quaderni acp 2014 21(5)

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Q uaderni acp www.quaderniacp.it settembre-ottobre 2014 vol 21 n°5 bimestrale di informazione politico-culturale e di ausili didattici della A ssociazione C ulturale P ediatri www.acp.it ISSN 2039-1374 La Rivista è indicizzata in SciVerse Scopus Poste Italiane s.p.a. - sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art 1, comma 2, DCB di Forlì - Aut Tribunale di Oristano 308/89 I bambini e il cibo

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Page 1: Quaderni acp 2014 21(5)

Quadern i a cpwww.quaderniacp.it

s e t t emb r e - o t t o b r e 2014 v o l 21 n °5

bimestrale di informazione pol i t ico-cul turale e di ausi l i didatt ic i del laA s s o c i a z i o n e C u l t u r a l e P e d i a t r iwww.acp.it ISSN 2039-1374

La R i v i s t a è i nd i c i z za t a i n S c iVe r s e S c opu sPoste Italiane s.p.a. - sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art 1, comma 2, DCB di Forlì - Aut Tribunale di Oristano 308/89

I bambini e il cibo

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193 EditorialNot a drop to drinkLuca De FioreLifestyle and health: also the National Bioethics Committee talks about it. What paediatricians do?Carlo CorchiaThe new Code of Ethics: news and considerationsPatrizia ElliInformation for parents: the journey continues with some changesStefania ManettiA monumental stears at Milan Central StationFederica Zanetto198 Formation at a distance (FAD)Physical abuse: what paediatricians need to knowCarla Berardi205 Informing parentsA positive parentCostantino Panza, Antonella Brunelli,Stefania Manetti206 Research lettersOral communications of paediatric residentsat the 2014 Tabiano conference210 Mental healthMental health problems in childhood and adolescence: critical issues in practice and in intervention methodsRoberto Sangermani214 TelescopeMeta-analysis on PDA ligation: are the available studies sufficient for an appropriate clinical choice? Manuela Condò218 A window on the worldConsanguineous marriages: yesterday’s pros, today’s consEnrico Valletta220 ScenariosTrauma in the paediatric patient and venous thromboembolism prophylaxis. A clinical scenarioMaddalena Marchesi224 Info

226 Book

228 Community cornerReporting any benefit received by drug industryis mandatory in USA. When in Italy? Red229 VaccinacipìThe decision to vaccinate: a view from the bridge Leonardo Speri, Lara Simeoni, Mara Brunelli, Paola Campara, Massimo Valsecchi238 Movies

239 ACP Documents

240 The world of postgraduatePaediatric resident in the family paediatrician’s office: the point of view of a Specialty DirectorAlfredo Guarino, Michele Fiore, Tommaso Montini

Quaderni acpWebsite: www.quaderniacp.itSeptember-October 2014; 21(5)

Q uade r n i a c pbimestrale di informazione politico-culturale e di ausili didattici della

A s s o c i a z i o n e C u l t u r a l e P e d i a t r i

NORME REDAZIONALI PER GLI AUTORI. I testi vanno inviati alla redazione via e-mail([email protected]) con la dichiarazione che il lavoro non è stato inviato contemporanea-mente ad altra rivista. Per il testo, utilizzare carta non intestata e carattere Times New Roman corpo 12 senza corsivo; ilgrassetto solo per i titoli. Le pagine vanno numerate. Il titolo (italiano e inglese) deve essere coerenterispetto al contenuto del testo, informativo e sintetico. Può essere modificato dalla redazione. Vanno indicati l’Istituto/Ente di appartenenza e un indirizzo e-mail per la corrispondenza. Gli articoli vannocorredati da un riassunto in italiano e in inglese, ciascuno di non più di 1000 caratteri, spazi inclusi. La traduzione di titolo e riassunto può essere fatta, se richiesta, dalla redazione. Non devono essereindicate parole chiave.– Negli articoli di ricerca, testo e riassunto vanno strutturati in Obiettivi, Metodi, Risultati, Conclusioni.– I casi clinici per la rubrica “Il caso che insegna” vanno strutturati in: La storia, Il percorso diagnostico, La

diagnosi, Il decorso, Commento, Cosa abbiamo imparato.– Tabelle e figure vanno poste in pagine separate, una per pagina. Vanno numerate, titolate e richiamate nel testo in parentesi tonde, secondo l’ordine di citazione.

– Scenari secondo Sakett, casi clinici ed esperienze non devono superare i 12.000 caratteri, spaziinclusi, riassunti compresi, tabelle e figure escluse. Gli altri contributi non devono superare i18.000 caratteri, spazi inclusi, compresi abstract e bibliografia. Casi particolari vanno discussicon la redazione. Le lettere non devono superare i 2500 caratteri, spazi inclusi; se di lunghezza superiore, possono essere ridotte dalla redazione.

– Le voci bibliografiche non devono superare il numero di 12, vanno indicate nel testo fra parentesiquadre e numerate seguendo l’ordine di citazione. Negli articoli della FAD la bibliografia va elen-cata in ordine alfabetico, senza numerazione.Esempio 1): Corchia C, Scarpelli G. La mortalità infantile nel 1997. Quaderni acp 2000;5:10-4.Nel caso di un numero di Autori superiore a tre, dopo il terzo va inserita la dicitura et al. Per i librivanno citati gli Autori secondo l’indicazione di cui sopra, il titolo, l’editore, l’anno di edizione. Esempio 2): Bonati M, Impicciatore P, Pandolfini C. La febbre e la tosse nel bambino. Il PensieroScientifico, 1998. Un singolo capitolo di un libro va citato con il nome dell’Autore del capitolo,inserito nella citazione del testo.Esempio 3): Tsitoura C. Child abuse and neglect. In: Lingstrom B, Spencer N. Social Pediatrics.Oxford University Press, 2005.Per qualsiasi ulteriore dettaglio si invita a fare riferimento a uno degli articoli già pubblicati sullarivista.

– Gli articoli vengono sottoposti in maniera anonima alla valutazione di due o più revisori. La redazione trasmetterà agli autori il risultato della valutazione. In caso di non accettazione del parere dei revisori, gli autori possono controdedurre.

È obbligatorio dichiarare l’esistenza o meno di un conflitto d’interesse. La sua eventuale esistenza noncomporta necessariamente il rifiuto alla pubblicazione dell’articolo.

DirettoreMichele GangemiDirettore responsabileFranco DessìDirettore editorialeGiancarlo BiasiniComitato editorialeAntonella BrunelliSergio Conti NibaliLuciano de SetaStefania ManettiCostantino PanzaLaura Reali Paolo SianiMaria Francesca SiracusanoMaria Luisa TortorellaEnrico VallettaFederica ZanettoCasi didatticiFAD - Laura RealiCollaboratoriFrancesco CiottiGiuseppe CirilloAntonio ClavennaCarlo CorchiaFranco GiovanettiItalo SpadaOrganizzazioneGiovanna BenziProgetto graficoIgnazio Bellomo

IndirizziAmministrazioneAssociazione Culturale Pediatrivia Montiferru 6, 09070 Narbolia (OR)Tel. / Fax 078 57024

DirettoreMichele Gangemivia Ederle 36, 37126 Veronae-mail: [email protected] soci via Nulvi 27, 07100 SassariCell. 392 3838502, Fax 079 3027041e-mail: [email protected] viale Angeloni 407, 47521 Cesena Tel. 0547 610201, fax 0547 367147e-mail: [email protected] rivista aderisce agli obiet tivi di diffusionegratuita on-line della letteratura medica ed è pubblicata per intero al sitoweb: www.quaderniacp.itRedazione: [email protected]

Programmazione WebGianni Piras

PUBBLICAZIONE ISCRITTA NEL REGISTRO NAZIONALE DELLA STAMPA N° 8949

© ASSOCIAZIONE CULTURALE PEDIATRIACP EDIZIONI NO PROFIT

LA COPERTINA“A pranzo”,1868, Claude Monet (1840-1926), olio su tela. Städelsches Kunstinstitut, Francoforte.

Presidente Paolo Siani

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“Water, water every where / Nor any drop todrink”. La strofa della Ballata del vecchiomarinaio di Samuel Taylor Coleridge è stataripresa nel titolo di un editoriale pubblicato sulJAMA Internal Medicine a fine marzo 2014[1]. L’au to re, David Carnahan, commentavauna revisione sistematica uscita contempora-neamente sulla stessa rivista e che esamina laletteratura sugli interrogativi che nascono “alletto del malato”: in media, ogni due pazientivisitati, il medico si fa una domanda alla qualenon sa dare ri sposta [2]. Solo nella metà deicasi il clinico si cimenta nella ricerca, ma –quando ci prova – riesce nell’intento in menodi quattro volte su cinque. Niente di nuovosotto il sole, commenta lo stesso editorialista.Si tratta, infatti, di nu meri in linea con la quasitotalità degli studi classici sull’argomento, apartire da quelli di Covell e di Ely, ripresi nellarevisione sistematica della Davies e diHarrison, alla quale fu dato spazio con un’in-tervista anche sul Bollettino di informazionesui farmaci dell’Agenzia italiana del farmaco[3-5].Ripartiamo dai numeri: due terzi degli interro-gativi clinici che si pone il medico durante lapratica quotidiana restano senza risposta. Laprincipale barriera è la mancanza di tempo. Mal’andar sempre di fretta è solo apparentementeun problema individuale: la questione riguardal’or ganizzazione nel suo complesso, so -prattutto considerando che le stesse difficoltàsono vissute dalla quasi totalità del personaledelle aziende sanitarie. La mancanza di tempoè poi direttamente legata alla disponibilità diuna connessione veloce alla rete all’internodelle strutture o negli ambulatori, alla mancan-za di postazioni informatiche efficienti, alladifficoltà di accedere alle risorse documentalie alla possibilità di disporre di strumenti diinterrogazione della letteratura scientifica cheoffrano risposte sintetiche e più facilmente tra-sferibili alla pratica clinica. La risposta alla situazione delineata dai dueinterventi pubblicati sul JAMA Internal Me di -ci ne non può che essere di sistema. Quello checolpisce è che, mentre il singolo medico oinfermiere o farmacista sembra soffrire per l’i-nadeguatezza che si trova spesso a vivere nelleproprie giornate di lavoro, una paragonabilesituazione di disagio non pare avvertita con lastessa frequenza dal management del le azien-de sanitarie o, a livello più alto, da gli assesso-rati regionali. Ne consegue che qual siasi tenta-tivo di risposta agli specifici problemi della

Association) ai commenti di politica sanitariadel New England Journal of Medicine. Secondo, suggerire la fruizione dell’insiemedei contenuti proposti dalle principali riviste dimedicina generale e non soltanto di quantosolitamente ospitato nel Summary del giorna-le: quindi, attenzione ai blog dei principali col-laboratori, alle interviste video, ai set di diapo-sitive e così via.Terzo, osservare cautela nella consultazionedelle fonti primarie, preferendo le cosiddette“secondary publication” (sintesi di più lavorivalutati criticamente, linee-guida che dianosufficienti garanzie di affidabilità e indipen-denza, riassunti di revisioni sistematiche pro-dotte da équipe di riconosciuta esperienza eserietà e così via).Soprattutto, però, trasformare un sito web inuna palestra, uno spazio utile alla “rieducazio-ne” del personale sanitario alla lettura, al con-fronto, al dialogo. Sulle biblioteche, su quantosiano preziose, sulla loro funzione essenziale èstato detto e scritto moltissimo e questa, delloscrittore Neil Gaiman, è una delle cose piùbelle: “Libraries are about freedom. Freedomto read, freedom of ideas, freedom of commu-nication. They are about education, aboutentertainment, about making safe spaces, andabout access to information”.Ma c’è qualcosa di ancora più diretto che pos-siamo aggiungere: se è vero che siamo “Natiper Leggere”, è altrettanto importante convin-cersi che non siamo cresciuti per smettere difarlo. u

Bibliografia[1] Carnahan D. Water, water, everywhere, and not a dropto drink. JAMA Intern Med 2014;174(5):719-20. doi:10.1001/jamainternmed.2014.1.[2] Del Fiol G, Workman T, Gorman PN. Clinical que-stions raised by clinicians at the point of care: a systema-tic review. JAMA Intern Med 2014;174(5):710-8. doi:10.1001/jamainternmed.2014.368.[3] Covell DG, Uman GC, Manning PR. Informationneeds in office practice: are they being met? Ann InternMed 1985;103(4):596-9.[4] Ely JW, Osheroff JA, Ebell MH, et al. Analysis ofquestions asked by family doctors regarding patientcare. BMJ 1999;319(7206):358-61.[5] Davies K, Harrison J. The information-seeking be ha -viour of doctors: a review of the evidence. Health InfoLibr J 2007;24(2):78-94.[6] www.sbbl.it/.[7] Rabensteiner V, Hofer B, Meier H, De Fiore L. Web,workshops, e-learning for Quality improvement. An E vi -dence-based Medicine educational programme. RecentiProg Med 2007;98(3):169-74.[8] www.bvspiemonte.it/.[9] www.bmv.bz.it.

sanità è destinato a essere parziale, episodico,infine transitorio, perché ignora il punto cen-trale: rendere il Servizio Sanitario Nazionaleuna comunità di pratica capace di crescere ela-borando conoscenza e proponendo/discutendorisposte utili per affrontare le sfide che si pon-gono a livello sia della cura del singolo mala-to sia della salute della popolazione. Senza un pensiero strategico che valorizzi letre componenti chiave – apprendimento, inno-vazione e competitività – qualsiasi spesa per laformazione è destinata a restare un co sto e nonun investimento. È il caso, tra i tanti, delle sot-toscrizioni per abbonamenti e banche dati chele Regioni, le Province autonome, gli Istituti diRicovero e Cura a Carat tere Scientifico(IRCCS) e molte altre istituzioni sanitariesostengono annualmente per un valore com-plessivo di alcune decine di milioni di euro:una sanità frammentata che fonda le propriepratiche e le decisioni cliniche e di politicasanitaria su saperi quantitativamente e qualita-tivamente disomogenei. E così accade che adistanza di pochi chilometri (o metri) il clinicodi un IRCCS abbia accesso a oltre 5000 fontiprimarie e che un medico di medicina genera-le o un pediatra di libera scelta possano con-sultare solo quell’unica newsletter di dis-infor-mazione gratuita che uno sponsor consente sialoro recapitata nella casella di email: prevedi-bili difformità interregionali, ma ancor piùincredibili diversità tra centri universitari eospedalieri, tra capitale e Provincia, tra piana emontagna. È un’iniquità mai considerata, forseperché il valore della conoscenza è, più chetrascurato, quasi dimenticato.L’accesso alle informazioni è la condizione percostruire conoscenze capaci di migliorare laqualità delle cure. In Italia il solco tracciatodalla prima esperienza di successo, quella delSistema bibliotecario biomedico lombardo, èstato seguito dalla Biblioteca medica virtualeinaugurata dalla Provincia autonoma di Bol -zano nel 2006 e dalla Biblioteca virtuale per lasalute della Regione Piemonte [6-9]. A questesi è aggiunta la Biblioteca Ales san dro Liberatidel Servizio Sanitario della Re gio ne Lazio, conobiettivi per diversi aspetti ancora più nuovi.Primo, stimolare il personale sanitario a con-sultare prioritariamente la documentazionegratuitamente accessibile. Ciò vale anche per icontenuti pubblicati su periodici tradizionalima liberamente consultabili: dagli articoli diricerca pubblicati su BMJ (aperti per policyesplicita del settimanale della British Medical

Sott’acqua, ma sempre assetatiLuca De FioreAssociazione Alessandro Liberati - Network Italiano Cochrane

Per corrispondenza:Luca De Fioree-mail: [email protected]

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Il 20 marzo scorso è stato reso noto ildocumento/parere Stili di vita e tutela del -la salute del Comitato Nazionale di Bio -etica (CNB) [http://www.gover no.it/ bio -e tica/pdf/Stili_di_vita_20032014.pdf]. Il documento intende sottolineare, in par-ticolare, il fatto che “il mantenimento diun efficiente servizio sanitario rivolto almaggior numero possibile di utenti èinteresse di tutti i cittadini, ma esigeanche l’impegno personale a contribuire,per quanto possibile, al mantenimentodella propria salute”.Il principio etico fondamentale richiama-to dal CNB è che «sebbene lo Stato nondebba imporre paradigmi di salute a per-sone che hanno differenti concezioni delbene salute, rientra nei suoi compiti…sollecitarli a prendere coscienza che ildiritto alla salute non può prescindere daldovere di solidarietà sociale previstodalla nostra Costituzione… e che il dirit-to alla (tutela della) salute viene ricono-sciuto sia come “diritto fondamentaledell’individuo” sia come “interesse dellacollettività”». Affermato il principio, ilCNB tende, comunque, a precisare che«un programma di prevenzione primarianon può essere discriminatorio nei con-fronti di chi non vi aderisce o di chi pra-tica “cattive abitudini” di vita. Anzi, lasocietà dovrebbe rivolgersi proprio aqueste persone a rischio di malattie,sostenendo e pubblicizzando servizi diassistenza, per aiutarle a ripristinare stilidi vita più adatti a mantenere un buonostato di salute».In che modo muoversi?1. intervenendo sui produttori di alcol,

tabacco e cibi ad alto valore energeti-co attraverso una moral suasion o l’a-dozione di specifiche strategie fiscali;

2. promuovendo un patto pubblico-pri-vato in cui si realizzino gradualmentei necessari cambiamenti;

3. rendendo determinati comportamentiappetibili attraverso una strategia chemodifichi il contesto (p.e. informati-vo) in cui gli individui adottano leproprie scelte; il riferimento va allestrategie c.d. di nudging, in cui l’ado-

e “richiesta di prestazioni sanitarie” esembra quasi di intravedere una giustifi-cazione alla necessità della prevenzioneprimaria solo in base a un principio eco-nomico, lasciando sottintendere che, lad-dove le risorse ci fossero, la prevenzionesi renderebbe meno necessaria; con ciòcontravvenendo al principio e tico che lerisorse non debbono “comunque” esseresperperate e che la promozione dellasalute è “comunque” un ob bligo sancitodalla Carta Costituzionale. Si tratta di unobbligo che fa riferimento proprio alprincipio etico della responsabilità col-lettiva, che rappresenta appunto l’aspettopiù rilevante di questo documento delCNB, applicabile per estensione anchealla salute riproduttiva e preconcezio-nale.Purtroppo non sembra che i pediatri,anche quelli ACP, siano particolarmenteinteressati alla prevenzione primariadegli esiti avversi della riproduzione,nonostante il loro dichiarato interesse perla salute dei bambini e la funzione diadvocacy in favore dell’infanzia tantevolte richiamata. Come se per questiaspetti il piano dell’impegno professio-nale avesse difficoltà a incontrare quellodei princìpi.Anche il pediatra deve farsi promotoredella salute riproduttiva e preconceziona-le nel suo agire quotidiano, perché il suoambulatorio è frequentato da don -ne/coppie che potrebbero iniziare unanuova gravidanza in almeno la metà deicasi e perché non c’è alcuna don na/coppiache non presenti nella sua storia almenoun fattore di rischio per esiti avversi dellariproduzione. Questo impegno dev’esserevisto come inerente all’usuale ruolo pro-fessionale del pediatra e non come unasua estensione. Le competenze professio-nali vanno acquisite du rante il normalecurriculum di studi e mantenute in segui-to con programmi di formazione adegua-ti. Ma soprattutto è necessario che si svi-luppi un’attitudine culturale in questadirezione, come già i pediatri ACP hannodimostrato di saper fare per tanti altriimportanti aspetti riguardanti la salute e ilbenessere dei bambini. u

zione individuale di comportamentivirtuosi viene incentivata modulando icaratteri del contesto decisionale;

4. imponendo per legge stili di vita rite-nuti adeguati alla salute.

Si accenna poi anche alle attività degliOrdini dei medici, alla responsabilità deimedia, ai conflitti d’interesse dello Stato,che da una parte incassa tasse e dall’altrapaga per i danni indotti dai prodotti tas-sati (vd. fumo e alcol), e si prospettaanche la possibilità di prendere in consi-derazione la compensazione dei dannieconomici subiti dal Sistema SanitarioNazionale (SSN) con gli arricchimentiottenuti dalle imprese commerciali.Nel testo del CNB, oltre alla straordina-ria forza di questi messaggi, quasi incon-sueti nel contesto italiano, sono tuttaviaravvisabili alcuni punti di debolezza.Oltre alla scontata genericità tipica diquesto di tipo di documenti, due aspettivanno specificamente ricordati: il primoriguarda l’assenza di ogni riferimentoall’importanza dei periodi preconcezio-nale e prenatale, soprattutto il primo, perla prevenzione primaria degli esiti avver-si della riproduzione e per la promozionedella salute nell’infanzia, nell’età adultae nelle generazioni future. Ci si limita,infatti, a ricordare l’importanza delleprime fasi della vita del bambino perl’acquisizione di comportamenti corretti,soprattutto di tipo alimentare e nutrizio-nale, solo con un breve accenno allemalattie di origine prenatale. Il secondoaspetto concerne quello che sembra esse-re un richiamo alla necessità della pre-venzione motivata su base prevalente-mente economica. Si afferma infatti che“poiché le risorse del SSN non sono infi-nite, ma tendono a diventare insufficien-ti a causa delle sempre maggiori richiestedi salute sul piano quantitativo e qualita-tivo, ne risulta che la sostenibilità delSSN dipende e dipenderà da un forteimpegno nel promuovere il più possibilela prevenzione primaria al fine di ridurreil numero, l’incidenza e la gravità dellemalattie”. Qui mi pare non venga fatta lagiusta distinzione tra “richiesta di salute”

Stili di vita e tutela della salute: anche il Comitato Nazionale di Bioetica ne parla. E i pediatri che fanno?Carlo CorchiaInternational Centre on Birth Defects and Prematurity, Roma

Per corrispondenza:Carlo Corchiae-mail: [email protected]

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Il 18 maggio 2014 il Consiglio Nazionaledella Federazione Nazionale degli Ordinidei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri(FNOMCEO) ha approvato a Torino ilnuo vo Codice deontologico. L’ultimaversione risale al 2006 e il “Codice To -rino”, come è stato ribattezzato, si è resonecessario per il continuo e rapido evol-versi della pratica medica.Alcune novità riguardano aspetti chespesso vengono ritenuti marginali se nonaddirittura dimenticati: la comunicazionemedico-paziente, la comunicazione e ilconsenso del minore, la terapia del dolo-re e le cure palliative.Il primo è enunciato nell’art. 20 (relazio-ne di cura): “[…] il medico nella rela-zione persegue l’alleanza di cura fonda-ta sulla reciproca fiducia e sul mutuorispetto dei valori e dei diritti e su un’in -formazione comprensibile e completacon siderando il tempo della comunica-zione quale tempo di cura”. Viene quiripreso l’articolo 5 della Carta di Firenze,dove si sottolinea che una comunicazio-ne professionale è parte integrante dellacura e, come tale, il tempo dedicato a es -sa ha la stessa valenza di quello dedicatoalla visita del paziente [1]. Se la comuni-cazione è tempo di cura ne consegue chedeve far parte del bagaglio professionalee del curriculum formativo del medico.Troviamo esplicito accenno al secondoaspetto – l’attenzione alla comunicazio-ne e al consenso del minore – in tre arti-coli: nell’art. 33 (informazione e comu-nicazione con la persona assistita), “[…]il medico garantisce al minore elementidi informazione utili perché comprendala sua condizione di salute e gli interven-ti diagnostico-terapeutici programmati,al fine di coinvolgerlo nel processo deci-sionale”; nell’art. 35 (consenso e dissen-so informato), “[…] il medico tiene inadeguata considerazione le opinioniespresse dal minore in tutti i processidecisionali che lo riguardano”; nell’art.38 (sperimentazione umana), “[…] ilmedico documenta la volontà del minoree ne tiene conto”. Come pediatri non pos-siamo che rallegrarci di questo ripetuto

coli citati, per la cui lettura si rimanda aldocumento scaricabile dal sito dellaFNOMCEO (www.fnomceo.it); tuttaviaè utile riflettere sul significato di quantoenunciato nell’art. 79 (innovazione e or -ganizzazione sanitaria): “il medico par-tecipa e collabora con l’organizzazionesanitaria... opponendosi a ogni condizio-namento che lo distolga dai fini primaridella medicina”. Qui trova spazio illegame “necessario” tra etica ed econo-mia per cui il medico, pur collaborandoal contenimento dei costi e alla raziona-lizzazione della erogazione delle presta-zioni, deve principalmente garantire aipazienti un’assistenza caratterizzata daprofessionalità, appropriatezza clinica eindipendenza di giudizio.Un concetto analogo è espresso nell’art.70 (qualità ed equità delle prestazioni):“[…] il medico deve esigere da partedel la struttura in cui opera ogni garan-zia affinché le modalità del suo impegnoe i requisiti degli ambienti di lavoro nonincidano negativamente sulla qualità ela sicurezza del suo lavoro […]”. En -tram bi gli articoli restituiscono o, me -glio, sottolineano il ruolo del medicocome unico responsabile e detentoredelle caratteristiche che deve avere il suorapporto con il paziente in termini di pro-fessionalità e tempo, senza dimenticare ilruolo che ricopre all’interno del sistemae dell’organizzazione sanitaria.L’approvazione del nuovo Codice deon-tologico può e deve essere occasione peruna sua attenta lettura che sarà fonte diriflessione sugli aspetti etici, umani, filo-sofici, scientifici della professione medi-ca, inscindibili da tutta la sfera compor-tamentale del professionista. u

Bibliografia[1] Gangemi M. La “Carta di Firenze” è un impe-gno dell’ACP. Quaderni acp 2005;12(5):185.[2] Tognoni A. Il consenso informato del minore.Aspetti generali e pratici. Quaderni acp 2013;20(2):84-7.[3] Benini F, Gangemi M. Il dolore del bambino:dove siamo. Quaderni acp 2014;21(2):49.[4] Benini F. Il dolore nel bambino. Il gruppo tera-peutico con i genitori, esperienza di sostegno allagenitorialità. Quaderni acp 2010;17(2):70-3.

richiamo nel Co dice deontologico a unaspetto spesso di menticato: la ricerca del-l’alleanza terapeutica del minore. Perchétuttavia non rimanga lettera morta occor-re anche qui aggiungere elementi di cono-scenza, collaborando con altre figure pro-fessionali del l’ambito giuridico e psicolo-gico. A que sto proposito si veda anchel’articolo del magistrato Augusta Tognonigià pubblicato su Quaderni acp cheaffronta con molta chiarezza gli aspettigiuridici e attuativi pratici del consensodel minore [2].La novità del terzo aspetto, la terapia deldolore e le cure palliative, è nella termi-nologia usata: nel nuovo Codice “il sol-lievo dalla sofferenza” viene sostituito da“la terapia del dolore”. Questa nuova ter-minologia non è formale ma sottende unconcetto importante: il dolore deve poteressere misurato e curato non a discrezio-ne del medico bensì sulla base delle co -no scenze e dei protocolli che permettonodi quantificarlo e trattarlo in modo effi-cace. In questo si inserisce il Progetto“Niente Male Junior” del Ministero peru na formazione a cascata di tutti i pediatridel Sistema Sanitario Nazionale (SSN),l’approvazione da parte del Ministerodel l’Istruzione, dell’Università e della Ri -cerca (MIUR) di un master di secondolivello di “terapia del dolore e cure pallia-tive”, sempre per pediatri, e la nuova legi-slazione per le cure palliative pediatriche[3]. Il trattamento del dolore è un doveredel medico (art. 3) e “[…] il controlloefficace del dolore si configura in ognicondizione clinica come intervento ap -pro priato e proporzionato” (art. 16). In -fine, “il medico in caso di definitiva com-promissione dello stato di coscienza delpaziente prosegue nella terapia del dolo-re e delle cure palliative […]” (art. 3). Aldolore e alla terapia del dolore Qua derniacp ha dedicato numerosi articoli [4].Infine, quattro sono gli articoli ineditiinclusi (quello su medicina potenziativaed estetica, quello sulla medicina milita-re, sull’informatizzazione in sanità e sulmedico nell’organizzazione sanitaria).Non entriamo nel merito dei singoli arti-

Il nuovo Codice deontologico:novità e riflessioniPatrizia ElliPediatra di famiglia, Buccinasco (Milano)

Per corrispondenza:Patrizia Ellie-mail: [email protected]

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Quaderni acp è un bimestrale di infor-mazione politico-culturale e di ausilididattici dell’ACP. Da sempre, nella nostra rivista, abbiamoavuto una rubrica rivolta ai genitori, conl’intento di rispondere, in maniera chiarama scientificamente supportata, a proble-matiche diverse e di dare ai pediatri dellecure primarie l’opportunità di poter con-dividere del materiale informativo con igenitori dei propri pazienti.Per tante ragioni scrivere per i genitorinon è semplice, anche se come pediatrisiamo abituati a comunicare con le fami-glie, chi con maggiore e specifiche com-petenze, chi con l’esperienza derivantedalla pratica. Tuttavia risulta spesso dif-ficile tradurre concetti, a volte anchecomplessi, in una terminologia sempliceed efficace e scrivere in modo da poterdare informazioni comprensibili a tutti igenitori, di qualsiasi livello culturale e diistruzione. Come redazione ci siamo chiesti se que-sta rubrica di informazioni per genitoriservisse. Spesso abbiamo considerato l’i-dea di verificare che uso ne facciano ipediatri lettori di Quaderni acp. Quello “dietro alle quinte” per la rubricadi informazioni per genitori è un lavorodi ricerca di articoli scientifici sui variargomenti trattati; persino la scelta degliargomenti è sempre basata su studi nel-l’ambito delle cure primarie comparsi suriviste internazionali (JAMA pediatrics,The Lancet, BMJ, Archives ecc.); essaderiva anche dalla consultazione di alcu-ni siti di associazioni pediatriche comel’American Academy of Pediatrics(AAP) o di ospedali (cincinnatichil-dren.org) che hanno delle sezioni a sup-porto dei genitori. La decisione di selezionare alcuni argo-menti rispetto ad altri è stata basata, peril passato, su tematiche che erano in quelmomento discusse a livello internaziona-le o che avevano suscitato l’interesse dei media, o su linee guida di recenteaggiornamento riguardo a problemiimportanti.

mento non solo di informazioni ma an -che nel processo di cura, specie nei con-fronti di bambini con bisogni speciali omalattie croniche. La health literacy è lacapacità di una persona di ottenere, com-prendere e utilizzare informazioni basila-ri sui servizi sanitari in modo da poterpoi prendere decisioni appropriate. I li -velli di health literacy delle per so ne sonoimportanti mediatori nella relazione tradiseguaglianze di salute e diseguaglian-ze socio-economiche. Gli adulti con bas -si livelli di health literacy ricorrono piùfrequentemente alla ospedalizzazione, aiservizi di emergenza, e non riesconoa gestire bene le malattie croniche. Pocosi conosce sui rapporti tra health literacydei genitori o dei bambini e lo stato disalute. Molte informazioni sanitarie de -sti nate ai genitori e riguardanti la salutedei loro bambini sono troppo complesseper il livello di comprensione della popo-lazione media, e questo può generare uninappropriato uso dei servizi e un dosag-gio sbagliato dei farmaci, con rischianche di sovradosaggio. La scarsa healthliteracy è definita da alcuni una silenteepidemia capace di influenzare lo stato disalute dell’individuo e della popolazione.Rimandiamo a Quaderni acp 2009;16:151-5 per ulteriori approfondimenti. In conclusione, i lettori avranno notatocome negli ultimi numeri della rivista larubrica di informazioni per i genitori siaentrata in “sintonia” con la FAD con l’in-tento, presente già in diverse riviste (ecitiamo una per tutte JAMA, sia nellaversione medica che pediatrica con glistorici Advices for patients), di fornire aipe dia tri una modalità comunicativa com-plementare e chiaramente non sostitutivaalla comunicazione “faccia a faccia” conil bambino e il genitore. Anche questo cambiamento, come tuttiquelli che vengono realizzati per Qua -derni acp, è stato discusso e approvatodalla redazione con l’obiettivo di dare ailettori un ausilio in più per la pratica cli-nica quotidiana. Speriamo sia di vostrogradimento. u

Negli ultimi anni la letteratura scientificasi è molto soffermata sul trasferimento diinformazioni sostenute da evidenzescientifiche verso i luoghi di cura in con-divisione con i pediatri, i pazienti e lefamiglie.Lo Shared Decision Making (SDM, Con -di visione nelle decisioni) è un processoche coinvolge gli operatori sanitari nellacomunicazione di opzioni terapeutiche ediagnostiche con i genitori e i pazienti,tenendo conto dei valori personali deglistessi in modo da optare per la migliorestrategia per il paziente stesso.Tale pro-cedura diventa particolarmente criticaquando le decisioni da prendere hannoalla base opzioni ragionevoli da un puntodi vista medico e che invece differisconotra di loro in maniera significativa per lafamiglia e/o il paziente. L’utilizzo di “ausili per la decisione” èuna delle strategie disponibili per imple-mentare la condivisione nelle decisioni.Gli ausili sono strumenti che aiutano lepersone a lasciarsi coinvolgere nelledecisioni da prendere, dando informazio-ni sulle opzioni disponibili e sugli esiti, ecercando di fare chiarezza sui valori per-sonali. Non rimpiazzano la comunicazio-ne efficace da parte dell’operatore sanita-rio ma la completano avendo in comunelo stesso obiettivo, ossia di trasmettereun percorso di cura di alta qualità basatosu evidenze scientifiche e centrato sullefamiglie. Sullo SDM in pediatria c’è, a oggi, pocaletteratura scientifica ed è in corso unareview sistematica per l’applicazione diun protocollo su tale processo collabora-tivo. Negli ultimi anni inoltre molte ri -cer che hanno messo in evidenza e dimo-strato l’importanza di come una modalitàcomunicativa corretta con le famiglie siaalla base di un percorso di diagnosi ecura efficace. A partire dal considerare lahealth literacy del paziente (che in pedia-tria comprende sempre non solo il bam-bino ma spesso come “decision maker”anche il o i genitori) come un elementoestremamente importante nel trasferi-

Informazioni per genitori: il percorso continua con qualche cambiamentoStefania ManettiPediatra di famiglia, Piano di Sorrento (Napoli)

Per corrispondenza:Stefania Manettie-mail: [email protected]

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Pubblicato su Ricerca&Pratica 2014;30:147-8

“Nella stazione di Milano profughi dellaclasse media in attesa dell’ultimo treno.Gli esperti: fenomeno nuovo, arrivano isiriani colti”. Così titolava a grandicaratteri il reportage di N. Zancan su LaStampa del 22 maggio u.s. in cui si cita-va anche l’osservazione di V. Polizzi di“Save the Children”: “È una migrazionedel tutto nuova. Qualcosa che non ave-vamo mai visto. Arrivano persone checonoscono l’inglese, colte, di classisociali medio-alte. Per prima cosa, chie-dono di potersi lavare. Sono tutte moltoinformate. Sono sempre grate, rispettose.Non ho mai assistito al minimo episodiodi violenza”. Nonostante la crisi in Siria sia iniziatanel marzo del 2011, è soltanto nel 2013che i siriani incominciano ad arrivarenumerosi in Italia via mare, a bordo diimbarcazioni fatiscenti, dopo un lungo ecostoso viaggio attraverso diversi Paesi,in buona parte in mano ai trafficanti. LaSiria è il secondo principale Paese di pro-venienza dei migranti, preceduta solodall’Eritrea. Ma è il primo Paese di ori-gine se si considerano soltanto i minoriin nucleo familiare: 1542 (su 2124) bam-bine e bambini arrivati in Italia via maresono siriani, tratti in salvo dalla guerra dauno o entrambi i genitori. Gli arrivi via mare sono ripresi in modoconsistente a partire dal mese di aprile2014, con un progressivo aumento delnumero di minori, fenomeno che rappre-senta uno degli aspetti più allarmanti diquesta nuova ondata di arrivi. I siriani,così come eritrei, somali e afgani, nonvogliono restare in Italia, ma intendonoproseguire il loro viaggio verso Paesi delNord Europa (in particolare Svezia,Norvegia, Germania e Svizzera) dovevivono altri loro familiari o amici, chehanno trovato condizioni di accoglienzae integrazione dignitose. Nella maggiorparte dei casi dalla Sicilia raggiungono in

cia della stazione (quasi tutti vanno adacquistarsi quanto occorre).Dal sacco del pediatra emerge via viaanche la consapevolezza di una emergen-za che non ha fine, che ci riguarda tutti eche obbliga a porci delle domande, albisogno di capire, prima di giudicare.Chi si trova in situazioni di difficoltà e inuna migrazione causata da sofferenze edrammi spesso inaccettabili può vivernei momenti più faticosi in maniera positi-va e come risorsa solo con dignitose condizioni di ospitalità e con l’offerta diservizi essenziali accoglienti. Non stasuccedendo nel mezzanino dello scalonemo numentale della Stazione Centrale, a -rea che continua a essere abusiva ancheper operatori e volontari, oltretutto resain parte inagibile dalla presenza di deie-zioni e rifiuti di vario genere, anche divecchia data. Le persone e le famiglie straniere che lìsono costrette ad accamparsi, pur mo -mentaneamente e di passaggio, interpel-lano assetti consolidati e responsabilità aogni livello. Rammentano a noi profes-sionisti che operiamo nei servizi e nel-l’ambito della cura (medici, pediatri,ostetriche, assistenti sociali, psicologi,educatori) che possiamo essere potentitutori di resilienza. Sollecitano tutti alla“scelta di intelligenza profetica” e al“salto di qualità nella convivenza civile”auspicati da C.M. Martini: “nel campodei diritti umani valgono non soltanto leparole o le affermazioni solenni, ma purele realizzazioni progressive nelle quali,pur misurando la distanza dalla meta, sivede come concretamente ci si sta avvi-cinando a un ideale di maggiore giustiziasociale e fraternità” [2]. u

Bibliografia[1] Rapporto di Save the Children. L’ultima spiag-gia. Dalla Siria all’Europa, in fuga dalla guerra.http://images.savethechildren.it/IT/f/img_pubbli-cazioni/img239_b.pdf.[2] Martini CM. Non temiamo la storia. Piemme E -ditore, 1992.

treno Milano, dove vengono temporanea-mente accolti nelle strutture messe a lorodisposizione dall’amministrazione comu-nale, e da lì proseguono in treno o con ipasseur il loro viaggio verso Nord [1]. A distanza di tante settimane, lo scalonemonumentale della Stazione Centrale diMilano continua dunque a rappresentarel’ultima fermata italiana dei profughisiriani in fuga dalla guerra: tra il conti-nuo, frenetico via vai di viaggiatori eturisti in transito, in una condizione logi-stica di assoluta precarietà, il lavoroincessante degli operatori di “Save theChildren” e dei volontari del Comune diMilano e la presenza preziosa e indispen-sabile dei mediatori linguistico-culturalicercano di sopperire alla persistenteassenza di basilari strutture di primaaccoglienza. I nuclei familiari sono numerosi, conbambini anche molto piccoli. Magri,malnutriti, molti di loro, compresi i pic-colissimi, hanno scottature solari ed esitimolto evidenti su volto e parti esposte. Ibimbi di pochi mesi di età sono quelli piùda osservare e più provati.Non hanno passeggini e dormono solosaltuariamente in braccio da molti giorni.Uno si tranquillizza adagiato su un tra-ballante fasciatoio di… terza o quartamano (ma meno male che c’è!). Poco piùin là, catturato da bolle di sapone, pal-loncini e matite colorate, un nugolo dibambini più grandicelli si raccoglie (sulpavimento) attorno alle educatrici. Unapiccola, unica, bella nota di spontaneagiocosità. Nel sacco del pediatra, accanto al para-cetamolo, ai sali reidratanti, alla cremaantibiotica, alla crema cortisonica, aquella disinfettante e a qualche garza, ilricettario bianco si assottiglia rapida-mente: sono tutti partiti con quasi nullaappresso e c’è chi non riesce, anche gliadulti, a completare terapie già in corso.I genitori appaiono molto rassicuratiquando capiscono che possono avere laricetta per poter poi andare nella farma-

Lo scalone monumentale della Stazione Centrale di MilanoFederica ZanettoPediatra di famiglia, ASL Monza Brianza

Per corrispondenza:Federica Zanettoe-mail: [email protected]

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Lo scarso contributo dei pediatri allaindividuazione dei casi di maltrattamen-to deriva in buona parte dalla scarsa dif-fusione delle conoscenze relative allasemeiotica delle lesioni esito di abuso edalle difficoltà di diagnosi differenzialecon le lesioni accidentali. Pertanto l’arti-colo si propone di analizzare i segni e isintomi specifici o compatibili con ilmaltrattamento fisico e i criteri diagno-stici utili per sospettare/identificare i casidi abuso nell’esercizio della pratica pro-fessionale, con l’obiettivo di migliorarela capacità di: – identificare gli indicatori anamnestici

del maltrattamento;– riconoscere le caratteristiche di lividi,

ustioni e fratture che fanno sospettareil maltrattamento;

– identificare i segni classici di traumacranico da abuso (già Shaken BabySyndrome).

