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CONEGLIANO: I VIVARINI TRA GOTICO E RINASCIMENTO VALSUGANA: BIKE TOUR DI MALGHE, LAGHI E CASTELLI E’ a Venezia, per la ‘Biennale senza archistar’. Come artista... Reporting from the front MARCO LODOLA AREN A MEDIASTAR ANNIVERSARI: 30 ANNI DI @INTERNET IN ITALIA RITORNO A CHERNOBYL Arena Mediastar supplemento del settimanale on line Commodity World Weekly Magazine - Anno I 1 5 /2016 registr. al Tribunale di Pavia n. 673 dell’11/5/2007 WEB MAGAZINE ANNO II MAGGIO 2016 FASHION&C0: FLOWER-POP GREEN STYLE TECHNO-CHIC FOOD: TEMPO DI BARBECUE www.arenamediastar.com PORTOGALLO: DOVE ‘FUGGONO’ I PENSIONATI

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Page 1: I VIVARINI TRA GOTICO E RINASCIMENTO VALSUGANA: BIKE … · maggio si apre la Biennale di Architettura di Venezia. E sarà in città anche l’artista Marco Lodola, con le sue sculture

CONEGLIANO: I VIVARINI TRA GOTICO E RINASCIMENTO VALSUGANA: BIKE TOUR DI MALGHE, LAGHI E CASTELLI

E’ a Venezia, per la ‘Biennale senza archistar’. Come artista...

Reporting from the front

MARCO LODOLA

ARENAMEDIASTAR

ANNIVERSARI: 30 ANNI DI @INTERNET IN ITALIA RITORNO A CHERNOBYL

Arena Mediastar supplemento del settimanale on line Commodity World Weekly Magazine - Anno I 1 5 /2016 registr. al Tribunale di Pavia n. 673 dell’11/5/2007

WEB MAGAZINE ANNO II

MAGGIO 2016

FASHION&C0:FLOWER-POPGREEN STYLETECHNO-CHIC

FOOD: TEMPO DIBARBECUE

www.arenamediastar.com

PORTOGALLO: DOVE ‘FUGGONO’

I PENSIONATI

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IN COPERTINA: MARCO LODOLA. “LE BARRIERE NON SERVONO, L’ESODO CI CONTAMINERA’ TUTTI”

ARENA MEDIASTAR, supplemento di Commodity World Weekly Magazine, è il mensile in cui le materie prime diventano prodotto finito: cibi sopraffini, gioielli, oggetti per la casa, automobili, inimitabili pezzi d’arte.Questo mese si parla di architettura del futuro e di contaminazioni in arrivo per l’housing e per l’arte: il 28 maggio si apre la Biennale di Architettura di Venezia. E sarà in città anche l’artista Marco Lodola, con le sue sculture luminose, che ci ha rilasciato una intervista esclusiva sulle rivoluzioni sociali che ci attendono. Nei grand Tour, un fazzoletto d’Italia tutto da scoprire, poco turistico e per questo meraviglioso: la Valsugana. E il ventoso Portogallo, con le sue spiaggie e le sue tradizioni. Per un week end d’arte, scegliete Conegliano dove si tiene la bella mostra dedicata ai Vivarini. Oppure l’Isola di Torcello, con i suoi splendidi monumenti e la Locanda Cipriani dove Bonifacio Brass ci parla della sua straordinaria famiglia. Restando sul food, vi ricordiamo che si avvicina la giornata mondiale del barbecue, un rito che deve essere accompagnato con i vini giusti ma anche con un look adeguato. E infine le nostre pagine speciali dedicate a due grande anniversari: quello dell’arrivo di Internet in Italia. E quello, terribile, dell’esplosione di Chernobyl che ancora ci sgomenta.

Katia Ferri Melzi d’Eril ([email protected])

StoriesAmir H. BarouhDanilo G.BucciarelliIvana DandreaClara DonghiStefano GorleroLorena S. LeuzziYari LulliAndrea MarazzinaGiorgia Pertosa

Grafica e webAlessandro Chiara

RubricheEdoardo BarbieriDorina CovaTimur De AngeliGiulia FerriGaleazzo Melzi d’ErilClaudia Palmucci

Photographers & Illustrators

Clara DonghiGrazia MantelliSimone SaccaniStory Travellersfoto di copertina: Clara Donghi

Contributors di questo numero:

Editoriale

ARENAMEDIASTARMAGAZINEn.17 5/2016

Katia Ferri Melzi d’Eril

Direttore responsabile di Com-modity World Weekly

Magazine ritratta dal pittore

Luigi Ontani, 1983

ARENA MEDIA STAR anno II n.17 maggio 2016 web magazine, supplemento mensile di Commodity World Weekly Magazine registrato presso il Tribunale di Pavia n. 673 dell’ 11/5/2007 Edito da Katia Ferri Melzi d’Eril in collaborazione con l’associazione culturale non profit Arena Media Star Sede legale: Via S. Giovannino 5, 27100 Pavia tel. 0039 349 8610239 www.arenamediastar.com; [email protected] pagine pubblicitarie (mostre o campagne sociali) sono scelte ogni mese dalla redazione e inserite a fronte di nessun compenso

Giovanni NicastroGuidiccioni

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Cover Story| 12-31 Marco Lodola e l’esodoLa Biennale senza archistar

Grand Tour| 16-20Per castelli nel ‘Trentino nascosto’: la Valsugana

Food| 34-35 Incanto a Torcello, tra Duo-mo e Locanda Cipriani

Grand Tour| 38-43Portogallo, il buen retiro di molti pensionati europei

Arte|46-47I Vivarini, lo splendore di una famiglia di grandi artisti

Fashion| 50-51Pic nic con stile

Heritage &T| 23Maggio di festeggiamenti per le teste coronate europee

Top Nightlife| 24-25La nostra rubrica di news dedicate allo showbiz

Junior| 44-45Il device può attendere.Piercing facciali temporanei

Calcio| 48I conti della Signora, come investe la Juventus

Cinema| 55Ricordo di Sergio Leone, icona del cinema italiano

A.Provocateur|68Elena Somarè, la fischiatrice mondiale

ANNIVERSARI: 30 ANNI DI INTERNET IN ITALIA RITORNO ALL’INFERNO DI CHERNOBYL pag.59

Maggio 2016 Rubriche:

Sommario

BIENNALE DI VENEZIA (pag. 28-37): NIENTE ARCHISTAR E UN DECISO RITORNO DELL’UOMO AL CENTRO DEL COSTRUIRE. CON LE NUOVE INCERTEZZE DEL VIVERE DI OGGI E CON LE NUOVE NECESSITA DI RIUSO DEI MATE-RIALI E DEGLI SPAZI. PER COSTRUIRE UNA NUOVA IDENTITA’, PIU’ FLESSIBILE.

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LA FORZA DELLA MATERIA

MIRO’ AL MUDEC

VALLE D’AOSTA/ BARD, FORTE DI BARDGolden Age Rubens, Jordaen, BrugelFino al 2 luglio 2016Tel. +39 0125 833811 e-mail: [email protected]

LOMBARDIA/ MILANO, MUSEO MUDECJoan Mirò, la forza della materiafino all’11 settembre 2016Tel. +39 0254917

LIGURIA/GENOVA, PALAZZO DUCALE Alfonse Mucha e le atmosfere Art Nouveaufino al 18 settembre 2016Tel. 010 9868057

LIGURIA/GENOVA/PALAZZO DUCALESebastiao Salgado, Genesifino al 26 giugnotel 199151121

PIEMONTE/TORINO/PALAZZO MADAMADoppio Capolavoro: Antonello da Messina dalla Sicilia a Torinofino al 27 maggio 2016

PIEMONTE/TORINO/ PALAZZO CHIABLESEMatisse e il suo tempo fino al 15 maggio 2016Tel. +011 0240113

VENETO/VERONA/ARENA MUSEO OPERAMaria Callas, the Exhibitionfino al 18 settembre 2016tel 045 8030461

VENETO/VENEZIA/GALLERIA DELL’ACCADEMIA ALA PALLADIOAldo Manuzio, il rinascimento di Veneziafino al 19 giugnotel. 0415200345

Eventi Nord

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ESCHER A MILANONEWTON A VENEZIA

LOMBARDIA/BRESCIA/PALAZZO MARTINENGOLo splendore di Venezia: Canaletto, Bellotto, Guardi e i vedutisti dell’Ottocentofino al 12 giugno 2016tel 0236 755700

LOMBARDIA/MILANO/PALAZZO REALESimbolismo, arte in Europa dalla Belle Epoque alla Grande Guerrafino al 5 giugno 2016tel 54914

LOMBARDIA/MILANO/PALAZZO REALEUmberto Boccionifino al 3 luglio tel. 0283241412

FRIULI VENEZIA GIULIA/MANZANO/ABBAZIA DI ROSAZZOColloqui dell’Abbazia, il viaggio della carta geografica di Livio Fellugafino al 15 luglio 2016tel. 0481/580231

VENETO/VENEZIA/CASA DEI TRE OCIHelmut Newton “Fotografie, white woman slipless night e big nude”fino al 7 agosto 2016tel. 041/2412332

LOMBARDIA/MANTOVA/ MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALESalvare la memoria (la Bellezza, l’Arte la Storia) Storie di distruzioni e rinascitafino al 5 giugno 2016tel. 0376/320003

PIEMONTE/TORINO/PALAZZO MADAMAda Poussin agli impressionisti, tre secoli di pittura francese dell’Hermitagefino al 30 giugno 2016tel 011/4433501

VENETO/BASSANO DEL GRAPPA/ MUSEO CIVICO DI BASSANOIl magnifico guerrierofino al 31 gennao 20170424/519901

Eventi Nord

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PIERO DELLA FRANCESCAL’EGITTO A BOLOGNA

Eventi Centro

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EMILIA ROMAGNA /FORLI’ /MUSEI DI SAN DOMENICOPiero della Francesca, indagine su un mitofino al 28 giugno 2016tel 199151134

EMLIA ROMAGNA/MODENA/GALLERIA CIVICALa memoria finalmente: arte in Polonia 1989-2016fino al 5 giugno059/2032911

EMILIA ROMAGNA /BOLOGNA/ MUSEO CIVICO ARCHELOGICOEgitto, Splendore millenariofino al 17 luglio 2016tel 0510301043

TOSCANA/PIIETRASANTA/CHIOSTRO DI S. AGOSTINODieci anni di scultura in marmofino al 14 settembre 2016tel 0584/795500

ABRUZZO/PESCARA/ MUSEO FONDAZIONE PAPARELLACostantino Barbellafino al 15 maggio 2016tel. 0854223426

LAZIO/ROMA/MUSEO DELL’ARA PACISToulouse Loutrec, la collezione del Museo delle Belle Arti di Budapestfino all’8 maggio 2016tel. 060608

LAZIO/ROMA/CHIOSTRO DEL BRAMANTEI macchiaioli, le collezioni svelatefino a 4 settembre 2016tel. 069 16508451

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FACE TO FACE A SALERNOPOMPEI MITO E NATURA

Eventi Sud

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SICILIA/PALERMO/ ORATORIO DI SAN LORENZONext Igor Scalisi Palminterifino al 15 maggiotel. 091 6118168

CAMPANIA/SALERNO/ARCHIVIO DI STATOItalia in guerrafino al 10 maggiotel 089/225044

CAMPANIA/SALERNO/PALAZZO FRUSCIONEFace to Facefino al 1 maggio 2016tel 089/2573238

CAMPANIA/NAPOLI/ MUSEO ARCHELOGICO NAZIONALEMito e natura, dalla Grecia a Pompeifino al 30 settembre 2016tel. 081 4422275

CAMPANIA/NAPOLI/POMPEI, SCAVI DI POMPEIMito e natura, dalla Grecia a Pompeifino al 15 giugno 2016tel. 081 8575111

CAMPANIA/CASA MADRE/CASA DEI MARTIRICanevarifino al 15 maggiotel. 081 19360591

CAMPANIA/NAPOLI/MUSEO DELLA CERAMICA DUCA DI MARTINAViaggiare ad arte, conversazioni in floridiana tra arte, letteratura, teatro e musicafino al 28 maggiotel. 081 57881776

PUGLIA/BARI/NETCAFE’mostra personale “Parti di me...” di Bianca Massaro dal 16 maggio 2016 al 30 luglio 2016

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Mostre Top

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L’OMBRA DEGLI ETRUSCHI. SIMBOLI DI UN POPOLO FRA PIANURA E COLLINAUn viaggio nel tempo che esplora gli orizzonti del sacro e dell’oltretomba, per riannodare i fili di quella civiltà etrusca fiorita anticamente sul territorio a Nord del fiume Arno, lungo l’ampia direttrice del territorio della piana di Firenze-Prato-Pistoia, del Mugello/Val di Sieve e del Montalbano.Tra cippi, stele e bronzetti, quella che riemerge dal 19 marzo al 30 giugno è una storia affascinante e ricca di suggestioni, che ricostruisce le lontane radici culturali di quest’area della Toscana passando per Prato e l’epicentro di Gonfienti. Proprio a Gon-fienti è dedicata la prima sezione della mostra «L’ombra degli Etruschi. Simboli di un popolo fra pianura e collina»: particolare attenzione è rivolta all’universo del sacro, deducibile dalle figure di devoti in bronzo, oltreché dalla raffigurazione presente su una importante kylix (coppa) attica a figure rosse, attribuita al celebre pittore ateniese Douris. Questi manufatti, destinati a un ceto medio «allargato» piuttosto che all’aristocrazia etrusca, venivano prodotti in loco e rappresentavano la dedica dell’of-ferente alla divinità. Due esemplari si distinguono per l’alta qualità artistica e per la ricchezza dei dettagli: l’Offerente di Pizzidimonte conservato al British Museum di Londra dalla fine dell’Ottocento, di cui si espone una riproduzione in versione 3D e il giovane nudo, forse proveniente dalla stessa area, facente parte delle collezioni più antiche del Museo Archeologico Nazionale di Firenze.La seconda sezione apre l’orizzonte sulla produzione delle «pietre fiesolane» che meglio caratterizzano questo vasto territorio dal quale in età etrusca emersero i centri di Artimino, Fiesole e Gonfienti: stele e cippi in pietra, monumenti identificativi di famiglie gentilizie decorati a rilievo, che provengono dai contesti funerari dell’area di riferimento.Una mostra che svela nuovi aspetti finora sconosciuti del passato archeologico di Prato e della Toscana.Progetto scientifico e percorso espositivo a cura di Giuseppina Carlotta Cianferoni (Polo Museale della Toscana), Paola Peraz-zi, Gabriella Poggesi e Susanna Sarti (Soprintendenza Archeologia della Toscana), in collaborazione con Rita Iacopino. Proget-to di allestimento a cura di Francesco ProcopioSEDE: Museo di Palazzo Pretorio – Piazza del Comune – PratoORARIO: tutti i giorni (escluso martedì non festivi) 10,30-18,30. La biglietteria chiude alle 18. FINO AL 30 GIUGNO 2016INGRESSO: 4 euro INFO: 0574-1934996 (dal lunedì al venerdì 9-18; sabato 9-14) – www.palazzopretorio.prato.it

DAL CINQUECENTO AL NOVECENTO. NUOVA ACQUISIZIONE DELLA GALLERIA NAZIONALE DELLA PUGLIA DI BITONTOInaugurata giovedì 17 aprile alle ore 18.00 a Bitonto, presso la Galleria Nazionale della Puglia. Intervengono Marta Ragozzino, Soprintendente ad interim per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici della Puglia, e Nuccia Barbone Pugliese, direttore della Galleria Nazionale della Puglia. La mostra espone le opere recentemente offerte in dono da Girolamo, Rosaria e Gioac-chino Devanna alla Galleria Nazionale della Puglia. La preziosa acquisizione va ad arricchire un patrimonio artistico che già comprende 340 opere tra dipinti sculture e disegni. Le opere coprono l’arco temporale dal XVI al XX secolo: si tratta di dipinti di soggetto religioso, di suggestivi paesaggi e di moderne nature morte, opere che, in alcuni casi, risultano inedite.

Orario visite: tutti i giorni dalle 9.00 alle 20.00 (ultimo ingresso ore 19.15). Chiusura: mercoledì.

by Timur de Angeli

NUOVE ACQUISIZIONI DI OPERE IN PUGLIAL’OMBRA DEGLI ETRUSCHI

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Cover Story

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Don’t stop the LIGHTL’arte e l’architettura europea dovranno fare i conti

con un terremoto sociale, l’esodo di milioni di persone da altri continenti verso le nostre città.

Tutti saremo contaminati. Parola di Marco Lodola

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by Katia Ferri Melzi d’Eril - foto di Clara Donghi

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Cover Story

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Marco Lodola è come Donato Bramante: sempre pronto a fare la valigia e a partire per una mostra, una commessa altrove, non puoi fermarlo. Anche lui è amante delle grandi dimensioni, si esprime più coi metri che coi centimetri. Ed + anche interressato alle altre arti: ai letterati, ai poeti e ai musicisti, che lo emozionano. A Pavia ci sono solo due artisti importanti da conoscere. Uno è Bramante, appunto, che ha progettato la cupola del Duomo. Finalmente la possiamo godere in tutta la sua bellezza, grazie a lun-ghissimi restauri. E l’altro è Marco Lodola, che andiamo a trovare nel suo studio di quando in quando, più per ascoltarlo che per sbirciare le ultime cose che sta facendo. Siamo qui per ascoltare le tue idee sull’arte e sul futuro delle città, del-la cultura e anche dell’architettura

alla quale sempre di più ti avvicini. “ Proprio così. Oggi ho scelto qual-cosa per il mio amico Rosalino di Dorno, ho fatto la copertina di que-sto disco , il ricavato va a favore del-la Sla. Ci sono dentro una una venti-na di collaborazioni: ccon Jovanotti i Negramaro, Pezzali e altri. Molto bello. Proprio adesso ho appena finito di parlare con Gianluca Gri-gnani e poco anche con gli Stadio, avevamo già fatto il progetto per le loro scenografie del tour, in tempi non sospetti, è stato bellissimo la-vorare per loro e vederli vincere il Festival. Ero emozionatissimo per loro, molto coinvolto. Il mondo del-la musica mi piace molto, mi fa di-vertire e mi dà soddisfazione. Beh, non sono le prime collabora-zioni. Inoltre hai fatto anche le sce-nografie per l’Ariston...Erano molto grandi, avevo immagi-nato come un pentagramma per l’e-

sterno con i miei soggetti al posto delle note. Lì quando c’è il Festival si scatena una grande attesa, molte persone non ri-escono ad entrare, io vorrei che l’arte e la musica potessero essere a disposizione di tutti.. Dunque ho creato una scenogra-fia che esce e si mescola alla gente. Una delle più grandi e più belle installazioni che ho mai fatto. Quando ci si misura con la grandissi-ma dimensione com’è? Capita sempre meno, mi pare...Le opere grandi me le vado anche un po’ a cercare, mi interessano più quelle che atre cose. Mi interessa che ci sia visibilità e la gente ne possa usufruire. Per il 28 maggio, per esempio, c’è la finale del-la coppa dei campioni, il decennale de campionati del mondo. Ho conosciuto un giocatore, Materazzi.. Mi sono det-to, cosa c’è di più famoso della famosa testata di Zidane? Ed eccola là. Sto re-alizzando un’opera, la metteremo sulla facciata della Mondadori in piazza del

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MARCO LODOLA è uno dei pochi artisti italiani italiani della sua generazione conosciuti a livello internazionale. Le sue opere sono a Città del Messico, Montecarlo, San Paolo del Brasile, nelle piazze e nei musei. Luminose, rea-lizzate con varie tecnologie, sono divenute parte del paesaggio urbano di molte città italiane, da Riccione a Udine, da Palermo a SanRemo, dove ha ‘vestito’ il Teatro Ariston per un’ edizione del Festival. E’ stato invitato a parteci-pare a molte edizioni della Biennale d’Arte di Venezia e la città ospita alcune sue opere permanenti. Il suo studio a è frequentato dai maggiori cantautori italiani (da Jovanotti a Max Pezzali, da Gianluca Grignani a Ron agli Stadio) che gli affidano le copertine dei dischi o le scenografie dei concerti. E’ già attivo un archivio che dà la possibilità ai collezionisti di registrare le opere del celebre artista pop pavese in loro possesso, ottenendo un’ulteriore certifi-cazione di autenticità e la loro pubblicazione sul catalogo ragionato firmato da Marco Lodola. A rendere unico nel suo genere l’archivio, è in particolare un nuovo metodo tecnologicamente avanzato messo a punto dal team di 2do.it srls - composto da informatici e studiosi di algoritmi incaricati dallo stesso Lodola – che impedisce la clonazione della documentazione e rende facilmente riconoscibili i falsi non autorizzati alla vendita. Un modo intelligente di salvaguardare l’arte e l’autenticità di un artista che con il suo genio ha reso orgogliosa la città di Pavia, dove lavo-ra. Lodola è nato a Dorno nel 1955 e si è formato prima all’Accademia di Brera e poi a quella di Firenze. Dopo aver fondato negli anni ‘80 il movimento del Nuovo Futurismo, si è fatto strada con una splendida carriera artistica, che l’ha visto protagonista negli anni di esposizioni in ogni parte dell’Italia e del mondo. Egli è apprezzato ovunque per il suo inconfondibile stile pop che unisce arte, musica, cinema e design. A caratterizzare le sue opere, in particolare le sculture luminose in perspex e neon, sono i colori vivaci, le sagome ben definite e soggetti prediletti come Pin Up, Vespa, automobili e personaggi dello spettacolo e dello sport come i Beatles, ai quali ha dedicato una serie.

Don’t stop the LIGHT

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L’antico palazzetto Amarelli,

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Duomo. Ci sarà la testata di Zidane, un’icona, una contaminazione con l’esterno, 6 metri di altezza . La vedi per forza. Hai mai fatto una scultura lumi-nosa così grande che ci si potesse entrare?Si’ il cavallo per un concerto dei Ti-moria, sembrava un cavallo di Tro-ia. Alla fine l’ha preso un collezioni-sta di Casale. Mi è piaciuta molto, mi piace anche l’idea di riempire qualcosa con varie opere, ‘un’inte-ra facciata. Mi è capitato con la Ca’ d’Oro a Venezia.E il tuo rapporto con l’architettura? Mi piace misurarmi con gli spazi, gli spazi spenti. Riempire un’intera facciata, l’ho fatto anche con la Ca’ d’Oro. Con Vittorio Sgarbi a Ca-stelnuovo Val di Cecina abbiamo acceso un intero borgo in abbando-no, è stata una operazione straordi-naria. Il mio rapporto con l’archi-tettura è presto detto: io illuminerei con le mie opere solo le periferie e non i centri storici che non hanno bisogno. Qui a Pavia hai illuminato il pon-te dell’Impero. Un’operazione che piace a tutti.Posso dire? Con rammarico, lo ten-gono acceso solo nel week end, di-cono che si valorizza di più il week end. Io ho fatto fare una perizia dall’Enel, tenerlo acceso costerebbe solo 2 euro al giorno, sono 800 euro all’anno...Una cosa del genere per

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Cover Story

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In 63 anni di regno, molti impegni, molto gossip, ma niente interviste

me è inspiegabile, ma non voglio entrare in polemica con le amministrazioni. Di lunedì la gente si deprime di più, deve affrontare tutta la settimana, e c’è anche il ponte spento. Ma sai quanti sponsor si trovano.. per mille euro. Basta, Non voglio far polemica. Qual è la città che ti piace di più al mondo dal punto di vista della luce?Non mi dire New York...Las Vegas. Un museo all’aperto. Nel 1978 mi sono sposato in una white chapel vicino a quella dove lo aveva fatto Elvis Presley. Già mi piaceva molto...Li è stat illuminante in tut-ti i sensi, mi è capitato di vedere una specie di cimitero delle insegne pubblicitarie. Da lì è nata l’ispirazione sulla mia arte. Qual è il futuro della tua arte? Ora ci sono i led..La tecnologia è più avanti della mia arte dal punto di vista della creatività. I light designer fanno delle cose che neanche potevo imma-ginare prima. Se va tutto bene, per la secon-da edizione dell’Autunno Pavese dovremmo poter usare ancora il Castello Visconteo. Mi piace l’idea di poterlo illuminare con delle proiezioni, dei draghi che sputano fuoco, de-gli effetti particolari. I light designer riescono a realizzare dei sogni, Mi piace molto questo indirizzo, poi non so dove andrò...A Città del Messico vicino all’aeroporto, a San Paolo al Museo del Calcio, Montecarlo, c’è una ballerina vicino al Casinò, a Riccione alla stazione, a Udine nel Parco Moretti. Mi piace lasciare un segno in una città quando faccio una mostra, qualcosa che resti lì.Parliamo dei materiali, ce ne sono di nuovi, non hai mai pensato di fare un’opera

Nel 2010 Marco Lodola ha realizzato la scultura luminosa FIAT LUX per il Mi-rafiori MotorVillage di Torino. Ha alle-stito la scenografia per alcune puntate di XFACTOR, per il film “Ti presento un amico” di Carlo Vanzina, con Raoul Bova e “Maschi contro Femmine” di Fausto Brizzi. Ha rivisitato il logo per il traforo del Montebianco. Ha disegnato l’imma-gine del manifesto di Umbria Jazz 2010, ha partecipato all’Expo Internazionale di Shangai ed ha realizzato una scultura-icona per il gruppo Hotel Hilton.

