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Novità a Virgin River Robyn Carr 1 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20

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Robyn Carr

Novità a Virgin River

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Una volta che il sole era calato su Virgin River non c'era molto da fare per Sean Riordan, a meno di non sedersi davan-ti al caminetto in casa del fratello Luke. Ma starsene lì men-tre Luke e la sua neosposa Shelby si stringevano uno all'altra mormorandosi tenerezze era una tortura di cui Sean faceva volentieri a meno. A volte i due si fingevano stanchissimi so-lo per potersi cacciare sotto le lenzuola alle otto di sera... e spesso Sean gli facilitava le cose prendendo la macchina e andando in una delle cittadine della costa, dove poteva goder-si il panorama e magari trovarsi una compagnia femminile. Sean era un pilota di U-2 di stanza presso la base aerea di Beale, in California, a poche ore di viaggio da Virgin River. Aveva accumulato parecchie vacanze e doveva sfruttarne una parte prima del nuovo anno, perciò si era preso due mesi ed era venuto a Virgin River per il matrimonio del fratello. Era stato il suo testimone di nozze, e poi aveva deciso di restare per un altro po', pensando che non avrebbe dato troppo fasti-dio alla nuova coppia dal momento che Luke e Shelby stava-no insieme già da un anno. Ma la luna di miele era in pieno svolgimento, e i due sposini erano ancora pazzi uno dell'altra come se si fossero appena conosciuti. Si faceva anche un gran parlare di bambini, il che da parte di Luke era piuttosto inaspettato; quel che non sorprendeva Sean, tuttavia, era la costanza con cui il fratello si impegnava in quel compito sera dopo sera. Durante il giorno, per fortuna, Sean aveva parecchio da fa-

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re, perché dava una mano a Luke nella manutenzione degli chalet che avevano comprato anni prima come investimento, e che adesso Luke aveva riadattato e affittava ai turisti duran-te tutto l'anno. Era ancora la stagione della caccia al cervo, la pesca era abbondante e il fiume scorreva praticamente fuori della porta, ricco di trote e di salmoni. Luke e il suo aiutante, Art, pescavano una tale quantità di prede che Luke aveva do-vuto comprare una baracca prefabbricata da sistemare nel giardino di casa, munirla di impianto elettrico e metterci un grande freezer. Non si poteva negare che la zona di Virgin River offrisse parecchie attrazioni per qualcuno con del tempo a disposizio-ne. Sean amava stare all'aria aperta, e i colori autunnali nei boschi dei dintorni erano fantastici. Ormai si era in ottobre, entro poco sarebbe caduta la prima neve, e poi lui sarebbe dovuto tornare a Beale. Perciò era felice di godersi il sole tie-pido e l'aria frizzante. Ma la sera, Sean cercava soltanto un bel bar accogliente, magari con il caminetto acceso, per po-tersi sedere al calduccio a bere qualcosa; un caminetto davan-ti al quale non ci fossero suo fratello e sua cognata avvinghia-ti uno all'altra... «Le servo un'altra birra, amico?» domandò il barista. «Per ora no, grazie» rispose Sean. «Senta, non sono venuto qui per ammirare l'arredamento, ma devo dire che queste pa-reti di legno lavorato sono straordinarie.» L'uomo rise. «Due cose sono evidenti: lei è un militare, e non è di queste parti.» «D'accordo, ammetto che il taglio di capelli mi tradisce. Ma per il resto?» «Vede, questa è una zona ricca di legname, e le pareti di questo locale sono di quercia massiccia. Quand'è stato co-struito è probabile che il legno costasse meno dei chiodi usati per tenerlo insieme. E il lavoro di incisione è comunissimo da queste parti. Allora, che cosa la porta in città?» Sean bevve un sorso di birra. «Sfrutto un po' della mia li-

