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Coordinamento Nazionale di Sostegno ai Nativi americani http://www.associazioneilcerchio.it periodico Anno XIII n°1 - 2008 prezzo di copertina 2,95 euro Spedizione in A.P. - art. 2 comma 20/c L. 662/96 - Firenze In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio Postale di Firenze CMP detentore del conto per la restituzione al mittente che si impegna a corrispondere la relativa tariffa In questo numero: speciale MAPUCHE MANIFESTAZIONE A GENOVA 11 E 12 OTTOBRE notizie dalle terre APACHES Notizie dal mondo indigeno Le lotte dei MAORI e degli INUIT

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Coordinamento Nazionale di Sostegno ai Nativi americanihttp://www.associazioneilcerchio.it

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In questonumero:

specialeMAPUCHE

MANIFESTAZIONE AGENOVA

11 E 12 OTTOBRE

notiziedalle terreAPACHES

Notizie dal mondoindigeno

Le lotte deiMAORIe degliINUIT

Coordinamento Nazionale di Sostegnoai Nativi Americani

Anno XIII n0 1- 2008

(in stampa a luglio)

Proprietario / Editore:Ass. IL CERCHIORegistrazione Tribunale di Firenze n° 5112 del 18-10-01

Direttore Responsabile:Fabrizio Lucarini

Redazione:Associazione Il CerchioGrafica e impaginazione:Valentino Receputie Luisa CostalbanoAbbonamenti e diffusione:Toni VentreSegreteria e revisione testi:Luisa CostalbanoRecapito redazionale:c/o Toni VentreVia San Cresci, 1950032 Borgo San Lorenzo (FI)E.mail: [email protected]; [email protected]

Impianti e Stampa:Fotoincisione TaniniVia Primo Maggio 72Loc. Rosano50065 Pontassieve (FI)

Quota associativa per un anno 26 Euroda versarsi sul conto corrente postalen° 26748509Intestato a:Associazione IL CERCHIOvia San Cresci, 1950032 Borgo San Lorenzo (FI)(Pregasi scrivere in stampatello)

Il Materiale inviato, anche se non pubblicato, non verrarestituito (a meno di accordo preventivo).Gli articoli firmati non rispecchianonecessariamente l’opinione della redazione.Rimaniamo a disposizione degli eventuali aventi dirittocon cui non sia stato possibile entrare in contatto;ricordando che la rivista non ha scopo di lucro.Chiunque voglia collaborare può scrivere o telefonare.Negozi, Enti, Associazioni e singoli diffusori usufruisconodi sconti speciali. In questo caso le copie verrannospedite in contrassegno.

SOMMARIO3 Editoriale

Comitato 11 ottobre

4-5 Manifesto

6 Programma

7 I popoli indigeni alle Nazioni Unite

10 Le scuse e i rapporti di potere

10 Il Canada chiede scusa ai Nativi

12 “Non siamo più negli USA” la protesta deiLakota

Speciale Mapuche

14 Intervista a Tico Tricot

20 Due italiani espulsi dalle terre Mapuche

20 Cronaca di un viaggio a Washington

21 Campagna per la liberazione dei prigionieripolitici Mapuche

23 L’antiterrorismo contro il popolo Maori

24 I popoli indigeni dell’Artico

Apaches

26 L’N.S.A. vuole le terre degli Apaches

28 La Corsa Sacra della Val Camonica

30 Ancora sul telescopio

Rubriche e varie

33 Notizie dal mondo indigeno

36 Presentazione di Gaia Terra

38 Il bastone della parola - lettere al Cerchio

39 Le tribù del Cerchio

IL CERCHIO

Il Cerchio 2

in copertina, un disegno di Auro Basilicò(che ringraziamo)

Il Cerchio 3

ATTENZIONE:

IL SITODELL’ASSOCIAZIONE E’

www.associazioneilcerchio.it

MAIL

[email protected]

Questi i riferimenti dell’ostello:Ostello di Genova Tel 010 2422457Via (Passo) G. Costanzi 10, Genova

[email protected] /www.ostellogenova.it

Salve a tutti

Lo scorso anno in ottobre, all’incontro del Cerchio vicino a Perugiaavevamo deciso, assieme alle altre associazioni intervenute, di intrapren-dere alcune azioni comuni.

La prima iniziativa è stata la campagna, già lanciata da Survival, perchiedere che anche l’Italia ratifichi la Convenzione 169 dell’Organizzazione Inter-nazionale del Lavoro (ILO), strumento giuridico vincolante a cui i popoli indigeni possonoricorrere quando siano violati i loro diritti. La campagna per la ILO 169 è tuttora in atto.In secondo luogo avevamo deciso di scrivere un documento in appoggio alle proteste

indigene contro le celebrazioni del Columbus Day, che è stato pubblicato nello scorso nume-ro del giornale, documento che è stato apprezzato da associazioni indigene oltreoceano e haricevuto anche delle risposte.

Infine, avevamo deciso di organizzare tutti insieme una manifestazione culturale a Geno-va l’11 e 12 ottobre, da ripetersi possibilmente anche negli anni futuri, e cercando di coin-volgere anche altre realtà che in Italia si occupano di popolazioni indigene. Il perno centrale diquesti due giorni di eventi culturali saranno i concetti di r-esistenza e di memoria.A questa iniziativa, infatti, si raccorda anche la campagna per richiedere al Parlamento italianol’istituzione di una “GIORNATA DELLA MEMORIA DEL GENOCIDIO DEI POPOLI INDI-GENI”.Nelle pagine seguenti trovate il manifesto e il programma provvisorio dell’iniziativa. Per chifosse interessato a venire a Genova, lasciamo in fondo alla pagina i riferimenti dell’ostello,dove pernotteremo anche noi dell’organizzazione. Per avere il programma definitivo scrive-teci una mail verso metà ottobre o guardate sul sito dell’associazione.

A pagina 10-11 trovate un articolo sulla recente vicenda delle scuse ufficiali del Canada ainativi per le violenze subite negli istituti religiosi dove i bambini venivano inseriti a forza, dopoessere stati letteralmente strappati alle loro famiglie.

A tale proposito vogliamo segnalarvi che a novembre sarà in Italia, invitato dal Cerchio, ilregista Kevin Annet, che presenterà un documentario sull’argomento; le tappe del suo tourtoccheranno le città di Roma, Firenze, Pordenone, Torino. Per saperne di più contattate leassociazioni locali (vedi penultima di copertina) o consultate il nostro sito in prossimità dinovembre.Kevin Annett è il produttore di un documentario-inchiesta sulle violenze subite dai bambiniindiani nelle scuole cattoliche canadesi, per le quali il governo canadese ha riconosciuto ri-

sarcimenti danni per oltre 600 milioni di dollari alletribù canadesi. Questo documentario ha vinto nel2006 l’Indipendence Film Festival di New York. Peravere maggiori informazioni sul documentarioconsultate il sito: www.hiddenfromhistory.org

La Redazione

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MANIFESTO DI COSTITUZIONEDEL COMITATO 11 OTTOBRE

per l’istituzionedella Giornata della Memoria

del Genocidio dei Popoli Indigeni

Nell’epoca della globalizzazione “forzata” in cui siamo portati a pensare che sia inevitabile laprogressiva e inesorabile omogeneizzazione delle culture e dei popoli, è fondamentale dare voce atutti i popoli indigeni che ancora oggi, nonostante secoli di genocidio fisico e culturale, continuanoa r-esistere e affermare un modo diverso di rapportarsi con la Madre Terra.

