lingue creoledownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1983...one. pilipin island no good....

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Questa fotografia, ripresa nel 1924 in Hawaii da Ray Jerome Baker, e conservata nella collezione di Baker e R. E. Van Dyke a Honolulu, presenta lavoratori a contratto delle piantagioni di canna da zucchero, i quali parlavano una lingua rudimentale chiamata pidgin. Migliaia di tali lavoratori di molti paesi furono introdotti in Hawaii fra gli ultimi decenni dell'Ottocento e la parte iniziale del Novecento per far fronte alla domanda di mano d'opera delle grandi piantagioni di canna da zucchero e di ananas. La lingua pidgin si sviluppò in conseguenza del bisogno di comunicare fra i vari gruppi linguistici all'interno di questa forza lavoro poliglotta; i lavoratori raffigurati nella fotografia, per esempio, pur provenendo primariamente dalle Filippine, parlavano in origine una varietà di lingue reciprocamente incomprensibili, come il visayan. l'ilocano e il tagalog. I figli di genitori che parlavano il pidgin rimasero in gran parte isolati rispetto ai gruppi di popolazione che parlavano l'ha waiiano o l'inglese, e non ereditarono dalla generazione precedente un modello linguistico coerente che soddisfacesse i loro bisogni. Fra questi bambini sorse una lingua molto più complessa del pidgin, chiamata creoloinglese hawaiiano, il cui vocabolario è primaria- mente inglese, ma la cui struttura è del tutto distinta da quella dell'inglese o di qualsiasi altra lingua non creola. Circostanze socioeconomiche analoghe hanno originato in tutto il mondo lingue pidgin, che si sono poi sviluppate in lingue creole per opera dei figli di lavoratori immigrati. di Derek Bickerton ni, giapponesi, coreani, portoghesi, por- toricani e altri, cominciò a riunirsi nell'i- sola, e nel 1900 superava numericamente gli altri gruppi, sia di nativi, sia di europei, nel rapporto di due a uno. Inizialmente fu usato come mezzo di comunicazione fra immigrati e locali un pidgin fondato sull'hawaiiano, una lingua polinesiana, ma l'annessione di Hawaii agli Stati Uniti, nel 1898, condusse infine alla sostituzione dell'hawaiiano con l'in- glese. Dopo il 1900 la lingua hawaiiana declinò, e il pidgin hawaiiano fu sostituito come lingua franca da un pidgin fondato sull'inglese. All'epoca in cui noi comin- ciammo il nostro studio intensivo della variazione linguistica in Hawaii, all'inizio degli anni settanta, c'erano ancora molti superstiti, sia immigranti sia locali, degli anni 1900-1920. T e nostre registrazioni della parlata di i persone nate nell'isola dimostrano chiaramente che il processo di creolizza- zione era in corso nel 1900 ed era certa- mente completato nel 1920. La maggior parte dei caratteri linguistici che contrad- distinguono il creoloinglese hawaiiano sono presenti nella parlata di persone del- la classe lavoratrice nate in Hawaii dopo il 1905; prima di quella data la proporzione delle persone che parlano il creolo rispet- to al resto della popolazione cala brusca- mente. D'altra parte la parlata degli im- migranti è sempre una qualche forma di pidgin, benché la forma esatta assunta da tale pidgin dipenda dalla data dell'arrivo in Hawaii oltre che dal retroterra lingui- stico dell'immigrante. Il pidgin parlato dagli immigranti di più antica data fra i nostri soggetti di studio è molto più rudi- mentale di quello parlato dagli immigran- ti posteriori, forse perché questi ultimi furono esposti al creolo oltre che al pid- gin. La distinzione fra pidgin e creolo rimane nondimeno fondamentale: chiun- que abbia familiarità con l'hawaiiano può identificare rapidamente le origini etni- che di qualsiasi immigrante sulla base dei soli caratteri della parlata. In assenza di un argomento di conversazione o dell'a- spetto fisico di una persona da usare come guida, nessuno è però in grado di identifi- care attendibilmente le origini etniche di un soggetto nato nell'isola esclusivamen- te sulla base della pronuncia o della strut- tura grammaticale del suo discorso. Uno fra i caratteri principali del pidgin è, perciò, la sua variabilità da una persona all'altra. Pare che ogni immigrante abbia dovuto affrontare il compito di inventarsi Lingue creole Lo studio di queste lingue che, pur disperse in regioni molto lontane fra loro, presentano somiglianze sorprendenti, fa pensare che tutti i bambini imparino una lingua a partire da una forma astratta di creolo T 'antico storico greco Erodoto ricorda la storia del faraone d'Egitto i Psammetico I, vissuto nel VII secolo a.C., che si mise in testa di scoprire quale fosse stata la lingua originaria del- l'umanità. Per decreto reale due neonati furono tolti alle loro famiglie e affidati a un pastore muto, che ebbe l'incarico di allevare i due bambini nell'isolamento più totale nei confronti di altre persone. Il pastore doveva prender nota della prima parola che fosse stata pronunciata dai bambini; «non corrotti» dalla lingua dei loro avi, ragionò Psammetico, avrebbero cominciato a parlare nella lingua pura da cui erano derivate tutte le altre lingue. Il primo suono intelligibile emesso dai bambini fu «bekos», che significa pane nell'antica lingua frigia. Psammetico ne concluse perciò che il frigio era la lingua originaria dell'umanità. Questa storia ha divertito generazioni e generazioni di studiosi di linguistica. La maggior parte dei linguisti, dando per scontato che non valga la pena di fare esperimenti del genere, hanno rifiutato l'esperimento di Psammetico conside- randolo mal progettato e non suscettibile di fornire alcun risultato utile. In effetti l'assunto che si possa recuperare un voca- bolario «originario» è iperottimistico e di solito l'isolamento linguistico, quale è sta- to documentato in alcuni casi di maltrat- tamenti gravi inflitti a bambini, ha come effetto l'assenza di linguaggio. Una forma modificata dell'esperimento di Psamme- tico è stata nondimeno ripetuta molte vol- te negli ultimi 500 anni con i figli di schia- vi e di contadini reclutati forzosamente dalle potenze coloniali europee. Questi contadini, imbarcati in molte parti del mondo e inviati a svolgere lavori agricoli in Africa, nella regione dell'oceano Indiano. in Oriente, nei Caraibi e nelle Hawaii, furo- no costretti a comunicare all'interno della loro comunità poliglotta per mezzo del ru- dimentale sistema linguistico chiamato pid- gin. Il pidgin è una lingua estremamente povera nella sintassi e nel vocabolario, ma per i bambini nati in una comunità coloniale era l'unica lingua comune disponibile. A partire da questi modesti inizi si svilupparo- no fra i bambini nuove lingue native, che sono chiamate genericamente lingue creole. Si può dimostrare che queste lingue presen- tano la complessità, le sfumature e il potere espressivo che si trovano nelle lingue più affermate del mondo. A tutta prima lo sviluppo di molte lin- gue creole diverse fa pensare che la ricer- ca di una singola lingua originaria sia fuorviante. Per molti anni, però, gli stu- diosi hanno rilevato una notevole somi- glianza strutturale fra tutte le lingue creo- le. Ora si può dimostrare, esaminando l'origine della lingua creola di Hawaii, che le somiglianze esistenti fra lingue creole non possono essere spiegate per mezzo di contatti con altre lingue, indigene o im- portate. Questa scoperta suggerisce che ciò che è comune alle varie lingue creole potrebbe formare in effetti la base del- l'acquisizione di una lingua nei bambini di tutto il mondo. A sostegno di quest'ipote- si esiste oggi una grande quantità di pro- ve: il bambino di età compresa fra due e quattro anni, nato in una comunità di adulti con conoscenze linguistiche suffi- cienti, parla una varietà di lingua dalla struttura profondamente simile a quella delle lingue creole. Per una forma curiosa di giustizia storica, i residui linguistici sopravvissuti del colonialismo possono offrirci indizi indispensabili per lo studio della nostra eredità linguistica. 1- e condizioni storiche che favorirono lo I sviluppo delle lingue creole sono ben note. Fra il 1500 e il 1900 Inghilterra, Francia, Olanda, Portogallo e Spagna crearono numerose economie agricole fondate su un impiego intensivo di mano d'opera su litorali isolati e in isole tropica- li poco popolate in tutto il mondo. Le colonie si impegnarono dapprima in monocolture, di solito di canna da zuc- chero. e la loro vitalità economica dipen- deva da un'abbondante disponibilità di mano d'opera a buon mercato, che dove- va essere importata da regioni lontane in condizioni di schiavitù. Questi lavoratori- -schiavi provennero dapprima dall'Africa occidentale e poi dall'Africa orientale, dall'India e dall'Oriente, cosicché si for- marono comunità con una varietà di lin- gue reciprocamente incomprensibili. Se l'immigrazione si fosse svolta in condizioni più umane, i lavoratori o i loro figli avrebbero infine appreso la lingua della potenza coloniale locale, ma due fat- tori si combinarono per impedire questo sviluppo. Innazitutto, il nu.mero delle per- sone che parlavano le lingue coloniali superò raramente il 20 per cento della popolazione totale, e spesso fu inferiore al 10 per cento. In altri termini, il numero delle persone da cui si sarebbe potuto apprendere la lingua dominante era rela- tivamente piccolo. In secondo luogo le società coloniali erano piccole. autocrati- che e rigidamente stratificate e c'erano ben poche possibilità di un contatto lin- guistico prolungato fra i contadini e colo- ro che parlavano la lingua dominante. Con l'eccezione di Hawaii, disponiamo di ben pochi materiali documentari atten- tibili sugli inizi della storia linguistica delle società delle colonie. Generalmente si è supposto che il pidgin si sia sviluppato come una lingua di contatto esclusivamen- te per consentire una comunicazione fra padroni e lavoratori e fra lavoratori immi- grati da varie regioni del mondo. Poi fra i figli dei lavoratori, attraverso l'«espansio- ne » del pidgin, sorsero delle lingue creole; i bambini avevano infatti ben poche occa- sioni per usare le lingue ancestrali dei loro genitori, e non avevano ancora accesso alla lingua della cultura dominante. Che cosa si intenda col termine «espansione» è rimasto oscuro finché i miei colleghi e io non cominciammo i nostri studi a Hawaii. Il vantaggio peculiare dello studio della lingua creola di Hawaii consiste nel fatto che i particolari della sua formazione pos- sono essere ricostruiti almeno in parte studiando la parlata di gente ancora in vita. Benché i primi contatti degli ha- waiiani con europei risalgano al 1778, solo nel 1876 una revisione delle leggi tariffarie degli Stati Uniti che consentì la libera importazione di zucchero hawaiia- no favorì lo sviluppo produttivo delle piantagioni di canna da zucchero ha- waiiane. Una forza poliglotta di agricolto- ri a contratto, composta da cinesi, filippi- 106 107

