il design come articolazione di conflitti

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progetto grafico RIVISTA INTERNAZIONALE DI GRAFICA INTERNATIONAL GRAPHIC DESIGN MAGAZINE Spazio Comune Common Space La grafica è un luogo comune Graphic Design is a Commonplace SERENA BROVELLI, LUIGI FARRAUTO, SILVIA SFLIGIOTTI Dal Cairo a New York, tra spazio comune, obblighi e divieti From Cairo to New York, Between Common Space, Commands, and Bans LUIGI FARRAUTO, CLAUDIA VAGO Il design come articolazione dei conflitti Design as an Articulation of Conflict ANDREA FACCHETTI Formes Vives, militanti e contenti Formes Vives, Joyous Militants CLAUDE MARZOTTO Un cantiere aperto An Open Construction Site SILVIA SFLIGIOTTI Smarriti tra le leggi, alla ricerca di una guida Lost in all the Laws, in Search of a Guide DANIELE TONON In un luogo preciso. Lupo & Burtscher & Lungomare In a Precise Place. Lupo & Burtscher & Lungomare SERENA BROVELLI, SILVIA SFLIGIOTTI Che cos’è il design? What is Design? PROJECT PROJECTS Condividere in rete: idee partecipative in tempo di crisi Online Sharing: Participatory Ideas in a Time of Crisis MARIO FOIS Progettazione come spazio comune Design as Common Space MARIA ROSARIA DIGREGORIO Delta del Po: immagini del futuro per un presente comune The Po River Delta: Images of the Future for a Common Present EMANUELA BONINI LESSING, ENRICO ANGUILLARI Segni e spazio pubblico alla Libera Università di Bolzano Signs and Public Space at the Free University of Bozen-Bolzano ROBERTO GIGLIOTTI, JONATHAN PIERINI, ALVISE MATTOZZI 22 Anno 10 n.22 Autunno 2012 15,00 euro 9 771824 130006 issn 1824-1301 200 22 progetto grafico 22 Autunno 2012 Spazio Comune / Common Space edizioni aiap Common Space Spazio Comune 22 Poste italiane s.p.a. – Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano Happinessie. Il mostro della felicità. Happinessie: The Happiness Fiend ISABELLA INTI, MARCO TORTOIOLI RICCI Un carattere oltre la balcanizzazione A Typeface Beyond Balkanization RICCARDO OLOCCO E se tutte le strade pubbliche italiane diventassero della Fiat o della Ford? What if all public roadsin Italy became owned by Fiat—or Ford? DAVE CROSSLAND Perché non abbiamo ancora visto una fotografia di tutta la Terra? Why haven’t we seen a photograph of the whole Earth yet? STEWART BRAND Le vicissitudini dell’impresa. Note in margine a «Progetto grafico». The Vicissitudes of the Work: Marginal Notes on Progetto grafico ALBERTO LECALDANO Una trilogia per Pintér A Trilogy for Pintér RICCARDO FALCINELLI Histoire de l’écriture. De l’idéogramme au multimédia Histoire de l’écriture. De l’idéogramme au multimédia ANTONIO PERRI Combinazioni di pezzi semplici. L’alfabeto universale del Bauhaus. A Combination of Simple Elements: The Universal Alphabet of the Bauhaus CHIARA BARBIERI

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Il design come articolazione di conflitti, by Andrea Facchetti.Published in Progetto Grafico 22 (with english version)

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progetto grafico

rivista internazionale di graficai n t e r n at i o n a l g r a p h i c d e s i g n m a g a z i n e

spazio comunecommon space

La grafica è un luogo comuneGraphic Design is a Commonplaceserena Brovelli, luigi farrauto, silvia sfligiotti

Dal Cairo a New York, tra spazio comune, obblighi e divietiFrom Cairo to New York, Between Common Space, Commands, and Bansluigi farrauto, claudia vago

Il design come articolazione dei conflittiDesign as an Articulation of Conflictandrea facchetti

Formes Vives, militanti e contentiFormes Vives, Joyous Militantsclaude marzotto

Un cantiere apertoAn Open Construction Sitesilvia sfligiotti

Smarriti tra le leggi, alla ricerca di una guidaLost in all the Laws, in Search of a Guidedaniele tonon