Il Comitato 11 Ottobre, formato da gruppi e associazioni che da molti anni sibattono per il diritto all’autodeterminazione dei popoli indigeni di tutto il pianeta, si è costituito aGenova il 13 aprile 2008 allo scopo di diffondere la conoscenza di una storia diversa da quellascritta dai vincitori e promuovere iniziative di supporto a tutte le rivendicazioni che oggi, faticosa-mente, i popoli nativi portano avanti.

Per fare ciò pensiamo sia necessario partire dalla consapevolezza che ad una strada lastricatad’oro “scoperta” dai colonizzatori ne è corrisposta un’altra, di lacrime e sangue, sofferta dai colo-nizzati. La metafora può apparire forte ma di fatto siamo a ricordare un genocidio perpetrato sumilioni di persone e migliaia di popoli e culture. Non serve oggi, e non lo vogliono i popoliindigeni, focalizzare l’attenzione e l’analisi su quanto è avvenuto in passato, però ignorare la storianon produce pacificazione ma rancori.La possibilità di costruire un futuro fondato su un vero rapporto di rispetto e incontro reciprocodeve partire dal riconoscimento di ciò che è accaduto, e continua ad accadere anche oggi ai popoliindigeni in ogni parte del mondo, dal Botswana al Tibet, dalle Americhe all’Oceania.

A tale scopo il Comitato 11 Ottobre si propone di realizzare, per l’11 e 12 ottobre 2008, duegiornate di incontri ed eventi culturali incentrati sulla resistenza dei popoli indigeni, intesa comefiera conservazione della propria dignità e identità culturale. Il proponimento del Comitato èquello di riproporre questa iniziativa anche negli anni futuri, dando voce ai popoli indigeni conl’intento anche di iniziare uno scambio di pensieri, tradizioni e valori tra le culture.Quest’anno gli eventi vedranno protagonisti esponenti della cultura nativa americana (scrittori,artisti, danzatori) che ci porteranno la testimonianza di quanto ancora oggi sia viva la propriacultura e di quanto sia importante resistere “in positivo” per realizzare spazi autonomi di sovranitàe autodeterminazione così come previsti dalla Convenzione ILO 169 e dalla Dichiarazione deiDiritti dei Popoli Indigeni approvata recentemente dalle Nazioni Unite.

Per questo il Comitato 11 Ottobre sostiene una campagna affinché anche il nostro Paese ratifichi

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la Convenzione ILO 169, unico strumento giuridico internazionale vincolante su cui i popoli in-digeni e tribali possono contare per ottenere il riconoscimento dei propri diritti.

Infine, le due giornate di eventi rappresenteranno l’occasione per lanciare una campagna perrichiedere al Parlamento italiano l’istituzione di una “GIORNATA DELLA MEMORIA DELGENOCIDIO DEI POPOLI INDIGENI” in corrispondenza dell’11 Ottobre.La scelta di questa data vuole ricordare, in modo simbolico, l’ultimo giorno di libertà dei popoliindigeni americani, nella speranza che il cerchio spezzato si possa ricomporre per le generazionifuture.

Al Comitato 11 Ottobre aderiscono:

Associazione Alter-Nativi (Roma)Associazione A SUD (Roma)Associazione Ecomapuche (Como)Associazione Gaia Terra (Roma)Associazione Huka Hey (Pordenone)Associazione Hunkapi (Genova)Associazione Il Cerchio

(Coordinamento nazionale disolidarietà ai/dai Nativi americani)

Associazione Kiwani-Il Risveglio (Firenze)Associazione L’Ochin (Camogli – GE)Associazione Sesto Sole (Bergamo)Associazione Soconas Incomindios (Torino)Associazione Wambli Glesca (Ravenna)Coordinamento Ligure DonneLatinoamericane (Genova)Coordinamento per la Difesa di M. Graham(Modena)Gruppo Heyata (Vicenza)

Con il supporto di :

IGruppo Osimo-AnconatalyAIM.itNativi Americani.it

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PROGRAMMA PROVVISORIOEVENTO GENOVA 11-12 OTTOBRE 2008

Il programma è ancora in via di definizione; per conoscere il programma definitivo mandate una mail a fine settem-bre a: [email protected] o a [email protected]

SABATO 11 OTTOBRE

Dalle ore 10,00 alle ore 17,00Sala Gianni Barabino via Macaggi 92 A R – 92 A R – 16121 GenovaSeminario “LA MEMORIA DELL’AMERICA INDIGENA – testimonianze di un genocidio”(documenti e racconti del passato e contemporanei; contributi di Nativi Americani, rappresentanti diassociazioni indigene e italiane in loro appoggio)Relatori:- Delores Huff (Cherokee)- Lance Henson (Southern Cheyenne)- Rappresentante Indigeno dell’Alaska- Carlos Moraga (Mapuche)- Maria Eugenia Esparragoza (Coordinamento Ligure Donne Latinoamericane)- Mayela Barragán (Coordinamento Ligure Donne Latinoamericane)- Alejandrina Bolaños : Poesia in quechua (Coordinamento Ligure Donne Latinoamericane)- Gregoria Díaz : Poesia in guaraní (Coordinamento Ligure Donne Latinoamericane)- Graciela del Pino : Canto in quichua (Coordinamento Ligure Donne Latinoamericane)

Ore 13.00Buffet con assaggi di alcuni piatti latinoamericani che saranno preparati gratuitamente dal Coordi-namento Ligure Donne Latinoamericane a fronte di un contributo finanziario unicamente per l’acqui-sto degli ingredienti dei piatti.

Ore 21,00(Luogo da definire) “EMOZIONI DALL’AMERICA INDIGENA – parole e suoni dei Nativi americani”interventi di:- Delores Huff (Docente Native American Studies presso l’Università della California - Cherokee)- Lance Henson (poeta-Southern Cheyenne)- Indigeno Alaska- Tlahkuilo Arreola (artista e danzatore Yaqui)- Carlos Moraga (esule Mapuche)- Susan Simayai (danzatrice Masai)

DOMENICA 12 OTTOBRE

Ore 11,00(Luogo da definire, in ogni caso all’aperto)CERIMONIA DI CHIUSURA a cura dei rappresentanti Nativi

A seguirePerformance teatrale “L’UOMO ALBERO” a cura della Compagnia teatrale “L’Ochin” di Camogli-GE

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I popoli indigeni alle Nazioni Unitedi Verena Graf

1. Il percorso dei popoli indigeni alleNazioni Unite

- Il primo indiano che venne nel 1923 aGinevra, all’ONU - a quell’epoca allaSocietà delle Nazioni -, fu il capoirochese Deskaheh per presentare lasua causa, quella di una nazionesoverana; tentò ancora un’altra voltanel 1930, ma a quel tempo quelle azio-ni rimasero senza esito. [Una paren-tesi: gli irochesi hanno un loro passa-porto che naturalmente non tutti gliStati riconoscono. Possono venire inSvizzera per recarsi all’ONU (ONU es-sendo extraterritoriale), negli anni1980 ero della comitiva che trafugòun irochese in macchina da Ginevra aMilano per una conferenza, senza pro-blemi.]

