onstage marzo 2011

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JOAN AS POLICE WOMAN | R.E.M. | MAROON 5 | DYLAN DOG | RADIOHEAD JAMES BLUNT ELISA KYLIE MINOGUE CAPAREZZA PAOLA CORTELLESI Anno V, n.39 - 1 marzo 2011 Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - LO/BS La solitudine dei numeri uno JAMIROQUAI

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Onstage Magazine marzo 2011 n. 39

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JOAN AS POLICE WOMAN | R.E.M. | MAROON 5 | DYLAN DOG | RADIOHEAD

JAMES BLUNT

ELISA

KYLIEMINOGUE

CAPAREZZA

PAOLACORTELLESI

Anno V, n.39 - 1 marzo 2011

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La solitudine dei numeri unoLa solitudine dei numeri unoJAMIROQUAI

ONSTAGE 06 MARZO

EDITORIALE

Onstage Magazine on tour - Marzo 2011ELISA: 4/5 MARZO: AUDITORIUM CONCILIAZIONE, ROMA; 8/9 MARZO: TEATRO MANZONI, BOLOGNA; 17/18/19 MARZO: TEATRO ARCIMBOLDI, MILANO; 26/27 MARZO: TEATRO FRASCHI-NI, PAVIA; KYLIE MINOGUE: 8 MARZO: MEDIOLANUM FORUM, MILANO; JAMES BLUNT: 13 MARZO: PALALOTTOMATICA, ROMA; 14 MARZO: MEDIOLANUM FORUM, MILANO; JAMIROQUAI: 30 MARZO: MEDIOLANUM FORUM, MILANO; 2 APRILE: PALAO-LIMPICO, TORINO; 3 APRILE: MANDELA FORUM, FIRENZE;

Tutti i locali di Milano e Roma dove trovi Onstage Magazine

Centri CTS dove trovi Onstage Magazine

MILANOBar Magenta, Banghrabar, Biblioteca Sormani, Blender, Bond, Cafè Milano, Cargo Colonial Cafè, Cuore, Deseo, Exploit, Felice-San Sushi, Frank Cafè, Fresco Art, Grey Cat Pub, Huggy Bar, Ied, Item, Jamaica, Julien Cafè, Ka-puziner, La Bodeguita del Medio, La Caffetteria, La Voglia Di, Le Coquetel, Le Scimmie, Lelephant, Magazzini Generali, Maxi Bar, Mom Cafè, Morgan’s, Pacino Cafè, Pharmacy Store, Refeel, Roialto Cafè, Salezucchero, Sergent Peppers, Skip Intro, Stardust, Sushi, The Good Fellas, Trattoria Toscana, Twelve, Union, Volo, Yguana ROMAAvalon Pub, Birreria Marconi, Cartolibreria Freak Out, Casina dei Pini, Circolo degli Artisti, Crazy Bull, Deja’Vu, Distillerie Clandestine, Express, Fata Morgana, Freni e Frizioni, Friend’s Art Cafè, L’Infernotto, Latte Più, Le Sorelle, Lettere, Cafè, Living Room Cafè, Locanda Atlantide, Micca Club, Mom Art, On The Rox, Open Music Cafè, Pride Pub, Rock Castle Cafè, Shanti, Simposio, Sotto Casa Di Andrea, Sotto Sotto, Tam Tam, Zen.O

BOLOGNA: Viale Filopanti 4/M FIRENZE: Borgo la Croce 42/rGENOVA: Via Colombo 21/r MILANO: C.so Porta Ticinese 100, Largo Gemelli 1 c/o ISU Univ. Cattolica, Via Carlo Bo 1 c/o IULMROMA: Via Solferino, 6-6/A, Piazza dell’Alberone 14, Piazza Irnerio 43C.so Vittorio Emanuele II 297, Via degli Ausoni 5, TORINO: Via Montebello 2/h, Corso Belgio 141/AVENEZIA: Dorsoduro Ca’ Foscari, 3252

Direttore responsabileEmanuele Vescovo

Direttore editorialeDaniele [email protected]

Art directorEros [email protected]

CaporedattoreStefano [email protected]

RedazioneFrancesca [email protected] [email protected]

Fashion editorChiara [email protected]

EditorialistiCharlie Rapino Mattia Odoli

Hanno collaboratoBlueglue, Antonio Bracco, Guido Amari, Claudio Morsenchio, Gianni Olfeni, Marco Rigamonti, Daniele Cassandro, Maurizio Ridolfo, Emanuele Mancini

Direttore marketingLuca [email protected]

Direttore commercialeFrancesco [email protected]

Amministrazione, distribuzione, logisticaMario [email protected]

Concessionaria per la pubblicità Areaconcerti srlvia Carlo De Angeli, 320141 Milanotel. 02.533558 [email protected] di Romavia Nizza, 5300198 RomaTel. [email protected]

Pubblicità Triveneto, Mantova, Emilia RomagnaEver Est Via delle Industrie, 1335010 Limena (PD)Tel. [email protected]

Pubblicità Toscana e UmbriaSara [email protected]

StampaCentro Stampa Quotidiani SpaVia dell’Industria, 5225030 Erbruso (BS)

Webhttp://www.onstageweb.comhttp://www.mylive.ithttp://www.areaconcerti.net Onstage Magazine è edito da Areaconcerti srl, via Carlo De Angeli, 320141 Milano

Registrazione al Tribunale di Milano n. 362 del 01/06/2007

Magazineempi duri per la cultura in Italia. Un taglio di qua, un crollo di là, uno scem-pio di qui e un abbandono di lì. Le responsabilità politiche, istituzionali e

imprenditoriali, di tutti i livelli del sistema-paese insomma, sono fin troppo chiare. Chi siede nelle stanze dei bottoni fa poco e male, non è un’opi-nione ma un fatto. Tuttavia non basta questa cer-tezza per circoscrivere il problema: dovremmo fare un esamino di coscienza. Quando si parla di beni comuni - la cultura è uno di questi - siamo tutti coinvolti. E non come semplici stakeholder, perchè se è vero che “portiamo interesse” per quello che succede, è altrettanto vero che abbia-mo la capacità di determinare quello che accade. In ambito di cultura musicale, ad esempio, siamo noi i primi responsabili del ritardo che accusiamo nei confronti dei paesi (teoricamente) nostri pari.

Internet per una volta non c’entra. Guardiamo all’analoga esperienza dei grandi raduni musi-cali. Ovunque, nel mondo occidentale, esiste una “cultura del festival”, intesa come voglia di par-tecipazione e condivisione di spazi e tempi che prescinde dalla parzialità del gusto musicale. È lo spirito di Woodstock (nella foto). Il pubblico vuole vivere un’esperienza, un momento collet-tivo prima che semplicemente ascoltare la band che ama. Ecco perché, ad esempio, accetta le pro-poste artistiche che non conosce con curiosità e rispetto. È una questione squisitamente culturale. In Italia tutto questo non esiste, o comunque non coinvolge la massa. I nostri festival assomigliano piuttosto a delle rassegne, il cui programma è co-struito mettendo insieme artisti che servono ad as-secondare gusti diversi perché sono i gusti diversi a guidare l’acquisto di biglietti. Andiamo ai festival per fare il tifo, come allo stadio, mica per condividere tempi e spazi. Quello che non conosciamo ci annoia e quasi ci disturba, sai che palle ascoltare un set sen-za sapere nemmeno una canzone? Qualche volta ci sono pure gli ultrà, che prendono a bottigliate chiun-que si permetta di suonare prima dell’artista per cui si sono mossi. Si tratta chiaramente di casi limite, ma è significativo che accada anche solo ogni tanto.

L’Heineken Jammin’ Festival – di cui sono stati recentemente annunciati gli headliner - è l’uni-co evento musicale italiano che tenti di adeguarsi alle realtà europee per durata e artisti coinvolti. Torniamo indietro di un anno, alla quarta giorna-ta dell’edizione 2010. In cartellone Pearl Jam, Ben Harper, Skunk Anansie, Gossip e altri. Totale pub-blico: 40.000 presenze Qualche giorno prima, ad Hyde Park (Londra), lo stesso identico cast aveva richiamato oltre 100.000 persone. Perché questa differenza? Non ci piacciono quegli artisti? Asso-lutamente no: le date di Pearl Jam in Italia vanno tutte sold out, idem Ben Harper, idem gli Skunk Anansie. Sommando la fan-base dei singoli grup-pi si superano abbondantemente le cifre registrate all’Heineken. Il fatto è che siamo campanilisti per-sino nei gusti musicali. E i promoter si adeguano.

Considerando che le band non fanno sconti sull’ingaggio semplicemente perché i festival ita-liani richiamano meno pubblico – e quindi 40.000 persone non bastano più - da noi si seguono al-tre logiche. La proposta complessiva passa in se-condo piano, si ripiega su qualche mostro sacro di casa nostra (Vasco), sull’ospite internazionale di sicuro appeal (Coldplay) e su chi farebbe car-te false (leggasi: ingaggio molto contenuto) pur di figurare come headliner in un grande evento (Negramaro). Ed ecco la line up dell’Heineken Jammin’ Festival 2012. La stessa che centinaia di inferociti “appassionati” stanno massacrando di insulti - vedere la pagina Facebook dell’evento per credere. Ognuno è libero di pensarla come vuole, ma gli insulti viaggiano nella direzione sbagliata. ll raduno di Glanstonbury è il più chiaro esem-pio di cosa si intenda per “cultura del festival”. I ticket d’ingresso vanno regolarmente sold out 7/8 mesi prima dell’inizio e quand’ancora non sono stati annunciati gli headliner. Certo, c’è una tradizione quarantennale a garantire per gli or-ganizzatori ma più di tutto c’è la voglia del pub-blico di vivere un’esperienza unica, irripetibile, che vale molto più di tutto il resto. Se questo da noi non accade, non è certo per colpa del “si-stema”. È la nostra cultura ad essere in difetto.

T

Daniele Salomone

INDICE

28 Kylie Minogue Cantautrice, attrice, stilista e produttrice: tutto questo è l’artista australiana che porta a Milano la sua voglia d’amo-re nel tour intitolato alla dea Afrodite.

38 James Blunt Il suo stile mischia pop, folk e rock melodico. Ha scritto l’ultimo album per suscitare gioia in coloro che lo ascoltano. A partire dall’Italia.

rubriche

13 Jukebox Inserite la monetina e scegliete l’ar-gomento che più vi aggrada: musica, arte, cinema, spetta-colo… C’è solo l’imbarazzo della scelta!

18 Face To Face Due grandi in-terviste: Paola Cortellesi per il suo nuovo film Nessuno mi può giudicare, e Caparezza per il suo nuovo disco Il sogno eretico.

46 Rock’n’Fashion Questo mese tocca alla bellissima Serena Abrami, dalla passerella di San Remo al nostro shooting foto-grafico.

55 What’s New I nostri consigli del mese in fatto di dischi, libri, film e videogiochi: Radiohe-ad, R.E.M., Tournée, Thomas Pyn-chon…

62 Coming Soon L’appunta-mento clou del mese prossimo è con Jovanotti. Ma ci sono decine di altri concerti consigliati ap-posta per voi da Onstage.

22 Elisa Tra “acqua” e “fuoco” Elisa riparte dalla dimensione live, presentando i brani storici in chiave acustica, i tre inediti di Ivy e la semplicità vocale della sua armonia.

32 Jamiroquai In supporto al nuovo album Rock Dust Light Star, la band capitanata da Jay Kay torna con uno show esplosivo a ritmo di funk.

ONSTAGE 08 MARZO

webÈ online il nuovo sito di Onstage Magazi-ne, al suo interno oltre al restyling grafico troverete contenuti esclusivi, il calendario di tutti i concerti, interviste live report e contest.

Onstage Magazine in collaborazione con Universal Music e Live Nation danno a 8 persone la possibilità di vincere ciascuna 2 biglietti per il concerto di Taylor Swift e 1 copia del CD Speak Now. Scopri come su www.onstageweb.com

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CELEBRATION

Tra le tante scene tragicomiche a cui il tea-trino della politica (con i tanti comprimari che gli girano attorno) ci ha obbligato ad assistere in questi anni, la polemica sull’op-portunità di festeggiare il 17 marzo è pro-babilmente la più deprimente. Immaginate democratici e repubblicani statunitensi liti-gare sul 4 luglio, la commemorazione della Dichiarazione d’indipendenza degli U.S.A....Abbiamo sentito dire che “un giorno di vacan-za in più diminuisce la redditività del paese”, e che si tratta di una “festività incostituziona-le”. È paradossale, ma ricordare l’unità d’Italia ci è servito a smascherare quanto le istituzio-ni e, di riflesso, parte dell’opinione pubblica, siano divise e soprattutto ciniche. Disposte a tutto pur di tirare l’acqua al proprio mulino.Mai come in questo momento l’Italia ha biso-gno di punti di riferimento in cui riconoscere se stessa e la sua storia, visto che questo compi-to pare non interessare a chi ne avrebbe l’one-re/onore. Ma questa non è la Terra dei Cachi.

Italia sì, Italia no

ONSTAGE 10 MARZO

CELEBRATION

ITALIA 150. Il Canto degli Italiani, conosciuto anche come Inno di Mameli o anche Fratelli d’Italia, dal suo verso introduttivo, è l’inno nazionale della Repubblica Italiana, adottato provvisoriamente il 12 ottobre 1946 e definitivamente il 17 novembre 2005.

ONSTAGE 11 MARZO

JUKEBOX

G iacca nera, jeans blu, camicia rossa e ai pie-di un paio di Clarks chiare. Se siete aspiranti indagatori dell’incubo attrezzatevi, questa è l’unica divisa che può garantirvi il successo.

Edito per la prima volta nell’ottobre del 1986, Dylan Dog esce questo mese in edicola con Piovono rane, albo numero 294, ma soprattutto esor-disce al cinema mercoledì 16 con il primo vero adattamento per il grande schermo. Quale miglior occasione per festeggiare il 25° anniversario del personaggio creato da Tiziano Sclavi? Per esempio un’altra, una qualunque, magari meno cele-brativa. Il Dylan Dog cinematografico ha poche promesse e molte premesse: 1) il fido assistente anziché Groucho Marx (la cui immagine è protetta da copyright e usarla sa-rebbe costato uno sproposito) è un certo zombie di nome Marcus; 2) il maggiolone cambia colore e diventa nero (la Disney detiene i diritti della versione bianca, ricordate Herbie?); 3) l’horror si sposta da Londra a New Orleans, dunque niente Craven Road 7, né Scotland Yard e tanti

saluti all’ispettore Bloch. A questo punto un vero fan del fumetto sarebbe già posseduto da ogni sorta di demone, figurarsi il suo creatore Tiziano Sclavi che risulta non per-venuto. Proprio Sclavi e l’editore Sergio Bonelli cedettero i diritti cinematografici di Dylan Dog molti anni fa fir-

mando un contratto che li escludeva da qualunque futura decisione al riguardo. Più un peccato che una leggerezza. Mentre il fumetto non risentirà dell’esito del film, i lettori che andranno a vederlo dovranno sperimentare un nuovo orrore, quello del tradimento. Il pregiudizio è legittimo e doveroso almeno quanto essere consapevoli che il Dylan dello schermo non sarà mai lo stesso della vignetta. Nel film, Dylan Dog avrà a che fare con vampiri, licantropi e zombie, tutti mostruosamente di moda purtroppo per non incappare nei temuti cliché del genere, ma infierire sugli

americani autori della trasposizione sarebbe ingiusto. La strada intrapresa da questi sventurati - non deludere gli accaniti fan europei arruolando al contempo nuovi esti-matori oltreoceano - non poteva che essere tortuosa. A fronte di un basso budget, circa 20 milioni di dollari, alto

è il numero di compromessi al quale sono do-vuti scendere. Tra l’altro, il precedente e pri-mo film diretto dal regista Kevin Munroe non è che deponga particolarmente a suo favore. Il titolo? Non fatevi del male, evitate di legge-

re l’interno della prossima parentesi (si tratta del film ani-mato in digitale sulle Tararughe Ninja… ecco, l’avete letto, maledizione). Ma Dylan, piuttosto? Non è Rupert Everett, il vero ispiratore dei tratti somatici del personaggio, per sopraggiunti limiti d’età. Brandon Routh (sì, quello che volava con il costume di Superman) ha l’ingrato compito di piacerci per forza, anche se non dovesse mai suonare il clarinetto, dedicarsi alla costruzione di velieri da scrivania o pronunciare, e forse è meglio così, storiche espressioni come “Giuda ballerino”.

Mentre il fumetto non risentirà dell’esito del film, i lettori che andranno a vederlo dovranno sperimentare

un nuovo orrore, quello del tradimento.

Troppo orrore per Dylan!Il film che tutti gli appassionati italiani di fumetti hanno sempre sognato? Aspettate a cantare vittoria, perché il buon Dylan Dog, senza il fido assistente Groucho, il suo maggiolino bianco e in trasferta a New Orleans, non pare essere in forma smagliante...

di Antonio Bracco

Cinema

Musica, moda, cultura, spettacolo, cinema

È possibile suonare mu-

sica soul e avere la pelle bianca? Chiede-telo ai Maroon 5 che pescano nel sound di Stevie Wonder per scalare le charts di mezzo mondo...

La celebre vj e voce radiofo-

nica Paola Maugeri, in collaborazione con Borsalino, ha dato vita a una collezio-ne di cappelli che coniugano moda e rock’n’roll.

Ha raccontato la sua storia

nel libro Educazione siberiana, ma Nicolai Lilin è anche un tatuatore. Siete ovviamente invitati alla mostra dei suoi disegni a Milano.

