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Società Italiana di MEDICINA GENERALE Periodico bimestrale. Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 conv.in L.27/02/2004 n°46 art.1, comma 1, DCB PISA Aut. trib. di Firenze n. 4387 del 12-05-94 - IR - IP - Contiene Supplemento Tinea 5-ARI e LUTS/IPB Ipertrofia ventricolare sinistra (IVS) Tabagismo ISSN 1724-1375 6 Dicembre 2012 www.simg.it

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Ipertrofia ventricolare sinistra (IVS)

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Rivista Società Italiana di Medicina GeneraleDisease managementTinea della cute glabra e tinea incognita: dalla clinica alla terapiaM. T. Corradin, R. Falanga ................................................................................. 3

Esperienze e ricerche in MGDecalogo sull’utilizzo dei 5-ARI nella pratica clinica: nuove evidenze e indicazioni utiliS. Campo, A. Sessa .......................................................................................... 9

Nuove tematicheMedicina Generale, multimorbilità e politerapia nei pazienti anzianiS. Giustini ...................................................................................................... 11

Politica sanitariaAssistenza primaria. Non originali riflessioni a margine del 29° Congresso SIMGS. Giustini ...................................................................................................... 15

Focus onLo screening dell’ipertrofia ventricolare sinistra (IVS) nell’ambulatorio del medico di medicina generale mediante l’uso di un software di interpretazione multiparametricoP. Peruzzi, D. Torneo, G. Cioffi .......................................................................... 18

Focus onI medici di assistenza primaria e gli assistiti fumatori. Un’indagine dell’ASL di Bergamo sull’approccio al tabagismoM. Cremaschini, R. Moretti, G. Brembilla, M. Zappa, L. Donzelli, M. Gatti, M. Mazzoleni, L. Mapelli, V. Russo, M. Sorlini, P. Pini, D. Franchin, E. Staffiere, L.A Perego, G. Barbaglio ................................................................................. 24

Congress ReportMigliorare le cure in un periodo di crisi: mission impossibile? .......... 28

Inserto specialeHS-Newsletter

Finito di stampare presso le Industrie Grafiche della Pacini Editore S.p.A. - Dicembre 2012Rivista stampata su carta TCF (Total Chlorine Free) e verniciata idro. L’editore resta a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare e per le eventuali omissioni.Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, Corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, [email protected], http://www.aidro.org.I dati relativi agli abbonati sono trattati nel rispetto delle disposizioni contenute nel D.Lgs. del 30 giugno 2003 n. 196 a mezzo di elaboratori elettronici ad opera di soggetti appositamente incaricati. I dati sono utilizzati dall’editore per la spedizione della presente pubblicazione. Ai sensi dell’articolo 7 del D.Lgs. 196/2003, in qualsiasi momento è possibile consultare, modificare o cancellare i dati o opporsi al loro utilizzo scrivendo al Titolare del Trattamento: Pacini Editore S.p.A. - Via A. Gherardesca 1 - 56121 Ospedaletto (Pisa).

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Tinea della cute glabra e tinea incognita: dalla clinica alla terapia

Maria Teresa Corradin1, Rosario Falanga2

1 Dirigente Medico di 1° livello, U.O. di Dermatologia A.O.S.M.A. Pordenone; 2 Medico di Medicina Generale, ASS 6 Pordenone, Ricercatore Health Search

3Rivista Società Italiana di Medicina Generalen.6>>> dicembre 2012

te internazionalmente con il termine latino tinea (=  verme o larva di insetto), seguito dalla specificazione, sempre in lingua lati-na, del sito anatomico parassitato (tinea barbae, tinea corporis, tinea capitis ecc.). Si parla di “tinea incognita” in presenza di un’infezione fungina che ha perso in parte o del tutto le sue caratteristiche cliniche tipi-che, in genere a causa di un trattamento protratto con steroidi topici potenti. Questo termine, usato per la prima volta da F.A. Ive e R. Marks nel 1968  2, fa quindi rife-rimento a una manifestazione cutanea di tipo infiammatorio, mimante altre affezioni dermatologiche, ma non somigliante a una micosi 3 8 16.

Introduzione I funghi o miceti sono microrganismi larga-mente diffusi in natura. Essi vivono come saprofiti negli strati superficiali del suolo e nel materiale organico in decomposizio-ne o, come commensali, in vari organismi animali. Delle centinaia di migliaia di spe-cie descritte solo alcune centinaia sono in grado di produrre malattie nell’uomo; il ter-mine utilizzato per indicare queste infezioni è quello di micosi. Le micosi vengono distin-te a loro volta in superficiali, profonde (rare alle nostre latitudini) e micosi sistemiche, provocate o da veri patogeni o da funghi opportunisti. I funghi vengono suddivisi in tre categorie: dermatofiti, lieviti (forme uni-cellulari) e muffe (forme pluricellulari). I der-matofiti si distinguono dagli altri miceti per la loro capacità di demolire la cheratina con-tenuta nei tessuti epidermici, nei peli e nelle unghie 1 e sono classificati come antropo-filici, zoofilici, o geofilici, in relazione al loro normale habitat. I dermatofiti antropofilici sono tipici degli esseri umani, gli organismi zoofilici si riscontrano principalmente sugli animali e sono causa di importanti reazioni infiammatorie negli esseri umani, mentre le specie geofiliche si trovano generalmente nel terreno e solo occasionalmente cau-sano infezione su esseri umani o animali. I dermatofiti vengono a loro volta suddivisi in tre gruppi: Microsporum, Trichophyton e Epidermophyton. Si designano invece come dermatofitosi le infezioni provocate dai soli dermatofiti; esse vengono denomina-

I dati di Health Search

Le dermatomicosi sono una patologia diffusa tra la popolazione normale e rappresentano un capitolo rilevante per l’attività del medi-co di medicina generale (MMG). Dall’analisi dei dati al 31.12.2011 di Health Search (Istituto di Ricerca della Società Italiana di Medicina Generale, che conta circa 1.000 MMG ricercatori con 2.185.572 pazienti presenti nel database), esse risultano avere una prevalenza del 8,6% per le femmine e del 6% per i maschi, con un picco tra i 65 e i 75 anni (Fig. 1).Se consideriamo il solo 2011, l’inciden-za di queste affezioni, risulta 8,5% per le

Figura 1.

Dermatomicosi, prevalenza per sesso e fascia di età al 31.12.2011.

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Disease management M.T. Corradin, R. Falanga

4 Rivista Società Italiana di Medicina Generale

femmine e 5,2% per i maschi, sempre con un picco di incidenza tra i 65 e i 75 anni (Fig. 2).I dati sopra segnalati non ci permettono però di distinguere tra le forme di micosi indotte da lieviti e quelle da dermatofiti, ma i dati di letteratura ci indicano che le infezioni da dermatofiti costituiscono circa il 35-40% di tutte le micosi superficiali. Non sempre il MMG ricorre alla consu-lenza dermatologica per confermare la diagnosi di tinea. Per i pazienti prevalenti al 31.12.2011 è stata richiesta una visi-ta specialistica nel 3,9% dei casi, mentre solo nell’1,23% è stato richiesto un esame micologico diretto e/o colturale da campio-ni biologici diversi (squame cutanee, peli, frammenti ungueali, ecc.).Difficile invece stendere una stima reale sull’incidenza della tinea incognita non essendo codificata nel software Millewin (cartella clinica computerizzata orien-tata per problemi) che utilizzano i MMG ricercatori di Health Search; nell’analisi al 31.12.2011 dei dati di Health Search è stata descritta quale problema su campo libero in soli tre casi. Da studi epidemiologi-ci rappresenterebbe circa l’8-9% di tutte le forme di micosi.

Gli aspetti cliniciLe infezioni fungine vengono anche distin-te, in base alle strutture cutanee coinvolte, in micosi delle parti glabre, dei peli e delle unghie. Tre sono le modalità con cui posso-

no venire contratte: 1) contagio diretto (ani-male-uomo, uomo-uomo, ambiente-uomo), 2) contagio indiretto (indumenti, oggetti), 3) autoinoculazione (da focolai misconosciuti, ad es. unghie). Il quadro clinico delle infezioni superficia-li da dermatofiti si caratterizza per la sua sostanziale uniformità di presentazione e di evoluzione, con alcune differenze legate alle sedi corporee interessate e al modo con cui è avvenuta l’infezione.La tipica lesione in corso di dermatofitosi della cute glabra è una chiazza eritematosa, talvolta con forma ad anello, a margini netti, che tende progressivamente a estendersi in modo centrifugo, caratterizzata dalla pre-senza di vescicole e pustole alla periferia, mentre la parte centrale è spesso squamo-sa, ma meno arrossata. Generalmente la chiazza è singola o sono presenti un nume-ro limitato di elementi; le sedi di localizza-zione sono le zone scoperte più facilmente accessibili, a eccezione dei casi di auto inoculazione, provocati dal grattamento da parte di unghie cariche di materiale paras-sitato, in cui le lesioni sono multiple e inte-ressano prevalentemente le parti coperte. Sono molte le possibili diagnosi differenziali, ma la pitiriasi rosea di Gibert è quella che può porre più problemi. Questa eruzione si presenta inizialmente con una singola chiazza eritemato-squamosa (la chiazza madre), simile a una tinea della cute gla-bra, ma con minor aspetti infiammatori ed è seguita dopo alcune settimane dalla comparsa di multiple lesioni simili alla pre-

cedente, ma di dimensioni ridotte, che si localizzano prevalentemente al tronco. Gli aspetti clinici invece della tinea incognita sono variabili da paziente a paziente, dipen-dono dalla sede cutanea coinvolta, dagli eventuali precedenti trattamenti instaurati e dal tempo che intercorre tra l’insorgenza della patologia e la diagnosi. Da sottolinea-re in particolare l’effetto degli steroidi topici o sistemici  9 sulle lesioni, specie se il loro utilizzo viene protratto nel tempo, che indu-cono un miglioramento iniziale sull’eritema e sul prurito, ma ne provocano una recidiva non appena viene sospeso l’uso 13. Lo stes-so effetto può essere indotto da una nuova classe di farmaci ad azione antiinfiammato-ria topica, gli inibitori della calcineurina 14 15, usati per il trattamento della dermatite ato-pica, della vitiligine e della psoriasi.Tutte le malattie possono venire simulate, ma più spesso troviamo quadri che ricor-dano la psoriasi 6 7, la rosacea, la dermatite seborroica, il lupus eritematoso fisso discoi-de (LED) 3, la porpora, la fotodermatite 4, il lichen ruber planus, la sclerodermia, l’erite-ma cronico migrante 1. Particolare attenzio-ne deve poi essere posta a lesioni del viso; infatti la tinea faciei è relativamente rara, comparata con le altre forme di tinea, ma spesso viene osservata in forme atipiche, specie quando insorge in bambini e giovani adulti. Ma la patologia che in assoluto più frequen-temente viene confusa con la tinea incogni-ta è l’eczema 5 nelle sue possibili varianti: dermatite da contatto, dermatite atopica, eczema da stasi, eczema nummulare 12.Abitualmente la tinea non si associa a

Figura 2.

Dermatomicosi, incidenza anno 2011 per sesso e classi di età.

Figura 3.

Lesione micotica tipica “ad anello”.

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5Rivista Società Italiana di Medicina Generale

importante sintomatologia generale, ma tal-volta viene segnalata la presenza di prurito o bruciore in loco 11.

La diagnosi Se in base agli elementi clinici viene posto il sospetto di tinea, la natura micotica dell’affezione cutanea deve sempre esse-re confermata dagli esami di laboratorio. Solo l’esame micologico è infatti dirimente, permette di evidenziare la presenza di ife e/o spore e di isolare il ceppo responsabile dell’infezione fungina. Per l’esame diretto si preleva del materiale squamoso dalla zona sospetta, grattando dalla parte più periferi-ca delle lesioni, con un bisturi e/o con un cucchiaio tagliente e raccogliendo numero-se squame (almeno 30-50) e deponendole sopra un vetrino sul quale poi si aggiun-ge una goccia di reagente, generalmente l’idrossido di potassio. Osservando il vetrino al microscopio, i dermatofiti appaiono come lunghe catenelle che si intersecano l’una con l’altra. Con l’esame micologico diretto si riesce quindi a eseguire una diagnosi “presuntiva” di dermatofitosi che comun-que sarà utilissima al dermatologo al fine di instaurare una pronta e corretta terapia anti-fungina. Per l’esame colturale il mate-riale squamoso prelevato dalle aree sospette

viene depositato su una piastra contenente un terreno di cultura. I terreni più usati sono le modificazioni del terreno di Sabouraud-glucosio-agar, ottenuti aggiungendo anti-biotici (penicillina G, gentamicina solfato, streptomicina, cloramfenicolo) per evitare l’inquinamento batterico e cicloeximide per evitare la contaminazione delle muffe. La crescita avviene abitualmente dopo 3-4 settimane e dalla morfologia macroscopica e microscopica delle colonie è possibile l’identificazione del dermatofita patogeno. Un’avvertenza importante: se il trattamento steroideo è stato protratto nel tempo ed è ancora in corso al momento dell’esame, la ricerca del micete può risultare negativa. La mancata dimostrazione degli elementi miceliali in una lesione sospetta può essere legata a più fattori: a) il materiale insuffi-ciente per la limitata presenza di squame b) il prelievo eseguito su zone meno attive c) l’area da indagare apparentemente limitata. Per una corretta esecuzione dell’esame è perciò utile sospendere il trattamento topico per alcuni giorni (5-7 giorni), affinché il qua-dro cutaneo si riacutizzi e l’esame possa essere attuato nelle condizioni tecniche migliori. In presenza di un esame micologi-co positivo, se le lesioni sono grandi e mul-tiple o viene interessato il cuoio capelluto,

è indicato richiedere anche una consulenza dermatologica.In Italia e nell’Europa centro-meridionale le specie dermatofitiche più frequentemente isolate sono rispettivamente: il Trichophyton rubrum, il Trychophton mentagrophytes var mentagrophytes, il Trichophyton menta-grophytes var interdigitale, il Trichophyton violaceum, che sono germi antropofili, il Microsporum canis e l’Epidermophyton floccosum, che sono germi zoofili e le cui fonti sono gli animali (cani, gatti, conigli) e Microsporum gypseum, che è geofilo e provene dal terreno. Il Trichophyton rubrum è il più frequente germe isolato in corso di dermatomicosi verosimilmente perché è il più comune dermatofita antropofilico nel mondo. Questi dati inoltre confermano come la sorgente dell’infezione in corso di dermatomicosi sia prevalentemente umana.Da qualche anno, con l’avvento di lavora-tori e di migranti provenienti soprattutto da paesi in via di sviluppo, sono state isolate alcune specie, un tempo presenti sul nostro territorio, ma da qualche decennio di fatto scomparse, quali il Trichophyton violaceum, il Trichophyton tonsurans e Microsporum audouinii.

