r a u c q dai georgofili a agri- cultura · letizia martirano vittorio marzi sergio miele stefano...

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t e r r a , a c q u a , a r i a , s o l e . . . v i t a : agri- cultura informazioni dai Georgofili Anno III n. 2 1 settembre 2009 “Poste Italiane s.p.a. – Spedizione in Abbonamento Postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Firenze” In caso di mancato recapito inviare a Firenze CMP per la restituzione al mittente previo pagamento resi In questo numero: Enrico Baldini Maurizio Boselli Dario Cianci Maurizio Cocucci Raffaello Giannini Alessandro Giorgetti Anna Giorgi Orazio la Marca Cosimo Lacirignola Letizia Martirano Vittorio Marzi Sergio Miele Stefano Morini Marcello Pagliai Vincenzo Russo Giovanni Sanesi Franco Scaramuzzi Pierlorenzo Secchiari Andrea Segrè Giovanni Serra Paolo Talamucci Gianpietro Venturi I l settore primario continua il suo processo di ridimensio- namento economico che, unito alla crisi dei mercati, mette a dura prova le aziende agricole italiane. Il 2008 è stato un anno record per l’inflazione, che ha fatto cre- scere i prezzi del 3,3% rispetto al 2007. Dal 1996 non si rag- giungevano livelli così alti. Tuttavia, nel 2008 i listini agricoli hanno mostrato un trend oppo- sto a quello generale: mentre i prezzi alimentari sono cresciuti del 4,3% rispetto al 2007, quelli all’origine sono diminuiti in media del 7%. In tal modo, l’agri- coltura ha contribuito al conte- Panoramica nimento del costo della vita. Nei primi mesi del 2009 si è verificato un lieve riallineamen- to fra gli andamenti di prezzo a monte e a valle delle filiere, anche se rimane marcata la discrepanza fra i due estremi. Ad Aprile, per esempio, la pasta è aumentata del 6,9% mentre il prezzo del frumento duro si è dimezzato rispetto allo scorso anno. Un altro dato interessante è rappresentato dal reddito agri- colo che nel 2008 è cresciuto del 2% rispetto al 2007. Nello stesso periodo, gli Stati europei con sistemi agricoli simili al nostro hanno subito delle per- dite consistenti: -9,2% Francia, -5,7% Germania. Tuttavia, è dall’inizio del terzo millennio che il reddito degli attivi in Italia ha assunto una tendenza al ribasso (-18%), mentre la media europea è stata diametralmen- te opposta (+17%). In uno scenario così instabile, dovuto al momento congiuntu- rale (crisi dei mercati, difficoltà di accesso al credito) ed alle incertezze del futuro (PAC post 2013, accordi WTO) le aziende sono chiamate a superare que- sta dura fase, senza trascurare le strategie per il domani. La ricetta perfetta non esiste, ma alcuni ingredienti possono già essere messi sul tavolo, come l’innovazione e la qualità. Con le dimensioni medie aziendali ita- liane, decisamente ridotte, non possiamo competere sulla quantità. La qualità è l’ingredien- te sul quale bisogna puntare, come dimostrano i risultati commerciali del 2008, quando, a fronte di una flessione genera- lizzata dei consumi interni, l’agroalimentare ha retto bene la crisi e le produzioni di qualità hanno addirittura messo a segno risultati positivi: sono aumentati gli acquisti di prodot- ti a denominazione di origine e di agricoltura biologica. Allo stesso modo, gli investi- menti nelle innovazioni rappre- sentano una via per vincere la concorrenza, ampliare le quote di mercato e assicurarsi un futu- ro economico, nonostante gli annunciati mutamenti della PAC. Andrea Segrè La ricerca pubblica per le scienze agrarie in Italia Q uando l’attuale crisi mondiale potrà dirsi superata, ci troveremo già di fronte a scenari nuovi ed a rafforzate spinte innovatrici. Come ha recentemente affer- mato il Presidente Obama, “la Scienza sarà essenziale per la nostra prosperità, la nostra sicu- rezza, la nostra salute, il nostro ambiente e la nostra qualità della vita, ancor più di quanto sia mai stata prima”. Per questo motivo l’investimento USA in ricerca e sviluppo è già stato quest’anno elevato dal 2,5% al 3% del bilan- cio nazionale, contraddicendo tutti coloro che considerano questa spesa come un lusso. Anche la Cina ed altri Paesi si stanno muovendo in modo analogo. Molti si preparano a considerare la crisi come un’op- portunità e quindi investono in Scienza e Sviluppo per acquisire innovazioni e conquistare nuove posizioni economiche dominanti. L’attuale crisi dovrebbe quindi rappresentare anche per noi uno stimolo a rinnovare tempe- stivamente attuali strutture obsolete, a cominciare da quel- le della ricerca scientifica. In questo settore abbiamo anche da recuperare ritardi strutturali pregressi e sarebbe quindi più che mai opportuna una energi- ca politica di revisione e rinno- vamento organizzativo, oltre che di potenziamento. Nello specifico settore delle scienze agrarie, le competenze relative alla ricerca pubblica sono tutto- ra divise fra troppi Ministeri ed Enti diversi. Ciò comporta un inevitabile dispendio di risorse umane e finanziarie, così come rende difficile un fisiologico interscambio di ricercatori tra strutture diverse, spesso anche a causa di differenti progressio- ni di carriera. Il fattore tempo è cruciale, per- ché rischia di farci trovare in gran parte impreparati di fronte all’aggressiva e rapida crescita delle nuove agguerrite concor- renze che sono previste. I Georgofili hanno affidato ad un proprio Gruppo di studio il compito di individuare possibili soluzioni costruttive. Sarà gradi- ta la collaborazione di tutti gli interessati. Franco Scaramuzzi

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te r r a , acqua

,aria,so l e . . . vita: agri-cultura

informazionidai Georgofili

Anno III n. 2 1 settembre 2009

“Poste Italiane s.p.a. – Spedizione in Abbonamento Postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Firenze”

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In questo numero:

Enrico BaldiniMaurizio Boselli

Dario CianciMaurizio CocucciRaffaello Giannini

Alessandro GiorgettiAnna Giorgi

Orazio la MarcaCosimo LacirignolaLetizia Martirano

Vittorio MarziSergio Miele

Stefano MoriniMarcello PagliaiVincenzo RussoGiovanni Sanesi

Franco ScaramuzziPierlorenzo Secchiari

Andrea SegrèGiovanni SerraPaolo Talamucci

Gianpietro Venturi

Il settore primario continua ilsuo processo di ridimensio-namento economico che,

unito alla crisi dei mercati,mette a dura prova le aziendeagricole italiane.Il 2008 è stato un anno recordper l’inflazione, che ha fatto cre-scere i prezzi del 3,3% rispettoal 2007. Dal 1996 non si rag-giungevano livelli così alti.Tuttavia, nel 2008 i listini agricolihanno mostrato un trend oppo-sto a quello generale: mentre iprezzi alimentari sono cresciutidel 4,3% rispetto al 2007, quelliall’origine sono diminuiti inmedia del 7%. In tal modo, l’agri-coltura ha contribuito al conte-

Panoramicanimento del costo della vita.Nei primi mesi del 2009 si èverificato un lieve riallineamen-to fra gli andamenti di prezzo amonte e a valle delle filiere,anche se rimane marcata ladiscrepanza fra i due estremi.Ad Aprile, per esempio, la pastaè aumentata del 6,9% mentre ilprezzo del frumento duro si èdimezzato rispetto allo scorsoanno.Un altro dato interessante èrappresentato dal reddito agri-colo che nel 2008 è cresciutodel 2% rispetto al 2007. Nellostesso periodo, gli Stati europeicon sistemi agricoli simili alnostro hanno subito delle per-

dite consistenti: -9,2% Francia,-5,7% Germania. Tuttavia, èdall’inizio del terzo millennioche il reddito degli attivi in Italiaha assunto una tendenza alribasso (-18%), mentre la mediaeuropea è stata diametralmen-te opposta (+17%).In uno scenario così instabile,dovuto al momento congiuntu-rale (crisi dei mercati, difficoltàdi accesso al credito) ed alleincertezze del futuro (PAC post2013, accordi WTO) le aziendesono chiamate a superare que-sta dura fase, senza trascurarele strategie per il domani. Laricetta perfetta non esiste, maalcuni ingredienti possono giàessere messi sul tavolo, comel’innovazione e la qualità. Con ledimensioni medie aziendali ita-liane, decisamente ridotte, non

possiamo competere sullaquantità. La qualità è l’ingredien-te sul quale bisogna puntare,come dimostrano i risultaticommerciali del 2008, quando,a fronte di una flessione genera-lizzata dei consumi interni,l’agroalimentare ha retto benela crisi e le produzioni di qualitàhanno addirittura messo asegno risultati positivi: sonoaumentati gli acquisti di prodot-ti a denominazione di origine edi agricoltura biologica.Allo stesso modo, gli investi-menti nelle innovazioni rappre-sentano una via per vincere laconcorrenza, ampliare le quotedi mercato e assicurarsi un futu-ro economico, nonostante gliannunciati mutamenti dellaPAC.

