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Con tre differenti modelli la Casa milanese colse molte
affermazioni nazionali e diverse medaglie d’oro nelle
massacranti Sei Giorni Internazionali
Testi di Massimo Chierici, foto di Saverio Livolsi
La REGINA del REGOLARISMO REGOLARISMO La REGINA del
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Se vi capita di discorrere di moto da regolarità, a se-
conda dell'età del vostro interlocutore, le prime Case
nominate sono KTM, Puch, SWM, Zündapp; i più an-
ziani ricordano con nostalgia le Guzzi, le Gilera e i
Morini a quattro tempi degli anni Sessanta. Ma agli
inizi che motociclette utilizzavano i primi regolaristidi casa nostra?
Innanzitutto, va ricordato che già nel 1931 a Merano
si svolge per la prima volta in Italia la "Sei giorni in-
ternazionale" che vede vittoriosa la squadra Gilera
con i piloti Luigi Gilera, fratello del titolare Giuseppe
Miro Maffeis e Rosolino Grana. La lenta, ma costan-
te, diffusione di questo sport nel nostro paese la si
può far risalire al primo dopoguerra e parlando d
quel periodo bisogna anche citare marchi come Ster-zi, Rumi, Capriolo, MV e ancor prima Sertum.
Sertum? Si chiederanno i più giovani, sì, proprio Ser-
tum! Che a differenza di quanto possa far presup-
Se non fosse per la
presenza delle tabel-
le portanumero, dif-
ficilmente verrebbe
da pensare di tro-
varsi di fronte ad
una motocicletta
vincente nella rego-
larità; ma, del resto,
tutte le moto dei pionieri del fuori-
strada erano prati-
camente moto stra-
dali adattate con
qualche modifica di
dettaglio.
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porre il nome, era un italianissimo prodotto costruito
a Milano dalle officine meccaniche Fausto Alberti co-
me marchio per le proprie motociclette ritenute, a ra-
gione, di ottima qualità, scelsero una regale corona,
vocabolo quest’ultimo che in latino si traduce proprio
con la parola “Sertum”.Operanti dal 1922 e specializzate nella costruzione
per conto terzi di componenti e motori completi per
l’industria, la motonautica e l’aeronautica, le officine
milanesi debuttano nel 1932 presentando una 175 a
quattro tempi con valvole laterali, soluzione tecnica
già controcorrente in un periodo in cui iniziavano ad
affermarsi i motori a valvole in testa sicuramente più
performanti, ma evidentemente i vertici dell’azienda
puntarono sulla robustezza e sulla collaudata costan-za di prestazioni che tali motori garantivano.
Per mettere in evidenza tali doti, cosa c’è di meglio
che affrontare le lunghe e massacranti gare di rego-
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larità che si svolgono su percorsi di ogni tipo? Ed ec-
co che già dai primi anni di vita le Sertum partecipa-
no vittoriosamente, oltre a qualche gara di velocità,
alla “24 ore” del moto club Milano, alla “Coppa del
Prete”, alla “Sei giorni di Padova” e a molte altre ma-
nifestazioni famose in quegli anni.Le moto utilizzate sono la 250, ma anche la 500 bici-
lindrica; i piloti che più si mettono in luce sono il col-
laudatore Nino Grieco, Guido Benzoni, Mario Ventu-
ra, Enrico Lavelli.
Nel 1939 alla Sei Giorni Internazionale che si disputa
in Germania, la Sertum è presente con nove motoci-
clette che arriveranno tutte al traguardo conquistan-
do un bottino di cinque medaglie d’oro, una d’ar-
gento e tre di bronzo; terminata la lunga parentesi
dovuta ai tragici eventi bellici, l’attività sportiva ri-
prende nel 1946 con la partecipazione ad alcune ga-
re nazionali con le 250 VT a valvole in testa. L’anno
seguente a Zlin in Cecoslovacchia dove si disputa la
prima Sei Giorni del dopoguerra, le due squadre ita-
liane al via sono così composte: Benzoni e Ventura
con le 250 VT, Fornasari con la 500 a valvole laterali,
Grieco in coppia con Garlaschelli in sella ad un side-car con motore 500 a valvole laterali, tutti in lotta per
conquistare il Trofeo, mentre per il Vaso d’Argento
sono in gara Francone, Giudici e Messori con le 250
VT oltre a Baldi ma iscritto come isolato.
Ventura e Giudici terminano le impegnative prove
con zero punti di penalità e si aggiudicano la meda-
glia d’oro, Francone quella di bronzo mentre gli altr
sono costretti al ritiro.
Nel 1948 la Sei Giorni si svolge a Sanremo, ma l’unica
Sertum al traguardo è quella di Onorato Francone
che si deve accontentare della medaglia d’argento; la
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sfortunata prestazione di Sanremo è presto cancella-
ta dalla vittoria di Ventura, Damiani e Benzoni pro-
clamati vincitori pari merito alla prima edizione do-
poguerra della Valli Bergamasche.
