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Identità Ibride Musulmane e Spazi Digitali: Il Blog Yalla Giulia EVOLVI Ruhr University Bochum, Germany Abstract L’islam è spesso considerato incompatibile con i valori europei. In Italia, la presunta incapacità dei musulmani di accettare il cattolicesimo e il secolarismo ispirano spesso discorsi anti-islamici. Il presente articolo sostiene che i musulmani, attraverso le proprie storie di vita quotidiana, riescono a contrastare queste idee islamofobe e a creare identità ibride compatibili con la cultura e la società italiane. Il blog di seconda generazione Yalla Italia rappresenta uno ‘spazio terzo’(‘third space’) dove giovani musulmani italiani sfatano gli stereotipi dominanti nelle rappresentazioni mediatiche, creando così ‘flussi dirompenti di dissenso’. L’analisi testuale del blog e interviste con alcuni dei blogger rivelano che Yalla si concentra principalmente su tre tematiche per aiutare i musulmani italiani a superare la propria emarginazione: (1) critica dei media di massa (2) storie di vita familiare e islam, e (3) attivismo per facilitare l’ottenimento della cittadinanza italiana. I blogger adottano uno stile narrativo –lo storytelling – attraverso il quale cercano di innescare cambiamenti sociali e istituzionali, mostrando un tipo di islam compatibile con la società italiana. La diversità religiosa viene così presentata come un potenziale per l’Italia, piuttosto che come un pretesto di emarginazione. Parole Chiave Islam, Italia, Internet, media, secolarizzazione.

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Identità Ibride Musulmane e Spazi Digitali: Il Blog Yalla

Giulia EVOLVIRuhr University Bochum, Germany

Abstract

L’islam è spesso considerato incompatibile con i valori europei. In Italia, la presunta incapacità dei musulmani di accettare il cattolicesimo e il secolarismo ispirano spesso discorsi anti-islamici. Il presente articolo sostiene che i musulmani, attraverso le proprie storie di vita quotidiana, riescono a contrastare queste idee islamofobe e a creare identità ibride compatibili con la cultura e la società italiane. Il blog di seconda generazione Yalla Italia rappresenta uno ‘spazio terzo’(‘third space’) dove giovani musulmani italiani sfatano gli stereotipi dominanti nelle rappresentazioni mediatiche, creando così ‘flussi dirompenti di dissenso’. L’analisi testuale del blog e interviste con alcuni dei blogger rivelano che Yalla si concentra principalmente su tre tematiche per aiutare i musulmani italiani a superare la propria emarginazione: (1) critica dei media di massa (2) storie di vita familiare e islam, e (3) attivismo per facilitare l’ottenimento della cittadinanza italiana. I blogger adottano uno stile narrativo –lo storytelling – attraverso il quale cercano di innescare cambiamenti sociali e istituzionali, mostrando un tipo di islam compatibile con la società italiana. La diversità religiosa viene così presentata come un potenziale per l’Italia, piuttosto che come un pretesto di emarginazione.

Parole Chiave

Islam, Italia, Internet, media, secolarizzazione.

Corrispondenza :Giulia Evolvi, Ruhr University Bochum, Universitätsstr. 90a, Bochum, 44789, Germany. Email: [email protected]

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IntroduzioneNuove ondate di isterismo anti-islamico sono già imperversate e i musulmani di tutto il mondo sono (ancora una volta) obbligati a dover ribadire “noi con questo non c’entriamo” o “questo non è Islam” o ancora “condanniamo fermamente tutto ciò”, e sperare di essere creduti, ovviamente. (Ismahan Hassen, 9 Gennaio 2015)

L’attacco terroristico contro Charlie Hebdo nel Gennaio 2015 ha obbligato l’Europa ad interrogarsi sulla propria presenza musulmana. In seguito a questo e ad altri attentati avvenuti nel 2015 e nel 2016, alcuni musulmani europei hanno sentito il bisogno di dissociarsi dalle ideologie e dalla religione dei terroristi. La piattaforma online Yalla Italia (in questo articolo indicata come Yalla, www.Yallaitalia.it) è servita ad alcuni giovani musulmani italiani per condividere i propri pensieri riguardo l’attentato, come mostra la citazione iniziale di Ismahan Hassen. Il blog Yalla condanna la violenza religiosa, ma allo stesso tempo dà voce alla frustrazione dei giovani italiani di seconda generazione che sentono di doversi continuamente giustificare per il fatto di essere musulmani.