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cenza e intanto faccio visita a mio fratello. Ho ancora sei set-timane di licenza, poi torno alla base. Una volta con mio fra-tello facevo il giro dei bar, ma quei tempi sono passati... «Che è successo? Una ferita di guerra?» domandò il bari-sta. «Sì, nella battaglia dei sessi. Si è appena sposato.» L'uomo emise un fischio. «Le mie condoglianze.» Quella sera Sean era finito in un elegante ristorante con bar, ad Arcata, e si era seduto all'estremità del bancone in modo da avere una vista panoramica della sala. Per il mo-mento, tutte le donne presenti sembravano in compagnia del marito e o del fidanzato – ma questo non sminuiva il piacere di Sean. Non sempre era alla ricerca di compagnia, si accon-tentava di godersi la vista. Ma dal momento che aveva ancora qualche settimana da passare in quella zona, non era del tutto contrario all'idea di conoscere una ragazza, magari invitarla a cena fuori e diventare un amico un po' più intimo. Stava riflettendo su quella possibilità quando la porta del locale si aprì. Ah, pensò lui. Forse ho fatto centro! Si sentirono delle risate femminili, poi entrò un gruppo di giovani donne che si stavano evidentemente divertendo. E benché a distanza, Sean fu in grado di apprezzare pienamente le loro caratteristiche. La prima era piccola, bruna, deliziosa-mente tonda. Sembrava morbida e sensuale, e Sean sorrise in-consciamente. La seconda era alta e snella, con una corpora-tura atletica e lunghi capelli biondi pettinati in modo molto semplice. Doveva essere una ginnasta o una maratoneta. Una bella donna sportiva. Poi c'era una splendida rossa curvilinea con un bel sorriso e grandi occhi scintillanti. Decisamente ap-petitosa, pensò Sean. Non c'era un tipo particolare di donna che preferisse: gli piacevano tutte. E queste erano davvero in-teressanti. Infine c'era... Franci? Nooo, non era possibile... aveva di nuovo le allucinazioni! Già altre volte aveva creduto di vederla e non era mai vero... E poi, Franci portava i capelli castani lunghi e lisci, e questa

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ragazza li aveva cortissimi, con uno di quei tagli estremi che su un'altra sarebbe apparso duro e mascolino, ma che su di lei era incredibilmente sexy. Le stava benissimo, faceva apparire ancora più grandi i suoi occhi scuri. La donna si tolse il cap-potto e Sean vide che era più magra di Franci. Però le sue so-pracciglia erano uguali, sottili, ben arcuate su quegli occhi profondi... la nostalgia di Franci lo afferrò ancora una volta, dolorosamente. Sotto il cappotto la donna portava un vestito morbido, si-curamente di seta, di un bellissimo bordeaux. Cadeva dalle spalle in lucide pieghe, si restringeva alla vita segnata da una cintura e poi sfiorava il ginocchio. Il taglio dell'abito esaltava la vita sottile della ragazza, i fianchi snelli, le gambe lunghe. Franci portava di rado degli abiti, ma a Sean non era mai im-portato perché le natiche sode e le gambe lunghe di lei, in-guainate in un paio di pantaloni aderenti, gli mozzavano il re-spiro. Però il vestito di questa ragazza era bello. Molto bello. Le quattro giovani donne si sedettero a un tavolo del ri-storante, vicino alla vetrata. Avevano con sé delle scatole e dei pacchi avvolti in carta colorata. Probabilmente stavano festeggiando un compleanno, pensò Sean. Poi quella che sembrava la sua ex ragazza accavallò le gambe, e la gonna dell'abito si aprì in uno spacco che rivelava un bellissimo tratto di coscia. Accidenti, pensò lui con gli occhi incollati su quel panorama. E sentì un rimescolio al basso ventre. Poi lei rise. Dio, era Franci! Se non lei, la sua gemella. Il modo in cui gettava la testa all'indietro e rideva con tutta se stessa... Franci aveva sempre riso così, con passione. Ed era lo stesso modo in cui piangeva. Sean si sentì afferrare da emozioni contrastanti. Ricordò le loro risate a letto, dopo aver fatto l'amore meravigliosamente – e ricordò le lacrime amare di lei. Dio, quanto gli dispiaceva di averla fatta piangere... Sì, pensò subito dopo, l'aveva fatta piangere, ma lei lo ave-va fatto infuriare al punto che avrebbe voluto abbattere una