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Questa fotografia, ripresa nel 1924 in Hawaii da Ray Jerome Baker, econservata nella collezione di Baker e R. E. Van Dyke a Honolulu,presenta lavoratori a contratto delle piantagioni di canna da zucchero, iquali parlavano una lingua rudimentale chiamata pidgin. Migliaia di talilavoratori di molti paesi furono introdotti in Hawaii fra gli ultimidecenni dell'Ottocento e la parte iniziale del Novecento per far frontealla domanda di mano d'opera delle grandi piantagioni di canna dazucchero e di ananas. La lingua pidgin si sviluppò in conseguenza delbisogno di comunicare fra i vari gruppi linguistici all'interno di questaforza lavoro poliglotta; i lavoratori raffigurati nella fotografia, peresempio, pur provenendo primariamente dalle Filippine, parlavano in

origine una varietà di lingue reciprocamente incomprensibili, come ilvisayan. l'ilocano e il tagalog. I figli di genitori che parlavano il pidginrimasero in gran parte isolati rispetto ai gruppi di popolazione cheparlavano l'ha waiiano o l'inglese, e non ereditarono dalla generazioneprecedente un modello linguistico coerente che soddisfacesse i lorobisogni. Fra questi bambini sorse una lingua molto più complessa delpidgin, chiamata creoloinglese hawaiiano, il cui vocabolario è primaria-mente inglese, ma la cui struttura è del tutto distinta da quella dell'ingleseo di qualsiasi altra lingua non creola. Circostanze socioeconomicheanaloghe hanno originato in tutto il mondo lingue pidgin, che si sono poisviluppate in lingue creole per opera dei figli di lavoratori immigrati.

di Derek Bickerton

ni, giapponesi, coreani, portoghesi, por-toricani e altri, cominciò a riunirsi nell'i-sola, e nel 1900 superava numericamentegli altri gruppi, sia di nativi, sia di europei,nel rapporto di due a uno.

Inizialmente fu usato come mezzo dicomunicazione fra immigrati e locali unpidgin fondato sull'hawaiiano, una linguapolinesiana, ma l'annessione di Hawaiiagli Stati Uniti, nel 1898, condusse infinealla sostituzione dell'hawaiiano con l'in-glese. Dopo il 1900 la lingua hawaiianadeclinò, e il pidgin hawaiiano fu sostituitocome lingua franca da un pidgin fondatosull'inglese. All'epoca in cui noi comin-ciammo il nostro studio intensivo dellavariazione linguistica in Hawaii, all'iniziodegli anni settanta, c'erano ancora moltisuperstiti, sia immigranti sia locali, deglianni 1900-1920.

T e nostre registrazioni della parlata dii persone nate nell'isola dimostranochiaramente che il processo di creolizza-zione era in corso nel 1900 ed era certa-mente completato nel 1920. La maggiorparte dei caratteri linguistici che contrad-distinguono il creoloinglese hawaiianosono presenti nella parlata di persone del-la classe lavoratrice nate in Hawaii dopo il1905; prima di quella data la proporzionedelle persone che parlano il creolo rispet-to al resto della popolazione cala brusca-mente. D'altra parte la parlata degli im-migranti è sempre una qualche forma dipidgin, benché la forma esatta assunta datale pidgin dipenda dalla data dell'arrivoin Hawaii oltre che dal retroterra lingui-stico dell'immigrante. Il pidgin parlatodagli immigranti di più antica data fra inostri soggetti di studio è molto più rudi-

mentale di quello parlato dagli immigran-ti posteriori, forse perché questi ultimifurono esposti al creolo oltre che al pid-gin. La distinzione fra pidgin e creolorimane nondimeno fondamentale: chiun-que abbia familiarità con l'hawaiiano puòidentificare rapidamente le origini etni-che di qualsiasi immigrante sulla base deisoli caratteri della parlata. In assenza diun argomento di conversazione o dell'a-spetto fisico di una persona da usare comeguida, nessuno è però in grado di identifi-care attendibilmente le origini etniche diun soggetto nato nell'isola esclusivamen-te sulla base della pronuncia o della strut-tura grammaticale del suo discorso.