La terapiaLe micosi cutanee non guariscono spon-taneamente e i tempi di guarigione sono spesso lunghi 17. Se la lesione è unica e in sedi facilmente accessibili, è sufficien-te l’impiego di presidi antimicotici di uso topico contenenti azolici o allilamine, che debbono essere applicati quotidianamente. Il meccanismo d’azione degli azoli consiste nell’inibire la sintesi dell’ergosterolo nelle membrane cellulari fungine micotiche, le allilamine agiscono sulla stessa via meta-bolica, ma a uno stadio più precoce, iniben-do l’enzima squalene epossidasi. I principali azolici sono quelli riportati in Tabella I.

Tabella i.

Principali azolici a uso topico.

Bifonazolo Clortrimazolo

EconazoloFenticonazoloKetoconazolo

MiconazoloOxiconazoloSulconazolo

Sertaconazolo Tioconazolo

Figura 4.

Lesione micotica tipica all’avambraccio.

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6 Rivista Società Italiana di Medicina Generale

Le allilamine utilizzate sono la naftifina e la terbinafina. Altri antifungini topici sono la ciclopiroxolamina, la butenafina, il tolnaf-tato. Questi prodotti sono presenti in com-mercio in diverse formulazioni: dalla crema, più indicata per le zone più localizzate e senza peli, alla soluzione spray o dalla schiuma, che sono più pratici per trattare le zone ricoperte da peli e quelle più estese del corpo (schiena, spalle, tronco) e ancora

Figura 5.

Lesione micotica atipica simulante una dermatite atopica.

Figura 6.

Lesione micotica atipica simulante una dermatite seborroica.

alla polvere, che per la sua caratteristica di assorbire il sudore è sicuramente adatta nelle sedi di macerazione come le pieghe. La terapia va protratta per 2-3 settimane, ma nei casi più severi, in presenza di lesioni multiple, in pazienti immuno-compromessi o in sedi particolari e poco accessibili è indi-spensabile associare al trattamento topico un farmaco sistemico. I farmaci sistemici attualmente più usati sono l’itraconazolo, la

terbinafina, la griseofulvina e il fluconazolo. L’itraconazolo è un farmaco di indubbia effi-cacia, ma può presentare effetti collaterali, anche gravi. Viene metabolizzato nel fegato dove interagisce con vari sistemi enzimati-ci, modificando la sua concentrazione può interferire con farmaci antiaritmici, con i farmaci che agiscono sulla coagulazione, con le statine e con gli antidiabetici orali. Ha dimostrato inoltre di avere un effetto inotropo negativo perciò non deve essere utilizzato in pazienti affetti da insufficienza cardiaca congestizia, in presenza di malat-tia polmonare cronica ostruttiva, di insuffi-cienza renale e di altri disordini edematosi. Può inibire il metabolismo dei calcio anta-gonisti, pertanto è necessario monitorare il paziente che assume contemporaneamente questi farmaci. Viene impiegato nell’adulto al dosaggio di 200 mg al giorno in unica somministrazione a stomaco pieno e il trat-tamento va proseguito per 2 settimane. I dati sull’uso pediatrico del farmaco sono limitati, pertanto il suo impiego deve essere destinato solo a quei bambini in cui il bene-ficio atteso superi il rischio potenziale; non può invece essere utilizzato in gravidanza. La terbinafina possiede un’azione multi-pla, interferisce con la polimerizzazione dei microtubuli, impedendo la formazione del fuso mitotico e la duplicazione cellulare e inibisce la sintesi della chitina della parete cellulare. Il farmaco va assunto nell’adulto alla dose di 250 mg al giorno per 2 setti-mane, ma il dosaggio va ridotto in caso di insufficienza renale. La clearance plasmati-ca della terbinafina può essere accelerata da preparati stimolanti il metabolismo (quali la rifampicina) e inibita da farmaci inibitori del citocromo P450. Anche la terbinafina non deve essere somministrata durante la gravidanza o in allattamento, perché secre-ta nel latte materno. A differenza degli altri azolici non interferisce con il citocromo P450 e perciò non viene inibita la sintesi di steroidi nelle surrenali e nelle gonadi e di prostaglandine. La griseofulvina è indica-ta specialmente in caso di coinvolgimento delle strutture pilifere, negli adulti come nei bambini, al dosaggio di 20-25 mg/kg/die. Il trattamento deve essere protratto per alme-no 4-6 settimane, perché il farmaco esplica un’azione fungistatica e non fungicida. La griseofulvina può provocare fotosensibi-

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Disease managementTinea della cute glabra e tinea incognita: dalla clinica alla terapia

7Rivista Società Italiana di Medicina Generale

lizzazione, perciò va assunta con cautela nel periodo estivo, evitando possibilmente l’esposizione alla luce solare naturale o artificiale. Gravidanza, porfiria, insufficienza epatica, ipersensibilità individuale verso i componenti del prodotto sono le controin-dicazioni all’utilizzo del farmaco. Attenzione anche alla possibile esacerbazione del lupus eritematoso sistemico. La griseofulvina infi-ne può determinare induzione enzimatica e interferire con la somministrazione di altri farmaci; in particolare può venir ridotta l’at-tività degli anticoagulanti cumarinici e dei contraccettivi orali. Il fluconazolo può essere utilizzato già dal primo periodo di vita, è un farmaco maneggevole, disponibile anche in sospensione orale. Deve però essere som-ministrato con cautela nei pazienti con un prolungamento del QT, con squilibri elettro-litici e nei pazienti con marcata bradicardia, aritmia cardiaca o grave insufficienza car-diaca. Sono possibili interazioni con molti farmaci; la somministrazione concomitan-te di cisapride, terfenadina o astemizolo è controindicata come quella con sostanze attive metabolizzate dal citocromo P450, perché i loro livelli plasmatici possono mar-catamente aumentare. Cautela anche con gli anticoagulanti orali; si sono verificati rari casi con un aumento delle emorragie e un prolungamento dei tempi tromboplastinici. Sono state raramente segnalate reazioni cutanee esfoliative, come la sindrome di Stevens-Johnson e la necrolisi epidermica tossica.

Misure igieniche da affiancare alla terapia farmacologicaLe dermatofitosi sono patologie conta-giose e diffusive, perciò vanno soggette a obbligo di denuncia da parte del sani-tario, con segnalazione anche della even-tuale scuola o comunità frequentata dal paziente. La riammissione a tali strutture è vincolata all’attuazione del trattamento, ma è sufficiente un solo giorno di terapia generale perché il paziente non venga più considerato contagioso. È importante la ricerca di un’eventuale fonte di contagio sia animale, facendo controllare accurata-mente dal veterinario gli animali domestici, che umana, cercando nel paziente stesso sorgenti nascoste di micosi, come la sede

Figura 7.

Lesione micotica atipica simulante una psoriasi.

Figura 8.

Lesioni micotiche estensive alle cosce.

ungueale. Gli animali malati costituiscono un problema di salute pubblica poiché i dermatofiti da questi isolati sono agenti di zoonosi. Ad esempio il Microsporum canis è un frequente agente causale di tinea in Italia, ma nonostante il nome, questa infe-zione zoofila è quasi sempre causata dal gatto. Sono soprattutto i gatti randagi a essere affetti da tinea, ma talvolta anche i gattini provenienti da allevamenti e vendu-

ti in negozi specializzati, possono risultare ammalati. Il Trichophyton verrucosum inve-ce viene isolato soprattutto nei bovini, men-tre il Trichophyton mentagrophytes da vari ospiti, ma soprattutto da roditori e lagomor-fi. Il trattamento, topico o topico e sistemico, deve anche essere affiancato da misure di igiene e profilassi personale e ambientale. È necessario sterilizzare indumenti, bianche-ria ed effetti letterecci contaminati, ma è

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Disease management M.T. Corradin, R. Falanga

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anche utile un’accurata pulizia dell’ambien-te familiare, in particolare del luogo in cui ha soggiornato un animale affetto da tinea. Infatti i funghi sono organismi assai versatili e possono sopravvivere anche in condizioni estreme, come in ambienti con pH molto acidi e con basse temperature.

Conclusioni I dermatofiti sono in grado di provocare un’infezione che può variare di intensità, in relazione alle difese immunitarie dell’ospi-te, al grado di virulenza del ceppo micoti-co, alla sede di localizzazione della lesione, alla risposta verso i prodotti metabolici del fungo e ai fattori ambientali. A causa dell’in-cremento delle infezioni fungine e degli auto-trattamenti con topici steroidei, alcu-

ne forme non vengono correttamente dia-gnosticate, in particolare le lesioni del viso, specie nei bambini e nei giovani adulti. Per confermare la diagnosi di micosi e cercare di risalire alla causa dell’infezione, è neces-sario allestire l’esame micologico. La tera-pia successivamente instaurata deve esse-re topica per i casi lievi, topica e sistemica per le forme più severe. Per i casi dubbi o in caso di mancata risposta terapeutica è utile la consulenza dello specialista dermatologo. Una volta che la terapia è stata impostata in modo corretto, il MMG deve vigilare affinché il paziente attui il trattamento suggerito per il tempo necessario a eradicare l’infezione e che metta in atto le misure di disinfezione per prevenire le recidive, non dimentican-do di fare sempre controllare gli animali domestici. Un importante suggerimento per

il paziente è far controllare preventivamente dal veterinario gli animali domestici prima che vengano portati a casa, in particolar modo quelli la cui provenienza non è nota, ma è utile anche sconsigliare “coccole” a gatti e cani incontrati per strada. Gli animali ammalati naturalmente non vanno soppres-si, ma possono essere curati con efficacia con gli stessi farmaci utilizzati per l’uomo.La diagnosi di tinea e in particolare quella di tinea incognita può essere impegnativa anche per un medico preparato, ma una dia-gnosi errata comporta un trattamento inap-propriato e una possibile estensione dell’in-fezione micotica, per cui è necessario che il MMG ponga attenzione alla clinica, alla storia del paziente, ma anche esegua gli accerta-menti diagnostici necessari all’identificazione dell’agente causale della malattia.

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MG

Decalogo sull’utilizzo dei 5-ARI nella pratica clinica: nuove evidenze e indicazioni utili

Salvatore Campo, Aurelio SessaMedici di Medicina Generale, SIMG

9Rivista Società Italiana di Medicina Generalen.6>>> dicembre 2012

e del foglietto illustrativo dei farmaci 5-ARI nell’indicazione approvata del trattamento dei LUTS/IPB.La commissione, con il contributo scientifi-co della Direzione Medica GlaxoSmithKline, ha prodotto un documento di consenso composto da:• sintesi delle evidenze scientifiche

disponibili in merito alla problematica in oggetto;

• suggerimenti sull’uso della terapia per i LUTS/IPB e sulle valutazioni del PSA in corso di trattamento con 5-ARI;

• risposte a tre delle domande che più frequentemente potrebbero porre i pazienti a cui viene consigliata una terapia con 5-ARI.

Il documento è stato vagliato e approvato anche da SIUT e SNAMID.La commissione si è inoltre proposta di approfondire le problematiche emerse attraverso una revisione della letteratura, per produrre un documento finale da sotto-porre a pubblicazione previa revisione.

Evidenze1. I 5-ARI, in monoterapia o in combina-

zione con α-litici, riducono il rischio di progressione di malattia rispetto al pla-cebo e alla monoterapia con α-litici in modo clinicamente rilevante.

2. La monoterapia con α-litici non modi-fica la progressione della malattia nel lungo termine.

3. La terapia di combinazione 5-ARI/α-

Gli studi Reduce e CombAt, il primo sulla chemio-prevenzione del cancro prostatico con dutasteride versus placebo e il secon-do che confronta gli effetti delle terapie per l’IPB con la dutasteride 0,5 mg (n = 1623) e la tamsulosina 0,4 mg (n  =  1611) una volta al giorno da sole e in combinazione (n  =  1610), hanno portato delle novità, alcune delle quali con possibili inferenze nell’attività clinica della medicina generale. La SIMG, assieme a Società Scientifiche Urologiche e della Medicina Generale, è stata recentemente chiamata a contribuire ai lavori di una commissione di esperti che ha esitato un documento di consenso che ha tenuto conto anche delle nuove evidenze scientifiche, delle problematiche sollevate dalle valutazioni degli enti regolatori ame-ricani ed europei e del successivo cambia-mento della scheda tecnica e del foglietto illustrativo dei farmaci 5-ARI (inibitori della 5-alfa-reduttasi) nell’indicazione approvata del trattamento dei LUTS/IPB. Si propone il testo del documento di con-senso.

Documento di consensoSi è recentemente riunita a Milano una commissione di esperti rappresentanti delle società scientifiche urologiche italia-ne (AURO e SIU) e della medicina generale (SIMG, SIICP), per affrontare la problema-tica sollevata dalle valutazioni degli enti regolatori americani ed europei e dal suc-cessivo cambiamento della scheda tecnica

litici nei pazienti con LUTS correlati all’IPB (LUTS/IPB) a rischio di progres-sione (volume prostatico ≥  30  ml e/o PSA ≥ 1,5 ng/ml) determina un miglio-ramento della qualità di vita, dei sintomi e dei parametri oggettivi (flusso massi-mo) rispetto alle monoterapie.

