fisica - fondamenti.dispensa

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    Si puo quindi ricavare larea come

    A = ab = a 21 e2 , (37)e attraverso la relazione

    1 e2 = a , (38)si puo anche scrivere

    A = a32 (39)

    Finalmente, il periodo di rivoluzione T puo essere riscritto come

    T =AdS dt =

    a32 L

    2 m 1 (40)

    e ricordando che per vale lEq. (27), si arriva al risultato nale

    T = 2a32 1

    Gm 2. (41)

    Questa equazione contiene infatti la terza legge di Keplero. Per tutti ipianeti del sistema solare, il quadrato del periodo e proporzionale al cubo delsemiasse maggiore.

    In sostanza,

    T 2

    a3 Terra=

    T 2

    a3 Marte=

    T 2

    a3 V enere=

    T 2

    a3 Giove= . . . (42)

    discende dal fatto che nellequazione (41) compaiono soltanto la massa delsole m2 , e la costante universale di attrazione gravitazionale G.

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    Naturalmente, nel corso della derivazione delle leggi di Keplero dalla teo-ria di Newton si sono utilizzate delle approssimazioni. Per esempio, si e con-siderato il sole sso allorigine, anziche trattare il sistema come un problemaa due corpi (sole-pianeta). Inoltre, appare evidente che si sono trascurate le

    complicazioni dovute alle perturbazioni degli altri pianeti sulla traiettoria dirivoluzione del pianeta attorno al sole.

    1.3 CommentiIl problema dellorbita di un pianeta soggetto ad una forza dipendente dalquadrato inverso della distanza fu posto da Hooke nel 1679. Si riporta cheNewton conoscesse la soluzione gia nel 1684, anno in cui Halley visito Newtona Cambridge. Halley press o Newton su questo problema e Newton risposeimmediatamente che era unellisse. Dopodiche Newton riprese la questionenei Principia che furono pubblicati nel 1687.

    La trattazione che si e discussa nel paragrafro precedente si trova spesso(con alcune varianti) nei libri di testo universitari di Fisica Classica 4 . Questomodo di dimostrare le leggi di Keplero dalla teoria di Newton risale, difatto, al Trattato Meccanica Celeste di S.P. Laplace, degli inizi del 1800.Lapproccio secondo Laplace al problema della dimostrazione delle leggi diKepleroe basato su considerazioni energetiche, attraverso il calcolo dellintegraleenergia e del vincolo imposto dalla conservazione del momento angolare.Sebbene non venissero espresse ancora in forma moderna, la conservazionedellenergia meccanica e del momento angolare erano note a Laplace. Unproblema che risulta evidente dalla trattazione presentata concerne la diffi-

    colta della seconda integrazione, che rende non particolarmente facile la pre-sentazione dell intera dimostrazione. Si pu`o dunque capire perche il matem-atico tedesco Carl Gustav Jacob Jacobi (1804-1851) nel 1842 pubblic`o unamemoria in Latino De motu puncti singularis in cui present o una semplcis-sima, concisa ed elegante soluzione del problema del quadrato inverso, dove sidimostra che lorbita e, appunto, unellisse (o pi` u correttamente, una sezioneconica).

    In una lezione come questa, incentrata sugli aspetti logico-deduttivi dellasica, vale la pena di ripetere la dimostrazione di Jacobi. Seguiremo la

    4 Naturalmente vi sono delle eccezioni, per esempio, il testo La Fisica di Berkeley-Meccanica segue un procedimento alquanto diverso

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    dimostrazione di Jacobi facendo riferimento alla notazione vettoriale, in-trodotta per`o successivamente rispetto al lavoro originale.

    Partiamo osservando che il versori e introdotti precedentemente godonodella seguente propriet`a:

    dd

    = . (43)

    La legge di Newton si puo esprimere in forma vettoriale come:

    dvdt

    = Gm 2r

    r 3. (44)

    Daltro canto, siccome dv/dt = dv/d, la legge di Newton si puo anche

    scrivere comedvd

    = Gm 2r 2

    rr

    = , (45)

    dove nellultima equazione si e utilizzata la costanza della velocit` a areolare(r 2 = costante ) per introdurre ununica costante (e si e osservato che ilvettore r/r corrisponde ovviamente al versore radiale ).

    Confrontando le equazioni (43 e 45) e evidente che vale lequazione

    dv = d (46)

    che in forma integrale diventa

    v = vo + ( o). (47)

    Possiamo introdurre il momento angolare per unit a di massa, ovvero = L/m 1 , come = r v, e applicando lequazione appena trovata, siottiene 5

    = r ( vo o) + r = (48)zr[(voy oy )cos (vox ox )sin + ] . (49)

    5 Con z si e indicato il versore perpendicolare al piano su cui giace la traiettoria

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    Riordinando le componenti cartesiane dellultima equazione, si ottiene

    r =

    (vox ox )sin + ( voy oy )cos (50)

    che corrisponde ad una generica conica in forma polare.Scegliendo opportunamente le condizioni iniziali (per esempio vox = 0 e

    ox = 0) si pu o ulteriormente ridurre lequazione della conica nella sua formanormale, con lorigine del sistema di coordinate polari nel fuoco

    r =

    1 + ( vo 1)cos . (51)

    Jacobi us o questo metodo (senza per o lausilio della notazione vettoriale quiesposta) per dimostrare la prima legge di Keplero, partendo dalla legge digravitazione universale.

    Facciamo ora un breve cenno sul percorso che invece ha seguito Newtonnei Principia . Il percorso di Newton e un percorso essenzialmente geomet-rico e si avvale di una propriet a assai bizzarra (ai nostri occhi) delle sezioniconiche. Newton conosceva, dai lavori di Hyugens, il concetto di cerchioosculatore e raggio di curvatura di un punto su di una traiettoria curva. 6

    Denito come langolo che ha come vertice il punto generico P sulla

    traiettoria (si veda la gura 5), e come estremi il fuoco e il centro di curvaturadel punto P , si riscontra che la velocit a areolare pu o essere scritta nei seguentimodi diversi

    dS dt

    =12

    rv =12

    r v =12

    r 2 = costante . (52)

    Con r = r cos si e indicata la proiezione del raggio r sulla retta normalealla tangente nel punto P (luguaglianza tra il secondo ed il terzo membro

    6 Ricordiamo che il centro di curvatura corrisponde al punto dintersezione di due lineenormali alla traiettoria tracciate nellintorno del punto in esame, e richiede, come passaggio

    al limite, che lampiezza dellintorno tenda a zero.

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    Figure 5: Langolo , denito dallintersezione dal vettore r con la retta incui giace il centro di curvatura

    dellequazione deriva dalla nota propriet`a che larea di un triangolo e datadal semiprodotto della base per la corrispondente altezza, ed il risultato nondipende ovviamente dal lato che viene scelto come base).

    Newton inoltre conosceva una importante propriet` a geometrica delle sezioniconiche, ovveroRc cos

    3 = (53)

    dove Rc e il raggio di curvatura del generico punto P sulla curva, e e il giacitato angolo con il vertice sul punto P e delimitato dalle due rette passantiper il fuoco e per il centro di curvatura ed intersecantesi nel punto P .

    Lequazione (52) consente di esprimere la velocit a (in modulo) in funzionedellangolo , secondo la seguente espressione

    v() =2( dS dt )

    r ()cos . (54)

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    Newton mostra che tale condizione e necessaria e sufficiente perche il motosia governato da una forza centrale. In pratica, Newton riesce a fattoriz-zare le caratteristiche del moto in due aspetti, quello cinematico e quellogeometrico. Laspetto cinematico, che coinvolge il movimento e descrive la

    successione temporale con cui i punti della traiettoria vengono attraversati,e ssato esclusivamente dalla caratteristica che la forza e centrale, attraversolequazione (54). Invece, laspetto geometrico, ovvero della forma della trai-ettoria, viene messo in connessione con la dipendenza radiale della forza.

    Infatti, il mobile m 1 viene pensato muoversi con continuit`a su di unasuccessione di cerchi osculatori con raggio R c, con la componente della forzalungo il raggio di curvatura pari a | F (r )|cos che fornisce la necessaria ac-celerazione centripeta per la curvatura m 1 v2 /R c,

    F (r )cos = m1 v2 /R c . (55)

    Risolvendo lequazione in funzione di F (r ) e utilizzando lequazione (54)si ottiene

    F (r ) =4m 1 ( dS dt )

    2

    Rc cos3 1r 2

    . (56)

    Emerge allora, dal ragionamento di Newton, che se la traiettoriae unellissecon lattrazione diretta verso il fuoco, allora si ha la costanza del primo fat-tore (per via dell Eq. (53)) e la forza dipende necessariamente dallinversodel quadrato della distanza.

    Newton, in conclusione, attraverso un ragionamento logico deduttivo, di-mostra dalla seconda legge di Keplero che la forza attrattiva gravitazionaledeve essere di tipo centrale. Successivamente, partendo dalla prima legge diKeplero, conclude che la forza gravitazionale soddisfa la legge del quadratoinverso. La terza legge di Keplero non e logicalmente indipendente dalleprime due: infatti abbiamo gi`a mostrato come si pu o far derivare la leggedelle armoniche dalla teoria newtoniana della gravitazione universale 7

    Bisogna pero osservare che questa connessione fra le tre leggi di Keplero ela legge di gravitazione universale, pu o essere dimostrata soltanto nellambito

    7 In realt` a, la terza legge di Keplero contiene un aspetto aggiuntivo rispetto alle altredue, ovvero lequivalenza fra massa inerziale e gravitazionale, ma questa questione, per

    brevit` a, non viene trattata in questa lezione.

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    della meccanica newtoniana. Senza i principi della dinamica di Newton, e ilconcetto di forza a distanza, non e possibile interpretare il signicato delletre leggi di Keplero.