Uno fra i caratteri principali del pidginè, perciò, la sua variabilità da una personaall'altra. Pare che ogni immigrante abbiadovuto affrontare il compito di inventarsi

Lingue creoleLo studio di queste lingue che, pur disperse in regioni molto lontanefra loro, presentano somiglianze sorprendenti, fa pensare che tutti ibambini imparino una lingua a partire da una forma astratta di creolo

T 'antico storico greco Erodoto ricordala storia del faraone d'Egittoi

Psammetico I, vissuto nel VIIsecolo a.C., che si mise in testa di scoprirequale fosse stata la lingua originaria del-l'umanità. Per decreto reale due neonatifurono tolti alle loro famiglie e affidati aun pastore muto, che ebbe l'incarico diallevare i due bambini nell'isolamento piùtotale nei confronti di altre persone. Ilpastore doveva prender nota della primaparola che fosse stata pronunciata daibambini; «non corrotti» dalla lingua deiloro avi, ragionò Psammetico, avrebberocominciato a parlare nella lingua pura dacui erano derivate tutte le altre lingue. Ilprimo suono intelligibile emesso daibambini fu «bekos», che significa panenell'antica lingua frigia. Psammetico neconcluse perciò che il frigio era la linguaoriginaria dell'umanità.

Questa storia ha divertito generazioni egenerazioni di studiosi di linguistica. Lamaggior parte dei linguisti, dando perscontato che non valga la pena di fareesperimenti del genere, hanno rifiutatol'esperimento di Psammetico conside-randolo mal progettato e non suscettibiledi fornire alcun risultato utile. In effettil'assunto che si possa recuperare un voca-bolario «originario» è iperottimistico e disolito l'isolamento linguistico, quale è sta-to documentato in alcuni casi di maltrat-tamenti gravi inflitti a bambini, ha comeeffetto l'assenza di linguaggio. Una formamodificata dell'esperimento di Psamme-tico è stata nondimeno ripetuta molte vol-te negli ultimi 500 anni con i figli di schia-vi e di contadini reclutati forzosamentedalle potenze coloniali europee.

Questi contadini, imbarcati in molte partidel mondo e inviati a svolgere lavori agricoliin Africa, nella regione dell'oceano Indiano.in Oriente, nei Caraibi e nelle Hawaii, furo-no costretti a comunicare all'interno dellaloro comunità poliglotta per mezzo del ru-dimentale sistema linguistico chiamato pid-gin. Il pidgin è una lingua estremamentepovera nella sintassi e nel vocabolario, maper i bambini nati in una comunità colonialeera l'unica lingua comune disponibile. Apartire da questi modesti inizi si svilupparo-

no fra i bambini nuove lingue native, chesono chiamate genericamente lingue creole.Si può dimostrare che queste lingue presen-tano la complessità, le sfumature e il potereespressivo che si trovano nelle lingue piùaffermate del mondo.

A tutta prima lo sviluppo di molte lin-gue creole diverse fa pensare che la ricer-ca di una singola lingua originaria siafuorviante. Per molti anni, però, gli stu-diosi hanno rilevato una notevole somi-glianza strutturale fra tutte le lingue creo-le. Ora si può dimostrare, esaminandol'origine della lingua creola di Hawaii, chele somiglianze esistenti fra lingue creolenon possono essere spiegate per mezzo dicontatti con altre lingue, indigene o im-portate. Questa scoperta suggerisce checiò che è comune alle varie lingue creolepotrebbe formare in effetti la base del-l'acquisizione di una lingua nei bambini ditutto il mondo. A sostegno di quest'ipote-si esiste oggi una grande quantità di pro-ve: il bambino di età compresa fra due equattro anni, nato in una comunità diadulti con conoscenze linguistiche suffi-cienti, parla una varietà di lingua dallastruttura profondamente simile a quelladelle lingue creole. Per una forma curiosadi giustizia storica, i residui linguisticisopravvissuti del colonialismo possonooffrirci indizi indispensabili per lo studiodella nostra eredità linguistica.

1- e condizioni storiche che favorirono loI sviluppo delle lingue creole sono bennote. Fra il 1500 e il 1900 Inghilterra,Francia, Olanda, Portogallo e Spagnacrearono numerose economie agricolefondate su un impiego intensivo di manod'opera su litorali isolati e in isole tropica-li poco popolate in tutto il mondo. Lecolonie si impegnarono dapprima inmonocolture, di solito di canna da zuc-chero. e la loro vitalità economica dipen-deva da un'abbondante disponibilità dimano d'opera a buon mercato, che dove-va essere importata da regioni lontane incondizioni di schiavitù. Questi lavoratori--schiavi provennero dapprima dall'Africaoccidentale e poi dall'Africa orientale,dall'India e dall'Oriente, cosicché si for-

marono comunità con una varietà di lin-gue reciprocamente incomprensibili.

Se l'immigrazione si fosse svolta incondizioni più umane, i lavoratori o i lorofigli avrebbero infine appreso la linguadella potenza coloniale locale, ma due fat-tori si combinarono per impedire questosviluppo. Innazitutto, il nu.mero delle per-sone che parlavano le lingue colonialisuperò raramente il 20 per cento dellapopolazione totale, e spesso fu inferioreal 10 per cento. In altri termini, il numerodelle persone da cui si sarebbe potutoapprendere la lingua dominante era rela-tivamente piccolo. In secondo luogo lesocietà coloniali erano piccole. autocrati-che e rigidamente stratificate e c'eranoben poche possibilità di un contatto lin-guistico prolungato fra i contadini e colo-ro che parlavano la lingua dominante.

Con l'eccezione di Hawaii, disponiamodi ben pochi materiali documentari atten-tibili sugli inizi della storia linguistica dellesocietà delle colonie. Generalmente si èsupposto che il pidgin si sia sviluppatocome una lingua di contatto esclusivamen-te per consentire una comunicazione frapadroni e lavoratori e fra lavoratori immi-grati da varie regioni del mondo. Poi fra ifigli dei lavoratori, attraverso l'«espansio-ne » del pidgin, sorsero delle lingue creole;i bambini avevano infatti ben poche occa-sioni per usare le lingue ancestrali dei lorogenitori, e non avevano ancora accessoalla lingua della cultura dominante. Checosa si intenda col termine «espansione» èrimasto oscuro finché i miei colleghi e ionon cominciammo i nostri studi a Hawaii.

Il vantaggio peculiare dello studio dellalingua creola di Hawaii consiste nel fattoche i particolari della sua formazione pos-sono essere ricostruiti almeno in partestudiando la parlata di gente ancora invita. Benché i primi contatti degli ha-waiiani con europei risalgano al 1778,solo nel 1876 una revisione delle leggitariffarie degli Stati Uniti che consentì lalibera importazione di zucchero hawaiia-no favorì lo sviluppo produttivo dellepiantagioni di canna da zucchero ha-waiiane. Una forza poliglotta di agricolto-ri a contratto, composta da cinesi, filippi-

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PIDGIN CREOLOINGLESE HAWAIIANO VERSIONE ITALIANA

Building — high piace — wall part — time —now-time — and then — now temperatureevery time give you.

Get one [There is an] electric sign high upon da wall of da building show you what timean temperature get [it is] right now.

C'è un'insegna elettrica in alto sul murodell'edificio. Mostra che ora e chetemperatura sono adesso.

Now clays, ah, house, ah, inside, washiclothes machine get, no? Before time, ah, nomore, see? And then pipe no more, waterpipe no more.

Those days bin get [there were] no morewashing machine, no more pipe water likeget [there is] inside house nowadays, ah?

A quei tempi non c'erano ancora lavatricie tubature per l'acqua come quelle checi sono adesso nelle case, no?

No, the men, ah — pau [finished] work —they go, make garden. Plant this, ah,cabbage, like that. Plant potato, like that.And then — all that one — all right, sit down.Make lilly bit story.

When work pau [is finished] da guys theystay go make [are going to make] garden forplant potato an' cabbage an' after little whilethey go sit down talk story [“shoot thebreezeq.

Quando il lavoro è finito, gli uomini vanno alavorare l'orto per piantare cavoli e dopo unpo' di tempo si siedono a raccontare unastoria [«parlare del più e del menoq.