Nel 1949 con un nuovo modello di 250 a valvole late-
rali, Mario Fornasari è terzo alla Valli, ma la stagionedi gare nazionali sarà colma di importanti successi ot-
tenuti dai “Tre Moschettieri” (così vennero sopran-
nominati i tre piloti ufficiali della casa lombarda),
Benzoni, Fornasari e Ventura che si aggiudicano il
Trofeo Nazionale di Regolarità a squadre vincendo
“Lo Scudo del Sud”, la “24 Ore” del moto club Mila-
no e la “Mille Miglia Motociclistica” organizzata dal
moto club Roma. Anche la partecipazione alla Sei
Giorni che si disputa a Llandrindod Wells in Inghilter-
ra è ricca di soddisfazioni grazie a Benzoni, Fornasari
e Strada che conquistano l’oro.
A tanti successi sportivi non ne corrispondono altret-tanti commerciali o, perlomeno, non sufficienti alla
sopravvivenza dell’azienda: già l’anno seguente si in-
travedono i primi sintomi che porteranno alla chiusu-
ra definitiva nel 1952; il trio Benzoni, Fornasari, Ven-
tura passa alla MV; la partecipazione alle gare conti-
nua, sia pur in forma ridotta, con la Ghibli, l’ultima
versione della 250, in alcune manifestazioni sul terri-
torio italiano con i piloti Romano, Riva, Strada e Fran-
cone: alla Valli Bergamasche che si disputa su tre
giornate di gara, Miro Riva è secondo, Guglielmo
Strada quarto, Bruno Romano quinto, un buon risul-
tato complessivo che permette la conquista della vit-toria a squadre.
La partecipazione ufficiale alle competizioni termina
nel 1950; Riva, Strada e Romano passano alla Rumi.
L’anno seguente qualche pilota privato porta in gara
la 250, ma ormai “La regina del regolarismo”, così
come venne definita dalla stampa dell’epoca, è obso-
leta nei confronti delle più leggere e maneggevoli
due tempi MV, Rumi, Sterzi, Mival che segneranno un
nuovo periodo della motoregolarità.
Per chi volesse approfondire la conoscenza della Ser-
tum, consigliamo il libro “Moto Sertum” di Mario Co-
lombo edito dalla Giorgio Nada Editore dal quale,per gentile concessione, sono state tratte le foto sto-
riche ed alcuni dati indispensabili per la stesura del
nostro articolo.
Ma veniamo alla motocicletta fotografata in queste
pagine: si tratta di una 250 VL-4 acquistata nuova nel
1950 da un mugnaio residente nelle montagne par-
mensi, il quale per i suoi spostamenti, doveva neces-
sariamente transitare per viottoli e strade non anco-
ra asfaltate; venuto a conoscenza dei successi fuori-
stradistici della Sertum, decide di acquistarne una e al
momento dell'ordine accenna al concessionario le
sue specifiche esigenze; la moto svolge per lunghi an-
ni il suo dovere, passa di mano e finisce per molto
tempo abbandonata e completamente smontata in
un soppalco di un piccolo magazzino.
Passano gli anni e nonostante siano parecchi i “cac-
ciatori di moto d’epoca” della zona a sapere dell’esi-stenza della Sertum, solo recentemente il nostro let-
tore Paolo Scaffardi di Bedonia in provincia di Parma
riesce a farsela cedere e ad avviare il restauro com-
pleto durante il quale, confrontandosi con gli esperti
di marca, ha scoperto alcune piccole differenze ri-
spetto agli altri esemplari giunti ai nostri giorni.
La mezza balestra che aziona il molleggio posteriore
ha uno spessore maggiore di 5 cm per far sì che mo-
tore e telaio abbiano una luce a terra maggiore; di
conseguenza anche il cavalletto di sostegno è più
lungo e l’asta che comanda il freno posteriore, sem-
pre per evitare ostacoli, passa in alto. La parte inter-
Sui cavi dei coman
al manubrio ne er
no fissati altri di
scorta; questa sol
zione permetteva
perdere meno tem po in caso di sosti
tuzione.
Il nostro lettore Pa
lo Scaffardi, che r
graziamo per aver
messo a disposizio
ne questo esempl
re, ha effettuato i
restauro di person
sfortunatamente
però non ha anco
reperito la "guan-
cia" in gomma ch
orna la parte dest
del serbatoio.