    1.4 Vantaggi (e svantaggi) di una teoriaUna cattiva notizia e che le teorie richiedono un sacco di lavoro teorico-deduttivo: in generale tra i principi teorici ipotetici di partenza, e il calcolonito di quantit`a misurabili od osservabili la distanza non e breve, ci sono for-mule anche laboriose e calcoli complessi. I calcoli mostrati in questa lezionesono ben poca cosa, in confronto alla complessit a di un calcolo di sica nu-cleare, di meccanica quantistica, o di meccanica statistica. Inoltre, in alcunisettori, il paradigma di ricerca dominante e basato su teorie che ancora non siriescono a risolvere e calcolare in maniera adeguata per poter confrontare cal-coli affidabili con i dati sperimentali. Un caso emblematico e la sica adronica(che studia le propriet`a dei barioni e mesoni) alle basse energie, dove la teoriainterpretativa dei fenomeni e la QCD non-perturbativa (lacronimo QCD staper cromodinamica quantistica ovvero la teoria dei quarks e dei gluoni), chea tuttoggi rappresenta una teoria dove i calcoli matematici hanno posto os-tacoli insormontabili. In moltissimi campi di ricerca ce molto lavoro teoricoda fare per poter progredire. Questa complessit` a crescente dei calcoli, questadistanza crescente tra i concetti matematici della sica teorica e le quan-tit a ossevabili rendono la sica moderna poco accessibile alluomo comune:e difficile divulgare i risultati conseguiti, far comprendere limportanza degliobbiettivi di ricerca non solo alluomo della strada, ma anche al politico che

    decide dei nanziamenti.Unaltra notizia cattiva e che le teorie sono interpretazioni, non sono pas-sibili di misure dirette; non ce misura o osservazione che possa confermare laverit a assoluta di una teoria. Pertanto le teorie non sono mai certe, ma con-tinuano a sopravvivere no a che il disaccordo con le osservazioni non diventacos critico e insostenibile che bisogna abbandonarle e cercare di inventarenuove teorie. Quindi bisogna distinguere le osservazioni e sperimentazionidalle interpretazioni teoriche. Osservare una moneta che cade sul fondo diun recipiente pieno dacqua e misurarne la cinematica e unosservazione euna misura. Tali osservazioni non cambieranno (possono ovviamente esseresempre migliorate) anche se un giorno la teoria della gravitazione o la uido-statica/uidodinamica venissero clamorosamente sostituite da nuove teorie,

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    che si dimostreranno migliori delle precedenti. Osservare e misurare le carat-teristiche delle lune di Giove e unosservazione. La data di quella primaosservazione galileiana rester a un punto sso nella storia delle conoscenzedellumanit a, anche se le idee di Galilei sullinerzia potrebbero in futuro venir

    soppiantate da idee totalmente diverse sul moto. Osservare il ruotare delpiano di oscillazione del pendolo di Foucault e ancora unosservazione. Os-servare e misurare il ticchettio che produce una sorgente radioattiva su di uncontatore Geiger-M uller e unosservazione, (anche se ovviamente sono coin-volti degli strumenti scientici che presuppongono per il loro utilizzo una lorobase di conoscenze pratiche e teoriche). Osservare e misurare un intervallotemporale fra due eventi e ancora unosservazione e una misura, anche se -come e ben noto- bisogna sempre esplicitare il sistema di riferimento rispettoal quale avviene la misurazione. Tali osservazioni e misure non dipendonodalla teoria. L osservazione dei fenomeni di diffrazione e interferenza deiraggi catodici rester a confermata anche se un domani la meccanica quantis-tica dovesse essere clamorosamente smentita da ipotetiche nuove osservazioni.

    Certamente bisogna stare attenti a quello che si osserva veramente: seuno, guardando una mela che cade da un albero, dice che sta osservandoleffetto della gravitazione universale, non sta facendo una osservazione, masta offrendo uninterpretazione. Se uno, mentre osserva e misura il moto delpendolo di Foucault, dice che sta osservando la rotazione della terra ancorauna volta sta offrendo una interpretazione, per quanto lecita e ragionevolepossa essere.

    Naturalmente, lintreccio fra esperimento e teoria e un punto crucialedel metodo scientico. Sono le teorie che offrono nuovi spunti e indirizzi

    alla ricerca sperimentale, che suggeriscono dove e cosa andare a cercare.Senza teoria la ricerca sperimentale avanzerebbe alla cieca e senza strate-gie. La teoria puo indicare la possibile esistenza di un nuovo oggetto as-tronomico (un pianeta, oppure una pulsar) oppure un nuovo tipo di parti-cella dellinnitamente piccolo, oppure un nuovo fenomeno sico da osservare.Questo e chiaramente un vantaggio considerevole della teoria. Le teorie cioffrono inoltre nuovi concetti e nuovi strumenti mentali per interpretare econsiderare sotto una luce nuova il mondo in cui viviamo.

    La teoria del moto di Newton e lipotesi teorica dellazione delle forze adistanza ci portano molto pi`u avanti nella nostra capacit` a di rappresentareil mondo che ci circonda, rispetto a quanto possono fare le Leggi di Keplero,oppure rispetto alla visione della natura suggeritaci da Aristotele.

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    Questo dato di fatto, noi lo possiamo leggere direttamente nei Principia .Infatti Newton enuncia e interpreta fatti empirici ben pi` u vasti delle leggi diKeplero.

    1) I satelliti di Giove soddisfano la legge delle aree e la legge armonicarispetto a Giove. 2) La stessa cosa vale per i satelliti di Saturno. 3) la luna soddisfa alla legge delle aree rispetto alla terra.Si possono inoltre fare delle nuove previsioni. Per esempio:

    4) Sulla variazione dellaccelerazione g (e quindi del peso) con laltezza:g a 4000 metri e leggermente pi u basso rispetto al valore di g sul livellodel mare.

    5) Sulla variazione di g (e quindi del peso) con la latitudine. Siccome laforma della terra e schiacciata ai poli rispetto allequatore ci si aspettache allequatore g sia leggermente minore

    6) Sulle traiettorie delle comete, che come abbiamo visto debbono esseredelle coniche. 7 Sulle caratteristiche del fenomeno delle maree, il quale viene spiegatodagli effetti combinati dellattrazione lunare (e solare) sulla supercie

    della crosta terrestre.

    8) Sulle correzioni necessarie alle leggi di Keplero. Per esempio, sevogliamo risolvere il problema sole-pianeta come un sistema a due corpi

    con la corretta trattazione del moto del centro di massa, si ottengono

    subito delle piccole deviazioni dalla legge delle armoniche in quanto

    lequazione diventa

    T 2 = a 3(2 )2

    G (m 1 + m 2). (57)

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    Qui si vede che ce una dipendenza anche dalla massa del pianetam1 , che pero e generalmente trascurabile rispetto a quella del sole m 2 .Le deviazioni piu grandi alla legge delle armoniche riguardano il casodel pianeta Giove, che ha una massa soltanto mille volte pi` u piccola

    rispetto a quella del sole. Altre correzioni che si possono tenere inconto riguardano le perturbazioni sui pianeti dovute ai fenomeni dimutua interazione con i rimanenti pianeti del sistema solare.

    9) Sul fenomeno di precessione degli Equinozi. La teoria di Newtonriesce a spiegare il fenomeno di precessione della rotazione terrestrecon leffetto combinato dello schiacciamento ai poli della terra e di unamaggior attrazione verso il sole delle parti della terra che si trovano pi` uvicine al sole. Cio introduce di fatto un momento torcente ad operadellattrazione gravitazionale del sole sulla terra, che obbliga la terra acomportarsi come se fosse una trottola.

    Questo vasto insieme di fatti empirici viene armonizzato nellambito diununica prospettiva intellettuale, (la sintesi newtoniana), che e limmaginedella natura che ha costruito Newton, e che ci ha lasciato in eredit` a.

    2 Attivit`a:

    1) Dimostrate che lorbita di un pianeta soggetto ad unattrazione versoun centro (il sole) sta sempre in un piano.

    2) Commentate brevemente8

    le diversit a fra le dimostrazioni (riportatenella lezione) che connettono le leggi di Keplero alla teoria di Newton.

    8 Si raccomanda la sintesi!

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    CORSO DI FONDAMENTI STORICO-EPISTEMOLOGICI DELLA

    FISICA

    SESTA LEZIONE

    L. Canton

    1 Il determinismo

    Ce ovviamente un fondante elemento di ducia nel credere che limpresa sci-entica produca una conoscenza oggettiva della realt` a. La storia del pensieroscientico occidentale e stata caratterizzata da questa tendenza, ovvero cheil mondo con la sua miriade di fenomeni e diversita della natura possa esserericondotto ad un piccolo insieme di leggi o principi. Ce in questo desideriola necessita di credere che il mondo nel quale viviamo possa essere a noiintelleggibile.

    Si e cercato di basare la visione scientica del mondo sullaccettazionedellidea che vi sia un principio di semplicita delle leggi fondamentali dellanatura. E che in questa semplicit a si possa cogliere la vera essenza della

    realt a esterna da noi.Laltra visione che emerge dallo sviluppo della prima meccanica classicae limpostazione sostanzialmente materialistica (in senso losoco) che lanatura delluniverso sia fatta nella sua essenza di materia e delle sue inter-azioni: questa visione porta ad una visione completamente deterministicadellUniverso. Si osserva spesso la tendenza a credere che sia stato soltantocon lavvento della Meccanica Quantistica che si e arrivati ad una radicalerottura con questa impostazione, poiche e la Meccanica Quantistica che hamesso in crisi limpostazione materialista e deterministica della Fisica Clas-sica. Cio che si trascura, in questa tendenza, e che in realt a si e potutoosservare un radicale cambiamento di atteggiamento rispetto al determin-ismo, e alla completa ducia nella scienza che questa impostazione sottende,

    1

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    senza per questo dover uscire dal paradigma della sica classica e discuteredi meccanica quantistica.

    Il determinismo insito nelle equazioni di Newton discende dallosservazioneche, una volta date le esatte posizioni e velocit`a iniziali di tutte le particelle

    dellUniverso, lequazione F = ma ci consente di calcolare e prevedere letraiettorie di tutte le particelle, e quindi di conoscere il futuro dellUniverso,nonche ovviamente il passato.

    Possiamo anche formalizzare questo aspetto della teoria di Newton nelmodo seguente: per un sistema di N particelle, la conoscenza esatta di

    ri(t0 ) (1)vi(t0 ) (2)

    F i = m i ai , (3)

    dove i (i = 1 , . . . N ) denota la particella i-esima di massa m i e con posizione(allistante iniziale t0 ) ri (t0 ) e velocita vi (t0 ), porta alla conoscenza esatta,matematica, di ri (t) per ogni valore di t, ovvero nel passato e nel futuro.

