il regno di carbonel - barbara sleigh

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Scende la notte e il Regno dei Gatti torna alla vita: i muri della città diventano strade, i tetti e la cima degli alberi diventano montagne e campi. Il gatto nero Carbonel e sua moglie, la Regina Dolceamore, regnano da tempo immemorabile in questo luogo incantato, dove gli umani sono rari, i gatti se ne vanno a spasso liberamente e scorrono fiumi di ottima crema. Ma la malvagia Grisana, un bellissimo persiano grigio che farebbe sembrare una miciotta coccolosa anche Lady Macbeth, ordisce segrete trame per conquistare il Regno dei Gatti, e a separare lei e il trono ci sono solo Carbonel e i suoi cuccioli, il Principe Beldono e la Principessa Papiria…

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Prefazione

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Barbara Sleigh

traduzione di marella imparato

Casini Editore

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Titolo originale dell’opera: The Kingdom of CarbonelCopyright © Barbara Sleigh, 1960

Originally published by the Penguin Group,an imprint of the Penguin Books Ltd, Registered Offices:

80 Strand, London WC2R ORL, Englandwww.penguin.com

© 2011 Valter Casini Edizioniwww.casinieditore.com

ISBN: 978-88-7905-203-0

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1La Grotta Verde

Rosemary Brown colse un gambo di rabar-baro in fondo al giardino e, stando attenta a non far rovesciare lo zucchero dal piattino che teneva in mano, si mise gattoni e si infilò in mezzo ai cespugli di ribes. Poi si sedette den-tro la grotta verde formata dai rami non potati che s’intrecciavano sopra la sua testa. Il suo-lo era coperto da un soffice tappeto d’erba e rendeva quell’angolino un posto segreto molto confortevole.

Mise il rabarbaro nel piattino e ne strappò la parte dolce con un morso. Nonostante lo zucchero, era così aspro che le si arricciò il naso; allora si leccò la punta del dito, la in-tinse nel piattino e mangiò in quel modo tut-

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to lo zucchero. Una volta che l’ebbe finito, si sdraiò sulla schiena con le mani dietro la nuca a guardare gli squarci di cielo estivo che s’in-travedevano attraverso gli spiragli ondeggianti tra le foglie.

Le restava mezz’ora prima di prepararsi per andare a prendere il suo amico John alla sta-zione, e l’estate era alle porte. Era passato qua-si un intero anno dall’ultima volta che lo aveva visto, ma che anno! Prima di tutto era stato un anno movimentato. La vita era molto piacevo-le, ora che lei e sua madre vivevano all’ultimo piano del 101 di Cranshaw Road, anziché in una scomoda camera ammobiliata. E poi c’e-ra stata l’opportunità di spassarsela giocando nel grande giardino gradevolmente trascurato. Anche le lezioni erano andate molto meglio. Aveva studiato con impegno guadagnandosi una borsa di studio, e il semestre successivo sarebbe andata al liceo. Trovarsi nel bel mezzo del passaggio da una scuola all’altra le dava una piacevole sensazione di sospensione, era come camminare sull’acqua.

Rosemary diede un leggero colpetto a una coccinella che passeggiava sulla montagna di percalle della sua camicia. Voleva che le si ar-rampicasse sul dito.

— Spero che durante queste vacanze mi divertirò a giocare con John come mi sono di-

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La Grotta Verde

vertita l’estate scorsa — disse a voce alta ri-volta alla piccola creatura. Dopo aver tentato per due volte di allontanarsi, la coccinella era stata obbligata a salire sull’unghia del dito di Rosemary.

— Abbiamo fatto dei giochi bellissimi — continuò con aria assorta. — Naturalmen-te, allora avevamo a disposizione il giardino di Tussocks, per giocare. — Tussocks era la grande casa fuori città in cui abitava la zia di John. — Però è buffo, Coccinella: non riesco a ricordare cosa mi ha fatto tanto divertire quando John ha cominciato a giocare con me! Era qualcosa che aveva a che fare con un gatto nero. Si chiamava Carbonel. E poi c’era una donna anziana che si chiamava Mrs. Cantrip. Penso — aggiunse sillabando, — che fosse una strega, e che ci fosse qualcosa di magico. O forse questa parte l’ho sognata?

Rosemary aggrottò le sopracciglia. Aveva la vaga sensazione che magia e liceali non si conciliassero e scosse la testa con aria perples-sa. — Sono sicura che ci fosse qualcos’altro.

La coccinella stava ora scalando laboriosa-mente il dito di Rosemary. Quando raggiunse il dorso della mano, per un istante sostò quasi immobile su uno dei fasci di sole filtrati dal fogliame e, senza il minimo preavviso, spiegò le ali e volò via.

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— Ma certo! Volare! — esclamò Rosemary staccando all’improvviso la schiena da terra. — È questo quello che abbiamo fatto, e a ca-vallo di una scopa! Ora mi chiedo se…

Ma non trovò mai una risposta alla sua domanda perché, seduto ai suoi piedi, quasi immobile, con gli occhi chiusi come se aspet-tasse qualcosa, c’era il più bel gatto nero che avesse mai visto. La luce del sole si rifletteva sul suo pelo lucente e per tutta la lunghezza dei baffi. Il gatto aprì i suoi grandi occhi gialli non appena Rosemary fu ben seduta, ma non si mosse.