Non vengono date indicazioni su:– diagnosi (confermare o escludere il

mal trattamento) in quanto non di com-petenza del pediatra, che comunque ètenuto a collaborare al percorso diagno-stico territorialmente ritenuto corretto;

– segnalazione, in ogni caso doverosa,oltre che obbligo di legge in caso disospetto;

– prevenzione, comunque di competen-za del pediatra, specialmente delpediatra di libera scelta che è in unaposizione chiave per individuare i fat-tori di rischio e offrire supporto allefamiglie in difficoltà così da rinforza-re la protezione del bambino.

Definizione del maltrattamento sui minoriPer maltrattamento sui bambini e gli ado-lescenti s’intendono “tutte le forme diabuso fisico e/o psico-emozionale, abusosessuale, trascuratezza o negligenza osfruttamento commerciale o altro checomportano un danno reale o potenzialeper la salute del bambino, per la sua so -prav vivenza, per il suo sviluppo o per la

sua dignità nell’ambito di una relazionecaratterizzata da responsabilità, fiducia opotere” (WHO, 2002).

Dati epidemiologiciÈ noto che, sebbene l’abuso all’infanziarappresenti uno dei maggiori problemi disanità pubblica nei Paesi ad alto tenore divita (WHO, 2006) per l’impatto sulbenessere fisico, mentale e sociale dellevittime, e sulla società di cui fanno parte,la sua incidenza e prevalenza rimangonosottostimate. Una review di The Lancetsulla prevalenza del maltrattamentoinfantile in alcuni Paesi ad alto tenore divita evidenzia che i casi di maltrattamen-to accertato riferiti ogni anno alle agen-zie di protezione dell’infanzia riguarda-no dall’1,5 al 5% dei bambini nellapopolazione generale; gli studi di popo-lazione condotti con la metodologia del“self-report retrospettivo” (questionarisomministrati ad adolescenti o giovaniadulti a cui veniva chiesto di riferireeventuali episodi di violenza subitidurante la propria infanzia) indicano cheogni anno circa il 4-16% dei bambinisubisce abuso fisico. Dagli stessi studiemerge che almeno per un periodo nelcorso dell’infanzia (prevalenza cumulati-va), il 5-35% subisce abuso fisico, il4-l9% abuso psico-emozionale, il 6-12%è trascurato, l’8-25% è esposto a violen-za assistita e infine che il 15-30% dellefemmine e il 5-15% dei maschi sonostate vittime di varie forme di abuso ses-suale. Uno studio recente, che valuta laprevalenza cumulativa dei casi di abusoaccertati, indica che al 2011 negli StatiUniti il 12,5% dei minori è stato abusatonel corso dell’infanzia. Nonostante l’in-certezza dei dati, questo sottolinea la sot-tostima da parte delle statistiche ufficiali.Dati provenienti dall’OrganizzazioneMondiale della Sanità (OMS), relativi almaltrattamento dei bambini nella Re gio -ne europea, confermano l’estensione delfenomeno, indicando una prevalenza perabuso fisico del 22,9%, abuso psico-emozionale del 29,1%, abuso sessuale

Il maltrattamento fisico: quali conoscenze per il pediatraCarla BerardiPediatra di famiglia, Perugia

Per corrispondenza:Carla Berardie-mail: [email protected]

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del 9,6%, e per trascuratezza del 16,3-18,4%. Nella Regione europea almeno850 bambini sotto i 15 anni muoionoogni anno a causa di maltrattamenti. InItalia non esiste ancora un sistema infor-mativo nazionale in grado di fornire datiepidemiologici aggiornati sul maltratta-mento nonostante le raccomandazioniONU e OMS. Le stesse statistiche uffi-ciali sul fenomeno sono estremamentecarenti e le uniche raccolte di dati sono difonte giudiziaria, organizzate a fini inter-ni dalle istituzioni giuridiche e quindiscarsamente utili dal punto di vista epi-demiologico. La prima indagine naziona-le quali-quantitativa condotta su un cam-pione di 31 Comuni a cura di Terre desHommes e CISMAI (settembre 2013)registra una prevalenza di casi noti ai ser-vizi pari a 0,98% mentre studi di popola-zione condotti su un campione di studen-ti delle scuole superiori con la tecnica delself-report retrospettivo indicano che il3% ha subìto nell’infanzia abuso fisico,l’11% abuso emozionale e l’8% (maschi)e il 20% (femmine) abuso sessuale.Questi dati ci dicono che nella praticaprofessionale del pediatra la probabilitàdi doversi confrontare con il maltratta-mento è alta, superiore a quella di altrepatologie rispetto alle quali c’è evidente-mente maggiore consapevolezza emigliore formazione (da Nelson 2013:sindrome di Down 0,1%, diabete tipo 10,2%, cardiopatie congenite 0,8%, tumo-ri 0,016%, autismo 0,2%).

Il maltrattamento fisicoPer maltrattamento fisico s’intende ilricorso sistematico alla violenza fisicacome aggressioni, punizioni corporali ogravi attentati all’integrità fisica, alla vitadel bambino/adolescente e alla sua di -gnità. “Questo include il colpire, percuo-tere, prendere a calci, scuotere, mordere,strangolare, scottare, bruciare, avvele-nare, soffocare. Gran parte della violen-za a danno di minori dentro le muradomestiche viene inflitta con lo scopo dipunire” (WHO, 2006).

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L’abuso fisico è un fenomeno frequente;pertanto c’è un’alta probabilità che ilpediatra incontri bambini vittime di mal-trattamento nella pratica professionale,ma nonostante ciò la maggior parte dellelesioni da abuso fisico rischia di nonessere riconosciuta. Lesioni di modestaentità che non richiedono l’interventomedico possono essere tenute nascoste. Ibambini abusati possono presentarsinella pratica clinica in vari modi: lalesione può essere il motivo della consul-tazione o può essere riscontrata in occa-sione di una visita per altri motivi; dun-que è necessario essere attenti a sospetta-re il maltrattamento ogni volta che ci sitrovi a valutare un bambino con lesionitraumatiche. Dai dati della letteraturaemerge che i bambini più piccoli (< 3anni) hanno la più alta probabilità diessere maltrattati, con la più alta percen-tuale al di sotto di un anno; ma tutte leetà, inclusi gli adolescenti, sono arischio. Le aggressioni esitano in lesioniche possono essere a carico di diversiorgani e apparati configurando quadriclinici diversi (lesioni cutanee, fratture,trauma cranico ossia Shaken BabySyndrome, danni viscerali) e pongonocomplesse questioni di diagnostica diffe-renziale. La diagnosi differenziale, comeper le altre patologie, si basa su: anam-nesi (valutare se la dinamica riferita ècompatibile con lo sviluppo psicomoto-rio del bambino e con la lesione), esamefisico (valutare la condizione generaledel bambino e le caratteristiche dellelesioni per accertare se siano specifiche ocompatibili con maltrattamento), even-tuali esami diagnostici o consulenza daparte di esperti. Decidere se una lesioneè causata da abuso non è facile, ed è cor-redata da crescenti aspettative da parte diforze dell’ordine, avvocati e opinionepubblica su una certezza basata su“prove sicure”. È necessario essere for-mati adeguatamente e in tutti i casi dubbiè raccomandabile un confronto conpediatri esperti nella materia (AmericanAcademy of Pediatrics, 2013).

AnamnesiPer la diagnosi differenziale tra lesioneaccidentale o da maltrattamento è indi-spensabile raccogliere un’anamnesimirata sulla dinamica che ha causato lalesione, sulle condizioni mediche delbambino (dal momento in cui si è verifi-

cato il trauma fino al momento in cui sipresenta all’osservazione/cure mediche),sulla situazione socio-familiare (che puòrilevare la presenza di eventuali fattori dirischio). Lesioni da maltrattamento ven-gono tipicamente giustificate dall’abu-sante (e in genere anche dal bambino vit-tima) come accidentali, per cui è essen-ziale essere critici rispetto alle informa-zioni fornite, e ottenere una storia detta-gliata su come la lesione si è verificata(come, quando e dove, se qualcuno erapresente). L’anamnesi va condotta in mo do nonaccusatorio, ponendo domande aperte,lasciando raccontare liberamente l’acca-duto al genitore, ma ottenendo dettaglisulle caratteristiche fisiche del luogodove è avvenuto il trauma, sulle circo-stanze che lo hanno preceduto, sul modospecifico nel quale è accaduto, sulle con-dizioni del bambino e sulle cure prestate-gli dal momento in cui si è verificato iltrauma fino a quello in cui si è presenta-to all’osservazione medica. Al cu ni ele-menti anamnestici possono far sorgere ilsospetto di abuso fisico (tabella 1). Èanche importante porre attenzione alcomportamento sia del bambino che deigenitori. Alcuni atteggiamenti possonoessere utili indicatori per sospettare l’a-buso (tabella 2).È necessario raccogliere una completa a -nam nesi medica, soprattutto indagandosu patologie che possono fornire unaspiegazione medica della lesione. Per e -sempio, in un bambino che presenti livi-di multipli, sarà necessario indagare pre-cedenti eventuali episodi di sanguina-mento, o facilità a presentare lividi, oeventuale uso di farmaci, nel sospetto diuna coagulopatia.Anche una completa anamnesi psicoso-ciale ha grande importanza, perché forni-sce informazioni sulla famiglia che pos-sono rivelare la presenza di fattori dirischio per abuso (tabella 3). È fonda-mentale però ricordare che la presenza oassenza di fattori di rischio sono utili peraiutare a formulare il sospetto di abuso,ma non devono essere considerate di persé sufficienti a formulare il sospetto.

Esame fisicoNel sospetto di abuso è essenziale valu-tare lo sviluppo fisico del bambino: peso,statura, circonferenza cranica (nei lattan-ti) e condizioni generali (abiti e igiene),

per determinare se il bambino è in buonasalute e ha ricevuto cure adeguate, e ilsuo sviluppo psicomotorio, per determi-nare se la causa accidentale delle lesioniè compatibile con l’autonomia raggiunta.L’esame obiettivo deve cominciare conun esame completo della pelle, dallatesta ai piedi, per accertare se ci sianolesioni specifiche o compatibili con mal-trattamento. Vanno esaminati: collo, te -sta, bocca, estremità, inclusi mani e pie -di, genitali, ano, natiche, torace e schie-na, e in particolare le sedi più nascoste dilesioni inflitte, quali le orecchie, speciela superficie posteriore, l’angolo dellamandibola, il collo, il cuoio capelluto, ilfrenulo linguale e vestibolare. Vannoattentamente valutati ogni livido, abra-sione, ustione e ogni altra lesione.

Lesioni della cuteLe lesioni della cute, soprattutto di mo -desta entità, sono estremamente comuninei bambini e per la maggior parte sonodovute a incidenti. L’aspetto di una lesio-ne è raramente patognomonico per abusoo incidente, per cui per la diagnosi diffe-renziale è essenziale conoscere bene lasemeiotica fisica e valutare attentamentela relazione tra dinamica causale e lesio-ne. Va anche considerato che in uno stes-so bambino possono coesistere lesioniaccidentali e inflitte, e che possono capi-tare incidenti inusuali, causa di lesionicon aspetto non comune per cause acci-dentali, ma è necessario fare attenzione anon accettare spiegazioni inverosimilipur di non considerare la possibilità dimaltrattamento.

I lividiI lividi sono le lesioni più comuni nell’a-buso fisico, ma sono anche comunemen-te provocate dal gioco e dalle normaliattività. Per la diagnosi differenziale èfondamentale valutare attentamente ognilesione (sede, forma, gravità), considera-re se la causa accidentale è possibile se -con do il livello di sviluppo neuromotoriodel bambino, se la dinamica riferita èplau sibile e se il bambino ha ricevuto cu -re adeguate. Tre fattori possono aiutare adistinguere i lividi da causa accidentaleda quelli da abuso: l’età e lo svilupponeu romotorio del bambino, l’aspetto dellivido e la sede della lesione.Età. I bambini piccoli, che non cammi-nano o che non hanno un’autonomia mo -

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TABELLA 1: ELEMENTI ANAMNESTICI INDICATORI DI MALTRATTAMENTO FISICO

Storia dell’accaduto vaga, povera di dettagli, che non diventa più precisa nel tempo,ma, viceversa, cambia versioneDescrizione della dinamica dell’incidente non compatibile con la tipologia, la sede, l’estensione e la gravità della lesione e con lo sviluppo fisico-psicomotorio del bambinoSpiegazioni nettamente diverse fornite da differenti testimoniRitardo nel cercare l’aiuto medicoRicoveri precedenti in cui è possibile sospettare una dinamica di abusoStoria di violenza familiare

TABELLA 2: INDICATORI SOSPETTI DI MALTRATTAMENTO FISICO

Atteggiamento del genitore• Genitori scarsamente preoccupati, che minimizzano il problema, con un comporta-mento e un coinvolgimento emotivo non adeguati alle circostanze e alle condizionidel bambino

• Genitori ostili o addirittura aggressivi verso il medico, che rifiutano il ricovero e ulteriori accertamenti

Atteggiamento del bambino• Bambino triste, troppo tranquillo, eccessivamente impaurito o, viceversa, iperattivo,incontenibile, con comportamento di “allarme e ipervigilanza”, oppure di apatia edistacco

• Bambino che presenta un attaccamento eccessivo e indiscriminato per tutte le persone con cui viene in contatto

TABELLA 3: ANAMNESI PSICOSOCIALE

Accertare la composizione del nucleo familiare e lo stato lavorativo dei genitoriDocumentare se il nucleo familiare è noto ai servizi sociali. Se sì, perché?Documentare se i genitori hanno precedenti penali, se c’è una storia di violenza fami-liare o precedente sospetto di abuso sul bambino o su fratelliAccertare eventuale abuso di droga o alcol nei genitori o altri conviventi, eventualimalattie mentaliChiedere se i genitori sono stati vittime di qualche forma di abuso nella loro infanziaIndagare sui modelli di disciplina impiegati, soprattutto se sono in uso punizioni fisiche

toria, non dovrebbero presentare lesioniper le quali i genitori non possano forni-re una spiegazione chiara e precisa. Unostudio osservazionale condotto su bam-bini da 0 a 3 anni di età mostra che soloil 2,2% dei bambini che non gattonano enon camminano presenta lividi (in detta-glio: < 6 mesi: 0,5%; 6-8 mesi: 4,0%; 9-12 mesi: 11,5%), vs il 17,8% di quelliche hanno iniziato a camminare e il51,9% di quelli che camminano. Sede. Anche la sede può dare informa-zioni utili per la diagnosi differenziale. Èampiamente dimostrato che i lividi pro-vocati accidentalmente nel gioco o nellecomuni attività quotidiane sono localiz-zati quasi sempre sulla superficie ante-riore del corpo e in corrispondenza delleprominenze ossee (più frequentementefronte, stinchi, ginocchia) (figura 1).Quelli causati da maltrattamento posso-no presentarsi in ogni parte del corpo, mapiù spesso sono localizzati su zone lonta-ne da prominenze ossee e con più tessu-to adiposo sottostante (natiche, addome,torace e guance) (figura 2). Al capo, neibambini di età < 6 anni, i lividi acciden-tali si localizzano soprattutto in un’area aforma di T dalla fronte al naso, al labbrosuperiore e al mento, e alla regione po -steriore del capo (figura 1). Meno del 6%dei lividi accidentali della faccia è loca-lizzato alle guance o in regione periorbi-taria. Al contrario, quelli da abuso sonolocalizzati più spesso a orecchie (figura3), guance e collo, tutte sedi estrema-mente rare per lividi accidentali. Sonoparticolarmente sospetti lividi localizzatiin aree specifiche come: avambracci, artisuperiori e zone adiacenti del tronco,superficie laterale delle cosce, che posso-no indicare “lividi da difesa” se il bambi-no ha tentato di proteggersi dai colpi. Forma. L’aspetto è molto importanteperché può presentare l’impronta del-l’oggetto che l’ha prodotto (fibbia di cin-tura, bastone, pugno ecc.), cosa che nonsi verifica nei lividi da causa accidentale.Un colpo inferto a mano aperta, comeuno schiaffo, può provocare lividi linearie paralleli che riproducono i contornidelle dita. L’irregolarità delle distanze traun livido e l’altro può indicare la sovrap-posizione di più di un’impronta, cioè piùdi uno schiaffo (figura 4). Un pugno puòlasciare l’impronta delle nocche. Un cal-cio può lasciare l’impronta chiara della

scarpa. Un livido a forma di U o J è disolito indicativo di trauma non-acciden-tale, tipicamente da frustata con cintura,cavo o fil di ferro. È molto importanteesaminare accuratamente se ai lividisono associate petecchie, perché recente-mente è emerso dalla letteratura che lacontemporanea presenza di petecchie èfortemente sospetta per lesione da abuso,con valore predittivo di 80 (IC 95%:64,1- 90,1), sebbene la loro assenza nonabbia alcun valore per la diagnosi diffe-renziale. Un livido con forma tipica èquello provocato da morso, lesione parti-colarmente importante da identificare,perché un morso da adulto sul corpo di

un bambino, di forza tale da lasciare unsegno, non è mai dovuto a causa acci-dentale; è sempre espressione di unabuso e pertanto va documentato detta-gliatamente, meglio se fotografato, per-ché dall’impronta si può risalire all’abu-sante. Il morso si presenta classicamentecome un livido di forma circolare o ova-lare, costituita da due archi concavi inopposizione, associato o meno a ecchi-mosi e/o petecchie (figura 5). In alcunicasi la forma può essere distorta, se ilmorso è incompleto, o se è su una super-ficie curva. Va considerato che i bambinipossono essere morsi da animali, o daaltri bambini, per cui è necessario saper

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fare la diagnosi differenziale. I morsi dacane hanno arcata ogivale più stretta, identi sono più appuntiti e sottili e di soli-to provocano lesioni da strappo, con san-guinamento. Il metodo per distinguere ilmorso da adulto (e quindi abusivo) daquello da bambino si basa sulla misura-zione della distanza tra l’impronta deidue canini, che nel morso di un adulto èdi 3-4,5 cm; in quello di un ragazzo ogiovane adulto di 2,5-3 cm, in quello diun bambino di età inferiore a 8 anni di < 2,5 cm. L’analisi completa del morsoper risalire all’abusante è di competenzamedico-legale (ricostruzione dell’im-pronta, analisi del DNA in morsi recenti).Il pediatra dovrà porre in diagnosi diffe-renziale patologie della cute, come peresempio le micosi.Datazione. Per lungo tempo è stata inuso la pratica di datare i lividi in base alcolore presentato, pratica fortementerichiesta da team investigativi. In realtà èstato chiaramente dimostrato che nonesiste una base scientifica per la datazio-ne di lividi in base al colore, per cui que-sta pratica deve essere abbandonata. Sistanno sperimentando nuove tecniche, almomento però non applicabili alla prati-ca clinica. Tutti i lividi sospetti devono essere accu-ratamente documentati (sede, colore edimensioni), per iscritto (preferibilmentesu diagramma del corpo), e se possibilecon foto. Diagnosi differenziale. Va fatta con i di -sordini della coagulazione, in cui si veri-fica la comparsa di lividi di cui non èspiegata la causa o di entità eccessivarispetto alla dinamica che viene descritta(trombocitopenia idiopatica, emofilia,malattia di von Willebrand, malattia e -mor ragica del neonato, deficit di vitami-na K, leucemia, coagulazione intravasaledisseminata, porpora fulminante). Saràne cessario eseguire: emocromo, contapiastrine, PTT, PT, tempo di coagulazio-ne ed eventualmente richiedere consu-lenza ematologica. Altre condizioni daporre in diagnosi differenziale sono: lechiazze mongoliche che possono presen-tarsi su glutei, schiena, ginocchia, capo,piedi, a rea lombosacrale, e la porpora diSchön lein-Henoch.

Le ustioniLe ustioni sono lesioni da abuso piutto-sto frequenti: si stima che rappresentino

il 10% delle lesioni da abuso fisico nelbambino. D’altra parte anche le ustioniaccidentali sono comuni, specialmentenei bambini di età inferiore a 5 anni. Perla diagnosi differenziale è fondamentalevalutare attentamente ogni lesione edesaminare accuratamente la dinamicariferita dell’incidente. Le ustioni acci-dentali sono causate più frequentementeda liquidi bollenti che il bambino si rove-scia addosso (figura 6), interessano disolito gli arti superiori, la faccia, il colloe la superficie anteriore del tronco. Sonodi solito asimmetriche e a bordi irregola-ri. L’ustione è più grave nel punto piùalto, dove il liquido bollente viene a con-tatto con il corpo, e la gravità si riducenelle parti sottostanti, dove la temperatu-ra del liquido si è ridotta. Le zone sotto-stanti a sporgenze rimangono illese,come pure le zone protette dagli abiti(figura 7).A differenza di quelle accidentali, le u -stio ni da maltrattamento sono più fre-quentemente dovute a immersione in li -quidi bollenti/caldi (figure 8, 9) (va se -gna lato che un’ustione grave può essereprovocata dal contatto per solo 5 se condicon acqua a temperatura di 60 ºC), sonopiù frequenti nei bambini più piccoli esovente associate a “toileting accidents”,quando il bambino si sporca e le fecidebordano dal pannolino, interessano piùfrequentemente il perineo e/o le natiche,gli arti inferiori, le mani o, più raramen-te, l’intera faccia. Fortemente suggestiveper maltrattamento sono ustioni a “guan-to” alle mani o “a calzino” ai piedi, spe-cie se bilaterali e simmetriche. Gli ele-menti che permettono di differenziarle daustioni accidentali sono: i margini netti,la profondità rilevante e uniforme, le pie-ghe cutanee risparmiate, l’assenza dilesioni da schizzi. Un aspetto importantedella valutazione di questi casi è l’inda-gine (da parte delle autorità predisposte)allo scopo di determinare la temperaturadell’acqua che esce dal rubinetto e iltempo necessario perché raggiunga unlivello pericoloso. Al secondo posto perfrequenza nei bambini piccoli sono leustioni da contatto con fiamma o superfi-ci arroventate. Quelle da causa acciden-tale sono più frequenti al palmo dellemani, mentre quelle da abuso interessanopiù spesso la schiena e il collo. Hannolimiti netti, profondità uniforme e rile-vante (ustioni di terzo grado), forma da

cui è possibile riconoscere l’oggetto cheè stato usato. Un’ustione da contattospesso segnalata in casi di maltrattamen-to è quella da sigaretta (figura 10). Pochi casi documentati nella letteraturaconfermano che le ustioni da sigarettaintenzionali si presentano in parti espostedel corpo e hanno forma circolareapprossimativamente di 1 cm di diame-tro. La diagnosi differenziale va fatta inquesto caso anche con l’impetigine, cheperò presenta, inconfondibilmente, cro-ste intorno alla lesione. A differenzadelle ustioni da liquidi, quelle da contat-to riguardano tutte le fasce di età. Per lavalutazione di un’ustione sospetta perabuso, oltre alle caratteristiche descritte eall’analisi della dinamica dell’incidenteriferita dai genitori, è necessario porre ladiagnosi differenziale con altre condizio-ni che possono presentare un aspettosimile: impetigine, epidermolisi bollosa,eruzione fissa da farmaci, fotodermatiti,rimedi tradizionali come la moxibustio-ne. Va sottolineato che nella valutazionedi bambini con ustioni da sospetto abusoè importante la ricerca di fratture occulte(me diante sorveglianza scheletrica). Inuno studio di bambini con ustioni nonaccidentali il 18,6% di quelli di età < 2anni aveva anche fratture (De Graw2010). N.B. Le ustioni da abuso, oltre a maltrat-tamento fisico (inflitte), possono esseredovute a trascuratezza (da difetto di sor-veglianza), con un rapporto tra le due di1:9 a favore della trascuratezza. In que-sto caso è molto difficile identificarlecome abusive, in quanto sono di fattoprovocate da incidenti che avrebberopotuto essere prevenuti, e avrebberodovuto ricevere cure immediate e ade-guate. La difficoltà sta nel distinguere tradisattenzione momentanea dei genitori einadeguatezza nella sorveglianza.

Lesioni del cavo orale La valutazione medica per sospettoabuso fisico deve includere un esamedella cavità orale, ricercando lesioni den-tali, della lingua, della parete vestibolaredelle labbra, della mucosa, con particola-re attenzione al frenulo labiale e sublin-guale. La lacerazione del frenulo lingua-le per lungo tempo è stata consideratapatognomonica per maltrattamento, so -prattutto nei bambini più piccoli, ma allostesso tempo è considerata dai dentisti un

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FIGURA 1: SEDI DI LIVIDI DA CAUSAACCIDENTALE

FIGURA 2: SEDI DI LIVIDI DA ABUSO

FIGURA 3: LIVIDO ALL’ORECCHIO FIGURA 4: SCHIAFFO

FIGURA 5: MORSO

FIGURA 7: USTIONE ACCIDENTALE

FIGURA 6: USTIONE ACCIDENTALE

solo liquido bollente

FIGURA 8: USTIONI DA ABUSO

immersione

FIGURA 9: USIONE DA IMMERSIONEFIGURA 10: USIONE DA CONTATTO CONSIGARETTA

trauma comune nell’infanzia, provo-cato da un colpo diretto, o da cadute(contro un tavolo, o dall’altalena). Sfortunatamente non ci sono studi com-parativi che diano indicazioni sulle carat-teristiche utili per differenziare le formeaccidentali da quelle da abuso, ma unaiuto può venire dall’anamnesi, dalmomento che la rottura del frenulo, per ilcopioso sanguinamento che ne deriva, èun evento che viene ricordato dai genito-ri che pertanto dovrebbero saperne riferi-re la dinamica causale. Quando da abuso,è provocata dalla forzatura con un ogget-to (cucchiaio, biberon, ciuccio) e di soli-to sono presenti altre lesioni inflitte,spesso occulte e gravi. Pertanto, se siriscontra una lacerazione del frenulo inun bambino di età < 2 anni che non abbiauna spiegazione adeguata, è necessarioprocedere alla ricerca di fratture occultee, nel caso il bambino abbia meno di 1anno di età, anche a un esame oftalmolo-gico alla ricerca di emorragie retiniche, e

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a una TAC cerebrale nel sospetto di trau-ma cranico da abuso.

Le frattureLe fratture sono molto comuni nel bam-bino; sono provocate da incidenti strada-li, da cadute durante il gioco o l’attivitàsportiva, ma ogni frattura può ancheessere esito di maltrattamento; pertantova considerata la possibilità di abuso. Glielementi per la diagnosi differenzialesono: anamnesi della dinamica causale evalutazione della compatibilità con lafrattura, età del bambino (autonomiamotoria), tipo e sede della frattura, enumero delle fratture.Età. Questo è un fattore chiave per ladiagnosi differenziale tra fratture acci-dentali e inflitte. Fratture in bambini chenon camminano, senza una dinamica del-l’incidente chiara e compatibile, devonofar sorgere il sospetto di maltrattamento.Un ampio studio caso-controllo inglesemostra che l’85% delle fratture acciden-tali riguarda bambini di età > 5 anni,mentre l’80% di quelle da abuso si veri-fica in bambini < 18 mesi. Lo stesso qua-dro emerge da uno studio americano da cui si evince che, mentre l’incidenzadelle fratture da abuso nei bambini di età compresa tra 0 e 3 anni è di15,3/100.000, in quelli < 12 mesi è di36,1/100.000, crollando a 5/100.000nella fascia 12-35 mesi. Dunque le frat-ture da maltrattamento sono più comunial di sotto dei 3 anni di età, soprattuttonel primo anno, quando si stima che sia -no presenti in un terzo dei bambini vitti-me di abuso, spesso non riconosciute. Tipo e sede. Sebbene nessuna frattura siadiagnostica, alcune di esse hanno un’altaspecificità per abuso: coste, scapola,sterno, acromion e fratture metafisariedelle ossa lunghe.Lattanti che non camminano hanno unabassissima probabilità di avere frattureaccidentali delle ossa lunghe. Com ples -sivamente la probabilità che una fratturadi femore in un bambino sia dovuta amaltrattamento è del 28% (IC 95%: 15-44), ma nella maggior parte dei casi siriferisce a bambini piccoli, di età < 1anno. La sede più comune è la diafisi, iltipo più sospetto è la spirale.Al femore le fratture diafisarie sono lepiù comuni, sia da cause accidentali cheda abuso, le metafisarie invece sonomeno frequenti, e sicuramente più spesso

dovute a maltrattamento, per torsione,accelerazione-decelerazione e scuoti-mento (p<0,001). Per le fratture dell’o-mero la probabilità della natura abusivanei bambini di età < 3 anni è del 48% (IC95%: 6-94), e in questo caso l’età < 15mesi ha un forte valore predittivo rispet-to ai 15-36 mesi. Anche per l’omero iltipo di frattura è un elemento chiave perla diagnosi differenziale: quelle sopra-condilari sono più frequentemente, anchese non esclusivamente, dovute a causeaccidentali, mentre le più comuni damaltrattamento sono le spirali o oblique(nei bambini < 5 anni). Le fratture crani-che sono comuni nei bambini piccoli:l’80% di quelle accidentali e l’88% diquelle da abuso riguardano bambini < 1anno di età. Sebbene la probabilità dellanatura abusiva sia del 30% (IC 95%: 19-46), ci sono poche caratteristiche chepermettono di differenziarle. In entrambii casi le più comuni sono le fratture linea-ri, di solito parietali. Il significato di frat-ture complesse, depresse o multiple èdifficile da definire, perché i dati dellaletteratura sono incerti. Rispetto allasede, le fratture a più alta specificità perabuso sono quelle costali, con una pro-babilità di abuso del 71% (IC 95: 42-91).Queste sono raramente accidentali, pos-sono essere provocate da trauma daparto, da grossi traumi o essere la conse-guenza di malattie metaboliche del tessu-to osseo. Escluse queste cause, fratturecostali multiple sono altamente specifi-che per maltrattamento. La sede a piùalta specificità è l’area mediale dellaregione posteriore, le fratture costalianteriori sono più frequentemente daabuso, le laterali più frequentemente dacausa accidentale. Altre sedi fortementesospette sono: fratture dell’estremitàlaterale della clavicola e dell’acromiondella scapola, fratture dei processi spino-si vertebrali nel tratto cervico-toracico(causate da flessione-estensione associa-te a scuotimento). Un altro dato utile perla diagnosi differenziale che emergechiaramente da molteplici studi è che lapresenza di fratture multiple è fortemen-te associata ad abuso. Fratture ripetutevengono di solito interpretate comeespressione di particolare vivacità delbambino o come sospetta fragilità osseada patologie ossee malformative o meta-boliche tipiche dell’età: prematurità,malattie metaboliche, malattie croniche

con associato rachitismo, e in particolareosteogenesi imperfetta. Questa è unamalattia congenita autosomica dominan-te, rara, con una prevalenza di 1:30.000(molto inferiore a quella del maltratta-mento), che si manifesta con fragilitàossea e, sintomi associati, sclere blu, las-sità legamentosa, osteopenia, ossa wor-miane, dentinogenesi imperfetta, bassastatura, sordità, storia familiare. Per -tanto, in assenza di grandi traumi, la dia-gnosi differenziale di fratture multiple vafatta con queste condizioni. Va sottoli-neato che molte delle fratture causate damaltrattamento non provocano sintomiimportanti, per cui possono non esserediagnosticate. Complessivamente si sti -ma che un terzo dei bambini maltrattatipresenti fratture, molte delle quali sonoocculte, soprattutto in bambini che noncamminano; pertanto i bambini di etàinferiore ai 2 anni in cui si sospetti unmaltrattamento fisico devono essere sot-toposti a una completa indagine radiolo-gica (sorveglianza scheletrica) per iden-tificare, o escludere, la presenza di frat-ture occulte in atto o guarite. Questaindagine va condotta secondo standarddefiniti e consta di 19 immagini radio-grafiche. Dai 2 ai 5 anni la decisione dieffettuare la sorveglianza dev’esserevalutata di volta in volta sulla base del-l’anamnesi e dei segni clinici, mentre hapoco valore nei bambini di età superiorea 5 anni.