Nel 2011 partecipa alla Biennale di Vene-zia con l’installazione Ca’ Lodola, curata da Vittorio Sgarbi, alla Ca’ d’Oro sul Ca-nal Grande. Le sue opere vengono scelte dalla stilista Vivienne Westwood come scenografia per la sfilata a/w uomo du-rante la settimana della moda a Milano. Collabora con Citroen per un’installazio-ne in via della Spiga a Milano dal nome “Citroen Full Electric”. Espone a Londra. Collabora con Dash e Unicef per l’inizia-tiva benefica contro il tetano neonatale con la scultura luminosa Madre Natura, esposta in piazza Cordusio a Milano. Le sue sculture luminose sono parte della scenogra-fia di Roxy Bar web tv di Red Ronnie.

Nel 2012 Espone con una importante perso-nale, curata da Luca Beatrice, al Palazzo de’ Medici di Firenze. Le sue opere partecipano al Made in Italy in the World, durante il Pechino Luxury Property Showcase. Con il Gruppo Nuovo Futurismo ha esposto a Ro-vereto a Casa Depero e a Milano allo Spazio Oberdan. Ha collaborato con Sanrio-Hello Kitty per un progetto di beneficenza a favo-re di Emergency. Alcuni lavori sono nella scenografia del programma Metropolis per il canale Comedy Central e The Apprentice con Flavio Briatore.

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luminosa ma anche morbida, soffice come le protesi corpo-rali progettate dalla Scuola di S. Anna? Hai toccato una mia idea. Ti spiego: sono entrati in posses-so di un oggetto straordinario, il calco in gesso del volto di David Bowie che fu realizzato per il film “L’uomo che cadde sulla terra”. Ho potuto lavorare su questo calco con un ma-teriale morbido, trasparente, sto realizzando una maschera indossabile da chiunque che presenterò a breve alla Mon-dadori di Milano, con il supporto della Sony. Sarà un ogget-to specialissimo, una vera sperimentazione d’arte. Questo per dire che la tecnologia va velocissima. Io vado più piano però, a piccoli passi. Perchè la tecnologia va usata, non bi-sogna farsi usare. L’artista non deve seguire la moda di una tecnologia, deve metterla al servizio della sua espressione. Se Leonardo fosse vivo userebbe anche lui di sicuro tutte queste tecnologie straordinarie, fantascienza pura, la luce i neon. E la plastica,, che ai suoi tempi non era ancora stata inventata.Leonardo! Cosa ti affascina di lui?Un genio assoluto. Cosa mi affascina? Mi affascina che egli riusciva a guardare dietro l’angolo, che non dormiva di not-te, che ha inventato tutto. Secondo me.. si drogava. Non è possibile che una mente umana possa essere così. Vorrei sapere cosa usava per arrivare a quella incredibile geniali-tà. Scherzo, naturalmente...Secondo me Leonardo è ancora insuperato, guardando nelle sue scartoffie si troverà ancora qualcosa del futuro che lui aveva già pensato. A lui bisogne-rebbe chiedere cosa succederà nel futuro, lui lo sapeva già. Nella tua osservazione della società come artista, cosa vedi per il futuro? La tecnologia ha già alterato i meccanismi della comuni-cazione, vedi i social. Sicuramente non si parla più come prima, viviamo in un mondo freddo e irreale, abbiamo più confidenza sui social che dal vivo, questo è purtroppo il da-zio che devi pagare. Devi fare i conti con la globalizzazione, con le razze che si mischieranno... Spero che presto non ci saranno più frontiere, io le trovo assurde ormai. Il mondo è davvero di tutti, bisognerà fare i conti con questo, è diventa-to inevitabile. E’ ovvio che questo cambiamento comporterà dolore per tutti noi, ma se non lo accetterai vuol dire che non hai capito in che direzione il mondo sta cambiando e cambierà...Questa immigrazione è in realtà un esodo biblico, un fenomeno inaspettato per noi, col quale dovremo con-frontarci. Un tema che affronterò ancora a fine mese, quando andrò a Venezia per la Biennale...

Ma quest’anno non c’è la Biennale Architettura?Sì certo. Ma che ti devo dire, mi hanno chiamato a fare una cosa nell’isola di San Servolo di fronte al ba-cino di San Marco...Sto preparando una installazione delle mie cose.Insomma, se non invitano gli archistar, ci saranno gli artisti a fare un po’ di richiamo, specialmente tu che partecipi da anni e che dopo aver vestito la Ca’ d’Oro hai già esposto a San Servolo...Ma ora voglio chiederti: pensi che l’arte sarà influenzata dai cam-biamento sociali e dalle religioni, in futuro? Hai ci-tato Venezia poco fa. Ecco a “I Tre Oci” c’è la mostra

di Helmut Newton, non c’è un centimetro senza l’e-sposizione di parti intime femminili. Pensi che tutto questo nel futuro sparirà?L’arte e gli artisti in assoluto dovrebbero essere i pri-mi a dover parlare di evoluzione sociale, a sollevare il dibattito su quello che accade, anticipare, come face-va Leonardo. Sì, credo che il conto di questo esodo lo pagheremo tutti, e che tutto grande questo inevitabile cambiamento ci contaminerà.E tu cosa fai? Resti qui o te ne andrai?Io no, resto. Resto qui nella mia città, nel mio studio. Ma credo che gli italiani come razza spariranno. Anzi, ne sono convinto. Siamo come i dinosauri. Io resto qui, mantengo anche il mio dialetto ma sono pronto al mu-tamento, ad accettare il fatto che dovrò contaminarmi con tutto il resto. Che cambierà tutto, che nascerà una nuova razza dell’umanità, che niente più, te lo assicu-ro: niente resterà più così.

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Grand Tour

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Un territorio tutto da esplorare, ideale per chi ama i percorsi in mountain bike.

Sapori indimenticabili e panorami mozzafiato sulle Dolomiti Orientali by Ivana Dandrea

Per castelli in Valsugana

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Grand Tour

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La Valsugana è una vera e propria palestra a cielo aperto per i più sportivi

“Live love, your story in Valsugana: è questo lo slogan che accompagna da un paio d’anni la pre-miata campagna di promozione turistica della valle, una delle meno conosciute del Trentino e dunque fra le più belle, le meno stravolte dal turismo frenetico che porta, anche in alta montagna, grattacieli e sema-fori. L’amena vallata trentina, entrata nell’immagina-rio collettivo degli italiani per una marca di polenta gialla, offre ai suoi visitatori esperienze quanto mai diversificate: acque cristalline, verdi vallate e selvag-ge falesie. Una vera e propria palestra a cielo aperto per i più sportivi. Mentre i pigri amano rilassarsi, go-dersi un bagno alle storiche terme e la cucina gustosa e genuina, vivere un’indimenticabile esperienza du bien-être. La Valsugana è la terra natale di personaggi che han-no fatto la storia d’Italia come Alcide Degasperi Qui correva un fronte del primo grande conflitto mondia-le: la valenza storica di questo territorio si riflette nei numerosi luoghi di interesse culturale disseminati tra le sue alture, tra i quali spiccano con la loro pos-sanza, gli antichi castelli medievali.Il susseguirsi di dolci pendii, la calorosa accoglienza degli abitanti a e la temperatura piacevole e senza eccessi, convogliano qui uno sciame veicoli a targa gialla: inebriati dalle fragranze degli alberi in fio-

re, ogni anno migrano a migliaia sul-le placide acque dei laghi di Levico e Caldonazzo. Balneabili da maggio a settembre, rappresentano infatti meta prediletta per i turisti olandesi, che tro-vano un appartato ed accogliente nido familiare nella verde cornice dei colli e boschi levicensi (cornice che ricorda per la sua conformazione un pittoresco fiordo norvegese) ed una vivace offerta sportiva sul vicino e più vasto lago di Caldonazzo: i club nautici propongono vela, così come windsurf e stand up paddle, canoa e canottaggio, sci d’ac-qua, dragon boat, pedalò. E e organiz-zano regate e competizioni a livello sia nazionale che internazionale. Non tutti conoscono l’alta qualità della risorsa idrica di questa valle: i due grandi la-ghi della Valsugana sono classificati Bandiera Blu Euopea.Il turismo nordico è composto da molti appassionati di due ruote, che amano scalare le quote ben più elevate della catena del Lagorai. In effetti la bicicletta è il miglior mez-zo per visitare la valle: si possono no-leggiare una bicicletta o una e-bike con pedalata assistita quasi ovunque, grazie ad un organizzato sistema di bike sharing, che dà la possibilità di ritirare la bicicletta in una località per poi riconsegnarla comodamente in un altro punto lungo il tracciato. Sulla mountain bike o road bike si possono percorrere oltre 300 km organizzati in percorsi ed itinerari tematici, con di-versa difficoltà e lunghezza, nel pano-ramico scenario naturale del circuito Dolomiti Lagorai Bike. Il Lagorai è uno dei paesaggi alpini più incontaminati, appena sfiorato dalla mano dell’uomo per le sue tradizio-nali attività di alpeggio ed esbosco del legname. Molti turisti hanno sentito parlare della grandiosa traversata del-la Translagorai, un tracciato di 80 km che parte dalla Panarotta per arrivare

al Passo Rolle attraverso sentieri, mu-lattiere, trincee e strade della Grande Guerra; o della eminente vetta di Cima d’Asta (2.847m), raggiungibile percor-rendo l’Alta Via del Granito. Per i più avventurosi, ci sono molti pacchetti che propongono 2- 3 giorni di trekking con pernottamento in rifugio. Il turi-sta più dinamico sarà felice inoltre di scoprire che queste nobili imprese gli saranno debitamente ripagate: lungo il tracciato potrà dimenticare le fatiche deliziando il palato presso le tipiche baite e malghe di montagna, dove il formaggio viene ancora prodotto se-condo antichi metodi tradizionali e dove verrà a conoscenza di una sin-golare inizitiva made in Valsugana, lanciata di recente. Aderire al progetto “Adotta una mucca” è facile: è suffi-ciente un bonifico bancario di 60 euro: 50 euro vengono destinati alla malga per il mantenimento estivo in quota della “tua” mucca, mentre 10 vanno in beneficenza per progetti dedicati ai bambini. Si può scegliere una malga e adottare la mucca peferita via internet. Ma non finisce qui: si può andare in malga a far visita alla mucca durante il periodo dell’alpeggio, indicativamente da metà giugno a metà settembre. In tal caso si ha diritto a ricevere prodotti caseari di malga per un importo pari a 50 euro, scegliendo tra formaggi fre-schi e stagionati, gustosissime ricotte, burro, tosella e latte fresco. Questa gita stupenda permetterà di ammirare tutta la valle dall’alto della vetta: sguardo e anima potranno a loro volta saziarsi di orizzonti di straordinaria bellezza. Da Cima d’Asta, nelle giornate più limpi-de, si scorgono in lontananza il mare Adriatico e Venezia. Abbandonando la bici per passeggiare tra i sentieri bordati di fiori, si incro-ciano nordic walkers ed escursionisti a cavallo, incalliti rocciatori appesi alle falesie e amanti del volo libero pronti

Acque cristalline e colline coperte di fiori, borghi incantati e una cucina di montagna gustosa e genuina.

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Borgo Valsugana, con i suoi canai è ‘la piccola Venezia’

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Panorama sull’alta Valsugana con al centro i laghi di Caldonazzo e di Levico. Al centro fra i due bacini, il Colle di Ten-na. (Foto Apt Valsugana)

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La pista ciclabile della Valsugana, lunga 80 km. Va da Bassano del Grappa fino ai laghi e costeggia il corso del fiume Bren-ta. (foto Ronny Kiaulehn)

Altopiano di Vezzena, con panorama sulla catena montuosa che divide la Valsugana dalla Val di Fiemme.(Foto Story Travelers)

a librarsi nell’aria; si incontrano pozze e sorgenti, fresche e limpide gemme azzurre incastonate tra le vette che si lanciano in cascata verso il fondovalle, dove sono raccolte dagli stabilimenti termali. Qui ci si può congiungere alla ciclopista della Valsugana, lunga 80km prevalentemen-te pianeggiante che, costeggiando il fiume Brenta, porta dai grandi laghi fino alla cittadina veneta di Bassano del Grappa, ricca di musei, di artigianato (le famose cerami-che) e animata il giovedì e sabato da un vivace mercato cittadino. Seguendo la corrente fluviale, ci si lascia alle spalle il grazioso abitato di Levico con la sua elegante stazione termale ottocentesca che, assieme a Vetriolo, è storicamente famosa per le benefiche acque arsenicali fer-ruginose, uniche in Italia e rare in Europa. Fanghi e bagni sono ideali per chi soffre di patologie artroreumatiche del-le basse vie respiratorie e ginecologiche. In queste località sono molto diffusi i bicigrill, ristori con ampi parcheggi per biciclette. La prossima meta è l’incantevole paesino di Roncegno Terme, centro di salute orientato piuttosto a te-rapie naturali che si ispirano alla medicina antroposofica.Per chi non regge le lunghe pedalate, c’è comunque il trenino della Valsugana, che nei mesi di luglio e agosto attiva il servizio treno +bici arrivando a trasportare fino a 32 biciclette per ogni viaggio: rappresenta inoltre un ot-timo collegamento per raggiungere agevolmente, in un paio d’ore, Verona (per assistere a un’opera o un concerto all’Arena) e la laguna di Venezia. Il patrimonio artistico e culturale della Valsugana, che

può contare su piccoli musei e siti religiosi tutti da visi-tare, si apprezza visitando i numerosi preziosi paesini di fondovalle, che conservano tutta l’eleganza della “belle époque”. Borgo Valsugana in particolare è chiamato la “piccola Venezia” per i suggestivi ponti e canali. In estate a Borgo Valsugana si tiene inoltre Arte Sella, espo-sizione internazionale d’arte contemporanea che si svolge all’aperto nei prati e nei boschi della Val di Sella, il percor-so espositivo si sviluppa per ben 4km. Il progetto artistico, a cui hanno aderito fino ad ora più di 300 artisti, prevede che le opere esprimano un rapporto con la natura basato sul rispetto, traendo da essa ispirazione e stimolo. Se inte-ressato alla storia locale e agli studi antropologici il turista che tocca questi borghi potrebbe scoprire gli abitanti del-la minoranza mochena, identità rimasta isolata e dunque immune alla recente storia del Tirolo italiano. Si tratta di una comunità di coloni tedeschi, provenienti per lo più da Baviera e Boemia, che ha perfettamente conservato usi, costumi e lingua. Queste peculiarità si colgono ammiran-do i loro insediamenti, in stile germanico, di quella che lo scrittore austriaco Robert Musil definì “la valle incantata”.Le comunità mòchene vivono in tre comuni siti nel versan-te orientale della omonima valle dei Mocheni o “del Fer-sina” (Bersntol) in provincia di Trento: Fierozzo/Vlarotz, Frassilongo/Garait e Palù del Fersina/Palae en Bersntol. Il termine “mòcheno” deriverebbe dalla variante di pro-nuncia del verbo tedesco machen (fare), caratterizzante i mocheni come lavoratori, e più specificamente della frase

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Per promuovere le malghe il progetto “Adotta una Mucca”Grand Tour

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25La fioritura sul Lagorai Kette. E’ possibi-le dormire nei rifugi e in baite. Le malghe offrono punti ristoro e piatti tipici. Foto: ST

E’ possibile affittare bici in un luogo e riconsegnarle altrove o portarle in treno (Foto di Daniele Mosna)

Lunch con i prodotti tipici delle malghe. Nelle quali è anche possibile ‘adottare una mucca’ . (Foto Story Travelers)

mache ich (faccio io) che nel dialetto diventa mòchen .Torniam ora verso l’asse centrale della Valsugana per vi-sitare i bellissimi castelli medioevali che sorvegliano il territorio. La Valsugana è ricca di castelli, rocche e ruderi antichi, che raccontano di un tempo in cui il loro posizio-namento strategico rispetto alle vallate ed ai percorsi che attraversano le Alpi era necessitato dall’esigenza di con-trollo dei traffici e di difesa dei possedimenti. Il primo che vi proponiamo è Castel Pergine: sorge sulla sommità del colle Tegazzo, 200m sopra l’abitato, dominando gran parte dell’Alta Valsugana. Ogni anno nel mese di luglio il Co-mune di Pergine con le Feste Medievali si impegna a far rivivere i momenti eclatanti che hanno segnato la storia di questo magnifico maniero, attraverso tornei di spada, gio-chi antichi, balli e musiche del tempo, spettacoli itineranti, sfilate per dame e popolani, falconieri, tiratori con l’arco e tanto altro. Deciso ad ascoltare le storie che queste mura hanno da raccontare, il turista s’incammina per una breve ma ripida passeggiata immersa nella macchia boschiva, che lo por-terà nell’ area pianeggiante cingente il castello, stretto nel verde abbraccio di carpinelle, olmi, querce ed aceri. Qui, una piacevole passeggiata chiamata il “giro dei muri” consente di camminare lungo tutta la cinta muraria; si sco-prono così tre corpi murari: il Castello Superiore o Mastio (Torre Grande), che è la parte più antica, il Castello Infe-riore o Palazzo Baronale (chiamato anche Magno Palazzo) con torrione angolare e infine la Cinta Esterna stessa. Ac-

cedendo dalla Torre di Guardia, si puo salire una lunga scala a chiocciola fino alla Sala del Giudizio, preceduta dalla spavento-sa prigione del “supplizio della goccia”. La Sala del Giudice e la Cappella di Sant’Andrea, sono oggi adibite a ristorante: rappre-sentano il luogo ideale per una romantica cena a lume di cande-la o un business lunch. Qui si degusta un menù trentino fresco e creativo, che non trascura le esigenze di vegetariani, vegani e celiaci. Il turista può anche decidere di indossare i panni del ca-stellano per un paio di notti, alloggiando in una delle 23 camere (arredate nello stile originario del 1910 oppure modernamente ristrutturate) situate rispettivamente nelle 3 torri e nell’Ala Cle-siana, un ampliamento trasversale rispetto al palazzo realizzato ai tempi del Concilio di Trento. Potrà così abbandonarsi alla pa-radisiaca atmosfera del cortile interno nelle prime ore mattuti-ne, inebriate dall’intensa fragranza dei gelsomini, dedicandosi ad un’oziosa lettura negli intimi angoli d’ombra proiettata dal lauroceraso. In questi mesi il Castello ospita trenta longilinee colonne in acciaio e alcune piccole sculture, disseminate nelle diverse aree interne ed esterne all’edificio: sono le opere della mostra “Verticalissimo” di Jürgen Knubben (in esposizione fino al 6 novembre), che il critico d’arte Adrienne Braun esalta rico-noscendovi un “senso di grande serenità, di intrinseche grazia e armonia”. Prosesguendo il nostro tour dei castelli, ecco la Magnifica Corte Trapp, nell’abitato lacustre di Caldonazzo, e i ruderi di Castel Selva, sul versante del colle di Tenna che divide i due laghi, seguiti a ruota da quelli di Tor Quadra e Tor Tonda, rispettiva-mente a Novaledo e Roncegno Terme.

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Grand Tour

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A Borgo Valsugana ci accoglie il bel Castel Telvana, raggiungibile con una splendi-da mulattiera detta “sentiero dei castelli”. Ce ne sono altri, meno visibili da valle ma senz’altro degni di una visita. Fra questi i ruderi di Castel San Pietro, conosciuto dagli abitanti della zona come Castel Tre Corni per via delle tre robuste muraglie sopravvis-sute ai secoli. Infine si arriva a Castellalto.Poco prima che le catene montuose cingenti la Valsugana si stringano in una morsa ombrosa, si comincia a scorgere, eretto sul promontorio del monte Lefre in una posi-zione di ottima visibilità sulla Bassa Valsugana, il maestoso e prestigioso complesso cinquecentesco di Castel Ivano, tra i meglio conservati del Trentino. Governato oggi con amorevole cura dalla famiglia Staudacher, questo castello conserva una antica leg-genda: la sua struttura gotica tradisce l’antica origine longobarda (di cui rimane il peculiare mastio a base quadrangolare). Si dice che sia stato in tempi remoti sede di un monastero di Benedettini o addirittura dei Cavalieri Templari. Il maniero visse il suo periodo d’oro molto più avanti, sotto l’Impero Austroungarico, quando il feudo venne ceduto alla famiglia tirolese Wolkenstein-Trostburg (1750-1923) e trasformato in dimora di villeggiatura estiva. In questo arco temporale Castel Ivano ospitò la Divina, l’attrice teatrale di origini ve-nete Eleonora Duse, che in Valsugana frequentava le rinomate terme di Roncegno. Ma fu ospite qui anche il celebre compositore tedesco Richard Wagner; durante i viaggi che lo portavano a Venezia. Amava soggiornare a Castel Ivano con sua moglie Co-sima, figlia di Franz Listz, in una stanza predisposta per lui, con pareti provviste di un’intercapedine riempita di carbone, perchè egli potesse ottenere un’acustica ottima-le quando componeva al pianoforte. Richard Wagner è magnificamente rappresentato, immerso nella quiete della Valsugana, nel dipinto “Solitudine” del pittore valsuganot-to Eugenio Prati (oggi esposto Museo di arte moderna e contemporanea di Rovereto).Le magiche atmosfere degli interni di Castel Ivano, perfettamente conservate, valgono di gran lunga una visita. Accedendo dal cortile interno, caratterizzato dall’originale pavimentazione in acciottolato e granito, si può salire alle più intime sale del ma-stio, illuminate da grandi lampadari di ferro battuto sospesi a soffitti lignei decorati a mano. Qui davanti all’elegante camino che illumina di bagliori la pregiata tappezzeria damascata della raffinata Sala della Musica, il grande regista Ermanno Olmi ha am-bientato la scena cardine del film “Lunga Vita alla Signora!”, che gli è valso il Leone d’Argento alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1987. Questo complesso medievale è animato oggi da un’intensa attività di cene di gala, congressi ed indimenticabili matrimoni. Nel 2017, racconta il proprietario Carlo Stau-dacher, il castello sarà pronto ad accogliere esposizioni artistiche ed aventi culturali, grazie ai lavori di riqualificazione degli interni attualmente in corso. Castel Ivano diventerà inoltre emblema dei piccoli comuni circostanti, recuperando la memoria ed il considerevole significato storico che esso ha detenuto fino alla caduta dell’Impero Austroungarico, durante il quale la giurisdizione della valle aveva sede qui. Nell’immaginario collettivo Castel Ivano è sempre un elemento di grande attrat-tiva, per cui non ci sarebbe da stupirsi se le iniziative in programma producessero un riscontro positivo nell’attrattività turistica di tutta la valle, che già nel periodo estivo ospita eventi culturali anche d’alto livello. L’obiettivo chiave del neo-comune di Castel Ivano è proprio questo, divenire un fulcro culturale tale da poter ottenere anche ri-sorse economiche pubbliche. Il territorio della Valsugana, insomma, accende i motori. E punta sulla bellezza dei suoi paesaggi e sulla genuina accoglienza della sua gente, un valore aggiunto oggi sempre più apprezzato dal turismo nazionale ed estero. Per orientarsi e scegliere le proposte più adatte al proprio stile di vacanza: Azienda Per il Turismo Valsugana – Lagorai – Terme – Laghi (www.visitvalsugana.it).

“Vista aerea di Castel Pergine. Si raggiunge dal centro storico di Pergine. Si arriva con l’auto-strada uscendo al casello di Trento Nord.

Il percorso ciclabile che permette di raggiungere Castel Telvana, che domina Borgo Valsugana. Intorno al maniero si tiene il Palio della Brenta

Il vecchio fienlie di Castel Ivano, oggi trasfor-mato in salone per eventi privati con uscita sul parco interno del maniero.

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Musica & Co

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ARENAMEDIASTARMAGAZINEn.1 12/2014

NICCOLO’ FABI – UNA SOMMA DI PICCOLE COSEUn album tutto da ascoltare, quello di Niccolò Fabi, cantautore romano che arriva da un grande successo ottenuto con il trio formato insieme a Max Gazzè e Daniele Silvestri. Da ascoltare magari in un momento di riflessione e solitudine. In quei momenti in cui si ha bisogno di stare soli, ma si ha la necessità di un confidente, qualcuno che dia consigli. Ecco quest’album, intitolato “Una somma di piccole cose” è l’ideale. Dal suono è stato tolto tutto ciò che è superfluo e sono rimasti solo la chitarra e la voce, un connubio vincente in questo caso in cui le parole hanno un senso preciso, di cauta opposizione alla realtà in cui viviamo, ma anche allo status quo del mondo musicale italiano. Fabi ha infatti prodotto questo disco senza i soliti filtri che si interpongono tra la canzone pensata dall’autore e la produzione discografica. Un album minimalista e anticonvenzionale che agli amanti del can-tautorato italiano piacerà di sicuro.

MARTA SUI TUBI – LO STILE OSTILEGruppo italiano sempre un po’ snobbato, “Marta sui tubi” se ne esce con un con-cept album incentrato sulle emozioni intitolato “Lo Stile Ostile”. A tre anni di distanza da “Cinque, La Luna e le Spine” questi tredici brani ci immergono in tredici storie in cui affiora una differente emozione. Ad esempio la dolcezza nel sentimento dell’attesa nel brano “Con un sì” che muta poi in incomprensione, distanza e rabbia in “Da Dannato”. “Rock + Roipnoll” racconta un sogno con stile metropolitano mentre il tema al centro di “Amore Bonsai” e “Un pizzico di te” è l’amore. Curioso l’abbinamento delle voci di Gulino, cantante del gruppo, e Gi-liola Cinquetti in “Spina Lenta”. Questo album, il sesto del gruppo, è stato intera-mente prodotto dai “Marta sui tubi”, concepito a Milano e finanziato tramite una campagna di crowfunding in cui i fan si sono dimostrati molto generosi. Mixato da Loris Ceroni, “Lo Stile Ostile” è un disco che mette il gruppo saldamente al centro della scena musicale italiana come una delle formazioni più originali e creative.