AAnnddrreeaa SSeeggrrèè

La ricerca pubblicaper le scienze agrariein Italia

Quando l’attuale crisimondiale potrà dirsisuperata, ci troveremo

già di fronte a scenari nuovi eda rafforzate spinte innovatrici.Come ha recentemente affer-mato il Presidente Obama, “laScienza sarà essenziale per lanostra prosperità, la nostra sicu-rezza, la nostra salute, il nostroambiente e la nostra qualità dellavita, ancor più di quanto sia maistata prima”. Per questo motivol’investimento USA in ricerca esviluppo è già stato quest’annoelevato dal 2,5% al 3% del bilan-cio nazionale, contraddicendotutti coloro che considerano

questa spesa come un lusso.Anche la Cina ed altri Paesi sistanno muovendo in modoanalogo. Molti si preparano aconsiderare la crisi come un’op-portunità e quindi investono inScienza e Sviluppo per acquisireinnovazioni e conquistarenuove posizioni economichedominanti.L’attuale crisi dovrebbe quindirappresentare anche per noiuno stimolo a rinnovare tempe-stivamente attuali struttureobsolete, a cominciare da quel-le della ricerca scientifica. Inquesto settore abbiamo ancheda recuperare ritardi strutturali

pregressi e sarebbe quindi piùche mai opportuna una energi-ca politica di revisione e rinno-vamento organizzativo, oltreche di potenziamento. Nellospecifico settore delle scienzeagrarie, le competenze relativealla ricerca pubblica sono tutto-ra divise fra troppi Ministeri edEnti diversi. Ciò comporta uninevitabile dispendio di risorseumane e finanziarie, così comerende difficile un fisiologicointerscambio di ricercatori trastrutture diverse, spesso anchea causa di differenti progressio-ni di carriera.Il fattore tempo è cruciale, per-ché rischia di farci trovare ingran parte impreparati di fronteall’aggressiva e rapida crescitadelle nuove agguerrite concor-renze che sono previste. IGeorgofili hanno affidato ad unproprio Gruppo di studio ilcompito di individuare possibilisoluzioni costruttive. Sarà gradi-

ta la collaborazione di tutti gliinteressati.

FFrraannccoo SSccaarraammuuzzzzii

2 informazioni dai Georgofili1 settembre 2009

Nell’aprile 2009 l’Acca-demia dei Georgofili haacquisìto un suggestivo

“trofeo pomologico” (fig. 1)allestito, intorno al 1880, da unosconosciuto ceroplasta in occa-sione del fidanzamento di unafanciulla di Ascoli Satriano,ridente paese della provincia diFoggia.Il “trofeo” si compone di uncentinaio di frutti in cera misti afoglie sericee, ar tisticamentedisposti intorno ad un supportoassile alto circa 60 cm sotto unacampana di vetro di circa 20 cmdi diametro.Colori a parte, i frutti sono inottimo stato di conservazione;non tutti però sono riconoscibi-li. Tra quelli che si ritengonoidentificabili figurano le “pera-glie” (Pirus communis L.), varie

Una recente acquisizione museografica dei Georgofili

mele (Malus x domesticaBorkh) fra cui le “Musone”,caratteristiche per la loro formatronco-conica allungata, variealbicocche (Armeniaca vulgarisL.), fra cui le siciliane “PricoccheSpaccatelle” (fig. 2) il cui epicar-po si fende a maturità mostran-do la polpa e i nòccioli che, peril simulacro in questione, eranostati estratti da frutti veri.Nel “trofeo” sono presentianche grossi fichi (Ficus caricaL.), parte dei quali infilzati, ingruppi di cinque, in rustici “spie-dini” del tutto simili a quelli chevengono ancora allestiti nelMeridione, soprattutto inCalabria (fig. 3).Non mancano naturalmente gliagrumi (Citrus sp.), soprattuttolimoni, i fichi d’India (Opuntiaficus indica Mill.), le nèspole di

Fig. 1 – Trofeo pomologico

Germania (Mespilus germanicaL.), le melograne (PunicaGranatum L.), le noci (Juglansregia L.), le nocciòle (CorylusAvellana L.), le carrube

Fig. 2 - Pricocche Spaccatelle

Fig. 3 - Ficus carica L.

(Ceratonia Siliqua L.), le pesche(Prunus persica Mill.), le susine(Prunus domestica L.), le fragole(Fragaria, sp.), le ciliegie (Cerasusavium Moench), le olive damensa (Olea europaea L.), l’uva(Vitis vinifera L.), i gelsi (Morusnigra L.), e altri frutti meridiona-li, fra i quali sembra figuri anchel’esotica anona (Annona chirimo-lia Mill.), tuttora coltivata inqualche località siciliana.Nonostante la loro estraneità alcampionario prettamente frut-ticolo, completano il riccoassortimento carpologico unafetta di melone (Cucumis meloL.), dei cetriòli (Cucumis sativusL.) e due esili pannocchie digranturco (Zea mays L.).Al di là del suo prioritario inten-to artistico e augurale il “trion-fo” ceroplastico dei Georgofilipropone alcuni riferimentipomologici che arricchiscono laconoscenza del germoplasmafrutticolo meridionale sul finiredel XIX° secolo.

EEnnrriiccoo BBaallddiinnii

3informazioni dai Georgofili 1 settembre 2009

“Pasta e fagioli”, piattotipico della tradizionecontadina, rappresen-

ta l’emblema del modello ali-mentare mediterraneo, fatto dicibi naturali, senza additivi oconservanti chimici.Dall’analisi condotta dal team diFrancesco Sofi, nutrizionista del-l’Università di Firenze, su diversistudi pubblicati sul British Me-dical Journal, è emerso che laDieta Mediterranea è in gradodi ridurre del 13% l’incidenza dimalattie quali Parkinson eAlzheimer, del 9% le malattie le-gate a problemi cardiovascolari

Dieta Mediterranea:storia, cultura e salute

e del 6% l’incidenza dei tumori.Un altro studio, pubblicato sulBritish Medical Journal, condot-to su un campione di 74.000anziani in 9 Paesi europei, hadimostrato una riduzione del-l’8% della mortalità generale incoloro che aderivano ad un’ali-mentazione basata sui principidella Dieta Mediterranea.Il riconoscimento dall’UNESCOdella Dieta Mediterranea qualepatrimonio culturale immaterialedell’umanità può rappresentareun valido impulso al recupero disane abitudini alimentari.La Dieta Mediterranea è una

risorsa culturale per lo svilupposostenibile del Mediterraneo,una parte integrante del patri-monio sociale, storico, econo-mico, artistico e paesaggisticodei popoli della Regione. Rap-presenta uno stile di vita impor-tante, sia come patrimoniocomune a tutta l’area, sia qualeespressione delle singole comu-nità che la compongono.Essa è parte integrante del-l’identità storica e culturale delMediterraneo e rappresentaun’opportunità di crescita eco-nomica dei Paesi che ne fannoparte. Nella Dieta Mediter-ranea tradizione e innovazionecoesistono efficacemente e rap-presentano due elementi fon-damentali in previsione dellazona euromediterranea di libe-ro scambio del 2010.Nel nostro Paese più della metà

della produzione agricola ècostituita da cereali, ortofrutta,olio d’oliva, prodotti della pescae vino: prodotti apprezzati intutto il mondo e che rappre-sentano il 40% del totale delleesportazioni agroalimentari ita-liane.Questo modello di alimentazio-ne, grazie alla varietà di prodot-ti ed alla possibilità di abbinareun’infinità di sapori che incon-trano il gusto di milioni di con-sumatori, non è solo un mododi nutrirsi, ma l’espressione diun intero sistema culturaleimprontato alla salubrità, allaqualità degli alimenti ed alladistintività territoriale.Un modo di nutrirsi apprezzatoin gran parte del mondo e cheva assolutamente salvaguarda-to.

CCoossiimmoo LLaacciirriiggnnoollaa

Cessata la campagna con-tro i biocarburanti, pre-sentati come concor-

renti delle produzioni alimenta-ri e causa dell’incremento deiloro prezzi, si comincia a valuta-re in modo razionale l’interafiliera e i singoli anelli che lacompongono.A livello U.E. si tenta di darerisposte oggettive (numeri!) adiverse domande. Le principali:Quanta disponibilità di materieprime? Quali? Importate o pro-dotte nei Paesi Membri? Nelsecondo caso, dove? A qualicosti? Con quale impattoambientale nelle successive fasidi produzione, trasformazioneed uso? Quali ricadute sulleproduzioni alimentari e non ali-mentari nell’U.E., nei Paesi gran-di esportatori e in quelli adeconomia di transizione? Qualieffetti sull’economia rurale neiluoghi di possibile produzione?Quali i vantaggi dei biocarbu-ranti cosiddetti di seconda o diterza generazione? In quantotempo i progressi nella faseagricola, o in quella industriale enell’uso, saranno tangibili?Già dall’elenco si comprendecome il problema dei biocarbu-ranti sia estremamente com-plesso e ben lontano dalle ripe-tute e presuntuose banalizza-zioni che negli ultimi tempi

hanno fornito soluzioni univo-che pro e contro.I principali “drivers” sono bendiversi nello spazio e nel tempo,sia a livello mondiale chenell’U.E. ed anche nei singoliStati.Ne consegue la profondanecessità di ricerca coordinatae di raccolta di informazioni cherientrano negli obiettivi sia dellaPiattaforma Tecnologica Euro-pea “Biofuels” sia di quellenazionali, fra le quali “BiofuelsItalia”.Intanto il mondo si muove. Aigrandi Stati produttori di etano-lo o di biodiesel se ne vannorapidamente aggiungendo altri.La tendenza è verso una tra-sformazione interna, con espor-tazione non delle materieprime agricole, ma di biocarbu-ranti e coprodotti. In propositoin molti degli scenari previstiper il 2020 si ritiene che alcuniPaesi dell’U.E. possano produrrecirca l’80% dei biocarburantioccorrenti. Per l’Italia invece siprevede un rapporto inverso,con una dipendenza dell’80%dalle importazioni (3.6 Mtoe su4.2).Intanto lo scorso dicembrel’U.E. ha raggiunto un compro-messo per le due Direttive suProduzione delle rinnovabili pertrasporto e su Specifiche di