4. Durante la terapia con 5-ARI il PSA tota-le mantiene/migliora la sua accuratezza diagnostica utilizzando come parametro di riferimento il valore di nadir, cioè il valore di PSA più basso riscontrato.

5. Il valore di nadir può essere raggiunto dopo un tempo variabile tra 6 e 36 mesi dall’inizio del trattamento. Negli studi è stato identificato con valutazioni seme-strali del PSA.

6. Gli effetti collaterali più frequenti dei 5-ARI coinvolgono la sfera sessuale, compaiono soprattutto nei primi 6-12 mesi di terapia e hanno un’incidenza relativamente bassa (8%).

7. Negli studi su pazienti con LUTS/IPB non si è riscontrata una maggiore inci-denza di carcinomi della prostata nei soggetti trattati con 5-ARI.

8. Negli studi di chemioprevenzione del tumore prostatico si è riscontrata una diminuzione relativa del rischio di svi-luppare tumori prostatici del 25% e un modesto aumento di carcinomi ad alto grado (in termini assoluti dello 0,3-0,8%).

9. Non è possibile stabilire il rapporto causa effetto tra 5-ARI e sviluppo di tumori prostatici di alto grado.

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Esperienze e ricerche in MG S. Campo, A. Sessa

10 Rivista Società Italiana di Medicina Generale

10. Si conferma il favorevole bilancio rischio/beneficio della terapia dei LUTS/IPB con 5-ARI.

Indicazioni per l’utilizzoNei pazienti con LUTS/IPB a rischio di pro-gressione è preferibile:1. utilizzare i 5-ARI;2. utilizzare la terapia di combinazione con

α-litici per ottenere la migliore efficacia.PSA in corso di trattamento con 5-ARI:1. per la corretta interpretazione del PSA

totale la terapia con 5-ARI non dovreb-be essere interrotta;

2. iniziando una terapia con 5-ARI il valo-re del nadir del PSA è il parametro più importante da valutare;

3. in caso di rialzo confermato del PSA sopra il nadir, in particolare in presen-za di fattori di rischio, dovrebbe essere valutata l’opportunità di una biopsia prostatica, analogamente a quanto avviene per i pazienti non in terapia con 5-ARI e valori di PSA sospetti;

4. dopo l’inizio della terapia con 5-ARI un primo dosaggio del PSA andrebbe eseguito a sei mesi e successivamente

ad intervalli regolari. Inoltre dovrebbe essere valutata anche l’aderenza del paziente al trattamento prescritto;

5. non esistono dati definitivi sulla frequen-za ottimale dei dosaggi del marcatore, tuttavia la pratica clinica corrente utilizza una valutazione almeno annuale.

FAQ: come rispondere alle possibili domande del paziente con 5-ARI

Ho letto che il farmaco influenza il PSA; se prendo il farmaco rischio che la diagnosi di un tumore della prostata sia ostacolata?È esattamente il contrario; in corso di tera-pia con 5-ARI il PSA funziona meglio e la diagnosi di un tumore della prostata è faci-litata. Il dosaggio regolare del PSA permet-terà di identificare entro i prossimi 2-3 anni il suo valore più basso e di interpretare gli eventuali aumenti.

Ho letto che il farmaco influenza il PSA; quando faccio il controllo devo sospendere la terapia?Assolutamente no, sospendendo la terapia si altera il valore del PSA e la possibilità di

interpretarlo, perdendo così il vantaggio del miglior funzionamento del PSA in corso di trattamento con 5-ARI e comportandole il rischio di essere sottoposto a delle biopsie prostatiche inutili.

Ho letto che se prendo il farmaco corro il rischio di sviluppare un tumore aggressivo della prostata; è vero? Perché me lo pre-scrive lo stesso?Su questo tema c’è una grande attenzione da parte della comunità scientifica che ritie-ne che il rischio in realtà non sussista e che il dato sia indotto dalla riduzione del volume della prostata causata dal farmaco.La correlazione tra terapia e rischio di tumo-re aggressivo della prostata non è chiara, pur non potendolo escludere con certezza; in termini assoluti questo rischio è basso e ben compensato dai vantaggi della terapia. Il dato è stato identificato in uno studio di chemioprevenzione in pazienti a rischio di tumore prostatico ma non è mai emerso in alcuno degli studi con 5-ARI in pazienti con IPB. Il bilancio globale beneficio/rischio resta favorevole per i 5-ARI e per la terapia di combinazione (così come avviene con farmaci di uso anche molto comune e con profilo di tossicità più pesante).

Censimento conoscitivo dei ricercatori SIMG

Caro Collega,

nel corso degli ultimi anni i processi di ricerca e sviluppo dei farma-ci hanno visto un marginale contributo della Medicina Generale e pochissimi sono stati gli studi che già in fase pre-registrativa hanno coinvolto il medico di medina generale (MMG), a differenza di quanto invece accaduto per la ricerca epidemiologica e osservazionale.Le mutate condizioni legate all’assistenza sanitaria e la richiesta sempre più pregnante di un più attento impegno delle risorse, com-porta inevitabilmente la necessità di ottenere un numero maggiore di dati provenienti dalla ricerca quali-quantitativa come ad esempio studi sull’aderenza e sulla persistenza delle terapie farmacologiche per i pazienti cronici e sugli outcome clinici. La Medicina Generale in questo nuovo contesto deve assumere un ruolo da protagonista.SIMG ha fatto della ricerca una mission che ha sempre persegui-to consapevole del fatto che possa e deve essere parte integrante dell’assistenza quotidiana. Se è vero l’aforisma che dice che dove si fa ricerca si cura meglio, la curiosità nei confronti degli eventi quotidiani e la volontà di siste-matizzare i dati che ogni giorno si raccolgono, devono essere parte integrante del nostro lavoro a servizio della Medicina Generale e della Comunità Scientifica.

Ne sono testimoni gli studi svolti e gli articoli scientifici pubblica-ti che provengono da due importanti reti create da SIMG che atti-vamente lavorano nel quotidiano a questo scopo (HealthSearch e Pharmasearch). SIMG ritiene che la rete di questi medici debba essere rivitalizzata con nuovi stimoli di ricerca che provengono dalle proprie aree clini-che, dalle istituzioni sia italiane sia straniere sia dall’industria farma-ceutica per nuovi fronti di ricerca clinica.SIMG ha predisposto un questionario conoscitivo rivolto ai propri soci che ha lo scopo di creare un database in grado di profilare i ricercato-ri sulla base della loro esperienza, della loro organizzazione, delle loro aspirazioni affinché al ricercatore possa essere affidata una ricerca su misura e conforme alle sue peculiari caratteristiche.L’adesione alla rete è aperta a tutti i MMG della nostra Società Scientifica e pertanto, se sei interessato a far parte di questo gruppo di medici, ti chiediamo di compilare il questionario che trovi sul sito www.simg.it (censimento conoscitivo dei ricercatori SIMG)Tutti i dati raccolti ci permetteranno di creare una rete di medici sud-divisi per area geografica, disponibilità di ruolo all’interno della rete e interesse a specifiche tipologie di studio.

Claudio Cricelli Ovidio Brignoli Aurelio SessaPresidente SIMG Presidente Responsabile Fondazione SIMG Ricerca Clinica SIMG

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Medicina Generale, multimorbilità e politerapia nei pazienti anziani

Saffi Giustini1, Sophie Thiry2 1 Medico di Medicina Generale, ASL 3 Pistoia; Consulente farmaco Regione Toscana, Area Politiche del Farmaco SIMG; 2 Medico di Medicina Generale, Asciano ASL 7 Siena, SIMG

11Rivista Società Italiana di Medicina Generalen.6>>> dicembre 2012

Cosa succede nelle cure primarieUn’analisi inerente il mondo delle Cure Primarie giunge da un lavoro scozzese, il primo a essere stato compiuto su così larga scala, condotto dal Gruppo di ricerca dell’Università di Dundee (UK) per la Qualità, Sicurezza e Informatica del Centro di Cure Primarie. A partire dal database dell’Università di Aberdeen, sono stati estratti i dati di 1,76 milioni di pazienti in carico a 315 medici di famiglia. 139.404 soggetti, pari al 7,9%, sono stati definiti potenzialmente a rischio

Antefatto Che la popolazione generale sia sempre più anziana, affetta da comorbilità e quindi sog-getta a politrattamenti è tema ormai noto nella pratica clinica quotidiana. Al contrario meno sedimentata è la consapevolezza che la politerapia nell’anziano rischia di essere pericolosa se non addirittura fatale.Ormai da tempo la programmazione sani-taria cerca di realizzare processi e proce-dure di farmacovigilanza, sviluppati a livello nazionale e regionale, in modo organico e trasversale, da un lato per la tutela e la sal-vaguardia del paziente, dall’altro per dotare il personale sanitario di uno strumento di governance della spesa sanitaria in termini di over prescription e di reazioni avverse a farmaco (ADR).Secondo i dati e le proiezioni epidemiologici (Eurostat 2008), si aspetta che nel 2060, i soggetti ultrasessantacinquenni posso-no arrivare a rappresentare il 30% della popolazione totale europea (dal 17% nel 2008) e che il numero degli ultraottantenni triplicherà, per raggiungere il 12,14% della popolazione totale europea (rispetto a 4,4% nel 2008).L’aumento della speranza di vita si accom-pagna di un numero crescente di pazien-ti anziani con copatologie da gestire per periodi più lunghi e di un notevole costo per il sistema sanitario. In Italia, il rapporto OSMED del 2011 indica che la popolazione di più di 65 anni assorbe il 60% della spesa sanitaria.

di ADRs per età, comorbilità e co-prescri-zione farmacologica. Sulla base di 15 indicatori espliciti definiti da un consenso di esperti, è stata analizza-ta l’inappropriatezza prescrittiva nei sogget-ti con rischio di ADR: nel precedente anno solare ben 19308 pazienti (pari a 13,9%) avevano ricevuto almeno una prescrizione farmacologica inappropriata. • La definizione della politerapia farmacolo-

gica è soggetta a diverse interpretazioni, si ritiene spesso come definizione l’uso contemporaneo di cinque farmaci o più.

Figura 1.

Tasso di crescita nella popolazione italiana 1950-2030.

0

100

200

300

400

500

600

700

Anno

Popo

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indi

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1950 1970 1990 2010 2030

ETà (anni)

≥ 80

60-70

20-59

0-19

Dati ISTAT per il periodo 1951-1998, proiezione IRP-CNR per gli anni 1998-2028.

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Nuove tematiche S. Giustini, S. Thiry

12 Rivista Società Italiana di Medicina Generale

Studi internazionali hanno documentato che dal 20 a 40% dei pazienti ultrasessantacin-quenni usano più di cinque farmaci al gior-no, e il 12% ne usano più di 10 (compresi i prodotti da banco) (Figg. 2, 3).Un paziente anziano complesso con poli-terapia è esposto a interazioni di diversi tipi: farmaco-farmaco, farmaco-malattia, farmaco-cibo che frequentemente coinvol-gono a livello epatico gli isoenzimi del cito-cromo P450.• Il rischio di interazione tra farmaci cre-

sce con il numero dei farmaci assunti e aumenta anche Il rischio di sviluppa-re una reazione avversa che si attesta intorno al 35% quando sono consumati più di 5 farmaci al giorno.

Il numero dei farmaci assunti è un fattore determinante ed è responsabile di reazio-ni avverse ai farmaci che necessitano un ospedalizzazione. La maggior parte delle reazioni avverse associate a un ricovero in Ospedale sono evitabili.L’invecchiamento è associato a importanti modificazioni della farmacocinetica (al livel-lo dell’assorbimento, della distribuzione, del metabolismo e dell’escrezione del farma-co), con conseguenza del rischio di accu-mulo del farmaco nell’organismo.

Le modificazioni della farmacodinamica correlate all’età inducono una risposta esa-gerata ad alcuni farmaci. Per esempio l’au-mento della sensibilità alle benzodiazepine, che provoca conseguenze importanti sul piano clinico: alcuni studi e l’osservazione pratica hanno mostrato una relazione tra l’uso di benzodiazepine e il rischio di cadute e di fratture in età geriatrica. Mentre gli anziani con comorbilità sono i più grandi consumatori dei farmaci, questa fascia di età (over 75 anni) non è rappre-sentata negli studi clinici randomizzati e controllati prima della commercializzazione.

Strumenti Dagli anni novanta, sono stati sviluppati degli strumenti per aiutare il medico nella scelta di una prescrizione appropriata per il paziente anziano.Nel 1991 negli Stati Uniti, Beers fu il primo a pubblicare un elenco di farmaci non appro-priati in età geriatrica: “I criteri di Beers”, che sono sottoposti a periodici aggiorna-menti (1997, 2003, 2012). Altre iniziative sono state sviluppate in Europa tra cui quella di Gallagher che nel 2008 ha definito i criteri STOPP (Screening

Tool of Older Person’s Presciptions) e START (Screening Tool to Alert doctors to Right Treatment) con lo scopo di identificare sia le prescrizioni inappropriate sia le omis-sioni prescrittive dal paziente anziano.Oltre il rischio di sviluppare delle reazioni avversi ai farmaci, la politerapia è associata a un rischio di sottotrattamento rispetto a patologie importanti legata alla constatazio-ne che un elevato numero di farmaci com-promette l’aderenza alle cure.

Cosa pensano i MMG?Nove MMG (tre donne e sei uomini) sono stati intervistati nel periodo dal 23/8/2012 al 14/09/2012 (Thiry, 2012).Le interviste semi-strutturate hanno avuto luogo negli studi medici, otto dei 9 colloqui sono stati registrati e in seguito trascritti, un colloquio è stato direttamente trascrit-to. Prima delle interviste è stato ottenuto il consenso per la registrazione, un medico si è rifiutato. Un codice numerico è stato asse-gnato a ciascuno degli intervistati.L’età media degli intervistati è di 57 anni (50-62), l’anzianità di sevizio come MMG era in media di 23 anni (7-33). Otto lavo-ravano in gruppo quattro medici erano

Figura 2.