    Bisogna osservare a questo punto due ordini di problemi: Da un lato, isuccessi che si sono avuti da Newton in poi nellintegrazione analitica delleorbite dei pianeti rispetto al sole 1 , non ci autorizzano a pensare che perogni sistema materiale sia possibile integrare analiticamente le equazioni delmoto, e ottenere sempre traiettorie esprimibili in forme analitiche chiuse. Peresempio, non e possibile ottenere una soluzione esatta di un sistema di tre opiu corpi gravitazionali in interazione: bisogna utilizzare tecniche di calcolo

    numerico o procedere per approssimazioni successive. Dallaltro lato, sorgeil problema che quando si tenta di descrivere le condizioni iniziali per undato sistema sico, ci muoviamo sulla sfera delle conoscenze pratiche, dovenon si riesce a determinare (misurare) con precisione assoluta il valore dellegrandezze siche. Per esempio, noi possiamo conoscere la posizione inizialee la velocita iniziale di un punto materiale con unincertezza statistica r0 e v0 .

    Secondo lo schema classico, in principio noi possiamo arrivare a renderesempre piu piccolo lerrore raffinando le tecniche di misura, per o nella prat-ica abbiamo associato ad ogni misura un margine di errore. In meccanica

    1

    Ne abbiamo visto un esempio nella lezione precedente

    2

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    classica, il linea di principio, noi potremo arrivare a conoscere con preci-sione assoluta il valore di una misura, ma in pratica la nostra conoscenzadi una quantit`a sica ha sempre associato un margine ineliminabile di in-determinazione. Questo tipo di indeterminazione viene detto errore epis-

    temico , ed e dovuto ai limiti di precisione strumentali e statistici implicitiin ogni attivit`a di misurazione. (Lerrore epistemico indica un limite di in-certezza nel modo con cui noi possiamo conoscere il mondo, piuttosto che nelmodo con cui il mondo e fatto) Questo tipo di indeterminazione si distinguedallindeterminazione non epistemica ma di principio che si riscontra inmeccanica quantistica.

    Il determinismo meccanico del diciassettesimo secolo era in larga misuraconsonante con lopinione teologica di un Dio onnipresente e onniscientee rafforzava la concezione di una divina preveggenza. Il determinismo in-sito nelle equazioni di Newton portava infatti allidea di un mondo fattodi materia e regolato da leggi che rigorosamente determinavano levoluzionedelluniverso. E interessante osservare che in Newton non era ancora emersalidea che luniverso meccanico potesse autosostenersi esclusivamente tramitele sue leggi. Il ruolo del Creatore, nelluniverso meccanico di Newton non silimitava allatto della creazione del mondo e allinstaurazione di un ordinedettato dalle leggi della natura. Veniva previsto un continuo intervento daparte del creatore per mantenere lordine nelluniverso, e per mantenerne lastabilit a. Newton, nel suo trattato di Ottica aveva intuito che le leggi dellameccanica non garantivano la stabilit` a al sistema solare (a causa della mu-tua interazione dei pianeti e degli effetti delle comete) per cui, di tanto intanto, si richiedeva lintervento del creatore per riformare i moti e ristabilire

    la regolarit a del moto.Luniverso veniva concepito come un grande orologio, con un Dio cheinterveniva per ricaricarlo di tanto in tanto e rimetterlo ordinatamente infunzione, (risolvendo in questo modo il problema della stabilit` a del sistemasolare). Questa impostazione tese a rafforzarsi e a radicalizzarsi nel diciottes-imo secolo, dove la ducia nelle equazioni della meccanica divento tale cheprese piede lidea che luniverso meccanico fosse in grado di autsostenersisenza lintervento del creatore. Luniverso diventava un grande orologio com-pletamente autosufficiente, che non richiedeva pi`u interventi divini per esserericaricato: luniverso in questo istante resta completamente determinatodalle condizioni passate, ovvero dallo stato in cui si trovava in precedenza, elo stato attuale delluniverso denisce completamente le cause che lo faranno

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    evolvere nel futuro.Forse giova citare la risposta Je navais pas besoin de cette hypothese l` a 2 ,

    che Laplace pare aver dato allimperatore Napoleone Bonaparte (1769-1821),dopo che gli fu chiesto se aveva menzionato Dio, nel suo trattato Meccanica

    Celeste . Evidentemente, per Laplace non cera bisogno dellazione divina perfar mantenere in movimento luniverso.

    1.1 Il determinismo nelle equazioni di Newton.

    Cerchiamo di analizzare un p`o piu in dettaglio la questione del determinismonelle equazioni di Newton. Consideriamo il problema balistico del calcolodella gittata L di un proiettile di massa m, e soggetto alla forza peso F g = mg,che esce dalla bocca di un cannone con velocita iniziale (a t = 0) v0 e alzo .(Figura 1)

    Come mostrato in gura, consideriamo un sistema di assi cartesiani, conlasse y diretto verticalmente verso lalto e lasse x orizzontale.

    La seconda legge di Newton consente di scrivere lequazione

    mdvdt

    = F g (4)

    ovvero

    dvdt

    = g . (5)

    Questa equazione, porta alle seguenti leggi orarie

    v(t) = v0 + gt , (6)

    r(t) = r0 + v0 t +12

    gt2 . (7)

    Risulta evidente che, conoscendo le posizioni iniziali e le velocita inizialidi ogni singola particella (e, naturalmente, le espressioni delle forze) posso

    2

    non ho bisogno di quella ipotesi

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    Figure 1: Illustrazione del problema balistico. Supponiamo di avereallorigine O un cannone con un alzo , che lanci un proiettile con velocit ainiziale vo. Quale sar a la gittata L?

    determinare levoluzione temporale no a t = + , e analogamente risalirealla situazione dinamica no al pi u lontano passato ( t = ).Per determinare la gittata del proiettile L considero le componenti dellavelocita e della posizione lungo i due assi cartesiani,

    vx (t) = v0 cos() (8)vy (t) = v0 sin() gt (9)

    e posto r0 = 0

    x(t) = v0 cos()t (10)

    y(t) = v0 sin()t

    1

    2gt2 . (11)

    5

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    Listante dellimpatto si ricava immediatamente dalla condizione in t:y(t) = 0. Si ottiene

    y(t) = t(v0 sin() 12gt) = 0 (12)

    da cui si ha lespressione per listante dimpatto

    t =2v0 sin()

    g. (13)

    La gittata L e data dal valore che assume x(t) in corrispondenza dellistantedimpatto,

    L = v0 cos()t =v20g

    2cos()sin() (14)

    e ricordando la formula di duplicazione del seno

    L =v20g

    sin(2) . (15)

    Si osserva subito che la massima gittata balistica si ottiene quando langolodi alzo e di 45o (in quanto sin(2 ) assume il valore massimo 1), e il valore ditale gittata e Lmax = v20 /g .

    Naturalmente, noi sappiamo che il moto dipende dai valori iniziali dellaposizione e della velocita. Questi valori, a loro volta, sono oggetto di mis-urazioni, e sono dunque soggetti ad errori. Ignoriamo, per semplicit` a, lerroresulla posizione ( x e y) e concentriamoci soltanto sullimprecisione nellalzo e nel valore assoluto della velocita v0 . Faremo la supposizione che questierrori siano piccoli, in particolare, per ssare le idee:

    v0v0 1% ;(radianti ) 1% . (16)

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    Possiamo allora fare il calcolo delle variazioni per lespressione della git-tata, e ottenere

    L = 2 v0 v0

    g sin(2) + v2

    0g cos(2)2 , (17)

    LLmax

    = 2 v0v0

    sin(2) + 2cos(2) . (18)

    Bisogna osservare che si e preso come lunghezza caratteristica del sistema ilvalore sso Lmax , in quanto questa lungezza e indicativa del raggio dazionedel sistema.

    Osserviamo che lerrore relativo nella gittata

    LLmax

    2% (a 90o) (19)

    LLmax

    2% (a 45o) (20)

    e dellordine del 2%, percio e perfettamente sotto controllo (basta infatti chesi conosca con una precisione dello 0.5% sia la velocita di uscita che lalzo

    (espresso in radianti) per ottenere che lerrore relativo L/L max nella stimadel punto dimpatto e non superiore all1%.Ecco dunque dove si poggia lideale deterministico: da un lato laccettazione

    che le condizioni iniziali saranno sempre soggette ad un errore epistemico;dallaltro lato, la convinzione che questo tipo di errore sia sempre govern-abile e sia sempre possibile tenere sotto controllo la propagazione di taleerrore nel calcolo delle osservabili relative al sistema dinamico.

    1.2 Il calcolo numerico di unorbita

    In questa parte si vuole riprendere la questione del calcolo di unorbita.

    Questo argomento e stato ampiamente discusso nel precedente capitolo. Per` o

    7

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    questa volta vogliamo svolgere il calcolo in modo totalmente differente rispettoal procedimento geometrico-analitico discusso in precedenza. I motivi sarannopiu chiari nel proseguio della discussione.

    Consideriamo il moto di un pianeta attorno al sole, assumendo la massa

    del sole M sia innitamente pi`u grande rispetto a quella del pianeta m.Supponiamo che il pianeta si muova partendo da un certo punto e con unacerta velocit a iniziale e che descrivera una certa curva.

    Si tratta di analizzare in maniera numerica il moto.Consideriamo un punto P, indicante il nostro pianeta, su di un piano

    cartesiano, e siano (x,y) le generiche coordinate cartesiane di P. Supponiamoche sullorigine del sistema di coordinate sia posizionato il sole, interagentecol pianeta attraverso una forza centrale, di modulo F . Con r = x2 + y2 siindica la distanza di P dallorigine.

    E evidente che si possono scrivere le componenti di F lungo i due assicoordinati y e x come

    F y = F yr

    , (21)

    F x = F xr

    . (22)

    Le equazioni del moto diventano, nel caso di una forza gravitazionale,

    m1 dvxdt

    = GMm 1 xr 3 (23)

    m1dvydt

    = GMm 1yr 3

    . (24)

    Per ssare le idee, il calcolo verra svolto con i seguenti valori numerici (inunit a arbitrarie): GM = 1000, (m1 = 70, che comunque e ininuente nelcalcolo) x(0) = 300, y(0) = 0, vx (0) = 0 .0, vy (0) = 1 .1.