- Nel 1977, il Sotto-Comitato sul razzi-smo, la discriminazione razziale,l’apartheid e la decolonizzazione delComitato Speciale delle ONG interna-zionali per i Diritti Umani organizzò(20-23 settembre) una conferenza in-titolata “Discriminazione delle popola-zioni indigeni nelle Americhe” alla qualeparteciparono 250 indigeni.

- Nel 1981, si tenne la seconda “Confe-renza internazionale delle ONG sui po-poli indigeni e la terra” (15-18 settem-bre).

La presenza di indigeni nei loro costumi e ap-parati da festa con le piume e scettri attira-rono stupore e attenzione non solo della po-polazione ginevrina che li osservava incam-minarsi a passo lento e posato per le vie diGinevra verso il Palais des Nations, ma an-che quella internazionale, cioè dei funzionarie diplomatici che si spostano in grandilimousine più volte con chauffeur. Le due con-ferenze possono essere considerate come ipreliminari della apparizione vera e propriadella causa indigena.

2. Una dichiarazione che riconosce ipopoli indigeni

Nel 1982 la Sotto-Comissione sulla Preven-

zione della Discriminazione e Protezione del-le Minoranze (a sua volta una emanazionedella Commissione dei Diritti Umani) creò unGruppo di Lavoro sulle Popolazioni Indigeni. Iprimi anni, per mancanza di conoscenza eforse di mezzi, solo pochi rappresentanti in-digeni vennero ad assistere. Alla LIDLIP (l’or-ganizzazione che rapresento) fu chiesto diintervenire per presentare una causa di indi-geni del Brasile. Il secondo anno fu il turno diindigeni del Paraguay, in seguito vennero lorostessi in persona e sempre più numerosi. Ven-nero non solo numerosi ma cominciarionoad appropriarsi di questa istanza, anche se ilGruppo di Lavoro è in realtà composto soloda 5 membri che sono 5 esperti della Sotto-Commissione. Alle riunioni che durante annidurarono una settimana all’anno, assistette-ro anche i delegati degli Stati, in particolarequelli che erano stati messi in questione dairapresentanti indigeni nelle loro dichiarazioniorali. Assistettero anche le organizzazioni nongovernative (ONG), gli studiosi e anche deicuriosi, un vero evento indigeno nelle murabianche e scialbe del Palais des Nations con isuoi eventi laterali colorati, incontri, proiezio-ni di film, manifestazioni, feste, etc. La parte-cipazione aumentò d’anno in anno e arrivò apiù di mille rappresentanti. Si produssero glistessi fenomeni, come succede nelle riunionidell’uomo bianco. Quelli del Nord, più istruiti,formati. alcuni giuristi, contro quelli del Sud,più modesti anche nel loro atteggiamento. Ilclivaggio Nord-Sud continuò ad esistere perun certo tempo. Poi man a mano che anda-vano avanti i lavori, quelli dell’elaborazione diun progetto della Dichiarazione sui Diritti dei

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Popoli Indigeni si verificarono anche deifenomeni del lobbying da parte di Stati inproprio favore; lobbying su alcuni gruppio rappresentanti di popoli indigeni, pernon chiamarlo, corruzione, secondo ilmotto divide et impera. Dopo le sessioniformali che solitamente terminavano alle18, i vari rappresentanti si riunivano inconclave; gli anglofoni in una sala e glihispanofoni in un altra. In seguito, si riu-nivano insieme per nominare un porta-voce per ogni gruppo e i non indigeni era-no esclusi del conclave. In una delle riu-nioni, che credevo formale, fummo invi-tati di lasciare la sala, io, Svizzera e ilVaticano. I lavori di redazione e elabora-zione del progetto della Dichiarazione dura-rono 20 anni, 20 anni di lotta verbale fra irappresentanti indigeni e i rappresentanti de-gli Stati. Dopodiché iniziò però l’iter onusianoper passare all’istanza superiore, quella dellaSotto-Commissione. Il progetto della Dichia-razione fu aprovato nel 1993 e quest’ado-zione fu relativamente facile, perché la Sot-to-Comissione era composta da esperti indi-pendenti (non fungendo in veste di rappre-sentante di uno Stato). Per l’istanza succes-siva invece, la Comissione dei Diritti Umani,composta da 53 Stati non era pensabile cheil progetto potesse essere approvato tale qua-le. Venne creato allora un altro gruppo intito-lato Gruppo di Lavoro inter-sessione dellaComissione dei Diritti Umani sul Progetto diDichiarazione dei Diritti dei Popoli Indigeni. E ilavori si trascinarono per più d’un’altro de-cennio, scontrandosi su quei temi che erano iprincipali ostacoli per gli Stati e sui quali gliindigeni non volevano cedere:l’autodeterminazione, la terra e le risorse na-turali.La Comissione non riuscì a concludere il pro-cesso prima di essere abolita per cedere ilpasso alla riforma dell’ONU in materia di dirit-ti umani che portò alla nascita del Consigliodei Diritti Umani. Spettò al Consiglio, nella suaprima sessione (29 giugno 2006), cogliere ifrutti del precedente lavoro approvando la Di-chiarazione - non per consenso, come spe-rato - con 30 voti a favore, 12 astensioni e 2contro (Canada e Russia contro, astensioni:Algeria, Bahrain, Bangladesh, Ghana, Giorda-nia, Marocco, Nigeria, Filippine, Senegal, Tu-nisia e Ucraina). L’istanza ultima e supremain seno al sistema ONU, l’Assamblea Genera-le sulla cui tavola venne presentata la Di-chiarazione per l’approvazione, inciampò su

ulteriori difficoltà e rischiò il fallimento. Que-sta volta fu l’Africa ad opporsi e a fungere dacavallo di Troia per conto dei detrattori, cioédi quelli che non l’avevano avuta vinta. Risul-tò che il testo non era compatibile con uncerto numero di legislazioni nazionali degliStati africani. Incominciò allora un altro girodi consultazioni diplomatiche cioè una veragiostra diplomatica fra Stati acquisiti ai dirittidei popoli indigeni e Stati che vi si opponeva-no, a portavoce dei quali si eresse il Canada,che ancora qualche anno prima si trovavanell’altro campo. Dopo alcuni mesi di duri ne-goziati fra Stati, sotto la pressione dei perse-veranti lobbyisti indigeni in seno al Palazzo divetro, il 13 settembre 2007 si giunsefinalemente all’adozione di una dichiarazionecon 9 emendamenti, ‘minori’ per alcuni, im-portanti per altri.Tuttavia ancora una volta nonper consenso –144 a favore, 4 contro e 11astensioni. A Ginevra, Louise Arbour, AltaComissaria per i Diritti Umani chiamò questaadozione un “trionfo per la giustizia e la di-gnità umana”. Rappresenta certo un passoavanti per i 370 milioni di indigeni nel mondo;anche se è stata adottata in extremis, pro-babilmente ha evitato ulteriori negoziati, com-promessi e discussioni che solo avrebbero ri-schiato come risultato di portare ad una ul-teriore diluizione del testo originale al qualeavevano collaborato i rappresentanti indigenidurante tutti gli anni precedenti e che solonell’ultima istanza (Assamblea Generale) sierano dovuti accontentare della diplomaziadei corridoi.