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parete a suon di pugni... Franci sapeva essere un vero tormen-to... e per quale motivo, poi? Sean non lo ricordava più, ma entro pochi minuti gli sarebbe tornato in mente. In fondo era-no passati più di quattro anni! Ma se era lei, che ci faceva ad Arcata? Dopo la loro rottura – che era stata dolorosa e amara – Se-an l'aveva cercata. Ma aveva lasciato passare troppo tempo prima di farlo, e lei non era più dove Sean si aspettava che fosse. Inafferrabile, come al principio della loro storia... Si erano conosciuti brevemente in Iraq, dove lui pilotava gli F-16 e lei era un'infermiera addetta al trasporto dei feriti lontano dalla zona di guerra. Tempo dopo, quando Sean era stato trasferito alla base aerea di Luke a Phoenix ed era istrut-tore sugli stessi F-16, l'aveva ritrovata. Franci lavorava nell'o-spedale della base, e finalmente lui era riuscito a conquistar-la. Erano stati insieme per due anni, finché nelle loro vite non era arrivato un cambiamento radicale. Il periodo di ferma di Franci stava per finire, e lei intendeva lasciare l'aeronautica per tornare alla vita civile. Lui stava per essere trasferito alla base aerea di Beale per volare sui velivoli di ricognizione ae-rea ad alta quota, i famosi U-2. Sean non vedeva perché questo cambiamento dovesse in-fluenzare le loro vite, e lo aveva detto a Franci. Lui si sarebbe spostato a Beale, nella California del nord, e se voleva lei po-teva facilmente trovare un lavoro nella stessa zona. Ma quel-lo era stato l'inizio della fine. A ventisei anni Franci era pron-ta a impegnarsi più seriamente, e voleva che lui facesse al-trettanto. Voleva sposarsi, metter su famiglia, e lui no. Quella non era una novità, perché su quell'argomento lei era stata molto sincera fin dall'inizio della loro relazione. Aveva sem-pre sperato di avere un marito e dei figli. Ma a Sean non oc-correva nemmeno un minuto per pensarci: non riusciva a ve-dersi intrappolato nella vita domestica. Mai e poi mai. Franci non aveva fatto troppe pressioni, ma non aveva mai cambiato idea al riguardo. E nemmeno lui.

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Sean era monogamo, e le aveva detto che l'amava perché era la pura verità. Se a volte guardava una bella ragazza era una questione di puro apprezzamento estetico, che non anda-va oltre. Ognuno di loro aveva mantenuto la propria casa, ma passavano insieme tutte le notti a meno che uno dei due non fosse lontano per motivi di lavoro. Concordavano su tutto: ma quando si trattava di matrimonio e figli, lei era favorevole e lui assolutamente contrario. Aveva ventotto anni, si sentiva troppo giovane. Non ne voleva nemmeno sentir parlare. Franci gli aveva detto qualcosa tipo: È ora di portare il no-stro rapporto a un livello più serio, o di chiuderlo per sem-pre. Non si può tracciare una linea di confine di fronte a un giovane pilota di jet. I Top Gun non prendono ordini dalla fi-danzata. Quindi, logicamente, ci furono feroci litigi e molte lacrime, che lui causò con frasi stupide e crudeli come: Nem-meno morto, bambola. Se il matrimonio mi interessasse sa-remmo già sposati da un pezzo, oppure: Non mi vedrai mai immerso in pannolini e recinti dei giocattoli, chiaro? Nem-meno con te!. Oh, era stato deciso, diretto, come no. Proprio in gamba. Anche lei aveva detto cose che probabilmente non pensa-va. Oddio, forse invece le pensava davvero, si disse ora guar-dandola ridere e chiacchierare con le amiche. Se mi lasci an-dare adesso, andrò talmente lontano che non mi vedrai mai più. Voglio un impegno serio, altrimenti prendo la porta. E lui, da quel genio arrogante e presuntuoso che era, aveva ri-sposto: Stai attenta che la porta non ti sbatta sul culo. Ades-so quel ricordo lo faceva rabbrividire. Così si erano lasciati amaramente, e ognuno aveva preso la sua strada. Lui era andato volentieri a Beale, perché l'incarico era molto interessante e perché pensava che ottenere una pro-mozione e una posizione di comando in quella base fosse più facile che non nell'ambiente competitivo dei piloti di F-16. Si era formato come pilota all'Accademia Aeronautica, e se fos-

