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f*v* .% Metodo Freud L'USCITA NELLE SALE ITALIANE, IL 30 SETTEMBRE, DI 4 PAHCEROUS METHOD DI DAVID CRONENBERG RILANCIA LA FIGURA DEL PADRE DELLA PSICOANAUSI, DA PABST A WOODY ALLEN ISPIRATORE DIRETTO E INDIRETTO DEL CINEMA. STORIA DI UN RAPPORTO CONFIDENZIALE NON SEMPRE FACILE, E CON IN GIOCO IL COMUNE DESIDERIO DI RACCONTARE I SOGNI DI MAURO CERVASINI S e Shakespeare ha ispirato metà dei copioni della Storia del Cinema, Freud ha influenzato tutti gli altri. Non si sfugge al richiamo dell'inventore della psicoanalisi, nessun genere è im- mune alle sue teorie: né il pragmatico western, dove a volte è il barman del sa- loon a essere investito di un ruolo psi- coterapeutico, né la più affine commedia (e anche in questo caso, chi sta dall'altra parte del bancone esercita un ruolo simi- le, come dimostra lo strepitoso Vincent Gardenia in Skin Deep. Il piacere è tutto mio di Blake Edwards). Non fraintendete, il rapporto tra Freud e la Settima Arte non è questione di "bevute", ma risulta paritario fin dalle origini. Si comincia a catturare immagini in movimento nel 1895, proprio mentre lo scienziato austria- co a Vienna interpreta il primo sogno. Psicoanalisi e cinema sono entrambi figli del "secolo breve", dei suoi positivistici entusiasmi e dei suoi orrori, delle conta- minazioni culturali e delle certezze scien- tifiche. Ci saranno reciproci ripudi, come dimostra la tormentata storia di / misteri Viggo Mortensen (New York, 20 ottobre 1958) é Freud in una leena di A Dangerous Melhod, Nelle pagine seguenti, altri momenti del film con Michael Faubender, «eira Knightley e ancora Mortemen. di un'anima di Pabst (vedi filmografìa) che in origine doveva essere scritto dallo stesso Freud, salvo decretare il suo allon- tanamento dalla Settima Arte con parole anche dure (specie nei confronti del re- gista tedesco). Il cinema si "vendica" anni dopo grazie alla battuta fulminante del più freudiano dei registi, Woody Alien: «La mia rottura con Freud è avvenuta sulla questione dell'invidia del pene, lui credeva che fosse limitata alle donne» (ZeUg, 1983). Soprattutto nel cinema americano la psi- coanalisi è predominante, come codice narrativo e interpretativo degli uomini e del mondo. Non è difficile capire perché: Hollywood, come la teoria freudiana, è figlia della cultura ebraica (o almeno lo è in buona parte), ma va detto che cineasti estranei a questa comunanza etni- co/religiosa hanno dato contributi fonda- mentali (il caso più eclatante è chiara- mente il cattolico Hitchcock con titoli quali lo ti salverò e Marnie). E lontano dalla Mecca del Cinema un altro cattoli- co, benché ateo, don Luis Bufiuel, spiegò di essersi esplicitamente ispirato a^ FILMTV 9 FRASSINELLI

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Page 1: Metodo Freud - Sperling & Kupfer Editore · Hollywood , come l a teori freudiana è figlia della cultura ebraica (o almeno lo è in buona parte), ma va detto che cineasti estranei

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Metodo Freud L'USCITA NELLE SALE ITALIANE, IL 30 SETTEMBRE, DI 4 PAHCEROUS METHOD

DI DAVID CRONENBERG RILANCIA LA FIGURA DEL PADRE DELLA

PSICOANAUSI, DA PABST A WOODY ALLEN ISPIRATORE DIRETTO E INDIRETTO

DEL CINEMA. STORIA DI UN RAPPORTO CONFIDENZIALE NON SEMPRE FACILE,

E CON IN GIOCO IL COMUNE DESIDERIO DI RACCONTARE I SOGNI

DI MAURO CERVASINI

S e Shakespeare ha ispirato metà dei copioni della Storia del Cinema, Freud ha influenzato tutti gli altri.

