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Pubblicazione bimestrale durante l'anno scolastico da Settembre a Giugno - Poste Italiane Sped. in A.P. art. 2 comma 20/c L. 662/96 - Bergamo - Aut. Trib. BG n. 427 del 15.5.1964 - NUOVA SERIE - N. 143- ANNO 31 - Gennaio-Febbraio 2013 PERIODICO DELLE SUORE ORSOLINE DI SAN GIROLAMO IN SOMASCA - DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE: 24128 BERGAMO - VIA BROSETA, 138 - TEL. 035250240 - FAX 035254094 - e-mail: [email protected] - www.orsolinesomasca.it Noi che non sappiamo più amare Agonizza l’Amore e noi viviamo… e noi continuiamo a vivere affacciati al palcoscenico TV telenovela infinita di week-end, sfilate di moda… micce alla giustizia ed alla legge… sciami di parole - nessuno a cui più credere - parole in bianco e nero, parole a colori… e Dio che sul nostro non Amore si lascia morire. Elisa Faga Plebani

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Pubblicazione bimestrale delle Suore Orsoline di San Girolamo in Somasca - gennaio febbraio 2013

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Noi che non sappiamo più amare

Agonizza l’Amore e noi viviamo…e noi continuiamo a vivere affacciati al palcoscenico TV

telenovela infinita di week-end, sfilate di moda…micce alla giustizia ed alla legge…

sciami di parole- nessuno a cui più credere -

parole in bianco e nero, parole a colori…e Dio che sul nostro non Amore si lascia morire.

Elisa Faga Plebani

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Direttore responsabile: Anna Maria RovelliRedazione: Pasquale Diana, Chiara De Ponti,Elisa Faga Plebani, Maria Marrese, Veneranda Patelli,Concetta Rota Bulò.Hanno collaborato a questo numero:Anna Coppolino, Arogyamary Yagappa, Assunta Tagliaferri,Barbara Ferrari, Cecilia Mangili, Chiara Bertuletti,Davide Rota, Elena D’Eredità, Eraldina Cacciarru,Ilaria Borzi, Jasmine John, Jhansi Sggurthi, Kavitha Mary,Maria Marrese, Marinella Bolis, Marta Pieralli,Mauro Barisone, Monica Perani, Pierina Peroni,Roberto Alborghetti, Rosa Devasi, Salvatrice Gianninoto,Selvia Leema Mary, Stefania Bonati, Sunitha Bandi,Tiziana Di Mario.Realizzazione: STUDIO EFFE - Mozzo (BG)Stampa: PRESS R3 - Almenno San Bartolomeo (BG)

Redazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

Anno della Fedea cura di don Davide Rota

Fede: dono gratuito di Dioatto libero dell’uomo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

Segni dei tempia cura di Roberto Alborghetti

Il dialogo tra le generazioni,una questione di civiltà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

Giovani generazioni: storie, volti, musica... per dire la fedea cura di Suor Barbara Ferrari e Mauro Barisone

Conta le stelle se puoi e... credi alla promessa! . . . . . . . . . . . 10

Una storia vera... anzi inverosimile!a cura di Cecilia

Ricordi del crescere... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

“Bergamaschi DOC”a cura di Assunta Tagliaferri

Padre Martino Capelli di Nembro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

Voci di casa nostraItalia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25India . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

Un viaggio verso le origini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48

Libri in vetrina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51a cura di Maria Marrese

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n questo “Anno della Fede”, in cui i battezzati so-no invitati a “riscoprire” ciò che, forse per abitudine,si ripete: Io credo, dall’Avvento al Natale la Liturgiaci ha indicato il cammino per giungere al fatto piùgrande della storia umana: la nascita umana del Fi-glio eterno di Dio…Il Natale ha solennizzato questo unico e misteriosoevento con momenti particolari di festa, di luce, digioia.Ora ci si sta avvicinando ad un periodo che aiuterà ariflettere sul cammino “umano” di questo Figlio diDio, vissuto tra noi per portarci al Padre…Tutto questo ha qualche riflesso sull’uomo di oggi?anche sul battezzato?I giornali, i mass-media, le TV di ogni tipo presenta-no quotidianamente fatti sconcertanti, disdetti o ca-povolti il giorno dopo… litigi tra benpensanti e trachi è meno ricco di cultura… notizie a dir pocosconvolgenti… linguaggi dal sapore semplicementevolgare…Esiste, ormai, in ogni ceto, come asserito dal Papa, ilrelativismo (ciò che va bene a me!), più che l’altrui-smo (il bene di chi mi vive accanto).In questo bailamme di idee che si traducono, poi, incomportamenti negativi, non è forse utile ripensare aquell’Uomo, Figlio unigenito di Dio, venuto tra noiper guidarci al Padre?La Liturgia che ci prepara a vivere il periodo quare-

simale, ci indica gradualmente questo Figlio di Dio,Gesù, nel suo “modo” di essere tra noi.Si legge in Luca al Cap. 4, 14-15: “Gesù ritornò inGalilea con la Potenza dello Spirito Santo e la suafama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelleloro sinagoghe e gli rendevano lode...”.“Anche i farisei, che erano attaccati al denaro,ascoltavano tutte queste cose e si facevano beffe dilui” (Lc. 16, 14).Forse non succede anche oggi che il denaro, il pre-stigio personale, il potere, incidano negativamentesul modo di vivere di ciascuno, così da incrinare lacapacità, la volontà, la forza di recepire, di compren-dere, di attuare quanto Lui, Gesù, ancora presente tranoi, ci indica da Vero Maestro?

Lasciamoci coinvolgere dalla Sua Parola, Paroladi Vita; con la forza del Suo amore fraterno cammi-niamo ogni giorno con il desiderio di essere miglio-ri, vivendo con maggior convinzione il CREDO che,da battezzati, cioè da figli di Dio, ripetiamo spesso.

Auguri vicendevoli per un vero cammino di fedeverso la Pasqua, la Luce della Risurrezione di Unoche, per nostro amore, ha voluto condividere con noiil mistero della morte.

La Redazione

Gesù, Maestro di vitaI

“Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto.

A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio”.

(Gv. 1, 11-12)

Redazionale

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Anno della Fede

Fede: dono gr atto libero e

Se il Papa ha proclamato il 2012-13 “Anno del-la Fede” è perché ritiene che sia questa fonda-

mentale virtù a far difetto all’uomo d’oggi. Ma nontutti sembrano pensarla così: c’è chi valuta la fedeun fatto troppo personale per poterla giudicare. Chila pensa in questo modo, generalmente sostiene emette in atto atteggiamenti di apertura, dialogo, ac-coglienza per rispondere alle esigenze della societàpluralistica e della cultura complessa di oggi.C’è, invece, chi insieme al Papa, sostiene sia nonsolo possibile, ma anche doveroso, determinareesattamente cosa e come credere e, proprio per que-sto, auspica una pastorale che aiuti a capire chi cre-de e chi no, chi appartiene alla Chiesa e chi no. Questa duplice tendenza un po’ troppo schematicanon è frutto solo di diversi orientamenti e scelte pa-storali all’interno della Chiesa; è anche conseguen-za della natura stessa della fede che è al tempo stes-so DONO DI DIO E ATTO DELL’UOMO.Vediamo di capirlo.

La fede è anzitutto:

1. DONO DI DIO

“Perché si possa prestare la fede, è necessaria lagrazia di Dio, che previene e soccorre, e gli aiutiinteriori dello Spirito Santo il quale muova il cuoree lo rivolga a Dio, apra gli occhi della mente e diaa tutti dolcezza nel consentire e nel credere alla ve-rità” (Dei Verbum, 5).

‘‘La liberalità della grazia di Dioha bisogno della libertà della risposta dell’uomo.La fede è il più grande dei miracolie si realizza quando il “dono di grazia da parte di Dio”,trova la “disponibilità all’obbedienza da parte dell’uomo”.

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Quando Pietro risponde a Gesù: “Tu sei il Cristo, ilFiglio del Dio vivente”, Gesù gli ricorda che “Néla carne né il sangue te lo hanno rivelato, ma il Pa-dre mio che è nei cieli” (Mt 16, 17).Per capire in che senso la fede sia dono di Dio cifacciamo aiutare da San Paolo che, nella Lettera aiRomani, formula una tesi fondamentale: “Il vange-lo è potenza di Dio per la salvezza di chiunque cre-de… E’ in esso che si rivela la giustizia di Dio difede in fede, come sta scritto: Il giusto vivrà me-diante la fede” (1, 16-17).A sostegno di questa sua tesi, Paolo fa un’afferma-zione tragica e perentoria: “Tutti hanno peccato esono privi della gloria di Dio” che dimostra attra-verso quattro parole “negative”:

1 CARNE - Rom 8, 5ss: “Quelli che vivono secon-do la carne, pensano alle cose della carne… e i de-sideri della carne portano alla morte”.Qui carne è intesa come la drammatica condizionedell’uomo peccatore, il terreno inquinato in cui na-sce e si sviluppa il

2 PECCATO - Rom 3, 9-20: “Tutti, sono sotto ildominio del peccato come sta scritto: “Non c’ènessun giusto, non c’è sapiente, non c’è chi cerchiDio! Tutti hanno traviato e si son pervertiti; nonc’è chi compia il bene…”. E il peccato, a sua volta,ha generato nel mondo la più spaventosa delle tra-gedie ossia la

3 MORTE - Rom 5, 12: “Come a causa di un solouomo il peccato è entrato nel mondo e col peccatola morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gliuomini, perché tutti hanno peccato”.E infine il regista, il direttore d’orchestra di questadrammatica situazione dell’uomo è la

4 LEGGE - Rom 7, 7: “La legge, che doveva ser-vire per la vita, è divenuta per me motivo di morte.Il peccato, infatti, prendendo occasione dal coman-damento, mi ha sedotto e per mezzo di esso mi hadato la morte”.

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Anno della Fede

atuito di Dio... responsabile dell’uomo

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Anno della Fede

Tutto ciò rende impossibile all’uomo di salvarsi perproprio conto. Ma ciò che è impossibile per l’uomonon lo è per Dio il quale interviene con il dono del-la sua salvezza che Paolo illustra attraverso altrequattro parole, questa volta “positive”:

1 GRAZIA - Rom 5, 20-21. Rom 8, 31-39: il sensodi questa parola chiave si può riassumere in “Dio èl’Amore”, Amore generoso che esce da sé e si donagratis (= grazia) al di là dei meriti personali.

2 FEDE - Rm 1, 16-17. 3, 28-31. 5, 1-5 che signifi-ca “fidarsi di”: fede è ciò che diciamo alla fine diogni preghiera liturgica con “amen” e che potrem-mo descrivere con l’immagine delle “braccia delcuore aperte”. Non è l’uomo a prendere l’iniziativa,ma Dio: noi - insiste Paolo - dobbiamo accogliere,semplicemente aprirci al fascino di Dio, al suoamore gratuito, alla sua grazia.

Questa fede è dono dello3 SPIRITO SANTO - Rom 8, 9ss in greco Pneu-ma (= soffio, vento, respiro): è il ponte di comuni-cazione che si stabilisce fra la grazia divina e lafede dell’uomo e rende possibile l’incontro. Po-tremmo parafrasare Paolo così: “Noi abbiamo il re-spiro di Dio”.

Ora la grazia divina, accolta dalla fede grazie alloSpirito Santo, produce nell’uomo la

4 GIUSTIFICAZIONE - Rom 3, 22-31, parolache fa pensare al linguaggio giuridico da cui Paolol’ha adottata, ma con un significato diverso: giusti-ficazione è, infatti, la condizione dell’uomo che, at-traverso lo Spirito, ha ricevuto la grazia di Dio me-diante la fede e ora vive da salvato.Nella visione paolina la fede è l’accoglienza fidu-ciosa e fedele del progetto di redenzione che Diorealizza in Gesù e che attua in ogni tempo e luogo

attraverso lo Spirito Santo, nella Chiesa. Senza lagrazia di Dio non potrebbe esserci la fede e, senzal’intervento dello Spirito Santo, la fede non potreb-be mai produrre la giustificazione: per questo essa èanzitutto dono di Dio.

Ma la fede è, anzi! deve essere anche:

2. ATTO LIBERO DELL’UOMO

Se è impossibile credere senza la grazia e gli aiutidello Spirito Santo, non è però meno vero che cre-dere è atto autenticamente umano. Non è contrarioné alla libertà né all’intelligenza dell’uomo far cre-dito a Dio e aderire alle verità da Lui rivelate, cosìcome nelle relazioni umane non è contrario alla no-stra dignità credere a ciò che altre persone diconodi sé e delle loro intenzioni e far credito alle loropromesse (es. quando uomo e donna si sposano),per entrare in reciproca comunione.Perciò non è contrario alla nostra dignità “prestarecon la fede la piena sottomissione della nostraintelligenza e volontà a Dio quando si rivela”(Conc. Vat. I) ed entrare così in intima comunionecon Lui. Nella fede la nostra intelligenza e la nostravolontà cooperano a pieno titolo con la grazia divi-

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Anno della Fede

na: “Credere è un atto dell’intelletto che, sotto laspinta della volontà mossa dalla grazia, dà il con-senso alla verità divina” (San Tommaso d’Aquino).Ascoltiamo, a questo proposito, l’illuminante paro-la di Papa Benedetto: “Non si può accettare che ilsale diventi insipido e la luce sia tenuta nascosta(Mt 5, 13-16)”. Anche l’uomo di oggi può sentire dinuovo il bisogno di recarsi come la samaritana alpozzo per ascoltare Gesù, che invita a credere inLui e ad attingere alla sua sorgente, zampillante diacqua viva (Gv 4, 14). Dobbiamo ritrovare il gustodi nutrirci della Parola di Dio, trasmessa dallaChiesa in modo fedele, e del Pane della vita, offertia sostegno di quanti sono suoi discepoli (Gv 6, 51).L’insegnamento di Gesù, infatti, risuona ancora ainostri giorni con la stessa forza: “Datevi da farenon per il cibo che non dura, ma per il cibo che ri-mane per la via eterna” (Gv 6, 27). L’interrogativoposto da quanti lo ascoltavano è lo stesso ancheper noi oggi: “Che cosa dobbiamo compiere perfare le opere di Dio?” (Gv 6, 28). Conosciamo la ri-

sposta di Gesù: “Questa è l’opera di Dio: che cre-diate in colui che egli ha mandato” (Gv 6, 29).Credere in Gesù Cristo, dunque, è la via per potergiungere in modo definitivo alla salvezza”(Porta Fidei, n. 3).

IN CONCLUSIONE

È assolutamente certo che Dio non farà mai mancare il dono della fede a nessuno, anche senei modi propri a ognuno, ma è altrettanto certo che l’uomo può decidere di non accogliereil dono, di dire no a Dio:la liberalità della grazia di Dio ha bisogno della libertà della risposta dell’uomo.La fede è il più grande dei miracoli e si realizza quando il dono di grazia da parte di Dio, trovala disponibilità all’obbedienza da parte dell’uomo.

Don Davide Rota

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Penso di non essere statol’unico ad aver provato

una certa qual sorpresa nelleggere la notizia che il Go-verno Cinese ha approvatouna legge che obbliga i figliadulti a visitare regolarmentei propri genitori anziani (chemagari vivono soli in casa oin qualche ospizio).La norma legislativa specifi-ca oltretutto che, in caso dimancata osservanza della di-sposizione, i figli rischiano diessere citati in giudizio. Sipotrà dire che tale misura -imposta in un Paese che con-

tinua a spingere l’acceleratore sull’esa-sperazione dello sviluppo e che, sempreper legge, impone alle famiglie la “po-litica” del figlio unico - è solo un folk-loristico palliativo sociale, che arriva dauna realtà lontana... Eppure, se leggia-mo la notizia come un “segno dei tem-pi”, per noi può essere l’emblematicaconferma di come il tema della terza oquarta età sia destinato a segnare, sem-pre di più, anche il futuro delle Nazionidel mondo occidentale, Italia compresa. Il nostro è uno dei Paesi europei in cuil’invecchiamento della popolazionemarcia a ritmo elevato, accompagnan-dosi all’avanzamento della speranza divita, ma anche a tutti quegli aspetti, nonsolo di ordine sociale, a cui si deve darerisposta per garantire ed assicurare, aglianziani, una vita tranquilla, dignitosa eserena.Sono oltre 12 milioni i “nonni” italiani.Certo, chiedono assistenza, servizi ecure adeguati. Ma, soprattutto, doman-dano che il proprio ruolo sia valorizzatoe degnamente riconosciuto. Come forsemolti sapranno, dal 2005 il ParlamentoItaliano ha istituito per legge una gior-nata - la Festa dei Nonni, che cade il 2ottobre - per sensibilizzare sul ruolo esull’importanza delle persone anziane.Un’iniziativa, questa, che venne lancia-ta anni prima nelle scuole da parte delperiodico Okay!, dal “Comitato nazio-nale Festa dei Nonni”, insieme all’ “Uf-ficio Olandese dei Fiori”. Ora, quest’ul-timo ente ha promosso un sondaggio

dal quale emerge una fotografia deinonni italiani. Sono dati interessantiche offrono uno squarcio sul ruolo deinonni all’interno delle famiglie italianedi oggi. Nonostante quest’ultime si sia-no ristrette e nonostante il sempre mag-giore divario tra i giovanissimi abituatiad utilizzare la tecnologia nella comu-nicazione quotidiana e gli anziani, ilrapporto tra nipoti e nonni continua adessere forte e connotato in modo positi-vo.Il 90,2% conosce la “Festa dei Nonni”

Segni dei tempi

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“Il Paeseche non ha

memoriaè un Paeseche non ha

futuro”.