Politerapia in donna di 83 anni e interazioni rischiose con warfarin, statina, diltiazem.

Totale 17 molecole22 somministrazioni

Esempio non infrequente di politerapia in paziente

over 75 anni

Giovanna

1. Anni 83, femmina2. Vive sola con badante3. Ci vede poco4. È un poco sorda, dice Lei

a) Ipertesa, con insufficienza cardiacab) Angina stabilec) Fibrillazione atrialed) DM2e) Ipercolesterolemiaf) BPCOg) Osteoartrosih) Osteoporosi con rachialgie

Farmaco Ore 7 Ore 8 Ore 13 Ore 15 Ore 20 Ore 22IPP XARB XDigitale XFurosemide XNitro ST XDiltiazem X X XCalcio XBifosfonato XTiotropio XSalmeterolo XWarfarin XInsulina XMetformina X XDoxazosin XStatina XOppioide debole X XLassativo X X

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Nuove tematicheMedicina Generale, multimorbilità e politerapia nei pazienti anziani

13Rivista Società Italiana di Medicina Generale

anche tutor di Medicina Generale, i medici intervistati lavorano in Toscana (provincia di Siena e di Arezzo) e in Umbria (provincia di Perugia e di Terni) sette operano in zona rurale e due in zona urbana.Il numero di assistiti per medico varia da 1.000 a 1.700. Argomenti affrontati durante le interviste:• esperienza lavorativa in Medicina

Generale;• percezione-definizione della polifarma-

coterapia; • la prescrizione di farmaci nel paziente

anziano politrattato;• comunicazione con i specialisti e i far-

macisti;• percezione della gestione della polifar-

macoterapia a domicilio;• percezione del rapporto del paziente al

farmaco;• formazione universitaria e corsi di

aggiornamenti;• soluzioni per ridurre la polifarmacoterapia.Dalle interviste sono state evidenziate diver-se cause eventuali alla polifarmacoterapia: • formazione insufficiente e del MMG e

dello specialista; • strumenti a disposizione del MMG per

aiutare una prescrizione appropriata insufficienti;

• assenza di dati scientifici per aiutare il medico nella decisione terapeutica;

• cartella clinica spesso non compilata;• non rivalutazione periodica della

terapia.Carenza di comunicazione tra MMG e spe-cialisti-ospedale e perdita d’informazione sul paziente:• l’assenza di comunicazione fa che non

si discutano le motivazioni delle scelte terapeutiche e che nel dubbio il MMG prescrive farmaci, anche se non è con-vinto della scelta;

• il carico di lavoro, la mancanza di tempo, la stanchezza inducono un atteggiamento rassegnato del medico di famiglia nel confronto delle prescri-zioni di farmaci: è più facile aggiungere un farmaco che sopprimerne uno;

• il problema specifico della distribuzione dei generici ed errori di assunzione,

• pazienti non sanno che gli integratori-erbe-farmaci di classe C possono esse-re tossici;

• pubblicità (internet e televisione) induce a consumare farmaci.

I MMG che hanno partecipato all’intervista hanno una lunga esperienza lavorativa.Molte delle cause evocate dai medici inter-vistati si ritrovano nella letteratura scientifi-ca internazionale soprattutto negli studi di ricerca qualitativa effettuati soprattutto nel Nord Europa. Ad esempio:• l’automedicazione e la non consape-

volezza dei pazienti sui rischi potenziali dei prodotti anche da banco che non sono stati prescritti;

• l’influenza della pubblicità;• l’assenza di comunicazione tra i diversi

attori del sistema;• la mancanza di formazione in geriatria e

in farmacologia;• l’assenza di visione olistica del paziente

da parte degli specialisti;• le linee guida che non sono scritte

per la Medicina Generale, per le cure primarie;

• la confusione introdotta dai farmaci generici e dalla prescrizione per princi-pio attivo;

• la carenza di tempo come freno alla formazione;

• il carico di lavoro e l’atteggiamento ras-segnato del medico;

Figura 3.

Politerapia a rischio e interazioni con amiodarone e bisoprololo.

Totale 13 molecole15 somministrazioni

Isoro

1. Anni 75, maschio2. Parziale non autosufficienza

a) Cardiopatia dilatativa post-infartuale (Ef 38%)b) Fibrillazione atriale cronica in terapia anticoagulante oralec) Broncopneumopatia cronica ostruttiva di grado moderatoe) Deficit cognitivo di grado moderatof) Depressione severa

ORA 6 8 10 12 15 16 18 20 22Warfarin 5 mg XDigossina 0,0625 mg XAmiodarone 200 mg XBisoprolo 2,5 mg XEnalapril 20 mg XCanreonato di K 25 mg XFurosemide 25 mg XNitroglicerina 10 mg ST XTamsulosina 0,4 mg XEscitalopram 10 mg XDonezepil 5 mg XAerosol ipatropio + beclom X X XLevoflaxacina 500 mg X

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Nuove tematiche S. Giustini, S. Thiry

14 Rivista Società Italiana di Medicina Generale

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• la difficoltà di rivalutare la terapia;• la difficoltà per il medico di “togliere” un

farmaco di “prevenzione” sia per motivi etici sia per una carenza d’informazione sui rischi-benefici di questi farmaci (es. statine negli ultra 70 anni).

Riflessioni conclusiveSi può provare a indicare alcune possibili soluzioni in funzione del tipo d’intervento: a breve termine, a medie e a lungo termine, per esempio:A breve termine:• sviluppare corsi di aggiornamento che

partano dalla realtà operativa della Medicina Generale e dell’assistenza primaria;

• formare i colleghi a una compilazione corretta della cartella clinica;

• sviluppare contatti e formazione tra operatori diversi come infermieri, far-macisti, specialisti;

• concorrere all’educazione del paziente;• concorrere allo sviluppo di software e

strumenti per aiutare a una prescrizione appropriata;

• educare i medici a fare partecipare il paziente alle decisioni terapeutiche;

• formazione in farmacovigilanza.A medio termine: • inserirci nella comunicazione via inter-

net, in quella radio televisiva;• sviluppare azioni mirate con i farmacisti

per controllo dei farmaci anche di quelli di classe C, OTC, SoP.

A lungo termine intervenire sulla:• formazione universitaria; • formazione post universitaria;• ricerca qualitativa su sottogruppi di

popolazione con comorbidità.La segnalazione spontanea delle ADR oltre ai noti vantaggi (essere poco costosa, este-sa a tutti i farmaci della normale pratica clinica, ecc.) ne ha anche un’aggiuntiva da non trascurare. Per chi la pratica significa apprendere a valutare, in ogni singola cir-costanza d’uso di un farmaco, il vantaggio del beneficio ottenibile a fronte del rischio insito nella somministrazione, nonché a impegnarsi, di fronte di un evento avverso in corso di terapia, in un processo di diagnosi differenziale non semplice.

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Assistenza primaria. Non originali riflessioni a margine del 29° Congresso SIMG

Saffi GiustiniMedico di Medicina Generale

15Rivista Società Italiana di Medicina Generalen.6>>> dicembre 2012

professione come quella di un arruffato insieme di eterogenei interessi con diverse caratteristiche vocazionali e comportamen-tali. Dall’esterno si percepisce solo l’arre-tratezza dell’organizzazione Sanitaria della Medicina Generale, che viene letta/inter-pretata/vissuta come scarsa disponibilità, se non sciatteria e disinteresse.L’insieme dei bisogni dei malati/richieste del servizio se da una parte evidenzia il ruolo sempre più strategico dell’assistenza primaria all’interno del sistema sanitario, dall’altra ha avuto effetti pesanti sul carico di lavoro e di responsabilità che si è abbat-tuto sugli operatori di prima linea, in parti-colare i medici di famiglia. Come in tutti i paesi industrializzati questo sostanzialmente è dovuto a motivi econo-mici (perché è una specialità remunerata meno di altre), per l’eccessivo carico di lavoro, perché vi è una progressiva ridu-zione della gratificazione professiona-le, a causa dell’eccesso di adempimenti burocratici e del minor tempo dedicato ai pazienti. Soprattutto ai pazienti cronici.Le malattie croniche hanno sostituito quel-le acute come problema dominante per la salute, essendo la causa principale di uso dei servizi, consumando il 78% dell’intera spesa sanitaria.Hanno cambiato il ruolo del medico (di Medicina Generale) che, da “unico” gestore della cura, diventa componente di un gruppo multiprofessionale, in grado di elaborare il piano di cura e di assistenza, che tenga conto della molteplicità dei bisogni, così come di

Qualche anno or sono Annals of Internal Medicine uscì con un articolo dall’enfatico tito-lo: “Primary care: the next renaissance” (“Cure primarie: il prossimo rinascimento”); una rina-scita che dovrà basarsi su sette fondamentali principi, alcuni ovvii ma non troppo:1. il sistema sanitario deve essere orga-

nizzato per rispondere ai bisogni dei pazienti;

2. l’obiettivo del sistema delle cure prima-rie deve essere l’erogazione di un’assi-stenza di altissima qualità, documenta-ta da risultati misurabili;

3. l’informazione e i sistemi informatici devono essere la spina dorsale dell’atti-vità delle cure primarie;

4. l’attuale sistema sanitario deve essere ricostruito;

5. il finanziamento del sistema sanitario deve supportare cure primarie di eccellenza;

6. la formazione nelle cure primarie deve essere rivitalizzata, con una particolare attenzione ai nuovi modelli di erogazio-ne dei servizi e a training effettuato dove si praticano cure primarie di eccellenza;

7. il valore della pratica delle cure primarie deve essere continuamente migliorato, documentato e comunicato.

La semplice banalità di queste sette con-siderazioni rende atto del malcontento di una categoria, quella dei medici di medici-na generale (MMG), che reggono da anni un sistema che briciole ha investito nel finanziamento della riorganizzazione anche strutturale dell’assistenza primaria e dall’al-tro della percezione esterna della nostra

garantire la continuità dell’assistenza.Hanno cambiato il ruolo del paziente che, da soggetto passivo diventa protagonista attivo della gestione del proprio stato di salute, assumendo comportamenti e stili di vita adeguati.Attendere che a macchia di leopardo sia sviluppato il processo di trasformazio-ne organizzativa verso le Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT) e le Unità di cure complesse (UCCP) della Medicina Generale, probabilmente non sarà sufficiente a inter-rompere questo negativo giudizio che trova ampio anche se contraddittorio consenso all’interno della società del nostro Paese.Invece possiamo ove le condizioni esista-no, ove sappiamo creare le condizioni con i manager pubblici, ove, rompendo ideolo-giche barriere, sappiamo con trasparenza estrema costruire sinergie fra il pubblico e il settore privato per dare concretezza alle idee e finanziamenti non solo ai progetti ma anche ai contenuti ad esempio del Decreto Balduzzi, intraprendere un percorso di reale riorganizzazione partendo da:• bisogni dei pazienti letti anche dai

MMG;• case mix delle comorbilità (vedi VII

Report Health Search);• definizione dei percorsi diagnostico

terapeutici assistenziali, condivisi, pra-ticabili e misurabili, tarati anche/soprat-tutto/non solo per gli ultra settantenni;

• valutazione non episodica di processi e di esiti.

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Focu

s on

Lo screening dell’ipertrofia ventricolare sinistra (IVS) nell’ambulatorio del medico di medicina generale mediante l’uso di un

software di interpretazione multiparametrico

Pierpaolo Peruzzi1, Debora Torneo2, Giovanni Cioffi31 Tutor Scuola di Medicina Generale di Vicenza, specialista cardiologo;

2 Medico in formazione specifica in Medicina Generale; 3 Specialista cardiologo, Casa di Cura Villa Bianca, Trento

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tà (6-40%) sia in grado di rilevare alterazio-ni elettriche legate all’ipertrofia ventricolare che sono predittori indipendenti di eventi cardiaci maggiori anche in assenza di una conferma ecocardiografica.L’ecocardiografia è la metodica diagnostica cardiologia che negli ultimi anni ha avuto il maggiore incremento sia dal punto di vista tecnologico (con il relativo costo) sia dal punto di vista della richiesta da parte dell’utenza. Per questo motivo ci è sembra-to importante fornire al medico di medicina generale uno strumento per poter gestire in prima persona il paziente iperteso con appropriatezza di prescrizione delle indagini e di terapia secondo quanto raccomandato dalle attuali linee guida. Le linee guida ESH-ESC 2007 richiedono che la diagnosi di ipertrofia ventrlcolare sinistra all’ecocardiogramma venga fatta rapportandosi alla massa miocardica e non semplicemente agli spessori di parete. Questo si ottiene applicando la formula di Deveraux e poi indicizzando la massa per la superficie corporea con un limite di nor-malità di 125 g/m2 per l’uomo e 110 g/m2 per la donna. Un secondo indice è invece “massa VS [g] / altezza [m]2.7 ≥  51,0 in entrambi i sessi” che offre una maggiore sensibilità soprattutto nei pazienti obesi. L’ecocardiogramma rimane comunque un esame di secondo livello nelle linee guida, presenta con minore riproducibilità rispetto all’ECG in quanto “operatore dipendente”, è meno diffuso nel territorio rispetto all’elet-