Disponibilità e sostenibilità di materie perbiocarburanti nell’Unione Europea

qualità dei carburanti; già pub-blicate sulla Gazzetta Ufficialedella U.E..La trasposizione negli ordina-menti nazionali è prevista per laprima Direttiva nell’ottobre2010, e per la seconda a partireda gennaio 2011. Entrambesono basate su rigidi criteri disostenibilità ambientale, econo-mica e sociale. Un problema èl’interpretazione e l’applicazio-ne nei regolamenti attuativi deisingoli Stati Membri, che

potranno così differire fra lorocon ovvie conseguenze. IlConsiglio Scientifico di BiofuelsItalia è impegnato in proposito.Solo un puntuale, tempestivo,impegno coordinato di tutti gliattori della filiera potrà infattiscongiurare decisioni improprieche potrebbero bloccare, oalmeno limitare, l’avvio del set-tore.

GGiiaannppiieettrroo VVeennttuurrii

Il panìco è di grande interesse fra le poliennali per biocarburanti di “seconda gene-razione”

4 informazioni dai Georgofili1 settembre 2009

L’autenticazione e la traccia-bilità rivestono un ruolo digrande importanza per la

difesa e la promozione delleproduzioni tipiche e locali. InItalia vi è un gran numero diprodotti legati ad una particola-re razza animale e commercia-lizzati con il marchio di razza.Sebbene rappresentino prodot-ti di nicchia, essi costituisconoun sostegno per la conservazio-ne di razze locali perché sonovenduti a più alto prezzo. Inconseguenza di ciò si possonoverificare delle frodi.L’analisi del DNA permette diidentificare tali frodi perché ilDNA è molto stabile e puòessere recuperato anche da

Analisi del DNA: strumento innovativo per laprotezione dei prodotti tipici

prodotti trasformati.Per l’identificazione di prodottimonorazza, in particolare perquelli che derivano da più ani-mali, quali formaggi e salami,può essere utile la ricerca diuno o pochi marcatori delDNA presenti in tutti gli anima-li di una razza e assenti in altre.I marcatori riguardano geni chedeterminano caratteristichespecifiche di razza come adesempio il colore del mantello.Un caso interessante è quellodel formaggio ParmigianoReggiano prodotto con sololatte di razza Reggiana. Il siste-ma, messo a punto dallaSezione di Allevamenti Zoo-tecnici dell’Università di Bolo-

gna, si basa sulla possibilità diidentificare nel formaggio, indi-rettamente mediante l’analisidel DNA, il colore del mantellodelle vacche che hanno fornitoil latte per la sua produzione.Infatti la razza Reggiana è omo-zigote per l’allele recessivo delgene MC1R, che determina ilcolore del mantello rossastrodistintivo della razza, mentre levacche di razza Frisona o Bruna,che hanno un colore diverso,presentano sempre almeno undiverso allele. Analizzando ilDNA presente nel formaggio èpossibile stabilire se questoderiva da latte di solo Reggianao da una miscela di latte didiverse razze. L’analisi può esse-

re effettuata sul formaggioParmigiano Reggiano stagionatoanche per 36 mesi. Il sistemanon può essere usato per iden-tificare la presenza di latte diPezzata Rossa, perché in questarazza è possibile la presenza disoggetti omozigoti per lo stessoallele della Reggiana. Altre ricer-che sono in corso per identifi-care la presenza di latte prove-niente da razze pezzate e razzenon pezzate. Su questa linea diricerca potrebbe essere possi-bile effettuare una tracciabilitàdel formaggio ParmigianoReggiano o di altri formaggiottenuti solo con latte anche dialtre razze.

VViinncceennzzoo RRuussssoo

La riscoperta delleerbe officinalinelle aree alpine

Le piante officinali e i princi-pi attivi che le caratterizza-no sono impiegati in

numerosi settori, come colo-ranti (indaco), aromi (vanillina,senape), profumi (olio essenzia-le di rosa, lavanda), stimolanti(caffeina, nicotina, efedrina), allu-cinogeni (morfina, cocaina,mescalina, tetraidrocannabino-lo), insetticidi (nicotina, piperina,pietrina, thujone), veleni (conii-na, stricnine, aconitine) e agentiterapeutici (atropine, chinine,cardenolidi, codeina). L’uomosperimenta l’utilizzo delle pianteofficinali da sempre, come testi-monia il ritrovamento di pollinefossile di queste specie in sitiarcheologici abitati dall’Homosapiens neanderthalensis.La conoscenza e l’uso delleerbe officinali fanno dunqueparte di un bagaglio antico, lecui tracce sono ancora oggi rin-venibili in aree periferiche comequelle montane, dove il legamecon il territorio e la cultura con-tadina ancora sopravvivono. In

montagna trovano peraltro illoro habitat naturale numerosespecie officinali di grande inte-resse. Inoltre l’elevata diversitàdella flora può essere conside-rata una delle risorse interes-santi sotto il profilo economico.Presupposti culturali, ambientalie di mercato rendono le areemontane potenzialmente voca-te alla produzione di erbe offici-nali di elevato valore qualitativo.L’utilizzo razionale di questopotenziale può rappresentareuna reale possibilità di valorizza-zione delle aree montane,come testimoniano alcune real-tà aziendali consolidate comequelle svizzere, austriache ealtoatesine, ed altre che si stan-no attualmente diffondendo esviluppando in aree dell’arcoalpino italiano come Valleca-monica, Verbano Cusio Ossola,Valtellina e montagne Bellunesi.Il contributo dell’IstituzioneUniversitaria nell’avvio di que-ste esperienze è stato essenzia-le, sia nella definizione delle

strategie produttive sia nellamessa a punto delle tecnichecolturali e di trasformazioneappropriate, essenziali pergarantire la qualità delle produ-zioni. La coltivazione e la tra-sformazione di piante officinaliinserita in un contesto azienda-le montano non assume soloun significato produttivo, ma,può diventare un valido stru-mento per ampliare l’offertaintegrata prodotti/territorio aforte connotato naturalistico in

Piante officinali in Valcamonica.Visita di studenti

grado di stimolare e sostenereun flusso turistico specifico. Lepiante officinali, colorate, profu-mate, diventano elemento dicomunicazione attiva del terri-torio, della cultura e delle tradi-zioni che lo caratterizzano,oltre che efficace veicolo didivulgazione di nozioni natura-listiche e ambientali oggi sem-pre più apprezzate e ricercatedai frequentatori della monta-gna.MMaauurriizziioo CCooccuuccccii,, AAnnnnaa GGiioorrggii

5informazioni dai Georgofili1 settembre 2009

In Italia i quasi 7000 km dipiste da sci comportano unimpatto territoriale e un peso

economico rilevanti, ma, inte-grando gli aspetti ingegneristicicon quelli biologici e ambienta-li, la ricerca offre oggi buonesoluzioni, sia nel campo degliinerbimenti, sia in quello deglianimali che li utilizzano.Riguardo agli iinneerrbbiimmeennttii, appa-iono oggi affidabili almeno unaventina di specie da impiegarein miscugli semplici, in pistesopraforestali e infraforestali. Laprovenienza autoctona del mate-

Erba, animali episte da sci

riale vegetale è preferibile maper superare alcuni problemi(reperimento e moltiplicazionedel seme e insediamento lentoe difficoltoso), si può ancheusare del materiale alloctono,scelto fra quello in grado di assi-curare un ricoprimento rapidoche blocca l’erosione (la cosi-detta funzione starter) e, poi,agevolare il reingresso dellavegetazione nativa, con raggiun-gimento di un’accettabile rina-turalizzazione nel giro di 8-9anni. Le semine semplificate(soprattutto pacciamatura e

Inerbimento con elicottero (nel cerchio) di una pista da sci del Monte Cimone (MO)

idrosemina, anche con elicotte-ro) e gli sfalci frequenti (conriciclo del materiale asportato)possono abbreviare significati-vamente questi tempi.In molte situazioni la manuten-zione più efficace è rappresen-tata dagli aanniimmaallii aall ppaassccoolloo perl’azione positiva (con il prelievodell’erba, il calpestamento e larestituzione delle deiezioni) sulreingresso della vegetazionenaturale, l’equilibrio floristico, labiodiversità, il mantenimentodella fertilità del suolo e il rinfit-timento del cotico con l’appor-to di semi e nutrienti. Gli anima-li, di solito ovini e bovini, maanche equini e caprini, operanooggi in molti comprensori scii-stici come greggi o mandrie “diservizio” gestiti da terzi o dalle

stesse società degli impianti afune, dando luogo talvolta asistemi multiuso intensivi, addi-rittura con il pascolamentobovino razionato caratterizzatoda spostamenti giornalieri lungole piste usando recinzioni elet-triche e acqua di abbeveratafornita dagli impianti di inneva-mento artificiale.Il ruolo ambientale e territo-riale degli erbivori è dunquerilevante anche nelle aree scii-stiche, dove può prosperareuna zootecnia multifunzionalefornitrice di utili servizi e diesternalità importanti, anchese di non facile valutazioneeconomica, realizzando, in defi-nitiva, una buona gestione delterritorio.

