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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.27 – MATERIALI A COMPORTAMENTO VISCOELASTICO: COMPORTAMENTO COSTITUTIVO 1 _________________ CAPITOLO 27 _________________ MATERIALI A COMPORTAMENTO VISCOELASTICO: COMPORTAMENTO COSTITUTIVO 1. Introduzione Per molte applicazioni i materiali utilizzati in ambito aerospaziale possono essere considerati lineari-elastici, con un comportamento che segue la legge di Hooke. Di conseguenza, lo sforzo, σ, è proporzionale alla deformazione applicata, ε. Per stati di sforzo uniassiali, ciò consente di definire un modulo elastico, E, e una cedevolezza, J, che ne è l’inverso. I fluidi, come è noto, non presentano una proporzionalità fra lo sforzo e la deformazione applicata. Il loro comportamento costitutivo è descrivibile attraverso un legame fra lo sforzo e la velocità di deformazione dε/dt, caratterizzato da una viscosità η tale che: dt dε η σ = Eq. 1 In realtà, molti materiali deviano in qualche misura dalla legge di Hooke ed esibiscono un comportamento che presenta caratteristice elastiche e, al tempo stesso, viscose. I materiali con queste caratteristiche si dicono viscoelastici e presentano una relazione fra sforzi e deformazioni che dipende dal tempo. In una prova di trazione uniassiale, la viscoelasticità origina un comportamento non lineare che non va, tuttavia, confuso con un comportamento elasto- plastico. Nei materiali con comportamento plastico, infatti, l’abbandono del regime elastico comporta sempre la nascita di una deformazione permanente. In nn materiale viscoelastico, la caratteristica fondamentale è la dipendenza del comportamento dal tempo e dalle velocità di applicazione del carico o delal deformazione. Se, dopo aver applicato uno sforzo a un materiale viscoelastico, lo si rimuove istantaneamente, comparirà una deformazione residua che, tuttavia, diminuirà lentamente con il passare del tempo. Questo tipo di comportamento, che è l’oggetto del presenta capitolo, dà luogo nei materiali viscoelastici a fenomeni che rivestono notevole importanza ingegneristica quali: - se uno sforzo applicato è mantenuto costante, la deformazione aumenta con il tempo (creep); - se una deformazione applicata è mantenuta costante, lo sforzo diminuisce con il tempo (rilassamento) - la rigidezza effettiva del materiale (cioè il rapporto fra lo sforzo applicato e la

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.27 – MATERIALI A COMPORTAMENTO VISCOELASTICO: COMPORTAMENTO COSTITUTIVO

1

_________________

CAPITOLO

27 _________________

MATERIALI A COMPORTAMENTO VISCOELASTICO:

COMPORTAMENTO COSTITUTIVO

1. Introduzione Per molte applicazioni i materiali utilizzati in ambito aerospaziale possono essere considerati lineari-elastici, con un comportamento che segue la legge di Hooke. Di conseguenza, lo sforzo, σ, è proporzionale alla deformazione applicata, ε. Per stati di sforzo uniassiali, ciò consente di definire un modulo elastico, E, e una cedevolezza, J, che ne è l’inverso. I fluidi, come è noto, non presentano una proporzionalità fra lo sforzo e la deformazione applicata. Il loro comportamento costitutivo è descrivibile attraverso un legame fra lo sforzo e la velocità di deformazione dε/dt, caratterizzato da una viscosità η tale che:

dtdεησ =

Eq. 1 In realtà, molti materiali deviano in qualche misura dalla legge di Hooke ed esibiscono un comportamento che presenta caratteristice elastiche e, al tempo stesso, viscose. I materiali con queste caratteristiche si dicono viscoelastici e presentano una relazione fra sforzi e deformazioni che dipende dal tempo.

In una prova di trazione uniassiale, la viscoelasticità origina un comportamento non lineare che non va, tuttavia, confuso con un comportamento elasto-plastico. Nei materiali con comportamento plastico, infatti, l’abbandono del regime elastico comporta sempre la nascita di una deformazione permanente. In nn materiale viscoelastico, la caratteristica fondamentale è la dipendenza del comportamento dal tempo e dalle velocità di applicazione del carico o delal deformazione. Se, dopo aver applicato uno sforzo a un materiale viscoelastico, lo si rimuove istantaneamente, comparirà una deformazione residua che, tuttavia, diminuirà lentamente con il passare del tempo. Questo tipo di comportamento, che è l’oggetto del presenta capitolo, dà luogo nei materiali viscoelastici a fenomeni che rivestono notevole importanza ingegneristica quali:

- se uno sforzo applicato è mantenuto costante, la deformazione aumenta con il tempo (creep);

- se una deformazione applicata è mantenuta costante, lo sforzo diminuisce con il tempo (rilassamento)

- la rigidezza effettiva del materiale (cioè il rapporto fra lo sforzo applicato e la

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.27 – MATERIALI A COMPORTAMENTO VISCOELASTICO: COMPORTAMENTO COSTITUTIVO

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deformazione raggiunta) dipendono dalla velocità di applicazione del carico;

- se il carico viene applicato ciclicamente, le curve di carico non si sovrappongono a quelle di scarico e si ha dissipazione di energia meccanica (isteresi);

- le onde trasmesse nel materiale si attenuano; - gli urti sono anelastici; - si verifica un attrito durante il rotolamento;

In realtà, tutti i materiali mostrano un comportamento in qualche misura viscoelastico. Si vedrà che l’entità delle deviazioni dal comportamento elastico dipende dalla temperatura. A temperatura ambiente e per piccole deformazioni le leghe metalliche non mostrano significativi effetti viscoelastici, mentre i polimeri e, conseguentemente, i materiali compositi a matrice polimerica, presentano effetti viscoelastici rilevanti. Il creep e il rilassamento sono i fra i fenomeni che maggiormente evidenziano il comportamento viscoelastico dei materiali. Il creep consiste nell’aumento progressivo di deformazione sotto l’azione di un carico applicato costante. Se supponiamo di applicare la storia di carico mediante una funzione scalino (H(t)), la deformazione subirà un incremento apparentemente istantaneo per poi crescere con il tempo. La risposta sarà qualitativamente simile a quella mostrata in Figura 1, fino al tempo t1.

Figura 1 – Fenomeni di creep E’ possibile definire un modulo di cedevolezza a creep, variabile nel tempo, dal rapporto fra le deformazione ottenuta e il livello di carico applicato:

( )( ) ( )

0

0

σε

σσt

tJ

tH

=

=

Eq. 2 Se il carico viene rimosso, come affermato in precedenza, la deformazione non torna immediatamente al valore nullo ma, dopo

un’apparentemente istantanea diminuzione, inizia a decrescere. La deformazione residua può svanire completamente o non annullarsi, in dipendenza del materiale considerato. E’ importante riconoscere che, nei materiali viscoelastici, i fenomeni che accadono in conseguenza di un’applicazione o rimozione istantanea del carico non sono, in realtà, istantanei. L’effetto dipende dalla scala di osservazione temporale. Infatti, se fosse possibile applicare o rimuovere il carico in modo veramente istantaneo e acquisire i dati a frequenze di campionamento molto elevate, l’andamento della deformazione si mostrerebbe più progressivo e scomparirebbe la discontinuità iniziale, sebbene tale fenomeno avrebbe luogo in tempi brevissimi. Tuttavia, il fenomeno del creep è tipicamente indagato su scale temporali tali da mostrare una discontinuità iniziale di deformazione e, se il carico è mantenuto costante, si riconoscono, tipicamente tre regimi di creep, illustrati in Figura 2. Nel creep primario (I) la concavità della curva ε-t è verso il basso. Nel secondo tratto, detto creep secondario (II), si ha un andamento proporzionale fra deformazione e tempo. Nell’ultimo tratto, la velocità di deformazione aumenta e la deformazione cresce rapidamente fino alla rottura del materiale.

Figura 2 – Regimi di creep a carico crescente La curva in Figura 2 consente di precisare cosa s’intende per viscoelasticità lineare. Tale concetto non è mai riferito all’andamento delle curve di risposta del materiale nel tempo, che sono sempre non lineari in un materiale viscoelastico. Il concetto di linearità si applica al legame fra deformazione e sforzo ottenuto a un tempo fissato, per diversi valori di sforzo applicato. Nel creep, ad esempio, è possibile rilevare il valore della deformazione, ε(t), fissando il tempo t0 per valori crescenti dello sforzo σ0. Il legame ε(t0)- σ0 è lineare quando il materiale è viscoelastico lineare. Quindi, in un materiale viscoelastico lineare la cedevolezza a creep J(t), definita in Eq. 2, non dipende dal livello di sforzo applicato. Il creep secondario è spesso caratterizzato da un comportamente viscoelastico non lineare e il creep terziario è di solito non lineare.

t

ε

σ0

t

( ) ( )[ ]100 ttHtH −−=σσt1

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Tuttavia, nella trattazione presentata in questo capitolo, ci si limiterà a considerare comportamenti viscoelastici lineari. Il rilassamento è il fenomeno duale del creep e consiste nella graduale diminuzione del carico quando una deformazione costante è applicata al materiale. L’andamento dello sforzo nel materiale all’applicazione istantanea della deformazione comporta una risposta apparentemente istantanea, seguita da una progressiva riduzione del carico. Tale andamento è rappresentato nella prima parte dei grafici in Figura 3.

