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RETAIL YOUR TALENT Business School www FIDELITY Le interviste Interviste a manager del settore Retail a cura degli studenti della I edizione

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Interviste a manager del settore Retail a cura degli studenti

della I edizione

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Retail Your Talent – Programma intensivo in Retail Management di ISTUD Business School - ha un posizionamento distintivo rispetto ad altri percorsi di alta formazione post laurea presenti in Italia e all’estero.

Forma a 360° giovani laureati di tutte le facoltà pronti a inserirsi da professionisti in tutti gli ambiti del retail, prevedendo una doppia specializzazione: sia nelle aziende di distribuzione e servizi; sia nell’industria di marca e di produzione che deve vendere e comunicare al meglio nello spazio fisico del negozio, o in quello virtuale dell’e-commerce, i propri prodotti e la propria offerta.

Il programma prevede:• 4 mesi di lezioni full time: Marketing,

Retail Management, Brand Management, Store Management, Trade marketing, Negoziazione.

• 6 mesi di stage in azienda

In questo e-book sono raccolte alcune delle interviste ai manager di importanti aziende di produzione e distribuzione del settore fashion, food, GDO realizzate dagli studenti della prima edizione.

Per informazioni su Retail Your Talent:E-mail: [email protected] Tel: 0323 933801www.istud.it - www.freeyourtalent.it

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Intervista ad Antonino CavarrettaRetail Operation Manager Europe – ETRO

RETAIL - FASHION MADE IN ITALY

Antonino Cavarretta, classe 1977, ricopre attualmente il ruolo di Retail Operation Manager Europe presso Etro Milano. Si occupa della gestione del network Retail Europeo (17 Punti vendita, 170 persone), dell’analisi, pianificazione e gestione di nuove aperture, nonché di logistica, amministrazione e risorse umane.

Fin dal primo scambio di mail, Antonino Cavarretta ci mostra interesse e curiosità nei confronti del progetto. Disponibile e professionale, ci accoglie in sede in centro città, dandoci così la possibilità di visitare una parte degli uffici dell’azienda. Registratore alla mano e carichi di entusiasmo, partiamo con l’intervista curiosi di approfondire e conoscere la sua storia professionale.

Qual è stato il suo percorso formativo e professionale fino ad ora?Ho frequentato la facoltà di Scienze Motorie presso l’Università degli Studi di Firenze e per alcuni anni mi sono dedicato alla carriera sportiva allenando bambini e ragazzi di diverse età. Inoltre, ho partecipato e vinto la selezione per la nomina di tre rappresentanti del Comitato Olimpico Nazionale alla sessione annuale dell’Accademia Olimpica Internazionale (Olimpia – Grecia). Però, le esigenze economiche e il desiderio di intraprendere una nuova strada, mi hanno spinto verso il mondo del Retail, approccio, inizialmente, del tutto casuale, ma rivelatosi ben presto una forte passione. La mia gavetta parte da Gucci a Firenze nel febbraio 2002 come Sales Assistant

interinale, dove ho avuto l’opportunità di crescere ed apprezzare l’ambiente della boutique, in particolar modo la parte relativa ai rapporti con la clientela. Dopo circa tre anni, mi si è presentata la possibilità di entrare nel mondo Prada Donna sempre nella medesima mansione e l’anno seguente mi è stata affidata la gestione di un reparto presso la boutique uomo. È stata un’esperienza molto significativa, poiché era un periodo nel quale si stavano discutendo, anche tramite sindacati, alcune tematiche sensibili relative alla gestione del personale. Era dunque necessario saper parlare allo staff, mediando tra l’altro i rapporti tra questi e l’azienda. Forse, non ero ancora sufficientemente pronto per ricoprire questo ruolo, dove era ed è fondamentale la

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gestione delle persone.Ero passato da semplice venditore a responsabile vendita in tempi rapidi, facendo affidamento sulla mia capacità di adattarmi al nuovo ruolo. Nel 2006 sono approdato in Louis Vuitton dove ho preferito fare un mezzo passo indietro a livello di mansione a fronte di quello che sarebbe stato un maggiore investimento sulla mia formazione: non ero più quindi un Department Manager ufficiale ma un Sales Expert, comunque figura referente per il prodotto appartenente all’universomaschile. Sicuramente, è stata un’esperienza fondamentale dal punto di vista della formazione sulla gestione delle risorse umane, poiché ho contribuito a coinvolgere i collaboratori verso il raggiungimento degli obiettivi aziendali, aiutandoli nel quotidiano con formazioni continue e strumenti adeguati. Ad esempio, ho fornito ad ognuno di loro un catalogo tascabile che riportava le illustrazioni delle nuove collezioni così da poterle mostrare in anteprima al cliente.Inoltre, nell’ottica di facilitare il personale nella gestione e vendita del prodotto, ho sviluppato un progetto basato sull’informatizzazione della vendita e dello stock con il quale ho raggiunto gratificanti obiettivi (decremento articoli danneggiati del 60%, incremento rotazione prodotto e maggiore efficacia nella gestione delmagazzino). Ritengo che questa sia stata la mia prima vera esperienza di management! A quel punto mi si è presentata una nuova sfida: trasferirmi a Milano per collaborare con Cartier esuccessivamente con Dior. In entrambe le aziende, ho continuato ad occuparmi di formazione ed amministrazione e, in più, ho coordinato le aperture di un temporary store per Cartier e di una nuova boutique donna per Dior in via Montenapoleone. Da giugno 2013 ricopro un ruolo di grande responsabilità per Etro, una delleprincipali case di moda italiane, ruolo che mi gratifica molto e che mi permette di avere una visione dell’azienda a 360 gradi.

Ci racconti una sua giornata tipo…Non esiste una giornata tipo, ma sicuramente posso pensare a tre principali macro aree attorno alle quali si concentra il mio lavoro: la monitorizzazione dei KPI e le attività ordinarie (es. il management delle boutique, contratti di vario genere, supervisione del rispetto delle procedure, etc), oltre alle molteplici attività extra ordinarie e le continue richieste che giungono dai diversi dipartimenti/Boutique, che devono essere

risolte in tempi molto ridotti (es. problematiche procedurali, customer service, etc). Il nostro ufficio, infatti, rappresenta il punto di riferimento per le Boutique per il supporto a qualsiasi tipo di problematica.

Con quali figure si interfaccia di solito?Uno degli aspetti positivi del mio lavoro è quello di avere contatti con tutti i dipartimenti, dalla logistica, allo studio legale o altri collaboratori esterni. È anche molto divertente rincontrare vecchi colleghi o clienti in diversi Paesi, essendo il Retail del lusso un mondo tendenzialmente piccolo, dove è facile che si crei di riflesso un network di contatti.

Quali sono le caratteristiche personali, oltre alle competenze professionali, che bisogna avere per ricoprire questo ruolo?Sicuramente, gli aspetti del mio carattere che mi hanno maggiormente aiutato sono la determinazione, la curiosità, l’ambizione, una buona apertura mentale e tanta voglia di imparare. Fondamentale in questo percorso è stato lo sport che mi ha fornito una marcia in più nel momento in cui mi sono ritrovato a lavorare in team, dove è essenziale sapersi adattare a persone, culture e ambienti diversi. Negli anni, ho anche imparato ad essere più diplomatico e riflessivo e, anche se preferisco essere leader, a volte è bello essere anche gregario.

