni, reni ecc., in anfibi, rettili, mammiferi e uccelli viventi hanno una specifica morfologia e chimica che consentono di distinguere i vari organi gli uni dagli altri. Questa informazione è cruciale per lo studio dei fossili per poter distinguere in modo accurato i melanosomi della pelle da quelli degli organi interni; questo ci permette un’accurata interpretazione del colore ma anche la ricostruzione dell’anatomia interna di animali oggi scomparsi. Poter studiare i fossili con tale dettaglio non solo ci consente di ampliare le nostre conoscenze sulla vita del passato ma fa nuova luce sull’evoluzione di un pigmento che oggi è ubiquitario negli esseri viventi.

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ANTONIETTA ROSSO

Dipartimento di Scienze Geologiche Corso Italia 57 95129 Catania

I briozoi fossili sono organismi tradizionalmente poco studiati in Italia ad eccezione di alcuni grandi studiosi dell’800-inizio 900 (Angelo Manzoni, Giuseppe Seguenza, Antonio Neviani, Gioacchino De Angelis d’Ossat) o più recenti come Enrico Annoscia, Angelo Poluzzi e Giampietro Braga. Una storia finora declinata al maschile in cui mi piace considerarmi una possibile battipista per un futuro che sta già vedendo l’ingresso di altre italiane in questo settore. Sui briozoi è cominciata la mia attività di ricerca subito dopo la laurea e fra le varie tematiche mi sono particolarmente interessata allo studio di ambienti estremi, vuoi perché remoti e freddi come l’Antartide, o bui come le grotte sottomarine o le grandi profondità marine e oceaniche. Lo scopo principale è stato la valutazione della biodiversità. Di quella attuale, certo, e soprattutto dell’area mediterranea, ma vista in relazione alla biodiversità del passato geologico. L’attuale come il risultato dell’evoluzione nel tempo in relazione ai più generali cambiamenti ambientali, incluse le modifiche nella morfologia dei bacini e nella circolazione globale. In questo contesto è stato e continua ad essere molto stimolante la caratterizzazione delle associazioni batiali che hanno vissuto in Mediterraneo nel Pliocene e nel Pleistocene in confronto con quelle oloceniche e attuali della stessa area e dell’Atlantico. Questa indagine ha portato alla descrizione di diverse specie, alcune pubblicate proprio sul Bollettino della Società Paleontologica Italiana. Si sono aggiunti nuovi tasselli alla comprensione delle complesse dinamiche di diffusione di taxa a seguito di modifiche nella connessione e circolazione a livello di Gibilterra, che sono andati a rafforzare ipotesi già fatte con altri gruppi di organismi bentonici. E ulteriori indagini scaturiscono dal ritrovamento di taxa affini a gruppi distribuiti alle alte latitudini dell’emisfero australe, e di specie ancora da descrivere e che non mostrano alcuna affinità con gruppi di briozoi finora conosciuti.

