g. vasari, dante e sei poeti toscani, 1540, minneapolis ... · i vivi e i morti, penetrare il mondo...
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Suggestioni dantesche
I luoghi della Divina Commedia
nella poesia del ‘900
G. Vasari, Dante e sei poeti toscani, 1540, Minneapolis Institute of Arts
Percorsi del progetto Suggestioni dantesche nella poesia del Novecento
11/ 02/2015- I luoghi della Divina Commedia nella poesia del
Novecento- prof.ssa Romano
20/02/2015- «Beatrice – dal verbo beare nome comune
singolare». Rivisitazione del topos di Beatrice /donna- angelo dantesca.- prof. ssa
Armentano
27/ 02/ 2015- La Divina Mimesis: variazioni novecentesche sugli incipit danteschi-
prof. Maiorano
06/ 03/ 2015- Schegge dantesche nella lingua poetica del Novecento:
risemantizzazione, allusione e parodia- prof. ssa Curati
16/ 03/ 2015- Ulisse e il destino dell'uomo moderno. Storia di una "metafora
infinita” - prof. Russo
prof.ssa Raffaella Romano
Il grande classico
Il grande classico e come un filo che l’uomo dispone nello svolgimento caotico del processo storico, e il filo d’Arianna,
mediante il quale la frequentazione del labirinto diventa meno rischiosa e piu agevole [... ] l’immagine di un uomo tanto lontano
da noi e insieme tanto vicino, un Giano bifronte che guarda al tempo stesso verso il nostro passato e verso il nostro presente.
A. Asor Rosa, Il canone delle opere in Letteratura Italiana
prof.ssa Raffaella Romano
“Sempre, in ogni tempo, i poeti
hanno parlato ai poeti,
intrattenendo con essi una reale o
ideale corrispondenza.
I poeti della nuova scuola si
pongono problemi, sollevano questioni, attendono
risposte per le rime”.
E. Montale, Dante ieri e oggi, 24 Aprile 1965
(Discorso pronunciato a Firenze in occasione del settimo centenario della nascita di Dante)
prof.ssa Raffaella Romano
Introduzione
Nel Discorso del 1965, Montale, dopo aver
sottolineato la sua singolare esperienza
dantesca, afferma che oggi Dante può parlare a
tutti, dall’iniziato al profano, in modo
sorprendentemente nuovo, in quanto ci
troviamo in un’epoca nuova e particolare.
prof.ssa Raffaella Romano
Introduzione
Dopo una serie di excursus, Montale dice: “Si fa
tardi ed è ora che io chieda, non ai miei
ascoltatori ma soprattutto a me stesso: che
cosa significa l’opera di Dante per un poeta
d’oggi? E perché può parlarci meglio proprio
oggi?”
prof.ssa Raffaella Romano
Introduzione
“Perché Dante non è un poeta
moderno….”
prof.ssa Raffaella Romano
Introduzione Jörg Scheibe, Nature morte, 1966
Dante non è moderno, secondo
Montale, e proprio oggi noi possiamo forse
riuscire a sentirlo stranamente vicino a noi
perché anche noi non viviamo più in un’epoca
moderna, ma in un «… nuovo medioevo di cui
non possiamo ancora intravvedere i caratteri».
prof.ssa Raffaella Romano
Introduzione
“E, col probabile trionfo della ragione tecnico-scientifica,
questo nuovo medioevo altro non sarà se non una nuova
barbarie che camufferà e stravolgerà le stesse nozioni di
cultura e civiltà; ben diverso, quindi, dall’età di
mezzo della nostra storia,
che non fu solo barbara, né
sprovveduta di scienza,
né vuota d’arte”.
prof.ssa Raffaella Romano
Introduzione
Ai nostri tempi «… il benessere ha i
Lividi connotati della disperazione…»,
e «… l’uomo civilizzato è giunto ad avere
orrore di se stesso»; «… le comunicazioni di
massa, la radio e soprattutto la televisione, hanno tentato non senza
successo di annientare ogni possibilità di solitudine e di riflessione…»,
e domina, perciò, nella società e nella cultura, un «… esibizionismo
isterico…»; di conseguenza «… le arti tendono a confondersi, a
smarrire la loro identità», entrando in una crisi strettamente legata al
mutarsi della stessa condizione umana (Discorso per il Nobel, 1975)
prof.ssa Raffaella Romano
Introduzione
In tale epoca di disorientato smarrimento, Dante diventa
un punto di riferimento, un «esempio massimo di
oggettivismo e razionalismo…», un «Poeta
concentrico, in un mondo che si
allontana progressivamente dal
centro e si dichiara in perenne
espansione».
prof.ssa Raffaella Romano
I luoghi danteschi
La Divina Commedia è la storia di un viaggio. Un
viaggio attraverso tre regni
ultraterreni, durante il quale
il protagonista incontra anime,
vive esperienze, riceve
insegnamenti e matura. prof.ssa Raffaella Romano
Il viaggio
Il processo di maturazione è, allo stesso tempo,
emotivo, etico, culturale e religioso.
Quando il Poeta giunge “nel ciel che più de la
Sua luce prende”, è ormai un uomo migliore,
un’anima purificata, un innamorato adulto, un
cristiano che ha visto Dio, un poeta più grande.
prof.ssa Raffaella Romano
Il viaggio Il viaggio di Dante nell'al di là, allora, vuole essere
la metafora, la rappresentazione allegorica del
viaggio dell'uomo attraverso l'al di qua. La vita in
terra riceve una nuova legittimazione dal suo
sperimentare i luoghi post-mortem e quelli hanno
un senso solo perché il vivere terreno li determina
per noi.
prof.ssa Raffaella Romano
Il viaggio
Ciò che interessa a Dante è l’aldiqua,
se riusciamo a renderlo migliore
grazie all’aldilà…
Cfr.
Col viso ritornai per tutte quante
le sette spere, e vidi questo globo
tal, ch'io sorrisi del suo vil sembiante; (Par. XXII 133-5)…
L'aiuola che ci fa tanto feroci (ibidem, 151): la Terra, vista dal cielo delle stelle
fisse, è un posto piccolo e vile; ma quanto amore nel termine “aiuola”!
prof.ssa Raffaella Romano
Il viaggio
Inoltre attraverso l'Inferno, il Purgatorio e il Paradiso, che rappresentano
tutta la storia, Dante giunge alla visione della Trinità, ma soprattutto il suo
sguardo viene attratto e potenziato dalla contemplazione di uno dei tre
cerchi della Trinità e, precisamente, quello che contiene l'effigie di Cristo;
dunque al termine del suo itinerario, Dante ha la visione dell'effigie umana,
cioè dell'uomo universale: Cristo o se stesso?
prof.ssa Raffaella Romano
Quella circulazion che sì concetta pareva in te come lume reflesso, da li occhi miei alquanto circunspetta, dentro da sé, del suo colore stesso, mi parve pinta de la nostra effige (Par. XXXIII 127-131)
La vita è, insomma, il tempo
di cui l’uomo dispone per la
conquista della vera
immagine
di sé.
prof.ssa Raffaella Romano
Mario Luzi- Il viaggio della vita Nell’imminenza dei quarant’anni (1954)
Si sollevano gli anni alle mie spalle
a sciami. Non fu vano, è questa l’opera
che si compie ciascuno e tutti insieme
i vivi e i morti, penetrare il mondo
opaco lungo vie chiare e cunicoli
fitti d’incontri effimeri e di perdite
o d’amore in amore o in uno solo
di padre in figlio fino a che sia limpido.
E detto questo posso incamminarmi
spedito tra l’eterna compresenza
del tutto nella vita e nella morte,
sparire nella polvere o nel fuoco
se il fuoco oltre la fiamma dura ancora (vv. 12-24).
prof.ssa Raffaella Romano
Poi s’ascose nel foco che li affina. Purg. XXVI, v. 145
Vittorio Sereni
Presto saro il viandante stupefatto
avventurato nel tempo nebbioso. La ragazza d’Atene , 1947
prof.ssa Raffaella Romano
Sereni e Dante
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
ché la diritta via era smarrita… Inf. I 1-3
…e io sol uno
m'apparecchiava a sostener la guerra
sì del cammino e sì de la pietate… Inf. II 3-5
prof.ssa Raffaella Romano
Sereni e Dante
Vero è che 'n su la proda mi trovai
de la valle d'abisso dolorosa
che 'ntrono accoglie d'infiniti guai.
Oscura e profonda era e nebulosa
tanto che, per ficcar lo viso a fondo,
io non vi discernea alcuna cosa. Inf. IV 7-12
prof.ssa Raffaella Romano
Sereni e Dante
Come quando la nebbia si dissipa,
lo sguardo a poco a poco raffigura
ciò che cela 'l vapor che l'aere stipa,
così forando l'aura grossa e scura,
più e più appressando ver' la sponda,
fuggiemi errore e cresciemi paura;
(Inferno, XXXI vv. 34-39)
prof.ssa Raffaella Romano
V. Magrelli- Il viaggio
C’è il silenzio tra una pagina e l’altra
La lunga distesa della terra fino al
bosco
dove l'ombra raccolta
un si sottrae al giorno,
dove le notti spuntano
separate e preziose
come frutta sui rami.
In questo delirio
luminoso e geografico
io non so ancora
se essere il paese che attraverso
0 il viaggio che vi compio.
prof.ssa Raffaella Romano
I PARTE- L’INFERNO
prof.ssa Raffaella Romano
Luzi- l’Inferno
“Dante ci consegna l’inferno. Ed il suo inferno
è immagine della fede.