Figura 3 – Fenomeni di rilassamento Sulla base della risposta a una deformazione con andamento a scalino si definisce un modulo di rilassamento, E, tale che:

( )( ) ( )

0

0

εσ

εεt

tE

tH

=

=

Eq. 3 Imponendo un ritorno istantaneo alla configurazione in deformata, il materiale si oppone con uno stato di sforzo di segno opposto alla deformazione inizialmente applicata. Tale sforzo tende a svanire progressivamente nel tempo, come mostrato nella seconda parte dei grafici in Figura 3. I fenomeni di creep e rilassamento caratterizzano la risposta dei materiali viscoelastici a transitori di carico e deformazione. Un’altra classe di fenomeni che caratterizza il comportamento viscoelastico è la risposta all’applicazione di un carico (o di una deformazione) con andamento ciclico, quale quello rappresenta in Eq. 4.

( ) ( )

==T

tvtt πσπσσ 2sin2sin 00

Eq. 4

dove v è la frequenza misurata in Hertz e T il periodo dell’oscillazione. Nei materiali elastici, la deformazione indotta dal carico è una sinusoide in fase con il carico applicato. Nei materiali viscoelastici, invece, la risposta in deformazione è ritardata e caratterizzata da un angolo di fase δ.

Figura 4 – Sfasamento della risposta al carico sinusoidale La risposta in deformazione è quindi espressa come:

( ) ( )

=

−=

=−=

πδπε

πδπε

δπεε

22sin

22sin

2sin

0

0

0

Ttv

vtv

vtt

Eq. 5 In conseguenza dello sfasamento, la rigidezza dinamica del materiale può essere considerata, adottando la rappresentazione in formula di Eulero delle oscillazioni, una variabile complessa E*:

EiEE ′′+′== *

0εσ

Eq. 6 dove, con terminologia anglosassone, E’ è detto storage modulus e E’’ è chiamato loss modulus. Tali termini comportano che la presenza dello sfasamento comporta che l’energia fornita al materiale non è solo immagazzinata come energia elastica, ma è in parte dissipata e persa. Il valore dell’angolo di fase, δ, è legato al rapporto fra la parte reale e immaginaria del modulo complesso. La tangente di δ è definita loss tangent ed è spesso chiamata smorzamento del materiale. E’ importante osservare che tutte le quantità che caratterizzano questo tipo di comportamento, δ, E’, E’’ , sono funzioni della frequenza alla quale avviene l’eccitazione sinusoidale. Questa panoramica introduttiva sui comportamenti viscoelastici permette di individuare anche le motivazioni e la rilevanza dello studio della viscoelasticità in ambito ingegneristico. La progettazione di strutture metalliche che debbano

t

σ

ε0

t

( ) ( )[ ]100 ttHtH −−=εε

t1

t

σ, ε

σ

ε

∆t = (T/2π)δ

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operare ad elevate temperature, così come la descrizione del comportamento dei materiali polimerici anche a temperatura ambiente, incluse le matrici nei materiali compositi, non possono prescindere dal comportamento viscoelastico. La comprensione dei fenomeni viscoelastici è anche fondamentale nello studio del comportamento dei materiali in molti processi di produzione. Spesso, infine, il comportamento viscoelastico è sfruttato per ottenere determinate prestazioni strutturali, quali l’assorbimento dell’energia d’urto e l’attenuazione dei carichi, lo smorzamento delle vibrazioni per ragioni acustiche, di comfort e di riduzione delle sollecitazioni dinamiche. 2. Creep e rilassamento 2.1 principio di sovrapposizione di Boltzmann per materiali viscoelastici lineari I moduli di cedevolezza a creep e di rilassamento introdotti nel paragrafo introduttivo permettono di calcolare la risposta del materiale ad un transitorio con andamento a scalino. La predizione della risposta a un transitorio generico necessita la formulazione di una vera e propria legge costitutiva. Nel presente paragrafo tale legame sarà sviluppato per materiali viscoelastici lineari e stati di sforzo uniassiale, caratterizzati da cedevolezze J e moduli E che sono definiti come rapporti fra la deformazione nella direzione del carico applicato e lo sforzo (e viceversa). Tuttavia, per i materiali isotropi, vale la pena ricordare che la legge costitutiva può essere disaccoppiata in un legame fra pressione e deformazione volumetrica, caratterizzato da un bulk modulus, B , e da un legame fra sforzi e deformazioni deviatorici, caratterizzato dal modulo di rigidezza a taglio G. L’estensione al caso tridimensionale della trattazione è quindi, per materiali isotropi, immediata assumendo di conoscere le funzioni B(t) e G(t) che caratterizzano le risposte alle forzanti a scalino per gli aspetti volumetrici e deviatorici. Per sviluppare la legge costitutiva si sfrutterà il principio di sovrapposizione di Boltzmann, secondo il quale l’effetto di un insieme di cause è la somma degli effetti delle singole cause. E’ possibile applicare il principio alle storie di carico e di deformazione che sono state introdotte in Figura 1 e Figura 3. Come indicato nelle figure, i transitori applicati possono essere scomposti in due “cause” che hanno come espressione semplici funzioni scalino. Ad esempio per un transitorio di deformazione applicata si ha:

( ) ( ) ( ) ( ) ( )[ ]10100 ttHtHttHtHt −−=−−= εεεε

Eq. 7 Poiché la risposta a un transitorio a scalino è completamente definita dal modulo di rilassamento E(t), la risposta ai due scalini sovrapposti sarà la somma delle risposte alle singole cause:

( ) ( ) ( )[ ]10 ttEtEt −−=εσ

Eq. 8 Questa procedura può essere applicata a un transitorio generico, che può essere visto come la somma di transitori elementari come quelli definiti in Eq. 7, di durata ∆τ, come mostrato in Figura 5.

Figura 5 – Scomposizione di un transitorio in una serie di cause elementari Ciascuna delle cause elementari può essere espressa come:

( ) ( ) ( ) ( )( )[ ]ττττεε ∆+−−−= tHtHt

Eq. 9 La risposta all’elemento di transitorio rappresentato in Eq. 9 comporta un incremento di carico infinitesimo, dσ(t) che è esprimibile nel modo seguente:

( ) ( ) ( ) ( )( )[ ]ττττεσ ∆+−−−= tEtEtd

Eq. 10 Portando al limite la durata ∆τ, l’espressione precedente diviene:

( ) ( ) ( ) ( )( )[ ]

( ) ( ) ττ

ττε

ττ

ττττεσ τ

dd

tdE

tEtEtd

−−=

=∆∆

∆+−−−= →∆ 0lim

Eq. 11 La risposta al generico transitorio si può ottenere integrando l’Eq. 11. Occorre tuttavia considerare che scomponendo il transitorio in cause elementari è inevitabile ottenere un andamento con deformazione finale nulla (vedi Figura 5). La deformazione finale in t, invece, non è nulla. Per considerarla, occorre aggiungere all’integrale il valore della risposta istantanea alla funzione scalino con ampiezza ε(t). La risposta a questa causa finale è rappresentata dal valore iniziale del modulo di rilassamento E(0), poiché i fenomeni di rilassamento non si sono ancora verificati. Pertanto la risposta completa al transitorio è data da:

( ) ( ) ( ) ( ) ( )tEdd

tdEt

t

εττ

ττεσ 00

+−−= ∫

Eq. 12

t

ε

t-τ t-(τ+∆τ )

ε(τ)

Transitorio approssimato

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.27 – MATERIALI A COMPORTAMENTO VISCOELASTICO: COMPORTAMENTO COSTITUTIVO

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Per ottenere la forma finale della legge costitutiva (detta integrale di sovrapposizione di Boltzmann), l’Eq. 12 va integrata per parti e si ottiene:

( ) ( ) ( ) τττετσ d

d

dtEt

t

∫ −=0

Eq. 13 L’ Eq. 13 consente di calcolare la risposta del materiale a un generico transitorio di deformazione se è noto il modulo di rilassamento E(t) che può essere ottenuto da una prova sperimentale di creep con deformazione imposta costante. In base a considerazioni energetiche, si può ricavare che il modulo di rilassamento deve essere non negativo. Inoltre, affinchè l’energia dissipata sia positiva, è necessario si abbia la seguente condizione:

( ) 0≤dttdE

Eq. 14 L’Eq. 14 comporta che il modulo di rilassamento deve decrescere con il tempo. In modo del tutto analogo è possibile ottenere una relazione che consente di calcolare la deformazione per un generico transitorio di carico:

( ) ( ) ( ) τττστε d

d

dtJt

t

∫ −=0

Eq. 15 Le leggi costitutive espresse in Eq. 13 e Eq. 15 indicano che la risposta di un materiale viscoelastico dipende dalla storia di carico (in termini di deformazione o di sforzo imposto). Il materiale ha intrinsecamente memoria della storia imposta, sebbene, per molti materiali viscoelastici, tale memoria tenda a svanire. Per questi materiali l’effetto di una causa recente tende ad essere più marcato che quello di una causa passata di uguale ampiezza. Osservando l’Eq. 12 si vede come l’effetto di una deformazione ε al tempo τ, è pesato dal valore della derivata del modulo di rilassamento nell’integrale che fornisce la risposta al transitorio. La rimozione progressiva degli effetti di memoria (fading memory), pertanto, comporta che il valore assoluto della derivata del modulo di rilassamento, che è negativa per la condizione in Eq. 14, deve progressivamente ridursi. Pertanto:

( ) 02

2≥

dttEd

Eq. 16 Nei materiali che presentano fading memory, quindi, la curva di rilassamento è concava verso l’alto.