Gli attacchi terroristici, come ad esempio quello contro Charlie Hebdo, sembrano confermare l’idea che l’islam sia una religione violenta, non-democratica, e incapace di accettare i valori europei e cristiani. Partiti politici xenofobi, come la Lega Nord, spesso parlano dell’islam in questi termini (Betz and Meret, 2009; Pisoiu, 2013; Savage, 2004). Tuttavia, storie quotidiane di musulmani che sono in grado di conciliare la propria identità islamica con i valori Europei contrastano i discorsi islamofobi. Attraverso un’analisi del blog Yalla, questo articolo mostra che l’islam non è un’entità monolitica incapace di adattarsi alla modernità europea. Al contrario, i post del blog provano che è possibile articolare identità ibride musulmane che sono in grado di conciliare l’italianità con l’islam. Internet si differenzia da altre forme di comunicazione perché offre degli spazi dove è possibile descrivere più dettagliatamente i processi di formazione identitaria. I musulmani italiani usano piattaforme digitali come Yalla per narrare le proprie storie di vita sia pubbliche che private, cercando in questo modo di contrastare gli stereotipi, superare il senso di emarginazione, e organizzare l’attivismo sociale. Così facendo, creano dei ‘flussi dirompenti di dissenso’ (Echchaibi, 2013) che sovvertono le narrazioni dominanti spesso proposte dai media tradizionali.

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1. Cattolicesimo e secolarismo in ItaliaL’Italia è un Paese prevalentemente cattolico, con il 75% della popolazione che si dichiara cattolico ed una percentuale ben più alta di battezzati (Doxa, 2014). Il cattolicesimo svolge un ruolo importante nella società, nella politica, e nell’educazione italiana (Frisina, 2011), e le attività della Chiesa cattolica si sovrappongono spesso a quelle della società civile laica (Garelli, 2007). Per questo motivo, i media nazionali tendono a rappresentare l’identità italiana come intrinsecamente cattolica (Ardizzoni, 2007).

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La prominente presenza della religione cattolica nella sfera pubblica italiana è solitamente considerata compatibile con i principi di secolarismo e libertà di religione dello Stato. Come scrive Frisina (2011: 272), la società italiana è fondata su un ‘modello cattolico di secolarismo’ che si costruisce sulla ‘rappresentazione sociale del cattolicesimo come base culturale dell’identità nazionale.’ Secondo questo modello, i valori cattolici ispirano il secolarismo in quanto ne fornirebbero una base etica e morale e sarebbero da considerarsi elementi integranti della storia e della società italiana. (Joppke, 2013; Mancini, 2010).

Il ‘modello cattolico di secolarismo’ attribuisce grande importanza alle cosiddette radici giudeo-cristiane dell’Europa, emarginando spesso in modo indiretto le religioni minoritarie come l’islam. Di conseguenza, mentre il cristianesimo è spesso considerato fonte di ispirazione e legittimazione per i valori secolari, l’islam è visto come incapace di accettare la separazione tra Stato e Chiesa che è alla base del secolarismo e dell’identità occidentale (Asad, 2003; Casanova, 2004). L’idea che l’islam sia incapace di restare al di fuori degli spazi pubblici e istituzionali in quanto ‘fondamentalista, pericoloso, e retrogrado’ (Talhami, 2004: 154), contribuisce a supportare discorsi anti-islamici in Italia ed Europa. Questi discorsi, che definiscono l’islam come in antitesi con i valori europei, sono spesso sintomatici dell’ansia causata da cambiamenti sociali e da una popolazione musulmana in continuo aumento.

2. L’islam in Europa e in ItaliaL’idea che l’islam sia incompatibile con i valori occidentali spesso non tiene conto dei dinamici cambiamenti sociali e religiosi in Europa. Studi precedenti indicano che i musulmani si adattano alla cultura Europea attraverso l’articolazione di identità ibride (Roy, 2013; Tibi, 2010). In maniera simile, altri studi (Arfi, 2010; Jones, 2013; Talhami, 2004; Yeğenoğlu, 2006) hanno dimostrato che l’identità Europea non è necessariamente fondata sul cristianesimo e sul secolarismo, ma spesso si forma proprio attraverso l’emarginazione di minoranze etniche e religiose, contribuendo così alla percezione dei musulmani come ‘non Europei’.

I musulmani costituiscono all’incirca il 2% della popolazione italiana1(CESNUR, 2014) e l’islam è la religione maggiormente in crescita nel Paese (Pace, 2013). I giovani musulmani di seconda generazione e le coppie miste in cui un partner è musulmano spesso cercano delle strategie per adattarsi al contesto italiano (Frisina, 2011; Cerchiaro et al., 2015). Queste negoziazioni identitarie vengono di frequente espresse attraverso la critica dell’uso politico del secolarismo, in particolare nel caso di donne musulmane (Salih, 2009). I media ricoprono un ruolo importante

[223]nel rappresentare i musulmani (el-Aswad, 2013). Da un lato, i media contribuiscono a diffondere il timore dell’islam descrivendo le comunità musulmane in Italia in modo superficiale e pretestuoso, per esempio schierandosi contro le migrazioni e la costruzione di moschee (Mezran, 2013; Saint-Blancat and Friedberg, 2005; Vaccari, 2009). D’altro canto, i musulmani italiani di seconda generazione usano i media per riflettere sulla

1 Molti immigrati musulmani in Italia non sono legalmente registrati, ed è quindi difficile ottenere il numero esatto di musulmani nel Paese. Per maggiori informazioni si veda Mezran (2013).