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na del parafango posteriore è rinforzata. Il libretto d
circolazione conferma che i pneumatici 3,50 x 19 ven-
gono montati in origine al posto dei 3,00 x 19, ed in-
fine la corona posteriore ha 53 denti anziché 50. Al-
tre differenze dalla serie si riscontrano anche nel mo-
tore che monta una testa in lega d’alluminio anziché
quella di ghisa, il carburatore munito di filtro ha la
vaschetta laterale sulla parte destra anziché a sini-
stra, i carter motore nella zona della coppa dell’olio
non hanno quelle piccole alette di raffreddamento
presenti in altri modelli, il tappo per il rifornimento
dell’olio è posizionato dietro al cilindro e non ante-
riormente.
Anche nel momento della “messa in fase” è stato ne-
cessario calcolare col goniometro gli effettivi gradi d
anticipo visto che con quelli standard la motocicletta
non funzionava perfettamente, difatti l’aspirazione
che solitamente apre a 25° prima del punto morto su
periore e chiude a 55° dopo il punto morto inferiore
oppure in altri casi apre a 10° e chiude a 60°, nel no-
stro caso specifico è 10° dopo il p.m.s. per l’apertura
e 80° dopo il p.m.i. per la chiusura. Lo scarico è inve
ce conforme alla serie che prevede valori di 70° all’a-
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Il lato destro del
motore dove è posi-
zionata la trasmis-
sione primaria. L'in-
granaggio calettato
sull'albero motore
dà il movimento ad un ingranaggio sot-
tostante che coman-
da la pompa dell'o-
lio e ad altri due so-
vrastanti: uno a de-
stra aziona la cam-
me della valvola di
scarico, quello di si-
nistra la camme per
la valvola di aspira-
zione e il ruttore
dell'accensione. Tol-
to il carterino alla
base del cilindro, si
accede ai dadi per la
regolazione delle
valvole. Si notino la
leva del cambio e la
pedivella di avvia-
mento montate sul-
lo stesso alberino.
La testa, a differen-
za della maggior
parte degli esempla-
ri giunti ai giorni no-
stri che l’hanno di
ghisa, è di lega leg-
gera.
Il carburatore Del-
l'Orto con diffusore
da 22 millimetri ha
la vaschetta sul lato
destro anziché su
quello sinistro.
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pertura e 10° alla chiusura o in alternativa 75° e 15°.
Molto probabilmente per meglio assecondare le esi-
genze del cliente, la moto è stata assemblata con al-
cune delle stesse componenti utilizzate per montare
le motociclette ufficiali che partecipavano alle gare.
Ma cosa aveva di speciale questa “Regina del regola-
rismo” che le consentiva di vincere tantissime compe-
tizioni? Cominciamo a descriverla dal telaio monotra-
ve a culla semplice aperta realizzato in lamiera stam-
pata per quanto riguarda la parte anteriore, in fusio-
ne di lega leggera la parte centrale che comprende
anche l’alloggiamento per la batteria e ancora in la-
miera stampata la parte posteriore alla quale è fissa-
ta la sella e il parafango; la forcella in lamiera stam-
pata è a parallelogramma con mollone centrale; al
posteriore, il forcellone oscillante, anch’esso in lamie-
ra stampata, ammortizza le asperità del terreno gra-
zie ad una semibalestra infulcrata nella parte centra-
le del telaio e da due ammortizzatori a frizione del ti-
po detto “a compasso”; per inciso va ricordato che
nel modello 250 VT la forcella e il forcellone sono in
tubi; le ruote, di rapido smontaggio e intercambiabi-
li fra di loro, hanno cerchi in ferro e mozzi con tam-
Sopra, il motore,
che ha le misure v
tali di 66 x 73 mm
ed una compressi
ne di 5.3:1, era ac
creditato nella ver
sione standard di
8,7 CV a 5.500 gi
ri/min; pochi cava
ma, grazie al tiro
bassi regimi e la c
stanza di prestazio
ni, sufficienti a tra
d'impaccio nella
guida in fuoristrad A fianco, Il tappo
per il rifornimento
dell'olio è qui pos
zionato nella part
posteriore del mo
re. In altri esempla
si trova anterior-
mente.
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buro centrale da 170 millilmetri. Per quanto riguar-
da il motore, nel nostro caso si tratta di un tran-
quillo monocilindrico a quattro tempi con valvole
laterali dalle misure vitali di 66 x 73 millimetri per
una cilindrata complessiva di 249,7 centimetri cubi-
ci, compressione di 5,3 : 1 e potenza dichiarata in
8,7 cavalli a 5.500 giri/min; il cilindro e la testa so-
no in ghisa (ma, come precedentemente detto, l’e-
semplare fotografato è dotato della testa in lega
leggera), carburatore Dell’Orto con diffusore da 22
millimetri, frizione a dischi multipli in bagno d’o-
lio, e cambio a quattro rapporti.