La bella e ta-lentuosa Joan

As Police Woman pubblica il suo nuovo eccellente lavoro e torna a trovarci per tre concerti dal vivo.

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ONSTAGE 13 MARZO

BEADY EYEI più maligni non hanno perso occasione per far notare come, se non fosse stato per la faccia e la voce di Liam Gallagher, i Beady Eye sarebbero stati etichettati come l’ennesimo gruppo rock inglese. Invece l’effetto Liam paga ancora e, pur senza il talento e l’estro creativo del fratello Noel, il quartetto pare in grado di replicare, almeno a livel-lo commerciale, una parte dei fasti che furono degli Oasis.

MOGWAIHardcore Will Never Die, But You Will. Leggermente inquie-tante il titolo del nuovo album dei Mogwai, paladini del post-rock, capaci di capolavori come Young Team e Come On Die Young che hanno definito un genere. Giunti all’ot-tavo capitolo, i cinque musicisti continuano a esplorare i confini di una musica strumentale che non smette di affa-scinare, soprattutto in sede live.

Prossimamente dal vivoPer destreggiarvi nell’offerta di marzo, ecco due ulteriori suggerimenti targati Onstage: sui palchi italiani vanno in scena la nuova band di Liam Gallagher, i Beady Eye, e gli scozzesi veterani del post-rock Mogwai, alle prese con un nuovo capitolo della loro discografia.

di Guido Amari

Musica

Le mani sull’Italia

Una decina d’anni fa i Maroon 5 cantavano «Not co-ming home». Oggi, la band americana torna con Hands All Over: un disco pensato, ideato e scritto

durante il tour del 2007, perché è proprio tra un concerto e l’altro che Adam Levine e soci scrivono la loro musica: «È un processo continuo di creativi-tà, passiamo da una città all’altra, suoniamo sul palco e quando scen-diamo ci piace fare jam session nelle quali creiamo il nostro suo-no». Una ricerca che per quest’ulti-mo lavoro si è avvalsa della collaborazione di Mutt Lange, storico produttore degli AC/DC. «L’esperienza con Mutt è stata fantastica. Una sincera collaborazione tra il nostro suono e la sua influenza. Gli abbiamo fatto sentire alcune canzoni e lui ci ha incoraggiato e spinto verso un nuovo gradino della nostra evoluzione sonora». Lange ha avuto ragione, perché Hands All Over è un “kyller hybrid” di rock, pop, funk e r’n’b che richiama da vicino Tupac Shakur e

Marvin Gaye. Radici storiche che da sempre contraddi-stinguono il riferimento dei Maroon 5, i quali citano Ste-vie Wonder come propria fonte principale di ispirazione: «Quando abbiamo cantato Happy Xmas durante la cerimo-nia “Christmas Tree” alla Casa Bianca lo scorso dicembre,

abbiamo provato una sensazione così forte che avremmo proprio voluto scriverla noi quella canzo-ne». Un’emozione da ricordare, come quella che lega i Maroon 5 e l’Italia. Un feeling, quello con

il nostro paese, talmente intenso che il prossimo album, probabilmente, la band americana lo registrerà in Toscana. «Mentre incidevamo l’album in Svizzera, in un posto iso-lato, abbiamo focalizzato il disco nel suo complesso, intra-vedendo quello che potremmo diventare con il prossimo. Lontani da casa siamo più creativi e siamo sicuri che la To-scana sarebbe il posto ideale per scrivere un disco. L’Italia è un paese incredibile».

I Maroon 5 tornano in Italia per presentare l’ultimo disco, Hands All Over. E da noi, sorpresa, vorrebbero anche fermarsi per registrare il prossimo.

Lo scorso mese vi abbiamo presentato il proget-to, ora tocca ai primi vincitori, selezionati da MTV, e alla nostra scelta personale.

CaponordSono in quattro (Davide Simo-netta, Sebastia-no Giordani, Stefano Guidi e Sebastiano Pezzoli), sono

lombardi. Nel video di Non sono matto - incentrato sulla fuga, tra i lavori milanesi per l’Expo 2015, di un peluche inseguito da una cacciatrice – mettono in mostra il loro sound: pop-rock allo stato puro.

PhinxElettronica, post-grunge, rock, dance e pop, il tutto in lingua inglese. Una miscela di generi che rappresneta la forza del video dei Phinx, Italian job, che grazie a riprese d’effetto, con lo schermo diviso in quattro sezioni, una per ogni membro della band (Francesco Fabris, Pietro Secco, Alber-to Paolini e Daniele Fabris) si fa notare.

Scelto da noiBad Love ExperienceThe days. Il secon-do singolo estratto dall’album Rainy days mette in risal-to un suono che di protesta che riflet-te sul presente a tempo di rullante. Ne La prima cosa bella di Virzì erano il gruppo ‘Nuove Dimen-sioni’ e con la canzone 21st century boy hanno ri-cevuto la candidatura al David di Donatello 2010 per la Migliore Canzone Originale.

di Marcello Marabotti

JUKEBOX

« Lontani da casa siamo più creativi e siamo sicuri che la

Toscana sarebbe il posto ideale per scrivere un disco »

ONSTAGE 14 MARZO

Musica Musica

09/03 Milanolive

P asseggio sull’Embankment a notte fonda, col mio famoso smoking e un sigaro in bocca, al ri-torno dai British Academy of Film and Television

Arts, i BAFTA. Penso a come la maledetta Albione sia il punto di riferimento della produzione culturale del pia-neta, per lo meno del versante occidentale. Che cazzo avrebbero combinato questi se avessero avuto un Ri-nascimento o un Barocco? Gli inglesi dominano la mu-sica e pure il cinema (si pensi agli Oscar!). Sono quasi morto d’invidia nei confronti dei perfidi albioni mentre veniva premiata la serie di Harry Potter. Un’idea che ha prodotto anche un enorme volume di denaro, oggi è il più grande franchising del mondo. Pensateci: una don-na con delle idee che generano ricchezza, alla faccia di chi sostiene che con la cultura non si mangia. JK Rowling in Italia non ce l’avrebbe mai fatta non facendo parte di alcuna organizzazione fideistica, essendo probabilmen-te pessima nel sesso orale e senza raccomandazione. In Inghilterra riescono persino a sdoganare il nostro cine-ma. I Am Love di Luca Guadagnino, con Tilda Swinton, da noi è stato “giustamente” snobbato, ai BAFTA ha ricevuto una nomination. Curioso no? Un amico che lavora in TV, parlandomi dall’Italia, mi ha detto che più si continua a fare i cretini e più il pubblico ne vuole: un ottimo rias-sunto della Seconda Repubblica. Vorrei ringraziare il ‘68, il ‘77, i cari magistrati alla Torquemada, con quella bell’idea di Mani Pulite, la destra/sinistra dei licei italiani, “il politico è personale”, i cantautori, i giornalisti da quarto foglio, i programmi televisivi di quattro ore coi politici che fan-no le rockstar e le grandi riforme elettorali che dovevano risolvere i problemi. Vorrei ringraziare tutto questo per avere fermato lo sviluppo intellettuale del nostro paese.

L’Italia continua a essere una espressione geografica, grazie a questi signori e ai somari inferociti che, ahinoi, li seguono. E se non fosse per gente come Montezemolo o Giorgio Armani il paese sprofonderebbe nello sterco. La serata non è così tanto fredda. Incrocio una Emma Watson radiante, bellissima, raffinata, iconica. Probabil-mente sarà la prossima grande star. Inglesina ovviamen-te. Adoro questa città. I am a Londoner!

Il tatuaggio siberiano

I l suo romanzo d’esordio, Edu-cazione siberiana, è stato un vero e proprio caso letterario e ha

catapultato il nome di Nicolai Lilin all’attenzione del pubblico soprat-tutto italiano. L’autore, infatti, da ani vive e risiede proprio nel nostro paese, dopo essere fuggito dalla na-tia Transnistria (ora ufficialmente parte della Repubblica di Moldavia), un piccolo stato nell’ex Unione So-vietica. Un’educazione che ha visto il Nostro confrontarsi con asprezze inimmaginabili per un bambino oc-cidentale oltre che con violenza, po-vertà e… tatuaggi. La via di fuga di Lilin, difatti, è la passione per l’arte e il talento per il disegno che gli consentiranno - dopo molte altre prove

durissime come il servizio militare raccontato nel secondo capitolo, Ca-duta libera - di diventare un maestro tatuatore. Dal 10 marzo al 17 aprile, dunque, sarà possibile vedere di per-sona le opere esposte in un ordine cronologico. Un viaggio per immagi-ni che parte dall’antico Egitto, attra-versa la Grecia e approda alla Russia: il tatuaggio siberiano si delinea come “filo decodificatore di segni legati alla magia, all’occultismo, al pagane-simo, alla teosofia, al cristianesimo”. La mostra si compone di disegni, stampe su tela, materiali fotografici e audio-video e vanta collaborazioni di

Lilin con Andrea Chisesi e Mauro Trucano. Per maggiori informazioni: www.kolima.it

N asce da un’iniziativa di Alessandro Avallone (nome in codice “Stermy”) l’evento che i gio-catori italiani stavano aspettando da tempo.

Dal 31 marzo al 3 aprile presso il Getur Village di Ligna-no Sabbiadoro si terrà la prima edizione di ”Ultimate Gaming Championship”: un’occasione per tutti i gamer (pro e casual) di mettere alla prova le proprie abilità in una cornice un po’ diversa dalla propria stanzetta buia. Per ora sono confermati i campionati di Call Of Duty 4,

Starcraft 2 e Quake-live (PC) e Pro Evo-lution Soccer 2011 e Super Street Fighter 4 (Console), oltre che la presenza di mr. Yoshinori Ono. Per rimanere aggiornati: www.theugc.it

Nello spazio Kolima, factory di cultura contemporanea di Nicolai Lilin, complesso dei Frigoriferi Milanesi arriva una mostra molto particolare, dedicata al tatuaggio siberiano.

London caLLing

Perf idi Albioni

di Charlie Rapino - Produttore discografico

di Stefano Gilardino

di BlueGlue

JUKEBOX

ONSTAGE 15 MARZO

Cultura

S i indossano grazie a un petti-nino nascosto all’interno e da soli bastano per creare un look

unico e veramente personale. Sono i cappellini disegnati da Paola Maugeri per Borsalino: una “capsule collection” nata quasi per gioco, un progetto mol-to personale in cui la celebre giornali-sta e VJ siciliana - ma non scordiamoci il suo passato da musicista con gli inte-ressanti Puertorico e Loma - ha voluto unire le sue grandi passioni: la moda e il rock’n’roll: «Circa un anno fa. Ho disegnato perso-nalmente i modelli della collezione, ispirandomi ai quat-

tro generi musicali che amo di più: c’è la bombetta dei Beatles, lo Stetson texano alla Elvis Presley, il cilin-dro dei musical e i bigodini in paillettes che richiamano le atmosfere anni 70 dello Studio 54, quando a New York spopolava la discomusic». Un senso dello stile molto forte quello di Paola, che da sempre ama giocare con gli abiti ispirandosi principalmente agli anni Quaranta. Ecologista convinta, ha iniziato qualche tempo fa a creare con il

cartone delle scatole di frutta e verdura piccoli cappelli-ni. «Sono una vera e propria collezionista e volevo creare

qualcosa di veramente originale che mi rappresentasse e raccontasse il mio amore per la musica e il rock’n’roll in particolare». Da quei primi timidi esperimenti a Borsali-no, la maison di cappelli per eccellenza, il passo è stato breve. La collezione, chiamata Tiny Musical Hats, che si compone di quattro modelli coloratissimi rivisti e corret-ti nelle proporzioni (visti dal vivo sono davvero mini!), è stata presentata durante la settimana della moda mi-lanese con un party affollato di affascinanti ballerine di burlesque arrivate appositamente da Londra, mentre in consolle girava una selezione di dischi a cura di Sergio Tavelli del Plastic. Il sogno nel cassetto di Paola Mauge-ri? «Vederne uno indosso a Lady Gaga, gliel’ho persino spedito!».

You can leave your hat onSi chiama “Tiny Musical Hats” ed è la collezione, iperfemminile, di cappelli creata da Paola Maugeri con Borsalino. Tra tradizione e divertissement.

di Chiara Zannini

Moda

Ultimate Gaming ChampionshipTrentamila euro di montepremi e i migliori giocatori italiani rappresentano una buona scusa per fare un salto a Ultimate Gaming Championship.

Spettacolo

G ibilterra, 20 marzo 1969. Si unisce in matrimo-nio una delle coppie più celebri e controver-se del ventesimo secolo: John Lennon e Yoko

Ono. Che siano giuste o meno le posizioni dei più ac-caniti fan dei Beatles – che le attribuiscono la colpa per lo scioglimento dei Fab4 - è innegabile che Yoko abbia giocato un ruolo determinante sulle scelte del marito.

Trent’anni dopo l’unione con cui Yoko e John hanno contaminato il mondo con il loro amore, esattamen-te il 3 marzo 1999, l’Italia viene scossa dall’annuncio dell’imminente separazione tra Albano Carrisi e Romina Power. Nonostante il dolore che mi affligge nel ricorda-re un simile evento, proverò a tracciare dei parallelismi tra queste due coppie che hanno cambiato il volto del secolo scorso. Innanzitutto i futuri coniugi Lennon, cosí come Albano e Romina, si conoscono in ambiti artistici: i primi ad una mostra d’arte in cui la Ono, proveniente da una ricca famiglia nipponica, espone le sue opere d’avanguardia. Albano invece s’infatua della giovane Romina, figlia dei divi hollywoodiani Tyron Power e Linda Christian, durante le riprese del film Nel sole, un caposaldo del neorealismo di casa nostra.

Entrambe le coppie sfruttano la loro unione per cambiare il mondo in cui vivono. John e Yoko si in-ventano il “bed-in”: una conferenze stampa dei novelli sposi che, chiusi in una stanza d’albergo per una setti-mana, dal 25 al 31 marzo, ricevono in pigiama fotografi e giornalisti rilasciando messaggi che inneggiano alla pace nel mondo. Albano e Romina non sono da meno, e lanciano il loro personale grido di speranza: grazie alla loro storia d’amore, i contadini di tutto il Sud Italia inseguono il sogno di sposare la figlia di un miliardario americano vivendo di rendita per tutta la vita.

John Lennon, dopo aver sposato Yoko Ono, incide due tra i brani piú belli e significativi della storia: Power To The People e l’eterna Imagine, mettendo in musica la ricerca di un mondo dominato dalla pace e dalla fratel-lanza tra popoli. I coniugi Carrisi non perdono tempo e scaldano i cuori di milioni di casalinghe italiane ce-lebrando l’amore con gemme del calibro di Nostalgia canaglia e Felicità.

Da quel momento in poi, la storia che un tempo ve-niva scritta sui libri trova posto sugli spartiti di artisti che hanno cambiato per sempre il nostro modo di con-cepire la musica. «Imagine there’s no countries, it isn’t hard to do, nothing to kill or die for, and no religion too». John Lennon. «Felicità è un bicchiere di vino con un panino.» Albano Carrisi

corsi & ricorsidi Mattia Odoli - Autore

Liverpool - Cellino San Marco: sola andata.

9 marzo, Amsterdam

Melkweg: ex fabbrica di lat-te ora club che ospita concerti rock, hip hop, soul, r’n’b Con CTS: volo per Amsterdam da 120 euro a/r - Hotel** da 34 euro a persona

11 marzo, Ginevra

Salle De Fetes De Thonex:splendida sala da concerto dall’acustica notevole. Con CTS: Volo per Ginevra da 94 euro a/r - Hotel*** da 85 euro a persona

15 marzo, Parigi

Elysee: Aperta nel 1807, è una delle sale storiche di Parigi, con una capacità di 1200 persone. Con CTSVolo per Parigi da 34 euro a/rHotel** da 33 euro a persona

17 marzo, Barcellona

Razzmatazz: Discoteca storica, è il punto di riferimento dei concerti italiani in Europa. Con CTS Volo per Barcello-na da 44 euro a/r - Hotel** da 41 euro a persona

Dopo aver timbrato il loro fantastico 2010 con l’uscita dell’album Stato Libero di Litfiba e aver festeggiato i 30 anni di fondazione del gruppo con un tour eccezionale, la band toscana riparte dall’Europa con 8 date. Ne abbiamo scelte 4 a marzo con le relative offerte CTS per poter seguire i Litfiba in tournée:

Le ali della libertà

I l 25 gennaio è uscito il suo ultimo lavoro, The Deep Field. Ispirato dall’omonima immagine catturata dal telescopio spaziale Hubble, che immortala una regio-

ne all’interno della costellazione dell’Orsa Maggiore, l’al-bum rappresenta l’orlo d’infinito nel quale Joan ha cercato le parole per esprimere la sua spudorata voglia di vivere, accostandosi «al processo di scrittura alla maniera di Ste-vie Wonder», simbolo di quella musica soul da sempre ri-

ferimento per l’artista americana. «Quando avevo quattro anni ascoltavo la radio commerciale, era la mia colonna sonora. Negli anni 70 la musica soul era molto popolare. Ho seguito e conosciuto decine di altri artisti nel corso de-gli anni, ma sono sempre tornata al sound che mi ha com-mosso fin da bambina: Marvin Gaye, Sly & The Family Stone, David Bowie, Curtis Mayfield e Stevie Wonder». Per The Deep Field, infatti, si è avvalsa della collaborazione di Joseph Arthur, uno che, a voler dar retta alle dichiara-zione di Joan «ha una gamma vocale che non ho mai tro-vato in altri cantanti: può passare, naturalmente, da Barry White a Curtis Mayfield».