Quali sono le soddisfazioni che ricorda con più piacere? E come ha affrontato invece le delusioni?Certamente i progetti portati a termine presso Louis Vuitton sono tra le soddisfazioni che mi inorgogliscono di più. Ma è molto piacevole anche poter essere un punto di riferimento per i più giovani, proprio come mi state dimostrando voi ora! Circa le esperienze negative, sicuramente ce ne sono state e ce ne saranno, ma l’importante è saper gestire questi momenti, essere consapevoli dei propri mezzi, mantenendo sempre alto il livello di professionalità e dando sempre il 100%, certo che il momento negativo passerà. Sono fermamente convinto che siano forse questi i momenti più importanti di crescita soprattutto personale, oltre che professionale.

Ci sono state occasioni in cui ha dubitato delle scelte professionali fatte?No! Anche se in Italia i percorsi di carriera sono

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Retail Your Talent. Programma di formazione post laurea - 2015II Project Work

Intervista a cura di Donato Marangelo, Maria Monteleone e Valeria Spinelli

-> www.istud.itBusiness School

spesso non lineari e bisogna, il più delle volte, cambiare azienda per farsi conoscere e far apprezzare maggiormente le proprie capacità.

Quali sono oggi gli ingredienti per aver successo nel vostro mercato?Sono convinto che ancora oggi il Made in Italy faccia la differenza, insieme all’attenzione verso il CRM. Il filo conduttore tra questi due valori è la formazione, sia del prodotto che della cosiddetta cerimonia di vendita. Secondo me, sono le persone a dare valore al brand e per farlo bisogna unire la propria passione alla formazione ed alla conoscenza di ciò che si sta vendendo. Capire le aspettative del cliente ed andare oltre queste, aiutarlo a decidere, fargliconoscere il prodotto ed anticipare i suoi bisogni: anche questo è Lusso!

Ci descriva l’azienda con tre aggettivi.Familiare, sana e con un grande potenziale. La grandezza dell’azienda è rappresentata certamente dalla famiglia che c’è dietro. Come altre imprese presenti sul mercato italiano, si investe molto sulla qualità del prodotto e sulla formazione del personale, dando la possibilità ai nostri collaboratori di crescere e far carriera internamente.

Nella sua carriera ci sono state persone alle quali si è ispirato?Certamente! Quello che io chiamo il mio mentore, oggi mio caro amico, conosciuto durante gli anni trascorsi presso Louis Vuitton. Grazie a lui ho avuto la possibilità di acquisire una maggiore apertura mentale, visione d’insieme, e di capire cosa volesse realmente dire “gestire”, dalle persone al

prodotto, dai numeri alle risorse disponibili. Ho così fatto miei i concetti di ottimizzazione e di team work.

Nella sua carriera ci sono state rinunce?Eccome! Dopo 12 anni di inteso lavoro, dove avevo come messo in “stand by” amici, famiglia e interessi, le classiche uscite serali e del fine settimana, le passioni e gli hobby, sto finalmente riprendendo in mano la mia vita e soprattutto la gestione del mio tempo, quest’ultimo che diventa il vero lusso per chi lavora in questo settore.

Quali consigli si sente di dare ai giovani come noi che si affacciano al mondo del lavoro ed in particolare al Retail?Senza dubbio lavorare sull’esperienza, studiare seriamente e con passione, essere curiosi ed entrare in contatto con nuove realtà e culture. Per chiudere, vi lascio con il motto di Steve Jobs che meglio mi rappresenta: stay hungry, stay foolish.

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Il caso di Nicola Mangini: General Manager Accessorize e Aldo.

RETAIL - CATENE INTERNAZIONALI

Sono le ore 15. Ci troviamo alla sede Accessorize di Milano, pronti per intervistare Nicola Mangini, General Manager di Monsoon Accessorize e Aldo.Monsoon Accessorize è una catena di abbigliamento e accessori femminile nata a Londra nel 1973 e fondata da Peter Simon.Il gruppo Aldo è una società canadese che possiede e gestisce una catena mondiale di negozi di scarpe e accessori. L’azienda è stata fondata da Aldo Bensadoun a Montreal nel 1972. Ci accomodiamo nella sala riunioni di fronte a lui spiegandogli più approfonditamente l’obiettivo del nostro project work: intervistarlo per comprendere cosa lo abbia spinto verso questo lavoro e come abbia raggiunto il gradino più alto della scala gerarchica professionale e manageriale.

“Sono entrato nel mondo del Retail per gioco. Non credevo fosse così scientifico, inoltrai la mia candidatura a Decathlon perché amavo lo sport. Improvvisamente la mia vita si è stravolta arrivando addirittura a cambiare facoltà e passare dalla facoltà di Biologia a Economia Aziendale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore”.

E poi? Qual è il più importante obiettivo raggiunto e sfida affrontata?Come obiettivo, sicuramente, la crescita, lo sviluppo e il raggiungimento dei profitti per entrambi i gruppi: “Accessorize” e “Aldo”. La sfida non finisce mai. Siamo sempre orientati allo sviluppo di nuovi progetti e alla diversificazione

dell’azienda per entrare in un contesto più internazionale esportando il Made in Italy.

Il ruolo che ricopre oggi è stato il suo obiettivo, o come spesso accade, frutto di coincidenze?Sì, il ruolo che ricopro oggi è stato il mio obiettivo. Ma quando tocchi il vertice devi sempre rilanciare nuovi progetti per creare nuovi posti di lavoro. Un esempio di progetto per cui ho dovuto lottare è quello della Citroen C1&Accessorize. Dopo i rifiuti di altre case automobilistiche, da questa unione è nata l’auto 100% femminilità, dotata dello stile e della tecnologia proprie di Citroen, ma impreziosita da particolari dettagli che la rendono un vero e proprio gioiello come i nostri prodotti.

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Quali sono le caratteristiche che deve avere un candidato per entrare in Accessorize?Cerco persone piene di energia, con voglia di fare e che siano portatori di nuove idee. Inoltre devono essere persone che non necessariamente abbiano esperienze lavorative ma un grande bagaglio culturale e che si dimostrino proattive.

Quali caratteristiche deve avere un buon Manager?Prima di tutto deve essere un modello in qualsiasi situazione (anche durante la pausa deve essere sempre disponibile con i suoi dipendenti); onestà intellettuale e personale; infine, deve possedere doti di leadership.

E se volesse esprimere questo concetto metaforicamente?Direi che un buon Manager deve essere contemporaneamente un bravo Direttore d’orchestra e un’ottima locomotiva. Nel senso che deve sia dimostrare di essere il migliore ma anche di saper gestire e guidare un team.

Addentrandoci più nello specifico nella sua realtà attuale: Ci può descrivere l’organigramma di Accessorize?In ogni punto vendita abbiamo lo Store Manager che riporta all’Area Manager che funge da filtro tra Store Manager e Capo Area. Il Retail Manager che ha un ruolo di controllo sia sull’Area manager, che si occupa della produttività di ogni punto vendita, sia sul Visual Merchandiser che invece è responsabile

del layout di ogni singolo negozio. Infine ci sono io.

Qual è la sua giornata tipo?Varia a seconda del planning che viene programmato settimanalmente con largo anticipo. Ci sono varie tipologie di planning: ‘finance’ che ha come obiettivo lo studio del cashflow; ‘meeting’ con tutti i reparti; ‘analisi vendite’ in quanto ogni mattina studio gli incassi di tutti i punti vendita; ‘sviluppo’ in quanto insieme al Retail Manager e ad una parte dell’area sviluppo analizzo lo stock, i costi ed eventuali investimenti futuri. Mi confronto con i vari agenti perché ogni punto vendita ha un suo ciclo di vita che ad un certo punto termina e vanno trovate nuove location. Ciò mi porta a vedere l’azienda come un bonsai (ogni tanto va tagliato un ramo secco); infine mi interfaccio con l’area marketing per lo sviluppo e la gestione dei brand. Ultimamente abbiamo siglato a Singapore una Joint venture con Skin inc.