2.2 Approccio in frequenza e relazione tra modulo di rilassamento e modulo di cedevolezza a creep Le leggi costitutive che esprimono la risposta dei materiali viscoelastici, possono essere formulate nel dominio delle frequenze, applicando la trasformata di Laplace alle Eq. 13 e Eq. 15. Per la risposta a un transitorio di deformazione si ottiene:

( ) ( ) ( )

( )[ ] ( )[ ] ( )

( ) ( ) ( )sssEs

d

dtEt

dd

dtEt

t

εσττεσ

τττετσ

=⇒

=⇒

−= ∫

LLL

0

Eq. 17 Analogamente, per un transitorio di sforzo applicato, si ha: ( ) ( ) ( )sssJs σε =

Eq. 18 Dalle due equazioni precedenti si ottiene un legame fra le due funzioni che forniscono il modulo di rilassamento ed il modulo di cedevolezza al creep:

( ) ( ) 21 ssJsE =

Eq. 19 La trasformazione nel dominio delle frequenza consente quindi di ricavare E da J e viceversa mediante una semplice operazione algebrica. Ciò non è possibile nel dominio del tempo, dove la relazione è in forma integrale, come è possibile constatare antitrasformando la relazione in Eq. 19 che porta al seguente risultato:

( ) ( ) ( ) ( ) tdtJtEdEtJtt

=−=− ∫∫ τττττ00

Eq. 20

2.3 Modelli semplificati di materiali viscoelastici e serie di Prony Le funzioni di modulo di rilassamento e di cedevolezza al creep possono essere approssimate da modelli di materiale semplificati che permettono da un lato una maggiore comprensione dei fenomeni viscoelastici e dall’altro la possibilità di modellarli riducendo la complessità delle formulazioni analitiche. Le forme più semplici sono esprimibili mediante funzioni esponenziali, del tipo:

( ) rt

eEtE τ−= 0

Eq. 21 Questo tipo di relazioni può essere derivato considerando modellazioni meccaniche del

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.27 – MATERIALI A COMPORTAMENTO VISCOELASTICO: COMPORTAMENTO COSTITUTIVO

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comportamento del materiale, basate sulla risposta di sistemi composti da molle e smorzatori. Sebbene tali modelli producano risposte che possono rappresentare, al prezzo di significative approssimazioni, il comportamento dei materiali viscoelastici, va osservato che l’introduzione di molle e smorzatori non ha significati fisici precisi, poiché i materiali reali non sono generalmente modellabili da sistemi composti da pochi elementi di questo tipo. I modelli più semplici sono composti di una singola molla e un singolo smorzatore posti in serie (modello di Maxwell) o in parallelo (modello di Voigt), rappresentati in Figura 6-A e B.

Figura 6 – Modelli di Maxwell (A), Voigt (B) e Solido Lineare Standard (C) Nel modello di Maxwell la deformazione totale è la somma delle due deformazioni nella molla o nello smorzatore:

ησσεεε +=+=

dt

d

Edt

d

dt

d

dt

d sm

0

1

Eq. 22 L’equazione differenziale può essere riscritta introducendo il parametro τR = η/E0 (relaxation time):

Rdt

d

dt

dE

τσσε +=0

Eq. 23 Per determinare l’espressione del modulo di rilassamento nel modello di Maxwell si può trasformare l’Eq. 23 ed applicare un andamento a scalino della deformazione imposta.

( ) ( ) ( )

( )

( ) ( )

( )R

R

R

R

R

sEs

ssssE

ss

sssssE

τεσ

ττστσε

εε

τσσε

11

11

1

00

00

0

0

+=

+=

+=⇒

=

+=

Eq. 24 Antitrasformando, si ottiene:

( )

( ) Rt

Rt

eEtE

eEt

τ

τεσ−

=⇒

=

0

00

Eq. 25 Il modello di Maxwell prevede pertanto un andamento decrescente del modulo di rilassamento secondo una funzione esponenziale. Quest’andamento può rappresentare un’approssimazione accettabile, ma l’applicazione della Eq. 19, che consente di calcolare la corrispondente cedevolezza a creep, non fornisce risultati altrettanto buoni. Infatti, considerando l’Eq. 19 e l’Eq. 24 si ottiene:

( )

( )

( ) tE

tJ

EsEsEs

ssJ

ssJ

sE

R

R

R

η

ττ

τ

11

111111

11

1

0

02

002

20

+=⇒

+=+

=⇒

=+

Eq. 26 La cedevolezza a creep, e di conseguenza la risposta a uno sforzo con un andamento a scalino, cresce quindi linearmente e questo andamento non è in buon accordo con le evidenze sperimentali nel creep primario, dove l’andamento è caratterizzato da una curva. Il modello di Voigt consente di ottenere una migliore approssimazione della cedevolezza a creep. In questo caso lo sforzo totale si ottiene sommando gli sforzi nella molla e nello smorzatore:

dt

d

E

dt

dE

Cετεσ

εηεσ

+=⇒

+= 0

Eq. 27 dove si è introdotto il parametro τC = η/E0 (nel modello di Voigt: retardation time). L’espressione della cedevolezza a creep nel modello di Voigt, che rappresenta anche l’andamento della deformazione è la seguente:

( )

−=

−C

t

eE

tJ τ11

0

Eq. 28 Tuttavia, il modulo di rilassamento nel modello di Voigt ha una forma non realistica essendo rappresentato dalla somma di una costante e di un delta di Dirac. La Figura 7 mostra l’andamento del modulo di rilassamento e della cedevolezza a creep nei modelli di Maxwell e di Voigt per E0 = 5000 MPa e per diversi valori dei parametri del modello.

E0 E0 E1

E2

η η

η

A B C

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.27 – MATERIALI A COMPORTAMENTO VISCOELASTICO: COMPORTAMENTO COSTITUTIVO

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Un comportamento più realistico per il creep e il rilassamento si può ottenere combinando due elementi di molla e di smorzatore come mostrato in Figura 6-C. Il modello ottenuto è chiamato Solido Lineare Standard (Standard Linear Solid: SLS).

Figura 7 – Modulo di rilassamento nel modello di Maxwell (A) e cedevolezza a creep nel modello di Voigt (B) Nel solido lineare standard, si possono distinguere i due contributi di sforzo dati dai due sottosistemi costituiti dal modello di Maxwell a sinistra e dalla molla a destra in Figura 6-C: σ1 e σ2. Lo sforzo totale è la somma dei due contributi, mentre la deformazione, ε, è identica per i due sottosistemi. Lo sviluppo dell’equazione differenziale che governa il comportamento del modello richiede qualche passaggio. Se si applica il modello di Maxwell a sinistra e si deriva la relazione lineare sforzo-deformazione a destra si ottengono le seguenti equazioni:

dt

d

dt

dE

dt

d

dt

dE

22

111

σετσσε

=

+=

Eq. 29 dove τ = η/ E1. Le due equazioni possono essere sommate, ottenendo:

( )dt

d

dt

dEE

dt

d 21121

στσσε ++=+

Eq. 30 E’ possibile quindi sommare ai due termini dell’equazione il rapporto fra lo sforzo σ2 e il parametro τ, σ2/τ = E2ε/τ. Questo passaggio consentirà di evidenziare lo sforzo totale σ= σ1 + σ2.

( )

( )τσσ

τεε

τσσ

τσσ

τεε

+=++⇒

+++=++

dt

dEEE

dt

ddt

d

dt

dEEE

dt

d

221

2211221

Eq. 31

Applicando la trasformazione di Laplace al sistema si ottiene:

( )( ) ( )

τ

ετσ

1

221

+

++

=s

sEEEss

Eq. 32 Considereando che, sulla base dell’Eq. 17, σ(s)=sE(s)ε(s), il modulo di rilassamento nell’SLS può essere ottenuto come:

( )

( ) Rt

eEEtE

s

E

s

EsE

τ

τ−

+=⇒

++=

12

12

1

Eq. 33 dove τR = τ. Il calcolo della cedevolezza a creep può essere effettuato applicando la relazione in frequenza data dall’Eq. 19. Il risultato finale è il seguente:

( ) ( )

( ) ( )

2

21

212

1

2

21

2

2121

1

1

11

E

EE

eEEE

E

EtJ

EE

Ess

sEEEE

sJ

RC

Ct

R

R

+=

+−=⇒

++

++

+=

ττ

τ

τ

τ

Eq. 34 Si può osservare come il retardation time e il relaxation time siano, nel modello SLS due valori differenti. La Figura 8 mostra l’andamento del modulo di rilassamento e della cedevolezza a creep per un modello SLS al variare del parametro di viscosità.