Good, this one. Kaukau [food] any kind thisone. Pilipin island no good. No more money.

Hawaii more better than Philippines, overhere get [there is] plenty kaukau [food], overthere no can, bra [brother], you no moremoney for buy kaukau [food], 'a'swhy [that'swhy].

Hawaii è meglio delle Filippine, qui c'èabbandanza di cibo, là no. Fratello, non haipiù soldi per comprare cibo, ecco perché.

Queste versioni in pidgin e in creolo di frasi identiche illustrano ledifferenze strutturali esistenti fra il pidgin e il creolo in Hawaii. Il pidgin,che è parlato solo da immigranti, varia molto fra un individuo e l'altro.Benché probabilmente si possa dire in pidgin tutto ciò che è esprimibilein inglese o in creolo, la struttura del pidgin è molto rudimentale. Le fra-si in pidgin sono poco più che sequenze di nomi, verbi e aggettivi, spesso

ordinati in modo da collocare all'inizio le informazioni vecchie, già con-divise, e verso la fine le informazioni nuove. Il creolo sorse in Hawaii so-lo fra i figli di immigrati, e ha una struttura grammaticale molto piùricca. Inoltre le regole della grammatica creola sono uniformi dauna persona all'altra, e assomigliano alle regole strutturali di al-tre lingue creole. Versioni inglesi di parole e frasi sono date tra parentesi.

INGLESE CREOLOINGLESE HAWAIIANO VERSIONE ITALIANA

The two of us had a hard time raising dogs. Us two bin get hard time raising dog. Noi due avevamo avuto un periodo difficilead allevare cani.

John and his friends are stealing the food. John-them stay cockroach the kaukau. John e i suoi amici rubano il cibo.

He doesn't want to play because he's lazy. He lazy, 'a'swhy he no like play. É pigro; ecco perché non ha voglia digiocare.

How do you expect to finish your house? How you expect for make pau you house? Come pensi di finire la tua casa?

It would have been better if I'd goneto Honolulu to buy it.

More better I bin go Honolulu for buy om. Sarebbe stato meglio se fossi andato acomprarlo a Honolulu.

The one who falls first is the loser. Who go down first is loser. Chi cade per primo ha perso.

The man who was going to lay the vinyl hadquoted me a price

The guy gon' lay the vinyl bin quote meprice.

L'uomo che veniva a mettere il vinile mi hadetto un prezzo.

There was a woman who had threedaughters.

Bin get one wahine she get three daughter. Cera una donna che aveva tre figlie.

She can't go because she hasn't any money. She no can go, she no more money, 'a'swhy. Non può andare perché non ha denaro, eccoperché.

Le differenze strutturali fra frasi in creolo hawaiiano e i loro equivalentiinglesi dimostrano che la grammatica del creolo non ebbe origine comeuna grammatica attinta dall'inglese. Per esempio, il past perfect tense(trapassato prossimo) di un verbo in creolo è espresso dalle particelle«bin» o «vsen», che precedono il verbo principale, anziché dal suffisso«-ed». L'aspetto non finito, o progressivo, è espresso dalla parola«stay » anziché dal suffissso «-ing». Nella frase inglese «The tss o of ushad a hard time raising dogs» («Noi due avemmo un periodo moltodifficile nell'allevare cani»), le regole della grammatica obbligano chiparla a indicare se il nome «cane» è al singolare oppure al plurale. Nella

versione creola della medesima frase, invece, non è implicito né ilsingolare né il plurale. Fra le due lingue esistono anche differenzelessicali relatisamente insignificanti: il sostantivo «cockroach» («scara-faggio») è usato pittorescamente come verbo nel senso di «rubare»,e «kaukau», che potrebbe essere derivato dal termine cinese pidgin«chow chow», è una parola comune per «cibo». Differenze struttura-li ugualmente sorprendenti sono state identificate fra il creolo ha-waiiano e altre lingue, come il cinese, l'hav)aiiano, il giapponese, ilcoreano, il portoghese, lo spagnolo o il filippino, con le quali coloroche parlano il creolo hawaiiano potrebbero essere stati in contatto.

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una lingua di fortuna in un qualche modopersonale. Per esempio. le persone di ori-gine giapponese che parlano in pidginmettono di solito il verbo alla fine di unperiodo, come in «The poor people allpotato eat» («All that the poor people atewere potatoes», «Le patate erano tuttoquello che mangiavano i poveri»). Il pid-gin filippino mette invece il verbo primadel soggetto: «Work hard these people»(«These people work hard», «Questepersone lavorano sodo»). Più spesso l'or-dine delle parole non segue alcun princi-pio fisso, tranne quello pragmatico che le

informazioni vecchie, condivise, vengonoenunciate nella parte iniziale di una frasee le informazioni nuove verso la fine.

È probabilmente vero che qualsiasicosa esprimibile in creolo, o anche in in-glese. può essere espressa anche in pidgin.Coloro che parlano in pidgin sono perògrandemente svantaggiati, perché il pid-gin è privo di molti degli elementi posse-duti da tutte le lingue native. Elementiessenziali del linguaggio, come articoli,preposizioni e verbi ausiliari sono assentio compaiono solo sporadicamente inmodo del tutto imprevedibile. Le propo-

sizioni in pidgin non hanno periodi su-bordinati, e le proposizioni formate da unsolo periodo sono spesso prive di verbi.

Il primo degli esempi che seguono èuna registrazione di un discorso di un co-reano che parlava in pidgin; le paroleomesse sono integrate fra parentesi qua-dre nella traduzione: «And a too muchchildren, small children. house moneypay» («And [I had] too many children,small children. [I had] to pay the rent»;«E [avevo] troppi figli, figli piccoli, [do-vevo] pagare l'affitto»). Il secondo esem-pio è la registrazione di un giapponese:

«Before mill no more Filipino no no-thing» («Before the mill [was built, therewere] no Filipinos here at all»; «Prima[che venisse costruito il] mulino, [qui nonc'era] alcun filippino»). Il terzo esempio,la registrazione di un discorso di un auti-sta di autobus in pensione, illustra lo sfor-zo eroico che si richiedeva per dire qual-cosa di fuori del comune in pidgin: «So-metime good road get, sometime, allsame bend get, enguru [angle] get, no?Any kind same. All same human life, allsame» («Sometimes there's a good road,sometimes there's, like, bends, corners,right? Everything's like that. Human li-fe's just like that»; «A volte c'è una buonastrada, a volte ci sono come curve, angoli,no? È tutto così. Anche la vita umana ètutta così»).

Il compito di imparare una lingua perun bambino nato in una comunità lingui-stica così eterogenea è molto diverso daquello che deve affrontare un bambinocircondato da adulti che posseggano unacompleta competenza linguistica. I bam-bini di genitori inglesi o cinesi, per esem-pio, si trovano davanti modelli ben defini-ti da seguire. Anche se i loro errori ven-gono corretti direttamente solo di rado,hanno quasi sempre la possibilità di con-frontare i loro modi di esprimersi conquelli di persone di età maggiore, e dicorreggerli quand'è necessario. Una voltache abbiano appreso a padroneggiare lestrutture più semplici della loro lingua,sono loro facilmente disponibili strutturepiù complesse.