Ci può spiegare perché i negozi Accessorize diano un senso di “disordine”? E’ una scelta mirata?Partiamo dal presupposto che Accessorize è governato da tutte le donne che di per sé amano la ricchezza di oggetti. Questa idea di Bazar rappresenta la “chiave” di Accessorize. I nostri negozi non devono dare idea di lusso come Armani o Gucci ma l’idea di mass market: il punto vendita è pieno anche perché non ha magazzino e bisogna ottimizzare tutti gli spazi a disposizione ed invogliare i clienti ad acquistare.

Se dovesse dare un consiglio ai giovani?Partire dai Punti Vendita, il mercato non è così competitivo ma bisogna lavorare a testa bassa. Infatti, una mia decisione è stata quella di mandare nei periodi lavorativamente più intensi (ad es. Natale), i dipendenti degli uffici all’interno dei punti vendita affinché si rendessero conto di come si articola il lavoro operativo.

Ed è proprio questa la nostra conclusione: per crescere professionalmente bisogna conoscere tutte le dinamiche aziendali e del ciclo di vita di un punto vendita dal rifornimento degli scaffali alla gestione vera e propria.

Retail Your Talent. Programma di formazione post laurea - 2015 - II Project Work

Intervista a cura di: Patrizia Daphnie Marino Caminiti e Salvatore Mele

-> www.istud.it Business School

Nicola Mangini, General Manager at Retail System (Accessorize Nord Italia/Austria, Aldo Shoes Italia/Austria). Ha iniziato a 18 anni in Decathlon come Responsabile Universo Sportivo settore tennis per poi passare come Store Manager nel mondo Benetton. L’avvento di Zara nel mercato italiano e la conseguente crisi del marchio Benetton lo spinse a cercare nuove esperienze in settori ancora non conosciuti, e fu così che arrivò nel settore food prima come Area Manager per il gruppo In’s e successivamente per il gruppo Co-Import. Dopo anni di esperienza alle spalle, entrò in una nuova realtà: il gruppo Accessorize dapprima come Retail Operation Manager fino ad essere promosso a General Manager dell’azienda.

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Il ruolo del Category Manager nel mondo della GDO Il percorso di Alessandro Parrella in Carrefour

RETAIL - GDO

“Processo di gestione a livello di singola categoria merceologica, considerata come unità strategica di business, avente l’obiettivo di migliorare i risultati mediante la focalizzazione sul valore trasferito al consumatore”, questa è la definizione classica di ciò che dovrebbe essere il ruolo ricoperto da un Category manager sia nel mondo della grande distribuzione, sia nelle aziende cosiddette industriali. In realtà ridurre tutto ad una formulazione “accademica” sarebbe troppo semplicistico e non permetterebbe di comprendere realmente quello che concretamente è il lavoro di una figura aziendale. Proprio per tale ragione, e per capire fino in fondo in che modo opera un Category manager, abbiamo deciso di andare in profondità e di farcelo spiegare da una persona che ricopre questo ruolo.La nostra ricerca è partita da Linkedin e gli elementi presi in considerazione sono stati molteplici; sicuramente tra i più rilevanti vi è stata l’analisi del percorso non solo professionale ma anche di vita della persona su cui poi abbiamo deciso di concentrare la nostra intervista: siamo arrivati così ad Alessandro Parrella giovane Category manager di Carrefour Italia che, partendo da una piccola città del sud come Benevento è arrivato ad imporsi in una azienda importante in una metropoli come Milano.

Alessandro, ci racconti qual è stato il tuo percorso di studi prima di approdare nel mondo del lavoro?Ho studiato Economia e Commercio all’Università di Benevento, dopo l’Università sono stato assunto da Carrefour ad Assago nel punto vendita più grande che c’era in qual momento (ipermercato). Sono stato assunto come allievo capo reparto informatica, poi sono diventato capo reparto dopo circa un anno e al termine di questa esperienza ho

intrapreso una nuova strada entrando nel gruppo Dixons. In Italia il gruppo Dixons aveva, tra gli altri, i punti vendita Unieuro, lì ho fatto il direttore per un annetto girando tra Milano, Bari e Venezia. Ad ottobre del 2006 sono rientrato in Carrefour come allievo direttore di ipermercato a Carugate (punto vendita molto grande, di circa 15000 mq) per circa un anno. Dopo di che sono stato nominato direttore in un punto vendita di Roma, per circa 1 anno e 8 mesi. In seguito a questa

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esperienza sono approdato in sede a Milano e lì ho seguito la parte marketing di una serie di negozi che noi cataloghiamo come “mini iper” che sono in sostanza i punti vendita tra i 2500 e i 4500 mq (superstore per intenderci), in questo nuovo ruolo mi occupavo della parte del volantino, della parte dell’occupazione spazi e della parte relativa all’assortimento. Dopo un paio di anni ho preso parte ad un nuovo progetto, “Carrefour planet”, che prevedeva di reinventare gli ipermercati partendo dai punti vendita ed individuando il modello di ipermercato del futuro. Si trattava di un progetto internazionale che partiva dalla Francia e all’interno del quale seguivo sempre la parte di volantino, comunicazione, occupazione spazi e quella legata al percorso cliente, cioè tutti i servizi che si voleva dare al consumatore e anche il loro posizionamento all’interno del punti vendita, quindi decidere quali servizi mettere all’interno del negozio e dove posizionarli in base ai report delle indagini clienti.Nel 2012 sono entrato nel mondo dei Category occupandomi dello yogurt, del latte e del dessert (merceologia che vale quasi 200 milioni di fatturato in Carrefour) per gli iper, per i market e per la prossimità. Carrefour, infatti, è presente sul mercato con quasi tutte le tipologie di store (iper, super, negozi di vicinato, dogs market/grossisti). In Italia sviluppiamo sui 5 miliardi di fatturato, siamo uno dei gruppi più forti. In sostanza questa è la mia storia professionale.

La carriera di Category come inizia in Carrefour?Io sono partito dal basso. Carrefour però fino a pochi anni fa inseriva nella struttura dei Buyer/Category solo profili eccellenti da un punto di vista scolastico che però non avevano nessuna esperienza sul campo. Questo è andato bene fin quando la gestione dei contratti con i fornitori è stata di “vecchio stampo”: il fornitore ti presentava il listino e ti riconosceva “una percentuale di fine anno” che permetteva di mantenere la redditività costante e che compensava l’aumento dei prezzi di listino, in sostanza ti facevano pagare un po’ di più il prodotto, ma a fine anno ti davano una contribuzione un po’ più alta. I buyer erano valutati soprattutto in base a questa percentuale di aumento di contribuzione da un anno all’altro. Questo però ha spostato tantissimo l’assortimento verso i fornitori leader (le piccole e

medie aziende è difficile che riescano ad entrare in queste logiche), rovinando molto gli assortimenti della GDO poiché erano presenti tutti gli articoli delle grandi aziende mentre mancavano quelli delle piccole - medie aziende ed erano scoperte alcune unità di bisogno.I vecchi buyer non riuscivano ad entrare in queste logiche e soprattutto non riuscivano a capire le esigenze dei negozi che stavano cambiando. Era necessario costruire dei pacchetti assortimentali molto più vicini alle richieste dei consumatori, per tali ragioni l’azienda ha deciso di inserire delle persone che provenivano dalle vendite e questo è uno dei motivi per cui sono diventato un Category.Ciò però non toglie che il ruolo del Category/Buyer richieda una certo grado di scolarità e non è per tutti.