Non si sfugge al richiamo dell'inventore della psicoanalisi, nessun genere è im­mune alle sue teorie: né il pragmatico western, dove a volte è il barman del sa­loon a essere investito di un ruolo psi­coterapeutico, né la più affine commedia (e anche in questo caso, chi sta dall'altra parte del bancone esercita un ruolo simi­le, come dimostra lo strepitoso Vincent Gardenia in Skin Deep. Il piacere è tutto

mio di Blake Edwards). Non fraintendete, il rapporto tra Freud e la Settima Arte non è questione di "bevute", ma risulta paritario fin dalle origini. Si comincia a catturare immagini in movimento nel 1895, proprio mentre lo scienziato austria­co a Vienna interpreta il primo sogno. Psicoanalisi e cinema sono entrambi figli del "secolo breve", dei suoi positivistici entusiasmi e dei suoi orrori, delle conta­minazioni culturali e delle certezze scien­tifiche. Ci saranno reciproci ripudi, come dimostra la tormentata storia di / misteri

Viggo Mortensen (New York, 20 ottobre

1958) é Freud in una leena di A Dangerous Melhod,

Nelle pagine seguenti, altri momenti del film

con Michael Faubender, «eira Knightley

e ancora Mortemen.

di un'anima di Pabst (vedi filmografìa) che in origine doveva essere scritto dallo stesso Freud, salvo decretare il suo allon­tanamento dalla Settima Arte con parole anche dure (specie nei confronti del re­gista tedesco). Il cinema si "vendica" anni dopo grazie alla battuta fulminante del più freudiano dei registi, Woody Alien: «La mia rottura con Freud è avvenuta sulla questione dell'invidia del pene, lui credeva che fosse limitata alle donne» (ZeUg, 1983).

Soprattutto nel cinema americano la psi­coanalisi è predominante, come codice narrativo e interpretativo degli uomini e del mondo. Non è difficile capire perché: Hollywood, come la teoria freudiana, è figlia della cultura ebraica (o almeno lo è in buona parte), ma va detto che cineasti estranei a questa comunanza etni­co/religiosa hanno dato contributi fonda­mentali (il caso più eclatante è chiara­mente il cattolico Hitchcock con titoli quali lo ti salverò e Marnie). E lontano dalla Mecca del Cinema un altro cattoli­co, benché ateo, don Luis Bufiuel, spiegò di essersi esplicitamente ispirato a ^

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I MISTERI DI UN'ANIMA

IGeheimnitse einer Seele, Germania 19261

di Georg Wilhelm Pabtt

Storia della divorante gelosia di un uomo depresso

e vittima del complesso d'Edipo, che in origine

Pabst voleva fosse scritta direttamente da Freud.

II quale rifiutò, forse per timore che le teorie

psicoanalitiche fossero svilite dal cinema; il regista

austriaco si fece allora aiutare da due suoi allievi

diretti. Hanns Sachs e Karl Abraham, ma il risultato

fu comunque fortemente contestato dal maestro,

che maturerà una certa diffidenza nei confronti

della Settima Arte Resta un primo, affascinante

tentativo di coniugare cinema e psicoanalisi

senza abdicare alle necessità artistiche.

FREUD. PASSIONI SEGRETE

[Freud, Usa 1962]

di John Huiton

La storia dei primi anni di professione scientifica

di Freud, dall'autoanalisi all'Interpretazione

dei sogni. Lode a Huston che accettò di realizzare

un film del genere, e a Montgomery Clift

che lo interpreta come fosse una pièce

di Tennesse Williams. Ma vederlo alla recente

retrospettiva torinese dedicata al cineasta

tra capolavori quali Riflessi in un occhio d'oro

e The Dead Gente di Dublino lo rende

piccolo piccolo. Oualcuno sa se esiste

ed è consultabile la prima sceneggiatura

di Sartre rifiutata dal regista?