PPaaoolloo TTaallaammuuccccii

Manutenzione di una pista con gregge “di servizio” in Alta Valtellina (SO)

In relazione allo studio dellecaratteristiche nutraceutichepresenti nei prodotti di origi-

ne animale, si riportano diseguito alcuni risultati rilevanti,ottenuti dal gruppo della sezio-ne di Scienze Zootecniche delDipartimento di Agronomia eGestione dell’Agroecosistemadi Pisa, in merito al migliora-mento delle caratteristiche fun-zionali di alcuni prodotti qualilatte e carne dei ruminanti.In questo ambito è stato messoin rilievo il ruolo chiave chegioca la Stearoil CoA Desatu-rasi (SCD) nel definire la com-posizione in acidi grassi e laqualità del latte e della carne. I

substrati dell’enzima sono mol-teplici e la ghiandola mammariaè l’organo di maggiore espres-sione della SCD nei ruminantiin lattazione. I principali substra-ti della SCD, a livello della ghian-dola mammaria, sono il C18, ilC16, il C14 e il C18:1t11, da cuisi ottengono i rispettivi acidiinsaturi (C18:1 cis9, C16:1,C14:1, C18:2 c9,t11). Nei bovi-ni il gene è localizzato sul cro-mosoma 26q21. Sono note tremutazioni puntiformi (SNP) alivello del quinto esone di talegene. I primi due polimorfisminon comportano sostituzioni diaminoacidi nella sequenza pro-teica, mentre il terzo determina

la sostituzione di una valina conuna alanina a livello del 293°residuo della proteina. I tre SNPvengono ereditati contempora-neamente (linkage disequili-brium), pertanto vanno a costi-tuire due aplotipi, quello asso-ciato alla sintesi della valina (V)e quello associato all’alanina(A). Lo studio (finanziato dalMIUR con il progetto PRIN2003) condotto dal nostrogruppo, su 297 bovine di razzaFrisona Italiana, ha mostrato chegli individui portatori dell’aploti-po A mostravano un contenutosignificativamente più elevato diMUFA e di acido oleico e un’at-tività desaturasica, misuratacome rapporto C14:1/C14 piùelevata, rispetto agli individui

omozigoti per l’aplotipo V. Unrisultato simile è stato ottenutoda Taniguchi e coll. (2004) nelgrasso intramuscolare di bovinida carne. Questi risultati hannomesso in rilievo la possibilità diutilizzare la SCD come genecandidato per migliorare lecaratteristiche qualitative dellatte e della carne. Un altroaspetto molto studiato nel defi-nire l’influenza della SCD sullacomposizione acidica è il livellodi espressione genica per laquale si è posta l’ipotesi dell’esi-stenza di una regolazione post-trascrizione che regola l’attivitàdell’enzima, indipendente dallivello di gene espresso.

PPiieerrlloorreennzzoo SSeecccchhiiaarrii

Qualità degli alimenti di origine animaleNuove acquisizioni

6 informazioni dai Georgofili1 settembre 2009

Èuna pianta che sta facendosognare: una fonte d’olio abasso costo che non colli-

de con i problemi dell’alimenta-zione dell’uomo e degli animalidato che l’olio prodotto non èalimentare. Valorizza terrenimarginali dei Paesi caldi dovecresce spontanea. L’olio è dibuona qualità sia per produrrebiodiesel che energia elettricaper combustione.La Jatropha curcas L. (JCL) èun’euforbiacea di origine messi-cana e del Centro America. Siritrova in tutti gli areali a climatropicale o subtropicale.La pianta può essere classificatasia come piccolo albero checome grande cespuglio.L’altezza media è tra i 3 e i 5 m.Dal seme, normalmente grossoe di colore marrone nero, si svi-luppano 5 radici. La principale èun fittone che non si formaquando la pianta viene ripro-

Jatropha curcas L.dotta per talea. È specie monoi-ca con fiori unisessuali.L’impollinazione è entomofila.Le infiorescenze sono portateterminalmente sulle branche.Ha 22 cromosomi (2n).Cresce sia in condizioni semi-aride che caldo-umide. Teme legelate che provocano, in genere,danni immediati. La pianta non èsensibile alla lunghezza del gior-no. Predilige terreni sabbiosi, benareati e drenati. In base alla com-posizione dei frutti un equilibratoapporto di fertilizzanti si rendenecessario. Resiste bene aglistress biotici, ma sono stati evi-denziati danni da insetti a caricodell’infiorescenza e delle capsule.La moltiplicazione vegetativafavorisce l’entrata in produzio-ne fin dal primo anno d’impian-to. Le talee possono esserepiantate direttamente in campoall’inizio della stagione dellepiogge. Le distanze di impianto

maggiormente utilizzate sono: 2x 2 m2 (2500 piante ha-1), 2.5 x2.5 m2 (1600 piante ha-1), 3 x 3m2 (1111 piante ha-1).La semina diretta è consigliataall’inizio della stagione piovosa.Le branche vengono normal-mente cimate al termine delprimo anno. Il diradamentodella coltura fino a 400-500piante/ha, serve a migliorare estabilizzare la produzione.Di norma fiorisce quasi tutto l’an-no mentre, nelle regioni aride,

solo una volta l’anno, in corri-spondenza delle piogge. La massi-ma resa in olio, si ha quando isemi hanno raggiunto la pienamaturazione (90 gg dopo la fiori-tura). La colorazione dei fruttipassa dal verde al giallo-marrone.La maturazione è scalare e perquesto la raccolta è manuale. Laresa di semi è ancora controver-sa: da 0.4 a 12 t ha-1. Più frequen-temente da 1.5-7.8 t ha-1 anno-1

di seme secco.SSeerrggiioo MMiieellee

Le potenzialità delle biotecnologie per ilmiglioramento delle produzioni animali

La conoscenza e la gestionedelle risorse genetiche diinteresse zootecnico sono

state affrontate per anni con unapproccio di genetica quantitati-va finalizzato all’incrementodella produttività. Ormai sem-pre maggiore attenzione vienededicata agli aspetti qualitatividei prodotti di origine animaleed al loro contributo bionutri-zionale e salutistico nella ali-mentazione umana; mano amano che si acquisiscono nuoveconoscenze e vengono messe apunto metodologie analitichesempre più fini nei campi dellagenomica, della trascrittomica,della proteomica, della lipidomi-ca, della aromomica, della meta-bolomica, la ricerca zootecnicaè attratta dalla possibilità dimeglio comprendere i principa-li fenomeni biologici e di inter-venire, in modo globale, sugliaspetti qualitativi e quantitatividelle produzioni animali.La complessità degli aspettigenetici e delle funzioni fisiolo-giche coinvolte spinge perciòsempre più a trarre i maggiori

vantaggi dalle emergenti disci-pline. Le aspettative maggiorisono riposte attualmente neglistrumenti della genomica fun-zionale, grazie alla quale saràpossibile decifrare il significatobiologico delle informazionigenomiche in modo sistematicoper tutti i geni presenti in ungenoma.La disponibilità di marcatorimolecolari (STRs, SNP, AFLP)ha significativamente incremen-tato le opportunità di indaginedella genetica di popolazione,che ha potuto sfruttare le infor-mazioni sia di marcatori ad ere-dità materna (polimorfismi alivello del DNA mitocondriale),paterna (marcatori sul cromo-soma Y) che biparentale (mar-catori sugli autosomi), oltre allapossibilità di analizzare DNAestratto da reperti archeologici(solitamente ossa e denti)anche molto antichi. Ciò haconsentito: (i) di definire i pro-cessi alla base della domestica-zione delle principali speciezootecniche; (ii) di individuare lerelazioni filogenetiche e filogeo-grafiche tra le diverse razze; (iii)di caratterizzare geneticamentele popolazioni; (iiii) di valutare,

monitorare nel tempo e pre-servare i livelli di variabilitàgenetica presenti nelle popola-zioni zootecniche a limitataconsistenza numerica e, quindi,maggiormente esposte ai rischidi impoverimento genetico, de-pressione da inbreeding e, inultima analisi, di estinzione.Le informazioni derivanti daiprogetti di sequenziamento deigenomi delle principali specie diinteresse zootecnico hannofavorito l’affermarsi di approccidi studio finalizzati alla compren-sione delle interazioni molecola-ri esistenti negli organismi; sonostate introdotte nuove tecnolo-gie “high-throughput” di analisigenomica (DNA microarrays),sono stati compiuti notevolipassi per giungere alla creazioneo all’arricchimento delle mappegenetiche e fisiche, sono stati in-dividuati numerosi QTL (Quan-titative Trait Loci - regioni cromo-somiche contenenti uno o piùgeni che influenzano un caratte-re multifattoriale) relativi ai prin-cipali caratteri quantitativi diinteresse produttivo, riprodutti-vo, patologico e di adattamentoall’ambiente (climatico e nosolo-gico).