Quale è stato il primo impatto con il mondo del lavoro e in particolare col mondo Carrefour?Io venivo da Benevento, una piccola realtà, e arrivare in una città grande come Milano, che viaggia veloce, è stato di forte impatto, ma a dirvi la verità avevo una fortissima motivazione che mi ha fatto andare avanti anche quando lavoravo tantissimo (15-16 ore al giorno), nonostante ciò ho un bel ricordo di quel periodo perché avevo un grandissimo entusiasmo che mi spingeva a fare di tutto in punti vendita. Sicuramente nelle vendite se hai una marcia in più puoi crescere molto velocemente perché il livello rispetto agli acquisti è un po’ più basso e quindi puoi farti notare più facilmente, è necessario però essere molto flessibili.

Qual è la differenza tra Buyer e Category manager?In Carrefour e in buona parte della GDO il Buyer è la persona che segue la parte contrattuale con il fornitore, quindi si occupa di una questione puramente amministrativa ed economica (si stabiliscono i prezzi di listino, tutte le condizioni in fattura e fuori fattura, le condizioni amministrative /giorni di pagamento, le condizioni logistiche).Il Category invece stabilisce gli assortimenti, i prezzi di vendita, anche se non in modo completamente autonomo, stabilisce i display e le promozioni, questi sono gli ambiti principali in cui si muove il Category. Il lavoro dunque è diviso in due: una parte contrattualistica seguita dal Buyer ed una parte un po’ più operativa seguita dal Category.Io ritengo che il lavoro del Category, nonostante più operativo, sia più interessante rispetto al lavoro

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del Buyer che è molto stancante dal punto di vista psicologico. Il ruolo del Category è più stimolante perché è in un rapporto di win-win col fornitore col quale cerca di collaborare al fine di realizzare vantaggi per entrambi.

Come possiamo descrivere la figura del Category manager?Sicuramente un elemento fondamentale che deve possedere un Category manager è la curiosità. Un Category deve essere molto curioso, perché stabilire quale sia l’assortimento giusto è una operazione complessa, bisogna ascoltare molto le esigenze dei clienti. Ascoltarli da un ufficio non è facile perché è totalmente differente dallo stare fisicamente in negozio, luogo dove puoi vedere e avere un contatto diretto con i clienti ogni giorno. Ciò comporta che per poter scegliere l’assortimento giusto, oltre ad essere interessati alla merceologia di riferimento, si devono studiare e osservare le strategie e le scelte dei concorrenti. Inoltre, molto probabilmente c’è qualcuno che è stato più veloce o anche più bravo ad introdurre nuovi format. Oggigiorno è fondamentale per un Category avere una marcia in più, anche consultando i blog perché molti trend partono su internet. Dal punto di vista promozionale, invece, è fondamentale la capacità di lavorare in gruppo col fornitore e intraprendere una sorta di collaborazione. Si deve fare squadra e lavorare quasi in partnership. Ciò però dipende dall’interlocutore che si ha di fronte, perché se vi è un interlocutore che vuole solo piazzare il proprio prodotto è difficile collaborare in quanto l’industria ha degli obiettivi e la distribuzione ne ha altri. Per quanto riguarda il display bisogna avere anche qui un forte orientamento al cliente ed essere disponibili all’ascolto. Le regole per il display non sono fisse. Ad es. può accadere che la marginalità di prodotto suggerisca di mettere sullo scaffale in alto i prodotti che fanno guadagnare di più e in basso quelli che fanno guadagnare di meno; ci sono 3-4 elementi fondamentali per fare un display e la cosa importante è farlo fisicamente, in modo da sperimentare sul campo la soluzione più adatta alle proprie esigenze.

Quali sono i punti di debolezza e di forza di Carrefour?Uno dei punti deboli può essere dato dal fatto che Carrefour non riesca a contraddistinguersi per un fattore ben preciso (ad esempio il Gigante punta sul fresco, Unes sui prezzi bassi).

Se tale fattore differenziante è per i consumatori quello in voga in quel determinato periodo si possono conseguire importanti guadagni in termini economici. In Carrefour, invece, si vuole essere i migliori sotto qualsiasi punto di vista, anche se ciò è molto difficile, se non impossibile da realizzare. Inoltre le strategie cambiano con molta frequenza (trimestralmente di solito), e ciò fa si che non vi siano dei valori condivisi e non si crei un’identità all’interno del personale. Fra i punti di forza vi è sicuramente l’etica in termini di rapporti con i fornitori e i prodotti a marchio, anche se può sembrare strano essendo una grande azienda. Un’altro punto di forza è quello di essere presente sul territorio in tutti i formati distributivi: iper, super, express. (Attualmente in Italia il Gruppo Carrefour opera con una rete distributiva composta da 61 ipermercati ad insegna Carrefour, 449 supermercati, superstore ed iperstore ad insegna Carrefour market, 854 supermercati di prossimità ad insegna Carrefour express e 15 cash&carry con le insegne Docks Market e GrossIper.)In Carrefour vi sono persone che ricoprono un ruolo strategico e hanno un’importante libertà d’azione, data dall’alta necessità di adattamento. In questo senso il nostro personale ha una marcia in più e ciò genera dei vantaggi anche in termini di sviluppo. D’altra parte questo aspetto, però, può essere visto anche come punto di debolezza perché aumenta la complessità dell’organizzazione e si richiede un personale più flessibile. Per quanto riguarda la tua carriera quali sono le prospettive future di crescita in Carrefour ? Dove può arrivare un Category manager?In genere il percorso del Category manager è stato sempre chiuso, quasi una “casta”, nel senso che si cresceva sempre nella specifica business unit degli acquisti, quindi secondo una scala gerarchica che dal basso partiva dalla figura di Category manager per poi passare al Capo Plateau, che gestisce più Category o Buyer, e poi a Direttore di un determinato settore merceologico e infine Direttore merci, responsabile di tutti gli acquisti di Carrefour. Di solito è stato sempre così però ultimamente il trend sta cambiando: ad esmpio l’attuale amministratore delegato dei negozi di prossimità, i Carrefour express, era un Category. Le mie prospettive future sono quelle di crescere nel mondo del franchising, che ha molte potenzialità in termini economici, e uno dei ruoli che mi

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piacerebbe ricoprire sarebbe quello del direttore commerciale di una piccola - media impresa.

Il Category manager si occupa anche delle strategie di sell-in e sell-out?In realtà il Category si occupa tanto di sell-out e il buyer di sell-in, per il buyer è importante per lo più acquistare e quindi lavora tanto sulle strategie di sell-in. Per il Category, al contrario, non è importante acquistare, ma vendere, quindi, in alcuni casi, ci possono essere delle lievi discordanze col Buyer perché entrambi hanno obiettivi che a volte possono contrastare. Nella mia visione la figura del Category manager è quella più sana nel lungo periodo perché cerca di costruire un assortimento adeguato al consumatore e al punto vendita. Il Buyer pensa invece al breve periodo, nel senso che se ha l’obiettivo di recuperare contributi.Il Category invece, si preoccupa di avere in scaffale merce che giri e non della merce che generi solo contribuzione di fine anno: devono essere merce che il consumatore vuole acquistare. Fino a qualche anno fa la figura del Buyer era preponderante in Carrefour, quindi se il Buyer diceva che bisognava inserire il prodotto a tutti i costi e il Category si opponeva, la volontà del Buyer emergeva. Oggigiorno non è più cosi perché si è capito che un’azienda troppo orientata al rafforzamento della figura del Buyer non presenta un assortimento adeguato alle esigenze del consumatore. Il Category manager indica il percorso da seguire e il Buyer adatta le proprie strategie in riferimento alle indicazioni ricevute. In definitiva bisogna quindi che le due figure aziendali, collaborino per portare vantaggio competitivo all’azienda.