Shaken Baby SyndromeIl termine corrente per definire questoquadro clinico è trauma cranico da a bu -so. È la più frequente causa di morte permaltrattamento; i bambini più a rischiosono quelli di età < 1 anno.Il trauma cranico è causato dal violentoscuotimento del bambino che determinala dislocazione del cervello rispetto alladura madre, esitando in lesioni di entitàvariabile al parenchima cerebrale, constiramento e lacerazione di assoni e divasi, e conseguenti emorragie intracrani-che. Anche gli occhi vengono fortementesollecitati dallo scuotimento, le ripetuteforze di accelerazione-decelerazionedeterminano emorragie retiniche di variaentità, riscontrabili all’incirca nell’85%dei casi.I segni classici della Shaken Baby Syn -drome sono: ematoma subdurale edemorragie retiniche, spesso associati a

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tipiche fratture costali e metafisarie delleossa lunghe, in assenza di una spiegazio-ne plausibile della dinamica causale. Isintomi variano in funzione della gravitàdelle lesioni cerebrali: sonnolenza, rifiu-to del cibo, irritabilità, pianto, vomito,convulsioni, apnea, alterazioni dellostato di coscienza, fino al coma e allamorte. Si stima che dei bambini vittimeun terzo muore, un terzo presenta dannipermanenti, un terzo vive con pochi onessun esito (fisico). Le conseguenze a lungo termine possonoessere varie: paralisi cerebrale, disabilitàfisica, disturbi della vista/cecità, sordità,difetto cognitivo, disturbi del linguaggio,dell’apprendimento e del comportamen-to. La gravità del quadro clinico, inclusigli esiti a distanza, sottolineano l’impor-tanza del ruolo del pediatra, sia nelsospettare che, soprattutto, nel prevenireil fenomeno (è noto che più del 50% deibambini che hanno subito un trauma cra-nico da abuso erano stati visitati dalpediatra nel mese precedente senza chel’abuso fosse sospettato), argomento cheesula dagli obiettivi di questo articolo.

Conclusioni Il maltrattamento è un fenomeno fre-quente, che tipicamente tende a esseremascherato e le sue conseguenze sonogravi. Recenti ricerche delle neuroscien-ze evidenziano dannose implicazioni alivello neurologico e alterazioni sullosviluppo cerebrale; evidenze cliniche ericerche svolte in tutto il mondo hannodimostrato conseguenze a breve, medio elungo termine. I bambini vittime di mal-trattamento hanno un’alta probabilità disviluppare una varietà di problemi men-tali e comportamentali (ritardo mentale,ansia, depressione, disturbi relazionali,disturbi della condotta, aggressività) e ildanno causato è tanto maggiore quantopiù il fenomeno resta sommerso perchénon riconosciuto, con la conseguenzache l’abuso viene ripetuto nel tempo e

l’intervento di protezione del bambino èritardato o eluso. Alla luce dei dati epi-demiologici e delle conseguenze a lungotermine che il maltrattamento determinasulla salute dei bambini è necessaria unariflessione relativa al ruolo del pediatra. Ipediatri sono osservatori privilegiati, conun’alta probabilità di incontrare bambinimaltrattati nella pratica professionale;nonostante ciò l’attenzione del mondopediatrico è carente. Non riconoscere enon segnalare un caso di sospetto abusoè una grande responsabilità. Sebbenenessuna lesione, isolatamente, permettadi fare diagnosi di abuso, non sospettarela causa abusiva di una lesione può farperdere al bambino l’unica possibilità diessere riconosciuto come vittima e pro-tetto, con il rischio di ulteriori aggressio-ni, che potrebbero anche essere fatali, edi conseguenze gravi sullo sviluppo fisi-co e psicologico. Valutare se una lesioneè spiegabile con un incidente o una con-dizione organica, o se invece dev’essereconsiderato un meccanismo non acciden-tale, è compito specifico del pediatra.Accertare il maltrattamento è di compe-tenza della magistratura. Individuare ibambini vittime di maltrattamento è undovere morale e di competenza profes-sionale, prima che obbligo di legge. È ilprimo passo indispensabile per la messain atto di interventi di protezione e direcupero del bambino e della famiglia. u

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Per corrispondenza:Stefania Manettie-mail: [email protected]

La filastrocca di Giampiero, Sofia e Do -na to racconta una cosa ben conosciutadai bambini: gli adulti sono dei giganti! I piccoli ci guardano dal basso e impara-no tut to da noi adulti. Imitano qualsiasicosa noi ‘grandi’ facciamo: è il mestieredel bambino quello di imparare dai piùgrandi. Un bambino o bambina di pochi mesihanno la possibilità di imparare a parlare,ad aver fiducia e a voler bene al propriogenitore perché le loro capacità, a questatenerissima età, permettono questi ap -pren dimenti. A 3 anni invece potrannoiniziare a imparare le regole di casa chepapà e mamma con pazienza ripeterannochissà quante volte; a questa età riesconoa dialogare e iniziano a capire quello cheè possibile fare e le azioni che possonoessere rischiose. Un bambino o bambinadi 6 anni inizieranno ad assumersi qual-che responsabilità o qualche impegno,co me partecipare a uno sport che richie-de disciplina, o regole da condividerecon altri bambini. In questi momenti dicrescita i bambini fanno esperienza eimparano dai grandi: genitori, educatori,insegnanti, allenatori. Cosa possiamo fare noi genitoriper favorire la miglior crescita deinostri bimbi e per sostenere il loroapprendimento? Quanto ai bambini di pochi mesi, sappia-mo che il modo migliore per aiutare illoro sviluppo è accoglierli, spesso inbraccio, parlare loro, accarezzarli, guar-dandoli negli occhi; in un mondo digiganti sconosciuti, questo nostro com-portamento crescerà in loro la capacità diaffidarsi con sicurezza al genitore.Rivolgendosi a lui o lei con le parole eleggendo libri adatti a partire dai 6 mesi,tenendolo o tenendola in braccio, oltreche costruire una buona relazione, stimo-liamo le sue competenze di linguaggio.Quando inizierà a gattonare o a muoverei primi passi dovremo riconoscere qualisono i pericoli presenti nella nostra casaa misura di ‘giganti’ ma non di bimbopiccolo. Fino a 3 anni i bambini non sonoin grado di capire i rischi o pericoli del-l’ambiente domestico, nemmeno se noi

Un genitore positivoCostantino Panza*, Antonella Brunelli**, Stefania Manetti*** *Pediatra di famiglia, Sant’Ilario d’Enza (RE); **Direttore del Distretto ASL, Cesena (FC)***Pediatra di famiglia, Piano di Sorrento (NA)

Cosa non fareTalvolta un genitore, soprattutto se sottostress, può agire in un modo impulsivosgridando o urlando, oppure ricorrendo auna punizione fisica, per esempio in casodi un comportamento non voluto comeuna disobbedienza o quando il bimbo simette in una situazione di pericolo,oppure se piange ininterrottamente. Perpunizione fisica s’intende colpire il bam-bino con la mano o con un oggetto (unbastone, una cintura, una frusta, unascarpa ecc.), dare calci, scossoni, spinto-ni al bambino, oppure graffiarlo, pizzi-carlo, morderlo, tirargli i capelli; obbli-gare il bambino a restare in posizioniscomode, provocargli bruciature o sfre-giarlo. La punizione psicologica, la violenzaverbale, oppure denigrare, isolare o igno-rare il bambino vengono consideratipunizioni umilianti o degradanti.Cosa si può fareSe siamo in un momento di forte stress orabbia a causa di un problema economi-co, una difficoltà finanziaria, la perditadel posto di lavoro o una frustrazionelavorativa, un conflitto con il partner dicui non riusciamo a vedere una soluzio-ne, oppure l’altro genitore utilizza puni-zioni corporali o se siamo convinti chel’utilizzo della punizione fisica sia cor-retto perché così è stata la nostra educa-zione, è importante parlare di questo conil pediatra. Insieme valuterete la situazio-ne per comprendere quale comportamen-to tenere e come sia possibile modificareil proprio modo di agire per favorire lamiglior crescita del bambino. Se un bambino viene punito duramente sisente non amato o non desiderato e noigenitori perdiamo il nostro obiettivo dicrescere un bambino nel rispetto, nellanon violenza, nella fiducia e nella sicu-rezza di sé. Parlare con il pediatra del no -stro stile educativo è un momento impor-tante del nostro essere genitori. u

spieghiamo tante e tante volte quello chenon devono o non possono fare. Sta a noiadulti fare in modo che la casa sia unambiente sicuro e privo di pericoli, per-ché a questa età è naturale e salutarevolere esplorare e toccare tutto. Tocca a noi genitori attrezzarci di tantapazienza, tenere sotto vigile controllonostro figlio, nostra figlia, allontanando-li dai pericoli e spiegando sempre a lui oa lei perché lo facciamo. Un buon geni-tore riconosce le capacità e le possibilitàche il proprio figlio ha raggiunto e quin-di fornisce spiegazioni che il bambinopuò comprendere, offre incoraggiamentiper nuovi modi di fare, mostrando con ilsuo comportamento da ‘gigante’ quelloche il bambino o la bambina potrebberofare, facendo provare e riprovare infinitevolte, senza mai perdere la pazienza. Papà e mamma possono riconoscere ilmomento in cui è giusto porre dei limiti,cioè fornire dei “no”, limitando quelloche il bambino o la bambina possonofare con sicurezza e libertà e quello cheinvece non è consentito loro fare. Questelimitazioni non sono dei divieti motivatida un volere punitivo, ma sono una provadi amore e rispetto verso il proprio figlioo figlia. Il papà e la mamma, riconoscendo lecapacità e le abilità raggiunte dal bambi-no, capiscono quello che può fare da soloo aiutato da un adulto, e quello che non èin grado di fare autonomamente. Le punizioniQualche volta, raramente, per i bambinipiù grandi potrebbero essere necessariedelle punizioni. Per punizioni intendiamo una limitazio-ne della libertà del bambino o della bam-bina, qualcosa che prima questi potevanofare e che adesso noi abbiamo loro vieta-to o ridotto, per esempio il tempo da tra-scorrere davanti alla TV o ai videogiochi.La punizione, che necessita sempre diessere discussa e spiegata nelle sue moti-vazioni, non dev’essere percepita comeumiliante o degradante e, soprattutto,non riguarda mai l’affetto che noi genito-ri manifestiamo sempre a nostro figlio onostra figlia.

«Oggi al paese di nome Armoniaè nato Giampiero, è nata Sofiaed è un giorno assai fortunatoperché è nato, con loro, Donato.… Non sanno parlare, né camminare,ad occhi attenti sanno osservarenell’aria sporca, nel fumo nerosanno capire, con sguardo severo,chi si ritiene molto importante perché dal basso sembra un gigante…».

B. Tudino, Io Rispetto, Unicef

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Per corrispondenza:Maria Francesca Siracusanoe-mail: [email protected]

Comunicazioni orali degli specializzandial Convegno di Tabiano 2014

Trial clinico: trattamento con propranololo di 63 pazienti con emangioma infantileG. Stringari, G. Barbato, M. Zanzucchi, M. Marchesi, G. Cerasoli,A. Gritti, N. CaranoAO Universitaria di ParmaIntroduzione Gli emangiomi infantili (IH) sono le neoplasie beni-gne più comuni dell’infanzia, caratterizzate da una fase proliferati-va nel primo anno di vita e da una fase di involuzione spontanea (7-10 anni). L’incidenza varia dal 2,6% al 4,5% [1]. Fattori dirischio riconosciuti: sesso femminile, prematurità, età materna ele-vata, gemellarità. Nell’eziologia è riconosciuto un coinvolgimentodella proliferazione delle cellule endoteliali. Generalmente gli IHcompaiono nelle prime settimane di vita come lesioni superficiali,pro fon de o miste, più frequentemente localizzate a volto, collo,testa, tronco, estremità e perineo. La diagnosi è clinica e basata su anamnesi e caratteristiche della lesione. Nei casi dubbi sono utili l’osservazione clinica nel tempo o la valutazione ecografica.La terapia è indicata per prevenire o arrestare le complicanze, pre-venire cicatrici o esiti perenni che possono incidere sull’aspettoestetico. Scopo dello studio Scopo dello studio è stato quello di verificare lasicurezza del propranololo nel trattamento degli IH e di istituire unpercorso diagnostico-terapeutico adeguato al trattamento di questipazienti. Materiali e metodi Tra dicembre 2009 e gennaio 2014 sono statiarruolati 63 bambini, 43 femmine e 20 maschi, con diagnosi di IH,per i quali è stata posta indicazione al trattamento farmacologicocon propranololo. In 3 pazienti non è stato espresso il consensoall’inizio della terapia, 4 pazienti sono stati esclusi dal trial (3 perinterruzione precoce del trattamento, 1 per scarsa compliance); 13pazienti erano prematuri con un’età gestazionale compresa tra 31 e37 settimane. L’età media di insorgenza degli IH era di 9,7 giorni.Per tutti è stato ottenuto il consenso informato al trattamento eall’acquisizione di fotografie; sono state inoltre fornite istruzioni aigenitori per la gestione della terapia a domicilio. L’indicazione altrattamento è stata posta sulla base delle Linee Guida dell’AAD [2].Il protocollo terapeutico prevede un breve ricovero (tre giorni e duenotti); tutti i pazienti sono stati sottoposti a valutazione clinicagenerale, elettrocardiogramma (ECG) ed eventuale ecocardiogra-fia. La valutazione ecografica dell’emangioma è stata eseguita soloper lesioni profonde o miste con significativa componente profon-da. I valori di frequenza cardiaca (FC) e di pressione arteriosa (PA)sono stati registrati prima della somministrazione di ciascuna dosedi propranololo e due ore dopo la stessa. Lo schema posologicoprevede la somministrazione di 1 mg/kg/die in 3 dosi per le prime24 ore, quindi 2 mg/kg/die in 3 dosi in seconda giornata; a distan-za di quattro-sette giorni, in caso di buona tolleranza alla terapia, ildosaggio viene incrementato a 3 mg/kg/die in 3 somministrazioni.Il follow-up è stato effettuato mensilmente con misurazione dellaFC, PA, acquisizione della documentazione fotografica ed eventua-le adeguamento del dosaggio del farmaco al peso del paziente [3].L’efficacia terapeutica è stata valutata utilizzando una scala analo-

gico-visiva (VAS), già utilizzata in altri studi pubblicati in lettera-tura (0: assenza di qualsiasi segno di lesione visibile a livello cuta-neo o mucosale, 10: peggiore condizione riscontrata) [4]. Risultati Dei 56 pazienti trattati, 51 hanno terminato la terapia.L’età media di inizio è stata di 6,7 mesi, quella di fine 15,3 mesi; ladurata media della terapia è stata di 8,2 mesi; la mediana dei pun-teggi VAS è stata di 7,5; 5; 4; 3; 3, rispettivamente al 1°, 2°, 3°, 6° mese e fine terapia. Confrontando i punteggi VAS riscontrati èstato evidenziato un miglioramento statisticamente significativo (p < 0,001), soprattutto nei primi due mesi di terapia. Dei 51pazienti che hanno terminato il trattamento, 2 non hanno rispostoalla terapia, 7 hanno presentato un miglioramento inferiore al 50%,42 hanno avuto una buona risposta alla terapia con riduzione mag-giore del 50%; 8 pazienti hanno presentato recidiva e sono stati sot-toposti a secondo ciclo di terapia con risultati sovrapponibili a quel-li ottenuti dal primo ciclo terapeutico; 5 sono tuttora in terapia, 1 èun caso di recidiva, per 4 si tratta del primo ciclo terapeutico (etàmedia di inizio della terapia 3,3 mesi), tutti stanno rispondendo allaterapia. Nessuno dei pazienti trattati ha presentato bradicardia, in11 di loro sono stati riscontrati valori pressori inferiori alla normaper l’età (riscontro occasionale in pazienti asintomatici), 2 pazientihanno presentato ipoglicemia (< 50 mg/dl) in corso di gastroenteri-te virale intercorrente (somministrati liquidi zuccherati per os esospesa temporaneamente terapia) [5]. Quattro pazienti hanno pre-sentato disturbi del sonno (non è stato necessario interrompere laterapia); 11 hanno interrotto temporaneamente la terapia a scopoprecauzionale in corso di bronchiolite o di flogosi delle alte vieaeree con componente broncostruttiva; 1 paziente ha presentatoalopecia transitoria.Discussione L’efficacia del trattamento con propranololo è stataattestata sul 96% dei pazienti trattati: tale risultato è in linea conquanto segnalato in letteratura [6]. I dati del nostro studio confer-mano l’indicazione a trattare gli IH in fase proliferativa nei primimesi di vita (< 6 mesi). Risultati minori e incompleti si riscontranoin IH già in fase involutiva. Il trattamento è necessario per tutta ladurata della fase proliferativa (entro i 18 mesi di età). Conclusioni I dati raccolti, in accordo con la letteratura, conferma-no l’efficacia del propranololo nel ridurre le dimensioni degli IH econfermano la sicurezza di tale trattamento (prima scelta nella tera-pia degli IH). Il meccanismo d’azione è legato a: vasocostrizione,effetto anti-angiogenico, ruolo pro-apoptotico sulle cellule endote-liali. La terapia con propranololo è sicura; se il dosaggio vieneincrementato progressivamente non si riscontrano bradicardia oipotensione sintomatica. L’ipoglicemia va prevenuta evitando ildigiuno prolungato o sospendendo brevemente la terapia in caso dipatologie intercorrenti che limitino l’alimentazione. In corso di flo-gosi delle alte vie aeree con componente ostruttiva è da considera-re una temporanea sospensione della terapia.Bibliografia[1] Bruckner AL, Frieden IJ. Hemangioma of infancy. J Am Acad Dermatol2003;48(4):477-93.[2] Frieden IJ, Eichenfield LF, Esterly NB, et al. Guidelines of care for hemangiomas ofinfancy. American Academy of Dermatology Guidelines/Outcomes. J Am Acad Dermatol1997;37(4):631-7.

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[3] Drolet BA, Frommelt PC, Chamblin SL, et al. Initiation and use of propranolol forinfantile hemangioma: report of a consensus conference. Pediatrics 2013;131(1):128-40.doi: 10.1542/peds.2012-1691.[4] Zvulunov A, McCuaig C, Frieden IJ, et al. Oral propranolol therapy for infantile heman-giomas beyond the proliferation phase: a multicenter retrospective study. Pediatr Dermatol2011;28(2):94-8. doi: 10.1111/j.1525-1470.2010.01379.x.[5] Kent AL, Kecskes Z, Shadbolt B, Falk MC. Blood pressure in the first year of life inhealty infants born at term. Pediatr Nephrol 2007;22(10):1743-9.[6] Marqueling AL, Oza V, Frieden IJ, Puttgen KB. Propranolol and infantile hemangiomasfour years later: a sistematic review. Pediatr Dermatol 2013;30(2):182-91. doi:10.1111/pde.12089.

Occhio non vede… cuore non duoleA. Giacometti*, A.M. Cangelosi*, F. Viaroli*, C. Madia*, V. Allegri**,B. Tchana**, N. Carano**, A. Agnetti***Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi diParma; **UO di Cardiologia Pediatrica, Clinica Pediatrica, AOUniversitaria di ParmaUn ragazzo di 20 anni giungeva alla nostra attenzione inviato dalCollega dell’ambulatorio cardiologico dell’adulto, ove si era recatosu indicazione del medico del lavoro per riscontro di soffio cardia-co. A una prima ecocardiografia venivano descritti una camera ven-tricolare posta a sinistra senza evidenza della continuità del tratto diefflusso, una camera ventricolare posta a destra ricevente un vasoarterioso in posizione anomala e un modesto rigurgito della valvo-la atrio-ventricolare posta a sinistra. All’elettrocardiogramma(ECG) eseguito nella medesima occasione si segnalavano bloccoAV di 1° grado, blocco di branca sinistro incompleto, presenza dionde Q in V1 e V2 e assenza di onde Q in V5 e V6. Veniva pertan-to inviato all’attenzione dei cardiologi pediatri per approfondimen-ti in merito a sospetta cardiopatia congenita. Presso l’ambulatoriocardiologico pediatrico il ragazzo si presentava asintomatico, inbuone condizioni generali. Non riferiva segni e sintomi suggestividi patologia cardiovascolare. Riferiva una normale tolleranza allosforzo fisico. Anamnesi patologica remota e anamnesi familiareriferite mute per patologie degne di nota. All’esame obiettivo si evi-denziava soltanto un soffio sistolico 2/VI in parasternale sinistramedio-bassa. La restante obiettività clinica era nella norma.All’ECG: “Discordanza atrio-ventricolare e ventricolo-arteriosa. Adestra presenza di valvola AV tipo mitrale a impianto alto, connes-sa con ventricolo morfologicamente sinistro, a sua volta connessocon arteria polmonare. A sinistra presenza di valvola AV tipo tricu-spide, con insufficienza di grado moderato, connessa con ventrico-lo morfologicamente destro, connesso a sua volta con aorta, postaanteriormente e a sinistra rispetto all’arteria polmonare. Atrio sini-stro ingrandito. Ventricolo morfologicamente dx (sistemico) iper-trofico e trabecolato”. Veniva quindi posta diagnosi di trasposizio-ne congenitamente corretta dei grossi vasi (L-TGA), associata ainsufficienza di grado moderato della valvola tricuspide posta asinistra. È stato inoltre eseguito Rx torace che ha evidenziato unpeduncolo vascolare sottile. A completamento diagnostico si consi-gliava ECG dinamico delle 24 ore. Il paziente veniva posto in tera-pia con vasodilatatori sistemici (ACE inibitori).Discussione La L-TGA rappresenta meno dell’1% di tutte le car-diopatie congenite. Accanto alla discordanza atrio-ventricolare eventricolo-arteriosa nella maggior parte dei casi sono evidenziabilidifetti associati: in ordine di frequenza ritroviamo ampi DIV (80%),stenosi polmonare valvolare e/o subvalvolare (50%), insufficienzatricuspidale, disturbi della conduzione AV fino al blocco AV com-pleto e tachiaritmie sopraventricolari. I sintomi, i reperti obiettivi,l’evoluzione naturale e il trattamento dipendono quindi dalla seve-rità e dalla natura dei difetti associati. I pazienti con L-TGA isolatapossono essere asintomatici fino all’età adulta. Tra i soggetti condifetti associati, circa il 30% sviluppa una progressiva insufficienza

tricuspidale e dal 10% al 55% va incontro a blocco AV completo. Laterapia medica ha lo scopo di prevenire e trattare l’eventuale scom-penso cardiaco e le tachiaritmie sopraventricolari. Inoltre vie ne con-sigliata la profilassi dell’endocardite batterica. La terapia chirurgicasi rende necessaria quando si sviluppa scompenso cardiaco intratta-bile per progressiva disfunzione del ventricolo sinistro (morfologi-camente destro). Esistono due possibilità correttive: il double swit-ch, che consiste nell’invertire i ritorni venosi e la posizione dei gros-si vasi arteriosi (procedura ad alto rischio) e il trapianto cardiaco(considerato nella maggioranza dei casi di prima scelta). Nei casi diblocco AV completo è indicato l’impianto di pacemaker. Il follow-up prevede controlli clinici e strumentali ogni sei-otto mesi. Il casoclinico preso in esame pone l’attenzione su come questa cardiopatiacongenita così complessa sia rimasta silente per anni e sia stata dia-gnosticata occasionalmente solo in età adulta.

Un bernoccolo all’improvviso S. Lega*, M. Rabusin***Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi diTrieste; **SC di Oncoematologia Pediatrica, IRCCS “BurloGarofolo”, Trieste Una bambina di 5 anni viene inviata a visita presso il Servizio diOncoematologia Pediatrica per la comparsa improvvisa di unatumefazione non dolente e a rapida crescita in regione pretibialesinistra. Non c’è storia di trauma maggiore. La bambina è per ilresto in buone condizioni generali e non vengono riferiti sintomi diaccompagnamento. All’esame obiettivo è evidente una tumefazio-ne di circa 3 cm di diametro in regione pretibiale, di consistenzadura, non dolorabile alla palpazione. La cute sovrastante è norma-le. Emocromo e indici di flogosi sono normali. L’ecografia vedeuna lesione ovalare ipoecogena ma non è dirimente nel definire lanatura della massa; viene pertanto eseguita una risonanza magneti-ca nucleare (RMN) della gamba che descrive una massa sottocuta-nea, ben delimitata rispetto ai piani circostanti e, a sorpresa, un’a-rea midollare iperintensa riferibile a edema midollare in corrispon-denza della lesione. La massa viene asportata chirurgicamente e l’e-same istopatologico pone diagnosi di Granuloma Annulare Sot to -cutaneo (GAS). Il GAS è una lesione infiammatoria benigna e auto-limitantesi, con analogie di decorso e istologia con il granuloma an -nulare superficiale. La localizzazione pretibiale è tipica, così comeè tipica l’insorgenza in età prescolare. L’evoluzione è sempre versola risoluzione spontanea, anche se in tempi lunghi, e la ricorrenza èpossibile, anche in sedi diverse da quella primitiva. La comparsaimprovvisa della tumefazione e la rapida crescita possono porre,come nel nostro caso, il problema della diagnosi differenziale con itumori maligni possibili a questa età (rabdomiosarcoma, neurobla-stoma) ma l’assenza di segni di malattia sistemica e il riconosci-mento delle tipicità del GAS (età e sede) orientano fortemente nelladiagnosi. L’origine del GAS non è nota; tra le possibili ipotesi trovaspazio quella del trauma, lieve e protratto, che funzionerebbe dainnesco per la risposta infiammatoria locale. Nel nostro caso, a po -steriori, i genitori ci hanno raccontato che la bimba aveva da pocoricevuto un triciclo e che spingendosi in avanti e puntando i piedi aterra sbatteva continuamente le gambe contro i pedali. Questo dato,anche se non può avere con certezza un nesso con la comparsa delGAS (e d’altra parte non poteva nemmeno far escludere la mali-gnità), ha potuto spiegare il reperto midollare alla RMN. Bibliografia di riferimentoCancado CG, Vale FR, Bacchi CE. Subcutaneous (deep) granuloma annulare in children: apossible mimicker of epithelioid sarcoma. Fetal Pediatr Pathol 2007;26(1):33-9.Grogg KL, Nascimento AG. Subcutaneous granuloma annulare in childhood: clinicopatho-logic features in 34 cases. Pediatrics 2001;107(3):E42.

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Una varicella con finale a sorpresaS. Mazzoni*, V. Mandese*, C. Cattelani*, P. Paolucci*°, L. Iughetti*°*Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università di Modena eReggio Emilia; °UO di Pediatria, Azienda OspedalieraUniversitaria, Policlinico, ModenaXY, 3 anni e mezzo, presentava da due giorni febbre fino a 39 °C,associata a esantema varicelliforme, trattato con paracetamolo eantistaminico, e da un giorno tumefazione occipitale dx, iperemicae dolente, in corrispondenza di una lesione da grattamento. Portatoin Pronto Soccorso (PS), il bambino aveva parametri vitali nellanorma, discrete condizioni generali, febbre. All’esame obiettivo sievidenziavano croste e vescicole diffuse, tumefazione iperemica edolente in sede occipitale dx, associata a edema bilaterale del collocon intensa iperemia cutanea sovrastante, dolente alla palpazionelieve, deviazione del capo verso sx con linfadenopatia laterocervi-cale e retronucale. Gli esami ematici dimostravano neutrofilia rela-tiva, rialzo degli indici di flogosi (PCR 5,71 mg/dl), assetto coagu-lativo lievemente alterato. Al bambino, ricoverato, veniva sommi-nistrata terapia antibiotica (ceftriaxone) e antinfiammatoria (keto-rolac) ev, ma in seconda giornata si verificava un importante peg-gioramento del quadro locale e generale con iperpiressia e indici diflogosi in marcato aumento (PCR 19,11 mg/dl). Nel sospetto difascite necrotizzante, in accordo con i colleghi ORL e l’infettivolo-go, si modificava la terapia ev con clindamicina, ampicillina + sul-bactam e aciclovir e si eseguiva tomografia computerizzata (TC) alcollo con m.d.c., che evidenziava ispessimento e scollamento dellefasce cervicali superficiale e prevertebrale dal lato di dx nelle loggeposteriori del collo, confermando il sospetto clinico. Si procedevaquindi a intervento chirurgico immediato di cervicotomia bilatera-le e a debridment chirurgico. L’analisi istologica mostrava linfono-di reattivi compatibili con infezione da varicella, mentre quellamicrobiologica era negativa. La terapia antibiotica combinata veniva protratta fino a cinque gior-ni dopo negativizzazione degli indici di flogosi, per un totale didiciassette giorni. I controlli ORL seriati riscontravano regolareevoluzione della ferita chirurgica. Si dimetteva XY dopo diciottogiorni di degenza in buone condizioni generali. La fascite necrotiz-zante è una patologia grave e, se non trattata, rapidamente fatale,caratterizzata da necrosi dei tessuti molli, delle fasce e della cutesovrastante, che può portare a insufficienza multiorgano con shocksettico (0,4-0,5 casi su 100.000, mortalità del 20-34%). Gene -ralmente si verifica in seguito a inoculo di un batterio attraversosoluzioni di continuo della cute, determinando infezione profonda,edema, occlusione vascolare e necrosi. Si distinguono due forme:TIPO 1, secondaria a infezioni polimicrobiche da aerobi e anaero-bi, e TIPO 2, secondaria a un’infezione da SBEGA (10% dei casi).La sua incidenza in pazienti affetti da varicella è rara. Clinicamenteè caratterizzata da: febbre alta persistente, edema, eritema, doloresproporzionato a livello locale, pseudoparalisi e, nelle forme piùgravi, letargia, aspetto settico, ipotensione e tachicardia. La dia-gnosi è soprattutto clinica ed è generalmente tardiva, in quanto ini-zialmente i sintomi cutanei sono sfumati. Gli esami di laboratorioevidenziano leucocitosi, acidosi metabolica, iperglicemia e incre-mento della creatinina, nelle forme avanzate. L’imaging può esseredi supporto e deve essere eseguito a conferma diagnostica, senzaperò comportare un ritardo nell’iter terapeutico. È importante ini-ziare tempestivamente una terapia antibiotica empirica a largo spet-tro, associata a debridment chirurgico per impedire la necrosimuscolare. La terapia deve essere proseguita fino alla scomparsadei segni di infiammazione (generalmente quattordici giorni). Nelleforme di tipo 2, soprattutto nei pazienti più piccoli, può essere utile

la somministrazione di immunoglobuline ev. È stata riscontrataun’associazione tra fascite necrotizzante e assunzione di FANS incorso di varicella, forse legata al meccanismo di riduzione dellachemiotassi dei granulociti o al ritardo di diagnosi per attenuazionedei sintomi da parte del farmaco. La fascite dev’essere sempresospettata in pazienti con varicella che presentano dolore spropor-zionato alla lesione cutanea, febbre persistente e scadimento dellecondizioni generali.

Quando la ferritina è troppaF. Savina*, T. Fedeli**, G.M. Ferrari***, C. Barboni***, F. Del -l’Acqua***, M. Aricò°, P. Con falonieri°°, R.M. Gaini°°°, A. Sala�,C. Rizzari�*Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi diParma; **UO di Neonatologia e Terapia Intensiva NeonataleFMBBM, Monza; ***Scuola di Specializzazione in Pediatria,Università degli Studi di Milano-Bicocca, Monza; °Istituto ToscanoTumori, Firenze; °°UO di Chirurgia Maxillo-Facciale, AO “SanGerardo”, Monza; °°°UO di Otorinolaringoiatria, AO “SanGerardo”, Monza; � UO di Ematologia Pediatrica, FondazioneMBBM, Ospedale “San Gerardo”, MonzaCase report Riportiamo il caso di N.E. che all’età di 23 giorni veni-va ricoverata presso un altro Centro per febbre persistente, diffi-coltà alla suzione, calo ponderale e distensione addominale.Nonostante la terapia antibiotica in atto si assisteva a un progressi-vo peggioramento delle condizioni cliniche e, a 42 giorni, la bam-bina presentava incremento della distensione addominale, iperpi-ressia ed epatopatia. Indagini microbiologiche e sierologiche sem-pre negative. La positività per Klebsiella pneumoniae all’urinocol-tura induceva a modificare il trattamento in 45ª giornata con metro-nidazolo + meropenem. In 50ª giornata compariva pancitopeniarapidamente progressiva (Hb 8,9 g/dl, GB 6110/mm3, conN=917/mm3, PLT 10.000/mm3). Contestualmente si assisteva a unulteriore rapido peggioramento delle condizioni cliniche, associatoa peggioramento degli indici di funzionalità epatica, ipoalbumine-mia (2,2 g/dl), ipertrigliceridemia (300 mg/dl) e a una gravissimaalterazione dell’assetto coagulativo (APTT 95, PT 131 sec, fibrino-geno 0 mg/dl). Nel sospetto di malattia emolinfoproliferativa, la lat-tante all’età di 51 giorni veniva trasferita presso l’Ospedale diMonza dove, vista l’età, veniva contestualmente presa in carico daimedici della TIN e dell’Ematologia Pediatrica. All’ingresso la pic-cola appariva cachettica, in condizioni generali critiche. Presentavaepatosplenomegalia all’OT e ascite. Necessitava di supporto venti-latorio e nutrizionale. Nel sospetto di sindrome da attivazionemacrofagica veniva effettuato dosaggio della ferritina, risultata81.602 ng/ml. L’aspirato midollare mostrava assenza di megacario-citi ma non ulteriori rilievi patologici. Veniva subito intrapresa tera-pia con desametasone (10 mg/m2/die) ed etoposide (150 mg/m2/sett).Veniva effettuata indagine genetica, i cui risultati successivamenteavrebbero permesso di confermare definitivamente la diagnosi dilinfoistiocitosi emofagocitica familiare (HLH), sottotipo 5, da defi-cit di STXBP2. Il trattamento risultava efficace, con progressiva riduzione dell’or-ganomegalia, della pancitopenia e della febbre, sospensione delsupporto trasfusionale e riduzione della ferritina. Il quadro si com-plicava però a 61 giorni per comparsa di lesione necrotica destruen-te facciale da Aspergillus flavus, associata ad addensamento pol-monare, che venivano trattati con amfotericina B liposomiale ev adalte dosi e due interventi di courettage chirurgico al volto. A 82giorni si assisteva a ripresa di febbre e ricomparsa di pancitopeniain corso di terapia; veniva pertanto intrapreso trattamento con desa-

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metasone (20 mg/m2/die) e siero antilinfocitario di coniglio(rATG,5 mg/kg/die) per cinque giorni, con nuovo miglioramentodelle condizioni cliniche. Dopo due settimane dal termine del trat-tamento si assisteva a nuova ricomparsa di febbre, opistotono mar-cato e incremento del fabbisogno trasfusionale. Persistevano la pol-monite e la lesione necrotica facciale da Aspergillus flavus, conschisi palatale e impossibilità all’alimentazione. Nonostante tutti iprovvedimenti attuati si assisteva all’exitus della paziente per pro-gressione della malattia all’età di 4 mesi e mezzo. L’ultimo valoredi ferritina disponibile era 620.486 ng/ml.Commento La HLH è una sindrome caratterizzata da disregolazio-ne della risposta immunitaria, con iperattivazione costituzionale dilinfociti T e macrofagi. Questa patologia presenta un’incidenza di1:50.000 nati. Si distingono forme primarie, su base familiare, eforme secondarie conseguenti a immunodeficienza, eventi infettivio neoplasie. Clinicamente possono comparire febbre, pancitopenia,citolisi epatica, ipertrigliceridemia, coagulopatia, associate ad alte-razioni neurologiche. La diagnosi si basa su criteri clinici e labora-toristici, spesso con alterazioni dei meccanismi immunologici cheregolano la risposta alle infezioni. Il trattamento iniziale consisteessenzialmente nella somministrazione di alte dosi di desametaso-ne e di farmaci immunosoppressivi, da intraprendersi assai preco-cemente, anche quando non sono completamente disponibili dati diconferma diagnostica. L’HLH è infatti spesso da considerarsi unavera e propria emergenza ematologica, vista l’alta mortalità inizia-le dovuta alla rapida progressione della malattia. Nel 60% dei casisi riscontrano figure di emofagocitosi all’aspirato midollare o inaltre sedi (SNC, milza, fegato, linfonodi). La conferma per le formefamiliari è data da una approfondita analisi genetica eseguibile incentri specializzati, mentre le forme secondarie che rispondono altrattamento immunosoppressivo, e non presentano alcuna riattiva-zione a distanza, possono guarire definitivamente nella maggiorparte dei casi. Le forme secondarie che non rispondono al tratta-mento iniziale (o che si riattivano a distanza di tempo) e le formefamiliari devono essere sottoposte, dopo la fase iniziale di immu-nosoppressione, a un trapianto di cellule staminali ematopoietichecon guarigione quantificabile in circa il 50-60% dei casi.