Per il figlio di immigranti nato in Ha-waii non c'era invece un modello lingui-stico costante per l'ordine fondamentaledelle parole in frasi semplici e spesso nonc'era addirittura alcun modello per lestrutture più complesse del linguaggio.Molti di tali bambini erano nati da genito-ri appartenenti a popoli o a razze diversi,cosicché anche a casa avevano poche oc-casioni di parlare la lingua nativa dell'unoo dell'altro genitore. Inoltre, anche fra ibambini che non erano nati da genitori dilingua diversa, esistevano incentivi consi-derevoli a favore dell'abbandono dellalingua nativa.dei genitori e dell'adozionedi una qualche versione del pidgin incompagnia di bambini di pari età e diadulti vicini di casa. Come i bambini im-migrati di prima generazione in altre re-gioni del mondo, i figli di immigranti inHawaii divennero spesso bilingui o anchetrilingui, e adottarono la lingua comunedei loro coetanei come lingua nativa,nonostante gli sforzi considerevoli com-piuti spesso dai loro genitori per conser-vare la lingua dei loro avi.

T documenti storici disponibili sono in1- accordo con l'ipotesi che la strutturadel creolo si sia formata senza prestiti si-gnificativi da parte di altre lingue. Bam-bini bilingui o trilingui in età scolare nonhanno bisogno di mescolare i caratteristrutturali delle lingue che parlano (e disolito infatti non lo fanno), e non vi èragione di supporre che tali ibridi lingui-stici fossero comuni in Hawaii. L'argo-mento più convincente a favore dell'ori-

gine autonoma del creolo è però l'uni-formità che si osserva in esso. In chemodo, in una sola generazione, da quelguazzabuglio linguistico che era il pidginin Hawaii si sviluppò una lingua così coe-rente e uniforme? Anche se tutti i figlidegli immigranti di varia origine avesserocominciato imparando la lingua dei lorogenitori, e anche se le differenze fra i varipidgin fossero poi state smussate in con-seguenza dei rapporti e contatti fra i bam-bini, l'omogeneità della lingua che si svi-luppò continua a richiedere una spiega-zione. Cinquant'anni di contatti fra adultiche parlavano il pidgin non erano statisufficienti a cancellare le differenze fra igruppi linguistici nazionali; l'omogeneitàdev'essere stata il risultato delle differen-ze fra bambini e adulti.

Qualcuno potrebbe supporre nondi-meno che l'uniformità strutturale delcreolo sia derivata da certe strutture diuna delle lingue ancestrali o forse da certestrutture dell'inglese, la lingua dei pro-prietari delle piantagioni. Esistono perònumerose differenze fra la struttura delcreolo e la struttura di ciascuna delle lin-gue con cui coloro che parlavano il creolopotrebbero essere venuti in contatto. Ininglese, per esempio, è possibile riferirsi aun oggetto o a un gruppo di oggetti in unmodo non specifico, ma la grammaticainglese costringe chi parla a dire in antici-po se il numero di oggetti non specificati èuno o più, singolare o plurale. Si deve dire«I am going to the store to buy a shirt»(«Vado in negozio a comprare una cami-cia») oppure «I am going to the store tobuy shirts» («Vado in negozio a compraredelle camicie»), anche se non ci si vuoleimpegnare in anticipo a comprare unnumero particolare di camicie.

Nel creolo si può usare una formagrammaticalmente neutra per evitare dispecificare il numero: «I stay go da storefor buy shirt» («Vado al negozio a com-prare camicia»). Nel creolo, inoltre, l'ag-giunta al nome di un articolo determinati-vo o indeterminativo muta il significatodella frase. Dicendo «I stay go da store forbuy one shirt», chi parla dice che la cami-cia è una camicia specifica; nella frase «Istay go da store for buy da shirt» presup-pone inoltre che l'ascoltatore abbia giàfamiliarità con la camicia che chi parla vaa comprare.

Molti altri caratteri distinguono il creo-lo dall'inglese. Mentre in inglese c'è untempo passato che è contrassegnato disolito con una desinenza «-ed», nel creoloc'è un tempo chiamato tempo anterioreche è contrassegnato da «bin» per le per-sone più anziane e da «wen» per quellepiù giovani. Il tempo anteriore è simile inqualche misura al trapassato prossimo, ilpast perfect inglese: «had walked» («ave-vo camminato») in inglese è «bin walk» increolo, e «walked» («camminavo») ininglese è semplicemente «walk» in creo-lo. Per distinguere azioni o processi irrea-li, o possibili, da azioni o processi reali,l'inglese usa il condizionale o il futuro.Nel creolo tutte quelle circostanze irrealisono espresse con la particella «go», cheviene anteposta al verbo principale e che

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VERBI NON STATIVIFORMA VERBALE

VERBI STATIVI

,EOLO HAWAIIANO CREOLO HAITIANO SRANAN CREOLO HAWAIIANO CREOLO HAITIANO SRANAN

FORMA BASE («HE WALKED»; «HE LOVES») VVALK[«EGLI CAMMINÒ»: «EGLI AMA..]

LI MAGHE A WAKA HE LOVE LI RÉMÉ A LOBI

ANTERIORE («HE HAD WALKED» «HE LOVED») BIN WALK[«EGLI AVEVA CAMMINATO»; «EGLI AMÒ»]

LI Te MACHe A BEN WAKA HE BIN LOVE LI TE RÈMÈ A BEN LOBI

IRREALE («HE WILL/WOULD WALK», «HE WILL/WOULD LOVE») GO WALK[«EGLI CAMMINERA/CAMMINEREBBE»; «EGLI AMERAJAMEREBBE»]

L AV(A) MACHe A SA WAKA HE GO LOVE L'AV(A) REMÉ A SA LOBI

NON PUNTUALE («HE ISiWAS WALKING») STAY WALK[«EGLI STA/STAVA CAMMINANDO»]

L'AP MACHÉ A E WAKA

ANTERIORE + IRREALE («HE WOULD HAVE WALKED» «HE WOULD HAVE LOVED-) BIN GO WALK[«EGLI AVREBBE CAMMINATO-, «EGLI AVREBBE AMATO»]

LI T'AV(A) MACHE A BEN SA WAKA HE BIN GO LOVE LI T'AV(A) RÉMÈ A BEN SA LOBI

ANTERIORE + NON PUNTUALE («HE WAS/HAD BEEN WALKING-) BIN STAY WALK(«EGLI STAVA CAMMINANDO»]

LI T'AP MACHE A BEN E WAKA

IRREALE + NON PUNTUALE («HE WILL/WOULD BE WALKING») GO STAY WALK(»EGLI STARAISTAREBBE CAMMINANDO»)L'AV AP MACHÉ A SA E WAKA

ANTERIORE + IRREALE + NON PUNTUALE («HE WOULD HAVE BEEN WALKING») BIN GO STAY WALK]..EGLI SAREBBE ANDATO CAMMINANDO»]

LI T'AV AP MAGHE A BEN SA E WAKA

La coniugazione del verbo è simile in tutte le lingue creole, nonostante le superficiali differenzelessicali. Il sistema creolo è inoltre del tutto distinto da quello che si incontra nell'inglese e nellamaggior parte delle altre lingue. La tabella fornisce coniugazioni nel creolo ha» afiano, nel creolohaitiano e nello sranan, il creoloinglese parlato nel Suriname. l'ex Guiana Olandese, per verbistativi e non stativi. I verbi stativi sono verbi come «like», «mani», e «lov e», che non possonoformare l'aspetto non puntuale; in inglese, per esempio, non si può aggiungere il suffisso «-ing» a

un verbo stativo finito. La forma base si riferisce al presente per i verbistativi e al passato per i non stativi. Il tempo anteriore equivale grossomodo al tempo passato (passato remoto) inglese per i verbi stativi e alpast perfect tense (trapassato prossimo) per i verbi non stativi. Il modoirreale comprende futuro, condizionale e congiuntivo dell'inglese. Intutte le lingue creole la particella per il tempo anteriore precede quella

per il modo irreale, e quest'ultima precede la particella per l'aspettofinito dell'azione. Nel creolo hawaiiano, però, «He bin go walk» è venu-to a significare «He alked» («camminò») anziché «He would bavewalked» («Avrebbe camminato»), e le forme «He bin stay walk», «Hego stay walk» e «He bin go stay walk», diffuse prima degli anni quaranta,sono ora quasi estinte a causa della crescente influenza dell'inglese.

segna quella che i linguisti chiamano lamodalità. Per esempio, la frase «Se avessiuna macchina, la userei per andare acasa» («If I had a car, I would drivehome») viene resa in creolo con «If I binget car, I go drive home».