In un luogo preciso. Lupo & Burtscher & LungomareIn a Precise Place. Lupo & Burtscher & Lungomareserena Brovelli, silvia sfligiotti

Che cos’è il design? What is Design? Project Projects

Condividere in rete: idee partecipative in tempo di crisiOnline Sharing: Participatory Ideas in a Time of Crisismario fois

Progettazione come spazio comuneDesign as Common Spacemaria rosaria digregorio

Delta del Po: immagini del futuro per un presente comuneThe Po River Delta: Images of the Future for a Common Presentemanuela Bonini lessing, enrico anguillari

Segni e spazio pubblico alla Libera Università di BolzanoSigns and Public Space at the Free University of Bozen-BolzanoroBerto gigliotti, jonathan Pierini, alvise mattozzi

22Anno 10 • n.22 • Autunno 2012 • 15,00 euro

9 7 7 1 8 2 4 1 3 0 0 0 6

issn 1824-13012 0 0 2 2

progetto grafico

22Autunno 2012

spazio comune / com

mon space

edizioni aiap

common spacespazio comune22

Poste italiane s.p.a. – Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano

Happinessie. Il mostro della felicità.Happinessie: The Happiness FiendisaBella inti, marco tortoioli ricci

Un carattere oltre la balcanizzazioneA Typeface Beyond Balkanizationriccardo olocco

E se tutte le strade pubbliche italiane diventassero della Fiat o della Ford?What if all public roadsin Italy became owned by Fiat—or Ford?dave crossland

Perché non abbiamo ancora visto una fotografia di tutta la Terra?Why haven’t we seen a photograph of the whole Earth yet?stewart Brand

Le vicissitudini dell’impresa. Note in margine a «Progetto grafico».The Vicissitudes of the Work: Marginal Notes on Progetto graficoalBerto lecaldano

Una trilogia per Pintér A Trilogy for Pintér riccardo falcinelli

Histoire de l’écriture. De l’idéogramme au multimédiaHistoire de l’écriture. De l’idéogramme au multimédiaantonio Perri

Combinazioni di pezzi semplici. L’alfabeto universale del Bauhaus.A Combination of Simple Elements: The Universal Alphabet of the Bauhauschiara BarBieri

direttore responsabile editor in chiefRiccardo Falcinelli

direzione editoriale editorsRiccardo FalcinelliSilvia Sfligiotti

comitato di redazione editorial boardSerena BrovelliMaria Rosaria DigregorioLuigi FarrautoClaude MarzottoLuciano PerondiCarlo VintiStefano Vittori

coordinamento redazionale editorial coordinationSerena Brovelli

progetto grafico graphic designAlizarina e Falcinelli & Co.

impaginazione layoutLivia Massaccesi Stefano Vittori

correzione di bozze proofreadingLotto 49

traduzioni translationsAlta PriceGiorgio Testa

fotografie photographsaltrospaziofotografia.it

sede editorial officeCirconvallazione Ostiense, 21200154 - Roma, Italia

contatti [email protected]

AiapVia A. Ponchielli, 3 20129 Milano tel. 02 29 52 05 90 fax 02 29 51 24 95 [email protected] www.aiap.it

consiglio direttivoDaniela Piscitelli, Presidente; Cinzia Ferrara, Vicepresidente; Massimo Porcedda, Segretario generale

consiglieriEmanuela Bonini Lessing,Matteo Carboni, Francesco M. Giuli, Gaetano Grizzanti, Francesco E. Guida, Cosimo L. Pancini

probiviriGiangiorgio Fuga, Presidente; Simonetta Ferrante, Segretario; Franco Balan, Alberto Lecaldano, Roberto Pieracini

revisori dei conti Laura Ferrario, Camilla Masciadri,Marco Pea

tesorierePiergiorgio Capozza

direttore Maria A. Di Pierro

segreteria

Elena Panzeri

segreteria amministrativaLucia Leonardi

ufficio stampa e comunicazione webStefania Sabbi

collaboratori di questo numero contributors in this issueEnrico Anguillari, Chiara Barbieri, Emanuela Bonini Lessing, Stewart Brand, Dave Crossland, Roberto Gigliotti, Andrea Facchetti, Mario Fois, Isabella Inti, Alberto Lecaldano, Alvise Mattozzi, Riccardo Olocco, Antonio Perri, Jonathan Pierini, Project Projects, Daniele Tonon, Marco Tortoioli Ricci, Claudia Vago