Il dialogo tra

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Segni dei tempi

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e ben l’88,5% pensa di celebrarla.Oltre i 2/3 del campione (5.000 lepersone intervistate) dichiara - ed èuna indiretta risposta alla... Cina -che i propri figli trascorrono regolar-mente del tempo con i nonni durantela settimana e nel 73,2% dei casisvolgono attività di gioco a contattocon la natura, il verde e gli animali.I nonni sono ritenuti soprattutto affet-tuosi e disponibili (63%), oltre cheaffidabili (32%).Su temi più legati all’attualità ed allasfera economica, emerge una incer-tezza generale legata alle recentiriforme pensionistiche. Infatti, se il46% del campione ritiene che il sup-porto economico ed organizzativo deinonni diminuirà per via delle pensio-ni sempre più basse e dell’innalza-mento dell’età pensionabile, il 70%ritiene addirittura che la disponibilitàdei nonni possa influenzare la deci-sione di mettere al mondo dei figli,soprattutto per il potenziale aiuto for-nito alla coppia quando entrambi icomponenti lavorano (89% dei casi).E’ stato inoltre rilevato un atteggia-mento di sfiducia nei confronti delleistituzioni: il 53% del campione nonritiene che il ruolo dei nonni verràsostituito da interventi governativi intema di servizi alla famiglia.Il 94% dei partecipanti al sondaggiopreferisce affidare i figli ai nonnipiuttosto che a persone esterne allafamiglia. Mentre, per la maggior par-

te degli intervistati, i nonni rappre-sentano una memoria storica impor-tante (nel 71,4% dei casi totalmented’accordo), sono una valida risorsasia come babysitter (54,8%), sia co-me consolatori (55,2%). Molto menorilevante l’importanza dell’aiuto eco-nomico fornito alla famiglia (19%).Questi dati non fanno altro che con-fermare quanto le persone anzianesiano importanti e decisive per la no-stra società, soprattutto sul piano diquel dialogo inter-generazionale cheè fondamentale per lo sviluppo ed ilbenessere di ogni popolazione. E’una questione di civiltà. Da parte del-le Istituzioni c’è la solita latitanza nelconsiderare il tema. Ma va detto cheil mondo del volontariato, dell’asso-ciazionismo, e le stesse esperienzedelle comunità ecclesiali, supplisco-no egregiamente alle mancanze di chidovrebbe fare. Per mantenere ed ali-mentare questo rapporto di trasmis-sione della memoria, sono fiorite ini-ziative ed attività, come quelleappunto lanciate alle Scuole italiane

con la “Festa dei Nonni”.Interessante il progetto “Il Paese chenon ha memoria è un Paese che nonha futuro”, destinato ancor più acoinvolgere le nuove generazioni. Infatti la trasmissione della memoriae delle esperienze vissute dagli anzia-ni, costituisce un bene primario eduno strumento per migliorare la vitadel presente e del futuro della Comu-nità nazionale.La “salute” ed il benessere di un po-polo si misurano anche e soprattuttosulla capacità di far tesoro di quantohanno vissuto i nostri nonni. Un’Ita-lia migliore - e lo diciamo anche achi si appresta a governare il Paese -si prepara oggi, dialogando con chi ciha preceduto. Queste le finalità di unprogetto di cui sentiremo ancora par-lare. Del resto, fa riflettere un anticodetto africano: “Quando muore unanziano è come se bruciasse una bi-blioteca”.

Roberto Alborghetti

le generazioni,

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Giovani generazioni: storie, volti, musica... per dire la fede

Conta le ste credi “Il Signore disse ad Abràm:

«Io sono il Signore,che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldeiper darti in possesso questa terra».Rispose: «Signore Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso?».Gli disse: «Prendimi una giovenca di tre anni,una capra di tre anni,un ariete di tre anni,una tortora e un colombo».Andò a prendere tutti questi animali,li divise in duee collocò ogni metà di fronte all’altra;non divise però gli uccelli.Gli uccelli rapaci calarono su quei cadaveri,ma Abràm li scacciò.Mentre il sole stava per tramontare,un torpore cadde su Abràm,ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono...Quando, tramontato il sole,si era fatto buio fitto,ecco un braciere fumantee una fiaccola ardentepassare in mezzo agli animali divisi.In quel giorno il Signoreconcluse quest’alleanza con Abràm:«Alla tua discendenzaio do questa terra,dal fiume d’Egittoal grande fiume, il fiume Eufrate»”.(Gen. 15, 7-18)

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Giovani generazioni: storie, volti, musica... per dire la fede

C arissimi,abbiamo varcato la soglia del nuovo anno, cari-chi di attese, di desideri, di propositi, carichi delpeso di una crisi che investe il nostro vivere, dal-la sfera personale a quella istituzionale: crisi in-teriore, valoriale, economica... L'etimologia gre-ca del termine “crisi”, abbandonando latraduzione generalmente attribuitagli con le acce-zioni di “trauma, stress, pericolo, instabilità”,apre mente e cuore al significato profondo celatonella parola stessa: “crisi” significa “scelta”.Entrando, perciò, in una nuova porzione di tem-po, ci domandiamo: quali scelte operare quest'an-no? Quali cammini percorrere? Quali atteggia-menti sposare? Su quali promesse fondare l'oggi?In questo spazio dedicato alla riflessione sulmondo dei più giovani, ci chiediamo: quale pos-sibilità hanno le nuove generazioni di credere nelfuturo, di camminare nel tempo superando ildramma della solitudine che scende come torpo-re, terrore e grande oscurità sulla loro storia disogni (primo numero della rubrica) e di esodi (secondo nu-

mero della rubrica), bisognosa di integrazione e dipartecipazione?Ascoltiamo e proviamo a trovare risposte...

lle se puoi e... alla promessa!

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… La solitudine prende davvero il cuore, così profonda-mente da renderlo abituato al suo vestito dalle mille tintedi normalità. La solitudine ci rende tristi, ci toglie il sorri-so, ci spegne gli occhi. Quando si è costretti a partire, adallontanarsi dagli affetti, dalla propria casa, dal proprioamore; quando la storia, e, magari inconsciamente, noi de-cidiamo che deve accadere questo, allora stiamo certi cheverremo investiti da questa compagna di viaggio, che, en-trando subdolamente o prepotentemente dentro il nostrotessuto esistenziale, non ci abbandona più, sia che ci tro-viamo al centro di New York, di Roma, di Londra, nel de-serto, in cima a una montagna o in mezzo al mare. Per as-surdo, più persone stanno intorno a noi e più ci sentiamo

soli. Osserviamo la gente che passa, magari una famigliacon dei bimbi, o una coppia felice e ci sentiamo avvolti dauna strana sensazione; non si tratta di invidia: è come ri-chiedere qualcosa che non abbiamo, qualcosa che il nostrocorpo pretende. Allontanare questi pensieri è quasi impos-sibile...Io, Mauro, mi rifugio nei ricordi, pensando magari ad unepisodio accaduto quando la solitudine non mi appartene-va, o a quel pupazzo di pezza che accompagnava le mienotti, cacciando la paura, oppure ad un futuro che non èsperanza, ma soltanto sogno... Non sempre però questetecniche funzionano e allora mi abbandono...Ognuno ha un modo tutto suo di accogliere la solitudine,di viverla, di superarla, di darle un senso, non dico dicombatterla, perché la solitudine non è un nemico: è unacondizione che anela ad essere integrata, nell’attesa chepassi anche per noi, come per Abràm, quella fiaccola ar-dente tra i nostri divisi animali interiori, simbolo di un’al-leanza che sigilla col fuoco la reciproca responsabilità,simbolo di una Presenza di com-passione che sempre cisupera, che si vuole compromettere fino in fondo, fino alladivisione di Sé nel caso d’infedeltà alle Promesse. QuestaPresenza è, per noi, come per Abràm, il nostro Dio...

La solitudine degli uomini è davvero una condizioneestrema: l’ho vista in molte parti del mondo; la vedo nellestrade della mia città; l’ho incontrata profondamente nelleparole di una bimba di dieci anni a Sarajevo, sporca, mal

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vestita, orfana. Un giorno le chiesi: “La tua casa dov’è?”Lei, spostando i suoi capelli biondi e sporchi dal viso, miguardò con gli occhi asciutti di chi non ha più lacrime, miprese la mano e mi disse: “Non c’è più”.Era sola. Sola per cause non strettamente dipendenti dallasua volontà. Bisognosa di qualcuno che le tendesse unamano, che la guardasse negli occhi.È bastato il mio approccio, pieno di delicatezza, accompa-gnato a un sorriso, al saluto, a due parole, per ridarle di-gnità, valore, fiducia.Provate a prendere un autobus, un treno, una metropolita-na; vi renderete conto di quanta solitudine serpeggi, diquale spessore abbia il muro del silenzio. Guardate gli

stranieri, quelli che chiamiamo “extracomunitari” (parolaorribile!): spesso il posto a loro vicino rimane vuoto: lagente si gira da un’altra parte o fa finta di non vederli, e,forse, per assurdo, per davvero, essi stessi diventano “in-visibili”. Immaginate di prendere il loro posto: immagina-tevi in un paese straniero con la gente che vi rifiuta, viignora...Solitudine?Solidarietà! È questa la prima parola di risposta ad unarealtà complessa e mai scontata.Solidarietà, nell’interpretazione corretta del termine.Mi spiego meglio.Solidarietà non è un gesto benefico verso qualcuno menofortunato: solidarietà è una condizione essenziale, soprat-tutto in questo momento storico; è l’atteggiamento cheserve a tutti, la provocazione che ci salverà. Essere solida-li non vuol dire essere “buoni”, ma essere consapevoli diciò che ci sta intorno, comprenderne le ragioni, difenderle:per gli altri, ma anche per noi stessi. Essere solidali è ungesto, oserei dire, “egoista”, necessario.Solitudine?Ascolto! È La seconda parola chiave di risposta.Si dovrebbe imparare ad ascoltare di più perché, spesso, leurla di dolore sono sopite, quasi mute, non per questo me-no disperate: sono urla che si nascondono sotto varie for-me, a volte le più bizzarre. Solo quando affiniamo occhied orecchi, riusciamo ad udirle.

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Quante Cristina nel mondo e quante vicine o dentro noi...

Chiudiamo questa pausa di riflessione con una canzone di qualche anno fa, nota a molti. Lasciamo-ci interpellare dalle parole e proviamo a tracciare linee di impegno per l’oggi nell’ottica sopra de-scritta di “solidarietà” e d’“ascolto” per integrare la solitudine e farla diventare quel cielo che per-mette al nostro fango di prendere ancora la forma originaria dell’Immagine e Somiglianza divine.

Migliaia di croati scappano dallinterno della Croaziae si rifugiano in strutture turistiche, hotel e campeg-gi, lungo la costa dalmata.Cristina ha dodici anni ed è la bambina più simpati-ca del campo: è sempre sorridente e allegra, giocae scherza con tutti. La osservo e penso: “Beh! forselei vede tutto come un bel gioco e alla fine è tra lefortunate”.E sempre con noi e a volte è davvero eccessivanella sua esuberanza e voglia di divertirsi. Passiamoquasi un mese insieme a giocare e ridere; io non mipreoccupo di andare a conoscere i genitori o a ve-dere la sua stanza. Il campo è sempre in subbuglioe i genitori dei bambini, spesso, sono impegnati atrovare cibo o sistemazioni migliori, insomma non sivedono mai. Poi, un giorno, vedo Cristina appartar-si, la guardo, lei mi guarda e credo di capire che ilsuo è una specie di invito a seguirla. Si siede su unapiccola panca, appena fuori dal bungalow dove sigiocava con tutti i bambini. La vedo tremare, è sulpunto di esplodere, mi guarda e mi dice: “Io sono diSkabrnja”. Scoppia a piangere...(Nel novembre 1991, le milizie paramilitari serbe entra-no di notte nel piccolo paesino croato ed uccidono settemilitari e sessantadue civili perlopiù anziani e donne; al-tri moriranno saltando sulle mine antiuomo. Quella notteverranno uccisi ottantasei civili. Da allora tutti gli abitantisopravvissuti di Skabrnja soffrono di disturbi di persona-lità con atteggiamenti e reazioni ancora senza spiega-zioni anche per gli studi di psicologia).

Chiedo a Cristina: “Vuoi raccontarmi?”.Tra i singhiozzi mi dice: “Non lho mai detto a nessu-no... Stavo dormendo, sapevo che le cose non an-davano bene, ma mi sentivo protetta ed ero tranquil-la. Ad un certo punto, un gran rumore. Sento mio zioche mi scuote ed urla: “Svegliati, svegliati!” Io noncapisco; mi alzo impaurita; non ho neppure il tempodi vestirmi e di mettermi le scarpe; mio zio mi pren-de in braccio e si precipita giù dalle scale; fuori cèun gran caos: la gente corre e sento degli spari,chiedo di mia madre; mi volto e vedo mia madre emio padre in ginocchio vicino ad un portone; ungruppo di uomini in divisa sono vicini a loro; hannouna pistola in mano; la puntano allo loro testa e spa-rano. Al momento non riesco a capire e neppure adurlare. Mio zio mi lancia letteralmente su un furgonein movimento. Dentro un sacco di persone che urla-no, piangono. Io guardo dal finestrino: in ogni ango-lo, gruppi di militari che sparano e uccidono. Vedouccidere anche mio cugino di appena quattordici an-ni. Riusciamo a fuggire e mi portano qui, in questocampo profughi, sola. Nei giorni successivi, Luciana(assistente sociale del campo profughi) mi dice chehanno provato a rintracciare i miei parenti, ma nes-suno di loro è sopravvissuto, compreso lo zio che miha salvata. Adesso sono sola, davvero sola”.

Campo profughi di Punta Skala, Croazia 1992.

Giovani generazioni: storie, volti, musica... per dire la fede

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Io lo so che non sono soloanche quando sono soloio lo so che non sono soloio lo so che non sono soloanche quando sono solo...

Sotto un cielo di stelle e di satellititra i colpevoli le vittime e i superstitiun cane abbaia alla lunaun uomo guarda la sua manosembra quella di suo padrequando da bambinolo prendeva come niente e lo sollevava suera bello il panorama visto dall’altosi gettava sulle cose prima del pensierola sua mano era piccina, ma afferrava il mondo intero...Ora la città è un film straniero senza sottotitolile scale da salire sono scivoli, scivoli, scivoliil ghiaccio sulle cosela tele dice che le strade son pericolosema l’unico pericolo che sento veramenteè quello di non riuscire più a sentire nienteil profumo dei fiori l’odore della cittàil suono dei motorini il sapore della pizzale lacrime di una mamma le idee di uno studentegli incroci possibili in una piazzadi stare con le antenne alzate verso il cieloio lo so che non sono solo...

Io lo so che non sono soloanche quando sono soloio lo so che non sono soloe rido e piango e mi fondo con il cielo e con il fangoio lo so che non sono soloanche quando sono soloio lo so che non sono soloe rido e piango e mi fondo con il cielo e con il fango...

La città un film straniero senza sottotitoliuna pentola che cuoce pezzi di dialoghicome stai quanto costa che ore sonoche succede che si dice chi ci credee allora ci si vedeci si sente soli dalla parte del bersaglioe diventi un appestato quando fai uno sbaglioun cartello di sei metri dice tutto è intorno a tema ti guardi intorno e invece non c’è niente...Un mondo vecchio che sta insieme solo grazie a quelli chehanno ancora il coraggio di innamorarsie una musica che pompa sangue nelle venee che fa venire voglia di svegliarsi e di alzarsismettere di lamentarsiche l’unico pericolo che senti veramenteè quello di non riuscire più a sentire nientedi non riuscire più a sentire niente...

Il battito di un cuore dentro al pettola passione che fa crescere un progettol’appetito la sete l’evoluzione in attol’energia che si scatena in un contatto...

Io lo so che non sono soloanche quando sono soloio lo so che non sono soloe rido e piango e mi fondo con il cielo e con il fangoio lo so che non sono soloanche quando sono soloio lo so che non sono soloe rido e piango e mi fondo con il cielo e con il fangoe mi fondo con il cielo e con il fangoe mi fondo con il cielo e con il fango...

(Jovanotti)

Giovani generazioni: storie, volti, musica... per dire la fede

Mauro Barisone e Suorbì(foto di Mauro Barisone)

[email protected] - [email protected]

Buona strada...

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Una storia vera... anzi inverosimile!

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Riprendo a raccontare parlando deimiei fratellini a cui avevo già ac-

cennato precedentemente.Se faccio il conto, ho vissuto per lo piùda figlia unica sperimentando, solo atratti, la gioia e la sofferenza di avere eperdere dei fratelli.Ho conosciuto Livio quando aveva 6mesi, nato quando io ero in ospedale aMalcesine; l’ho visto la prima voltaquando sono rientrata, alla fine dell’an-no scolastico 1964-65. Livio era nato il3 dicembre 1964. Domenico era il suosecondo nome; la mamma l’avevavoluto aggiungere perché devota diSan Domenico Savio. Livio era un

bimbo dolcissimo, sorridente esapeva farsi voler bene da

tutti, anche in ospedale.Era stato fin da subito

quello di salute piùfragile tra noi tre.Oltre all’amiotrofiaspinale aveva com-plicazioni respira-

torie, dovute a fre-quenti bronchiti e a

un’asma che, sovente,lo facevano stare male.

Per l’anno scolastico 1965-’66

io sono stata presso gli zii, bidelli nellascuola di Valtesse. I miei ricordi di momenti condivisi conLivio sono quelli vissuti nel ’67, l’an-no che mi ha aperto la possibilità di in-serimento nelle Scuole elementari inFontana e perciò di rientrare stabil-mente in famiglia, anno in cui avevoconosciuto e fatto amicizia con parec-chi miei coetanei, vicini di casa.Quell’estate è stata proprio gioiosa: conloro avevo potuto condividere momentidi gioco. Con i miei compagni, a questimomenti gioiosi, spesso partecipavaanche mio fratellino Livio che era unbimbetto di due anni e mezzo circa.Quando andavamo nei dintorni di casae alle cascine vicine, se ero sola i mieiamici spingevano il triciclo quando ve-niva anche Livio; per portarci in giro siutilizzava la carrozzina di mio fratelli-no, su cui riuscivamo a starci in due,tutti rannicchiati. E spingevano questacarrozzina per le strade vicino casa.I miei amici ogni tanto si scatenavanoin corse così da far sbandare la carroz-zina che, dal bordo della strada, si ri-baltava finendo nel prato.Capitava, allora, che mio fratellino, co-me i bambini di quell’età, a modo suo,

Cecilia:

da un’infanzia serena

ad un avanzare

nell’adolescenza

non priva di gioie

e sofferenze,

sempre sostenuta

dalla forza della fede.