Joseph, come gli altri musicisti che la accompagnano, le ha dato la forza di cambiare, sia a livello personale - il superamento della scomparsa della madre, un paio di re-lazioni infruttuose e il compimento dei 40 anni a luglio di

quest’anno - quanto musicalmente: «Lavorare con diffe-renti tipi di artisti mi ha permesso di osservare il loro ap-proccio musicale e l’album lo riflette. Mi piace dare molta libertà ai musicisti che collaborano con me, mi consente di essere più libera a mia volta, anche nella durata dei pez-zi: volevo, in questo lavoro, essere la mia Maggot Brain (il riferimento è al pezzo, soprattutto, e all’album omonimo dei Funkadelic, nda)».

Una libertà che Joan ha espresso, durante il sondcheck del concerto londinese di inizio febbraio, cantando la len-noniana Woman. «Apprezzo John perché ha mostrato, con ogni mezzo, la sua fragilità al mondo. Nelle sue canzoni ha espresso imperfezioni, pur essendo una star planeta-ria. Questo è un pregio fondamentale, perché quando le persone con potere, le star, mostrano la loro debolezza, ti rendi conto di quanto siamo uguali».

Joan As Police Woman: “ultimo amore di Jeff Buckley”, violinista, cantautrice, musicista poliedrica e collaboratrice di Rufus Wainwright, Lou Reed e Nick Cave. Tutto questo è, semplicemente, Joan Wasser.

di Marcello Marabotti

Litfiba live in EuropeOn Tour con

Le offerte indicate sono riservate ai soci CTS. Le quote dei voli sono per partenze da Roma e Milano. Le quote degli hotel sono a persona, a notte, in doppia, con prima colazione. Info e prenotazioni su www.cts.it, nelle sedi CTS o al n° 06-4411166.

JUKEBOX

ONSTAGE 16 MARZO

Musica

03/03 Milano, 05/03 Bari, 06/03 Romalive

I biglietti del tour di Joan As Police Woman sono in vendita presso i negozi Fnac!

Capa ci ha preso gusto: dopo averci resi partecipi delle “dimensioni del suo caos”, ora si candida addirittura come il nostro “sogno eretico”! E tra richiami agli anni Ottanta e con i soliti testi corrosivi, si preannuncia come uno degli appuntamenti live da seguire con attenzione.

ome si è svolta la lavorazione de Il sogno eretico? Finito il tour del disco precedente, mi sono preso un paio di mesi di pausa, in cui sono

stato a Londra – lì è nata l’idea per Goodbye malinconia tra l’altro -, e poi ho cercato di dare ordine a tutte le idee che mi giravano in testa. Il primo pezzo che ho scritto è stato Sono il tuo sogno eretico, e da lì in avanti, senza un moti-vo particolare, ho cominciato a essere ossessionato dalle fiamme, dagli eretici, ho scoperto l’esistenza del dito medio di Galileo, conservato a Fi-renze, che ha ispirato il pezzo omonimo. In-somma, tutto puntava in una direzione ben precisa e io ho solo assecondato la corrente. Ogni traccia di questo album, a ben vedere, è un’eresia, perché non esiste solo quella religiosa: il cantante che dice che la musica fa schifo come in Chi se ne frega della musica, per esempio. Oppure pensa a House credibility, in cui parlo di quanto sia cool stare in casa invece che uscire: secondo una recente indagine sono molti di più i decessi casalinghi che quelli che avvengono per strada, quindi io sono più figo e coraggioso se non esco! Ora dopo tutte queste ere-sie, attendo solo di essere giustiziato dal pubblico. (ride)

Goodbye malinconia, come hai ricordato prima, nasce a Londra e coinvolge alla voce un mito anni 80 come Tony Hadley degli Spandau Ballet.Sono andato a Londra molto tardi rispetto alla maggior parte dei miei amici e devo dire che mi ha fatto un’im-pressione incredibile. La prima volta che sono uscito dalla metropolitana ho visto un’enorme cartello che pubbliciz-zava l’uscita di un singolo in download dei Kasabian e mi sono chiesto: «Ma qui spendono soldi per dire che una canzone è disponibile da scaricare??? È incredibile!». Ho

conosciuto e incontrato un sacco di italiani e tutti mi han-no manifestato l’intenzione di voler continuare a provarci in Inghilterra, di non voler tornare indietro. In Italia fanno notizia gli arrivi di immigrati, ma nessuno parla mai delle 60.000 persone che emigrano ogni anno, deluse e stanche dalle condizioni penose del nostro paese. Quindi a Lon-dra magari non saranno felicissimi, ma almeno hanno un lavoro e un’aspettativa migliore di vita: da qui arriva Go-odbye malinconia, che è nata già con quel mood anni 80 e

a cui ho voluto aggiungere una voce baritonale proprio come quella di Hadley, classicamente legata a quel perio-do. Lui è stato gentilissimo, gli è piaciuto il pezzo e ha deciso di collaborare. È stato davvero semplice lavorarci e Tony sta addirittura pensando di farne una versione in-glese da mettere nel suo disco…

Senza volerci addentrare troppo nelle tragicomiche vicende che monopolizzano le prime pagine di tutti i quotidiani italiani, mi viene da chiederti: cosa sarebbe Caparezza senza questa povera Italia che sembra avvia-ta verso un declino senza fondo?Ah, ci ho già pensato in precedenza, me l’ero chiesto an-che io: vivrei tranquillamente scrivendo canzoni per lo Zecchino d’Oro o sigle televisive, che è un po’ il mio so-gno nel cassetto. Sacrificherei volentieri tutti i brutti ar-gomenti che forniscono materiale utile alle mie canzoni per vedere un paese più giusto e onesto, ma chi non lo farebbe? In realtà, è sempre più difficile affrontare i temi di attualità in maniera personale e non retorica e cercando

di proseguire un mio discorso qualitativo iniziato cinque album fa. Devo trovare sempre nuove soluzioni, scrivere pezzi che me ne ricordano altri mi fa entrare in frustrazio-ne, ecco perché nel disco puoi sentire musica medievale, anni 80, cose schizofreniche come nel brano finale.

Non sono molti i tuoi colleghi che riflettono il clima politico e sociale di questa Italia. Sai, fondamentalmente ci sono due categorie di artisti: quelli che credono si debba parlare di ciò che succede at-

torno a noi e quelli che invece vedono nell’ar-te un modo per fuggire proprio dalla realtà e dunque rivendicano la distanza da qualun-que argomento politico. Io appartengo alla prima categoria, come puoi immaginare, e

faccio fatica a parlare della mia vita personale per esem-pio. Amo il pubblico, in tutti i sensi, anche il mio! (risate)

Uno dei pezzi migliori del disco è Kevin Spacey, in cui racconti in rima tantissimi finali di film. Ti alienerai un sacco di simpatie… (risate)Un giorno ero in studio col mio chitarrista e stavamo me-ditando su come scrivere il pezzo più bastardo del mon-do, qualcosa che facesse impallidire anche il più cattivo dei rapper. A un certo punto è saltata fuori l’idea di rive-lare i finali dei film, ma non sapevamo se fosse possibile farlo, anche da un punto di vista legale, avevamo persino pensato che potessero denunciarci! Alla fine sono andato a vedere moltissimi filmati su YouTube, rovinandomi anche delle pellicole che non avevo visto, tipo Saw-L’enigmista, e che ora non vedrò mai più, per poter comporre il testo del brano. Come filo conduttore ho usato Kevin Spacey, un po’ perché è uno dei miei attori preferiti e poi perché I so-liti sospetti è l’esempio più classico di film completamente rovinato se il finale viene svelato prima di vederlo.

CAPAREZZAdi Stefano Gilardino

« In Italia fanno notizia gli arrivi di immigrati, ma nessuno parla mai delle 60.000 persone che emigrano ogni anno,

deluse e stanche dalle condizioni penose del nostro paese »

FACE2FACE

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ONSTAGE 18 MARZO

16/03 Andria, 18/03 Roma, 19/03 Padova, 22/03 Milano, 23/03 Firenze, 26/03 Bologna Il tour continua, tutte le date su onstageweb.comlive

I biglietti del tour di Caparezza sono in vendita presso i negozi Fnac!

Una carriera in ascesa continua quella dell’attrice romana, capace di passare senza sforzo tra teatro, cinema, musica e il suo impegno televisivo a Zelig. L’occasione per fare quattro chiacchiere con lei ci arriva grazie all’uscita del film Nessuno mi può giudicare.

PAOLA CORTELLESIdi Stefano Gilardino

FACE2FACE

ffidato alla regia di Massimiliano Bru-no, si tratta di una commedia in cui Paola Cortellesi interpreta il ruolo di Alice: «È una burina romana arricchita, sposata con

il proprietario di un’azienda di sanitari e con un figlio. All’inizio del film lei resta vedova perché il marito ha un incidente e così scopre che la ricchezza su cui era basata la sua vita era fittizia. Si ritrova, dunque, in bancarotta senza soldi e persino nei guai con la legge perché aveva fatto da prestanome ad alcuni affari illeciti del marito, a sua insaputa ovviamente. Per farla breve, si trova costretta a cercare un modo per guadagnare i soldi per mantenere se stessa e il figlio, l’unica cosa che le rimane: si trasferisce in un quartiere popolare e multietnico di Roma come il Quarticciolo, dove si trova ad avere a che fare con un tipo di umanità che non aveva mai conosciuto prima. Dopo aver provato qualche mestie-re, decide di provare a fare la escort e si fa aiutare da una ragazza, Eva, che aveva conosciuto durante una festa in casa sua organizzata tempo addietro dal defunto marito. Questa esperienza così estrema per una donna contribui-sce chiaramente a un cambiamento personale che la con-durrà a una nuova dimensione di vita, all’amicizia con alcuni personaggi del suo nuovo quartiere e, forse, anche a un nuovo amore con Raul Bova, proprietario di un in-ternet point della zona». È piuttosto normale che la nostra attenzione si concentri sulla parola “escort”, mai così in voga come in questi ultimi mesi, ma Paola ci tranquillizza immediatamente: «Lo capisco bene, ma come puoi imma-ginare il film è nato ed è stato girato prima che il termine assumesse i contorni inquietanti di questi giorni. Nessuno

mi può giudicare infatti è una commedia molto leggera e riesce, secondo me, a stare perfettamente in equilibrio tra il serio e il comico senza perdere mai di vista la trama di fondo». Il personaggio di Alice, dunque, assomiglia di più a una figura tragica che alla ragazza disposta a tutto cui siamo soliti associare il termine “escort” e si aggiunge a una galleria di personaggi, veri o fittizi, di una lunga carriera che l’ha portata a divenire una delle attrici (co-miche o leggere, nell’accezione migliore del termine) più

amate d’Italia. Impossibile, per esempio, dimenticare le sue parodie di Letizia Moratti, Daniela Santanché, Ste-fania Prestigiacomo, per citare le più recenti. «Sono due cose differenti, come puoi immaginare. Un personaggio frutto d’immaginazione come Alice mi permette una cer-ta immedesimazione anche emotiva – il lavoro al cinema assomiglia molto a quello del teatro, con la prosa - mentre le parodie che hai citato tu sono l’esatto opposto. Si lavora proprio con il distacco più totale, perché la parodia non è un’imitazione – quella viene effettuata principalmen-te con la voce -, ma è il tentativo di cogliere certi aspetti di un personaggio, renderli caricaturali e inserirli in un contesto alieno e inedito, dove possono risaltare meglio. Per quanto riguarda Alice, è una donna costretta a una scelta avvilente, non per tutte evidentemente (ride), ed è ovvio che si crei una certa empatia». Come si può bene immaginare, dietro al suo talento naturale ci sono molto

lavoro e un forte senso critico. «Di solito ci va parecchio tempo prima che una parodia sia pronta per debuttare in pubblico, deve essere convincente in ogni suo aspetto e va costruita bene, ma succede anche che esca di getto. Ad ogni modo, per scrivere un pezzo o uno sketch sono ne-cessari parecchi passaggi intermedi: Io scrivo per me stes-sa ma ho anche un team di autori e collaboratori che lavo-rano con me da quando ho iniziato, circa quindici anni fa, siamo sempre gli stessi e ormai capiamo alla perfezione

come far funzionare uno spunto e come affinare un’idea». Rispetto alla sua attività di attrice – a teatro, al cinema o in televisione -, il suo talento notevole come cantante resta quasi un segreto da mantenere con cura. «No, non è vero, è proprio

una mia scelta personale. Agli inizi della mia carriera ho anche fatto la cantante, ma penso a me stessa soprattut-to come a un’attrice. Polivalente magari e quindi capace anche di cantare, ma non è il mio mestiere. Sono molto intonata, ho un bell’orecchio, ma credo che per essere davvero una musicista o una cantante ci vogliano moti-vazioni particolari, un fuoco interiore, che io non penso di possedere. Non sono nemmeno capace di suonare uno strumento, quindi il canto è semplicemente una parte del mio lavoro, soprattutto quando mi cimento con il varie-tà, un tipo di spettacolo che amo molto». Oppure quando una grande artista come Elisa le chiede di collaborare… “È stato molto bello duettare con lei su Mad World, un pezzo che Elisa ha reinterpretato, ma anche in quel caso la mia partecipazione deriva da un lavoro che ho fatto come attrice nel video di quel brano. Anche in quel caso, la mu-sica era subordinata alla mia vera passione».

A« Sono molto intonata, ho un bell’orecchio, ma

credo che per essere una musicista o una cantante ci vogliano motivazioni particolari, un fuoco interiore »

ONSTAGE 20 MARZO

Preservativi

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Akuel SKYN OnStage 2-2011.pdf 1 31/01/11 16.11

LIVESTYLE

I BRANI DEGLI ALTRI. Oltre alla lunga serie di canzoni reinterpretate da Elisa e sparse nei suoi dischi, è possibile ascoltare una delle migliori solo dal vivo. Si tratta di Babooshka di Kate Bush.

ONSTAGE 22 MARZO

I biglietti del tour di Elisa sono in vendita presso i negozi Fnac! CoverStory

LIVESTYLE

ONSTAGE 23 MARZO

live

CoverDopo una compilation molto particolare, Ivy, con inediti, cover e vecchi brani, tocca a un tour dallo stesso nome ma molto particolare, diviso in due serate ben distinte, caratterizzate dagli elementi del fuoco e dell’acqua. Scalette e scenografie differenti che rappresentano le due anime della cantante di Monfalcone, quella fragile e quella rock.

Storydi Guido Amari - foto Fabio Lovino

C i eravamo lasciati la volta scorsa con un’intervista in cui la cantante ci aveva preannunciato l’intenzione di una serie di show acustici o comunque di un tour a

due facce, da tenersi nei teatri. Forse il progetto Ivy I & II non era ancora nei suoi pensieri, ma è certo che l’idea di offrire al proprio pubblico entrambe le versioni di se stessa, quella più soft e quella più rockeggiante, arriva da lontano e finalmente si sta per concretizzare, con la prima data programmata per l’inizio di marzo. In atte-sa di poter vedere il suo spettacolo e, magari, di riuscire a fare due chiacchiere con l’artista, impegnatissima con le prove e difficilmente raggiungibile, ci siamo divertiti a ripercorrere le tappe della sua brillante evoluzione e a eviden-ziarne i punti salienti. Scoprendo anche la sua predilezione per i brani altrui…

GRAZIE DEI FIORISono passati quattordici anni dall’esordio di Pipes & Flowers, ma l’ingresso di Elisa nel mondo della musi-ca pop e rock è di quelli che si fanno ricordare anco-ra oggi. Innanzitutto per la scelta inedita e azzardata dell’uso dell’inglese come lingua – qui da noi, di solito, sinonimo di band indipendente che non ha la minima possibilità di successo -, ma anche per il tentativo di andare (molto) al di là della musica italiana canonica-mente intesa e trarre ispirazione da artisti stranieri. Il mondo di “tubi e fiori” di Elisa Toffolo sembra ispirarsi

a quello islandese di Björk, una cantante/artista a cui spesso viene accostata - più per semplicità che per una reale somiglianza - ma anche e soprattutto a quello di grandi cantautrici americane come Joni Mitchell, di cui la giovane friulana è ammiratrice. Il singolo Labyrinth fa il botto e la musica parla per una cantante che pare schiva fin quasi all’incomunicabilità e che si mostra spesso spaesata in un ambiente musicale che la decreta star fin dai primi passi. Il viaggio verso la maturità è appena iniziato e toccherà passare da altri mondi e altre esperienze prima di ritrovarsi davanti un’artista final-mente rilassata e consapevole dei propri mezzi e a suo

agio anche al di fuori dello studio di registrazione o di una performance live. E il viaggio ricomincia nel 2000 con l’uscita di Asile’s World, ovvero il mondo all’incon-trario di Elisa, un disco molto intimo e più elettronico, in cui le chitarre vengono momentaneamente sostitu-ite da suoni digitali. I suoi complici in questo disco si chiamano Howie B e Roberto Vernetti e questo spiega anche un certo tipo di sonorità, come nel caso del bel singolo Gift, dedicato alla madre. Le oltre trecentomila copie vendute del disco d’esordio mostrano come sia possibile cantare in inglese e scalare le classifiche del

Belpaese, ma a Elisa piace stupire: nel febbraio dell’an-no successivo partecipa e trionfa a Sanremo con il suo primo brano in italiano, Luce (Tramonti a nord est), scritto in collaborazione con Zucchero. Inutile ricorda-re come, nel panorama desolante di un festival che è sempre più lo specchio della canzone italiana triste e noiosa, la “luce” di Elisa abbia brillato in maniera fol-gorante, vincendo a mani basse la competizione. An-che il pubblico generalista si accorge del suo talento e ne decreta il successo travolgente, rendendo la giovane cantautrice una stella del panorama musicale naziona-le. Altro che tramonto, dalle sue parti il sole splende

come in una giornata estiva ed è una sen-sazione che la stessa Elisa comunica con l’uscita, nel 2001, del suo terzo album solista, Then Comes The Sun, quasi beat-lesiano nel titolo ma piuttosto articolato e complesso dal punto di vista musicale.