impianti e stampa prepress and printingCTS Grafica srlVia Vito Vincenti, 23 - Loc. Cerbara 06012 - Città di Castello (pg)

distribuzione in libreria distribution (Italy)Joo Distribuzione Via F. Argelati, 35 20143 - Milano

copertina stampata su cover printed onFedrigoni XPer 240 gr

interno stampato su pages printed onFedrigoni XPer 140 grFedrigoni Freelife Vellum Cream 120 gr

per inserzioni pubblicitarieMaria A. Di Pierro [email protected]

partner tecnici technical partners

RIVISTA INTERNAZIONALE DI GRAFICAI N T E R N AT I O N A L G R A P H I C D E S I G N M A G A Z I N E

Periodico dell’Aiap. Associazione italiana design della comunicazione visivaRegistrazione del tribunale di Milano n. 709 del 19/10/1991

progetto grafico

Le immagini utilizzate in «Progetto grafico» rispondono alla pratica del fair use (Copyright Act 17 U.S.C. 107) essendo finalizzate al commento storico critico e all’insegnamento.Po

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Spazio comuneCommon space22

Un tavolo è una metafora facile e immediata dello spazio comune, così come lo abbiamo inteso in questo numero di «Progetto grafico»: può essere di volta in volta il luogo degli incontri conviviali, delle discussioni, delle trattative, dei conflitti. Quello che vedete nella foto è un elemento centrale di Public Matters, una mostra di architettura realizzata da Project Projects, lo studio newyorchese di cui a p. 64 pubblichiamo il manifesto «Che cos’è il design?». Questo tavolo è insieme luogo di riposo, di lettura, di conversazione: farne l’elemento chiave di un’esposizione è una scelta che rivela una visione del design attenta ad accogliere e far convivere diversi modi di usare uno spazio.

A table is an easy, immediate metaphor for common space as we define it in this issue of Progetto grafico: it can be a place for various types of encounter—convivial meetings, discussions, debates, negotiations or conflicts. The cover image shows a central element of Public Matters, an architecture exhibition organized by Project Projects, the New York–based studio whose manifesto “What is Design?” appears on page 64 of this issue. This table is a place for resting, reading, and conversing: the decision to make it the key element of an exhibition reveals a vision of design that welcomes various uses of a single space and helps them coexist.

http://projectprojects.com/public-matters/ Foto Photo: James Ewing

La foto di copertinaOn the Cover

fuori temaoff topic

a cura di / edited by SERENA BROVELLI • LUIGI FARRAUTO • SILVIA SFLIGIOTTI

10La grafica è un luogo comuneGraphic Design is a Commonplace

SERENA BROVELLI, LUIGI FARRAUTO, SILVIA SFLIGIOTTI

18Dal Cairo a New York, tra spazio comune, obblighi e divietiFrom Cairo to New York, Between Common Space, Commands, and Bans

LUIGI FARRAUTO, CLAUDIA VAGO

26Il design come articolazione dei conflittiDesign as an Articulation of Conflict

ANDREA FACCHETTI

34Formes Vives, militanti e contentiFormes Vives, Joyous Militants

CLAUDE MARZOTTO

42Un cantiere apertoAn Open Construction Site

SILVIA SFLIGIOTTI

130Le vicissitudini dell’impresa. Note in margine a «Progetto grafico».The Vicissitudes of the Work: Marginal Notes on Progetto graficoALBERTO LECALDANO

134Una trilogia per Pintér A Trilogy for Pintér RICCARDO FALCINELLI

138Histoire de l’écriture. De l’idéogramme au multimédiaHistoire de l’écriture. De l’idéogramme au multimédiaANTONIO PERRI

140Combinazioni di pezzi semplici. L’alfabeto universale del BauhausA Combination of Simple Elements: The Universal Alphabet of the BauhausCHIARA BARBIERI