Riuscire a parlare ed a scrivere
dell’inferno, infatti, significa coglierne, certo,
l’eterna minaccia, ma anche delimitarne con chiarezza confini
e portata. Quest’inferno, frammento di dolore assoluto, è
stato però rimosso dall’umanità e dalla poesia dopo Petrarca.
prof.ssa Raffaella Romano
La selva Bosco d’autunno
A che somiglia un bosco in pieno autunno?
Soprattutto ad un sommesso incendio.
Lambiscono mute la coppa dei cieli
gialle lingue di fiamma.
Più d’uno scialle zingaro e screziato
il bosco ancora un po’ verde.
Ad ogni albero, come a un falò,
puoi riscaldarti l’anima.
Boris Sluckij, 1973
prof.ssa Raffaella Romano
V. Sereni- La selva
• Ecco. E si fa strada sul filo
cui si affida il tuo cuore, ti rigetta alla citta selvosa [...]
(Una visita in fabbrica, sez. V)
• Citta selvosa consente il rinvio a Pd., XIV, v. 64:
Sanguinoso esce de la trista selva: cioe da Firenze.
Con un di piu di ambiguita in Sereni, là dove la città è selvosa perche,
come scrive lo stesso Sereni, “con promesse d’avventura”, ma anche
“ambigua tra “giungla” e “scampo” nel senso della vecchia natura”.
prof.ssa Raffaella Romano
La selva
Laura Pariani, Milano è una selva oscura, 2010
Il protagonista è un barbone, soprannominato
Dante, che passa la vita camminando attraverso
una Milano intricata e labirintica.
prof.ssa Raffaella Romano
G.Ungaretti- La selva (e il Purgatorio)
L’isola
A una proda ove sera era perenne
di anziane selve assorte, scese,
e s’inoltrò
e lo richiamò rumore di penne
Ch’erasi sciolto dallo stridulo batticuore dell’acqua torrida,
E una larva (languiva
e rifioriva) vide;
Ritornato a salire vide
ch’era una ninfa e dormiva
ritta abbracciata a un olmo.
In sé da simulacro a fiamma vera
errando giunse a un prato ove
l’ombra negli occhi s’addensava
delle vergini come
sera appiè degli ulivi; (…)
prof.ssa Raffaella Romano
I’ venni in luogo d’ogni luce muto Inf. V 28
Tosto che fu là dove l’erbe sono bagnate già da l’onde del bel fiume, di levar li occhi suoi mi fece dono. Non credo che splendesse tanto lume sotto le ciglia a Venere… Purg. XXVIII 61-65
A. Zanzotto- La selva-
Sylva
Non ha inizio l’amore.
«Or volge l’anno, sovra questo colle ...»
E fronde cupe cupo nel fondo
del bosco, dell’unico bosco,
del bosco eterno mi fanno mi vivono mi stormiscono in mille
diversi cupi cuori.
prof.ssa Raffaella Romano
Come d’autunno si levan le foglie l’una appresso de l’altra, fin che ’l ramo vede a la terra tutte le sue spoglie…Inf. III 112-114
Quasimodo-La porta dell’Inferno
Auschwitz
Laggiù, ad Auschwitz, ...in un campo di morte:
fredda, funebre,
la pioggia sulla ruggine dei pali
e i grovigli di ferro dei recinti:
e non albero o uccelli nell’aria grigia
o su dal nostro pensiero, ma inerzia
e dolore che la memoria lascia
al suo silenzio senza ironia o ira. Da quell’inferno
aperto da una scritta
bianca: " Il lavoro vi renderà liberi “
uscì continuo il fumo
di migliaia di donne spinte fuori
all’alba dai canili contro il muro
…storia in forme di fiumi, d’animali…
Restano… ombre infinite di piccole scarpe e di
sciarpe d’ebrei.
Sulle distese dove amore e pianto
marcirono e pietà, sotto la pioggia,
laggiù, batteva un no dentro di noi,
un no alla morte, morta ad Auschwitz,
per non ripetere, da quella buca
di cenere, la morte.
prof.ssa Raffaella Romano
Lasciate ogni speranza, (o) voi ch’intrate Inf. III 9
Luzi- Il doloroso abisso
Non fu pari all’attesa, 1990
…Ci appariva insolita Firenze.
Stava muta, impiccata allo strapiombo
delle sue nere muraglie,
rigata dalle lacrime
di luce delle sue alte lampade
Era insolita nel volto
o noi troppo mutati suoi nottambuli attraversati da lei, passati oltre.
prof.ssa Raffaella Romano
G. CAPRONI- Inferno- La guida-
La lanterna Non porterà nemmeno
la lanterna. Là il buio è così buio
che non c’e oscurita.
prof.ssa Raffaella Romano
La metafora della lanterna connessa alla funzione di guida deriva dal Purgatorio
dantesco, quando Stazio indica Virgilio come sua guida,,
perché gli ha chiarificato il percorso verso la fede:
Facesti come quei che va di notte, che porta il lume dietro e sé non giova,
ma dopo sé fa le persone dotte. Purg. XXII 67-69
prof.ssa Raffaella Romano
Questa citazione dantesca richiama un’immagine delle poesia Palo, nel Muro della terra, quando al
protagonista, che si ritrova in una situazione di debole visibilità, circondato dall’oscurità e dalla nebbia, appare una
sagoma:
prof.ssa Raffaella Romano
Il palo La nebbia che mi ricopriva
era vuota, era vera. Ma io non sapevo se ombra
od uomo certo, era lunga la figura nera
che su e giù andava – alzava col braccio la lanterna
cieca, e scuoteva dal cappotto il nevischio.
Mentre ch’i’ rovinava in basso loco, dinanzi agli occhi mi si fu offerto
chi per lungo silenzio parea fioco. Quando vidi costui
nel gran diserto, «Miserere di me,» gridai a lui,
«qual che tu sii, od ombra od omo certo!»
Inf. I 61-66
prof.ssa Raffaella Romano
CAPRONI- Inferno- La guida
Campana- La città di Dite
Ricordo una vecchia citta, rossa di muri e
turrita, arsa su la pianura sterminata
nell’Agosto torrido, con il lontano refrigerio di
colline verdi e molli sullo sfondo. Archi
enormemente vuoti di ponti sul fiume
impaludato in magre stagnazioni plumbee. [...]
e a un tratto dal mezzo dell’acqua morta le
zingare e un canto, da la palude afona una
nenia primordiale monotona e irritante [...]
La notte, Cer. 83
Lo buon maestro disse: “Omai, figliuolo,
s’appressa la citta c’ha nome Dite,
coi gravi cittadin, col grande stuolo”.
E io: “Maestro, gia le sue meschite
la entro certe ne la valle cerno,
vermiglie, come se di foco uscite
fossero”. Ed ei mi disse: “Il foco etterno
ch’entro l’affoca le dimostra rosse,
come tu vedi, in questo basso inferno”.
Inf. VIII, vv. 67-75
prof.ssa Raffaella Romano
Sanguineti- l’Inferno
• Nell'epoca che -con un termine ormai comune- viene detta della «globalizzazione», predomina un solo modello
universalmente riconosciuto per la produzione di beni e l'organizzazione della società, che tende ad avvicinare i
luoghi, a renderli sempre più simili tra loro. Esiste ancora uno spazio reale che potremmo
immaginare come il luogo dell'inferno per eccellenza?
• Alla luce delle considerazioni sullo stato attuale delle cose, potrei dire che l'inferno è la terra. E'
un inferno globalizzato. Per lo meno nel senso dei «dannati della terra», che oramai occupano la maggior parte dello
spazio disponibile. Cosa evidentemente non del tutto nuova, perché gli squilibri di condizioni sociali, umane, culturali,
materiali tra privilegiati ed emarginati hanno accompagnato tutta la storia. Però, mancando la globalizzazione, il
nesso tra privilegiati e non era meno diretto, e in certe zone quasi inesistente.
Intervista di Riccardo Bonavita a Edoardo Sanguineti (2003)
prof.ssa Raffaella Romano
Pasolini- l’Inferno
Nel ‘59 scrive un testo, variamente intitolato – La Mortaccia,
L’Infernante, infine semplicemente L’Inferno – nel quale chi scende nei gironi infernali
è Teresa, una prostituta, guidata da una guida che è Dante Alighieri stesso, promosso
al ruolo di Virgilio. Qui la chiave è violentemente parodica: la selva oscura è diventata
il lurido paesaggio di una periferia degradata; il colle solatio a cui cerca di ascendere
Dante è un “montarozzo che sotto i ragazzi ci giocano al pallone”, le tre belve
diventano “tre canacci lupi...secchi allampanati...” Dagli appunti di Pasolini sappiamo
come la discesa agli Inferi doveva continuare: Dante e Teresa vi avrebbero trovato fra
l’altro Stalin, al posto di Farinata, i due amanti suicidi di Centocelle, al posto di Paolo e
Francesca, Andreotti come Gerione (emblema della frode, si ricordera...).
prof.ssa Raffaella Romano
Pasolini- l’Inferno
• Roma, cinta dal suo inferno di borgate, è
in questi giorni stupenda: la fissità, così
disadorna, del calore è quello che ci vuole
per avvilire un poco i suoi eccessi, per
denudarla e mostrarla quindi nelle sue
forme più alte …
• Sono perduto qui in mezzo, ed è difficile
per me e per gli altri ritrovarmi
Da una lettera a Spagnoletti del 1952
prof.ssa Raffaella Romano
Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura…
Inf. I vv.1-2
Pasolini- l’Inferno
Picasso
Quanta gioia in questa furia di capire!