Ricordi del crescere...

La gioia è

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ma chiaramente per la mamma, face-va un reportage. Seguivano i rimbrot-ti di lei perché temeva rischiassimodi farci male seriamente essendo spe-ricolati. Eppure quei momenti eranoimportantissimi perché mi riscattava-no da ogni diversità, mi facevanosentire normalmente partecipe… era-no momenti molto divertenti e fortu-natamente non è mai successo nientedi preoccupante, al limite qualchegraffio, benedetto anche quello, con-siderando quanto avevo in cambio invitalità.Quell’estate ci regalò anche una no-vità: una vacanza in montagna! Era laprima volta nella mia vita che andavoin vacanza in montagna con la mam-ma, la nonna e Livio. Certo ero dibat-tuta pensando agli amici, compagnidi gioco e di scorribande, che nonavrei visto per alcuni giorni. La vacanza a Lenna, con la nonnaRosa e Livio che avevano bisogno dicambiare aria e con mamma, fu unmomento molto bello.Entrambi, schiacciati nella carrozzinadi Livio, che permetteva alla mammadi portarci in giro contemporanea-mente, facevamo brevi passeggiate;

lei andava cauta e questo mi divertivaun po’ meno.Ogni tanto raggiungevamo la pineta,ma la passeggiata che preferivo eraalla diga artificiale dove mi colpiva ilfragore delle acque. Il lago di Lennami piaceva tanto. Certamente quellavacanza fu una bella esperienza dalmomento che ricordo ancora tantiparticolari. Con la nonna giocavamoinfinite partite a briscola: gioco cheavevo appena imparato. Ricordo an-che una coppia di anziani signori chevenivano da Milano, i quali si muo-vevano poco e lei faceva semprel’uncinetto. Guardandola a lungo ap-presi i punti base. Tornai a casa con ilmio primo uncinetto, regalo di questagentile e paziente signora di cui nonricordo più il nome.Rientrati da quella vacanza, mio fra-tellino ebbe più frequenti episodi condifficoltà respiratorie e anche la non-na venne ricoverata.E il mese di novembre fu veramentedoloroso. Quell’anno mi capitò di in-contrare per la prima volta, faccia afaccia, la morte di persone care.Mio fratellino, all’inizio di novem-bre, ebbe complicazioni con diffi-

coltà respiratorie tali che dovetteroricoverarlo e intervenire con un’ope-razione condotta da un professore fa-moso, di cui imparai il nome: Paren-zan. La situazione era molto grave.Per alcuni giorni, la mamma si erafermata all’ospedale, senza mai rien-trare a casa, per stare vicina a Livio.Mi raccontava della tenda ossigeno,utilizzata per farlo respirare meglio...Anche se non riuscivo a rendermiben conto della gravità della cosa,certo vedevo i miei genitori moltopreoccupati.La sera del 13 novembre, la mammaera tornata a casa perché sembravache le condizioni di Livio si mante-nessero stazionarie.In ospedale con lui, per la notte c’e-rano papà e Rina, nostra parente. Lamamma aveva lavato e sistematoqualcosa, avevamo mangiato una mi-nestrina, stavamo per andare a letto,eravamo già nella stanza, al terzopiano…Abbiamo sentito rientrare la macchi-na di papà... abbiamo capito che la si-tuazione era precipitata.Non avevamo telefono né campanel-lo: quasi ad avvisarci papà aveva lan-

Una storia vera... anzi inverosimile!

parola di Cecilia(terza puntata)

possibile!

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Una storia vera... anzi inverosimile!

ciato qualche sassolino sui vetri dellafinestra… avevamo già capito. Mam-ma era scesa ed erano subito risalitilei e papà con Livio.Con estrema tenerezza l’avevano ri-vestito con l’abitino del suo Battesi-mo: era di pizzo, arricciato in vita,ancora sufficientemente grande per ilcorpicino esile di Livio.Venne collocato sul letto di fianco aquello dei nostri genitori; allora dor-mivamo in un’unica stanza. Quella notte i miei genitori mi tenne-ro fra loro, quasi a custodirmi. Il pic-colo Livio nel letto accanto come unangioletto sistemato con cura dallemani della mamma. Ricordo quel momento senza chenessuno di noi potesse chiudere oc-chio, in un silenzio quasi sacro. E ricordo i giorni dopo il funerale, lamamma sempre triste, smagrita e ve-stita di nero; anche mia nonna stavamale, morì il 28 novembre, quindicigiorni dopo la morte di Livio.Seguì un tempo difficile. A casa ov-viamente l’atmosfera era triste; era lascuola a regalarmi spazi sereni.Riguardo ai miei, e particolarmenteper papà, un aiuto prezioso gli venivada Don Giacomo, parroco di Gaveri-na. Papà aveva una vecchia giardinet-ta e quasi tutte le domeniche pome-riggio si andava ai santuari: Madonnadelle Rose, Madonna dei Campi, aiSantuari di Sombreno, della Casta-gna, a Gaverina, a Longuelo, nellaChiesa di Sant’Antonio.Molte volte io mi fermavo fuori, adattendere in auto, mentre i miei geni-tori entravano raccontando un po’ iloro crucci, le loro preoccupazioni.Fu grazie al sostegno e alla guida spi-rituale di sacerdoti, particolarmente

di Don Giacomo, che i miei riusciro-no a trovare sollievo. Per papà, Don Giacomo rappresentòun grande aiuto per superare i mo-menti più drammatici, tentennamentie fatiche. Fu vicino ai miei genitori,con grande attenzione, anche quandola mamma scoprì di essere incinta,con tutte le paure e le aspettative cheaccompagnavano questa gravidanza.Li sostenne e li accompagnò con lapreghiera e l’amicizia.In tutti noi c’era la speranza che que-sto bimbo fosse sano.Ricordo benissimo quando nacqueGiacomo, il 20 aprile del 1970. Eraun lunedì. Tutta la domenica, la mamma avevasistemato la casa, fatto il bucato, sa-pendo che la data del parto era oramaiarrivata e quindi voleva farsi trovarepronta. In effetti, quella notte tra do-menica e lunedì mi disse che era giun-ta l’ora. Io avevo già 13 anni per cuiricordo con molta chiarezza tutte leemozioni di questo momento, i timorie le attese che lo accompagnarono. Ericordo la gioia di quel mattino, quan-do papà, tornato dall’ospedale, mi dis-se che era nato Giacomo e che tuttoera andato bene. Il nome Giacomo erastato scelto in onore dell’amico Sacer-dote che tanto li aveva sostenuti.La mamma volle aggiungere comesecondo nome Livio, affidando alfratellino in Paradiso la protezionedel neonato. Seguì un periodo ricco di preghieratra la preoccupazione che anche perGiacomo potesse presentarsi l’amio-trofia spinale e la speranza che nefosse esente. Era un bimbo vispo, sembrava nonpresentare proprio nessuna difficoltà

e, nei primi mesi, la speranza chefosse in ottima salute sembrava con-fermata. Era un bimbo vispo!Alla nascita di Giacomo già avevogià tredici anni e la mamma era sem-pre molto impegnata: mi metteva ilfratellino tra le braccia e io riuscivo atenerlo appoggiato, a dagli il biberon,a coccolarlo, a raccontargli le storiequando lui si svegliava, o restavo aguardarlo a lungo quando dormivaquieto.Ricordo il giorno del suo Battesimo,1° maggio; madrina la sorella diDon Giacomo; a battezzarlo il nostroParroco Don Siro.Gustavo la quotidianità e la gioia chequella piccola creatura potesse esser-mi affidata... Mi sembrava un miracolo il poterlocustodire per qualche momento, nonmi sembra vero che riuscisse a muo-versi, a muovere le manine, le gam-bette: sgambettava tantissimo e,quando aveva incominciato a parlare,la meraviglia per me era di scoprirela sua curiosità. Essendo a lungo conlui, seguii, con lo stupore di chi è vi-cino, i suoi primi chiacchiericci, leprime parole storpiate, come fannotutti i bambini.

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Tutto diventava motivo di raccontiniche inventavo per divertirlo: ricordole sue risate, la nostra gioia del ve-derlo crescere, sveglio simpatico efurbetto; era un bimbo che sapevaconquistare l’attenzione e la simpatiadi noi tutti.

Col passare del tempo ci accorgem-mo, però, che anche per Giacomo leforze stavano calando: anziché sgam-bettare, come nei primi tempi, riusci-va a muoversi un po’ meno e imuscoli si andavano via via atrofiz-zando; ci rendemmo conto che anchein lui l’amiotrofia spinale stava fa-cendo il suo corso… Cominciò adavere qualche problema di bronchiteche si ripeteva… finché all’inizio del’72 finimmo entrambi in rianimazio-ne, per problemi respiratori. Avevoquindici anni e lui quasi due.In coincidenza ci fu anche l’interven-to al seno della mamma: le avevanoscoperto un tumore. Quello, per papà, fu davvero un tem-po di dura prova: eravamo tutti e trein condizioni serie in ospedale. Successivamente, mi raccontava cheandava da un ospedale all’altro, dicorsa, angosciato e la sera pregavastando in ginocchio, al limite della

disperazione, cercando aiuto nel Si-gnore, per riuscire a reggere quellasituazione pazzesca.Quando la mamma rientrò dall’ospe-dale dopo l’intervento, dovette fare lachemioterapia, particolarmente pe-sante, che la debilitò moltissimo.Giacomo ed io tornammo dopo pa-recchi giorni dall’ospedale e, avendoavuto entrambi una bella batosta, im-piegammo parecchio a riprenderci.Quella era per me la prima volta che,da una influenza, la situazione preci-pitava e diventava così seria. Fino adallora forse io non avevo mai consi-derato che la mia situazione potevaessere irreversibile, senza uscita e,anzi! che mi avrebbe dato ulterioridifficoltà. Continuavo a sperare che,prima o poi, avremmo trovato unasvolta, che ci sarebbe stato qualcunoche poteva darci una mano, anche sericordo di un medico americano cheaveva detto, senza peli sulla lingua, amia mamma, che non c’era soluzio-ne, né per me né per mio fratellino.Continuavo, però, ad aspettare chequalche svolta potesse giungere, quasiper miracolo, per qualche percorsoche non avevamo ancora considerato,per qualche cura che avremmo sco-perto; questo forse serviva anche pernon perdere la speranza, per riuscire aportare avanti tutte queste situazioni.Sicuramente la fede, nel frattempo,compiva il suo cammino e pian piani-no preparava i miei, e lentamente an-che me, ad accogliere quella realtàche, forse tutto d’un colpo, nonavremmo potuto accettare, anzi nonsaremmo riusciti a sostenere.Sono molto grata a chi, poco poco, ciha guidato alla fede e ci ha aiutato acomprendere che all’interno della no-

stra situazione, della nostra vita c’eraspazio per la serenità, per accoglieresignificati e criteri per cui non basta-va la sola razionalità…A questa terza puntata mi viene diaggiungere la seguente preghiera:

I DONI DI DIOGli ho chiesto la forza

e Dio mi ha dato difficoltàper rendermi forte.

Gli ho chiesto la saggezzae Dio mi ha dato problemi da risolvere.

Gli ho chiesto la prosperitàe Dio mi ha dato muscolie cervello per lavorare.

Gli ho chiesto il coraggioe Dio mi ha dato pericoli da superare.

Gli ho chiesto l’Amoree Dio mi ha affidato

persone bisognose da aiutare.Gli ho chiesto favori

e Dio mi ha dato opportunità.Non ho ricevuto nulla

di ciò che volevo,ma tutto quello di cui avevo bisogno.La mia preghiera è stata ascoltata.

Cecilia

(continua…)

Una storia vera... anzi inverosimile!

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Padre Marti Assunta Tagliaferri prose-gue, nella sua rubrica“Bergamaschi DOC”, conla presentazione di figurebergamasche poco cono-sciute che, accanto allastupenda figura di PapaGiovanni e della BeataMorosini, con il loro mar-tirio hanno arricchito“spiritualmente” la storiadi Bergamo.Da questo numero ver-ranno, quindi, presentatefigure che, con il “dono disé”, hanno coronato la lo-ro vita di “veri cristiani”.Uno di questi – PadreMartino Capelli, Dehonia-no – è presentato comemartire della carità intempi in cui l’odio e lavendetta erano vita diogni giorno.

Dina Rossetti Pescio traccia unbel ritratto di questo sacerdote

martire, trapiantato dalle montagnebergamasche alle montagne del-l’Appennino bolognese, mettendo inrisalto la sensibilità acutissima sottouna scorza scabra e reticente. Scri-ve: “Era arrivato tra noi un altrosacerdote, Padre Martino Capelli…Di lui posso dire poco perché lo ve-devo raramente. Era un tipo riser-vato e silenzioso. Passava le suegiornate in montagna, tra la genteche viveva lassù, al di fuori dellacerchia delle nostre mura, ma avevoper lui tanta ammirazione. Il suo in-carico era quello di consolare il do-lore delle umane sofferenze; era un

martire vivente! Dopo la sua morte,riordinando la sua camera, trovaidegli appunti che mi svelarono lasua partecipazione al dolore e alcalvario di tutto il popolo. Offrivaquesto grande dolore alla Madonna,implorando la nostra salvezza”.

Monsignor Mellini, Parroco di Sal-varo (BO), aveva richiesto ai Sacer-doti del Sacro Cuore un aiuto ed essigli mandarono questo coadiutorestraordinario.La sera del 20 luglio 1944, PadreMartino Capelli bussò alla Canonicadi Salvaro; era un Religioso, appar-tenente ai Preti del Sacro Cuore egiunse a Salvaro dopo una cammi-nata lunga e faticosa.Nato a Nembro (BG) il 20 settembre1912, morirà a Salvaro il primo ot-tobre 1944.Studiò inizialmente nel Collegio diAlbino (BG), dai Sacerdoti del Sa-cro Cuore, chiamati anche “Deho-niani”, poi nello Studentato bolo-gnese di via Derna, a Bologna.Nell’aprile del 1938, il CardinaleNasalli-Rocca lo ordinò diacono e il26 giugno dello stesso anno, Monsi-gnor Paolo Tribbioli, Vescovo diImola, lo consacrò Sacerdote.Frequentò per due anni l’Istituto Bi-

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Martire della guerra, della

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no Capelli di Nembro

blico di Roma e il 10 luglio 1942 ottenne la Licenza inDogmatica all’Ateneo di Propaganda Fide. Durante l’esta-te del 1944, in seguito ad un accordo intercorso tra il suoSuperiore e il Vescovo di Bologna, venne destinato a rag-giungere la Pieve di Salvaro e a collaborare, nell’attivitàpastorale, con l’anziano Parroco, Monsignor FidenzioMellini. Prima di raggiungere la Pieve di Salvaro, PadreMartino aveva fatto il predicatore itinerante nelle piccolecomunità dei dintorni di Bologna.Si legge nel suo diario: “Durante la ricreazione serale,vediamo passare gruppi di giovani con cavalli e fucili.Probabilmente sono partigiani, come fanno supporre lecanzoni che cantano: ‘Quando l’Italia sarà liberata e laschiavitù dimenticata, allora ringrazierete quelli che ungiorno si chiamavano ribelli…’.In data 18 luglio scrive: “L’ala della morte ha sfiorato an-che questa valle solitaria…”.