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propria identità, per contrastare gli stereotipi, e per promuovere l’integrazione (Toronto, 2008; Zinn, 2011). Lo studio dei media – e di Internet in particolare – ci permette di comprendere queste strategie di adattamento sociale e di formazione identitaria. Il presente articolo si ispira a studi precedenti sull’islam in Italia ed Europa, ed è innovativo nel compiere un’analisi testuale di discorsi digitali.

3. ‘Spazi terzi’ religiosi e blog musulmaniI media hanno un ruolo importante nella definizione di pratiche ed identità religiose. I processi mediatici che interessano le religioni hanno spesso un effetto ‘orizzontalizzante’ in relazione alle autorità e ai simboli religiosi. I media aiutano infatti a modificare le tradizionali gerarchie di potere che esistono tra chi detiene conoscenza religiosa e chi no; le autorità religiose tradizionali perdono più facilmente il proprio ruolo nell’interpretare i simboli perché i credenti acquisiscono più autonomia nel determinare significati religiosi in modo non tradizionale (Hoover, 2006).

Gli spazi digitali influenzano la pratica religiosa contemporanea creando ciò che Campbell (2012) definisce ‘network religion’. Internet può potenzialmente diventare uno spazio dove la religione viene ‘vissuta’ (McGuire, 2008) attraverso la discussione di pratiche religiose e di fede. La creazione di narrazioni religiose su Internet può avvenire all’interno di ‘spazi terzi’ (‘third spaces’) –un concetto che si riferisce a diversi contesti in cui gli spazi che si collocano tra luoghi fisici e metaforici. Bhabha (1990), per esempio, definisce lo ‘spazio terzo’ come un luogo dove si sviluppano culture e soggettività ibride nel post colonialismo. Hoover e Echchaibi (2014: 13) applicano il concetto di ‘spazio terzo’ alle religioni in Internet, dove si formano gruppi che permettono un ‘coinvolgimento tecnologico, pratico, e vissuto’ con comunità ed autorità religiose.

I blog possono essere considerati degli ‘spazi terzi’ dove gruppi minoritari articolano le loro identità religiose e resistono a pressioni politiche e sociali. Scrivere blog permette ad individui e comunità di entrare in comunicazione con i media nazionali, creando così degli spazi alternativi di giornalismo partecipativo (Echchaibi and Russell, 2009). I blog possono aiutare le persone religiose a praticare la propria fede permettendo una rappresentazione più diretta ed immediata delle esperienze private nella sfera pubblica, e utilizzando stili narrativi che si differenziano da televisione e giornali. I blog stimolano quindi un coinvolgimento attivo con i lettori e sollecitano l’interazione con un pubblico interessato alle narrative religiose (Lövheim, 2011).

I blog musulmani in Europa e America sono spesso usati per descrivere identità secolari all’interno dell’islam. Per esempio, il blog Muslimah Media Watch, scritto da donne musulmane, utilizza gli spazi digitali per dare vita a ciò che Echchaibi (2013) definisce ‘flussi dirompenti di dissenso’. Il blog non cerca di sovvertire in modo radicale le strutture sociali egemoniche,

[224]ma rappresenta un ‘ispessimento culturale’ all’interno di un progetto di cambiamento sociale (2013: 2). Secondo Echchaibi, l’efficacia del blog non sta nei suoi successi concreti ed immediati, ma piuttosto nel suo contributo al progresso culturale. Nel creare spazi estetici e performativi che criticano la cultura dominante, Muslimah Media Watch riflette sulla posizione che l’islam occupa nella modernità occidentale. In questo modo, il

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blog crea dei dissensi e critica le rappresentazioni mediatiche dominanti, aiutando a cambiare la percezione delle donne musulmane nel lungo periodo. Inoltre, il blog costituisce uno spazio dove vengono articolate delle ‘soggettività ibride musulmane’ (‘hybrid Muslim subjectivities’, Echchaibi, 2013: 3), attraverso le storie di musulmani che vivono nella modernità occidentale; queste soggettività vengono create in modo simile anche grazie a Yalla Italia.

4. Il blog YallaYalla racconta storie di migrazione e multiculturalismo dalla prospettiva delle seconde generazioni, un termine che indica persone nate o cresciute in Italia da genitori stranieri, e la cui identità è perciò situata tra diverse culture e religioni. Yalla (che significa ‘andiamo’ in Arabo) è stato fondato nel 2006 dal giornalista Martino Pillitteri e dal professore universitario di islamistica Paolo Branca, entrambi non musulmani ma interessati personalmente e professionalmente alla comunità musulmana in Italia. Pillitteri e Branca hanno deciso di creare Yalla perché sentivano il bisogno di dare agli Arabi-Italiani uno spazio per far sentire la propria voce, spesso ignorata dai media nazionali. Il fatto che i fondatori di Yalla non siano musulmani e Arabi lo rende certamente peculiare: il blog si distingue da altri siti musulmani in Italia perché non è legato alle autorità religiose musulmane ufficiali e si rivolge ad un pubblico multireligioso e multiculturale.