In questo esprimersi che rende
alla luce, come materia empirea,
la nostra confusione [...]
Nel restare
dentro l’inferno con marmorea
volontà di capirlo, è da cercare
la salvezza (sezz.VII e VIII)
prof.ssa Raffaella Romano
Pasolini- Divina mimesis
• E’ un abbozzo di poema pubblicato nel 1975, in cui il poeta fa un viaggio
nell’Inferno della degradata civiltà contemporanea, con nostalgiche puntate negli
altri due regni.
• Il protagonista è Pasolini stesso, che si sdoppia in viandante e guida: il doppio
Pasolini-Dante e Pasolini-Virgilio,però, implica una distanza temporale tra il poeta
più eretico degli ultimi anni e l’intellettuale civile e integralista di un decennio
prima, quando ancora in lui fervevano gli ideali.
• Dinanzi a Pasolini-Virgilio, Pasolini-Dante parla di sé a sé: e parla degli anni '40
friulani (il paradiso), degli anni '50 e della morte delle ideologie (il purgatorio),
degli anni '60 e del neocapitalismo (l'inferno).
prof.ssa Raffaella Romano
Pasolini-Divina mimesis
Subito il narratore autobiografico incontra la Lonza,
il Leone e la Lupa, che però non sono nemici
esterni: La Lonza: «eccola lì, uscita dai ripostigli
comuni della mia anima (che accanitamente
continuava a pensare, per difendersi, per
sopravvivere - per tornare indietro!), eccola lì, la
bestia agile e senza scrupoli […]. Così, la 'Lonza' (in
cui non ebbi, subito, difficoltà a riconoscermi)».
Ed ecco, quasi al cominciar de l’erta, una lonza leggera e presta molto, che di pel macolato era coverta; Inf. I vv.31-33
Il Leone: «Dal suo essere sonno e ferocia,
egoismo e fame rabbiosa, il 'Leone' traeva
un'ispirazione a vivere che lo distingueva, con
violenza addirittura brutale, dal mondo esterno.
Che lo ospitava quasi tremando. L'idea di sé non
ha ragione: e quando si esprime distrugge la
realtà, perché la divora. […] Sia pure
parzialmente, anche in quel 'Leone', come in uno
sproporzionato segno premonitore, io mi
riconobbi»
Questi parea che contra me venisse con la test’alta e con rabbiosa fame, sì che parea che l’aere ne tremesse. (Ibidem,46-48)
prof.ssa Raffaella Romano
Pasolini-Divina mimesis
• La Lupa: «Ma dovevo riconoscermi
ancora in qualcosa di ben peggio. […]
venne fuori una 'Lupa', che si
affiancò alle altre due bestie. I suoi
connotati erano sfigurati da una
mistica magrezza, la bocca
assottigliata dai baci e dalle opere
impure, lo zigomo e la mascella
allontanati tra loro; lo zigomo in alto,
contro l'occhio, la mascella in basso,
sulla pelle inaridita del collo».
prof.ssa Raffaella Romano
Ed una lupa, che di tutte brame sembiava carca ne la sua magrezza, e molte genti fé già viver grame, questa mi porse tanto di gravezza con la paura ch’uscia di sua vista, ch’io perdei la speranza de l’altezza. Ibidem, 49-54
Pasolini-Divina mimesis
Una terna di duplicazioni per tre forme d'alterità:
dell'anima (la Lonza), dell'azione (il Leone), del corpo
(la Lupa).
All'incontro dell'alterità felina, Pasolini-Dante disegna un autoritratto mimetico: dalla
natura della propria anima, alle strategie dello stare al mondo, fino alla descrizione
mimetica del proprio corpo
Di fronte alle fiere è al cospetto di sé: nel riconoscersi, al contempo, quale triplice
proiezione, Pasolini-Dante afferma il valore «naturale» dell'identità, attribuendo alle
proiezioni qualcosa in cui rivedersi e qualcosa da cui fuggire.
prof.ssa Raffaella Romano
C. Govoni- L’Inferno
Aladino
…fu un tale peso pel tuo cuore umano,
che avrai sofferto, o figlio, e conosciuto
tutto il dolor del mondo in quel minuto.
Non fu un sogno. E pareva di sognare.
La città, la campagna e tutto il mondo
era in preda al terrore e al tradimento.
L’incubo dentro l’incubo: era questo
il più terribile e infernal tormento.
La notte intera si invocava il giorno;
e il giorno era più torvo della notte.
Aladino è il figlio del poeta, trucidato nella strage delle
Fosse ardeatine, il 24 Marzo del 1944. prof.ssa Raffaella Romano
Io non so ben ridir com’i’ v’intrai, tant’era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai.
Inf. I 10-12
C. Govoni- L’Inferno
Govoni si attribuisce anche il
ruolo di profeta maledicente, che
con inusitata virulenza verbale
gioisce del corpo sfatto del duce
e di quello dell’amante:
– vigliacco, che tu sia – ti maledissi
– impiccato pei piedi! – Così fosti.
E fu scagliata la carogna ignuda
nella Caina insieme alla tua druda.
Caina attende chi a vita ci spense.
Inf. V v. 107
prof.ssa Raffaella Romano
C. Govoni- L’Inferno
Forse, laggiù, l' orribile dolore
non sarà più nel nostro cuore…
…più non avrem sul nostro capo,
come un irresistibil gorgo,
il giardino di febbre delle stelle ;
La città morta, vv.63-64 e78-79
Noi siam venuti al loco ov' i' t'ho detto
che tu vedrai le genti dolorose
c'hanno perduto il ben de l'intelletto.
…Quivi sospiri, pianti e alti guai
risonavan per l'aere sanza stelle,
per ch'io al cominciar ne lagrimai.
Inf. III vv. 16-18 e 22-24
prof.ssa Raffaella Romano
Luzi- La selva dei suicidi
La raccolta “Un brindisi” è intessuta di immagini ultramondane: un
gelo che paralizza ed una livida fuliggine ricoprono la città che, di
là d’Acheronte, non guarda più il poeta, mentre le strade di Firenze
conducono all’Eliso; Luzi dialoga di continuo con un mondo di
morti, con l’intento di valorizzare la continuità tra viventi e defunti.
prof.ssa Raffaella Romano
A. Gatto- l’Inferno
La storia delle vittime, 1966
[...] Domani
i giusti saranno con noi
nel tempo che i morti non hanno.
Or la pietà dell'inganno
vi chiude le tombe già aperte
perché la morte vi opprima
col peso di tutte le offerte,
col senno di poi.
Per altri innocenti, per altro furore
s'accenda la prima
la stessa parola d'amore
che ci fu tolta: domani. (vv.41-52)
prof.ssa Raffaella Romano
La gente che per li sepolcri giace potrebbesi veder? già son levati tutt’i coperchi, e nessun guardia face». E quelli a me: «Tutti saran serrati quando di Iosafàt qui torneranno coi corpi che là sù hanno lasciati. Suo cimitero da questa parte hanno con Epicuro tutti suoi seguaci, che l’anima col corpo morta fanno.
Inf. X 7-15
Luzi- La selva dei suicidi In Primizie del deserto, del 1952,, Luzi richiama la
coscienza dell’uomo a mischiarsi nel pantano del
mondo, nei suoi grovigli, senza mai disertare la
lotta:
[...] ferisciti, sanguina anche tu,
soffri con noi, umiliati in un tronco.
In questi versi il poeta si sta inoltrando in una foresta quasi
«di color fosco: non rami schietti,
ma nodosi e ‘nvolti». Le foglie, gli sterpi ed i rovi che nascondono il
sole hanno tutti i colori, tutta la selvaggia fierezza della selva dei suicidi del tredicesimo canto dell’Inferno.
prof.ssa Raffaella Romano
Allor porsi la mano un poco avante, e colsi un ramicel da un gran pruno; e ‘l tronco suo gridò: “perché mi schiante!” Inf. XIII 28-30
Montale- l’Inferno
Arsenio
Così sperso tra i vimini e le stuoie
grondanti, giunco tu che le radici
con sé trascina, viscide, non mai
svelte, tremi di vita e ti protendi
a un vuoto risonante di lamenti
soffocati, la tesa ti ringhiotte
dell'onda antica che ti volge; e ancora
tutto che ti riprende, strada portico
mura specchi ti figge in una sola
ghiacciata moltitudine di morti,
e se un gesto ti sfiora, una parola
ti cade accanto, quello è forse, Arsenio,
nell'ora che si scioglie, il cenno d'una
vita strozzata per te sorta, e il vento
la porta con la cenere degli astri.
(vv. 45- 60)
prof.ssa Raffaella Romano
Li occhi mi sciolse e disse: «Or drizza il nerbo del viso su per quella schiuma antica per indi ove quel fummo è più acerbo».
Inferno, IX 73-75
Luzi: il Cocito
Forse un fremito lungo di mandorla
sulle oscure invetriate ancora vibra
se la luna sui traffici viola
delle citta col vento s’equilibra
tanto sensibilmente. Un astro guarda
un altro anno morir dietro la nuca
tua senza requie, gia l’ala più tarda
scalda ai tuoi vetri in sogno una festuca.
[...] Impresa, 1946
Già era, e con paura il metto in metro,
là dove l’ombre tutte eran coperte,
e trasparìen come festuca in vetro.