Si legge nel libro: “Le Querce di Monte Sole”, che ungiorno un gruppo di tedeschi accerchia il paese e bruciaalcune case che essi credono aver ospitato ribelli. Verso le

dieci, sul piazzale della chiesa, giungono cinque italianirastrellati dai tedeschi. Viene organizzato, in piazza, unprocesso davanti al Comandante tedesco Tengelmann. Pa-dre Agostani e Padre Capelli, intercedono per i cinque…Tre sono liberati e due uccisi: a nulla valsero le ripetuteloro istanze. Prima di essere fucilati i due si confessanouno da Padre Capelli e l’altro da Don Luigi Tommasini; iltutto avvenne in meno di un’ora. Alle undici i tedeschi ri-partono, ma l’incubo continua… Alla sera arrivano in pae-se parecchi ribelli che prendono i cadaveri dei defunti, litrasportano al cimitero e li vegliano tutta la notte.Padre Martino si impone e media tra le parti in conflitto.La popolazione è sempre più vittima dei ribelli, dei repub-blicani, dei tedeschi. Padre Martino incontrò la morte perla determinazione della sua carità apostolica e la sua fedeintrepida.Ecco il testo dell’ultima preghiera alla Vergine, da luiscritta: “Prega per noi, Vergine Santa, sconfortati ed ac-casciati sotto la sventura, divisi tra noi, straziati dagliodi, che trepidano pensando ai nostri uomini prigionierisu tutti i fronti della terra. Prevediamo la somma sventuradella Patria. Prega per i morti recisi sui campi di batta-glia, come il nostro bel grano in giugno, vittime innocenti.A te offriamo le nostre lagrime ed il nostro dolore. A Teconsacriamo il sacrificio supremo dei nostri cari. Perogni nostro dolore, dacci il Tuo conforto; per ogni nostrosacrificio il Tuo premio e il riposo eterno…”.Un’altra preghiera aveva scritto il 12 dicembre 1931:“Vergine, Regina dei martiri messicani, concedimi che siaanch’io, un giorno, martire di Cristo Re”.Nella canonica di San Michele di Salvaro, Padre Martinofu un servo itinerante della Parola, un Religioso tutto datoe versato in una semina faticosa in cima alle montagne.

resistenza, dell’amore

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Alla fine seminerà se stesso.Il Religioso dehoniano, oltre che es-sere un Prete generoso, era anche unmistico ascetico il cui abbandono allaVolontà divina si esprimeva nelle for-mule di consacrazione a Cristo, per lemani di Maria.Spostarsi e girare sui monti dell’Ap-pennino bolognese, l’estate del 1944,non era certamente una cosa sempli-ce. Gli agguati, i proiettili vaganti e irischi mortali erano all’ordine delgiorno. Padre Martino vi andavaspesso a sbattere contro a causa delsuo buon cuore, ma anche della sualealtà, innocenza, ma soprattutto acausa dell’incredibile caos di queltempo. I nervi erano a fior di pelle,anche nei soggetti più dotati di auto-controllo.Scrive Padre Ceresoli in data 26 no-vembre 1944: “La zona era frequen-tata dai partigiani. Padre Capelliaveva sempre tenuto con essi un con-tegno prudente e riservato tanto chequelli l’avevano creduto un Cappel-lano militare repubblicano che spias-se i loro passi. Una volta minacciaro-no perfino di scavargli la fossa… senon avesse dimostrato di essere unReligioso dello studentato Missio-ni…”.Padre Martino era considerato da tut-ti un “Bergamasco dalla parola fran-ca” che gli scaturiva da meditati si-lenzi. Non esitò, infatti, a contestareatteggiamenti e metodi che portava-no a colpire inconsultamente personeinnocenti e a scatenare terribili ritor-sioni.Questo, comunque, non gli impedivadi essere disponibile ad un dialogofranco e fraterno.Padre Martino visse questi mesi del1944 nella Canonica di San Micheledi Salvaro con Monsignor Mellini,l’anziano Parroco di oltre ottant’anni,

e Don Elia Comini, un Salesiano cheera stato mandato là per aiutare inParrocchia. Bastava che Mons. Melli-ni esprimesse il desiderio di andare inuna località o in un’altra che PadreMartino era sempre pronto… e parti-va. Almeno due volte, in agosto e set-tembre, Padre Capelli si inerpicò fraMonte Salvaro e Monte Sole. A toc-care la sua sensibilità dovette esseresoprattutto l’immagine della Comu-nità di Casaglia, “… la più povera ela più viva” di tutto il Vicariato diCaprara, composta ormai da vecchi,donne e bambini, tutti candidati almartirio. Volti buoni, volti semplici,impauriti dalle circostanze e dallaguerra; volti bruciati dal sole, dalvento e sferzati dalla pioggia; voltisui quali si leggeva, ormai prossima,la data del loro martirio.Anche gli abitanti di questi villaggi ocasolari sparsi devono aver notatoquesto camminatore solitario.Gli capitò di imbattersi nei Partigianioperanti nella zona e fu nuovamenteinquisito per via dei suoi capelli ros-sicci, dell’accento forestiero e del ca-rattere atipico, rispetto alla gente delposto. Alla fine gli rilasciarono unadichiarazione scritta come salvacon-dotto. Finirà per essere incriminato econdannato a morte dai nazifascisticome filo-partigiano.

Un suo confratello, Padre AlbinoBranzini, il 23 settembre 1944, glidisse di abbandonare il “terreno mi-nato” di Salvaro e dintorni. Lo stessoinvito gli fu rivolto dal suo SuperiorePadre Enrico Agostani il 27 settem-bre, tramite due giovani mandati ap-posta. Ma a Padre Martino, abbando-nare Salvaro nell’ora del pericolo,parve una diserzione… La sua fu unascelta determinata da particolari con-dizioni che egli, sul luogo, potevagiudicare meglio degli altri. E poi,c’è il fatto del martirio, l’offerta dellavita fatta per motivi di ministero. Pa-dre Martino si trovò solo a vivere ilsuo martirio. La Provvidenza loguidò per sentieri aspri e solitari…Sarà lui a tracciare un ultimo segnodi croce e di benedizione nella cister-na di Pioppe, trasformata in tragicoFonte battesimale.

L’eccidio della Botte…Il martirio di Don Eliae di Padre MartinoLa comunità di Salvaro, nello scena-rio apocalittico della seconda metà disettembre del 1944, rimane un punto

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di luce e di riferimento. Tutti ne av-vertono il valore: dai partigiani cheassistono ad una Messa in suffragiodi un giovanissimo partigiano vittimadi un tragico incidente (Gastone Ros-si), alla gente della montagna che, at-territa dagli incendi e dalle rappresa-glie, cerca scampo sotto il campaniledi Salvaro, agli stessi soldati dellaWehrmatcht che si fanno medicaredalle Suore, Ancelle del Sacro Cuore.I bombardieri dal cielo scaricanobombe a più non dire. Il primo grap-polo cade il 23 settembre; poi, il 25settembre, viene distrutto il ponte sulReno e lo stabilimento della Cana-piera.Scrive Suor Alberta della Comunitàreligiosa di Salvaro: “Dopo il grandebombardamento del 25 settembre, unreparto delle SS venne a stabilirsiverso la nostra zona. La mattina se-guente alcuni tedeschi andarono sul-la montagna per requisire suini daicontadini. Si scontrarono con ungruppo di Partigiani e un tedesco ri-mase ucciso. A questa scintilla seguìun grande incendio. Molti tedeschidelle SS si recarono sul posto ed uc-cisero tre uomini, i soli che fu datoloro di incontrare in quanto gli altrisi erano tutti dati alla macchia. In-cendiarono tre pagliai e una casa…Le donne e i bambini, spaventati, sinascosero in rifugi improvvisati.Don Elia e Padre Martino seppelliro-no i morti, forzando il blocco delleSS, la mattina del 28 settembre”. Il29 settembre è il primo dei tre giornidi agonia che seguiranno.Continua Suor Alberta: “Rastrella-mento di uomini e bestie da partedella SS, case incendiate e personeuccise”.Il Monte Salvaro era invaso dalle SS.Fu aperta la chiesa e, dietro la sagre-stia, si nascosero almeno settanta uo-

mini. Un armadio monumentale mi-metizzò l’ingresso… Le preghieredelle donne e dei bambini fecero dariparo acustico…, ma il piano di ster-minio decretato dalle SS continuò. LaCreda, Maccagnano, Casetto, Capo-sena, Pioppe sono tappe di questamarcia della strage. Di primo matti-no, il giorno 29 settembre, un mes-saggero giunse alla Canonica. Chie-deva che i Sacerdoti intervenisseroper aiutare gli uomini che erano statiarrestati dalle SS e portati alla Creda.Don Elia e Padre Martino non esita-rono e partirono subito. Quandogiunsero alla Creda l’eccidio dellesettanta persone era già stato consu-mato e i due Sacerdoti vennero arre-stati e, perché considerati spie, ven-nero malmenati, trattenuti prigionierie usati come animali per trasportarearmi e materiali sulla montagna.A Sibano, a Cerpiano, a Casaglia, aCaprara, a Creda il mitra delle SS uc-cide donne e bambini. A Pioppe di

Salvaro, invece, è la popolazione ma-schile ad essere presa di mira. LeParrocchie tra il Setta e il Reno di-ventano l’equivalente delle Comunitàebraiche dell’Europa orientale elimi-nate con fredda determinazione…In questo quadro allucinante è im-possibile comprendere questa realtàse non si guarda, e non si valuta iltutto, attraverso il cammino dellaCroce. Le stazioni di questa Via Cru-cis hanno le loro sequenze nella Cre-da, nella chiesa e nella scuderia diPioppe ed, infine, nella cisterna dellacanapiera che divenne patibolo e se-polcro per molti, anche per i due Sa-cerdoti di Salvaro.Don Elia e Padre Martino, dopo averfatto la spola per il trasporto di muni-zioni, fatti più volte salire e scenderedal monte sotto la scorta delle armi,vennero uniti ad un gruppo di rastrel-lati (centoundici) e chiusi nella chie-sa di Pioppe.Gli inabili, i malati, i vecchi venneroeliminati la mattina del 30 settembre1944. Gli altri, intruppati nella Todt,in gran parte scamparono. A segnarela sorte di Don Elia e Padre Martinofu il dito puntato di un ex Partigianoche dirà di averli visti in mezzo ai ri-belli… Per Padre Martino peserà ilfatto di essere stato visto nella Cano-nica di Don Ubaldo Marchioni, nellacui Parrocchia il Religioso aveva pre-dicato in occasione di una Solennità.Il crimine imputatogli sarà, quindi, il“Servizio della Parola”.Per Don Elia, invece, il capo d’accu-sa sarà la carità pastorale, estesa atutti senza eccezioni.Si legge nel diario di Suor Alberta:“Sabato 30 settembre, con una Sorel-la, sono andata a Pioppe dal coman-dante delle SS per intercedere pertutti coloro che erano rinchiusi…Pensai proprio che anch’io sarei

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“Bergamaschi DOC”

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morta… Tentai di convincere il co-mandante tedesco che i Sacerdotinon erano spie e che gli altri nonavevano mai fatto male a nessuno.Come risposta ricevetti un pugno sulviso che mi fece cadere e subito dopoun calcio perché mi rialzassi…Uscendo ci sentimmo chiamare dauna finestra. Era Don Elia che addi-tando il cielo salutava con gli occhiimperlati di lagrime”.Il Cavaliere Emilio Veggenti, un uo-mo che contava e che era ancora ingrado di esercitare il ruolo di media-zione, fece un estremo tentativo perliberare almeno Don Elia, ma il Sa-cerdote rispose: “O tutti, o nessu-no!”. Ogni commento è superfluo…Dal diario delle Suore: “Domenica 1ottobre, i circa cinquanta uomini rac-chiusi nella scuderia di Botte, venne-ro condotti in due gruppi, alla cana-piera. Mentre noi uscivamo dallachiesa, si sentivano le grida e i la-menti degli uomini (fra cui Don Eliae Padre Martino) uccisi dai Tedeschinella botte d’acqua dello stabilimen-to e lasciati lì a galleggiare, impe-dendo il loro ricupero. Solo una fan-tasia macabra poteva trasformare lacisterna della filanda in un poligonoda tiro…”.Lo stabilimento tessile entra, così,nella topografia della strage assiemeall’Oratorio di Cerpiano, al cimitero

di Casaglia, all’aia di San Martino,alla concimaia di San Giovanni diSotto, alla rimessa della Creda.Pio Borgia, scampato all’eccidio del-la botte, riuscì a scappare. Arrivò allaCanonica di Salvaro e disse di esseresalvo perché, parzialmente copertodal corpo di Don Elia Comini, erasfuggito alla scarica mortale… Avevavisto Padre Martino ferito e morentealzarsi in piedi e tracciare con la ma-no destra un grande e solenne segnodi croce sulle vittime della carnefici-na. Poi era ricaduto, con le bracciaaperte nell’acqua fangosa della ci-sterna. Il comando tedesco vietò chequalcuno andasse a recuperare i corpimartoriati. Anche Don Giovanni For-nasini intervenne, ma senza esito.I corpi martoriati, crivellati di colpi,gonfi e tumefatti rimasero nella ci-sterna per una ventina di giorni, fla-gellati da una pioggia incessante. Poifurono alzate le griglie e i gorghi delfiume trasportarono lontano quei po-veri corpi… Non si ritrovarono più!Padre Martino ha trovato la forza dialzarsi in piedi per assolvere tutti conun largo segno di croce… per ricade-re, poi, sul cumulo di cadaveri con lebraccia aperte. Rimase quindi impie-trito, in un gesto adorante e di perdo-no.Rifiutando di salvarsi da soli,Padre Martino e Don Elia, sono an-

dati consapevolmente incontro allamorte. Il Cardinale Antonio Poma,nel Convegno Salesiano di Treviglio,il 18 aprile del 1983 disse: “Il sacri-ficio di Don Elia Comini e di PadreMartino Capelli li incardina per sem-pre nel cuore della Chiesa”.Nel camposanto di Salvaro su di unalapide, sono stati scritti i nomi deimorti; dai bimbi di pochi giorni, alledonne, ai vecchi. Vi sono anche duelapidi che ricordano il sacrificio diDon Elia e di Padre Martino. Su que-st’ultima si legge: “Nessuno ha unamore più grande di chi dona la pro-pria vita. Padre Nicola Martino Ca-pelli rivelò la sua vita nella grandez-za della sua morte: semplicementemartire”.(Le querce di Monte Sole, pgg. 277- 318)

La fine eroica di questi Sacerdotitrasmette a noi una molteplicità dimessaggi:– la carità esercitata giorno dopo

giorno fino al sacrificio della stes-sa vita;

– il morire pregando e benedicendosull’esempio di Gesù stesso, ilMartire per eccellenza;

– la comunione totale, in vita e inmorte, con il popolo affidato loroper una sola estate.

Se Don Elia, durante le ore che prece-dettero il suo martirio, ebbe motivo dirisentire in Tertulliano la fede dei pri-mi martiri, Padre Martino dovette at-tingere alle Scritture, di cui era mae-stro e professore, per vivere la paginadella sua ultima testimonianza.Sia l’uno che l’altro sono stati Sacer-doti santi. Il Signore li ha premiaticon il Martirio che li ha introdotti di-rettamente alla visione beatifica diDio stesso.

Assunta Tagliaferri

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“Bergamaschi DOC”

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In ogni casa, lo so, cè un abete con mille luci e mille colorie più sotto, nascosto un presepe:la capanna, una stella, i pastori.

Questanno, tra i rami, ho deciso di appendere ciò che più vale:il mio amore, un bacio, un sorriso

per far più vero e più santo

il Natale.

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“Con l’aiuto dello Spiritoe alla luce della Parola e del Magistero,attuiamo un’attenta lettura della realtàe un costante discernimento dei segni dei tempiper educarci a elaborare comunitariamentenuovi progetti di evangelizzazioneper le odierne situazioni”.

(Costituzioni n. 83)

Domenica 16 dicembre u.s. nella nostra Scuola si èsvolta la consueta recita di Natale, alla presenza dei

genitori, del Presidente della Scuola, il parroco Don An-drea Papini e del Sindaco Signor Sergio Capoferri. I bambini, con spontaneità, semplicità e allegria loro con-geniali, hanno ricordato agli adulti l’evento centrale dellastoria dell’umanità: la nascita umana di Dio.Dopo la riflessione tutti insieme in una allegra e coloratafesta.

Le insegnanti

Nel pomeriggio di domenica 16 dicembre, tutti ibambini della nostra Scuola dell’Infanzia sono

stati protagonisti indiscussi di un meraviglioso spetta-colo natalizio, il cui scopo è stato quello di mostrareciò che ogni piccolo allievo aveva imparato, nei mesiprecedenti insieme alle proprie maestre e alle Suore,ma soprattutto quello di creare un importante momen-to di aggregazione per le famiglie.Con i tempi che corrono si sa, siamo tutti di fretta e almattino, quando si accompagnano i figli a scuola, si è

ADRARA SAN MARTINO (BG)

SCUOLA DELL’INFANZIA“PAPA GIOVANNI XXIII”

L’EVENTO STRAORDINARIODEL NATALE

ALBEGNO DI TREVIOLO (BG)

SCUOLA DELL’INFANZIA “E. e G. FRIZZONI”

IL NOSTRO SPETTACOLODI NATALE

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Voci di casa nostra

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sempre di corsa; ci si saluta frettolo-samente e poi si scappa al lavoro o adedicarsi ai propri impegni. Questo momento fatto di serenità, dispensieratezza, di calore e di sensocristiano, ci ha dato gioia e sollievoperché, forse per un attimo, tutti cisiamo dimenticati dei problemi chepurtroppo affliggono la nostra quoti-dianità.Usufruendo del teatro del nostro pae-se, ogni spettatore ha potuto accomo-darsi nelle poltrone e assistere ad unsusseguirsi di movimenti psicomotori,di cambi repentini di abbigliamento edi scenografie, di balli, drammatizza-zioni e canti tutti inerenti al momentospeciale che è la nascita di Gesù.

Incisivo è stato l’attimo in cui i“piccoli” Giuseppe e Maria hannofatto il loro ingresso dal lato infe-riore del teatro, attraversandoloper giungere, poi, davanti al pre-sepe creato sul palco dove liaspettavano i vari protagonistidella scena della Natività.In una magia di luci e colori, iltutto si è concluso con un affet-tuoso augurio di pace per tutte lefamiglie e un lungo applauso è ri-suonato all’interno del teatro… inostri piccoli attori sono stati ve-ramente “bravissimi”!!!

L’insegnanteIlaria Borzi

“Nell’aria poi si sente un suono niente male;

suonan le campanedicono «E’ Natale!».

Girano i bambini cantando un girotondo,

fanno tanti auguri auguri a tutto il mondo”.

Qualcuna di noi doveva avere intesta questo popolare motivetto

quando, in un pomeriggio di fine no-vembre, ci siamo incontrate per rac-cogliere le proposte per l’Avvento,perché da qual girotondo di bambiniè scaturita l’idea che ha dato vita alPresepio di quest’anno. Un Presepioche, a guardarlo finito, nell’ingressodella Scuola perché tutti potesserofermarsi a godere e a stupirsi ancorauna volta del miracolo del Natale, eral’immagine stessa della gioia dei piùpiccoli che si preparavano ad acco-gliere Gesù Bambino.L’impianto era semplice: un giroton-do di sagome, realizzate “usando” ibambini più piccoli e poi colorate coni colori delle sezioni; una distesa divillaggi e boschi costruiti con i giochidi costruzione, mettendo insieme le“abilità” e i talenti di tutti, piccoli,mezzani e grandi; infine una grotta dicartoni colorati e assemblati. Un Pre-sepio umile forse, ma forte dell’ener-gia e dell’impegno di ogni bambinoche lo aveva realizzato.