SHERLOCK HOLMES: SOLUZIONE

SETTEPERCENTO [ I h * Seven-PerCent

Solution, Gb/Usa 1976] di Herbert Ross

Il più grande investigatore del mondo è ormai

un cocainomane all'ultimo stadio, per questo il

fido dottor Watson gli consiglia di recarsi a Vienna

per farsi visitare da Freud. In Austria, gli toccherà

pure risolvere un delitto. Tra farsa e avventura,

un film non nelle corde di Herbert Ross, anche

se è bizzarro il Freud impersonato da Alan Arkin.

SOGNI D'ORO [Italia, 1981]

di Nanni Moretti

Michele Apicella cerca di realizzare il suo nuovo

film, La mamma di Freud, storia di un pazzo che

si crede l'inventore della psicoanalisi e vive con

•> Freud per le libere associazioni dei suoi film più surrealisti (da Un chien andalou in poi). Siamo tuttavia convinti che proprioll rapporto tra arte, psicoanal­isi ed ebraismo aiuti a impostare una seria e corretta discussione a proposito di A Dangerous Method, il film di David Cronenberg dal 30 settembre nelle sale ital­iane, dedicato al carteggio tra Freud, Jung e Fràulein Spielrein. Il giovane dottor Jung (Michael Fassbender) accetta come paziente la signorina Sabina Spielrein (Keira Knightley) affetta da gravissime patologie. Il dottore applica le teorie psi­coanalitiche, allora rivoluziona-rie, e chiede aiuto a Sigmund Freud (Viggo Mortensen) sottoponendogli il caso. Sabina migliora, Jung si innamora di lei, Freud viene coinvolto in una "ronde" epistolare dove in palio c'è la sua stessa figura di mentore e padre della psicoana­lisi. Inevitabile lo scontro con il giovane discepolo. Sul senso prevalente della sto­ria, tratta da una pièce di Christopher Hampton (anche sceneggiatore), già si è detto: tre enormi scienziati (Spielrein stessa diverrà psicoanalista di fama) si illudono attraverso la scrittura (domi­nante fin dai titoli di testa) di tenere sotto

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controllo le emozioni, maturando una sorta di onnipotenza nei confronti della Storia. Ma le pulsioni, sessuali in primis ma anche intellettuali (invidia, orgoglio), scardinano razionalità ed empirismo, mentre all'orizzonte il nazismo avanza con furia disumana. Basterebbero questi temi a fare di A Dangerous Method il grande film che è. Cronenberg però ci mette del suo nella sequenza chiave del dialogo tra Spielrein e Freud, a Vienna. L'allieva, anche con malizia femminile, confuta due affermazioni del maestro, ovvero che non vi sia alcun risentimento nei confronti del discepolo e che l'ebraismo non c'entri con la psicoanalisi e con il giudizio finale su Jung (ariano) e sulla sua relazione con Spielrein (ebrea). Ci pare, questa scena, una sorta di resa dei conli non più tra i personaggi della storia ma tra Cronen­berg, Freud e il loro sentire ebraico. Il reg­ista, laico e aconfessionale, sottolinea con ironia la propria origine e il debito verso l'uomo che ha per anni nutrito "i suoi sospiri estremi". 11 fatto poi che l'analisi dell'anima sia passata nel cinema del Nostro attraverso qualche squartamento dei corpi, non fa che rendere le sue sedute ancora più... creative v

Una relazione impossìbile Guardare un film dovrebbe essere come

seguire il percorso di un sogno. Anche se prende come soggetto il reale di vite

di personaggi, resta comunque un'opera creati­va del regista e come tale unica e interpretabile dal suo fruitore in modo personale. Sul tema del rapporto fra Freud e Jung si sono già cimen­tati registi come Faenza, con Prendimi l'anima, e ora Cronenberg e mi piace considerarli una messa in scena di una relazione d'amore fra le menti. Freud e Jung: matrimonio impossibile. Freud è ebreo, cresce nel rispetto di queste tradizioni, ma si'dichiara ateo. Si potrebbe definire un erede dell'Illuminismo settecen­tesco, darwiniano, per lui la religione è una esi­genza psicologica proiettata nella cultura, è la sopravvivenza nelfadulto del bisogno di un pensiero magico che riscontriamo nel bambino di fronte alla propria impotenza. Non può quindi accettare che un pensiero religioso possa intralciare la ricerca scientifica. Le sue deduzioni, anche relative alle teorie sessuali e allo sviluppo psicofìsico, al concetto di incon-