Inf. XXXIV 10-12
L’atmosfera ghiacciata, d’eterna dannazione, con gli anni che seguono l’uno l’altro senza requie(v. 7), richiama, col gelo d’un fremito sulle oscure invetriate, la Giudecca e la sua immobilità assoluta.
La festuca del v. 8, un filamento di paglia bloccato in un’immagine di sogno, evoca ancor più direttamente la
ghiacciata del sepolcro infernale del Cocito.
prof.ssa Raffaella Romano
Luzi- il Cocito Già goccia la grigia rosa il suo fuoco
Già goccia la grigia rosa il suo fuoco
il fuoco rapito fumido di pioggia
sulla calce dei muri ciechi ove il fioco
tuo bagliore s’appoggia.
Già strepe sui grevi banchi di breccia
nei recinti angosciosi dissono attutito
il tuo piede cupo di cui l’eco s’intreccia
col fiume dal lento corso Cocito.
La mano nei rovi vizzi è una fiamma
crepitante di febbre vitrea semiviva,
nel tuo sguardo un autunno langue e s’infiamma
sol che l’anno riviva. prof.ssa Raffaella Romano
Non avean penne, ma di vispistrello era lor modo; e quelle svolazzava, sì che tre venti si movean da ello: quindi Cocito tutto s’aggelava. Con sei occhi piangea, e per tre menti gocciava ’l pianto e sanguinosa
bava. Inf. XXXIV 49-54
Luzi e Dante Ad ogni sforzo vitale, ad ogni movimento naturale, è sottratta la vita: la rosa è grigia (v. 1); il
fuoco non brucia, ma è fumido di pioggia (v. 2), la mano è una fiamma di febbre vitrea semiviva(v.
10); il corso del fiume è lento(v. 8), quasi immobile nell’eterna stasi del Cocito (v. 8). Il verbo
gocciare (titolo e v. 1) compare con frequenza nell’Inferno dantesco:
1. per rappresentare il pianto interiore, poiché quello esteriore è impedito dal gelo
dei fratricidi («li occhi lor, ch’eran pria pur dentro molli, | gocciar su per le labbra, e
‘l gelo strinse | le lacrime tra essi, e rinserrolli», Inf., XXXII, vv. 46-48);
2. per raffigurare il lacrimare di Lucifero («Con sei occhi piangea e per tre metri |
gocciava ‘l pianto e sanguinosa bava», Inf., XXXIV, vv. 53-54);
3. e il perpetuo stillicidio di lacrime dalle ferite del Veglio di Creta, la lontana e
misteriosa sorgente delle acque infere («Ciascuna parte, fuor che l’oro, è rotta |
da una fessura che lagrime goccia, | le quali, accolte, foran quella grotta», Inf., XIV,
112-114).
prof.ssa Raffaella Romano
Montale- Lucifero Piccolo testamento
Solo quest'iride posso
lasciarti a testimonianza
d'una fede che fu combattuta,
d'una speranza che bruciò più lenta
di un duro ceppo nel focolare 4.
Conservane la cipria nello specchietto 5
quando spenta ogni lampada
la sardana si farà infernale
e un ombroso Lucifero scenderà su una prora
del Tamigi, dell'Hudson, della Senna
scuotendo l'ali di bitume semi-
mozze dalla fatica, a dirti: è l'ora. (vv. 8-19)
prof.ssa Raffaella Romano
S’el fu sì bel com’elli è ora brutto, e contra ’l suo fattore alzò le ciglia, ben dee da lui proceder ogne lutto.
Inf. XXXIV 34-36
II PARTE- Il Purgatorio
prof.ssa Raffaella Romano
…n’apparve una montagna, bruna per la distanza, e parvemi alta tanto quanto veduta non avea alcuna. Inf. XXVI 133-135
F. Fortini- Purgatorio
Una volta sperare era sperare
aria d'amore o d'ozio o di campagna
o d'infanzia risorta o un pianto o un mare
dove spunti una vela, una montagna
bruna per la distanza, una città
dove perdersi in pace. Piano, un passo
| dopo l'altro, è mutata, spenti i simboli
ridicoli, quei miti blandi limbi.
E la speranza ora è convulso passo
di bestia, entro di noi, che viene e va.
Spene», diss’io, «è uno attender certo
de la gloria futura, il qual produce
grazia divina e precedente merto. Pd. XXV 66-68
Per lor maladizion sì non si perde,
che non possa tornar, l’etterno amore,
mentre che la speranza ha fior del verde. Purg. III 133-135
prof.ssa Raffaella Romano
Luzi- il Purgatorio
Salendo la montagna il tempo si riduce,
il tempo si annulla e si distrugge
più prossimo all’eternita imperante.
I luoghi e le memorie si unificano
in un punto solo,
in un punto onnipresente.
Il Purgatorio:31 (1990)
prof.ssa Raffaella Romano
Un punto solo m’è maggior letargo che venticinque secoli a la ‘mpresa, che fé Nettuno ammirar l’ombra d’Argo.
Pd. XXXIII 94-96
Campana- il Purgatorio
…finché io là giunsi indove
avanti a una vastità velata di
paesaggio una divina dolcezza
notturna mi si discoprì nel
mattino, tutto velato di chiarìe
il verde, sfumato e digradante
all’infinito…
La Verna
Dolce color d'oriental zaffiro,
che s'accoglieva nel sereno aspetto
del mezzo, puro infino al primo giro,
a li occhi miei ricominciò diletto…
Purg. I 13-16
prof.ssa Raffaella Romano
Campana- il Purgatorio
... poi che nella sorda lotta notturnala più
potente anima seconda ebbe frante le nostre
cateneNoi ci svegliammo piangendo ed
era l’azzurro mattino:Come ombre d’eroi
veleggiavano:de l’alba non ombre nei puri
silenziide l’albanei puri pensierinon ombrede
l’alba non ombre:piangendo: giurando noi fede
all’azzurro
Immagini del viaggio e della montagna
…feriami il sole in su l’omero destro,
che già, raggiando, tutto l’occidente
mutava in bianco aspetto di
cilestro;
e io facea con l’ombra più rovente
parer la fiamma; e pur a tanto indizio
vidi molt’ombre, andando, poner
mente.
Purg. XXVI 4-9
prof.ssa Raffaella Romano
G. Comi- il Purgatorio
Il tempo-intenso-pare intatto e fermo
-zaffiro acceso nell’oscurita
della Notte che regna
Illimitatamente sulla zolla pregna
di morti ansiosi d’immortalita.
La morte, vv. 6-10
Dolce color d'oriental zaffiro…
Purg. I 13-16
Come quando, cogliendo biado o loglio,
li colombi adunati a la pastura,
queti, sanza mostrar l’usato orgoglio,
se cosa appare ond’elli abbian paura,
subitamente lasciano star l’esca,
perch’assaliti son da maggior cura;
così vid’io quella masnada fresca
lasciar lo canto, e fuggir ver’ la costa,
com’om che va, né sa dove riesca
Purg. II 124-132
prof.ssa Raffaella Romano
Sereni- il Purgatorio- la spiaggia
La spiaggia
Sono andati via tutti -
Blaterava la voce dentro il ricevitore.
E poi, saputa: - Non torneranno più -
Ma oggi
su questo tratto di spiaggia mai prima visitato
quelle toppe solari... segnali
di loro che partiti non erano affatto?
E zitti quelli al tuo voltarti, come niente fosse.
I morti non è quel che di giorno
In giorno va sprecato, ma quelle
toppe di inesistenza, calce o cenere
pronte a farsi movimento e luce.
Non dubitare, - m'investe della sua forza il mare –parleranno.
Venimmo poi in sul lito diserto,
che mai non vide navicar sue acque
omo, che di tornar sia poscia esperto.
Purg. I 130-132
prof.ssa Raffaella Romano
Sereni- il Purgatorio- la spiaggia
La spiaggia
Sono andati via tutti -
Blaterava la voce dentro il ricevitore.
E poi, saputa: - Non torneranno più -
Ma oggi
su questo tratto di spiaggia mai prima visitato
quelle toppe solari... segnali
di loro che partiti non erano affatto?
E zitti quelli al tuo voltarti, come niente fosse.
I morti non è quel che di giorno
In giorno va sprecato, ma quelle
toppe di inesistenza, calce o cenere
pronte a farsi movimento e luce.
Non dubitare, - m'investe della sua forza il mare –parleranno.
Noi eravam lunghesso mare ancora,
come gente che pensa a suo cammino,
che va col cuore e col corpo dimora.
Purg. II 10-12
ond’ei si gittar tutti in su la piaggia
Purg. II 50
Ohi ombre vane, fuor che ne l’aspetto!
Purg. II 79
Lo sol, che dietro fiammeggiava roggio,
rotto m’era dinanzi a la figura,
ch’avea in me de’ suoi raggi l’appoggio.