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se riuscito a fare le mosse giuste i gradi di generale erano una possibilità reale nel suo futuro. Franci era tornata alla vita ci-vile. Sean aveva pensato, erroneamente, che avrebbe potuto rin-tracciarla da sua madre a Santa Rosa, o almeno nei paraggi. Ma quando l'aveva cercata qualche mese più tardi, dopo aver terminato l'addestramento sul nuovo velivolo, lei non c'era più. Sean era pronto a discutere della loro situazione con cal-ma e ragionevolezza; ma Franci era sparita. E così sua madre. Senza lasciare un indirizzo né una traccia. E adesso, dopo un salto di quattro anni, Franci era ad Ar-cata? Non aveva senso... ma la giovane donna in fondo alla sala era proprio lei, Francine Duncan. Sean ne era sicuro, perché sentiva un rimescolio nelle vene, il suo cuore batteva forte – e il solo guardarla gli aveva procurato un principio di erezione che cercava di nascondere come meglio poteva. Lei e le amiche avevano ordinato dei cappuccini con tanta schiuma, e adesso stavano scherzando con la cameriera. Si chinavano una verso l'altra, sussurravano, ridevano di cuore, era evidente che si stavano godendo la serata. Una delle ra-gazze estrasse da un pacco colorato uno scialle di seta e se lo drappeggiò sulle spalle. Doveva essere la festeggiata. Con lo-ro non c'erano uomini, e solo una di loro portava una fede nu-ziale – e non era Franci. Non che questo significasse qualco-sa. Non tutti portavano l'anello nuziale oggigiorno. «La sua birra le basta, amico?» domandò il barista. Inutil-mente, perché Sean non lo sentì nemmeno. Guardava le ragazze e sentiva una tale nostalgia di lei che provava quasi un dolore fisico. Lasciare Franci era stato uno degli errori più gravi della sua vita. Avrebbe dovuto trovare un modo di convincerla che potevano essere felici senza spo-sarsi – e senza un branco di mocciosi alle calcagna. Ma a ventotto anni, fiero della sua abilità di pilota, era stato pre-suntuoso e pieno di sé. Uno come lui non poteva accettare che fosse una donna a condurre il gioco. Adesso, a trentadue,

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si rendeva conto di esser stato un idiota. In quei quattro anni c'erano state altre donne, ma con nessuna c'era mai stato niente di simile a quello che provava per Franci. E con Fran-ci. Era pronto a scommettere che nemmeno lei aveva mai tro-vato un degno sostituto. Ci sperava, a dire la verità, ma forse non avrebbe dovuto scommetterci. Franci era unica. Chissà quanti uomini attraenti e disponibili avevano fatto e facevano la fila davanti alla sua porta di casa. Dovunque quella casa si trovasse. «È ancora sulla terra, socio?» domandò il barista. «Come, scusi?» «No, perché sembra che la sua attenzione sia stata attratta da qualcosa che non è la mia abilità nel miscelare i co-cktail...» «Già» fece lui riscuotendosi. Accennò al tavolo di Franci. «Mi pareva di conoscere una di quelle signore» spiegò. «E vuole qualcos'altro da bere?» «No, grazie, va bene così» rispose lui. I suoi occhi erano tornati al tavolo in fondo alla sala. Le quattro amiche avevano ordinato altri cappuccini e sta-vano di nuovo frugando tra pacchetti e involti e chiacchieran-do allegramente, dimentiche di quello che c'era intorno a lo-ro. Non erano di sicuro a caccia di uomini, e non avevano gettato nemmeno un'occhiata in direzione del bar. Se Franci avesse guardato dalla sua parte, anche solo di sfuggita, Sean avrebbe dovuto trovare qualcosa di intelligente da dire. Avrebbe dovuto sorridere, avvicinarsi con disinvoltu-ra al loro tavolo, salutarle e comportarsi in modo amichevole: facendole ridere, costringendole a trovarlo simpatico e at-traente. Perché non poteva permettere che Franci uscisse di lì senza dargli modo di scoprire dove abitava. Forse era andata a trovare una di quelle donne ma non viveva nei paraggi, il che significava che una volta lasciato il locale sarebbe scom-parsa di nuovo. E lui non poteva permetterlo. Doveva veder-la, parlarle, toccarla. Stringerla tra le braccia!