Voci di casa nostra

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BERGAMO

SCUOLA DELL’INFANZIA“CATERINA CITTADINI”

GIROTONDODI NATALE

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Un Presepio, però, non dovrebbe soloessere un elemento decorativo, madovrebbe parlare anche a noi “grandi”perché possiamo portarci dentro unmessaggio che duri bene oltre il tem-po della festa. Volendo allora portarciappresso, anche ora che il Natale ètrascorso, alcuni significati del Prese-pio di quest’anno, dovremmo ricorda-re alcune immagini e parlare, innanzi-tutto, di colore: l’azzurro e il violadelle montagne, il verde e il rosso de-gli alberi, l’arcobaleno delle case edei fiori, i colori della creatività e del-l’immaginazione di cui i piccoli sono

così ricchi, ma anche i colori dell’a-micizia che ha unito grandi e piccininella realizzazione di ogni piccoloelemento. Ma il colore è soprattuttovita e Natale è la festa della vita, lafesta di ogni bimbo che viene al mon-do e che va accolto, amato e rispettatoperché immagine di quel Dio che si èfatto uomo nella notte di Betlemme diduemila anni fa.Le grandi scatole di cartone, che ibambini si sono divertiti a spennella-re e colorare, avevano i duri coloridella terra… verde, marrone, nero….ed erano l’ossatura della terra e dellagrotta che hanno accolto la Natività;ossatura illuminata, qua e là, da unapioggia di stelle argentate. E’ questoche avviene a Natale! Dio scommetteancora sull’uomo, anche sulle suefragilità, sul suo essere a volte troppoterreno, e cerca di trasformalo, di se-minare un po’ della sua Parola, dellasua legge d’amore, non però con unarivoluzione forte, prepotente o scon-volgente, ma lasciando che sia l’uo-mo a guardare ancora le stelle in cie-lo e a scegliere di avvicinarsi a Luiattraverso quel Bambino, che è insie-me cielo e terra.L’ultima immagine è quella dell’ab-braccio ideale dei bambini che sistringono attorno a Gesù che nascesulla paglia di una capanna. Quel gi-rotondo ci dice che dovremmo, forse,imparare da loro a essere veri uominidi pace, a non dare per scontato il si-gnificato di una stretta di mano, al dilà dei colori di appartenenza, perchépossiamo finalmente stringerci tuttilì, attorno ad una Mangiatoia dovegiace l’unico Bambino che ci rendefigli di un solo Padre. Vita, cielo, terra, un abbraccio uni-versale… solo così un semplice Pre-sepio dice ancora: “E’ Natale!”.

Le insegnanti

Come tradizione, la ScuolaPrimaria Paritaria “Caterina

Cittadini” di Bergamo, è solitacelebrare la ricorrenza del Nataleinsieme a tutte le famiglie, glialunni e le insegnanti, raccoglien-dosi nella Casa del Signore, perripercorrere gli straordinari eventilegati al momento in cui il Verbosi è fatto carne, in un’umile grottadi Betlemme.Nell’Anno della Fede, voluto dalSanto Padre Benedetto XVI nelcinquantesimo anniversario del-l’apertura del Concilio Ecumeni-co Vaticano II, la lettura della pre-ghiera del Papa dà inizio allafunzione e induce alla riflessione.Le Sue parole rappresentano uninvito, per tutti noi, a seguire l’e-sempio di Maria, per essere capa-ci di amare e diventare “sorgentedi acqua viva in mezzo a un mon-do assetato”.Quest’anno la Scuola ha organiz-zato una paraliturgia, frutto dellacollaborazione tra genitori, inse-gnanti e alunni. Sotto la guidaesperta dell’insegnante di musica,tutte le classi e il coro dell’Istitutohanno abilmente intonato canzoninatalizie, alternandosi con alcunigenitori che hanno messo in sce-na dei passi biblici relativi ad al-cune figure significative che han-

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Voci di casa nostra

SCUOLA PRIMARIA“CATERINA CITTADINI”

UN’OCCASIONEPER RISCOPRIRE

IL SENSODELLA FEDE

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no testimoniato una fede operosa: Abramo, padre deicredenti, Samuele, Michea e Maria.Nell’arido deserto della società del consumo e dellaglobalizzazione, laddove sembra che l’indifferenza ela prepotenza siano preponderanti, anche questa sem-plice rappresentazione può trasformarsi in un’occasio-ne per riscoprire il senso della fede, che è dono dacoltivare e testimoniare nella realtà frenetica della vitaquotidiana.E’ una gioia che si rinnova di anno in anno, la consa-pevolezza che il mettersi in gioco, unire le singole po-tenzialità e credere nella condivisione per il bene co-mune aiutino a crescere ed educare i nostri figli, chesaranno gli uomini di domani.

Salvatrice Gianninoto

In occasione delle festività natalizie, le famiglie con i ra-gazzi della Scuola “Maria Regina” si sono riunite in

preghiera presso la Chiesa parrocchiale di Loreto: mo-mento di riflessione per accogliere il Dio che viene nellanostra storia, che colma di speranza il nostro vivere quoti-diano e ci apre all’amore e alla fratellanza.Durante quest’Anno della Fede è stato più volte sottoli-neato quanto sia difficile lasciarsi guidare dalla FEDE ericonoscere come ogni avvenimento quotidiano sia illumi-nato dalla luce che vieneda Dio. Un susseguirsi divicende e situazioni cheaccogliamo come dono,ma che fatichiamo a rico-noscere quando veniamotravolti dalle prove dolo-rose della vita.Toccante il momento incui abbiamo riletto insie-me la poesia “LA FEDE”di Trilussa, in cui la vec-chietta cieca guida nellanotte un viandante che si è perso e che non crede possibileche una persona che non vede possa aiutarlo ad uscire dalbuio, ma lo sprona a camminare e a fidarsi di lei… era laFEDE! E’ questa la prova più grande di vivere la FEDEsenza riserve, senza giudicare, ma con l’adesione pienache questo comporta.Ecco allora la preghiera più grande: che la nostra FEDEsia gioiosa e dia pace al nostro Spirito così che possiamoriconoscerci beati nel possederla e nel testimoniarla.Durante la serata, come gesto di solidarietà, sono stati rac-colti prodotti per l’igiene personale e coperte da donare aDon Fausto Resmini che si dedica all’accoglienza degliemarginati e dei più poveri della città.Il materiale raccolto è stato diviso e consegnato da alcuniincaricati dell’Associazione “Caterina e Giuditta Cittadi-ni” Onlus alla “Comunità Don Milani” di Sorisole.

Monica Perani

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SCUOLA SECONDARIADI I° GRADO “MARIA REGINA”

DIO VIENE ANCORANELLA NOSTRA STORIA

DI OGGI

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Quest’anno il corteo storico dellaValle San Martino è iniziato

con la suggestiva immagine del volodell’angelo dall’alto del campanile,attirando a sé gli occhi curiosi ed in-creduli dei molti partecipanti alla tra-dizionale “Cavalcata dei Magi”,giunta alla sua diciassettesima edi-zione.Negli anni più lontani un piccolo cor-teo partiva dalla Scuola materna diCasale: i tre Magi, a cavallo, prece-duti da uno stuolo di angioletti e daun gruppetto di persone, percorrendola via Sant’Antonio, Piazza Regazzo-ni e via San Martino, si portavano al-la Chiesa parrocchiale, per pregare eoffrire doni nella giornata della SantaInfanzia.Il corteo quest’anno, favorito dal beltempo e da un numeroso afflusso dipersone, ha riscosso un bel successo

a giudicare dalla folla radunata nellepiazze e lungo le strade cittadine e ri-versatasi, poi, nella Chiesa già stra-colma.Grazie alla collaborazione e all’impe-gno di molte persone, e con l’attentaregia di Armando Angeli, il corteostorico è una rievocazione, ben com-paginata, della Storia della Salvezza.

Intorno alla scena della Natività con-vergono sia i grandi personaggi del-l’antico Testamento, sia i protagonistiprincipali della storia civile e religio-sa della Valle che, insieme a numero-si elementi di folklore, creano unaparticolare atmosfera in cui Mistero estoria s’incontrano in un’armonicasintesi: abili sbandieratori, deliziosadanza di ragazze e bambine, rulli ditamburo, agresti melodie di zampo-gnari, passi ritmati di soldati romani,sfarzo della corte di Erode, eleganzadei nobili, povertà dei santi, tra cuil’Eremita Giacomino del Lavello,San Girolamo di Somasca, il BeatoSerafino, la Beata Caterina Cittadinicon la sorella Giuditta e i cugini Sa-cerdoti, la grande e coraggiosa figuradell’Arciprete Don Achille Bolis.Accanto agli oltre trecento figurantisono sfilati asinelli, pecore, tra cuiuna simpatica pecorella nera che haattirato le attenzioni dei numerosibambini.In questo Anno della Fede, in cui noicristiani siamo sollecitati ad incarnarenella vita i Misteri della nostra sal-vezza, penso non sia sfuggito, ai par-tecipanti attenti, la bellezza di sentircitutti contemporanei di quel grandeevento d’amore con il quale il Padreha voluto raccogliere intorno a sé, nelsuo Figlio, le sue creature di ognitempo e di ogni luogo in un presentesalvifico, così ben espresso dall’E-vangelista Giovanni: “Il Verbo si èfatto carne ed abita in mezzo a noi”.

Suor Marta Pieralli

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CALOLZIOCORTE (LC)

SCUOLA PRIMARIA “CATERINA CITTADINI”

CORTEO STORICO 2013

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Tutti noi bambini della sezione Primavera, del CentroPrima infanzia e della Scuola dell’Infanzia “Caterina

Cittadini” di Casale, insieme alle insegnanti, vogliamoraccontare a tutti la nostra gioia attraverso la storia di unuomo “L’uomo che dorme accanto al fuoco” da “Unagrande gioia”, Ed. Paoline.Ismael è alla ricerca dei colpevoli di una cattiveria subita.Durante il suo cammino si unisce ad un gruppo di pastoriche stavano andando da Gesù, ma… strada facendo, il suoodio e la sua rabbia svaniscono lasciando lo spazio ad unagrande pace. La torcia che doveva servire per la vendetta,serve invece ad illuminare la strada ai pastori e a scaldareGesù il Salvatore.Nella storia di un uomo che vuole vendicarsi c’è la nostravita che incontra i poveri, i semplici, i pastori che vanno avedere il Bambino Gesù. E’ nello sguardo di Gesù che la solitudine si trasforma insperanza.E’ l’incontro con l’Emmanuele che l’egoismo si trasformain altruismo.E’ai piedi del Bambino Gesù che le armi si trasformano instrumenti di pace.E’ nel presepio che il fuoco diventa fiaccola della fede.

I bambini della Scuola

Il Percorso d’Avvento - La Comunità educante del-la Scuola “Gritti” di Carbonia ha vissuto il Natale

dell’Anno della Fede con un intenso periodo di prepa-razione.Tutti gli alunni, dai più piccoli della Scuola dell’In-fanzia a quelli della Secondaria di 1° grado, si sonodati appuntamento, come ogni anno, per pregare eascoltare la Parola di Dio animata in modo simpaticoe coinvolgente da docenti laici, Suore e alunni.Ha fatto da guida a questo percorso una “Candela par-lante” che invitava a riflettere per vivere fondamental-mente alcuni valori necessari per “far nascere Gesùnel proprio cuore”.Guardare, ascoltare, scegliere, accogliere sono statigli ingredienti che hanno stimolato tutti a crescere nellafede e a preparare il cuore alla venuta di Gesù. E così,la grande Famiglia scolastica “Gritti”, in spirito di pre-ghiera condivisa e in un clima di fraternità gioiosa, hacercato di accogliere Gesù, il Messia di tutti i tempi.

La celebrazione Eucarestia - Il 18 dicembre tutta laComunità scolastica si è data ancora appuntamentointorno all’altare per concludere il cammino di prepa-razione al Natale.

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CASALE DI CALOLZIOCORTE (LC)

SCUOLA DELL’INFANZIA“CATERINA CITTADINI”

ABBIAMOUNA GRANDE GIOIA:

GESÙ NASCE ANCORAPER NOI

CARBONIA (CI)

SCUOLA PRIMARIAE SECONDARIA DI I° GRADO

“CAMILLA GRITTI”

NATALE DI SPERANZA

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Abbiamo cantato e pregato insiemecon grande gioia, perché Gesù hascelto di venire ad abitare ancora tranoi come ha fatto in quel lontano Na-tale a Betlemme.La festa è stata davvero più bella per-ché, alla fede innocente dei bambini,si è aggiunta quella dei genitori chesempre più desiderano condividerecon i loro figli la fede in Gesù Cristo,Vita che salva.Al momento dell’offertorio i più pic-coli hanno portato all’altare i donieucaristici con la vivacità che li con-traddistingue, mentre quelli dellaScuola primaria e secondaria, congrande fede, hanno dato voce alle at-tese, fatiche, sofferenze e speranze diquesta nostra società con invocazionial Dio della pace, perché venga e sal-vi con il Suo amore tutta l’umanitàche soffre e attende.Al termine della Santa Messa, la con-segna ad ogni alunno di un cero colo-rato che recava il seguente messaggio:“Santo Natale nell’Anno della Fe-de… Credo in Gesù Cristo… Fida-ti!... Dio è con noi! Auguri a te e Fa-miglia”, è stata accompagnata dalcanto di una dolce Ninna nanna in lin-gua sarda “Drommi su pizzinnu” (Dor-me il piccolino) che ha riempito di vi-vaci ed innocenti note l’animo di tutti.

La coreografia natalizia di augurioper le famiglie è stata la festa con-clusiva diventata ormai un momentoparticolarmente atteso sia dagli alun-ni che dai genitori. I più piccoli dellaScuola dell’Infanzia insieme a quellipiù grandi, hanno messo in scena ilmistero del Natale in un simpatico esignificativo clima di gioiosa frater-nità che ha visto la positiva collabo-razione non solo tra i docenti dei trelivelli di scuola, ma anche gli stessialunni tra loro; questa simpatica egradita attività li ha fatti avvicinare

tra loro in uno spirito di vera amici-zia facendo assumere a tutta la Co-munità educante il volto di una viva-ce famiglia.La nascita del Salvatore è stata pro-posta all’inizio dello spettacolo a cuihanno fatto seguito le altre scene chedescrivevano le fasi più significativedella storia sarda, accompagnate dalracconto di Gianluca Medas, artista ecantastorie sardo che, con il suo ta-lento narrativo, si è proposto di farconoscere i valori della cultura mille-naria della nostra Isola.La prima scena metteva al centro unpastorello sardo che, tra tutti gli altriche andavano ad adorare Gesù, è sfi-duciato per la situazione di grandecrisi che, da sempre, vive la sua gen-

te, ma osa chiedere di poter parlare alBambino Gesù per sapere quando sipotranno vedere tempi migliori. Gliracconta, così, la storia del suo popo-lo, perché i Sardi hanno conosciuto,lungo i secoli, un alternarsi di vicen-de tristi e terribili e, quindi, di inva-sori che li hanno sopraffatti, violenta-ti, spogliati, impoveriti sempre di più,costringendoli, come ancora oggisuccede, ad emigrare.Alla fine di tutta la storia a quel pasto-rello sardo, Gesù dà una sola risposta:“LIBERARE LA SPERANZA!”.A Lui bisogna guardare. La speranzaha un solo nome: Gesù! E’ solo lui ilSalvatore del mondo!

Il Presepe della Scuola - Al centro

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Voci di casa nostra

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dello sfondo rossodel Presepe dellaScuola “Gritti”troneggia unagrande croce dallecui braccia pendo-no i due piatti diuna bilancia suciascuno dei qualisono poste le sta-tue di Maria e diGiuseppe che con-templano il Bam-bino Gesù adagia-

to alla base della croce. Questooriginalissimo Presepe ideatoda Duilio Ennas, un nostro do-cente, vuole augurare a tutte lefamiglie, che portano la croce didure prove e crisi di ogni gene-re, di saper mettere al centrodella loro storia, dei loro pro-blemi di lavoro e di salute, lafede in Gesù, Salvatore dell’uo-mo: è solo Lui la risposta chehanno saputo dare Maria e Giu-seppe, sposi di Nazareth, nel ri-spettoso gioco di equilibrio del-la mente e del cuore, calibratodal dialogo aperto e sincero, dalsilenzio e dalla paziente attesa,dalla reciproca comprensione e,soprattutto, dalla fede nel miste-ro di quel Dio Bambino che hadato senso a tutta la sofferenzadell’umanità.La Famiglia di Nazareth ci dàquesto insegnamento: trovarenell’accoglienza del disegno delPadre che dona il Suo Figlio aciascuno di noi, mistero incom-prensibile d’Amore, la Speranzache l’amore quotidiano, costrui-to ogni giorno con piccole esemplici azioni, può essereequilibrio di una vita pienamen-te vissuta e donata.

Suor Eraldina Cacciarru

Per ogni genitore il proprio figlio èsicuramente il miglior attore pro-

tagonista che si possa esibire su unpalcoscenico. Ma ciò che i nostri pic-coli artisti, mezzani e grandi, dellaScuola dell’Infanzia “Sorelle Cittadi-ni” di Curno hanno saputo rappresen-tare lo scorso 17 dicembre nello spet-tacolo dedicato al Santo Natale, èstato davvero importante.Una serata piacevole ed emozionantecome sempre, guidata amorevolmen-te dalle maestre e dalla Direttrice,che hanno saputo offrire un’esibizio-ne degna di teatri ben più blasonati.Come ovvio, il mio giudizio è di par-te. Forte era l’emozione dei piccoliattori in erba e di un inappuntabilecoro, ma essi sono riusciti ugualmen-te, e con grande maestria, a superarlamettendo in pratica gli insegnamentiricevuti durante le, immagino, fatico-sissime, ma divertentissime prove!Da tutti gli angoli del mondo, dalle

Americhe all’Africa nera, tutti attentie volenterosi nell’aiutare il piccoloGesù. Un susseguirsi di idee, canzonie spunti per correre ad offrire metafo-ricamente aiuto a coloro che, più dinoi, sentono il peso di un futuro diffi-cile. I bambini inconsciamente hannolanciato un messaggio di solidarietà edi amore molto forte. Terminata l’esi-bizione, l’applauso del pubblico èstato immediato. I nostri bambini so-no riusciti ancora una volta a trasmet-terci forti emozioni, unitamente allasperanza di costruire insieme a loroun mondo migliore: il più bello pos-sibile.Tutto questo grazie anche ad un ar-monioso lavoro di squadra creatositra corpo docente e genitori, coordi-nato come sempre da un’efficientissi-ma Direttrice.