Grazie ad interviste con i fondatori di Yalla è stato possibile raccogliere informazioni sugli obiettivi e la struttura del blog. Yalla, fondato inizialmente come pubblicazione cartacea, diventò un blog nel 2011, anno in cui aprì anche delle pagine su Facebook e Twitter per diffondere informazioni e raggiungere più lettori. Inizialmente i blogger erano solo musulmani che abitavano a Milano, ma Yalla ha presto iniziato ad includere collaboratori di altre religioni, etnie, e regioni italiane. Il blog, che è scritto interamente in Italiano, pubblicava inizialmente post tutti i giorni, raggiungendo all’incirca 2000 visite giornaliere. Tuttavia, nel 2015 Yalla ha iniziato a diminuire le attività e a riconsiderare la propria identità: in futuro, Yalla potrebbe diventare più internazionale o semplicemente chiudere. (Martino Pillitteri, comunicazione personale, 29 Maggio 2015).

Yalla interessa un ampio pubblico, certe volte attirando più di cento commenti per ogni post. Anche se i lettori sono principalmente altri Italiani di seconda generazione e persone interessate al multiculturalismo, i blogger talvolta cercano un dialogo con lettori apertamente anti-musulmani. Pillitteri, che è il moderatore del blog, pubblica anche commenti offensivi e razzisti per cercare di avere delle conversazioni con il pubblico. Il carattere interattivo del blog, infatti, permette la formazione di una comunità di lettori che spesso commentano ed elaborano il significato dell’identità musulmana. La dimensione comunitaria di Yalla dipende anche dal suo essere collettivo: il blog ha quaranta collaboratori, alcuni dei quali fanno parte dello staff editoriale sotto la direzione di Pillitteri. Fatta esclusione per Pillitteri, i blogger non sono giornalisti professionisti e sono generalmente reclutati attraverso associazioni di seconde generazioni e di Arabi-Italiani (Paolo Branca, comunicazione personale, 31 Maggio 2015).

[225]La maggior parte dei collaboratori di Yalla sono donne. Le interviste e l’analisi del blog non hanno dato materiale per capire come mai ciò accade, ma è probabile che le donne musulmane sentano un maggior bisogno di esprimere la loro voce in luoghi non

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tradizionali. Come dimostrato dal blog Muslimah Media Watch (Echchaibi, 2013), le donne usano spesso i media per negoziare le loro identità religiose contrastando strutture di potere patriarcale. Lövheim (2011, 2013) sostiene che le donne blogger creino di frequente degli ‘spazi etici’ digitali (digital ‘ethical spaces’), dove discutono norme culturali e sociali che sono allo stesso tempo pubbliche e private. Per esempio, le donne musulmane usano Internet per affermare i propri diritti all’interno dell’islam, contrastare certe rappresentazioni mediatiche, e per discutere i ruoli di genere in una prospettiva musulmana (Piela, 2013; Vis et al., 2011). L’attenzione di Yalla per tematiche femminili, come il ruolo delle donne all’interno di coppie interreligiose e il significato dell’hijab, è probabilmente motivata dal fatto che in Italia le musulmane sono doppiamente emarginate non solo per la propria religione ma anche in quanto donne.

I collaboratori di Yalla hanno esperienze diverse e appartengono a varie religioni, e il blog non tratta esclusivamente di islam. Tuttavia, dal momento che il suo scopo è quello di catturare i cambiamenti dinamici della società italiana, che attualmente accoglie sempre più migranti di religione musulmana, il blog contiene interessanti informazioni sull’islam in Italia. Nell’analizzare Yalla mi sono concentrata sul rapporto tra gli spazi digitali e le esperienze fisiche. Perché i blogger hanno scelto una piattaforma digitale per esprimere le loro idee? Quali tematiche sono enfatizzate maggiormente per descrivere l’esperienza dell’islam in Italia? Quali sono le strategie usate per contrastare l’emarginazione sociale? Per rispondere a queste domande, ho fatto un’analisi testuale qualitativa di Yalla, tenendo conto di post e commenti dal 2011 –quando il blog è stato messo online –fino a Marzo 2015, quando ha iniziato a diminuire il numero delle pubblicazioni. Inoltre, ho condotto delle interviste personali e semi-strutturate con i due fondatori e quattro dei blogger di Yalla in Maggio e Giugno del 2015. Ho utilizzato i nomi reali dei blogger, con i quali firmano i loro post. L’analisi del blog suggerisce che Yalla sia una piattaforma in cui vengono discusse delle tematiche spesso ignorate nei discorsi pubblici sull’islam in Italia.