Che consiglio ti senti di dare ai giovani che si affacciano per la prima volta al mondo Retail?Il retail è un bellissimo settore e dovete vedere se vi piace. Sicuramente ha un grosso pregio, cioè che cambia continuamente e quindi le motivazioni non mancano mai, c’è sempre spazio per tutti, soprattutto per chi ha l’idea vincente. Fra 50 anni ci sarà sempre il retail, soprattutto in ambito alimentare. E’ vero che l’e-commerce sta crescendo, ma in ambito alimentare sarà molto difficile che la gente non andrà al supermercato a fare la spesa. Sicuramente ci sarà chi acquisterà online, ma per la maggior parte delle persone è talmente piacevole andare ad acquistare i prodotti di persona che il mercato non sarà mai dominato dall’ e-commerce. Amazon è un esempio, farà grandi numeri in Italia, ma non andrà mai a prendersi tutto il mercato come in altri settori: elettronica, libri, cd, etc, anche perché il mercato alimentare è vastissimo ed è importante la fisicità del prodotto (toccarlo, sceglierlo). E’ un settore molto interessante, ma si lavora tanto soprattutto nelle vendite. Secondo me quando si è giovani non bisogna valutare questo aspetto, nel senso che si deve dimostrare: con l’avere conseguito una laurea o un master in fin dei conti non si è dimostrato ancora nulla. Si stanno acquisendo competenze, ma si deve ancora produrre e non si deve avere paura di lavorare molte ore, si deve essere flessibili e disponibili. Le persone che non si dedicano anima e corpo al lavoro, soprattutto all’inizio della carriera, non hanno ambizione. Io personalmente tornassi indietro mi ributterei nel retail.

Retail Your Talent. Programma di formazione post laurea - 2015II Project Work

Intervista a cura di Andrea Carluccio e Antonio Gabriele Nicolosi

-> www.istud.it Business School

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Il Category Manager nelle aziende di marca: Il percorso di Alessio Capellupo In Equilibra

RETAIL - CATEGORY MANAGER

In seguito alla prima intervista realizzata a un Category Manager della GDO, decidiamo di approfondire ulteriormente questo ruolo indagando le dinamiche che caratterizzano il Category Management nella grande distribuzione e nelle aziende industriali. A tale scopo intervistiamo Alessio Capellupo, attuale Category Manager & Trade Marketing Specialist presso Equilibra S.r.l.

Ciao Alessio, puoi farci un excursus sul tuo percorso di studi?Dopo il diploma in ragioneria ho deciso di andare ad approfondire le scelte e strategie aziendali, i rischi d’impresa che si celavano dietro i “numeri”. Volevo fare qualcosa che mi permettesse di capire come il comportamento dei consumatori desse vita a quei numeri, da cosa essi fossero generati e soprattutto come poterli mutare e indirizzare. Così ho deciso di iscrivermi alla facoltà di Scienze della Comunicazione, scegliendo l’indirizzo “comunicazione d’impresa e Marketing”. Al termine della laurea triennale ho voluto approfondire questi temi, frequentando il Master ISTUD in Marketing Management & Innovation. Il Master mi ha permesso, grazie alla sua natura poliedrica, di avere una preparazione generale su tutto quello che è il mondo commerciale e sulle diverse figure operative e strategiche che in esso operano.

Il tuo percorso di lavoro: come hai iniziato? Come sei arrivato in Equilibra? Il primo impatto con il lavoro? E con il mondo Equilibra?Il mio primo impatto col lavoro è stato molto positivo in virtù della partecipazione al Master, avendo acquisito durante quel percorso una maggiore consapevolezza di me stesso e del lavoro che sarei andato a fare. Questo mi ha consentito di entrare nel modo del lavoro molto più sicuro e determinato.Ho iniziato in Lego in una posizione “borderline” tra marketing e trade marketing; tale esperienza mi ha permesso di scoprire i meccanismi di funzionamento di una grandissima multinazionale. In seguito ho avuto l’opportunità di ritornare al product management “puro” presso Sutter, azienda specializzata in prodotti per la pulizia domestica, ritornando quindi un po’

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agli albori dei miei studi. Questa nuova funzione mi ha consentito di vedere a 360 gradi tutti i processi aziendali, dalla logistica, alla ricerca e sviluppo, dalla produzione sino alla vendita e commercializzazione dei prodotti ideati; un’esperienza del genere, necessariamente ti porta ad avere un livello di “confidence” con il proprio lavoro molto più elevato.In seguito ad una breve esperienza di vendita in Kimbo, l’avventura in Equilibra è iniziata in un ruolo a cavallo tra il Marketing e le Vendite, una posizione che mi ha permesso di non perdere mai la connessione tra le strategie che vengono ideate in azienda e ciò che poi realmente accade sul campo. La figura che attualmente ricopro, quella di Category Manager & Trade Marketing Specialist racchiude in se più funzioni, questo è anche possibile in aziende di medio-piccole dimensioni al contrario magari di multinazionali in cui, spesso, il ruolo del Category è separato dalla funzione Trade.

Che differenze ci sono tra un Category manager che opera nelle aziende della grande distribuzione e un Category manager che opera nelle aziende di marca?”L’arena competitiva” è la stessa ma le due figure, seppur con obiettivi diversi, collaborano alla creazione di valore e di un obiettivo più alto e comune. Il Category dell’azienda di marca ha la necessità di far inserire i suoi prodotti nei punti vendita della GDO, di aumentare il proprio spazio a display e la profondità del proprio assortimento, dall’altra parte il Category operante nelle aziende della grande distribuzione ha la necessita di ottimizzare e razionalizzare i suoi spazi inserendo a display assortimenti che siano il più performanti possibile. Gli obiettivi sembrano apparentemente diversi, ma sono non incoerenti: entrambi possono e vogliono confluire nel macro-obiettivo legato alla generazione sana e sostenibile nel tempo di un business realmente profittevole, risultato questo raggiungibile solo attraverso una reale e sana collaborazione tra le parti, tra tutti gli attori del processo.

In cosa consiste il tuo lavoro?Se parliamo dell’aspetto puramente legato al Category, il mio lavoro si sviluppa e apprezza maggiormente durante le cosiddette finestre di revisione assortimentale che le aziende della GDO annualmente attivano per la revisione di tutte le categorie merceologiche. Considerate

la mole di novità di prodotto che annualmente l’industria presenta alla grande distribuzione, moltiplicatela per il numero di categorie (es. alimentare, cosmetica, tessile, chimica…) e capirete immediatamente di che tipo di attività si stia parlando. Io, in qualità di Category, in sede di appuntamento con i clienti, compio delle analisi relative agli assortimenti in essere, dal punto di vista non solo del mio brand (i miei prodotti), ma dal punto di vista di profittabilità, rotazione e ottimizzazione del display del cliente; ne analizzo le performances di vendita (quindi le uscite di cassa – sell out), le rotazioni, i margini e vado a individuare le referenze -mie o dei miei competitors- che considero candidabili all’essere “manutenuti” e quali delle novità di prodotto andrebbero assolutamente inserite “on top” rispetto agli assortimenti. Tutte queste info vengono quindi incrociate e avvalorate da quelle in possesso da parte della distribuzione al fine di ottimizzare e “ribilanciare” i pesi che vengono dati ai diversi prodotti, ai bisogni che assolvono e alle marche, rispetto alle reali performances del mercato.La quota a banco (Shelf Share), quindi, deve “parlarsi” con la quota di mercato del prodotto (Market Share) e, conseguentemente, permettere di creare e proporre un nuovo assortimento da inserire nei punti vendita.