3. Alcuni successi e risultati per gliindigeni

Nel 2001, un successo maggiore fu la nomi-

Il Cerchio 9

na di un Relatore Speciale sulla Situazione deiDiritti Umani e sulle Libertà Fondamentali del-le Popolazioni Indigene. Sin dalla sua nomina,Rodolfo Stavenhagen (messicano) ha indiriz-zato 196 comunicazioni a dei governi, 107appelli urgenti di denuncie su delle situazioni eha effettuato 10 missioni nei paesi su richie-sta di Stati, come anche di organizzazioni nongovernative. Il fatto che il nuovo Consiglio deiDiritti Umani abbia rinnovato il suo mandatoper 3 anni è certo un successo per gli indige-ni, meno lo è il fatto”che non abbia volutoaggiornare il titolo “popoli” invece di “popola-zioni” come sarebbe stato logico dopo l’ado-zione della Dichiarazione che giustamente siintitola “per i diritti dei popoli indigeni” e nonpopolazioni. Riappare la sempitèrna rivendi-cazione che si erge a ostacolo.Nel 1992, anno del cinquecentenario dellaConquista, Rigoberta Menchú Tum, una Mayadel Guatemala fu nominata Premio Nobel dellaPace e Ambasciatore delle Nazioni Unite. Que-sta nomina ha datoagli indigeni delmondo intero unimmensa spintaverso il riconosci-mento.

Nel 1993, l’ONUdichiarò il DecennioInternazionale del-le Popolazioni Indi-gene, che poi èstato rinnovato nel 2004. Inoltre il 9 agosto,è stato proclamato giornata mondiale dei po-poli indigeni che da allora in poi si celebraovunque nel mondo.

Da anni funziona un programma di appren-distato (internship) per candidati indigeni chepermette loro di acquisire per la durata di al-cuni mesi la conoscenza dei mecanismi e del-le procedure onusiane (Indigenous Peoples’sFellowship Programme).

Nel 2002, inizia a riunirsi a New York ilForum Permanente sulle Questioni Indigene;è composto da 16 membri, 8 rappresentantidegli indigeni e 8 rappresentanti governativi,nominati a titolo individuale. Un argomentospesso invocato per non rinnovare il Gruppodi Lavoro sulle Popolazioni Indigeni è che dopol’adozione della Dichiarazione tale gruppo ave-va terminato il suo compito e che sarebbestato ormai un doppione con il Forum Per-manente. La realtà è che il Forum Permanen-te, organo sussidiario, cioè che dipende e deveriferire direttamente all’ECOSOC, è gerarchi-

camente una istanza alta e importante e rap-presenta così un progresso storico negli sforzidei popoli indigeni per raggiungere l’ascoltodella comunità internazionale quel che testi-monia anche la sua parità di rappresentanzatra rappresentanti indigeni e rappresentantigovernativi. Difatti il Forum è un istanzaconsultiva per l’ECOSOC dove si discutonoquestioni riferentesi allo sviluppo economico,sociale e culturale, l’ambiente, l’educazione,la salute e i diritti umani. Mentre il Gruppo diLavoro era uno spazio più ampio e dove erapossibile presentare denuncie, rivendicazionie costituiva soprattutto un luogo di scambio,di elaborazione cosi come di assunzione dispecifiche posizioni da parte degli indigenistessi. Era anche il luogo che permetteva lorodi avere accesso al Relatore Speciale e sot-toporgli dossiers e rapporti su delle situazionida loro vissute. Un aspetto negativo persi-ste: alcuni rappresentanti indigeni possonoavere difficoltà ad ottenere il visto per gli StatiUniti poiché le sessioni del Forum Permanen-te hanno sempre luogo nella sede di NewYork.

4. Cosa rimane per gli indigeni dellariforma del sistema dei diritti umaniall’ONU

L’annuncio fatto nel Consiglio dei DirittiUmani, (settembre 2006) - durante l’aper-tura della sua 6° sessione - dal presidente edall’Alta Comissaria per i Diritti Umani dell’ado-zione finale della Dichiarazione da partedell’Assamblea Generale il 13 settembre2007, pur testimoniando soddisfazione (poi-ché era il Consiglio che l’aveva approvata perprimo), non raccolse l’entusiasmo scontato,bensì una reazione attenuata, logorata dallungo e arduo processo di più di 20 anni, edinoltre perché si era sperato di giungere aduna adozione per consenso, cosa che avreb-be conferito un valore perlomeno simbolico,superiore.

Il Consiglio non ha rinnovato il mandatodel Gruppo di Lavoro sulle Popolazioni Indi-geni, ha solo deciso tramite una timida riso-luzione, di tenere delle conversazioni infor-mali di una giornata e mezzo onde “scam-biare opinioni” su i mecanismi più appropriatiper continuare l’attività del Gruppo di Lavorosulle Popolazioni Indigene.”Il Consiglio ha invece approvato la creazionedi un Forum per le Minoranze, per 4 anni, madella durata di soli 2 giorni all’anno.

Il Cerchio 10

LE SCUSE E I RAPPORTI DI POTEREdi Luisa Costalbano

Sembra che negli ultimi dieci anni chiedere scusa sia venuto di moda..Ha inaugurato l’usanza Papa Wojtila chiedendo scusa per alcune delle nefandezze com-

messe dalla chiesa cattolica, tipo la “santa” inquisizione, la caccia alle streghe o ammetten-dosi di essersi sbagliati su Galilei.

Hanno proseguito i vari governi, con scuse tardive, false e vuote, come quelle dell’Australiaagli Aborigeni e ora quelle dal Canada ai nativi (oltre alla stessa chiesa: vedi le recentissimescuse di papa Ratzinger per gli abusi dei preti pedofili australiani).

Sono scuse tardive, che arrivano sempre dopo qualsiasi possibilità, per le vittime, non solodi essere salvate dalla violenza subita, ma anche dalle sue conseguenze.

Sono scuse false, perché di fatto lasciano invariato il rapporto di potere reale tra colui chechiede scusa e le sue vittime, anzi questo potere non viene messo neppure per un attimo indiscussione. Chi si scusa lo fa dall’alto del suo trono, reale o figurato; lo stesso atto delchiedere scusa è legittimato da quella posizione di potere. Immutato resta il rapporto diforza: colui che è più forte dichiara, esplicitamente, di aver schiacciato la sua vittima, eimplicitamente di avere la capacità di farlo di nuovo.

Sono scuse vuote, sterili perché non c’è in realtà nessuna intenzione di riparare realmenteal danno commesso, nell’unico modo possibile: riconoscere le vittime come reali soggetti didiritto, che significa riconoscere alle persone e ai popoli tutti i loro diritti, e innanzi tutto quelliall’esistenza e all’autodeterminazione. Che le vittime siano bambini indifesi o interi popolisottoposti a genocidio, che il delitto sia l’abuso o la sottrazione di terre o l’annientamentofisico e culturale. Il risarcimento economico non può riparare nulla, ma anzi rafforza l’idea chequalunque cosa può essere comprata, anche la sofferenza.