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«Perché non va al loro tavolo e le saluta?» suggerì il bari-sta. Sean lo guardò. «Be', ecco... l'ultima volta che ci siamo vi-sti non ero esattamente nelle sue grazie.» L'uomo fece un sorrisetto. «Ma davvero.» E allora Sean si rese conto che stava fissando quel tavolo da una buona mezz'ora, e che probabilmente il barista lo te-neva d'occhio in caso lui si rivelasse una specie di pervertito. Chiamò a raccolta il suo fascino e rise allegramente in modo da non apparire pericoloso. «Adesso sarà meglio che mi in-cammini verso casa, anche se la vista qui è molto piacevo-le...» disse. Mise sul bancone alcune banconote, compresa una mancia generosa, e se ne andò senza finire la birra. Men-tre attraversava la sala tenne la testa bassa per non attirare l'attenzione, e uscì. La notte di ottobre era più fredda del solito. Sean traversò la strada e si mise in un punto da cui poteva sorvegliare la porta del ristorante, augurandosi che le quattro amiche uscis-sero alla svelta, prima che lui morisse assiderato. Ma non pensò nemmeno per un momento di lasciar perdere, perché l'idea che Franci sparisse di nuovo lo faceva star male. Ormai aveva deciso: doveva assolutamente cercare di ri-solvere il malinteso con lei. Dovevano tornare insieme. An-che lei doveva rendersene conto... Recitò addirittura una preghiera. Ci doveva pur essere un santo protettore dei playboy stupidi e immaturi, no? Sant'U-go? San Dongiovanni? Chiunque tu sia, pregò, dammi una seconda occasione e diventerò un altro uomo, lo giuro. Non sarò egoista e insensibile: sarò gentile, comprensivo, e ci metteremo d'accordo e torneremo insieme come prima... E poi accadde. Le quattro donne uscirono dal ristorante, una di loro reggendo scatole e pacchetti. Le amiche si saluta-rono, si abbracciarono, si dilungarono con le ultime chiac-chiere e poi si separarono. Due andarono a destra, due a sini-stra. Alla fine dell'isolato Franci e l'amica che era con lei pre-

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sero due direzioni opposte, e Sean, sentendo che questa era l'ultima occasione della sua vita, le corse dietro. Stava per raggiungerla quando lei aprì la portiera di una piccola berlina grigio argento. «Franci!» chiamò Sean. Lei sobbalzò, si girò e lo fissò a occhi sgranati. «Sei proprio tu» disse lui facendo qualche passo nella sua direzione. «I tuoi capelli mi hanno tratto in inganno per un momento... stai benissimo.» Franci sembrava quasi spaventata, ma poi si riprese e si strinse nel cappotto con un brivido di freddo. «Sean?» disse. «In persona» rise lui. «Non riesco a credere di essermi im-battuto in te proprio qui!» «Che ci fai qui?» domandò lei. Non sembrava felicissima di vederlo. «Ti ricordi di mio fratello Luke? Ricordi che lui e io ave-vamo comprato alcuni vecchi chalet anni fa, prima che noi due ci conoscessimo? Be', Luke ha lasciato l'esercito ed è ve-nuto qui per risistemarli.» «Qui?» domandò Franci sgomenta. «Quegli chalet sono qui?» «No, sono su in montagna lungo il fiume Virgin» spiegò lui. «Io avevo un po' di licenza e sono venuto a trovarlo, e stasera sono sceso ad Arcata per cena.» «E dov'è Luke? È con te?» «No» rise lui, «Luke si è sposato da poco. E io cerco di to-gliermi dai piedi perché gli sposini, sai...» Rise di nuovo scrollando la testa. «Hai un aspetto magnifico» disse poi guardandola. «Da quanto tempo vivi qui ad Arcata?» «Io... be', non vivo qui. Ho solo cenato con alcune amiche. Tu stai bene? E la tua famiglia?» «Stanno tutti bene, grazie.» Sean fece un altro passo verso di lei. «Franci, lascia che ti offra un caffè. Parliamo un po', ti va?» «Ehm... no, Sean, non mi pare il caso» disse lei scuotendo la testa. «Adesso è meglio che vada.»