BRIAN ENO – THE SHIPUn album che potremmo definire “onirico” quello di Brian Eno, uno di quei dischi che, quando gli occhi sono chiusi, aprono un mondo di pensieri e fantasticherie. Arriva dopo due anni da “High Life” e si chiama “The ship”, quarantasette minuti di musica ambientale mischiata a musica elettronica. L’album contiene solo due tracce, l’ultima delle quali è suddivisa in tre movimenti come un’aria di musica classica. La prima traccia porta lo stesso titolo dell’album e dura ventuno minuti e l’autore ha dichiarato essere nata come una registrazione multitraccia realizzata per un’installazione che gli era stata commissionata a Stoccolma e nella quale i canti del mare di Eno crescono fino a raggiungere una tensione drammatica con frammenti di voce lontana e elettronica. La seconda traccia è “Fickle sun” e si arti-cola in: “Fickle sun” (primo movimento), “The hour is thin” (secondo movimento) e “I’m set free” (terzo movimento) che è una cover della omonima canzone dei Velvet Underground di Lou Reed.

ARENAMEDIASTARMAGAZINEn.17 5/2016

Il lavoro essenziale di Niccolò Fabi. Le emozioni e i so-gni metropolitani di Marta sui tubi. E un onirico album cult di Brian Eno, “The Ship”.by Stefano Gorlero

Togliere il superfluoA fianco, la copertina dell’ultimo album di Niccolò Fabi. Sotto, “Lo stile ostile” di Marta sui tubi. A destra la cover dell’ul-timo lavoro di Brian Eno, ‘The Ship”.

ASTRONAVE MAX, NEW MISSION

Astronave Max New Mission 2016 è il titolo della rie-dizione dell’ultimo disco di Max Pezzali che verrà pub-blicato il 13 maggio 2016. Anticipato dal singolo Due Anime - rilasciato venerdì 29 aprile - l’album vede l’ag-giunta di due brani inediti (Due anime e Non lo so) e le performance live di alcuni grandi successi della sua car-riera (da Sei un mito a Come mai). L’album precedente, Astronave Max, uscito nel 2015, è stato il diciottesimo lavoro del cantautore pavese. L’ottavo della sua carriera da solista e il quarto contenente esclusivamente inediti. Astronave Max ha debuttato direttamente alla seconda posizione della Classifica FIMI Album, e a due mesi dal-la sua uscita è stato certificato disco d’oro per le oltre 25.000 copie vendute.

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Libri & Co

ARENAMEDIASTARMAGAZINEn.17 5/2016

‘Lui è tornato’ fa scandalo Un romanzo fa rivivere il Furer, Adolf Hitler. Ed è subito polemica. Una storia grottesca che fa riflettere.Daniela Comastri Montanari esce con un cult storico

In questa storia il prota-gonista è Adolf Hitler, sì avete letto bene, proprio lui. Per una curiosa coinci-denza perde i sensi prima di commettere suicidio nel famoso Führerbunker e si risveglia ai giorni nostri a Berlino, convin-to di essere ancora nel 1945 e alle prese con l’i-nesorabile avanzata delle truppe sovietiche. Diso-rientato da una realtà di-versa, moderna e multi-culturale, gradualmente si rende conto che sono passati 70 anni e che la Germania ha perso la se-conda guerra mondiale. Quando viene scam-biato per un comico che imita il dittatore decide di sfruttare la situazio-ne a proprio vantaggio, e grazie al successo ri-scosso approda in tele-visione, dove pensa di poter iniziare una nuova ascesa al potere. Questa la trama surreale di Lui è tornato(Er ist wie-der da), romanzo dello scrittore tedesco Timur Vermes, edito da Bom-piani. Un racconto che sfiora il grottesco, capace di strappare più di una risata, ma lontano dal genere comico e mirato a suscitare delle riflessioni ponderate nel lettore.

“Il senatore Publio Aurelio Stazio sembra finalmente pronto a lasciarsi alle spalle eccessi, vizi ed eccentricità per seguire uno stile di vita più sobrio, da uomo matu-ro e cittadino rispettabile di Roma: abbandonare le indagini criminolo-giche, le avventure galanti... abban-donare i vecchi modi e la vecchia vita. Solo che il passato non sembra es-sere d’accordo: una serie di efferati omicidi diffonde paura e preoccu-pazione a Roma e proprio il patri-zio sembra essere il filo conduttore che collega fra loro le vittime, tut-te donne - diverse per aspetto ed estrazione sociale - con cui aveva avuto relazioni in passato. Inno-cente ma sospettato dei delitti, il patrizio si getta in un’indagine per-sonale come non mai, mentre i suoi

avversari politici approfittano della situazione e della malattia del suo vecchio amico, l’imperatore Clau-dio Cesare - in gioventù suo profes-sore di etrusco - per estrometterlo dal Senato, farlo condannare per gli omicidi e dichiararlo nemico di Roma, aspettando che si getti da solo sulla spada.Queste le premesse di Saxa Rubra, edito da Mondadori, ultimo capito-lo della saga investigativa di gialli storici di Danila Comastri Montana-ri ambientati nell’antica Roma e con protagonista Publio Aurelio Stazio. Nobile atrizio per nascita, senato-re per lascito e investigatore per vocazione, Publio Aurelio Stazio propone uno sguardo caratteristi-co sulla moderna metropoli che era la Roma imperiale di Claudio Ce-sare, sempre in cambiamento e al tempo stesso legata al suo passato,

contraddistinta da innumerevoli contraddizioni e per certi versi così attuale. Epicureo convinto e inguaribile donnaiolo, è sempre accompagnato nelle sue indagini dal suo insepa-rabile segretario, il liberto Castore: truffatore, ladro, ricattatore, falsa-rio, imbroglione, il greco alessandri-no si caratterizza per una peculiare fedeltà nei confronti di Aurelio e per un modo di agire spesso irritan-te e irrispettoso, ma anche ironico e pungente, che spesso e volentieri riesce a ribaltare la situazione a fa-vore dei due... rubando continua-mente la scena al protagonista. L’autrice ha creato una coppia di personaggi così diversi e funzionali con i quali sa trasportare il lettore in un susseguirsi di eventi sempre inaspettati, che rifuggono i classici cliché del giallo.

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A sinistra, la copertina di “Saxa Rubra”, ultimo capolavoro di Daniela Coma-stri Montanari. Qui sopra, copertina choc per “Lui è tornato” pubblicato da Bompiani.

by Edoardo Barbieri

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Heritage & Traditions

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Si attendono nove nascite, battesimi reali e incoronazioni, ‘giubilei’, viaggi diplo-matici intorno al mondo. E’ un’agenda ricca, ricchissima quella delle teste coronate per il 2016. Sicuramente la notizia più ghiotta è stata il novantesimo compleanno, il lo scorso 21 aprile, di Elisabetta II a cui abbiamo dedicato la nostra cover story. Ma se sono fioccati auguri da tutto il mondo, i festeggiamenti non sono ancora iniziati. A maggio sono in programma, dal 12 al 15, sfilate e parate (con circa 2mila i partecipan-ti e oltre 900 cavalli pronti a scendere in campo) al castello di Windsor. Comunque la grande celebrazione della vita e delle imprese della più longeva tra le regine inglesi si terrà il 10 giugno: la famiglia reale al gran completo parteciperà ad una funzione religiosa nella cattedrale di Saint-Paul, mentre il 12 Elisabetta II assisterà ad una co-lazione per ricordare il suo impegno nei confronti del sociale, grazie anche alle sue numerose attività benefiche e di ‘charity’, nelle quali è attiva ormai da oltre 60 anni.In quella stessa giornate uno ‘street party’ riunirà oltre 10mila persone sulla grande ‘avenue’ del Mall, nel cuore di Londra tra pic-nic, canti e danze.Sempre il 10 giugno il duca di Edimburgo, consorte della regina Elisabetta, festegge-rà 95 anni. La regina d’Inghilterra concluderà i suoi anniversari il 10 dicembre, gior-no in cui ricorderà gli 80 anni dall’abdicazione di Edoardo VIII (era il lontano 1936) che lasciò il trono d’Inghilterra per unirsi in matrimonio alla pluridivorziata Wallis Simpson (scomparsa trent’anni fa, il 24 aprile del 1986 all’età di 89 anni).Ma il 2016 sarà importante anche per William e Kate, che Il 29 aprile hanno festeg-giato cinque anni di matrimonio, celebrato nell’abbazia di Westminster. Un evento seguito da oltre 2 miliardi di telespettatori. Da pochi giorni sono partiti per un impor-tante viaggio con visite ufficiali, destinazione India e Bhoutan. E’ la prima volta per i duchi di Cambridge che rinnovano una tradizione che vede in testa il principe Carlo (8 visite ufficiali) accanto alla regina Elisabetta (solo tre). Il 2 maggio si festeggiano anche i 2 anni di Charlotte di Cambridge. Il 2016 sarà un anno impegnativo anche per Felipe e Letizia di Spagna. Dall’8 al 10 marzo hanno compiuto il primo viaggio ufficiale In Inghilterra dei reali spagnoli dopo 30 anni. Sono stati ricevuti, come da tradizione nel castello di Windsor dalla regina Elisabetta e dal principe di Edimburgo. Passando alle teste coronate del nord, lo scorso marzo il Lussemburgo ha festeggiato i 60 anni della granduchessa Maria Teresa del Lussemburgo, moglie del’attuale granduca Henri.I sovrani di Svezia si preparano a celebrare, con una grande festa pubblica e popolare i 40 anni del loro matrimonio che si è svolto il 19 giugno. C’è appena stato il com-pleanno di re Carl XVI Gustaf che ha spento il 30 aprile 70 candeline, accanto agli ultimi nati, il secondo figlio della principessa ereditaria Vittoria e il primo per il neo sposo Carl Philip (terzogenito nella linea di successione alla corona di Svezia) e della giovane consorte Sofia Hellgvist. Anche il Principato di Monaco si sta preparando per festeggiare i 5 anni di matrimonio del principe Albert e della consorte, ex cam-pionessa olimpica, Charlène Wittstock, nonchè i 2 anni dei piccoli principi Jacques e Gabriella. A proposito di lieti eventi, grandi feste per altri nuovi rampolli in arrivo chez lord Frederick Windsor e la sposa, Sophie, già genitori felici della piccola Maud. E anche in casa del il duca e la duchessa di Vendome, genitori per la quarta volta dopo la nascita di Gaston, Marie- Antoniette e Louise -Marguerite.

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Una primavera piena di impegni per le teste coronate europee. Viaggi, festeggiamenti e nuovi rampolli sono attesi per la fine della primavera e l’avvio dell’estateby Giovanni Nicastro Guidiccioni

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Viaggi, party e royal babies

A fianco William e Kate, con i bambini. I princi-pini George e Charlotte. Festeggiano in questi giorni il loro quinto an-niverario di matrimonio. Sotto, Felipe e Letizia di Borbone, prima visita nel Regno Unito dei Reali spagnoli dopo 30 anni.

SUCCESSO PER LA NUIT BLANCHE A MONACOSi respirava solo arte nel Principato venerdì 29 aprile. Oltre all’apertura del Salone Artmonte-carlo, si cele-brava l’Arte in tutta la città con La Nuit Blanche. Un evento voluto dal Conseil National e dal Presidente della commissione cultura, Daniel Boeri, dagli Affari Cultu-rali con la collaborazione di tutte le istituzioni culturali e artistiche di Monaco.Musica sulla spiaggia, gallerie e musei aperti, performance di artisti ed una folla di per-sone hanno animato questa prima Notte Bianca che si è conclusa al mattino alle 7. E’ sicuramente un evento che entrerà nel calendario degli eventi annuali de Principato. E’ amdato bene anche il Salone del Libro, svoltosi pochi giorni prima, il 23 è il 24 aprile, con ospiti stranieri. Sa-bato 23 e domenica 24 aprile la fiera ha aperto i battenti a presso il Salone Atlantico dell’Hotel Meridien Beach Plaza, organizzato dall’associazione Les Rencontres Lit-téraires Fabian Boisson con l’obiettivo di mettere in luce gli scrittori locali e regionali e da quest’anno rappresen-tare anche le comunità straniere di Monaco.Gli autori stranieri di quest’anno sono stati: l’italiana Ilaria Cenci Campani; le americane Melissa Roen e Traci Taylor; il britannico Michaël Christopher Ferrier.

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i TOP NIGHTLIFE I particolari ed esclusivi eventi

della primavera 2016 scelti dagli autori del nostro tv reality

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TopNightlife

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Allegri rinnova, Rhianna ama e Crema è European City of Sport

Nei giorni scorsisi sono acesi i colori della primavera di Crema, Cit-tà Europea dello Sport: le iniziative di questo anno sportivo sono diven-tate più appassionanti e rilevanti.La velocità su due ruote protagoni-sta assoluta non solo per la prima tappa del Giro d’Italia Handbike e Paracycling Italian Tour a Crema, ma anche per il 5° Memorial Carla Avanzini e Gianni Zappieri “ . Alla riuscita del quale hanno contribuito, per quanto riguarda la comunicazio-ne, i nostri soci di Arena Media Star Cremona Simone Saccani, Giorgia Pertosa, Erika Ghisolfi e Eleonora dal Cerè (foto 1,2, 8).

TORNA IL FIGLIO DEL BOSS Pronti per la seconda stagione? Ok ma ricordatevi che Salvatore Espo-stito dal vivo è completamente di-verso da come appare in Gomorra, la serie di Sky che lo ha lanciato e che ora lo vedrà ancora protagonista. Non è tanto una questione di chili o di barba, ma di sguardo, espressio-ni e di voce. Egli ha una consape-volezza di sé e una serenità che ha dovuto spazzare via per interpretare Genny Savastano, il figlio del boss di Gomorra. E poi ha 30 anni, mentre il suo personaggio non arriva ai 20: insomma, stavolta ha quasi rischiato di non avere la parte. Ottenerla gli ha cambiato però la vita. Così, da qualche tempo ha co-minciato a pensare al suo futuro, è anche al cinema in Zeta di Cosimo Alemà, dove interpreta il rapper Sante. Nel video di Serpente, colonna sono-ra del film, è molto credibile, anche se la voce non è la sua ma di Tormen-to. Intanto, lo abbiamo visto anche in un cameo del film” Lo chiamavano Jeeg Robot”, dove interpreta la parte di un truce malavitoso che mangia

sempre e non parla quasi mai.

STAI SERENO, ANZI ALLEGRO.Il tecnico della Juventus, che non piace a tutta la tifoseria bianconera, ha rinnovato li contratto. E come po-tevano farselo scappare dopo i bril-lanti risultati? Per chi non li ricordasse, eccoli. Due scudetti in due stagioni, più una Su-percoppa e una Coppa Italia (in at-tesa delle finali di quest’anno), con una finale di Champions persa a testa alta col Barcellona e la recente eliminazione col Bayern che grida vendetta. Allegri ha eseguito un compito dal coefficiente massimo di difficoltà, visto il legame simbiotico che univa il suo predecessore Conte con l’am-biente Juve.Ha saputo rinnovare le motivazioni in una corazzata che in Italia sembrava già sazia di titoli, dandole inoltre una immagine più europea. Ha saputo lanciarla così verso nuovi traguardi. Morale della favola: prolungamento del contratto fino al 2018 a 5 milioni annui, il più ricco della Serie A (foto 5,6).

ECCO I VIP ECOFRIENDLYA raccogliere l’invito di “Acqua for Life” per un consumo responsabile dell’acqua sono stati molti vip: Luca Argentero, Nancy Brilli, Loredana Cannata, Francesca Cavallin, Sa-mantha de Grenet, Catena Fiorello, Tessa Gelisio, Giuseppe Maggio, Pa-ola Maugeri, Massimiliano Ossini ed Elisabetta Pellini. Tutti quanti ella giornata dedicata alla salvaguardia delle risorse na-turali del Pianeta si sono cimentati nell’impresa di provare a vivere per 24 ore usando soltanto 10 litri di ac-qua, un decimo rispetto a quanto siamo abituati a utilizzare. Il risulta-to? Tutti sono riusciti egregiamente nell’intento.

CACCIA ALL’AMORE SEGRETO DI RHYANNAI giornali di gossip impazziscono, sono tutti a caccia dell’amore segreto che la cantante Rhi-anna protegge gelosamente. L’ultima news è che il fortunato sia Drake e che i due si rincor-rono da mesi, anni forse. Ma finora è mancato qualsiasi riscontro. I due hanno sempre par-lato di «amicizia» e di ottima «collaborazione artistica». Ma a ben guardare tra la star di Bar-bados e il rapper ci sarebbe ben di più.«Rihanna e Drake si frequentano in segreto da mesi», ha rivelato una fonte al settimana Peo-ple. L’ultima dichiarazione di lei sul suo sta-tus sentimentale («Sono single al momento», a Ellen DeGeneres nel febbraio scorso) sareb-be stato solo un tentativo di tenere nascosta la relazione che la terrebbe felice. E per tener lontani altri rumors che negli ultimi mesi la raccontavano vicina a Leonardo DiCaprio (foto 10,11).

BEN TROVATA MARINALunch tra star sempre in forma (Marina Ripa di Meana e Dalila di Lazzaro) con il guro dello stile Nicola Santini. Che ha voluto ricordare il momento con un selfie.

SE NON SONO ALTISSIME NON LE VO-GLIAMOBellezze altissime e inossidabili allietano la Toscana in questi giorni di primavera. Ne ha intercettate alcune il nostro amico conte Gui-do Anzillotti di Pescia. Eccolo con la top mo-del e attrice Elena Santarelli e con l’attrice e show girl Clarissa Burt.

TUTTI PRONTI PER LA QUARTAArena Media Star scalda i motori per la quar-ta puntata del reality Top Nightlife, che sarà girata fra Toscana, Marche e Lazio. La nostra redazione è già a caccia di ‘vittime’ e di loca-tion da sogno dove ambientare le experience che delizieranno i nostri telespettatori, come sempre su un canale del digitale terrestre e su una frequenza Sky. Se volete partecipare alle riprese del nostro programma, entrate nel-la nostra associazione. Nelle pagine del sito www. arenamediastar.com tutte le info per diventare dei nostri.

TopNightlife

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Biennale Architettura

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LA BIENNALESENZA ARCHISTAR

L’edizione numero 15 non ha ancora aperto e già fioccano le critiche: il Cile è

un trend, ma l’architettura povera non fa spettacolo nè presenze.

Staremo a vedere. Intanto Aravena va avanti...

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La 15° Biennale di Architettura di Venezia si terrà nella città lagu-nare dal prossimo 28 maggio al 27 novembre 2016. Per la seconda volta questo importante evento si presen-ta nella veste “lunga” di sei mesi, già sperimentata nell’edizione 2014 che era già in versione ‘senza archistar’.Il nome del direttore è stato reso noto alla fine di luglio 2015 dal presidente della Fondazione Paolo Baratta: è il cileno Alejandro Aravena, fondatore di Elemental che opera da privato nello sviluppo di edilizia a basso costo. Succede all’olandese Rem Ko-olhaas e ai suoi Fundamentals, e agli illustri direttori che lo hanno prece-duto: dall’inizio del millennio sono stati David Chipperfield, Kazuyo Sejima, Aaron Betsky, Richard Bur-dett, Kurt W. Forster e Deyan Sudjic.Aravena è un curatore legato a filo doppio con Venezia e la Biennale di Architettura. All’uscita del nome, qualcuno ha subito storto il naso: un’altra edizione senza archistar.In effetti se il budget è magro, Ara-vena è perfetto per il ruolo. Egli pen-

sa che oggi il vero architetto sia l’inqui-lino. Che il progettista, al massimo, può realizzare metà della casa; l’altra metà, il focolare, la costruisce chi sta dentro. È la risposta che egli dà al problema abi-tativo. Il problema di un mondo che ha superato i sette miliardi di abitanti con più del 50% concentrati nelle città. Se-condo lui, basta esibizioni formali, basta sistema della moda. L’architettura è una missione e l’architetto è uno che non si deve far vedere. «L’architettura è uno specchio, riflette lo stato delle cose, ma è anche un cappotto, che ci deve far sta-re bene senza sapere di averlo addosso. Quanti saranno d’accordo con il bel ci-leno e il suo ciuffo da calciatore, prota-gonista nella costruzione di architetture sociali? La sua rassegna, che si apre a fine mese, si intitola “Reporting from the front” ed è «aperta a tutti quelli che vogliano offrire analisi d’interesse collettivo, a chi desi-dera fare qualcosa, anche di piccolo, che possa essere di esempio».Venezia è città aperta. Ma Aravena si concentra solo sul dare un tetto ai poveri, sull’ ’idea di au-tocostruzione. «Può essere una soluzio-ne anziché il problema - sostiene. <<Le favelas, tipiche autocostruzioni, sono la testimonianza di come,senza capitale,

si possa realizzare un’abitazione». Ara-vena, quando il capitale pubblico non è sufficiente, lo ha utilizzato per acquisire la proprietà e realizzare una prima par-te dell’abitazione: ciascun proprietario si è poi impegnato a terminarla. Questo secondo lui è il tema sul quale si deve concentrale la Biennale, l’architettura so-ciale, che crei socializzazione. E non solo per un biennio.Come si sentirebbe se potesse udire co-loro che, nei salotti che contano, lo defi-niscono ‘perfetto per il trend stagionale’? Aravena sarebbe stato scelto per questo motivo: perchè nel mondo dell’arte o del-la moda, il focus dell’interesse mediatico si concentra su di un determinato trend stagionale. Duque egli rappresenta la tendenza 2016, che presto sarà dimenti-cata...Vedremo chi avrà ragione.Sta di fatto che negli ultimi decenni l’at-tenzione del grande pubblico si era con-centrata sull’architettura portoghese, su una scuola specifica e sul lavoro di alcu-ni mirabili maestri. Poi ci si è innamorati dell’ architettura svizzera, che ripropone forme e regole del costruire tradizionale in rapporto al contesto naturale. Poi è stata la volta degli olandesi, dal carattere dissacrante e supermodernista. Ora tutti si occupano di Cile: quest’estate anche da H&M ci si veste cileno e ovunque si mangia cileno. Gli stilisti hanno saputo che il MoMa avrebbe dedicato una mo-stra all’architettura sudamericana. In quattro e quattr’otto hanno deciso che il trend giusto per la moda 2016 poteva essere, guarda un po’, il Cile. Giusto un anno fa, in maggio hanno spedito i loro stylist a caccia di Cile per musei e poi hanno sfilato in passerella i colori del Su-damerica lo scorso settembre. E’ dunque solo una pura coincidenza che un nome dell’architettura cilena sia alla guida del-la 15° Mostra di Architettura alla Bienna-le di Venezia 2016?Sarà il tempo a dirci se un direttore pri-vo di approcci dogmatici, portatore di “temi” e istanze attuali e necessarie (re-sidenze a basso costo in grado di rispon-dere alle crisi umanitarie ed economiche,

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by Katia Ferri Melzi d’Eril

Biennale Architettura

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LA BIENNALESENZA ARCHISTAR

L’edizione numero 15 non ha ancora aperto e già fioccano le critiche: il Cile è

un trend, ma l’architettura povera non fa spettacolo nè presenze.

Staremo a vedere. Intanto Aravena va avanti...