Figura 8 – Modulo di rilassamento (A) e cedevolezza a creep (B) in un modello SLS con E1 = 5000 MPa e E2 = 10000 MPa

A B

A B

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.27 – MATERIALI A COMPORTAMENTO VISCOELASTICO: COMPORTAMENTO COSTITUTIVO

8

Come si è visto i modelli semplificati sono governati da equazioni differenziali del primo ordine cui corrispondo soluzioni con un termine esponenziale. I tempi di rilassamento definiscono la velocità con cui la risposta del materiale si assesta a valori costanti, seguendo l’andamento del termine esponenziale. Prendendo in considerazione una cedevolezza a creep modellata come in Figura 8-B e confrontandola con un materiale reale, si potrebbe costatare come vi siano fenomeni di creep che si sviluppano su scale temporali più piccole (ad esempio dell’ordine dei secondi o dei decimi di secondo) che non sono rappresentati dal modello. Analogamente se si dilatasse la scala temporale a livello delle settimane o dei mesi, si potrebbe notare che la stabilizzazione della deformazione prevista dal modello non corrisponde affatto al comportamento reale. In altri termini, un modello completo di materiale viscoelastico deve poter descrivere il comportamento a diverse scale temporali e, per questo scopo, un singolo termine esponenziale è inadeguato. Per tale motivi i modelli precedenti possono essere estesi, aumentando l’ordine delle derivate con cui compaiono i termini di sforzo e deformazione nelle equazioni differenziali del modello. Formalmente, è possibile definire due operatori differenziali P(D) e Q(D), tali che:

( ) ( ) ∑∑==

==N

kk

k

k

N

kk

k

kdt

dqDQ

dt

dpDP

00

;

Eq. 35 Le equazioni differenziali che governano un modello viscoelastico possono esprimersi nella forma:

( ) ( ) ( ) ( )tDQtDP εσ =

Eq. 36 Applicando la trasformata di Laplace gli operatori si trasformano in polinomi nella variabile s e, ricordando l’Eq. 19, si ottiene:

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )( ) ( )

( ) ( ) ( )( ) ( ) ( ) ( )

( )ssP

sQsEs

sP

sQsEss

ssP

sQsssQssP

=⇒=⇒

=⇒=

εε

εσεσ

Eq. 37 Il modulo di rilassamento, quindi, diviene un rapporto fra polinomi che può essere trasformato in una somma di termini del tipo 1/(s+a). Ciascuno di questi termini corrisponde a una soluzione esponenziale con un diverso tempo di decadimento. In definitiva, il modulo di rilassamento potrà essere espresso come:

( ) ∑=

−=

N

n

nt

netE0

τλ

Eq. 38

Una serie come quella rappresentata in Eq. 38 si definisce serie di Prony. 2.4 Effetto della temperatura: principo di sovrapposizione tempo-temperatura Il comportamento viscoelastico è significativamente influenzato dalla temperatura. Le proprietà viscoleastiche, come il modulo di rilassamento o la cedevolezza a creep, sono pertanto funzioni non solo del tempo ma della temperatura: E=E(t,T), J=J(t,T). In realtà, la dipendenza dal tempo e dalla temperatura possono considerarsi due fenomeni intimamente legati. Infatti, in molti casi, i meccanismi viscoelastici possono essere attribuiti a processi di assestamento della struttura molecolare sotto l’azione dello sforzo applicato o a processi di diffusione che avvengono sempre sotto l’azione di uno sforzo applicato. La velocità con cui questo tipo di processi accade determina la risposta viscoelastica del materiale. A sua volta, tale velocità dipenderà dalla velocità del moto molecolare della quale la temperatura è una misura. Di conseguenza, assumendo che un aumento di temperatura abbia il medesimo effetto su tutti i meccanismi che a livello molecolare determinano la risposta viscoelastica, il valore che il modulo di rilassamento assume al tempo t, per una temperatura T, sarà lo stesso assunto a un tempo ζ a una differente temperatura T0, che si definisce temperatura di riferimento. Se T0 > T, i processi alla temperatura di riferimento sono più veloci e sarà ζ < t, e viceversa. Formalmente:

( ) ( )0,, TETtE ς=

Eq. 39 Quindi, al variare della temperatura, la curva che descrive il modulo di rilassamento nel tempo si trasla orizzontalmente secondo la relazione fra il tempo t ed il tempo ζ. Tale relazione non è lineare con la temperatura ed ha forma generale:

( )Ta

t

T

Eq. 40 in cui il fattore aT(T) è chiamato shift factor. I materiali che si comportano secondo l’Eq. 40 obbediscono al principio di sovrapposizione tempo-temperatura e si definiscono materiali termoreologicamente semplici. Una delle forme più usate per lo shift factor è la relazione empirica WLF (dal nome degli autori William, Landel e Ferry che la introdussero nel 1955):

( )( )02

0110log

TTC

TTCaT −+

−−=

Eq. 41

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9

La Figura 9 mostra le curve di rilassamento per un ipotetico materiale che soddisfa il principio di sovrapposizione tempo-temperatura per diverse temperature, con T4 > T3 > T2 > T1. All’aumentare della temperatura fenomeni il tempo necessario per il rilassamento si riduce. Le curve, in un materiale termoreologicamente semplice, sono effettivamente traslate. Applicando una trasformazione come quella indicata dalle Eq. 39e Eq. 41, le curve corrispondenti a diverse temperatura si sovrappongono a quella della temperatura di riferimento, che viene definita master curve.

Figura 9 – Curve di rilassamento per diverse temperature in un materiale termoreologicamente semplice Sono termoreologicamante semplici molti polimeri amorfi. Tuttavia i polimeri cristallini ed i materiali compositi non soddisfano il principio di sovrapposizione tempo-temperatura. Il motivo è la presenza di meccanismi molteplici di rilassamento che sono influenzati in modo diverso dalle variazioni di temperatura. Nel caso dei materiali compositi, inoltre, la presenza di molteplici fasi nei materiali con dipendenze diverse dalla temperatura si oppone a un comportamento termoreologicamente semplice. 3. Risposta dinamica dei materiali viscoelastici 3.1 Risposta a forzanti sinusoidali Come si è visto nell’introduzione, la risposta a forzanti sinusoidali è uno dei fenomeni che evidenziano il comportamento viscoelastico dei materiali. La risposta al generico transitorio di sforzo o di deformazione, espressa dalle relazioni costitutive in Eq. 13 e Eq. 15, comprende anche il caso di forzanti cicliche e, pertanto, il concetto di modulo complesso, introdotto dall’Eq. 6 nel paragrafo 1, può essere formalmente dedotto dalla legge costitutiva. Si assuma, a questo scopo, una storia di deformazione sinusoidale rappresentata dal numero

complesso ( ) tiet ωεε 0= .

Il modulo di rilassamento E(t) può essere scomposto in un termine costante, Ee, che rappresenta il limite di E(t)

per t→∞ e nel termine variabile ( )tE . Il termine Ee è

definito, nel contesto dei polimeri, modulo all’equilibrio . In questo modo, l’Eq. 13 diviene:

( ) ( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) τττετετ

ττετ

τττετ

ττετσ

dd

dtEtEd

d

dtE

dd

dEd

d

dtEt

t

e

t

t

e

t

∫∫

∫∫

−+=−+

+=−=

00

00

ˆˆ

Eq. 42 Introducendo la storia di carico sinusoidale, rappresentata in notazione di Eulero, e considerando come limite inferiore dell’integrale -∞ (poiché una vera forzante sinusoidale non ha un punto di inizio vero e proprio) si ha:

( ) ( ) ττωεεσ ωτω detEieEtt

itie ∫

∞−

−+= ˆ00

Eq. 43 Si può quindi effettuare un cambio di variabile t’ = t-τ ed esplicitare la parte reale ed immaginaria della funzione integranda, ottenendo:

( ) ( ) ( )

′′+′′+= ∫∫

∞∞

000 cosˆsinˆ ttdtEittdtEEet e

ti ωωωωεσ ω

Eq. 44 L’Eq. 44 mostra che se la deformazione ha un’andamento sinusoidale, anche lo sforzo sarà sinusoidale, ma l’angolo di fase non è identico. Sinteticamente lo sforzo, in notazione complessa ha espressione:

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )( ) ( ) ( )

E

E

eEeeE

eEiEtEiEtEt

titii

ti

′′′

=

==

=′′+′=′′+′==+

δ

εωεω

εεεωσδωωδ

ω

tan

0*

0*

0*

Eq. 45 Il modulo E’ (storage modulus) indica la componente del rapporto sforzo-deformazione in fase con la deformazione applicata, mentre il modulo E’’ ( loss modulus) è una componente sfasata di 90° (componente in quadratura). L’espressione delle due componenti può essere direttamente determinata dal modulo di rilassamento. Infatti, come si può ricavare dall’Eq. 44 si ha:

( ) ( )

( ) ( )∫

∫∞

′′=′′

′′+=′

0

0

cosˆ

sinˆ

ttdtEE

ttdtEEE e

ωωω

ωωω

Eq. 46

Tref T2

T1

T3

T4

E(t,T)/Emax

Log(t)

1.00

0.75

0.50

0.25

0 1 2 -1

T↑↑↑↑

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10

Storage modulus e loss modulus sono quindi funzioni della frequenza, cosi’ come il parametro tan(δ), chiamato loss tangent. Il legame fra il modulo di rilassamento e il modulo complesso è di particolare importanza concettuale e pratica. Esso chiarisce che lo sfasamento della risposta alle forzanti sinusoidali e il rilassamento sono fenomeni intrinsecamente collegati e, dal punto di vista pratico, fornisce uno strumento per calcolare le proprietà che caratterizzano la risposta alle oscillazioni dalla risposta statica ad una forzante a scalino. Le relazioni in Eq. 46 si possono anche invertire, fornendo la possibilità di calcolare il modulo di rilassamento dalla parte reale o immaginaria del modulo complesso:

( ) ( )

( ) ∫

∫∞

′′+=

−′+=

0

0

cos2

sin2

ωωωπ

ωωωπ

tdE

EtE

tdEE

EtE

e

ee

Eq. 47 Il comportamento dinamico può anche essere espresso in termini di cedevolezza, con una cedevolezza complessa che è definita nelle relazione seguente:

( ) ( ) ( ) ( ) tieJiJtJt ωσσωε 0* ′′+′==

Eq. 48 La cedevolezza complessa risulta, in base alle Eq. 45 e Eq. 48, l’inverso del modulo complesso:

( ) ( )ωω EJ 1* =

Eq. 49 Definendo una cedevolezza a creep per t→∞, Je (cedevolezza all’equilibrio) è possibile definire il legame fra la cedevolezza a creep e la cedevolezza complessa, operando in modo analogo a quanto visto per il modulo di rilassamento:

( ) ( )[ ]

( ) ( )[ ]∫

∫∞

′′−=′′

′′−−=′

0

0

cos'

sin'

tdttJJJ

tdttJJJJ

e

ee

ωωω

ωωω

Eq. 50 Si osservi, comunque, che le relazioni ottenute per la risposta a forzanti sinusoidali di un materiale viscoleastico rimangono comunque valide sotto l’ipotesi di materiale viscoelastico lineare. Le relazioni in Eq. 46 consentono di calcolare il modulo complesso in un modello SLS in cui, seguendo l’Eq. 33 si ha:

( )

( ) Rt

e

Rt

eEtEEE

eEEtE

τ

τ

==⇒

+=

12

12

ˆ;

Eq. 51 Le espressioni dello storage modulus e del loss modulus risultano:

( )

( )221

22

22

12

1

1

R

R

R

R

EE

EEE

τωωτ

ω

τωτωω

+=′′

++=′

Eq. 52 La Figura 10 mostra l’andamento del modulo complesso con la frequenza per l’esempio di modello SLS utilizzato in Figura 8, applicando un relaxation time τR = 50 s. Si può osservare come la variazione del modulo in fase e del modulo in quadratura sia concentrata a frequenze molto basse. Per frequenze elevate E’ tende al valore di rigidezza E1+E2, che è il valore assunto “istantaneamente” nel modello per una forzante a scalino. Il modulo E’’ , invece, tende a un valore nullo. L’andamento è consequenza della scala temporale alla quale è stato misurato il rilassamento. L’approssimazione della risposta con un’esponenziale con tempo caratteristico di 50 s comporta che le informazioni ritenute significative sono relative a fenomeni lenti, che avvengo a bassa frequenza. Come si è affermato nel paragrafo 1, le prove di rilassamento e di creep possono essere osservate su diverse scale temporali, sebbene, per tempi piccoli, l’osservazione sia difficile e complicata dall’impossibilità di applicare i transitori di sforzo e deformazione in modo realmente istantaneo. L’introduzione della serie di Prony nel par. 2.3 (Eq. 38) risponde appunto all’esigenza di descrivere il decadimento della risposta a diverse scale temporali.

Figura 10 – Andamento della parte reale e immaginaria del modulo complesso per un modello SLS con E1 = 5000 MPa, E2 = 10000 MPa, ττττR = 50 s

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11

Il modello SLS, tuttavia, comprende solo un termine esponenziale e fornisce, pertanto, una rappresentazione solo parziale e valida in un determinato intervallo di frequenza del comportamento viscoelastico. La forma dell’andamento del loss modulus, presentata in Figura 10, è tipica e presenta un picco, detto picco di Debye che corrisponde al massimo valore raggiunto dal modulo in quadratura. 3.2 Dissipazione e isteresi L’introduzione del modulo complesso, che si è dimostrato essere intrinsecamente legato ai fenomeni di rilassamento e creep, consente di individuare la forma della risposta a una generica forzante sinusoidale. Infatti, supponendo di avere una storia di deformazione imposta del tipo:

ttB ωεωε sinsin max==

Eq. 53 l’andamento dello sforzo ha la forma:

( ) ( )δωδωσ +=+= tEtD sinsin *

Eq. 54 Le Eq. 53 e Eq. 54 sono interpretabile come le equazioni parametriche di una figura di Lissajous che, nella fattispecie, è un’ellisse, mostrata in Figura 11.

Figura 11 – Relazione sforzo-deformazione nella risposta a forzanti sinusoidali per un materiale viscoelastico lineare L’ellisse definisce un ciclo che è chiamato ciclo di isteresi. Il ciclo ha effettivamente forma ellittica per materiali viscoelastici lineari, ma si presenta in alcuni casi più appuntito e tale aspetto è un chiaro segno di

comportamento viscoelastico non lineare. L’area racchiusa dal ciclo di isteresi rappresenta il lavoro dissipato durante un ciclo. Le intercette dell’ellisse con gli assi individuano importanti proprietà del materiale viscoelastico. In particolare è possibile dimostrare che l’intercetta con l’asse delle deformazioni si ottiene per il valore A= εmaxsinδ e che l’ascissa corrispondente al punto di massimo sforzo è pari a C=εmaxcosδ. Infatti il primo punto si ottiene per ωt + δ = π, in corrispondenza del quale lo sforzo è nullo e si ha:

( )( ) ( ) ( )δεδπεωεε

δωσδπωπδωsinsinsin

0sin

maxmaxmax =−==⇒

=+=⇒−=⇒=+t

tDtt

Eq. 55 mentre in corrispondenza dello sforzo massimo si ha ωt + δ = π/2 e risulta:

( )( ) ( )

( ) ( ) ( ) ( )[ ] ( )δεπδδπεδπεωεε

σδωσδπωπδω

cos2cossincos2sin

2sinsin

sin22

maxmax

maxmax

max

=+=−==⇒

=+=⇒−=⇒=+t

tDtt

Eq. 56 Di conseguenza la loss tangent risulta pari a tanδ = A/C. Per ragioni geometriche, tanto più il rapporto A/C è grande, tanto più è maggiore l’area racchiusa dalla figura ellittica che, a sua volta, rappresenta l’energia dissipata durante un ciclo. Pertanto il valore di δ è direttamente collegato agli effetti dissipativi. La variazione della forma del ciclo con l’angolo di sfasamento δ è qualitativamente riportato in Figura 12.

Figura 12 – Rappresentazione dei cicli di isteresi per differenti valori di δδδδ Le Eq. 53 e Eq. 54 consentono di ottenere la seguente espressione per l’andamento dello sforzo nel caso esaminato:

D = σmax= |E*|εmax

C = εmaxcosδ

A = εmaxsinδ

B = εmax

|E*|

E’εmax

E’’εmax

σ

ε

E’

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12

( ) ( ) ( )( ) ( ) ( ) ( )tEtEtE

tEtE

ωεωεδωε

δωεδωεσ

cossinsincos

cossinsin

maxmaxmax*

max*

max*

′′+′=

+=+=

Eq. 57 Il valore di deformazione massima si ottiene per ωt = π/2 e pertanto σ(ε=εmax)=E’εmax. Tornando alla Figura 11 si può osservare come la pendenza della retta tracciata dall’origine al punto del ciclo corrispondente al raggiungimento della massima deformazione fornisca immediatamente il modulo in fase E’. L’intercetta con l’asse delle ordinate, che si ha quando ε=0, corrisponde a un argomento ωt = 0 e, di consequenza, dall’Eq. 57, il valore dell’intercetta σ(ε=0) corrisponde a E’’ εmax e fornisce immediate indicazioni sul loss modulus. Dal punto di vista energetico, l’energia, durante il ciclo, viene in parte immagazzinata e rilasciata come energia elastica ed in parte dissipata. Considerando l’intero ciclo, l’energia elastica immagazzinata è nulla, poiché il materiale torna allo stato iniziale. Per avere un’indicazione quantitativa sull’energia immagazzinata elastica e confrontarla con quella dissipata occorre considerare una porzione del ciclo. In particolare è possibile riferirsi a un quarto di ciclo, nell’intervallo fra t=0 e t=π/2ω.