156Hanno collaborato a questo numeroContributors in This Issue

160Abbonamenti e arretratiSubscriptions and Back Issues

50 Smarriti tra le leggi, alla ricerca di una guidaLost in all the Laws, in Search of a Guide

DANIELE TONON

58In un luogo preciso. Lupo & Burtscher & LungomareIn a Precise Place. Lupo & Burtscher & Lungomare

SERENA BROVELLI, SILVIA SFLIGIOTTI

64Che cos’è il design? Un manifesto per la Gwangju Design

Biennale 2011 Academy series

What is Design? A Manifesto for the Gwangju Design

Biennale 2011 Academy series

PROJECT PROJECTS

70Condividere in rete: idee partecipative in tempo di crisiOnline Sharing: Participatory Ideas in a Time of Crisis

MARIO FOIS

76Progettazione come spazio comuneDesign as Common Space

MARIA ROSARIA DIGREGORIO

82Delta del Po: immagini del futuro per un presente comuneThe Po River Delta: Images of the Future for a Common Present

EMANUELA BONINI LESSING, ENRICO ANGUILLARI

92Segni e spazio pubblico alla Libera Università di BolzanoSigns and Public Space at the Free University of Bozen-Bolzano

ROBERTO GIGLIOTTI, JONATHAN PIERINI, ALVISE MATTOZZI

102Happinessie. Il mostro della felicità Workshop di 7 giorni sul riuso temporaneo

dei luoghi e l’identità spontanea delle città

Happinessie: The Happiness Fiend A 7-Day Workshop on Temporary

Reuse of the City’s Spaces

and Their Spontaneous Identity

ISABELLA INTI, MARCO TORTOIOLI RICCI

108Un carattere oltre la balcanizzazioneA Typeface Beyond Balkanization

RICCARDO OLOCCO

114E se tutte le strade pubbliche italiane diventassero della Fiat o della Ford?Riflessioni sulla libertà dei tipografi

What if all public roads in Italy became owned by Fiat—or Ford?Thoughts on Freedom for Typographers

DAVE CROSSLAND

122Perché non abbiamo ancora visto una fotografia di tutta la Terra?Why haven’t we seen a photograph of the whole Earth yet?

STEWART BRAND

128Nota del traduttoreTranslator’s Note

ALTA PRICE

26 27pg 22 Spazio comune Common space

Twenty years after the fall of the Berlin Wall the explosion of the 2008 finan-cial crisis showed how a world mod-elled on financial capitalism is not “the best of all possible worlds.” But this shattering of the neoliberal utopia has now translated into a positive out-come: we can now catch a glimpse of how the crisis is assuming—on a sym-bolic level and as a collective narra-tive—a positive sense, since many peo-ple perceive it as an opportunity for change. The protests and opposition movements born in the wake of the 2008 crisis have sparked a paradigm shift, both in their conceived strategies of “struggle” and their goals. Indeed, it seems hat change isn’t thought of and enacted on a global level, but is instead put in motion on a more lo-cal level. This much is clear from the “Movimiento 15-M” of the Spanish Indignados and Occupy Wall Street: their strategy isn’t based on a symbol-ic (and physical) attack on the bas-tions of power embodied by worldwide summits (as was the case during the transition between the twentieth and twenty-first centuries, and above all at the G8 in Genoa); rather, it’s based on the occupation of urban public spac-es (Spain’s main city plazas and New York’s Zuccotti Park) and the reap-propriation and reconversion of said spaces into shared spaces for collec-tive participation. Although the occu-py movement has spread to a national

A vent’anni dalla caduta del muro di Berlino lo scoppio della crisi finanziaria del 2008 ha mo-strato come un mondo plasmato sul modello del capitalismo finanziario non sia «il migliore dei mondi possibili». Ma l’infrangersi dell’utopia liberista si traduce oggi in un esito positivo: è possibile infatti intravedere come l’idea di crisi stia assumendo, a livello simbolico e come narra-zione collettiva, un valore positivo, dal momento che in molti la percepiscono come opportunità di un cambiamento. I movimenti antagonisti e di opposizione nati dopo la crisi del 2008 hanno innescato un cambio paradigmatico nel concepire sia le loro strategie «di lotta» che i loro obiettivi. Sembra infatti che il cambiamento non venga pensato e perseguito su scala globale, ma semmai su scala locale. Questo è ben evidente nel Movi-miento 15-M degli Indignados spagnoli o in Oc-cupy Wall Street: la loro strategia non si basa su un attacco simbolico (e fisico) alle cittadelle del potere edificate in occasione dei summit mondia-li (come era accaduto a cavallo tra xx e xxi secolo e soprattutto al G8 di Genova), ma è fondata sull’occupazione degli spazi pubblici urbani (le principali piazze delle maggiori città spagnole e lo Zuccotti Park di New York) e sulla riappropria-zione e riconversione di questi in spazi condivisi e partecipati collettivamente. Pur diffondendosi su scala nazionale e continentale, ogni movimento