Quali qualità deve avere un buon Category manager?Sicuramente deve avere una grande familiarità, sensibilità e naturalezza nel comprendere e gestire i “numeri”; saperli interpretare assegnando loro dei pesi, poiché le variabili che concorrono a definire la performance di vendita di un prodotto sono infinite e vanno tutte accuratamente pesate e prese in considerazione; esse variano di regione in regione, in base al canale distributivo e al format di vendita.

Come funziona il processo di introduzione dei “tuoi” prodotti nelle aziende di distribuzione?E’ sicuramente un processo complesso, fatto di negoziazione, fatto di trend di mercato ed evidenze numeriche in termini di fatturati attesi, ma sicuramente si fonda e parte dall’attento studio ed analisi delle tendenze e bisogni manifestati dal consumatore nei mercati. Definito un inserimento di un nuovo prodotto in sede, in centrale nazionale, esso va curato in termini d’implementazione a Ce.Di. e di effettivo

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inserimento e presenza a display (Speed to Shelf) nei punti vendita appartenenti a una determinata insegna, per far questo è fondamentale avere un attento ed efficace presidio del territorio e dei singoli negozi.

In Equilibra quali possono essere le prospettive lavorative per un Category Manager e dove si può arrivare? Solitamente in un’azienda di tipo familiare, vista la natura della struttura stessa, la crescita verticale è decisamente più lenta rispetto alla struttura più complessa di una multinazionale, tuttavia la crescita può essere più di tipo orizzontale andando a ricoprire differenti ruoli in diverse aree aziendali. In questo modo sicuramente sei parte attiva di un intero processo aziendale e non solo di una parte di esso, questo ti consente di acquisire un bagaglio di conoscenze dal valore lavorativo inestimabile, bagaglio che può essere poi investito in un secondo tempo all’interno della stessa azienda o nel mercato del lavoro. Un possibile sviluppo nel medio-breve periodo in Equilibra potrebbe essere, quello di ricoprire il mio attuale ruolo anche per la divisione Cosmetica e non solo quella Integratori Alimentari.Il sogno per il futuro, è sicuramente quello di riuscire un giorno ad arrivare alla direzione commerciale di un’azienda del largo consumo.

Quali sono i punti di debolezza di Equilibra e in cosa possono essere migliorati?In questo momento Equilibra sta vivendo un momento di grandissima crescita ed espansione, è in atto un processo di rinnovamento strutturale e organizzativo al fine di guidare tale crescita. Forse una possibile area di miglioramento potrebbe essere la velocità di comprensione di questa esigenza e la sua relativa traduzione in riorganizzazione aziendale, di ruoli, lavori e responsabilità.

Dati i diversi formati della distribuzione, tu in quali di essi operi?Se parliamo di canali di vendita, noi operiamo con gli Integratori alimentari, all’interno della G.D. e D.O. ed anche negli specializzati con la divisione Cosmetica.All’interno di questa distinzione in termini di canali di vendita, presidiamo tutti gli store format, quali Ipermercati, Supermercati e Superettes; è proprio in questa distinzione che si sviluppa il grosso del mio lavoro, vale a dire andando a individuare i

corretti assortimenti in base ai format dei punti vendita.Non tutti i negozi avranno gli stessi assortimenti, i quali variano in base al cluster d’appartenenza: immaginiamo un assortimento come un imbuto, partendo dalla sezione più larga e ampia, si scende con la numerica delle referenze inserite relativamente alla diminuzione dello spazio fisico dei vari punti vendita.

Per quanto riguarda i display interni ad un’azienda di distribuzione ti confronti con il suo Category Manager e che rapporto hai con lui?Come detto in precedenza, questo lavoro nasce dal confronto e la collaborazione tra Distribuzione ed Industria di Marca. Un progetto di Category e di conseguenza di Space Management, è il frutto di una proficua collaborazione tra tutti gli attori del processo. Il rapporto che si cerca e che si dovrebbe instaurare è quello di fiducia, poiché pur tutelando parzialmente i propri interessi, l’obiettivo comune è quello legato alla crescita del mercato e della categoria oggetto di studi, l’obiettivo è quindi uno ed uno soltanto, ed ha benefici per tutta la filiera, a partire dai produttori sino al consumatore.

Ad oggi sei soddisfatto della tua carriera? Cosa ti piacerebbe fare in futuro?Sono molto soddisfatto del percorso professionale svolto sino ad ora, la figura che attualmente ricopro è figlia di una scelta consapevole, è il frutto dell’esperienza in tutti i ruoli del mondo commerciale sin qui svolti. Volevo decidere cosa fare da grande, imparandolo sulla mia pelle e con l’esperienza diretta.Il Category e il Trade Marketing mi permettono di vedere, osservare ed essere parte attiva sia relativamente all’aspetto strategico e manageriale dell’azienda sia quello più operativo e legato al presidio dei mercati, del field. La soddisfazione lavorativa per me più grande ed emozionante è quella di entrare in un p.d.v. e vedere il display proprio come l’avevi analizzato, studiato, immaginato e pensato, con i prodotti da te proposti, posti proprio in quella stessa sequenza da te ideata.

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Che consiglio ti senti di dare a dei ragazzi come noi che si affacciano ad un mondo come quello del Category Management e più in generale del Retail?Sicuramente quello di essere perennemente appassionati, interessati e curiosi del proprio lavoro, interessati alla scoperta e sperimentazione. Credo non esista capacità più grande per chi vuole intraprendere questo tipo di lavoro, che quella di saper osservare altri mercati cogliendone i punti di forza e replicandoli nel proprio settore d’appartenenza.

Alessio grazie per la tua disponibilità e in bocca al lupo per il prosieguo della tua carriera!

Retail Your Talent. Programma di formazione post laurea - 2015II Project Work

Intervista a cura di Andrea Carluccio e Antonio Gabriele Nicolosi

-> www.istud.it Business School

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Business School

L’esperienza e le competenze di Giovanni Cundro’ in Lidl Italia

RETAIL - CATENE INTERNAZIONALI

Il lavoro conferito al nostro gruppo per il primo project work è stato quello di ricercare ed intervistare professionisti del mondo del retail in particolare facendo riferimento all’ambito delle catene internazionali. La nostra ricerca si è focalizzata in un primo momento su Linkedin, dove si è potuto identificare e contattare professionisti del settore spiegando loro il motivo della nostra indagine. Dopo aver ottenuto le loro e-mail personali e/o contatti skype si è potuto procedere con l’intervista. E così abbiamo avuto il grande piacere di intervistare via skype Giovanni Cundrò, attualmente Funzionario del Commerciale Gicap SPA di Messina dove gestisce le insegne Sidis e Ard in Sicilia e Calabria, e fino a poco tempo fa, Coordinatore Regionale Vendite presso Lidl Italia. Il nostro lavoro si è concretizzato nell’approfondire le competenze manageriali che contraddistinguono un buon manager oltre alla sua carriera lavorativa nell’azienda di riferimento.