Indecisa se proseguire nelle sperimentazioni elettro-niche o ritornare a un sound chitarristico, decide di optare per entrambi e si ritrova tra le mani un disco particolare che passa senza soluzione di continuità da ballate suadenti a momenti più tesi. Dal disco prece-dente recupera A Little Over Zero e la stravolge in una nuova versione, conferma la sua fama con due singoli ottimi come Rainbow e Heaven Out Of Hell e firma uno dei suoi momenti migliori con It Is What It Is. Il tour che segue l’uscita dell’album è un grande successo e segna la fine della prima fase della sua carriera, quella culmi-

Elisa

4-5/03 Roma, 07/03 Montecatini (PT), 8-9/03 Bologna, 11-12/03 Ancona,14-15/03 Mantova, 17-18-19/03 Milano. Il calendario completo su onstageweb.com

All’iTunes Festival di Londra del 2007, Elisa si esibisce sullo stesso palco di Amy Winehouse, Mika, Travis,

Groove Armada e moltissimi altri.

LIVESTYLEElisa

«Elisa crede in quello che fa, è una testarda come noi cantau-tori che ci siamo fatti amare negli

anni 60 sostenendo a tutti i costi le nostre idee». Parola di Gino Paoli.

A tredici anni, alternando il lavoro di parrucchie-ra, inizia a

cantare con alcuni gruppi di Gorizia. Nel 1992, a quattordici anni, appare in una puntata della trasmissione Karaoke, condotta da Fiorello.

Alla finale del Festivalbar 2007 vince un Premio Speciale per i dieci anni di carriera e per

l’album Soundtrack ’96-’06, primo in classifica dopo 40 settimane dall’uscita. È la prima artista femmi-nile a vincere questo premio.

All’ultima settimana di gennaio 2011 Ivy vie-ne certificato disco di platino con oltre 60.000

copie vendute.

Parlando del suo ultimo album, Elisa ha dichiara-to: « Queste sono le canzoni che mi sono rimaste

dentro e la loro bellezza, la loro forza è simile a quella della natura. Questo è Ivy ».

Nel 2006 ha inter-pretato se stessa in un episodio della fiction An-data e ritorno.

Nel mese di otto-bre 2010 Elisa par-tecipa, insieme ai

Negrita, Einaudi, Roy Paci & Aretuska, Le Blanche Alchemie, all’evento (H)it Week, uno spettacolo dedicato alla musica italiana contemporanea che si tiene negli Stati Uniti.

ONSTAGE 24 MARZO

nata con il difficile terzo album. Non a caso ci vorranno altri due anni prima di rivederla all’opera, interrotti solo dalla pubblicazione di una raccolta intitolata semplicemente Elisa e destinata al mercato internazionale. Nulla di eclatante, a meno che non vogliate a tutti i costi possedere la versione spagnola di Luce, tradotta in Hablame…

FIORE DI LOTOA darle l’ennesima spinta verso l’alto ci pensa il suo secondo pezzo in italiano, una cover – ecco che arrivano, finalmente! – della commovente Almeno tu nell’universo di Mia Martini, scritta per lei da Bruno Lauzi e Maurizio Fabrizio, inserita nella colonna sonora del film Ricordati di me di Gabriele Muc-cino. L’interpretazione di Elisa è delicata e dolente e mette in luce la sua abilità anche quando si tratta di maneggiare ma-teriale altrui. Un talento che salterà fuori in maniera prorom-pente con l’uscita di Lotus, nel 2003, quarto album e bizzarro progetto che include tre cover, sette brani vecchi riarrangiati e sei inediti. Pubblico e fans mostrano di gradire moltissimo e spingono il disco, anticipato dal singolo Broken, in cima alle classifiche nazionali. Oltre al pezzo della Martini, di cui ab-biamo già detto, sono presenti anche due ottime versioni di Femme Fatale dei Velvet Underground – con Elisa nelle vesti di una moderna Nico - e Hallelujah di Leonard Cohen, ce-lebre soprattutto per la versione strepitosa di Jeff Buckley, anima tormentata del rock americano. Il feeling dell’album, con molti brani acustici e pervaso da un’atmosfera bucoli-

ca, mostra una strada sempre più personale e un’artista de-cisa a staccarsi dalle influenze di inizio carriera, ma non è che una breve pausa prima di una bella sferzata a suon di chitarre che arriverà solo l’anno successivo con la pubbli-cazione di un altro disco di inediti, composto e inciso negli States con il produttore americano Glen Ballard. Si chiama Pearl Days, segna un momentaneo ritorno alla canzone rock propriamente intesa e resterà per lunghissimo tempo l’ul-timo vero disco della friulana, seguito da una lunga serie di live e compilation. Certamente non il suo capolavoro, ma un altro piccolo tassello di una carriera ormai ricca di soddisfazioni. Prima di rivederla all’opera passeranno tre anni, quelli necessari a segnare il traguardo dei dieci to-tali di attività, celebrati con la raccolta Soundtracks ’96-’06.

LA COLONNA SONORA DEI NOSTRI ANNICome ogni greatest hits che si rispetti, anche in questo sono presenti tutti i grandi successi di Elisa e i consueti inediti a fare da corollario. Stavolta il gioco vale la candela e i fans si possono portare a casa un duetto con Luciano Ligabue, la bella Gli ostacoli del cuore, che diventerà una grande hit, Ep-pure sentire (Un senso di te), inclusa nel film Manuale d’amore 2 – Capitoli successivi, Qualcosa che non c’è e il singolo Stay. La lingua italiana comincia a essere un’opzione privilegia-ta per la cantante e non è un caso che proprio le tracce in lingua madre ottengano un riconoscimento clamoroso, re-galandole ulteriore confidenza e oltre 600.000 copie vendute

Inutile ricordare come, nel panorama di un festival specchio della canzone italiana triste e noiosa, la “luce”

di Elisa abbia brillato in maniera folgorante.

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LIVESTYLEElisa

dell’album. La nuova cover di Elisa, inclusa solo con il download digitale o in Caterpillar, versione inter-nazionale di Soundtracks, è Wild Horses dei Rolling Stones, classico della band di Jagger e Richards, in-terpretato col giusto piglio. Una versione del brano la ritroveremo anche nel live registrato all’iTunes Festival di Londra del 2007, occasione in cui l’arti-sta si esibisce sullo stesso palco di Amy Winehouse, Mika, Travis, Groove Armada e moltissimi altri. Le celebrazioni per il decennale, intanto, si protraggono con un lungo tour che culmina con la pubblicazio-ne dell’ideale compendio live di Soundtracks ’96-’06, cronaca dei concerti di Elisa sempre nel 2007, grazia-to da un DVD che regala la parte video oltre a quella sonora. Le due date milanesi al Forum forniscono il materiale adeguato e i fans possono anche contare sull’inclusione di un breve documentario che raccon-

ta il tour nei minimi particolari, una sorta di diario di viaggio redatto dalla cantante. Non è ancora tempo per un album di inediti però e il 2008 vede solamente l’uscita di Dancing, pubblicato per sfruttare il succes-so del brano omonimo – presente su Then Comes The Sun – utilizzato come sigla del talent show So You Think You Can Dance. Il momento tanto atteso giun-ge quindi nel 2009, quando Heart fa la sua comparsa nei negozi di dischi – o forse bisognerebbe dire negli store virtuali. È ancora un pezzo in italiano, il duetto Ti vorrei sollevare con Giuliano Sangiorgi dei Negra-maro, a lanciare l’album in cima alle charts, segui-to dal secondo brano in lingua madre, Anche se non trovi le parole, scritto col compagno Andrea Rigonat. Altri motivi di interesse stanno nella partecipazione del grande Antony su Forgiveness e nella bella cover (poteva mancare?) di Mad World, pezzo dei Tears For

Fears celebre per la versione apparsa nel film Donnie Darko (opera dei compositori Andrews e Jules) e che la stessa Elisa amava riproporre dal vivo già da qual-che tempo. E siamo giunti così al recentissimo Ivy, il progetto che vedrà la Nostra impegnata per i prossi-mi mesi, con uno spettacolo che si preannuncia ricco di fascino e mistero: ancora una volta la cantautrice ha voluto ritornare sui propri passi, sviluppando nuovi arrangiamenti per vecchi brani, rimodernando antiche intuizioni e stravolgendo brani altrui, in que-sto caso ben quattro: 1979 degli Smashing Pumpkins e I Never Came dei Queens Of The Stone Age sono il lato rock della medaglia, Ho messo via di Ligabue e Pour Que L’Amour Me Quitte di Camille quello più melodico e intimo. Ivy I & II, fuoco e acqua, due se-rate in ogni teatro, due scalette differenti. Due ottimi motivi per non perdersi questo tour.

L’idea di offrire al proprio pubblico con il tour Ivy I & II entrambe le versioni di se stessa, quella più soft e quella

più rockeggiante, arriva da lontano.

ONSTAGE 26 MARZO

ONSTAGE 28 MARZO

CAUTION: WET FLOOR. Si vocifera che l’allestimento del palco dell’Aphrodite Tour sia arricchito da una non meglio precisata “Splash Zone”. Per sicurezza portate l’impermeabile!

I biglietti del tour di Kylie Minogue sono in vendita presso i negozi Fnac!

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ONSTAGE 29 MARZO

Da stellina della televisione australiana a diva del pop anni Ottanta. La storia di Kylie Minogue preve-de anche incursioni nel mondo indie, comeback eclatanti e migliaia di lustrini e paillettes. Controllate vois tessi nell’imminente Aphrodite - Les Folies Tour!

Kylie Minogue

a Kylie Minogue che arriva in Italia l’otto marzo è una donna con una missione. Ridare dignità alla parola soubrette. Nella terra del bunga bunga i termini “soubrette” e “showgirl” sono diventati

sinonimo di ragazze procaci da avviare in quella zona grigia tra tv, prostituzione e politica. Kylie arriva tra noi, con il suo baule pieno di piume, lustrini e minuscole scarpine, per farci riscoprire cos’è davvero una soubrette. E che l’intrattenimento cosiddetto leggero ha poco a che vedere con pali da lapdance brianzola e tanto a che spartire con una tradizione gloriosa che va dalle servette delle opere di Mozart (tecnicamente definiti soprani soubrette) al cyber-circo di Lady GaGa. Passando per Carmen Miranda, Wanda Osiris, Amanda Lear e Cher. Insomma Kylie si porta dietro, insieme a una manciata di trappolette pop, l’eredità di generazioni di cantanti-ballerine di operetta, music hall e avanspettacolo. Performer che dovevano essere in grado di “tirare su il morale” delle truppe in guerra in equilibrio sul filo della decenza, di intercettare lo spirito dei tempi, di trasfor-mare la parodia e il travestimento in un’arte sempre pericolo-samente a cavallo tra ele-ganza da sogno e rovinosa baracconata. Kylie è oggi l’unica popstar al mondo che riesce a fare tutte queste cose con la dote tipica del-la soubrette: la leggerezza. Nel 1985 era solo la sorella di Dannii Minogue, stellina della tv dei ragazzi australiana. Le cose per lei cambiano quando pren-de il ruolo di Charlene nella soap opera Neighbours. È solo una una comprimaria (un surreale personaggio di scolaretta che a un certo punto diventa meccanica in un’officina e poi si innamora dell’insulso Jason Donovan) però piace per la sua aria innocente. Piace al punto che, nel 1987, l’episodio in cui sposa il suo Jason è visto da più di 20 milioni di spettatori nella sola Inghilterra. A questo punto Kylie è una star della tv popolare ma nessuno pensa di farla cantare. Quando al trio di hitmaker Stock, Aitken & Waterman (i produttori di artisti monstre degli anni 80 come Rick Astley e Samantha Fox) viene proposto di lavorare con lei, quasi non la considerano. Waterman racconta che si erano di-menticati che Kylie sarebbe venuta a conoscerli apposta dall’Au-stralia e hanno composto per lei I Should Be So Lucky di corsa

pur di accontentare il suo management che premeva per avere una Charlene canterina. Quando la canzone è arrivata alle radio e ha mandato in tilt (come usava ancora allora) i centralini con le richieste, Stock, Aitken e Waterman hanno rivoluto Kylie e ne hanno fatto quello che conosciamo. Almeno fino al 1992, anno in cui la Minogue (dopo una ventina di singoli in Top 10 e un’in-gloriosa cover di Celebration) abbandona la premiata ditta Stock, Aitken & Waterman per vagare sola e indifesa come Cappuccet-to Rosso nella foresta della pop-dance degli anni ,90 popolata da energumeni della house commerciale come Snap!, C&C Music Factory e Brothers in Rhythm.

IN BALIA DEL POPKylie non era esattamente Cappuccetto Rosso nel 1992: con Bet-ter The Devil You Know (probabilmente il capolavoro di Stock, Aitken & Waterman) si era già trasformata in SexKylie per la stampa britannica. Si era fidanzata con Michael Hutchence degli INXS che pare le avesse dedicato Suicide Blonde. Con triste iro-nia della sorte chi si sarebbe suicidato nel 1997 non sarebbe stata

nessuna bionda ma proprio lui. La soubrette Kylie si trova a un bivio della sua carriera: continuare a essere una popstar in declino o al-zare la posta? Erano gli anni in cui Madonna stava facen-

do mosse decisive alzando sempre il tiro dello scandalo, della provocazione e dei bpm. Perché non provarci? Kylie entra così nella sua fase indie: firma con l’etichetta Deconstruction e con Confide (uno strano pezzo di trip-pop sinfonico ripreso l’anno scorso dai devotissimi Hurts) ha un inatteso numero uno nella classifica australiana e genera tonnellate di stampa di tendenza in Europa. The Face e I-D le dedicano copertine su copertine con servizi fotografici sempre più sexy e sofisticati. I due album pub-blicati per Deconstruction (Kylie Minogue e Impossible Princess) non sono grandi successi ma le danno credibilità e la riposizio-nano come artista pop “cresciuta”. Quando Nick Cave la vuole nella sua “murder ballad” Where The Wild Roses Grow, Kylie fa un salto culturale che a Madonna non è mai riuscito: essere dav-vero credibile accanto a un grande artista senza alcuna paura di farsi oscurare. La Kylie-Ofelia annegata con Nick Cave, il suo

SoubrettePride

Ldi Daniele Cassandro - foto Darenote Ltd 08/03 Assago (MI)live

« Non posso essere una vera icona perché non c’è dramma nella mia vita. Ok, ci sono

solo tanti look drammatici... quindi diciamo che sono un’icona gay a metà »

LIVESTYLE

ONSTAGE 30 MARZO

LIVESTYLE

Kylie inizia a recitare giovanis-sima nella soap austra-

liana Neighbours, in cui interpreta Charlene, riscuotendo molto succes-so tra i media britannici e australiani. L’episodio in cui sposa il cantante Jason Donovan raggiunge i 20 milio-ni di telespettatori in Australia.

Nel maggio 90 Kylie inter-preta Help! alla manifestazio-ne benefica per John Len-non. Yoko Ono e Sean Lennon ringraziano la cantante

per la performance, mentre il Sun commenta: «Kylie Minogue meritava i suoi applausi».

Nel 2001, la can-tante è apparsa in un piccolo ruolo nel film Moulin Rouge! di Baz Luhrmann.

Grande influenza nella carriera di Kylie l’ha avuta Nick Cave, con cui ha duettato nella celebre Where The Wild Roses Grow. È stato proprio il tenebroso can-

tante a regalarle Poems To Break The Harts Of Impossible Princesses di Billy Childish, libro che ha dato l’input per la stesura del suo album più profon-do, Impossible Princess.

Nel 2008 le è stato consegnato i titolo di Ufficia-le dell’Ordine dell’Impero Bri-tannico (OBE) per la carriera musicale; il governo fran-cese, invece, le ha conferito

quello di Cavaliere delle Arti e dello Spettacolo Nazionale. La cantante, come ringraziamento, ha iniziato il tour del 2008 proprio da Parigi.

Kylie Minogue

assassino, che le fa una macabra serenata dal greto del fiume è un successo di equilibrismo pop senza precedenti. Nel 1995 Kylie si conferma artista intelligente, coraggiosa e ironica: peccato che non vada più in top 10. Dal 1995 al 2000 ci sono solo i Take That e poi le Spice Girls a occupare i gangli vitali dell’immaginario pop. Kylie diventa una nicchia per le menti pop più aperte e per i gay che non hanno mai smesso di seguirla. Lei stessa ha minimizzato il suo status di icona gay: «Non posso essere una vera icona perché non c’è dramma nella mia vita. Ok, ci sono solo tanti look drammatici... quindi diciamo che sono un’icona gay a metà». Per tutti gli anni 90 Better The Devil You Know rimane una delle canzoni più suonate dai carri dei gay pride di tutto il mondo. Anche in America dove Kylie non ha mai avuto un vero successo di massa.