5. Risultati e discussioneI post di Yalla sono scritti con uno stile narrativo, detto storytelling, che serve per raccontare le attività quotidiane dei blogger. La tecnica estetica dello storytelling permette di esprimere opinioni in modo indiretto: i blogger non sostengono espressamente la necessità di una società con maggior pluralismo religioso, ma le loro esperienze personali implicitamente rimandano a problemi sociali e politici che sono connessi con l’integrazione religiosa.

L’analisi dei post di Yalla rivela che i blogger si sforzano di superare l’emarginazione sociale e integrarsi nella società. Per fare ciò, i blogger articolano la propria identità ibrida parlando di tre tematiche principali: per prima cosa, la critica contro i media nazionali mostra che gli spazi digitali hanno un forte potenziale comunicativo; secondo, le narrazioni di vita familiare normalizzano la presenza dell’islam nella cultura italiana; e, terzo, l’attivismo per semplificare l’ottenimento della cittadinanza italiana rivela che i giovani musulmani anelano ad essere riconosciuti legalmente come Italiani.

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Contrastare in Internet gli stereotipi mediatici

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Yalla spesso critica i media nazionali in quanto parziali e faziosi nel trattare argomenti come il multiculturalismo e il pluralismo religioso. Il blog non spiega esattamente cosa intenda quando parla di ‘media’, ma è probabile che si riferisca a televisioni, radio, e giornali nazionali. Yalla spiega che i media spesso trattano tematiche legate alla comunità musulmana solo quando si tratta di notizie che possano attirare l’attenzione del pubblico. Secondo la blogger Rania Ibrahim, per esempio, è ‘irrilevante’ che le donne velate vengano citate nelle notizie solo per via della loro religione:

Penso che se mai un giorno dovessi scalare l’Everest bendata o diventare sindaco della mia città, non susciterei nessun tipo di reazione nei mass media tradizionali. MA Se per caso dovessi compiere queste azioni con un bel velo islamico che mi incornicia il viso, beh…finirei sulle prime pagine dei giornali. Ma da quando indossare un velo, o peggio ancora essere musulmani, è diventato una eccezionalità tanto da suscitare scalpore? (Rania Ibrahim, 12 Ottobre, 2012)

I blogger di Yalla sostengono che questo approccio sensazionalistico alle notizie sia dovuto alla scarsa conoscenza dell’islam e dei musulmani da parte dei professionisti della comunicazione. Il post di Ibrahim denuncia, in particolar modo, la rappresentazione problematica delle donne musulmane, a cui viene data attenzione per il loro velo e non per le loro opinioni.

Yalla critica soprattutto due stereotipi utilizzati e promulgati dai media italiani. Da un lato, i media tendono a dipingere tutti i musulmani come ‘Arabi cattivi’, perpetuando l’idea che l’islam sia violento e poco democratico. D’altro canto, i media rinforzano lo stereotipo del ‘povero immigrato,’ descrivendo tutti i musulmani come culturalmente ed economicamente retrogradi e associandoli automaticamente agli immigrati illegali. Yalla non nega la presenza di comunità musulmane radicali o di immigrati irregolari, ma contrasta l’idea che l’islam in Italia sia monolitico ed omogeneo.

La critica che i blogger fanno ai media nazionali spiega perché sia stata scelta una piattaforma digitale –Yalla – per condividere le loro idee. Spesso i musulmani italiani faticano a far ascoltare la propria voce: nel caso le loro storie non rientrino nei due stereotipi sopra descritti, i media nazionali tendono a non dargli spazio o a distorcere le loro opinioni. Come nota il co-fondatore del blog Branca:

I media sono malati di sensazionalismo e quindi vogliono dare notizie allarmanti, però ovviamente queste [le storie raccontate da Yalla] sarebbero notizie rassicuranti. Si entra in questo perverso gioco per cui se non sei un radicale, un fondamentalista estremo allora non sei un musulmano. (Paolo Branca, comunicazione personale, 31 Maggio 2015)

Gli spazi digitali, in questo caso un blog, rendono possibile l’uso di tecniche narrative che possono aiutare a sovvertire gli stereotipi e offrono uno spazio per le voci che non sono ascoltate dai media nazionali. Pillitteri istruisce i blogger ad essere provocatori senza essere aggressivi, e a far notare i problemi sociali senza lamentarsi (comunicazione personale, 29 Maggio 2015). Con questo stile diretto e provocatorio, Yalla cerca di costruire uno spazio che riesca a portare l’attenzione su certe problematiche in modo più efficace

[227]dei media tradizionali. In questo modo, Internet aiuta i blogger a evitare di essere ignorati dai media, di essere trattati come ‘categoria invisibile’ (Zinn, 2011), o di essere descritti solo attraverso generalizzazioni e stereotipi.