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Biennale Architettura

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innovazione tecnica e dei materiali, costruzione in contesti “estremi”) farà bene al settore oppure no. Magari il suo vissuto agile, svincolato dalle autocensure, dall’abbraccio condizionante della storia e della tradizione europea risul-terà interessante. Fra un mese torneremo sull’argomento e vedremo chi, secondo noi, avrà avuto ragione. Nato nel 1967, appena laureato all’Università Cattolica del Cile, Aravena nel 1992 parte per l’ Italia e trascorre nella città lagunare un periodo di studi molto intenso, prima allo Iuav e poi all’Accademia di Belle Arti. Nel 2008, primo anno della seconda presidenza Baratta del-la Fondazione Biennale, l’attività sua e di Elemental sono premiate con il Leone d’Argento, si fa notare subito tra i più promettenti architetti del futuro. Dunque eccolo in sella alla mostra di architettura più attesa del mondo: all’inizio di settembre, a nove mesi dall’inaugurazione egli aveva in-dividuato e diffuso il tema della quindicesima edizione e il nome del curatore del padiglione italiano: Simone Sfriso.Come prevedibile, guardando il ricco curriculum di Arave-na, la Biennale 2016 si svolgerà affrontando un tema molto impegnato, nonostante il poco tempo a disposizione. Il tito-lo è «Reporting from the front» vuole rimettere al centro del discorso architettonico l’uomo e la dignità della vita, ponen-do la qualità del costruito come obiettivo da raggiungere, nonostante, ma soprattutto, con scarsità di risorse. E pro-porre una mostra di esempi da cui imparare, azioni concrete in cui la progettazione è un valore aggiunto che ha fornito risposte a problemi impellenti e concreti.Per tutti questi motivi (e non per conoscenze pregresse) il curatore del Padiglione italiano è stato individuato in Si-mone Sfriso, classe 1966, partner insieme a Raul Pantaleo e Massimo Lepore dello studio veneziano Tamassociati, che presenta il progetto «Taking care – progettare per il bene co-mune». Il nome di Sfriso arriva al termine di una procedura di selezione che ha portato il Ministero dei Beni culturali alla valutazione delle proposte curatoriali elaborate da dieci professionisti invitati e poi valutati, come ormai da qualche anno, in totale sordina. E per la prima volta sceglie per la Biennale di Architettura di Venezia un curatore veneziano, con un direttore, Aravena, dal curriculum incidentalmente molto veneziano per studi allo Iuav e all’Accademia di Belle

Alcune immagini della scorsa edizione. Il curatore del Padiglione ita-liano è stato individuato in Simone Sfriso, dello studio Tamassociati

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Aravena è un architetto svincolato dai dogmi e dalle censure

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Milano Design Week

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Arti dopo la laurea in Cile.La foto simbolo della mostra è un’immagine emblematica dei nostri tempi e del difficile rapporto fra architettura e so-cietà civile, in un mondo in vertiginoso cambiamento. Di fronte ai fatti che ci propone la cronaca, sembra quasi che tutte le certezze del passato siano state rase al suolo. Quale orizzonte si prospetta oggi al panorama urbano deturpato e qualche volta distrutto dal suo stesso costruttore? Urgono nuove risposte, non solo esercizi di stile da parte di archi-tetti considerati esclusivamente artisti, bensì un profondo ripensamento di questo tipo di professione, che dovrà tener conto in futuro delle esigenze umane e paesaggistiche a più ampio raggio. Chissà cosa ne pensano i colleghi...Alejandro Aravena in merito alla Biennale di Architettura 2016 rilascia parole emblematiche: “Di fronte alla comples-sità e alla varietà delle sfide alle quali l’architettura deve dare risposta, il tema “Reporting From the Front” si propo-ne di dare ascolto a quelli che hanno potuto acquisire una prospettiva e che sono quindi in grado di condividere sa-pere ed esperienze con noi che stiamo in piedi sul terreno”.La Mostra Reporting from the Front partirà dal Padiglione centrale, dove si trovano i Giardini, proseguirà verso l’Ar-senale, includendo 88 partecipanti provenienti da 37 Paesi. Di questi, 50 si presentano per la prima volta. Ben 38 sono architetti under 40. Fanno parte della Biennale di Architet-tura 2016 tre Progetti Speciali. Il primo prende il nome di “Reporting from Marghera and Other Waterfronts” e ci fa riflettere sul difficile equilibrio fra zone portuali e contesto propriamente urbano delle città sull’acqua. Questi contesti sono stati fortemente degradati lungo le nostre coste, de-turpati da poli industriali come Marghera, che hanno avuto un impatto devastante per l’ecosistema e per i suoi abitanti.Il secondo progetto viene affrontato dalla Biennale di Vene-zia e il Victoria and Albert Museum in merito alla preserva-zione degli artefatti culturali.Ultimo ma non di importanza, il progetto “Report from Ci-ties: Conflicts of an Urban Age”. Si concentrerà sulle tra-sformazioni avvenute nelle città in due archi di tempo, uno che va dagli anni 90 fino ad oggi e l’altro che comprende gli ultimi 100 anni. Questa scelta è stata fatta per mostrare

Altre immagini dell’edizione 2014. La Biennale al via il 28 maggio trat-terà anche delle trasformazioni subite nelle città negli ultimi 100 anni

Foto simbolo della Biennale: il difficile rapporto architettura-società

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Biennale Architettura

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Biennale Architettura

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al visitatore la crescita esponenziale dell’urbanizzazione contempora-nea degli ultimi 25 anni e per piani-ficare il progetto di città ben distri-buite ed equilibrate, per uno stile di vita migliore. Ne sono un perfetto esempio i nuovi grattacieli eco-so-stenibili del Bosco Verticale Milano e la Torre dei Cedri a Losanna, che pongono una particolare attenzione alle tematiche riguardanti la natura. “TAKING CARE, Progettare per il bene comune / Designing for the common good” è il titolo del Padi-glione Italia alla Biennale Architet-tura 2016. Si darà spazio ai progetti di architettura come servizio alla comunità, alla cura degli individui, degli spazi, dei luoghi, dei princi-pi e delle risorse. Per promuovere un’architettura che faccia differen-za, secondo il proposito di TAMas-sociati, il team curatoriale di questa edizione del Padiglione (Massimo Lepore, Raul Pantaleo, Simone Sfri-so). Un’architettura partecipata e intelligente, per scardinare gli sta-tus quo e di immaginare un futuro migliore. Questo progetto intende radicarsi e riprodursi al di fuori di essa, per generare una nuova consapevolez-za civica. Un’architettura al servizio del bene comune sociale, baluardo

contro le frontiere create da margi-nalità ed esclusione. “Le periferie sono la vera sfida del XXI secolo, luoghi in cui vive, lavora e sogna la grande maggioranza degli abitanti delle nostre città. Bisognarganizza-re questi spazi, connetterli ai grandi flussi metropolitani rispettandone le identità, restituire loro bellezza e armonia è il grande ruolo che gio-ca l’architettura in questo contesto” vorrebbe Dario Franceschini, Mini-stro dei Beni e delle Attività Cul-turali e Turismo. Ma molti progetti sono stati distrutti dal vandalismo...Tornando al tema chiave della 15. Mostra -si sottolinea la necessità di indagare e di coniugare l’architet-tura con la qualità della vita delle persone. Questo intento è ribadito anche da Paolo Baratta, Presidente della Biennale di Venezia: “Abbiamo te-muto che l’architettura rischiasse di non avere altre alternative, oltre a quella della realizzazione di in-terventi spettacolari o di bricolage. Questa Biennale vuol dirci che l’ar-chitettura è partecipe di una grande finalità: dare forma allo spazio co-mune.” Le periferie, territori in con-tinua trasformazione e aperti alla sperimentazione, stannno affron-tando i cambiamenti della contem-

poraneità, anche drammatici. Ma la cultura può fare molto per le periferie, in partico-lare nella missione della DGAAP, che vede tra i suoi compiti proprio la promozione di politiche culturali volte a sostenere processi virtuosi di riqualificazione. Federica Galloni, a capo della Direzione generale Arte, Archi-tettura contemporanee e Periferie urbane, sottolinea: “Al di là degli interventi speci-ficatamente urbanistici o di politica sociale sulle periferie, l’architettura può e deve fare molto: è questa la principale missione della Direzione generale che vede tra le sue azioni la promozione della qualità del progetto di architettura e di politiche culturali volte a so-stenere processi virtuosi di riqualificazione”. Il tema sviluppato nel Padiglione Italia– quello dell’ “avere cura” - vuole essere una prova tangibile di come l’architettura possa contribuire a diffondere e rendere efficaci i principi di cultura, socialità, partecipazione, salute, integrazione, legalità in qualsiasi luo-go e a qualsiasi scala. All’interno del Padi-glione Italia, verranno presentati 20 progetti di studi italiani in cui si evidenziano molte-plici approcci, varietà di attori, pluralità di obiettivi dei lavori svolti. La selezione spazia in campi come l’abitare, il lavoro, la salute, l’istruzione, la cultura e valorizza il rapporto tra una committen-za variegata (pubblica, privata, associati-va, civica) e un’architettura parte attiva nel processo di partecipazione e condivisione. Quindi, il percorso espositivo si apre a una rassegna di scatti fotografici che diano forma visibile all’idea di bene comune in Italia.Infine si va verso la sperimentazione sul campo e in un esplicito invito all’azione. Nel Padiglione verranno presentati 5 proget-ti inediti di realizzazioni assegnate ad altret-tante associazioni nazionali impegnate nel contrasto alla marginalità in aree periferiche del nostro Paese. Si tratta di 5 artefatti: personalizzati in un la-voro congiunto tra progettisti e associazioni, che porteranno - in un progetto complessivo di sussidiarietà sociale - qualità, bellezza e diritti laddove manchino o risultino limitati. In conclusione: le premesse sono incorag-gianti, ma le critiche sono una valanga. Sta-remo a vedere, a breve, i risultati.

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“Designing fo the common good” è il titolo del Padiglione Italia per l’edizione 2016. Qui sopra e nella pagina a fianco, immagini dall’ultima edizione 2014

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Week end & Co

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Open House Milano, Al via la due giorni internazionale che permette

la visita di edifici storici, culturali e sacri con focus sull’archiettura nel capoluogo lom-

bardo. Che era suddiviso in sestieri sorvegliati da bellissime porte

alcune delle quali modificate o abbattute

“Open House Milano 2016 è un importante evento che permette di scoprire l’ar-chitettura e le location inedite della città meneghina il 7 e 8 maggio. Questa sarà la prima edizione milanese, basata sul circuito internazionale Open House Worldwide, che pone al centro dell’attenzione proprio la città ospitante e la sua vera identità e che si si svilup-pa in 4 continenti e 31 città. In Italia è presente già dal 2012 grazie a Open House Roma. Ad ogni modo, non capita tutti i giorni di entrare in palazzi d’epoca ormai chiusi e poter vedere altri capolavori all’interno dei quali è difficile, se non impossibile accedere. Open House Milano serve proprio a questo, a far conoscere ai più curiosi e in maniera gratuita, i siti architettonici meno conosciuti e meno visitabili del capoluogo lombardo.Come si sviluppa Open House Milano 2016? Per visitare i luoghi storici e inediti della città, si seguirà un programma che segue l’antica suddivisione in sestieri del capoluogo: si partirà da Piazza Mercanti. Qui un tempo le porte del Broletto indicavano il centro e da qui partiva la suddivisione in sei spicchi che si estendono fino ai confini periferici della città, che sono ancora quelli attuali.Si potranno visitare edifici storici, culturali e quelli sacri, con focus, ovviamente, sull’ar-chitettura. Tra i luoghi proposti nell’OHM2016 (questa la sigla dell’evento) ci sono il Palazzo Archinto, la Rotonda della Besana, la Clinica Columbus, l’Auditorium di Mila-no, la Biblioteca Sormani, lo Studio Museo Messina, S. Maria Nascente in chiesa Rossa, la Fondazione Vico Magistretti, lo Studio Del Rosso, le Officine del Volo e la sede della società di consulenza Deloitte&Touche. Nel corso di Open House Milano 2016 sarà anche sviluppata la tematica dell’abitare e soprattutto quella del social housing, e di come questa si sia evoluta dagli inizi del ‘900.OHM2016 è un evento unico, da non perdere, per di più gratuito e che cerca di favorire il dialogo tra pubblico e privato.

Qui sopra: il manifesto del progetto Open House Milano che porterà il pubblico meneghino e non a scoprire l’architettura ‘nascosta’ del centro città.

by Stefano Gorlero

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Le visite guidate saranno curate da oltre 170 volontari di tutte le etàLe visite guidate, visibili sul programma Open Hou-se Milano, saranno curate da oltre 170 volontari di tutte le età. Open House Milano è un evento annua-le aperto a tutti: un intero weekend in cui accedere gratuitamente, supportati da guide specializzate e volontarie, a edifici pubblici e privati dal notevole valore architettonico. Open House Milano rivolge la propria attenzione agli edifici normalmente non accessibili, al patrimo-nio architettonico moderno e contemporaneo, per estendersi fino alla città in trasformazione, senza mai trascurare la ricchezza artistica e culturale che carat-terizza Milano dall’antichità in poi. Se si potesse tornare indietro con la consapevolezza di oggi, i sestieri e soprattutto le bellissime porte di accesso alla città non verrebbero distrutte o snatura-te, ma conservate e valorizzate. Contentiamoci che qualcuno se ne ricordi e che che tenga in vita, dove non si può far altro, almeno il ricordo di quel che era l’antica Milano.Open House Milano fa parte dal 2015 del circuito Open House Worldwide, evento internazionale che si sviluppa in 4 continenti e 31 città. In Italia è presen-te già dal 2012 grazie a Open House Roma.Il concept originale di Open House è nato a Londra ed è stato sviluppato da Open House Londra. L’e-vento partirà in centro dal Broletto, collocato in Piaz-

za Mercanti, cuore dei sei sestieri che un tempo arrivavano fino alle mura di cinta, che avevano appunto sei porte: Porta Ticinese, Porta Romana, Porta Orientale, Porta Nuova, Porta Vercel-lina e Porta Comasina. Queste porte conferivano la denominazione ai vari sestieri e prendevano a loro volta il nome dalle direttrici territoriali che definivano, collegando Milano alle regioni circostanti e al resto d’Italia e d’Europa.Fino a gran parte del secolo scorso l’ap-partenenza a un determinato sestiere era ancora molto sentita. Ognuno di essi, a sua volta diviso in contrade, era caratterizzato da tradizioni e modi di vivere propri, esibiva un proprio sten-dardo e una sfumatura di dialetto dif-ferente. Nella zona di Porta Orientale (l’attuale Porta Venezia), ad esempio, si parlava con un accento più simile a quello di Bergamo, in Porta Ticinese, invece, la parlata era vicina a quella di Pavia.Per l’evento del 7 e 8 maggio Open House Milano fa propria quest’antica suddivisione per sottolineare la con-tinuità tra centro e periferia: l’evento, infatti, si estende a tutta Milano, da piazza Duomo fino ai confini ammini-strativi della città. Ma è anche un modo per far collegare idealmente passato, presente e futuro: seguendo la ripar-tizione urbana di epoca medioevale si potranno visitare gli edifici più carat-teristici dell’architettura milanese mo-derna e contemporanea. Così tradizione e attualità si mescole-ranno in quell’intreccio che una città millenaria e in continua evoluzione come Milano ha saputo creare.Con OHM scoprirai una città inedita, avendo accesso alle case private più interessanti, agli studi di artisti e archi-tetti, ai monumenti più conosciuti della città. Si potranno così esplorare le peculiari-

tà di ciascun sestiere oppure scoprire le architetture e le storie disseminate nel-le diverse zone della città.Ecco uno per uno i sestieri milanesi tut-ti da scoprire.– Porta Ticinese: tra Porta Romana e Vercellina, il sestiere andava da corso Italia a via De Amicis a S. Maddalena al Cerchio . Il suo stemma era uno sga-bello rosso su fondo bianco.– Porta Romana: tra Porta Orientale e Porta Ticinese, caratterizza una zona compresa tra la Besana, San Celso in corso Italia, e via Torino. Non tutti sanno che la più antica Porta Romana (che si trovava circa all’altez-za di Missori) era guarnita di quattro torri, i resti di una di queste – dopo la demolizione del complesso nel 1793 – furono incorporati nel gruppo di case che ancora si trova alla sinistra del Cor-so per chi va fuori città, all’angolo con Via Francesco Sforza. Lo stemma del Sestiere di Porta Romana era comple-tamente rosso. Porta Orientale: si estendeva tra Porta Nuova e Porta Romana, i suoi confini andavano da S. Andrea fino alla Gua-stalla. La porta era a metà dell’attuale Corso Venezia, aveva due archi ed era fortificata con due torri; fu demolita nel 1818. Un leone rampante su sfon-do bianco era lo stemma del Sestiere di Porta Orientale.Porta Nuova: i suoi confini erano la contrada di S. Andrea da una parte e il naviglio di S. Marco dall’altra. Aveva uno stemma a quattro quadri bianchi e neri.Porta Vercellina: tra Porta Ticinese e Comasina. Andava da via Lanzone all’Ambrosiana, mentre sull’altro lato passava lungo la strada del Castello. Con uno stemma rosso e bianco (rosso di sopra, bianco di sotto).Porta Comasina: tra porta Vercellina e Porta Nuova. Aveva uno stemma a quadretti bianchi e rossi.

Week end & Co

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finalmente

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by Edoardo Barbieri

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Incanto a TorcelloL’area sacra, di epoca bizantina.

Il prezioso museo. E di fianco uno dei ristoranti

più belli e raffinati d’Italia: la Locanda Cipriani

S e aveste bisogno di fare una fuga in paradiso, anche solo per un week end, il luogo giusto è l’Isola di Torcello: un puntino nella Laguna di Venezia se guardate le mappe. Ma è un puntino indimenticabile. Per la sua bellezza e per i sapori stra-ordinari che qui si possono gustare. Da prenotare assolutamente ci sono solo due siti: il complesso sacro che offre una bella visita con varie agenzie. E la Locanda Cipriani che è un luogo straordinario per mangiare. Anche se è apprezzabile lo sforzo di tutti coloro che hanno rivitalizzato Torcello aprendo baccari per lo spritz, ristorantini con giardino, bed & breakfast. Perchè alla Locanda i posti sono limi-tati: se si arriva fin qui da Venezia alla ventura e non c’è posto, si è almeno certi di non saltare il pasto. Torcello siamo andati a visitarla fuori stagione, quando i turisti non vociano continuamente fra le pietre della Cattedrale, della Chiesa romanica di Santa Fosca, tra i resti del battistero e nelle sale del piccolo Museo. E quando il pa-tron della Locanda Cipriani, Bonifacio Brass, può fermarsi a raccontarci qualcosa dei sapori straordinari che sua madre sapeva trarre dalle materie prime più sempli-ci, chiudendo la porta della cucina a chiunque non fossero i suoi figli, che dirigeva severamente nell’esecuzione perfetta dei piatti segreti della famiglia Cipriani. Sì, sono proprio loro quelli che hanno inventato il ‘Carpaccio’ di carne cruda e gli aperitivi più seducenti del mondo, il Bellini (prosecco e pesca bianca), il Mimosa (prosecco e arancio), il Rossini (alla fragola) e il Tintoretto (al melgrano). Ed è pro-prio qui che potrete gustare la zuppa di pesce più raffinata del mondo.La storia di questo luogo bellissimo è antica e decisamente gloriosa: La Cattedrale di Santa Maria Assunta è la costruzione più antica presente nella laguna: fondata nel 639, è uno splendido esempio di stile veneto-bizantino. Di particolare interesse, il portico e i motivi ornamentali della facciata oltre ai rivestimenti marmorei e agli splendidi mosaici all’interno. Torcello, la prima delle isole di Venezia ad essere abitata, è ricca di leggende e storie curiose, come quella del trono del V secolo, che si vorrebbe scolpito per volere di Attila, il re degli Unni, che inseguiva gli abitanti in fuga da Altino. Il trono di pietra che ancora oggi si trova davanti alla cattedrale sarebbe stato usato dal ‘il flagello di Dio’, per decidere feroci esecuzioni dei nemici.In realtà gli Unni non arrivarono mai a Torcello, perché la loro avanzata in Italia nord- orientale si fermò ad Aquileia. Questo trono di pietra fu comunque usato

Food & Co

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dalla prima comunità nell’isola di Torcello a Venezia. Vi sedeva il magi-ster militum, il governatore dell’iso-la, durante le riunioni del consiglio e quando amministrava la giustizia. La Locanda fu creata da Giuseppe Cipriani, divenuto famoso in tutto il mondo per il suo Harry’s Bar di Venezia e per aver successivamente creato l’Hotel Cipriani di Venezia e l’altra “perla” dell’hôtellerie che è la Villa Cipriani di Asolo. Verso la fine degli anni ‘20 si innamorò di quest’angolo incantato della laguna che è Torcello e decise che l’avrebbe fatto conoscere al mondo.Nel 1934 rilevò una piccola e mode-sta rivendita di vini e di olio e la tra-sformò in una locanda: poche grazio-se camere per gli ospiti e una sala per il ristorante. Tutto intorno costruì un eden di fiori e verde affacciati sulla vista impareggiabile delle chiese di Torcello. Poi un inaspettatoa colpo di fortuna: arrivò Ernest Hemingway, che qui soggiornò e scrisse “Di là dal fiume e tra gli alberi”, dedican-do all’isola intere pagine del suo ro-

manzo. Così Torcello e la Locanda Cipriani entrarono nell’olimpo del mito letterario. Situata a mezz’ora da Venezia (si arriva col vaporetto da Fondamenta Nove cambiando a Burano), Torcel-lo è ancora oggi un’isola incantata: da 2000 anni i veneziani si rifugiano qui per sfuggire ai barbari (gli Unni di allora sono i turisti di oggi). Vi si incontrano sempre vip, personaggi e teste coronate: fra le pietre della cattedrale e tra le siepi fiorite della Locanda hanno passeggiato Charlie Chaplin, Paul Newman e persino la Famiglia Reale inglese al completo.Semplicità ed eleganza sono le pa-role d’ordine del ristorante della Locanda. I menù sono brevi ma spettacolari, il servizio è attento ai particolari, la cucina interpreta “alla Cipriani” i piatti tipici veneziani.Nata con l’intento di essere una “maison d’hote” di campagna, la Locanda Cipriani, in contrasto con lo struggente paesaggio circostan-te delle chiese e la fioritura del suo giardino, accoglie i suoi ospiti in

ambienti storici, dove si in-dugia volentieri, ammirando il legno antico del soffitto, i mattoni di cotto delle pareti ornate da antichi bassorilievi veneziani, le vecchie pentole e le brocche di rame appese un po’ ovunque, le foto in bianco e nero di Elisabetta d’Inghil-terra e di Hemingway.All’ingresso si trova un gran-de “fogher”, il tipico camino vallesano, dove in inverno non manca mai un bel fuoco scoppiettante. Al ristorante sono riservate due grandi

sale, entrambe con ampie vetrate af-facciate sul giardino, e nella bella sta-gione anche una terrazza esterna.Dall’inizio della primavera sino all’au-tunno inoltrato, il giardino, con le sue fioriture di margherite e di tulipani, di dalie e rose, con l’oro dei melograni e il rosso fuoco delle viti americane, offre un ambiente molto suggestivo.La cucina propone innanzitutto i piatti inventati dalla famiglia Cipriani e di-venuti veri e propri classici, come il “Carpaccio” di carne cruda e il pesce sampietro “alla Carlina” che era Carla Cipriani, madre dell’attuale proprie-tario e moglie del regista Tinto Brass. Sono un vero cult, in stagione, gli asparagi con l’uovo e i dessert, come la crema catalana e la mousse al gian-duia con salsa di piestacchio. Volendo ci si può anche fermare per la notte, perché la Locanda offre ospitalità nel-le sue cinque camere, tutte al primo piano dell’edificio, alcune si affaccia-no sull’esplosione di tulipani, gladio-li, iris e violette, con roseti e ortensie pronte a sbocciare di fianco ai tavoli e sedie di ferro battuto bianchi, deposti sul ghiaino, come si vedono solo nei film degli anni Cinquanta. Neanche a dirlo, sono stati centinaia i matrimo-ni celebrati (a Santa Fosca) e proposti proprio qui, in queste romanticissime stanze che si affacciano sulle minusco-le isole dei dintorni e sulla tavolozza dei colori che è l’isola di Burano, con le sue case dipinte a cromie vivaci. Dal mare color giada arrivano con-tinuamente barche dei fortunati che arrivano a godersi la gustosa insalata di pollo, i tenerissimi scampetti bolli-ti con carciofi, il risotto alla torcellana con verdure dell’estuario il fritto misto di pesce e verdure julienne.

Il Carpaccio e altre invenzioni dei Cipriani sono oggi dei ‘classici’

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Food & Co

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Vini & Co

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Il 14 maggio è la giornata mondiale del barbecue. Ma non tutti sanno che vini abbinare con i vari tipi di grigliate: di manzo, di maiale, di pesce o vegetariane. Ecco per voi una selezione al top

Barbecue di tutto il mondo a griglie ardenti sabato 14 maggio per il Global Grill Day, la giornata mondiale del barbecue promos-sa dal leader mondiale del barbecue Weber che vedrà all’opera milioni di griller intenti a preparare specialità alla brace per amici e familiari. In effetti una bella grigliata è un’occasione unica per condividere l’emozione di impagabili momenti felici, tra il profu-mo di una paella o di un pollo al limone e le risate di persone se-rene che si incontrano per stare bene insieme. Una festa di sapori, di buon cibo e di legami affettivi che si protrarrà tutto il giorno e che potrà essere vissuta con conoscenti vicini e lontani grazie alle immagini e alle esperienze che verranno caricate sui canali social dedicati. Che sia in giardino, su un terrazzo di casa, al mare o in montagna, il barbecue troverà la giusta collocazione per rendere tutti protagonisti per un giorno. Ma quali sono i vini più adatti per il food più antico del mondo? Anche perchè spesso si accompagna a vari appetizers, dai salumi ai pesci in carpione alle insalate. Un pollo alla brace o arrosto mediamente speziato vedrà in un buon rosato il compagno ideale: vin consigliamo il Cerasuolo di Torre dei Beati, uno dei più buoni in circolazione ad uno straordi-nario rapporto prezzo qualità. Buon volume al palato, morbidez-za. La notevole componente alcolica (14%) non si avverte troppo grazie alla freschezza e alla lunga persistenza aromatica. Se preferite un bianco, ecco il Santa Barbara. Stefano Antonucci Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Riserva 2011. Il Verdicchio è uno dei migliori vini italiani. Questo presenta un colore paglie-rino oro molto luminoso. Elegante, rilascia profumi di pesca, lime, albicocche mature, di fiori gialli e forti sentori speziati. In bocca avvertiamo ricordi di nocciole, pane grigliato, leggere agrumate. Per i tagli di maiale, il vino cambia a seconda che si scelga un pez-zo più magro o più grasso. Con le carni bianche vanno bene i vini che si accompagnano al pollame. Per i pezzi più grassi dovremo considerare un vino un po’ più fresco in grado di pulire il palato.Hofstatter. Lagrein rosè Alto Adige Doc 2012 è un vino di gran per-sonalità con la fragranza di un bianco e la morbidezza di un rosso. Jolly in abbinamento sulle carni bianche grigliate, ha una buona struttura alcolica (13%).ile nota di violetta, sapore armonico, gra-devolmente acidulo, ma leggermente aromatico e fruttato. Libran-di Duca Sanfelice Cirò Rosso Classico Superiore Riserva Doc 2011è un vino dall’ottimo rapporto qualità prezzo. Le uve di Gaglioppo in purezza rivelano nel vino profumi intensi e fruttati che riporta-no alla mente il sole e la macchia mediterranea di Cirò Marina. Più le carni sono corpose, più servono vini di piacevolissima beva, €

Barbecue, vino e...

NUOVO PREMIO IN USA PER LUGANA MANDOLARAUn nuovo riconoscimento per l’azienda agricola Le Morette di Peschiera del Garda (Verona), il cui Lugana Mandolara è stato valutata ben 92 punti da Wine Enthusiast, autorevole rivista americana, punto di riferimento per l’enologia internazionale con panel di degustazione composti da critici di altissimo livello.L’annata 2015, da pochi giorni disponibile sul mercato, si è già aggiudicata un punteggio che la porta ai vertici della denominazione Lugana. Il Lugana Mandolara è stato protagonista anche all’ultimo Vinitaly, dove è stato abbinato al Coregone in Carpione, uno dei piatti della tradizione gardesana recuperati in una serie di degustazioni allo stand de Le Morette.