LA RINASCITALa musica cambia nel 2000 quando la Minogue, assolutamente a sorpresa, ha il suo primo numero uno inglese in dieci anni: Spin-ning Around. La formula è semplice: fare la parodia della disco music con addosso un paio di hot pants di lurex do-rato sui quali un’intera gene-razione di uomini (gay e etero) ha perso la vista. IndieKylie si trasforma nella showgirl perfetta: piroetta sul pavimento ba-gnato di un disco-bar con un sorriso estatico stampato sul viso e un didietro (da 32enne) talmente impossibile da sembrare di marzapane. La canzone è poca cosa ma il packaging è talmente perfetto che il mondo è pronto a riaddentare Kylie con la fame con cui l’ha divorata nel 1987. Nel 2001 la Minogue, che ormai ha deciso che non mollerà più il colpo, alza ancora l’asticella: Can’t Get You Out Of My Head non è più disco music, è un tormento-ne synth-pop, un pezzo dei Kraftwerk dopo un cambio di sesso

particolarmente ben riuscito. Ed è un successo planetario. Il suo mashup con Blue Monday dei New Order non scandalizza nessuno: anzi la sdogana ulteriormente. E lei si ritrasforma in un jukebox di hits: In Your Eyes, Love At First Sight, Come Into My World, Slow e la luminosa I Believe In You scritta per lei dagli Scissors Sisters.

IL TOUR DI AFRODITENel 2005 una diagnosi di tumore al seno la ferma nel bel mezzo dello Showgirl Tour, l’enorme spettacolo che la celebra come sou-brette definitiva del XXI secolo. È la prima volta che la realtà ir-rompe nel mondo di plastica dorata di Kylie. La sobrietà con cui ha comunicato la notizia e la discrezione con cui ha affrontato i successivi due anni lontana dalle scene, ha fatto in modo che la sua mistica di showgirl non venisse minimamente intaccata. Kylie non era malata per i suoi fan: era solo volata temporaneamente altrove. Quando nel 2007, riprende eroicamente il tour interrotto, la Minogue è sfavillante come al solito. Sul suo palcoscenico la re-

altà è bandita, c’è solo l’eterno sorriso di una soubrette che ti fa sembrare tutto semplice e che ti fa sognare dopo Ca-rosello. La Kylie che vedremo in questo Aphrodite - Les Folies Tour è un’artista tal-

mente rodata e in forma da far sembrare l’ultima Madonna una concorrente di Velone. Lo spettacolo si ricollega alla tradizione della grande rivista degli anni Trenta: Kylie si trasformerà nelle varie incarnazioni di Afrodite, la dea dell’amore, grazie ai costu-mi di quelli che lei chiama “Stefàno e Domenìco”. (Dolce & Gab-bana, sembrano molto più simpatici storpiati da lei). Ci saranno fontane, zampilli e ballerini volanti e ogni sera Kylie, per diver-tirci, rischierà l’osso del collo su quel filo sottilissimo tra sublime e ridicolo.

Sul suo palcoscenico la realtà è bandita, c’è solo l’eterno sorriso di una soubrette

che ti fa sembrare tutto semplice e che ti fa sognare dopo Carosello.

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ONSTAGE 32 MARZO

LIVESTYLE

Jason Kay è i Jamiroquai. La simbiosi tra l’artista inglese è il progetto musicale che lui stesso ha messo in piedi una ventina d’anni fa è totale. Tanto che non sappiamo realmente molto di quel geniaccio che indossa strani cappelli e vende tonnellate di dischi. Per provare a co-noscere il nostro ospite - tra fine marzo e inizio aprile i Jamiroquai saranno in tour in Italia – siamo andati a caccia di persone che l’hanno incontrato. Pare che la questione non sia di semplice lettura.

ntervistare Jay Kay, fondatore e leader dei Jami-roquai, è una delle più difficili imprese a cui un media possa lavorare. In generale ottenere degli “slot” (come si usa dire in gergo) con una star in-

ternazionale è complicato di per sé, ma nel caso di Jason c’è un ostacolo in più. Per usare un eufemismo, è uno di quegli artisti che non prestano particolare attenzione alla promozione. Parlando in termini reali, non gliene potreb-be fregare di meno. Ma incontrare il musicista inglese è comunque un’esperienza particolare: chi l’ha vissuta si è accorto di una certa distanza tra l’uomo e il performer,

come fossero due entità separate. Da una parte la persona insicura, fragile e forse annoiata che solo in pochi hanno conosciuto, dall’altra l’artista professionale, impeccabile e sicuro di sé che tutti hanno imparato a conoscere fin dal 1993, anno di uscita di Emergency On Planet Earth, primo, meraviglioso disco dei Jamiroquai.

GIORNALISTI? NO GRAZIE«Avevo appuntamento a casa sua, fuori Londra, per un intervista legata all’uscita del suo ultimo album», ci rac-conta Silvia Bombino di Vanity Fair, una delle poche testa-

te italiana a cui il padrone unico del marchio Jamiroquai si sia concesso in occasione della pubblicazione di Rock Dust Light Star (novembre 2010). «In questi casi è tutto or-ganizzato dalla casa discografica perciò tendenzialmente l’artista si mostra bendisposto verso i giornalisti, è nel suo interesse. Sono incontri di lavoro, è il gioco delle par-ti. Lui però sembrava piuttosto disinteressato. Glielo ho fatto notare e ha confermato che non era particolarmente desideroso di vedere la stampa. Era soddisfatto del lavo-ro fatto per il disco ma non si affannava più di tanto per promuoverlo. E comunque lasciava succedere le cose,

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Jamiroquai

di Gianni Olfeni

I biglietti del tour di Jamiroquai sono in vendita presso i negozi Fnac!

lo strano caso del dottor jay e del signor kay

LIVESTYLE

AFFARI DI FAMIGLIA. Il frontman Jason “Jay” K è figlio d’arte: sua madre, infatti, è Karen Kay cantante; suo padre un musicista e chitarrista jazz.

come se non lo riguardassero”. È difficile capire se dietro l’atteggiamento di Jay Kay ci sia effettivamente mancan-za di interesse oppure se ami recitare a memoria un co-pione - immedesimandosi nel personaggio scazzato, an-che arrogante che appare agli occhi dei suoi interlocutori – per nascondere qualcosa, magari una certa fragilità interiore. «In quel caso più che altro mi è sembrata stanchezza – precisa Silvia - e non so dirti se era stanchezza di quel mattino o stanchezza più in generale. Nel comples-so mi ha dato l’impressione di una persona un po’ annoiata». Jason non è il primo né l’ultimo artista “insensibile” alla stampa – ci può stare, specialmente dopo vent’anni di interviste – ma c’è una bella differenza tra l’essere stufi e il mostrarsi annoiati.

LA MIA UNICA DROGAC’è un passaggio fondamentale nell’intervista che Silvia Bombino ha realizzato con Jason. Domanda: “Qual è la

prima cosa che fai al mattino, quando ti svegli?. Risposta: “Mi accarezzo il mio coso”. Al di là dei sorrisi divertiti che una simile risposta ha piazzato sul volto dei lettori di Vanity Fair, la frase ha un’importanza centrale nell’ana-lisi della persona che quasi tutti i giorni si mette i panni

di leader dei Jamiroquai. «Gli ho posto quella domanda proprio per capire quale fosse il suo “centro”: era così svogliato che nessuna mia argomentazione riguardo alla sua vita trovava una risposta che sembrasse lontanamen-te sincera. Lui prima ha tergiversato un po’, poi ha fatto quella battuta. Divertente, d’accordo, ma anche un otti-mo modo per eludere la mia domanda: paradossalmente

una frase così sfacciata ha dimostrato quanto, in realtà, deve essere riservato». Strani questi artisti: con le canzoni si spogliano di tutto davanti a milioni di persone eppure possono sentire il bisogno di chiudersi davanti alle do-mande di un giornalista.

Durante la visita a casa Kay, Silvia ha po-tuto verificare come il lusso di cui si è tan-to scritto circondi effettivamente la vita di Jason. Una tenuta sfarzosa, l’amatissimo parco macchine – è ossessionato da Ferra-ri e Lamborghini - e tanti oggetti preziosi. «È tutto vero, l’ho visto con i miei occhi. E

lui, nel suo essere annoiato o stanco (non azzardo tri-ste o solo), sembrava corrispondere al cliché dell’arti-sta ormai arrivato che non trova più piacere negli agi che ha. Non ho avuto molto tempo a disposizione, ma ho capito che è una persona che ha sofferto e che quindi ha in realtà qualcosa da dire. Magari se lo incontri la sera, in un club di Londra, ne ricavi un’impressione

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lo strano caso del dottor jay e del signor kay

« Era soddisfatto del lavoro fatto per il disco ma sembrava non gli interessasse promuoverlo.

E comunque durante il nostro incontro lasciava succedere le cose, come se non lo riguardassero »

30/03 Assago (MI), 31/04 Mantova, 02/04 Torino, 03/04 Firenzelive

ONSTAGE 34 MARZO

LIVESTYLE

completamente diversa». Sempre che in quella sera non sia tra le braccia della diabolica amica che fa spesso ca-polino nella vita di Jason. «Vanity Fair nel 2005 aveva fatto con lui una lunga intervista in cui parlava solo di cocaina e di come ne stava uscendo. Io perciò gli ho chiesto se quel percorso era continuato e lui ha affermato di esserne completamente fuori. Di fare però ancora uso di alcol, in abbondanza, nelle sue serate. Poi, ancora, ha fatto un’altra battuta, dicendo che la sua unica droga al momento è il sesso».

UN FOLLETTO IMPAZZITO«Ho lavorato con i Jamiroquai in occasione del lancio di A Funk Odissey, nel 2001 e subito dopo l’uscita del di-sco ho accompagnato a Londra un gruppo di giornalisti

italiani che dovevano intervistare Jay Kay». A parlare è Tommaso Vincenzetti, in quel periodo product manager della Sony, etichetta per cui allora incideva la band in-

glese (che oggi si è accasata con un’altra major). «Il no-stro slot era fissato alle 10 della mattina e sinceramente eravamo tutti molto preoccupati che si presentasse in ritardo. Diciamo che non era conosciuto per la sua pun-tualità, specialmente in quel periodo. E invece è arrivato 40 minuti prima. Erano tutti molto sorpresi nel vederlo in anticipo, a partire dai discografici britannici». Jason

era in una fase particolare della sua vita, stava lentamen-te cercando di uscire dalla dipendenza da cocaina. «Era molto agitato, parlava velocemente, senza star fermo

un attimo. Sembrava un folletto impaz-zito. Cambiava continuamente discorso, cercando continuamente l’approvazione del suo interlocutore. In realtà dava l’im-pressione di essere molto insicuro». Esat-tamente l’opposto di quell’atteggiamento “chill out” che Jay Kay è solito avere sul

palco, quando indossando uno dei suoi folli cappelli e le immancabili Gazelle si muove, per quanto buffo, tan-to sicuro da sembrare un ballerino alle prese con passi di danza che conosce da una vita. «Mi hanno poi detto che in quel periodo si stava disintossicando – conti-nua Tommaso – ed è probabile che questo si riflettesse sul suo stato d’animo e sui suoi comportamenti. In ge-

« Credo che sia una persona molto inquieta ed estremamente sensibile. Probabilmente è proprio da questa sensibilità che nascono le migliori cose da un

punto di vista artistico »

LIVESTYLEJamiroquai

Jamiroquai “cappellaio matto”: la sua collezione di cappelli vanta in tutto una sessantina di esemplari di

foggia bizzarra, tra cui diversi in pelliccia, alla Davy Crockett.

Il nome della band deriva da una fusione tra i termini “jam” e “-iroquai”,

nome inglese usato per definire gli Irochesi, tribù native america-ne delle Sei Nazioni.

Jay Kay decise di metter su una band dopo che fu rifiutato a

un’audizione come cantante dei Brand New Heavies. Con l’aiuto del tastierista Toby Smith, vide la luce il primo singolo dei Jamiro-quai, When You Gonna Learn?

Jay è un grande appassionato di Ferrari. Oltre a possederne di-verse, ha stretto un accordo con

Maranello per la copertina di Tra-velling Without Moving, usando un logo molto simile a quello delle Rosse.

Rock Dust Light Star ha debuttato alla posizione numero 7 nel Regno Unito

con 34.378 copie vendute, meno della metà rispetto al preceden-te, Dynamite, che ha venduto 64.150 copie nel 2005.

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LIVESTYLE

nerale credo che sia una persona piuttosto inquieta ed estremamente sensibile. Probabilmente è da questa sensibilità che nascono le migliori cose da un punto di vista artistico».

SOPRA LE RIGHEI vizi di Jason Kay sono certamente una spina nel fianco dei Jamiroquai. È difficile però stabilire fino a che punto il suo comportamento ne sia influenzato. «Ho avuto modo di incon-trarlo nuovamente durante il tour succes-sivo alla pubblicazione di A Funk Odissey – racconta Vincenzetti - in occasione della data di Milano. La sera prima del concer-to è stata piuttosto movimentata. Era semplicemente in-contenibile. All’uscita del club milanese in cui abbiamo passato la serata ha cominciato ad improvvisare dei bal-letti finché si è buttato giù per la rampa del garage che si trovava davanti al locale. Siamo andati a soccorrerlo con la paura che si fosse ammazzato! Il giorno dopo natural-

mente si è svegliato dopo pranzo e abbiamo dovuto can-cellare tutti gli appuntamenti con la stampa fissati per la mattinata, compresi quelli con le televisioni. A quel punto la sua prima preoccupazione era rimettersi in sesto per il concerto della sera, della promozione non si è minima-mente curato. Diciamo che il suo rapporto con i fan è sicu-ramente migliore di quello con la stampa». A prescindere

da qualche episodio non esattamente piacevole, l’atteg-giamento di Jay Kay fuori dal palco è quello della tipica rockstar, sempre sopra le righe. «Non ti dà mai l’idea di sentirsi a suo agio, è come se seguisse un canovaccio. Ha un modo di fare poco spontaneo, che non mette quasi mai l’interlocutore nella condizione di avere un vero e proprio

scambio. Ma tutto questo denota soprattutto una grande insicurezza di fondo. È come se avesse bisogno di compor-tarsi così per sentirsi a posto con se stesso». Nella storia della musica, ma non solo, molte sono le star che hanno indossato delle maschere. Alcuni in senso letterale, con travestimenti veri e propri, altri costruendo un’immagine di sé stessi ad uso e consumo del pubblico. Constatarlo

non vuole essere un modo per esprimere un giudizio negativo sulla persona, né un tentativo di lanciare l’accusa di “alto tra-dimento”. Anche perché, chi è senza pec-cato scagli la prima pietra. Quante volte tendiamo a offrire un’immagine diversa di noi stessi per interesse o comodità? Capire

l’uomo dietro la star è un buon modo per comprendere l’umanità dei personaggi che idolatriamo e apprezzar-ne ancor di più le doti creative, proprio in quanto esseri umani. I supereroi non esistono, ma c’è qualche persona con una sensibilità, umana e artistica, fuori dal comune. Qualcuno come Jason Kay.

« Ha un modo di fare piuttosto costruito, che non mette l’interlocutore nella condizione di avere uno scambio.

Ma tutto questo denota soprattutto una grande insicurezza di fondo »

LIVESTYLEJamiroquai

In volo con Jay Kaydi Maurizio Ridolfo

Nel febbraio del 2007 sono stato invitato da Sony Ericsson, insieme ad altri 200 tra giornalisti e fan, ad assistere al concerto più alto del mondo: “The Gig In The Sky”, ovvero l’esibizione dei Jamiroquai a bordo di un Boeing 757 (con il famoso logo dello Space Cowboy ben visibile sulla fusoliera) all’altezza di 10.500 metri. All’interno dell’aeropla-no, in servizio da Monaco di Baviera ad Atene, era sistemato un piccolo palco - ricavato togliendo le prime file di sedili - in cui trovavano posto i pochi strumenti della band. Jay Kay ha fatto il suo ingresso “in scena” uscendo dalla cabina di pilo-taggio e ha iniziato un breve show proprio quan-do il jet ha raggiunto la quota di crociera, dando così modo al giudice del Guinness dei Primati di certificare il record e inserirlo a referto. Un record che è però durato poco: nel 2010 è stato battuto da James Blunt che ha fatto la stessa cosa ma a 12.500 metri! Comunque lo show è stato molto divertente, Jason - un grande entertainer, capace di stare in equilibrio tra suggestioni del passato e un sound più moderno - era in forma smaglian-te e pareva divertirsi molto anche in una situazione così par-ticolare. Tanto da infilare due pezzi all’epoca inediti nel brevissimo set, durato una manciata di canzoni. Quando siamo atterrati, i Jamiroquai sono scesi per primi e sono scomparsi dentro a un hangar in cui poi ci hanno fatto acco-modare poco dopo. Lì, assieme a parecchi altri fan già in attesa, hanno fatto un concerto vero e proprio di un’ora e mezza, conclu-dendo la giornata meglio di com’era cominciata.