Esiste anche un verbo ausiliare creoloche contrassegna quello che i linguistichiamano aspetto; anch'esso viene ante-posto al verbo principale e indica che l'a-zione espressa dal verbo non è finita, o inaltri termini che è ripetuta, abituale, con-tinua o incompleta. Per dire «Ogni seracorro nel Parco Kapiolani» («I run inKapiolani Park every evening»), in creolosi deve dire «I stay run in Kapiolani Parkevery evening». Se chi parla in creoloomette la particella «stay», si intende chel'azione è completata o non ripetitiva.

In inglese non vi è alcun modo semplice per distinguere fra intenzioni che si

sono realizzate e intenzioni che non sonoandate a buon termine. La frase «Johnwent to Honolulu to see Mary» («Johnandò a Honolulu per vedere Mary») nonspecifica se John sia o no riuscito a vedereMary. Nella grammatica creola que-st'ambiguità dev'essere risolta. Se Johnvide Mary e chi parla in creolo sa che Johnvide Mary, egli deve dire «John bin goHonolulu go see Mary». Se John non videMary o se chi parla non sa se John abbia ono visto Mary, egli deve dire: «John bingo Honolulu for see Mary».

Distinzioni simili possono essere stabi-lite fra la struttura grammaticale del creo-lo e la struttura di altre lingue di contatto,come l'hawaiiano, l'ilocano (la lingua par-lata nella parte settentrionale dell'isola diLuzon, nelle Filippine) e il giapponese. Visono anche somiglianze, ma per la mag-gior parte sono limitate a espressioniidiomatiche. Per esempio, l'espressionecreola «O the pretty» che significa «Chebello/a» («How pretty he [she/it] is»), èuna traduzione letterale dell'hawaiiano«O ka nani». Per lo più, però, le nostrericerche fanno ritenere molto probabileche le strutture fondamentali del creolodifferiscano da quelle delle altre lingue. Sipotrebbe pensare che alcuni figli di immi-granti abbiano trasferito la struttura dellelingue native dei loro genitori nella linguacreola in evoluzione, ma non è così. Lestrutture linguistiche disponibili ai bam-bini non furono manifestamente usatenello sviluppo del creolo.

Anche se si potesse dimostrare che tut-te le strutture grammaticali del creolofurono prese a prestito. con lo stile del«self-service», dall'una o dall'altra linguadi contatto, l'uniformità del creolo pre-senterebbe un problema di difficile solu-zione: in che modo coloro che inventaro-no il creolo pervennero ad accordarsi suquali strutture prendere a prestito e daquali lingue? Senza un tale accordo ilcreolo non potrebbe essere così uniformecom'è in realtà. Pare nondimeno moltoimprobabile che un tale accordo potesseessere raggiunto così rapidamente. Se vifossero stati prestiti massicci da lingueancestrali, le differenze nelle versioni delcreolo parlate da vari gruppi sarebbero

persistite per almeno una generazioneoltre la prima.

Nell'uniformità del creolo hawaiiano viè un'altra dimensione. Risulta che le lin-gue creole di tutto il mondo presentano lastessa uniformità, e anche le stesse strut-ture grammaticali, che si osservano inHawaii. Questa scoperta è tanto più note-vole quando la si mette a riscontro con lescarsissime corrispondenze strutturali dame notate fra il creolo hawaiiano e altrelingue di contatto in Hawaii. Per esempio,la distinzione esistente nel creolo ha-waiiano fra numero singolare, plurale eneutro si riscontra anche in tutte le altrelingue creole. Similmente, in tutte le altrelingue creole vi sono tre particelle inva-rianti che fungono da verbi ausiliari e cor-rispondono all'uso di «bin», «go» e«stay» nel creolo hawaiiano.

Nel creolofrancese di Haiti, per esem-pio. la parola «té» contrassegna il tempoanteriore del verbo, la parola «av(a)» in-dica la modalità irreale e la parola «ap»caratterizza l'aspetto del verbo come nonfinito. Così nel creolo haitiano la frase«stavo camminando» è resa con «m [moi]t'ap [té + ap] maché». Similmente, nellosranan, un creoloinglese che si parla nelSuriname (l'ex Guiana Olandese), la par-ticella del tempo anteriore è «ben», quel-la della modalità irreale è «sa» e quelladell'aspetto non finito del verbo è «e». Lafrase «Avrebbe camminato» («He wouldhave been walking») è resa «A [he] ben sae waka». Fatto molto importante, in tuttele lingue creole esiste un ordine rigorosoche dev'essere seguito quando in unaproposizione sono presenti più particelle.La particella del tempo precede quelladella modalità, e questa precede la parti-cella dell'aspetto.

Consideriamo infine la distinzionegrammaticale che ho notato fra intenzioni

realizzate e non realizzate. La stessa di-stinzione, assente nell'inglese, si trova intutte le lingue creole. Nel creolo mauri-ziano, un creolofrancese parlato nell'isolaMauritius. una frase come «Decise dimangiare carne» può essere espressa indue modi. Se il soggetto della proposizio-ne è riuscito a realizzare la sua decisione,la frase è resa «Li ti desid al màz lavian»,che significa letteralmente « Decise diandare a mangiare carne» («Il décidad'aller manger de la viande»). Se la deci-sione non fu realizzata, la frase è resacome «Li ti desid pu màz lavian», lette-ralmente « Decise per mangiare carne»(«Il décida pour manger de la viande»).Nel creolo giamaicano la frase «Andò alavarsi» («He went to wash») dev'essereresa o come «Im gaan fi bied» («Andòcon l'intenzione di lavarsi») o come «Imgaan go bied» («Andò a lavarsi e realizzòciò che si era proposto»).

Questi esempi danno solo un'idea del-l'estensione delle somiglianze strutturaliesitenti fra le lingue creole. Pare che lesomiglianze non risentano della grandedispersione geografica delle lingue creolee della variazione fra olandese, inglese efrancese, da cui esse attingono la maggiorparte del loro vocabolario. Studiosi comeHugo Schuchardt cominciarono a richia-mare l'attenzione sulla somiglianza fra levarie lingue creole nell'Ottocento, e neldecennio 1960-1970 molti esempi furonoesplorati in studi minuziosi da DouglasTaylor, Robert Wallace Thompson del-l'Università delle Indie occidentali e daKeith Whinnon dell'Università di Exeter.Così ancor prima che il creolo hawaiianofosse ragionevolmente ben compreso, lesomiglianze grammaticali fra le linguecreole del mondo furono riconosciutecome una scoperta importante che richie-deva una spiegazione.

T ad prima reazione del linguista a una tale scoperta è quella di ricercare un ante-cedente comune delle lingue simili. Peresempio, è stata formulata la congetturache l'antecedente linguistico sia stata unalingua di contatto formatasi dal portoghe-se e da certe lingue dell'Africa occidenta-le nel corso delle prime esplorazioni por-toghesi dell'Africa nel Quattrocento e nelCinquecento. Secondo quest'ipotesi,questa lingua di contatto sarebbe statasuccessivamente diffusa in tutto il mondoda naviganti portoghesi, mutando il suovocabolario, ma non la sua sintassi o lasua semantica man mano che entravanella sfera d'influenza di un'altra poten-za coloniale. Superficialmente una talespiegazione potrebbe sembrare in accor-do con lo sviluppo del creolo a Hawaiiperché molti contadini provenienti daaree controllate dai portoghesi furonoportati nell'arcipelago nel periodo com-preso tra gli ultimi decenni dell'Ottocen-to e l'inizio del nostro secolo.