    Il primo calcolo che si svolge e quello dellaccelerazione, allistante t = 0,

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    n(dt) x vx ax y vy ay0 x(0) vx (0) ax (0) y(0) vy (0) ay (0)1 x(1) vx (1) ax (1) y(1) vy (1) ay (1)2 x(2) vx (2) ax (2) y(2) vy (2) ay (2)

    . . .Table 1: Schema di una tabella che si pu`o costruire attraverso un calcolo nu-merico dellorbita. Si possono approfondire le tematiche sul calcolo numericodellorbita partendo dal testo R. Feynman, R.B. Leighton, e M. Sands TheFeynman Lectures of Physics [Addison-Wesley, California 1963].

    come forza diviso la massa:

    ax (0) = 1000x(0)r 3 (0)

    (25)

    ay (0) = 1000y(0)r 3 (0)

    , (26)

    dove r (0) = x2 (0) + y2 (0) e la distanza pianeta-sole iniziale.Poi avviene il calcolo della velocita al tempo successivo 1 (0+ dt)

    vx (1) = vx (0) + ax (0)dt (27)vy (1) = vy (0) + ay (0)dt , (28)

    assumendo che nellintervallino dt il moto sia ad accelerazione costante. Analoga-mente, si procede per arrivare alle nuove posizioni al tempo (0 + dt):

    x(1) = x(0) + vx (0)dt +12

    ax (0)dt 2 (29)

    y(1) = y(0) + vy (0)dt +12

    ay (0)dt 2 . (30)

    Ottenute le nuove posizioni, possiamo ripetere lo schema calcolando lenuove accelerazioni al tempo 1, e da queste le velocita al tempo 2 (cioe

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    0 + 2dt), e da queste le posizioni al tempo 2. E cos via, no a costruire unatabella (si veda la Tab 1) che fornisce posizione, velocit a, e accelerazione perogni valore del tempo multiplo di dt.

    Allatto pratico, per il calcolo numerico dellorbita la discussione prece-

    dente si riconduce alla scrittura di un facile programma. Si e scelto di scrivereil programma in linguaggio Postscript, per cui il risultato diventa del tipomostrato in Figura 2

    Il tale programma e in realt` a un le graco postscript (semplicato) chedirettamente produce la gura 3.

    1.3 Commenti sul problema a due corpi

    Consideriamo un sistema a due corpi, e vogliamo utilizzare la meccanica diNewton per descrivere il moto dei due corpi soggetti soltanto alla loro mutuainterazione.

    Possiamo scrivere le equazioni di Newton per i due corpi nel modo seguente

    m1 r 1 = F 12 (31)

    m2 r 2 = F 21 . (32)

    In queste equazioni, m1 e m2 sono le masse dei due corpi, r 1 e r 2 le accel-erazioni dei due corpi, secondo la notazione originale di Newton in cui laderivata prima rispetto al tempo si indica con r 1 e la derivata seconda con

    r 1 . F 12 rappresenta la forza che agisce sul corpo m1 per effetto del corpo m2 ,

    lungo la retta congiungente i due corpi. Per il terzo principio della dinamicasi ha che F 12 = F 21 .Possiamo sommare le due equazioni, ottenendo cos:m1 r 1 + m2 r 2 = 0 (33)

    da cui deriva che la quantit`a di moto totale P tot del sistema si conserva

    m1 v1 + m2 v2 = costante . (34)

    10

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    Questo fatto, cioe la conservazione della quantit` a di moto, d a particolarerilevanza allintroduzione della coordinata del centro di massa

    Rcm =m1 r1 + m2 r2

    m1 + m2(35)

    perche nel caso di un sistema isolato ( P tot = costante ) la velocita del centro

    di massa V cm = P tot /M tot e costante.Possiamo sottrarre le due equazioni (31,32), dopo aver diviso la prima

    equazione per m1 e la seconda per m2 ,

    r 1 r 2 = F 12

    m1 F 21

    m2, (36)

    e, introdotta la coordinata relativa = r1 r2 , lequazione dei due corpidiventa: =

    1m1

    +1

    m2 F 12 , (37)

    che si puo scrivere anche nella forma piu conosciuta

    = F 12 , (38)dove con = m1 m2 / (m1 + m2 ) si e introdotta la massa ridotta del sistema.

    Vediamo di analizzare cosa abbiamo conseguito dal punto di vista pret-tamente matematico: si e trasformato il sistema di equazioni differenzialiaccoppiate

    m1 r 1 = F 12 ( r1 r2 )m2 r 2 = F 21 ( r2 r1 ), (39)

    attraverso il cambiamento di variabili

    Rcm = m 1 r 1 + m 2 r 2m 1 + m 2 = r1 r2 . (40)

    11

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    La trasformazione di variabili permette il disaccoppiamento del sistema diequazioni:

    M tot

    Rcm = 0 = F 12 () (41)

    riconducendo cos il problema ad un problema effettivo a un corpo.Chiaramente, nel caso gravitazionale, avremo:

    = Gm 1 m2

    3( ) (42)

    per cui lequazione differenziale risulta

    = G(m1 + m2 )

    3. (43)

    Questo equazione risolve esattamente il problema a due corpi (per esempiopianeta-sole) senza pi u trascurare la massa del pianeta rispetto a quella delsole. In questo caso, se ripercorriamo il ragionamento fatto la lezione prece-dente sul calcolo delle orbite partendo dalla legge di Newton, otteniamo laversione che corregge la terza legge di Keplero:

    T = 2 1G(m1 + m2 ) a 32 . (44)Nellequazione (38), vale la pena di analizzare un p o piu in dettaglio il

    signicato della massa ridotta . La massa ridotta sembra il risultato di unpuro articio matematico, e la sua introduzione rende lequazione dei duecorpi di difficile lettura. Infatti, questa equazione ci dice che la forza agentesul punto di massa m1 non e uguale alla massa m1 per laccelerazione delpunto 1 rispetto al punto 2. Come mai? Perche ce una violazione della legge

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    di Newton? (Possiamo ssare le idee supponendo che la forza F 12 sia di tipogravitazionale, la massa m1 sia un pianeta e la massa m2 sia il sole.)

    Per capire la situazione possiamo aiutarci con la gura 4. Fissiamo unsistema di riferimento Oxyz (in nero in gura), in cui valgono le leggi di

    Newton (abbiamo cioe un sistema inerziale). Sempre dalla gura si capiscechiaramente che la coordinata corrisponde alla coordinata della massa m 1rispetto ad un sistema di riferimento 0 x y z (in magenta nella gura) solidalecon la massa m2 che trasla 3 rispetto al sistema Oxyz.

    Nel sistema Oxyx, lequazione di Newton per m 1 si scrive come

    m1 r 1 = F 12 () . (45)

    Siccome r1 = + r2 , lequazione si puo anche scrivere come

    m1 ( + at ) = F 12 () . (46)

    dove il termine at = r 2 rappresenta laccelerazione di trascinamento del sis-tema Ox y z (che e sso su m2 ) rispetto al sistema inerziale 0 xyz . Si deve

    osservare che at = F 21 ()/m 2 .In conclusione, si ottiene

    m1 = F 12 () +m1m2

    F 12 () . (47)

    dove il secondo termine a destra rappresenta una forza apparente 4 . Taletermine deve essere introdotto nellequazione di Newton a causa del fattoche il sistema 0x y z solidale a m2 , non e pi u un sistema inerziale, essendom2 soggetto ad una forza e quindi ad unaccelerazione.

    Leffetto combinato della forza gravitazionale e della forza ttizia ci ob-bliga a scrivere

    m1 =m1 + m2

    m2 F 12 () , (48)

    3 il discorso sarebbe assai pi` u complicato se il sistema 0 x y z in aggiunta ruotasse4 tale forza viene anche indicata come ttizia oppure inerziale

    13

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    oppure

    = F 12 ()

    , (49)

    dove e comparsa la massa ridotta .

    2 Cenni al problema a tre corpi

    La soluzione esatta del problema dei tre corpi e un problema classico chepresenta grandissime difficolt a. Uno degli elementi di difficolta associabileal sistema classico a tre corpi risiede nel fatto che per questo problema nonsi riesce a integrare analiticamente le equazioni del moto, come si e potutofare invece per le traiettorie dei pianeti soggetti alla sola attrazione gravi-

    tazionale esercitata dal sole (supposto sso al centro delluniverso). Come sie detto nellintroduzione, la relativa facilit` a con cui si e ottenuta la soluzioneanalitica che porta alla prima legge di Keplero non autorizza a pensare chesia sempre possibile trovare le soluzioni analitiche al problema del moto, eneppure che i casi in cui sia possibile integrare analiticamente le equazionidel moto siano molto frequenti. Il problema dei tre corpi (per esempio coninterazioni gravitazionali) rientra proprio in questi casi difficili da trattare.

    Possiamo impostare il sistema di equazioni dinamiche partendo dalle leggidi Newton (in un sistema di riferimento inerziale):

    m1

    r 1 =

    F 12 +

    F 13m2 r 2 = F 21 + F 23m3 r 3 = F 31 + F 32

    , (50)

    dove il principio di azione-reazione consente di scrivere F ij = F ji con (i, j =1, 2, 3).Possiamo sommare le tre equazioni, e utlilizzando il principio di azione e

    reazione si ottienem1 r 1 + m2 r 2 + m3 r 3 = 0 . (51)

    Lequazione corrisponde alla conservazione del momento

    m1 v1 + m2 v2 + m3 v3 = costante . (52)

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    e alla nota propriet`a del baricentro M tot V cm = costante dove M tot = 3i =1 m ie

    Rcm =3i =1 m i ri

    3

    i=1 m i. (53)

    Fra le varie formulazioni del problema a tre corpi, ricordiamo in partico-lare la formulazione di Jacobi, per la sua utilit`a. La formulazione di Jacobinon e simmetrica negli indici a tre corpi (contrariamente alla formulazioneLagrangiana, che non discuteremo) per cui privilegia uno dei tre corpi rispettoagli altri due. Scegliamo uno dei tre corpi in interazione, ad esempio il 3. Inquesto caso le coordinate di Jacobi sono la coordinata del centro di massatotale, cioe Rcm , la coordinata relativa del corpo 1 rispetto a 2, denominata

    3 , e inne la coordinata relativa del corpo 3 rispetto al centro di massa dellacoppia 1 e 2. Indicheremo questa coordinata con 3 . Queste coordinate jaco-biane si possono esprimere in funzione delle coordinate di particella singolanel modo seguente:

    3 = r1 r23 = r3 m 1 r 1 + m 2 r 2

    m 1 + m 2 Rcm = m 1 r 1 + m 2 r 2 + m 3 r 3m 1 + m 2 + m 3

    . (54)

    Daltra parte, si pu`o invertire il sistema di equazioni ed esprimere le coordi-nate di particella singola in funzione delle coordinate jacobiane:

    r1 = m2

    m 1 + m 2 3 m3

    m 1 + m 2 + m 3 3 + Rcmr2 =

    m 1m 1 + m 2 3

    m 3m 1 + m 2 + m 3 3 + Rcm

    r3 = m 1 + m 2m 1 + m 2 + m 3 3 + Rcm

    . (55)

    Sostituendo questultime equazioni nel sistema Newtoniano dellEq. (50), e

    ricordando che Rcm = 0, si ottengono le equazioni del moto in formulazione jacobiana:

    3 3 = F 31 + F 323 3 = F 12 + m 1m 1 + m 2 F 32 + m 2m 1 + m 2 F 13 , (56)

    15

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    dove

    3 =m3 (m1 + m2 )m1 + m2 + m3

    (57)

    e3 =

    m1 m2m1 + m2

    (58)

    sono le masse ridotte dei sistemi [(m 1 + m2 ),(m3 )] e [(m1 ),(m2 )], rispettiva-mente.