Quindi perché questa corsa a chiedere scusa? A chi giova?Chiediamoci a chi si rivolgono realmente questi governanti, quando chiedono scusa con

questa pompa magna mediatica. Plausibilmente, non solo alla ristretta cerchia delle vittime diun’ingiustizia, ma ad un più vasto pubblico di adepti/fedeli/governati.

Chiedendo scusa ci si redime agli occhi di tale pubblico, e quindi ci si auto-riabilita e, infine,auto-assolve. Oltre a farsi una discreta pubblicità gratuita, a spese, ancora una volta dellevittime.Quindi non solo la dichiarazione di scusa è legittimata dalla posizione di potere, ma di fatto larafforza a sua volta.

IL CANADA CHIEDE SCUSA AI NATIVI“RISARCIREMO ABUSI E VIOLENZE”

I bimbi indigeni venivano strappati alle famiglie e costretti all’integrazione. Un’inchiesta scoprìsoprusi fisici e sessuali in oltre 100 istituti con 150 mila vittime. Scuse storiche di Stato con undiscorso del premier in Parlamento e un fondo di 2 miliardi di dollari da destinare a ex studenti e

discendenti

THOMAS Loutit ha passato otto anni inquella scuola. Otto anni in cui è stato obbli-gato a cancellare la sua identità culturale eetnica. Otto anni in cui ha subito violenze ses-suali. Michael Cachagee aveva 4 anni quandovenne strappato alla sua famiglia e portato inuna delle tante scuole religiose fondate e sov-venzionate dallo Stato canadese dal 1870 al1970. Con una sola missione: “cristianizzare

e civilizzare” gli indigeni. L’obiettivo, nelle pa-role di un alto funzionario degli Affari Indianidel 1920, era quello di “distruggere l’indianofinché è bambino”.

Questa sorte in cento anni ha travolto150.000 piccoli appartenenti ai gruppi etniciaborigeni Inuit, First Nations e Metis. Fram-menti di vite spezzate a cui oggi il governodel Canada, per bocca del Primo ministro

di MARCO GRASSO11 giugno 2008

Il Cerchio 11

Stephen Harper, chiederà ufficialmente scu-sa. Non solo. Per 90 mila di loro, tra cui figu-rano sopravvissuti e discendenti, riceveran-no un risarcimento miliardario, di 2 miliardi didollari.

Una prima commissione governativache ha coinvolto tutte le parti in causa, com-prese le comunità e diversi rappresentantireligiosi, ha concluso nel 1996 che il program-ma ha danneggiato in maniera irreversibilegenerazioni di aborigeni e ha distrutto la lorocultura. Il primo risultato del gruppo di lavoroè stato quello di fare chiudere i battenti all’ul-tima di quelle 130 scuole. “Ne abbiamo volu-to fare parte - dice un portavoce ecclesiasti-co - perché volevamo dire la nostra. Non tuttihanno partecipato a quegli abusi”.

Che il vento sia cambiato si intuisce an-che dalla dichiarazione del ministro degli Af-fari Indiani, quello attuale, Chuck Strahl: “E’un rispettoso e sincero riconoscimento diun’estesa devastazione culturale, che hacompreso traumi fisici, abusi sessuali, e con-tinua a perseguitare quelle generazioni ancheoggi”. L’atto ha seguito di pochi mesi quellodel governo australiano nei confronti degliAborigeni. Ma il Canada è andato più in là, eoltre alle scuse ufficiali ha aggiunto un risarci-mento economico.

A occuparsi del compenso sarà unacommissione creata con parte dei 4,9 miliar-di di dollari, cifra più alta della storia del Pae-se, raggiunta al termine di un accordo tragoverno, confessioni religiose e rappresen-tanti indigeni, al termine di una class actionpromossa dai nativi. Riceveranno un risarci-mento tutti gli studenti delle scuole incrimi-nate, mentre un’ulteriore somma andrà allevittime di abusi sessuali. A coordinare la com-missione sarà Harry LaForme, primo e unicoaborigeno a essere nominato giudice di Cor-te di Appello. LaForme viaggerà attraverso ilPaese per ascoltare storie di studenti, inse-

gnanti e testimoni e per educare i canadesisul “lato oscuro della storia del Paese”.

Stasera il Canada si fermerà. Maxi-schermi sono stati allestiti in molte città perseguire il discorso di riconciliazione del primoministro. Il Parlamento fermerà tutti i lavori.C’è grossa attesa anche tra le associazionidei nativi, che oggi sono più di un milione.Alcuni di loro, soprattutto Inuit (quelli che untempo venivano chiamati eschimesi, termineoggi considerato dispregiativo) e Metis (di-scendenti di famiglie indiane incrociate coneuropei), protesteranno perché i risarcimentivengano allargati alle persone escluse per-ché le loro scuole non fanno parte della “listanera”.

Le comunità indigene puntano il dito ver-so quel programma di colonizzazione, nonsolo culturale, e lo ritengono alla radice deglialti tassi di suicidi (11 volte superiori tra gliInuit e i First Nations rispetto agli altri cana-desi) e di dipendenze da droghe e alcool cheaffliggono le loro comunità. Nonostante le mi-noranze etniche siano trattate relativamentebene in Canada, rimangono la parte più po-vera e svantaggiata del Paese.

Cachagee ha passato dodici anni e mez-zo in quelle scuole, dal 1944. “Sono statopicchiato, messo sotto l’acqua bollente, mihanno obbligato a mangiare cibo andato amale, mi hanno chiamato in tutti i modi pos-sibili - ricorda - ho sofferto grande rabbia edolore. “Phil Fontaine, oggi leader della co-munità dei First Nations, gruppo etnico di-scendente da varie tribù indiane, è stato unodei tanti a subire violenze sessuali e uno deiprimi a denunciarle: “Hanno inflitto qualsiasitipo di abuso su bambini innocenti, ci sonomigliaia di queste storie. Questo è un giornostorico, è importante che queste vicende siconoscano”. E forse, dice qualcuno, questogiudizio è più importante per i carnefici cheper le vittime.

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Di tutti gli articoli che sono stati pubblicati sulla protesta dei Lakota,che si sono dichiarati nel dicembre scorso Nazione indipendente, gliunici ad averlo scritto aex-novo sono stati quelli di Carta, e nello spe-cifico Enzo Mangini.Gli altri non hanno fatto altro che replicare e riportare le agenzie stam-pa e le stesse foto.L’articolo è segnalato da Virginia, la nostra “native news hunter”

“NON SIAMO PIÙ NEGLI USA”LA PROTESTA DEI LAKOTA

di Enzo Mangini

Sepolti negli archivi della Rai ci sono an-cora i filmati dell’occupazione di Wounded Knee,nel 1973.