( ) ( )

+=

+

=+=

==

∫∫

4

sin

2

cos

4

sin

2

cos

cossin

*2maxmaxmax

2

0maxmax

2

04/1

δπδεδπδεσ

ωωεδωσ

εσεσ

ωπ

ωπ

E

dttt

dtdt

dd

ciclo

Eq. 58 Il primo termine in Eq. 58 rappresenta l’energia elastica immagazzinata, We. Il secondo termine, che si riduce a zero per δ=0, si riferisce all’energia dissipata, Wd. Dalle definizioni di storage e loss modulus si ha:

2max

2max

4

2

1

επ

ε

EW

EW

d

e

′′=

′=

Eq. 59 Pertanto risulta:

δπtan

2=

e

d

W

W

Eq. 60 La tangente dell’angolo di sfasamento, pertanto, è una misura del rapporto fra energia dissipata ed energia immagazzinata durante un ciclo di isteresi. Ciò motiva la definizione di loss tangent fornita per il parametro

tanδ. Alcuni autori utilizzano una misura della dissipazione, definita specific damping capacity, pari a:

δπψ tan24 ==e

d

W

W

Eq. 61 Il nuovo parametro misura il rapporto fra la massima energia elastica immagazzinata e l’energia dissipata in un intero ciclo. Va osservato che il parametro ψ ha significato anche per materiali viscoelastici non lineari dove i termini energetici e i loro rapporti possono essere calcolati dal ciclo di sforzo-deformazione anche se la forma non è perfettamente ellittica. 3.3 Effetti del comportamento viscoelastico nei fenomeni dinamici Il comportamento viscoelastico è una responsabile dell’attenuazione delle oscillazioni di risonanza nei fenomeni dinamici. Tale aspetto sarà indagata per un sistema formato da una barra torsionale viscoelastica e da una massa rigida, schematizzato in Figura 13. Lo schema proposto è di particolare interesse poiché può essere adottato per la misura delle proprietà viscoelastiche in test dinamici.

Figura 13 – Schema di un oscillatore torsionale L’equazione di moto dell’oscillatore risulta:

2

2

dt

dIMM rext

ϑ=−

Eq. 62 dove Mext è il momento torsionale applicato ed Mr il momento agente nella barra viscoelastica. Utilizzando una notazione complessa la forzante e la reazione della barra possono esprimersi nella seguente forma:

( ) ϑδϑ

ω

ggr

tiext

kiGkGM

eMM

tan1*

0

+′==

=

Eq. 63

Mext

Disco rigido di inerzia I

Mr

Supporto rigido e vincolato

Barra viscoelastica

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13

G* è il modulo di rigidezza a taglio, complesso, del materiale e kg rappresenta un fattore geometrico che dipende dalla sezione della barra viscoelastica. La risposta del sistema ha forma ϑ = ϑ0e

iωt, dove ϑ0 è una costante complessa, che tiene conto di un possibile sfasamento fra la forzante e la risposta. Introducendo la risposta ϑ si ottiene:

( )( )[ ]

( ) 20

0

02

0

02

00

tan1

1

tan1

tan1

ωδϑ

ωδϑ

ϑωϑδ ωωω

IkiGM

MIkiG

eIekiGeM

g

g

titig

ti

−+′=⇒

=−+′⇒

−=+′−

Eq. 64 Il rapporto fra la risposta e la forzante in Eq. 64 è un numero complesso che rappresenta una cedevolezza dinamica. Si può osservare che, anche per basse frequenze dove il termine Iω2 è trascurabile, la presenza del modulo complesso comporta uno sfasamento fra la risposta e la forzante. Al posto del rapporto ϑ0/M0 è possibile definire una cedevolezza normalizzata, adimensionale, della forma:

( ) ( )g

gg

g

g

kG

Iki

IkiG

kG

M

kG

′−+

=−+′

′=Γ⇒

′=Γ

22

0

0

tan1

1

tan1 ωδωδ

ϑ

Eq. 65 Ricordando che le proprietà del materiale viscoelastico sono funzione della frequenza e che, quindi, G’=G’(ω), si può definire una frequenza naturale di vibrazione, o frequenza di risonanza, ω1 ed esprimere Γ in forma compatta:

( )

( )2

1

11

tan1

1

−+

′=

ωωδ

ωω

i

I

kG g

Eq. 66 Il modulo della cedevolezza dinamica Γ ha la seguente espressione:

( )[ ] δωω 2221

2

tan1

1

+−=Γ

Eq. 67 L’argomento di Γ , indicato con il simbolo φ, rappresenta lo sfasamento strutturale fra la risposta ϑ e la forzante Mext. La sua espressione risulta:

( )211

tantan

ωωδφ

−=

Eq. 68 L’Eq. 68 dimostra che l’angolo di fase strutturale è approssimativamente lo stesso dell’angolo di sfasamento del materiale, δ, per frequenze basse, dove il termine (ω/ω1)

2 è trascurabile. Per ω=ω1 lo sfasamento è π/2. L’andamento della cedevolezza dinamica presenta un picco in corrispondenza di ω=ω1. Il valore del picco massimo è unicamente dipendente da δ. Infatti, come si può desumere dall’Eq. 67, si ha Γmax = 1/tanδ.

Figura 14 – Andamento della cedevolezza dinamica nell’intorno della frequenza di risonanza La Figura 14 mostra l’andamento della cedevolezza dinamica adimensionalizzata in un intorno della frequenza di risonanza. Con il diminuire della tanδ il picco si stringe. Basandosi su un’approssimazione valida solo per valori piccoli dell’angolo di sfasamento δ, si può definire un fattore Q-1 che fornisce la relazione fra l’intervallo ∆ω di ampiezza della curva di risonanza in corrispondenza di Γ=0.5Γmax ed il valore della tanδ:

δωω

tan31

1 ≅∆=−Q

Eq. 69 L’inverso del coefficiente definito in Eq. 69 è detto Quality Factor. Tale coefficiente può essere sfruttato per calcolare i fattori di dissipazione per materiali con a piccoli valori di tanδ, per i quali, appunto, l’Eq. 69 è valida. Metodi di questo che si basano sulla risonanza sono in realtà particolarmente adeguati a questo tipo di materiali. Infatti, se lo smorzamento è piccolo, l’eccitazione sotto i valori di risonanza fornisce ellissi di Lissajous, come quelle indicate Figura 12, che sono molto strette e valori di smorzamento molto piccoli risultano indistinguibili. Al contrario l’Eq. 67 e la Figura 14 dimostrano che il valore del picco di risonanza e l’ampiezza della curva di risonanza sono estremamente sensibili al valore di δ.

∆ω/ω1

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14

Il valore di δ ha inoltre una notevole influenza sul decadimento delle oscillazioni alla frequenza di risonanza che si ottiene quando la forzante è rimossa. In questo caso l’equazione delle vibrazioni libere e la sua soluzione hanno forma:

( )δωϑϑ

ϑδϑ

tan110

2

2

0tan1

iti

g

e

kiGdt

dI

+=⇒

=+′+

Eq. 70 Supponendo tanδ << 1, è possibile approssimare in serie di Taylor il termine δtan1 i+ nell’intorno di 1, ottenendo:

δωωϑϑ

tan21

10

=t

ti ee Eq. 71 La tanδ determina la velocità di decadimento delle vibrazione ed è per tale motivo definita smorzamento del materiale. Quando la parte reale dell’esponente è pari a 1, il segnale ha raggiunto un valore pari a 1/e volte il valore iniziale. Il tempo necessario per questo decadimento è t1/e = (2/ω1) tanδ. Il decadimento può quindi essere usato come una misura di tanδ secondo l’espressione:

et

T

/1

1tan

πδ =

Eq. 72 dove T=2π/ω1 è il periodo dell’oscillazione. Alternativamente è possibile mettere in relazione lo smorzamento con il decremento logaritmico Λ, che è definito come il logaritmo del rapporto fra le ampiezze di due cicli successivi. Risulta:

δπ tan=Λ Eq. 73 Il comportamento viscoelastico ha un ruolo anche nella attenuazione delle onde che si propagano nel materiale. Considerando per semplicità una barra viscoelastica con asse z nella quale si propagano onde di sforzo assiale, l’equazione delle onde, nella variabile di spostamento assiale, w, risulta:

z

wE

t

w2

2*

22

2

∂∂=

∂∂

ρ

Eq. 74 L’equazione ammette soluzione nella forma:

( ) ( )tkziewtzw ω−= 0,

Eq. 75

dove k è il numero d’onda e ω la frequenza. Per un tempo t fissato, è possibile osservare come l’onda varia spazialmente lungo l’asse della barra. Un ciclo completo corrisponde a kz = 2π. Pertanto 2π/k corrisponde alla distanza fra due picchi successivi dell’onda, che caratterizza la lunghezza d’onda λ ed il numero d’onda è legato a λ attraverso la relazione k=2π/λ. La sostituzione dell’Eq. 75 nell’Eq. 74 conduce a una equazione caratteristica che lega il numero d’onda alla frequenza:

ωδρ

ρω

=+′

=

tan1

*

02

02

iE

k

Ewkw

Eq. 76 In assenza di smorzamento si ha:

( )

−=

=⇒=′

tc

zi

ewtzw

kcE

k

ω

ωωρ

0,

Eq. 77 La soluzione in Eq. 77 descrive un’onda che si sposta nella direzione positiva dell’asse z a una velocità c (velocità di fase). Infatti, se ci si muove nella direzione positiva di una quantità dz nel tempo dt e si ha dz/c = dt, l’argomento complesso dell’esponenziale rimane costante. In altri termini l’onda è stazionaria per un osservatore che si muove a velocità dz/dt = c e quindi c è le velocità di fase dell’onda. Se si ha smorzamento ma tanδ è piccolo e molto minore di 1, si può approssimare, come in precedenza, il termine δtan1 i+ ed ottenere:

( ) δωω

δω

tan2

0,

tan2

11

czt

c

zi

eewtzw

ic

k

−=

−≅

Eq. 78 Pertanto la soluzione approssimata è costituita da un esponenziale ad argomento complesso, identico alla soluzione in assenza di smorzamento, e da un termine con argomento reale che introduce una attenuazione nella direzione di propagazione z. Si definisce un coefficiente di attenuazione, α, che, per piccoli valori di smorzamento, risulta:

δπ

ωα tan2

Eq. 79 Con l’approssimazione introdotta, valida per tanδ << 1, la velocità di propagazione dell’onda non dipende dallo

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smorzamento. La soluzione esatta, al contrario, prevede una variazione della velocità di propagazione, come riportato in Eq. 80.

2sec

ρ

Ec =

Eq. 80 Pertanto, se la barra è elastica, la velocità di propagazione è indipendente dalla frequenza (non vi è dispersione) e l’onda si propaga senza attenuazione. Se invece la barra è viscoelastica si verificano dispersione (variazione della velocità con la frequenza) e attenuazione. Il valore del coefficiente di attenuazione, nella soluzione esatta del problema è il seguente:

2tan

δωαc

=

Eq. 81 Il coefficiente α, che misura l’attenuazione per unità di lunghezza, è tradizionalmente espresso con una particolare unità di misura, il neper su metro, dove neper è una quantità adimensionale. Un neper è un decadimento in ampiezza di un fattore 1/e, che si ottiene quando αz=1 nell’Eq. 78. Alcuni autori usano, per misurare l’attenuazione, il neper per unità di lunghezza d’onda, che indica quanti neper si hanno per una lunghezza d’onda. Per ottenere la nuova misura dell’attenuazione basta moltiplicare per λ l’Eq. 81. Considerando che λω = 2πc, si ha:

2tan2

2tan

δπδωλαλ ==c

Eq. 82 La nuova misura proposta per l’attenuazione, quindi, non contiene termini riferiti alla frequenza dell’onda. 3.4 Misure di smorzamento La descrizione di alcuni fra i più significativi effetti del comportamento viscoelastico nei fenomeni dinamici ha permesso di evidenziare numerose possibili misure dello smorzamento viscoso presente nei materiali viscoelastici. La seguente tabella riassume le misure presentate, mettendole in relazione con l’angolo di sfasamento, δ, al quale i fenomeni viscoelastici in campo dinamico possono essere ricondotti.

Misura Relazione con δ Fenomeno

Angolo di sfasamento δ

Sfasamento fra sforzo e

deformazione

Loss tangent o smorzamento tanδ

Tangente dell’angolo di sfasamento

E’’/E’ tanδ Rapporto fra modulo in fase e modulo in

quadratura

Quality factor Q≈1/tanδ Larghezza del picco

di risonanza Decremento logaritmico Λ ≈ πtanδ

Decadimento delle vibrazioni libere

Tempo di decadimento

t1/e ≈ (1/π)(T/ tanδ) Decadimento delle vibrazioni libere

Specific damping capacity

ψ=2πtanδ Rapporto fra energia

dissipata e immagazzinata

Attenuazione αλ=πtan(δ/2) Attenuazione nella propagazione delle

onde (neper/λ)

Attenuazione α=(ω/c)tan(δ/2) Attenuazione nella propagazione delle

onde (neper/n) 4 . Metodi sperimentali Analogamente ad altre misure meccaniche, la caratterizzazione sperimentale del comportamento viscoelastico comporta prove basate sull’applicazione di una forza o un momento a provini di materiale e sulla misura dello spostamento lineare o angolare o della deformazione ottenuta. Una delle problematiche peculiari dell’indagine sulle proprietà viscoelastiche è la necessità di esplorare un ampio intervallo di tempi e frequenze per disporre di una caratterizzazione completa. Le diverse applicazioni ingegneristiche possono infatti richiedere la valutazione del comportamento dei materiali per tempi caratteristici che possono estendersi per numerose decadi, dai microsecondi (10-6 s) fino a periodi di anni ((108 s). Diverse tipologie di test esistono per coprire questo intervallo di scale temporali, fra i quali le più importanti risultano i test di creep e rilassamento, i test dinamici a frequenze inferiori a quelle di risonanza, i test dinamici alle frequenze di risonanza e i test basati sulla attenuazione delle onde. 4.1 Test di creep e rilassamento Le prove di creep e rilassamento sono dedicate all’individuazione della cedevolezza a creep e del modulo di rilassamento su scale temporali dell’ordine delle decine di secondi e oltre. La prova più semplice è una prova di creep che si effettua applicando un carico costante e lasciando libero il provino di deformarsi. La prova è generalmente effettuata su un provino snello a trazione, garantendo l’uniformità del carico, sebbene siano possibili anche prove di creep a flessione o a torsione che, se il materiale è viscoelastico lineare, possono essere interpretate sulla base di modelli analitici relativamente semplici. Il carico può essere applicato da un peso, eventualmente amplificato con leve, o, in casi più complessi, da appropriati meccanismi idraulici che lascino comunque libero il provino di deformarsi sotto l’azione del carico costante. Gli spostamenti del provino possono essere misurati mediante micrometri o microscopi. Un microscopio, montato su una guida graduata e spostato in modo da inquadrare un segno precedentemente effettuato sul provino, garantisce un’alta risoluzione dello spostamento. Altri strumenti, quali LVDT,

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estensimetri e estensimetri possono essere utilizzati per l’acquisizione delle deformazioni e dello spostamento. Volendo effettuare rilevazione dell’andamento della cedevolezza a creep su scale temporali piccole, la difficoltà principale è relativa al transitorio di applicazione del carico. Tipicamente si avrà un tempo di salita del carico, tR, dell’ordine del secondo. La forzante, quindi, non è un vero e proprio scalino, ma una rampa saturata, come indicato in Figura 15. La presenza del transitorio iniziale comporta un errore rispetto alla risposta allo scalino ideale, che si esaurisce dopo un intervallo di tempo compreso fra 5tR ÷ 10tR. Tale intervallo, quindi, determina l’inizio dell’acquisizione di dati affidabile per le determinazione della cedevolezza a creep J(t).

Figura 15 – Tempo di applicazione del carico in una prova di creep Quanto affermato, quindi, conferma che la cedevolezza a creep acquisita in una prova reale di creep non può contenere informazioni relative al comportamento su scale temporali piccole. Conseguentemente, l’applicazione ai risultati ottenuti delle Eq. 13e Eq. 15, che legano la risposta al transitorio al modulo complesso, potrà caratterizzare la risposta a carichi ciclici solo per frequenze di oscillazione estremamente basse. I test di creep o di rilassamento possono invece essere protratti per lunghi periodi di tempo: un test della durata di tre ore copre tre decadi, mentre 28 ore sono richieste per quattro decadi e 11.6 giorni per cinque decadi. Poiché le proprietà viscoelastiche dipendono dalla temperatura, le prove di creep o di rilassamento possono richiedere qualche forma di controllo della temperatura. Inoltre, le variazioni di temperatura sono causa di espansioni termiche i cui effetti non sono distinguibili dai fenomeni di origine viscoelastica. I polimeri, in particolare, sono molto sensibili alla variazione di temperatura e un controllo della temperatura a livello di 0.1°C è auspicabile in tutto il volume del provino e per tutta la durata del test. Uno dei mezzi per implementare tale controllo è investire il provino con una corrente di aria regolarizzata da apposite alettature, a temperatura controllata. Poiché il comportamento di molti materiali è sensibile anche all’assorbimento igroscopico, i test sono da effettuarsi anche controllando il livello di umidità, in particolare se protratti per lunghi periodi di tempo.