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la vecchia madre. Pure Apicella/Moretti vive con

la mamma: sarà matto anche lui? A interpretare

Freud, Remo Remotti, che nella sua biografia

(Diario segreto di un sopravvissuto, Einaudi)

scrive (scusate i francesismi): «La situazione

edìpica con questa giovane e bella madre

poteva fare di me quello che si chiama un frocio

perso. Mi sono salvato grazie alla mia passione

per le donne e sono diventato invece un Casanova.

Secondo gli psicoanalisti è la stessa cosa, secondo

me invece sono due cose ben diverse». Ole.

UN INCURABILE ROMANTICO

[Lovesick, Usa 19S3] di Marshall Brìckman

Lo psichiatra Dudley Moore incappa nel guaio

professionale più temibile di tutti, innamorandosi

scio e pulsione, ritrovano sempre più conferma negli attuali studi di neuroscienza. Jung, invece, era figlio di un pastore della chiesa riformista, il nonno capo del clero di Basilea. La madre insta­bile attratta dalle arti magiche. Vive solitario sino ai nove anni poi si trasferisce a Basilea. Considerato ragazzino colto, socievole, ma dif­fìcile, a volte taciturno, vulnerabile alle critiche e, già adulto e famoso, assalito da crisi religiose. Sull'architrave di pietra della sua abitazione fece scolpire la frase di Erasmo da Rotterdam «invocato o non invocato Dio sarà sempre pre­sente». Affascinato dall'occulto e dalle religioni esoteriche il suo pensiero darà ampio spazio al concetto di archetipo, inconscio collettivo, ubiquità del mistero, attrazione per il mito e l'alchimia. Il legame fra i due è documentato da una fitta corrispondenza, come si usava all'e­poca. In realtà si incontrarono solo 10 volte di persona. Freud, lusingato e affascinato dalle lodi del giovane |ung, vede in lui l'erede che avrebbe permesso alla psicoanalisi di uscire dal ghetto ebraico, sperando che cosi sarebbe stata meno contestata. Nonostante sia la moglie di Jung a mettere Freud sull'avviso della falsità della devozione del marito nei suoi confronti, lui nega. Lui, il maestro dell'inconscio, della rimozione, cade nel bisogno di avere un "figlio" che porti avanti le sue idee. Le ambizioni di Jung, che Freud sperava di poter «costringere al suo servizio», diventano incontrollabili Jung si

di una paziente. Di notte, in sogno, compare

Sigmund Freud per farlo sentire un po' in colpa.

Commedia scontata, anche se il "fantasma"

del padre della psicoanalisi, interpretato

da Sir Alee Guinness, è divertente.

PRENDIMI L'ANIMA

[Italia/Fr/Gb, 2002] di Roberto Faenxa

La stessa storia di A Dangerous Method ma

più centrata sul personaggio di Sabina Spielrein,

interpretata con trasporto da Emilia Fon. Al solito,

le ambizioni di Faenza non sono proporzionate

alle modeste capacità di creare un immaginario

fluido e convincente. Il film, anche rivisto

con le migliori intenzioni, resta un esercizio

di bella calligrafia. M.G.