Io mi volsi dallato con paura
d’essere abbandonato, quand’io vidi
solo dinanzi a me la terra oscura;
Purg. III 16-21 prof.ssa Raffaella Romano
Dario Bellezza- Purgatorio
Li saluto tutti come da una partenza senza ritorno, senza pianti speciali o maledizioni per il mare lasciato indietro; per il mare che ci sanò, per il sale che ci seccò; per la vita stessa che non urla più niente dentro tranne la vita del giorno dopo con un cappuccino in mano e una siringa d'ospedale per risparmiare l'infermiera.Forse saliremo scale dirupate precipitando salendo immortali inquisendo ragazzi selvaggi e tuguri pieni di giornali.
prof.ssa Raffaella Romano
Noi divenimmo intanto a piè del monte; quivi trovammo la roccia sì erta, che ‘ndarno vi sarien le gambe pronte. Tra Lerice e Turbìa la più diserta, la più rotta ruina è una scala,
verso di quella, agevole e aperta. Purg. III 46-51
Campana- il Purgatorio
SALGO (nello spazio, fuori del
tempo)L’acqua il ventoLa sanità delle
prime cose –Il lavoro umano
sull’elementoliquido – la natura che
conduceStrati di rocce su strati…
Riposo ora per l’ultima volta nella
solitudine della foresta. Dante la sua
poesia di movimento, mi torna tutta in
memoria. O pellegrino, o pellegrini che
pensosi andate!
La Verna- Il ritorno
Noi salivam per una pietra fessa,
che si moveva e d’una e d’altra parte,
sì come l’onda che fugge e s’appressa.
Purg. X 7-9
prof.ssa Raffaella Romano
Purgatorio - Luzi
La notte lava la mente
La notte lava la mente.
Poco dopo si è qui come sai bene,
file d’anime lungo la cornice,
chi pronto al balzo, chi quasi in catene.
Qualcuno sulla pagina del mare
traccia un segno di vita, figge un punto.
Raramente qualche gabbiano appare.
prof.ssa Raffaella Romano
Ben si de’ loro atar lavar le note che portar quinci, sì che, mondi e lievi, possano uscire a le stellate ruote. Purg. XI vv. 34-36
«Fa che lavi, quando se’ dentro, queste piaghe», disse. Purg. IX v. 114
V. Cardarelli- il Purgatorio
Distacco Io ti sento tacere da lontano. Odo nel mio silenzio il tuo silenzio. Di giorno in giorno assisto all’opera che il tempo, complice mio solerte, va compiendo. E già quello che ieri era presente divien passato e quel che ci pareva incredibile accade. Io e te ci separiamo. Tu che fosti per me più che una sposa! Tu che volevi entrare nella mia vita, impavida,
come in inferno un angelo e ne fosti scacciata. Ora che t’ho lasciata,
la vita mi rimane quale un’indegna, un’inutile soma, da non poterne avere più alcun bene. IO non so più qual era il porto a cui miravo. Per tanti luoghi insospettati e strani mi trattenne l'amore, ch'è nemico ad ogni alto destino come il vento contrario al navigare: dove persi il mio tempo e logorai le forze del mio cuore. Luoghi a cui, disertati, non tornerò giammai. Sì che per me la terra non è più che un asilo vietato, un cimitero di memorie.
prof.ssa Raffaella Romano
Cardarelli-Dante - il Purgatorio
Ne l’ordine ch’io dico sono accline
tutte nature, per diverse sorti,
più al principio loro e men vicine;
onde si muovono a diversi porti
per lo gran mar de l’essere, e ciascuna
con istinto a lei dato che la porti.
Pd. I 109-114
prof.ssa Raffaella Romano
V. Cardarelli- il Purgatorio
Solo in te, alba, riposa
la mia mente affannosa.
Solo in te trova pace
l’insonnia mia, ch’è simile
ad un rombante fiume
rapinoso, infernale,
dove io vado ogni notte
dibattendomi invano....
La morte, mia nera
compagna di veglia,
se ne va, s’allontana
a passi di ladro.
Ond’io emergo e mi libero
dall’onda tenebrosa
e affranto mi riduco
al mio sonno di pietra.
O alba, o dolce alba,
mare di luce incerta,
in cui tutto ha foce.
L’alba vinceva l’ora mattutina
che fuggia innanzi, sì che di lontano
conobbi il tremolar de la marina.
Purg. I vv. 115-117
prof.ssa Raffaella Romano
V. Cardarelli- il Purgatorio
Sopra una tomba
Tutto un inverno ho sofferto
pensando alla fradicia zolla
dove tu riposavi
in provvisoria fossa
ch’era il tuo purgatorio.
Piovose notti insonni
conobbero il mio rimorso.
E a te volavo, o madre,
cui non piacque la terra
per l’ultima dimora,
la terra faticosa,
la terra che patisti oltre la morte.
Ora esaudita, emersa
dal confuso elemento,
tu sei come redenta.
Non più l’informe grembo
travaglierà le tue spoglie.
Tu che vivente avesti incerto asilo,
sicuro loco avrai or che sei morta,
fin che l’umana pietà lo conceda.
prof.ssa Raffaella Romano
C. Rebora- Purgatorio
Sola, raminga e povera
un'anima vagava…
un vecchio, in dignità modesta
s'accompagnava all'andar
stanco mio / ... / con un pio
piglio mi offerse la certezza.
Da Curriculum vitae
…vidi presso di me un veglio solo,
degno di tanta reverenza in vista,
che più non dee a padre alcun
figliuolo.
Purg. I vv.31-33
prof.ssa Raffaella Romano
Sanguineti (Genova 1930- 2010)
Il Purgatorio de L'Inferno:
La raccolta permette di osservare come il tema del
viaggio oltremondano diventi, in un poeta del
secondo Novecento, in tutto e per tutto mondano
e storico, attraverso una Storia entro la quale il
risveglio, per quanto necessario e auspicabile, non
assume mai i contorni di una epifania edenica.
prof.ssa Raffaella Romano
Sanguineti-1
Il Purgatorio de L'Inferno:
Sanguineti-personaggio (con evidente debito
nei confronti di quel personaggio-poeta
inventato proprio da Dante), è un intellettuale
marxista in viaggio tra Italia e Francia, nei primi
anni Sessanta.
prof.ssa Raffaella Romano
Sanguineti-1
…o come in sogno, altra volta (in
rappresentazione); e sofferta (altro sogno); o
come una diagnosi (un sogno critico, un sogno):
(Purgatorio de l'Inferno 4)
prof.ssa Raffaella Romano
Sanguineti-1
ma si toccheranno, adesso
(in questa selva) le nostre fronti; e a me stesso, ancora
(invocando): oh non
sarebbe, questo (dissi) un amore? oh non sarebbe (dissi),
questo, un amore
(in questa selva) fascista?
(Purgatorio de l'Inferno 3)
prof.ssa Raffaella Romano
Sanguineti-1
E’ un’opera purgatoriale in quanto popolata di una umanità sempre in
cammino, di un gruppo in cerca di una giustificazione etico-politica
che rappresenta la forma laica della redenzione; infernale in quanto
calata dentro un presente di cupo e martellato negativo ("la selva
fascista") con accenni da ossessione persecutoria ("così (nella soffitta
di via Pietro Micca) io e mia moglie / scrivemmo: W PCI (in ogni angolo)
[…]; e mia moglie disse: ma questo /e un covo di missini…", sez. 3).
La raccolta trova la sua dimensione paradisiaca nella sezione finale,
grazie all'immagine simbolica dei figli.
prof.ssa Raffaella Romano
Sanguineti
• ma vedi il fango che ci sta alle spalle,
• e il sole in mezzo agli alberi, e i bambini che
dormono: i bambini che sognano (che parlano,
sognando); (ma i bambini, li vedi, così inquieti);
• (dormendo, i bambini); (sognando, adesso)
prof.ssa Raffaella Romano
Sanguineti 2- Laborintus La raccolta, pensata e organizzata come un poemetto
dalla struttura aperta e circolare, è costruita su un
complesso impianto narrativo articolato in ventisette
componimenti senza titolo e numerati
progressivamente.
I singoli brani, interrelati fra loro e accomunati da
medesime caratteristiche tecniche e tematiche, sono
"sezioni" di un complesso poema labirintico.
prof.ssa Raffaella Romano
Sanguineti 2- Laborintus
Il labirintico e contraddittorio «disordine» della società
neocapitalistica viene attraversato, fin nei recessi più oscuri, come in
una discesa agli Inferi: «complicazione / come descendant in Infernum
viventes».
In un delirio onirico e visionario,
di impostazione psicoanalitica, il
poeta, come un alchimista, spinge la sua
ricerca regredendo verso le origini liquide
del mondo, in «materne acque mature».
prof.ssa Raffaella Romano
Sanguineti2- Laborintus
prof.ssa Raffaella Romano
Sanguineti 2- Laborintus
La palude, allegoria della «meravigliosa melma» primigenia,
diventa l'archetipo della «lividissima mater», Ellie, che
rappresenta il termine di riferimento iniziale di questa discesa
agli Inferi: «vulva essenze radicali / est porta Inferni». Ma
anche: «tu sei l'amore nell'amore senza soluzione Ellie sei
l'amore tutto l'amore».
Ellie è il punto in cui si conciliano gli opposti,
oscura putredine e amore luminoso e totale.
prof.ssa Raffaella Romano
Sanguineti 2- Laborintus
Le fonti:
Virgilio, Aen. VI 323 " Cocyti stagna alta vides
Stygiamque paludem ”
“la morta gora” Dante, Inf. VIII 31
Per estensione, la parola indica anche
l'Acheronte (livida palude, Inferno III 98)
prof.ssa Raffaella Romano
Sanguineti 2- Laborintus
Ma il proposito di dare un'unità agli opposti è destinato a
fallire: la morte di Ellie «dentro un cerchio di nulla»
simboleggia la fine del «sogno» utopistico di risolvere le
contraddizioni storiche. Di fronte a questo disperato
nichilismo, l'unica soluzione sembra
essere la rivolta anarchica:
«finalmente anarchia come
complicazione radicale».
prof.ssa Raffaella Romano
L’Eden
Il Paradiso terrestre si trova in cima alla montagna del Purgatorio, ed è il
luogo dal quale Adamo ed Eva furono cacciati in seguito al peccato originale.