La carriera di Giovanni Cundrò nella GDO inizia a 19 anni come ausiliare alle vendite nei Supermercati Standa fino a diventare due anni e mezzo fa Coordinatore Regionale Vendite presso Lidl Italia Srl.Il nome completo della compagnia è Lidl Stiftung& Co KG., appartiene alla holding Schwarz, della quale fanno parte altre catene di supermercati tedesche, come Handelshof e Kaufland.Il gruppo opera con due diversi sistemi distributivi: il cd. Discount (con insegna Lidl) e la struttura commerciale degli Iper e Super con il marchio Kaufland. Dapprima, ci siamo focalizzati, attraverso una breve intervista, sul ruolo svolto da Giovanni

Cundrò quando operava come dirigente in Lidl Italia dal suo punto di vista professionale.

Buongiorno Giovanni Cundrò, innanzitutto grazie per aver aderito alla nostra richiesta ed aver accettato la proposta di prender parte all’intervista. Potrebbe illustrarci com’è strutturato l’organigramma in Lidl?“In Lidl c’è una Direzione Generale sita ad Arcole (VR) e poi ogni Regione ha la sua Direzione Regionale con 6 Dirigenti: un Direttore Regionale, un dirigente della logistica, un dirigente degli acquisti, un dirigente amministrativo e due dirigenti vendite che vengono chiamati Coordinatori

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Regionali Vendite, appunto il ruolo che svolgevo in Lidl. Sotto i Coordinatori ci sono dei Capi Area che supportano gli Store Manager (affiancati dai Commessi Specializzati) e infine gli ausiliari alle Vendite”.

Di cosa si occupa nello specifico il Coordinatore Regionale e a chi è subordinato?“E’ il garante dei risultati dell’area, fra i quali Vendite, Differenze Inventariali, Costo del Personale. E’ inoltre il responsabile disciplinare di tutti i dipendenti della Regione che gestisce. E’ subordinato al Direttore Vendite Lidl Italia e al Direttore Regionale rispettivamente ‘capo disciplinare’ e ‘capo gerarchico’”.

Ci sono differenze tra Nord e Sud essendo lei stato Coordinatore Regionale Vendite sia a Nord che a Sud?“La differenza sostanziale risiede nel potere d’acquisto più favorevole nel Nord, anche se oggi la crisi ha obbligato anche al Nord a valutare politiche commerciali più ‘aggressive’. Ma anche il Sud ha una caratteristica chiave che a Nord non troviamo: non essendoci molto turn-over, il dipendente del sud manifesta, soprattutto nella fase iniziale, maggiore ‘propensione al sacrificio’ a lavoro, nel senso che c’è un forte attaccamento all’azienda da parte del dipendente. Tale caratteristica però, a volte, complica le relazioni, in quanto può sfociare nel fenomeno di ‘assenteismo’ in quanto il lavoratore si sente maggiormente libero di assentarsi, sentendosi in diritto di decidere cosa fare per una sorta di credito che si costruisce essendo attaccato all’azienda. Il valore positivo viene controbilanciato da questo negativo”.

Quali sono le differenze tra Store Manager e Capo-Area in Lidl Italia?“E’ vero che ci sono fra i due ruoli differenze di competenze importanti, ma io credo che fondamentalmente entrambi abbiano obiettivi comuni, sia quantitativi a livello di risultati, sia qualitativi a livello di soddisfazione del cliente finale. Il Capo-Area ha una visione più ampia perché gestisce 4-5 punti vendita”.

Per quanto riguarda il bilancio dei punti vendita, lei di cosa si occupa?“Il Coordinatore predispone bilanci annuali in termini di budget vendite, perdite merce e produttività, e li monitora con bilanci settimanali per tenere sotto controllo tutti gli indicatori

gestionali, in primis la produttività, che oggi è diventata un indicatore fondamentale da gestire per raggiungere l’eccellenza”.

Come funziona la Comunicazione in Lidl?“Prevalentemente via e-mail (90%), e con informative standard settimanali”.

Successivamente ci siamo focalizzati sull’obiettivo del project work, ossia capire quali dovrebbero essere le caratteristiche di un buon manager secondo la sua visione attraverso le seguenti domande:

Sappiamo che lei ha svolto diversi ruoli professionali tra cui quello di Direttore, di Capo Area e Coordinatore Regionale delle Vendite. Potrebbe illustrarci le differenze tra questi tre ruoli che ha ricoperto? “Premetto che ho ricoperto l’incarico di direttore nel gruppo Auchan ma non in Lidl e che nella mia visione il ruolo cambia da azienda ad azienda. In Auchan lo reputo più complicato, ma anche più piacevole, in quanto vi è molta più autonomia gestionale. L’obiettivo, però, credo sia unico: la Customer satisfaction. Il Coordinatore invece si avvale dei Capi Area per portare la visione dell’Azienda nei punti vendita.Il Capo Area e il Coordinatore Regionale impattano sulla formazione degli Store Manager e hanno un ruolo molto importante: fungono da ‘filtro’ trasmettendo l’idea aziendale agli Store Manager e ai Commessi Specializzati”.

Tre caratteristiche che per lei descrivono un buon Store Manager, un buon Area Manager e un buon coordinatore delle vendite.“A prescindere dal ruolo, io penso che le caratteristiche siano comuni: onestà intellettuale e lavorativa dal punto di vista personale, capacità di problem solving e Leadership che ti permette di costruirti e dare obiettivi chiari, raggiungibili e misurabili”.

Se dovesse trovare uno slogan per definire un buon Area Manager, quale sarebbe?“Essere un buon ‘Capo dei Capi’; nel senso che in una struttura gerarchizzata bisogna avere rispetto per chi lavora al di sotto di sé, dando fiducia e trattandoli come sono, ovvero dei Capi. Non bisogna mai invadere la loro sfera di Leadership, in quanto sono loro che ti aiutano a raggiungere gli obiettivi”.

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Tre caratteristiche per fare carriera secondo lei.“Oltre quelle già dette ne aggiungo una che nella mia esperienza personale è stata decisiva: l’audacia. Senza una buona dose di audacia non sarei dove mi trovo in questo momento”.

Come vede il settore dei discount in ottica futura?“Premetto che Lidl non è un discount, ma fa il ‘soft-discount’, anzi si avvicina sempre di più ad un supermercato, sia a livello di ‘scelte assortimentali’ proponendo delle marche (Barilla-Ferrero ad es.), sia a livello di servizio, puntando su alcuni settori come ‘Profumeria’ e ‘Enoteca’, incrementati col passare del tempo in termini di referenze perché il cliente si sentisse sempre più soddisfatto.Il discount lo vedo come un ‘sali e scendi’ per i prossimi anni (dico sempre: 10 sì e 10 no….), infatti, prevedo nei prossimi anni un peggioramento delle performance di questo canale a favore del classico Supermercato”.

Attraverso l’intervista ad un professionista del settore siamo giunti alla conclusione che per essere un buon Manager non bisogna essere ‘superman’ o ‘superwoman’ ma avere in primis soltanto tanta audacia, capacità di fronteggiare i problemi ed onestà intellettuale a cui andrebbero aggiunte altre importanti caratteristiche come ad esempio la capacità di interpretare tutte le esigenze di un gruppo, saper generare leadership negli altri, saper assumere decisioni per poter guidare un team per raggiungere tutti insieme il conseguimento degli obiettivi.