↳ ANDREA FACCHETTI

Il design come articolazione dei conflitti

In un momento in cui la rappresentazione dei conflitti è rimossa dalla sfera sociale,

il design della comunicazione può riportare in vista differenze e contraddizioni.

[Design as an Articulation of Conflict]

Il bacio tra il primo ministro israeliano Netanyahu e il presidente palestinese Abbas nella campagna Unhate di Benetton, 2011. La condizione postpolitica delle democrazie occidentali è oggi portata avanti innanzitutto sul piano della comunicazione.

The kiss between Israeli Prime Minister Netanyahu and Palestinian President Abbas in Benetton’s Unhate campaign, 2011. The postpolitical condition of Western democracies is now promoted primarily on the communications level.

28 29pg 22 Spazio comune Common space

and continental level, each movement remains specific and refers to its own urban territory.

These movements and practices can be viewed alongside the reflections of a few key intellectuals (Jacques Ran-cière, Slavoj Žižek, Noam Chomsky, Giorgio Agamben) who, albeit with their real differences, all find common ground in their critique of (neo-)lib-eral thought and Western democra-cies. What most proclaim is a postideo-logical age turns out to be a postpolitical era, in which any assumption of demo-cratic dialectics is suspended. In West-ern democracies, on both the local and national level, there’s an increasing-ly strong tendency to exclude, or at least reduce, moments of social con-flict (which mask truly critical points regarding the tensions and contradic-tions of the capitalist model) from all representation or coverage. Conse-quently such moments of conflict—or even mere confrontation and dialog—find no appropriate forms through which they might further develop or play out, and thereby find resolution. This determines their deeply postpo-litical or postdemocratic character, which is primarily due to the elimina-tion of all internal contradiction with-in public discourse and the parallel representation of the neoliberal model as the natural state of things—to which no alternative can be offered.

On the local level, within the metro-

politan or urban territory, this postpo-litical condition plays out on two lev-els. First, the removal of conflict (or, better yet, any possibility of conflict) takes place on the physical level, that of architecture and urban planning: in-deed, it isn’t hard to notice how in re-cent territorial-management politics the transformation of vast urban areas into commercial zones leads to the dis-appearance of public spaces—in gener-al, any place where meetings and con-vergences (of people but also of ideas, thoughts, and approaches to urban liv-ing) constitute the ultimate and gratu-itous end of said spaces.

The second level is the entirety of pro-cesses that regulate the creation of in-formation, its design into sensible forms, and its transmission within the metropolis and throughout the urban context. The importance of these com-municative processes for the life of the city is now more crucial and stra-tegic than ever before. We can actual-ly imagine the metropolis as immense machine that produces and conveys forms, meanings, symbologies, narra-tives, images, and concepts, beginning with the complex network of relation-ships that animate it.

Hence the use of the term apparatus to describe the entirety of parts that make up the communicative machine at work in the urban context, and above all in reference to its method of action as understood in a biopoliti-

d’occupazione rimane specifico e riferito al pro-prio territorio urbano.