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ROSSANA SANFILIPPO

Dipartimento di Scienze Geologiche Corso Italia 57 95129 Catania

Nacqui paleontologa per caso, iscritta al corso di laurea in Scienze Geologiche perché seconda tra gli esclusi da un concorso in odontoiatria. Ma il percorso di studi intrapreso mi appassionò moltissimo, introducendomi ad una professione tra le più fortunate e gratificanti, il ricercatore universitario. Nel tempo, attraverso impegno e applicazione, da quando appena laureata cominciai a studiare l’ambiente marino e le associazioni bentoniche attuali e fossili, maturai la mia passione per le ricerche paleontologiche. Sin dal dottorato, mi dedicai al gruppo dei serpulidi, policheti dotati di un esoscheletro calcitico. Oggetto della mia tesi di dottorato fu l’ecologia e sistematica dei serpulidi attuali e fossili del Mediterraneo. Intorno agli anni 2000 iniziai a studiare le associazioni a molluschi nel SE asiatico e alla loro evoluzione olocenica, realizzando tre atlanti con la descrizione di oltre 500 taxa tra cui numerose specie nuove. Le ricerche si sono poi spostate nel mare delle Andamane dove ho studiato la ricolonizzazione di fondali di scogliera post-tsunami. Tra le ricerche in corso mi dedico allo studio di associazioni batiali come i mound a coralli bianchi nel Mediterraneo, e di associazioni di grotta sommerse del Mediterraneo, della loro biodiversità ed evoluzione paleoambientale. Restando in tema di grotte, da diversi anni studio le biostalattiti, peculiari biocostruzioni formate da aggregati di serpulidi, carbonati microbici e altri invertebrati. Sono state riscontrate in diverse grotte sommerse della Puglia e Sicilia e successivamente in altre nel Mediterraneo orientale. Altri significativi risultati riguardano il ritrovamento di serpulidi nel Permiano superiore della Sicilia. Le specie rappresentano la prima segnalazione per il Paleozoico, in quanto la prima comparsa del gruppo era nota nel Trias medio. Ho descritto otto nuove specie ad indicare una ricca associazione di scogliera nella paleotetide. Questa scoperta ha permesso di spostare il limite inferiore di distribuzione dei serpulidi nel Paleozoico.

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MARTINA SAVIOLI

Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia Via Campi 103 41125 Modena

Il mio lavoro è incentrato sulla bioapatite, la componente mineralizzata di strutture biologiche quali, ad esempio, ossa e denti. Si tratta di un minerale fosfatico che può essere soggetto a diversi tipi di sostituzioni, che può cioè inglobare molti elementi della tavola periodica. Questa peculiarità lo rende interessante in ambito paleontologico perché può fornire informazioni utili per effettuare ricostruzioni paleoambientali. In ambito biologico, le sostituzioni sono fondamentali per conferire caratteristiche diverse a tessuti che hanno funzioni diverse: per questa ragione i denti sono più resistenti all’attacco da parte degli acidi, coi quali sono spesso a contatto perché presenti negli alimenti e prodotti dalla flora batterica, di quanto non siano le ossa proprio per questo motivo. La bioapatite risulta quindi di particolare rilevanza non solo per la paleontologia ma anche per la biologia, la medicina e per tutte quelle branche della scienza che trattano lo studio di biomateriali. Mi sono occupata di bioapatite partendo dai conodonti, che ho studiato durante gli anni dei corsi di Laurea Triennale e Magistrale e sui quali ho incentrato le mie tesi, per poi allargare il mio interesse ad altri campioni provenienti da organismi sia vertebrati che invertebrati, sia fossili che attuali, nell’ambito del mio Dottorato di ricerca, del quale mi sto attualmente occupando. Lo studio utilizza un approccio di tipo cristallochimico, in parte appositamente ottimizzato per questa tipologia di campioni, con l’obbiettivo di capire meglio come le bioapatiti vengano influenzate nel loro chimismo e nella loro struttura cristallina da processi di fossilizzazione e diagenesi. Si tratta quindi di una ricerca multidisciplinare dalla quale sono emersi dei risultati che sono stati pubblicati su riviste scientifiche e che sto cercando di far conoscere partecipando a congressi di ambito sia paleontologico che chimico e biologico.

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FLAVIA STRANI

Dipartimento di Scienze della Terra PaleoFactory Sapienza Università di Roma P.le Aldo Moro 5, 00185 Roma

Departamento de Ciencias de la Tierra, Área de Paleontología Universidad de Zaragoza C/ Pedro Cerbuna 12 50009 Zaragoza, Spagna