Un aspetto non secondario èl’esigenza di meglio caratterizza-re le proprietà qualitative, nutri-zionali e salutistiche degli ali-menti di origine animale e divalorizzarle mediante l’indivi-duazione degli attributi di tipici-tà che li contraddistinguono. Incampo zootecnico, esempi ditali applicazioni sono rappre-sentati dall’analisi su carne, lattee derivati delle componentiproteiche mediante elettrofore-si bidimensionale e spettrome-tria di massa e delle componen-ti lipidiche e delle frazioni vola-tili mediante tecniche cromato-grafiche associate a spettrome-tria di massa.Affiancandosi all’approccio ge-nomico per la rintracciabilità in-dividuale o razziale, la determi-nazione del profilo in compostivolatili (VOCs, Volatile OrganicCompounds) sembra presentareinteressanti potenzialità qualestrumento di rintracciabilità,lungo la filiera produttiva e dicommercializzazione, delle pro-duzioni tipiche e tradizionalilegate a specifici contesti terri-toriali e/o a particolari tecnolo-gie produttive.

DDaarriioo CCiiaannccii

Jatropha curcas L.: frutti a diverso stadio di maturazione

7informazioni dai Georgofili1 settembre 2009

Il maiale MacchiaioloMaremmano

Tra il 2004 e il 2006 ven-nero individuati, in piccoliallevamenti semiestensivi

della Maremma toscana, unaventina di suini di entrambi isessi che, sulla base di una somi-glianza fenotipica, potevanoessere attribuiti al vecchiogenotipo Macchiaiolo Marem-mano. Si tratta di una razza con-siderata scomparsa a seguitodei profondi cambiamenti chehanno interessato tutto il setto-re agricolo nell’ultimo secolo eche ha visto mutare profonda-mente il patrimonio geneticoanimale nazionale: le anticherazze suine autoctone sonostate sostituite da tipi geneticiprecoci di provenienza nord-europea e solo alcune sonostate in seguito recuperate evalorizzate. È opportuno sotto-lineare che nella popolazionesuina primitiva dell’Italia centra-le, già presente nel Medioevo,erano presenti suini dal mantel-lo nero uniforme, con peculiaricaratteristiche morfologiche espesso chiamati “macchiaioli” acausa del loro sistema di alleva-mento nelle “macchie”. Il natu-

ralista Ulisse Aldrovandi nel XVsecolo e l’agronomo VincenzoTanara nel XVII descrivevanoquesti maiali neri quali fornitoridi “carne soda, che si conservapiù a lungo delle altre”. All’albadell’Unità d’Italia, la Macchiaiolaera diffusa in tutta la Toscana eCristin (1861) la descrive “...pregevolissima, per il facile egrande ingrassamento, perpoco che si accresca e si miglio-ri il metodo d’alimentazione”;Faelli (1903) al riguardo confer-ma che in tutta l’Italia centraleera diffusa la varietà suina defi-nita “Macchiaiola” o “Marem-mana”, denominata anche“Romana” nel Lazio e “Peruginada macchia” in Umbria, adatta alpascolo e produttrice di ottimacarne.L’Associazione Genomamiata haallora incaricato il Dipartimentodi Scienze Zootecniche dell’Uni-versità di Firenze e il Consorzioper la Sperimentazione, Divul-gazione e Applicazione di Bio-tecniche Innovative (ConSDABI)di Benevento, National FocalPoint della FAO, di accertare lareale sopravvivenza del Mac-

chiaiolo e, ove questo fossestato confermato, di individua-re le possibili strategie diampliamento numerico e divalorizzazione della razza edelle sue produzioni. In effetti icaratteri morfologici e i para-metri biometrici ricavati sullapopolazione relitta corrispon-dono a quelli riportati neglianni Trenta per questa razza ele analisi genetiche, tutt’ora incorso, stanno fornendo rispo-ste sulla sua peculiarità; i sog-getti recuperati, attualmente inattiva riproduzione program-mata, non sono quindi appar-tenenti a genotipi suini cono-sciuti ma devono essere consi-

derati una razza a sé stante: laMacchiaiola. È opportuno sot-tolineare anche che, contraria-mente ad altri genotipi autoc-toni più noti e diffusi, questarazza era molto apprezzatanon solo come soggetto diincrocio per produzioni dasalumificio ma anche in purezzaper consumo fresco, essendocaratterizzata da carni moltosaporite e senza eccessi digrasso. Recentemente inseritanel Repertorio regionale dellerisorse genetiche autoctone dellaToscana c’è da augurarsi chepossa presto tornare sulletavole degli amanti del maiale.

AAlleessssaannddrroo GGiioorrggeettttii

Suini Macchiaioli al pascolo

Un editoriale apparso suuna rivista nel giugno2008 portava un titolo:

10 reasons to bulldoze your gre-enhouse riferendosi alle aziendefloricole tanto obsolete da nonpotere competere sul mercato.Perchè mai? Cosa è successo ditanto sconvolgente nel mondo?La “distruzione creativa” è l’uni-ca strategia per fronteggiarequesta congiuntura?La floricoltura vale 26-27 miliar-di euro e l’Italia contribuisce peril 5-6%, una cifra allettante pertanti Paesi centro-americani,africani, ma anche per India,Cina, Russia, Nepal e così via.Molti possono contare su bassicosti del lavoro, normative

“Distruzione Creativa” esviluppo della Floricoltura

assenti o permissive, privilegifiscali, disponibilità di terreni,clima favorevole. Si è avviatacosì una corrente di esporta-zione di fiori recisi verso Europae Nord America grazie ancheall’afflusso di capitali, competen-ze e tecnologie dall’Europa;sono nati centri di commercia-lizzazione, il Dubai FlowerCenter e l’IFAB in India, collega-ti con operatori europei el’Italia ha aperto il ‘Viridarium’ inUngheria come ponte con iPaesi orientali. Le Tecnologiedell’Informazione sono diventa-ti strumenti essenziali: comuni-cazione, commercio elettroni-co, selezione automatica di fiorie piante da interno.

Quale sarà il futuro? L’interessedegli investitori cresce: la GoldFields, esauriti i filoni auriferi, hacostituito la Living Gold che pro-duce rose e ha un grande pro-gramma di ampliamento;Kathmandu, luogo di spiritualità,è diventato un sito di produzio-ne di rose; l’Etiopia è la nazioneleader per la rosa. Instabilità,guerre e fibrillazioni finanziarierendono le previsioni aleatoriema, comunque, i floricoltorieuropei devono reagire perresistere in un contesto difficilee aggressivo. Come reagire?Aumento della produttività dellavoro con notevoli investimen-ti per ammodernamento degliimpianti, meccanizzazione eautomazione delle operazionidi movimentazione di materieprime, materiali e prodotti;delocalizzazioni e disimpegnodal comparto saranno le rea-zioni estreme. In Olanda e

Danimarca diminuisce il nume-ro di aziende ma non la super-ficie floricola totale e si realizza-no economie di scala. Infine, leorganizzazioni commercialiolandesi hanno contribuito,attraverso il loro ruolo di brokerinternazionali, a conservare, oaddirittura a rafforzare, la lea-dership floricola della nazione.La floricoltura italiana ha tarda-to a reagire per difficoltà d’inve-stimento, presenza di microa-ziende, carenze logistiche; pen-sare e agire da imprenditorisarà la chiave del successo. E laformazione? In Texas è stata isti-tuita la Ellison Chair ofInternational Floriculture, finan-ziata dai florovivaisti; è difficilepensare che il segnale possaessere raccolto in Italia. Ladistruzione creativa può essereun’opportunità, non solo per lafloricoltura!

GGiioovvaannnnii SSeerrrraa

8 informazioni dai Georgofili1 settembre 2009

Secondo i sostenitori dellateoria che fa affidamentosull’opera di autoregola-

zione della natura, non èopportuno coltivare i boschi.L’argomento ha stimolato diver-si contributi scientifici tra i qualispicca quello del Prof. dePhilippis che nel 1986 a questoproposito così si esprimeva “…che i tagli intercalari non apporti-no apprezzabili variazioni allaproduzione totale (intercalare+definitiva) di massa legnosa, perlo meno nei soprassuoli a turnilunghi o medi è ormai un fattoben noto, ma è altrettanto notoche essi ci consentono di modifi-care sostanzialmente la riparti-zione di detta massa in assorti-menti di varia qualità e valore”.L’illustre Maestro consideravaerrata allo stesso modo la visio-ne esclusivamente produttiva dimassa legnosa e le funzioniesclusivamente ambientali “…dimenticando che l’una e le altresono strettamente interdipenden-ti e legate al grado di efficienzafunzionale del bosco”.Dopo circa 20 anni di ricerche

Non c’è antitesi traselvicoltura ed ecologia

sperimentali in fustaie naturali aprevalenza di cerro sottopostea due differenti intensità di dira-damento di tipo basso confron-tate con aree lasciate ad evolu-zione naturale, possiamo con-fermare che gli interventi selvi-colturali non hanno influitosostanzialmente sulla produzio-ne totale e che i diametri deiboschi “diradati” risultano mag-giori rispetto a quelli dei boschiad evoluzione naturale. Ciò staad indicare un maggior valoredei soprassuoli in piedi sottopo-sti a diradamento.Se dal taglio di maturità di que-sti boschi si ricaveranno sia as-sortimenti da lavoro che legnada ardere, il valore del boscosottoposto ad interventi selvi-colturali aumenterà rispetto aquello lasciato ad evoluzionenaturale. Un’ulteriore conside-razione riguarda gli aspetti dicarattere ecologico-ambientale,legati ai tempi di ritorno delcarbonio in atmosfera, decisa-mente più lunghi per gli assor-timenti da lavoro rispetto allalegna da ardere.