È possibile affiancare a questi movimenti e a queste pratiche le riflessioni di alcuni pensatori (Jacques Rancière, Slavoj Žižek, Noam Chomsky, Giorgio Agamben) che, pur con le dovute diffe-renze, trovano un punto in comune nella critica al pensiero liberale e alle democrazie occidentali. Quella che dai più viene acclamata come postide-ologica si rivela piuttosto come un’epoca postpo-litica, in cui qualsiasi presupposto della dialettica democratica viene sospeso. Nelle democrazie occidentali, sia a livello locale che nazionale, è sempre più forte la tendenza a estromettere, o ridurre, i momenti di conflitto sociale (che na-scondono dei veri e propri punti critici relativi a tensioni e contraddizioni del modello capitalista) da qualsiasi rappresentazione o narrazione. Di conseguenza questi momenti di conflitto, ma an-che di semplice confronto e dialogo, non trovano forme appropriate in cui svilupparsi e svolgersi, e quindi risolversi. Ciò determina il carattere profondamente postpolitico o postdemocratico, dovuto essenzialmente all’eliminazione di ogni contraddizione all’interno del discorso pubblico e alla parallela rappresentazione del modello neoli-berista come uno stato di cose naturale a cui non può essere data alcuna alternativa.

A livello locale, nel territorio metropolitano o urbano, questa condizione postpolitica viene praticata su un duplice livello. La rimozione del conflitto, o meglio della possibilità del conflitto,

avviene innanzitutto sul piano fisico, ossia su quello dell’architettura e del disegno della città: non è difficile infatti notare come nelle recenti politiche di gestione territoriale la trasformazione di ampie aree urbane in aree a uso commerciale porti alla scomparsa degli spazi pubblici, e in generale di qualsiasi luogo in cui l’incontro e la convergenza (di persone, ma anche di idee, pen-sieri, e forme di vita urbana) costituiscano il fine ultimo e gratuito di tali spazi.

Il secondo livello è invece costituito dall’insieme dei processi che regolano la genesi delle infor-mazioni, la loro progettazione in una forma sensibile e la loro comunicazione all’interno della metropoli e del contesto urbano. L’importanza di questi processi comunicativi per la vita delle città è oggi più che mai cruciale e strategica. Possiamo infatti immaginare la metropoli come un’im-mensa macchina che produce e comunica forme, significazioni, simbologie, narrazioni, immagini, concetti a partire dalla complessa rete di relazioni che la animano.

Da qui l’utilizzo del termine «dispositivo» per descrivere l’insieme delle parti che formano la macchina comunicativa all’opera nel contesto urbano, e soprattutto per connotare il suo effetto secondo un accezione biopolitica; attenendosi alla definizione data da Agamben (derivata a sua volta da Foucault), il dispositivo possiede infatti

Barbara Kruger, I shop therefore I am, 1987.

Barbara Kruger, I shop therefore I am, 1987.

Jan van Toorn, Calendario 1972/73.

Jan van Toorn, calendar, 1972/73.

Metahaven, Facestate, 2011.

Metahaven, Facestate, 2011.

30 31pg 22 Spazio comune Common space

cal sense; in keeping with Agamben’s definition of the dispositivo (derived in turn from Foucault’s dispositif), the ap-paratus has the ability to create sub-jects, orient them, and determine their conduct and behavior as well as their opinions and chosen discourses.

A concrete example of how metropol-itan communicative apparatuses are determinant forces for forms of ur-ban life is the concept of citizenship. The idea of citizenship begins with the ways in which a person (who is either born in or lives in a given city) relates to and participates in the city’s dy-namics, as well as his or her degree of involvement in the mechanisms that define certain aspects of that city. Over the course of history urban communi-cative apparatuses have played an es-sential role in weaving relationship networks between individuals (there-by developing the public sphere) and in elevating them to become interlocu-tors of the exclusive (and elusive) pow-ers that traditionally govern the city. The apparatuses that inform, commu-nicate, and mediate experiences with-in the urban context therefore shape a given image and idea of the citizen, defining the types of relationships and degrees of participation that tie such citizens to the city at large.

The scenario described above also has a ripple effect that impacts design practices. Because urban ways of life are shaped by apparatuses that me-diate experiences and relationships, rather than by unmediated first-hand experience, those who contrive these mediations find themselves—wheth-er they like it or not—in a strategic po-sition. Writers, journalists, photogra-phers, painters, artists, film directors, product and communication design-ers, fashion designers, art directors, advertisers: these are the main people shaping such mediation in the mod-ern metropolis. More than a few have spotted within these design practices a trend that, as has already been said, transforms urban public space into a postpolitical place; it happens as any process or design for urban manage-ment and organization is separated from the people who inhabit that space each day. Today, it seems that the en-tirety of urban communicative appa-ratuses tends to create forms (be they visual representations or narratives) in which the citizen plays the role of the consumer. It isn’t hard to see how the vast majority of visual representa-tions and narratives currently in cir-culation and occupying cities’ public spaces (both physically and virtual-ly) are aimed at what Baudrillard, in

la capacità di creare soggetti e orientarne e deter-minarne la condotta, il comportamento, nonché le opinioni e i discorsi.