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Storie di vita familiare

Yalla descrive spesso in maniera colloquiale le relazioni che i blogger hanno con i genitori e i partner, parlando sia di differenze generazionali che delle somiglianze che trovano con i propri coetanei italiani. Poiché i blogger vivono a metà tra due culture e due religioni, la famiglia diviene un luogo dove è importante negoziare la propria identità:

Anche se molti italiani lo pensano, i nostri genitori arabi non sono gli antagonisti dei lori figli nati in Italia. Sono solo persone che spesso incontrano forti difficoltà nell’allevare i propri figli, poiché non è affatto un compito facile per loro trovare un giusto equilibrio tra due culture e valorizzare il meglio di entrambe. (Imane Barmaki, 24 Marzo 2014)

Come dimostrato dalla citazione, i blogger di Yalla non descrivono i propri problemi familiari come la conseguenza di una religione arretrata e incapace di adattarsi ai valori occidentali. Al contrario, le differenze generazionali sono normalizzate e descritte come fenomeni che arricchiscono l’esperienza familiare costringendoli allo sforzo di comprendersi a vicenda. Nel descrivere le proprie esperienze domestiche, i blogger rimarcano infatti la propria capacità di conciliare due culture diverse.

Nelle storie di vita familiare, i blogger dimostrano che è possibile adattare la fede musulmana alla cultura italiana. Perché possano vivere in armonia con i valori e la cultura italiane, i musulmani di seconda generazione devono riuscire a negoziare i valori religiosi attraverso la propria esperienza familiare. I blogger di Yalla hanno un approccio eterogeneo all’islam: per esempio, alcuni scelgono un partner musulmano e altri uno non musulmano; alcune delle donne indossano il velo ed altre scelgono di non farlo. I blogger considerano molto importante la possibilità di compiere scelte in modo autonomo e di valutare con spirito critico le abitudini e le pratiche religiose:

Alla domanda: “Bahija fai il Ramadan?” a cui io rispondo con un SI deciso, mi trovo ad affrontare smorfie che mi fanno solo capire quanto siano rimasti increduli. Sinceramente non capisco il motivo per il quale siano così prevenuti. Ok che non cambio le mie abitudini vestendomi come al solito (forse un po’ troppo scollacciata?!?), ascoltando musica e magari andando a ballare (naturalmente la sera), sgarrando giusto uno o due giorni per pranzare con i colleghi… […] Ora, ammetto di non essere l’emblema della musulmana doc, commetto peccati come tutti o sbaglio? (Bahija Monssif, 17 Agosto 2012)

Le storie domestiche permettono ai blogger sia di riflettere sui valori della famiglia che di esplorare il proprio rapporto quotidiano con l’islam. Come ha suggerito Pillitteri durante la sua intervista, i blogger spesso scelgono di essere ‘musulmani a modo loro’ (Comunicazione personale, 29 Maggio 2015). Rifiutandosi di seguire le autorità religiose tradizionali, i blogger tendono a vivere la propria religione a livello privato e familiare piuttosto che nella sfera pubblica. Scrivere un blog diventa così un modo per negoziare il concetto di autorità e dare vita ad una comunità religiosa non tradizionale. In particolare, le donne che collaborano con Yalla spesso non si sentono accettate nelle moschee italiane perché tendono ad avere un approccio personalizzato alla pratica

[228]religiosa, come mostra la descrizione del Ramadan fatta da Bahija Monssif. Yalla diventa per loro uno spazio che si situa al di là delle strutture religiose tradizionale e dove la pratica della religione musulmana viene discussa e definita.

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Questo approccio privato alla religione contrasta l’idea che l’islam sia una religione totalitaria e incompatibile con una società secolare. Il blogger Oussama Mansour, per esempio, descrive la propria fede dicendo ‘Io sono musulmano né più né meno di quanto la maggioranza dei ragazzi italiani siano “cattolici”’ (29 Ottobre 2014). I blogger notano l’approccio selettivo che molti dei propri coetanei cattolici hanno nei confronti dei precetti religiosi, e spesso fanno lo stesso con l’islam. Per questo motivi, la loro pratica religiosa a livello familiare diventa spesso compatibile con la cultura italiana e i valori secolari.

Italiani a livello istituzionale: la cittadinanza

Yalla si occupa spesso del problema legale della cittadinanza, mostrando lo sforzo dei blogger per ottenere un cambiamento istituzionale. La legge italiana si ispira al principio dello ius sanguinis: poiché i bambini ottengono automaticamente la cittadinanza dei genitori, quelli nati da genitori stranieri su suolo italiano non necessariamente acquisiscono la cittadinanza italiana. Per questo motivo, a meno che i genitori non richiedano la cittadinanza mentre i figli sono ancora minorenni, i giovani di seconda generazione devono aspettare fino ai diciotto anni per fare domanda di cittadinanza, e spesso sono costretti ad avere a che fare con un sistema burocratico lento e inefficiente. Questa situazione è problematica per i giovani di seconda generazione perché spesso si ritrovano ad avere meno opportunità dei loro coetanei italiani in termini di educazione, carriera, e attività politica.