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«Ti ho cercata» disse lui d'impulso. «Ti ho cercata per dirti che lasciarci in quel modo era stato un errore. Dovremmo parlarne. Forse ci sono delle cose che possiamo risolvere, co-se che allora eravamo troppo testardi per capire, e...» «Senti, non credo che sia il caso» ripeté lei. «Ormai è ac-qua passata. Non ti serbo rancore, perciò addio e stammi be-ne.» «Sei sposata o impegnata in qualche modo?» domandò lui. Franci lo guardò aggrottando la fronte. «No. Ma non ho voglia di riprendere la discussione che ci ha portati alla rottu-ra. Forse tu sei riuscito a dimenticare tutto, ma io...» «Non ho dimenticato un bel niente, Franci. Ti ho cercata, ma non sono più riuscito a trovarti. Ecco perché adesso vorrei parlare con te.» «Be', io invece no» dichiarò lei aprendo la portiera della macchina. «Direi che sull'argomento abbiamo parlato più che a sufficienza.» «Franci, che diamine!» esclamò lui irritato dal suo rifiuto così drastico. «Non possiamo parlare in modo civile? Siamo stati insieme due anni, ed è stato bello. Non avevamo nessun altro, eravamo felici, e...» «E tu dicesti che il nostro rapporto non poteva andare ol-tre» ribatté lei irrigidendosi. «Anzi, quella è stata una delle frasi più gentili che hai detto. Sono contenta che tu stia bene. Sei sempre lo stesso, senza un pensiero al mondo, e mi fa piacere. Saluta i tuoi fratelli e tua madre, ma davvero, non in-sistere. Abbiamo preso una decisione quattro anni fa. Tra noi è finita.» «Suvvia, Franci. Non posso credere che tu dica sul se-rio...» tentò lui. «Credici, invece» ribatté lei. «Allora hai preso una decisio-ne: non volevi un impegno serio con me. Sarai soddisfatto, perché infatti non ce l'hai. Stammi bene, e ciao.» Salì in macchina e sbatté la portiera. Sean fece un balzo in avanti, ma sentì la sicura scattare e dovette fermarsi. Franci