I boschi coltivati, costituiti dapiante di grandi dimensioni estrutturalmente più accessibilirispetto ai boschi lasciati adevoluzione naturale, sono sicu-ramente ben apprezzati perfinalità turistico-ricreative e, c’èda aspettarsi, che siano anchepiù longevi rispetto ai boschinon sottoposti ad alcun inter-vento colturale. Infine, con l’in-tensità dei tagli intercalari, sonorisultate aumentare le risorsepabulari offerte agli erbivoridallo strato erbaceo.Per quanto sopra esposto, nellesituazioni assimilabili a quellequi esaminate, il non uso delbosco, al pari di un uso che vaoltre le capacità portanti dell’e-cosistema, rappresenta un’op-zione antiecologica per lo spre-co di biomasse che inevitabil-

mente comporta, per la diminu-zione del potenziale turistico-ricreativo ed estetico deiboschi, per le negative variazio-ni paesaggistiche, per l’aumentodello sbilancio tra domanda edofferta di legname sui mercati.Si pone dunque il problema diricercare uno stato del boscoche sia in grado di assicuraresicuro beneficio all’utente ed unequilibrio stabile nel tempo;mettere in atto forme di gestio-ne ecocompatibili rappresentaun obiettivo ambizioso per lacorretta utilizzazione dellerisorse naturali. Quanto sopra ètanto più urgente nei ParchiNazionali per il ruolo di model-lo di gestione che ad essi deveessere assegnato.

OOrraazziioo llaa MMaarrccaa

Veduta di un’area sperimentale in una fustaia di cerro (Quercus cerris) regolarmentesottoposta ad interventi colturali

Lo studio delle Old-GrowthForests ha avuto forte riso-nanza dal Summit UNCED

di Rio in Brasile del 1992, perl’importanza delle “qualità natu-rali” delle foreste.Gli addetti ai lavori non trova-rono subito un’identità di pen-siero sul significato da assegna-re al termine, perché le suedefinizioni risultavano spessocondizionate dalla tematicaaffrontata.In effetti quando si definisce“l’ambiente naturale” nasce ladomanda se l’uomo fa partedella natura. La risposta dipendedalla percezione personale. Inteoria il concetto di foresta natu-rale esclude qualsiasi influenzaumana.Tuttavia, in pratica, anchequesta definizione rimane elusi-va. Il pregevole lavoro diBuchwald (FAO, 2002), ha arre-cato un contributo essenziale, daun punto di vista concettuale, al

Old-Growth Forestssignificato del termine Old-Growth Forest. Difatti questoviene inserito in una scala gerar-chica distintiva che consideracomponenti principali la natura-lità e i diversi livelli di impattodell’attività umana.Le Old-Growth Forests che si col-locano in una posizione interme-dia tra le foreste semi-vergini(Near Virgin Forest) e le foresteda lungo tempo non utilizzate(Long Untouched Forest), sonotipicizzate dagli stadi finali dellepiante vetuste con presenza diuna serie di stadi strutturali dellaripartizione della biomassa. Inquesto senso, la presenza dellegno morto è stata consideratacome indicatore della naturalitàdi un sistema forestale perchécapace di rappresentarne lostato di salute.L’interesse delle Foreste Vetuste(traduzione accettata nel nostrolinguaggio) riguarda in modoparticolare il legno morto ed ilruolo di questo nel ciclo del car-

bonio. Recenti ricerche hannoindicato come le foreste possa-no continuare ad accumularecarbonio anche dopo lo stadiodi omeostasi (nei casi di studioboschi anche di oltre 800 anni dietà). Questo modifica il concet-to secondo il quale le forestestramature (Foreste Vetuste)hanno raggiunto l’equilibrioomeostatico ovvero la neutralitànel bilancio del carbonio.

Ma l’interesse riguarda anche ilfatto che le Foreste Vetustepossono essere considerate“riserve naturali di biodiversità”e quindi riserve di diversitàgenetica. È importante questoaspetto perché evidenzia come,in un contesto di strategie diconservazione, è la popolazione(pool genico) che assume ruoloprimario.

RRaaffffaaeelllloo GGiiaannnniinnii

Bosco vetusto di abete rosso (Cortina-BL) (Foto A.M. Proietti)

9informazioni dai Georgofili 1 settembre 2009

In Italia il 21,3% dei suoli delterritorio nazionale è arischio di desertificazione

(41,1% nel Centro e Sud Italia).La degradazione del suolo avve-nuta negli ultimi 40 anni ha pro-vocato una diminuzione di circail 30% della capacità di ritenzio-ne idrica dei suoli agricoli, conun relativo accorciamento deitempi di ritorno degli eventimeteorici in grado di provocareeventi calamitosi.Che questi aspetti abbianoassunto contorni preoccupantia livello planetario è dimostratodalla recente attenzione dellaCommissione Europea verso iproblemi delle protezione delsuolo. Infatti, dopo l’emanazio-ne, nel 2002, delle “Strategietematiche per la protezione delsuolo”, il 22 settembre 2006 laCommissione Europea ha pub-blicato una proposta per una“Direttiva Quadro per laProtezione del Suolo”.In tale direttiva il suolo stessoviene definito una risorsa essen-zialmente non rinnovabile e unsistema molto dinamico, chesvolge numerose funzioni e for-nisce servizi essenziali per leattività umane e la sopravviven-za degli ecosistemi e vengonoindividuate le minacce che neprovocano la degradazione, fracui l’erosione, la diminuzione disostanza organica e la compat-tazione.

Verso una strategia Europea perla protezione del suolo

Fig. 1 – Macrofotografia di una sezione sottile verticalmente orientata preparata daun campione di suolo prelevato nello strato 40-50 cm, cioè al limite inferiore dellalavorazione di un terreno franco argilloso sottoposto ad aratura convenzionale con-tinua. Le parti chiare rappresentano i pori; è evidente la loro discontinuità in sensoverticale. Il lato minore misura 3 cm nella realtà

È noto che l’erosione rappre-senta il principale aspetto delladegradazione del suolo ed èaltrettanto noto che la diminu-zione della sostanza organica,responsabile della perdita distruttura del terreno, è il risulta-to dell’intensificazione dei pro-cessi produttivi degli ultimidecenni; meno noto è invecel’effetto della compattazionedel suolo.A questo proposito si evidenziache, nell’autunno-inverno 2008-2009, in Maremma, ad esempio,non è stata possibile la seminadel grano a causa delle abbon-danti piogge. L’andamento cli-matico è stato senz’altro deter-minante, ma è dipeso anchedalla degradazione del suolo,sotto forma di compattamento,il quale non è solo causato daltraffico delle macchine agricole,ma anche dall’azione degli orga-ni lavoranti, come lo stratocompatto (suola d’aratura) chesi forma al limite inferiore dellalavorazione nei terreni interes-sati da continue arature tradi-zionali.Tale strato compatto, lar-gamente diffuso nelle pianurealluvionali coltivate con mono-colture, è responsabile delle fre-quenti sommersioni che si veri-ficano, appunto, in occasione dipiogge intense concentrate inun breve periodo, perché lapresenza di detta suola d’aratu-ra interrompe la continuità dei

pori (fig. 1) riducendo drastica-mente il drenaggio. L’adozionedi sistemi di lavorazione del ter-reno, alternativi alle tradizionaliarature, quali la discissura, sonocapaci di ridurre la formazione

di questo strato compatto e,proprio nell’ottica delle suddet-te strategie tematiche europee,pratiche colturali più idoneeper la protezione del suolosono raccomandate nella nuovaPAC, con lo scopo di attuareun’agricoltura sostenibile capa-ce di salvaguardare la risorsasuolo a beneficio delle futuregenerazioni.

MMaarrcceelllloo PPaagglliiaaii

Una biotecnologia per il potenziamentodella qualità vivaistica delle piante di olivo

Uno dei principali obietti-vi delle ricerche sullapropagazione è di indivi-

duare e mettere a punto deimetodi capaci di miglioraresempre più la qualità vivaisticadelle piante da impiegare inqualsiasi tipo di sistema arbo-reo. In questo ambito, negli ulti-mi anni notevole interesse èstato rivolto ad una biotecnolo-gia basata sulla micorrizazionedel sistema radicale di specielegnose con funghi arbuscolari,durante la fase di allevamentoin vivaio. La simbiosi micorrizica

esplica diversi effetti positivi chesi concretizzano in una più ele-vata capacità di accrescimentodella pianta, in una più funziona-le struttura della chioma e delleradici e nella maggiore resisten-za a patogeni tellurici. Tra levarie specie saggiate per verifi-care le possibilità applicativedella micorrizazione controllata,con l’olivo sono stati ottenutiinteressanti risultati. Presso alcu-ni vivai olivicoli di Pescia, unasperimentazione triennale haconsentito di accertare comel’accrescimento delle piante

inoculate con ceppi fungini sele-zionati sia stato significativa-mente incrementato nella mag-gior parte delle cultivar saggia-te, sia in piante ottenute datalea che da innesto, dimostran-do come la micorrizazionepossa concretamente contribui-re a rendere più appropriataalle esigenze attuali la filieravivaistica olivicola. Inoltre appa-re realistica la possibilità di pro-durre piante di olivo con meto-di a ridotto impatto ambientale,con minori apporti di acqua efertilizzanti e con requisiti ido-

nei alle colture biologiche.L’insieme degli effetti esplicatidalla simbiosi micorrizica puòessere considerato, in generale,una sorta di potenziamentodella qualità bio-agronomicadella pianta che si manifestaattraverso una più elevata capa-cità di accrescimento e/o l’ac-quisizione di una maggior resi-stenza a vari tipi di stress cui lepiante possono essere sottopo-ste durante il loro ciclo vitale.