Yalla descrive il problema della cittadinanza non solo in termini legali, ma anche identitari. Senza voler rifiutare la cultura della propria famiglia, i blogger di Yalla spesso affermano la propria italianità. Poiché si sentono italiani nella propria educazione e nei valori con cui sono cresciuti, ottenere la cittadinanza italiana diventa un modo per rivendicare un tratto essenziale della loro identità. I blogger usano spesso Yalla per descrivere il modo in cui sentono di appartenere allo Stato, alla cultura, e alla società italiana:

Noi siamo più italiani in quanto lo siamo per scelta, tu sei nato italiano e non ti sei mai posto la questione noi al contrario ce lo siamo chiesti spesso ed abbiamo scelto di esserlo […] NOI SIAMO ITALIANI. (Sara Abd Alla, commento ad un post, 13 Marzo 2013, enfasi nell’originale)

La cittadinanza, pur non essendo un problema religioso strictu sensu, è spesso percepita dai musulmani come un ulteriore fattore di emarginazione. I post di Yalla e i commenti che ricevono mostrano che l’islam in Italia tende ad essere percepito come incompatibile con le istituzioni occidentali. Le leggi degli Stati democratici non possono discriminare su base religiosa, ma le attitudini anti-musulmane possono influenzare negativamente l’opinione pubblica sulla questione della cittadinanza. Queste attitudini, che Yalla critica con veemenza, spesso si manifestano nei commenti che vengono lasciati ai post:

Un paese saggio e civile, alla luce degli EVIDENTISSIMI fatti di islam persecutore, invadente e violento, non concederebbe MAI la cittadinanza ai mussulmani. Non per un fatto di religione ma di politica e di impossibilità da parte loro di INTEGRARSI e di essere davvero italiani. Un mussulmano non sarà MAI italiano nemmeno se nasce qui perché è mussulmano e quindi

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perché segue la legge islamica, che non è solo religione…… (Franco, commento ad un post, 17 Dicembre 2014, enfasi in originale)

[229]Il commento mostra come l’attitudine anti-islamica di molti Italiani porti a considerare i musulmani come ‘stranieri’. Le donne che scrivono per Yalla spesso raccontano di essere ritenute ‘non-Italiane’ per via del velo che indossano. La blogger Sabrina Mandouh, per esempio, racconta un’esperienza negativa vissuta nel recarsi a votare per le elezioni nazionali dopo aver ottenuto la cittadinanza: il fatto che la donna indossasse il velo portò lo scrutatore di seggio a domandarsi se potesse votare, chiedendole ‘come fa ad essere italiana se è musulmana? ’ (26 Maggio 2014).

I blogger di Yalla pensano che facilitare il processo per la cittadinanza italiana potrebbe essere un importante passo verso il superamento di questi atteggiamenti xenofobi. I blogger hanno infatti proposto un modello di ius soli temperato secondo il quale la cittadinanza dovrebbe essere accordata a tutti i bambini nati in Italia al completamento dell’educazione obbligatoria. La proposta di Yalla non solo è un tentativo di semplificare il processo di naturalizzazione, ma è anche una strategia per legittimare la presenza musulmana all’interno della cultura italiana: I blogger si sentono Italiani per il processo di educazione e acculturamento a cui hanno partecipato, e non solo per i documenti che possiedono. Attraverso Yalla, i blogger criticano in modo velato i migranti che si rifiutano di imparare l’Italiano e di accettare la cultura italiana.

La riforma della legge per la cittadinanza italiana ha quindi un doppio significato per Yalla. Da un lato, contrasta l’idea xenofoba che l’islam sia incompatibile con l’italianità; dall’altro lato, gli sforzi per ottenere la cittadinanza mostrano che i blogger non sono solo cresciuti in Italia, ma hanno anche partecipato ad un processo culturale di integrazione che li ha portati ad accettare ed amare l’Italia, e che li ha resi Italiani come i loro coetanei cattolici.

ConclusioneYalla dimostra come l’islam non sia ne’ monolitico, ne’ sempre uguale a se’ stesso, ma spesso invece in grado di creare identità ibride musulmane. Yalla è uno ‘spazio terzo’ che esiste tra le esperienze private dei musulmani italiani e la percezione pubblica dell’islam, e che permette ai blogger di discutere tematiche religiose senza affidarsi ad autorità religiose tradizionali. I blogger usano Yalla per articolare la loro identità in uno spazio che non è ne’ la propria cultura di origine, ne’ la cultura italiana, ma uno spazio ibrido che include entrambe. Ci sono due ragioni principali per cui questa identità ibrida è rilevante.