Importanza epidemiologica e clinica dell’ipertrofia ventricolare sinistra (IVS)La diagnosi di IVS nel paziente iperteso è molto importante per la prognosi e per i risvolti terapeutici che devono essere neces-sariamente più aggressivi negli ipertesi con danno d’organo. Questo è un concetto più volte ribadito nelle linee guida ESH-ESC 2007. L’IVS è presente nei pazienti con iper-tensione arteriosa con una percentuale che varia dal 15% al 55% a seconda del tipo di popolazione esaminata. L’ipertensione arteriosa è il più frequente disordine car-diovascolare presente in circa il 20% della popolazione adulta di molti paesi. Da questi dati si può facilmente dedurre l’importanza epidemiologica dell’IVS. Altrettanto impor-tante risulta la clinica dell’IVS in quanto la mortalità cardiovascolare a 10 anni nei pazienti con ipertrofia concentrica del ven-tricolo sinistro è del 24%, nei soggetti con ipertrofia eccentrica è del 10%, nei pazienti con rimodellamento concentrico è del 6%.Le metodiche diagnostiche più usate per la diagnosi di IVS sono l’elettrocardiogramma e l’ecocardiogramma. Sebbene l’ecocar-diogramma rappresenti indubbiamente la metodica di riferimento per la sua elevata sensibilità e specificità diagnostica (circa 85% per entrambe) occorre evidenziare come l’elettrocardiogramma, che gene-ralmente offre una elevata specificità (85-95%) ma una relativamente bassa sensibili-

trocardiogramma e ha un costo maggiore. L’ECG rimane pertanto il metodo più larga-mente utilizzato per la diagnosi di IVS e il suo riscontro costituisce un potente predit-tore di rischio indipendente di mortalità e morbilità cardiovascolare nei soggetti con ipertensione non complicata con un rischio relativo da 2 a 4 a seconda dei criteri usati. Atal proposito, rispetto ai criteri tradizionali per la diagnosi di IVS all’ecg, il criterio di Perugia ha il più elevato rischio attribuibile di morbilità e mortalità cardiovascolare  8, rende conto cioè di una più alta percentuale di eventi morbosi e mortali. Se da un lato, infatti, l’ECG è sicuramente meno sensibi-le dell’ecocardiogramma, d’altro canto le informazioni che fornisce in termini di IVS sono in parte complementari e indipendenti rispetto alla una metodica di imaging. Per esempio, le alterazioni della ripolarizzazione ventricolare, che significativamente sono incluse in tutti i criteri risultati predittori indipendenti di morbilità e mortalità cardio-vascolare, potrebbero esprimere in taluni casi una condizione subclinica di ische-mia miocardica, che potrebbe contribuire a determinarne il significato prognostico al di là del valore strettamente legato alla massa ventricolare sinistra. L’IVS rilevata all’elettrocardiogramma è infatti un potente fattore predittivo per angina pectoris, infar-to miocardico e morte cardiaca improvvisa. Essendo poi un esame esattamente riprodu-cibile, l’ECG può essere utilizzato per moni-torare le modificazioni nel tempo dell’IVS.

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Focus onLo screening dell’ipertrofia ventricolare sinistra (IVS)

19Rivista Società Italiana di Medicina Generale

L’IVS costituisce poi, sia quando diagnosti-cata elettrocardiograficamente sia quando identificata ecograficamente, un’importante fattore di rischio cardiovascolare indipen-dente in quanto identifica lo stadio B della classificazione ACC/AHA dell’insufficienza cardiaca, rappresenta cioè un significativo predittore di mortalità e morbilità cardiova-scolare a prescindere dalla coesistenza di altri fattori di rischio e ipertensione arteriosa stessa. La mancata regressione nel tempo dei segni elettrocardiografici/ecocardiogra-fici dell’IVS riveste un ulteriore importante valore prognostico (Fig. 1).La presenza di cardiopatia ipertensiva pre-dispone pertanto allo sviluppo di scompen-so cardiaco (SC) sintomatico nella popo-lazione generale. Lo studio Framingham, il primo importante studio epidemiologico per coorte inteso a valutare il rischio delle patologie cardiovascolari, evidenzia come, in un periodo di osservazione di più di 20 anni, la presenza di ipertensione arteriosa risulti predittiva di scompenso cardiaco nel 91% dei casi. La presenza di IVS ha infine un valore predittivo per fibrillazione atriale più elevato rispetto al fumo di sigaretta, al diabete mellito e alla diagnosi stessa di ipertensione arteriosa e i pazienti con car-diopatia ipertensiva presentano una mag-giore prevalenza di extrasistoli ventricolari, di aritmie ventricolari complesse e di morte improvvisa.Da tutte queste osservazioni emerge l’im-portanza di eseguire uno screening su larga scala dell’IVS ovvero di diagnosticare la presenza dell’IVS in tutti i pazienti ipertesi. Tale screening è possibile solo da parte dei medici di medicina generale distribuiti omo-geneamente sul territorio. Le linee guida ESH/ESC 2007 suggeriscono l’esecuzione di routine dell’esame elettrocardiografico a tutti i pazienti ipertesi e, sulla base dei

Figura 1.

Stadi dell’insufficienza cardiaca (IC).

Stadi ACC/AHA

A – Alto rischio per sviluppare IC (presenti solo fattori di rischio)B – IC asintomatica (danno miocardico presente)C – IC sintomatica (presenza di danno miocardico e sintomi)D – “End-Stage” (sintomi marcati malgrado la terapia medica massima)

risultati dello studio LIFE, suggeriscono di misurare, per identificare la presenza di IVS, la positività dell’indice di Sokolow-Lyon (SV1  +  RV5-6  >  38 mm) o dell’indice di Cornell (Cornell voltage-duration product) modificato (>  2440 mm*ms), almeno nei pazienti di età >  55 anni. Nell’ambito dello studio LIFE (Losartan Intervention for Endpoint Reduction in Hypertension), sia il criterio Cornell voltage-duration product sia il criterio Perugia si sono comunque dimo-strati superiori al criterio di Sokolow-Lyon per la diagnosi di IVS in pazienti ipertesi sovrappeso o francamente obesi.L’elevata specificità dell’ecg nei riguardi dell’IVS, per-mette poi di identificare con buona sicurez-za i soggetti esenti da IVS qualora non si riscontrino positività degli indici di IVS men-tre rimane da verificare la reale presenza di IVS in caso di positività di uno o più criteri. Con lo scopo di offrire al medico di medi-cina generale uno strumento informatico in grado fornire in modo semplice e rapido la positività o negatività di tutti i principali crite-ri di IVS esistenti in letteratura è stato realiz-zato un software denominato “Regolo IVS”.

Software di interpetazione multiparametrico: il “Regolo IVS”Il “Regolo IVS” (registrazione SIAE n°8215 del 15/11/2011, ideato e realizzato dal Dott. Pierpaolo Peruzzi, sviluppato per sistema operativo Windows con linguaggio VB.Net da Bytewise srl con il supporto di MSD Italia) è un software per la diagno-si computerizzata dell’IVS. Tale software costruito considerando i principali criteri elettrocardiografici per IVS noti in lettera-tura sia singoli che multiparametrici è in grado di analizzare sia gli ECG con normali complessi QRS (QRS “stretto”), che quelli

con alterata conduzione intraventricola-re (QRS “largo”). Il regolo IVS permette di rendere utilizzabili nella pratica clinica i tradizionali criteri elettrocardiografici di IVS considerando in modo particolare gli ultimi criteri multiparametrici come il punteggio di Romhilt-Estes, il punteggio Perugia, il Cornel product (Cornel index rapporta-to alla durata del QRS), e il Cornell index modificato secondo la scuola di Perugia i quali, per la loro complessità, mal si pre-stano all’interpretazione manuale dell’ECG nell’ambulatorio di medicina generale. Una delle caratteristiche di tale software è infatti la semplicità di applicazione. Il software non richiede particolari conoscenze di elettro-cardiografia ma solamente la conoscenza della denominazione delle onde elettriche e delle derivazioni e, al fine di calcolare il BMI in modo da ottenere valori indipendenti da condizioni di obesità o magrezza, l’inse-rimento del peso e dell’altezza del paziente.Le immagini seguenti si riferiscono alle due videate principali del software (Figg. 2, 3).I criteri elettrocardiografici di diagnosi di IVS presi in considerazione dal “Regolo IVS” sono illustrati nella Tabella I. La caratteristica principale di questo sof-tware è quella di offrire contemporanea-mente l’applicazione al tracciato di tutti i principali criteri di IVS disponibili in lettera-tura. Questo potrebbe generare dei dubbi di interpretazione quando si dovessero trova-re alcuni parametri positivi e altri negativi. Occorre a tal proposito ricordare che l’IVS ha una genesi multifattoriale e ogni criterio esplora solo alcuni parametri che possono essere più o meno influenzati dalla causa stessa dell’IVS (ipertensione arteriosa, dia-bete, stenosi aortica, ipertrofia idiopatica, ecc.) Da ciò ne deriva che è sufficiente la positività anche di una sola delle misura-zioni affinché si possa fare diagnosi di IVS anche se le altre risultano negative. La sen-sibilità della diagnosi sarà quella propria del criterio positivo tenendo conto inoltre che la presenza di criteri positivi per IVS all’ECG corrisponde comunque, come già detto, a un rischio relativo da 2 a 4 di mortali-tà e morbilità. Proprio per questo motivo abbiamo fatto uno studio di confronto tra 198 tracciati ECG di pazienti afferenti a un ambulatorio di cardiologia di Trento con i rispettivi ecocardiogrammi eseguiti nello

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Focus on P. Peruzzi, et al.

20 Rivista Società Italiana di Medicina Generale

Figura 2.

Schermata di inserimento dati del regolo IVS.

Figura 3.

Risultato dell’elaborazione del software.

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Focus onLo screening dell’ipertrofia ventricolare sinistra (IVS)

21Rivista Società Italiana di Medicina Generale

stesso periodo da uno stesso operatore che ha applicato a tutti la stessa metodi-ca di calcolo della massa ventricolare sin. “massa VS [g] / altezza [m]2.7 ≥  51,0 in

entrambi i sessi”. I risultati dell’analisi dei dati ottenuti ha confermato la sensibilità e specificità dei vari indici elettrocardiografi-ci con dati sovrapponibili a quelli noti dalla

letteratura, e, come era prevedibile, non è stato possibile ricavare alcun indice di sen-sibilità superiore agli altri pur considerando i parametri nella loro totalità. Partendo dal

Tabella i.

Criteri elettrocardiografici di diagnosi di IVS.

Criterio Definizione

Lewis RI + SIII - SI - RIII ≥ 1,7 mV

Gubner RI + SIII ≥ 2,5 mV

Sokolow-Lyon SVI + RV5 o V6 ≥ 3,5 mV

punteggio di Romhilt-Estes ≥ 5 (diagnosi di IVS); ≥ 4 (probabile IVS)

Voltaggio Cornell SV3 + RaVL > 2,4 mV (maschi); > 2,0 mV (femmine)

Cornell index modificato* R in aVL + (SV3/2 x IMC) > 420 R in aVL + (SV3/2 x IMC) > 420

Prodotto di Cornell (SV3 + RaVL) x QRS > = 2440

RV6 / RV5 RV6 / RV5 > 1

Framingham RaVL > 1,1 mV, RI + SIII ≥ 2,5 mV, SV1 o V2 + RV5 o V6 ≥ 3,5 mV,SV1 o V2 ≥ 2,5 mV, RV5 o V6 ≥ 2,5 mV

Perugia SV3 + RaVL > 2,4 mV (maschi); > 2,0 mV (femmine) e/o sovraccarico VS e/o Romhilt-Estes ≥ 5 punti

Perugia 2 SV3 + RaVL > 2,4 mV (maschi); > 2,0 mV (femmine) e/o sovraccarico VS

* Cornell index modificato secondo la scuola di Perugia.

Figura 4.

Istogramma pazienti positivi/negativi all’IVS in funzione del parametro “altezza onda S in V5/V6”.

00

2

4

6

8

10

12

14

16

18

20

1 2 3 4 5 6 7 8 9 > 9

Pazienti senza ipertrofia VS

Pazienti con ipertrofia VS

Altezza onda S in V5-6

Pazi

enti

(%)

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Focus on P. Peruzzi, et al.

22 Rivista Società Italiana di Medicina Generale

concetto della multifattorialità della genesi dell’IVS si è voluto pertanto condurre un’ul-teriore analisi i sui dati raccolti finalizzata alla ricerca del parametro, tra i vari disponi-bili, che meglio si correli con la diagnosi di IVS all’ecocardiogramma. A questo scopo è stato presa in considerazione l’altezza dell’onda S in V5 e/o V6.

“Onda S in V5/V6” testato come marker di IVSSi riporta di seguito un grafico a istogram-mi rappresentativo della percentuale di pazienti positivi e negativi alla diagnosi di IVS all’ecocardiogramma ordinati in base al valore di altezza dell’onda S registrata nelle derivazioni V5/V6 (Fig.  4). Tale parametro era stato acquisito in sede di lettura dei tracciati ECG dei singoli pazienti.Il grafico evidenzia come per valori di altezza dell’onda S  ≤  3 la percentuale di pazienti senza IVS risulti superiore a quella dei pazienti con IVS; al contrario per valori > 3 si nota una inversione di tale tendenza. Questa circostanza ha suggerito l’ipotesi di testare la capacità discriminatoria del para-metro “Onda S in V5/V6” nei riguardi della

diagnosi di IVS ottenendo la seguente curva ROC (Fig. 5).Il parametro S in V5/V6 diventa, nella nostra esperienza, quello che ha la migliore accura-tezza predittiva di IVS con cut-off per diagno-si di IVS di S > 3 in corrispondenza del quale si registra una sensibilità dell’81% e una specificità del 52%. La spiegazione potreb-be essere dovuta al fatto che nella nostra casistica, sono state incluse cause diverse di IVS (ipertensione arteriosa, diabete, stenosi aortica, ipertrofia idiopatica, ecc.) e pertanto un parametro “generico” che valuta aspecifi-camente la parete antero-laterale del ventri-colo sinistro, risulta maggiormente discrimi-nante rispetto ad altri parametri più specifici. L’applicazione pratica potrebbe essere che, qualora uno o più criteri di IVS risultassero positivi, la contemporanea presenza di onda S in V5 o V6 maggiore di 3 mm ne aumente-rebbe la sensibilità. Uno studio ad hoc su più ampia popolazione potrebbe dare la confer-ma di questa affermazione.In conclusione la diagnosi elettrocardiografi-ca di IVS, permette uno screening dei pazien-ti ipertesi in modo da poter prescrivere razio-nalmente esami di secondo livello e usare con appropriatezza farmaci antiipertensivi

in fase precoce idonei a contrastare l’ IVS. L’importanza di tale aspetto è sottolineata dai risultati di diversi studi che dimostrano come la regressione in tempi rapidi (mediamente entro i primi 6 mesi) dell’IVS con un’adegua-ta terapia farmacologica consenta di ridurre di oltre il 50% il rischio di eventi cardiova-scolari rispetto ai pazienti che mantengono o addirittura aumentano il grado di IVS Da considerare inoltre che nel paziente iperte-so con diagnosi di IVS l’obiettivo terapeutico non è più solamente quello di ridurre in modo efficace la pressione arteriosa bensì quello di bloccare o, far regredire il rimodellamento cardiaco a causa del quale si ha la progres-siva evoluzione della cardiopatia ipertensiva verso lo stato di scompenso cardiaco. Infine l’elevata capacità di identificare i soggetti sani attraverso l’uso del software permette una facile adozione della seguente flow chart diagnostica ricavata dalle ultime linee guida (Fig. 6).Secondo questo schema, al fine di impo-stare l’orientamento clinico-terapeutico più adeguato, l’ecocardiogramma deve essere obbligatoriamente eseguito solo nei pazienti ipertesi a basso rischio cardiova-scolare positivi a diagnosi di IVS all’ECG

Figura 5.