Si vede un uomo, evidentemente indige-no, che incrocia due pipe di guerra. Attorno alui, minacciosi e stupiti, i veicoli blindati e i car-ri armati della guardia nazionale statunitense.Quell’uomo, Russel Means, era uno deifondatori dell’American Indian Movement, sto-rica organizzazione dei “natives”, gli indigeni delNordamerica. Means fa parte oggi della Freedomdelegation che il popolo Lakota, noto anche conil nome dispregiativo di Sioux, ha mandato aWashington a consegnare un messaggio sto-rico: i Lakota hanno deciso di considerarei trattati firmati con i washichu [i bian-chi] esattamente come i bianchi li han-no considerati finora, carta straccia.“Non siamo più cittadini degli Statiuniti”, ha annunciato Means in una notail 13 dicembre scorso. “Siamo i Lakotadelle riserve indiane Sioux del Monta-na, del Nebraska, del Nord e SudDakota, territori dove abbiamo soffer-to il genocidio causato dal regime diapartheid nel quale siamo stati costret-ti a vivere – scrive la Freedom delegation– siamo a Washington per ritirarci dai

trattati costituzionali e tornare a essere una na-zione libera e indipendente. Avvertiamo la fa-miglia delle Nazioni che abbiamo ripreso la no-stra indipendenza e la nostra libertà in base alleleggi naturali, internazionali e a quelle degli Statiuniti”.

I trattati in questione sono quelli firmatitra il governo degli Stati uniti e il popolo Lakotaa partire dal 1865, anno del trattato di FortLaramie. Non hanno mai protetto i Lakota dalla

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fame di terra dei coloni bianchi, e le continueviolazioni commesse dai bianchi sono state al-l’origine delle guerre combattute tra i Lakota eil loro alleati indigeni contro le truppe federali.La più famosa tra le battaglie delle “guerre Sioux”è quella vinta dai guerrieri indigeni a Little BigHorn, nel 1876, quando il settimo reggimentocavalleria del generale Custer venne completa-mente accerchiato a distrutto dai guerrieri diCavallo Pazzo, uno dei grandi capi di guerraLakota.

Lontanissimi dalle gesta dei grandi capistorici come Tatanka Yotanka [Toro seduto, an-che se sarebbe meglio tradurre “Bisonte sedu-to”] e Nuvola Rossa, i Lakota di oggi vivono incondizioni miserrime: il 97 per cento di lorovive sotto la soglia di povertà e con un’attesa divita di appena 44 anni, più bassa perfino di quel-la dell’Afghanistan; la disoccupa-zione è all’85 per cento e l’inci-denza della tubercolosi 800 vol-te più alta della media statuni-tense. Il tasso di suicidi tra i gio-vani del 150 per cento più altodella media statunitense ed èprobabilmente il segnale più evi-dente [assieme all’alcolismo cro-nico e diffusissimo] del disfaci-mento sociale del popolo Lakota.Dal 1974, dopo l’occupazione diWounded Knee [luogo del mas-sacro di un clan Lakota nel 1890,simbolicamente assunto comedata finale delle “guerre india-ne”], i Lakota diffusero la “dichia-razione di indipendenza continua”che, dicono oggi i membri delladelegazione, è stata l’inizio dellarinascita del popolo.

L’azione di Russell Means edegli altri membri della delega-zione inviata a Washington è unaprovocazione estrema, ma nonha nulla di folkloristico, anche sele due pipe di guerra incrociatetornano nel simbolo scelto dalpopolo Lakota. Means annunciache la nuova “nazione” emetteràpropri passaporti e propri docu-

menti di identità per chi tra gli abitanti dei cin-que stati delle Grandi pianure [Nord Dakota,Sud Dakota, Nebraska, Wyoming e Montana]sceglierà di aderire, rinunciando alla cittadinan-za statunitense. L’invito è rivolto agli altri popoliindigeni che vivono nella stessa area, ma è so-prattutto un modo per sollecitare i popoli indi-geni di altre zone degli Stati uniti a contestarela sovranità statunitense sui propri territori. Nel1973 a fermare la protesta dei Lakota la Casabianca inviò soldati e carri armati. Potrebbe far-lo anche oggi, isolando Pine Ridge e le altreriserve come se fossero Falluja o Baquba.

da “Carta”20 Dicembre 2007

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INTERVISTA A TITO TRICOT“LA LOTTA DEL POPOLO MAPUCHE”

di Pedro CAYUQUEO – AZKINTUWE

VALPARAÍSOIl libro “La Lotta del popolo Mapuche” raccoglie una selezione di articoli del sociologo egiornalista Tito Tricot, pubblicati su Punto Final negli ultimi 10 anni.Sotto il nome di Mauricio Buendía, Tricot ha scritto - e scrive – per la rivista Punto Final unaserie di validi articoli e reportage sul popolo mapuche nella zona sud del Cile, raccontandodalle pagine dello storico quindicinale di sinistra conflitti territoriali e processi dell’organizza-zione mapuche in zone tanto dissimili come Alto Bio-Bio, Tirúa, Cuyinko, Temulemu, Collipulli,Lican-Ray, Lumako e Temuco.Pieni di grande qualità letteraria, i testi di Buendía raccontano la lotta per la terra, i sogni e leaspirazioni dei mapuche che s’infrangono contro la violenza dello stato e la voracità delleimprese multinazionali che hanno trasformato il Wallmapu in fonte delle loro ricchezze eprivilegi..

- Tito, una piccola biografia in guisa dipresentazione per i nostri lettori.- Umano per nascita, sociologo di profes-sione e giornalista di cuore. Forse è per que-sto che, da che ho memoria, scrivo e così,ad un certo punto, è nato Mauricio Buendíaper offrire la sua penna al popolo mapuche.Forse non sempre nella maniera migliore, si-curamente non riflettendo perfettamente lacomplessità della lotta mapuche, ma con l’im-pegno della verità e il rispetto per tutti quelliche si affannano per la loro liberazione in qual-siasi parte del mondo.Come Mauricio, che combatté contro la dit-tatura e morì prima di conoscere la demo-crazia. Era un compagno, un fratello che asuo modo e a suo tempo diede un piccolocontributo nella lotta contro la dittatura e,per la stessa ragione, mi è parso più che giu-sto che il suo nome fosse associato dal de-stino alla lotta del popolo mapuche.E Buendía, perché il leggendario personaggiodi Cent’anni di solitudine, il colonnello AurelianoBuendía, diede vita a 32 insurrezioni armatee le perse tutte. E qualcosa di questo c’è nel-la mia generazione: la perdita, il dolore, l’im-potenza e l’ira, ma anche la decisione di pro-seguire nella ricerca delle vie che ci conduco-no alla vera democrazia e a riparare i sognispezzati dal golpe militare. Nessuno sa, comedicono gli zapatisti, qual è la velocità di unsogno, pero sappiamo sì che senza questisogni non vale la pena vivere.

- (…) Raccontaci del tuo primoreportage...- Venne fuori da una breve permanenzain una comunità di Llamuco, vicino a Temuko,dove rimasi un paio di giorni. Lì, sotto unatorrenziale pioggia primaverile, seppi della sto-

Foto di Tito Tricot, sociologo e giornalista alias MauricioBuendia. I testi di Buendía raccontano la lotta per la terra,i sogni e le aspirazioni dei mapuche che si infrangono con-tro la violenza dello stato.