Chiara Bertulettiuna mamma

Voci di casa nostra

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CURNO (BG)

SCUOLA DELL’INFANZIA “SORELLE CITTADINI”

COSTRUIAMO UN MONDO MIGLIORE

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Lo scorso 17 dicembre è statomesso in scena uno spettacolo di

Natale dal titolo “Una casa per Gesù”animato dai bambini della Scuolamaterna “Sorelle Cittadini” di Curno.Un forte terremoto ha distrutto la ca-panna di Gesù. La notizia si diffondevelocemente in tutto il mondo e tutti ipopoli dei cinque continenti si metto-no all’opera per ricostruirla. Gesù,venuto al mondo, trova tutti gli uomi-ni uniti perché la “casa” più bella è ilcuore di ognuno di noi che lo acco-glie con immensa gioia.L’attesa di noi genitori è stata subitosuperata dall’emozione nel vedere inostri bambini recitare e cantare. Inostri cuori si sono riempiti di unagioia immensa ricca di lacrime, sorri-si e applausi.Grazie Suor Terry e grazie alle inse-gnanti per averci regalato questo ma-gico momento!

Marinella Bolisuna mamma

“Tanto tempo fa, su una col-lina si ergevano tre alberi.

In primavera, le loro radici sidissetavano con le fresche goccedi pioggia che filtravano nel ter-reno. In estate, dispiegavano leloro foglie al sole. In autunno, iventi forti scompigliavano i lororami. In inverno, riposavanosotto una scintillante coltre dineve.Un notte, sotto un gelido cieloilluminato di stelle, ognuno diessi diede voce ai propri desi-deri.- Il mio - disse il primo albero -è un sogno di ricchezza. Vorreidiventare un bellissimo scrigno,dove sia conservato il più splen-dido tesoro.- Il mio - disse il secondo - è unsogno di potere. Vorrei diventa-re un fiero veliero, sul quale un

potentissimo re attraverserà tutti isuoi possedimenti.Il terzo albero sospirò al vento: Iovoglio rimanere qui - disse serena-mente - sulla collina e slanciare imiei rami verso il cielo.Trascorsero molti anni e i tre albericrebbero alti e vigorosi.Un giorno tre boscaioli risalirono lacollina; ognuno portava con sé un’a-scia.- Io sono pronto per la ricchezza -disse il primo albero cadendo.- Io mi inchino di fronte al re - disseil secondo.Il terzo albero invece versò le sue de-licate foglie come lacrime.- Il mio sogno è infranto - gemettementre cadeva al suolo.Un falegname prese il tronco del pri-mo albero, lo segò in tante assi e leunì l’una all’altra. Fabbricò una cas-sa che, però, non era uno scrigno,

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Voci di casa nostra

MOZZO (BG)

SCUOLA DELL’INFANZIA “SAN GIOVANNI BATTISTA”

CAMMINO DI AVVENTO E DI NATALE

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ma una solida mangiatoia che un locandiere si portò viasu di un carro. Ogni sera la riempiva di fieno per gli stan-chi animali che avevano condotto i viandanti fino alla suastalla. - Una vita così umile - sospirava l’albero - Un luo-go così povero e inadeguato.Una notte il locandiere fece scostare gli animali nellastalla per fare posto a un uomo e una donna, che avevanobisogno di un riparo. Mani gentili posero fieno fresco epulito nella mangiatoia dove, poi, vi fu adagiato un neo-nato. Improvvisamente il primo albero seppe che stava cu-stodendo il più grande tesoro che il mondo avesse mai vi-sto…”.

Sulla base di questa semplice, ma significativa storia cheha guidato i nostri bambini nel cammino d’Avvento diquest’anno scolastico, noi insegnanti abbiamo costruito unpercorso di quattro settimane per avvicinare i bambini alvero significato del Natale.Mediatori di questo obiettivo sono stati alcuni simboliconcreti che guidavano i bambini nell’impegno della setti-mana, in particolare:1. La Campana. Siamo chiamati ad iniziare il cammino

che ci porterà verso Gesù nostra luce2. Maria in preghiera. Con Maria attendiamo in pre-

ghiera l’imminente arrivo di Gesù3. Il Dono. Seguendo l’esempio di Santa Lucia portiamo

con gioia un nostro dono a chi mai ne riceve4. La Luce. Gesù, nostra luce, è in mezzo a noi.

Ogni lunedì ci ritrovavamo in salone dove era stato prece-dentemente allestito un telo blu.Dopo la lettura della storia e un momento di preghiera, ibambini venivano guidati a scoprire simbolo e impegnodella settimana attraverso la costruzione di un puzzle che,

a fine percorso, si è rivelato loro una Stella cometa.A conclusione della lettura evangelica della nascita di Ge-sù, ogni bambino è stato invitato a portare da casa unastellina costruita con mamma e papà e ad incollarla vicinoalla grande luce della Stella cometa: un cielo stellato hacosì concluso il nostro viaggio con Gesù, nostra Luce inmezzo a noi.Abbiamo, poi, terminato il nostro cammino animando,con i canti preparati da bambini e genitori, la Celebrazio-ne eucaristica natalizia che si è svolta nella nostra Parroc-chia con grande partecipazione di genitori, nonni, zii, fra-telli ed amici; a tutti abbiamo lanciato il nostro messaggiodi pace perché insieme possiamo custodire nel nostro cuo-re il più grande tesoro che il mondo abbia mai avuto: Gesùnato in mezzo a noi.

Le insegnanti

Il mese di Dicembre ha sempre un sapore particolarequando è vissuto con i bambini.

Luci, colori, dolci melodie fanno da sfondo al nostrocammino educativo, ricco di significati affettivo/emotivi:il senso dell’attesa e poi la gioia per la nascita di Gesù,un Bambino speciale venuto al mondo per salvarci.Tutto è cominciato in una fredda mattinata di inizioNovembre quando un simpatico folletto è giunto allanostra Scuola con un prezioso baule contenente tantiregali: un presepio, decorazioni, palline colorate peraddobbare l’albero, un vestito da angelo, canti natalizie il testo di una recita.Ci annuncia che presto sarà Natale e ci invita a viverecon semplicità il tempo dell’Avvento.Promettiamo che ci impegneremo ad essere generosi,attraverso gesti di solidarietà concreta (raccolta di cibo,giochi e materiale didattico) e, come Maria, imparere-

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PONTE SAN PIETRO (BG)

SCUOLA DELL’INFANZIA“PRINCIPESSA MARGHERITA”

NATALE IN TERRA,IN CIELO E IN MARE

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mo a dire di sì in modo gratuito, vo-lendoci bene e aiutandoci l’un l’altro.Questo è stato l’inizio di un camminostimolante che ha avuto il suo culmi-ne Sabato 15 Dicembre presso il tea-tro dell’Oratorio con la drammatizza-zione “NATALE IN TERRA, INCIELO E IN MARE”. Apre la giornata di festa il PresidenteGianluigi Corna con i saluti e i rin-graziamenti, seguito poi dal sindacoValerio Baraldi, dal VicesindacoMarzio Zirafa, dagli Assessori Mat-teo Macoli e Valentino Fiore, da SuorDomiziana e Don Andrea che augu-rano ai presenti un felice Natale.I nostri “piccoli attori” hanno, poi,regalato ai genitori delle bellissimeemozioni… e non è certo mancatoil “bello della diretta” e qualche

colpo di scena.La nascita di Gesù, Luce delmondo, è stata festeggiata conmusiche, canti e danze sullaTERRA (danza del fuoco e dan-za degli gnomi), in CIELO (dan-za del vento e delle stelle) e an-che nel MARE (danza dei pescie danza dei pirati).A conclusione della festa gli au-guri in inglese dei “nostri gran-doni”, il canto, la poesia e… a,sorpresa, la canzone “Jingle bellrock” di tutto lo staff della Scuo-la… con l’augurio che la sempli-cità, la gioia di questa giornatapossano riscaldare il cuore di tut-ti… BUON NATALE!!!

Stefania Bonaticoordinatrice e insegnante

Tre illustri viaggiatori in camminodall’Oriente, al seguito di una

stella.Una piccola città della Giudea chia-mata Betlemme.Una mamma, un babbo e un Bambi-no nato in una capanna.Sono i personaggi di una storia dav-vero molto conosciuta… Ma non tuttisanno che, tra gli abitanti di quellacittà, accorsi alla culla del Neonatoper portare panni, cibo e il confortodell’accoglienza, c’è qualcuno chenon vuole unirsi agli altri, né per of-frire un dono, né per testimoniare lapropria solidarietà anche con la solapresenza. È una vecchina chiusa inse stessa e indurita dagli anni. A nullaserve l’invito dei Magi e degli altriabitanti.

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Voci di casa nostra

PORTOSCUSO (CA)

SCUOLA DELL’INFANZIA“SAN VINCENZO”

NATALE:CRESCERE

NELLA FEDECHE SI FA STORIA

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Quando anche lei alla fine capisceche quel Bambino è davvero specia-le, il Principe della Pace che tuttistanno aspettando, la sua disperazio-ne è grande e sincera: per questo ot-tiene di riscattarsi, promettendo cheda quel momento in poi avrebbe da-to dei doni a tutti i bambini, la nottedell’Epifania, la festa dei Magi.Con questo nostro piccolo spettaco-lo teatrale e musicale abbiamo vo-luto raccontare la leggenda dellaBefana, che lega un personaggiodella tradizione popolare italiana al-la storia del primo Natale e all’arri-vo dei Magi. Una piccola storia,che pone l’accento sui valori del-l’accoglienza, della cooperazione edell’aiuto reciproco e che evidenziacome il Natale sia la grande Festadella Fede, dell’amore e della soli-darietà.

La Comunità educante

Chi mi conosce sa che non sonotagliata per le cerimonie uffi-

ciali e per le formalità, ma quest’an-no spetta a me offrire gli Auguri anome dell’Istituto e dei componentidel Consiglio. La verità è che il Na-tale, visto con gli occhi degli adultie ascoltato dalla voce di un adulto,non sa poi tanto di Vero Natale.Io non so dare consigli su come siagiusto santificare il Natale, perchéquest’anno i problemi pratici sonotanti e sono di tutti e il sentimentonatalizio diviene un po’ diverso,quindi la cosa che mi viene in menteè: cerchiamo di inventare un Presepefatto di emozioni, in cui ritrovare unsenso all’umano mondo così in cercadi ricchezza materiale e così poverodi entusiasmi...Confido nella Stella cometa comeauspicio di splendori fatti di piccolescintille che accompagnino il corsodelle nostre vite...SONO TEMPI IN CUI NON SOPIÙ COS’E’ IL NATALE... MASO COSA NON È... e siccome SOCHE NON È STASI DELL’ANI-MO per quanto turbato sia, inven-terò così questo Natale...Se anche voi siete nelle stesse condi-zioni, provate a realizzare il PRE-SEPE DELLE EMOZIONI, for-se... zampogne, luci, pastori emassaie, animali e strumenti, grotte emuschio ci orneranno i sorrisi, ci da-ranno l’entusiasmo di ritrovare ilDivino che è in noi in modo diver-so e sereno, creando un pensiero a

girotondo che ci unisca serenamenteper affrontare il nostro quotidiano conuno spirito festivo perenne, dato dallagioia di un sentire semplice e univo-co che ci renda vicini e solidali nellamente e nel cuore.Auguri!

Anna CoppolinoPresidente del Consiglio d’Istituto

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LA PORTADELLA FEDE

Apri la porta a Gesù“Si sta sulla porta per aprire a Gesùche viene; sulla porta della casa, delcuore, della vita.La Porta della Fede ci apre alla vitain Cristo. La fede è la fiducia in Gesùche cammina con noi nella vita e noisiamo i suoi testimoni. L’impegno diogni credente è di renderlo presenteattraverso i gesti, le parole e i fatti”.Questa è la riflessione che i docenti,gli alunni e i genitori della Scuola“Caterina Cittadini” di Roma hannocondiviso durante il cammino di Av-vento.Ogni settimana, riuniti nell’andronedella scuola, con canti, letture del Van-gelo e preghiere, si sono accese gra-dualmente le quattro candele che han-no illuminato il percorso dipreparazione al Natale.

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ROMA

SCUOLA PRIMARIA “CATERINA CITTADINI”

L’ENTUSIASMODI RITROVARE IL DIVINO

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La simbologia di quattro “porte”: della luce, della pace, del-la gioia e dell’accoglienza, ha accompagnato gli impegni diogni settimana perché piccoli, ragazzi e adulti, potessero es-sere testimoni di luce, di pace, di gioia e di accoglienza.Per rendere sempre più concreto il cammino di apertura delproprio cuore a Cristo e ai fratelli, gli alunni di ogni classedi ciascun corso di studio hanno continuato a partecipare al-l’iniziativa di solidarietà: “Sostegno a distanza… per amareda vicino” versando il contributo richiesto dall’Associazio-ne CAMSOS a favore dei bambini e dei ragazzi dell’India,della Bolivia e delle Filippine.Inoltre, tutti i giorni di Avvento, sulla “tavola della condivi-sione” preparata all’entrata della scuola, è stato possibiledepositare qualche alimento a lunga conservazione per aiu-tare la mensa dei poveri gestita dalla Parrocchia delSS. Redentore in Valmelaina.

Per favorire il cammino di fede in famiglia, gli insegnantidella Scuola Primaria hanno organizzato una mostra di Pre-sepi costruiti a casa dai bambini insieme ai propri genitori.Sono giunti a Scuola circa 180 bellissimi Presepi, costruiticon materiali diversi e con tanta creatività, che sono statiesposti nella Scuola per tutto il periodo di Avvento, comesegno di tenera attesa del Santo Natale da parte di tutti.Il giorno 21 dicembre i Presepi sono stati ritirati da ciascunbambino per continuare, nella propria famiglia, l’attesa del

Signore Gesù. A tutti i partecipanti è stato consegnato un at-testato di partecipazione e di merito.Nel pomeriggio di martedì 18 dicembre, presso la Chiesa delSS. Redentore, tutti gli alunni della Scuola Primaria sonostati protagonisti del tradizionale: “Concerto di Natale”, peraugurare alle proprie famiglie i più teneri auguri di gioia e dipace attraverso la musica, il canto e semplici scenografie.Anche i bambini della Scuola dell’Infanzia hanno espressoil loro augurio natalizio ai propri genitori con una simpaticarappresentazione teatrale.Il 19 dicembre i ragazzi della Scuola Secondaria, dopo uncammino di preparazione al Natale coadiuvato dalla comu-nità di Sant’Egidio, hanno intrattenuto le proprie famigliecon musiche, canti, poesie e testi teatrali.Giovedì 20 dicembre, gli alunni, i docenti e i genitori del-l’intero Istituto scolastico si sono trovati insieme per cele-brare una Santa Messa in preparazione al Natale, precedutada una Veglia dal tema: “Questa è la nostra fede… nell’at-tesa della sua venuta!”.E’ stato un momento di preghiera suggestivo e raccolto cheha permesso ai partecipanti di riflettere sul grande dono del-la fede, luce per i credenti, guida nelle scelte di vita e neigesti quotidiani.La preghiera a Maria di Nazareth, animata da alcuni genito-ri, ha aiutato a comprendere che vivere la fede è consegnarela propria vita all’Invisibile presente: sorpresa di sentirsichiamati per nome, gioia di rispondere a Qualcuno che ciama di più. Credere è uscire dall’abitudine e aprirsi alla no-vità nella potenza dello Spirito Santo.

Suor Pierina Peroni

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QUESTIONE DI RELAZIONI

Festa fragile, quella del Natale, amata da tutti, ma espo-sta sempre più a malintesi e stravolgimenti, ridotta a op-

portunità consumistica tra le tante o banalizzata a fenomenoda stagione invernale, attesa per le vacanze, per gli innume-revoli doni a volte senza alcun significato, pronta ad esserearchiviata all’indomani dell’Epifania insieme ai buoni pro-positi che siamo decisi a rinnovare ogni anno.Pochi, ormai, nella frenesia della vita moderna, si fermano ariflettere sul senso profondo di questa festa: la nascita diGesù, suprema espressione d’Amore, quello materno di Ma-ria e quello di Dio verso tutta l’umanità trafitta dal doloredel peccato.

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Voci di casa nostra

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Il Natale, allora, dovrebbe essere momento di rinascita spiri-tuale, occasione per rinnovare con convinzione l’impegno diuna vita secondo l’esempio di Cristo, tanto più quest’Anno,proclamato dal Papa “Anno della fede”, durante il qualesiamo chiamati a prepararci ad una riflessione che possa da-re al tempo che ci sta dinanzi tutto il significato e la portatache merita.E’ con questo spirito che gli alunni della Scuola Secondaria“Caterina Cittadini” di Roma si sono preparati al Natale e,riflettendo sull’amore verso il prossimo, hanno scelto di vi-vere questa festa accogliendo nelle loro classi i volontaridella Comunità di Sant’Egidio che hanno proposto l’inizia-tiva “RISCALDA LA NOTTE,” con una raccolta straordi-naria di coperte per i senza tetto e presentato, con amorevo-le entusiasmo, tutte le iniziative che la Comunità ha avviatoper la preparazione del grande pranzo di Natale per tutti gli“amici poveri”.I ragazzi hanno accolto con gioia l’iniziativa, consapevoliche gli impegni assunti non dovranno essere dimenticati agennaio, ma accompagneranno il loro cammino scolastico,magari richiedendo qualche piccolo, personale sacrificioche li porterà alla consapevolezza di essere diventati parte-cipi e responsabili della vita di qualche “compagno”.Anche in occasione della consueta Messa natalizia, i ragazzihanno voluto sottolineare l’importanza di gesti concreti

d’amore partecipando attivamente alla Celebrazione eucari-stica con canti e brani musicali suonati da loro.Il pomeriggio del 19 Dicembre la magica atmosfera del Na-tale è stata ulteriormente vissuta nell’incontro organizzatoper tutte le famiglie durante il quale i ragazzi, alternandopoesie, musiche, testi teatrali, si sono resi protagonisti dellaserata, creando un clima di incontro, gioia, armonia, com-mozione, condiviso da tutti: alunni, ex alunni, insegnanti,genitori e nonni.Ancora una volta il vivo desiderio di stare insieme ci ha per-messo di riscoprire il grande valore delle relazioni e ci ha ri-cordato che la vera alleanza educativa si nutre di questi mo-menti di condivisione e di semplici, ma significative,espressioni d’amore.