Curva ROC relativa al parametro “altezza onda S in V5/V6” testato come marker di IVS.

0,00,0

0,2

0,4

0,6

0,8

1,0

0,2 0,4 0,6 0,8 1,0

ROC Curve

Specificità

Sens

ibili

Cut-off migliore per IVS > 3

Sensibilità 81%Specificità 52%

AUC = 0,70IC [0,62 – 0-78]

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Focus onLo screening dell’ipertrofia ventricolare sinistra (IVS)

23Rivista Società Italiana di Medicina Generale

Figura 6.

Strategia per selezionare i pazienti ipertesi afferenti nell’ambulatorio del MMG che necessitano di indagine ecocardiografica (da Agabiti-Rosei et al., mod.) 2.

Paziente iperteso

ECOCARDIO

ECG

IVS

IVS

IVSNO IVS

NO IVS

NO IVS

ECG

Alto rischio CV Basso rischio CV

Correzione rischio CV e terapia massimale

per IVS

Terapia per controllo PA

per escludere di catalogarli erroneamente ad alto rischio o per verificare una genesi dell’ipertrofia ventricolare da altra causa. Le freccie tratteggiate indicano come l’ecocar-diogramma non rappresenti una fase obbli-gatoria per impostare un corretto iter tera-peutico nel paziente iperteso ad alto rischio cardiovascolare risultato positivo o negativo alla diagnosi di IVS all’ECG, ma rappre-senti viceversa un esame indubbiamente utile per definire e monitorare l’entità del danno d’organo in tale categoria di pazienti. L’importanza di questa flow-chart nel pro-

porre una nuova linea guida di appropria-tezza di prescrizione dell’ecocardiogramma emerge in modo particolarmente evidente nella categoria di pazienti ipertesi a basso rischio cardiovascolare. Per questi, infatti, la diagnosi di negatività all’IVS evidenzia-ta all’ecg consente al medico di medicina generale di impostare un corretto iter cli-nico/terapeutico basato su un periodico controllo della PA e sul monitoraggio elet-trocardiografico rimandando l’esecuzio-ne dell’ecocardiogramma nel caso in cui emergesse una positività per IVS

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Focu

s on I medici di assistenza primaria e gli assistiti

fumatori. Un’indagine dell’ASL di Bergamo sull’approccio al tabagismo

Marco Cremaschini1, Roberto Moretti1, Giovanni Brembilla1, Donato Franchin1, Mario Zappa2, Luigi Donzelli2, Massimo Gatti2, Marziano Mazzoleni2, Lorenzo Mapelli2,

Vincenzo Russo2, Mario Sorlini2, Paola Pini2, Elio Staffiere5, Laura Perego3, Giorgio Barbaglio4

1 ASL Bergamo; 2 Medico di Assistenza Primaria; 3 Dipartimento Cure Primarie e Continuità Assistenziale, ASL Bergamo; 4 Direttore Sanitario ASL della Provincia di Bergamo; 5 Casa di Cura San Francesco, Bergamo

24 Rivista Società Italiana di Medicina Generale n.6>>> dicembre 2012

risorse tra cui anche di un sistema di invio di messaggi SMS al cellulare dei fumatori intenzionati a smettere. L’adesione ai due progetti è stata altissima: su un totale di 712 MMG convenzionati oltre 600 hanno aderito al progetto base e 427 di questi anche a quello avanzato. La RSC vuole valorizzare servizi e attività già esistenti nella lotta al fumo, integrandoli con nuovi tipi di offerta. L’obiettivo principale è quello di raggiungere il maggior numero possibile di fumatori offrendo la tipologia di intervento che più si adatta alle esigenze di ciascuno. È stata perciò posta molta attenzione alla formazione degli operatori della RSC perché siano in grado di consigliare e sostenere i fumatori indirizzandoli all’offerta più con-sona e più accessibile. La formazione dei MMG è stata considerata di primaria impor-tanza per il buon funzionamento della RSC. Nel primo semestre del 2012 è stata pro-posta ai MMG una formazione ECM sulla gestione dei pazienti tabagisti. Nel corso degli incontri, sono state presentate le risorse della RSC e le varie iniziative – di cui alcune molto innovative – per il sostegno ai fumato-ri: la Quit line nazionale (numero verde per il sostegno a distanza), il programma di soste-gno mediante l’invio al fumatore di messaggi SMS “motivazionali”, il coinvolgimento delle farmacie per l’assistenza di base alla SC secondo specifici protocolli concordati, i trat-tamenti di gruppo organizzati presso i distret-ti ASL e i Centri/Ambulatori Antifumo. Nell’ambito degli eventi formativi per i MMG è stata effettuata una survey conoscitiva

Introduzione Il tabagismo è la prima causa di mortalità e morbilità prevenibile in Italia e benché il tasso di cessazione ottenibile con singoli interventi di supporto sia piuttosto basso (dal 5 al 40% in funzione del servizio offerto) la diffusione di un’offerta di servizi efficaci di supporto alla cessazione potrebbe avere un impatto enor-me in termini di Sanità Pubblica. Nell’ASL di Bergamo –  che copre l’in-tera Provincia di oltre un milione di abi-tanti  – si stima la presenza di 220.000 fumatori di cui 22.000 (il 10%) vor-rebbero smettere nei prossimi 6 mesi. I più recenti dati DOXA ci dicono inoltre che ogni anno il 25% dei fumatori fa un ten-tativo di smettere di fumare (quasi sempre senza aiuto competente), ma solo il 3% riesce effettivamente a smettere e mante-nersi astinente. Questo tasso di cessazione è potenzialmente aumentabile favorendo l’accesso a servizi efficaci in grado di assi-curare probabilità di successo superiori.Per questo l’ASL sta sviluppando una Rete di offerta di servizi per il sostegno alla cessazio-ne del fumo di tabacco (RSC) che coinvolgerà progressivamente tutti i Servizi Sanitari e in modo particolare i medici di medicina gene-rale (MMG). In questo articolo si descrivono in particolare le attività dei MMG nell’ambito della rete di cessazione del fumo. I MMG dell’ASL di Bergamo sono coinvolti in due progetti sul tabagismo: uno di base (AsK, Advice) e uno avanzato che preve-de una presa in carico più completa dei fumatori e che comprende l’utilizzo di varie

sulle attitudini e la percezione dei MMG riguardo al loro ruolo nell’orientamento e nel sostegno degli assistiti tabagisti.

Metodi Si tratta di una survey trasversale, mediante un questionario anonimo che è stato distri-buito durante gli incontri di formazione nella primavera 2012. Il questionario trattava delle attitudini e dell’approccio al tabagi-smo da parte dei MMG. Era composto da 6 domande alle quali hanno risposto 550 medici di assistenza primaria su un totale di 712 operanti in provincia. I dati sono stati analizzati con Epinfo versione 3.5.3.

Risultati Il 20% dei MMG si dichiara fumatore. L’80,2% dei MMG dichiara di chiedere rego-larmente ai propri assistiti se sono fumatori. Solo pochissimi medici non chiedono ai loro pazienti se sono fumatori con una significa-tiva differenza in base al fatto che il medico sia fumatore o no (Tab. I).La principale difficoltà riferita nell’approccio al paziente fumatore è stata il poco tempo disponibile da parte del medico (69,1%), seguita dal timore della possibile reazione negativa da parte del fumatore (20,9%). Il timore di una reazione negativa del fumato-re è più frequente tra i medici non fumatori. Il 5,3% dei medici ritiene che non sia utile parlare con i fumatori della loro abitudine al fumo. Tra i medici fumatori questa convinzio-ne è molto più diffusa rispetto che tra i medi-

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Focus onUn’indagine dell’ASL di Bergamo sull’approccio al tabagismo

25Rivista Società Italiana di Medicina Generale

ci non fumatori (9,1% vs. 4,3% – Tab. II).L’uso dei questionari specifici per valutare la dipendenza e la motivazione a smettere degli assistiti fumatori è assai poco diffuso: meno del 2% dei medici li usa sistemati-camente e solo il 6,5% riferisce di usarli spesso anche se non sistematicamente. La grande maggioranza dei medici (il 72,2%) afferma di non utilizzarli mai (Tab. III).Per quanto riguarda l’attitudine a prescrivere farmaci per smettere di fumare ai fumatori con alta dipendenza (nicotinici, varenicli-na, bupropione) è invece emerso che solo il 28,2% dei medici dichiara di non prescrivere farmaci per sostenere i tentativi di smettere. Si

registra una differenza significativa tra medici fumatori e non fumatori: i medici fumatori che non prescrivono farmaci per smettere sono quasi il 40%: oltre 14 punti percentuali in più rispetto ai medici che non fumano. La maggior parte dei medici disponibili a prescrivere tutta-via dichiara di prescrivere raramente.Infine la grande maggioranza dei medici (il 77%) non ha l’abitudine di inviare i propri assistiti fumatori ai Centri antifumo (Tab.V).

Discussione e conclusioni

I MMG della provincia di Bergamo fumatori sono il 20% contro il 12% in Svizzera 1 nel

2007 e il 38,6 in Grecia 2 nello stesso anno. In Lombardia la prevalenza di fumatori tra i medici è passata dal 24% nel 2000 (inda-gine su 3.500 MMG svolta da Università di Pavia e SIMG) al 22,3% nel 2006  3 ed è dunque probabile che il dato bergama-sco sia in linea con la prevalenza media di medici lombardi attualmente fumatori. Il problema del fumo di tabacco ricorre nella Medicina Generale e i MMG sono ormai abi-tuati a fare i conti con la difficile (e a volte frustrante) attività nei confronti degli assisti-ti con dipendenza da tabacco. L’anamnesi che i MMG normalmente conducono durante la valutazione dei loro pazienti

Tabella i.

Abitudine dei MMG a chiedere ai propri assistiti lo stato di fumatore. Confronto tra medici fumatori e medici non fumatori.

Chiede ai suoi pazienti se sono fumatori? MMG fumatore  MMG non

fumatore

Person chi2 (MMG fumatore vs. MMG non fumatore)

N. totale % totale

1. Sì 92 83,6% 349 79,3% 441 80,2%

2. Sì, a volte 13 11,8% 83 18,9% 96 17,5%

3. No 4 3,6% 4 0,9% p = 0,033 8 1,5%

4. Non risponde 1 0,9% 4 0,9% 5 0,9%

Tabella ii .

Principali difficoltà dei MMG nell’approccio ai propri assistiti fumatori. Confronto tra medici fumatori e medici non fumatori.

Qual è la principale difficoltà nell’approccio al paziente fumatore?

MMG fumatore MMG non fumatore

Person chi2 (MMG fumatore vs. MMG non fumatore)

N. totale % totale

1. Poco tempo disponibile 74 67,3% 306 69,5% 380 69,1%

2. Possibile reazione neg. del fumatore 18 16,4% 97 22,0% 115 20,9%

3. Non è molto utile parlarne 10 9,1% 19 4,3% p = 0,031 29 5,3%

4. Non risponde 8 7,3% 18 4,1% 26 4,7%

Tabella ii i .

Abitudine dei MMG ad utilizzare questionari specifici per misurare dipendenza e motivazione a smettere. Confronto tra medici fumatori e medici non fumatori.

Diagnosi approfondita: usa dei questionari specifici per valutare la dipendenza e la motivazione? MMG fumatore  MMG non fumatore N. totale % totale

1. Sì, in modo sistematico 3 2,7% 7 1,6% 10 1,8%

2. Sì, spesso 7 6,4% 29 6,6% 36 6,5%

3. Sì, raramente 23 20,9% 84 19,1% 107 19,5%

4. No, mai 77 70,0% 320 72,7% 397 72,2%

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Focus on M. Cremaschini et al.