Una bambina di 8 mesi con febbre di lungadurata e vomitoElisa Panontin, Massimo MaschioClinica Pediatrica, IRCCS “Burlo-Garofolo”, TriesteKristina, lattante di 8 mesi, è giunta alla nostra attenzione per unafebbre di lunga durata. La sua storia era iniziata una settimanaprima con la comparsa di febbre elevata, associata a qualche scari-ca diarroica. A distanza di quattro giorni dall’esordio della febbre èstata diagnosticata un’infezione delle vie urinarie (con isolamentoall’urinocoltura di Escherichia coli con carica > 106) trattata conceftibutene senza però ottenere lo sfebbramento (ma nemmeno lanegativizzazione dell’esame urine) a distanza di 72 ore. È statadunque avviata una terapia antibiotica endovenosa con tobramici-na, antibiotico al quale il germe isolato risultava sensibile, connegativizzazione dell’urinocoltura ma persistenza della febbre. Perescludere la presenza di una complicanza (ascesso renale/nefritelobare) è stata eseguita una risonanza magnetica nucleare (RMN)dell’addome che è risultata completamente negativa. Nel frattempola bambina si manteneva in ottime condizioni generali ed era com-pletamente asintomatica. Gli esami ematici mostravano una leuco-citosi mista e una marcata elevazione della VES (120 mm/h) conPCR mossa. A questo punto ci si trovava di fronte a una lattante confebbre di lunga durata senza segno di localizzazione, per cui anda-

va dimenticata l’infezione delle vie urinarie e di conseguenza veni-va avviato l’iter diagnostico della febbre “Senza Altra Indicazione”(SAI). Nel frattempo però le condizioni generali della bambinapeggioravano: diventava progressivamente sempre più irritabile ecominciava a vomitare. Non aveva altri segni di ipertensione endo-cranica e nemmeno una fontanella bombée, ma il quadro clinico eramolto suggestivo di un’infezione endocranica (ascesso cerebrale?).Prima di eseguire la RMN dell’encefalo però è stata richiesta una“banale” radiografia del torace che di per sé è risultata essere dia-gnostica: Kristina ha una tubercolosi miliare, ed essendo entrata nelsecondo settenario di malattia potrebbe avere anche una localizza-zione cerebrale che spiegherebbe anche il vomito e lo scadimentodelle condizioni generali. La RMN dell’encefalo lo confermava:leptomeningite alla base e tubercoli non caseificati sparsi alla giun-zione tra sostanza bianca e sostanza grigia. Mentre venivano ese-guiti Mantoux e Quantiferon veniva avviata anche la terapia antitu-bercolare con quattro farmaci (isoniazide, rifampicina, pirazinami-de ed etambutolo) e da subito anche la terapia steroidea, come dalinee guida nella tubercolosi miliare con interessamento cerebrale.Nel frattempo Mantoux e Quantiferon sono risultati entrambi posi-tivi, ripetutamente negativa invece la ricerca diretta del bacillo diKoch (BK) su aspirato ipofaringeo e gastrico. La bambina ha origini serbe (entrambi i genitori) e dall’anamnesi èpoi emerso che vive con il nonno paterno che soffre di una tossecronica da sei mesi, con una radiografia che risulterà in un secondomomento positiva per la presenza di caverne multiple, e con unescreato positivo per BK. A distanza di due giorni dall’avvio dellaterapia la bambina non ha presentato più episodi di vomito e dopodieci giorni si è completamente sfebbrata.La tubercolosi non è più una malattia rara né “d’altri tempi” allenostre latitudini: con l’aumento in particolare dei flussi migratoridai Paesi in via di sviluppo e dei livelli di povertà, è una malattiache va pensata ed esclusa di fronte a una febbre non spiegata. Nellamaggior parte dei casi i bambini vengono infettati da un contattofamiliare. La forma miliare è più frequente nei bambini di età infe-riore ai 5 anni e il coinvolgimento del sistema nervoso centrale siha nel 20-40% dei casi. Tale localizzazione si complica spesso conidrocefalo e paralisi dei nervi cranici (dovuta all’organizzazionedell’essudato che tipicamente si localizza alla base cranica), arteri-te cerebrale ed epilessia. La forma disseminata dà un’anergia nellamaggior parte di casi quindi una Mantoux o un Quantiferon negati-vi non devono indurre l’abbandono del sospetto diagnostico. Laterapia delle forme disseminate con coinvolgimento cerebrale pre-vede quattro farmaci antitubercolari e la durata, maggiore rispettoalle altre forme, è di almeno nove-dodici mesi. Lo steroide riducemortalità e sequele neurologiche a lungo termine; lo schema piùusato prevede l’utilizzo del prednisone a 2 mg/kg diviso in due dosigiornaliere, a dose piena per quattro-sei settimane, seguito da unlento scalo. Questo caso è istruttivo perché ci ricorda di fare sem-pre le cose semplici all’inizio, come la radiografia del torace in unafebbre SAI che dura a lungo, anche con obiettività toracica negati-va. È istruttivo anche perché una febbre lunga con un vomito disospetta origine centrale in un bambino proveniente da una zona arischio deve obbligatoriamente far pensare a una TBC disseminatacon coinvolgimento del sistema nervoso centrale.Bibliografia di riferimentoBehrman RE, Kliegman RM, Stanton BF, et al. Nelson Textbook of Pediatrics, 19 Ed.Saunders, 2011.Cruz AT, Starke JR. Clinical manifestations of tuberculosis in children. Paediatr Respir Rev2007;8(2):107-17.NICE clinical guideline: Clinical diagnosis and management of tuberculosis, and measuresfor its prevention and control. March 2011.

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Disagio mentale Ogni giorno i pediatri incontrano semprepiù frequentemente nella storia dei loropazienti i segnali del disagio del viverecausati da problemi di salute mentale. Avolte clamorosi, più spesso mascheraticon sintomi di malessere fisico, essi sonoun problema globalmente diffuso, in de -ciso aumento e che non viene affrontatoadeguatamente dai sistemi sociali e sani-tari. La Word Health Organization(WHO) prevede che nel 2020 i problemidi salute mentale saranno ai primi postitra le prime cinque cause di morbilità,mortalità e disabilità [1-3].Anche in Italia è esperienza comune dioperatori sanitari ed educatori, partico-larmente negli ultimi anni, percepirel’aumento di frequenza dei problemi disalute mentale nei bambini e negli adole-scenti. A fronte di questi dati che interes-sano tutto il mondo e che potremmo defi-nire inquietanti non corrisponde un’ade-guata capacità di presa in carico da partedelle agenzie e dei servizi deputati allasalvaguardia della salute dell’infanzia edell’adolescenza. Negli USA risulta chesolo il 36% del totale e il 40-50% dei casi

gravi di bambini e adolescenti con pro-blemi di salute mentale vengono presi incura [4].In un numero sempre maggiore i proble-mi di salute mentale nell’infanzia e nel-l’adolescenza si presentano come crisipsichiatrica acuta, spesso cogliendo i di -par timenti di emergenza e i pediatri nonpreparati a un adeguato ed efficace inter-vento [5].

La crisi psichiatrica acutaÈ una condizione di malessere che com-porta un reale rischio per sé e per gli altrie che, a seconda della gravità con cui sipresenta, necessita di una presa in caricocon modalità e tempi definiti, interventiin emergenza o prese in carico in ur genza(tabella 1) [6].La situazione di emergenza è una rotturadell’equilibrio personale e sociale, conpericolo per l’integrità fisica e psichicacorrelato alle capacità della famiglia edell’ambiente (società, servizi sanitari)di gestire l’emergenza causata dal disa-gio e dalla sofferenza. Sono consideratecondizioni di emergenza quelle in cui ilpeggioramento della sintomatologia nonè gestibile al di fuori di un ambiente con-tenitivo e in cui il paziente mette arischio se stesso e gli altri o mostra com-portamenti distruttivi: più del 70% dellecrisi psichiatriche si presenta come unadi tali condizioni [5].

Le situazioni di urgenza sono un effetti-vo rischio per l’incolumità del pazientetali da rendere necessario un trattamentosanitario immediato in una struttura con adeguate competenze neuropsichia-triche.

I problemi di salute mentale e lasituazione attuale nei Dipartimentidi Emergenza pediatrica (DEp)L’incremento dei problemi di salutemen tale ha ovviamente investito le com-petenze del pediatra. Negli ultimi anni, intutti i Paesi del mondo, il ricorso al DEpper problemi di salute mentale è aumen-tato da 2 a 7 volte [7]. Uno studio multi-centrico realizzato in ospedali pediatriciUSA ha stimato che bambini e adole-scenti che si presentano per sintomi psi-chiatrici ai DEp rappresentano dallo 0,9al 9,3% di tutti gli accessi [8].Il dato di aumento di accessi ai DEplegati a problemi di salute mentale è pro-babilmente sottostimato se si tiene contoche, in frequenti occasioni, si presentanobambini o adolescenti con più o menovaghi sintomi di sofferenza somatica chein realtà sono (anche se spesso non rico-nosciute) manifestazioni psicosomatichelegate a depressione, stress post-trauma-tico, ideazione suicida, maltrattamentofisico e maltrattamento psicologico. InItalia la maggior parte dei ricoveri psi-chiatrici in adolescenza avviene perdisturbi della condotta, abuso di sostanzee alcol, gravi disturbi d’ansia e disturbidel comportamento alimentare [9].

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Per corrispondenza:Roberto Sangermanie-mail: [email protected]

mentale

Problemi di salute mentale nell’infanziae nell’adolescenza: criticità nella praticae nella modalità di interventoRoberto SangermaniUOC di Pediatria, AO “San Carlo Borromeo”, Milano

Rubrica a cura di Angelo Spataro

AbstractMental health problems in childhood and adolescence: critical issues in practiceand in intervention methodsEvery day paediatricians encounter in patients signs of discomforts due to mentalhealth problems. Services appointed to the safeguard of health are at the moment ina-dequate to address these problems. Paediatric visits during critical moments in child -hood and adolescence are important in order to recognize problems, treat them duringthe acute phase and facilitate transition to follow up care. The evidence of these cur-rent deficiencies in prevention and treatment of health problems should be seen as anoccasion to rethink and organize culturally and structurally the emergency care systemmaking it able to deal with these type of needs. Quaderni acp 2014; 21(5): 210-213

Ogni giorno i pediatri incontrano sempre più frequentemente nella storia dei loropazienti segnali di malessere legati a problemi di salute mentale. Attualmente i servi-zi deputati alla salvaguardia della salute dell’infanzia e dell’adolescenza sono inade-guati ad affrontare questi problemi. La visita pediatrica nei momenti di maggiore vul-nerabilità del bambino/adolescente è importante per riconoscere i problemi, trattarliin acuto e favorire la transizione alle cure successive. L’evidenza delle attuali caren-ze nella prevenzione e nella cura dei problemi di salute mentale dovrebbe essere occa-sione per riorganizzare il sistema di emergenza e per adeguarlo culturalmente e strut-turalmente ad affrontare questo tipo di problemi.

TABELLA 1: CLASSIFICAZIONE DI ROSEN(1984) E RIADATTATA DA GAIL (2006)

EMERGENZATentato suicidioAgiti autolesiviStato confusionale acutoCondizione di violenza acutaAgitazione psicomotoria acutaGrave abuso fisicoTrascuratezza estremaDisturbi alimentari con grave scadimento fisico

URGENZAAngoscia intensa – PanicoVittime di gravi traumi fisici o psichici

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I dati 2012 del Gruppo di Appro fon di -mento Tecnico sull’Acuzie Psichiatricain Lombardia ribadiscono sia il più chesignificativo aumento dei problemi lega-ti alle crisi psichiatriche acute in età evo-lutiva, sia la sostanziale “inadeguatezza”del sistema sanitario a fornire adeguaterisposte [5].In Lombardia, dal 2001 al 2008, i ricove-ri ordinari per diagnosi psichiatrica sonoaumentati del 64% e nel 70% dei casi sisono verificati in un contesto non appro-priato. A Milano nello stesso periodo iricoveri sono aumenti di ben 3 volte e nel30% dei casi sono avvenuti in condizionidi urgenza; solo nel 20% dei casi i pa -zienti in età evolutiva sono stati ricovera-ti direttamente in reparti di Neuro psi -chiatria infantile (NPI) (tabella 2) [5].Questi dati sottolineano l’inadeguatezzadelle risorse disponibili per affrontare inmodo appropriato i problemi neuropsi-chiatrici in età evolutiva, in particolarequando si presentano in condizioni di cri-ticità. La carenza di risorse per ricoveriin strutture NPI (tabella 3) dimostra unacondizione di particolare insufficienza:in Italia solo un terzo dei ricoveri avvie-ne in strutture di cura adeguate [5,9].In Lombardia solo il 2,5% della popola-zione fino ai 15 anni di età e solo l’1,7%degli adolescenti fino a 17 anni richiedo-no e ottengono accesso ai servizi di NPI.Il dato di insufficienza nell’intervento èancora più “in quietante” se si considerache tra gli adolescenti tra 15 e 17 anni èatteso un au mento dei problemi di salutementale [5].L’arrivo al DEp di un bambino/adole-scente in crisi psichiatrica acuta è spessoil primo contatto possibile con i serviziche si occupano di salute mentale ed èspesso anche la prima occasione di chia-ra evidenza del disturbo neuropsichiatri-co. Un intervento adeguato in questesituazioni ha un ruolo chiave nelle pro-spettive di cura dei problemi di salutementale [10].Il momento della crisi con l’incontrospes so drammatico tra il bambino, la suafamiglia, il suo contesto di vita e l’ospe-dale è una irrinunciabile occasione (avolte l’unica, a volte l’ultima) per attiva-re un progetto di cure e per modificarean che radicalmente una storia clinica al -trimenti con prognosi più severa [5].Tra i numerosissimi accessi nel ProntoSoccorso pediatrico, ci sono anche i

bam bini/adolescenti con segnali di soffe-renza neuropsichiatrica non acuta. Lacapacità di riconoscere queste condizionirappresenta un possibile punto di parten-za per un efficace intervento al fine dievitare il rischio di cronicizzazione o dipossibile successiva crisi acuta.

Crisi psichiatrica acuta: proposte per adeguare i DEp L’evidenza delle attuali carenze nellaprevenzione e nella cura dei problemi disalute mentale dovrebbe essere occasio-ne per riorganizzare il sistema di emer-genza e per adeguarlo culturalmente estrutturalmente ad affrontare questo tipo

di problemi. Nella tabella 4 sono indica-te le “barriere” presenti nel sistema deiservizi medici di emergenza che secondoil Com m it tee on Pediatric EmergencyMedicine o sta colano un adeguato inter-vento [11].

1) Mancanza di informazioni riguar-do alle malattie psichiatriche pedia-triche o verso i problemi di salutementaleNumerosi studi di epidemiologia hannorilevato l’elevata incidenza di problemidi salute mentale nei pazienti visitati neiDEp generali e nei DEp per probleminon psichiatrici.

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TABELLA 2: ANDAMENTO DEI RICOVERI PER DIAGNOSI PSICHIATRICA A MILANO E INLOMBARDIA (2001-2008)

TABELLA 3: DISPONIBILITÀ DI POSTI LETTO PSICHIATRICI 0-18 ANNI

TABELLA 4: BARRIERE PRESENTI NEI SERVIZI DI EMERGENZA

Barriere all’assistenza dei problemi di salute mentale nel Dipartimento di Emergenza:1) Mancanza di informazioni riguardo alle malattie psichiatriche pediatriche.2) Limiti del setting DEA (della valutazione in urgenza) che influiscono sui tempi e la

completezza della valutazione.3) Necessità di educare con training staff DEA nell’identificazione e trattamento dei

disturbi psichiatrici.4) Mancanza o insufficienza di possibilità di accesso e ad efficace trattamento in

ricovero/outpatient ai servizi di salute mentale* Pediatric and Adolescent Mental Health in the Emergency Services System. Pediatrics 2011

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I risultati di screening effettuati in DEpin pazienti con sintomi non psichiatriciindicano che in generale i problemi disalute mentale emersi con lo screeningnon vengono riconosciuti dai medicicuranti e dai medici del DEp: il 23% deibambini/adolescenti giunti al DEp consintomi non psichiatrici ha in realtà due opiù problemi di salute mentale e il 45%un problema con limitazione del funzio-namento psicosociale. Un livello signifi-cativo di stress psichiatrico al momentodella visita è presente nel 10% di essi[11].Ansia, depressione, sintomi da stresspost-traumatico, tentati suicidi o atti con-tro il sé corporeo, suicidi sono le condi-zioni più rilevanti che spesso non vengo-no riconosciute. Ansia è presente nel33% dei pazienti e i sintomi maggior-mente correlati risultano asma, cefalea,assenze scolastiche e frequenti visitemediche; il 20% presenta una depressio-ne moderata o severa, il 32% alcuni gradidi ideazione suicidaria. Gli adolescentidepressi nel 42% dei casi non avvertononé riconoscono i propri sintomi depressi-vi e, anche quando se ne rendono conto,nel 50% dei casi non lo comunicano aigenitori [11].La condizione di stress post-traumaticolegata a vissuti drammatici acuti riguar-danti la salute con timore per la salutefisica o di morte (traumi gravi, ricoveriin rianimazione ecc.) è ampiamente sot-tovalutata nella pratica corrente in DEp,pur essendo spesso causa di sintomi psi-chiatrici persistenti.I tentativi di suicidio, le autoaggressionial sé corporeo e il suicidio sono gli even-ti più drammatici che coinvolgono l’ado-lescente, la famiglia, la società. NegliUSA il suicidio è la quarta causa di mortenella popolazione tra i 10 e i 14 anni e laterza causa di morte tra i 13 e 19 anni. Il50% degli adolescenti tra 13 e 19 anni haoccasionalmente pensieri di suicidio[11].Nonostante la grande preoccupazionemediatica e sociale, il rischio del com-portamento suicida nel maggior numerodei casi non viene riconosciuto né dallafamiglia, né dagli educatori, né nelleoccasioni di valutazione della salute daparte dei medici.Come noto, il tentato suicidio insiemeagli atti contro il sé corporeo presupponel’elevato rischio di agire altri tentativi di

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suicidio e il suicidio. Quindi riconoscerel’ideazione suicidaria o il tentato suicidioha un cruciale valore nella prevenzionedella morte per suicidio.In realtà risultano insufficienti le “rispo-ste” dei servizi della salute a questodram matico problema. Il medico curantenon riconosce/individua il tentato suici-dio in oltre l’80% dei casi. Meno del50% degli adolescenti che sono stati visi-tati o ricoverati al DEp per riconosciutotentato suicidio è stato avviato a un’ade-guata presa in carico. E anche quandovie ne intrapreso un percorso di cura epre venzione l’aderenza da parte dell’a-dolescente è bassa, tanto che solo unquinto riesce a ricevere l’interventonecessario [11].

2) Limiti del setting nel Dipartimentodi Emergenza e Accettazione (DEA)L’ambiente del DEp, così come è orga-nizzato nella maggior parte delle situa-zioni, non rappresenta l’ambiente idealeper accogliere i pazienti con crisi psi-chiatrica acuta o con altri sintomi di disa-gio psichico. Il setting è di per sé stres-sante e non dispone di un’area quieta edella privacy necessaria in queste situa-zioni, tutte sensibili alle stimolazioninegative quali confusione e incertezzadel percorso dell’intervento di assisten-za. Inoltre, di solito, i tempi di attesa perla visita sono prolungati. Nei DEp rara-mente è possibile avere consulenti NPI equindi, una volta definito il problemacome di natura neuropsichiatrica, la con-sultazione specialistica spesso è possibi-le solo dopo molte ore. Un’accoglienzaottimale nei DEp di chi presenta proble-mi di salute mentale do vrebbe prevedereuno spazio progettato ad hoc per la stabi-lizzazione e il trattamento.

3) Training dello staff operatori del DEAPer affrontare adeguatamente i problemidi salute mentale è fondamentale avviareun percorso di “detensionamento” checonsiste nel creare un clima adeguato euna cultura assistenziale orientata ancheal problema neuropsichiatrico. Il triagedel DEp dev’essere progettato per rico-noscere i disturbi mentali e stabilirne lapriorità di accesso in base alla gravità.La competenza di medici e infermieri èfondamentale per riuscire a creare il

clima di “detensionamento” e per la sicu-rezza del paziente e degli operatori. La formazione specifica, sapere cosafare, nei confronti del disturbo psichiatri-co acuto permette di potere dare risposteadeguate e attente, riducendo l’inevitabi-le stress che spesso queste condizioniprocurano a tutto il personale di assisten-za nel DEp. In particolare le competenzeper un intervento efficace sono necessa-rie nelle condizioni spesso imprevedibilidi adolescenti con comportamenti di -struttivi, quali l’agitazione psicomotoriae l’abuso di sostanze: in tali casi è neces-sario avviare un rapido percorso di stabi-lizzazione medica farmacologica peralleviare i sintomi e aumentare la sicu-rezza del paziente e del personale e deglialtri pazienti.

4) Mancanza o insufficienza di possi-bilità di accesso ai servizi di salutementale e di efficace trattamento inricovero o come outpatientLa prevenzione e la cura dei problemi disalute mentale rappresentano una grandecriticità, affrontata con risorse inadegua-te, non solo nell’ambito del Servizio Sa -ni tario Nazionale (SSN). L’insufficientepossibilità di accedere a un intervento inNeu ro psichiatria infantile (NPI) nelmomento della crisi psichiatrica e al suc-cessivo affidamento alle cure nei serviziterritoriali è in gran parte legata alla ca -renza di risorse di personale, e quelle at -tuali non permettono una pronta disponi-bilità, né in ospedale né sul territorio.Tali difficoltà nell’affrontare questo per-corso emergono anche nel 6° Rapporto diaggiornamento sul monitoraggio dellaConvenzione sui diritti dell’infanzia e a -do lescenza in Italia per l’anno 2012-2013,con il riscontro di “numerose zone d’om-bra” e di un progressivo abbattimentodelle risorse e carenza di attenzione pergli interventi fondamentali atti a garanti-re un welfare a misura di bambini [9]. Inparticolare viene definita non adeguatal’assistenza neuropsichiatrica infantile:“Sono insufficienti le risorse e la presa incarico territoriale per i disturbi dell’in-fanzia e dell’adolescenza. In Italia la pa -tologia psichiatrica rimane quella mag-giormente negletta, in particolare in ado-lescenza, sia nell’ambito della diagnosiprecoce sia in quello della gestione delleemergenze” [9]. Né si può rinunciare a

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denunciare che “nella attuale situazionedi crisi e di riduzione di risorse gli effet-ti sulla salute dei bambini e degli adole-scenti, in particolare quelli stranieri, èdrammatica e necessita di pronti e appro-priati interventi” [12]. Numerosi e anche recenti progetti hannoindicato quali dovrebbero essere gliinterventi necessari per migliorare l’at-tuale insufficiente risposta delle strutturesociosanitarie ai problemi di salute men-tale nell’infanzia e nell’adolescenza. Gliobiettivi prevedono la “formazione ap -pro fondita degli operatori dei servizi diNPI, dei servizi ASL, delle UO Pe dia -triche, la strutturazione di gruppi di ope-ratori competenti in tutte le UO di NPI,la definizione di percorsi diagnostici-terapeutici condivisi, la sensibilizzazionedei pediatri di libera scelta e degli opera-tori sanitari, scolastici ed educativi perl’attivazione di interventi preventivi eper l’invio precoce” [12].Anche la Pediatria resta in attesa di ri -sposte istituzionali, della società e del-l’organizzazione sanitaria nazionale, re -gio nale e locale alle persistenti criticitànella pratica e nella modalità di interven-to in presenza di problemi di salute men-tale e in particolare nelle situazioni dicrisi psichiatrica acuta. u

Bibliografia[1] Chun TH, Duffy S, Linakis J. Emergency De -partment Screening for Adolescent Mental HealthDisorders: The Who, What, When, Where, Why,and How it Could and Should Be Done. ClinPediatr Emerg Med 2013;14(1):3-11.[2] Merikangas KR, He JP, Burstein M, et al. Li -fetime prevalence of mental disorders in US adole-scent: results from National Comorbidity Survey

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DNA E PLACENTAA proposito degli embrioni scambiatia Roma e di chi sia figlio il bambino,il prof. Alberto Piazza, dello HumanGene tics Foun da tion, fa notare che èben vero che la genetica è importan-te nell’assegnare i gemelli ai genitoribiologici, giudicando di fatto lamadre che li partorisce una madresurrogata o un utero in affitto, ma cisono molti però. Piazza afferma checertamente la formazione dei neuronidipende dal DNA ma le loro connes-sioni sono determinate dall’ambienteendouterino come poi lo sa ranno daquello extrauterino. E non c’è dubbioche l’ambiente endouterino non è unfatto riferibile al DNA delle celluleimpiantate ma da ciò che la madre“suggerisce” al figlio. Il professoreaggiunge che “il DNA è un canovac-cio in cui ognuno scrive la sua storia”.(La Stampa 31 luglio 2014)

DALLA MADRE AL NEONATOSI TRASMETTONO PAURE E FOBIEAncor prima di fare esperienze pro-prie, i neonati possono acquisire fo -bie e paure sviluppate dalla madre acausa di traumi vissuti prima dellaloro nascita. Lo rivela una ricerca suitopi, secondo la quale i segnali olfat-tivi trasmessi dalla madre, quando èin presenza dello stimolo che scatenala paura, attivano così fortemente l’a-migdala del neonato da imprimereuna diffidenza permanente nei con-fronti di quello stimolo. A dimostrare un fenomeno che halasciato a lungo perplessi gli psicolo-gi – sono due ricercatori della NewYork University School of Medicine edell’Università del Michigan ad AnnArbour, che firmano un articolo pub-blicato sui Proceedings of the Natio -nal Academy of Sciences. “Le esperienze delle madri sono rica-vate dalle espressioni materne dipau ra. Questi ricordi materni tra-smessi sono di lunga durata, mentrealtri tipi di apprendimento infantile,se non rinforzati dalla ripetizione,svaniscono rapidamente”, dice JacekDebiec, uno degli Autori dello studio,che indica nei segnali olfattivi il mec-canismo di trasmissione di tali paure.(Newsletter, Le Scienze 30 luglio2014)

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Meta-analisi sulla legatura del PDA: gli studi disponibilisono sufficienti a guidare la scelta clinica?Manuela CondòNeonatologia e Terapia Intensiva Neonatale, Ospedale Manzoni, Lecco

Per corrispondenza:Manuela Condòe-mail: [email protected]

AbstractMeta-analysis on PDA ligation: are the available studies sufficient for an appro-priate clinical choice? The therapeutic strategy for patent ductus arteriosus (PDA) ligation in prematureinfants is still under discussion. Weisz et al. have carried out a systematic review andmeta-analysis on the efficacy of PDA ligation compared to medical therapy. The studypopulation consisted of premature infants <32 weeks’ gestation with a clinical and/orcardiovascular ultrasound diagnosis of PDA. The impact of PDA ligation in terms ofmortality, neonatal severe morbidity and neurodevelopmental impairments (NDI) inearly childhood was evaluated. One randomized controlled trial (RCT) and 39 cohortstudies were included, most of which had a moderate risk of bias, because of the fai-lure to adjust for survival and important preligation confounders. The meta-analysiswas performed using the random-effect model, due to the heterogeneity among the stu-dies. The results of the meta-analysis showed that PDA ligation, compared to medicaltreatment, was associated with a reduced mortality (aOR: 0.54; 95% CI: 0.38-0.77);no difference for combined mortality or NDI in early childhood (aOR: 0.95; 95% CI:0.58-1.57 ) was found; PDA ligation was also associated with increased chronic lungdisease (CLD) (aOR: 2.51; 95% CI: 1.98-3.18), severe retinopathy of prematurity(ROP) (aOR: 2.23; 95% CI: 1.62-3.08) and NDI (aOR: 1.54; 95% CI: 1.01-2.33). Themeta-analysis is burdened by numerous methodological biases and its results confirmthe difficulty for clinicians to identify the best treatment choice for PDA ligation inpremature infants.Quaderni acp 2014; 21(5): 214-217

La strategia terapeutica di chiusura del dotto arterioso pervio (PDA) nei neonati pre-maturi costituisce ancora oggetto di discussione. Weisz e coll. hanno effettuato unarevisione sistematica e meta-analisi sull’efficacia della legatura del PDA rispetto allaterapia medica. La popolazione studiata comprendeva neonati prematuri <32 setti-mane di gestazione con diagnosi clinica e/o ecocardiografica di PDA, nei quali è statovalutato l’impatto della legatura del PDA in termini di mortalità, morbosità neonata-le grave e deficit di sviluppo neuroevolutivo (NDI) nella prima infanzia. Sono statiinclusi un trial randomizzato controllato (RCT) e 39 studi di coorte, la maggior partedei quali presentava un rischio moderato di bias, per il mancato aggiustamento persopravvivenza e importanti confondenti pre-trattamento chirurgico. La meta-analisi èstata eseguita con il modello ‘a effetti casuali’, vista l’eterogeneità tra gli studi. Irisultati della meta-analisi hanno evidenziato che la legatura del PDA, rispetto al trat-tamento medico, si associa a ridotta mortalità (OR: 0,54; IC 95%: 0,38-0,77), senzaperò differenza nell’esito combinato mortalità o NDI nella prima infanzia (OR: 0,95;IC 95%: 0,58-1,57); la legatura del PDA si associa altresì ad aumento della malattiapolmonare cronica (CLD) (OR: 2,51; IC 95%: 1,98-3,18), della retinopatia del pre-termine (ROP) di grado elevato (OR: 2,23; IC 95%: 1,62-3,08) e dell’NDI (OR: 1,54;IC 95%: 1,01-2,33). La meta-analisi è gravata da numerosi bias metodologici e i suoirisultati confermano la difficoltà per i clinici di individuare la scelta terapeutica piùadatta alla chiusura del PDA nei neonati prematuri.

Recensione dell’articolo: Weisz DE, More K, McNamara PJ, Shah P. PDA ligation and health outcomes: a meta-analysis. Pediatrics2014;133:e1024-46.

IntroduzioneIl trattamento del dotto arterioso pervio(PDA) nei neonati prematuri è ancoraampiamente oggetto di dibattito. L’in te -res se dei neonatologi per il PDA è legatoall’elevata mortalità e morbosità a essoassociata, in particolare nei neonati conpeso neonatale molto basso (VLBW<1500 g di peso alla nascita) o molto pre-termine (VPI <32 settimane di età gesta-zionale); lo shunt sin-dx attraverso ildotto arterioso è causa sia di ridotto flus-so ematico sistemico, con rischio aumen-tato di emorragia intraventricolare(IVH), insufficienza renale ed enteroco-lite necrotizzante (NEC), che di iperaf-flusso polmonare, con rischio di emorra-gia polmonare, broncodisplasia (BPD) eaumento della durata della ventilazionemeccanica [1].La variabilità nella gestione del PDA di -pende innanzitutto dalla definizione dia -gnostica, in quanto si utilizzano comune-mente termini come ‘PDA sintomatico’ e‘PDA emodinamicamente si gnificativo’,che prevedono differenti criteri clinici edecocardiografici.Le difficoltà sulla scelta terapeuticariguardano in primis l’opportunità omeno di trattare il dotto, sia perché nonvi è ancora evidenza che il trattamentomigliori gli esiti a lungo termine, sia peril rischio di esporre inutilmente il pazien-te agli effetti collaterali della terapia [2].La profilassi del PDA con indometacina,cioè la somministrazione di questo far-maco a tutti i neonati grandi pretermine odi peso molto basso, riduce l’incidenzadi PDA, di IVH di 3° e 4° grado e ilrischio di legatura del PDA, ma non gliesiti neurosensoriali a 18 mesi di vita [3].Anche la profilassi con ibuprofene non siassocia a riduzione della mortalità o diBPD [4]. L’indicazione al trattamentoviene posta più comunemente nei prema-

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TABELLA 1: RISULTATI DELLA META-ANALISI

Esito OR IC 95% I2

Mortalità 0,54 0,38-0,77 39%

Mortalità o NDI prima infanzia 0,95 0,58-1,57 71%

CLD 2,51 1,98-3,18 44%

ROP severa 2,23 1,62-3,08 37%

NDI prima infanzia 1,54 1,01-2,33 48%

Paralisi cerebrale 1,51 0,86-2,63 00%

Disturbo cognitivo* 1,96 1,14-3,37 -* Un solo studio

turi con segni clinici di PDA o in fasepre-sintomatica, utilizzando criteri clini-co-ecocardiografici [5].La variabilità riguarda anche le modalitàdi trattamento del PDA, con possibilitàdi terapia conservativa (restrizione deiliquidi, diuretici, strategie ventilatorie),di utilizzo di FANS (indometacina, ibu-profene) o del più recente paracetamolo einfine della legatura chirurgica. Le tera-pie mediche possono prevedere differen-ti posologie e durate di trattamento.Per quanto riguarda la legatura del PDA,è pratica comune utilizzarla come terapia‘rescue’, in caso di fallimento o inappli-cabilità della terapia medica, per la mor-bosità a essa correlata, tra cui pneumoto-race, alterata performance miocardica,retinopatia del pretermine (ROP), malat-tia polmonare cronica (CLD), deficitneuroevolutivo (NDI) [6].Da tutto ciò deriva la difficoltà per i cli-nici di orientarsi in merito alla migliorescelta terapeutica. Vi sono anche dei li -miti a eseguire meta-analisi su tale tema-tica, stante la paucità di studi randomiz-zati controllati (RCT) e l’eterogeneitàdegli studi osservazionali disponibili.

Risultati dello studioLo studio di Weisz e coll. è innanzituttouna re visione sistematica, a cui segueuna me ta-analisi, per quanto nel titolo cisi riferisca solo a quest’ultima [6]. L’oggetto di tale studio era la valutazio-ne dell’impatto della legatura del PDAnei neonati prematuri, in termini dirischio di mortalità, patologie neonataligravi e NDI nella prima infanzia. Lacategoria di prematuri studiati compren-deva neonati <32 settimane di gestazionealmeno per l’80% della popolazione inesame, con diagnosi clinica e/o ecocar-diografica di PDA. Tali criteri d’inclu-sione sono già indicativi di eterogeneitàtra gli studi. Gli studi dovevano comprendere tra gliesiti almeno uno tra i seguenti: mortalitàprima della dimissione, CLD, ROP grave(stadio 2 plus richiedente trattamento o ≥ 3), NDI nella prima infanzia (a 15-48mesi di età corretta), esito combinato dimortalità o NDI nella prima infanzia,deficit cognitivo e paralisi cerebrale.Nella revisione sistematica sono stati in -clusi 40 studi, di cui 39 di coorte e solo

un RCT. Trattandosi per lo più di studiosservazionali, il rischio di bias è poten-zialmente elevato; la valutazione delrischio di bias è stata effettuata tramite laNewcastle-Ottawa Scale per gli studi os -servazionali e la Cochrane Risk of Biastool per l’RCT. I rischi di bias individua-ti erano dovuti al mancato aggiustamen-to per la sopravvivenza e per alcuniconfondenti post-natali pre-legatura delPDA, tra cui l’IVH, la dipendenza venti-latoria e la sepsi.Gli Autori hanno poi eseguito una meta-analisi, utilizzando un modello ‘a effetticasuali’, e hanno combinato separata-mente i dati corretti e i dati grezzi; le dif-ferenze tra i vari gruppi sono state ripor-tate come odds ratio corretti (OR) conintervalli di confidenza (IC) al 95%.L’eterogeneità è stata valutata tramite l’I2 statistico ed è considerata significati-va per I2 > 50%.Nella meta-analisi, dal confronto tra igruppi e i sottogruppi di trattamento(legatura del PDA, terapia medica, tera-pia conservativa, FANS, FANS + legatu-ra del PDA), i risultati dell’analisi univa-riata e multivariata hanno evidenziatouna ridotta mortalità per il gruppo sotto-posto a legatura del PDA, mentre è emer-so un aumentato rischio per i restantiesiti (CLD, ROP severa, NDI nella primainfanzia, danno cognitivo); nessuna dif-ferenza è stata riscontrata per l’esitocombinato mortalità o NDI nella primainfanzia, né per la paralisi cerebrale(tabella 1).La conclusione degli Autori è che la me ta-analisi offre indicazioni a migliorare l’evi-denza disponibile per orientare i clinici

rispetto alla legatura del PDA. Allo stessotempo mette in evidenza le difficoltà deineonatologi quando si tratta di prendere inconsiderazione l’intervento chirurgico.Infatti l’associazione di tale modalità tera-peutica con una ridotta mortalità è gravatada numerosi bias me to dologici. Tale esitoemerge principalmente da studi osserva-zionali, che non tengono conto in modoadeguato dei bias di sopravvivenza e delconfondimento da indicazione e che utiliz-zano differenti de finizioni di PDA emodi-namicamente significativo, come detto inprecedenza. Gli Autori esprimono quindila necessità di effettuare RCT, che peròsarebbero ca ratterizzati da una ridottavalidità esterna a causa della variabilitànelle procedure nei vari centri, ma soprat-tutto studi osservazionali che prendano inconsiderazione le possibili covariate pre-legatura del PDA.