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ria, delle angosce e della brutale incertezza diuna famiglia mapuche, ma anche della loroimmensa dignità davanti alle avversità. E, chia-ro, della loro ancestrale umanità, perché aprescindere dalla povertà non esitarono unmomento a condividere il focolare, il mate, lesopaipillas (frittelle tipiche del sud del Cile) e ilbrodo caldo che bruciava la gola, ma soprat-tutto l’anima.È che uno non poteva fare a meno di infu-riarsi di fronteall’ingiustiziac o m m e s s acontro quel po-polo antico chedalla nobiltàdella sua ruka(casa) diceva:qui sono, nonsono riusciti adistruggermin o n o s t a n t etutto. È di que-sto che parla ilp r i m oreportage, deglisforzi realizzatida un gruppo digiovani mapuche della città di Temuko perpreservare e diffondere la loro cultura, princi-palmente attraverso il lavoro della comuni-cazione radiofonica. (…) Questo accadde pri-ma che il tema mapuche cominciasse a di-ventare fenomeno di massa, a partire dal1997, prodotto della lotta del movimentomapuche per il recupero delle loro terre usur-pate.- Tu sei stato testimone privilegiatodella crescita della lotta mapuche negliultimi 10 anni. Nell’introduzione del libroci racconti dei cambiamenti nei discorsi edelle nuove costruzioni politiche che imapuche hanno dovuto esplorare per farfronte allo stato cileno e alle multinazio-nali. Qual è la tua opinione su questa evo-luzione del discorso e dell’agire politicomapuche? Quali segnali a tuo giudiziohanno generato questi cambiamenti?- È indubbio che si è verificato un cambia-mento paradigmatico all’interno del movi-mento mapuche che, per lo più, non devesorprendere nessuno, tali cambiamentiqualitativi costituiscono un continuum stori-co, giacché, soprattutto le diverse organiz-zazioni, ma anche il movimento mapuche in

generale, ha sempre cercato nuove formeper affrontare il tema della relazione popolomapuche/stato cileno.I nostri antenati hanno coniugato distinte for-me di lotta nella guerra contro il conquistato-re ispanico: organizzarono la resistenza mili-tare, ma ricorsero anche all’alta politica – nellospecifico ambito di parlamenti – per dare for-za alla loro causa di liberazione. Agli albori delXX secolo organizzazioni e dirigenti mapuche

cercarono diingegnarsi difronte ai cam-biamenti all’in-terno del siste-ma istituziona-le cileno e, du-rante la ditta-tura, si orga-nizzarono incentri culturaliper combatte-re contro diessa e difende-re la loro terrae la loro cultu-ra.Però, è eviden-

te che il grande salto dalle rivendicazioni distampo economico o culturale a quelle di ca-rattere nazionalista, si determina a partire dal-la decade degli anni novanta. Dato che non sitratta solo della lotta per la terra o per l’iden-tità e la cultura mapuche, ma anche per i di-ritti territoriali, per l’autonomia. In definitiva,per il diritto alla autodeterminazione. Credoche il grande merito del movimento mapucheattuale sia stato di aver trasceso i confini li-mitati delle richieste della terra - proprie dellavisione contadine di molte organizzazionimapuche e non mapuche - e aver elaborato,assunto e sviluppato un incipiente progettoautonomista. Due decadi fa nessuno, o po-chissimi, parlavano dei diritti dei popoli indi-geni, della libera determinazione, dell’autono-mia, del territorio mapuche. (…)- Negli anni novanta, lo scenario delconflitto tra comunità e lo stato fu se-gnato dalla difesa del territorio rispettoall’invasione di imprese multinazionali emegaprogetti di diversa origine, sia pri-vati che pubblici. Sebbene esistessero al-tre rivendicazioni e richieste quale il rico-noscimento costituzionale, la ratifica del-la Convenzione 169 della OIL, la rivendi-

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cazione di “terre usurpate” sembrò es-sere la grande bandiera della lotta dellenostre organizzazioni nel post dittatura.Concordi con questo? Quali ritieni i con-flitti più emblematici che hai dovuto rac-contare?- Effettivamente, lo scenario centrale delconflitto si è collocato nel territorio ed ha avu-to per principali protagonisti lo stato e le im-prese multinazionali da un lato, e il popolomapuche mobilitato dall’altro.La denuncia per le terre usurpate corrisposeai recuperi delle stesse che si trasformarononella principale forma di mobilitazione. Il con-cetto di proprietà storica o ancestrale sorsecome risposta e sfida alla nozione di proprie-tà privata imposta dallo stato, dagli agricol-tori e dalle imprese forestali. È in questo con-testo che si svilupparono molteplici focolai diconflitto nel sud del Cile e, fortunatamente,da un punto di vista giornalistico, ebbi la pos-sibilità di essere presente praticamente nellatotalità di questi.Nell’Alto Bio-Bio, in particolare nelle comunitàdi Quepuca Ralco e Ralco Lepoy, dove un ri-stretto gruppo di donne pehuenche resistet-te fino alla fine al potere e alla pressione del-l’impresa energetica Endesa e allo stesso sta-to cileno. A Cuyinco, nella comune di LosAlamos, in un singolare conflitto dove, con-trariamente alle abitudini, la giustizia cilena sidichiarò a favore della comunità in una con-troversia contro l’impresa Bosques Arauco.

Tuttavia, l’impresa del legname continuò adoperare e a reprimere i comuneros. ATemulemu, nei poderi Chorrillos e Santa Rosade Colpi, reclamati dalle comunità del settoree sfruttati dalla Forestal Mininco. Lì la repres-sione della polizia, in connivenza con le guar-die di sicurezza, fu feroce.In tutti questi luoghi confluirono i fattori e iprotagonisti che configurarono una nuova tap-pa nel centenario conflitto, sia esso dichiara-to o nascosto, tra il mapuche e lo stato cileno.- Lo scenario di lotta politico-sociale edi rivendicazione mapuche, che incomin-ciò a Lumako nel 1997 e si è evoluta conforza negli anni seguenti, per molti ha rap-presentato un’opportunità unica per in-terpellare lo stato cileno e stabilire unanuova relazione tra entrambi i popoli. Tut-tavia, questo scenario di lotta si è diluitocon il passare degli anni. Quali credi chesiano stati i fattori che hanno reso possi-bile allo stato di frenare il sollevamentopolitico-sociale del nostro popolo? Le po-litiche repressive? L’aumentodell’assistenzialismo statale? ...- Esiste un insieme di elementi che hannoreso possibile la debilitazione transitoria delmovimento mapuche e, per estensione, dellesue richieste.In primo luogo, le politiche differenziate im-plementate dallo stato che, dopo lo sconcer-to iniziale, seppe adottare una strategia a lun-ga scadenza costituita da varie componenti

in relazione tra loro: la repres-sione selettiva delle organizza-zioni mapuche considerate piùradicali, soprattutto la CAM; ladivisione del movimentomapuche per mezzo dinegoziazioni con alcuni dirigentie organizzazioni; la promessadi terre e di finanziamenti aprogetti concreti in cambio delporre fine alla mobilitazione.In secondo luogo, un certo gra-do di logorio della mobilitazio-ne sociale prodotto dallamilitarizzazione dei territori inconflitto, specialmente all’inizio,e della stanchezza deicomuneros che chiedevanosoluzioni immediate ai loroproblemi di carenza di terra, di

povertà e di emarginazione e che non pote-vano aspettare in eterno la risoluzione di pro-