26 Rivista Società Italiana di Medicina Generale

prevede molto spesso la fatidica domanda “lei fuma?”. Tutte le cartelle cliniche infor-matizzate in uso nell’ambito della Medicina Generale prevedono la registrazione dello stato di fumatore. La stessa valutazione del rischio cardiovascolare prevede che venga chiesto ai pazienti se fumano. D’altro canto i medici sanno bene che smettere è difficile e hanno ben chiaro che i successi con i pazienti tabagisti sono piut-tosto rari, soprattutto se non c’è una forte motivazione da parte dello stesso assistito. Forse non è ancora diffusa la consapevolez-za dell’importanza del proprio ruolo nell’au-mentare la motivazione a smettere. I princi-pali ostacoli all’esecuzione sistematica del minimal advice ai fumatori sembrano esse-re la mancanza di tempo e il timore di una reazione negativa da parte del fumatore.Pochi medici effettuano una valutazione della dipendenza e della motivazione a smettere, anche se sono disponibili strumenti di assesse-ment molto veloci. L’utilizzo di questionari come anche la prescrizione di farmaci di supporto o l’invio dei fumatori ai Centri anti-fumo ad oggi

non sembrano risorse molto utilizzati dai MMG.Molti medici dichiarano di prescrivere far-maci per la cessazione, anche se raramen-te. Dai consumi farmaceutici la prescrizione si rivolge prevalentemente alla terapia sosti-tutiva della nicotina (per la quale è difficile stabilire esattamente la quota di farmaci prescritti dai MMG, trattandosi di farmaci senza obbligo di ricetta). Invece le vendite di vareniclina (secondo dati forniti da Pfizer) e bupropione (obbligo di ricetta) a livello pro-vinciale sono estremamente contenute.Per quanto riguarda l’invio ai centri antifu-mo va precisato che attualmente la possi-bilità di seguire pazienti da parte dei centri specializzati è molto limitata e non è pensa-bile l’invio sistematico dei fumatori ai centri antifumo da parte dei MMG. La risposta al problema del tabagismo può essere solo in una rete territoriale di servizi di supporto che comprendano diversi tipi di offerta, in modo da poter rispondere alle esi-genze personali del fumatore: minimal advi-ce a ogni contatto con personale sanitario (MMG, medici competenti, personale ospe-

daliero …), quit line telefonica, trattamenti di gruppo, farmacie antifumo, centri/ambulatori antifumo, e anche nuovi strumenti di soste-gno a distanza, una volta verificata l’efficacia (web, mail, SMS, apps per smatphone). Si ringraziano tutti i medici di assistenza Primaria della provincia di Bergamo per la preziosa collaborazione al progetto e la signora Erika Borghi per la raccolta dati.

Bibliografia1 Sebo P, Bouvier Gallacchi M, Goehring C,

et al. Use of tobacco and alcohol by Swiss primary care physicians: a cross-sectional survey. BMC Public Health 2007;7:5.

2 Sotiropoulos A, Gikas A, Spanou E, et al. Smoking habits and associated factors among Greek physicians. Public Health 2007;121:333-40.

3 Pretti G, Roncarolo F, Bonfanti M, et al. Indagine conoscitiva sulle abitudini al fumo, le opinioni e l’attività di prevenzione del tabagismo tra i medici di medicina generale della Lombardia. Epidemiol Prev 2006;30:343-7.

4 Il fumo in italia 2011 - Indagine effettuata da Doxa per conto de l’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri e la Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori.

Tabella iV.

Abitudine dei MMG a prescrivere farmaci per aiutare a smettere di fumare ai pazienti con alta dipendenza. Confronto tra medici fumatori e medici non fumatori.

Prescrive ai fumatori con alta dipendenza dei farmaci (nicotinici, vareniclina, bupropione) per aiutarli a smettere?

MMG fumatore MMG non fumatore

Person chi2 (MMG fumatore vs. MMG non fumatore)

N. totale % totale

1. Sì 24 21,8% 105 23,9% 129 23,5%

2. Sì, raramente 43 39,1% 222 50,5% 265 48,2%

3. No 43 39,1% 112 25,5% p = 0,005 155 28,2%

4. Non risponde  0 0,0% 1 0,2% 1 0,2%

Tabella V.

Abitudine dei MMG a indirizzare i propri assistiti fumatori ai centi antifumo. Confronto tra medici fumatori e medici non fumatori.

Invia i fumatori ai centri antifumo? MMG fumatore MMG

non fumatore

Person chi2 (MMG fumatore vs. MMG non fumatore)

N. totale % totale

1. Sì, in modo sistematico 5 4,5% 14 3,2% 19 3,5%

2. Sì, spesso 17 15,5% 90 20,5% 107 19,5%

3. Sì, raramente 51 46,4% 229 52,0% 280 50,9%

4. No, mai 37 33,6% 107 24,3% p = 0,047 144 26,2%

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Migliorare le cure in un periodo di crisi: mission impossibile?

Report del Simposio al XXIX Congresso Nazionale SIMG

Relatori: Achille Patrizio Caputi, Saffi Giustini, Gerardo Medea, Roberto Trevisan, Alessandro Filippi

28 Rivista Società Italiana di Medicina Generale n.6>>> dicembre 2012

ecc. Purtroppo non abbiamo dati disponibili in Italia.In tutti i paesi avanzati si sta quindi incorag-giando o obbligando i prescrittori a sostituire i farmaci originatori (branded) con le meno costose versioni del farmaco bioequivalente: questa politica ha avuto origine negli anni ’80 proprio negli USA, il paese con il più alto PIL e dove i cittadini sono coperti da assicura-zioni private, che mai ordinerebbero la pre-scrizione di un generico, che se non dovesse essere efficace porterebbe l’assicurazione a spendere molto di più per la conseguen-te aumentata morbilità del proprio assistito. Quindi in tutti i paesi avanzati i generici rap-presentano una valida alternativa economica sia per il cittadino sia per il SSN.

Usare al meglio i farmaci: miti e realtà. Il punto di vista del farmacologoAchille Patrizio CaputiUO Farmacologia Clinica, Azienda Ospedaliera Universitaria “G. Martino”, Messina

Uno dei modi in cui negli altri paesi si va ad affrontare il contesto della spesa per la sanità, in aumento per l’invecchiamen-to della popolazione, è l’uso dei generici. Perché i generici? Secondo i dati dell’OsMed, che raccoglie ed elabora annualmente le prescrizioni dei farmaci in Italia, dal 2002 al 2011 la spesa sanitaria per quelli di classe A è aumentata del solo 2,3%, a fronte dell’aumento delle prescrizioni del 23%. Il nostro Sistema Sanitario Nazionale è riuscito a contenere l’aumento di spesa sia riducendo drasti-camente il prezzo dei farmaci (Fig. 1), che aumentando del 74,7% il ticket, ovverosia trasferendo i costi sul cittadino (Fig.  1). Studi effettuati in altri paesi (USA e UK), dimostrano che trasferire il costo dei far-maci sui cittadini riduce drasticamente l’acquisto dei farmaci da parte degli stessi. Poiché tale riduzione riguarda particolar-mente i farmaci per terapie croniche (ad es. diabete, ipertensione, ipercolesterolemia, ecc.), bisogna pensare che ogni aumento di ticket può riflettersi in aumenti di altri costi sanitari e sociali, per esempio morbilità e mortalità aumentata, aumento dei ricoveri,

In Italia l’uso del farmaco generico ha gene-rato una serie di falsi miti sul significato della bioequivalenza, sull’efficacia terapeu-tica e sulla compliance.Con l’avvento dei farmaci generici, il termi-ne “bioequivalenza”, a lungo appannaggio del solo linguaggio scientifico, è entrato nel vocabolario di professionisti sanitari e pazienti. Non sempre tuttavia l’informazio-ne veicolata è corretta e ciò contribuisce a generare confusione ed alimentare diffi-denze sull’effettiva equivalenza clinica dei generici.È innanzitutto necessario precisare che un farmaco generico non solo deve contenere nella sua formulazione la stessa quantità di principio attivo del farmaco originatore e

Figura 1.

Taglio dei prezzi e taglio dei margini.

Spendere meno• trasferire la spesa pubblica dal SSR ad altri attori

– al paziente inasprimento ticket

– al produttore taglio prezzi

– al distributore taglio margini

– al medico controllo prescrizioni

Spendere meglio• strumenti che aumentano l’efficienza del sistema

– maggiore selettività nell’ammettere alla rimborsabilità i prodotti in base a criteri di efficacia e di economicità

– attribuzione di un budget al medico prescrittore – utilizzo farmaci a brevetto scaduto

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Congress reportMigliorare le cure in un periodo di crisi: mission impossibile?

29Rivista Società Italiana di Medicina Generale

la stessa via di somministrazione, ma deve essere anche bioequivalente. Per esserlo, è necessario confrontare i valori medi di alcu-ni parametri farmacocinetici (Cmax e AUC), misurati in un gruppo di volontari sani cui sono stati somministrati alternativamente i due farmaci alla stessa dose e in condizioni sperimentali simili. Si parla di bioequiva-lenza tra generico e farmaco originatore (branded), quando il range di diversità nella concentrazione massima raggiunta del far-maco nel sangue (Cmax) e nella curva con-centrazione/tempo dei due farmaci (AUC) è del ±20% ossia compreso tra l’80 e il 125% (Fig. 2).Teoricamente la variazione fra un prodotto e l’altro potrebbe raggiungere il 45%, in realtà l’obbligo di presentare un intervallo di con-fidenza entro i suddetti limiti stabiliti spinge

i produttori a mantenersi abbastanza vicini al 100%. Uno studio dell’FDA pubblicato nel 2009 ha analizzato la bioequivalenza in 2070 studi di bioequivalenza condotti su tutti i farmaci approvati dalla FDA tra il 1996 e il 2007. Soltanto per 8 farmaci su 2070 è stato riscontrato un Cmax superiore non al 20 ma al 15%. Inoltre è stato dimostrato che in un periodo di 18 anni solo il 2,4% dei far-maci aveva un AUC superiore del 10%.Tali differenze garantiscono un’assoluta comparabilità del profilo di efficacia e sicu-rezza tra i due farmaci, ovvero quella che si definisce “essential similarity” e che corri-sponde all’“equivalenza terapeutica”.In termini di efficacia terapeutica, non esi-stono evidenze per cui i farmaci originatori siano superiori in efficacia ai farmaci gene-rici e ugualmente in termini di compliance.

A fronte di questi “falsi miti”, sussistono invece alcuni problemi reali associati all’uso dei generici, che devono essere presi in debita considerazione. Tra i problemi reali ci sono sicuramente quello delle indicazioni diverse/ridotte del generico rispetto al pro-prio originatore, della sostituibilità, e l’effet-to nocebo.Il problema delle indicazioni diverse/ridotte rispetto al griffato è invece connesso a un problema registrativo e a uno brevettuale. In passato, la domanda di autorizzazione alla commercializzazione (AIC) di un farma-co veniva presentata a livello nazionale. Per farmaci approvati da tempo è quindi possi-bile un disallineamento delle indicazioni, in quanto ogni paese era libero di accettare o meno la dimostrazione clinica dell’efficacia di un medicinale in una data indicazione. Se

Figura 2.

Requisiti per la bioequivalenza imposti dalla FDA.

* Intervallo di confidenza al 90%: è un intervallo di valori, calcolato dai dati del campione, che con una certa probabilità (pari al livello di confidenza del 90%) permette di essere nel giusto affermando che il vero valore del parametro studiato è compreso all’interno dell’intervallo stesso.1 Raccomandazioni del Gruppo di Studio LICE in Merito all’Utilizzo di Prodotti Generici di Farmaci Antiepilettici.

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Tempo

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Congress report Migliorare le cure in un periodo di crisi: mission impossibile?

30 Rivista Società Italiana di Medicina Generale

quindi nel paese (ad es. Germania, Olanda, UK, ecc.), usato come riferimento per la procedura di ottenimento dell’AIC in Italia, l’originatore non aveva le stesse indicazioni dell’Italia, il prodotto equivalente autoriz-zato in Italia veniva autorizzato per le sole indicazioni comuni ai due paesi. Questa è una situazione transitoria. In primo luogo perché l’EMA ha riconosciuto che le dif-formità nei testi degli stampati approvati costituiscono un’anomalia e la direttiva 2001/83 esplicitamente prevede un pro-gramma di armonizzazione dei testi che è già in corso e verrà completato nei prossimi anni. In secondo luogo perché attualmente le richieste di AIC da parte degli originatori sono presentate quasi esclusivamente con procedure europee (quindi con le stesse indicazioni). Pertanto i prossimi prodotti equivalenti avranno indicazioni armonizzate. L’ostacolo brevettuale nasce dal fatto che il farmaco originatore ha la possibilità di otte-nere la copertura brevettuale non soltanto per la molecola ma anche per indicazioni terapeutiche specifiche. Questo fa sì che ci possano essere indicazioni con scadenze brevettuali successive a quella associata al primo brevetto sulla molecola. Al produttore del farmaco equivalente sarà quindi preclu-sa la possibilità di menzionare nel riassunto delle caratteristiche del prodotto e nel foglio illustrativo tutte le indicazioni che hanno una copertura brevettuale successiva a quella del primo brevetto. Si tratta anche in questo caso di una situazione transitoria in quanto alla scadenza della copertura bre-vettuale dell’indicazione, il produttore del farmaco equivalente avrà il diritto di inse-rirla nel riassunto delle caratteristiche del prodotto e nel foglio illustrativo.Le differenze nelle indicazioni approvate determinano di fatto una maggiore difficoltà dei generici ad affermarsi nelle gare ospe-daliere e conseguentemente a diffondersi sul territorio. Per ovviare a tale problema, è in corso un programma di armonizzazio-ne dei fogli illustrativi da parte dell’EMA. L’AIFA ha provveduto a creare le “liste di trasparenza”, ovvero una lista di farmaci generici che possono sostituire il farmaco griffato. Tale lista presente sul sito web dell’AIFA viene aggiornata periodicamente, ma a mio avviso non è sufficiente, in quanto non risolve un altro aspetto critico: lo switch

da un generico a un altro (problema della sostituibilità). Infatti lo switch tra generici di marche diverse potrebbe causare variazioni eccessive nelle biodisponibilità del principio attivo, aumentando il rischio di fallimen-to terapeutico o tossicità da farmaco. Tale rischio è piuttosto remoto perché l’obbligo di rispettare il limite del ±20% spinge i pro-duttori a mantenersi entro margini di diffe-renza quasi sempre inferiori al 10%. Non si possono tuttavia del tutto escludere delle implicazioni cliniche quando la sostituibilità con farmaci generici riguarda principi atti-vi con basso indice terapeutico, come nel caso di alcuni antiepilettici, anticoagulanti orali, immunosoppressori ecc. Una buona prassi in questo caso è quella di utilizzare sempre la stessa specialità medicinale, sia essa un farmaco originatore o generico. Per i farmaci registrati in USA come generici, è a disposizione una pubblicazione (Orange Book) dall’FDA, che riporta i risultati degli studi di confronto tra ciascun farmaco generico e l’originatore. La stessa cosa potrebbe fare l’AIFA inserendo nel proprio sito web tutta la documentazione fornita dal produttore del generico ai fini dell’AIC. Questa operazione di trasparenza potrebbe incrementare la fiducia degli operatori sani-tari e dei cittadini italiani, la cui percezione del generico è ancora quella di un farma-co di serie B, come dimostrato da diversi studi che evidenziano come un paziente cui il farmaco originatore viene sostituito con il generico ha maggiore probabilità di attribu-ire al farmaco eventuali problemi di ineffica-cia o di eventi avversi (effetto nocebo).