La divina foresta è di una dimensione che trascende l'umano: ricorda, infatti,il
locus amoenus della tradizione classica, luogo immerso in una
eterna primavera, fatto di delizie, lontano dalle perturbazioni
atmosferiche.
prof.ssa Raffaella Romano
L’Eden
Vago già di cercar dentro e dintornola
divina foresta spessa e viva,ch'a li occhi
temperava il novo giorno,
sanza più aspettar, lasciai la
riva,prendendo la campagna lento
lentosu per lo suol che d'ogne parte
auliva.Un'aura dolce, sanza
mutamentoavere in sé, mi feria per la
frontenon di più colpo che soave
vento;per cui le fronde, tremolando,
prontetutte quante piegavano a la
parteu' la prim'ombra gitta il santo
monte;non però dal loro esser dritto
spartetanto, che li augelletti per le
cimelasciasser d'operare ogne lor arte;
Purg. XXVIII vv.1-15
prof.ssa Raffaella Romano
L’Eden Già m'avean trasportato i lenti
passidentro a la selva antica tanto,
ch'ionon potea rivedere ond'io mi
'ntrassi;ed ecco più andar mi tolse un
rio,che 'nver' sinistra con sue picciole
ondepiegava l'erba che 'n sua ripa uscìo.
Tutte l'acque che son di qua più
monde,parrieno avere in sé mistura
alcuna,verso di quella, che nulla
nasconde,avvegna che si mova bruna
brunasotto l'ombra perpetua, che
mairaggiar non lascia sole ivi né luna.
Purg. XXVIII vv.22-33
prof.ssa Raffaella Romano
L’Eden
…e là m'apparve, sì com'elli apparesubitamente cosa che
disviaper maraviglia tutto altro pensare,una donna
soletta che si giae cantando e scegliendo fior da
fioreond'era pinta tutta la sua via.
Purg. XXVIII vv.37-42
prof.ssa Raffaella Romano
L’Eden
“Voi siete nuovi, e forse perch'io rido»,cominciò ella, «in questo luogo
elettoa l'umana natura per suo nido,maravigliando tienvi alcun
sospetto;ma luce rende il salmo Delectasti,che puote disnebbiar
vostro intelletto”.
Purg. XXVIII vv.76-81
prof.ssa Raffaella Romano
L’Eden
Lo sommo Ben, che solo esso a sé piace,fé l'uom buono e a
bene, e questo locodiede per arr'a lui d'etterna pace.
Per sua difalta qui dimorò poco;per sua difalta in pianto e in
affannocambiò onesto riso e dolce gioco.
Purg. XXVIII vv.91-96
prof.ssa Raffaella Romano
L’Eden- Calvino
Nel racconto di Calvino Il giardino incantato (1949), si narra di
due bambini, Giovannino e Serenella, che vagano
all’avventura, fino ad arrivare in un giardino. Prima, però,
attraversano un tunnel, mentre da un lato c’è il mare e
dall’altro la parete di monte: C'erano grandi agavi grige, verso
mare, con raggere di aculei impenetrabili. Verso monte correva
una siepe di ipomea, stracarica di foglie e senza fiori.
prof.ssa Raffaella Romano
L’Eden- Calvino
Attraverso una siepe di rampicanti, che copre
una rete metallica, si ritrovano in un posto
bellissimo, simile a una foresta: C'erano grandi e
antichi eucalipti color carne, e vialetti di ghiaia.
prof.ssa Raffaella Romano
L’Eden- Calvino Tutto era così bello: volte
strette e altissime di foglie
ricurve d'eucalipto e ritagli di
cielo; restava solo quell'ansia dentro, del giardino
che non era loro e da cui forse dovevano esser
cacciati tra un momento.
prof.ssa Raffaella Romano
L’Eden- Calvino
Ma l'ombra dei grandi alberi a un certo punto finiva e si trovarono sotto il
cielo aperto, di fronte ad aiole tutte ben ravviate di petunie e convolvoli,
e viali e balaustrate e spalliere di bosso.
In tutta questa bellezza, non c’è nessuno, se non gli uccellini che
cantano: E tutto era deserto… a una svolta, s'alzò un volo di passeri, con
gridi.
prof.ssa Raffaella Romano
L’Eden- Calvino
Nella parte alta del giardino-foresta, c’è però una
casa, di cui vengono descritti solo lo splendore dei
vetri e i colori delle tende, sicuramente peculiari: E
sull'alto del giardino, una grande villa coi vetri
lampeggianti e tende gialle e arancio.
prof.ssa Raffaella Romano
L’Eden- Calvino
Mentre passeggiano indisturbati tra
giochi d’acqua e fiori, a metà tra la
curiosità e il timore, Giovannino coglie
fiori per Serenella, che Ne aveva gia dei belli in un
mazzetto . Quindi arrivano presso una piscina: era a
piastrelle azzurre, ricolma d'acqua chiara fino all'orlo.
prof.ssa Raffaella Romano
L’Eden- Calvino
I due bambini decidono di tuffarsi, ma Non era
bello come s'immaginavano: rimaneva sempre
quel fondo d'amarezza e d'ansia, che tutto questo
non spettava loro e potevano esserne di
momento in momento, via, scacciati.
prof.ssa Raffaella Romano
L’Eden- Calvino In seguito giocano, fanno colazione con leccornie portate loro
da due servitori muti, ma non riescono a goderne: non
riuscivano a sentire il sapore dei dolci e del te e latte. Ogni cosa
in quel giardino era così: bella e impossibile a gustarsi, con quel
disagio dentro
e quella paura, che fosse solo
per una distrazione del destino,
e che presto sarebbero chiamati
a darne conto.
prof.ssa Raffaella Romano
L’Eden- Calvino Infine i due protagonisti si avvicinano alle persiane e
in casa vedono un ragazzo che sfoglia un libro, il
quale, benchè sia il proprietario, sembra provare il
loro stesso disagio: …quel ragazzo ricco sembrava
sedesse e sfogliasse quelle pagine e si guardasse
intorno con piu ansia e disagio di loro. E s'alzasse in
punta di piedi come se temesse che qualcuno, di
momento in momento, potesse venire a scacciarlo,
come se sentisse che quel libro, quella sedia a sdraio,
quelle farfalle incorniciate ai muri e il giardino coi
giochi e le merende e le piscine e i viali, erano concessi
a lui solo per un enorme sbaglio, e lui fosse
impossibilitato a goderne, ma solo provasse su di sé
l'amarezza di quello sbaglio, come una sua colpa.
prof.ssa Raffaella Romano
Nel suo profondo vidi che s'interna legato con amore in un volume, ciò che per l'universo si squaderna…
Pd. XXXIII 85-87
L’Eden- Calvino
A Giovannino e Serenella il batticuore spento
riprendeva ora piu fitto. Era la paura di un
incantesimo che gravasse su quella villa e quel
giardino, su tutte quelle cose belle e comode,
come un'antica ingiustizia commessa.
prof.ssa Raffaella Romano
L’Eden- Calvino
Il sole s'oscurò di nuvole. Zitti zitti Giovannino e
Serenella se ne andarono…Tra le agavi trovarono un
sentiero che portava alla spiaggia, breve e sassosa,
con cumuli d'alghe che seguivano la riva del mare.
prof.ssa Raffaella Romano
V. Cardarelli- l’Eden Alla terra
Terra mia nativa, perduta per sempre. Paradiso in cui vissi felice, senza peccato, ed ebbi amiche un tempo le biscie fienaio più che gli uomini poi. Nelle notti d’insonnia, quando il mio cuore è più angosciato e grida e non si vuol dar pace, tu mi riappari ed in te mi rifugio. Non memorie io ti richiedo ma riposo ed oblio. E dopo tanto errare godo in te ritrovarmi, terra mia di cui porto l’immortal febbre nel sangue. Sempre più persuaso che tu sola non m’abbia mai tradito e che il lasciarti fu grande follia. Così lontana sei, così lontana! Pur di raggiungerti ed annullarmi in te anche la morte mi sarebbe cara.
Godi, Fiorenza, poi che se’ sì grande,
che per mare e per terra batti l’ali,
e per lo ’nferno tuo nome si spande!