sente colui che libera la psicoanalisi da un'en­fasi esclusiva sulla sessualità e chiamerà il suo modello «psicologia clinica». Nel 1906, periodo di apparente idillio, egli informa Freud di avere iniziato un'analisi a una 20enne russa, Sabina Spielrein. Nel 1909 gli scrive accusando la donna di avergli provocato un grave scandalo e negando ogni rapporto sessuale, ma evita di mettere in risalto il legame intellettuale che dà spazio alle nuove idee non in linea con quelle del Maestro. Attraverso Sabina, ritenuta da ambedue intelligente e creativa, Freud e Jung cominciano a far emergere in modo più diretto i dissensi, le divergenze, e sebbene Freud cerchi di mitigare la tensione adducendo la sedutrivi ta della donna, la rottura è inevitabile. Freud, come in altri casi, ha investito in modo precipi­toso i suoi affetti e da una cordialità incon­dizionata arriva a un distacco irreparabile. Dal canto suo Jung nelle ultime lettere mostra in modo insolente la sua indipendenza e prende a pretesto un episodio banale, "il gesto di Kreuzlingen" (Freud non gli aveva fatto visita pur essendo andato in un luogo non lontano da casa sua), per mettere in atto un gioco di forza dove lui si sente il vincitore, offeso dalla mancanza di riconoscimento di autorità dal suo "venerato maestro" di un tempo. L'ultima lettera è di Jung e data ottobre 1913. Ne scriverà un'altra nel 1923 firmandosi «il Suo devoto Jung». RITA MANFREDI

'CINEMA E PSICANALISI-

In occasione dell'uscita di A Dangerous

Method, la casa editrice Frassinelli ristampa il

libro da cui il film è tratto, Un metodo motto

pericoloso di John Kerr (1996, pp. 708, €

11.90), mentre è consigliabile il catalogo di

Newton Compton Editori se si è alla ricerca di

un testo di Freud: da 40 anni, infatti, pubblica

le sue opere. Tra queste, spiccano in particola­

re La psicoanatisi (2010, pp. 192, € 6), Totem

• tabù • arai saggi é antropologia (2010.

pp. 240, € 6), La psicoanaiisi mtanHe (2010,

pp. 288, € 6) e Sessualità e vita amorosa

(2010, pp. 240, € 6). Essendo però il cinema

forse la più introspettiva delle arti, sono tan­

tissimi i testi che intrecciano le immagini in

movimento con la psicoanalisi. In questo

senso, ottimi libri di partenza sono sicura­

mente Psicoanaiisi per I cinema di William

Indick (Dino Audino, 2005, pp. 166, € 19),

Cinema Mente e Corpo di Ignazio Senatore

(Zephyro Edizioni, 2010, pp. 512, € 28), Le

immagini della mente di Luca Casadio

(FrancoAngeli, 2004. pp. 244. € 24), La psr-

coanalsi (Astrolabio-Ubaldini. 2008, pp. 312,

€ 22), Cinema e psicanalisi di Christian Metz

e Lo schermo dei sogni. Oliavi psicoanali­

tiche del cinema di Lucilla Albano, gii ultimi

due editi entrambi da Marsilio (rispettivamen­

te, 2006. pp. 316, € 9 e 2004, pp. 193, € 9,90).

Altri titoli utili per dipanare le fitte trame che

collegano queste due sfere del pensiero sono

Tempi del cinema, tempi nel cinema. Tra

filosofia e psicoanalisi a cura di Giovanni

Invitto (Amaltea Edizioni, 2009, pp. 127. € 14),

La famiglia nel cinema a cura di Barbara De

Rosa e Massimiliano Sommantico (Liquori

Editore, 2010, pp. 90, € 9,90) e II pane degli

angeli. Storia, cinema, psicoanalisi in

cerca di una saggezza possibile di Fabio

Troncarelli (Aracne, 2005, pp. 360, € 20). Non

si possono infine non citare quei testi che si

occupano di alcuni autori interessanti dal

punto di vista psicoanalitico. In primis, natu­

ralmente Hitchcock. Citiamo quindi L'univer­

so di Hitchcock di Slavoj Zizek (Mimesis,

2008, pp. 79, € 11) e Hitchcock e la vertigine

interpretativa di Sandro Fogli (Romano

Editore, 2010, pp. 272, € 22). Dello stesso tipo

anche La psicoanalisi voi. 43-44. Il cine­

ma guarda Lacan (Astrolabio Ubaldini, 2008,

€ 22), Figure di doma nel cinema ti Jane

Campion di Chiara Mangiarotti (FrancoAngeli,

2002, pp. 144, € 13,50) e Maschile e femmi­

nile nel cinema di Pedro Almodóvar di

Francesca ed Emilia Di Lello (Aracne. 2009, pp.

72. €7). ERICA RE

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