Farmaci sì e no … Criticità … Opportunità …Saffi GiustiniArea Farmaco SIMG

Senz’altro l’argomento delle prescrizioni di farmaci branded o farmaci generici neces-sita una riflessione sulle criticità emerse e sulle opportunità che stanno emergendo.I fattori critici sono i soliti: in questo momento non abbiamo nessuna innova-zione nella penna della Medicina Generale, nessun controllo sull’assunzione finale del farmaco che abbiamo prescritto (farmaco-vigilanza), nessuna assunzione di responsa-bilità nella riduzione nel numero dei farmaci

per i pazienti in politrattamento e nessuna assunzione di responsabilità nel segnalare le reazioni avverse.Manca per il MMG una giusta informazione e anche se il MMG non è il primo prescrit-tore dei farmaci innovativi dovrebbe comun-que avere un percorso culturale e formativo che gli permetta di prescrivere un giusto farmaco specialmente per i pazienti in poli-trattamento.Sarebbe necessario un database bibliogra-fico ad accesso rapido per il MMG con le vere schede tecniche dei farmaci. Le grandi opportunità sono date dal fatto che, dopo 50 anni le grandi patologie cosiddette “sociali” (ad es. il diabete, l’iper-tensione …) sono coperte quasi totalmente dai farmaci genericati e che poca innova-zione non vuol dire non poter curare bene i pazienti, che è un aspetto che va al di là di qualunque dibattito su innovativi e generici. Il dato dell’OSMeD al 2010 sulle prescri-zioni dei generici ci attestano intorno al 18% contro il 70/75% degli Stati Uniti benché il trend prescrittivo sia in continuo aumento.Il problema è l’aderenza al trattamento, e con i sistemi informatici che sono a disposi-zione ma di cui non tutti sono dotati potrem-mo essere davvero aiutati per abbattere il problema dell’aderenza al trattamento e dell’inerzia terapeutica.

Gli ostacoli al miglioramentoGerardo MedeaArea Metabolica SIMG

Esistono nella pratica clinica alcuni ostacoli vecchi e nuovi che si oppongono al miglio-ramento dei risultati di cura nella gestione dei malati cronici.L’alto numero di pazienti da tenere sotto controllo e l’elevata complessità sono tra le ragioni principali e più note. Per esempio, un MMG con 1500 assistiti ha in carico tra i 300 e i 400 ipertesi, almeno un centina-io di diabetici e tra i 250 e i 300 con alto rischio cardiovascolare. I dati oggi disponi-bili dimostrano che in questo folto gruppo di soggetti sono ancora presenti molti casi di inadeguata prescrizione dei farmaci oppure di scarsa continuità ed aderenza alla tera-pia. E ciò accade nonostante sia noto che i soggetti con adeguata compliance hanno

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Congress reportMigliorare le cure in un periodo di crisi: mission impossibile?

31Rivista Società Italiana di Medicina Generale

risultati clinici nettamente migliori rispetto ai non complianti. Ma esistono anche nuovi e più recenti ostacoli: per esempio le sempre maggiori pressioni “amministrative” per contenere la spesa farmaceutica, l’aumento dei costi a carico dei pazienti legati all’aumento dei Ticket e\o alla riduzione delle fasce esenti o all’ancora basso utilizzo dei generici. L’Italia da questo punto vista è fanalino di coda tra i Paesi europei.Non sono da trascurare anche i fenomeni di “confondimento” del paziente legati alla sostituzione in farmacia dei farmaci pre-scritti, con generici che però possono varia-re in base alla disponibilità e che hanno un sistema di confezionamento diverso, sia pur per farmaci perfettamente tra loro identici. E in assenza soprattutto di una lista di bio-equivalenza tra farmaci generici prodotti da brand diversi.Molte di queste criticità sono di sistema e quindi la soluzione non dipende dal MMG, ma per molte altre una migliore organizza-zione del lavoro, piuttosto che l’applicazione di norme amministrative di legge permette-rebbero di evitare molti casi di abbandono della terapia e di mancato raggiungimento dei target terapeutici.

Usare al meglio i farmaci: miti e realtàRoberto Trevisan USC Diabetologia, Ospedali Riuniti di Bergamo

La spesa sanitaria in Italia, come in tutti i paesi avanzati, continua a crescere a un ritmo superiore all’incremento del prodotto interno lordo, che negli ultimi anni di crisi economica globale tende addirittura a dimi-nuire. Nonostante tutti i tentativi di conte-nimento della spesa sanitaria attraverso le continue spending reviews, le proiezioni mostrano che nei prossimi anni continue-rà ad aumentare. La causa principale è senz’altro l’invecchiamento della popola-zione.Nel settore della diabetologia la situazione è ulteriormente aggravata dall’aumento dei pazienti affetti da questa patologia, che secondo i dati raccolti dai database delle esenzioni della Regione Lombardia sono aumentati, negli anni dal 2001 al 2007,

del 38%. Ad aggravare la situazione è il dato che più del 50% dei pazienti con dia-bete ha più di 65 anni e dunque è affetto da comorbidità.Secondo le proiezioni della House Ambrosetti la spesa sanitaria in Italia, se davvero i pazienti diabetici continueranno ad incrementare, è destinata ad aumenta-re nei prossimi anni di circa 2.3 miliardi di euro, di cui il 9,8% del totale destinato ai pazienti diabetici.Lo Stato nel tentativo di evitare un aumento del debito pubblico ha mantenuto sostan-zialmente invariata la percentuale di risor-se per la sanità negli ultimi anni. La spesa aggiuntiva ricade sempre di più direttamen-te sui cittadini. In Europa in media il volume dei farmaci generici distribuiti ammonta al 50% e con-tano per circa il 20% del valore di mercato. La media in Italia è intorno al 13% e si aggi-ra su livelli di Grecia, Spagna e Portogallo, ed anche questo è senz’altro un dato indicativo. Per fortuna però l’andamento del mercato è in significativo aumento, e come sempre il nostro paese mostra delle disparità evidenti tra regioni: contro una media nazionale del 13%, nella provincia di Bergamo ad esempio per i pazienti diabeti-ci si arriva quasi al 50% delle prescrizioni di farmaci generici anziché brand, grazie all’attenzione dei medici, all’educazione dei cittadini e alle ASL.L’aumento della spesa farmaceutica da parte del cittadino potrebbe esporre le persone affette da patologie croniche e quindi ad alto rischio di morbilità e morta-lità precoci, al rischio di non poter affron-tare i costi diretti del farmaco e di con-seguenza di non curarsi adeguatamente e con continuità. I dati ottenuti da studi sulla popolazione con patologie croniche sono preoccupanti perché dimostrano che l’aumento della compartecipazione alla spesa dei farmaci conduce a una ridu-zione dell’assunzione dei farmaci stessi. Uno studio condotto negli USA ha messo in luce dati allarmanti: per i pazienti la cui assicurazione non copre la differenza di costi tra il farmaco generico e il farmaco brand, il paziente diminuisce del 25% l’ac-quisto e dunque l’assunzione, non solo del farmaco per il diabete, ma anche degli altri a lui necessari.

In particolare desta preoccupazione il dato che siano soprattutto i diabetici (ma in parte anche gli ipertesi e i dislipidemici) ad assu-mere meno farmaci se costretti a pagare un costo più alto. Poiché il diabete è una con-dizione cronica progressiva, ciò sicuramen-te rischia di accelerare la comparsa delle complicanze micro- e macroangiopatiche. Per i dati italiani è in corso uno studio reso possibile grazie alla regione Lombardia che ha messo a disposizione i database di 5 ASL Lo studio è stato condotto selezionan-do i pazienti a cui nel periodo da gennaio a dicembre 2008 è stata prescritta alme-no una volta la metformina. Questi pazienti risultano essere 75.000 e sono stati seguiti per un periodo di 34 mesi. L’analisi della persistenza (vale a dire l’assunzione continuativa del farmaco) è stata fatta considerando un periodo di non assunzione della metformina di 90  gg, successivamente prolungato a 180. Ad eccezione della sola ASL di Lecco, nelle restanti ASL (che cubano circa il 90% dei pazienti considerati) i pazienti che assu-mevano il generico avevano una maggio-re persistenza. Anche per la compliance (vale a dire l’assunzione del farmaco nei dosaggi indicati), ad esclusione della ASL di Lecco, i dati sono a favore del generico.Per quello che riguarda gli outcome, pren-dendo in considerazione le ospedalizzazioni e le morti, i dati non mostrano differenze rilevanti. Non ci sono inoltre differenze significative tra i pazienti che assumono farmaci brand o generici per quello che riguarda i costi collegati, come ad esempio prescrizione di altri farmaci, ricoveri, visite specialistiche e esami.Questo è fondamentale, dal momento che tutti gli ultimi studi di intervento hanno dimostrato l’importanza della assunzio-ne precoce e continuativa del trattamento farmacologico per la riduzione delle com-plicanze legate alle patologie croniche. Nel diabete, per esempio, è stato visto che solo un trattamento precoce e aggressivo volto a mantenere un buon controllo glicemico è in grado di ridurre in modo significativo la comparsa delle complicanze micro- e macro-angiopatiche. Un intervento tardivo, al contrario, non si associa a significativa riduzione della morbilità e mortalità. In Italia, il ticket è una modalità importante

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Congress report Migliorare le cure in un periodo di crisi: mission impossibile?

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con cui i cittadini contribuiscono alla spesa sanitaria: l’utilizzo dei farmaci equivalenti o “generici” con un costo minore sicuramen-te è in grado non solo di ridurre la spesa farmaceutica, ma anche e soprattutto di aumentare l’adesione alle terapie da parte dei pazienti cronici.

Gli strumenti di miglioramento nella pratica quotidianaAlessandro FilippiArea Cardiovascolare SIMG

Il ruolo del MMG deve essere sempre più volto ad individuare da subito quelle situa-zioni di non aderenza alla terapia che, per i problemi che abbiamo analizzato fino a ora, restano una grande criticità per il nostro lavoro.Ci vengono in aiuto le nuove tecnologie, che ci permettono di creare e tenere aggiornati software in modo tale da poter capire a colpo d’occhio il tipo di lavoro che abbiamo fatto e che il paziente sta facendo con noi anche per quei soggetti che non vediamo costantemente. Anche in questi casi un’occhiata panoramica alla sua situazione ci rende evidente quali siano i farmaci che ancora non abbia-mo prescritto o che non sta prendendo. Ugualmente per i controlli periodici che molti non fanno, e a cui possiamo invia-

re brevi messaggi in automatico come reminder.Ci sono senz’altro dei segnali di scarsa compliance di cui dovremmo accorgerci, ad esempio problemi psicologici come la depressione, la scarsa comprensione e fiducia nel trattamento da parte del paziente, gli ostacoli all’assunzione del farmaco (problemi di vista, di memo-ria…), il mancato rispetto dei controlli, non ultima la spesa a carico del paziente e molti altri.

“La scarsa aderenza alle terapie croniche compromette gravemente l’efficacia del trattamento caratterizzandosi come un elemento critico per la salute della popo-lazione sia dal punto di vista della quali-tà di vita che dell’economia sanitaria … Interventi tesi ad aumentare l’aderenza consentono un significativo ritorno degli investimenti sia in prevenzione primaria sia in prevenzione secondaria … L’aderenza è un importante “modificatore” dell’efficacia dei sistemi sanitari … Aumentare l’ade-renza terapeutica può avere un impatto sulla salute della popolazione molto mag-giore di ogni miglioramento di specifici trattamenti terapeutici”

World Health Organization

In questo senso sono molto interessanti i risultati che evidenziano cosa capiscono effettivamente i pazienti dopo una visita:

ricordano solo il 27% dei nomi delle medi-cine prescritte, il 37% degli scopi di assun-zione dei medicinali, il 14% delle possibili reazioni avverse, ma addirittura della dia-gnosi finale hanno una percezione non oltre il 42%.Il crollo dell’aderenza si ha nei primi 3 mesi del trattamento fino ai 6 mesi, se perdia-mo il paziente in quel periodo diventa molto difficile poter recuperare. Quindi è fonda-mentale concentrare le nostre energie in questa prima fase, poiché è assolutamente un investimento anche in termini di tempo. In sintesi, ogni nuova prescrizione dovrebbe essere fatta sempre bene, seguendo cioè una check list di questo tipo: condividere gli obiettivi del trattamento con il paziente, programmare più controlli nei primi 3-4 mesi (e non solo a fine trattamento), fornire le informazioni e lo schema terapeutico per iscritto al paziente, consigliare le scatolette-dispensa (pill box), che con spese limitate permettono di preparare la terapia ed è provato che aiutino a migliorare l’aderenza al trattamento, verificare quanto più spesso possibile attraverso software di gestione del paziente l’andamento della terapia.Per concludere, è importante ricordarsi sempre che con queste poche accortezze potremmo migliorare effettivamente la vita dei nostri pazienti.