    Nel caso in cui le forze di mutua interazione siano di tipo gravitazionale,la formulazione jacobiana delle equazioni del moto diventa:

    3 = ( m1 + m2 + m3 )G

    m 1m 1 + m 2

    232

    + m 2m 1 + m 2 1

    31

    3 = (m1 + m2 )G 3

    33 + m3 G 1

    31 + 2

    32 , (59)

    dove 3 = r1 r2 , 2 = r3 r1 , e 1 = r2 r3 .La formulazione di Jacobi e molto conveniente nel caso cosiddetto lunare,ovvero nel caso in cui le due coordinate jacobiane soddisfano la condizione

    33

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    Ecco allora che otteniamo che in questo caso approssimato il moto dei trecorpi si disaccoppia in due moti kepleriani per le coordinate relative. Ovvero,il centro di massa del sistema terra-luna si muove di moto kepleriano rispettoal sole, come se la massa totale del sistema terra-luna fosse tutta concentrata

    nel suo centro di massa, mentre la luna si muove di un ulteriore movimentokepleriano rispetto alla terra. Questa e indubbiamente una bella sempli-cazione, rispetto alla complessit`a originale delle equazioni a tre corpi! Fralaltro, e curioso osservare che la traiettoria che cos si ottiene per la lunarispetto al sole mantiene una vaga parentela con la geometria tolemaicadellepiciclo.

    Se pero ci discostiamo da queste condizioni particolari (del caso lunare),e da altre simili, e affrontiamo il problema generale del calcolo della traiet-toria per tre corpi in interazione, dobbiamo renderci conto che non abbiamoa disposizione una soluzione analitica, e che, il piu delle volte, dobbiamo farricorso a metodi puramente numerici. Ci`o si puo ovviamente fare, gener-alizzando il programma numerico discusso precedentemente al caso dei trecorpi.

    Il risultato del calcolo numerico pu o essere osservato nelle due gure 6 e 7,dove vengono illustrate 12 sequenze dellevoluzione di un sistema di tre corpiin interazione gravitazionale. Dal confronto delle due gure emerge un fattonuovo: in questo caso non e possibile tenere sotto controllo gli errori sullecondizioni iniziali del sistema. Il regime del moto e quindi sostanzialmentediverso da quello che avevamo visto precedentemente nel caso del problemabalistico. Nella situazione attuale abbiamo che un piccolissimo errore nellecondizioni iniziali porta a delle conseguenze catastroche: e lemergere delcaos ovvero della sostanziale impredicibilit`a nei tempi lunghi dellevolversidei sistemi dinamici deterministici, a causa della estrema sensibilit` a alle con-dizioni iniziali. La situazione fu messa in evidenza in modo molto chiaro da H.Poincare nel 1908: Una causa piccolissima che sfugga alla nostra attenzionedetermina un effetto considerevole che non possiamo mancare di osservare eallora diciamo che leffetto e dovuto al caso. Se conoscessimo esattamente leleggi della natura e la situazione delluniverso allistante iniziale, potremmoprevedere esattamente la situazione delluniverso in un istante successivo.Ma non e sempre cos; pu`o accadere che piccole differenze nelle condizioniiniziali ne producano di grandissime nei fenomeni nali.

    Il caos deterministico si riferisce al comportamento complicato, impreved-ible e sostanzialmente casuale che sembrano avere certi sistemi dinamici clas-

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    sici. Gli eventi atmosferici e metereologici sono un esempio paradigmatico dicomportamenti caotici: il tempo che far`a risulta sempre pi u impossibile daprevedere, man mano che si vogliono allungare gli intervalli di tempo dellaprevisione. Abbiamo fatto vedere che, col problema dei tre corpi, pur nella

    sua relativa semplicit`a, gia incontriamo uno di questi sistemi.Questi sistemi si caratterizzano per lesistenza di due regimi di moto.

    Sotto certe circostanze il moto diventa regolare, prevedibile e riproducibileproprio come quello dei pianeti nel nostro sistema solare. Sotto altre cir-costanze, il moto acquista un regime caotico e perdiamo la nostra capacit` adi prevederne levoluzione futura. Un uido che scorre nei tubi a basse ve-locita va incontro ad un regime di moto ordinato (il moto laminare) che eprevedibile e descivibile con grande semplicit a. Man mano che si aumentala velocita di scorrimento, il moto diventa complicato, disordinato ed im-prevedible allorche si instaura il regime di moto turbolento. Abbiamo allorarealizzato una transizione dallordine al caos.

    Per questa ragione, dobbiamo concludere che lideale del determinismocome fondamento della meccanica newtoniana si e sviluppato in una certamisura anche sul pregiudizio e sull eccesso ducia nella completa intelleggi-bilit a delle leggi della meccanica. Ma, come abbiamo illustrato, le leggi dellameccanica newtoniana non possono assolutamente giusticare la pretesa diun determinismo assoluto, in quanto abbiamo visto che le leggi della mec-canica newtoniana contengono, al loro interno, i germi di evoluzioni assaistravaganti per moltissimi sistemi, almeno su tempi sufficientemente lunghi.Queste derive indeterministiche contenute nelle leggi della meccanica classicasono state poste in evidenza dalla teoria del caos di Poincare, e si possono

    anche metter in relazione con la teoria dei frattali di Mandelbrot.

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    %! postscript by Luciano Canton% variables and procedures

    /dt 0.09 def

    /k 1000 def/m1 70 def

    /x1 300 def/y1 0 def

    /vx1 0 def/vy1 1.1 def

    /force{/r x1 dup mul y1 dup mul add sqrt def/fx{k m1 mul r div r div x1 r div mul neg} def/fy{k m1 mul r div r div y1 r div mul neg} def} def

    /acc{/ax1 fx m1 div def/ay1 fy m1 div def} def

    /position{/x1 x1 vx1 dt mul ax1 2.0 div dt dt mul mul add add def/y1 y1 vy1 dt mul ay1 2.0 div dt dt mul mul add add def} def

    /velocity{/vx1 vx1 ax1 dt mul add def/vy1 vy1 ay1 dt mul add def} def

    /particle1{2 0 360 arc 0.0 setgray stroke} def

    /punto{3 0 360 arc 0.0 setgray fill} def

    /printpart{x1 y1 particle1} def

    % begin program

    200 300 translate 1.1 1.1 scale

    0 0 punto1 1 90 { 1 1 30 {force acc velocity position

    force acc position velocity} for printpart} for

    showpage

    Apr 03, 05 3:40 Page 1/1newtonC.ps

    Printed by

    Sunday April 03, 2005 1/1

    Figure 2: Programma scritto in linguaggio postscript (postx) che pro-duce direttamente limmagine graca illustrata nella gura successiva. Esufficiente avere un interprete tipo ghostview, per les con estensione ps(postscript), per visualizzare limmagine dellorbita. Il programma segue allalettera la presentazione discussa in questa lezione, eccetto che per un truccoche stabilizza lorbita nei tempi lunghissimi. Il programma non e ottimizzato,per renderlo pi u trasparente

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    Figure 3: Questa gura e il risultato graco producibile direttamente conil testo postscript illustrato nella gura precedente. E sufficiente avere unviewer per le postscript, per esempio linterprete ghostview.

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    Figure 4: Schema di riduzione di un problema a due corpi in un problema

    effettivo ad un corpo. Le equazioni originarie vengono scritte in un sistemadi riferimento inerziale (in nero in gura). Il sistema viene ricondotto adun problema effettivo ad un corpo se ci si riferisce al sistema di riferimento(non inerziale) solidale col corpo di massa m2 (punto in rosso). La massam1 viene cos modicata in massa inerziale ridotta a causa della comparsadelle forze apparenti nel nuovo sistema di riferimento Ox y z

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    Figure 5: Schema in cui le coordinate jacobiane soddisfano la condizionelunare, ovvero 3 / 3

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    Figure 6: Evoluzione numerica di un sistema a tre corpi celesti che interagis-cono attraverso la forza gravitazionale. Sono due pianeti di massa uguale,rappresentati in verde e magenta, mentre il terzo (in celeste) di massa moltomaggiore, potrebbe essere un ipotetico sole. A causa delle interazioni ravvi-cinate fra i due pianeti orbitanti attorno al corpo centrale, questi ultimicambiano continuamente il loro modo di orbitare: siamo evidentemente benlontani dalla periodicit`a delle orbite kepleriane!

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    Figure 7: Questa gura riproduce esattamente il calcolo numerico della guraprecedente, con lunica eccezione che la coordinata iniziale verticale di unodei due pianeti e stata cambiata di meno del 0.003 % (tre parti su 100000in solamente uno dei 12 parametri che deniscono le condizioni iniziali delsistema) ! Come si vede un impercettibile errore nelle condizioni inizialimodica nei tempi lunghi in maniera molto sostanziale levoluzione del sis-tema. Non siamo neppure in grado di prevedere nei tempi lunghi se questosistema resta legato o se uno dei pianeti si stacca dal sistema per perdersinell universo.

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    CORSO DI FONDAMENTI STORICO-EPISTEMOLOGICI DELLA

    FISICA

    SETTIMA LEZIONE

    L. Canton

    1 Termodinamica e irreversibilita1.1 Introduzione storica

    Sebbene la sensazione dellirreversibilit a del tempo abbia da sempre accom-pagnato il pensiero umano, il concetto scientico di irreversibilit` a si e formatonelle scienze siche in tempi relativamente recenti (19 o Secolo). La scienzamoderna nasce con Galileo e Newton nel 16o Secolo, ma agli albori dellascienza i fenomeni irreversibili non ricevettero alcuna attenzione in quantogli sviluppi tecnologici erano cos primitivi che si potevano effettuare soltantocrude osservazioni a riguardo.