— Perché… — balbettò Rosemary, — sta-vo giustappunto pensando a un gatto nero che ho conosciuto una volta… o che credo di aver conosciuto… o che forse avevo sognato… — concluse con voce flebile. L’idea che quella creatura fosse seduta lì da un po’ senza che lei lo sapesse, sommata alla fissità di quello sguardo dorato, la faceva sentire lievemente a disagio.

— Comunque — proseguì, — sei bello quasi quanto il gatto del sogno. E lui era un Gatto Reale, perciò non ti devi offendere — si affrettò ad aggiungere, quasi più rivolta a se stessa.

L’animale aveva sollevato la testa con fare sdegnoso.

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La Grotta Verde

— Ti posso accarezzare? — chiese Rose-mary un po’ timidamente allungando legger-mente una mano. Ma prima che potesse toc-carlo, udì la voce di sua madre che la chiama-va da casa.

— Rosie! È ora di prepararti, cara! Al suono della voce di sua madre Rosemary

si voltò. Quando guardò di nuovo dietro di sé, il gatto nero era scomparso.

— Rosie! — la chiamò ancora sua madre sommessamente, ma con maggiore urgenza.

Rosemary sgattaiolò via camminando sulle mani e sulle ginocchia ma non rispose alla ma-dre finché non ebbe raggiunto il prato: voleva che la Grotta Verde restasse segreta.

— Arrivo, mamma! — gridò. Giunta a casa, si voltò per guardarsi indie-

tro giusto in tempo per scorgere un gatto nero balzare sul muro del giardino, percorrerne ve-locemente la sommità e sparire dietro la ca-panna degli attrezzi.

Il treno di John era in ritardo. Quando final-mente entrò in stazione e con un sibilo di fre-ni si arrestò, gli sportelli si spalancarono e le persone che ne uscirono si riversarono in tutte le direzioni. Rosemary e la madre guardavano ansiosamente su e giù lungo la banchina affol-lata senza riuscire a vederlo.

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— Quello laggiù sembra John — disse Rosemary, — però non credo sia lui: è troppo alto!

Ma il ragazzo si avvicinò a loro, fece un gran sorriso e disse: — Come sta, Mrs. Brown? Salve, Rosie!

Il ragazzo non volle che l’aiutassero in al-cun modo a trasportare la valigia e s’incam-minò fino all’uscita insieme a Mrs. Brown. Con lei parlarono del viaggio, del padre e del-la madre di John e del gran caldo che faceva. Rosemary li seguiva portando con sé l’im-permeabile di John. Studiandone la schiena mentre gli camminava dietro, si accorse che doveva alzare gli occhi per guardare fino alla ciocca più chiara che lui aveva dietro la testa. L’estate prima quella ciocca era allineata con la cima della chioma bionda di Rosemary. Notò che il tono con cui parlava con sua ma-dre era decisamente più adulto. Il suo cuore sprofondò.

— Be’, almeno i suoi capelli sono ancora pettinati tutti dritti come gli aculei di un por-cospino — pensò tra sé e sé. — È già qualco-sa, credo. È venuto per stare qui tre settimane intere e se dall’anno scorso è diventato grande, cosa faremo tutto il tempo?

Appena arrivati a casa presero un tè. Era un tè speciale, con crescione, marmellata di

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fragole e cialde al brandy che Rosemary ave-va preparato con le sue mani. Molte cialde si erano frantumate, ma Rosemary aveva pensa-to che lei e John avrebbero potuto mangiarne i pezzettini dopo, nella Grotta Verde. Adesso lei non era più tanto sicura che John fosse il tipo di persona cui sarebbe piaciuta la Grotta Verde.

Il pranzo fu tranquillo e Mrs. Brown parlò più di tutti. Finito di mangiare, John si offrì gentilmente di lavare i piatti.

— No, dal momento che sei appena arri-vato, caro — gli rispose Mrs. Brown. — Ma puoi aiutare Rosie a sparecchiare e poi imma-gino che vorrete correre a giocare in giardi-no. Penserò io al tè. — Si sentì leggermente in ansia quando vide i ragazzi in piedi con i vassoi pieni, tutti e due educatamente a una certa distanza dalla porta per poter lasciare il passo all’altro.

Dopo aver messo a posto i piatti, scese-ro di corsa le quattro rampe che portavano in giardino.

— In realtà appartiene a tutti gli apparta-menti. Il giardino, voglio dire — spiegò Rose-mary. — Ma gli adulti non ci vengono quasi mai. Non ci sono altri bambini, per cui il giar-dino è praticamente mio. Vuoi vedere la mia aiuola?

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Mentre passeggiavano tranquilli lungo il viottolo, Rosemary cercava di trovare qualco-sa da dire.

— Com’è stato questo semestre, a scuola, voglio dire?