Flavia Strani ha conseguito il Dottorato in Scienze della Terra (curriculum: Paleontologia e Paleoecologia) nel 2019 presso la Sapienza Università di Roma con una tesi sulla ricostruzione paleoambientale e paleoecologica dei biomi terrestri del mediterraneo durante il Pleistocene. La sua attività di ricerca si incentra sullo studio degli effetti dei cambiamenti climatici del Quaternario (in particolare dell'inizio dei cicli glaciali) sugli ecosistemi del passato attraverso l'analisi delle diete dei grandi ungulati erbivori fossili. Gran parte del suo lavoro è dedicato allo studio della morfologia, struttura e usura dentaria di questo gruppo di mammiferi per comprendere di quali tipologie di vegetali si cibavano abitualmente. Durante il dottorato ha sviluppato in collaborazione con ricercatori nazionali e internazionali una prima versione di un software in ambiente R (MicroWeaR) che agevola l'analisi delle microtracce lasciate dal cibo ingerito dall'animale sullo smalto dei denti durante la masticazione. Da più di 5 anni lavora anche come illustratrice scientifica e "paleoartista" riconosciuta a livello internazionale, collaborando con diverse istituzioni come il Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Saragozza (Spagna) e della Sapienza Università di Roma (laboratorio PaleoFactory). Subito dopo il dottorato ha vinto una posizione post-doc presso l'Università di Saragozza e attualmente è una ricercatrice e collaboratrice del Progetto Europeo GOAL (Geoethics Outcomes and Awareness Learning).

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EMMA TADDEI RUGGIERO

Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Napoli Federico II, 80138 Napoli, Italy

Ho svolto la mia attività presso la Facoltà di Scienze dell’Università di Napoli Federico II quale professore ordinario di Paleontologia e Paleoecologia, fino al 2010. Le ricerche da me svolte riguardano prevalentemente lo studio di Brachiopodi post-paleozoici e di geositi. I brachiopodi rappresentano la linea principale della mia ricerca, che riguarda la tassonomia, la distribuzione stratigrafica e paleobiogeografica, l’ultrastruttura del guscio, la paleoecologia e l’ecologia. Ho svolto analisi morfometriche su Terebratula e lo studio delle bioerosioni sui gusci dei brachiopodi che ha rivelato nuovi aspetti paleoecologici dei fenomeni di predazione e parassitismo. Ho anche studiato brachiopodi viventi nelle grotte sottomarine. Lo studio, iniziato nel 1991, ha previsto l'osservazione diretta ed un survey fotografico annuale dei popolamenti a Novocrania anomala della Grotta dell'Isca (Penisola Sorrentina) per approntarne un modello di crescita. Dopo 10 anni, i risultati, assolutamente imprevisti, hanno evidenziato che la vita di questi brachiopodi è almeno di 50 anni. Di alcune altre grotte del Mediterraneo vengono studiati i popolamenti e le tanatocenosi a Brachiopodi, al fine di completarne il quadro ecologico. Infine, una ricerca che mi ha molto interessata anche per la collaborazione di biologi, architetti oltre a specialisti di diverse branche della geologia, ha riguardato l’individuazione e descrizione di geositi e proposte per la loro salvaguardia e valorizzazione nei Parchi Regionali Campani del Matese e del Taburno-Camposauro. Nella scelta dei siti si è tenuto conto del loro valore dal punto di vista geologico, geomorfologico, paleontologico, paesaggistico. Questi geositi sono stati inseriti in sei percorsi di interesse geo-paleontologico e naturalistico.

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SAMANTA TROTTA

Dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali Università degli Studi di Bari Aldo Moro via Orabona 4 70125 Bari