Inf. XXVI, vv. 1-3
Se mai continga che ‘l poema sacro
al quale ha posto mano e cielo e terra,
sì che m’ha fatto per molti anni macro,
vinca la crudeltà che fuor mi serra
del bello ovile ov’io dormi’ agnello,
nimico ai lupi che li danno guerra;
con altra voce omai, con altro vello
ritornerò poeta, e in sul fonte
del mio battesmo prenderò ‘l cappello;
Pd. XXV, vv. 1-
9
prof.ssa Raffaella Romano
Campana- Purgatorio
Un passo de La Notte di Dino Campana dice così:
[...] povero, ignudo, felice di essere povero ignudo, di
riflettere un istante il paesaggio quale un ricordo
incantevole ed orrido in fondo al mio cuore salivo: e
giunsi la fino dove le nevi delle Alpi mi sbarravano il
cammino. Una fanciulla nel torrente lavava, lavava e
cantava nelle nevi delle bianche Alpi. Si volse, mi
accolse, nella notte mi amò. E ancora sullo sfondo le
Alpi il bianco delicato mistero, nel mio ricordo s’accese
la purita della lampada stellare, brillò la luce della sera
d’amore. (Cer. 95-96).
prof.ssa Raffaella Romano
ché per tal donna, giovinetto, in guerra del padre corse, a cui, come a la morte, la porta del piacer nessun diserra; e dinanzi a la sua spirital corte et coram patre le si fece unito; (Francesco sposa la povertà)
Pd. XI 58-62
Campana- il Purgatorio
Guardo oppresso le roccie ripide della Falterona: dovro salire, salire. [...] Come incantate
erano sorte per me le stelle nel cielo dallo sfondo lontano dei dolci avvallamenti dove
sfumava la valle barbarica [...]. Io sentivo le stelle sorgere e collocarsi luminose su quel
mistero. Alzando gli occhi alla roccia a picco altissima che si intagliava in un semicerchio
dentato contro il violetto crepuscolare, arco solitario e magnifico teso in forza di
catastrofe sotto gli ammucchiamenti inquieti di roccie all’agguato dell’infinito, io non ero
non ero rapito di scoprire luci ancora luci (La Chimera, Cer.118).
prof.ssa Raffaella Romano
Noi salivam per una pietra fessa che si moveva d’una e d’altra parte, sì come l’onda che fugge e s’appressa Purg. X 7-9
Poco potea parer lì del di fori; ma, per quel poco, vedea io le stelle di lor solere e piu chiare e maggiori Purg. XXVII 88- 90
Campana- Purgatorio
Una campana dalla chiesetta francescana tintinna nella tristezza del chiostro: e pare il giorno dall’ombra,
il giorno pianger che si muore. ( La Verna, Cer. 126).
Era gia l’ora che volge il disio
ai navicanti e ‘ntenerisce il core
lo dì c’han detto ai dolci amici addio;
e che lo novo peregrin d’amore
punge, se ode squilla di lontano
che paia il giorno pianger che si more;
Purg. VIII 1-6
Il sogno e al termine e l’anima improvvisamente sola cerca un appoggio una fede nella triste ora (Ibidem).
prof.ssa Raffaella Romano
III PARTE- Il Paradiso
prof.ssa Raffaella Romano
La gloria di colui che tutto move per l’universo penetra, e risplende in una parte più e meno altrove. Nel ciel che più de la sua luce prende fu’ io, e vidi cose che ridire né sa né può chi di là sù discende; Pd. I 1-6
Ungaretti- il Paradiso
M’illumino
d’immenso.
Luce intellettual, piena d’amore,
amor di vero ben, pien di letizia,
letizia che trascende ogni dolzore. Par. XXX 40-42
prof.ssa Raffaella Romano
Giudici- Paradiso
Fanno dodici lustri quasi netti
che intorno al collo mi ebbero messa
pio di rossore grato di sorriso
la cordicella della tua promessa
che il primo sabato dopo morto
discesa a me dagli alti luoghi eletti
mi portavi risorto in paradiso:
stasera è venerdì, che cosa aspetti?
Regina Carmeli, 2000
prof.ssa Raffaella Romano
A. Onofri- il Paradiso
Ecco il ritmo frenetico del sangue, quando gli azzurri tuonano a distesa, e qualsiasi colore si fa fiamma nell’urlo delle tempie. Ecco il cuor mio nella selvaggia ebbrezza di svincolare in esseri le forme
disincantate a vortice di danza.
Ecco i visi risolti in fiabe d’oro
e in lievi organi d’ali
Ecco gli alberi in forsennate lingue
contorcersi, balzar fra scoppiettii
di verdi fiamme dalla terra urlante.
E fra l’altre manie del mezzogiorno, ecco me, congelato in stella fissa,
ch’esaspero l’antica aria di piaghe
metalliche, sull’erba di corallo. Van Gogh, Alberi con sole
prof.ssa Raffaella Romano
Poi, sì cantando, quelli ardenti soli si fuor girati intorno a noi tre volte, come stelle vicine a’ fermi poli, donne mi parver, non da ballo sciolte, …
Pd. X 76-79
Giudici- Paradiso
La vita in versi
Metti in versi la vita, trascrivi
fedelmente, senza tacere
particolare alcuno, l’evidenza dei vivi.
Ma non dimenticare che vedere non è
sapere, né potere, bensì ridicolo
un altro voler essere che te.
Nel sotto e nel soprammondo s’allacciano
complicità di visceri, saettando occhiate
d’accordi. E gli astanti s’affacciano
al limbo delle intermedie balaustre:
applaudono, compiangono entrambi i sensi
del sublime – l’infame, l’illustre.
Inoltre metti in versi che morire
è possibile più che nascere
e in ogni caso l’essere e più del dire.
…e s’io al vero son timido amico,
temo di perder viver tra coloro
che questo tempo chiameranno
antico.
Pd. XVII 118-120
Ma nondimen, rimossa ogne menzogna,
tutta tua vision fa manifesta;
e lascia pur grattar dov’e la
rogna.
Pd. XVII 127-129
Però ti son mostrate in queste rote,
nel monte e ne la valle dolorosa
pur l’anime che son di fama note
Pd. XVII 136-138
prof.ssa Raffaella Romano
F. Fortini- il Paradiso
Traducendo Brecht
Scrivi mi dico, odia
chi con dolcezza guida al niente
gli uomini e le donne che con te si accompagnano
e credono di non sapere. Fra quelli dei nemici
scrivi anche il tuo nome. Il temporale
è sparito con enfasi. La natura
per imitare battaglie è troppo debole. La poesia
non muta nulla. Nulla è sicuro, ma scrivi. (vv. 13-20)
Giù per lo mondo sanza fine amaro,
e per lo monte del cui bel cacume
li occhi de la mia donna mi
levaro,
e poscia per lo ciel, di lume in lume,
ho io appreso quel che s’io ridico,
a molti fia sapor di forte
agrume;
e s’io al vero son timido amico,
temo di perder viver tra coloro
che questo tempo chiameranno antico».
Pd. XVII 112-120
tutta tua vision fa manifesta;
Pd. XVII 128
Questo tuo grido farà come vento,
che le più alte cime più percuote;
e ciò non fa d’onor poco argomento.
Pd. XVII 133-135
prof.ssa Raffaella Romano
Campana- il Paradiso
E allora fu che nel mio intorpidimento finale io
sentii con delizia l’uomo nuovo nascere: l’uomo
nascere riconciliato colla natura ineffabilmente
dolce e terribile: deliziosamente e
orgogliosamente succhi vitali nascere alle
profondità dell’essere: fluire dalle profondità della
terra: il cielo come la terra in alto, misterioso, puro,
deserto dall’ombra, infinito. Mi ero alzato. Sotto le stelle impassibili, sulla terra
infinitamente deserta e misteriosa, dalla sua tenda l’uomo libero tendeva le braccia
al cielo infinito non deturpato dall’ombra di Nessun Dio.
Pampa (Durante un viaggio a Montevideo)
prof.ssa Raffaella Romano
Dante –Ungaretti- Campana
Ciò ch'io vedeva, mi sembrava un riso
dell'universo, perochè mia ebbrezza
entrava per l'udire e per lo viso.
Oh gioia! Oh ineffabile allegrezza!
Oh vita intera d'amore e di pace!
Oh senza brama sicura ricchezza!
Par., XXVII, 4-9
prof.ssa Raffaella Romano
Giudici- il Paradiso- Beatrice
O beatrice senza manto senza cielo né canto. Beatrice tutta di terra attraversata in guerra. Beatrice costruttrice della mia distruzione felice. Beatrice ultimo
gioco. Beatrice salto nel fuoco. Beatrice da sempre nata. Beatrice stella designata. Beatrice fiato e voce dell'inchiodato in croce.
prof.ssa Raffaella Romano
Sì com’fui dentro, in un bogliente vetro gittato mi sarei per rinfrescarmi, tant’era ivi lo ‘ncendio sanza metro. Lo dolce padre mio, per confortarmi, pur di Beatrice ragionando andava, dicendo: «Li occhi suoi già veder
parmi». Purg. XXVII 49-54
Giudici- il Paradiso- Beatrice Beatrice delle paure. Beatrice delle venture. O beatrice senza santi senza veli né oranti. Beatrice tutta di furore di febbre e tremore. O beatrice di lacrime. Beatrice furtiva bestiola. O beatrice infinita. Beatrice nella tagliola. Beatrice pietosa filia et mater mea gloriosa. Beatrice che si spezza per troppo di tenerezza. O beatrice mia apprensiva. O beatrice viva.
…l’amico mio, e non de la ventura, ne la diserta piaggia è impedito sì nel cammin, che volt’e per paura;
Inf. II 61-63 Beatrice, loda di Dio vera, ché‚ non soccorri quei che t’amò tanto, ch’uscì per te de la volgare schiera? non odi tu la pieta del suo pianto?
Inf. II 103-106 Poscia che m’ebbe ragionato questo, li occhi lucenti lagrimando volse;
Inf. II 115-116 Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura…
Pd. XXXIII 1-2 e come ambo le luci mi dipinse il quale e il quanto de la viva stella che là sù vince come qua giù vinse…
Pd. XXII 91-93
prof.ssa Raffaella Romano
F.Fortini- il Paradiso
Per l’ultimo dell’anno 1975 ad Andrea
Zanzotto
…Qui stiamo a udire la sentenza. E non
ci sarà, lo sappiamo, una sentenza.
A uno a uno siamo in noi giù volti.