Valutazione metodologica dello studioL’obiettivo della revisione sistematica edella meta-analisi è ben definito; vieneinfatti valutato l’impatto della legaturadel PDA nei neonati <32 settimane digestazione sul rischio di mortalità, mor-bosità neonatale grave e NDI nella primainfanzia.Tale obiettivo risulta clinicamente rile-vante. I neonatologi infatti si trovano difronte a un’innumerevole quantità di stu -di che considerano differenti opzioniterapeutiche per la chiusura del PDA neineonati prematuri e che giungono a risul-tati talora contrastanti. La ricerca degli studi sembra essere statacondotta in modo esaustivo, dato anche il

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ricorso al Cochrane Central Register ofControlled Trials [7]. I dati sono statiestratti da due ricercatori indipendenti.I criteri d’inclusione degli studi appaionoragionevoli e coerenti rispetto all’obietti-vo prefissato. In particolare è stata presain considerazione una categoria ristrettadi neonati prematuri (<32 settimane digestazione almeno per l’80% dei neonatistudiati), a differenza di altre revisionisistematiche [8]. Per la diagnosi di PDAsono stati utilizzati criteri clinici e/o eco-cardiografici, il che, comunque, confer-ma la variabilità della gestione clinicariguardante il PDA ed è anche un primoelemento di possibile eterogeneità tra glistudi selezionati.Per quanto riguarda l’esposizione, glistudi dovevano confrontare almeno ungruppo o sottogruppo di trattamento chi-rurgico con uno di terapia medica; i sot-togruppi chirurgici comprendevano quel-lo della ‘terapia medica e legatura’ (tera-pia medica seguita da intervento chirur-gico) e quello della ‘legatura primaria’(chirurgia senza precedente terapia medi-ca); dei sottogruppi medici facevanoparte quello della ‘sola farmaco-terapia’(FANS, paracetamolo) e quello della‘terapia conservativa’ (assenza di terapiafarmacologica o chirurgica). La terapiachirurgica consisteva in una toracotomialaterale sinistra, con applicazione di unaclip o legatura del PDA, eseguita al lettodel paziente o in sala operatoria, entro 40settimane di età gestazionale corretta.Anche dalla tipologia e numerosità deisottogruppi di confronto emerge l’estre-ma eterogeneità degli studi disponibili inletteratura sul trattamento del PDA; inparticolare le caratteristiche di base dellapopolazione del gruppo della terapia chi-rurgica e di quello della terapia medicasono molto diverse (età gestazionale epeso neonatale più bassi nei trattati chi-rurgicamente).Tra gli esiti, gli studi dovevano compren-derne almeno uno tra mortalità primadella dimissione, CLD, ROP grave, NDInella prima infanzia, esito combinato dimortalità o NDI nella prima infanzia,deficit cognitivo e paralisi cerebrale. Lacompletezza del follow-up per gli studidi coorte è stata ritenuta accettabile se lapercentuale di bambini controllati era ≥ 90% per gli esiti neonatali e ≥ 75% per

gli esiti neurologici; è stata accettata unapercentuale ≥ 70% per gli esiti neurolo-gici, qualora i bambini persi al follow-upfossero stati descritti accuratamente enon fossero emerse differenze sostanzia-li rispetto alla coorte dei bambini con-trollati.Per la meta-analisi sono stati ritenutieleggibili 40 studi, di cui 39 di coorte eun solo RCT, nonostante una meta-anali-si dovrebbe idealmente utilizzare per lopiù RCT per avere risultati qualitativa-mente elevati, perché poco influenzati dabias [7]. Il numero dei trial e la numerosità totaledei pazienti degli studi inclusi (32.345prematuri) sono risultati elevati e hannoquindi consentito una buona precisionedei risultati della meta-analisi.Per quanto riguarda le caratteristichedegli studi inclusi, dei 39 studi osserva-zionali, 28 avevano eseguito il confrontotra gruppi di trattamento senza aggiusta-mento per le covariate, mentre 11 aveva-no effettuato analisi multivariate. Lamaggior parte degli studi di coorte pre-sentava un rischio di bias lieve-modera-to, mentre per quelli con confronti univa-riati il rischio di bias è risultato medio-alto, per la presenza di importanti diffe-renze perinatali tra i due gruppi di tratta-mento. Nessuno studio di coorte ha valu-tato il rischio di bias di sopravvivenza.L’unico RCT incluso nella meta-analisi èil vecchio studio di Cotton e coll. del

1978, che presentava un rischio di biaslieve-moderato e non descriveva lemodalità di randomizzazione, né i meto-di utilizzati per la valutazione in ciecodegli esiti [9]. Tale studio era stato peral-tro escluso dalla revisione sistematicadella Co chra ne sopracitata, perché pre-vedeva il confronto tra la chiusura chi-rurgica del PDA e la sola terapia conser-vativa, senza terapia farmacologica.La meta-analisi è stata condotta combi-nando separatamente i dati corretti egrezzi, utilizzando il modello ‘a effetticasuali’; questo modello statistico, a dif-ferenza di quello ‘a effetti fissi’, vieneutilizzato in presenza di significativa ete-rogeneità tra i risultati degli studi [7].L’eterogeneità è stata valutata ed espres-sa tramite l’I2 statistico, con significati-vità per I2 >50%. Il confronto tra i grup-pi terapeutici è stato effettuato tramite gliOR con IC al 95%, poi riportati su unascala logaritmica per la rappresentazionegrafica della meta-analisi.La ridotta mortalità e l’aumento di NDIpossono essere almeno in parte spiegaticon la presenza di alcuni bias, tra i qualivanno citati la legatura del PDA cometerapia ‘rescue’ (terapia chirurgica dopoil fallimento della terapia medica) e ilbias di sopravvivenza, in quanto i neona-ti de vo no essere sopravvissuti alla tera-pia me dica per giungere a quella chirur-gica. Vi è poi il confondimento da indi-cazione, perché la morbosità pre-legatu-

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COSA CI DICONO I RISULTATI DI QUESTO STUDIO

− Non sempre le meta-analisi sono informative e necessarie; dipende dal modo concui i vari studi hanno affrontato l’argomento.

− La valutazione se effettuare o meno la legatura del dotto si basa più su conside-razioni cliniche, variabili da caso a caso, che su evidenze ricavate da RCT o dastudi osservazionali ben condotti.

CONFONDIMENTO, CONFONDIMENTO DA INDICAZIONE ED ETEROGENEITÀ

− Si parla di “confondimento” quando una variabile si associa sia ai fattori di espo-sizione che agli esiti. Ne può risultare un’apparente associazione tra variabili o,meno frequentemente, la mancata evidenza di una reale associazione.

− Nel “confondimento da indicazione” si attribuiscono al trattamento gli effettidovuti al motivo per cui il trattamento viene effettuato.

− La “eterogeneità” indica il grado di diversità tra gli studi inclusi in una meta-ana-lisi. L’I2 o indice di Higgins esprime la percentuale di varianza dovuta alla realeeterogeneità tra gli studi e non al caso; è significativa se > 50%.

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ra, fattore di rischio per l’NDI, può esse-re stata più elevata nei neonati sottopostia intervento.Per tutti questi problemi metodologici sipuò concludere che i risultati della meta-analisi non possono essere consideratiabbastanza robusti per ricavarne delleindicazioni terapeutiche univoche.

Problemi aperti e conclusioniStudiare le strategie terapeutiche delPDA è clinicamente rilevante per l’ele-vata incidenza del PDA nei neonati pre-maturi (36,2% nei grandi prematuri rico-verati nelle TIN italiane), e per i rischi dimortalità e morbosità a esso associati[10]. Dalla revisione sistematica con meta-analisi presa in esame emerge che la le -gatura del PDA si associa a ridotta mor-talità rispetto alla terapia medica e adaumentato rischio di CLD, ROP grave,NDI nella prima infanzia e danno cogni-tivo, mentre non vi è differenza nell’esi-to combinato mortalità o NDI nella pri -ma infanzia. L’individuazione di impor-tanti bias metodologici (disponibilità distudi per lo più osservazionali con etero-geneità statistica lieve-moderata, scarsitàdi analisi multivariate, inadeguata atten-zione ai bias di sopravvivenza e alconfondimento da indicazione) rendeperò discutibile l’opportunità di eseguireuna meta-analisi. D’altra parte gli Autoriillustrano approfonditamente tali limita-zioni, offrendo ai clinici, a loro parere, lapossibilità di una valutazione più criticae consapevole dei risultati degli studi

attualmente disponibili sulla legatura delPDA. Emerge infine l’importanza di eseguirenuovi trial e studi osservazionali con undisegno metodologico che tenga contodelle criticità rilevate. u

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INDOOR TANNING

L’indoor tanning (IT) è la esposizio-ne a un lettuccio con tanning, o adaltri strumenti che utilizzano ascopo co smetico radiazioni ultra-violette (97% UVA e 3% UVB). È bennoto che la cute può essere danneg-giata e vedere così l’insorgere delcancro particolarmente nei giovani:Il rischio di melanoma sembraaccertato. Una lettera a The Lancet (2014;384:131-2) riporta che circa il 20% dei teenagers usa l’IT e riferi-sce di una indagine che ha raccol-to, con una interfaccia di Twitter, itweets sull’argomento IT in due setti-mane della primavera 2013. Sonostati individuati 154.496 tweet (7,7per minuto), lanciati da 120.000persone con la potenzialità di rag-giungerne 120.000.000. Una per-centuale molto modesta (2,5%) siriferiva ai rischi associati all’IT; ilcosto era molto trascurato (0,46%).Gli Autori sottolineano due dati:– la diffusione dell’interesse per

l’IT;– la possibilità di utilizzare i social

network come strumento di edu-cazione sanitaria sia per l’inviodi messaggi salutari che per laprevenzione di messaggi peri -colosi.

ADDIO AL RICAMBIOGENERAZIONALE IN SANITÀÈ approdata, sulla Gazzetta Uffi cia ledel 18 agosto, la Legge sulla riformadella pubblica amministrazione. Perciò che riguarda il personale, e inparticolare quello delle aziende sani-tarie, gli articoli 1e 2 riguardano ilcosiddetto “ricambio generazionale”.Contrariamente ai primi te sti pro po -sti, rimane il trattenimento in servizio,fino ai 70 anni, dei dirigenti sanitari.Questo è in contraddizione con leregole di tutto il restante personaledel pubblico impiego.

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“Inoltre essa è veramente mia sorella, figlia di mio padre, ma non figlia di mia madre, ed è divenuta mia moglie”.

Genesi 20,12 (CEI)

Può accadere che un’osservazione clini-ca porti a connessioni con scienze umanediverse dalla medicina e che queste, aloro volta, possano suggerire chiaviinterpretative e linee di intervento per lasanità pubblica. Prendiamo lo spunto dauno studio britannico che intendeva chia-rire le cause dell’elevata frequenza dimalformazioni congenite e di mortalitàinfantile nella popolazione immigrata diorigine pakistana [1]. Nel Distretto diBradford (UK), il rischio di malforma-zioni (305/10.000 nativi vivi) risultavaquasi doppio rispetto al resto del Paese edoppio (RR 1,96) era anche il rischio peri neonati di etnia pakistana rispetto aquelli di origine britannica. Il 18% deineonati esaminati proveniva da coppieformate da primi cugini e il 95% di loroera di origine pakistana. La consangui-neità dei genitori raddoppiava (RR 2,19)il rischio di malformazioni congenite e il31% delle malformazioni in bambinipakistani era attribuibile alla consangui-neità dei genitori. Un’osservazione su untema non del tutto ignoto, ma che poneun evidente problema di sanità pubblicae individuale. Meno scontati sono i modiper affrontare la questione, e una visionepiù allargata aiuta a comprendere la com-plessità del fenomeno.

Le unioni tra consanguinei nel mondoNei Paesi occidentali le unioni tra con-sanguinei (inbreeding) sono un eventoraro e siamo portati a ritenere che sia cosìdappertutto. Rischiamo di non vederequello che accade intorno (e, oggi, anchedentro) al nostro sistema sociale. Circa il10% (500-800 milioni) della popolazio-ne mondiale ha genitori consanguinei enei Paesi Arabi e del Medio Oriente finoal 60% (ma anche l’80% in alcune regio-

ni dell’Arabia Saudita) di tutti i matrimo-ni sono tra consanguinei (tabella 1). Il75% delle unioni è tra primi cugini, maso no comuni anche quelle tra secondicugini o con gradi inferiori di parentela[2]. Il dato geografico si sovrappone alladiffusione territoriale delle religioni isla-mica e induista, con minime partecipa-zioni di piccole comunità cristiane edebraiche nel Sud-Est asiatico [3]. Le mo -ti vazioni, tuttavia, non sono solo religio-se ma anche culturali, sociali, economi-che e ancor più relative a comportamentivolti alla preservazione di caratteri gene-tici premianti in popolazioni sottoposte aun’elevata pressione selettiva ambientale.L’Islam, pur non incoraggiandole, con-sente le unioni tra consanguinei e il pro-feta Maometto stesso unì in matrimoniodue suoi consanguinei e diede in mogliela propria figlia ad Ali, figlio di suo zio[3-4]. In realtà questa usanza ha radiciculturali nella civiltà araba pre-islamicanella quale il matrimonio tra cugini eraincoraggiato per motivi sociali (la donnaè già parte della famiglia e può sperare inun migliore trattamento, contrarre ilmatrimonio nella cerchia familiare è piùagevole) ed economici (dote e proprietàsono mantenute all’interno dell’ambitofamiliare). Una civiltà essenzialmenteru rale, le forti connotazioni tribali, l’iso-lamento geografico e un basso livellosocio-culturale hanno contribuito a man-tenere inalterata nel corso dei secoli que-sta tradizione.Tuttavia, seppure fortemente radicate, lemotivazioni religiose e sociali non ap pa -iono sufficienti a spiegare un fenomenole cui ragioni ultime vanno cercate piut-tosto nella biologia evoluzionistica [5-6].Gli svantaggi della riproduzione tra con-sanguinei (depressione da inbreeding)sono ben noti: il rischio di malformazio-ni congenite è raddoppiato (4%) rispettoalle unioni non-consanguinee, così comepiù elevati sono la probabilità di trasmet-tere mutazioni recessive sfavorevoli e ilrischio di generare omozigoti ammalati(incremento della mortalità). Nonostante

questo, in regioni del mondo sottoposte auna forte pressione selettiva da parte dispecifiche malattie endemiche, l’inbree-ding ha offerto importanti vantaggi per lepopolazioni residenti. L’esempio più im -mediato è la maggiore resistenza nei con-fronti della malaria negli eterozigoti e,ancor più negli omozigoti, per α-Ta las se -mia. In una situazione ambientale di que-sto tipo, la sopravvivenza di una comu-nità è evidentemente legata alla persi-stenza dell’allele α+-Talassemia nei suoicomponenti [6]. Le unioni tra consangui-nei garantiscono la massima circolazionedel gene e, quindi, la sopravvivenza dellaspecie. Ragionamento simile vale per ilgene dell’emoglobina S, anch’esso pro-tettivo nei confronti della malaria: l’in-breeding consente la persistenza dell’ete-rozigosi AS nella popolazione a prezzodell’eliminazione di un certo numero disoggetti omozigoti SS a elevata morta-lità. Se il bilancio tra protezione offertadall’eterozigosi AS e mortalità dovutaall’omozigosi SS è positivo, la procrea-zione tra consanguinei risulterà comun-que una scelta vincente [5]. Non secon-dariamente, le coppie consanguinee sonopiù fertili, forse per una migliore compa-tibilità genetica materno-fetale o ancheper un meccanismo di compenso rispettoalla maggiore mortalità legata alle malat-tie congenite.

L’inbreeding oggi: rischi e opportunitàSolo recentemente il mondo arabo ha ini-ziato a guardare all’inbreeding con inte-resse scientifico e a studiarne le implica-zioni attuali e future per la propria salute[2-4,7]. Emerge la consapevolezza che leunioni tra consanguinei – che il progres -so economico e sociale rendono oggievoluzionisticamente meno indispen -sabili per la sopravvivenza delle comu-nità – rappresenta un pesante retaggioculturale con importanti conseguenzenegative dal punto di vista sanitario.L’inevitabile incremento delle malattiegenetiche su base autosomica recessiva è

Unioni tra consanguinei: vantaggi di ieri, svantaggi di oggiEnrico VallettaDipartimento Materno-Infantile, AUSL della Romagna, Forlì

Per corrispondenza:Enrico Vallettae-mail: [email protected]

internazionale

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l’effetto più immediato e percepibile. Isistemi sanitari dei Paesi Arabi osserva-no ora il lento (forse troppo lento) evol-versi di questa tradizione sotto la spintadella modernizzazione sociale e dellamobilità geografica degli individui e sipongono il problema dell’educazione neicomportamenti riproduttivi dei propricittadini. Le importanti componenti reli-gioso-culturali che permeano quei tessu-ti sociali rappresentano un elemento direaltà ineludibile e condizionante qual-siasi processo evolutivo. Ma, paradossal-mente, l’inbreeding costituisce ancheun’opportunità, per la ricerca genetica eper l’applicazione delle nuove tecnologiedi analisi del genoma umano, di enormeinteresse e potenzialità [4,7-8]. La con-centrazione e la persistenza di alleli pato-logici, altrove rarissimi, possono offrireimportanti elementi di conoscenza diffi-cilmente ottenibili in contesti nei qualil’incrocio tra consanguinei è eventoeccezionale e la dispersione di alcunicaratteri genetici ne rende difficile l’indi-viduazione e l’analisi.Comunque si evolvano cultura e tradi-zioni nei Paesi di origine, le unioni con-sanguinee all’interno dei nuclei etniciinseriti nelle società a elevato svilupporischiano di trasformarsi da vantaggioselettivo a determinante negativo di salu-te individuale e pubblica. Appare logicoche si intraprendano iniziative di infor-mazione e di assistenza nelle scelte ripro-duttive che possano modificare, pocoalla volta, realtà come quella segnalatadai ricercatori di Bradford. u

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Quaderni acp 2014; 21(5)osservatorio internazionale

TABELLA 1: PREVALENZA DELLE UNIONICONSANGUINEE IN ALCUNI PAESI ARABI [2]

Nazione Consanguineità (%)Primi cugini Complessiva

Algeria 11,3 34,0Bahrain 24,5 43,1Egitto 15,9 20,9Iraq 29,2 57,8Giordania 34,2 48,1Kuwait 30,2 54,3Libano 31,6 37,8Libia - 48,4Mauritania - 47,2Marocco 09,7 22,8Oman 38,5 51,6Palestina 27,7 45,4Qatar 34,8 54,0Arabia Saudita 33,6 56,0Sudan 49,5 63,3Siria 28,7 35,4Tunisia 20,8 39,3Emirati Arabi 26,2 50,5Yemen 32,0 44,7

I MEDICI ITALIANI CHE VANNO

A ESERCITARE ALL’ESTEROUno studio di ANAAO Giovani, suda ti di diverse banche, ha preso inesame alcuni particolari molto inte-ressanti della vita professionale deimedici. Una delle domande affronta-te riguarda l’emigrazione dall’Italiaverso l’estero. Ci si è chiesti quale siala dimensione di questo fenomeno. Èstata utilizzata la banca datiFnomCeo mirando alla cancellazionedagli albi degli ordini provinciali. Ilrisultato quindi risulta approssimatoin difetto in quanto non è ne cessariocancellarsi dall’albo per e sercitareall’estero. Ecco comunque i dati. Ilnumero complessivo dei medici che sisono trasferiti per esercitare all’esteronegli ultimi cinque anni am monta a625 con una media annuale di114.Gli anni di maggiore espatriosono stati il 2012-2014 con una net -ta e comprensibile prevalenza del l’e -tà fra 25 e 39 anni. Un dato moltointeressante è la distribuzione per re -gione degli emigrati nel 2012-14.

Abruzzo 10Basilicata 1Calabria 0Campania 28Emilia-Romagna 39FVG 0Lazio 1Liguria 32Lombardia 97Marche 0Piemonte 5Puglia 4Toscana 13Umbria 0Sardegna 9Sicilia 28Puglia 4Toscana 3Umbria 0Valle d’Aosta 0Trentino 45Veneto 35

Come si vede vi è una netta concen-trazione in alcune Regioni, ma si ten -ga conto, nella valutazione dei dati,della consistenza demografica dellesingole Regioni. L’emigrazione com-porta ovviamente una perdita econo-mica rilevante per lo Stato che consu-ma risorse di cui non utilizza i risul-tati. La spesa per i sei anni di laureae per la specializzazione, che certa-mente chi emigra ha conseguito,ammonta a circa 152.800 euro. Unaperdita totale quindi, per anno, dimolti miliardi.

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AbstractTrauma in the paediatric patient and venous thromboembolism prophylaxis. A cli-nical scenarioThis clinical scenario addresses the case of a child with a fracture of the lower limbin which the orthopedic surgeon, in addition to an immobilization with a cast, propo-ses venous thromboembolism prophylaxix with enoxaparin. The incidence of venousthromboembolism (VTE) in children hospitalized for trauma injuries ranges from0.02% at of 0.33%. The main risk factors for VTE in paediatric patients hospitalizedfor trauma injuries are the age, the severity and type of injury, the presence of centralvenous catheter. Data are lacking both on the incidence and on the indications for VTEprophylaxis in paediatric outpatients. Scientific literature indicates that the risk asses-sment for VTE should guide the choice of therapy in the individual patient.Quaderni acp 2014; 21(5): 220-223

Lo scenario clinico affronta il caso di una bambina con frattura dell’arto inferiore acui l’ortopedico, oltre a immobilizzazione con apparecchio gessato, propone profilas-si con enoxaparina. L’incidenza di tromboembolismo venoso (VTE) nelle casistiche dibambini ricoverati con trauma varia dallo 0,02% allo 0,33%. I principali fattori dirischio per VTE in pazienti pediatrici ospedalizzati con trauma sono l’età, la severitàe il tipo di trauma, la presenza di catetere venoso centrale. Non esistono dati sull’in-cidenza né indicazioni per la profilassi per VTE nei bambini trattati ambulatoriamen-te. La letteratura scientifica indica che la valutazione del rischio per VTE deve gui-dare la scelta terapeutica nel singolo paziente.

L’eparina a basso peso molecolare(LMWH) è un frammento di eparina, gli-cosamminoglicano utilizzato come far-maco iniettivo anticoagulante. Come l’e-parina, esercita il suo effetto antitrombo-tico facilitando l’azione dell’antitrombi-na a inibire la trombina (fattore IIa) e ilfattore Xa, ma presenta caratteristichefarmacocinetiche e farmacodinamicheche la rendono più maneggevole; infattipuò essere somministrata a livello sotto-cutaneo, non richiede monitoraggio e -matologico e da diversi anni è utilizzataanche in pediatria [2]. Nei bambini di etàsuperiore o uguale a 2 mesi i dosaggiprofilattici delle più usate LMWH sono:per l’enoxaparina 0,5 mg/kg/dose ogni12 ore per via sottocutanea (1 mg di e no -xa parina corrisponde a circa 100 unitàanti-fattore Xa); per la deltaparina 92 ±52 unità/kg ogni 24 ore [2]. Una revisio-ne sistematica con metanalisi del 2011 haverificato l’efficacia e la sicurezza dell’e-parina a basso peso molecolare in etàpediatrica [3]. Il rischio di sanguinamen-to maggiore in corso di terapia conLMWH è del 5% (IC 95%: 3,1-7,8) [3]. Il problema del tromboembolismo veno-so (VTE) come complicanza post-trau-matica è ben documentato in età adulta(rischio di base per VTE dopo un trauma3-5%) e la profilassi farmacologica conLMWH è da alcuni anni una pratica cli-nica corrente anche a livello ambulatoria-le in presenza di un trauma che comportaimmobilizzazione della gamba; questoriduce della metà l’incidenza di TVP (OR0,49; IC 95%: 0,34-0,72; p = 0,29) [4-5]. Sebbene in quasi tutte le casistiche dipazienti pediatrici con VTE il trauma siariconosciuto come fattore di rischio, nonè stato ancora quantificato il rischio diVTE dopo un trauma, mentre sono di -sponibili dati retrospettivi di incidenza ditale complicanza che varia dallo 0,02%allo 0,33%; questo dato è stato ricavatoda studi di revisione di registri nazionalio istituzionali su pazienti pediatrici contrauma e riguarda soprattutto bambiniricoverati. Mancano invece studi pro-

Traumi nel paziente pediatrico e profilassi del tromboembolismo venoso. Uno scenario clinicoMaddalena MarchesiPediatra, Parma

Lo scenarioGiulia, 10 anni e 8 mesi, in seguito atrauma accidentale durante l’ora di gin-nastica, si è procurata una frattura com-posta della tibia destra. In ospedale l’ar-to viene immobilizzato con un apparec-chio gessato coscia-piede che deve man-tenere per 25 giorni; l’ortopedico pre-scrive enoxaparina 2000 UI per via s.c.per il periodo dell’immobilizzazione. Dall’anamnesi familiare si rileva che ilnonno di Giulia ha presentato un episo-dio di trombosi venosa profonda all’etàdi 70 anni, in assenza di altri fattori dirischio (es. tumore, trauma). Giulia ènor mopeso, pubere (ha presentato il me -narca circa un anno prima), è una ragaz-za in buona salute, sportiva, e l’anamne-si patologica remota è muta per eventisignificativi. Il trauma di Giulia puòessere classificato come trauma minore(ISS < 9) (box 1). A seguito della frattu-ra non è stata sottoposta a chirurgia oospedalizzazione. È corretto il ricorsoalla profilassi per trombosi venosaprofonda (TVP)?

Il backgroundDa un punto di vista fisiopatologico latrombosi è un evento multifattoriale incui sono coinvolti cambiamenti nel flus-so di sangue, nella sua composizione emodificazioni nello stato della paretevascolare. Ancora oggi, a distanza di centocin-quant’anni, è ritenuta valida la triade diVirchow che nel 1856 individuò nellastasi venosa, nell’ipercoagulabiltà delsangue e nell’attivazione del rivestimen-to endoteliale dei vasi sanguigni i fattoriprincipali coinvolti nell’origine di unatrombosi. La formazione del trombovenoso origina spesso a livello dellagamba, nei seni valvolari venosi; in con-dizioni di normalità la stasi è maggiore,si creano vortici nel flusso sanguigno el’ambiente, che è particolarmente ipossi-co, favorisce l’attivazione delle celluleendoteliali. I fattori correttivi che sononormalmente attivi in questo ambienteprotrombotico possono non risultarealtrettanto efficaci quando l’arto vieneimmobilizzato [1].

Per corrispondenza:Maddalena Marchesie-mail: [email protected]

scenari

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spettici in cui sia stato effettuato unoscree ning per VTE; inoltre non sono di -sponibili dati epidemiologici sui pazienticon trauma trattati ambulatoriamente [4].Rarissimi i case report di TVP in età pe -diatrica dopo fratture comuni [6-7].Una recente revisione della Cochrane sul -la tromboprofilassi per trauma maggiore(box 2) su pazienti di ogni età, raccoman-da di effettuare profilassi per VTE [8].Recentemente sono stati identificati i fat-tori di rischio per VTE in pazienti pedia-trici ospedalizzati con trauma (box 3) [4]. I fattori di rischio principali sono l’età,la severità e il tipo di trauma, la presen-za di catetere venoso centrale (CVC).L’età risulta essere un fattore moltoimportante. Gli adolescenti risultano piùa rischio di VTE dopo un trauma rispettoai bambini più piccoli. In un’ampia casi-stica di 135.000 pazienti, avere un’età >14 anni al momento del trauma espone aun rischio significativamente maggioredi VTE (OR 2,34%; IC 95%: 1,95-2,80)e, tra i minori di 16 anni, il gruppo 10-15anni ha un rischio relativo di VTE di cin-que volte superiore (IC 95%: 1,5-16,7)rispetto ai minori di 10 anni; in un’altracasistica su 402.329 persone di età infe-riore a 21 anni con trauma, si calcola che,anche considerando la gravità del trau-ma, rispetto all’età, i pazienti di 13-15anni presentano un OR corretto di 1,96(IC 95%: 1,53-2,25; p<0,01) mentrequelli di 16-21 anni un OR corretto di3,77 (IC 95%: 3,00-4,75; p<0,01) rispet-to ai bambini di età inferiore a 13 anni[9-10]. Purtroppo nessuno di questi studivaluta lo stato puberale, elemento consi-derato in altri studi [11]. Nel protocollo di Risk Assessment perVTE del Children’s Hospital di Phi la -delphia l’età di 14 anni è stata sceltacome cut-off: i minori di 14 anni ospeda-lizzati vengono considerati a basso ri -schio di VTE e ricevono profilassi a di -screzione del clinico solo in presenza dicondizioni ad alto rischio di VTE. Soprai 14 anni invece tutti i pazienti ospedaliz-zati vengono valutati per il rischio diVTE in base al quale viene effettuata omeno la profilassi. Indipendentementedall’età, minore o maggiore di 14 anni, ipazienti pediatrici ambulatoriali senzaaltri fattori di rischio vengono considera-ti a basso rischio di VTE [12].Per quanto riguarda la severità del trau-ma si rimanda alla tabella 1.

scenari Quaderni acp 2014; 21(5)

BOX 1: INJURY SEVERITY SCORE (ISS)

L’ISS è un sistema di punteggio anatomico che permette di classificare i pazienti contraumi multipli. Nel calcolo dell’ISS il corpo viene diviso in sei regioni (testa e collo,faccia, torace, addome, estremità e cingolo pelvico, area esterna). Per calcolare ilpunteggio ISS, è necessario assegnare un codice di gravità da 1 a 6 (dove 1 è lesio-ne minore e 6 corrisponde a lesione non curabile), prendere il codice di gravità piùalto in ciascuna delle tre regioni corporee più gravemente colpite, elevarlo al quadra-to e sommare i tre numeri ottenuti (ISS = A2 + B2 + C2 dove A, B, C sono i punteggidelle tre regioni corporee più lesionate). I punteggi ISS variano da 1 a 75. Se uno deitre punteggi è un 6, il punteggio totale viene automaticamente impostato a 75.Il punteggio ISS non è utile come strumento di triage ma serve perché correla linear-mente con la mortalità, la morbilità, la durata della degenza ospedaliera e altrevariabili dopo un trauma. I traumi si classificano in base all’ISS in minori (ISS < 9), moderati (ISS 9-15), severi(ISS > 25), critici (ISS > 25).

BOX 2: TRAUMA MAGGIORE

– Trauma chiuso o penetrante con coinvolgimento di due o più organi e segni vitaliinstabili e/o

– persona con un punteggio ISS >9 (vedi box 3 sull’ISS) e/o– persona coinvolta in un evento a ‘elevata energia’ a rischio di trauma severo anchese al momento della prima valutazione i parametri vitali sono stabili

BOX 3: FATTORI DI RISCHIO PER VTE IN PAZIENTI PEDIATRICI OSPEDALIZZATI CONTRAUMA (DA VOCE BIBLIOGRAFICA 4, MODIFICATO)

1. Età ≥14 anni 2. Severità del trauma ISS > 9 3. Tipo di trauma 4. Presenza di catetere venoso centrale 5. Obesità (definita come BMI > 95° pct) 6. Altri fattori di rischio generali per VTE:– condizioni congenite e acquisite di trombofilia: deficit di antitrombina o di protei-

na C o S, mutazione del fattore V di Leiden (F5 R506Q), mutazione del fattore IIG20210A, iperomocisteinemia, aumento dei livelli di lipoproteina a, livelli elevatidi fattore VIII, presenza di autoanticorpi anti-fosfolipidi

– sepsi, immobilità, neoplasia maligna, chirurgia– malattie cardiache congenite e acquisite (es. quelle con ipertensione polmonare

primitiva o con shunt cavo-polmonare bilaterale, aneurismi delle coronarie dopomalattia di Kawasaki ecc.)

– malattie renali (insufficienza renale terminale, sindrome nefrosica)– malformazioni cerebrali (idrocefalo, spina bifida)– anemia falciforme, malattia infiammatoria intestinale, fibrosi cistica– nutrizione parenterale a lungo termine– terapia ormonale sostitutiva e alcuni tipi di chemioterapia (es. con L-asparaginasi)

TABELLA 1: RISCHIO RELATIVO DI VTE NEL PAZIENTE PEDIATRICO CON TRAUMA (DA VOCE

BIBLIOGRAFICA 15)

ISS Rischio relativo di VTE verso ISS < 9 (trauma minore)Trauma critico (ISS > 25) OR 3,53 (IC 95%: 2,01-6,22)Trauma severo (ISS 16-25) OR 2,49 (IC 95%: 1,56-3,96)Trauma moderato (ISS 9-15) OR 2,13 (IC 95%: 1,49-3,05)

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Rispetto al tipo di trauma, i traumi va -sco lari maggiori, quello cranico e allaco lonna vertebrale severi, i traumi toraci-ci e addominali, le fratture pelviche edegli arti inferiori sono associati a unmaggior rischio di VTE [13-15].La pre-esistenza di un CVC o la neces-sità di applicare un CVC dopo il traumaè un fattore di rischio cruciale per lo svi-luppo di VTE nei bambini. In alcunecasistiche la presenza attuale o pregressadi un CVC risulta essere il singolo fatto-re di rischio più importante per lo svilup-po di VTE, in modo indipendente dallagravità del trauma stesso [13-15]. Mag -giore è il numero di CVC presenti mag-giore è il rischio di VTE (aumento di ORdi 7,9 volte per ogni CVC presente) [16].Numerose sono le condizioni congeniteo acquisite che aumentano il rischio diVTE in età pediatrica indipendentementedal trauma (box 3, punto 6) [2,17-20];an che l’obesità sembrerebbe promuoverelo sviluppo di VTE dopo un trauma; tut-tavia l’inadeguatezza metodologica del-l’unico studio presente (in cui non è statopossibile calcolare il BMI nel 73% deipazienti) rende attualmente questo datonon suffragato da prove [4]. Per quantoriguarda lo stato trombofilico i dati pre-senti in letteratura indicano che gli adul-ti e i bambini con due o più fattori trom-bofilici ereditari presentano un rischioaumentato di VTE [21]. La prevalenzariportata di difetti trombofilici in bambi-ni con VTE è molto variabile: 10-78% inbase alla popolazione analizzata, all’am-piezza della casistica, alla definizione ditrombosi e al tipo di indagini effettuate.Il contributo di ciascun difetto identifica-to (box 3, punto 6) all’eziologia dellatrombosi in età pediatrica rimane incerto.In età pediatrica non ci sono evidenze pergiustificare lo screening di bambini conanamnesi familiare positiva per difettitrombofilici, né per farlo dopo un primoepisodio di VTE, eccetto in caso di VTEidiopatica [17]. Una storia familiare di VTE in età infe-riore a 50 anni viene considerata dal Con -sensus Statement Italiano del 2013 un fat-tore di rischio per VTE da valutare incaso di chirurgia ortopedica maggiore neipazienti in età pediatrica puberi per l’uti-lizzo della profilassi, mentre questo nonvale per i bambini prepuberi, nei qua li la

profilassi per VTE è da valutarsi solo insituazioni cliniche specifiche [18].

La domandaNei bambini con trauma che comportaimmobilizzazione di uno/entrambi gliarti inferiori trattati ambulatoriamente[POPOLAZIONE] la profilassi per trom-bosi venosa profonda con eparina a bassopeso molecolare [INTERVENTO] rispet-to a nessuna profilassi [CONFRONTO] ènecessaria [OUTCOME]?

La strategia di ricercaSu PubMed viene eseguita la ricerca conla seguente stringa (trauma OR fracture):AND child AND venous thromboembo-lism prophylaxis AND “ambulatory ca -re” [MESH], con limite: articoli degli ul -timi dieci anni. Questa ricerca non haprodotto alcun risultato. Viene allora am -

pliato l’ambito eliminando “ambulatorycare” [MESH]. Da questa ricerca emer-gono 29 articoli, di cui uno nuovo diinteresse [22], oltre ad alcuni già citatinel background [4,6,10,15-17,19].

I risultatia. Indicazioni alla profilassi per VTEdopo un trauma nei pazienti pediatri-ci ospedalizzatiIl protocollo del Children’s Hospital ofWisconsin, USA, per la profilassi di VTEin pazienti critici dopo un trauma è rias-sunto nella tabella 2. L’applicazione diquesta linea guida non validata, in Te -rapia Intensiva (ICU), ha permesso diridurre del 65%, ossia dal 5,2% all’1,8%,l’incidenza di VTE senza aumentare ilrischio di sanguinamento: nessun pazien-te sottoposto a profilassi con LMWH hapresentato emorragia [22].