Retail Your Talent. Programma di formazione post laurea - 2015II Project Work

Intervista a cura di: • Patrizia Daphnie Marino Caminiti• Salvatore Mele

-> www.istud.itBusiness School

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Intervista a Claudio Tamà - General Manager Gap Milano

RETAIL - FAST FASHION

Nato e cresciuto a Napoli, Claudio Tamà intraprende gli studi sociologici e durante il suo percorso accademico ha sempre lavorato. Ha sin da giovane avuto la possibilità di confrontarsi col mondo del lavoro, spaziando dalle attività promozionali e di volantinaggio al call center in Vodafone. Conoscere le regole del lavoro gli ha permesso di entrare in breve tempo nel mondo del Retail, con la flessibilità mentale necessaria.Appena laureato gli si presentano diverse opportunità, offertegli tra gli altri, da Autogrill e dal gruppo Coin. Per ragioni di vastità e prospettive aziendali la sua scelta ricade nel settore abbigliamento. In seguito accetta di trasferirsi a Firenze per collaborare alla conversione di uno Store. Appena comprende che non ci sono più le prospettive per poter avere una crescita commisurata alle sue aspettative, decide di lasciare Oviesse.Gap gli propone di tornare nella Capitale, per ricoprire la veste di Store Manager e nei primi due anni, assieme ai suoi colleghi, contribuisce in maniera significativa all’implementazione di un nuovo Flagship a Roma, dando così inizio alla diffusione del brand in tutta Italia. È un ruolo stimolante che lo porta a viaggiare molto, anche supportando le aperture dei negozi di Torino e Fiordaliso. Adesso risiede a Milano, ove occupa la posizione di General Manager, coordinando le attività degli altri quattro Store manager all’interno del punto vendita.

Dove si colloca nell’assetto organizzativo della vostra azienda il General Manager?Il mio ruolo di General Manager è essenziale per il coordinamento dei diversi Store manager all’interno del punto vendita poiché sono il riporto diretto dell’azienda. Il mio superiore è il District Manager, al quale devo comunicare l’andamento aziendale, tramite una dettagliata attività reportistica.

Cosa distingue Gap dai competitor?I competitor hanno un fast fashion molto estremizzato e attento al prezzo basso, mentre Gap vuole mantenere una buona qualità dei suoi prodotti, vendendoli al “giusto” prezzo. Il Brand è riconosciuto per la sua storia, per il fatto di essere un marchio solido e noto.Da noi la customer care è fondamentale, il cliente è al centro della visione aziendale. Per esempio,

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qui da noi c’è un esperto di denim, che consiglia e confeziona un capo ad hoc per il cliente, senza costi aggiuntivi.A differenza di altri siamo un brand che cerca di far moda, rispettando l’ambiente e le diversità socio-culturali: per esempio, abbiamo condotto una campagna gay friendly, perché crediamo nel concetto di amore universale, cercando di abbattere le barriere del pregiudizio.

Qual è il Target di Gap?Il cliente medio ha dai 25 anni ai 40 circa, quindi giovani single, ma anche coppie che comprano per i propri bambini e per se stessi. I consumatori Gap sono coloro che cercano qualità nel casual wear, ad un prezzo non molto alto.Anche le più giovani frequentano il nostro negozio, infatti cerchiamo di comunicare attraverso i social media con la nuova generazione. Il nostro cliente tipo è casual, iconico e denim oriented.

Com’è fatta la sua “giornata tipo”? Quotidianamente cerco di dare seguito alle direttive aziendali assieme ai miei collaboratori, analizzando ripetutamente i KPI, controllando il magazzino e riferendo con l’Operation manager. La sfida di ogni giorno è riuscire a trasformare le difficoltà in vantaggi ed opportunità.Lo Store è molto strutturato, gestito da diversi Store Manager. Lo schedule settimanale è spesso molto simile - per esempio il lunedì c’è il manager meeting in cui analizziamo le richieste aziendali, condividiamo le best practice con gli altri Store e in tale sede forniamo anche feedback aziendali. Cerchiamo di schedulare il più possibile le nostre attività sul breve e sul medio-lungo termine.

Qual è il suo più grande successo come General Manager?Il General Manager riesce a raggiungere gli obiettivi quando comprende le richieste aziendali e le comunica ai propri collaboratori. Egli deve formare un solido team che si focalizza sul risultato e sugli obiettivi aziendali, che non sono necessariamente collegati solo al fatturato.In tal senso la soddisfazione più grande, nel mio caso, è di aver formato collaboratori e avere contribuito alla loro crescita professionale.

Il suo impegno più grande nei confronti di questa azienda?Sono stato riconosciuto dall’azienda come formatore e mi occupo anche dell’inserimento

dei nuovi manager in azienda. Cerco altresì di insegnare ai miei collaboratori le qualità essenziali del mestiere e successivamente di contribuire all’innalzamento del livello di performance dei dipendenti, cercando di spronarli nel raggiungimento del risultato.

Le fa paura il cambiamento?Io credo che sia sempre meglio rischiare, che avere rimorsi nella vita. Ho cambiato azienda e spesso ho cambiato anche città. È un ruolo che mi assorbe molto, ma sono molto soddisfatto del ruolo che ricopro.Il mio impegno nel punto vendita è costante, richiede sacrifici notevoli, ma non cambierei assolutamente niente.Io mi identifico nell’azienda, la sento come creazione mia, come se fossi io l’imprenditore del negozio e spesso, se c’è un problema o una difficoltà, non riesco “ad abbandonare la nave”.

Se potesse cosa cambierebbe?Non farei grossi cambiamenti, forse aumenterei le ore in una giornata.

Quali sono gli insegnamenti che ha appreso da questo lavoro?Ho imparato a superare gli ostacoli che si presentano ogni giorno, a non giudicare le persone dalla prima impressione e ad andare oltre, per non rischiare di perdere un talento. D’altro canto ora so che non bisogna soffermarsi su chi non ha voglia di crescere. Ascoltare attivamente e accettare i feedback dall’esterno sono attività a cui mi dedico ogni giorno e che ho potuto apprendere durante la mia attività nello Store. Penso che gli insegnamenti più grandi derivino dai nostri clienti.

Il suo successo lavorativo ha penalizzato la vita privata?La mia vita personale, nonostante gli impegni, è ricca di interessi. Sono sposato, ho due figli e la mia famiglia mi ha seguito in questa avventura professionale, sebbene abbiano dovuto subire cambiamenti radicali. Per me è importante tornare a casa e condividere con loro quella che è stata la mia giornata. Certo, a volte sono stanco ma sempre soddisfatto!

Può dirci quali caratteristiche dovrebbe avere chi vorrebbe intraprendere questo lavoro?Oltre alle competenze e al talento – che è una

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caratteristica innata e difficile da scoprire per ognuno di noi - bisogna avere un pizzico di fortuna e molta passione per quello che si vuole fare, perché l’impegno viene sempre ripagato. Al di la di tutto ritengo che saper ascoltare sia la qualità essenziale per chi vorrebbe ricoprire il mio ruolo.

Un consiglio di vita?Dovete mettere passione e dedizione nel lavoro. Se portate amore nel vostro lavoro, tornerete a casa sereni e soddisfatti, dopo aver creato un business e aver fatto vivere ai clienti una shopping experience, dopo aver contribuito al miglioramento dei KPI, e così via. Soprattutto, siate umili ed ascoltate i suggerimenti di tutti, facendoli vostri. Bisogna cercare di lasciare un’impronta nel negozio, in modo tale che tutti si ricordino di voi.

Retail Your Talent. Programma di formazione post laurea - 2015II Project Work

Intervista a cura di Alessandra Ravizzotti, Francesco Marselli e Laura Francescut

-> www.istud.it Business School

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Si ringrazia

Antonino CavarrettaRetail Operation Manager Europe – ETRO

Nicola ManginiGeneral Manager - Accessorize e Aldo

Alessandro ParrellaCategory Manager - Carrefour

Alessio CapellupoCategory Manager - Equilibra

Giovanni Cundrò

Claudio TamàGeneral Manager - Gap Milano

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