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Superato l’effetto “Beautiful” (la sua celeberrima canzone, non la soap opera…), James Blunt è riuscito a riconfermare la sua incredibile fama mondiale con due ulteriori dischi di successo, ma con il consueto aplomb che da sempre lo caratterizza.

a quando è diventato famoso nel 2006, James Blunt combatte una “battaglia” personale: è un po’ contrariato dal fat-to che la sua immagine e la sua musica

siano oggetto di interesse solamente del pubblico fem-minile, perché lui vuole raggiungere tutti. Nel tempo, ha cercato di scalfire questa comune convinzione con diversi stratagemmi, ma solo oggi sembra aver trovato quello che può risultare vincente, perché innanzitutto lo mostra al mondo non più solo come un romantico bra-vo ragazzo, ma anche come uno che sa divertirsi. «La gente si aspetta che io sia una persona che prende sul serio se stesso e la vita, ma non è proprio questo il caso. Forse che l’album nuovo sia l’occasione di vedere un lato diverso della mia personali-tà?». Quindi, mai dire a James Blunt che la sua musica è per un pubblico prettamente femminile: «Non mi piace che si pensi che le mie canzoni siano fatte per le donne», racconta, però è vero che ha spopolato soprattutto tra il gentil sesso. Come mai, se questo non è il suo intento e anzi ritiene veramente di scrivere per tutti? Sarà per quella faccia acqua e sapone in cui risplendono come fari due occhi azzurri o per quell’aria da eterno giovin-cello con cui maschera alla perfezione i quasi 37 anni, complici due candide guance da cui ha eliminato ogni traccia della barba che caratterizzava il suo look fino a poco tempo fa. Basta ascoltare la hit che lo ha lancia-to, la celeberrima You’re Beautiful, per capire come il buon James conosca perfettamente il modo per far pre-

sa su quel tipo di pubblico. A questo aggiungete una discreta carriera militare, cosa che non guasta avere a curriculum soprattutto quando si tratta di avere un cer-to “appeal”.

NON SONO SERIO, MI DISEGNANO COSìJames ce l’ha messa tutta per far capire al mondo che non è così, o meglio, che non esiste solo l’immagine del ragazzo che tutte vorrebbero sposare. Basti pensare ai numerosi flirt veri e presunti che ha collezionato da

quando è diventato famoso, oppure alla fama di viveur che ama dare party nelle varie città dove si trova in tour, di cui non fa segreto. Si è pure trasferito a vivere a Ibiza, isola del divertimento per eccellenza, pur di intac-care l’immagine da principe

azzurro. Poi, a onor del vero, dice che abita lì per godere dell’ottimo clima e della natura, oltre che per la movida. Ha persino messo la sorella Emily su eBay: quando nel 2004 lei aveva bisogno di recarsi in Irlanda per assistere a un funerale ma non riusciva a trovare un modo per lasciare l’Inghilterra, perché i traghetti erano in sciope-ro e non c’erano più voli, lui le ha fatto pubblicare sul celeberrimo sito un annuncio in cui chiedeva aiuto a chi potesse risolvere il suo problema. Emily non è riuscita nel suo intento, ma ha così conosciuto quello che sareb-be poi diventato suo marito. Il povero James nemmeno così è riuscito a togliersi l’aureola da santarellino: da fratello scapestrato che sbatte in Internet la sorella si è trasformato in moderno Cupido.

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« Ho scritto gli altri dischi partendo dalla chitarra classica, per Some Kind Of Trouble invece un giorno ho imbracciato quella

elettrica e da allora non l’ho più lasciata »

James Blunt

LIVESTYLE

13/03 Roma, 14/03 Milanolive

IlPREFERITODONNEDEllE

di Francesca Vuotto

ONSTAGE 39 MARZO

LIVESTYLE

SALVATE IL SOLDATO BLUNT. La canzone No Bravery, tratta dal primo album (Back To Bedlam, 2005), è stata scritta da James mentre era impegnato come ufficiale corazzato di ricognizione nel processo di pace in Kosovo.

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ONSTAGE 40 MARZO

UN INGUARIBILE OTTIMISTAE torniamo sempre qui, al fascino che esercita sulle donne e al suo pubblico prevalentemente femminile. Ha provato a convincere tutti del fatto che è meno serio di quel che sembra, ma ora finalmente potrebbe essere arrivato il mo-mento della svolta grazie al suo ultimo disco Some Kind Of Trouble, uscito lo scorso novembre, che per lui significa qualcosa di diverso e lo è, rispetto ai precedenti Back To Bedlam (2005) e All The Lost Souls (2007). Esprime infatti nel sound e nei testi un’allegria che vuole cogliere della vita il divertimento e il senso di libertà, una vera joie de vivre, simile per tanti versi a quella che si respirava nei mitici anni Ottanta. «L’album cattura un mood che è un po’ tipico di que-gli anni. In Occidente c’era un’atmosfera particolare, un ottimismo che ci faceva sen-tire come dei teenager». In questo album ciò che fa la differenza è proprio il punto di vista: «Non è meno serio o impegnato, ma semplicemente ottimista. È una fotografia della realtà, non un melanconico disegno». I fattori che hanno portato a questo cambiamento sono

diversi, compresa un’inevitabile maturazione persona-le che, in avvicinamento ai fatidici “anta”, non può non farsi sentire, ma di certo hanno avuto il loro peso anche alcune dinamiche diverse dal solito intervenute nella fase di composizione. «Ho provato a scrivere nella mia casa a Ibiza, ma non riuscivo a produrre niente. Così sono tor-nato a Londra, ho cominciato a uscire, a bere qualcosa fuori la sera con i miei amici ed è da qui, da questa nuova quotidianità e dalla concretezza dei rapporti con chi mi sta vicino che è nato il disco». Anche nella registrazione qualcosa è mutato in meglio: «In passato avrei compo-

sto una canzone e solo in seguito l’avrei incisa. Questa volta invece siamo andati in studio ed è come se i pezzi fossero scaturiti dal nulla, o meglio, dalla semplice vo-glia di stare insieme, divertirci e suonare. Tutto è venuto

in modo abbastanza naturale». Di questo divertimento è figlio anche l’uso della chitarra elettrica, che Blunt non aveva mai utilizzato prima. «Ho scritto gli altri dischi partendo dalla chitarra classica, per Some Kind Of Trou-ble invece un giorno ho imbracciato quella elettrica e da allora non l’ho più lasciata, anche perché sposa meglio quel mood entusiastico che volevo esprimere. È anche gra-zie a lei che i pezzi hanno più energia, sono più upbeat». Nei giorni immediatamente precedenti all’intervista, i giornali hanno dedicato ampio spazio alle proteste degli studenti inglesi contro il governo a causa dell’aumento

delle tasse universitarie e la conseguente chiusura della possibilità di un’istruzio-ne di livello superiore per ampie fasce di popolazione, se non con grandi sacrifici. Impossibile quindi non chiedersi come collocare in questa realtà un album così

“spensierato”. «Penso che il mondo sia diventato estre-mamente cinico e che possa salvarci solamente l’ot-timismo. Ciò che può aiutare le persone è la musica, perché è capace di dar voce alle loro speranze e soprat-

Nel ‘99 James Blunt avrebbe sventato la terza guerra mondiale rifiutandosi di attaccare un contingente di

200 soldati russi che bloccavano una pista d’atterraggio a Pristina.

Un anno dopo aver lasciato l’esercito, Blunt firma il suo primo contratto discografico con

la Custard Records grazie all’inte-ressamento di Linda Perry, nota al grande pubblico come leader del gruppo 4 Non Blondes.

Con la canzone You’re Be-autiful è diventato

il primo artista inglese a rag-giungere, nel nuovo millennio, la cima della classifica dei singoli UK. L’ultimo era stato Elton John con Candle In The Wind, 1997.

L’album, Back To Bedlam, vende nei primi 3 anni oltre 11 milioni di

copie, vincendo 2 Brit Award, 2 Mtv Video Music Awards come miglior esordiente e 5 nomina-tion ai Grammy Awards.

Nel 2004, Blunt ha ‘sistemato’ sua

sorella, grazie ad un’inserzione su eBay: ‘Damigella disperata deve andare in Irlanda. Nessuno si offre come accompagnato-re? Unica condizione: essere un cavaliere con una brillante armatura’.

#1

« L’album cattura un mood che è un po’ tipico di quegli anni. In Occidente c’era un’atmosfera particolare,

un ottimismo che ci faceva sentire come dei teenager »

LIVESTYLEJames Blunt

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ONSTAGE 42 MARZO

LIVESTYLEJames Blunt

tutto ai loro sogni. È per questo che scriviamo noi musi-cisti, per offrire uno sguardo verso un futuro migliore». Non è che Blunt abbia improvvisamente messo la testa a posto, queste convinzioni erano in qualche modo presenti anche negli album precedenti, ma probabilmente hanno raggiunto in lui ora una consapevolezza che gli permette di affrontare la vita in modo diverso, con un po’ più di brio. Questo non significa che non siano trattati argomenti seri. Anzi, per quanto riguarda i nuovi brani, Blunt è particolarmente legato a No Tears, in cui parla in modo disincantato dei suoi erro-ri e di come non si sia mai tirato indietro. Per questa delicata missione di convincimento del suo pubblico dell’esistenza di un altro James Blunt più rilas-sato ha deciso di affidarsi ai vecchi compagni di sempre, i fedeli quattro musicisti che lo hanno seguito nei due tour precedenti e che lo accompagneranno anche nel prossi-mo, che farà tappa in Italia il 13 marzo a Roma e il 14 a Milano. «Avrò con me la mia solita band, la stessa che mi

ha seguito per cinque anni, ma nell’album sono interve-nuti professionisti da tutto il mondo che mi hanno per-messo di avere musicalmente la libertà che cercavo e che hanno contribuito con nuovi spunti e idee. Credo che ci porteremo dietro in tournée uno di loro, così saliremo in sei sul palco». Insomma, ascoltando il disco e leggendo le

numerose dichiarazioni si può dire che l’idea di un James più disimpegnato sia ammissibile. Poi però, dopo “tanta” fatica, un colpo di scena che sbaraglia tutto o quasi.

UN EROE A CUOR LEGGEROA pochi giorni di distanza dalla pubblicazione di Some Kind Of Trouble, Blunt rivela che durante la missione di

pace in Kosovo di cui è stato protagonista nel 1999 come casco blu dell’ONU ha sventato la Terza Guerra Mondia-le, rinunciando a eseguire l’ordine di un superiore che voleva che il suo plotone attaccasse un manipolo di sol-dati russi alleati che si era impadronito prima di loro di una pista di atterraggio. Basta questa dichiarazione per

farlo tornare a essere nell’immaginario di tutti, e soprattutto delle donne, un uomo posato, di grande fascino e ben lontano dall’eterno ragazzino di cui vuole convin-cerci. Ora però, dopo Some Kind Of Trou-ble, non si può più tornare indietro, del suo animo più allegro e brioso abbiamo

testimonianza, non si può più ridurre questo cantante a un’icona di compostezza e romanticismo. Con quest’ul-tima rivelazione si è solo dimostrato ancora una volta un uomo più profondo di quello che sembra e un artista completo, capace di salvare il mondo ma anche di andare incontro al futuro con quella spensieratezza e ottimismo che cerca di trasmettere quando si scatena on stage.

« Avrò con me la mia solita band, la stessa che mi ha seguito per cinque anni, ma nell’album sono intervenuti professionisti da tutto il mondo che mi hanno permesso

di avere musicalmente la libertà che cercavo »

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ROCK’N’FASHION

ONSTAGE 46 MARZO

Serena nel paese delle meraviglie

foto: Loris Savino stylist: Silvia Gabrielli

hair and make up: Piero Marsiglio using Mac

a cura di Chiara Zannini

La partecipazione a X-Factor, poi Sanremo e la collaborazione con artisti di grosso calibro (Ivano Fossati e Niccolò Fabi), lo stupore e l’entusiasmo. Serena Abrami vive un momento magico. Anzi una vera e propria favola.

ROCK’N’FASHION

ONSTAGE 47 MARZO

Golfino in cotone Stella McCartney

Pantaloni ampi Ter et Bantine

Sugli occhi Eyeshadow col. Pale Gold with Icy Shimmer, Mac

eanche il tempo di entrare sul set dello shooting e Serena ha già conquistato tutti. Butta la borsa a terra e si china per coccolare la splendida cagnolina ospite di questi scatti (che l’aveva accolta abbaiando in maniera tutt’altro

che amichevole…). Pochi istanti dopo si rialza e, con un filo di divertito imbarazzo, si scusa con un sorriso grande così. Il tempo a disposizione per scattare non è molto, Se-rena nel pomeriggio deve ripartire per le Marche, dove la sera stessa è in programma un suo concerto. L’indomani ha un altro impegno a Roma, e così via. Appena uscita dal grande frullatore di Sanremo, la bel-la venticinquenne marchigiana non vuole perdere nean-che un’occasione, ora che il Grande Sogno sta finalmente prendendo forma ed è uscito il suo primo disco (Lontano da tutto). Un album che contiene pezzi scritti da grandi autori come Ivano Fossati (Tutto da rifare) e Niccolò Fabi, che per lei ha composto il brano presentato al Festival (e che dà il titolo alla sua opera prima). La passione per la musica le viene trasmessa dalla mamma, che le insegna a suonare la chitarra e a cantare nel salotto di casa. Poi le lezioni di piano, la partecipazione a una corale polifonica e infine i concerti nelle piazze con la sua band. A 18 anni inizia a comporre ed è questo l’aspetto che più ama del suo mestiere: raccontare e interpretare pezzi di vita vissuta. Una breve partecipazione a X-Factor le regala la grande occasione; viene notata da Fossati che le si of-fre nei panni di “Virgilio” per accompagnarla nel mondo della musica. Fino all’esperienza al Festival, di cui parla in toni entusiastici: «La prima sera, appena salita sul pal-co, mi tremavano le gambe. Quando ho iniziato a cantare la voce era un po’ insicura. Ma va bene così. Un’artista deve trasmettere emozioni al pubblico e penso che tutti

N

ROCK’N’FASHION

Tunica in seta Stefanel

Canottiera traforata Ter et Bantine

Mascara ProLash col. Black, Mac

ONSTAGE 48 MARZO

ROCK’N’FASHION

ONSTAGE 49 MARZO

Camicia in seta e Pantaloni Ter et Bantine

Collana Gioielli Bagnara, realizzati con tecnologia Reticube tecnology

Sulle guance Powder Blush col. Style, Mac

ROCK’N’FASHION

ONSTAGE 50 MARZO

abbiano capito cosa stavo provando. Trovarmi su quel palcoscenico, così famoso, sul quale ho visto esibirsi tutti i più grandi della musica…». Questo assaggio di successo non ha sconvolto la vita di Serena. Parla della casa nella campagna marchigiana dove vive, di fronte al mare, e dove le piace tornare alla fine di ogni trasferta. Della sorellina minore, campionessa di tennis, che “è la persona più importante della mia vita”. Le piace che tutto resti coerente con il “prima”, non vuole forzature e lo stesso vale per le scelte in fatto d’immagine. Tutto in nome della sobrie-tà. Per esibirsi a Sanremo ha indossato abiti di Stella McCartney, designer di cui apprezza fre-schezza e contemporaneità. Mentre ci parla della sua vita, le viene proposto di posare nella vasca bagno: il terrore si dipinge sul suo volto. Pochi minuti dopo Serena sta ri-dendo immersa nella schiuma - con molti occhi che la osservano posare - e un peplo di seta bian-ca un po’ trasparente indosso. Non c’è spazio per pose sexy, la sua spontaneità ricorda piuttosto certe opere preraffaellite. Ci vuole poco tempo per trovare lo scatto giusto, un colpo di phon per asciugare i capelli umidi, un panino afferrato al volo e un abbraccio amichevole per salutare tutti. Deve partire, la attendono un palco e un microfo-no. Come Alice dietro al Coniglio Bianco, Serena sta correndo via verso nuove avventure.

ROCK’N’FASHION

ONSTAGE 51 MARZO

Cardigan lungo Zadig & Voltaire

Blusa CK Calvin Klein

Pantaloni in cotone Seven For all Mankind

Sandali Stella McCartney

Anello Gioielli Bagnara, realizzati con tecnologia Reticube tecnology

ROCK’N’FASHION

Body languageÈ la Venere (o Afrodite, per restare in tema con il suo nuovissimo tour) tascabile della musica. Ama la moda e si è cimentata nei panni di fashion

designer. Super sexy, sa come valorizzare le sue forme minute, ma perfette. Sempre con un filo di ironia.

Kylie Minogue

Fashion con l’anima. Le borse della maison inglese vengono realizzate con principi equo solidali, nel rispet-to degli animali. Prezzo su richiesta. Angel Jackson

Aderentissimi, in morbida nappa con inserti a contrasto. Prezzo su richiesta. Burberry Prorsum

a cura di Chiara Zannini

ONSTAGE 52 MARZO

Lenti sfumate e decorazioni floreali. € 465. Louis Vuitton

Idratante, previene i primi segni del tempo lasciando sulla pelle un effetto serico. Dai 30 anni in poi. Hydra Collagenist. Da € 50. Helena Rubinstein

A lunga tenuta, nella tonalità All Night Blue. Ombretto Color Infaillible. € 10,90. Loréal Paris

Corregge e uniforma l’incarnato, con un effetto super naturale. Dior Crystal Nude. € 52. Dior

La fascia che avvolge la caviglia ha un non so che

di fetish. Prezzo su richiesta.

Giuseppe Zanotti Design

ROCK’N’FASHION

Good fellasAria pulita da bravo ragazzo (ma nella nostra intervista fa di tutto per sfatare il mito), ha uno stile che assomiglia a certe sue canzoni melodiche, a

metà fra pop e folk. Le sue scelte sono casual chic, lontane da ogni tipo di eccesso.

James Blunt

I classici Wayfarer. Cambiano le mode ma loro non passano mai. Un mito dell’eyewear.

€ 134. Rayban

Idratante, per una pelle perfetta e morbida anche dopo la rasatura, e con protezione solare. € 48,60. Clinique

a cura di Chiara Zannini

ONSTAGE 53 MARZO

Iconico, il trench simbolo della maison inglese. Prezzo su richiesta. Burberry London

Cinquetasche in denim. Il pezzo passe-partout

per eccellenza. Prezzo su richiesta.