TABELLA 2: PROTOCOLLO PER LA PROFILASSI DI VTE IN PAZIENTI CRITICI DOPO UNTRAUMA (DA VOCE BIBLIOGRAFICA 12, MODIFICATO)

Per i pazienti ad alto rischio di VTE1 e a basso rischio di sanguinamento2

Terapia anticoagulante con eparina a basso peso molecolare a 0,5 mg/kg per viasottocutanea fino alla dimissione ospedalieraPer i pazienti ad alto rischio di VTE1 e ad alto rischio di sanguinamento3

Applicare dispositivi di compressione sequenzialeAl settimo giorno di degenza in ICU effettuare ecografia bilaterale degli arti inferio-ri e di quelli superiori se è presente un CVCPer i pazienti a basso rischio di VTE4

Non sono indicati anticoagulanti o altri interventi clinici

Fattori di rischio per VTE– immobilità prevista per più di cinquegiorni

– Glasgow Coma Scale < 9 – presenza di CVC– trauma al midollo spinale– frattura complessa degli arti inferiori– frattura pelvica che richiede un’opera-zione

– uso di isotropi– rianimazione cardio-polmonare– terapia con estrogeni– malattia infiammatoria cronica– precedenti episodi di VTE– stato trombofilico noto– tumore maligno in atto

Fattori di rischio per sanguinamento– emorragia intracranica– trauma agli organi solidi– intervento chirurgico programmato oprocedura invasiva programmata nellesuccessive 24 ore

– allergia all’eparina– alto rischio di sanguinamento severo– insufficienza renale

1 Pazienti ad alto rischio di VTE: pazienti di età superiore ai 13 anni o pazienti minori di 13 anni che presentano quattro o più fattori di rischio.

2 Pazienti a basso rischio di sanguinamento: quando sono assenti i fattori di rischio per sanguinamento.3 Pazienti ad alto rischio di sanguinamento: quando sono presenti uno o più di un fattore di rischio per sanguinamento.

4 Pazienti a basso rischio di VTE: pazienti con meno di 13 anni e con tre o meno fattori di rischio per VTE.

scenari Quaderni acp 2014; 21(5)

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b. Indicazioni alla profilassi per VTEdopo un trauma nei pazienti pediatri-ci ambulatoriali Per quanto riguarda i pazienti pediatriciambulatoriali non esistono indicazioniche definiscono a chi, quando e con chemodalità effettuare la profilassi primariacon LMWH.

ConclusioniNegli ultimi anni sono aumentate, in etàpediatrica, le conoscenze in merito alproblema del tromboembolismo venosoe sono stati identificati i fattori di rischioper VTE dopo un trauma. Alla luce delleattuali evidenze per il paziente critico,ricoverato in ospedale, si possono dareindicazioni sulla profilassi per VTE,mentre non emergono chiare indicazioniper i bambini con trauma, ospedalizzatima non critici, per cui dev’essere effet-tuata una valutazione caso per caso. Alivello ambulatoriale le attuali evidenzesuggeriscono che lo scenario valido inetà adulta non è replicabile in età pedia-trica in assenza di specifici fattori dirischio. La valutazione del rischio perVTE deve guidare la scelta terapeuticanel singolo paziente. È bene che il pedia-tra di famiglia conosca i fattori di rischioper VTE e di fronte a un bambino conmultipli fattori di rischio si ponga ladomanda sulla necessità della profilassi.Infine, è importante considerare la possi-bilità, rara, che anche in età pediatrica untrauma possa complicarsi con una TVP. Giulia presenta due fattori di rischio perlo sviluppo di VTE: lo stato puberaleanche se ha meno di 13 anni e l’immobi-lizzazione dell’arto inferiore destro; l’e-pisodio di TVP nel nonno, poiché si èverificato a 70 anni, non è da considera-re come fattore di rischio familiare. Alla luce delle attuali scarse evidenzescientifiche, i genitori vengono informa-ti sulla mancanza di dati circa la profilas-

si per VTE per Giulia e, dopo averdiscusso con loro i rischi del trattamento(emorragia) e i possibili benefici (prote-zione VTE), si decide di non fare la pro-filassi. u

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scenari Quaderni acp 2014; 21(5)

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Nuova revisione dell’EFSA sulla composizione dei latti formulatiIl 20 gennaio 2014 l’Autorità Europeaper la Sicurezza Alimentare (EFSA) hapubblicato sul suo sito una revisione,commissionata a un gruppo di ricercaolandese, per stabilire quali siano gliingredienti essenziali per i latti formulatiper l’infanzia, iniziali e di proseguimen-to. Gli Autori della revisione hanno rivi-sto tutta la letteratura sull’argomento dal2000 in poi, con l’obiettivo di compararele varie formule; hanno anche cercato dicapire cosa producesse, in termini dinutrizione e salute, l’aggiunta o la modi-fica di proteine, prebiotici, probiotici,acidi grassi di vario tipo, colesterolo,ferro, iodio, selenio ecc. Risultato: nulla.Non esiste alcuna documentazione scien-tifica che attesti che formule addizionatecon questi ingredienti facciano meglio diquelle non addizionate. Hanno poi fattolo stesso lavoro per comparare i latti diformula con il latte materno, definitocome allattamento esclusivo o quasi(almeno 90% di latte materno) per alme-no quattro mesi. Risultato: il latte mater-no fa sempre meglio, indipendentementedagli ingredienti più o meno numerosiche le ditte aggiungono alle loro formu-le. Infine, hanno cercato in letteraturaarticoli su problemi di denutrizioneinfantile (generica o specifica per qual-che micronutriente) in Europa. Risultato:non esiste da alcuna parte in Europa lanecessità di aggiungere qualcosa ai lattiformulati per dare risposta a presuntiproblemi di denutrizione. Ripetiamocose già note. Quello che forse non sape-vamo è quanto bassa sia la qualità dellaricerca in questo campo, viste le percen-tuali di articoli esclusi dai ricercatoriolandesi. Ma forse nemmeno questa èuna sorpresa: la ricerca sui latti di formu-la è infatti finanziata al 100% dall’indu-stria. Viene il sospetto che venga effet-tuata, volutamente, ricerca di bassa qua-lità, per usare a scopo di marketing risul-tati distorti. Del resto lo stesso succedecon la ricerca sui farmaci finanziata dallemultinazionali del farmaco, come spiegabene Ben Goldacre nel suo libro Bad

laborazione di ONG, filantropi e indu-strie. Le implicazioni di questi rapportisono infatti molto differenti: probabil-mente pericolose nel caso di una strettarelazione con industrie e singoli filantro-pi, potenzialmente virtuose nel caso delleONG. È quanto sostengono nelle paginedi BMJ Judith Richter, ricercatrice free-lance dell’Università di Zurigo, e LidaLhotska, coordinatrice per la Regioneeuropea di IBFAN, l’ONG che controllache le industrie che producono alimentiper l’infanzia rispettino le leggi che neregolamentano il marketing. I latti di for-mula, similmente alle sigarette, non pos-sono essere pubblicizzati, essendo incompetizione con il latte materno – rico-nosciuto come ottimale per tutti i bambi-ni del mondo, sia quello ricco che quellopovero – ma questa norma viene spessoviolata dall’industria. Proprio rifacendo-si all’esperienza di IBFAN, Lida Lhotskaricorda che le industrie non hanno nellaloro mission la salvaguardia della salute,ma il raggiungimento del profitto, anchequando questo mette a repentaglio la vitadi donne e bambini e in violazione dellalegge.

Paradossi nella sponsorizzazionedi manifestazioni sportiveUn ricercatore indipendente dell’Uni ver -sità di San Paolo del Brasile scrive a TheLancet denun ciando il fatto che chi ha lamaggiore responsabilità nei riguardi del-l’obesità infantile nel mondo è anchesponsor di manifestazioni sportive. Lebevande zuccherate sono sotto accusacome una delle cause più importanti diobesità incontrollata, soprattutto a caricodei bambini, anche nelle nazioni in via disviluppo come la Cina, l’India e il Bra -sile. Le multinazionali del cibo si affan-nano invece a sostenere, con campagnemiliardarie, che l’obesità è causata dallamancanza di attività fisica. Stante questacontroversia è singolare che il primoCongresso internazionale su Attività fisi-ca e Salute pubblica, tenutosi a Rio deJaneiro in aprile, sia stato sponsorizzatoproprio dalla Coca-Cola. Come è singo-lare che fra gli sponsor dei mondiali di

Pharma, recentemente pubblicato anchein Italia con il titolo Effetti Collaterali.

L’Antitrust sanziona tre ditte per immagini su latte in polvere e biberonL’Autorità Garante della Concorrenza edel Mercato ha deciso di sanzionareMondadori, Unifarm e Philips per unapubblicità occulta inserita in un serviziosulla maternità di Belen Rodriguez, pub-blicato dal settimanale Chi. Le sanzionidecise sono pari a 70mila euro ciascunoper Mondadori e Unifarm e a 50mila europer Philips. Nel servizio, intitolato“Belen con il suo Santiago” erano ripor-tate, ingrandite, riquadrate in rosso e iso-late dal contesto, le immagini di un latteper neonati, Neolatte1, e di un biberondella Avent. Nelle didascalie che accom-pagnavano le foto venivano specificatiprezzi e proprietà dei due prodotti: in par-ticolare il latte artificiale veniva indicatocome “un tipo di latte in polvere per lat-tanti con Bifidus naturali, che favorisco-no una sana e buona digestione” mentreil biberon “in PES (Polie ter sulfone) perneonati, riduce al minimo l’aria nellapancia evitando coliche e irritabilità”. Illatte Neolatte1 è prodotto da un’aziendatedesca ma distribuito nel canale dellefarmacie da Unifarm. La società olandesePhilips produce anche prodotti per lemamme e i bambini, fra i quali il biberonPhilips Avent. Secondo l’Antitrust, pur inassenza di una prova diretta dell’accordo,è stato possibile desumere la natura pub-blicitaria del messaggio da moltepliciindizi precisi e concordanti quali: la col-locazione delle foto, le informazioni suiprodotti, la differenza tra il servizio inbozza (che non conteneva riferimentispecifici a prodotti individuati e alle lorocaratteristiche) e quello poi pubblicato.Nell’impaginazione mancava inoltrequalsiasi accorgimento o indicazione cherendessero evidente ai consumatori lanatura promozionale delle immagini.

L’OMS sbaglia direzioneL’Organizzazione Mondiale della Sanità(OMS) cambia rotta, ma talvolta sbagliadirezione, come quando si apre alla col-

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Rubrica a cura di Sergio Conti Nibali

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calcio 2014 e delle Olimpiadi 2016 cisiano Coca-Cola e McDonald’s, con ilbeneplacito delle organizzazioni sportiveinternazionali.Non esiste una chiara contraddizione semultinazionali del cibo e bevande offro-no il loro sostegno allo sport e all’attivitàfisica? (Lancet 2014;383:2041).

Medicina narrativa a OristanoLa medicina narrativa entra a pieno tito-lo nella pratica clinica, tanto che la Asl diOristano, tra le prime in Italia, ha decisodi inserirla nella propria programmazio-ne triennale. «È ormai riconosciuto ilvalore curativo della comunicazione tramedici e pazienti – spiega il DirettoreGenerale della Asl oristanese, MarianoMeloni, che ha creduto nel progetto tantoda inserirlo nelle azioni strategiche su cuil’azienda punta per migliorare la propriaofferta – perché ascoltare e rimettere alcentro la persona malata significa arriva-re a diagnosi più corrette, più precise epiù rapide, instaurare con i pazienti unaalleanza terapeutica che permette di ade-rire con maggiore convinzione alle cureproposte e renderle quindi più efficaci».Il percorso di medicina narrativa dellaAsl di Oristano coinvolge cento operato-ri sanitari, fra medici, infermieri, fisiote-rapisti, logopedisti, assistenti sociali,pro venienti da cinque Unità Operative(UO) impegnate nella diagnosi e nel trat-tamento delle malattie croniche. In -teressate al progetto sono Diabetologia,Oncologia, Ematologia, Nefrologia eDialisi, Centri di Salute Mentale: dopoun periodo di formazione, gli operatori ei pazienti dei cinque servizi racconteran-no, a campione e su base volontaria, lamalattia e il rapporto fra sanitario epaziente attraverso uno strumento narra-tivo che funzionerà come una sorta didiario personale. Le storie, cinque perogni UO, saranno poi analizzate con l’o-biettivo di far emergere criticità e sugge-rimenti che possano servire a migliorarela pratica clinica. «Il progetto di medici-na narrativa avviato dall’Asl 5 ha duepeculiarità all’interno del panorama ita-liano – spiega Eliana Zuin, dell’UO diFormazione, che ha curato il percorso.

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La prima è che nessun’altra azienda sani-taria ha istituzionalizzato questa praticacome invece ha fatto la nostra, che l’hainserita nella programmazione aziendale.Inoltre noi coinvolgiamo non solo ipazienti, ma anche i sanitari (medici,infermieri e altre figure professionali chehanno un ruolo terapeutico), a cui chie-diamo di raccontare il proprio rapportocon i malati e con i loro familiari.L’obiettivo è quello di far sì che ancheloro si interroghino sul proprio operato esiano stimolati a fare meglio». Ma il pro-getto dell’Asl oristanese è pioniere ancheper un altro motivo: «Ciò che è emersodalla conferenza internazionale che si ètenuta a Roma dall’11 al 13 giugno scor-si presso l’Istituto Superiore di Sanitàproprio sul tema della medicina narrativa– rileva Eliana Zuin – è che occorronodelle linee guida comuni che orientino leaziende sanitarie nell’applicazione dellamedicina narrativa e nella raccolta dellestorie. Attualmente un panel di espertiinternazionali è al lavoro per crearle, mala nostra azienda sanitaria si è già dataqueste regole, perché a monte c’è giàstato un lavoro di formazione, di studio edi elaborazione di uno strumento narrati-vo che orienterà sanitari e pazienti nelracconto delle proprie emozioni e dellapropria storia».

Nasce la “Rete Sostenibilità e Salute”Ventuno organizzazioni no profit italianehanno formato una Rete di coordinamen-to per affermare, tramite la sottoscrizionedella “Carta di Bologna”, un modellodifferente di salute e sanità, “realmente”sostenibile. Il modello della crescita eco-nomica senza limiti – afferma Jean-LouisAillon, portavoce della Rete – ha i giornicontati, non è più sostenibile dal punto divista sociale e ambientale e non è ingrado di assicurare la tutela della salutedei cittadini, in quanto questo processova a minare la qualità dell’ambiente equei fattori socio-culturali da cui la salu-te dipende, arrivando oggigiorno aminacciare gli equilibri stessi della vitasul pianeta. I cambiamenti climaticicomportano rischi concreti per la saluteumana, afferma Samuel Myers della

“Harvard Medical School”, e i loro effet-ti indiretti metteranno a rischio la qualitàdella vita di centinaia di milioni di perso-ne, generando costi enormi per i SistemiSanitari pubblici. Dall’altra parte il NewEngland Journal of Medicine indica conchiarezza il percorso da intraprendere:«Perché le popolazioni vivano in manie-ra sostenibile e in buona salute nel lungoperiodo, il settore sanitario deve rimodel-lare il modo in cui le società umane pia-nificano, costruiscono, spostano, produ-cono, consumano, condividono e genera-no energia». Recenti studi confermanoche su 2500 prestazioni sanitarie suppor-tate da buone evidenze scientifiche soloil 46% è sicuramente utile e il 4% è giu-dicato dannoso, e che chi vive in regioniad alta intensità prescrittiva sperimentalivelli di sopravvivenza peggiori di chivive in regioni a bassa intensità prescrit-tiva. Occorrono quindi, secondo la “ReteSostenibilità e Salute”, una cultura e unasocietà alternative, non basate esclusiva-mente sul paradigma economico del pro-fitto e dell’efficienza fine a se stessa, e ingrado di superare le disuguaglianze efavorire l’affermazione del diritto allasalute di tutti i cittadini e cittadine. Oggipiù che mai, infatti, curare significa pren-dersi cura del pianeta su cui viviamo.Su questi presupposti è stata recentemen-te sottoscritta la “Carta di Bologna per laSostenibilità e la Salute”, che formalizzala nascita della “Rete Sostenibilità eSalute”. «Nell’ottica della sostenibilità – spiegaAillon – i modelli di salute, sanità e curadevono porre al centro la persona, privile-giando l’attenzione al paziente. Inte gra -zione tra saperi, interazione dei professio-nisti e delle organizzazioni, e im portanzadelle sinergie con le medicine tradiziona-li e non convenzionali, sono parole chiaveimportantissime. È indispensabile che ilServizio Sanitario Nazio nale, basato sullaprevenzione e sull’assistenza primaria,resti una risorsa per tutti, senza disegua-glianze di accesso, indipendente dalleinfluenze del mercato, sulla base di unsistema che valuti i risultati in termini di“produzione di salute” e non solo dinumero di prestazioni sanitarie erogate»(www.sostenibilitaesalute.org).

salute

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Rubrica a cura di Maria Francesca Siracusano

“Tutte le famiglie felici si somigliano: o -gni famiglia infelice lo è a modo pro-prio” è una citazione tolstojana ripropo-sta ai lettori d’oggi da Muriel Barbery neL’eleganza del riccio e che bene si ac -com pagna a quello che sovente ci ripeteuna psichiatra infantile che frequento: inogni famiglia nella quale c’è un segreto,un non detto, spesso sono proprio i bam-bini che, inconsapevolmente, se ne fannocarico, ne portano il peso e ne pagano leconseguenze. L’analisi delle difficoltà, del disagio, deisintomi anche somatici che un bambinooffre alla nostra attenzione, le intuizioniche talora emergono dalla conoscenzaappena più approfondita delle dinamichefamiliari possono a prire uno spiraglio sul“segreto” custodito in quella famiglia.Sapere afferrare que sto lampo di luce sa -rebbe già tanto, andare oltre richiedemol to, molto me stiere. Il lettore che avesse questo me stiere po -trebbe cogliere nelle paure, nelle ango-sce, e nei pensieri ossessivi di N i co lasl’espressione di qualcosa che è sopra dilui, che lo avvolge e lo opprime senzache lui abbia alcuna percezione di qualeforma abbia questo qualcosa. La settimana bianca, che tra molte vi -cissitudini, trascorrerà in montagna conla sua classe, darà al lettore – e, c’è daaugurarsi, anche a Nicolas – la chiaveinterpretativa di tutto. Non sappiamoquale uso farà di questa chiave perché ilfinale è per così dire, aperto. Intuiamoche, dopo la settimana bianca, la vitafutura di Nicolas potrà dipanarsi lungodue sentieri del tutto opposti: quello dellaconoscenza, della comprensione profon-da e del possibile riscatto per se stesso eper la storia della propria famiglia, oppu-re quello della caduta in un’oscurità

Emmanuel CarrèreLa settimana biancaAdelphi, 2014pp. 139, euro 16

La famiglia custodedel “segreto”

Nadine GordimerL’aggancioUniversale Economica Feltrinelli, 2003pp. 270, euro 8

La ricerca di un linguaggiotra mondi diversi

tra persone di culture diverse, ma anchele radici e le ragioni dell’amore in sé; incui indaga sulle difficoltà intrinseche inquesto incontro, ma anche sulla difficoltàdi accettare un uomo o una donna comealtro da sé; sul dramma della mancanzadi certezze di chi è costretto alla migra-zione e non ha documenti. Ho scritto larecensione di questo libro proprio nelgiorno in cui è arrivata la notizia dellamorte di Nadine Gordimer, che ha vissu-to per scrivere e per rendere il Sud Africalibero, e che ha ricevuto nel 1991 ilNobel per la sua opera che i giurati defi-nirono “di grandissimo beneficio all’u-manità”. A noi resta il piacere di leggeretutti i suoi libri.

Maria Francesca Siracusano

Dario MaestripieriA che gioco giochiamo noi primati. Evoluzione ed economiadelle relazioni sociali umaneRaffaello Cortina Editore, 2014pp. 346, euro 26

Comportamenti umani ed evoluzione

Con la prospettiva di alcune ore eccezio-nalmente vuote da potere riempire con lalettura, di corsa prima di partire, ho deci-so di comperare una copia di un libro giàletto, opera di una scrittrice che mi piacemolto. L’aggancio il titolo italiano, strana tradu-zione dell’originale Pickup. “Ecco: a ve -te visto. Ho visto. Quel gesto. Una donnain uno dei tanti ingorghi che sono all’or-dine del giorno in città, in qualsiasi città.Non ricorderete l’episodio, né sapretechi è la ragazza. Io sì, invece, perché apartire da quell’immagine scoprirò – nella forma del racconto – le conse-guenze di quella banale disavventuradella strada; dove l’avrebbero portata ecome. Le sue mani alzate, aperte”. Inizia così la storia della relazione trauna ragazza bianca e privilegiata e unuomo clandestino in un garage di Jo han -nesburg. Dapprima solo un’attrazionesessuale, perché il linguaggio dei duecorpi è il solo che hanno in comune duepersone così differenti per nascita, tradi-zioni, educazione e cultura. Ma quandoAbdu viene rintracciato e, in qualità diimmigrato illegale, gli viene notificatal’espulsione, Julie dovrà fare i conti conla sua vita, i suoi sentimenti e il valoredella sua libertà. Decide di seguirlo nelsuo paese poverissimo e di andare a vive-re con lui e la sua famiglia musulmana. Equesta decisione sarà l’inizio di un per-corso, attraverso la polvere, il deserto,l’esclusione e l’accettazione. Un roman-zo in cui la Gordimer esplora sì l’amore

Più di trecento pagine in cui si confrontal’uomo con gli altri primati: è giusto? Inrealtà noi non discendiamo dalle scim-mie, questo lo sanno tutti, e anche scim-panzé, orango, gorilla, bonobo, babbui-no, gibbone, macaco (tutte scimmie an -tro pomorfe) in coro proclamano che nondiscendono da noi. Abbiamo semplice-mente dei progenitori in comune. Poi, milioni di anni fa, ognuno per la suastrada. Perché allora gli psicologi evolu-zionisti offendono l’onorabilità dellanostra specie con queste irritanti compa-razioni? Tra i tanti motivi, tutti spiegatiin questo libro, vi ricordo l’inerzia filo-genetica, una tendenza biologica a nonlevarci di dosso le caratteristiche dell’an-tenato che ci ha preceduto. E, purtroppo(il purtroppo è rivolto ai puristi della spe-cie Homo sapiens), sembra che sianopresenti continuità filogenetiche perun’ampia gamma di comportamentisociali complessi.

senza fine dalla quale – fantasia del tuttopersonale e probabilmente impropria –potrebbe emergere un nuovo HannibalLecter.

Enrico Valletta

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libri Quaderni acp 2014; 21(5)

buona

AA.VV.Io mangio come voi. Comeiniziare una sana alimenta-zione ai 6 mesi e proseguirefino ai 99 anniTerre di Mezzo Editore, 2014 pp. 76, euro 11

Non le solite pappe

L’idea del libro nasce da un lungo lavorosvolto insieme a 400 mamme che hannodescritto l’alimentazione del proprio pic-colo e le difficoltà incontrate nell’affron-tare il delicato momento dell’introduzio-ne dei cibi diversi dal latte. Quando i bimbi assaggiano per la primavolta omogeneizzati e pappine, non sem-pre lo fanno con piacere. Perché non ini-ziare subito a proporre loro cibi sani,semplici da preparare, ma allo stesso

tempo gustosi e adatti a tutta la fami-glia? Le ricette di questo libro, scritte dastudiosi e nutrizionisti che hanno raccol-to l’esperienza di tanti genitori, permet-tono di condividere da subito con i proprifigli l’amore per la tavola, e prepararepasti salutari, bilanciati e stuz zi can -ti. Dalla colazione ai piatti unici, passan-do per primi, secondi e contorni, 63 ricet-te con l’indicazione chiara dei gruppi ali-mentari principali che contengono, e dicome adattarle anche ai piccolissimi. In ogni ricetta vi sono dei simboli colo-rati che identificano sia i principali grup-pi alimentari (cereali, carne, pesce, latte,uova, legumi, verdura, frutta, fruttasecca, olio e burro) sia le possibili moda-lità di adattamento e degustazione per ipiù piccoli. I colori dei simboli aiutano a capirequanti gruppi alimentari si stanno assu-mendo in quel pasto, non la loro quantitào importanza, Gli Autori sono un gruppodi studiosi, nutrizionisti, pediatri, biolo-gi, epidemiologi dell’Unità per la Ri cer -ca sui servizi sanitari dell’Ospedalematerno-infantile “Burlo Garofolo” diTrieste, a cui si sono aggiunti un artistacuoco e l’esperienza di tantissimemamme. Un consiglio: la ricetta del baccalà allavicentina di nonna Rita!

Sergio Conti Nibali

« Penso di aver iniziato a scrivere fin dabambina, quando, nei tragitti lunghi obrevi sul sedile posteriore dell’automobiledei miei genitori, in silenzio raccontavo ame stessa storie, dialoghi, impressioni.Oggi rivivo spesso questo tipo di esperien-za nei viaggi aerei di una certa durata; traun qui e un lì, le necessità di interagire congli altri, conduco una vita interiore, l’inte-riorità dell’immaginazione individuale».

Nadine Gordimer, Vivere con uno scrittore

Tra giustizia e compassione

Giorgio FontanaMorte di un uomo feliceSellerio editore Palermo, 2014pp. 280, euro 14

Giorgio Fontana è un giovane scrittorenato nel 1981. Questo non è il suo primoromanzo. Siamo nella Milano del 1981, non a casol’anno di nascita del narratore e annoferoce e tragico per le stragi terroristiche.Il protagonista della storia è un magistra-to, Giacomo Colnaghi, in prima linea

nelle indagini sul terrorismo. Colnaghicoordina un piccolo gruppo di inquirentie indaga sulle attività di una banda arma-ta responsabile dell’omicidio di un uomopolitico. La storia si snoda in parallelo attraversola vita del magistrato, fatta di solitudinee di sguardi attenti verso un quotidianodifficile ma anche di piccole felicità, e laMilano di allora, scenario di stragi e digrandi inquietudini. Il dubbio accompa-gna costantemente il suo lavoro, tanto daprovare perfino empatia, in alcune occa-sioni, nei confronti dei terroristi e dellepersone che cerca disperatamente diarrestare. Il suo metodo investigativo è fatto nonsolo di prove ma anche di voglia di capi-re i meccanismi attraverso i quali unapersona possa arrivare a dare una svoltacosì dura e tragica alla propria vita, e l’o-rigine delle ferite così profonde di unasocietà. La sua è la continua ricerca di uncompromesso tra giustizia e compassio-ne. Colnaghi è una persona molto reli-giosa, appassionatamente cattolica, e lasua religiosità, spesso tragica, lo accom-pagna sempre nel lavoro. Sono poi le sueumili origini a emergere spesso e arafforzare in lui la convinzione che inuna società aperta, nonostante le vicendedel periodo, sia possibile riuscire a per-seguire degli obiettivi. La figura di un uomo solo, con un padreche non ha conosciuto, che lo ha lasciatopiccolissimo morendo durante un’azionedi lotta da partigiano, un padre che haamato e le cui gesta eroiche hanno inqualche modo per lui giustificato l’ab-bandono subìto. La bellezza di questoromanzo sta nella riflessione, che stimo-la nel lettore, sul senso profondo dellagiustizia e nella narrazione pulita, incisi-va e delicata. Colnaghi appare da subitocome vittima destinata e il senso dellamorte è presente durante tutto lo svolgi-mento del racconto; tuttavia esso èaccompagnato spesso da una felicità nongiustificata ma che traspare e appare inmaniera spontanea e innocente. Belli iritratti dei vari personaggi che accompa-gnano il magistrato, dagli amici ai colle-ghi di lavoro, alle persone, come il ferro-viere, incontrate casualmente. Un ro -man zo da leggere e da consigliare.

Stefania Manetti

Ecco perché molti psicologi studiano icomportamenti sociali, le relazioni amo-rose, il sistema di attaccamento madre-figlio, il legame di coppia nelle diversespecie di primati. La nostra socialità èmodellata dalla selezione naturale e daquella sessuale e, per spiegare moltisistemi di comportamento (umano e ani-male), gli psicologi hanno imparato ausare modelli matematici esportati dallescienze economiche, come la Teoria deiGiochi che spiega come il nostro com-portamento razionale sia legato a un’ana-lisi costo/beneficio… non sempre consa-pevole. Ho appena scritto “razionale” eho sbagliato: i biologi evoluzionisti nonpresumono l’esistenza di alcun pensierorazionale conscio da parte degli animali,umani compresi. E qui l’agitazione del lettore è alta: comeè possibile che il frutto del nostro liberoarbitrio finisca per somigliare a ciò che lescimmie hanno fatto nella giungla permilioni di anni? Lascio la risposta allepagine di questo bel libro scritto da unoscienziato italiano emigrato in USA; inun capitolo del libro dal titolo “Siamotutti mafiosi” racconta la sua vicenda ita-liana che ha un sapore, molto amaro, pernulla biologico ma di consuetudine… oforse è la stessa cosa?

Costantino Panza

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Quaderni acp 2014; 21(5): 228

La relazione economica tra medico e industrie farmaceutiche odi apparecchiature sanitarie è altamente dibattuta; è stimato cheil 71% dei medici nel 2009 abbia preso compensi o omaggi dalleindustrie. Negli Stati Uniti è stato recentemente approvato ilSunshine Act che obbliga a informare pubblicamente sui rappor-ti finanziari che intercorrono tra singolo medico e industria.Nello Stato del Massachusetts, il Pharmaceutical and MedicalDevice Manufacturer Code of Conduct richiede già dal 2009 diregistrare in un apposito database elargizioni dell’industria versoi medici di valore superiore ai 50 $. Dai dati raccolti da luglio2009 a dicembre 2011 si rileva una spesa totale di oltre 76 milio-ni di dollari; i medici interessati ai compensi erano 6530 nel

LA GIORNALISTA. Se qualcuno non fosse convinto della necessità ditrasparenza nei rapporti tra medici e industria e in generale nelle stra-tegie di politica sanitaria, dovrebbe tenere a mente un caso paradig-matico: la pandemia da virus A/H1N1. Era il 2009, l’influenza suinadilagava in tutto il mondo e a giugno l’Organiz za zione Mondialedella Sanità (OMS) elevò l’allarme al livello massimo, il sesto: tantobastò a far scattare gli accordi di prelazione siglati anni prima dagliStati con le aziende farmaceutiche per la produzione di vaccini pan-demici. Una boccata d’ossigeno per l’industria in un momento di crisiglobale, che si è tradotta in profitti milionari. Quasi tutti gli Stati occi-dentali corsero all’acquisto, salvo rare eccezioni (la Polonia). In Italiae altrove la campagna vaccinale fu un flop. Il migliore giornalismoinvestigativo e scientifico europeo svelò in quei mesi le relazioni “peri-colose” tra alcuni esperti del segretissimo Emergency Committee checoadiuvava il segretario generale dell’OMS e Big Pharma. Nel feb-braio 2010 l’OMS ammise davanti al Consiglio d’Europa errori e con-dizionamenti. Segretezza e opacità hanno marchiato la gestione dellapandemia 2009. Terribile la lezione che tutti, e i medici in particola-re, dovrebbero ricordare: la prima vittima della mancanza di traspa-renza e dei conflitti d’interesse a ogni livello è la credibilità delle auto-rità sanitarie e della medicina.

Manuela Perrone, Il Sole 24 ORE Sanità, Roma [email protected]

IL FARMACOLOGO. Come tutte le iniziative che segnalano unritorno alla “normalità” (in fondo è questo il senso più vero dellanuova legge: da una parte dev’essere chiaro se il medico rispon-de all’interesse del/la paziente o dell’industria, e dall’altra ilcome/quanto l’industria manipola il mercato) un “benvenuto” èd’obbligo. Come sarebbe ovvio l’auspicio anche in Italia. Ladomanda rimane – totalmente aperta, anche negli USA – se ilmercato è compatibile con la trasparenza: la tendenza più difondo, infatti (ed è molto più preoccupante e invadente del paga-mento diretto dei medici), è quella di fare sempre più, di tuttele prestazioni mediche, un settore assolutamente competitivodel mercato, e sempre meno un “servizio”. Non è un problemadi nomi, ma di cultura. Il fatto di dichiarare quanto qualcunoriceve dall’industria può essere “venduto” come segno di merito:è tanto bravo che anche l’industria lo paga. Sunshine è un tas-sello per regolare il conflitto di interessi: ma non si capisce per-ché la sanità – una volta che non è più un’area del diritto soprat-tutto per chi sta peggio, ma un mercato qualsiasi – dovrebbeessere più “virtuosa” di altre aree di mercato e di professionisti:avvocati, esperti, economisti, banchieri... Sempre ricordandociche l’Italia per la non-trasparenza (dal fisco in giù) è Paese lea-der a livello globale.Gianni Tognoni, Direttore Consorzio “Mario Negri Sud”, Chieti

[email protected]

*Kesselheim AS, Robertson CT, Siri K, et al. Distributions of Industry Payments to Massachusetts physicians. N Engl J Med 2013;368(22):2049-52.

2010, e 5921 nel 2011. I compensi sono stati suddivisi in serviziin bona fide, cibo, finanziamenti per formazione o training, studidi marketing, donazioni, conferenze, programmi di educazionemedica. La più comune forma di pagamento è risultata essere ilcibo (14.251 pagamenti per un totale di 2,4 milioni $); mentre icompensi per servizi in bona fide sono stati quelli a più alto valo-re (8432 pagamenti per un totale di 67 milioni $). La media deipagamenti verso i professionisti è stata di 4637 $ nel 2010 e 4944$ nel 2011: i meno pagati sono stati i medici di medicina gene-rale e i pediatri di famiglia; gli ortopedici sono stati i più pagati,con oltre 18.000 $ in trenta mesi per professionista. Non sonostati conteggiati omaggi di costo inferiore ai 50 $. u

L’EPIDEMIOLOGO. Leggere questo articolo causa tristezza, ma non sor-presa. Sono decenni infatti che mi batto, senza grandi risultati purtroppo,affinché i medici (ma anche altri professionisti della salute) non intratten-gano, o pongano fine a relazioni pericolose con chi considera la salutecome un mercato, sia nel senso nobile del termine (il luogo dove si scam-biano merci) sia in quello deteriore (il non luogo dove vince chi sa trarre imaggiori profitti nel minor tempo possibile, spesso vendendo fumo).Nonostante l’impegno, mio e di molti altri, per mettere un freno a questolento scivolare in sabbie mobili dalle quali diventa a un certo punto impos-sibile liberarsi, l’andazzo è diventato la norma. Tanto che molti non cifanno più caso. È triste constatare che c’è voluta una legge, conseguentealle denunce di un senatore e poi voluta dal presidente Obama, percostringere gli attori di queste relazioni pericolose, medici e industria, arendere per lo meno trasparenti i loro scambi, sperando che prima o poiprovino un qualche senso di vergogna. Mi piacerebbe che in Italia nonfosse così, che con uno scatto d’orgoglio i miei colleghi decidessero dianticipare l’Obama nostrano che prima o poi introdurrà nel bel paese unSunshine Act. Speranza in teoria realizzabile, per quanto improbabile.Perché nel mio immaginario, nei miei sogni, vorrei che di un Sunshine Actnostrano non ci fosse bisogno. Ma si sa: i sogni svaniscono al risveglio.

Adriano Cattaneo, Epidemiologo, associato a Ibfan Italia e“NoGraziePagoIo”, Trieste

[email protected]

Rubrica a cura di Costantino Panza

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In USA obbligatorio informare pubblicamente sull’elargizionedi denaro a ogni medico da parte dell’industria. E in Italia?

IL POLITICO. Nella mia esperienza di medico, negli USA, ho verificato quan-to possa diventare ingombrante la presenza delle aziende e, con il tempo, èemersa spontaneamente l’esigenza di dotarsi di strumenti sempre più effica-ci per regolamentare questo delicato rapporto. In Italia non abbiamo ancorauna normativa simile a quella americana, ma ritengo sia soltanto una que-stione di tempo. Del resto anche in politica stiamo assistendo a una semprepiù legittima e giustificata richiesta di trasparenza da parte della popolazio-ne, affinché istituzioni e pubblica amministrazione garantiscano libero acces-so alle informazioni e permettano così di rafforzare il necessario rapporto difiducia fra cittadini e operatori dei diversi settori. Si tratterà di trovare formuleadatte alla nostra cultura, che tengano in considerazione il sempre crescentespirito di iniziativa e di autonomia delle persone ammalate nei confronti dellescelte legate al proprio percorso terapeutico. Tuttavia nulla cambierà senzala buona volontà e l’assunzione di responsabilità da parte dei medici e deiricercatori. Soprattutto per i giovani specialisti è indispensabile giungere pre-parati e consapevoli dei potenziali rischi di condizionamento, ma anche disupporto corretto alla propria attività, da parte dell’industria. Ho sempresostenuto l’esigenza di inserire nei corsi di laurea opportunità concrete dipreparazione, anche etica, all’esercizio della professione e al rapporto conil paziente. Fiducia, trasparenza, correttezza, dialogo, libera scelta informa-ta sono la base della comunicazione medico-paziente che qualsiasi nuovanorma dovrà garantire e rafforzare.