Per prima cosa, Yalla descrive questa identità ibrida come arricchita da culture differenti, e quindi con un potenziale per migliorare la cultura e la società italiane. I blogger dimostrano l’esistenza di questo potenziale rifiutando di essere considerati socialmente emarginati e normalizzando la presenza musulmana in Italia. Nel parlare delle proprie esperienze, che sono simili a quelle dei propri coetanei cattolici, i blogger descrivono l’islam come una religione non violenta e capace di conciliarsi con i valori occidentali. L’approccio critico a pratiche e comportamenti religiosi aiuta i blogger a rifiutare le dicotomie sociali. Raccontano storie di integrazione e di solidarietà per non essere considerati come ‘Arabi cattivi,’ e descrivono i propri successi professionali e scolastici per non essere additati come ‘poveri immigrati.’ Le

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identità raccontate da Yalla sovvertono le narrative dominanti sull’islam perché presentano le minoranze religiose ed etniche come portatrici di un potenziale culturale piuttosto che vittime di emarginazione. Yalla racconta storie di giovani di seconda generazione che non solo riescono a conciliare senza problemi la propria identità musulmana con quella italiana, ma che riescono anche a meglio comprendere diversi codici culturali, religiosi, e linguistici.

[230] Secondo, il formato del blog è fondamentale per articolare delle identità ibride musulmane. Yalla non può ottenere lo stesso pubblico dei media nazionali, e utilizza quindi Internet per creare una voce alternativa e una comunità di lettori. Inoltre, Internet permette ai blogger di essere più creativi. L’identità ibrida esiste principalmente negli spazi fisici e privati dell’esperienza quotidiana; dal momento che un blog permette di utilizzare la tecnica dello storytelling, da’ la possibilità a queste esperienze quotidiane di essere raccontate in uno spazio pubblico, dove possono essere lette e commentate. In questo modo, i blogger ottengono una maggior autonomia nel decidere quali storie proporre e nel definire le proprie esperienze, anche qualora i media nazionali non le considerino attraenti. Come scrive Echchaibi (2009: 23). ‘[l]a capacità di raccontare la tua storia nei termini che tu definisci riflette la possibilità di cambiare l’ordine sociale, e di rifiutare l’imposizione di definizioni prestabilite sulla tua immagine ed identità’. Infatti, benché esistano altri spazi di formazione identitaria, Internet offre la possibilità di dare importanza, amplificare, e comunicare le identità musulmane che esistono negli spazi fisici.

Yalla offre ai blogger la possibilità di superare la propria emarginazione attraverso lo storytelling digitale, e può potenzialmente inviare un importante messaggio alla società italiana. Branca di solito incoraggia i blogger a scrivere dicendogli: ‘non raccontate niente di speciale, voi siete già un messaggio, il fatto che voi esistiate è un messaggio perché la gente non sa che esistete’ (comunicazione personale, 31 Maggio 2015). Nel mostrare ai propri lettori l’esistenza di musulmani in grado di adattare i propri principi religiosi allo stile di vita occidentale, i blogger mandano implicitamente il messaggio che la società Italiana debba riconoscere la presenza di musulmani italiani come una risorsa e non una minaccia. Questo messaggio è politico perché spinge al cambiamento sociale in modo indiretto attraverso la creazione di ‘flussi dirompenti di dissenso’, sovvertendo la narrazione dominante che vuole l’islam come incompatibile con i valori occidentali. Lo storytelling digitale di identità ibride musulmane mostra quindi che le storie di vita vissuta possono talvolta essere più esplicative di discorsi politici e mediatici contro l’islam.

Ringraziamenti

Vorrei ringraziare il Professor Nabil Echchaibi dell’Università del Colorado Boulder per il suo aiuto prezioso per questo articolo. Inoltre, sono profondamente grata al Professor Stewart Hoover, alla Professoressa Shu-Ling Chen Berggreen, alla Professoressa Michela Ardizzoni, e al Professor Peter Simonson, dell’Università del Colorado Boulder, per il loro supporto. Il mio articolo ha immensamente beneficiato della revisione di Nicola Morris, Julien Turpin, e Camélia Bouf, e dei commenti degli editor del Social Compass e della Dottoressa Anna Halafoff. Ringraziamenti a Cristina Comotti e Luigi Evolvi per l’aiuto con la versione in Italiano. Vorrei anche ringraziare il Dottor Mauro Gatti per il suo prezioso supporto. Cosa più importante, ringrazio i blogger di Yalla per la loro collaborazione e il loro lavoro.

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FondiQuesta ricerca non ha ricevuto nessun tipo di fondi da nessuna agenzia nel settore pubblico, privato, o senza scopo di lucro.

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Biografia dell’Autore

Giulia EVOLVI è ricercatrice in religione e media presso l’Università della Ruhr, Bochum, Germania. Ha ottenuto il dottorato in media studies all’Università del Colorado Boulder, Stati Uniti, dove era affiliata presso il Center for Media, Religion, and Culture, e ha un diploma di laurea specialistica in Scienze delle Religioni ottenuto all’Università Ca’ Foscari di Venezia e all’Università di Padova. I suo interessi sono le nuove religioni e il cambiamento religioso, la secolarizzazione, il pluralismo religioso in Italia ed Europa, e il cattolicesimo nei media. La sua tesi di dottorato tratta di pratiche digitali di gruppi religiosi minoritari in Italia.

Indirizzo: Ruhr University Bochum – Universitätsstr. 90a 44789 Bochum. Numero di Telefono: +39 3485200407Email: [email protected]