Tiziana Di MarioProfessoressa

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SCUOLA DELL’INFANZIA“CATERINA CITTADINI”

“Che trepidazione… l’attesa della festa!

Com’è bello prepararla e prepararsi ad essapensando ad ogni minimo particolare…e che gioia quando arriva!Se, poi, il dono in arrivo è Dio che si fa Bambino,tutto il mondo ammutolisce per lo stuporeed è invaso da questo grande Amore”.

Ibambini della Scuola dell’Infanzia, per far rivivere imomenti più suggestivi della nascita di Gesù sono di-

ventati protagonisti di un “simpatico Presepio”… reso an-cor più gioioso con musica canti e poesie.

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Come ogni anno, con i bambini ei genitori abbiamo festeggiato il

Santo Natale, evento che, come nes-sun’altro, tocca da vicino il cuore diciascuno di noi.La nascita di Gesù è per ogni uomouna nuova creazione, è la luce che il-lumina le tenebre, è la gioia che scac-cia la tristezza.Nell’ “Anno della Fede” abbiamo ce-lebrato questo importante evento ri-trovandoci presso la Chiesa parroc-chiale per innalzare la nostrapreghiera a Gesù, uomo-Dio.Si è trattato di un incontro che preve-deva preghiere di invocazione a GesùBambino da parte dei genitori e deibambini, coinvolti anche nella dram-matizzazione e nel canto corale. Rife-rimento è stato naturalmente il Van-gelo, letto dal nostro Parroco donFrancesco.E’ stata, dunque, un’occasione per ri-vivere i momenti più belli di questo

evento, celebrato in tutto il mondo,per far festa insieme e per riscoprirenella nascita di Gesù il messaggiocristiano di salvezza e di pace univer-sale.Vogliamo lasciarvi con le parole dellapreghiera che ha concluso il nostroincontro, augurando a tutti tanta feli-cità.

“Gesù, tu sei nato deboleperché io non abbia mai paura di te .Sei nato povero perché io ti considerila mia unica ricchezza.Sei nato piccolo perché io non cerchidi dominare gli altri.Sei nato in una grotta perchéogni uomo sia libero di incontrarti.Sei nato nella semplicità perchéio smetta di essere complicato.Sei nato per amore perchéio non dubiti mai del tuo AMORE”.

Le insegnanti

“L’Anno della fede sarà ancheun’occasione propizia per in-

tensificare la testimonianza dellacarità”(Benedetto XVI, Porta Fidei, 14).

Dicembre è, per eccellenza, ilmese ricco di solidarietà, di gioia,di giorni di festa, momenti signi-ficativi per i bambini nei qualisperimentano, soprattutto, la bel-lezza del ricevere i doni, ma an-che occasione per far vivere lorola gioia del donare agli altri.Ecco perché abbiamo pensato discrivere insieme ai bambini unalettera a Santa Lucia, che non fos-se una “lista di doni”, ma una ri-chiesta d’aiuto: “Come fare adaiutare i bambini più bisognosi dinoi?”.La lettera è stata consegnata all’a-sinello di Santa Lucia certi chel’avrebbe portata a destinazione.E così è stato...

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Voci di casa nostra

SUELLO (LC)

SCUOLA DELL’INFANZIA “SANTA MARIA GORETTI”

OGGI NASCE GESÙ

VILLASOLA (BG)

SCUOLA DELL’INFANZIA“AI CADUTI”

LA GIOIADEL DONO

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Ecco la risposta di Santa Lucia:

“Carissimo/ala letterina che hai scritto con i tuoiamici, con le insegnanti e con le Suo-re della tua Scuola dell’Infanzia mi èpiaciuta molto. Leggendola ho pen-sato: “Finalmente una letterina sen-za tante richieste e con un pensieroper i bambini più poveri!”.Sai come puoi aiutarli? Ho portato indono a te ed a ciascuno bambino del-la Scuola, un piccolo salvadanaio e,siccome so che sei stato/a bravo/a, tido un suggerimento: durante le va-canze di Natale metti qualche tuopiccolo “risparmio” nel salvadanaioe poi riportalo a scuola. I soldiniraccolti li invieremo ad una Suorabergamasca che vive nelle Filippineper aiutare i bambini più poveri.Grazie per la tua generosità e il tuoaiuto. Un grosso bacio”.

Santa Lucia

Questa è la letterina che Santa Luciaha scritto ai nostri bambini con unpreciso impegno: pensare ed aiutare ibambini più bisognosi delle Filippi-ne. E l’impegno è stato mantenuto!!!Al rientro a Scuola, dopo le Feste diNatale, ogni bambino ha riportato ilproprio salvadanaio con i risparmi ra-cimolati durante le vacanze.Il 13 dicembre, nella sala giochi, ave-vamo trovato, come dono di Santa

Lucia, oltre ai giocattoli e alle cara-melle, un salvadanaio per ogni bam-bino a forma di fattoria (tema dellanostra Progettazione annuale) e unsalvadanaio più grande a disposizio-ne di chi avesse voluto continuare lagioia del dono per i bambini delle Fi-lippine fino alla fine dell’anno scola-stico.La gioia ci ha accompagnati duranteil periodo di Avvento fino ad arrivarealla capanna di Betlemme dove ab-biamo trovato il Dono per eccellen-za! Insieme abbiamo “vissuto”, pa-rallelamente, la gioia dell’annunciodi ogni mamma per l’attesa del pro-prio figlio e l’annuncio dell’Angelo aMaria, il valore dell’attesa dei geni-tori e l’attesa di Gesù da parte di Ma-ria e di Giuseppe, la bellezza del pro-prio nome e l’Angelo che comunicail nome di Gesù a Maria, la gioia perla nascita di ogni bambino e la nasci-ta di Gesù, la felicità di apparteneread una famiglia e la famiglia di Ge-sù: percorso rappresentato dai bam-bini durante la Festa di Natale con lapresenza di tutte le famiglie dellaScuola.

Papa Benedetto XVI ha “… ricorda-to l’esigenza di riscoprire il camminodella fede per mettere in luce, consempre maggiore evidenza, la gioiaed il rinnovato entusiasmo dell’in-contro con Cristo” (Porta Fidei, 2).

Con i genitori, durante il periodo diAvvento, abbiamo iniziato questocammino di riflessione e di preghieraper ripensare la nostra fede, in chicrediamo come Unico Dio della no-stra vita. L’abbiamo fatto attraversola figura di quattro Profeti: Sofonia,Isaia, Giovanni Battista e Michea, iquali ci insegnano l’importanza diascoltare: ognuno può sentire la vocedi Dio nel silenzio del proprio cuore.Ma c’è un motivo, ancora più grandee misterioso: essi annunciano la ve-nuta del Messia, il Figlio di Dio chemantiene la promessa di non lasciarcipiù soli. Siamo andati alla ricerca di un DioBambino, di una Parola che ci rassi-curi, di una Presenza che ci ami.Abbiamo tentato di fare spazio a que-sta Parola-Bambino che chiede di es-sere accolta e custodita, adorata e con-templata, ascoltata ed amata nella suapiccolezza e debolezza. L’abbiamofatto seguendo il percorso dei Magi,coloro che per primi affrontarono ilcaldo e le fatiche di un viaggio per in-contrare l’Emmanuele. Quello che ab-biamo compiuto è stato un viaggio,così come un viaggio è la nostra vitaed il nostro cammino di fede.Ciò che conta è tenere viva la do-manda: “Dove è il re dei Giudei cheè nato?” e tenere vivo il desiderio divederlo faccia a faccia.

Le Suore e le insegnanti

Voci di casa nostra

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Il 26 novembre u.s. è stato un giorno di grande gioia perla Delegazione indiana.

A Jyothi Nilaya abbiamo accolto con gioia Madre Maria eMadre Letizia, giunte dall’Italia in occasione dell’entratain Noviziato di otto Postulanti e della Prima professione diquattro Novizie.

I bambini della Scuola erano felicissimi per questa visitae, anche se era una giornata di sole molto caldo, non han-no esitato a fare un’accoglienza come si deve. Il saluto èstato molto gradito: parole di benvenuto, canti e una “doc-cia” di fiori, hanno accolto le Madri. E’ stato il giorno incui, in modo particolare, ci siamo sentite unite al Signore.La dinamicità dello spirito e questi giovani cuori hannoreso, infatti, il tutto molto “sprint”.Il giorno dopo subito in partenza per Nagercoil per far vi-sita alle Sorelle di quella Comunità, al Vescovo di Kottar eai Padri Somaschi, mentre il 29 novembre si è condivisolo spirito delle Fondatrici nella Comunità “Sant’AngelaMerici” in Mysore, dove Madre Maria ha incontrato lePostulanti che si stavano preparando all’entrata in Novi-ziato.

Il 30 novembre la Madre ha incontrato la Comunità e lebambine dell’Orfanotrofio in Kedamullore; straordinario èstato anche l’incontro di festa con gli alunni e gli inse-gnanti della scuola del villaggio.Il giorno 1 dicembre, a Kannur, le Sorelle della Comunità“Beata Caterina Cittadini” hanno gioito per la visita diMadre Maria e di Madre Letizia, tornate poi ancora aJyothi, dove il 3 dicembre le otto Postulanti hanno fatto illoro ingresso in Noviziato.Con la Madre abbiamo potuto condividere pensieri, emo-zioni e desideri ed esprimere la fedeltà al Carisma e allaConsacrazione religiosa. La visita alla Comunità “NirmalBhavan”, sede del Postulandato, ha reso prezioso il giornomartedì 4 dicembre.Il 7 dicembre altro giorno importante: vigilia della PrimaProfessione delle Novizie. L’incontro con la Madre è statomolto significativo perché insieme si è vista l’importanzadi costruire la propria “casa” sulla Parola di Dio prenden-do esempio dall’uomo saggio che costruisce la sua casasulla roccia, al contrario dell’uomo superficiale che la co-struisce sulla sabbia così che, al primo soffio di vento, su-bito crolla.Si è riflettuto, poi, sulla Formula di Consacrazione evi-denziando come la Trinità deve sostenere la nostra vita di

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Voci di casa nostra

MYSORE

COMUNITÀ “SANT’ANGELA MERICI”

CUORI UNITI AL SIGNORE

INDIA

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Consacrate a servizio della Chiesa e dell’Istituto nostro.Il 9 dicembre è stato un altro giorno importante per tutta laDelegazione indiana; Madre Maria, infatti, ha comunicatoil nome della nuova Delegata: Suor Rosy Polamarasetty insostituzione di Suor Alphonsa Karianattu che per dodicianni ha servito la Congregazione, la Delegazione e le So-relle in India con impegno serio e disinteressato. La sera,nella preghiera comunitaria, abbiamo anche ringraziato elodato il Signore per i dodici anni di servizio, altrettantodisinteressato e carico di bene, di Madre Letizia, ora Vica-ria generale, e per la disponibilità di Madre Maria e di

Suor Rosy a collaborare con il piano di Dio per il benedella Congregazione.Alla vigilia del loro rientro in Italia, c’erano in noi senti-menti di gioia e di tristezza. E’ stata una serata davveroemozionante perché ci siamo sentite alla presenza di Ma-dre Caterina e Madre Giuditta. Madre Maria e Madre Leti-zia hanno, infatti, salutato i bambini consigliando loro diamare Gesù e di obbedire alle Suore incaricate della loroformazione per poter essere un domani buoni cittadini perla famiglia e la società intera.

Madre Maria, salutando e rivolgendosi soprattutto alleNovizie e alle Suore neo-professe, ha raccomandato la sa-pienza del cuore come segreto per una vita buona: “Lanostra fedeltà a Dio si deve rinnovare tutti i giorni sull’e-sempio della Beata Vergine Maria, nostra Madre amoro-sa”. Ha puntato, soprattutto, sull’unità e sul senso di ap-partenenza all’Istituto, così che possiamo diventare vereApostole educatrici.

Suor Arogyamary Yagappa

Voci di casa nostra

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Il giorno 29 novembre la Comunità “Sant’Angela Merici”in NR Mohalla ha accolto sia Madre Maria che Madre

Letizia, con atteggiamento di vera riconoscenza e gratitudi-ne. Tutto il giorno esse sono state con noi giovani incon-trando, soprattutto, le Postulanti che si preparavano ad en-trare in Noviziato il 3 dicembre. Madre Maria, parlandoloro, ha esortato Suseela, Latha, Amala, Precilla, Rebekka,Suja, Punith e Roseline a pregare, ad essere ferme nella vo-cazione, a sviluppare l’atteggiamento di servizio e ad esseresempre caritatevoli verso tutti.Il tema scelto per il momento di preghiera dell’entrata inNoviziato è stato “Arricchisci la tua vita con i colori del-l’arcobaleno”. La Madre ha spiegato questo tema collega-to ai vari colori dell’arcobaleno e iniziando con una do-manda che ha suscitato una sorta di curiosità in ciascuna:“Qual è il colore di Dio?” Può essere il bianco, essendoLui il santo e il puro, mentre gli altri colori possono essereattribuiti alle diverse realtà della vita che incontriamo. In-fine Madre Maria ha presentato alle Postulanti il Crocifis-so e le Costituzioni.Come vuole la tradizione della nostra Congregazione, leNovizie hanno bussato alla porta del Noviziato dove ad at-tenderle con una ghirlanda di fiori, c’era Suor Arogya, lo-ro Maestra, per poi proseguire in Cappella dove ha fattoseguito un momento di intensa preghiera.Le altre Novizie hanno poi presentato una scenetta carica

di riflessione; utilizzando una matita, hanno offerto ilmessaggio di lasciarsi sempre utilizzare dall’Artista, Dio,per i suoi scopi...

Suor Rosa Devasi

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Voci di casa nostra

UN GIORNO DI FESTA PER GIOVANI CUORI

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ALLA SCOPERTADELL’AMORE

DI DIO

In questo giorno di gioia e di speranza, Signore, hai ar-ricchito i nostri cuori con i colori dell’arcobaleno e ora

essi traboccano di gratitudine e ti lodano.Oggi abbiamo scoperto il vero significato di questi coloriche simboleggiano la nostra vita; “Dio, infatti, ha una curaparticolare per ciascuna di noi”.Giorni d’oro sono stati quelli di preparazione all’entrata inNoviziato; giorni in cui il cielo è sempre stato azzurro, l’a-ria fresca, i fiori colorati e gli uccelli sembrava cantasserosolo per noi. Diciamo grazie a Dio che riconosciamo fontedi gioia e come Colui che dice: “Non voi avete scelto me,ma io ho scelto voi”. Oggi Dio ci ha chiamate, ci ha guar-date con amore e ci ha portate nelle sue mani. E’ il suoamore che ci ha dato un cuore e il coraggio di accettarequanto avviene ogni giorno. Ora siamo nelle Sue mani checi trasformano in Sua immagine. La vocazione è un donoe un’opportunità che abbiamo per svolgere il ruolo che civiene offerto da Dio. Siamo fermamente convinte che Co-lui che ci ha chiamate e si è messo a camminare con noi cisosterrà e ci darà la grazia di rimanere con Lui per sempre.

Le Novizie

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CHE COSA RENDERÒAL SIGNORE

PER LA SUA BONTÀ?

Il giorno 8 dicembre è stato un giorno di gioia, di festa edi benedizione per la nostra Famiglia religiosa, perché

le Novizie Selvia Leema, Kavitha, Sunitha e Jhansi, chia-mate ad “essere vere madri in Cristo”, hanno detto il loro“sì” alla chiamata di Dio.La Celebrazione ha avuto inizio con la processione delle

Novizie accompagnate dai loro genitori, dai testimoni,dalla Maestra delle Novizie Suor Arogyamary, dalla Ma-dre generale Suor Maria Saccomandi, da Padre AbramoMSFS e da altri dodici sacerdoti presenti.Nella sua Omelia il Padre, parlando della Vita religiosacome cammino di fede e di contemplazione del volto di

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Cristo, ci ha invitate ad imitare la Vergine Maria, la “piena di gra-zia”, per far dono anche ad altri di questa Grazia santa.Al termine dell’Eucaristia Madre Maria ha espresso una parola diringraziamento a tutta la Comunità.L’esserci riuniti nella nostra Chiesa, in questo giorno davverosplendido, ci aiuti ad essere sempre testimoni del Signore e diquanto compie in noi; in fondo, il compito primario delle nostre So-relle neo-professe è quello di essere Apostole educatrici e segno lu-minoso.