Un esempio concreto di come i dispositivi comu-nicativi metropolitani siano determinanti per le forme di vita urbane è costituito dal concetto di cittadinanza. L’idea di cittadino infatti si forma a partire dai modi con cui una persona (che è nata o vive in una determinata città) si relaziona e partecipa delle dinamiche urbane e dal grado di coinvolgimento all’interno dei meccanismi volti a definire gli aspetti di quella città. Nel corso della storia della città i dispositivi comunicativi hanno svolto un ruolo essenziale nel tessere una rete di relazioni tra i singoli individui (e sviluppando quindi la sfera pubblica), e nell’elevarli a interlocu-tori dei poteri esclusivi (ed elusivi) che tradizio-nalmente governavano la città. I dispositivi che informano, comunicano e mediano le esperienze all’interno del contesto urbano disegnano quindi una certa immagine di cittadino, definendone il tipo di relazione e di partecipazione con cui sono legati alla città.

Lo scenario descritto si ripercuote perciò sulle pratiche del design e dei designer: infatti dato che i modi di vita urbana ricevono la propria forma

attraverso dispositivi che mediano l’esperienza e i rapporti, piuttosto che dall’esperienza immediata e vissuta in prima persona, gli artefici di queste mediazioni si ritrovano, volenti o nolenti, a occu-pare una posizione strategica. Scrittori, giorna-listi, fotografi, pittori, artisti, registi, designer del prodotto e della comunicazione, stilisti, art director, pubblicitari: sono questi i principali ar-tefici della mediazione all’interno della metropoli moderna. Non sono pochi a intravedere in queste pratiche del design una tendenza che, come già si è detto, trasforma lo spazio pubblico urbano in un luogo postpolitico, nel momento in cui qualsiasi processo e progetto di gestione e organizzazione dell’urbano prescinde da chi quello spazio lo abita e lo vive ogni giorno. Sembra infatti che oggi l’in-sieme dei dispositivi comunicativi urbani tenda a dar vita a forme (sia come rappresentazioni visive che come narrazioni) in cui il cittadino è pre-sente nel ruolo del consumatore. Non è difficile accorgersi di come la stragrande maggioranza delle rappresentazioni e delle narrazioni che circolano e che occupano lo spazio pubblico delle città (sia a livello fisico che virtuale) abbia come motivo dominante quello che Baudrillard chiama il «sogno della merce». La cittadinanza quindi non si definisce a partire dalla partecipazione

Foundland, Political facts and fictions as observed through Facebook, 2012.

Foundland, Political facts and fictions as observed through Facebook, 2012.

Peter Zuiderwijk e Karin Mientjes, Conflict-ID. Comunicazione per il Todaysart Festival, 2009.

Peter Zuiderwijk and Karin Mientjes, Conflict-ID. Communication for the Todaysart Festival, 2009.

32 33pg 22 Spazio comune Common space

an Italian anthology of his work, called the sogno della merce or “dream of con-sumer goods” (addressed in the Eng-lish-language anthologies The System of Objects and Consumer Society—trans.). Citizenship therefore isn’t determined by one’s participation in public/civic life, and individuals aren’t citizens be-cause they participate in the dynamics that define urban forms and ways of life. Instead, citizenship is now defined by one’s ability (or inability) to ac-cess the symbolic universe made up of the brands, logos, and icons that occu-py and obfuscate public discourse. The citizen is someone capable of entering that universe through the purchase and possession of consumer goods.