Hilfinger Denim

La classica polo Lacoste nei colori dell’estate. € 104,50. Lacoste

Un profumo intenso e discreto. Calvin Klein

Man. Prezzo su richiesta. Calvin Klein

Ispirazione brit per la sneaker in nabuk nera. € 140. Timberland

Lunedì 14 febbraio 2011. Sulla homepage del sito ufficiale dei Radiohead appaiono un disegno e una scritta, “Thank you for waiting”. Cliccando

l’immagine, apprendiamo la notizia: fra cinque giorni verrà pubblicato The King Of Limbs, il nuovo album del quintetto inglese. Lo si può già preordinare: 7 euro la versione digitale, scaricabile a par-tire da sabato, 36 euro la versione “newspa-per” che ugualmente permette il download e in più include vinili, CD e chili di artwork, il tutto recapitato direttamente ai gentili ac-quirenti a partire da maggio. Il web esplode. Sui social network i messaggi fra appassionati di musica non par-lano d’altro e ci si rimbalza la notizia. Passano quattro giorni, non cinque, e sempre sul sito della band fa la sua comparsa il video di Lotus Flower, primo singolo, insieme a una dichiarazione: “È venerdì, siamo quasi al weekend, c’è la luna piena... potete già scaricare The King Of Limbs se volete”. L’ottavo disco in studio del gruppo più in-

fluente nell’ambito del rock alternativo (e non solo) viene alla luce in questo modo: con due annunci repentini e un giorno d’anticipo. Un evento straordinario. Quanto accaduto non è altro che il secondo atto di una rivolu-zione innescata da Yorke e soci con In Rainbows, capitolo

targato 2007, che venne pubblicato in totale autonomia e poteva essere scaricato pagando una libera offerta. Una rivoluzione che è anche il segno di una piena presa di coscienza del nostro tempo. La musica, come le notizie, è liberamente accessibile tramite la Rete in pochi istanti da un pubblico vastissimo: dunque perché non sfruttare appieno le possibilità di questo media? Più esattamente la domanda è: ai Radiohead, serviva ancora il sostegno

di una major? La risposta è scritta e la strada segnata per chi ne vorrà seguire l’esempio. In questo momento, mi-lioni di persone avranno scaricato, legalmente o meno, la loro copia, e la staranno ascoltando nell’iPod, in mac-china, nelle loro case. Otto brani, neanche quaranta mi-

nuti di durata per un disco che spiazza dalla prima traccia e al primo ascolto. I cinque di Oxford spostano nuovamen-te il loro linguaggio pur conservando l’estetica che li contraddistingue da sempre. Si muovono su ritmiche tese

fra l’afro-beat e la drum’n’bass (Bloom e Feral), destruttu-rando la forma canzone, per tornarci invece con un brano che è quasi soltanto voce e chitarra (Give Up The Ghost), portando la sperimentazione dei suoni, come sempre meravigliosi, su vette altissime. Un disco dall’enorme spessore, da ascoltare più volte per essere compreso ap-pieno, importante tanto quanto la dichiarazione di indi-pendenza che lo ha accompagnato.

Musica, cinema, videogames, libri

WHAT’SNEW

Il ballo dell’estateIntrodotto da un singolo e relativo video con un Thom Yorke che si improvvisa ballerino, fanno il loro ritorno a sorpresa i britannici Radiohead. E riconfermano per l’ennesima volta come si possano sovvertire tutte le regole del music business e vivere (quasi) felici.

di Emanuele Mancini

A marzo ritor-na il grande

rock con i nuovi album di star come Radiohead, Sum 41, Avril Lavigne e R.E.M., ma pure con i nostrani Subsonica e con il rap particola-rissimo di Caparezza.

Dal film di animazione

Rango alla commedia francese Tournée, passando per I ra-gazzi stanno bene, The Fighter e Non lasciar-mi. Buona visione!

Se siete im-pressionabili,

questo mese i giochi non fanno per voi: le atmosfere pesanti di Dead Space 2 e Killzo-ne 3 sono riservate ai più temerari!

Come fareste senza un buon

libro da leggere? Anche stavolta ci abbiamo pensato noi e vi consigliamo tre nomi da non perdere: Brian Eno, Thomas Pynchon e Wu Ming. Non mancate all’ap-puntamento!

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Un disco dall’enorme spessore, da ascoltare più volte per essere compreso appieno, importante tanto quanto la dichiarazione di indipendenza che lo ha accompagnato.

ONSTAGE 55 MARZO

Radiohead The King Of Limbs (XL Recordings) H H H H H

WHAT’S NEW

Avril LavigneGoodbye Lullaby (RCA/Sony)

H H H di Marco Rigamonti

La ragazzina della porta ac-canto, carina e un po’ ribelle, è cresciuta. Avril non è più solo

una pop-star: ultimamente si è data anche al cinema e all’imprenditoria, e non è un caso che Black Star (il jin-gle che accompagna il suo profumo) e Alice (il pezzo che appare nei titoli di coda del film di Tim Burton) assumano rispettivamente il ruolo di apertura e chiu-sura del suo quarto disco. In mezzo c’è un singolo bello carico (What The Hell) e una quantità conside-revole di brani partoriti al pianoforte, lenti, morbidi e spesso arrangiati in maniera essenziale. In alcuni casi i risultati sono un po’ troppo scontati (può bastare come esempio un titolo come I Love You?), ma pezzi come Wish You Were Here e Remember When sembrano sinceri e confermano il talento della ventiseienne ca-nadese, che non si può mettere in discussione.

REMCollapse Into Now (Warner)

H H H di Stefano Gilardino

È ancora possibile considera-re un disco inedito dei R.E.M. come un vero e proprio evento?

Oppure siamo entrati nella fase di carriera caratteriz-zata da un pre-pensionamento dorato in cui una band o un artista replicano all’infinito le intuizioni (magari anche molto brillanti) su cui hanno costruito la propria fortuna artistica? Con tutto il bene che vogliamo a Mi-chael Stipe e amici, è inutile negare come Collapse Into Now sia l’ennesima variazione sul tema da parte dei tre di Athens, capaci, di regalare, a seconda dell’umo-re e dell’ispirazione dischi eccellenti o medi. Nel caso di questo album, siamo più o meno a metà strada, con picchi di classico suono targato R.E.M. - una volta lo

si definiva college rock, quando la musica alternativa era… alternativa, appunto - e alcune tracce che non resteranno di certo negli annali della musica. Tra i pri-mi conviene annoverare cose davvero pregevoli come All The Best, It Happened Today, graziata dalla voce del sempre ottimo Eddie Vedder, Alligator Aviator Autopi-lot Antimatter (un brano tirato che ospita la scatenata Peaches a far da contraltare a Stipe) e la breve That Someone Is You. Spiace invece liquidare la partecipa-zione di Patti Smith, alla seconda presenza su un disco del gruppo, che non riesce a rendere memorabile una melodia scialba come quella di Blue, che si aggiunge a qualche altra caduta di tono come quella di U Berlin, primo singolo estratto.

Beth DittoBeth Ditto EP (Sony)

H H di Stefano Gilardino

Venti minuti o poco più: questo è l’assaggio che Beth Ditto, più celebre come cantante dei Gos-

sip, regala al suo pubblico per il suo esordio come solista: Che sia un’anticipazione di una possibile carriera personale o una piccola scappatella per ri-fiatare prima di ripartire con la sua vera band non lo sappiamo, ma è certo che la strada intrapresa sembra puntare senza mezze misure al dancefloor. Complici gli amici Simiam Mobile Disco, con cui aveva già col-laborato in passato, Beth si dedica con grande foga a un sound sintetico e fatto per ballare, quasi algido, come nel caso della conclusiva Open Heart Surgery, forse il momento migliore di questo EP. L’apertura quasi psichedelica di I Wrote The Book è il marchio di fabbrica dei dj e produttori inglesi, mentre le restanti due tracce regalano intense suggestioni anni 80.

The Go! TeamRolling Blackouts (Vital/Memphis Industries)

H H di Emanuele Mancini

Concepito inizialmente come proget-to del solo Ian Parton e divenuto poco dopo band a tutti gli effetti, i Go! Team

hanno fatto il loro esordio nel 2004 fra i consensi di ascoltatori e critica, grazie al loro accattivante marasma sonoro a base di hip hop, Sonic Youth, pop con richiami sixties, campiona-menti di telefilm polizieschi anni 70 e cori da cheerleaders. Con Rolling Blackouts arrivano al terzo disco e la formula pare invariata, cominciando a mostrare i suoi limiti. Una propo-sta che ha nell’estrema varietà la sua forza ma anche il suo punto debole, perché caratterizza il sound della compagine in maniera piuttosto univoca e non gli permette grandi spazi di manovra al suo esterno. Piacevole da ascoltare, ma tranquilla-mente intercambiabile con uno dei due precedenti album dei Go! Team.

Joan As Police WomanThe Deep Field (PIAS)

H H H H di Marcello Marabotti

Un album di svolta. Joan presenta The Deep Field, la sua opera più matura e significativa, al termine di un cambia-

mento personale e musicale che ha portato l’artista americana ad esaltare la gioia della vita, scrivendo canzoni intrise di spe-ranza. Questo il suo messaggio e, per cantarlo al mondo, ha scelto la musica soul, ispirandosi a Marvin Gaye, Sly & The Family Stone, Curtis Mayfield e, soprattutto, a Stevie Wonder: “Devo riconoscergli il merito personalissimo di aver reso cool gli atteggiamenti positivi”, ha dichiarato lei. Con una linea vocale eccellente, testi raffinati e parole ‘squadrate’, l’album trova nel brano Human Condition l’esplosione di quella ten-sione e turbolenza palpabile che, sotto l’apparente serenità, fanno di Joan una delle più belle conferme del 2011.

Wanda JacksonThe Party Ain’t Over (Nonesuch)

H H H di Claudio Morsenchio

Jack White ormai è Re Mida: tutto quel-lo che tocca, diventa oro. Dopo essersi svezzato con il successo planetario dei

White Stripes, di cui è stato reso noto il recente scioglimento ufficiale, il talentuoso chitarrista si è divertito con i progetti Raconteurs e Dead Weather. Fra infinite comparsate e collabo-razioni, lo rivediamo qui in veste di produttore, musicista e ar-rangiatore con la rediviva Wanda Jackson, icona incontrastata del rockabilly anni 50, una donna tutto pepe plurisettantenne, vera star all’epoca di Elvis. Dopo anni trascorsi nell’anonima-to, la Jackson brilla più che mai accanto al suo figliol prodigo, che riporta alla luce, i suoni, le ballate e i fraseggi roots, tanto cari a entrambi, fra fiati lussureggianti, ritmi serrati e suadenti e sofferti blues dal sapore antico. Da ascoltare e da ballare tutto d’un fiato.

Musica

ONSTAGE 56 MARZO

WHAT’S NEW

CaparezzaIl sogno eretico (Universal)

H H H di Stefano Gilardino

Quinto album per il funambolico rapper (ma varrà ancora la pena chiamarlo così?) pugliese, che prosegue su una strada per-

sonale che ormai lo contraddistingue da qualunque altra pro-posta musicale italiana. Caparezza non ha mezze misure, non lascia indifferenti, anzi travolge tutto con una quantità abnorme di parole, frasi e idee. Al punto che l’ascolto di un suo album, e Il sogno eretico non fa eccezione, è un tour de force mica da poco. Ogni brano nasconde citazioni, rimandi, giochi di parole, rime sorprendenti, il tutto su basi musicali che vanno dal (quasi) rock chitarristico de Il dito medio di Galileo, alla techno frenetica di Ti sorrido mentre affogo. Il meglio, però, arriva con la cattivissima Kevin Spacey (il testo svela una ventina di finali di film, per cui siete avvertiti…), il raggamuffin di Legalize the premier con featu-ring di Alborosie e la marcetta Chi se ne frega della musica. Come al solito, lo aspettiamo alla prova dal vivo, vero punto di forza di Capa.

Sum 41Screaming Bloody Murder (Island/Universal)

H H H di Claudio Morsenchio

Il mondo del pop punk oggi è popolato da innumerevoli band più o meno dedite a commercializzare il genere, contaminando

adolescenti consenzienti, con riff più o meno scopiazzati e con atteggiamenti piacioni e furbetti, che strizzano l’occhio verso il mainstream tutto dollari e business. Il ritorno dei Sum 41, non si discosta molto da questo cliché, anche se il profondo inten-to della band canadese è quello di dimostrare a se stessa prima di tutto, di essere credibile e convincente. E in parte i ragazzi dell’Ontario ci riescono, miscelando sapientemente sonorità e at-mosfere più soft con accelerazioni vicine agli standard del metal più classico, sfociando spesso in pomposi ed energici ritornelli o in vorticose melodie al pianoforte. Questo continuo oscillare di ambientazioni crea un’identità propria al gruppo, che rende al top specialmente nei ritmi veloci (Jessica Kills), risultando a volte scontata solo nelle ballad o nei rallentamenti mielosi (What Am I To Say). La scoperta dell’elisir di lunga vita è ancora lonta-na, ma il cammino è tracciato.

SubsonicaEden (EMI)

H H H di Marcello Marabotti

A quattro anni dall’ultimo album in stu-dio, L’eclissi, i Subsonica sono tornati con un progetto dal sapore sospeso. Il singolo

Istrice, accompagnato da un video d’autore su una Torino in ve-ste “horror”, ha lasciato qualche perplessità, tanto che Il diluvio, secondo pezzo estratto da Eden, è stato presentato come “ideale per chi ha ritenuto Istrice troppo delicata e non funzionale a una degna pezzatura di ascella sotto il palco”. In una forma quasi “concept”, il disco si presenta come un percorso di stati d’animo tesi a una maturità complessa, cercata su un tappeto musicale nato dall’incontro tra (troppe?) idee differenti: «Boosta immagi-nava un album lento tipo Paolo Conte in vacanza su una spiag-gia islandese, Samuel dopo due anni di Motel Connection voleva casse in quattro, cantati soul e sonorità italo disco da spiaggia anni 80, Ninja e Max condividevano la passione per il dubstep. Vicio era più che mai ispirato da tutto l’indie a plettro più ma-linconico». Il risultato è un disco ideale per chi cerca i Subsonica, incerto per chi si aspetta la prima mela dell’Eden.

Beady EyeDifferent Gear, Still Speeding (Beady Eye Recordings)

H H H di Daniele Salomone

I Beady Eye non sono una reincarnazio-ne degli Oasis. Della gloriosa (è troppo?) band di Manchester manca il più grande

dei fratelli Gallagher. E non è poco, visto che a Noel vanno attri-buiti gran parte dei meriti di una storia musicale comunque di grande successo. Ergo, i Beady Eye devono essere giudicati come una band esordiente, nonostante tutti i membri abbiano grande esperienza, e non come una protesi degli Oasis. Different Gear, Still Speeding è un buon disco. Il rock’n’roll che Liam tanto ama (leggasi: Beatles, The Who, Paul Weller) funziona perché non pretende di essere né più né meno di quello che è. Purtroppo, però, ai momenti piacevoli - su tutti i singoli Bring The Light e The Roller - se ne mischia qualcuno di pura noia. Inutile girarci intor-no: si sente la mancanza di un vero autore. Basterebbe un Noel Gallagher qualunque, mica John Lennon. Una carenza che pesa ora e peserà ancor di più in futuro, quando l’effetto-sorpresa di un rock così essenziale si sarà esaurito.

Hot List

Dieci brani della playlist diDIGEI ANGELO

Grande appassionato di musica anni Settanta e Ottanta, Digei Angelo è in onda tutti i giorni dalle 13.00 alle 14.00 su Radio Deejay con Ciao Bel-li, che segue dal 1997 e che conduce insieme a Roberto Ferrari. Durante il programma le conversazioni dei due dj sono intercalate da scambi di battute con personaggi che fan-no riferimento a persone vere (new entry di quest’anno le imitazioni di Pupo e J-Ax) o di fantasia (tra tutti, il famosissimo Marco Ranzani inter-pretato da Albertino).

My Love Won’t Let You Down Nathalie My Love Won’t Let You Down (1983, VIP Records)

Mr. Vain Culture Beat Serenity (1993, Dance Pool BMG) The Bomb Love Connection The Bomb (2010, Time) Tonight Enrique Iglesias Tonight (2010, Universal Music) What The Hell Avril Lavigne Goodbye Lullaby (2011, Sony Music) Yeah Chris Brown F.A.M.E. (2011, Jive) Raise Your Glass Pink Greatest Hits… So far!!! (2010, Sony Music) Run To Me Tracy Spencer Tracy (1987, CBS) Come into my life Gala Come Into My Life (1998, BMG) La La Song Bob Sinclar feat. Sugarhill Gang Born in 69 (2009, Yellow P.)

Musica

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ONSTAGE 57 MARZO

Tournée Francia, 2010, 111 min.

Cast: Mathieu Amalric, Miranda Colclasure, Suzanne Ramsey, Linda Marraccini...

di Mathieu Amalric

critica H H H HHpubblico H H H

Un gruppo di esuberanti ar-tiste americane porta in giro per la Francia uno spettacolo di burlesque. Le gestisce Jo-achim Zand, un tempo pro-duttore televisivo di successo poi caduto in disgrazia, che fuggito negli USA lasciando-si alle spalle amici, colleghi, famiglia. Dovunque arrivi, il carrozzone dello spettacolo porta esuberanza e conse-guenti difficoltà, mentre Zand

cerca di ricucire alla meno peggio i pezzi del suo passato. Perché vederlo?Atto d’amore appassionato per gli artisti veri, capaci di affron-tare il palcoscenico con dignità anche quando le illusioni si sgretolano. Con un gruppo di vere artiste del burlesque, pro-caci e travolgenti, che fanno sembrare Christina Aguilera una cheerleader dei poveri.