Ignazio R. Marino, M.D., FACS Professore di Chirurgia, Jefferson Medical College;Sindaco di Roma Capitale

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PremessaQuando all’inizio del 2009 la RegioneVe neto assumeva la decisione di investi-re in una “Indagine sui determinanti delrifiuto vaccinale” nell’infanzia, affidan-dola al Dipartimento di Prevenzionedell’ULSS 20 di Verona, forte dell’espe-rienza di capofila del programma “Ge -nitoriPiù”, l’opinione prevalente trapediatri di famiglia (PdF) e assistenti sa -nitarie o medici del servizio vaccinalecollocava la scelta dei genitori “rifiutan-ti” (1,5-2%) dentro un orizzonte ideolo-gico poco scalfibile, confinando la possi-bilità di un dialogo a quei genitori cheaderivano solo per alcune vaccinazioni(3%). Di contro non vi era particolarepreoccupazione per i genitori che accet-tavano in toto l’offerta vaccinale (95%),per lo più bisognosi di qualche autorevo-le rassicurazione di fronte al timore fisio-logico davanti a quello che rimane, inogni caso, un intervento sanitario su unbambino sano.La scelta di sospendere l’obbligo vacci-nale, disposta dalla Legge Regionale n. 7del 23 marzo 2007, poggiava su diverseimportanti motivazioni, tra cui quest’ul-timo dato, espressione di un’adesioneconsolidata e di una soddisfacente effi-cienza del sistema.Nella fase culminante dell’indagine,all’inizio del 2011, non si registravanoparticolari flessioni nelle coperture vac-cinali (dal 95,6% al 94,4% per l’esava-lente nel primo triennio di applicazione);tuttavia alcune aziende sanitarie del terri-torio pedemontano erano particolarmen-te, e tradizionalmente, impegnate da un

significativo fenomeno di rifiuto attivo.La flessione, che peraltro è sembratainvestire anche altre Regioni, si è tuttaviagradualmente estesa a territori limitrofi,fatti oggetto di un particolare fiorire diiniziative contrarie alle vaccinazioni,dove attualmente si segnala una diffi-coltà a mantenere alte coperture, cheperò vengono riguadagnate nel tempo,ma non senza un lavoro impegnativo. La fragilità dell’idea iniziale di potercontare su genitori vaccinatori “fideliz-zati” e la tendenza a ritardare il momen-to delle vaccinazioni in realtà sono duetra i più importanti elementi anticipatidall’indagine, i cui dati hanno messo indiscussione una visione semplificata estereotipata del comportamento dei genitori.

La ricerca: obiettivi e metodoUn cambio di paradigma, improntatoall’ascolto e al dialogo, e un approccio dicounselling, applicato in modo innovati-vo a un “soggetto collettivo”, costringe-vano, quindi, a spostare l’obiettivo versoun’analisi della complessità delle sceltevaccinali di tutti i genitori, indipendente-mente dalla loro adesione all’offerta vac-cinale, totale o parziale o di rifiuto, e acercare di focalizzare il sistema di rela-zioni tra genitori da un lato e operatoridei servizi vaccinali e PdF dall’altro. Scelto il territorio di riferimento, circo-scritto a sei Aziende Sanitarie dellaRegione (14.953 nati, circa il 31% deinati complessivi del 2010 nel Veneto) eidentificato in base alle criticità nellecoperture della vaccinazione esavalentein cinque di queste, è stato condotto unpaziente percorso preliminare: indaginebibliografica approfondita della lettera-tura internazionale, interviste semi-strut-turate con testimoni privilegiati, nove in -

La scelta di vaccinare: uno sguardo dal ponteLeonardo Speri, Lara Simeoni, Mara Brunelli, Paola Campara, Massimo ValsecchiDipartimento di Prevenzione ULSS 20, Verona

contri di gruppo organizzati secondo latecnica quali/quantitativa informatizzataNominal Group Tecnique - NGT (tre in -con tri con un totale di 26 genitori nonvaccinatori o vaccinatori parziali e seiincontri con 66 tra operatori vaccinali ePdF)1. Da questo lavoro preparatorio è stato“distillato” un questionario che, oltre aidati di tipo socio-demografico, le espe-rienze rispetto alle vaccinazioni, le fontidi informazione e le relazioni con gli o -peratori, si è proposto di studiare le con-vinzioni dei genitori attraverso 21 affer-mazioni sul loro atteggiamento rispettoalle vaccinazioni. Per ciascun item èstato valutato, tramite una scala di Li-kert a 5 punti, il grado di accordo o disac-cordo.Il questionario finale è stato messo apunto per essere proposto, indipendente-mente dalla loro scelta vaccinale, a “tuttii genitori”, definiti successivamente intre sottogruppi e tipizzati, come rappre-sentato nella figura 1.Il questionario è stato reso disponibileper l’autosomministrazione:– in forma cartacea presso i centri vac-

cinali e i PdF delle sei ULSS (2140compilazioni valide, campione stati-sticamente rappresentativo dellapopolazione di riferimento dei genito-ri che vaccinano). In particolare, perraggiungere il maggior numero digenitori che non vaccinano o genitoriche vaccinano solo parzialmente, aiPdF è stata chiesta la consegna miratadel questionario cartaceo con bustapreaffrancata o la consegna del linkper la compilazione via web;

– via web con sistema Cawi (ComputerAssisted Web Interviewing), diffon-dendolo attraverso molti canali, inparticolare associazioni e blog2, ren-

Per corrispondenza:Leonardo Sperie-mail: [email protected]

vaccin

Abbiamo deciso di dedicare questo numero speciale di “Vaccinacipì” alla ricerca di “GenitoriPiù” sui determinanti della sceltavaccinale. Si parla molto di vaccinazioni senza però analizzare con attenzione il perché si determinino comportamenti ostili daparte dei genitori e si dà spesso per scontato di aver capito tutto. La Regione Veneto ha decretato la sospensiva dell’obbligo vac-cinale e si è spesa per formare gli operatori sanitari alle abilità comunicativo-relazionali muovendosi in un’ottica di empowerment.Per cambiare il paradigma tradizionale era necessario capire cosa i genitori sanno o pensano di sapere intorno ai vaccini e allemalattie collegate. Questa ricerca ci permette uno sguardo da un “ponte” gettato tra operatori e genitori, liberandoci da alcunipregiudizi per costruire un rapporto medico-paziente sempre meno orientato al paternalismo. Abbiamo chiesto a una mamma, a unpediatra di famiglia (PdF) e counsellor e a un medico di Sanità Pubblica di commentarne i risultati, in modo di aiutarci a vedereil problema nella sua complessità e dai vari punti di vista. Al lettore spetta farsi una opinione critica su cosa si possa migliorarenel Sistema Sanitario per aiutare i genitori a scegliere il meglio per il loro figlio, sostenendoli senza ricorrere a pratiche terrori-stiche. Siamo certi che molti speculano sulle paure dei genitori ed è nostro compito accompagnare scelte mature e consapevoli par-tendo da un ascolto attivo senza preconcetti. Attendiamo i vostri commenti numerosi ([email protected]).

Il Direttore, Michele Gangemi

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FIGURA 1: DEFINIZIONE DELLE TIPOLOGIE DI GENITORI INTER-VISTATI NELL’INDAGINE SUI DETERMINANTI DEL RIFIUTO DEL-L’OFFERTA VACCINALE

TABELLA 1: QUESTIONARI VALIDI COMPILATI PER LA SCELTAVAC CINALE E FONTE

FIGURA 2: INTENZIONE DI VACCINARE IN FUTURO IL FIGLIO

FIGURA 3: INFORMAZIONI SULLE VACCINAZIONI E PEDIATRI

TABELLA 2: I CONSIGLI DEGLI OPERATORI

TABELLA 3: CONOSCENZE DEGLI OPERATORI SULLE CONTROIN-DICAZIONI (IN VERDE LE RISPOSTE CORRETTE)

FIGURA 4: IL PROFILO DEGLI OPERATORI TRA PROMOZIONECONVINTA E NEUTRALITÀ

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dendolo pertanto accessibile su scalanazionale (2148 compilazioni valide,610 provenienti dal Veneto, dellequali 175 dal territorio delle sei ULSSpartecipanti alla ricerca). Nei questio-nari raccolti via web, campione ovvia-mente non rappresentativo, si riscon-tra un alto numero di non vaccinatori(650/2148) con un conseguente (einteressante) bias di selezione.

La risposta è stata al di sopra di ogniaspettativa (tabella 1).

I risultatiL’elaborazione dei 2315 questionari rela-tivi alla medesima coorte delle sei ULSSdi ricerca, rappresentativa della popola-zione che vaccina, ma contenente ancheun considerevole campione, sia pureautoselezionato, di genitori che avevanorifiutato ogni vaccinazione (un terzo deigenitori che non vaccinano nella coorteinteressata), ha fornito informazioni inte-ressanti e in parte inattese, tracciandouno scenario molto variegato, frutto dellacombinazione di informazioni, percezio-ni e convinzioni diverse. Concentrando l’attenzione sui dati delterritorio di ricerca, il profilo dei genito-ri che non vaccinano risulta: cittadinoitaliano, scolarità tendenzialmente eleva-ta (in particolare la madre), maggiore etàmedia, parità più alta, maggior presenzadi madri impiegate in ambito sanitario. Idati sui cittadini stranieri che è stato pos-sibile raggiungere con la ricerca, propo-sta solo in lingua italiana, confermanol’aneddotica sulla tendenza all’utilizzocompleto dell’offerta vaccinale. La prima sorpresa nell’analisi dei datiriguarda l’intenzione dichiarata sullefuture vaccinazioni (figura 2): contraria-mente all’ipotesi di partenza, tra i rispon-denti solo il 37% di chi non ha vaccinatorisulta determinato a proseguire nellascelta; per il restante 63% ci sono margi-ni di ripensamento. L’intenzione di nonvaccinare scende al 12% tra i vaccinato-ri parziali (il 28% si dichiara disponibilea seguire il calendario completo) e oltrelo 0,5% tra chi ha fatto tutte le vaccina-zioni (dato tuttavia di un certo peso intermini assoluti).Una seconda sorpresa tuttavia è il dato chepiù di altri dovrebbe interrogare operatorie decisori e che rimane invisibile per chi silimita alla superficie dei tassi di copertura:all’interno della popolazione che finora ha

vaccinato è presente una quota molto rile-vante di genitori “dubbiosi”. Nel campio-ne – statisticamente rappresentativo – so -no un preoccupante 15%.Questi genitori, anche se finora hannovaccinato, presentano a un successivoapprofondimento un profilo con evidentisimilitudini con il gruppo dei vaccinatoriparziali, soprattutto relativamente allafiducia negli operatori e ai timori suirischi da vaccinazione. Se risulta quindi di particolare importan-za il fatto che nel gruppo di chi non vac-cina ci siano ampie disponibilità al dialo-go, d’altro canto l’adesione elevatissimaall’offerta vaccinale della popolazionenon è automatica e il patrimonio di fide-lizzazione e di adesione “di default” ètutt’altro che scontato.Per quanto riguarda le fonti di informa-zione vi è una certa omogeneità tra i tregruppi nell’accesso a fonti istituzionali.Indipendentemente dalla scelta fatta, il72% dei genitori indica di aver avuto ilPdF come fonte informativa. Non tutti ipediatri, secondo i genitori, avrebberoperò consigliato l’intero percorso vacci-nale. Il dato di chi ha dichiarato di aver rice-vuto una proposta “ridotta” è pari al15%, sia per chi non vaccina sia per chivaccina parzialmente, e può essere moti-vato come mediazione o, in una prospet-tiva di counselling, come un “tenere

aperta la porta” della relazione. C’è peròun sottogruppo, pari al 4,5%, che, puravendo scelto di fare tutte le vaccinazio-ni, dichiara di aver ricevuto un consigliolimitato solo ad alcune. Questo dato vatenuto presente alla luce di ulterioriinformazioni raccolte dall’indagine e daricerche successive sull’atteggiamentodei diversi operatori e dei PdF.Il “percepito” circa le informazioni suglieffetti collaterali fornite dal pediatra nonè uniforme: dichiara di averle ricevuteben l’86% dei vaccinatori, ma meno diun terzo dei non vaccinatori (figura 3).Difficile dire se per effetto dell’atteggia-mento di partenza del genitore, che ritie-ne che vi sia di più di quello che gli ope-ratori sanno o raccontano, o dell’approc-cio impostato dal pediatra, in più di uncaso dichiaratamente influenzato da per-corsi formativi più di marketing socialeche di comunicazione, orientati a sottoli-neare pressoché unilateralmente gliaspetti positivi. C’è invece una netta differenza tra i geni-tori nell’accesso a fonti esterne al siste-ma vaccinale e al Servizio SanitarioNazionale (SSN): chi non vaccina sirivolge con maggiore frequenza alleassociazioni contrarie alle vaccinazioni,a internet e al passaparola.Anche per le fonti di informazione il sottogruppo (15%) dei vaccinatori totalima “dubbiosi” si mantiene su valori

TABELLA 4: CONOSCENZA DI CANALE VERDE

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molto vicini a quelli dei vaccinatori par-ziali, ed è così anche relativamente alleesperienze dirette o indirette di eventiavversi.Quanto alle 21 affermazioni relative agliat teggiamenti i tre gruppi presentano af -finità ma anche marcate differenze. Tuttii genitori dichiarano, per esempio, ditemere le reazioni avverse subito dopo lavaccinazione, mentre è più variabile lapercezione del rischio di effetti negativi alungo termine, che sono la preoccupazio-ne di chi non vaccina; è l’inverso per lapericolosità delle malattie prevenibilicon la vaccinazione. Secondo l’insiemedei dati raccolti la scelta di vaccinare è ilfrutto di un difficile equilibrio nella valu-tazione di rischi e benefici. L’ansia per lereazioni avverse viene mitigata dallaconsapevolezza della pericolosità dellemalattie e del valore protettivo delle vac-cinazioni. Su tutto questo però i genitori hanno in -formazioni e percezioni molto diverse, inparticolare circa la supposta reticenzadegli operatori riguardo alle reazioni av -verse, e finiscono per fare scelte diverse. Le scelte vaccinali e la valutazione delrapporto rischi/benefici sono infatti for-temente influenzate proprio da questapercezione e dall’autorevolezza o fiducianelle fonti informative scelte (chi nonvaccina ritiene che gli operatori nonsiano preparati), mentre la sospensionedell’obbligo vaccinale viene ritenuta daigenitori sostanzialmente ininfluente sulleproprie scelte. Le motivazioni di chi non vaccina, comesi è visto in parte condivise anche da chifinora ha vaccinato, sono in estrema sin-tesi le seguenti: “Le vaccinazioni vengo-no proposte su bambini troppo piccoli ein quantità eccessiva in un’unica solu-zione. Gli effetti collaterali gravi, chepossono presentarsi anche a distanza ditempo, considerato anche che si tratta diun business per le case farmaceutiche,vengono tenuti nascosti da parte di ope-ratori che danno informazioni unilatera-li sui benefici e non sui rischi, colpevo-lizzano chi non vaccina, e sono in odoredi conflitto di interessi. Il tutto peraffrontare malattie tutto sommato menopericolose dei vaccini stessi”.Trovano qui conferma sia il dato citatoall’inizio sul ritardo nelle vaccinazioniche i dubbi crescenti nei genitori, i qualiimpegnano sempre di più tutti gli opera-

tori, sia in termini di tempo che in qualitàdelle risposte.È la fotografia di un dibattito aperto, diuna contiguità e influenza reciproca tragenitori che fanno scelte diverse, diappartenenze “sfumate” ai tre sottogrup-pi e di un ruolo ancora riconosciuto, matutt’altro che indiscusso, degli operatorie dell’istituzione.

Cosa succede tra gli operatori?Il programma “GenitoriPiù” (www.geni-toripiu.it), in collaborazione con la Fon -dazione Ca’ Foscari dell’Università diVe nezia, conduce ricerche periodichesugli otto determinanti di salute promos-si, destinate sia ai genitori che agli ope-ratori, approfondendo, dove possibile, idati disponibili o funzionando da sistemadi sorveglianza pilota su un’area, quellamaterno-infantile, ancora insufficienteoggetto di attenzione.La ricerca di “GenitoriPiù” del 2012 hapotuto tener conto quindi dei dati risul-tanti dall’indagine sui determinanti dellascelta vaccinale e ha approfondito lasituazione del Veneto in un campionerappresentativo dei genitori (n. 6246) ein un campione selezionato di operatori,risultato, nonostante alcuni bias, abba-stanza numeroso (n. 1590) e in grado diindicare tendenze.Circa i genitori, cui è stato proposto unquestionario autosomministrato in occa-sione della seconda seduta vaccinale, so nostate indagate le intenzioni circa il prose-guimento del calendario vaccinale per iloro figli, già esplorate nell’in da gi ne cita-ta. Rispetto a quest’ultima viene confer-mata la tendenza al dubbio tra chi vaccina,con un dato di circa il 10% di incertezzasul proseguimento delle vaccinazioni.Per le fonti informative i genitori confer-mano la tendenza, già riscontrata in unaprecedente ricerca del 20093 e anchenelle dichiarazioni degli operatori, circaun attivismo piuttosto debole dei serviziper l’accompagnamento alla nascita e diPunti Nascita ospedalieri. Il dato ribadisce quanto riscontrato dal -l’indagine: il pediatra scende ma mantie-ne tra gli operatori il ruolo di fonte infor-mativa principale con il 62% delle scelte,mentre il dato delle informazioni ricevu-te nei gruppi pre-parto è sostanzialmentecoincidente.Da più ricerche (i dati 2009 sono confer-mati nel 2012) risulta quindi evidente

una difficoltà del sistema, non solo attra-verso le dichiarazioni dei genitori ma peraffermazione degli operatori stessi. Ricordiamo che se non si può parlare dirappresentatività statistica, possiamopensare a una selezione per sensibilità,sottolineando comunque che ha rispostoil 50% dei PdF della Regione.Vale la pena concentrarsi su questa debo-lezza e disomogeneità dell’attività infor-mativa, dal momento che in questo cam-pione le diverse categorie professionalimantengono la stessa differenziazione,come convinzioni, conoscenze, atteggia-menti e comportamenti conseguenti.Nella ricerca “GenitoriPiù” 2012 infattila frequenza dei consigli autodichiaratadagli operatori è maggiore di quella rile-vata dai genitori, comunque con moltioperatori che non intervengono sullevaccinazioni. Nei dati si mantiene lastessa forte differenza tra i pediatri difamiglia e centri vaccinali da un lato echi lavora nei servizi per l’accompagna-mento alla nascita e nei punti nascita o -spedalieri dall’altro. A questo si ag giun -ge una proporzionale tendenza alla selet-tività verso le vaccinazioni, in molti casiconsigliate “solo in parte” (tabella 2). Difficile non associare questo comporta-mento alle risposte, proporzionalmentedifferenziate tra i servizi, sulla conoscen-za delle controindicazioni alla vaccina-zione: nei servizi dove c’è meno propen-sione a dare consigli risulta una chiarasopravvalutazione del peso delle condi-zioni patologiche leggere e della prema-turità (tabella 3).Il dato evoca una tendenza protettiva erileva più una credenza che un saperebasato sull’evidenza. Viene da chiedersise questa tendenza pro tettiva, che va al dilà delle evidenze scientifiche, non sia ilfrutto di un clima generale circa la “peri-colosità” delle vaccinazioni, che solo unarigorosa ricerca e un solida convinzionepossono contraddire.A conferma di questa ipotesi è interes-sante vedere come per questi operatoripiù “protettivi”, queste convinzioni cor-rispondano a un atteggiamento di fondorispetto all’offerta vaccinale.Sono stati estratti 6 item dai 21 utilizzatinell’“Indagine sui determinanti dellascelta vaccinale” (paragrafo 1), identifi-cati, con un procedimento statistico,come quelli che meglio discriminavanoin tre gruppi i genitori tra “favorevoli”,

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“neutrali” e “contrari” alle vaccinazioni(figura 4).Sottoposti questi item agli operatori, ladistribuzione tra “favorevoli”, “neutrali”e “contrari” fa risultare ancora più evi-dente la diffusione di atteggiamentiquanto meno prudenti o incerti, soprat-tutto negli stessi servizi dove prevale unatteggiamento più “protettivo” nei con-fronti delle vaccinazioni, con la tendenzaa un debole attivismo. È interessantenotare come abbiano un peso importantele convinzioni circa le reazioni avverse,il numero di vaccini in un’unica soluzio-ne, il rapporto rischi/benefici, rispec-chiando le perplessità dei genitori.L’attenzione va rivolta allora a qualisiano le basi su cui poggiano questeconoscenze, quale sia e da dove deriviquesto debito informativo.I dati raccolti offrono una prima sugge-stione relativa alla scarsa conoscenza eutilizzo, sia in assoluto sia con la stessadifferenziazione tra i diversi servizi, del -lo strumento di monitoraggio delle rea-zioni avverse (“Canale Verde”) presentenella Regione Veneto, uno strumentofondamentale sia dal punto di vi sta epide-miologico che della consulenza clinica.Lo si conosce poco, i suoi report si leg-gono ancor meno e, limitatamente allereazioni medio-lievi, si tende a sottose-gnalare (tabella 4). La sua conoscenzapermetterebbe senz’altro di dimensionarein modo corretto l’incidenza e la gra vitàdelle reazioni avverse, dato pressochésconosciuto tra Consultori e Punti Na - scita, e comunque poco conosciuto an chedagli operatori dei servizi vaccinali.In un momento in cui i genitori sono ber-sagliati da allarmi di ogni tipo, che pro-seguono la loro efficacia nonostantesiano da tempo destituiti di fondamento,dal caso Thiomersal al dibattito vaccini eautismo, la domanda che pongono i datiraccolti è infatti su come una scarsaconoscenza dei veri rischi relativi allevaccinazioni possa costituire un elemen-to che spiega le incertezze che si manife-stano ai diversi livelli del processo dipromozione, gestione e controllo dell’of-ferta vaccinale.Quest’ultimo dato, assieme agli altridescritti, mostra la necessità tra gli ope-ratori di rafforzare e approfondire lacompetenza sulla tematica delle reazioniavverse e dell’assunzione in merito di unassetto comunicativo con le famiglie con

un profilo sorretto da abilità relazionali edi counselling.

ConclusioniSe, come si è dimostrato, la situazionedell’adesione all’offerta vaccinale è piùarticolata e complessa e se la sospensio-ne dell’obbligo vaccinale vuole rappre-sentare la rinuncia a un atteggiamentoautoritario, ormai giuridicamente “disin-nescato” e controproducente, il punto diarrivo di un sistema sanitario evoluto,cioè la piena assunzione della sfida diun’adesione libera e consapevole allevaccinazioni, passa attraverso la garanziadi un percorso di qualità nell’organizza-zione, nel monitoraggio, nella formazio-ne del personale, nell’ascolto e nellacomunicazione con i genitori. L’analisidei dati ha suggerito alcune strategie:– Strutturare i servizi vaccinali per

garantire un’offerta attiva delle vacci-nazioni con appropriate modalità dicounselling in modo da mantenere lacredibilità del sistema vaccinale gra-zie alla autorevolezza, preparazione,capacità di ascolto degli operatori.

– Intervenire nel web per fornire infor-mazioni trasparenti e complete sulvalore protettivo e sui rischi delle vac-cinazioni e contrastare la controinfor-mazione. Il sito www.vaccinarsi.orgrappresenta una prima risposta con-creta e molto seguita.

– Attivare un sistema di informazioneper i genitori e gli operatori sanitarisulle epidemie da malattie prevenibilicon le vaccinazioni. È allo studio ilrafforzamento delle strategie comuni-cative: la ripresa in termini di comuni-cazione di massa dell’allarme polio odi altre epidemie come il morbillosono ancora piuttosto deboli.

– Migliorare il sistema di informazionesui dati reali relativi alle reazioniavverse. È in dirittura d’arrivo nelVeneto la diffusione di un librettosulle reazioni avverse che accompa-gnerà il libretto delle vaccinazioni.

Questi requisiti si rilevano oggi vitali,tanto più che le coperture vaccinali sem-brano risentire di vari fattori ma nondella modalità adottata dai diversi siste-mi sanitari, impositiva o meno, come sievince anche da una rassegna delle espe-rienze europee4. L’ingrediente “fiducia” rimane fonda-mento delle scelte, e la preparazione,

l’attitudine all’ascolto e alla partecipa-zione rafforzano la credibilità – patrimo-nio irrinunciabile – degli operatori.

1 In collaborazione con Sinodè srl di Padova che hacurato tutta la parte statistica della ricerca.2 Allattare.info, Alibaba (Yahoo), AssociazioneInsieme, Bambino Naturale, Blog Vacci nar Sì/Vac -cinfo.it, GAAM, Genitori Channel, IBFAN Italia,Io e il Mio Bambino, LaLecheLeague Italia, MA -MI, mammaonline.com, mammeonline.net, Be bè acosto zero, Medico e Bambino, Progetto Na scereMeglio, Spazio Neomamma, UPPA (Un Pe diatraper Amico).3 Campostrini S, Porchia S. “Pillole di Va lu tazione-Promuovere le vaccinazioni”. In: Speri L, BrunelliM (a cura di). “GenitoriPiù: Materiale informativoper gli operatori”, Verona 2009.4 Lopalco PL. “Strategie e coperture vaccinali negliStati Europei”. http://www.vaccinarsi.org/assets/up -loads/news/2013-12-conferenza-5anni sospensio-ne/2_Strategie_e_coperture_vaccinali_europa.pdf.

Bibliografia di riferimentoEpiCentro (Redazionale). “Adesione all’offerta:quanto contano capacità di ascolto e buona comu-nicazione?”. www.epicentro.iss.it/approfondimen-ti/2013/VaccinazioniRifiutoVaccinaleVeneto.asp/.Gangemi M, Elli P, Quadrino S. “Il Counselling ov -vero una Comunicazione Efficace”. In: Speri L,Bru nelli M (a cura di). “GenitoriPiù: Materialeinformativo per gli operatori”. Verona, 2009.Pozza F, Piovesan C, Russo F, et al. “Impact of uni-versal vaccination on the epidemiology of varicellain Veneto, Italy”. Vaccine 2011;29(51):9480-7. doi:10.1016/j.vaccine.2011.10.022.Russo F, Pozza F, Napoletano G, et al. “Experienceof vaccination against invasive bacterial disease inVeneto Region (North East Italy)”. J Prev Med Hyg2012;53(2):113-5.Speri L, Simeoni L, Brunelli M, et al. “Vaccina zio -ni: dalla prescrizione all’ascolto”. Dialogo sui far-maci n. 5/2012.Valsecchi M. “Vaccinazioni, superare il divario traobbligo e scelta: l’esempio del Veneto”. www.epi-centro.iss.it/temi/vaccinazioni/Veneto2011.asp/.Valsecchi M. “Vaccinare senza obbligo di legge.Perché solo in Veneto?”. www.saluteinternazionale.info/2013/12/vaccinare-senza-obbligo-di-legge-perche-solo-in-veneto/.

N.B. La ricerca, completa di allegati e con tutta labibliografia di riferimento è reperibile in preven-zione.ulss20.verona.it/indagine_scelta_vaccinale.html dove è possibile accedere anche a tutte le sche-de delle singole pubblicazioni selezionate.

Commento di Isabella SciarrettaVerona, Associazione “Il Melograno”Per corrispondenza:Associazione Nazionale Centri informazione maternità e nascita(sito/mail: www.melograno.org;[email protected])

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L’identificazione dei genitori che attra-verso i focus group e i questionari webfossero stati disponibili a dichiarare lemotivazioni relative alle loro scelte inambito vaccinale è stata affidata alla reteveneta de “Il Melograno”, Centri infor-mazione maternità e nascita. Con unapronta adesione che ha superato lemigliori aspettative, diverse centinaia digenitori hanno raccolto l’invito a compi-lare il questionario. La ricerca sembraaver dunque intercettato una sorta dibisogno da parte dei genitori – vaccina-tori o non vaccinatori – di raccontare ipropri vissuti.Dal nostro punto di vista l’esperienza haconsentito di dare nome e voce allepreoccupazioni e alle emozioni di chideve compiere quella che è in sostanza laprima scelta genitoriale. Eccone alcune, le più frequenti, con alcu-ne considerazioni utili a definirne ilsenso. Timore. La scelta di vaccinare o menodetermina un intervento diretto sullasalute del figlio a breve e lungo termine.Rispetto a questo – cioè rispetto al dannooggettivo ed eventuale, derivante dall’u-na o dall’altra decisione, quindi rispettoalla responsabilità del proprio bambino –il valore sociale della scelta vaccinalediventa secondaria. Hanno più peso leesperienze individuali, le personali storiedi salute, i fattori ideologici che le valu-tazioni epidemiologiche e i fattori dirischio della popolazione.Confusione. I genitori di un bambino di 2 mesi sono genitori neo-nati, in fase diformazione di un ruolo, in fase di asse-stamento anche come coppia genitoriale.La scelta – la prima che proietta il lorobambino in una dimensione sociale – è dientrambi. Esce dall’intreccio di due sto-rie culturali e sanitarie diverse.Smarrimento. Il medico non è più auto-revole tout court, ma è percepito comel’esecutore tecnico di un sapere comples-so di cui però non ha più l’esclusiva.Cer cano allora altre fonti. Il 43% deivaccinatori totali ha preso informazionidal passaparola. Ma queste fonti tendonoa dare una visione negativa delle vacci-nazioni, dando spazio ai racconti suglieffetti collaterali del vaccino (provato omeno che sia, grave o meno che sia). Si èpersa invece la memoria storica dellemalattie infettive.

Desiderio. Di essere responsabili e attiviprotagonisti delle scelte di salute. Cosìcome cercano di essere consumatori con-sapevoli, danno importanza a nuovi e piùstudiati stili di vita.La ricerca ha permesso di identificarealcune richieste che i genitori portanoagli operatori sanitari che incontrano inquesta fase. Chiedono sì di essere indi-rizzati verso fonti scientifiche e di stu-diare per loro scelte personalizzate, masoprattutto chiedono ascolto. Chiedonocomprensione per la specificità delleesperienze, un accompagnamento nelrecuperare l’autonomia nella decisione;incoraggiamento alla condivisione dellariflessione tra madre e padre; valorizza-zione del processo decisionale. Delle tante e-mail che abbiamo ricevutodai nostri soci che hanno voluto raccon-tare la loro esperienza di vaccinatori onon vaccinatori, una, quella che Robertaci ha regalato, ci pare evidenzi bene ilfronte delle criticità e le prospettive perun cambiamento di rotta ormai necessa-rio. Saranno le sue parole a chiudere ilnostro intervento e far capire cosa chie-diamo al sistema sanitario.

Sono la mamma di una bambina di 26 mesi e mi trovo a scrivere queste sem-plici riflessioni riguardanti il delicatotema “vaccini”. Di fronte a moltissimiargomenti (dalle scelte sullo svezzamen-to a quelle strettamente mediche, a quel-le legate al sonno ecc.) mi ritrovo spessoa concludere che le mamme si dividono,generalmente, in due categorie. Ancheparlando di vaccini, ho avuto questaimpressione: – Ci sono le mamme che si fidano cie-camente delle figure di riferimento, icosiddetti “esperti” (in primis ipediatri), e che quindi seguono la sca-letta dei vaccini senza porsi domande.

– Ci sono quelle che vogliono capire efare una scelta responsabile, che ten-gono conto di un istinto materno. Noninvidio la prima categoria perchésono mamme che non si interrogano enon entrano in gioco in meccanismi equestioni che i genitori, a mio avviso,dovrebbero riprendersi in mano!

Trovandoci davanti alla libertà di scelta,al diritto di poter scegliere la strada dif-

ficile e tortuosa dei vaccini, io e il miocompagno ci siamo buttati in questomondo per capirne di più, come è statofatto per tutte le questioni riguardanti lacrescita della nostra bimba. Chi c’è in gioco? Oltre alla bimba, noigenitori, la pediatra, il Distretto sanita-rio e altri: il nostro omeopata di fiducia,il mio medico, internet, riviste, amici,esperienze altrui ecc.Alle richieste di informazioni, tutti hannorisposto a modo loro: al Distretto ti li -quidano col libretto sui vaccini, l’omeo-pata decisamente contrario con argo-mentazioni mediche/economiche (lineaestrema del no) ma con quel tocco diestremismo che personalmente quasi miinfastidisce; la pediatra sostenitrice delsì indiscusso e indiscutibile ma senzaspiegazioni di ordine medico-scientifico.Insomma, posizioni insoddisfacenti. Ilmio medico di base invece ha assuntouna posizione più serena: abbiamo ra -gionato insieme su aspetti medici, socia-li, economici, ma anche su questioni piùpratiche legate alla quotidianità (gestireuna malattia infettiva, stare a casa dallavoro per curare i bimbi...).In sostanza, l’omeopata con i suoi no“senza se e senza ma” non ha convintomolto, anche se con spiegazioni scientifi-che e professionali; la pediatra col suo sì“senza se e senza ma”, oltre a esserestata poco professionale, ha messo piùdubbi di prima perché non voleva nem-meno sentirsi far domande: si fanno ebasta. Per un discorso di responsabilità(“Questa è la libertà di scelta sbandiera-ta in tutt’Italia?”, pensai uscendo dallostudio).Il punto di vista del mio medico (favore-vole ai vaccini!) mi ha rasserenata sullascelta di far qualche vaccino. E così hocominciato l’iter durante il quale ho rac-colto degli aneddoti veramente antipati-ci e spero unici! Dopo aver scelto di posticipare l’esava-lente, mi sono recata al Distretto per fareil vaccino morbillo-rosolia e parotite(avrei voluto fare solo il morbillo, in unprimo momento ma non ho trovato la viaper farlo): non solo il medico, inizial-mente, si rifiutò di farmelo perché primaavrei dovuto fare l’esavalente - terzadose (dove sta scritto?), ma voleva farmifirmare una carta dove io dichiaravo diessere contro i vaccini!!! E il tutto condi-to dalle solite frasi: “Si rende conto cosa

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può succedere a sua figlia…”, con tonoallarmante.Libertà di scelta ma terrorismo psicolo-gico. Io non sono contraria ai vaccini. Mipiace capire, però. Cosa sto facendo,perché, come, quando farli, rischi/bene-fici a breve e a lungo termine.Mi ritrovo ad aver fatto dei vaccini sfor-zandomi… quando bastava forse qual-che discorso ben fatto da parte di medi-ci, pediatri, operatori sanitari in genere.Senza giudizi.

Commento di Patrizia ElliPediatra di Famiglia e counsellorBuccinasco (MI)[email protected] grande novità che emerge dall’analisidei dati raccolti con la ricerca riguardaprevalentemente la presenza di sotto-gruppi all’interno di quelli che, nel pen-sare comune, vengono classificati comedue gruppi omogenei di genitori: i vacci-natori e i non vaccinatori. Il dato più im -portante e da valutare riguarda quei geni-tori che, sebbene abbiano vaccinato, nonproseguiranno più nel calendario vacci-nale proposto e, all’opposto, il notevolemargine di lavoro con chi non ha vacci-nato ma che potrebbe rivedere le propriedecisioni.Non è una novità ma una preoccupanteconferma l’aver evidenziato non solo ladifformità delle informazioni fornite daidiversi professionisti della salute, ma an -che la scarsa preparazione di molti opera-tori. Non è casuale che venga sottolineataproprio nelle situazioni di rifiuto vaccina-le dove il genitore, per arginare le propriepaure, avrebbe bisogno di trovare autore-volezza e professionalità nelle informa-zioni. È proprio da questo dato che occor-re partire: in una medicina dove da anniimpera la legge delle evidenze scientifi-che non è pensabile che gli stessi operato-ri sanitari diano informazioni basate suproprie opinioni, timori, credenze. Se non si provvede ad assicurare una for-mazione seria su tutta la tematica vacci-nale che coinvolga tutti gli operatoriimpegnati in questa area (medici vacci-natori, infermieri, PdF, medici di fami-glia, assistenti sanitarie), utilizzandoanche momenti di formazione comune

per facilitare il confronto e uniformare illinguaggio e i contenuti, servirà ben pococurare le abilità di counselling. L’o -biettivo dev’essere quello di trasmetterecontenuti seri, autorevoli, professionali,scientifici, condivisi dai singoli compo-nenti del sistema sanitario, all’interno diuna relazione che preveda la specificitàdi ogni genitore, il suo ascolto e la rispo-sta ai suoi dubbi. Il PdF non è solo ma opera all’interno diun sistema: collegarsi alle strutture vacci-nali del territorio permette un confronto eun aggiornamento continui e la trasmis-sione di informazioni non discordanti econfondenti a chi già ha dei dubbi.Rimanendo nell’ambito dell’informazio-ne, sicuramente avere a disposizione siticome “Vaccinarsì” è di grande utilità, mala ricerca ci ricorda che i genitori che nonvaccinano si rivolgono ad associazioniche a loro volta accedono a siti “antivac-cinali”. In questi casi il medico o l’ope-ratore sanitario con abilità di counsellingpotrebbero:– farsi indicare le fonti per consultarle

personalmente;– aiutare il genitore a capire perché

siano poco attendibili (es. spesso nonci sono riferimenti bibliografici e, seci sono, sono molto vecchi oppure leinformazioni sulle malattie per lequali ci si vaccina non sono completeo esaustive…);

– cercare di raccogliere informazionisui medici che scrivono in questi siti(sono iscritti agli ordini professionali?Se lo sono, l’Ordine è a conoscenza diquanto affermano? È possibile solleci-tare l’Ordine a un richiamo dei mede-simi?).