SStteeffaannoo MMoorriinnii

10 informazioni dai Georgofili1 settembre 2009

Programmarel’irrigazione delvigneto con i sensori

La ridotta disponibilità idricaè uno dei principali fattorilimitanti la produttività

delle colture agrarie e moltearee viticole possono già essereconsiderate semiaride.Sugli effetti determinati dallostress idrico alle piante esistetutta una serie di approfondi-menti proprio sulla loro capaci-tà di mantenere o di ripristinarepiù o meno rapidamente il pro-cesso fotosintetico dopo rei-dratazione.Recentemente Alicia Pou et al.(Physiol. Plant, 2008, 134, 2:313-323) hanno studiato ilripristino della fotosintesi nelportinnesto 110 Richter, consi-derato molto resistente alla sic-cità. La regolazione stomaticamolto sensibile del 110 Richterdetermina un’altissima WUE(efficienza dell’uso dell’acqua) alivello fogliare.Un importante contributo alla

conoscenza di questi strumentifisiologici è stato fornito daCifre et al. (Agric, Ecosyst.Environ., 2005, 106: 159-170)che elencavano i seguentimetodi per stabilire il livello distress della vite: la misurazionedel flusso di linfa nei germogli, latermometria ad infrarossi perdeterminare la temperaturadella cortina di foglie che a suavolta dipende dall’entità dellatraspirazione e stabilisce ilgrado di apertura stomatica,l’indice di riflettanza della corti-na misurato a diverse lunghezzed’onda, anche determinato daisatelliti, l’indice di fluorescenzaclorofilliana, la misurazione dellevariazioni del diametro del ger-moglio (linear transducers ofdisplacement) durante il giornoche è in relazione al cambio dicontenuto idrico dell’organo edel turgore delle sue cellule.L’impiego di dendrometri elet-

tronici wireless collocati inmodo stabile sul tronco di pian-te campione all’interno delvigneto può consentire al viti-coltore di monitorare in conti-nuo lo stato idrico delle piantee di intervenire in automaticocon l’impianto di irrigazione,nell’ottica di gestione a distanzadel vigneto. I dendrometri infat-ti misurano le variazioni diame-trali in continuo che vengonoregistrate ogni 30 minuti duran-te la stagione.Le esperienze condotte ed irisultati ottenuti (Boselli, VQ,2009, 1: 34-38) sono senz’altro

incoraggianti e mostrano che lamisura delle variazioni diame-trali del tronco e la sua massimae minima espansione nicto-diurna sono degli indicatori cor-relabili al potenziale idrico dellafoglia e quindi allo stato idricodella pianta.Nella viticoltura supportatadalle alte tecnologie, l’impiegodi sensori di prossimità rappre-senta una grande opportunitàper alleviare il lavoro dell’uomoe per guidarlo nelle decisionirelative alla gestione del vigne-to.

MMaauurriizziioo BBoosseellllii

Effetti dello stress idrico sul vitigno Sangiovese (Foto Masi)

Nel corso degli ultimisessanta anni, le condi-zioni economiche,

sociali e culturali che caratteriz-zano l’Italia e gli altri Paesi euro-pei sono cambiate in modosostanziale. Questo processoha riguardato anche il governodel territorio e delle risorseagro-forestali le quali, in partico-lari contesti, sono passate dauna principale funzione di pro-duzione di materie prime e dialimenti a una dimensione mul-tifunzionale dove la fornitura diservizi può diventare, in alcunicasi, prioritaria.In queste dinamiche si è svilup-pato, specie nel corso degli ulti-mi decenni, l’interesse verso laprogettazione, pianificazione,realizzazione, tutela e gestionedegli spazi verdi urbani e periur-bani che, a secondo della situa-zione, possono identificarsi inambiti diffusi come aree agrico-

Il verde urbano e periurbano: ruoli e funzioni

le, superfici forestali, aree umide,parchi o in contesti di tipo linea-re o puntuale, come filari, siepi epiccoli raggruppamenti arborei.L’insieme di queste risorseassume la connotazione di unvero e proprio reticolo verde(Green Infrastructure) che uniscegli spazi aperti ed aree naturalipresenti nelle città e nel suointorno più o meno immediato.Diverse linee di ricerca hannomesso in evidenza che questoreticolo verde svolge un ruolofondamentale per la conserva-zione dei diversi livelli di biodi-versità e contribuisce ad unagestione sostenibile della risor-sa suolo e di quella idrica.Al tempo stesso, sono statimessi in evidenza quali siano ibenefici che si possono conse-guire nel miglioramento dellecondizioni ambientali delle areeurbane dal punto di vista sia cli-matico (riduzione del fenome-no isola di calore) sia della qua-lità dei suoli e dell’aria (effetto

stoccaggio e depurazione degliinquinanti).Il ruolo del verde non si limitaperò solo a questi aspetti tipica-mente ambientali, ma assumeanche importanti connotazioniche spaziano dal contestosociale a quello più ampio delbenessere umano. La multifun-zionalità del verde, il ruolo dellaGreen Infrastructure e l’impor-tanza del governo delle risorseambientali sono concetti ormaiacquisiti a livello internazionale(cfr. Community forests in GranBretagna). In Italia, nonostanteuna certa sensibilità evidenziatanegli enunciati di alcune norma-tive regionali riguardanti il

governo del territorio, di fatto ilverde urbano e periurbano, alivello delle amministrazionicompetenti della pianificazione,viene ancora oggi percepitosoprattutto come elemento aprevalente funzione ricreativa edestetica. Nel corso degli ultimianni, grazie ad uno sforzo siner-gico che ha messo insieme ricer-catori di diverse Università edIstituti di ricerca nazionali, sonostati proposti e realizzati alcuniprogetti che hanno permesso dimeglio identificare il ruolo e lafunzione del verde, nonché dievidenziare la multifunzionalitàche i diversi reticoli verdi cheavvolgono e permeano le nostrecittà sono in grado di garantire(cfr. www.greenlab.uniba.it).

GGiioovvaannnnii SSaanneessii

Nuovi impianti di forestazione urbana nel Parco Nord di Milano

11informazioni dai Georgofili 1 settembre 2009

Accade nel mondo

Enrico Pantanelli

Enrico Pantanelli nacque aSiena il 18 agosto 1881; sitrasferì presto a Modena

dove compì i Suoi studi, dimo-strando fin dalla fanciullezza, laSua grande passione per laricerca scientifica, pasticciando,come Egli soleva dire, nel labo-ratorio del padre Dante, insignegeologo e professore universi-tario.All’età di 21 anni conseguì aModena la laurea in Scienzenaturali e, successivamente, conuna borsa di studio del M.P.I. fre-quentò nel triennio 1902-1905diversi laboratori stranieri, doveebbe modo di perfezionarsisotto la guida di illustri Maestridi fama mondiale, quali Pfeffer,Ostwald, Beckmann, Schulze,Fischer, Sorauer. In questi anniebbe modo di frequentare laScuola superiore di agricolturadi Berlino e la Scuola di pomo-logia e viticoltura di Geisenheimsul Reno, dove iniziò ad interes-sarsi dei problemi agricoli.Al suo ritorno, nel 1905, conse-guì la libera docenza in Botanicae, successivamente, nel 1908, silaureò in Chimica sotto l’altascuola di Cannizzaro e Paternò.Nel 1906 era stato assunto inqualità di assistente presso laStazione di Patologia vegetale di

Roma, diretta da Cuboni, ufficioche mantenne fino al 1913,quando fu chiamato da Cavaraa Napoli per ricoprire il postodi aiuto presso l’Istituto diBotanica di quella Università.Appartengono a questo primoperiodo le sue ricerche piùsignificative di fisiologia e pato-logia vegetale, che valsero aporlo all’attenzione del mondoscientifico internazionale.Dal 1914 a tutto il 1921 prestòla sua opera, in qualità diIspettore, presso il Ministerodell’Agricoltura, provvedendoalla riorganizzazione del serviziofitopatologico. Sono di questianni le numerose ricercheapplicate ai sistemi e mezzi dilotta dei parassiti animali evegetali, a cui si affiancò unaprofonda esperienza praticanelle problematiche dell’agricol-tura italiana, con particolareattenzione al Mezzogiorno.In Puglia, regione che ben cono-sceva per aver avuto l’occasionedi visitarla frequentemente,giunse nel 1922 avendo vinto ilconcorso per Direttore dellaStazione sperimentale agraria diBari, in seguito alla prematuramorte di Celso Ulpiani.Fino al quel momento Panta-nelli non aveva fatto professio-

ne di Agronomo, ma il suoimmenso bagaglio di conoscen-ze teoriche in campo biologico,la sua esperienza ministeriale ela passione per la sperimenta-zione in breve lo fecero ungrande Agronomo, il più grandeper i suoi tempi, poveri di mezzie di strutture.Egli si occupò degli aspetti delmiglioramento colturale dinumerose specie, dell’introdu-zione di nuove colture, dellaconcimazione, delle lavorazionidel terreno, delle tecniche diaridocoltura e della nascentetecnica irrigua. I suoi contributidi studio per la profondità del-l’indagine sperimentale e l’inte-resse dei risultati acquisiti, sonoancora di grande validità.Alcune pubblicazioni sui terreniagrari del Tavoliere e della pro-vincia di Bari e la raccolta involume dei “Problemi agrono-mici del Mezzogiorno”, efficacesintesi della sua lunga attività diagronomo, sono ancora di fre-quente consultazione per l’am-piezza delle informazioni e perla profonda conoscenza delMezzogiorno.Nel 1938 venne invitato a pre-stare la sua preziosa opera nellarealizzazione della Facoltà diAgraria di Bari ed a mantenerel’insegnamento di Agronomiagenerale e Coltivazioni erbacee,a cui si aggiunse dal 1945 anchequello di Patologia vegetale.