Jules e Nic sono due donne lesbiche che hanno concepito i loro figli Joni e Laser, grazie all’inseminazione artifi-ciale, e hanno costruito un ambiente familiare rilassato e aperto. Compiuti 18 anni, Joni contatta la banca del seme per scoprire chi è il suo padre biologi-co, e scopre che si tratta del machista Paul. Nonostante l’opposizione delle due donne, la ragazza cerca di integra-re Paul all’interno del nucleo familiare. Perché vederlo?Con un tema del genere, scadere nel ba-nale sarebbe stato facilissimo. E invece la brava regista Cholodenko sorvola ogni dubbio e firma una commedia leggera e profonda, audace e garbata. Con un cast affiatato in cui la Bening fa la parte della leonessa.

Rango è un camaleonte che ha passato la vita a guardare il mondo dal vetro di un terrario. Catapultato nel vero e selvaggio West di cui aveva sempre fantasticato, lo scopre molto più crude-le e corrotto di quello che pensava ed entra in piena crisi d’identità. Quando Rango viene nominato accidentalmen-te Sceriffo di Polvere (in inglese Dust), l’arido villaggio dove si trova, dovrà tramutarsi in quello che nemmeno un camaleonte può diventare: un vero eroe. Perché vederlo?Parodia del western che si stacca dalla media dei film d’animazione grazie al suo protagonista, tormentato ed esila-rante. A prestargli la voce, il tenebro-so Johnny Depp e, a orchestrare tutto quanto, c’è il regista de I pirati dei Ca-raibi, Gore Verbinski: due garanzie di successo.

Dicky, orgoglio della working class di Lowell, Massachusetts, era destinato a diventare campione di boxe, se avesse trovato il modo di liberarsi dalla dipen-denza dal crack. Diventato l’allenatore di suo fratellastro Micky, peso welter di medio valore, per aiutarlo finisce col metterlo in pericolo. I due fratelli si se-parano dolorosamente: Micky, grazie al sostegno di una barista innamorata, tor-na ad allenarsi, mentre Dicky in galera cercherà di ripulirsi. Da una storia vera. Perché vederlo?Uno dei migliori film sulla boxe mai re-alizzati, che rifiuta agevolmente l’eredi-tà dei vari Toro Scatenato e Rocky, grazie a una potente intuizione: una troupe della HBO che gira un documentario sui due fratelli, fatto peraltro vero. Cast eccellente, ma Christian Bale è un mo-stro di bravura.

L’amicizia tra Kathy, Ruth e Tommy na-sce sui banchi di una scuola nelle cam-pagne inglesi. Dietro l’apparente idillio in cui sembrano essere immersi, si cela un’atroce verità: sono dei cloni creati per donare organi. Diventati adulti, cercano di affrontare il loro passato, mentre il destino che li accomuna ren-de la loro amicizia sempre più difficile. Tratto dal romanzo di Kazuo Ishiguro. Perché vederlo?Opera seconda dell’ex regista di vide-oclip Romanek, una pellicola che uti-lizza il fantastico per parlare di temi etici. Allo spettatore che sa sospendere il giudizio sulla verosimiglianza, re-gala emozioni forti. Tra la Knightley e la Mulligan, spicca Garfield, prossimo Spiderman.

I ragazzi stanno beneThe Kids Are All Right, Usa, 2010, 106 min. Cast: Annette Bening, Julianne Moore, Mark Ruffalo, Mia Wasikowska, Josh Hutcherson di Lisa Cholodenko

critica H H H pubblico H H H H

RangoUsa, 2011, 107 min. Voci di: Johnny Depp, Isla Fisher, Abigail Breslin, Bill Nighy di Gore Verbinski

critica H H H pubblico H H H H H

The FighterUsa, 2010, 115 min. Cast: Mark Wahlberg, Christian Bale, Melissa Leo, Amy Adams di David O. Russell

critica H H H H pubblico H H H H

Non lasciarmiNever Let Me Go, Gran Bretagna/Usa, 2010, 103 min. Cast: Carey Mulligan, Keira Knightley, Andrew Garfield, Char-lotte Rampling, Sally Hawkins di Mark Romanek

critica H H H pubblico H H H

WHAT’S NEWCinema

a cura di

www.nicklive.it

ONSTAGE 58 MARZO

Fnac ti porta al cinema! Acquista 1 libro + 1 dvd, per te 2 biglietti omaggio per I ragazzi stanno bene. Promozione riservata ai soci Fnac.

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WHAT’S NEWvideogames

Dead Space 2 (Visceral Games)

Disponibile per: X-Box 360/PS3 Genere: Survival HorrorH H H H

L’attesa dei maniaci dei sur-vival horror può finalmente dirsi terminata. Un mese fa si parlava di Deadly Premonition, e del suo fascino old-school

capace di riportare (almeno parzialmente) in vita emo-zioni rimaste ormai un antico ricordo. Magari sepolte da anni spesi a cercare di sfruttare le potenzialità delle console di nuova generazione - fatto che ha portato a un inevitabile accentuazione della perfezione tecnica del-la componente action lasciando morire aspetti ben più significativi del genere (trama e atmosfera in primis). I ragazzi del team Visceral - già vincenti tre anni fa con il

primo episodio di Dead Space - sono riusciti a coniugare splendidamente le esigenze del videogiocatore moderno (elevati standard di grafica e sonoro e un gameplay flu-ido e veloce) con una storia tetra e alienante, che ti tiene con il fiato sospeso per più di dieci ore. La dinamica di gioco non si discosta più di tanto dal titolo che ha dato inizio alla serie: il protagonista Isaac Clarke viene con-trollato in terza persona, i combattimenti con i Necro-morfi si basano pesantemente sulla precisione (un colpo piazzato ad arte consente di smembrare gli arti, renden-do la faccenda decisamente più gestibile) e l’avventura si sviluppa su un binario predefinito ma non per questo banale (che tradotto significa che non si sente la man-

canza di potere vagare a proprio piacimento, elemento che molti erroneamente ritengono debba esistere in tutti i giochi da Grand Theft Auto in poi). Ovviamente con il passare dei livelli la difficoltà aumenta, e bisognerà fare buon uso dei famigerati nodi energetici che consentono il potenziamento di tuta (difesa), armi (attacco) e stasi (attacco alternativo che consente di rallentare il tempo). L’ambientazione fantascientifica è lontana dalle atmo-sfere spettrali di Silent Hill o Alone In The Dark, ma il senso della parola “survival” è integro: per tutto l’arco della narrazione si avverte una sensazione di pericolo quasi claustrofobica, condizione necessaria per la buona riuscita di un gioco di questo tipo.

David SheppardOn Some Faraway Beach (Arcana)

(Non) musicista con i Roxy Music, sperimentatore sonoro, produttore (Talking Heads, David Bowie, U2 e Coldplay...). Brian Eno è la quintes-

senza dell’artista o dell’uomo rinascimentale, come lo definisce lo stesso Sheppard, che ha saputo raccontare in modo intrigante la vita di uno dei personaggi più influenti della cultura pop. E On Some Faraway Beach è il metodo ideale per attraversare oltre quarant’anni di rock dal glam alla new wave, passando per punk, elettronica, world music, ambient. Imperdibile!

Wu MingAnatra all’arancia meccanica (Einaudi) Con un titolo che unisce la commedia all’italiana con il capolavoro lettera-rio di Burgess (e cinematografico di

Kubrick), il collettivo Wu Ming raggruppa in un’uni-ca raccolta una lunga serie di suoi racconti apparsi altrove – in Rete, su antologie, alcuni inediti – e scritti nell’ultimo decennio. Si va dal comico al grottesco, al racconto di denuncia senza soluzione di continuità, ma con un filo comune che è quello delle anime degli scrittori che si celano dietro a questo nome collettivo.

Thomas PynchonVizio di forma (Einaudi) Dopo Salinger, Pynchon è il grande recluso della letteratura americana, autore di romanzi di culto assoluto come V. e L’arcobaleno delle gravità. E

ora a 72 anni, del nuovo Vizio di forma, uscito lo scorso anno negli States ma tradotto solo ora. E, tanto per stupire, ancora, il grande Pynchon ci regala un noir in salsa chandleriana condito da donne fatali, hippy bolliti, violenza e colpi di scena. E un investigatore di nome Larry “Doc” Sportello, un nome che sembra uscito direttamente da un poliziesco anni Quaranta…

Che da anni il mercato videoludico sia saturo di sparatutto in pri-ma persona è cosa nota. Che prima o poi questa saturazione possa portare a un collasso, invece, è tutto da vedere. D’altra parte non occorre avere una laurea in economia per rendersi conto che l’of-ferta è intrinsecamente legata alla domanda: se è innegabile che molte persone sono disposte a mettersi alla prova e a impegnarsi per metabolizzare sistemi di gioco innovativi che riescano a rom-pere la monotonia, è altrettanto vero che moltissime altre non di-

sdegnano la rassicurante comodità di una bella minestra riscaldata - soprattutto se riscaldata ad arte. Il terzo episodio di una delle esclusive più indovinate di Sony si presenta in maniera candida e serena: grafica imponente, effetti sonori da urlo, com-parto narrativo solido e un sistema di gioco tanto scontato quanto perfetto. E allora datemi un divano, un mitra e milioni di nemici da trivellare e io per qualche ora sono un uomo felice.

Con lo scoccare del nuovo secolo Tim Schafer abbandonò la storica software house LucasArts per fondare la Double Fine. Il suo talen-to, venuto a galla con perle tipo Maniac Mansion, Monkey Island e Grim Fandango, venne subito riconfermato con Psychonauts (2005) e con il più recente Brutal Legend (2009). Stacking è l’ennesima dimostrazione di come accostare le parole “arte” e “videogiochi” non equivalga a una bestemmia. Nei panni di Charlie, la più pic-cola bambola di un universo di matriosche, dobbiamo farci strada

in un mondo di ispirazione vittoriana per liberare i nostri familiari dalle grinfie di uno strozzino; la genialità del gioco sta nel fatto che nel corso dell’avventura l’unico modo che abbiamo a disposizione per risolvere gli enigmi è infilarci dentro altre bambole, sfruttando le loro peculiari abilità. Il livello di difficoltà è cali-brato verso il basso, ma poco importa: la forza di questo titolo sta nell’idea e nei dettagli. Stiloso.

Killzone 3 (Guerilla Games)

Disponibile per: PS3 Genere: Shooter

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Stacking (Double Fine) Disponibile per: Xbox 360/Ps3 Genere: Puzzle/Adventure

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Libri A cura di Stefano Gilardino

Blueglue consiglia: Inazuma Eleven (Nintendo DS) ...ha sempre sognato di far valere le proprie competenze in ambito RPG nel calcio (!!!).

ZHP Unlosing Ranger vs Darkdeath... (PS Network) ...soffre di nostalgia di RPG in due dimensioni made in Japan.Marvel vs Capcom 3 (PS3/Xbox 360) ...ha voglia di menare le mani come insegna Street Fighter.

Titolo/Store Consigliato a chi...

ONSTAGE 60 MARZO

PRESENTA

Big Fish S.r.l.Ripa di Porta Ticinese 63/A, 20143 Milano Tel: +39.02.36709352 Fax: +39.02.36709389

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SIMONE CRISTICCHI04.03.2011 “li Romani in Russia”Milano - Teatro Franco Parenti05.03.2011 GIOIOSA IONICA (RC)Teatro GioiosaCon GNU QUARTET

ROY PACI & ARETUSKA08.03.2011 TERMINI IMERESE (PA)Piazza Duomo / Carnevale Termitano19.03.2011 ROMA - Teatro TendaStrisce26.03.2011 BITONTO (BA) - Chiascia

STATUTO18.03.11TAVERNELLE DI PANICALE (PG)Arci Zion

04.03.2011SAN BENEDETTO DEL TRONTO (AP)Palariviera05.03.2011MILANO - Alcatraz11.03.2011ROMA - Alpheus12.03.2011BARI - New Demodè13.03.2011NAPOLI - Duel Beat19.03.2011MARGHERA (VE) - Marzo al Rivolta

MARLENE KUNTZ

03.03.2011ROMA - Alpheus04.03.2011LIVORNO - The Cage Theatre05.03.2011TORINO - Hiroshima

12.03.2011FIRENZE - Auditorium Flog17.03.2011MILANO - Circolo Magnolia18.03.2011MODENA - Off

24 GRANA19.03.2011BRESCIALatte +26.03.2011COLLE VAL D’ELSA (SI) Sonar

COMINGSOONaprile

JovanottiGiugno 1980. Umberto Cherubini presenta a

un disc jockey di Cortona suo fratello, un ra-gazzo appena maggiorenne. Breve scambio di

battute e per Lorenzo arriva la prima svolta: è il dj di Radio Foxes. Da lì, tutti lo vogliono e lui, nell’84, fon-da Radio Jolly, primo segno dell’intraprendenza che lo porterà a vedere la tendenza musicale prima di tutti, sempre, e a farsi notare da Claudio Cecchetto, che rende Lorenzo uno dei personaggi di spicco di Radio Deejay. Ma “Joe Vanotti”, divenuto poi per errore del tipogra-fo “Jovanotti”, non si accontenta: con suoni dance anni

80, bit a profusione e ritornello in loop, esordisce nell’87 con il singolo Walking, prima goccia di una pioggia di successi radiofonici. Nel 1988 arriva l’album Jovanotti For President con la hit Gimme Five che anticipa il boom del singolo La mia moto, 600.000 copie vendute, ultimo atto prima della svolta musicale del 1991: Una tribù che balla è, infatti, un disco nel quale per la prima volta Lorenzo filtra nei testi i temi dell’impegno politico e sociale, il cui sigillo è il singolo Cuore, in memoria di Giovanni Falco-ne. Nel ’97 L’albero sorprende critica e pubblico, con un suono intriso di musica etnica, world e un’approfondita

ricerca dei testi. Un leitmotiv che nel 2002 con il Quinto Mondo tocca l’apice della consapevolezza politica: il sin-golo Salvami è un pamphlet sulla necessità di giustizia nei confronti del Terzo Mondo. Tre anni dopo arriva la svolta “elettronica” con (Tanto)³, primo brano estratto dall’album Buon sangue. Il discorso elettronico viene ac-cantonato con Safari - album dai suoni pop-rock che ha nelle ballate, A Te su tutte, il suo punto di forza - ma non è chiuso. Ora Lorenzo sorprende ancora, con 25 tracce istintive di cui 4 al limite della techno: ancora una volta, è tornato dal futuro.

16/04 RIMINI, 19/04 CONEGLIANO (TV), 20/04 CONEGLIANO (TV)22/04 PERUGIA, 23/04 PERUGIA, 26/04 ACIREALE (CT), 27/04 ACIREALE (CT)29/04 CASERTA, 30/04 CASERTA Il tour continua, tutte le date su onstageweb.com

live

» 24 GRANA08/04 Bologna 22/04 Caserta 30/04 Padova

» BELLE AND SEBASTIAN14/04 Milano

» MARTA SUI TUBI 01/04 Roncade (TV) 02/04 Bologna 08/04 Torino 09/04 Brescia 14/04 Lecce 15/04 Poggiomarino (NA) 16/04 S. Andrea (PG)

» CAPAREZZA 01/04 Napoli 02/04 Rimini 08/04 Montesilvano (PE) 09/04 Senigallia (AN) 14/04 Venaria (TO) 15/04 Udine » ELISA 02/04 Brescia 03/04 Udine 04/04 Udine 6-7/04 Como 9-10/04 Torino 12-13/04 Ravenna 14/04 Cremona 16/04 Brescia

17/04 Bergamo 20-21/04 Verona 22/04 Trieste 26/04 Milano » GIOvANNI ALLEvI 01/04 Latina 03/04 Ancona 05/04 Bergamo 06/04 Genova 7-8/04 Milano 11/04 Ivrea 12-13/04 Bologna 15/04 M. S. Severino (SA) 18/04 Palermo 19/04 Catania 20/04 Ragusa

» JAMIROqUAI 02/04 Torino 03/04 Firenze

» LA FAME DI CAMILLA 02/04 Firenze 16/04 Modugno (BA) 30/04 Aversa (CE) » ROGER WATERS 1-2/04 Milano 4-5/04 Milano

» vERDENA 02/04 Vicenza 22/04 Sestri Levante (GE) 25/04 Gallipoli (LE)

27/04 Firenze 28/04 Napoli

» NESLI 02/04 Nonantola (MO) 08/04 Legnano (MI) 09/04 Roncade (TV) 30/04 Lecco » SUBSONICA 01/04 Verona 02/04 Genova 07/04 Roma 08/04 Caserta 09/04 Bari 11/04 Torino 12-13/04 Milano

15/04 Firenze 16/04 Bologna » GIANNA NANNINI 29-30/04 Milano » ALESSANDRA AMOROSO 02.04 Eboli (SA)05.04.11 Ancona (AN)07.04.11 Torino (TO)09.04.11 Bologna (BO)10.04.11 Conegliano (TV) » SLAYER E MEGADETH 03/04 Roma 04/04 Padova

Ora è stato pubblicato in due versioni, una deluxe da 25 tracce e una seconda versione standard con 15, e ha debuttato al vertice della classifica degli album più venduti in Italia.

ONSTAGE 62 MARZO

I biglietti del tour di Jovanotti sono in vendita presso i negozi Fnac!

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