Suor Jasmine John

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Voci di casa nostra

PIENAMENTE UMANA,PIENAMENTE VIVA

Ho vissuto questo “viaggio”meraviglioso che mi haaiutata nel grande deside-rio di fare esperienza diDio e del suo amore.Il mio noviziato:

“Casadolce casa

luogo di nidificazioneluogo di nutrimentoluogo di amore e di cura”.Adesso ho cominciato a crescere e ad es-sere pienamente umana e pienamente vi-va. Paragono la mia Famiglia religiosaad un albero profondamente radicato nelcuore della Beata Madre Caterina e diGiuditta Cittadini e sono orgogliosa didire a tutti che l’amore di Dio mi ha in-vasa con la Sua presenza. Voglio vivereper “LUI SOLO” facendo sì che la miavita possa essere sempre dono. Quandopenso alle opere meravigliose che Dioha compiuto e sempre compie nellamia vita, ripeto con San Paolo che“Per me vivere è Cristo”. Oggi quel-lo che sono è dono di Dio per me, maciò che divento è dono mio a Dio edesprimo con piacere il mio profondodesiderio di donare la mia vita a Luiche mi ha chiamata dal nulla per di-ventare una “persona speciale” nellaSua vigna.La gioia mi trabocca dal cuore pen-sando al dono della vocazione. Lavita delle nostre Fondatrici mi haispirato a seguire Cristo con l’impe-gno a voler essere vera madre in Luisperimentando, attraverso le Sorelledella mia Comunità, il Suo amore di-vino. L’amore di Dio mi ha formato,infatti, per mano delle mie Formatrici;il loro amore, la loro guida e il loro so-stegno mi hanno aiutata a dire che io

appartengo a Lui e Lui appartiene a me.Suor Selvia Leema Mary

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PRESCELTA DALL’AMORE

Ringrazio con gratitudine il Signore Onnipotenteper avermi chiamata ad essere Sua per sempre.“Caro Signore, quando il tuo Amore ha creato ilmondo intero, avevi già pensato di creare anche mecon amore e per amore. Il Tuo amore è una protezioneche mi tiene sempre vicina al Tuo cuore. In cambio non honiente da offrirti se non la mia vita e oggi, dal profondo delmio essere, canto le mie lodi per avermi chiamata a esseretua in questa Famiglia religiosa che cammina sulle ormedella Beata Caterina e di Giuditta Cittadini”.Quando ho cominciato il mio cammino con Cristo, special-mente nel tempo del mio Noviziato, adagio adagio ho sco-perto i Suoi piani sperimentando personalmente le parole di

San Paolo: “Ti basta la mia grazia”, parole chesempre hanno rafforzato la ricchezza della Vitaconsacrata. Lui mi ha chiamata, si è fatto mia guidae compagno nelle diverse esperienze che mi han

fatto dire: “Sono figlia dell’Amore”. Oggi il miocuore trabocca e, con altrettanto amore e nuova forza,

faccio un passo in avanti. La barca della mia vita naviganel mare del mondo e, con tanta gratitudine, chiedo la bene-dizione di Dio su me e su tutti coloro che mi hanno sostenu-ta e guidata in questo mio viaggio. Desidero che l’interces-sione delle nostre Fondatrici e la grazia del Signore possanosempre aiutarmi a condividere l’amore e la gioia con tuttiper costruire un nuovo cielo ed essere una vera Madre e unavera Apostola educatrice.

Suor Kavitha Mary

DIO HA UNAPARTICOLARE CURA PER ME

Il mio cuore canta gratitudine all’Amoredella mia vita.“Dio ha una particolare cura di voi”:queste parole della Beata Caterina Citta-dini hanno rafforzato il mio vivo deside-

rio per le cose divine. Dio ha un pianoparticolare per ciascuno e l’ha avuto anche

per me; un piano carico di bontà e di amore eoggi sono felice di diventare figlia di Madre Caterina e diMadre Giuditta e di far parte della loro Famiglia.Ogni cuore anela ad avere un amico che può amare e capire;allo stesso modo anche il mio cuore, desiderava un amico

da trovare sempre perché fedele: e questo amico l’ho incon-trato durante il tempo del mio Noviziato e sono arrivata adirGli il mio “SI“ totale. Sono estremamente felice di senti-re il profumo del Suo amore, perché Lui sa sempre cosa siameglio per me. Pensa sempre in silenzio ed è per questo chelo amo e mi sento amata in ogni momento della mia vita.In questo giorno memorabile ringrazio tutti coloro che mihanno aiutata in questo cammino. Le diverse situazioni cheho sperimentato mi hanno fatto ritrovare una forza spiritualeche mi ha portata a capire sempre più il piano di Dio per me.Ora, carica della Sua forza, sono pronta a servire Lui equanti Lui vorrà mettermi accanto. Possa la mia vita essereun racconto che parla con parole e agisce con azioni sempli-ci che dicono sempre e solo il bello.

Suor Sunitha Bandi

UN TESORODI OTTIMO PREZZO

L’amore di Dio ha cominciato a scorrerenella mia vita fin dalla mia infanzia, dan-do la possibilità di germogliare al piccoloseme della vocazione. Il desiderio di seguireCristo è sempre stato forte e ora è arrivato a compimento:sono diventata figlia di Madre Caterina e di Madre Giuditta.Durante gli Esercizi spirituali ho sentito in cuore entusia-smo, ma anche un po’ di timore, che però il Signore mi haaiutato a superare arricchendomi con l’esperienza del Suo

amore, anche se mi sentivo indegna.Nei due anni di Noviziato, vissuti in stretto contatto conLui, ho capito quanto io sia preziosa e sono riuscita ad ab-bandonarmi nelle Sue mani e a sentirmi sempre più conten-ta della scelta fatta.Il cammino di formazione, vissuto tra correzioni di amore edi orientamento fraterno con le Formatrici e le Sorelle dellaComunità, mi ha portato a paragonarmi all’argilla che, nellemani del vasaio, è modellata fino a diventare un bel vaso daoffrire al mio Amore per riempirlo dei valori del Suo regno.Sono sicura che Dio sarà la mia guida e il mio vero tesoro.

Suor Jhansi Sggurthi

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Bolivi

Andrea ha un sorriso aperto, uno sguar-do vivace e la voglia di condividere lesue emozioni. Oggi ha trent’anni ed èstato adottato da una famiglia italiana asoli otto mesi.La scorsa estate, dopo un lungo percorsodi preparazione, un cammino che è dura-to tutta la vita (sembra dire) è tornatonella sua terra d’origine.Questa intervista è parte della sua storia.

Cominciamo dalla fine o dall’inizio?“Iniziamo dal viaggio, anzi ‘Il viaggio!’, dice Andrea.Ricordo perfettamente il giorno in cui ho prenotato il bi-glietto: era il 27 luglio dell’anno scorso. Quello è statouno dei primi momenti difficili e di grande emozione, lìdavanti al computer esitante prima di “cliccare” per con-fermare. Sapevo che sarebbe stata un’esperienza impe-gnativa da tanti punti di vista e, nonostante l’avessi pre-parata a lungo, quando stava diventando reale, è emersaun po’ di paura… Poi ad agosto sono partito, destinazioneLa Paz, Bolivia, dove sono nato”.

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Un viaggio “verso”

Andrea, un ragazzo boliviano,adottato dalla famiglia italiana De Gasperi quando egli aveva 8 mesi,risponde con grande emozione, ma anche con grande gioia,all’intervista di Elena D’Eredità dell’Istituto “La Casa” di Milano,riuscendo ad esprimere ciò che il suo animo ha sentitonel rivedere i luoghi della sua nascita.

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l iaLa prima cosa che ti ha colpito?“La bellezza del posto. Ho scoperto luoghi meravigliosi,ricchi di fascino, emozionanti. Ho scoperto che sono natoin un Paese che è anche bello! Il primo viaggio in Bolivialo avevo fatto a otto anni quando, insieme ai miei genito-ri, ero andato a ‘prendere’ mia sorella. Non era stataun’esperienza positiva. Avevo visto solo povertà e solitu-dine e mi dicevo: ‘Questo posto non ha niente a che farecon me’, non riuscivo ad accettare un legame con quellasituazione, non ero pronto. Per questo, anche se ognuno èdiverso, sconsiglierei un viaggio del genere troppo pre-sto”.

… E tu eri pronto?“Per me era diventata una necessità, sentivo il bisogno diriappropriarmi di un pezzo mancante. Anche in preceden-za avevo avuto il desiderio di conoscere, di sapere. Michiedevo: ‘Da chi avrò preso la forma degli occhi, il na-so’; ma è dovuto passare molto tempo perché accettassiche la mia vita avesse un’origine diversa rispetto a quellache conducevo a Milano, con la mia famiglia, gli amici.Adesso quel ‘buco’ non è più un buco nero. Il viaggio miha aiutato ad integrare le due appartenenze, a capire chesi tratta di una continuazione. Io dico: ‘Ho due mamme,una che mi ha messo al mondo e l’altra che mi ha cresciu-to’. In questa positiva presa di coscienza e in tutto il miopercorso di crescita sono stati fondamentali i miei genito-ri. Con loro ho sempre sentito di poter parlare liberamen-te e ottenere risposte sincere, anche quando ero più picco-lo e l’aspetto della differenza fisica era spesso al centrodelle domande dei compagni”.

Cosa hai provato in Bolivia?“Un’estrema naturalezza. Giravo per le strade, sui mezzipubblici, mi mischiavo alla gente, vedevo persone simili ame… mi sentivo a casa. Mi spingevo anche a parlare spa-gnolo, che in realtà non ho mai studiato. E’ stata una sen-sazione molto forte, bellissima. Così come quando sonoarrivato all’Hogar Virgen de Fatima, cioè l’Orfanotrofioda cui provengo. Fermo lì, davanti alla porta, prima dientrare ho provato paura e insieme felicità. Ho visto lestanze, i letti, le culle dei piccoli simili a quelli in cui do-vevo essere stato anch’io e poi ho visto loro, i bambini.Un’emozione grandissima e intensa. Mi sono rivisto in lo-

ro, ho sentito tutto il loro bisogno di un contatto fisico, leloro richieste ‘Mi porti a casa?’. Sono cose che non sipossono dimenticare, come quando mi hanno mostrato iregistri. Sapevo razionalmente che, a trent’anni di distan-za, sarebbe stato impossibile, ma un’esile speranza di tro-vare una traccia, un nome c’era. Non ho trovato nulla, maanche questa è un’emozione che porterò con me. Così co-me vedere i progetti che i miei genitori, come “Associa-zione Hogar”, hanno realizzato per sostenere le donne elimitare così l’abbandono dei bambini. Mi sono sentito or-goglioso di loro”.

Una volta tornato?“Rientrare nella vita di sempre, al lavoro non è stato faci-le. Per alcuni mesi mi sono sentito disorientato. Poi horiacquistato serenità e ho capito che potevo trovare un po-sto dentro i miei pensieri nel quale coltivare il ricordo e ilsenso di appartenenza. Là sono nato, ma qui sono cre-sciuto, ho studiato, sviluppato le mie potenzialità, qui so-no diventato quello che sono oggi. Dopo qualche tempoho pensato di farmi fare un tatuaggio con le coordinategeografiche del mio hogar. Prima mi spaventava l’ideache il tatuaggio fosse indelebile, ma poi mi son detto:‘Queste coordinate rappresentano me, sono io, cosa c’è dipiù indelebile?’ e così mi sono deciso”.

Come vedi il tuo futuro?“Tornerò in Bolivia sicuramente, anche se non so ancoraquando e poi, quando immagino il futuro, penso alla pa-ternità, al desiderio di un figlio mio e non escludo del tut-to l’idea di un’adozione, come facevo categoricamenteprima del viaggio.Noi ragazzi adottati abbiamo ricevuto qualcosa di spe-ciale e non possiamo che restituirlo agli altri.Almeno questo è quello che sento io”.

Elena D’Eredità

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le origini

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“Caterina Cittadini”F O N D A Z I O N E

ONLUS

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Anche nel 2013 è possibile destinare il 5‰a “Fondazione Caterina Cittadini” ONLUSsegnalando il Codice Fiscale 95121540165Ricorda che, essendo ONLUS la Fondazione, puoi detrarre la donazionedalle imposte per le persone fisiche ai sensi dellart. 13-bis del DPR 917/86e per i redditi dimpresa ai sensi dellart. 65 dello stesso DPR.

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è preziosa: è una goccia nel mare,

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La Fondazione, in sintonia con gli obiettivi educativi dello Statuto,si impegna a promuovere la crescita integrale dei minori, a combattere il disagio femminile, a sostenere attività

organizzate in vista del miglioramento delle condizioni di vita nei territori di missione Ad Gentes dellIstituto.Assume, in particolare, le seguenti iniziative:

costruzione in terra di missione di strutture rispondenti al Carisma educativo dellIstituto;adozioni a distanza; interventi di solidarietà sociale; microrealizzazioni.

Già in atto da una quindicina di anni, l'iniziativa,estesa alla Bolivia, al Brasile, all'India,alle Filippine, allIndonesia dove operanole Suore Orsoline di Somasca, prevede l'assistenzaa bimbi indigenti, sia a livello sanitario che scolastico.

Vuoi amare e aiutare un bambinoa crescere?Vuoi sentirti padre o madredi chi non ce lha?

Gli adottati sono tutti conosciuti e assistiti dalleSuore che, periodicamente, ne danno notizia.Ad ogni richiedente viene inviata una schedacon la foto del bimbo/a adottato/a e brevi noti-

zie sulla situazione familiare; è richiestoun impegno almeno quinquennale

per dare all'adottato la possibilitàdella frequenza scolastica dibase.È chiesta pure la disponibilità

per la sostituzionedell'adottato qua-

lora questi nonfosse più re-peribile o nonavesse più ne-

cessità di aiuto.

Sono previsti versa-menti:- annuali (euro 230,00)- mensili (euro 20,00).

Vuoi offrire il tuo contributoalla Fondazione a sostegno

della “carità educativa”di Madre Caterina?Un fondo, alimentato da of-ferte libere, è destinato:

• a iniziative di solidarietàsociale a favore di perso-ne minorenni e maggio-renni svantaggiate;

• a microrealizzazio-ni (fornitura di medici-nali, di alimenti, di ma-teriale scolastico ecc.).A

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Libri in vetrinaa cura di Maria Marrese

Questo libro racconta la storia di Domitilla Rota,nata ad Albenza, piccola frazione di Almenno SanBartolomeo, nel 1918; nel 1945 incontra DanieleHymans, prigioniero sudafricano fuggito dal Cam-po di concentramento della Grumellina di Bergamoe accolto dai genitori di Domitilla. I due si sposanoe, dopo la guerra, si trasferiscono in Sudafrica. Quiinizia la loro eccezionale esperienza di vita con lacreazione di Little Eden, il Piccolo Paradiso desti-nato ad accogliere bambini e adulti gravementehandicappati.L’autrice, attraverso le testimonianze dei familiari edelle persone che l’hanno conosciuta e amata, rie-sce ad elaborare un ritratto completo, personale edautentico di Domitilla che, scomparsa nel 2011, èraggiunta in cielo l’anno successivo dal marito Da-niele: l’eredità che ella ha lasciato è di portata im-mensa. Con Little Eden, infatti, i due sposi hannocreato un mondo accogliente e aperto verso il pros-simo bisognoso di cure e amore, superando le inne-gabili difficoltà di un mondo segnato dall’a-partheid, dalla sua violenza e ottusità. La loro vita,guidata dalla Provvidenza, viene tracciata dall’au-trice partendo dal ricordo di piccoli avvenimenti oda elementi apparentemente insignificanti (come adesempio nel capitolo “Il fazzuolo”) facendoci cosìcapire come la loro vita fosse costruita su una “nor-male santità” e spingendoci a sperare che anche pernoi sia aperta la via del Bene.Nello stesso modo, attraverso la descrizionedell’”Economia di Domitilla”, imperniata sui valoricontadini della terra bergamasca, sull’importanzadel rispetto della natura nella convinzione che “sul-la terra siamo chiamati a coltivare e a custodire, ov-vero a crescere, ma anche a conservare” ci porta ariflettere sul modello di sviluppo economico per ilquale lottare e impegnarci per lasciare ai nostri figliun mondo migliore.

TAIOCCHI DANIELA

Vuoti a rendereCentro Studi Valle Imagna, 2011

Il nuovo volume di Ratzinger, ultimo della trilogiasu Gesù di Nazareth iniziata nel 2007, è dedicatoalla figura centrale del Cristianesimo, Gesù.Il libro, diviso in quattro capitoli, narra le vicendedel Nazareno partendo dalla sua collocazione neltempo e nello spazio, per soffermarsi sulla nascitadi Giovanni Battista e sull’annuncio dato a Maria.Narra, poi, della nascita di Gesù nella grotta di Be-tlemme durante l’impero di Augusto fino alla primaEpifania con l’arrivo dei Re Magi.L’infanzia di Gesù si conclude con il discorso diGesù al Tempio, ultimo episodio narrato dai Vange-li relativamente all’infanzia del Salvatore; lo ritro-veremo, infatti, trentenne sul fiume Giordano.Il Presidente di Rcs libri, Paolo Mieli, ha dichiaratoche questo è un libro sulla donna e in effetti al cen-tro dell’opera troviamo sicuramente collocata Ma-ria, protagonista della nascita di Gesù. Dalla madredi Gesù, come descritta dai Vangeli dell’Infanzia,“possiamo apprendere la vera compassione, liberada ogni sentimentalismo, nell’accoglienza della sof-ferenza degli altri come sofferenza propria”. A pro-posito della reazione della Madonna di fronte allostraordinario annuncio dell’angelo, il Papa scrive:“Maria appare una donna coraggiosa che, anchedi fronte all’inaudito, mantiene l’autocontrollo. Altempo stesso è presentata come donna di grande in-teriorità, che tiene insieme il cuore e la ragione ecerca di capire il contesto, l’insieme del messaggiodi Dio”.Ma anche altre donne compaiono nel libro: Tamar,Rehab, Rut e la moglie di Uria, donne peccatrici enon, ebree che rendono “visibile la missione [diGesù] verso gli ebrei e i pagani”.Benedetto XVI riesce a rendere, con un linguaggiosemplice e immediato, concetti assai complessi,portandoci a riflettere sul fatto che “Sempre di nuo-vo le parole di Gesù sono più grandi della nostraragione. Sempre di nuovo superano la nostra intel-ligenza. La tentazione di ridurle, di manipolarleper farle entrare nella nostra misura, è comprensi-bile. Fa parte dell’esegesi giusta proprio l’umiltàdi rispettare questa grandezza che, con le sue esi-genze, spesso ci supera”.

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aBENEDETTO XVI

L'infanzia di GesùSan Paolo, 2012