Questa spiegazione però presenta variepecche gravi. Innanzitutto il creolo ha-waiiano presenta ben poca somiglianzacon ciascuna delle lingue di contatto,compreso il portoghese. In secondo luo-go, vi è molta esagerazione nella tesi cheesista una somiglianza linguistica fra lelingue creole e il portoghese, o fra le lin-gue creole e talune lingue dell'Africa oc-cidentale. Fatto molto importante, il no-stro studio di centinaia di persone cheparlano il creolo hawaiiano ha chiaritoche questa lingua ha avuto origine quasicertamente in Hawaii. Non abbiamo tro-vato alcun immigrante sopravvissuto cheparlasse qualcosa di simile a una linguacreola, ma tutti gli immigranti da noi stu-diati parlano una qualche varietà di pid-gin. Se il creolo hawaiiano fosse prima-riamente una lingua importata, sarebbe

stato trasportato in Hawaii da immigrantie presumibilmente sarebbe stato impara-to da altri fra la popolazione immigrata. Sideve concludere perciò che il creolo ha-waiiano sorse fra i figli di immigranti, chesono lo strato della popolazione in cui sitrova oggi. Inoltre, se una lingua creolapoté svilupparsi in Hawaii senza un ante-cedente, essa può avere origine anche al-trove in un modo simile.

Queste scoperte hanno implicazioni divasta portata. Poiché le strutture gram-maticali delle lingue creole sono più simi-li fra loro di quanto non lo siano rispettoalle strutture di alcun'altra lingua, è ra-gionevole supporre che la maggior partedelle lingue creole, se non tutte, sianostate inventate dai figli di immigranti cheparlavano una lingua pidgin. Inoltre,poiché le lingue creole devono essere sta-te inventate in condizioni di isolamento,è probabile che una capacità generale,comune a tutti gli uomini, sia il fattoreresponsabile delle somiglianze linguisti-che riscontrate fra loro.

L'ipotesi che gli uomini siano biologi-camente predisposti a usare il linguaggionon è nuova: da più di due decenni NoamChomsky, del Massachusetts Institute ofTechnology, è venuto sostenendo che allabase di tutte le lingue umane sta unagrammatica innata universale. Questagrammatica universale è postulata ingrande misura adducendo l'argomentoche solo per suo mezzo i bambini potreb-bero acquisire un sistema così complessocome una lingua umana nel breve tempoin cui la apprendono di fatto. Studi com-piuti dal defunto Eric. H. Lenneberg ten-dono a confermare le ipotesi di Chomsky.L'acquisizione di una lingua assomiglia adaltri aspetti complessi e flessibili del com-portamento infantile, come il camminare,che sono controllati senza dubbio in qual-

che misura dallo sviluppo neurofisiologi-co. La grammatica universale congettura-ta da Chomsky è un dispositivo di calcolo,realizzato in qualche modo a livello neu-rologico, che mette a disposizione delbambino una vasta gamma di modelligrammaticali. Secondo Chomsky, il bam-bino deve allora «scegliere» quale deimodelli grammaticali disponibili corri-sponde alla grammatica della lingua dellapopolazione in cui egli è nato.

I materiali tratti da lingue creole fannopensare che l'acquisizione della primalingua sia mediata da un dispositivo inna-to di genere piuttosto diverso. Anzichérendere disponibile al bambino una seriedi modelli grammaticali, il dispositivo glifornisce un modello grammaticale singoloe abbastanza specifico. Solo nelle comu-nità che parlavano una lingua pidgin, nel-le quali non esisteva un modello gramma-ticale in grado di competere con la gram-matica innata del bambino, il modellogrammaticale innato non fu infine sop-presso. La grammatica innata fu allorarivestita col vocabolario localmente di-sponibile, dando origine alle lingue creoleoggi esistenti.

e implicazioni di quest'ipotesi mettonoin discussione un'idea che la maggior

parte dei linguisti. Chomsky compreso,ha accettato tacitamente per molti anni,ossia che nessuna lingua del mondo è piùfacile o più difficile da imparare per unbambino rispetto ad altre lingue. Comemai, allora, non tutti i bambini cresconoparlando una lingua creola? La risposta èche in realtà essi fanno del loro meglio perapprendere una lingua del genere. Lepersone che li circondano, però, conti-nuano a parlare l'inglese o l'italiano o unaqualche altra lingua, cosicché il bambinodeve modificare la grammatica del suo

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PAPIA KRISTANG (P)CABOVERDIENSE (P)

ZAMBOANGUENO (S)

TOK PISIN (I)KRIO (I)CREOLOINGLESE HAWAIIANO (I).

CREOLO DELLESEYCHELLES (F)

A ARABO

F FRANCESE

/ INGLESE

O OLANDESE

P PORTOGHESE

S SPAGNOLO

CREOLOCREOLO DI MAURIZIANO (F)

REUNION (F)

SA0 TOMENSE (P)PRINCIPIENSE (P)

ANGOLAR (P)

CREOLO DELLALUISIANA (F)

GULLAH (I)

CREOLO HAITIANO (F)

NEGROOLANDESE (0)

CREOLO DI BELIZE (1) CREOLO GIAMAICANO (/)

PAPIAMENTU (P)

CREOLO DELLEPICCOLE ANTILLE (F)

o.

CREOLO GUIANESE (I)

DJUKA (/)

SRANAN (I)CREOLO OLANDESE

DELLA GUIANA (0)

PALENQUERO (S)

SARAMACCAN (I, P)

NEGROF ANCESEDELLA GUIANA (F)

La distribuzione delle lingue creole in tutto il mondo riflette le circo-stanze storiche del loro sviluppo. Quasi tutte le lingue creole ebberoorigine su litorali tropicali isolati o su isole, dove potenze colonialiavevano stabilito colonie agricole fondate su mano d'opera immigrata a

buon mercato. La dispersione geografica delle colonie fa pensare che lelingue creole si siano sviluppate in reciproca indipendenza. Le letterefra parentesi dopo il nome di ciascuna lingua indicano la lingua colonia-le da cui è attinta la maggior parte del vocabolario della lingua creola.

LINGUAGGIO INFANTILE CREOLOINGLESI VERSIONE ITALIANA

Where I can put it? Where I can put om? (Hawaii) Dove posso metterlo?

Daddy throw the nother rock Daddy t'row one neda rock'tone. (Jamaica) Papà tira l'altra pietra.

I go full Angela bucket. I go full Angela bucket. (Guyana) Andrò a riempire il secchio di Angela.

Lookit a boy play ball. Luku one boy a play ball. (Jamaica) Guarda un ragazzo che gioca a palla.

Nobody don't like me. Nobody no like me. (Guyana) Nessuno ha simpatia per me.

I no like do that. I no like do that. (Hawaii) Non ho voglia di farlo.

Johnny big more than me. Johnny big more than me. (Jamaica) Johnny è più grande di me.

Let Daddy get pen write it. Make Daddy get pen write am. (Guyana) Dà a papà una penna per scrivere.

I more better than Johnny. I more better than Johnny. (Hawaii) lo sono molto meglio di Johnny.

Le frasi pronunciate da bambini di età compresa fra due e quattro anni,tutti nati da genitori di lingua inglese, sono molto simili a frasi nelle lin-gue creoloinglesi. Le somiglianze fra lingue creole e la loro probabileindipendenza fanno pensare che tali lingue si sviluppino fra i bambini

quando non vi sia una lingua nativa che funga da modello. L'autoresuppone che se dei bambini fossero tolti dalla loro comunità nativa dilingua inglese all'età di due anni circa, crescerebbero parlando una lin-gua dal vocabolario primariamente inglese, ma dalla grammatica creola.

creolo nativo finché essa si conforma aquella della lingua locale.