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fece rapidamente marcia indietro, uscì dal parcheggio e si al-lontanò in fretta, ma lui riuscì a memorizzare il numero di targa. Era una targa della California, notò. Lei non viveva ad Arcata, ma stava abbastanza vicino da venire in città per ce-na. E adesso che l'aveva rivista, Sean aveva la conferma di quello che sospettava da tempo. Non l'aveva affatto dimenti-cata. Le mani di Franci tremavano talmente che quasi non riu-sciva a stringere il volante. Aveva sempre saputo che prima o poi avrebbe rivisto Sean, anche se aveva evitato con cura tutti i luoghi in cui ciò poteva accadere. Ma non aveva mai, mai immaginato che lui volesse parlare della loro storia! Quando pensava alle settimane, ai mesi in cui aveva prega-to perché questa conversazione avvenisse, sentiva gli occhi bruciare di lacrime. Lacrime di rabbia. No, pensò stringendo le labbra per ricacciarle indietro. Aveva pianto abbastanza per lui. Non gli avrebbe concesso una sola lacrima in più. Dopo la loro rottura, Franci aveva lasciato Phoenix ed era tornata a Santa Rosa in casa di sua madre. Aveva trovato la-voro in un ospedale, e circa un anno dopo si era presentata un'occasione assai più interessante, un incarico che soddisfa-ceva il suo bisogno di adrenalina: un posto di infermiera presso una compagnia di elitrasporto. L'orario era meno im-pegnativo di quello in ospedale, lo stipendio era ottimo e c'e-rano molti altri benefici, ma la compagnia aveva base a Red-ding e quindi bisognava trasferirsi. Franci aveva un diploma superiore in assistenza sanitaria, perciò aveva anche accettato un incarico di insegnante presso l'università della contea di Humboldt, a Eureka. Anche sua madre Vivian, assistente presso uno studio me-dico, era pronta a trasferirsi. Aveva trovato un incarico analo-go in uno studio di Eureka, un posto eccellente ma con orario pieno. Sicché madre e figlia si erano trasferite entrambe a

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nord, in una cittadina che a dire il vero era più comoda per il lavoro di Vivian che per quello di Franci. Due volte la setti-mana Franci andava in macchina fino a Redding e lavorava per un turno di ventiquattr'ore sugli elicotteri. Nella maggior parte dei casi si trattava di trasporti di routine: un paziente cardiopatico o una madre a cui occorreva un taglio cesareo, che dovevano essere spostati da un piccolo ospedale a uno più grande munito di sale operatorie più efficienti. Ma a volte c'erano delle emergenze: vittime di incendi boschivi, inciden-ti d'auto in strade isolate di montagna, feriti gravi che dove-vano essere operati d'urgenza. Franci aveva amato molto il suo lavoro in aeronautica, e forse questo nuovo incarico la soddisfaceva proprio per gli eventuali pericoli che doveva af-frontare. In breve aveva potuto comprare una graziosa casa in un quartiere tranquillo alla periferia di Eureka, e fino a quella sera aveva pensato che la sua vita fosse quasi perfetta. Sicché Sean l'aveva cercata? Be', non si era sforzato mol-to! Passati i primi sei mesi, lei aveva cercato di convincersi che non erano destinati a stare insieme, che volevano cose di-verse dalla vita e che non sarebbero mai stati compatibili. Lei voleva mettere radici e farsi una famiglia. Lui voleva conti-nuare a divertirsi finché non fosse diventato un patetico play-boy brizzolato e pieno di rughe. Il lato ingiusto della faccenda era che Franci era stata at-tratta proprio da quelle caratteristiche di Sean che gli impedi-vano di impegnarsi seriamente. Sean era attraente, audace, spericolato, a suo agio sulla neve o sullo sci d'acqua come ac-coccolato sul divano a guardare un film. Ovviamente la per-centuale era un film d'amore contro cinque d'azione, ma a Franci non era mai importato, perché quei film piacevano an-che a lei. Franci aveva sempre pensato che la loro relazione potesse funzionare anche da sposati, così come andava benis-simo al di fuori del matrimonio. Metà delle coppie con cui andavano in viaggio o in campeggio erano sposate e avevano dei bambini. Sean con i bambini andava d'accordo, e loro lo