— Non male — rispose John. — Bene! — esclamò Rosemary. — Il pros-

simo anno andrò alle superiori. Mi vedo già con la coda di cavallo.

— Sally ce l’ha. Ti ricordi di mia sorella maggiore? Era assolutamente insopportabi-le. Un minuto era composta, sandali e trecce, come te, e il minuto dopo la vedevi con la coda di cavallo e i mocassini che si comportava in maniera del tutto insensata.

Rosemary aveva ascoltato solo a metà; l’al-tra metà di lei pensava: — Questo non può es-sere lo stesso John con il quale giocavo l’esta-te scorsa e con il quale ho vissuto tutte quelle meravigliose avventure! Forse è la prova che io ho veramente sognato la magia, e il volo, e il gatto nero che parlava.

— Bontà divina! — esclamò ad alta voce. — A proposito di gatti neri, è di nuovo qui!

— Ma io non stavo parlando di gatti neri — osservò John.

— È la seconda volta, oggi — continuò Rosemary entusiasta. — Guarda sul muro del giardino!

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John guardò. Poi disse in tono serio: — Credo sia Carbonel.

— John! — gridò Rosemary, e si girò a guar-darlo con un sorriso che le andava da una parte all’altra del viso. — Allora è successo veramen-te! Tu ricordi la magia e il volo e tutto il resto?

— Certo che è successo! — rispose John con aria meravigliata. — Caro, vecchio Car-bonel! Dai, Rosie, vediamo se riusciamo a prenderlo!

Corsero verso il muro del giardino e guar-darono lungo le pareti in entrambe le direzio-ni, ma del gatto non c’era più traccia. John stava saldamente fermo su un vecchio rullo da giardino arrugginito cercando di vedere la cima del muro ma, quando si alzò sulle punte dei piedi, il rullo si mosse e lui cadde su una montagna di immondizia. Quando si rialzò con tutte le foglie tra i capelli, Rosemary co-minciò a ridere e John fece altrettanto. L’invi-sibile barriera di timidezza tra loro si sgretolò come se non fosse mai esistita.

— Andiamo, vieni a vedere la mia Grotta Verde! — esclamò Rosemary tirando John per i piedi.

Entrarono pian piano carponi.— Che posto fantastico! — esclamò John

rannicchiandosi. Non c’era molto spazio per due. — Facciamone il nostro quartier generale!

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In fondo stava andando tutto bene, pensò Rosemary, e s’intrufolò felice sotto un muc-chio di foglie dal quale estrasse i pezzetti di cialde al brandy nella scatola dei biscotti. I due ragazzi si sedettero e li sgranocchiarono alle-gramente insieme.

— Non è vero che porterò la coda di caval-lo — disse improvvisamente Rosemary.

— Sei un gufo, Rosie! — esclamò John, e le tirò scherzosamente una delle trecce. — Dai, andiamo a giocare!

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Casini EditoreVia del Porto fluviale, 9/A – 00154 [email protected]

Finito di stampare nel mese di novembre 2011Stampato per Casini Editore da Artigrafiche Giammarioli, Frascati (RM)

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ISBN:978-88-7905-203-0

Scende la notte e il Regno dei Gatti torna alla vita: i muri della città diventano strade, i tetti e la cima degli alberi diventano montagne e campi. Il gatto nero Carbonel e sua moglie, la Regina Dolceamore, regnano in questo luogo incantato. Ma la malvagia Grisana ordisce segrete trame per conquistare il Regno dei Gatti, e a separare lei e il trono ci sono solo Carbonel e i suoi cuccioli, il Principe Beldono e la Principessa Papiria. Con il ritorno della vecchia nemica di Carbonel, la strega Mrs Cantrip, e della sua apprendista, Miss Dibdin, il piano di Grisana potrebbe essere inarrestabile. Fortunatamente, Carbonel può ancora contare sull’aiuto dei suoi giovani amici, Rosemary e John.

— Perché se i gatti cominciano a scontrarsi in territorio umano, poi gli umani si uniscono ai tafferugli e, quando questo avviene,

cominciano a inseguire ogni gatto gli capiti a tironella loro maniera goffa, con scope e secchi d’acqua,e persino con i tubi per annaffiare. L’ho già visto fare.

Come fanno a distinguere certi gatti dagli altri?Da sotto il letto si udì la voce di Chicco che borbottava:

— Sciocche creature, gli umani! — messa subito a tacere da Clotilde. — Le questioni dei gatti si decidono in terra di gatti e,

al di là di una zuffa o due, gli umani non sapranno nientedi tutto questo — proseguì Ligio.

Barbara Sleigh nacque nel 1906 nel Warwickshire. Si dedicò ben presto a scrivere racconti per bambini. Ai propri figli diceva sempre che i suoi interessi principali nella vita erano «i bambini e i gatti, suoi e degli altri». Il Regno di Carbonel, se-condo libro della trilogia di Carbonel, è stato pubblicato per la prima volta oltre quarant’anni fa ed è ancora oggi uno dei più popolari racconti per l’infanzia. Barbara è morta nel 1982.

www.Casini Editore.com