Quanto sei bella, giglio di Saron,
Gerusalemme che ci avrai raccolti.
Quanto lucente la tua inesistenza.
(vv.9-14)
…Maestro, esti tormenti
crescerann’ei dopo la gran sentenza,
fier minori, o saran sì cocenti?
Inf. VI 103-105
prof.ssa Raffaella Romano
Pasolini- La luce
Le ceneri di Gramsci
…Ma come io possiedo la storia,
Essa mi possiede; ne sono illuminato:
Ma a che serve la luce?
(IV)
prof.ssa Raffaella Romano
Camerana- Paradiso-la Vergine
Oropa I
Fate, o Maria, fate la grazia immensa! Fate che stanco, affranto, il viandante dal cammin non travolga infra il tonante clangor degli uragani e per la densa ombra di morte; ascoltate la intensa prece di lui; reggete il vacillante passo, e il segreto affanno, e il cor tremante; fategli voi la limosina immensa, siate la mano pia che a lui si stende dal trono d'oro per pieta suprema, nella suprema fra tutte le orrende spiritali agonie; si che raggiante piu che il raggiar del trino diadema egli voi risaluti, il viandante.
prof.ssa Raffaella Romano
Or questi, che da l’infima lacuna de l’universo infin qui ha vedute le vite spiritali ad una ad una, supplica a te, per grazia, di virtute tanto, che possa con li occhi levarsi
più alto verso l’ultima salute. Pd. XXXIII 22-27
M.L. Spaziani- il Paradiso/Inferno
Ore 14.47
Passa il tempo nel fuoco del tuo
sguardo.
“Non vedo ponti per tornare
indietro.
Né l’angelo mi prende sulle ali”.
Comunque si è deciso: rifiutare
tetri pedaggi al passatore.
(vv 1-5)
Beatrice mi guardò con li occhi pienidi faville d'amor così divini,che, vinta, mia virtute diè le reni,
e quasi mi perdei con li occhi chini.
Par. IV, vv. 139-142
S'io ti fiammeggio nel caldo d'amoredi là dal modo che 'n terra si vede,sì che del viso tuo vinco il valore,
non ti maravigliar…
Par. V, vv. 1-4
prof.ssa Raffaella Romano
Montale- il Paradiso/ Inferno
La belle dame sans merci
Stupefacente il tuo volto s'ostina
ancora, stagliato
sui fondali di calce del mattino;
ma una vita senz'ali non lo
raggiunge e il suo fuoco
soffocato è il bagliore
dell'accendino.
(vv. 9-12)
Paradiso
Donna, se' tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre
sua disianza vuol volar sanz'ali.
Pd. XXXIII 13-15
E quella pia che guidò le penne
de le mie ali a così alto volo…
Pd. XXV 49-50
prof.ssa Raffaella Romano
Saba- il Paradiso nell’Inferno
Città vecchia
Spesso, per ritornare alla mia casa
prendo un'oscura via di città vecchia.
Giallo in qualche pozzanghera si specchia
qualche fanale, e affollata è la strada.
Qui tra la gente che viene che va
dall'osteria alla casa o al lupanare,
dove son merci ed uomini il detrito
di un gran porto di mare,
io ritrovo, passando, l'infinito
nell'umiltà.
Qui prostituta e marinaio, il vecchio
che bestemmia, la femmina che bega,
il dragone che siede alla bottega
del friggitore,
la tumultuante giovane impazzita
d'amore,
sono tutte creature della vita
e del dolore;
s'agita in esse, come in me, il Signore.
Qui degli umili sento in compagnia
il mio pensiero farsi
più puro dove più turpe è la via.
Tant' è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch'i' vi trovai, dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte.
Inf. I 7-9
prof.ssa Raffaella Romano
A. Merini- Paradiso/ Inferno
Io ti chiedo Signore
Io ti chiedo Signore per che passo dovrei entrare senza più sentire la tua voce di colpa e di rovina.
E invece approdo sempre alle tue sfere quando mi mostri il firmamento... Perché questo tuo incanto o questa frode, cosa ti costa prendermi nel seno?
Come in esilio vado a domandare alla luce e al giorno se hanno visto orma di te lungo le siepi brune.
prof.ssa Raffaella Romano
D. Bellezza- Paradiso/ Inferno Assassino, scuoti il poeta, discreto infantile
tessitore d'inganni, scuotilo, con la tua magia:
fallo fuori con gli occhi della mente bruta;
calpesta l'orgoglio di chi rimane attaccato
alla Realtà! La Realtà non esiste, ma esiste
un mattino in cui ci si sveglierà perfetti
e ciechi nella ridondanza dei corpi,
o della loro fresca resurrezione. E noi saremo
là, angeli di fiamma e ghiaccio, a cantare
la gloria del Signore per aver saputo
registrare l'orrore del mondo mendico
in Marocco o a New York, non ha importanza.
La patria è la lingua, vv. 15- 26
L’incendio suo seguiva ogne scintilla;
ed eran tante, che ‘l numero loro
più che ‘l doppiar de li scacchi s’inmilla.
PD. XXVIII, vv. 91-93
prof.ssa Raffaella Romano
S. Penna- Paradiso/ Inferno
Le porte del mondo
Le porte del mondo non sanno
che fuori la pioggia le cerca.
Le cerca. Le cerca. Paziente
si perde, ritorna. La luce
non sa della pioggia. La pioggia
non sa della luce. Le porte,
le porte del mondo son chiuse:
serrate alla pioggia,
serrate alla luce.
Io sono al terzo cerchio, de la piova
etterna, maladetta, fredda e greve;
regola e qualita mai non l’e nova.
Inf. VI vv.7-9
Lo duca e io per quel cammino ascoso
intrammo a ritornar nel chiaro mondo
Inf XXXIV, vv. 133-134.
Come subito lampo che discetti...
così mi circunfulse luce viva;
Pd XXX, vv. 46 e 51
prof.ssa Raffaella Romano
Sanguineti 3- Rinunzia all’Universo
Novissimum testamentum
nell’anno novecento e ottanta e due,
sul principio del mese di novembre,
gabbati i santi, e gabbati anche i morti;
tra le ore diciassette e le diciotto,
questo settimo giorno, che è domenica,
io qui presente sottoscritto, in Como,
dentro i locali della Media Foscolo,
novanta e nove di via Borgo Vico,
pubblicamente dichiaro e certifico
che per sempre rinunzio all’universo: la vita ci consuma, e come un’acqua
che si arrotonda le più quadre pietre,
così ci rode e morde e spolpa e spompa
e spoglia e sbuccia e succhia, e ci smidolla:
noi, l’uomo vivo, fa di pasta frolla:
e, come un ghiaccio, che nel caldo ammolla,
scioglie i muscoli e i nervi in trista colla,
mentre ci svena il sangue a bolla a bolla:
guardate agli occhi miei, che un velo vela,
quasi sbavata nebbia sopra un vetro:
guardate al polso mio, che forte, trema,
quasi criceto o acciuga, in rete o in gabbia:
sopra la pelle mia, scriba tenace,
il tempo ha inciso, con la sua lancetta,
lungo e largo, alto e basso, in furia e in fretta,
la sua firmetta netta maledetta: […]
prof.ssa Raffaella Romano
Battiato- il Paradiso
Ed è in certi sguardi che si intravede l'infinito
Tutto l'universo obbedisce all'amore
prof.ssa Raffaella Romano
A l’alta fantasia qui mancò possa; ma già volgeva il mio disio e ‘l velle,
sì come rota ch’igualmente è mossa, Amor che move il sole e l’altre stelle.
Par. XXXIII 142-145
Luzi e Dante: il divertissément
La barca
«Amici, ci aspetta una barca e
dondola
nella luce ove il cielo s’inarca
e tocca il mare [...]. /
Amici, dalla barca si vede
il mondo»
Guido, i’vorrei..
«Guido, i’ vorrei che tu
e Lapo ed io / fossimo presi per
incantamento / e messi in
un vasel, ch’ad ogni vento / per mare
andasse al voler vostro e mio».
Cfr anche il vasel di Purg. II e il “gran
mar de l’essere” del XXXIII del Paradiso
prof.ssa Raffaella Romano
Conclusione
Il poeta russo Osip Mandel’štam parla dei canti
della Commedia come di
«proiettili scagliati verso il futuro, che esigono
un commento ad futurum».
prof.ssa Raffaella Romano
Conclusione personalissima
Per me la Divina Commedia corrisponde a tutti i
14 punti elencati da Calvino a proposito di cosa
sia un libro classico. Ve ne elenco solo
qualcuno…
prof.ssa Raffaella Romano
• Un classico è un libro che non ha mai finito di dire
quello che ha da dire.
• I classici sono quei libri che ci arrivano portando su di
sé la traccia delle letture che hanno preceduto la
nostra e dietro di sé la traccia che hanno lasciato nella
cultura o nelle culture che hanno attraversato (o più
semplicemente nel linguaggio o nel costume).
prof.ssa Raffaella Romano
Chiamasi classico un libro che si configura come
equivalente dell'universo, al pari degli antichi
talismani.
Il «tuo» classico è quello che non può esserti
indifferente e che ti serve per definire te stesso in
rapporto e magari in contrasto con lui.
prof.ssa Raffaella Romano
Un classico è un libro che viene prima degli
altri classici; ma chi ha letto prima gli altri e
poi legge quello, riconosce subito il suo posto
nella genealogia.
prof.ssa Raffaella Romano