    Lattenzione primaria era rivolta verso analisi dei moti quali quello deipianeti, che sono caratterizzati da periodicit` a che contrastano col concettodellirreversibilit a, e la misura e denizone stessa di tempo provenivano daimoti periodici e tipicamente reversibili, quali quello del pendolo. Ovvia-mente, nelle equazioni del moto trovate erano implicite le leggi di conser-vazione, ma esse non furono immediatamente recepite dai primi seguaci diGalileo e Newton. Si pensi al fatto che la legge di conservazione dellenergiaper i sistemi meccanici non venne formulata nella sua interezza nemmeno daisici del 18o secolo. La formulazione generale del principio di conservazionedellenergia e dovuta ad Helmohltz (1847).

    Lazare Carnot (1753-1823) cominci o a discutere le efficienze dei congegnimeccanici in seguito alla crescente importanza delle macchine nello sviluppo

    delleconomia, arrivando alla conclusione che una maggior efficienza poteva

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    essere raggiunta cercando di evitare cambiamenti repentini di velocit` a cheportano alla perdita di forza viva. Il concetto di forze vive era stato in-trodotto da Leibnitz per denotare il movimento in opposizione a Cartesio ilquale suggeriva come indice di movimento il valore assoluto della quantit` a di

    moto. Se accettiamo lidea di un sistema meccanico composto da particellemateriali interagenti attraverso forze di contatto e soggette a collisioni pura-mente elastiche comprendiamo come lidea della forza viva, intesa come ilprodotto della massa per la velocit`a al quadrato, computata su tutte le partidel sistema, sia una quantit` a effettivamente conservata in tutti i processi di-namici riferentesi a sistemi meccanici. Per o la forza viva veniva perduta neicasi meccanici analizzati da Carnot (padre) in cui venivano coinvolti fenomenidi produzione di calore.

    Lavvento delle macchine a vapore e i tentativi per migliorare lefficienzadei congegni per la nuova produzione di lavoro attraverso il vapore furonooggetto di approfonditi studi da parte del glio di Lazare, Sadi Carnot (1796-1832), il quale fu senza dubbio molto inuenzato dal lavoro del padre. Nelsuo lavoro fondamentale egli riusc a dimostrare che la massima efficienzapossibile poteva essere ottenuta attraverso un ciclo reversibile di processiconsistenti nellalternanza di due trasformazioni (reversibili), ladiabatica elisoterma. Inoltre il suo criterio per la massima efficienza poteva essere appli-cato in modo molto generale per processi qualsivoglia che coinvolgono scambidi calore, consentendo anche lanalisi sperimentale dei dati che riguardanole propriet a dei gas. Inne consent lintroduzione e denizione di una scalaassoluta di temperature. Tale scala basata sul principio di Carnot fu poieffettivamente introdotta da lord Kelvin nel 1848, e seguendo la modalit` a di

    graduare in cento gradi, proprio come nella scala Celsius, la differenza fra ilpunto di ebollizione e di fusione dellacqua in condizioni normali, si arrivaalla scala di temperature assolute detta Kelvin. Il libro di Carnot era in-dirizzato prevalentemente verso un uditorio di ingegneri e rimase pressochesconosciuto ai sici almeno no a quando non lo noto W. Thomson (LordKelvin) in seguito ad una citazione di Clapeyron. Fu allora che le idee e glistudi di Carnot vennero apprezzati nellambito pi` u propriamente scientico.

    Vale la pena di sottolineare che la termodinamica e nata proprio dai ten-tativi di convertire calore in lavoro e dallo sviluppo di una teoria atta adescrivere il funzionamento e, possibilimente, a migliorare lefficienza dellemacchine costruite a questo scopo. Proprio per questo motivo le questioniconnesse col secondo principio della termodinamica vennero a galla ancora

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    prima che venisse data una corretta interpretazione alla natura sica delcalore. Basta pensare che negli scritti di Carnot si delinea in nuce unaforma del secondo principio della termodinamica: per produrre lavoro, una macchina termica deve necessariamente ricevere calore dalla sorgente calda

    e cederne alla sorgente fredda (1824) ancora prima che Joule, nel 1847,mostrasse lequivalenza fra calore e lavoro dei processi termomeccanici. Illavoro di Carnot si basava ancora sullipotesi che il calore fosse una sostanza,che si poteva scambiare fra le sorgenti durante le trasformazioni, e questa vi-sione venne messa in crisi dalla legge di Joule sullequivalenza calore-lavoro.Furono Clausius e W. Thomson che misero in evidenza lapparente contrad-dizione nel pensare al calore in termini di sostanza da far passare da una sor-gente allaltra e il principio di equivalenza di Joule che implicava la possibilit` adi trasformare il calore in movimento meccanico, e riuscirono a sanare le coseattraverso la loro formulazione del secondo principio: Non si puo senza spesa di lavoro far passare calore da un corpo freddo ad un corpo caldo (enunciatodi Clausius, 1850); Non e possibile che un sistema, che abbia percorso un ciclo di trasformazioni monoterme, cioe senza scambiare calore che con un solo termostato, abbia in totale prodotto lavoro (e in conseguenza assorbitocalore) (W. Thomson, 1851, noto come enunciato di Kelvin) Questa secondaformulazione, ha poi subito varie modiche per poi approdare alla forma pi` uo meno denitiva nota spesso sotto il nome di enunciato di Kelvin-Planck: eimpossibile realizzare una trasformazione il cui unico risultato sia quello di assorbire calore da un serbatoio e di convertirlo interamente in lavoro .

    Si osservi che Thomson, nel suo lavoro del 1851, attribuisce a Clausiusil merito di formulare su basi rigorose il teorema di Carnot. Sempre nel

    1850 Clausius formulo il primo principio della termodinamica nella formadQ=dU+dW, ed ebbe il merito di riconoscere la falsit` a della teoria delcalorico, abbracciata da Laplace, Poisson, Sadi Carnot e Clapeyron, sec-ondo la quale il calore totale delluniverso si conserva, e interpret`o il calorecome lenergia cinetica delle particelle che formano le sostanze. Introdussepoi il concetto di entropia arrivando a formulare, nel 1865, i due principidella termodinamica nel modo seguente:

    1. Lenergia delluniverso rimane costante. 2. Lentropia delluniversotende ad un massimo.

    Approdiamo dunque al concetto di entropia come ad una misura di trasforma-bilit a di un sistema: le trasformazioni reversibili dei sistemi isolati lascianolentropia costante, mentre quelle irreversibili portano i sistemi isolati ad un

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    aumento della stessa.Il punto cruciale della ricerca in questo campo divenne allora come derivare

    i principi della termodinamica dalle leggi fondamentali della meccanica de-terministica. A quellepoca stava prendendo piede linterpretazione secondo

    la quale i corpi materiali erano costituiti da sistemi meccanici formati dacorpuscoli elementari in movimento. Secondo questo punto di vista il caloreandava letto come lenergia derivante da un particolare tipo di moto di questeparticelle (lagitazione termica) e i comportamenti termodinamici dovevanotrasparire dalle propriet` a dinamiche delle particelle microscopiche. Era deltutto naturale assumere che le stesse leggi che governavano il moto dei sin-goli corpuscoli a livello microscopico dovevano governare anche le propriet aglobali delle sostanze materiali macroscopiche. La prima legge della termodi-namica risulta direttamente dallapplica- zione del principio di conservazionedellenergia meccanica. Fu Maxwell a rendersi conto del carattere essen-zialmente statistico del secondo principio. Boltzmann inizialmente addott olapproccio statistico senza rendersi conto delle profonde implicazioni che neconseguono. Soltanto quando ebbe a contrastare due serie obiezioni raggiunseuna visione piu chiara delle problematiche coinvolte.

    La prima obiezione, che venne avanzata da Loschmidt, riguarda levoluzionedei sistemi termodinamici. Se supponiamo che il sistema si evolva partendoda uno stato denito, e consideriamo poi la situatione termodinamica suc-cessiva nel corso della sua evoluzione, se ad un certo punto si invertono isegni di tutte le velocit a delle particelle che costituiscono quello stato, al-lora levoluzione del sistema deve invertirsi e tornare al punto di partenza.Questo signica che a processo invertito lentropia del sistema deve decrescere

    spontaneamente e perci`o il teorema H di Bolzmann dovrebbe essere in con-traddizione con le leggi della meccanica. Laltro paradosso sullirreversibilit` afu sollevato da Zermelo, facendo riferimento al teorema di Poincare sullaquasiperiodicit a del moto dei sistemi isolati di estensione nita, secondo ilquale detti sistemi tornano dopo un tempo sufficientemente lungo a con-gurazioni molto vicine alle loro congurazioni dorigine. Ovviamente, talicomportamenti ciclici differiscono dal concetto di irreversibilit`a sancito dalsecondo principio. Tali obiezioni ebbero dunque il merito di porre in ev-idenza limpossibilit a di derivare qualsiasi forma di comportamento irre-versibile dalle leggi rigorosamente reversibili della dinamica.

    E chiaro dunque che il punto essenziale per arrivare allirreversi- bilit` a ecostituito dalla connessione con una descrizione intrinsecamente statistica dei

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    sistemi. Questo punto di vista di Boltzmann ricevette ulteriori rafforzamentida Ehrenfest, che mise in evidenza come venisse introdotto un elemento in-trisecamente non-dinamico nel passaggio da una descrizione rigorosamentecontinua ad una descrizione mediata attraverso campionamenti su cellette

    di dimensione nita, ovvero granularizzando la descrizione, e da Gibbs,che mise in relazione levoluzione dei sistemi nellambito di questultima de-scrizione con i processi di mescolamento.