Our urban imaginary—that is, the ur-ban collective’s ability to understand the life in a metropolis, and then inter-pret and represent it in symbolic and allegorical forms through which it can not only be better understood and ex-plained but also reinvented (in oth-er words, the possibility of imagin-ing a future within urban space, and striving toward it): all that is now par-

alyzed, immobilized by the symbolic idea of consumer goods. Faced by such an analysis, the first question that nat-urally springs to mind is: in what ways can graphic design and other visual practices applied to urban life open up new spaces that are truly public, truly shared, and thereby create new forms and relationships upon which to base an active, participatory idea of citizen-ship?

One answer to this question could lie in a redefinition of communication de-sign’s tasks: today, the goal of such de-sign should be to represent and convey a sense of the conflicts found through-out urban space. In other words, the representative, communicative, and narrative practices at work in the out-put of designers in urban areas must now be able to open up not only the city’s spaces, but also its tempos and rhythms, to conflicting forms of com-munication. That means imagining urban space as a moment of encoun-ter between differences and contrasts, a space capable of articulating oppos-ing viewpoints (rather than trying to

alla vita pubblica e civica e il singolo individuo non è cittadino perché partecipa alle dinamiche che definiscono le forme dell’urbano. Ciò che ora definisce la cittadinanza è semmai la possibili-tà di accedere a quell’universo simbolico che si forma a partire dai brand, dai loghi e dalle icone che occupano e offuscano il discorso pubblico. Il cittadino è colui che è in grado di entrare a far parte di quell’universo, attraverso l’acquisto e il possesso delle merci.

L’immaginario urbano, la capacità cioè della col-lettività urbana di recepire la vita della metropoli, di interpretarla e rappresentarla in forme simbo-liche e allegoriche attraverso cui non solo cono-scerla e spiegarla ma soprattutto reinventarla, in altre parole la possibilità di immaginare un futuro all’interno dello spazio urbano e di tendere verso di esso: tutto ciò è oggi paralizzato nell’immagi-nario simbolico della merce. Di fronte a questa analisi la domanda che sorge spontanea è: in che modo il graphic design e le pratiche di rappresen-tazione visiva applicate all’urbano possono aprire nuovi spazi veramente pubblici e condivisi e dare così vita a nuove forme e relazioni a fondamento di un’idea di cittadinanza attiva e partecipata?

Una risposta a questa domanda è possibile intra-vederla attraverso una ridefinizione dei compiti del design della comunicazione, il quale deve oggi porsi come obiettivo quello di rappresentare e comunicare i conflitti che attraversano lo spazio urbano. In altre parole le pratiche rappresentati-ve, comunicative e narrative che operano tramite i designer nel contesto urbano devono oggi essere in grado di aprire gli spazi, ma anche i tempi e i ritmi, della città verso forme comunicative conflittuali. Ciò vuol dire immaginare lo spazio urbano come un momento d’incontro tra diffe-renze e contrasti, uno spazio capace di articolare posizioni antagoniste (e non di uniformarle), di rappresentare contraddizioni sociali e politiche. In questo senso le pratiche del design, e in special modo del design della comunicazione, assumo-no un valore realmente politico. Da una parte infatti è il territorio fisico delle città ad acquisire un significato politico, come spazio di scontro-confronto, presupposto di qualsiasi dialettica democratica. Dall’altra parte sono gli individui, o meglio la collettività che abita e anima l’urbano, a risentire del nuovo orientamento del disposi-tivo design, nel momento in cui questo dà vita a un nuovo concetto di cittadinanza e di cittadino guidato dall’idea di diritto alla città.

reconcile them or make them more uniform), of representing social and political contradictions. In this sense design practices, especially in com-munication design, assume real polit-ical value. On the one hand, the city’s physical territory takes on political sig-nificance—as a space of confrontation and conflict—which is a prerequisite of any democratic dialectic. On the other hand, individuals—or, better yet, the collectives that inhabit and animate urban life—are the ones who feel the effects of the design apparatus’s new direction, as soon as it creates a new concept of citizenship and of a citizen guided by an idea of a right to the city.

Stories with the full background, Cnn, ddb&Co., 2010.

Stories with the full background, Cnn, ddb&Co., 2010.

Copertine della serie Solution, Zak Group, Sternberg Press, 2008-2011.

Covers from the series Solution, Zak Group, Sternberg Press, 2008–2011.

Slavs and Tatars, Slavs, 2005.

Slavs and Tatars, Slavs, 2005.

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