La possibilità di controllare la temperatura consente anche l’applicazione del principio di sovrapposizione tempo-temperatura che permette, per un materiale termoreologicamente semplice, di valutare le caratteristiche su scale temporali variando la temperatura. 4.2 Test dinamici al di sotto della frequenza di risonanza I metodi di misura delle proprietà viscoelastiche basati sull’applicazione di carichi sinusoidali si distinguono in base alla frequenza di eccitazione, valutata rispetto alla frequenza di risonanza del sistema. Se il carico è applicato a frequenze inferiori a quella di risonanza del sistema costituito dal provino e da eventuali masse solidali con esso, l’angolo di sfasamento strutturale φ differisce poco dall’angolo di fase δ, poiché gli effetti di inerzia risultano trascurabili. La misura delle proprietà viscoelastiche richiede la misura diretta della fase fra forzante e risposta. Il ritardo temporale fra le sinusoidi può essere misurato da un oscilloscopio o essere ottenuto elaborando i segnali acquisiti per via digitale. Questo tipo di approcci è particolarmente per materiali con elevati valori di angolo di fase poiché la misura di piccoli sfasamenti richiede una notevole risoluzione temporale, fino all’ordine dei µs. Le misure di fase, inoltre, sono notevolmente influenzate dalle derive e dagli sfasamenti introdotti dall’elettronica integrata nei trasduttori. Il problema è riconducibile alla capacità di distinguere figure di Lissajous, come quelle riportate in Figura 12, per valori di tanδ inferiori a 0.01. I test effettuati al di sotto delle frequenze di risonanza possono essere usati per indagare il comportamento su scale temporali al di sotto dei ms e al di sopra delle decine ore (10-4 s ÷ 105 s). Per l’applicazione a test a bassa frequenza, occorre attendere che la risposta si stabilizzi poiché la forzante teorica sinusoidale non prevede in realtà tempo di inizio. E’ possibile dimostrare, tuttavia, che la risposta a un carico sinusoidale si stabilizza abbastanza rapidamente, sulla sinusoide che rappresenta la risposta, nel giro di uno-due cicli. L’apparato mostrato in Figura 16 è un pendolo torsionale per effettuare test in un intervallo di frequenze comprese fra 10-5 Hz e 10 Hz. La frequenza di risonanza del sistema è compresa fra i 100 Hz e i 500 Hz. Il momento è generato dalla corrente fatta passare in una bobina che interagisce con un magnete permanente fissato al provino. Il sistema elimina rigidezze e, soprattutto, smorzamenti parassiti dovuti all’attrezzatura. Lo spostamento angolare è acquisito otticamente. Il peso mostrato in Figura 16, applicato attraverso un bilanciere, stabilizza il pendolo.

σ

t

tR

5tR ÷ 10tR

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Figura 16 – Pendolo torsionale per test a frequenze inferiori a quella di risonanza. 4.3 Test dinamici alla frequenza di risonanza I metodi basati su forzanti dinamiche con frequenza pari alla frequenza di risonanza dell’elemento in prova sono particolarmente adatti a materiali con bassi valori di smorzamento. Essi sfruttano l’estrema sensibilità delle curve di risonanza ai valori di tanδ, esemplificati in Figura 14. I metodi usati per determinare lo smorzamento si basano sull’ampiezza del picco di risonanza o sul decadimento delle oscillazioni. Si può osservare che nei metodi basati sulla risonanza non vi è necessità di misurare la forza applicata, ma è però richiesto di mantenere un’eccitazione di ampiezza costante per tutte le frequenze in prossimità della risonanza, che devono essere indagate per individuare esattamente la frequenza e per definire la larghezza della curva di risonanza. La frequenza di risonanza dipende dalle caratteristiche del materiale, da fattori geometrici e può essere controllata e fatta variare applicando una massa inerziale al provino. Uno degli svantaggi dell’approccio è legato al fatto che, in una data configurazione, si possono ricavare le proprietà a una singola frequenza. In linea teorica, in assenza di masse inerziali, il provino può risuonare a infinite frequenze, corrispondenti ai modi propri. Tuttavia l’ampiezza del segnale decade rapidamente con l’aumento della frequenza e solo un numero limitato di frequenze è disponibile per l’indagine sperimentale. La Figura 17 mostra la variazione della risposta in frequenza per una barra cilindrica in torsione, di 3 mm di diametro e 40 mm di lunghezza. Il materiale della barra ha un modulo di rigidezza a taglio di 9 GPa, una densità di 10 g/cm3 e una loss tangent tanδ = 0.01.

Figura 17 – Risposta in frequenza di una barra cilindrica in torsione al variare della massa applicata Nei metodi basati sulla risonanza particolare attenzione va posta al sistema di vincoli e alle modalità di applicazione del carico. Il provino può essere fissato a una estremità ( configurazione fixed-free) o lasciato libero ad entrambe le estremità (configurazione free-free). La configurazione free-free è preferibile poiché parte dell’energia di vibrazione può essere trasmessa attraverso il vincolo e dissipata. Nella configurazione free-free il provino è vincolato ad uno o più nodi (punti nei quali l’ampiezza delle vibrazioni è nulla) da supporti molto cedevoli. Il carico può tipicamente essere applicato attraverso un magnete che interagisce con la corrente fatta passare in una bobina. Se il provino non è conduttivo, è possibile applicare dei terminali metallici che permettano l’applicazione del carico La Figura 18 mostra due possibili configurazioni per prove a torsione ed a flessione. Si osservi come un secondo magnete possa essere utilizzato come sensore per rilevare gli spostamenti.

Figura 18 – Configurazioni free-free per test basati sulla risonanza a torsione e a flessione Per valori molto piccoli dello smorzamento (tanδ < 10-

4) i metodi preferiti sono basati sul decadimento delle

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vibrazioni libere. Una delle ragioni è la larghezza molto limitata del picco di risonanza che deve essere analizzato con altissima risoluzione in frequenza. In questo tipo di materiali, tuttavia, uno dei problemi principali è dato dalla smorzamento introdotto dall’attrito con l’aria, che diventa non trascurabile per smorzamenti così limitati. In questi casi, può essere necessario effettuare gli esperimenti in una camera a vuoto. A livelli cosi’ bassi di smorzamento, inoltre, la presenza di difetti a livello microscopico può effettivamente influenzare i risultati sperimentali e particolare cura va posta nella preparazione dei provini. In linea generale i metodi basati sulla risonanza possone essere adottati per indagare le proprietà viscoelastiche in un range di frequenze compreso fra le centinaia di kHz e gli Hertz. 4.4 Metodi basati sull’attenuazione delle onde Lo studio delle proprietà viscoelastiche dei materiali a frequenze molto elevate, da 0.5 MHz fino a 20 MHz, può essere effettuato mediante metodi basati sulla propagazione delle onde. L’attenuazione delle onde è infatti direttamente in relazione con lo smorzamento δ, secondo quanto espresso dalle Eq. 79. Eq. 81e Eq. 82. Le onde ultrasonica possono essere eccitate mediante diversi metodi, fra i quali uno dei più utilizzati è attualmente basato sull’applicazione di attuatori piezoceramici che vengono fatti vibrare ad alta frequenza e che possono essere utilizzati come trasduttori. La misura diretta dell’attenuazione è tuttavia complicata da notevoli difficoltà. In generale, infatti, l’ampiezza dell’oscillazione ottenuta attivando un attuatore è fortemente dipendente dall’accoppiamento fra attuatore e materiale. Analoghe difficoltà si incontrano relativamente alla misura del segnale. I metodi sviluppati si basano quindi su misure di tipo differenziale, come quello schematizzato in Figura 19.

Figura 19 – Metodo differenziale per la rilevazione del coefficiente di attenuazione Lo schema presentato prevede che un segnale impulsivo prodotto da un generatore sia filtrato da un attenuatore è successivamente utilizzato per attivare degli attuatori applicati su due barre di diversa lunghezza. Due trasduttori rilevano il segnale e lo inviano ad un ulteriore filtro che lo elabora e lo confronta con il segnale in ingresso. La differenza di ampiezza fra i segnali ricevuti è utilizzata per determinare il coefficiente di attenuazione. Una modalità di misura alternativa è basata sul fenomeno della riflessione di un onda che, eccitata ad una estremità di una barra di materiale, è riflessa fra le due estremità. Se la lunghezza temporale dell’impulso è correttamente calibrata, sarà possibile misurare il decadimento progressivo all’aumentare del numero di riflessione ed il fenomeno consente di stimare il coefficiente di attenuazione. I metodi basati sulla trasmissione delle onde consentono di indagare il comportamento viscoelastico ad alte (ordine dei kHZ) ed altissime frequenze (ordine dei MHz). La Figura 20 riepiloga i metodi sperimentali descritti in questo paragrafo ed il loro ambito di applicazione.

Figura 20 – Riepilogo dei metodi sperimentali per la caratterizzazione del comportamento viscoelastico

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Bibliografia Lakes, R., Viscoelastic Materials, Cambridge University Press, 2009 Malvern L. E., “Introduction to the mechanics of a continuous medium”, Prentice Hall, 1969 Abaqus Theory Manual, vs. 6.7, Dassault Systèmes Simulia Corp., Providence, RI, USA, 2007.