    In linguaggio moderno, abbiamo a che fare con due descrizioni com-plementari di certi fenomeni sici, che corrispondono ad approcci osserva-tivi che portano ad escudersi a vicenda. Si possono evitare contraddizioninelluso di tali descrizioni complementari attraverso una precisa limitazionedelle modalit a duso di ciascun approccio. Nella fattispecie diventa essen-ziale per stabilire una corretta demarcazione fra le due descrizioni la di-mensione dei sistemi e il numero dei gradi di libert a che si utilizzano perla descrizione. Una descrizione microscopica basata sui gradi di libert`a deisingoli atomi o molecole richiederebbe un numero elevatissimo di gradi dilibert a; per converso, lapproccio termodinamico utilizza un numero moltolimitato di variabili. Le propriet a termodinamiche si applicano a sistemi digrandi dimensioni, molto superiori alle dimensioni atomiche o molecolari esono questi i sistemi per cui si osserva in generale lirreversibilit a, mentre isistemi microscopici non presentano questa caratteristica (si pensi ad esempioal moto Browniano, come caso tipico). La caratteristica dimensione che fa ladifferenza dipende dalle dimensioni dei nostri organi sensoriali, rispetto alledimensioni dei singoli atomi. Lirreversibilit a si manifesta anche rispetto ascale temporali macroscopiche, caratterizzate anche dai tempi di rilassamento

    dei processi di percezione dei segnali tipici dei nostri sensi, che sono mag-giori rispetto alle scale temporali atomiche, scandite dal tempo medio delleinterazioni atomiche. Torniamo in questo modo ad una visione in cui pos-siamo riporporre laforisma di Heisenberg sulla conoscenza scientica comecatena innita di dialoghi fra luomo e la natura, piuttosto che la conoscenzadella natura in se. Naturalmente, la possibilit` a di una conoscenza obbiet-tiva e intersoggettiva dei fenomeni non ne viene scardinata, in quanto tuttigli osservatori posti nelle medesime condizioni concorderebbero sulle espe-rienze. Vale la pena di menzionare che sui concetti termodinamici sono stateavanzate da alcuni posizioni molto pi`u estreme: per esempio G.N. Lewis haespresso lidea che lentropia, come lassociato concetto di disordine, siano inrealt a concetti soggettivi.

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    A conclusione, vale la pena di osservare che le precedenti considerazionisi applicano anche nel caso di sistemi a molticorpi quantistici, in quanto leleggi della meccanica quantistica sono anchesse reversibili, al pari di quelledella dinamica classica. La differenza e che allelemento statistico di natura

    epistemica dovuto alla moltitudine di elementi di cui e formato il sistemamacroscopico, si aggiunge lelemento statistico non epistemico dovuto allanatura intrinsecamente probabilistica dei fenomeni microscopici. E chiaroche questi due elementi statistici operano ad un livello diverso, ma resta inqualche modo stabilita una loro origine unica, in quanto lelemento proba-bilistico viene generato in entrambi i casi dal come le entit`a microscopichevengono introdotte attraverso le operazioni di misura effettuate attraversoapparati macroscopici.

    1.2 Il dilemma teoria cinetica e irreversibilit a

    La diffusione del calore attraverso il postulato di Fourier

    dQdt

    = KS ddx

    (1)

    porta invariabilmente al livellamento termico irreversibile. La comparsa diequazioni non simmetriche nel tempo fu per`o notata soltanto nel 1842 da LordKelvin. Pochi anni pi u tardi si inizi o a registrare la comparsa del conittofra la reversibilit a meccanica e lintrinseca irreversibilit`a dei processi termici

    coi primi scritti di Clausius e Maxwell sui modelli meccanici dei gas ideali.Dal 1851 in poi, soprattutto ad opera di Kelvin, si delinea la parte as-sertiva del II principio, consistente nella proclamazione del carattere irre-versibile dei processi naturali: lenergia si conserva, per o si degrada e si enellimpossibilit a di reintegrarla tutta. Con questo Kelvin mette in luce lapresenza di un principio di azione irreversibile allinterno della natura. Il mec-canismo cosmico passa da grande orologio ad un processo evolutivo per cuilenergia potenziale si trasforma in moto, poi in calore per arrivare allarrestoe allequilibrio termico. Il mondo come luogo di vita e destinato ad una nemeccanicamente inevitabile.

    Kelvin propose lutilizzo del ciclo reversibile di Carnot, e del teoremadi Carnot, per denire una scala assoluta di temperature, ovvero che fosse

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    indipendente dalle sostanze termometriche usate, e che poi si dimostr` o coin-cidere con la temperatura del termometro a gas perfetto.

    c =Q1 + Q2

    Q1 =T 1

    T 2

    T 1 . (2)

    Si ricava immediatamente da ci`o che il rapporto dei valori assoluti dei caloriscambiati nel ciclo di Carnot denisce un rapporto di temperature,

    |Q2 ||Q1 |

    =T 2T 1

    (3)

    indipendentemente dalla sostanza termometrica che compie il ciclo, per cuisi puo introdurre la scala di temperature assolute (scala Kelvin) prendendoa riferimento come valore sso il punto triplo dellacqua:

    T = 273.16 Q/Q 3 [K o ] (4)

    dove Q3 rappresenta la quantit` a di calore scambiato con la sorgente che sitrova in equilibrio al punto triplo dellacqua (che nella scala Celsius si trovaa 0.01 o C).

    Il fatto poi che la temperatura assoluta abbia uno zero assoluto lo si pu` ovedere analizzando lutilizzo frigorifero della macchina di Carnot, dove risultaconveniente introdurre il rapporto

    = |Q1 | |Q2 ||Q2 |

    . (5)

    Questo rapporto rappresenta la quantit` a di lavoro che bisogna spendere perprodurre una frigoria (togliere una caloria dalla sorgente fredda), quantit` ache ovviamente risulta minima nel caso di un ciclo di Carnot. In questo caso,si ha anche che

    = |Q1

    | |Q2

    ||Q2 | =T 1T 2 1 (6)

    7

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    il che rende innito il lavoro che bisogna spendere per raggiungere lo zeroassoluto (T 2 0), e cio rende tale temperatura impossibile a raggiungersi(anche se ci si puo andare molto vicino).

    Ancora Clausius negli anni 1854-1865 persegue la ricerca di una quanti-

    cazione dellirreversibilit a. Cerca per questo una funzione di stato che carat-terizzi e misuri lo scostamento di una trasformazione reale da una trasfor-mazione ideale reversibile. Trova la soluzione nel teorema di Clausius

    revOdQT

    = 0 (7)

    mentre se il ciclo e irreversibile

    nonrevO dQT < 0. (8)

    Si arriva cos alla formulazione matura o analitica del II principio dellatermodinamica secondo la quale, se la trasformazione e reversibile

    2

    1

    dQT

    = S (2) S (1) , (9)

    mentre per una trasformazione spontanea, in generale si ha

    2

    1

    dQT S (2) S (1) . (10)

    Applicando il teorema alluniverso intero, possiamo concludere con Clau-sius che

    Lenergia delluniverso e costante.

    Lentropia delluniverso tende ad un massimo.8

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    E interessante osservare che a questo punto la questione cruciale divennecome derivare i principi della termodinamica dalle leggi fondamentali dellameccanica deterministica. Si tratta di un programma di ricerca circoscrittonellambito della sica teorica, in cui si e ricercata la comprensione della

    realt a fenomenologica descivibile attraverso i principi della termodinamicain base allinterpretazione microscopica (cinetico-molecolare) delle sostanze.

    Fu Clausius nel 1857 che attribu al meccanismo delle collisioni molecolarilorigine del fenomeno del livellamento termico. Secondo la teoria cineticadel calore, le molecole si muovono tanto piu velocemente quanto pi u elevatae la temperatura e il calore e laspetto macroscopico dellenergia cinetica epotenziale delle molecole del corpo. Nel caso dei gas perfetti, lequazione diJoule-Clausius (1957: Sul tipo di moto che chiamiamo calore ) si scrive

    P V =13

    N

    i =1 mv2

    i (11)

    e, introdotta la velocit`a quadratica media, v2 = i v2i /N , abbiamo

    P V =13

    Nm v2 , (12)

    ovvero

    P =1

    3v2 , (13)

    dove pressione, densit a e velocita quadratica media delle molecole sono messein relazione.

    Come e noto da ci o si puo derivare linterpretazione cinetica della tem-peratura, che si pu`o esprimere in forma moderna come

    12

    mv2 =32

    KT (14)

    dove K e la costante dei Boltzmann (1 .38 10 23 [J/ o K ]).9

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    Nei gas normali, dallEq. (13) risultano velocit`a molto elevate. Per il casodellaria, dalla densit a ( = 1 .28 Kg/m 3 ) e dalla pressione standard (1 atm )

    si ricava v2 500m/s , ovvero una velocit a elevatissima. Per spiegare lamaggior lentezza dei fenomeni di diffusione Clausius dovette introdurre ilconcetto di cammino libero medio, che implica lassunzione dei processi dicollisione molecolare.

    Nel 1866 Maxwell pubblico un ampio studio ( On the dynamical theory of gases) dove illustr o il modello cinetico del gas e come dalla distribuzione dellevelocita delle particelle (che poi prese il suo nome) si potevano ottenere le pi udisparate propiet`a dei gas. Maxwell fu un pioniere nellutilizzo dei metodistatistici nella sica. Nel 1859 egli vinse il premio Adams dellUniversita diCambridge per aver per primo spiegato la natura, stabilit` a e struttura deglianelli di Saturno. Maxwell svilupp o una descrizione statistica degli anelli,la cui composizione era ipotizzata come uida, oppure formata da polvereconsistente in innumerevoli particelle simili a granelli di polvere. Gli anellifurono suddivisi in classi di orbite e sugli anelli furono individuati dei moticollettivi corrispondenti a onde di densit` a.

    Nel 1864 pubblico poi la sua famosissima teoria dellelettro- magnetismo.Nel suo studio del 1866 sui gas, Maxwell supero la limitazione di Clausius

    (e precedentemente di Waterston) dove le particelle del gas si muovevanotutte alla stessa velocit`a e introdusse una nuova funzione matematica f (v)chiamata distribuzione delle velocit`a. Cio fu fatto essenzialmente attraversodue ipotesi. 1) La microreversibilit a ovvero la reversibilit a meccanica neiprocessi durto tra due molecole. 2) Lipotesi del caos molecolare ovvero se

    un gas si trova in condizioni stazionarie tutte le posizioni e tutte le direzionidel moto hanno la stessa probabilit`a.La distribuzione delle velocit a descrive statisticamente il numero di molecole

    aventi modulo della velocit a compreso fra v e v + dv, secondo la relazione

    dN = Nf (v)dv , (15)

    e allequilibrio termodinamico, lespressione di questa distribuzione e

    f (v) = 4 (m

    2KT

    )32 v2 e

    12

    mv 2

    KT . (16)

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    Come si e detto Maxwell deriv o la distribuzione delle velocit a suppo-nendo di avere un gas in equilibrio. Era una formula plausibile che si accor-dava con molte osservazioni, ma non cera una dimostrazione rigorosa chegarantisse che i gas evolvessero naturalmente e spontaneamente verso questa

    distribuzione. Maxwell si bas o su criteri di coerenza ed eleganza per ottenereuna semplice formula che fosse plausibile.