In alto, i barbecue Weber, leader mondiale delle attrezzature per grigliata, che ha promosso la giornata mondiale del barbecue il 14 maggio. A fianco, i premiatissimi Lugana dell’a-zienda agricola le Morette.

by Andrea Marazzina

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erre del Principe. “Roseto del Volturno” Igp Terre del Volturno, 2013 è un vino dell’alto casertano che si produceda un blend al 50% di vitigni riscoperti di pallagrello e casavec-chia. Di colore intenso, luminoso. Al naso presenta profumi di confettura fresca, con una dominanza di lamponi e mirtilli. La fre-schezza del pallagrello e la struttura del casa-vecchia lo rendono ideale per accompagnare costine e nodini di maiale. Per le carni rosse di manzo si ha invecebisogno di vini con tan-nini abbastanza imponenti, una certa alcolici-tà e morbidezza. I vini d’Orcia sono perfetti. Così come il Falerno del Massico da Primi-tivo “Maiatico” 2010di Cantine Moio, che nasce dalla vinificazione in purezza di una accurata selezione di uve Primitivo raccol-te leggermente surmature e fermentate con lunga macerazione. Il bicchiere è rosso rubi-no intenso, con note di frutti di bosco, mora, pepe nero e verde. In bocca è denso, robusto, (14,5%) con tannini levigati ed un finale per-sistente di spezie e mandorle tostate.Per i palati fini, Principi di Spadafora. Don Pietro rosso Igp Sicilia 2012. E’ un vino di struttura con l’eleganza tipica di un taglio bordolese siciliano. Nero d’Avola 40%, Ca-bernet Sauvignon 40% e Merlot 20%. Colore rosso rubino intenso. Profumo ricco, intenso, fruttato. Gusto armonico, rotondo, persisten-

te. Tannini ben presenti e risolti. La vinifica-zione delle uve del Don Pietro rosso avviene in periodi diversi: la prima uva ad essere vi-nificata è il Merlot, poi il Nero d’Avola e per ultimo il Cabernet Sauvignon. Le percentua-li di ognuna ovviamente, variano a seconda dell’annata.Per il pesce si avrà sempre bisogno di bianchi abbastanza morbidi, freschi, sapidi e aroma-tici. I pesci grassi, di grossa pezzatura, prefe-ribilmente non di carne bianca, meglio tranci di spada o tonno sono quelli che accolgono meglio la cottura sul barbecue. I pesci più delicati richiedono molta attenzio-ne alla cottura e di essere inumiditi con salsi-ne ad hoc; la cottura alla griglia, anche la più abile, può rendere le carni secche e stoppose e la sensazione di amaro esasperata. Va meglio per i crostacei che sono protetti dal carapace che preserva la dolcezza e la succulenza della polpa.Se amate i vini veneti, è perfetto un Lugana. Altrimenti dalla Sicilia un Valle dell’Acate. Frappato di Vittoria doc 2012. Il vino estivo dei siciliani, da bere fresco a 15°. Rosso rubi-no chiaro, fragrante, fresco, profumatissimo di frutti rossi maturi, di buon tenore alcolico (13%), tannini morbidi, di beva intrigante e piacevole, fresco e delicato lo abbiniamo bene ad un’ombrina alla griglia.

Prezzo in enoteca: 12 €

2. Reale. Getis Rosato Tramonti Costa d’Amalfi Doc 2012

Se poi durante la scampagnata vi ca-pitasse la fortuna d’imbattervi in una ‘pezzogna’ di grossa pezzatura da cuocere alla brace, allora il rosato da uve Tintore (20%) e Piedirosso (80%) di Luigi Reale è quello che fa per voi. Abbiamo davanti un vino di una buo-na alcolicità e morbidezza (13%) per far fronte alla struttura del piatto e alla sensazione amarognola derivante dalla cottura. I profumi sono fruttati e floreali con piacevoli richiami agruma-ti. Il palato è avvolgente e richiama le sensazioni olfattive. Il vino è lungo e conferma la versatilità del piedirosso come varietà adatta anche ai piatti di mare.

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Vini&Co

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Qui sopra, barbecue di pesce. A fianco: ostriche speziate alla griglia Sopra: Donatella Cinelli Colombini, confermata Presidente di Consorzio Doc Orcia

DONATELLA CINELLI COLOMBINI GUIDA ANCORA DOC ORCIAIl consorzio DOC Orcia riconferma Dona-tella Cinelli Colombini alla presidenza per i prossimi tre anni. Doc Orcia è in veloce innalzamento qualitativo e va annovera-ta fra le piccole denominazioni italiane emergenti. In occasione dell’Orcia Wine Festival 2016, evento che ogni anno porta a San Quirico d’Orcia migliaia di winelo-vers, il Consorzio ha rinnovato il suo Con-siglio di Amministrazione riconfermando la Presidente con Giulitta Zamperini e Roberto Terzuoli vicepresidenti e i con-siglieri Andrea Giorgi (Sampieri del Fà), Capitoni Marco (dell’omonima azienda Capitoni), Paolo Salviucci (Campotondo), Emanuele Bizzi (Trequanda), Antonio Ro-vito (Val d’Orcia Terre Senesi), Olivi Giu-seppe (Olivi-Le Buche), Roberto Rappuoli (Podere Forte) e Berni Valentino (Loghi). Infine Gabriella Giannetti (San Savino) ricopre il ruolo di Segretario e Marco Tu-rillazzi quello di Sindaco Revisore. Donatella Cinelli Colombini inizia il suo secondo mandato, forte del consenso dei soci ottenuto grazie al grosso lavoro dei tre anni passati. Eventi, contatti e comu-nicazione che si riassumono nel progetto “Orcia, il vino più bello del mondo”.

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Grand Tour

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BUEN RETIROIN PORTOGALLO

Sono più di 5000 i pensionati italiani che se ne sono andati sulle sponde dell’Atlantico. Perchè è ricco di luoghi di fascino e offre

una vita tranquilla e low cost

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Grand Tour

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Sè vi piacciono il mare, il vento, i paesini di pescatori e un’atmosfera diversa dalla movida romagnola, benvenuti in Portogallo. E’ una ter-ra di magnifici colori, coste battute dal vento, paradiso dei surfisti e da qualche tempo anche dei pensiona-ti italiani, affascinati dai paesaggi da cartolina e dai tranquilli paesini medievali. Siamo andati a trovarne qualcuno, partendo da Malpensa, per capire qualcosa di più su questa meta di grand tour che si trasforma molto spesso in buen retiro. Arri-vando in serata all’aeroporto Fran-cisco Sà Carneiro, già sul percorso in taxi si può ammirare un primo assaggio delle città, caratterizzate da un alto numero di chiese antiche e da edifici civili decorati con gli azulejos: famosissime piastrelle di colore blu e azzurro, posate una in fianco all’altra, che ritraggono sce-ne tipicamente religiose, ma anche motivi astratti. Questa tradizione fu introdotta dagli arabi durante la conquista della penisola iberica e si è sempre mantenuta. Il giorno dopo ho subito raggiunto un po’ di nuovi residenti, fuggiti da Roma, da Vare-

se e dalle Marche. Secondo loro il segreto per scoprire Oporto è quello di partire dalla città alta e scendere per i vicoli e addentrarsi nel reticolo urbano, esplorare le zone popolari. La Sé è la cattedrale della città, un misto di romanico, gotico e barocco. Santa Clara è un’elaborata chiesa a due passi dalla cattedrale, con muri interamente ricoperti di bellissime decorazioni.Il mercato coperto di Bolhão è un luogo colorato e ricco di spunti dove ammirare lo spettacolo dei prodotti portoghesi. Non perdetevi un giro alla Libreria Lello e Irmão: è un vero gioiello con la scala più stravagante del Portogallo in legno pregiato a forma di 8, con doppia circonvoluzione. Ricorda il vascello di un navigatore oppure un violon-cello e incanta chi osserva gli scaf-fali intagliati dei libri e le poltrone art déco.Visitando la chiesa dos Clerigos si può salire sulla torre più alta di Porto da cui si gode un panorama unico sulla città.Gli appassionati potranno visitare il Centro Portugues de Fotografia con una collezione impressionante

di macchine fotografiche di tutte le epoche.Qualcuno dei ‘nonni italiani in fuga’ è ar-rivato da fuori per conoscermi, col treno, scendendo alla famosa stazione dei treni di Sao Bento, decorata all’interno con azulejos raffiguranti scene di guerra, incoronazioni di re e vita quotidiana. Estação de São Bento è famosa per la Sala dei passi perduti, rico-perta da meravigliosi azulejos che illustrano la vita popolare e i momenti più importanti della storia del Portogallo. Passando alla città bassa, ecco, sulle rive del Douro, il reticolo di viuzze del quartiere più colorato e pittoresco della città, la Ribeira: sono molti gli scorci caratteristici e ci sono tante enoteche e risto-rantini ideali per assaggiare la cucina locale. Attraversando il ponte metallico Dom Luis, realizzato da un collaboratore di Eiffel, si può godere di una vista assolutamente superba e si può ammirare anche l’altro ponte della fer-rovia Dona Maria Pia, progettato dallo stesso Eiffel che fu la prova generale prima di co-struire la famosa torre parigina. Tra i palazzi pubblici più interessanti c’è il Palacio da Bol-sa: la visita a questo immenso palazzo culmi-na con il salone arabo, interamente decorato con stucchi e intagli in legno. A pochi passi c’è São Francisco: questa chiesa del 1425 è un vero gioiello del barocco. Infine si può fare un salto al Museu do Carro Electrico: per co-noscere tutto sui vecchi tram in Portogallo. Insomma Porto è bella, pulita e accogliente a differenza di Lisbona e alcune cittadine dell’Algarve che non lasciano troppo sod-disfatti. Ecco la prima informazione che mi danno i pensionati italiani espatriati qui. Non si vive bene ovunque, bisogna scegliere bene la città o il quartiere dove stabilirsi e bisogna studiare la lingua, per potersi fare degli ami-ci. Ci sono paesini come Sesimbra, con pro-montori spettacolari come Portofino dove si pagano solo 300 euro al mese di affitto. Se si sceglie bene insomma e se ci si ricostruisce una vita, senza aver fretta, la convenienza è enorme. L’Europa delle tasse è tutt’altro che unita. Google paga aliquote da prefisso te-

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by Lorena Siqueira Leuzzi

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fluviali con degustazioni nelle cantine. Dai battelli si ammirano i vigneti di Touriga, con terrazzamenti storici su suolo di ardesia ed il microclima della meravigliosa alta Valle del Douro. La cro-ciera con pasti inclusi è una esperienza esaltante e da ripetere, così come le degustazioni dei vini di Burmester e Sandeman. Se si vuol fare una crociera breve, c’è la gita da 50 minuti che permette di ammirare Porto con i suoi ponti e degustare un buon Porto White o Tinto Vintage mentre si ammira l’altra sponda del fiume Douro, Villa Nova de Gaia. In definitiva a Porto vale la pena, vien voglia di ritornarci. Per mangiare dell’ottimo pesce locale arrostiti alla griglia il posto giusto è Matosinhos ( adiacente a Porto) con decine di trattorie tipiche con griglia a carbonella su strada.Altri ristoranti si trovano attraversando il ponte de Dom Luis I nella parte inferiore. Ci sono vari locali su Cais de Ribeira lungo il fiume, dai quali si possono ammirare i rabelos, le vecchie im-barcazioni che trasportavano il vino. Tutti servono piatti di pe-sce, ma attenzione alla varietà e alla freschezza: i locali a buon mercato servono molto pesce congelato. In tal caso meglio gustare uno degli snack tipici della città, la Francesinha Especial (la fran-cese speciale): si tratta di un grande toast ripieno di prosciutto, salsiccia e carne ricoperto da formaggio fuso e uovo all’occhio di bue. Per digerirlo si può fare una lunga passeggiata nelle vie dello shopping. Appena si può, vale la pen di noleggiare un’auto per spostarsi verso nord, puntando decisamente verso la bella cittadi-na di Braga. Si viaggia pagando il pedaggio con una card prepa-gata che indica partenza e destinazione, si acquista nelle stazioni di rifornimento. Prima di raggiungere Braga conviene fermarsi a Guimaraes: una piccola città con un bellissimo centro storico me-dievale ben conservato, con botteghe che offrono oggetti di arti-gianato locale, soprattutto coltelleria e oreficeria.L’attrazione più importante di Guimaraes è il castello di Sào Miguel, dove la tradi-zione narra che sia il luogo di nascita di Dom Alfonso Henrique, primo re di Portogallo, che stabilì qui la prima capitale del regno portoghese. A poca distanza si trova il santuario do Bom Jesus do Monte. E’ situato in cima ad una collina a circa 5 km a est di Bra-ga. Anche qui c’è una lunga scalinata da salire subito dopo aver varcato un elegante portico. Ad ogni tornante di questa Via Crucis

lefonico in Irlanda e Olanda. Cipro, Malta e Lussemburgo difendono con i denti il loro status di paradisi fiscali. E in questa battaglia erariale tutti contro tutti, il Portogallo è di-ventato l’Eldorado degli ultrasessantenni, a patto però che siano socievoli e dinamici. Qui le regole sono semplici: basta vivere 183 giorni l’anno nel paese, per assumere lo status di “residente non abituale” et voilà, il gioco è fatto: per dieci anni la pensione è esentasse. L’Inps la deve accreditare lorda, come previsto dagli accordi bilaterali vigenti. E l’erario lo-cale non effettua alcun prelievo. Guadagna Lisbona (50mila pensionati che vivono nella sua provincia portano 2 miliardi di Pil l’anno, dice Deloitte). È sono felici i ‘nonni in fuga’ : mille euro netti di pensione italiana possono lievitare a 1300 su queste sponde. E quindi ci escono tranquillamente anche i soldi per tornare a vedere i parenti e gli amici, per 15 gior-ni al mese. Riprendiamo a passeggiare dalla parte opposta alla stazione si trova la igreja (chiesa) dos Clérigos con la sua torre annessa, simbolo di Porto. Su consiglio dei miei ami-ci senior, ho deciso di sobbarcarmi volentieri i 240 scalini e salire per ammirare il panorama sui tetti della città, sulla Sé (cattedrale) e sul fiume Douro, corso d’acqua che divide in due il territorio urbano. Le zone più caratteristiche per fare shopping sono in pratica tre. Rua de Santa Catarina: è la stra-da principale della città alta, su cui si affacciano bellissimi palazzi ricoperti di azulejos e tanti negozi. Praça da Ribeira: tutte le stradine che partono e si sviluppano da questa deli-ziosa piazzetta della città bassa sono pittoresche e caratteri-stiche. Da non perdere anche il lungo fiume con la fila di case a volta e archivolto dove ci sono bar e ristorantini. Rua dos Mercadores: è la strada più antica della città e da qui parte un dedalo di stradine, scale, passaggi e un incredibile assembra-mento di case colorate e popolari.Sono tornata poi a scendere attraverso il quartiere più carat-teristico e popolare di Oporto, la Ribeira, per raggiungere la cattedrale e il suo Terreiro, chiamato Terreiro da Sé.Vale la pena di immergersi nel Douro e nella loro storia dei vigneti e cantine storiche. Vengono offerte molte crociere

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Il turismo religioso si concentra soprattutto a Fatima

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La gastronomia portoghese è fatta soprattutto di piatti di pesce, primo tra tutti, il bacalhau, E’ il re della gastronomia nazionale, nono-stante le sue origini scandinave: originario dei freddi mari norvegesi, in Portogallo ci arriva infatti conservato in forma di tranci salati e secchi. Il bacalhau lo cucinano al forno (assado), à brás (sfilettato, con cipolle e patatine a fiammifero fritte, uovo, olive e prezzemolo), dentro a gustosi folhados (cioè avvolto in pasta sfoglia, il migliore di Lisbona è quello di Ti-Natércia), in irresistibili pataniscas (frittelle) o com natas, con la panna. Il migliore si mangia al ristorante Tia Natercia. Il polpo si gusta bollito, alla griglia e poi condito con olio e aglio. Si serve con le batatas a murro, patate cotte al forno con la buccia, schiacciate e salate. Il migliore polvo a Lisbona si gusta da Sabor & Arte. Le crocchette sono semplicemente imperdibili. Si gustano come tapas o antipasto: ripiene di riso, patate, di vari colori e sapori. Ovviamente, non mancano quelle al gusto di…bacalhau! I pastéis de bacalhau (al singolare: pastel) si trovano ovunque, nei chioschi, nei bar e nei ristoranti. Il rissol (plurale: rissóis) invece è a forma di mezzaluna e può essere di camarão (gamberi: normalmente il ripieno cremoso nasconde un bel gambero intero) o di maialino. Infine ci sono le croquetes, di carne, e le esotiche chamuças (dall’India, hanno forma triangolare e sono di carne o di verdure, normalmente si accompagnano con salsine speziate e ben piccanti), e coxinas (molto di moda in Brasile, hanno forma a goccia e sono ripiene di gallina). Non perdetevi un assaggio di Percebes, incredibili molluschi atlantici che hanno un aspetto particolare e sono carissimi (anche 90 euro al chilo). Si gustano bolliti e conditi col limone. Fateveli dare sgusciati o diventerete matti a tirarli fuori dal guscio e senza sporcarvi i vestiti di sugo. Le sardine sono il simbolo di Lisbona, si mangiano alla griglia soprattutto a maggio e a giugno, durante le feste di S. Antonio, durante le sagre allietate dalla musica pimba. I lisboeti doc le mangiano praticamente intere, spalmando le interiora come se fossero mostarda su una fetta di pane casereccio che serve da base alla sardina. Noi però siamo poco abituati. A partire dalla primavera e fino a estate inoltrata, la maggior parte dei bar e dei ristoranti di Lisbona mettono in mostra retine o vassoi pieni di lumachine (caracóis) e lumaconi (caracoletas) di terra. Si mangiano bolliti col limone o in guazzetto.

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I vigneti intorno a Porto sono tutelati dall’Unesco

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L’Algarve è ricca di correnti, baie: un vero paradiso per il surf

si incontra una cappella, ciascuna rappresenta una scena della passione di Cristo. Se invece si ama la movida, ci si può dirigere a Sud, ver-so l’ Algarve, un territorio sfavillante, pieno di locali, ristoranti e con spiaggie piene di giovani. Un posto de-lizioso per pernottare è Albufeira, che vanta bellissime spiaggie, purtroppo ci sono in giro molti scarafaggi che escono dai tombini e dagli scarichi. L’Algarve così come l’India e le Azzorre è uno dei posti più infestati al mondo dalle blatte dunque è bene saperlo e non aprire le fine-stre mai, anche in un albergo top. E’ utile portarsi dietro una retina fina per coprire le bocchette dell’aria condi-zionata e magari armarsi di insetticida. Un’altra realtà strepitosa dell’Algarve è la “Praia de Rocha”, con spiag-ge viste dall’alto larghe almeno 150 metri e lunghissime. Ci sono un’infinità di ristorantini e pub sulle spiaggie che propongono sardine arrosto già dalle prime ore del mattino. Un’altra tappa molto bella è Sagres, con il suo panorama tipico dell’Algarve e gli alti costoni rocciosi a strapiombo sul mare intervallati da ampie spiagge. Que-sto è un vero e proprio paradiso dei surfisti, che infatti arrivano qui da tutto il mondo. A Sagres c’è anche una bella fortezza. Ma spostiamoci ora verso Lisbona, la capitale, dove è as-solutamente indispensabile prenotare un albergo alme-no 4 stelle dopo aver controllato molte recensioni su vari siti, perchè se si scende sotto la categoria lusso, il tratta-mento spesso non è affatto quello che si vede descritto nelle foto dei tour operator on line. Idem per i ristoranti dove, se i prezzi non sono elevati, è facile vedersi servi-to del pesce non adeguato. Lisbona è una città popola-re, indolente e malinconica. E così sono i suoi abitanti il cui carattere si comprende prima e meglio ascoltanto il Fado, le canzoni che i marinai portoghesi cantavano sulle navi con cui partivano alla conquista del mondo. Nelle stagioni più calde dove si toccano facilmente i 34 gradi, conviene muoversi in taxi tra musei e ristoranti per non venir assaltati dalle mosche, che sono molto dif-fuse a causa del molto pesce azzurro lavorato all’aperto in molti quartieri e della vicinana dei boschi di sughero. Oppure, per visitare la vecchia città alta, invece di av-venturarsi nei vicoli in salita, è meglio servirsi del tram oppure della classica Ape Piaggio che può portare fino a sei persone e poi discendere, dal Bairro Alto, fino alla Baixa, passando per Belem e il Chiado: in queste zone è possibile scoprire la vera identità culturale di Lisbona,

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Lisbona è la capitale dello stile gotico iperdecorato

vedere la gente del posto che va a fare fare la spesa o porta a spasso i cani e va a mangiare pesce arrosto a prezzi acceta-bili, anche con fado dal vivo. Il quartiere della Baixa è il cuore della città, la parte di Lisbona che parte dalle rive del Tago e arriva fino all’Avenida da Liberada.La zona di Piazza del Rossio a Lisbona è stata completamente distrutta dal ter-ribile terremoto del 1755, per poi essere rimessa in piedi in modo impeccabile: la Baixa non solo è il simbolo della speran-za e di una ricostruzione fatta in modo preciso e accurato, ma è anche un esem-pio meraviglioso di architettura neoclas-sica. Il Marchese di Pombal, primo mini-stro del re Josè I, la volle riedificare con molte strade dedicate esclusivamente ai pedoni e numerosi bar, ristoranti, nego-zi. Si ammirano la Praca do Rossio con la Stazione, la Praca do Commercio e l’Ele-vador de Santa Justa. La Praca do Rossio si riconosce per la pavimentazione bian-ca e nera, fu costruita dai detenuti del Castello di Sao Jorge dopo il terremoto del 1755. La Stazione è un capolavoro in stile neo-manuelino con la caratteristi-ca entrata a doppio ferro di cavallo. Per molti secoli il Bairro Alto è stato il quar-tiere delle famiglie benestanti, lontano dai quartieri più malfamati della città. Dal 1800 in poi le cose cambiarono e il Bairro Alto acquisì una doppia perso-nalità che ancora adesso lo caratterizza: da una parte le famiglie aristocratiche e dall’altra i creativi, gli artisti squattrinati, le librerie, i ristoranti e gli antiquari. Il Bairro Alto oggi è il quartiere dei giovani e del divertimento, del jazz o dei balli di gruppo. Il Chiado, quartiere gravemen-te danneggiato dalle fiamme nel 1988, è stato ricostruito in modo davvero fedele a quello originario. Il nome deriva dalle caratteristiche di astuzia e malizia di An-tonio Ribeiro, poeta e frate, che veniva soprannominato “O Chiado“. Quartiere

preferito da Pessoa, malinconi-co poeta e scrittore portoghese, il Chiado attualmente è ricco di nego-zi raffinati, librerie e teatri. Tappa obbligata il caffè A Brasileira, che si trova in Rua Garrett, la strada elegante con pasticcerie, negozi di lusso e librerie. Una copia in bron-zo del poeta seduto al tavolino del bar ricorda ai turisti che qui Pessoa passava le sue giornate a leggere e scrivere. Da non perdere le impo-nenti rovine gotiche della Chiesa del Carmo, semidistrutta dal ter-remoto del 1755 e lasciata così. Il quartiere di Belém è situato sulle sponde del Tago e la sua storia è strettamente legata alle scoperte marittime: proprio da qui le navi portoghesi partivano in cerca di ricchezze e nuove terre da conqui-stare. Il quartiere di Belém è molto ampio, ricco di giardini colorati e di splendidi monumenti in stile go-tico iperdecorato come il Monaste-ro dei Jerònimos ed il Padrão dos Descobrimentos (Monumento alle scoperte). Fra tutti spicca la Tor-re di Belém, realizzata per essere faro e fortezza del porto di Reste-lo. Il Monastero de los Jeronimos è il più importante monumento di Lisbona. Fu costruito nel 1505 per festeggiare il ritorno dell’esplorato-re portoghese Vasco de Gama che aveva appena scoperto la rotta per l’India. E’ tutelato dall’UNESCO come Patrimonio Mondiale dell’U-manità. Prende il nome dai monaci dell’Ordine di San Girolamo a cui fu donato dopo la costruzione. Nel monastero c’è la chiesa di Betlem-me (da cui prende il nome il quar-tiere) in cui sono ospitate le tombe di Vasco de Gama e dello scrittore portoghese Luis Camoes.

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Una ricerca dimostra che prima dei 12 anni lo smartphone porta più dan-ni che benefici. Le app per l’arte

Ormai siamo abituati ad avere ogni tipo di applicazione sul no-stro telefono cellulare: GPS, social network, app in grado ricono-scere la musica che stiamo ascoltando of-frendoci tutti i detta-gli a riguardo, come Shazam e TrackID. Proprio a questo tipo di app si può accomu-nare l’ultima novità in fatto di informazione portatile. L’applicazio-ne si chiama Magnus e permette di inqua-drare e scattare una foto ad un’opera e ot-tenere informazioni a riguardo: autore, titolo dell’opera, dimensio-ni, anche il prezzo se disponibile. Fondata nel 2013 a New York, l’obiettivo di Magnus è, nelle stesse parole degli autori, “di es-sere per l’arte quello che Shazam è per la musica”. Magnus è anche capace di se-gnalare mostre, eventi ed esposizioni nei pa-raggi e rorari anche se questa funzione è al momento solo dispo-nibile per la città di New York.