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adoravano. Ma lui era sempre stato drastico: non gli occorre-va un documento ufficiale per mostrare al mondo i suoi sen-timenti, e non voleva che la sua vita fosse condizionata dalle esigenze dei bambini. Il tragitto di quindici minuti da Arcata a Eureka non bastò a calmare i nervi tesi di Franci, così lei guidò in giro per le strade un'altra decina di minuti prima di dirigersi verso casa, in modo da essere tranquilla e composta quando fosse rientra-ta. Ma mentre guidava si diceva che aveva mentito a se stessa in quei quattro anni, quando aveva cercato di convincersi che lasciando Sean aveva agito per il meglio. Quella convinzione era svanita non appena lo aveva rivisto. Dio, come le faceva ancora battere il cuore... una sola occhiata alla sua bella fac-cia e il sangue aveva preso a ribollirle nelle vene, salendo fi-no alla faccia e facendola arrossire. No, non poteva prendere un caffè con lui. Avrebbe rischia-to di protendersi al di là del tavolo per strappargli i vestiti di dosso! No, doveva essere ferma. Forte, decisa. Doveva indu-rirsi, era troppo debole. Lo odiava, certo, ma era ancora in-namorata di lui, e lo desiderava ancora da morire. Questo si-gnificava che lui poteva farla soffrire di nuovo. E lei non po-teva permetterlo! Finalmente parcheggiò nel garage, abbassò la saracinesca ed entrò in casa dalla porta della cucina. Sentiva la televisio-ne accesa in soggiorno e fu lì che trovò Vivian, seduta sul di-vano ma addormentata, e sua figlia Rosie accoccolata accanto alla nonna e immersa in un sonno profondo. L'unico ad alzare la testa quando lei entrò fu Harry, il cocker biondo a chiazze bianche. «Ciao, Harry» sussurrò lei. Il cane scodinzolò un paio di volte e si mise a zampe all'a-ria, nel caso che qualcuno volesse grattargli la pancia. «Mamma?» chiamò Franci dandole una scrollatina. «Sono a casa...»

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Vivian si stiracchiò. «Mmh... devo essermi appisolata. Ti sei divertita?» «Oh, sì, le ragazze sono sempre una buona compagnia... ti racconterò tutto domani, dopo che ti sarai fatta un bel son-no.» Vivian si alzò in piedi. «Metto a letto Rosie e...» «Ci penso io, mamma. Rimboccarle le coperte è la parte più bella della mia giornata. Da quanto tempo dorme?» Mi sa che è rimasta sveglia più a lungo di me» rise Vivian. Accarezzò la figlia sulla guancia e le diede un bacio. «Doma-ni è il mio giorno libero» disse. «Chiamami quando ti svegli, così magari prendiamo il caffè insieme.» «Certo. Grazie, mamma.» Franci prese il cappotto di Vi-vian dalla spalliera della sedia e la aiutò a infilarlo. «Ti guar-do mentre rientri» disse. «Non credo che inciamperò o verrò rapinata in quei pochi metri» rise lei.» «Ti guardo lo stesso.» Per i primi due anni Vivian, Franci e Rosie avevano vissu-to insieme in quella casa con due camere da letto, e Franci a-veva diviso il suo lettone con Rosie. Poi, circa un anno pri-ma, Vivian aveva comprato una casa simile a quella della fi-glia, in fondo all'isolato. Avevano sempre programmato di a-vere ognuna la sua casa, essendo donne single e indipendenti; ma l'arrivo di Rosie le aveva convinte a unire le forze per a-vere miglior cura di lei. Quando Franci lavorava per venti-quattr'ore, o le rare volte che sapeva di far tardi la sera, Rosie passava la notte a casa della nonna. Se la serata non si pro-traeva fino a tardi, Vivian veniva a casa di Franci in modo che la piccola potesse dormire nel proprio letto. Adesso che Rosie andava all'asilo, le due donne potevano giostrare anco-ra più facilmente i propri impegni di lavoro per adattarli agli orari della bimba. Franci guardò la madre percorrere il tratto di strada ed en-trare in casa. Una volta entrata, Vivian accese e spense un pa-

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io di volte la luce della veranda per segnalare che andava tut-to bene, e Franci rientrò chiudendo a sua volta la porta. Poi andò a prendere Rosie dal divano per portarla a letto. La bimba dormiva come un sasso, con le braccia penzoloni. Nella sua cameretta il piumino era rivoltato e pronto per ac-coglierla: evidentemente la nonna aveva sperato che andasse a letto all'ora prevista, invece di addormentarsi sul divano co-me Rosie preferiva. Franci le rimboccò le coperte, poi depose un bacio sulla sua fronte. Rosie emise un piccolo sbuffo assonnato. «Stasera ho visto il tuo papà» sussurrò Franci. «Tu sei bel-la proprio come lui.»