    Boltzmann estese la formula di Maxwell ai casi in cui lenergia non fossesemplicemente quella cinetica associata alla velocit`a delle molecole

    dN = Nn ( )d , (17)

    n( ) = (1

    KT )e KT . (18)

    Il tentativo pi`u articolato di derivare levoluzione irreversibile dello statodi un gas dal complesso delle collisioni molecolari e stato pubblicato in unanota del 1872 da Boltzmann. La nota presenta unevoluzione dellequazionetemporale della funzione di distribuzione delle velocit`a in conseguenza dellecollisioni molecolari (equazione del trasporto di Boltzmann), con lobbiettivodi dimostrare che la funzione di distribuzione evolve necessariamente conil tempo verso la distribuzione di Maxwell, raggiungendo un minimo nelfunzionale (teorema di minimo, o teorema H). Si ottiene con questo lavorodi Boltzmann quello che e lapice dello sforzo dimostrativo per derivare ilsecondo principio attraverso il programma riduzionistico di sviluppo di unmodello cinetico-molecolare. Il cosiddetto teorema H era stato presentato

    come una dimostrazione rigorosa che un gas, descritto in termini puramentecinetico-molecolari e basato sulle equazioni di Newton, porta invariabilmentee rigorosamente (si poterbbe dire deterministicamente) al secondo principiodella termodinamica e allirreversibilit`a dei processi macroscopici.

    Emerge per o un problema fondamentale che mina il rigore deterministicoimplicito nel teorema H. E limplicito contrasto che viene messo in evidenzadalla teoria cinetica dei gas tra la reversibilit` a meccanica delle molecole elirreversibilita fenomenologica dei sistemi macroscopici. Il primo segno diincrinatura nelle certezze del teorema H fece il suo ingresso nella letteraturascientica attraverso le fattezze del diavoletto di Maxwell. Fu attraversoquesta fantasiosa ipotesi che Maxwell mostr`o come si poteva far uire caloreda un corpo pi u freddo ad un corpo pi u caldo, attraverso loperazione di

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    controllo di unipotetica creatura che lascia passare gli atomi pi` u veloci dauna parte e quelli pi u lenti dallaltra. Il ruolo dei diavoletti fu chiarito daMaxwell stesso nella sua corrispondenza con Tait, e mostrava come il secondoprincipio avesse una certezza di carattere puramente statistico. Si potevano

    immaginare moti atomici compatibili con le leggi di Newton, non importaquanto fantastici o improbabili, il cui risultato sarebbe stato quello di faruire il calore nella direzione sbagliata. Il diavoletto mette in evidenza ci`oche potrebbe accadere anche per caso, non importa se a probabilit` a estrema-mente bassa, e di conseguenza la seconda legge della termodinamica nonpoteva essere una legge assoluta: cerano circostanze in cui essa poteva nonvalere (sebbene fossero altamente improbabili). Quello che in realt a era giacontenuto nellosservazione di Maxwell sulloperato dei sui diavoletti, e chemise in crisi il contenuto deterministico del teorema H, fu poi formalizzatoattraverso due ben precise critiche mosse a Boltzmann e gi`a menzionate nellenote storiche introduttive.

    Si e detto che la prima critica (sulla questione della reversibilit` a moleco-lare e irreversibilit a temodinamica) fu avanzata dal collega ed amico Josef Loschmidt nel 1876 e riguarda il problema della reversibilit`a. Supponiamo distudiare levoluzione di un modello molecolare termodinamico, partendo dauno stato denito, e consideriamo la situazione termodinamica successiva nelcorso della sua evoluzione: se ad un certo punto invertiamo i segni di tuttele velocita delle singole particelle, allora levoluzione del sistema deve inver-tirsi e tornare al punto di partenza. A processo invertito lentropia decrescespontaneamente e perci`o il teorema H di Boltzmann risulta in contraddizionecon le leggi della meccanica, che invece rappresentavano la base di partenza.

    A questa obiezione Boltzmann rispose cambiando nettamente registro: egliconveniva lesistenza di disposizioni particolari di atomi per cui lentropiaandava nel verso sbagliato, ma che casi simili avrebbero richiesto una speciedi congiura, ovvero una probabilit`a ridicolmente bassa a fronte del numero dicasi in cui levoluzione avrebbe seguito la legge del teorema H. E chiaro chesi andava sempre pi u verso una interpretazione statistica dell II principio.

    Nel 1892, Poincare stabil un teorema secondo cui qualsiasi sistema mec-canico nito deve, nel corso della sua evoluzione temporale, tornare al suostato di partenza, o almeno in uno stato innitesimamente vicino al suostato di partenza. Poincare afferm` o anche che il teorema poteva essere unelemento di difficolta per le teorie cinetiche inglesi. Ernst Zermelo nel1895 formulo lobiezione in termini precisi, sostenendo che, in base al teoema

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    della quasiperiodicit a, il gas sarebbe prima o dopo tornato nella sua cong-urazione iniziale contravvenendo al teorema H e allinterpretazione statisticacinetico-molecolare dellentropia. Boltzmann quella volta rispose che s , ilsistema poteva ritornare nella sua congurazione iniziale, ma la questione,

    come sempre, era quanto fossero probabili questi eventi. Boltzmann stim` o iltempo secondo il quale ci si poteva aspettare che un centimetro cubo di gastornasse nello stato iniziale. Ottenne un tempo inimmaginabile, un numerodi secondi pari a un valore con un miliardo di miliardi di cifre! Il teoremadella ricorrenza o quasiperiodicit`a di Poincare, benche indiscutibile dal puntodi vista matematico, non era di nessun interesse pratico per la teoria dei gas.

    Forse fu Maxwell ad aver intuito le conseguenze della teoria cinetica sulsecondo principio della termodinamica: La seconda legge della termodinamica ha lo stesso grado di verita che ha laffermazione che se si versa un bicchieredacqua nel mare non si pu o riprendere ancora lo stesso bicchiere dacqua.Una concezione secondo la quale la conoscenza del mondo e statistica, ma ilmondo non e statistico.

    Emerge dal dilemma reversibilit`a meccanica - irreversibilit a termodinam-ica il carattere intrinsecamente probabilistico del II principio della termodi-namica. Le note del 1877 furono cruciali per la formulazione probabilisticadel II principio. Boltzmann ottenne la formula per lentropia

    S = K ln() (19)

    dove rappresenta il numero dei possibili modi o congurazioni micro-scopiche con cui puo essere ottenuta una data distribuzione di atomi in cellenite. I sistemi evolvono verso una situazione di massimo mescolamentoperche le situazioni di massimo mescolamento sono quelle pi u probabili inquanto sono ottenibili attraverso un numero maggiore di congurazioni.

    2 Verica (2a settimana)1) In cosa consiste la problematicit`a associata al concetto di irreversibilit` a?

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    CORSO DI FONDAMENTI

    TEORICI-STORICO-EPISTEMOLOGICI DELLA FISICA

    OTTAVA LEZIONE

    L. Canton

    1 Teoria cinetica e problematiche connesse

    1.1 Introduzione

    Lintroduzione della teoria cinetica nel caso di un gas ideale rappresentaunoccasione assai importante per presentare lo sviluppo di un modello mi-croscopico che sta alla base di propriet a e fenomenologie che appartengonoagli oggetti macroscopici. Per molti versi tale introduzione rappresenta unacostruzione basata sullidealizzazione, sulla semplicazione e razionalizzazionetipiche della pi u genuina tradizione galileiana. Lapproccio si basa su unamodellizzazione, una idealizzazione della realt a che noi osserviamo a livellomacroscopico.

    La teoria cinetica si basa sullipotesi di una struttura discreta della mate-ria, anziche continua. Nelle descrizioni siche dei processi noi ragioniamo intermini di atomi e molecole, e ci o e entrato cos profondamente nel mododi pensare comune e nel linguaggio, che sembrerebbe assurdo porsi domandedel tipo: come facciamo a sapere che la materia ha questa architettura?

    Vale la pena di ricordare perci`o che la teoria atomistica/cinetico/molecolarecos come la concepiamo oggigiorno ha avuto nel corso degli sviluppi del pen-siero scientico occidentale una vita assai travagliata, e in molte occasioni estata accusata di rappresentare una dottrina eretica e pertanto da criticareaspramente. Furono relativamente pochi coloro che ebbero il coraggio di ab-bracciarla, e alcuni di coloro che lo fecero, dovettero difendere strenuamente

    le loro posizioni. Perno intorno al 1897 Bolzmann si trovo nella posizione

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    di dover difendere questa concezione dagli attacchi certo non trascurabili diMach. Rapportato al proprio periodo storico, il dibattito fra Boltzmann eMach e, naturalmente, tutti i dibattiti antecedenti sullargomento non de-vono essere intesi come una baruffa sullesistenza o meno degli atomi, ma

    piuttosto una controversia sullintero modo di fare sica: cioe se la sica sideve limitare sempre e solo allo studio di quantita misurabili, come ritenevaMach, oppure se, come riteneva Boltzmann, si pu`o e si deve far ricorso adipotesi piu ampie e a spiegazioni piu elaborate che, eventualmente, richiedonorichiedono anche laccettazione della realt`a del non misurabile 1 .

    In passato sono stati sviluppati una serie di modelli atomistici alternatividi cui si vogliono richiamare i tratti salienti, soprattutto per sottolineare cheil modello cinetico attuale non ha avuto la vita facile che, supercialmente,uno potrebbe essere indotto ad attribuirgli. Del resto, la storia rocambolescadel manoscritto di John James Waterston, ricevuto dalla Royal Society l11Settembre 1845 (12 anni prima di Clausius), contenente la prima spegazionecinetico-molecolare della pressione, ma pubblicato (postumo) soltanto nel1892 su Philosophical Transaction rappresenta un caso emblematico deltrattamento a cui sono andati incontro i sostenitori di teorie controverse,quando questi non erano sorretti da fama scientica ormai consolidata.

    Per esempio alcuni atomisti, tra cui Newton e Dalton, considerarono unmodello statico in cui le particelle di un gas in equilibrio stazionario oc-cupavano posizioni sse riempiendo tutto lo spazio di loro pertinenza noalle particelle contigue, espandendosi o contraendosi - per`o senza perdere ilcontatto con le particelle vicine - man mano che il gas veniva fatto espandereo contarre. Nei Principia, Newton illustr` o chiaramente la concezione secondo

    la quale se i corpuscoli costituenti il gas si respingono a coppie con una forzainversamente proporzionale al quadrato della distanza fra i rispettivi centri,