Tornando alla nuova tipologia di genito-ri che la ricerca ha evidenziato, è ovvioche non è più possibile generalizzare:– Ogni genitore è diverso e inserito in

un sistema differente che ne influenzacomportamento e decisioni in mododiverso e variabile nel tempo.

– Ogni scelta, si è visto, può essere su -scet tibile di cambiamento. Pertantove rificarne la conferma è consigliabi-le, comprenderne le motivazioninecessario.

– Offrire scenari alternativi è doveroso.Quest’ultimo punto, se proposto dopoascolto e comprensione delle motivazio-

ni che hanno portato al rifiuto vaccinaleo a un ripensamento, permette di aiutareil genitore a prendere in considerazioneanche cosa significa non vaccinare, par-largli delle malattie che, giustamente dalsuo punto di vista, non esistono più mache potrebbero ripresentarsi, riflettereinsieme sul bene del suo bambino chevive anche in una comunità.Se si semplifica, si può dire che il medi-co e gli operatori sanitari, quando ragio-nano in termini di rischio, hanno una per-cezione di tipo statistico-epidemiologicoe devono prendersi cura del singolopaziente ma anche della comunità di cuilui fa parte. Il genitore si preoccupa per il suo bambi-no, ragiona in termini soggettivi-emotivied è difficile per lui acconsentire a unatto medico che può presentare dei rischie, per giunta, attuato in benessere. Lemalattie per le quali si propongono i vac-cini e la gravità di alcune delle loromanifestazioni e complicanze non cisono più nella memoria delle famiglie enon sono vissute come un pericolo.Una proposta per trovare una mediazionein queste opposte posizioni è far riflette-re i genitori sul fatto che, se si diffonde ilrifiuto vaccinale, la percentuale dei vac-cinati ovviamente scende al di sotto deivalori necessari affinché la malattia noncircoli (questa è una nozione spesso nonnota). La stessa comunità che primapoteva proteggere i bambini non vacci-nati ora diffonderebbe la malattia chepotrebbe colpirli. Una malattia quindiche esiste ancora, che non è triste patri-monio solo di popolazioni vissute comelontane con le quali si pensa, erronea-mente, di non venire a contatto.La sfida è riuscire a far comprendere cheaderire all’offerta vaccinale significadifendere il proprio figlio da un pericoloreale, anche se non percepito. Ottima aquesto proposito l’idea di attivare un si -stema di informazione sulle epidemie dimalattie prevenibili con le vaccinazioni.Rimane da affrontare il problema dellereazioni avverse per le quali è sicura-mente utile un sistema di informazioneaggiornato. Sicuramente importante èfornire ai genitori i dati sulle reazioni piùgravi, possibilmente specificando unaclasse di riferimento e usando le frequen-ze naturali al posto delle percentuali (es.una encefalite ogni milione di dosi effet-tuate). Questa modalità potrebbe aiutare

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re come tali, e invece vediamo che cosìnon è. La mancata lettura dei report delCanale Verde da parte di molti parteci-panti conferma questa criticità. In conclusione: che fare? È irrealistico epericoloso tornare indietro e rifugiarsinell’obbligo vaccinale, che non è unasoluzione e spesso è parte del problema.Peraltro, dallo studio emerge chiaramen-te che la presenza o meno dell’obbligovaccinale è irrilevante ai fini delle sceltegenitoriali. Proverei a elencare alcunearee d’intervento:a. ristabilire la fiducia: le sentenze con

le quali alcuni tribunali del lavorohanno riconosciuto l’autismo comedanno vaccinale rappresentano ungrave vulnus alla credibilità del siste-ma (occorre una riforma profondadelle procedure di riconoscimento deldanno, sul modello del Vaccine InjuryCompensation Program vigente negliStati Uniti);

b. lavorare sulla comunicazione delrischio secondo metodologie basatesulle evidenze;

c. monitorare con indagini ad hoc cono-scenze e atteggiamenti dei genitori edegli operatori sanitari;

d. informare correttamente e in modotrasparente la popolazione, non sol-tanto sui rischi e benefici, ma anchesui limiti di alcuni interventi vaccina-li (per es. sulla reale efficacia di popo-lazione quando si tratta di microrgani-smi presenti con svariati sierotipi oceppi, non tutti coperti dalla vaccina-zione).

Per quanto riguarda gli operatori sanita-ri, la risposta non può che essere “piùformazione”, per colmare i vuoti diconoscenza esistenti. La conoscenza delle ba si scientifiche deiprogrammi vaccinali dovrebbe essere unpatrimonio comune di tutti gli operatorisanitari, non solo dei medici e delle assi-stenti sanitarie ma anche di altre figureprofessionali, in pri mo luogo le ostetri-che, che hanno un rapporto molto strettocon le future mamme e godono della lorofiducia. Tale formazione, il più possibileindipendente nei contenuti e rigorosa neimetodi, dovrebbe iniziare negli anni uni-versitari e proseguire per tutta la vitaprofessionale. u

a dare una giusta collocazione statistica euna diversa percezione dei casi recente-mente riportati dai media.Ultima ma non meno importante è lanecessità di una trasparenza a tutti i livel-li dei rapporti con le case produttrici deivaccini, ottenibile sia con la correttezzadei rapporti personali di ciascun medicocon l’industria farmaceutica, sia con larichiesta da parte del singolo e dellesocietà scientifiche che ogni scelta vacci-nale rispetti dei criteri di metodo rigoro-si (vedi “8 passi ACP”).

Commento di Franco Giovanetti Medico di sanità pubblica,Dipartimento di Prevenzione, ASLCN2, Alba, Brà (CN)[email protected]

È la prima volta che il rifiuto vaccinaleviene indagato in Italia per mezzo diun’analisi così approfondita. Sebbene lostudio sia stato condotto su una parteridotta di popolazione (corrispondente al31% dei nati nella Regione Venetodurante il 2010), si può ritenere che irisultati e le conclusioni rivestano unvalore generale. In estrema sintesi, lo studio ruota intornoa due aspetti della prevenzione vaccina-le: la percezione dei genitori e quelladegli operatori sanitari. Nell’ambito genitoriale, la percezioneriguarda anzitutto l’informazione ricevu-ta. Il PdF si conferma come la principalefonte informativa, e la qualità dell’infor-mazione è percepita come elevata daigenitori “vaccinatori” e carente da chinon vaccina. Gli Autori si chiedono quale sia la causadi tale discrepanza e avanzano alcuneipotesi. La mia opinione è che moltigenitori non vaccinatori ritengano a prio-ri deficitaria l’informazione di tipo isti -tuzionale e professionale (che da ora inpoi chiamerò “informazione ufficiale”)perché non contiene elementi in grado di giustificare razionalmente il rifiutovaccinale. In altre parole: l’informa-zione ufficiale reputa scientificamenteinfondata e pertanto inattendibile lamassa di informazioni “alternative”riportate nei siti web e nei libri degli anti-vaccinatori. Pertanto essa non risulta cre-dibile.

Se l’informazione alternativa fosse veri-tiera, qualunque persona razionale con-cluderebbe che vaccinare i figli è unerrore. Viceversa, se fosse mendace,quale ostacolo alla vaccinazione potreb-be scorgere un genitore adeguatamenteinformato? Ogni genitore che rifiuta levaccinazioni è convinto di fare la cosagiusta e di salvaguardare la salute delproprio figlio; pertanto l’informazioneufficiale deve essere distorta, omissiva,mendace perché, se così non fosse, lascelta di non vaccinare non avrebbealcun senso. E qui il discorso si interseca con un feno-meno storico e sociale consolidato, ossiale teorie della cospirazione. Come scri-vono gli Autori dello studio, l’opinioneprevalente tra i non vaccinatori è laseguente: “Gi effetti collaterali gravi, chepossono presentarsi anche a distanza ditempo, considerato anche che si tratta diun business per le aziende farmaceuti-che, vengono tenuti nascosti da parte dioperatori che danno informazioni unila-terali sui benefici e non sui rischi, colpe-volizzando chi non vaccina e sono inodore di conflitto d’interessi. Il tutto peraffrontare malattie tutto sommato menopericolose dei vaccini stessi”. Che cos’è questa sintesi, se non un esem-pio di teoria della cospirazione? La nar-rativa complottista, qualunque sia l’argo-mento, presenta alcune caratteristichecostanti, quali per esempio la tendenza amescolare fatti e speculazioni senzadistinguere tra i due, il rifiuto di conside-rare spiegazioni alternative, respingendotutte le prove che smentiscono clamoro-samente la teoria e cercando solo argo-menti a sostegno di ciò che si ritiene siala verità, la convinzione irrealistica chela trama coinvolga un grande numero dipersone, le quali dovrebbero, tutte, man-tenere il silenzio sui loro segreti.Naturalmente non tutti i genitori cherifiutano le vaccinazioni abbracciano intoto le teorie cospirative. Inoltre lo studioveneto ha reperito tracce di questa visio-ne della realtà anche tra i vaccinatori: iconfini non sono netti. L’altro aspetto indagato dallo studio è lapercezione degli operatori sanitari. Inquesto caso non c’è molto da dire: esi-stono lacune culturali, come risulta dallerisposte ai quesiti su due false controin-dicazioni che tutti dovrebbero riconosce-

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In questi ultimi anni tante volte ho parlato di lui, a col-leghi, ad amici, in occasioni pubbliche. Quante volte hopensato: “Cosa farebbe, cosa direbbe Massimo se fossein questa situazione ?”.

Mi sono accorto negli anni di quanto fosse profondala sua impronta sul mio modo di pensare e di agire.Alcune parole possono aiutarmi a comprendere la natu-ra della sua influenza su di me.

Metodo. Chi ha avuto la fortuna di lavorare conPetrone è stato abituato a misurarsi, anni prima della for-mulazione dell’Evidence Based Medicine, con la neces-sità di documentare le proprie scelte cliniche. Non sop-portava l’autoreferenzialità, le discussioni sterili tra chi faaffermazioni senza misurarsi con le conoscenze esisten-ti. Le nostre riunioni erano costantemente interrotte dalsuo alzarsi (o dal farci alzare!) per prendere uno o piùlibri, per consultarli e basare le proprie decisioni… sullabase delle prove di efficacia.

Quanto lontano da un recente modo d’essere di chi(nell’ambito medico o in quello politico e sociale) ci faassistere ogni giorno all’arroganza dell’ignoranza.

Attenzione al contesto. Molti anni prima della diffu-sione del termine “implementazione” Massimo mi hainsegnato che a nulla vale la formulazione di protocolli olinee guida se non ci si misura con le difficoltà nell’at-tuazione di quanto previsto. Per lui era importante chetutti i professionisti coinvolti fossero coscienti delle sceltefatte (penso al tempo impiegato a diffondere tra il per-sonale i motivi per cui avevamo deciso di mettere i neo-nati in posizione supina o alla meticolosità delle normerelative alla protezione dall’HIV).

Era davvero distante da un mondo scientifico (si faper dire!!), attento prevalentemente all’immagine (l’esi-stenza di documenti al fine di ottenere la certificazione).

Esplicitazione delle scelte. Che si trattasse di una scel-ta clinica o di una decisione organizzativa, non è maiaccaduto che Massimo non esplicitasse il motivo delleproprie scelte anche quando questo creava tensione conuna parte o tutti noi (penso alla durezza degli schemi deiturni, alle decisioni su ferie “coatte” in novembre...). Cicostringeva a misurarci con la definizione degli obiettivi;non potevamo anteporre le nostre esigenze agli stessi;potevamo, se capaci, proporre soluzioni alternative.

Anche in questo caso il suo modo di agire risultaassai distante da una prassi diffusa. Il pretendere di defi-nire prioritariamente gli obiettivi, discutendone con estre-ma franchezza, per poter valutare successivamente stra-tegie e tattiche per raggiungerli è un metodo che rara-mente ho trovato in altri dirigenti (o in uomini politici),più propensi a definire gli interventi sulla base di unapresunta, e spesso inesistente, urgenza.

Autonomia e responsabilità. Il profondo rispetto cheMassimo ha ricevuto da tutti quelli che hanno avutomodo di lavorare al suo fianco credo derivasse in buonaparte dal fatto che egli riconosceva, in modo non forma-le, il contributo che ciascuno di noi (medici e infermiere)dava per raggiungere gli obiettivi. Egli sapeva ricono-scere a ciascuno di noi (senza alcuna gelosia) l’autono-mia professionale e nel contempo pretendeva l’assunzio-ne di responsabilità. Mi disse una volta che per poterdirigere un reparto bisognava aver superato il “bisogno

di essere amati daipropri collaboratori”.Io credo che Massimoabbia fatto profonda-mente suo questoconcetto, ottenendola stima… e l’affettodella quasi totalitàdei professionisti dalui diretti. Questostretto rapporto traautonomia e responsabilità è la traduzione, sul pianoprofessionale, di quello tra diritti e doveri. Il suo rigoreera quello di battersi per i diritti senza cedere alla tenta-zione, tutta populistica (oggi così diffusa), di sottacere lanecessità dei doveri.

Comunicazione e supporto alla famiglia. Il suo siste-ma valoriale, la sua storia professionale, i suoi maestri eamici l’hanno portato ad avere una particolare attenzio-ne alla famiglia dei bambini. La meticolosa correzionedelle nostre lettere di dimissione (continui spostamenti difrasi, con la matita appuntita) si accompagnava alla scel-ta di aprire costantemente il reparto ai genitori, di nondedicare loro comunicazioni frettolose, di garantirecostantemente una continuità delle cure dopo l’ospeda-lizzazione. Quando sono andato a lavorare in Emilia-Romagna ho scoperto quanto fossimo avanti. Lui nonpartecipava a tanti convegni, non gli interessava “ven-dere” l’immagine; la sua attenzione era tutta rivolta agarantire la reale efficacia di quanto altri si limitavano aenunciare.

Conflitti di interesse. Quanta attenzione a questo a -spetto, senza alcun estremismo. Da un lato un rapportotrasparente tra lui e le ditte produttrici di latte (quelle chegarantivano una biblioteca di reparto più ricca di centriuniversitari!), dall’altro il divieto assoluto a rapporti per-sonali tra i singoli professionisti e l’industria. Quandoorganizzavamo le “Giornate di Epidemiologia Pediatricadi Varenna” i partecipanti pagavano l’intero ammontaredell’organizzazione e a una ditta era richiesto di stam-pare gli atti (chiedendole con fermezza di evitare la pro-pria presenza nel corso delle Giornate). No, con lui nonsiamo mai stati sponsorizzati e l’onere della trattativa,per garantire la nostra autonomia, se l’assumeva com-pletamente lui.

Tutto questo ho imparato da Massimo, anche attra-verso momenti di scontri aspri (se qualcuno ha definitolui “spigoloso”, lui, come scrisse in una lettera allaDirezione sanitaria, definì me “petulante”).

Un uomo così: rigoroso, coerente, trasparente.Potremmo definirlo anacronistico: anacronistico nelsenso che appare al di fuori di un tempo (quello attuale)caratterizzato da populismo, semplicismo, arroganza,ignoranza, volgarità. Io preferisco pensare ad ana-cro-nistico nel senso di “senza tempo” perché i valori chehanno caratterizzato la vita di Massimo persistono; per-ché, come dice Altan, Massimo era uno di quelli che nonfacevano confusione tra ideologia, idee e ideali, prontoa confrontarsi con il nuovo ma tenendo fede a valori chemi ha aiutato a definire meglio.

Dante Baronciani

IN RICORDO DI MASSIMO PETRONE

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Gelsomina, la prima di quattro figli delburbero Wolfgang e della paziente An -gelica, vive nella campagna umbra astretto contatto con la natura. Non è lareincarnazione della Gelsomina fellinia-na de La strada perché i tempi sono cam-biati, il progresso sta divorando le cam-pagne e le meraviglie non sono più le esi-bizioni dell’erculeo Zampanò, bensì leriprese televisive, le scenografie postic-ce, i concorsi a premi, le frasi fatte di unafata bianca, le promesse. Gelsomina, co -me la maggior parte delle ragazze dellasua età, sogna un futuro migliore. Un sogno da realizzare partecipando a unconcorso indetto dalla TV, lasciando lacampagna, smettendo di produrre miele esalse di pomodoro e magari andando avivere con qualcuno che, come Martin, ilragazzino taciturno con precedenti pena-li che le autorità hanno inserito nelnucleo familiare di Wolfgang per fargliseguire un programma di reinserimentosociale, sa modulare fischi di richiamo.Apparentemente accade poco: il concor-so lo vincono altri, la troupe televisivasmonta il set, Martin si dà alla fuga, ilgregge viene venduto, la giostra familia-re rimane ferma. In realtà, invece, qual-cosa cambia nella vita di Gelsomina.Dopo avere preso coscienza della fragi-lità degli adulti, la ragazzina diventa pic-cola donna, si ribella all’autorità paterna,si affida ai sentimenti e nuota verso l’i-sola dell’amore. Si smembrerà il casale, ma non il nucleofamiliare. Mamma Angelica – e a segui-re il burbero papà Wolfgang – dovrannoprendere coscienza che i figli crescono eche nella vita esistono anche tetti sotto lestelle. Non sappiamo se, quando ha affer-mato di avere debiti nei confronti di tantiregisti, Alice Rohrwacher, oltre a citareRoberto Rossellini, stava pensando an -che a Federico Fellini, ai fratelli Tavianie a Ermanno Olmi. Di certo Le meraviglie, “Gran Premiodella Giuria” a Cannes 2014, richiama

sequenze di Amarcord, Padre Padrone eL’albero degli zoccoli. Accostamentigiustificati dal fatto che anche qui siamodi fronte a un film, in parte autobiografi-co e tipicamente italiano, che va oltreuna singola storia e un paese ben defini-to. Jane Campion e i giurati del 2014,lontani geograficamente e culturalmentedal l’I talia, sono rimasti affascinati dallacam pagna umbro-toscana esattamentecome nel 1973, nel 1977 e nel 1978 altrigiurati e altri critici lo erano stati rispet-tivamente dal mare di Rimini, dai pasco-li sardi di Baddhevrùstana e dalla bassapianura bergamasca. Una bella sorpresa pertanto per il nostrocinema e per la stessa regista che, pursperando in cuor suo di ottenere qualchericonoscimento, di certo non si aspettavacon questo suo secondo lungometraggiodi lasciarsi alle spalle registi affermaticome Cronenberg, i fratelli Dardenne,Egoyan, Godard, Loach, Leigh, Hazana -vicius e Zvyagintsev. Ovvio chiedersiallora a che si devono tanta attenzione etanto successo. Le meraviglie, in fondo, è un film sem-plice e delicato che a qualcuno potrebbesembrare la versione bucolica di Corpoceleste, premiato a Cannes nel 2011 conil “Nastro d’argento al miglior registaesordiente”. In realtà c’è dell’altro che dicerto non è sfuggito a chi gli ha assegna-to l’ambìto riconoscimento; qualcosa cheva al di là del racconto di un’adolescen-za, stagione della vita che, per dirla conTruffaut, “lascia un buon ricordo soloagli adulti che hanno una pessima memo-ria”. L’Alice di Lewis Carroll trova le suemeraviglie attraversando uno specchio,la Gelsomina di Alice Rohrwacher trovala sua maturità attraversando il mare. Glispettatori più attenti troveranno deliziosoLe meraviglie solo se saranno capaci diattraversare lo specchio dello schermocome probabilmente hanno fatto i giuratidi Cannes: facendo attenzione a quelle“gocce di miele” sparse di sequenza insequenza che mutano l’allarme per unmondo perduto in nostalgia, la prosa diuna vita grama in poesia, la falsa realtàdei media in possibile fiaba. Qualcheesempio? Bere la luce del sole, ballare

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Per corrispondenza:Italo Spadae-mail: [email protected]

Le meraviglie di AliceItalo SpadaComitato cinematografico dei ragazzi, Roma

ragazzi

Le meraviglie Regia: Alice Rohrwacher Con: Maria Alessandra Lungu, SamLouwyck, Alba Rohrwacher, SabineTimoteo, Agnese Graziani, MonicaBellucci Italia, 2014Durata: 111’, col.

senza musica, spruzzarsi l’acqua delmare, camminare a piedi nudi nelle poz-zanghere, salire sugli alberi, dormireall’aria aperta, comunicare con unfischio, ripararsi dalla pioggia sotto untelone, cantare in coro, ottenere un cam-mello in regalo, giocare con le ombre e,soprattutto, costruire un’arnia nel propriocuore per trasformare in carezze le pun-ture delle api e la scontrosità degli emar-ginati. u

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Un documento dell’ACP sulla carenza di ferro

Quaderni acp 2014; 21(5): 239 documenti

bile sapere fino a che punto i livelli di ferro (in caso di lievidiminuzioni dei valori rispetto alla media) influenzano realmen-te la salute dei bambini.Alcuni suggerimenti proposti per migliorare l’apporto di ferrocon l’alimentazione dei lattanti e dei bambini sopra l’anno divita ci lasciano perplessi. Si sa, per esempio, che l’assorbimen-to del ferro attraverso il latte è massimo con quello materno; aparità di contenuto, il bambino che si nutre con latte materno neassorbe circa il 50%, contro circa il 10% di quello contenuto inuna formula; eppure, nel testo della nota di cui sopra, il lattematerno viene citato solo laddove è scritto “prediligere il lattematerno per i primi 6 mesi”, dando quasi per scontato che dopoquesta età il latte materno debba essere sostituito da altro tipo dilatte; infatti il latte materno non viene più menzionato comepossibile alternativa nel secondo semestre e dopo l’anno di vita,pur essendo note a tutti le raccomandazioni di OMS, AmericanAcademy of Pediatrics (AAP) e Linee Guida ministeriali sul-l’importanza dell’allattamento al seno prolungato per il benes-sere del bambino e della mamma. Viene poi sponsorizzato il latte di crescita perché “è arricchitoin ferro e può aiutare a ottimizzarne l’apporto”; oltre, come giàscritto, a non menzionare il latte materno come la migliore fontelattea di ferro per il bambino anche di età superiore all’anno, siraccomanda l’uso di un prodotto che va in direzione opposta aquanto suggerito da OMS ed EFSA le quali, sulla base di evi-denze scientifiche solide, dichiarano che i latti di crescita sonoprodotti inutili nell’alimentazione dei bambini se non addirittu-ra potenzialmente dannosi, in quanto l’alto contenuto di zuc-cheri e il conseguente sapore dolce potrebbero influenzare lepreferenze del bambino per i cibi dolci e favorire sovrappeso eobesità.L’ACP ritiene che promuovere e sostenere una sana alimenta-zione nei bambini non possa prescindere dal proteggerla da inte-ressi esclusivamente commerciali, che possono portare a scelteche vanno a ledere il diritto dei bambini e delle loro famiglie diottenere un’informazione corretta e volta a tutelare esclusiva-mente la loro salute. u

http://www.efsa.europa.eu/it/press/news/131025.htm http://www.ibfanitalia.org/unindagine-dettagliata-sui-latti-di-crescita/ http://www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?lingua=italia-no&id=2113-Information concerning the use and marketing of follow-up formula The useof follow-up formula. WHO 17 July 2013. Scientific Opinion on nutrient requirements and dietary intakes of infants andyoung children in the European Union. EFSA Journal 2013;11(10):3408 [103 pp]. doi:10.2903/j.efsa.2013.3408.

Carenza di ferro in lattanti e piccoli bambiniIl problema della presunta carenza di ferro nel lattante e nelbambino piccolo è stato affrontato nel magazine Pediatria dellaSocietà Italiana di Pediatria (SIP), in base ai risultati dello stu-dio “Nutrintake”, del quale non si dicono nel dettaglio il dise-gno, le modalità con cui è stato condotto, e la fonte di finanzia-mento. L’Associazione Culturale Pediatri (ACP), in un comuni-cato stampa, ricorda che la letteratura scientifica a supportodella carenza di ferro è molto debole e gli end point che vengo-no misurati spesso sono dei surrogati, prendendo in considera-zione lievi diminuzioni dei valori rispetto alla media e non l’e-ventuale effetto di questa diminuzione sulla salute dei bambini.L’ACP sottolinea che il bambino che si nutre con latte materno,a parità di contenuto di ferro, ne assorbe circa il 50%, controcirca il 10% di quello contenuto in una formula, e chel’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’Autoritàeuropea per la sicurezza alimentare (EFSA), sulla base di evi-denze scientifiche solide, dichiarano che i latti di crescita sonoprodotti inutili nell’alimentazione dei bambini.

Il documentoSul magazine Pediatria della SIP (dicembre 2013, numero 12,pagina 7) nella sezione news è stata pubblicata una nota a pro-posito della carenza di ferro in lattanti e bambini piccoli. Il “problema” è posto da un po’ di tempo all’attenzione deimedia, non solo da parte di alcuni appartenenti ad associazioniprofessionali, ma anche da alcune ditte che producono alimentiper bambini con aggiunta di ferro, le quali, evidentemente,hanno un interesse commerciale specifico.La presunta carenza di apporto di ferro nei bambini deriva, inbase a quanto pubblicato nel magazine Pediatria, dai risultati diuno studio denominato “Nutrintake” del quale non conosciamo,nel dettaglio, il disegno, le modalità con cui è stato condotto ela fonte di finanziamento; così come non siamo a conoscenzadelle “raccomandazioni ufficiali sulla prevenzione della carenzadi ferro” e della composizione della “commissione di esperti”chiamata a produrle. A questo proposito l’ACP si rammarica diessere venuta a conoscenza solo ora e in questo modo dellacostituzione di tale “commissione” dalla quale, evidentemente,è stata esclusa.La letteratura scientifica a supporto di tale presunta “epidemia”di carenza di ferro è molto debole e, tra l’altro, gli end point chevengono misurati spesso sono dei surrogati, per cui non è possi-

Pubblichiamo questo documento dell’ACP sulla presunta carenza di ferro nel lattante e nel piccolo bambino.

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Dopo avere mostrato i dati relativi allacollaborazione tra la Scuola di Spe cia -lizzazione in Pediatria e il pediatra dilibera scelta e dopo avere raccolto latestimonianza di alcuni colleghi speciali-sti in Formazione dell’Università “Fe -derico II” di Napoli, dove è prevista lafrequenza dello specializzando presso ilpediatra di famiglia (PdF), in questonumero della rivista coinvolgiamo il pro-fessor Guarino, direttore della Scuola diSpecialità in Pediatria dell’Università“Federico II” di Napoli, e due pediatri difamiglia, Tommaso Montini e MicheleFiore che lavorano a Napoli [1].Il professor Guarino indica alcuni punticruciali nella formazione del medico, cheattraversa un periodo di rapido cambia-mento:– l’emivita delle conoscenze mediche

(definita come il tempo in cui piùdella metà delle conoscenze divieneobsoleta) si è ridotta a meno di cinqueanni;

– il numero dei medici si sta rapidamen-te riducendo, ma la qualità è inmiglioramento;

– le risorse pubbliche destinate allasalute sono in riduzione e si vannospostando verso pazienti cronici everso la terza età;

– esistono una smodata medicalizzazio-ne e un eccesso di interventi costosi (espesso dannosi) per i bambini conmalattie acute (per esempio un’inap-propriata prescrizione antibiotica perle infezioni respiratorie);

– esiste un progressivo spostamento dirisorse dalla professionalità (e quindidalla remunerazione del medico)verso investimenti tecnologici e sul-l’organizzazione.

Questi cambiamenti richiedono unaprofonda rivisitazione dei percorsi for-mativi degli specializzandi in pediatria.La Scuola di Specializzazione del l’Uni -versità “Federico II” di Napoli ha una

tradizione di eccellenza nella performan-ce dei docenti e studenti ma come moltescuole ha il limite dei modelli didattici. Èinfatti noto che i docenti tendono a inse-gnare quello che conoscono meglio (peresempio alcune malattie rare) e talvoltal’insegnamento di pediatria rischia diessere ipertrofico in alcune aree di cono-scenza, ma limitato in altre.In tal senso l’approccio del pediatra difamiglia è del tutto peculiare perché cen-trato su aspetti ben definiti, sottolineatida T. Montini: in un ambulatorio dellecure primarie ci sono la prevenzione, ilsostegno alla genitorialità, la gestionedell’acuto banale e non, ma ci sonoanche la storia delle mamme e dellefamiglie, i problemi sociali, il disagio, ledevianze, l’adolescenza… Il pediatra è spesso persino semplice pre-senza per un importante sostegno emoti-vo: nelle malattie croniche, nei problemifamiliari, nei momenti della perdita. In ambulatorio vi è anche l’individuazio-ne precoce di malattie gravi, spessoocculte e sepolte in una impegnativa atti-vità clinica molto ripetitiva. Per ottenerequesto obiettivo è necessaria l’applica-zione di un approccio basato su una rigo-rosa metodologia di anamnesi e di esameobiettivo, che rende possibile individua-re le “red flags” di sospetto di patologiagrave.Queste aree sono spesso poco approfon-dite nei corsi di specializzazione inpediatria. Ne consegue la necessità che laformazione dello specializzando com-prenda la conoscenza dell’approccio delPdF.Una peculiarità del lavoro del pediatra,nel sistema sanitario italiano, è la neces-sità di risolvere problemi in tempi rapidi,con poche indagini, con pochi confronti(il pediatra lavora quasi sempre da solo),nei limiti del controllo della spesa, conalti livelli di burocratizzazione e in uncontesto caotico, con sale di attesa stra-colme e visite disturbate da telefoniimpazziti. Sono fondamentali, dunque,l’organizzazione del lavoro e la capacitàdi costruirsi dei percorsi mentali, quasiautomatici, per centrare i problemi eselezionare le situazioni di rischio.

Come sottolinea anche M. Fiore, l’espe-rienza del tirocinio dello specializzandonell’ambulatorio del PdF è indubbiamen-te positiva, pur dovendo porre in discus-sione alcuni aspetti:Tempi. Devono essere codificate la dura-ta del tirocinio e l’epoca durante il corsodi specializzazione alla quale questaesperienza va proposta. Le due questionisono strettamente connesse poiché unbreve periodo all’inizio del percorso dispecializzazione rischia di essere pocoformativo e di non lasciare traccia sullescelte professionali future; proporreviceversa almeno sei mesi di frequenzaal penultimo o ultimo anno di specializ-zazione potrebbe comportare una forteimplementazione nella pratica clinica.Contenuti. I contenuti formativi del tiro-cinio presso il PdF devono essere discus-si e condivisi con i responsabili delladidattica della scuola, riconoscendo unaspecificità culturale dell’approccio allapratica delle cure primarie, anche attra-verso alcune ore di didattica frontale. Valutazioni. La valutazione dei ragazzialla fase del tirocinio dovrebbe essereaffidata a persone terze rispetto al tutore. Il notevole sforzo organizzativo e l’im-pegno personale dei docenti e anche (esoprattutto) dei discenti hanno obiettivimolto ambiziosi, che rispondono alleconsiderazioni fatte sopra. In buonasostanza gli specializzandi beneficianodi un’ampia varietà didattica e assicura-no d’altra parte una trasmissione dinuove conoscenze tra la pediatria univer-sitaria, la pediatria ospedaliera e lapediatria di famiglia: un circolo virtuoso,in cui insegnare e apprendere si mescola-no in un processo bidirezionale conbenefici per tutti. Commenta T. Montini:“Benvenuti, specializzandi, dunque!Gra zie del vostro entusiasmo e dellavostra preparazione! Ma noi operatori…‘tiriamoci su le maniche’ e attrezziamocibene per accogliervi!”. u

Bibliografia[1] Gagliardo C, Aversa S, Sansotta N. La forma-zione dello specializzando nell’ambulatorio del pe -diatra di famiglia, Quaderni acp 2014;21(3);143.

Quaderni acp 2014; 21(5): 240

Lo specializzando nell’ambulatorio del pediatra di famiglia: il punto di vista di un Direttore di SpecialitàAlfredo Guarino*, Michele Fiore**, Tommaso Montini***Direttore di Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università di Napoli “Federico II”; **Pediatra di famiglia

Per corrispondenza:Alfredo Guarinoe-mail: [email protected]

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Q u a d e r n i a c p website: www.quaderniacp.it

settembre-ottobre 2014 vol 21 nº 5

Come iscriversi o rinnovare l’iscrizione all’ACPLa quota d’iscrizione per l’anno 2014 è di 100 euro per i medici, 10 euro per gli specializzandi, 30 euro per gli infermieri e per i non sanitari. Il versamento può essere effettuato tramite il c/c postale n. 12109096 intestato a: - Associazione Culturale Pediatri, Via Montiferru, 6 - Narbolia (OR) (indicando nella causale l’anno a cui si riferisce la quota)oppure attraverso una delle altre modalità indicate sul sito www.acp.it alla pagina “Iscrizione”. Se ci si iscrive per la prima volta occorre scaricare e compilare il modulo per la richie-sta di adesione presente sul sito www.acp.it alla pagina “Iscrizione” e seguire le istruzioni in esso contenute oltre a effettuare il versamento della quota come sopra indicato. Gli iscrit-ti all’ACP hanno diritto a ricevere la rivista bimestrale Quaderni acp, la Newsletter mensile Appunti di viaggio e la Newsletter quadrimestrale Fin da piccoli del Centro per la Salutedel Bambino richiedendola all’indirizzo [email protected]. Hanno anche diritto a uno sconto sulla iscrizione alla FAD dell’ACP alla quota agevolata di 50 euro anziché 150; sullaquota di abbonamento a Medico e Bambino, indicata nel modulo di conto corrente postale della rivista e sulla quota di iscrizione al Congresso nazionale ACP. Gli iscritti possono usu-fruire di iniziative di aggiornamento, ricevere pacchetti formativi su argomenti quali la promozione della lettura ad alta voce, l’allattamento al seno, la ricerca e la sperimentazione ealtre materie dell’area pediatrica. Potranno partecipare a gruppi di lavoro su ambiente, vaccinazioni, EBM e altri. Per una informazione più completa visitare il sito www.acp.it.

Editoriale193 Sott’acqua, ma sempre assetati

Luca De Fiore194 Stili di vita e tutela della salute:

anche il Comitato Nazionale di Bioeticane parla. E i pediatri che fanno?Carlo Corchia

195 Il nuovo Codice deontologico: novità e riflessioniPatrizia Elli

196 Informazioni per genitori: il percorso continuacon qualche cambiamentoStefania Manetti

197 Lo scalone monumentale della Stazione Centraledi MilanoFederica Zanetto

Formazione a distanza198 Il maltrattamento fisico:

quali conoscenze per il pediatraCarla Berardi

Informazioni per genitori205 Un genitore positivo

Costantino Panza, Antonella Brunelli,Stefania Manetti

Research letters206 Comunicazioni orali degli specializzandi

al Convegno di Tabiano 2014

Salute mentale210 Problemi di salute mentale nell’infanzia

e nell’adolescenza: criticità nella praticae nella modalità di interventoRoberto Sangermani

Telescopio214 Meta-analisi sulla legatura del PDA:

gli studi disponibili sono sufficienti a guidare la scelta clinica?Manuela Condò

Osservatorio internazionale218 Unioni tra consanguinei: vantaggi di ieri,

svantaggi di oggiEnrico Valletta

Scenari220 Traumi del paziente pediatrico e profilassi

del tromboembolismo venoso. Uno scenario clinicoMaddalena Marchesi

Info224 Nuova revisione dell’EFSA sulla composizione

dei latti formulati224 L’Antitrust sanziona tre ditte per immagini

su latte in polvere e biberon224 L’OMS sbaglia direzione224 Paradossi nella sponsorizzazione

di manifestazioni sportive225 Medicina narrativa a Oristano225 Nasce la “Rete Sostenibilità e Salute”

Libri226 La settimana bianca

di Emmanuel Carrère226 L’aggancio

di Nadine Gordimer226 A che gioco giochiamo noi primati

di Dario Maestripieri227 Io mangio come voi

di AA.VV.227 Morte di un uomo felice

di Giorgio Fontana

L’angolo della comunità228 In USA obbligatorio informare pubblicamente

sull’elargizione di denaro a ogni medicoda parte dell’industria. E in Italia?Red

Vaccinacipì229 La scelta di vaccinare: uno sguardo dal ponte

Leonardo Speri, Lara Simeoni, Mara Brunelli,Paola Campara, Massimo Valsecchi

237 In ricordo di MASSIMO PETRONE

Film238 Le meraviglie di Alice

Italo Spada

Documenti239 Un documento dell’ACP sulla carenza di ferro

Red

Lo specializzando240 Lo specializzando nell’ambulatorio

del pediatra di famiglia: il punto di vistadi un Direttore di SpecialitàAlfredo Guarino, Michele Fiore, Tommaso Montini