Studiare il clima del passato è utile per comprendere la variabilità climatica naturale attuale distinguendola da quella che deriva dall’impatto antropico. I cambiamenti climatici della Terra sono governati da complesse relazioni tra atmosfera, idrosfera, biosfera, oltre che da forzanti esterne, quali: attività tettonica, solare e variazione dei parametri orbitali. Gli ultimi, in particolare, ripetendosi in maniera ciclica ed essendo prevedibili, permettono di ipotizzare la futura evoluzione climatica naturale. Per questo motivo ho deciso di dedicarmi, per il mio progetto di ricerca di dottorato appena avviato, allo studio delle ricostruzioni paleoclimatiche. La ricerca ha come oggetto l’analisi delle caratteristiche climatiche ed ambientali di un intervallo di tempo del Pleistocene Inferiore (1468-1322 ka), durante il cosiddetto “40 ky world”, precedente alla variabilità climatica, tipica anche del clima attuale, caratterizzata dalla ciclicità dei 100 ky dei cicli glaciali-interglaciali. Il clima del passato viene ricostruito analizzando diversi proxy paleoclimatici che ci aiutano a capire come i parametri ambientali cambiano al variare del clima. I Coccolitoforidi, alghe marine unicellulari, non visibili ad occhio nudo, ma molto abbondanti nelle rocce sedimentarie sono estremamente utili in quanto sensibili alle condizioni chimico-fisiche delle acque marine superficiali in cui vivono e che sono influenzate dal clima. I dati quantitativi che ricaverò dalle mie analisi, ad alta risoluzione temporale, supporteranno un’importante ricerca internazionale, QUaterary InterGlacialS (QUIGS), promossa dall'associazione PAGES (Past Global Changes), che mira a migliorare le ricostruzioni climatiche ed ambientali verificatisi durante gli Interglaciali del Quaternario e a comprenderne i processi di feedback coinvolti, perciò non vedo l’ora di mettere occhi al microscopio e cominciare a diffondere i primi risultati!

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DONATA VIOLANTI

via Marconi 25 15020 San Giorgio Monferrato

Sono nata a Novi Ligure (AL) il 20/01/1949, ho compiuto tutto il mio percorso scolastico a Milano, laureandomi nel 1975 in Scienze Naturali con una tesi in micropaleontologia. Ho insegnato nelle Scuole Medie dal 1975-1983, frequentando il Laboratorio di Micropalentologia dell’Università Ardito Desio di Milano per proseguire le ricerche sui foraminiferi. Ho vinto un posto da ricercatore presso l’Università di Messina, e mi sono trasferita in questa sede nel gennaio 1984. Dopo pochi mesi mi sono sposata e per nove anni solari, ma con due anni di congedo per motivi di studio, ho fatto la spola tra Sicilia e Lombardia. Gli anni di Messina sono stati impegnativi per i continui spostamenti, ma proficui per la mia produzione scientifica, belli per le amicizie fatte, i panorami delle tante sezioni siciliane e calabresi studiate con Laura Bonfiglio, Antonietta Rosso, Maurizio Gaetani, Italo Di Geronimo e diversi altri colleghi. Le mie ricerche hanno riguardato la biostratigrafia e la paleoecologia dei foraminiferi neogenici e associazioni viventi. Anche dopo il trasferimento come Professore Associato, e poi Professore Ordinario, all’Università di Torino nel 1992, ho continuato ad occuparmi prevalentemente di Pliocene e di Messiniano, questa volta in Piemonte. Incursioni in tempi attuali e in territori più lontani sono state offerte dai programmi nazionali Antartide e Tailandia, dal progetto internazionale Italia-Cile sullo Stretto di Magellano e dal progetto europeo sulla diffusione di taxa alieni in Mediterraneo. Sono andata in pensione nel 2015, dopo circa 7 anni di Presidenza di corsi di laurea in Scienze Geologiche; gli amici colleghi del Dipartimento di Scienze di Torino mi accettano come afferente alla struttura e proseguo ora le mie ricerche. Grazie al maggior tempo libero, ho ampliato la mia attività di divulgazione, organizzando laboratori sui fossili per i bambini delle elementari e partecipando a conferenze divulgative, in collaborazione con comuni ed enti del Monferrato (Ecomuseo della Pietra da Cantoni, Biblioteca G. Canna di Casale Monferrato, Amis d’la Curma ecc.). La mia attività non sarebbe stata possibile senza l’aiuto e l’affetto di mio marito, Mario Dellabianca e senza il sostegno e l’incoraggiamento di tanti colleghi e amici, quali oltre ai già citati prima, Andrea Allasinaz, Giulio Pavia, e in particolare di Maria Bianca Cita e di Isabella Premoli Silva, non solo maestre di micropaleontologia, ma anche di impegno, disponibilità umana e correttezza professionale.