Sono sempre di più i genitori che acquistano un cellulare ai figli che frequentano la quinta elementare, per poterli sentire quando vanno in gita. E poi gli smartphone restano a loro disposiizione. Ma altri inve-ce si rifiutano e rimandano questa spesa fino ai 12 anni compiuti. In questi casi le proteste e le discus-sioni si sprecano, ciascuno ha le sue ragioni. Vediamo perchè sarebbe appun-to consigliabile tenere i propri fi-gli lontano dalla tecnologia e quali sono i rischi reali che potrebbero sorgere da un uso troppo precoce. Partiamo innanzitutto dai piccolis-simi. Uno studio dell’American Aca-demy of Pediatrics e la Canadian Society of Pediatrics che dichiara che i bambini da 0 a 2 anni devo-no essere tenuti accuratamente alla larga dai vari dispositivi mobili. Dai 3 ai 5 anni invece, è consentita l’e-

sposizione alla tecnologia per circa un’ora al giorno mentre dai 6 agli 8 anni è consigliabile non superare le due ore giornaliere. Se guardiamo alle abitudini di tutti è ormai accer-tato che in età giovanile, l’uso del-la tecnologia supera di 4,5 volte il totale consentito e questo può pro-vocare dei danni seri per la salute. Cellulari, computer portatili,ipad, tv, giochi elettronici e tablet sono quasi sempre alla portata anche dei bambini più piccoli, i quali hanno la totale accessibilità. Ecco alcuni motivi per cui è stato messo in atto questo appello. Tra 0 e 2 anni il cervello di bambi-ni è in pieno sviluppo. La presenza della tecnologia può causare dei deficit relativi all’apprendimento e alla concentrazione, causando quindi dei ritardi allo sviluppo e alla memoria. La tecnologia inoltre, è spesso una delle prime cause di obesità e di veri e propri disturbi del sonno che influiscono automati-

camente sull’andamento scolastico. In aggiunta, i bambini e gli adole-scenti che fanno uso eccessivo dei dispositivi possono sviluppare dei disturbi comportamentali che pos-sono sfociare in depressione, ansia e psicosi.Ma non solo, la violenza contenuta nei film o nei programmi TV come omicidi, torture e scene di sesso, possono provocare aggressi-vità infantile. I dispositivi mobili ed i bambini possono dare vita ad una vera e propria dipendenza, soprat-tutto quando anche i genitori sono accaniti consumatori di tecnologia e dunque, per il piccolo l’accesso al telefono diventa una vera e pro-pria ossessione. Non bisogna as-solutamente escludere infine, che i bambini a cui è consentito il totale accesso alla tecnologia sono mag-giormente esposti alle radiazioni elettromagnetiche dei dispositivi mobili. Limitarne quindi l’utilizzo è fondamentale per la loro salute fisi-ca e mentale.

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Bambini intenti al gioco su cellulare. Non è consigliabile superare le 2 ore al giorno

by Galeazzo Melzi d’Eril

Il cell può attendere...Junior Zone

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Piercing? Sì al settoIl top dell’estate è la decorazione facciale. Che si può osare anche sernza farsi neanche un foro. Grande ritorno del chocker che si fa iper

Junior Zone

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by Giulia Ferri

CHI SI RIVEDE, IL CHOCKERTornano a gran furore i collari chocker, nati come simbolo di pro-testa punk e ingentiliti poi dal silicone traforato, che fece impaz-zire due generazioni, le bad girls e le Beverly Hills girls. Ora si abbandona la concezione minimal, i collari diventano spessi, pe-santi, ingombranti. Vogliono divenire veri e propri gioielli: basti pensare al Déchainée Chocker della designer parigina Annelise Michelson, in bronzo placcato oro, o al regale collare Monarch in pelle con zirconi di Fallon Jewerly, il brand della designer ameri-cana Dana Lorenz.

A destra: Fka Twigs con piercing al setto e maxiorecchini, tattoo. Piercing al setto per Rihanna. Sotto, gioielli clip up e choker

Stravaganza e avanguardia sono le parole d’ordine dei gioielli à-porter 2016: orecchini e piercing oversize, monili dalle dimen-sioni generose, anelli doppi e quadrupli, sono veri e propri cult, partiti dalle passerelle e dai capricci delle vip quali Rihanna, FKA Twigs, Ireland Baldwin, Madonna e Lady Gaga, per diffondersi negli ambienti più differenti. Di ispirazione etnica, ma anche bon ton, i gioielli dalle forme astru-se e ingigantite che negli ultimi anni sono entrati con forza in tut-te le case, si prestano perfettamente ad impreziosire ogni tipo di outfit, soprattutto quelli più minimal, e consentono a designer e visionari un’incredibile libertà creativa.Il numero uno tra gli accessori ambiti dalle bijoux-addicted per i primi caldi è il piercing al setto che, nato come simbolo di ribellio-ne, ha lanciato una vera e propria septum-mania tra i più modaioli. Una mise bon ton non pare essere l’ambizione delle collezioni di Givenchy e Delfina Delettrez, che riportano l’accessorio alla sua ec-centricità con uno stile selvaggio ed eccessivo. Ecco che il piercing per il naso si declina in anelli in bronzo e cristalli che scendono fin sotto il labbro. Per i ribelli meno coraggiosi, ci sono i gioielli clip up, adesivi: septum ring, labret piercing, piercing al ponte e mi-crodermal face piercing. Potranno essere sfoggiati tranquillamente per una sera, incollati saldamente alla pelle, sulla quale creano un punto di atrrazione irresistibile. Anche gli affezionati dei classici due buchi a lobo potranno sbiz-zarrirsi a loro volta con pendenti esagerati iper-cool, promossi sul-le passerelle da Miuccia Prada, Antonio Marras e Roberto Cavalli, così come Emporio Armani, Gucci e Dolce&Gabbana. Perchè que-sti bijoux, contrariamente all’apparenza, sono leggerissimi. Ecco dunque gli stilisti sbizzarriti in grandi giochi di materiali, disegni e volumi, forme geometriche o bombate, frange, pietre dalle tinte brillanti e a contrasto. Ogni giorni si può alternare lo stile etnico al déco o allo space, in un gioco sfarzosamente lussurioso. Il trend anelli per la primavera-estate 2016 prevede sicuramente l’occupa-zione di più dita: i ring sono sempre doppi o quadrupli. E non sono mai minimal, bensì ricoperti di pietre colorate o decorazioni 3D che non passano di certo inosservate.

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La dinastia VivariniUna grande mostra a Conegliano Veneto celebra i tre pittori Veneti al top tra Quattrocento e Rinascimento

Conegliano, la perla del Veneto, è situata a metà strada fra la montagna e la pianura. E la città più popolosa sulla riva sini-stra del Piave e ha molto da offrire dal punto di vi-sta gastronomico. I pro-dotti tipici sono le erbe di campo, i formaggi, le carni. Sono tradizionali gli arrosti allo spiedo mi-sti di carni di cortile e di ovile, alternati a foglie di alloro, fette di patate o di pane, pezzetti di pancet-ta o di lardo. Le carni cotte allo spie-do vengono portate in tavola accompagnate da fette di polenta bianca e naturalmente dal mitico Prosecco Docg di Val-dobbiadene, il marchio del Consorzio sempre più apprezzato nel mondo.

La bella cittadina di Conegliano brilla per la prima mostra mai rea-lizzata sui Vivarini, la famiglia di artisti muranesi in primo piano nel magico panorama dell’arte venezia-na del Quattrocento. E che giunse a contendere il primato alla celeberri-ma bottega dei Bellini e il predomi-nio sul vivacissimo ambiente della pittura veneziana in profonda e inarrestabile evoluzione. Promossa dal Comune di Conegliano e da Ci-vita Tre Venezie, è il terzo appunta-mento del ciclo progettato da Gian-domenico Romanelli per Palazzo Sarcinelli, dopo i grandi successi di critica e di pubblico di Un Cinque-cento Inquieto e Carpaccio, Vittore e Benedetto da Venezia all’Istria. Gli anni in cui lavorano i Viva-rini sono quelli cruciali e magici che marcano il passaggio decisivo dell’arte veneta e italiana dal Gotico fiorito allo splendore e al rigore del Rinascimento. La mostra propone i più grandi capolavori di Antonio,

Bartolomeo e Alvise (oltre quaran-ta le opere esposte provenienti da Puglia, Dalmazia e Bergamo), dai polittici alle tavole per la devozione privata, storie di santi e di miracoli, ricordi di antico e sprazzi di moder-nità: opere nelle quali i colori, dal rosa al turchino, dal viola al verde squillante, risaltano in tutta la loro forza. La dinastia dei Vivarini si libera progressivamente dai preziosi fon-di oro e si misura con la natura e le atmosfere, con paesaggi delicati e magnifici. Nel corso di sette de-cenni di lavoro i Vivarini intreccia-no importanti rapporti con molti dei maggiori artisti dell’epoca: da Filippo Lippi ad Andrea del Casta-gno, da Squarcione a Mantegna, da Donatello a Paolo Uccello, da An-tonello da Messina ai fiamminghi, senza dimenticare, naturalmente, il dialogo continuo con la pittura del più grande dei veneziani, Giovanni Bellini. La loro arte lascia una scia multiforme e generosa nella marca

trevigiana e non solo. Opere dell’a-telier e dei seguaci più immediati sono collegate, nella mostra da iti-nerari e suggestioni di ricerca. Si possono ammirare, per la prima volta riuniti, dipinti eccezionalmen-te trasferiti dalle loro sedi naturali, come il polittico di Antonio dalla basilica Eufrasiana di Parenzo, pri-ma opera firmata e datata dal capo-stipite della bottega; le tavole realiz-zate per committenti pugliesi, come la geniale pala dalla basilica di San Nicola di Bari, uno dei primissimi e più originali esempi di pala con “sacra conversazione”, sempre di Bartolomeo. Di Antonio ci sono molte delle ce-lebri tavolette con le storie di Santa Monica e Santa Apollonia, realizza-te dall’artista con la collaborazione del cognato, l’ancora misterioso Giovanni d’Alemagna. Esse rappre-sentano l’esatta linea di transizione tra le narrazioni gotiche e sensibilità già rinascimentali, con gustose cita-zioni dall’antichità classica.

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Da sinistra: l’ortus conclusus con Madonna in Trono e un’Annunciazione della dinastia Vivarini

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Antiquariato

by Ivana Dandrea

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Alvise Vivarini si fa strada, tormentato dagli schemi del padre e dello zio: la sua pittura risente delle vicine espe-rienze di Giovanni Bellini e Cima da Conegliano, ma egli apprende rapida-mente la lezione di Antonello da Mes-sina. Così nella tavoletta francescana all’Accademia Carrara di Bergamo e, soprattutto, nella pala con la Sacra fa-miglia e santi francescani dipinta per la chiesa di San Francesco di Treviso (oggi alle Gallerie dell’Accademia di Venezia), il più giovane dei Vivarini si smarca dai parenti e vola da solo. Vale la pena di fermarsi ad ammirare la Sacra conversazione proveniente dal museo di Amiens, l’ultima opera di Alvise: è un capolavoro che non si era mai veduto in Italia. Sull’onda del-le committenze degli ordini religiosi (francescani, domenicani, agostiniani) di parrocchie e scuole, le opere dei Vi-varini giocano un ruolo di primo piano su un palcoscenico che abbraccia tutto l’Adriatico: Istria, Dalmazia, Marche e, soprattutto, le Puglie vedono giungere le tavole dei muranesi, che illustrano una chiesa, danno splendore a un alta-re, illuminano una cappelle.

La mostra segue i percorsi indivi-duali e comuni dei tre protagonisti, ma permette di distinguere i caratte-ri e le peculiarità di ciascuno. Con-sente anche di capire che cosa essi abbiano lasciato in eredità alla cultu-ra pittorica veneta del Cinquecento. Riprendendo un’idea che ha trovato nelle due mostre precedenti di que-sto ciclo un ampio consenso e un sincero apprezzamento dei visitato-ri, la mostra si apre con una basilare ‘mappa’ che mostra la posizione dei Vivarini rispetto ai loro contempo-ranei più famosi. Ma anche rispetto ai protagonisti minori, che hanno realizzato noti capolavori sparsi sul territorio della Marca. Volendo, si può proseguire andando a caccia di pale, affreschi, angeli e i santi dipinti dai seguaci dei Vivarini, i loro piccoli e grandi contempora-nei, da Lotto a Giorgione, da Andrea da Murano e Girolamo Strazzaroli, da Jacopo da Valenza a Cima da Co-negliano. Girare per la Marca ammi-rando i capolavori laddove ancora ‘presidiano’ i luoghi e testimoniano un gusto perduto.

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Alcune opere esposte nella bella mostra curata da Giandomenico Romanelli per Palazzo Sarcinelli, nella splendida città di Conegliano Veneto

Antiquariato

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I conti della SignoraFra le poche squadre di calcio italiane quotate in Borsa è l’unica che macina utili. E ha vinto il quinto scudetto consecutivo.

Vintage

Sport & Co

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L Il calcio italiano ha perso molto valore negli ultimi anni e soprattutto a livello europeo non riesce ad imporsi come succedeva parecchi anni fa. Una squadra però spicca nel nostro campionato e raccoglie numeri davvero interessanti sia sul campo con i giocatori sia con il bilancio societario. Stia-mo parlando ovviamente della Juventus F.C. che quest’anno ha vinto il suo quinto scudetto di fila con prestazioni davvero sorprendenti, dal record di imbattibilità del portiere Gianluigi Buffon alla fantastica rimonta e conse-guente vittoria dello scudetto grazie alle 24 partite vinte su 25. In Europa purtroppo quest’anno la Juventus non è riuscita a proseguire il cammino restando lontana dall’enorme successo avuto l’anno scorso con la finale di Champions League persa con il Barcellona di Messi, Neymar e Suarez. Se tutti questi record e numeri fanno gola alla maggior parte dei tifosi, ce ne sono altri che in pochi conoscono e sono i numeri del bilancio della società.

La Società Juventus F.C. è una delle poche società sportive italiane quotate in borsa, precisamente dal lontano 2001 è approdata sui mercati finanziari e da quel giorno molte cose sono accadute. Il prezzo di partenza delle azioni era di 3,55€, seguì un periodo di rialzi e ribassi che portarono lentamente il titolo a valori minori fino al 2006 e allo scoppio dello scandalo Calciopoli; la Juventus venne retrocessa in Serie B e le sue azioni persero molto valore. Questo continuò a calare fino a quando la squadra non tornò a vincere lo scudetto nella stagione 2011/2012, da quel giorno le azioni si sono stabi-lizzate intorno a 0,21€ di media. Oggi il titolo vale 0,26€, ben lontani dagli iniziali 3,55€ del 2001. Bisogna però anche sottolineare come la società stia portando avanti progetti importanti e di lunga durata su tutti i fronti, dai giovani giocatori allo stadio di proprietà che poche squadre possono vanta-re, questo potrebbe portare benefici in futuro e sarebbe quindi meglio atten-dere qualora si vogliano effettuare operazioni sulle azioni della Juventus.

Per quanto riguarda il fatturato la Juventus rientra tra le prime 5 potenze europee con ben 348 milioni di euro dietro alle prime quattro che dominano la scena da ormai parecchi anni (si parte dal Bayern Monaco con 474 milioni passando per Manchester United, Barcellona fino al Real Madrid a quo-ta 577 milioni). Numeri importanti nel panorama europeo e sicuramente eccezionali a livello nazionale derivanti da una gestione d’impresa attenta e mirata da parte del Presidente Andrea Agnelli e dei suoi collaboratori. Scendendo più nel particolare il primo semestre della stagione 2015/2016 si è chiuso con un utile di € 30,3 milioni, ben 37 milioni in più del periodo di riferimento dell’anno precedente che registrava una perdita di € 6,7 milioni.

Qui sopra: la squadra nella versione 2015-16 Il primo semestre della stagione si è chiuso con u utile di 30,3 milioni di euro, ben 37 milioni in più dello scorso anno che faceva invece registra-re una perdita pari a 6,7 causata dall’importante mole di acquisti di calciatori.

by Yuri Lalli

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Sport & Co

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Tale variazione è determinata da maggiori proventi nella gestione calciatori (+ € 30,2 milioni) e da un incremento generale dei ricavi ricorrenti (prodotti, licenze, pubblicità e diritti TV) per un totale di € 18,1 milioni. I ricavi della gestione del 1° semestre ammontano a € 204,5 milioni, 30,9% in più di quelli dello scorso anno nel periodo di riferimento. Per quanto riguarda invece la parte dei costi la società ha registrato un aumento del 17,6% in più dell’esercizio precedente per un totale di € 140,4 milioni. E’ aumentato il costo del tessera-mento del personale (+ € 13,7 milioni) e sono aumentati i costi ricor-renti per la società. Il patrimonio netto al 31 dicembre 2015 è pari a € 75 milioni, in aumento rispetto al precedente saldo del 30 giugno 2015 (+ € 30,3 milioni) per effetto dell’utile del semestre. Per quanto riguarda invece l’indebitamento finanziario netto anche qui trovia-mo un lieve aumento (+ € 8,4 milioni) derivanti da maggiori esborsi legati alle campagne trasferimenti e ad investimenti in immobilizza-zioni per un totale di € 197,3 milioni. Attraverso il grafico riportato si può notare come la Juventus riesca ad aumentare anno dopo anno il proprio fatturato grazie ovviamen-te ai risultati sportivi ma non solo, infatti il tutto è condito con una gestione ottimale dell’impresa sotto tutti i punti di vista. Per esem-pio i ricavi derivanti da abbonamenti e biglietti per le partite allo Juventus Stadium sono interamente incassati dalla società grazie alla proprietà esclusiva dello stadio, generando introiti per un totale di € 41 milioni circa ogni anno. La questione dello stadio non è per nulla da sottovalutare visto che ogni anno il 90% delle gare sono sold-out e ogni posto del J-Stadium genera in media 37 €. Anche la concezione di stadio è cambiata rispetto al vecchio Stadio delle Alpi, non si è costruita una nuova “arena” di gioco ma un vero e proprio spazio disponibile al pubblico per qualsiasi necessità, dai ristoranti, ai negozi, fino alle sale riunioni. Il concetto di impresa calcistica ed evoluzione si sono riuniti in quella che oggi è la Juventus. Negli anni a venire è molto probabile che la Juventus punti ad ottenere ricavi e valore aggiunto tramite campagne di marketing visto che la stessa dichiara di avere oltre 250 milioni di supporters in tutto il mondo. Fissati i bonus degli sponsor (Adidas e Jeep) per i prossimi 6 anni risulta evidente che per colmare il gap monetario derivante dalle sponsorizzazioni rispetto alle altre big d’Europa (anche il doppio nel caso di alcuni club) la società dovrà sfruttare al meglio le strategie di marketing per ricavare il più possibile da attività di merchandising ed eventi in tutto il mondo. Rimane comunque di primo rilievo l’atti-vità di gestione dei calciatori da parte del club, infatti la compraven-dita dei giocatori rimane sempre la principale fonte di guadagno del club bianconero, dimostrando ogni anno le potenzialità e le qualità del reparto amministrativo. Dal Presidente Agnelli fino ai suoi gio-catori la Juventus F.C. è una dimostrazione di gestione d’impresa a livello sportivo tra le più importanti in Europa e nel mondo e dimo-stra come anche partendo dal fondo si possa arrivare a costruire ed operare al pari di competitors ben più attrezzati.

Qui a fianco: l’esultanza del ca-pitano Gigi Buffon durante un incontro di Champions League. A destra Andrea Agnelli, presi-dente della Juventus. Sotto, il nuovo Juventus Sta-dium a Torino, ricostruito sul-lo scheetro del vecchio Stadio delle Alpi. In basso, il fatturato della squadra nell’ultimo quin-quennio.

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Qui sopra: jeans con strappi, maglietta millerighe o con stampe psichedeliche e sandali di ecopelle. Sotto: per uno stile wild & free, abiti floreali e grandi cappelli. Sotto, spirito gipsy anche per la città: minidress a fiori o con micro-stampe paisley e borse a spalla rigide oppure decorate da nappine e frange.

by Dorina Cova

Pic-nic con stile

Una giornata di sole, una gita in campagna, cestino e plaid: La novantenne regina britanni-ca Elisabetta si prepara ad accogliere 10mila partecipanti al Patron’s Lunch, il più grande picnic della storia. Dunque è ora di dedicarsi al look da picnic: per essere trendy, in occasione di un’esperienza di green lifestyle.Per uno stile classic romance si può puntare su una camicia in cotone stretch con ricamo sul colletto ed una colorata gonna a ruota in raso, senza dimenticare di abbinare il tutto ad ampi sunglasses con dettagli paisley e sandali in pel-le e camoscio, anche con plateau in legno. Per le affezionate del denim, il classico di quest’anno per un look glamour e apparente-mente casual, è l’hot pants floreale, portato con un giubbino in ecopelle o uno smanicato in de-nim. Tessuto che va rispolverato per salopette, la tuta che diventa chic in seta e nelle sue varianti con gonna o pantalone, Levi’s Red Tab propone camicia in denim da allacciare in vita. Via libe-ra anche allo stile casual hippie dei Seventies, proposto dalla collezione H&M Loves Con Co-achella il guardaroaba si apre a capi dallo spiri-to boho, gipsy, wild & free, con denim a taglio vivo e stampe psichedeliche, camicette folk, top con frange e perline e tute stampate, da accompagnare a cappelli a tesa larga, occhiali da sole e stivali flat; senza dimenticare le borse a spalla con nappine e frange firmate Chloè o quelle ethnic style proposte da Valentino. Tor-na anche il camoscio: gilet in suède con cintura in vita per Mango oppure gilet con frange in pelle scamosciata A metà tra l’esotismo orientale e l’eleganza Bri-tish, una buona idea per un look più sofisticato

è il paisley, sotto forma di shorts, minidress, bluse in cotone o salopette in jersey stampato; tessuti leggeri e colori ricchi di luce, a cui anche il make up si adegua caratterizzandosi per cro-mie e forme che ricordano ali di farfalla.Molte griffe e vari marchi di istant fashion, per le loro collezioni garden party scopiazzano quelli che erano dei veri propri classici, firmati Raffaella Curiel: abiti-tulipano, gonne-boccio-lo, pantaloni plissettati dalla linea a calla, giac-che a baschina tagliate a petali. Si vedono rli danzanti come fiori mossi dal vento, in colori rubati alla natura: fiordaliso, rosa ortensia, ros-so papavero, verde prato, fucsia, giallo giraso-le, con una serie divina in bianco e nero. Gli abiti per il cocktail hanno gonne a campa-na, anni ‘50 e vita sottolineata da strette cinture. Ricami di micro paillettes compongono foglie verdi e boccioli di rose rosa sul vestito di seta. Anche Ralph Laure ha propost un tripudio di corolle, dalle giacche fiorite ai look color-block ma in delicate tinte sorbetto e pastello. I suoi capi sono sempre indossati da modelli e modelle dall’atteggiamento cool e fresh, sele-zionati grazie a un casting che ha tenuto conto del numero dei followers sui suoi social net-work. Lo stilista americano ha organizzato tempo fa una presentazione - sulla terrazza chiama-ta Gallow Green at The McKITTRICK Hotel a Chelsea dove era stato “trapiantato” tra piante e vasi di fiori, il famoso Ralph’s Café, la caffet-teria del super fashion store di Polo Ralph Lau-ren sulla 5a strada, dove si danno appuntamen-to i ragazzi più cool della città. Per guardarlo, si può curiosare sui social network e su twitter con l’hashtag #MeetMEatPOLO.

Per un lunch sull’erba, short, gon-na o salopette in jeans. Con bluse a fiori o decori paisley o videogame

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Accessori cult: gli animali. Uccelli, rettili e felini si indossano al dito, al polso e al collo. Grandi orecchini floreali accendono il make up.

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Il look open air va di pari passo con il gioiello ’animalier’, cavallo di bat-taglia di maison quali Gucci, Louis Vuitton e Escada: camicie, bluse, pan-taloni e sciarpe si accendono di colore e di uno stile etno-chic simpatico e leggero. Sui capi di abbigliamento e sugli accessori di ogni sorta - dalle borse ai portachiavi, dai cappelli agli stivali - volano colorati pappagalli, colibrì, germani e gabbianelle, strisciano serpenti e lucertole, saltano rane e si librano libellule. Le fantasie con animali si ritrovano nelle gonne e t-shirt in cotone di Iblues e Pepe Jeans London, per approdare su sneakers, shopping, portafogli e spille. Non sono esonerate borse e tracolle: il colorato trend firmato Sarah’s Bag si ispira ai temi paradisiaci della Polinesia per creare accessori decorati con spiagge, piante tropicali. Canarini e uccelli esotici in metallo si affer-rano per aprire e chiudere la clutch in paglia metallica dorata. Un look folk o floreale va completato con i gioielli dello stravagante in-sects mood. I più fortunati potranno tirar fuori dagli scrigni segreti i pre-ziosi animali di Van Cleef e le pantere di Cartier, i fiori di oro e smalto di Nardi e i famosi orologi-serpente firmati Bulgari. Oppure le spille floreali cult di Trifari in metallo dorato, direttamente dagli Anni Quaranta e gli orecchini con fiori giganti di Valentino vintage.Le più giovani potranno sfoggiare i bijoux animalier dai toni forti e deci-si proposti da Vernissage Jewellery, Blugirl, Federico Primiceri, Daniela Villegas e Miranda Konstantinidou. Orecchini, anelli e bracciali si posa-no preziose farfalle, scarabei. Api e maggiolini sono tutti da indossare. Romantiche e delicate farfalle by Patrizia Pepe si portano su tutte le dita delle mani. Chi non ama i fiori può optare per la gettonatissima fantasia cartoon anni Ottanta, che diventa cakes mania per Herschel Supply, Naracamice, Ro-berta Gandolfi, Leo Studio Design, Pepe Jeans, Blugirl Folies, Pomikaki e Vans. Dolcetti, gelati e caramelle decorano e danno forma ad ogni genere di capo ed accessorio, conferendogli un’inusitata allegria. Il mitico Pac-man dei videogiochi, mania lanciata da Urania Gazelli, Leplàs, Federico Primiceri, Ghost Light e Nicholas Kirkwood, è diventato un decoro cult, per cui scarpe e borse sembrano trasformati in pezzi dei videogame dei primi anni Ottanta.