Per verificare quest'ipotesi sono rile-vanti due tipi di prove linguistiche. Innan-zitutto, se una qualche struttura gramma-ticale del creolo è in disaccordo con lastruttura grammaticale corrispondentedella lingua locale, si dovrebbe trovareche i bambini compiono errori sistematicirispetto alla struttura della lingua locale.D'altra parte, se le due strutture gramma-ticali tendono a essere in accordo fra loro,si dovrebbe trovare un 'acquisizioneestremamente precoce, rapida e correttadella struttura della lingua locale.

Consideriamo l'errore sistematico os-servato da David McNeill dell'Universitàdel Michigan nella parlata di un bambinodi quattro anni. In una delle sedute diosservazione di McNeill, il bambino silagnò «Nobody don't like me», e la madredel bambino rispose correggendo la frase:«Nobody likes me» («Nessuno ha simpa-tia per me»). Il bambino ripeté la frase ela madre ripeté la correzione, e la scena sireiterò almeno otto volte. Infine il bam-bino cambiò la frase e gridò esasperato«Nobody don't likes me».

L'errore si riscontra in molti bambini dilingua inglese di età compresa fra tre annie mezzo e quattro anni, compresi bambiniche non sono esposti a dialetti inglesi cheusano la doppia negazione. Vi sono moltealtre lingue, come il francese e lo spagno-lo, che usano la doppia negazione, ma leuniche lingue che ammettono soggettinegativi con verbi negativi sono linguecreole. Per esempio, nel papia kristang, lalingua creoloportoghese della penisola diMalacca, si può dire «Angkosa nte mer-simentu», letteralmente, «Niente non havalore» («Non c'è niente che abbia valo-re»). Nel creolo guianese, che è fondatosull'inglese e viene parlato nella Guyana(ex Guiana Britannica), si può dire: «Nondag na bait non kyat», letteralmente: «Nodog did not bite no cat» («Nessun canenon morse nessun gatto»).

Un secondo caso di errore sistematicosi trova nel modo in cui i bambini formu-lano domande. I bambini che imparano

l'inglese evidenziano spesso le domandesolo con l'intonazione della voce; quasimai si ha inversione di soggetto e verboausiliare. Per esempio. certi bambini di-cono ripetutamente frasi come « You canfix this?», pur avendo sentito un'infinitàdi volte domande come «Can you fixthis?» («Puoi riparare questo?»). Simil-mente, nessuna lingua creola distingue fradomande e frasi assertive sulla base del-l'ordine delle parole; la differenza è datadalla sola intonazione della voce.

Consideriamo la frase: «A gon' fullAngela bucket». Benché questa frase

sia inaccettabile in inglese, essa è perfet-tamente accettabile nel creolo hawaiiano,nel creolo guyanese o in qualsiasi altradelle varie lingue creoloinglesi. Essa èsinonima con la frase: «I'm going to fillAngela's bucket» («Andrò a riempire ilsecchio di Angela»), ma differisce dallastruttura della proposizione inglese neiseguenti particolari. In primo luogo, ilpronome di prima persona «I» è ridottoad «A»; in secondo luogo, il verbo ausi-liare «am» è omesso; in terzo luogo, leforme «go» o «gon» sono usate per indi-care il tempo futuro; in quarto luogo, nel-l'infinito è omessa la particella «to»; inquinto luogo, si usa l'aggettivo «full»come se fosse un verbo transitivo; e insesto luogo è omessa la «'s» del possessi-vo. Tutti questi caratteri sono tipici dellelingue creole, ma questa frase non fu pro-nunciata da una persona che parlava increolo bensì dalla figlia di tre anni di unlinguista di lingua inglese.

Quando un carattere della lingua localecorrisponde alla struttura del creolo, ibambini non commettono errori chesembrerebbero altrimenti del tutto natu-rali. Per esempio, i bambini che imparanol'inglese acquisiscono molto presto l'usodel suffisso «-ing», che esprime la duratadi un'azione. Già prima dei due anni ibambini dicono cose come «I sitting highchair» («Sono seduto sul seggiolone»),dove il verbo esprime un'azione che dura.Ci si attenderebbe che, una volta acquisi-to il suffisso, esso venisse applicato a ogni

verbo possibile, esattamente come il suf-fisso «-s» tipico del plurale inglese vienespesso ipergeneralizzato e applicato anomi come «foot» e «sheep».

Ci si attenderebbe perciò che i bambi-ni pronunciassero frasi sgrammaticate,come «I liking Mommy» («Amo la mam-ma») o «I wanting candy» («Voglio lacaramella»). Curiosamente, questi errorinon si verificano quasi mai. Pare che ibambini sappiano implicitamente cheverbi inglesi come «like» e «want», chesono chiamati verbi stativi, non possonoricevere il suffisso «-ing» per indicare ladurata. La distinzione fra verbi stativi enon stativi è però fondamentale per lelingue creole, e neppure nelle lingue creo-le si può usare un indicatore della conti-nuità dell'azione con un verbo stativo.

La distinzione fra riferimento specificoe non specifico, di cui ho già parlato, è uncarattere importante delle lingue creole.In inglese la distinzione può essere sottile,ma i bambini piccoli la acquisiscono non-dimeno con facilità. Michael P. Maratsos,dell'Università del Minnesota, costruìuna serie di frasi da far completare abambini, per le quali le parti mancanti di-pendevano dalla distinzione fra riferimen-to specifico e riferimento non specifico.Per esempio, la proposizione «John nonha mai letto un libro», che fa un riferi-mento non specifico al sostantivo «libro»,può essere completata col periodo «e nonleggerà mai un libro», ma non col periodo«e non leggerà mai il libro». Similmente,la frase «Ieri John lesse un libro», in cui èpresupposto un libro specifico, può esserecompletata con la frase «e apprezzò mol-to il libro», ma non con la frase «e apprez-zò molto un libro». A tre anni di età ibambini sono in grado di stabilire corret-tamente queste distinzioni nel 90 per cen-to dei casi.

Si dovranno compiere molti altri studisull'acquisizione del linguaggio prima chela struttura delle lingue creole possa esse-re saldamente accettata come base del-l'acquisizione della prima lingua. DanielIsaac Slobin, dell'Università della Cali-fornia a Berkeley, ha formulato l'ipotesi

che esistano una serie di processi che ibambini applicano alla lingua cui sianoesposti, qualunque essa sia; processi cheegli chiama «grammatica infantile dibase». Nell'opera più recente di Slobin,che non è stata ancora pubblicata, si cita-no prove da varie lingue a sostegno diquest'ipotesi, e oggi pare che la gramma-tica infantile di base e le lingue creolepossano avere molto in comune.

Q e le lingue creole rappresentano la ma-nifestazione di un programma neurolo-

gicamente determinato di sviluppo infanti-le, Psammetico non fu affatto così folle co-me fu ritenuto. Potrebbe infatti essere pos-sibile scoprire, almeno nelle grandi linee, lastruttura del linguaggio umano nelle primefasi del suo sviluppo. Inoltre, nel tentativodi ricostruire una tale lingua, i linguisti po-trebbero essere in grado di rispondere a do-

mande che il faraone non si pose neppure:in che modo ebbe origine il linguaggio uma-no? Quali sono le condizioni preliminariminime perché una qualche forma di lin-guaggio possa avere origine in una specie?Se sarà possibile fornire una risposta a talidomande, o almeno se sarà possibile formu-larle in modo preciso e coerente, saremomolto più vicini a comprendere che cosarenda la specie umana diversa dalle altre.

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