L’accensione è affidata normalmente ad uno spin-
terogeno, ma in alcuni esemplari, in particolare per
la versione militare, veniva montato un magnete
posizionato davanti al cilindro; la trasmissione pri-
maria è ad ingranaggi: quello principale è calettato
sull’albero motore che dà il movimento ai due in-
granaggi degli alberi a camme e all’altro ingranag-
gio che dà il movimento alla pompa dell’olio.
Va anche ricordato che, parlando dell’attività ago-
nistica, diversi successi sono stati ottenuti col mo-
dello a valvole in testa ma ancora scoperte e con
l’ultimissimo modello Ghibli con distribuzione ad
aste e bilancieri e valvole in bagno d’olio: modello
che però ha vita brevissima per l’imminente chiu-
sura della fabbrica e di cui non è dato sapere se sia
entrato effettivamente in produzione o realizzato
in pochi esemplari di pre-serie.
Tutti e tre i tipi di motore però hanno il basamen-
to e i relativi organi praticamente identici e si dif-
ferenziano esclusivamente per la parte termica.
Come abbiamo visto, nessun segreto speciale ren-
deva la Sertum particolarmente adatta al fuoristra-
da se non l’eccezionale tiro ai bassi regimi e l’affi-
dabilità meccanica... a prova di Sei Giorni; gran
parte del merito, quindi, va attribuito ai piloti che
con la poca potenza a disposizione e un peso non
indifferente di 150 chilogrammi da portare a spas-
so… devono aver fatto certe faticacce...
Altri fattori che sicuramente hanno influito nel-
l’ottenimento di tanti successi sono rappresentat
dall’organizzazione e dall’assistenza forniti ai pilo-
ti sui tracciati di gara.
In alto a destra, l'a-
sta che comanda il
freno posteriore è
stata montata in po-
sizione alta a diffe-
renza dei modelli di
serie.
Al centro a destra,
la corona (solita-
mente con 50 denti)
veniva sostituita al-
l'origine con una da
53 per migliorare il tiro in salita.
Qi sopra, il parafan-
go posteriore, a dif-
ferenza dei modelli
di serie, è rinforzato
nella parte interna.
Viste le frequenti fo-
rature, era buona
norma munirsi di
camere d'aria di
scorta.
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MOTORE: monocilindrico verticale a quattro tempi con
valvole laterali
ALESAGGIO E CORSA: 66 x 73 mm
CILINDRATA TOTALE: 249,7 cc
COMPRESSIONE: 5,3:1
POTENZA DICHIARATA: 8,7 CV a 5.500 giri/min
ACCENSIONE: a spinterogeno (in alcuni esemplari a
magnete)
CARBURATORE: Dell’Orto SB 22, diffusore da 22 mm
FRIZIONE: dischi multipli in bagno d’olio
CAMBIO: 4 rapporti
TRASMISSIONE PRIMARIA: ingranaggi
TELAIO: monotrave a culla semplice aperta compostodalla parte anteriore in lamiera stampata e da quella
centrale in lega leggeraSOSPENSIONE ANTERIORE: forcella a parallelogram-ma in lamiera stampata e mollone centraleSOSPENSIONE POSTERIORE: forcellone oscillante consemibalestra e ammortizzatori a frizioneFRENI: anteriore e posteriore a tamburo centrale condiametro di 170 mmRUOTE: a raggi con cerchi di ferro 19 x 2,5PNEUMATICI: anteriore e posteriore 3,00 x 19PESO DICHIARATO: 150 kg a vuotoCAPACITÀ SERBATOIO: 13 lt. (1 di riserva)
In alto, il mozzo anteriore ritratto dal lato sinistro. Si noti il per-
no della ruota con l'appendice per lo smontaggio rapido.
I mozzi delle ruote, realizzati in lega leggera, sono intercambia-
bili fra di loro; sono infatti ben visibili, anche su quello anteriore,
i fori di alloggiamento del parastrappi della corona. La parte
centrale dei cerchi era elegantemente verniciata con lo stesso
colore rosso di tutta la carrozzeria.
La forcella anteriore a parallelogramma ammortizza le asperità del tracciato grazie al m
lone centrale che si intravede nella foto.
SCHEDA TECNICA SERTUM 250 VL-4
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A fianco, una dell
250 VT Sport foto
grafata alla fine d
la Sei Giorni del
1939 che si svolse
Germania (foto dalibro “Moto Ser-
tum”).
Nella pagina prece
dente in basso a d
stra, la 250 VL-4 q
nella foto ufficiale
diffusa all’epoca:
venne prodotta da
1948 al 1951 (fot
dal libro “Moto Se
tum”).
Qui sopra, ecco come la motocicletta... era stata rimessata... insieme ad alcune parti di una Sertum 500. Una volta caricata sul furgone, inizia l’operazione r
stauro. Sotto, il serbatoio nello stato in cui si trovava all’atto del ritrovamento e con le misurazioni fatte per ricostruirne la grafica.