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Vèstiti, usciamo...Fashion&Co

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SINGING IN THE RAINIl nuovo giacchetto trasformabile antipioggia e

antivento di Nike si chiamaThe NikeLab Transform Jacket.

Il marsupio sul dorso si ripiega e si ripone tirando delle bretelle elastiche.

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Fashion&Co

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CI METTO UN ATTIMOL’attrice premio Oscar Gwyneth Paltrow è il nuovo Charity Brand Ambassador della

maison Frederique Constant. Dal 2004 Frederique Constant è impegnata su vari

progetti rivolti a donne e bambini. L’azien-da devolve ai progetti charity 50 usd per

ogni orologio venduto della collezione Ladies (a fianco).

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Il Leone di Roma Un ricordo del mitico Sergio Leone, mae-stro dei maestri della regia Clint Eastwood, Stanley Kubrick e Quentin Tarantino

molto bene. Ero abi-tuato a girare in posti piccoli, mentre lui gi-rava in luoghi grandi, una cosa che mi piace-va. Era un grande fan di John Ford e simili. Voleva fare le cose in grandezza”, racconta Eastwood. Il loro rapporti si inter-ruppero però quando Leone gli chiese di col-laborare con lui anche in ‘C’era una volta il West’ nel 1968 : temen-do che la popolarità del genere stesse per diminuire, Eastwood rifiutò e Leone la prese molto male. Fu forse per questo che, alcuni anni dopo, il regista accusò Eastwood di avere solo due espres-sioni, “con o senza il cappello”. Ad ogni modo, Leone riuscì a ricucire i rap-porti proprio pochi mesi prima della sua morte quando, nel 1988, Eastwood si tro-vava a Roma per pro-muovere ‘Bird’, il suo film su Charlie Parker. Il regista lo invitò a un pranzo con Lina Wertmuller. Se mai c’era stato del ranco-re, racconta Eastwood, Leone aveva deciso di dimenticarlo.

Non c’è testata che in questi giorni non scriva un ricordo di un grande maestro del cinema italiano, Sergio Leone, scomparso il 30 aprile 1989 nella stessa città dove era nato, Roma, il 3 gennaio del 1929. Sergio Leone è praticamente nato nel mon-do del cinema, era figlio di Roberto Roberti (Vincenzo Leone), regista e attore italiano, e dell’attrice Bice Waleran. Sposato con Carla Leone, ha avuto tre figli: Francesca, Raffa-ella e Andrea. Molto si è scritto sui suoi film e sulla sua vita, egli è il 41° più grande regista di tutti i tempi secondo Entertainment Weekly. Ma noi vogliamo ricordare qualche cu-riosità che forse tutti non sanno. Il compositore Ennio Morricone ha dichiarato che Leone gli chiedeva di comporre la musica di un film prima dell’inizio delle riprese, con-trariamente alla prassi normale. Poi usava la musica per migliorare le

interpretazioni degli attori. con gli attori usava sempre un traduttore perchè non sapeva una parola di inglese. I suoi film preferiti erano: La sfida del samurai (1961), Ultima notte a Warlock (1959), L’uomo che uccise Liberty Valance (1962), Mez-zogiorno di fuoco (1952), Il Cavalie-re Della Valle Solitaria (1953), e Vera Cruz (1954). Il suo attore preferito da bambino era Henry Fonda. Han-no lavorato insieme in C’era una volta il West (1968). Di lui disse: non ho mai conosciuto un attore con tale serietà professionale; un uomo così piacevole, pieno di umorismo, così riservato e così acutamente arguto. Amav molto anche Lee Van Cleef: disse che il suo sguardo bucava lo schermo.Con Clint Eastwood lavo-rò molto. Eastwood racconta della sua sorpresa, tempo dopo, nello scoprire che la pellicola girata con Leone - il primo ‘spaghetti western’ dove era stato ingaggiato perchè co-stava poco- stava avendo un grande

successo in Italia: il film inizialmen-te si chiamava ‘Il Magnifico Stranie-ro’ e una volta terminate le riprese, l’attore era tornato negli Usa e non ne aveva più sentito parlare. “Mi sono accorto che dicevano “‘Per un pugno di dollari’, con Clint Eastwo-od....” e ho pensato “Mio Dio, è quel film lì! Non sapevo che fine avesse fatto! Non c’era nemmeno il nome di Sergio Leone, si era firmato come Bob Robertson perché preferiva avere un nome che suonasse ingle-se o americano”. Era il 1965 e, poco dopo, il regista italiano lo contattò per il secondo film, ‘Per qualche dol-laro in piu’’. L’attore capì subito che con Leone avrebbe potuto fare qual-cosa di veramente speciale. Accettò l’ingaggio e nel giro di due anni la cosiddetta ‘Trilogia del dollaro’ aveva sbancato ai box office ameri-cani e trasformato Eastwood in una star. “Sergio ha avuto un approccio visuale interessante fin dall’inizio. Riusciva a mettere insieme le cose

Da siistra, Sergio Leone. Clinti Eastwood in una scena del capolavoro “Per un pugno di dollari”

by Marco Bianciardi

Cinema &Co

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Tennis & Co

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Tre immagini del tennista maiorchino Rafael Nadal Per la prima volta dopo una vittoria corre a baciare nei box la sua fidanzata, la sua gioia e è straripante, spuntano lacrime e la voce appare emozionata alla premiazione. E finito un periodo brutto in cui non riusciva più ad esprimere il proprio gioco e a dispu-tare grandi finali di tornei o slam.

Nadal pronto per MadridBella impresa al Torneo di Montecarlo, ma niente di fatto per scalare la classificaRiproverà a Madrid e al Roland Garros

Un ricordo del mitico Sergio Leone, mae-stro dei maestri della regia Clint Eastwood, Stanley Kubrick e Quentin Tarantino

by Claudia Palmucci

Dopo più di un anno travagliato da quando ha sofferto di problemi al ginocchio, Rafael Nadal sem-bra aver finalmente riacquistato una buona tenuta fisica e soprattutto fiducia nel suo gioco e nei suoi colpi. Dopo un buon torneo disputato a Indian Wells, migliora e si ripete in uno dei tornei più importanti dopo gli Slam, al Montecarlo Rolex – Masters (torneo maschile appartenente alla categoria ATP World Tour Masters 1000). La terra rossa e Montecarlo, hanno sempre messo a suo agio il campione spagnolo, che fino ad ora detiene il record nell’era Open della vittoria di 8 titoli consecutivi nel Pricipato di Mo-naco dal 2005 al 2012. In finale battendo Gael Monfils 7-5, 5-7, 6-0 diviene il primo a raggiungere 9 titoli conquistati nel Principato di Monaco dopo 2 ore e 45 minuti. Circa un anno dopo la sconfitta per mano dell’attuale n.2 Andy Murray a Madrid, Nadal si è vendicato nelle semifinali a Montecarlo, per poi trionfare in una grande battaglia contro il francese Monfils. Questa vittoria che lo ripaga del duro lavoro compiuto, anche se ammette di non essere ancora al pieno della forma fisica. Il re della terra rossa, noto per essere dominante soprattutto negli scambi lunghi e sulla tenuta fisica ha sorpreso per il gioco più contrastato del solito e per la percentuale di punti vinti negli scambi brevi. Questa è stata l’arma vincen-te: ha portato a suo favore il 57 % degli scambi brevi (da 0 a massimo 4 colpi), 59% di quelli tra 5 e 9 colpi e solo il 47% su quelli più lunghi di 9 colpi. Un alto dato importante è stata la profondità dei colpi di Nadal: circa il 53% era entro i 2 metri dalla linea di fondo contro il 45% del francese, permettendogli di aprire maggiormente il campo con una migliore profondità e angolazione, portando Monfils fuori dal campo e a dover rispondere indietreggiare a metri di distanza dalla linea di fondo campo.Il n.16 del ranking è arrivato alla finale di Montecarlo, con grande fiducia date le vittorie senza concede-re un set contro Gilles Muller, Paolo Lorenzi, Jiri Vesely, Marcel Granollers e Jo-Wilfried Tsonga. All’a-pertura del primo set sembra prevalere su Nadal con grandi angoli e colpi profondi, non permettendo al rivale di trovare il suo ritmo a fondocampo, e segnando addirittura il più veloce dritto della settimana (a 171 km/h). Nonostante l’inizio straripante di Monfils, il re della terra riesce a tenere sul 2-1, salvando un break point e con un rovescio lungo linea, a conquistare il primo break, portandosi a 3-1. Nel quinto game un doppio fallo del maiorchino porta il francese sullo 0/40 e ad accorciare le distanze due punti dopo con un rovescio, conquistando così il contro break. Nel successivo game riporta il punteggio in parità con un ace e dei potenti dritti, salvando due break point. Il primo set si dimostra una vera e propria battaglia fra i due tennisti, che non si risparmiano: il n. 16 impedisce a Nadal di servire per il set sul 5-4 salvando 3 set point, grazie alla sua agilità e alla sua grande capacità di coprire tutti gli angoli del campo. Lo sforzo di Monfils non è bastato ad impedire allo spagnolo di realizzare la sua sesta possibilità di set point, vincendo così il primo set 7-5 dopo 73 minuti. Il secondo set vede il francese molto aggressivo, spinge e carica molto sul dritto, portandolo al break nel terzo game e consolidando poi il 3-1. A questo punto Nadal ritorna in maniera strari-pante, con 7 punti vincenti consecutivi. Nonostante un break nel successivo game, si ritrovano nuo-vamente in parità sul 4-4. E’ questo un set in cui l’equilibrio viene rotto dal n. 16, quando la sua aggressività lo porta a stare più alto in campo e vicino alla linea di fondo permettendogli di conquistare il break del 6-5 e successivamente servendo il 7-5. Nel terzo set Nadal dormina completamente il francese e con un doppio break si porta sul 5-0. Il maiorchino ha estrema fi-ducia nel suo gioco e nelle grandi linee di tiro che dipinge sul campo, con estrema precisione e velocità. Uno splendido dritto in corsa lungo linea gli consegna infine il nono titolo.Con questo nono titolo nel Principato raggiunge Djokovic nel numero di master 1000 conquistati in carriera (28) e si porta a una sola lunghezza (48) dal record di trofei su terra rossa detenuto da Guillermo Vilas (49).

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La nuova Range Rover Evoque è dotata di trazione integrale con differenziale centrale Haldex che invia una percentuale di coppia alle ruote posteriori

Motori & Co

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by Stefano Gorlero

Apartire dal 3 maggio è stata introdotta sul mercato la nuova Alfa Romeo Giulia. La Casa del Biscione è pronta a lanciare il modello più importante per il suo rilancio ad un prezzo base di 35.500 euro. La gamma della Giulia risulta suddivisa in 5 allesti-menti: Giulia, Super, Quadrifoglio, Business e Business Sport, con questi ultimi due dedicati alle aziende e ai liberi professionisti.La versione di acceso chiamata semplicemente “Giulia” propone una dotazione di serie già particolarmente ricca, che compren-de tra le altre cose i sofisticati sistemi di sicurezza Forward Collision Warning (FCW) con Autonomous Emergency Brake (AEB) e riconoscimento pedone, il sistema frenante IBS (Integrated Brake System), il Lane Departure Warning (LDW) e il cruise control. La dotazione di accessori viene completata da cerchi in lega da 16 pollici, climatizzazione bi-zona, sistema Alfa DNA e sistema infotainment Alfa TM Connect 6,5 pollici. L’allestimento Super aggiunge alla dotazione precedentemente elencata i sedili rive-stiti in pelle e tessuto, cerchi in lega da 17 pollici, sensori di parcheggio posteriori, impianto multimediale Alfa TM Connect 6,5 pollici RadioNav DAB e navigatore satellitare.Al top di gamma troviamo la versione Quadrifoglio disponibile ad un prezzo di listino che parte da 79.000 euro. Questa versione risulta praticamente full-optional e propone nella sua dotazione di serie i rivestimenti in pelle e Alcantara per i sedili, gli inserti in fibra di Carbonio per la plancia, i cerchi da 19 pollici, appendici aerodinamiche supplementari, proiettori bi-xenon con sistema AFS, sistema di infotainment con display da 8,8 pollici, sistema Active Aero Splitter, impianto frenante potenziato, Manettino DNA Pro. Gli unici optional sono i sedili ad alto contenimento della Sparco con guscio in Carbonio e i freni carboceramici.

RANGE ROVER EVOQUE CONVERTIBLENonostante sia una decappottabile, la Range Rover Evoque Convertible è un veicolo per tutte le stagioni. Il suo design unico e la progettazione di livello mondiale, accrescono ulteriormente la desiderabilità e l’appeal della casa automobilistica.La Range Rover Evoque Convertible mantiene le caratteristiche di quella classica ma, al posto del tetto, ha una capote in tela con materiale fonoassorbente che è realizzato in collaborazione con la Webasto, si apre in appena 18 secondi e si chiude in 21. Tale operazione si può compiere anche in movimento fino a 48 km/h; l’ideale quando sopraggiunge un acquazzone improvviso nei centri urbani e non si ha lo spazio per fermarsi. Gli interni non lasciano dubbi sul fatto che si tratti di un veicolo premium, non soltanto per i materiali, ma anche per il nuovo pannello touchscreen da 10,2″ ad alta risoluzione, su cui compare il nuovo sistema di intrattenimento di derivazione Jaguar, con un sistema audio di qualità e integrazione totale col telefonino.Oltre ai classici sistemi di sicurezza presenti ormai a completare la dotazione, sulla Convertible è presente il sistema chiamato Roll-Over Protection Device (RPD), ovvero un sistema di barre antiribaltamento estraibili che, dalla parte bassa della carrozze-ria, fuoriescono in 90 millisecondi proteggendo il veicolo e gli occupanti quando vi sono eventuali situazioni di ribaltamento.La Range Rover Evoque Convertible presenta una gamma di motori sia benzina che diesel. Il top di gamma è il Si4 a benzina da 240 CV e 340 Nm di coppia, mentre per il diesel si hanno i motori chiamati Ingenium con cilindrata 2.0 e consumi massimo di 5,7 l/100 km. Vi è l’abbinata classica col cambio automatico a 9 rapporti coadiuvato dai dispositivi Terrain Response, Wade Sensing e All-Terrain Progress Control per aumentare la trazione in condizioni difficili.Questo modello si comporta bene in ogni percorso. Asfalto, sterrato, sabbia o neve non sono un problema per lei, grazie alla trazione integrale con differenziale centrale Haldex che invia una percentuale di coppia alle ruote posteriori secondo le situazio-ni. Certo, anche l’Evoque Convertible non è esente da difetti e questi ultimi riguardano l’abitabilità posteriore scarsa, nonché il bagagliaio da appena 251 litri. Ma sono nei strettamente correlati all’impostazione più unica che rara di una vettura originale e di gran fascino.

Le sport di primaveraAl debutto la nuova Alfa Romeo Giulia, con al top di gamma la versione quadrifoglio. Per chi ama le decappottabili, la Range Rover Evoque.

Motori &Co

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In queste pagine: Cap-pella Sistina, particolare del Giudizio Universale

di Michelangelo. In alto: il simbolo del Giubileo

della Misericordia 2015

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30 anni di internet (e di chernobyl)

by Galeazzo Melzi d’Eril

Anniversari

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by Filippo Bortolan

Anniversari

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Trent’anni fa, un traguardo da festeggiare. Oscurato dalla più terribile tragedia nucleare mai accaduta in un Paese occidentale. Oggi li ricordiamo entrambi.

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30 anni di internet (e di chernobyl)

A sinistra, lo storico schema di connes-sione tra il laboratorio di Roaring Creek in Pennsylvania (Usa) e il CNUCE in Italia il 30 aprile 1986. A destra, il complesso edilizio che ospita il reattore 4, esploso il 26 aprile 1986, causando la morte e la malattia di oltre 9000 persone.

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I ricercatori italiani non intuirono lo sterminato potenziale del webAnniversari

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E’quasi una leggenda l’arrivo in Italia di Internet, 30 anni fa, il 30 aprile 1986. Una notizia che fu praticamente ignorata dai giornali dell’epoca, impegnati a calmare i lettori terroriz-zati dal disastro di Chernobyl, accaduto solo 4 giorni prima (ne parliamo a pag 66-67). Ma anche dai telegiornali, che quel giorno titolavano su disastro nucleare, sul G12 a Tokyo al quale partecipava l’allora premier Bettino Craxi, sull’anno record di utili della Fiat, sui missili libici su Lampedusa, sulla visita di Papa Woityla alla Sinagoga di Roma, e infine sulla Juventus pronta a cogliere l’ennesimo scudetto. Sul Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pisa che grazie a tre esperti riuscì a collegarsi alla rete Arpanet, cioè la rete dell’agenzia per i progetti di ricer-ca avanzati, insomma, non uscì neanche una riga sulle grandi testate. Eppure fu un grande momento. I ricercatori diffusero il loro bravo comunicato: “ L’Italia è diventato il quarto paese in Europa a connettersi con gli Stati Uniti dopo la Norvegia, il Regno Unito e la Germania dell’Ovest. Da adesso in poi per un ricercatore italiano sarà la stessa cosa lavorare su un pc a Pisa o nel Winsconsin”. E spiegarono che gli Gli Stati Uniti avevano creato questo tipo di collegamento per scopi militari durante la guerra fredda. Da questo embrione era nata la connessio-ne, una rete internazionale che poteva collegare tutto il piane-ta. Gli autori della rivoluzione italiana erano cinque: Stefano Trumpy, allora direttore del Centro Nazionale universitario di calcolo elettronico, creato dal Cnr nel 1965. Luciano Lenzini era il responsabile dei calcolatori e delle reti. Antonio ‘Blasco’ Bo-nito era il sistemista di rete che curava il software con un altro

sistemista, Mario Sommani. Infine Gianfranco Capriz era il precursore del progetto. Dell’importanza di quell’esperimento loro si resero con-to subito, ma non poterono immaginare quanto internet avrebbe cambiato il mondo. Quella del 1986 era una Rete che all’epoca non aveva nulla o quasi di quello che usiamo oggi: niente Web, niente Facebook, niente social network e sicuramente niente foto e video. Il primo respiro della Internet tricolore viene attribuito a un “ping” spedito da Antonio Blasco Bonito ai server all’epoca ospitati in Penn-sylvania. C’era solo Bonito nella sala server del CNUCE a Pisa, e aveva appena finito di configurare un enorme rou-ter spedito in Italia direttamente dal ministero della Difesa USA: il segnale partito dal capoluogo toscano percorse la strada che lo separava dalle antenne piazzate nella piana del Fucino in Abruzzo, sparato verso lo spazio e raccol-to dal satellite Intel Sat collegato alla stazione di Roaring Creek, in Pennsylvania. E poi ricominciò il viaggio di ri-torno. Il buon esito dell’esperimento fu comunicato a Luigi Rossi Bernardi, allora presidente del Cnr. Forse solo lì si resero conto di che cosa era successo a Pisa. Eravamo ar-rivati anche prima del francesi, che però due mesi prima avevano lanciato Listserv, il primo softare per la gestione automatica di una mailing list, cioè di una lista di corri-spondenza. Che tristezza, oggi, pensare che allora erava-mo quarti in classifica e oggi siamo quart’ultimi per la dif-fusione e l’utilizzo della rete. All’epoca l’Italia era una capofila: prima di noi, solo i bri-tannici, i tedeschi e i norvegesi avevano avuto accesso ad

Nel 1986 l’Italia divenne il quarto paese i Europa a connettersi con gli Usa dopo la Norvegia, il Regno Unito e la Germania

I browser di oggi ci consentono di fruire di una mole di dati, immagini e contenuti quasi infinitao Desi-

Un nuovo impulso alle connessioni è stato generato dall’avvento degli smartphone e dei tabletruvio, An

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La Rete è il sistema nervoso di ogni attività Anniversari

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Arpanet, soprattutto perché i tre paesi avevano interessi mili-tari nel farlo. Ci vollero sei anni di preparazione, oltre 100 di milioni di lire e un accordo tra tutti i partner coinvolti in quel nel progetto (oltre al CNUCE di Pisa c’erano Sip, oggi TIM, Italcable e Telespazio) per realizzare quel singolo collegamen-to. Oggi in Italia esiste ancora il problema del digital-divide, sebbene l’attuale governo abbia ribadito la premessa di 30 mega per tutti entro il 2020. Vedremo nei prossimi anni se sarà possibile raggiungere questo traguardo e se questo annuncio sarà rispettato: se per allora l’Italia saprà davvero liberarsi di pesanti fardelli come la carta, il denaro contante e un’economia ancora poco lungimirante nello sfruttare il promettente univer-so del patrimonio immateriale.Ma torniamo al 1986 e allo storico collegamento che non riscos-se la gloria, la fama e alla ricchezza che arrise l’8 dicembre 1895 a Guglielmo Marconi, quando potè compiere la prima radio-trasmissione nel parco di Villa Giffone. All’epoca Internet non era molto di più di quanto era stata Ar-panet, ovvero la rete militare messa in piedi dagli USA in pre-visione di eventuali necessità belliche: ci sarebbero voluti altri anni per vedere comparire i primi browser che oggi ci consen-tono di fruire di una mole quasi infinita di contenuti a cui oggi siamo abituati, ma già all’epoca era facile intuire le potenzialità in termini di scambio di informazioni a livello planetario. Era l’epoca di Cernobyl e del disastro nucleare che si verificò in quella centrale ucraina: nessuno si accorse probabilmente che in quegli stessi giorni venivano gettate le basi di un cambia-mento radicale della società che ancora oggi non ha finito di svelare appieno i suoi effetti.

La Rete è ormai il sistema nervoso e la spina dorsale di ogni attività economica, perchè qualsiasi iniziativa imprenditoriale non può prescindere dal contesto digitale. La maggior parte delle nuove aziende si sviluppa infatti sulle piattaforme digi-tali. La Commissione Europea qualche giorno fa ha elencato i settori ancora digitalmente arretrati nei Paesi dell’Unione: l’a-groalimentare, l’edilizia, la siderurgia, il tessile e la piccola e media industria. Toccherebbe al Ministero dello Sviluppo Eco-nomico guidare in prima persona le strategie che dovrebbero consentirci di ripianare il gap con Germania, Gran Bretagna, Svezia, Spagna, Giappone Stati Uniti. Il progetto Agenda Digi-tale, di cui si è molto parlato, non ha funzionato. Perchè troppi cittadini e troppe aziende non dispongono di una connessione a internet sufficientemente veloce. Le start up che molti gio-vani provano a lanciare sull’onda della creatività e dell’entu-siasmo, non ce la fanno a decollare. Insomma, si vorrebbe un futuro digitale per tutti, ma solo il 60% deglil italiani è connes-so e sempre più da smartphone. Sono 34,5 milioni le persone connesse nel Bel Paese: una quota decisamente inferiore alla media, Ue a 28 (che vede il 75% della popolazione connessa). Solo Bulgaria e Romania fanno peggio di noi. Inoltre, anche fra quelli connessi, la situazione è tutt’altro che uniforme: la tota-lità delle regioni del Centro Nord ha accessi superiori al valore nazionale, mentre nel Mezzogiorno la quota è più bassa. Poco più di sei famiglie su dieci si connettono a internet tramite ban-da larga. Il Mezzogiorno e la Calabria si trovano in posizione svantaggiata (56,6%). Nel confronto con l’Europa, la quta delle famiglie italiane che usufruisce della banda larga è inferiore alla media dei 28 Paesi (78% nel 2014, anche più alti nel Nord).