Nel 1941, senza concorso, perchiara fama, fu nominato pro-fessore ordinario di Agronomiagenerale e Coltivazioni erbacee,conservando la direzione dellaStazione agraria fino al 1947.Nel 1944 fu eletto, e successi-vamente confermato, Presidedella Facoltà di Agraria.Si accingeva a portare a termi-ne la sua ennesima fatica nellarealizzazione dell’attuale sededella Facoltà, alla quale conimmenso amore ed impegno siera dedicato, ormai settanten-ne, quando il terribile male ine-sorabilmente lo colse, ancoranel pieno fervore del suo impe-gno scientifico e didattico.Venne a mancare il 5 dicembre1951 a Maranello (MO) nelcordoglio universale del mondoaccademico.

VViittttoorriioo MMaarrzzii

. Il Presidente della Fede-razione degli agricoltori tede-schi Gerd Sonnleitner ha chie-sto ulteriori aiuti statali per gliagricoltori. “È fondamentale sta-bilizzare nuovamente il mercatoagro-alimentare come è avve-nuto per le banche e per l’indu-stria automobilistica”, ha affer-mato. (29 giugno)

. Bruno Le Maire, esponentedell’Unp, è il nuovo Ministrodell’agricoltura francese. Lo hanominato il Presidente dellaRepubblica. Le Maire, finoraSegretario di stato agli affarieuropei, sostituisce MichelBarnier, divenuto europarla-mentare. (25 giugno)

. Le Dolomiti sono state uffi-cialmente inserite, dal WorldHeritage Committee, nella listadei siti patrimonio universale del-l’umanità UNESCO. (26 giugno)

. La Fao prevede che la famenel mondo raggiunga un livello

storico nel 2009 con 1,02miliardi di persone in stato disotto-nutrizione. (19 giugno)

. I maggiori produttori diortofrutta spagnoli ritengonoche entro cinque anni unanuova varietà di arance svilup-pata in Australia sostituirà com-pletamente la varietà Navelina.(17 maggio)

. Nasce una nuova organizza-zione statunitense che si chiama“The Hand That Feeds US”creata per formare i giornalisti,soprattutto quelli cittadini, perrispondere a chi critica l’agricol-tura e spiegare perché gli agri-coltori e la politica agricolasono così importanti per il futu-ro della nazione. (18 maggio)

. Il commercio internazionaleè parte della soluzione dellacrisi alimentare globale e nonuna delle sue cause. Lo ha dettoil Direttore generale del Wto,Pascal Lamy, in un discorso alla

conferenza a Salisburgo delConsiglio sulla politica commer-ciale internazionale su cibo eagricoltura. (11 maggio)

. Il Canada ha annunciato unricorso davanti all’Organizza-zione mondiale del commercio(Wto) contro la legge america-na sull’etichettatura che imponela menzione del Paese di origi-ne sulla carne venduta negliStati Uniti, ritenendo che essapenalizzi i produttori canadesi.(7 maggio)

. I principali produttori france-si di pesche e nettarine hannodeciso di mettersi insieme permeglio valorizzare la propriaproduzione di fronte alla con-correnza estera. (21 aprile)

. Negli Stati Uniti, che forni-scono al mondo metà del maise un quinto del grano, le autori-tà prevedono che le semine diqueste due colture diminuisca-no rispettivamente dell’1,2% e

del 7%. (6 aprile)

. In Spagna il Ministero del-l’Ambiente rurale e marino haultimato la redazione di unpiano strategico (Orizzonte2015) per il settore del lattedalla produzione alla commer-cializzazione. (6 aprile)

. La Commissione europea harinviato di circa un mese l’ap-provazione delle nuove prati-che enologiche che, tra l’altro,avrebbero autorizzato la fabbri-cazione di vino rosé attraversola miscelazione di rosso e bian-co. (6 aprile)

. Il Marocco è diventato unodei principali produttori di vinodel mondo mussulmano. L’annoscorso il Paese ha prodotto 35milioni di bottiglie. Il vino faincassare allo stato milioni intasse sulle vendite. (5 aprile)

LLeettiizziiaa MMaarrttiirraannoo

12 informazioni dai Georgofili1 settembre 2009

Agricoltori d’avanguardia, uomini illuminati e lungimiranti, fondarono la nostra Accademia più di 250 anni fa ed hannosempre rappresentato una componente essenziale nelle attività dei Georgofili. Seguendo il rapido evolversi delcomplesso mondo che ruota intorno all’agricoltura, gli imprenditori del settore hanno continuato ad assumere ruoli

avanzati, aprendo strade ed orizzonti nuovi, sempre più incisivi, specialistici ed agguerriti nel confronto su mercati ormaiglobali.Questo nuovo strumento di informazione intende dedicare un suo spazio per evidenziare la figura e le benemerenze dialcuni fra gli illustri Georgofili che sono oggi imprenditori d’avanguardia e guidano modelli evolutivi delle attività agricoleverso il futuro.

DDiirreettttoorree rreessppoonnssaabbiilleePaolo Nanni

RReeddaazziioonneeAccademia dei GeorgofiliLogge Uffizi Corti 50122 FirenzeTel.: 055212114, 055213360Fax: [email protected]

SSttaammppaaF.&F. Parretti GraficheFirenze

RReegg.. TTrriibb.. FFiirreennzzee nn.. 55556622 ddeell 2211//33//22000077© Accademia dei Georgofili ISSN 1974-269X (print)

Ogni responsabilità relativa aicontenuti dei singoli scritti èdei rispettivi autori.

Georgofili imprenditori oggi

Giuseppe Nola

Nato a Cassano alloIonio in provincia diCosenza nel 1944,

Giuseppe Nola rappresenta unpunto di riferimento dell’asso-ciazionismo e della cooperazio-ne agricola del Mezzogiorno.Conseguita la laurea inEconomia e Commercio pressol’Università “La Sapienza” diRoma nel 1968, dopo un perio-do di attività consulenziale e diresponsabile dell’amministrazio-ne e controllo dell’Italsider diTaranto, dal 1974, in società conil fratello, conduce due societàagricole: la “Agricola Camma-rata Srl” di circa 524 Ha a dupli-ce indirizzo agrumicolo – frutti-colo e zootecnico (circa 1.200capi di bestiame di razza friso-ne/italiana) e la “S.A.M. SocietàAgricola Matina Spa” di circa270 Ha, ad indirizzo esclusiva-mente frutticolo.Parallelamente all’attività diimprenditore, ha contribuito inmaniera determinante alla crea-zione di due strutture coopera-tive: la Società Cooperativa“Centrale del Latte di Cosenza”– di cui è stato vice presidentedal 1977 al 1985 – che nellesue articolazioni societarie con-trolla l’80% del latte prodotto inCalabria e circa l’85% del mer-cato del latte fresco regionale; laCooperativa “OSAS Ortofrut-ticola” – di cui è presidente dal1982 – che riunisce oltre 400produttori, con 3.600 Ha sotte-si di pesche, nettarine, uva eagrumi.

Nel 1996 ha fondato laCampoverde Spa Agricola – dicui è Presidente – società ditrading controllata dalla Coop.OSAS Ortofrutticola, parteci-pata da ISA S.p.a. e dalle piùsignificative società del settoredel Mezzogiorno d’Italia. LaCampoverde Spa Agricola per-segue la missione di allargamen-to della rete tra ortofrutticolto-ri di aree geografiche vocatecon esiti di produzione di altaqualità.Giuseppe Nola, coniugandoimprenditorialità e cooperazio-ne, ha contribuito negli anni,oltre al successo delle societàcitate, alla nascita ed il consoli-damento di strumenti societari– operativi quali: l’O.P. SIBARIT,la Campoverde M.O.C., ilDistretto Agroalimentare diQualità di Sibari e di recente unpolo per la produzione vitivini-cola.Dal 1999 è Accademico Corri-spondente dei Georgofili.Le attività imprenditoriali diGiuseppe Nola e delle societàad esso riconducibili, hannocontribuito a diffondere, in uncontesto difficile culturalmentee socialmente, indisponibileall’associazionismo, un modellodi rete tra produttori, unamodalità conveniente “allo stareinsieme” che, oltre a determina-re e consolidare fattori econo-mici diffusi, ha certamenteaccresciuto il “capitale sociale”dell’area.