25Internet ha avviato un cambiamento ra-dicale della società che ora oggi non ha finito di svelare appieno i suoi effetti

La nuova frontiera è l’internet delle cose: molti oggetti nei prossimi anni dialogheranno con i nostri device

La diffusione dei videogiochi ha enormemente velocizzato la diffusione della cultura informatica tra i giovani

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I provider commerciali sono giunti in Italia nel1990

Cere

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In Italia i primi provider commerciali sono arrivati solo alcu-ni anni dopo il primo collegamento da Pisa, attorno al 1990: alcuni nomi sono famosi tra chi è nato prima di quell’anno, e vanno da Agorà a Mc-Link, da Galactica a I-Net (il primo provider dedicato all’utenza business). Fiorivano soprattutto a Milano le BBS, ovvero bacheche elet-troniche dove scambiarsi messaggi, informazioni e file: si sarebbe dovuto attendere il 1991 per l’invenzione del World Wide Web da parte di Sir Tim Berners Lee nei laboratori del CERN, e in quegli stessi anni si andava anche creando l’infra-struttura di base della Internet europea con le prime dorsali come Mosaic nel 1993, che toccavano i paesi più importanti del Vecchio Continente. La velocità delle connessioni viaggiava nel migliore dei casi sui 56kbit, ma era più comune trovare nelle case e negli uffici modem 14.400 o 28.800: per scaricare una singola immagine ci potevano volere vari minuti di attesa, figuarsi una canzone o un’intero filmato. Nessuno si azzardava a postare cose del genere. L’industria così come l’editoria furono riformate dalla possibi-lità di inviare documenti, report, fatture articoli alla sede cen-trale via pc, invece di trasmettere via fax o dettare al telefono. Per celebrare questa ricorrenza, si è svolto ovviamente un Ita-lian Internet Day il 30 aprile. Ma le celebrazioni proseguono: convegni nelle scuole, nelle imprese e persino nella sede del CNR a Pisa dove di fatto la Internet italiana ha fatto udire i suoi primi vagiti. Spiace davvvero che il quadro italiano, pur con tutte le buone intenzioni messe in campo dagli ultimi Governi, non sia tra i

più incoraggianti: l’Italia viaggia costantemente in ritardo per quanto attiene la velocità della sua banda larga (siamo al 49simo osto a livello globale), la diffusione di Internet tra i cittadini, e la modernizzazione della sua burocrazia (si salva forse solo la rete accademica GARR). Sono stati fatti passi in avanti significativi, e il piano gover-nativo per la copertura in fibra dell’Italia potrebbe garanti-re sviluppi importanti. Ma non si può dimenticare che in questi anni lo Stato è stato anche in grado di produrre situazioni paradossali come la nascita e la promozione di strumenti unici al mon-do come la PEC, o di produrre autentici disastri e buchi finanziari con progetti come Italia.it. Mentre all’estero si pensa all’apertura di interi conti ban-cari senza la necessità di andare fisicamente nella filiale dell’istituto di credito, da noi anche l’idea di un semplice pagamento elettronico solleva interrogativi e interrogazio-ni sulla sicurezza e la privacy di questi strumenti.Per quanto riguarda gli utilizzi del web, appare sempre più rilevante quello con finalità culturali. L’Istat conferma un sempre maggiore l’utilizzo della rete per la lettura del-le news. Trai 20 e i 24 anni un cittadino su due utilizza il web a questo scopo. Complessivamente, nel 2015 l’8,2% della popolazione con oltre 6 anni legge on line e scarica dal web libri ed ebo-ok. La quota sale a poco meno del 20% tra i giovani con età compresa tra i 15 e i 24 anni. Su scala europea l’Italia occupa l’ultima posizione, ci troviamo in compagnia del l’Irlanda.

I limiti di velocità nella navigazione ono dettati dal tipo di connessione che si utilizza e dalle infrastrutture utilizzate

L’industria così come l’editoria è stata riformata dalla possibilit di inviare foto, documenti, report, fatture via email

Nel 2015 l’8,2% della popolazione con ol-tre 6 anni di età già legge online e scarica dal web libri e ebook.

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Per quanto riguarda l’accesso alla rete, gli italiani lo fanno sempre più da smartphone. La rivoluzione nella rivoluzione, insomma, è affidata al mobile. Il 73% del tempo totale dedi-cato alla navigazione è generato dalla fruizione dei devices mobili, vale a dire gli smartphone e i tablet, che sono cresciuti del 48% negli ultimi due anni. A partire al 2013, insomma, i dispositivi mobili contribuiscono in maniera sempre più de-cisivia alla crescita dell’online. Attualmente sono 32,7 milio-ni gli italiani che accedono a internet da smartphone, il 68% della popolazione da 11 a 74 anni (+45,3% in due anni) e 12,9 milioni di tablet (il 26,8%, + 83,6% in 2 anni). I nuovi device sono particolarmente diffusi tra i pià giovani: sono 3,3 milioni i ragazzi tra 11 e 17 anni che vanno in rete da smartphone (83%) e 1,7 milioni da tablet (il 41,3%). L’84,5% del tempo li-bero trascorso online deriva da applicazioni e solo il 15,5% da browser. Dall ultime rilevazioni, si evince inoltre che continua a calare l’accesso alla rete da computer installati nelle case, il 2,5% in meno negil ultimi due anni. L’offerta di informazione online è altissima, ogni giorno na-scono piattaforme che producono contenuti più o meno au-torevoli, controllati e verificati. I social network invece, da Facebook, a Twitter a Instagram, raccolgono comunità di utenti che condividono gli stessi interessi e amano scambiare idee sotto forma di messaggi, di documenti, di fotografie e anche di filmati. Per il filmati le piattaforme top sono Youtube e Vimeo. I live sono una sfida straordinaria che soprattutto i giovani hanno saputo raccogliere, inventando nuove forme di intrattenimento che oggi cannibalizzano pericolosamente quelli della vecchia, cara tv.

Gli italiani navigano soprattutto da smartphone

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25La ricchissima tavola cinese, con la sua cucina gustosa e piena di fantasia e colori

Sempre più investitori Ue pun-tano su titoli azionari cinesi

LA REALTA’ AMBIENTALE DI CARRPrima di voltare pagina, vogliamo farvi sognare. Ma non l’auto che si guida da sola, quella che la costruirà a breve FCa con Google, grazie a un accordo siglato pochi giorni fa. So-gnare il futuro di internet così come lo ha descritto un famo-so giornalista tecnologico, Nicholas Carr, in un post sul suo blog. Per Carr il futuro di internet sta “nelle cose” e nella ca-pacità che avranno gli oggetti di interagire fra di loro, senza bisogno di alcun intervento umano. Carr la definisce Realtà Ambientale.“Nella realtà ambientale non ci sono clienti e an-che il concetto di “acquisto” diventa anacronistico. La mer-ce viene consegnata prima che l’impulso a comprare affiori nella coscienza. La domanda è ambientale, e lo sono anche i confronti tra i prezzi, che diventano flussi nella nuvola.” Il futuro del web sarà quello di coordinare le esigenze delle persone con una rete che colleghi gli oggetti. Le persone do-vranno semplicemente decidere a priori le possibili variabili. “Immaginate di configurare l’applicazione Nike+ in modo che ordini un nuovo paio di scarpe appena superata la soglia dei 500 chilometri di corsa. O una camicia con un sensore che riconosce l’umidità, mentre voi siete sotto la pioggia e senza l’ombrello. Pochi minuti dopo l’inizio del temporale un’auto accosta accanto a voi. Un corriere esce e vi conse-gna un ombrello, o un impermeabile, a seconda delle regole che avete definito in anticipo. Le decisioni personali saranno prese in anticipo, attraverso la comunicazione fra oggetti. I sensori presenti neile nelle scarpe saranno in comunicazione costante tra loro e la nuvola. Quando bisogna comprare un nuovo paio personalizzato esso viene stampato 3d, a casa.”

30 anni di Internet

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Quando si parlava di internet agli esordi lo si rappresentava spesso come una grande nuvola

Tra le applicazioni degli ultimi anni l’eyetracker, un software che permette di tracciare lo sguardo di chi naviga.

Il creatore di Internet Tim Berners LeeLe pagine web agll esordi erano molto scarne un po’ come i film dei Lumière

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E ora arriva la Rete degli Oggetti, “the internet of things”

Uno dei grandi problemi sul web, oggi è, come già detto, la proprie-tò dei dati. La fetta più importante dei dati di tutti coloro che abitano il mondo e possiedono un device ce l’hanno Google e Facebook. Che naturalmente li diffondono a paga-mento.Ma ora prepariamoci a un’altra ri-voluzione che sta per cambiare la nostra vita: nel futuro imminente arriva la ‘Rete degli Oggetti’, the in-ternet of things. Frigoriferi, lavatri-ci, cucine, lavastroviglie ma anche pacemaker, cassonetti e lampioni saranno presto dotati di connessio-ne, per scambiare dati con i sistemi che li governeranno. L’obiettivo è quello di costruire aziende, case e città più organizzate. Siamo tutti molto affascinati dall’i-dea di possedere, un giorno, un frigorifero intelligente. Ma prima che queste meraviglie arrivino nelle nostre case, passerà qualche tempo. I primi ad avvalersene potrebbero essere, per esempio, i network della ristorazione, con tanti punti vendita in una stessa nazione e tanti frigori-feri piazzati dietro il bancone. Una catena di fast food trarrebbe un in-dubbio vantaggio dal possesso di frigoriferi intelligenti, che potranno produrre informazioni e mandarle al server centrale, Per far sapere, per esempio, quanta energia elettri-ca consumano. O qual è il momento migliore per lavorare al 100% della potenza con la cella frigorifera. Nei prossimi anni assisteremo a una massa enorme di oggetti (30 miliar-di entro il 2020 o forse più) che in-vieranno informazioni in rete, che

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TUTTO PARTI’ DA FILE TRANSFERNeanche i padri del protocollo Tcp/Ip Vincert Cef e Boh Khan, che realizza-rono il sistema che permise alle reti di interoperare, avevano immaginato che cosa avrebbe portato, in futuro, la loro invenzione, la possibilità di trasferire un file. Una certa consapevolezza arrivò con l’avvento del web nel 1991. Tim Berners Lee al Cern di Ginevra, studiando un sistema informativo per i fisici, mise a punto due protocolli come Html e Http. Da allora all’avvento delle app che sono oggi sui nostri telefoni, è passata tantissi-ma acqua sotto i ponti. Si è potuto postare un video su un server e qualcuno si è domandato perchè per fare un biglietto aereo non si poteva ope-rare da un pc. Oggi i ricercatori più importanti al mon-do, italiani inclusi, si occupano moltis-simo di sicurezza: il furto del profilo è una delle cose più pericolose, rischia di mettere a repentaglio la reputazione del-le persone e non solo, anche il possesso dei loro beni.

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In alto : il fi

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I big data consentono di sapere cosa facciamo: in tempo reale

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saranno stoccate in dei megaserver. Ce ne sono già molti in giro, di questi, detti cloud, nuvole. Per organizzare tutte queste informazioni, si utilizzerà un metodo che si chiama ‘big data’, spiegano gli esperti. Per capire, ecco un esempio classico che si fa nelle aule di informatica: si lavora sulle combinazioni particolari, per esempio ‘birra e pannolini’ Os-servando i consumi delle famiglie in Usa, si scoprì che le coppie giovani con bambini piccoli compravano più birra e più pannolini a ridosso del week end. Perchè in questa fase della vita tendevano a uscire di meno al sabato sera e a invitare gli amici a casa. Interpretare i dati, dunque, è molto importante, non basta stoccare e conservare i dati. I big data permettono ai tecnici e dunque al mercato dei beni, di tenere memoria di tutto quello che facciamo, in tempo reale. Per ora ai nostri dati me alle nostre abitudini sono interssati solo gli uffici di marketing, che si dannano per creare pubblicità tagliate sui gusti di ciascun utente. Ma naturalmente l’utilizzo dei dati di consumo e di mobilità di ciascuno possono interessare altri interlocutori della nostra vita, dai datori di lavoro ai politici. L’Istat per esempio è in prima fila tra i soggetti interessati a studiare i compor-tamenti reali dei cittadini, per esempio gli abitanti di una città, compresi i pendolari che vanno e vengono ogni giorno. E tutto questo è molto semplice, basta studiare i dati telefonici. Naturalmente il problema è sempre quello, la privacy. Quando qualcuno può vederci mentre accendiamo a distanza il termostato della casa al mare, dove stiamo andando, può utilizzare questa informazione anche per controllare la nostra vita o acce-dere al nostro appartamento.I governanti sono preoccupati su chi controllerà questa enorme massa di dati e come vorrà utilizzarla. Abbiamo già visto cosa è accaduto all’Fbi quando ha chiesto a WhatsApp di sbloccare i dati di alcuni sospettati a favore delle indagini di polizia. Ma i cittadini chiederanno conto soprattutto di altro: se è vero che saranno tutti controllati nei loro spostamen-ti in tempo reale, allora sarà possibile monitorare con certezza la qualità degli accessi nelle città e anche la qualità dell’aria che si respira, per poter intervenire. Si potranno costruire progetti di monitoraggio che incrocino il numero dei veicoli in circolazione in un’area con la qualità dell’aria. Non è accettabile che si utilizzino queste tecnologie solo per automatizzare la lettura del consumo d’acqua o di energia elettrica nelle case. Se il sistema funziona, si potranno anche piazzare nelle città lampioni smartche si accendano solo quando serve grazie a sensori (in alcune città già ci sono a titolo sperimentale) o cas-sonetti intelligenti che comunichino ai camion spazzatura quando sono pieni e da svuo-tare. A Pisa i primi esperimenti in tema di monigoraggio di traffico e di aria si stanno facendo. I msiruatori si ricaricano grazie a un pannellino solare. Sono installati ovunque arrivi la rete cellulare. C’è anche un sensore Gps che segue i prograssi su Google Maps.A questo proposito gli esperti mondiali stanno lavorando: la soluzione ha già un nome, si chiama ‘Openfog’: si propone di portare i cloud nei quali verranno stoccati miliardi di dati delle persone, in qualcosa di più vicino alla terra. E di permettere una loro gestione ottimale. Il pericolo che si profila non è solo il furto di un dato proveniente da un og-getto che rivela a terzi il nome di battesimo di un figlio o se noi siamo in un certo luogo oppure no. Bisogna costruire modelli e studiare software che permettano di gestire i contenuti più vicini al sensore (per esempio il frigo o la lavastoviglie). Perchè se un dato che serve a gestire un semaforo a Perugia viaggia per essere stoccato in Usa e poi torna in ritardo, può succedere che all’incrocio si crei un caos di automobili.

Da

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In questa pagina: le novità di casa Piaggio e o mitici modelli vintage di Vespa, che quest’anno fe-steggia il 70 anni di vita on the road, con un super raduno dedicato agli appassionati e non, in arrivo da tutta Europa.

by Lorenzo Bersani

Ritorno all’inferno

Nelle prime ore del mattino del 26 aprile 1986, all 1.45 la centrale nucleare di Chernobyl in Ucraina (ai tempi ancora parte dell’Unio-ne Sovietica) è esplosa, creando quello che è stato descritto come il peggior disastro nucleare che il mondo abbia mai visto. L’esplosio-ne ha rilasciato una ricaduta 400 volte più radioattiva della bomba di Hiroshima, contaminando più di 200.000 km quadrati d’Europa. Cir-ca 600.000 persone sono state espo-ste a dosi elevate di radiazioni, e più di 350.000 persone hanno dovu-to essere evacuate dalle zone con-taminate.Anche dopo molti anni di ricerca scientifica e di indagine del governo, ci sono ancora molte do-mande senza risposta sull’incidente di Chernobyl: a distanza di 30 anni restano ancora alcuni misteri legati al peggior disastro nucleare della storia dell’umanità.Si trattò di un test definito di sicu-rezza, ma condotto in realtà in aper-ta violazione di tutti i protocolli e delle più elementari regole del buon senso, Nelle ore e nei giorni succes-sivi Hans Blix, all’epoca il direttore dell’Agenzia Atomica Internazio-nale diresse un drammatico piano di decontaminazione insieme ad alcuni rappresentanti del governo sovietico. Più di 330.000 persone vennero evacuate. In alcune zone

l’operazione iniziò solo 10 giorni dopo l’incidente. In altre vennero lasciati lì i contadini che si rifiutarono di lasciare le loro case che si trovavano all’inter-no della fascia protetta. A causa del vento la nube radioattiva di Cher-nobyl raggiunse rapidamente tutti i paesi europei e l’America del Nord. A molte donne incinte fu suggerito di abortire, per non dare alla luce esse-ri umani deformi o privi di arti, cosa che avvenne in molte aree della Bielo-russia, al confine con il territorio dove aveva sede la centrale. Svedese, clas-se 1928, Blix è stato una figura chiave nella gestione del disatro: visitò il sito numerose volte e insieme al suo team di esperti sovraintese alla costruzione del sarcofago di cemento che racchiu-se il reattore appena ci si potè avvici-nare. Dopo l’esplosione, la zona del reattore in fatti appariva coperta di polveri radioattive che furono fissate al suolo grazie a speciali composti chi-mici spruzzati da aerei ed elicotteri. Lo strato di materiale tossico fu poi ar-rotolato come un tappeto da gruppi di operai chiamati “liquidatori”, e venne sepolto insieme al resto dei rifiuti nu-cleari a oltre 4 metri di profondità. Il reattore 4 fu inglobato in un sarcofago di cemento, sepolto e monitorato con-tinuamente. Le centinaia di liquidato-ri, riservisti e specialisti dell’esercito dotati di equipaggiamenti assoluta-mente inadeguati (erano vestiti solo con grembiuli di piombo spessi 3-4 cm che li coprivano davanti e dietro e maschere) misuravano la radioatti-virà nei campi all’interno della fascia

Un anniversario scomodo, la datadel disastro nucleare europeo. Scuole e governi glissano sulle 9000 vittime

30 anni di Cernobyl

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della grafite delle barre di controllo con l’aria determinò una terribile esplosione e lo scoper-chiamento del reattore, rilasciando così radia-zioni nell’aria e causando terribili incendi. Il rilascio radioattivo dell’esplosione fu 400 volte più potente della bomba atomica sgan-ciata su Hiroshima. Dall’esplosione si creò quindi una colonna di fumo che trasportò nell’aria particolari radio-attivi, in parte altamente nocivi. Più della metà ricaddero nella cosiddetta “Zona Rossa”, l’am-biente cioè più prossimo alla centrale. Esso comprendeva le città di Chernobyl e Pripyat, una discreta percentuale (circa il 35%) venne invece trasportato dalle correnti nel re-sto dell’Europa. La contaminazione toccò livelli rilevanti in Ucraina, Bielorussia e in alcune zone della Russia, mentre ebbe conseguenze quasi nulle sul restante continente europeo.

LA DINAMICA DELL’INCIDENTE DI CHERNOBYLMa cosa accadde esattamente quel 26 aprile di così grave da causare un disastro di una tale portata come fu quello di Chernobyl? Durante un test definito “di sicurezza” al re-attore n.4 della centrale V.I. Lenin, situata in Ucraina Settentrionale, il personale si rese responsabile di alcune manovre azzardate e della violazione di diversi protocolli e norme di sicurezza, causando un repentino aumento della potenza del nocciolo del reattore. Furono errori banali, probabilmente frutto di una scarsa consapevolezza dei danni che avrebbero potuto provocare. Ma bastarono pochi secondi perchè tutto accadesse.Non fu possibile fermare la fusione delle barre di combustibile nè il vorticoso aumento della pressione, capace di distruggere gli impianti di raffreddamento. Il contatto dell’idrogeno e

30 anni di Chernobyl

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di sicurezza che aveva un diametro di 30 km. Poi lavavano la polvere radioattiva da case e auto e la fissavano al suolo. Infine rimuovevano il materiale tossico. Questi tecnici, anche erano specializzati in guerra chimica, non avevano la minima di idea di cosa dovevano fare in una catastrofe di quelle proporzioni. Dunque non poterono proteggersi. Alcuni utilizzavano rilevatori antiquati ed erano protetti da tute e ma-schere anti composto chimico che si rive-larono inutili. Prima dell’incidente la cit-tadina di Chernobyl contava circa 15.000 abitanti. Due mesi dopo l’esplosione, le ruspe avevano sotterrato ogni edificio e anche vari villaggi nei dintorni. Il villag-gio di Kopachi, a 7 km da Chernobyl, fu sepolto dai bulldozer casa per casa sotto uno spesso strato di terra. I soccorrito-ri notarono che c’erano animali e piante molto più grandi del normale, nellla zona del disastro. Ma per fortuna non si ripro-dussero. Dopo aver tentato inutilmente di ripulire l’area con l’aiuto di robot tedeschi, giapponesi e americani che a un certo pun-to andarono in tilt per l’eccessivo livello di radiazioni, le autorità decisero di impiega-

re operai umani che erano già stati fortemente esposti. Il livello di radiazioni dopo alcune set-timane era ancora così alto che dopo 40 secondi all’aperto a Chernobyl gli spalatori ne avevano assorbite più di quelle che sarebbe lecito assu-mere in una vita intera. Molti di loro morirono nei mesi e negli anni successivi. Quelli che oggi sono ancora vivi, sono gravente ammalati. Fra questi, tre liquidatori ai quali fu chiesto di comu-nicare la fine delle operazioni di ripulitura del reattore 4, esponendo una bandiera rossa sulla sommità della ciminiera. Dopo due tentativi in elicottero non riusciti, i tre operai decisero che avrebbbero percorso la scala di ferro che saliva a spirale lungo i 78 metri della torre. Per non re-stare troppo tempo esposti alle radiazioni, do-vettero compiere quest’impresa in soli 9 minuti. Negli anni immediatamente successivi al di-sastro, i botanici notarono che nelle zone più colpite dalle radiazioni erano cresciute piante straordinariamente grandi. Veri e propri mostri vegetali. Nel 1989 un gruppo di dimostranti, a Kiev, chiedeva alle autorità di rendere pubblici i documenti ufficiali relativi all’ incidente che colpì gravemente Bielorussia, Ucraina e Russia. Viktor Brioukhanov, direttore della Centrale Nucleare di Chernobyl, Nikolaï Fomin, suo as-

sitente e ingegnere capo, e Anatoly Diat-lov, ingegnere capo, furono processati nel luglio del 1987. Tutti e tre scontaro-no 10 anni di carcere. Sotto il sarcofago che oggi racchiude ciò che resta del re-attore 4, 40 metri sotto terra, la radioat-tività è ancora molto alta. Ma lo è anche a Pripyat, città fantasma nei pressi di Chernobyl costruita negli anni ‘70 per ospitare i lavoratori della centrale. Qui i livelli di radiazioni sono così alti che non sarà abitabile per i prossimi 24.000 anni.A circa 30 anni dal disastro di Chernobyl, ancora non possediamo dati certi sulle conseguenze. Stando alle stime ONU del 2005, i morti collegati direttamente all’incidente di Chernobyl (soccorritori, vigili del fuoco, addetti ai lavori) am-monterebbero a 65, mentre circa 4mila sarebbero i decessi presunti. Secondo il rapporto TORCH, invece, i morti non rilevabili sarebbero molti di più, circa 9mila. Ancora oggi, i gravi effetti del disastro di Chernobyl sono ben tangibi-li: malformazioni, tumori, problemi alle gravidanze, contaminazioni di piante ed animali affliggono l’Ucraina.

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Quelle che fischianoElena Somarè è una fischiatrice di livello mondiale. Il suo fischio melodico è straordinario, melodioso.Ogni sua interpretazione stupisce e commuove, par di vedere all’opera un meraviglioso usignuolo.

LA HIT PARADE DEL FISCHIOQuelli che fischiet-tano saltuariamente sono di solito uomi-ni piuttosto anziani, oppure impegnati in lavori manuali o hob-bistici, tipi dipingere la barca o il garage. E l’umore deve essere decisamente ‘estivo’. Ma quali sono i mo-tivi più intonati? Se-condo un nostro son-daggio, le hit sono gli inni e le canzoni popolari tipo l’Inno d’Italia oppure i pri-mi quaranta secondi della Sinfonia N.9 di Beethoven.Il fischiettare è spes-so un ‘vizio’ che si prende dal padre o dal nonno. Negli Anni Cinquanta quando si voleva far andare in bestia qualcuno si cominciava a fi-schiettare. Gli uomini fischiettano l’opera omnia di Vivaldi, mentre aggiustano le tapparelle: specie se la cinghia comincia a lacerarsi e qualcu-no ci è rimasto sotto con la testa e bisogna tenerlo calmo.

In un mondo di maschi che fischiano allo stadio e ai concerti (ormai non si sente più fischiare quando passa una bella ragazza) tra i primi dieci fischiato-ri al mondo c’è l’italiana Elena Somarè, conosciuta anche per il suo talento di fotografa e per le bellissime mostre che organizza di tanto in tanto, al rientro dei suoi reportage. Il fischio è sempre stato considerato qualcosa di sconveniente, di volgare. Nella tradizione popolare è addirittura la voce del diavolo. Nel cinema può anche preludere a qualcosa di terribi-le, inquietante. Fischia Jack Nicholson in molte scene al cardiopalma, fischia l’infermiera assassina in Kill Bill vol. 1 prima di tentare l’omicidio di Uma Thurman. Alvaro Vitali interpreta un intero film pecoreccio sul tema (“Col fischio o senza”) . Per fortuna il fischio

si è riscattato alquanto nella musica italiana degli Anni Cinquanta e Ses-santa con Fred Bongusto (canzone “Il Fischio”), con Mina e soprattutto Gi-gliola Cinquenti (“Adoro il fischio”) . Ma tutti naturalmente conoscono il fischio di Alessandro Alessandroni per gli spaghetti western di Sergio Leone, sopra le meravigliose melodie scritte da Ennio Morricone. Di recentei si fischia nel film Hunger Games, in una grande scena di piazza. Ma quello di Elena Somarè non è un fischio di saluto, di commento o di maniera, da virtuosa del Vaudeville. È un suono delicato come la voce di un violino, è il canto di un’in-terprete. Si chiama fischio melodico lo strumento che usa il suono primitivo per interpretare melodie classiche o et-niche e trasformarle in qualcosa di nuo-vo, di misterioso. L’intonazione della Somarè è incredibile e la sua espres-

sività è speciale. Suo padre fischiava molto bene e lei ha ricevuto e valoriz-zato questo dono di natura. Il fischio di Elena racconta una storia, anche ac-compagnato dal piano o dall’arpa o da-gli archi. Quando Elena Somarè fischia, può essere un meraviglioso usignuolo oppure un uomo affascinante che cam-mina nella notte, una fontana ridente in un piccolo borgo, il mormorio del vento tra gli alberi. Quando intona l’inno di Mameli oppure una nota melodia di En-nio Morricone ci emoziona. Il suo volto bello e solare si fa severo: poi ella soc-chiude intensamente gli occhi e gioca pause e vibrazioni per toccare il cuore di chi la ascolta.Fischiare può essere arte, ricerca, avanguardia musicale. Elena Somaré tiene concerti di musisca del Seicento, di jazz e musica moderna, per fischio e clavicembalo, oppure per fischio e piano.

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Sopra, l’unica campionessa mondiale di fischio melodico Elena Somarè, durante uno dei suoi concerti.

ARENAMEDIASTARMAGAZINEn.17 5/2016Agent Provocateur

by Amir Hussein Barouh

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