Foto storiche di popolazione Auracana - di Gustavo Milet

blemi strutturali. A questo bisogna aggiunge-re le conseguenze della repressione:l’incarcerazione di centinaia di dirigenti ecomuneros, le violente perquisizioni alle co-munità, i processi giudiziali, la clandestinitàforzata per molti e l’indifendibilità e precarietàeconomica dei familiari dei prigionieri e perse-guitati politici.In terzo luogo, l’adozione di una strategia co-municativa a due facce: l’invisibilità del “pro-blema mapuche” e la criminalizzazione delmovimento. Ciò portò ad una riduzione del-l’appoggio di settori consa-pevoli della società cilena alpopolo mapuche, dato che,dalla sera alla mattina, iltema sparì dai mezzi di co-municazione dando l’im-pressione che il problemanon esistesse già più. Dal-l’altro lato, quando era im-possibile occultare i recuperidelle terre e le azionirivendicative, si procedeva asatanizzare i mapuche eti-chettandoli come terroristi.È possibile argomentare chequanto detto in precedenza,sono elementi da conside-rare in qualunque analisi sulripiegamento a cui si videcostretto il movimentomapuche.(…) Tuttavia, ad un certomomento – negli anni novanta - il movimen-to mapuche ha avuto la capacità di elaborareun proprio embrionale progetto che si basa-va sulle proprie forze. In questa congiunturastorica ci fu coordinamento e gradi di unità diintenti, ma non si è giunti mai alla costruzio-ne di uno strumento politico unico, come in-vece accadde in Ecuador o in Bolivia. Inoltre,a seguito del citato coordinamento e alla inci-piente elaborazione di un progetto come po-polo, il movimento mapuche si rifugiò nelleproprie singole organizzazioni, ne creò alcu-ne e ristrutturò le altre. Così sorgono, peresempio, Coordinación de IdentidadesTerritoriales Mapuche, la Asamblea Mapuchede Izquierda e il Partido Mapuche,Wallmapuwen. Per ragioni culturali, credo, siadifficile visualizzare la costituzione di uno stru-mento politico unico, almeno a media sca-denza.- Il movimento indigeno

latinoamericano ha dimostrato, in Bolivia,Ecuador e anche in Messico, che l’avan-zata verso una società più giusta e de-mocratica, rispettosa dei diritti dei popoliindigeni, debba effettuarsi assieme allasocietà non indigena, stabilendo ponti dicomunicazione, stringendo legami, stabi-lendo alleanze politiche. Come vedi in Cilela capacità del movimento mapuche distabilire alleanze con altri settori del mo-vimento popolare e della società civilecilena?

- Ho la certezza che nes-sun attore sociale o politicoda solo possa dare inizio aduna trasformazione socialeprofonda. Sono passati i tem-pi delle avanguardie e delleverità assolute, strettamenteinterrelate con il settarismo,l’arroganza ideologica e poli-tica e l’esclusione.Sia il movimento popolare siala società civile cilena si tro-vano oggi al centro di un pro-cesso di riflessione che miraa superare tali rigide posizio-ni, ma - indefettibilmente - no-nostante rimanga molta stra-da da percorrere, la sinistracilena sembrerebbe essereportatrice di una vocazionequasi patologica per la divisio-ne e la polverizzazione. In

questo senso, ho l’impressione che il movi-mento mapuche difetti di simili pratiche, an-che se in alcuni momenti della storia hannoavuto la capacità per superare tali differenzee unirsi contro un nemico comune.Come ha fatto anche, del resto, il movimen-to popolare cileno, come nel caso della UnidadPopular che rese possibile il trionfo di SalvadorAllende. Così come sembra chiaro che sussi-sta, in seno al movimento mapuche, una sfi-ducia storica e culturale verso i cileni. Ciò ècomprensibile, perché la discriminazione, gliabusi, lo spoglio, la povertà, sono inevitabil-mente associati al cileno. Per tale motivo, avolte questa diffidenza si estende al movi-mento popolare il quale, certamente, non èresponsabile dei soprusi al popolo mapuche,ma di avvicinarsi alla problematica indigenada una posizione paternalista ed etnocentricache non ha contribuito a superare l’appren-sione mapuche.

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Allo stesso modo, la strumentalizzazione del-le richieste indigene da parte di alcune orga-nizzazioni di sinistra non ha contribuito a vin-cere la diffidenza mapuche. A causa di quan-to detto, penso, il processo di avvicinamen-to del movimento mapuche alla società civi-le cilena è stato lento, dispersivo, molto pru-dente e caratterizzato da richieste di solida-rietà e appoggio, più che da una reale dispo-

sizione a lavorare congiuntamente per unacausa comune. Perché, dopo tutto, condivi-diamo un territorio e la vergogna di vivere inun paese di cui si è impadronito il capitalismocon un modello di sviluppo emarginante epauperizzante. (…)- Negli anni novanta l’esistenza di unsindaco mapuche nel comune di Tirúa, miriferisco al peñi (compagno) AdolfoMillabur, era un caso unico e isolato al-l’interno del movimento mapuche. Oggici sono sette sindaci mapuche e una tren-tina di assessori. Alle ultime elezioni mu-nicipali hanno partecipato circa 300mapuche a cariche di rappresentanzaelettorale e le statistiche ci dicono che latendenza alla partecipazione è in aumen-to. Che pensi di tutto ciò?- Tutte le forme di fare politica sono vali-de nella misura in cui rispondono ad una stra-tegia di rafforzamento del movimentomapuche, di promozione delle suerivendicazioni centrali come popolo. In talsenso, credo, l’importante è analizzare sequesti sindaci e assessori mapuche rispon-dono agli interessi del popolo mapuche o soload interessi di partito.- Tito/Mauricio, tu sei un ex prigionie-ro politico della dittatura di Pinochet. Qua-le opinione hai del grado di persecuzioneche ha colpito in democrazia i dirigenti,le comunità e le organizzazioni mapuchenella zona sud del paese?

- È inconcepibile e inaccettabile che go-verni presumibilmente democratici utilizzinogli stessi strumenti a cui ha fatto ricorso ladittatura come mezzo di controllo sociale.Molte volte sogniamo un Cile diverso dove sipossa camminare tranquillamente per le stra-de senza doversi guardare alle spalle e, ma-gari, fare l’amore senza l’urgenza della mor-te che ti bacia la nuca. Lottiamo per la fine

del terrore che tanta sofferen-za ha provocato ai nostri po-poli e, per questo, ci duole pro-fondamente che il popolomapuche viva ancora sotto ladittatura e che venga perse-guitato per il semplice fatto divoler vivere degnamente.L’applicazione della Legge anti-terrorismo per reprimere il mo-vimento mapuche è solo un ul-teriore tassello della sistema-tica e diretta criminalizzazione

delle richieste sociali mapuche, ma simbo-leggia chiaramente il razzismo delle classi do-minanti. Il mapuche viene incarcerato, gli stu-denti degli istituti secondari vengono repres-si con la violenza, ma il dittatore non si toc-ca. È la democrazia della forza, pericolosaper cileni e mapuche allo stesso modo. (…)- Diverse relazioni di organismi inter-nazionali hanno rivelato l’esistenza di unclima di terrore nei confronti delle comu-nità e delle famiglie mapuche, da partedelle forze di polizia, gruppi patronali,guardie forestali, agenti dei servizi... que-sti fatti sono stati denunciati persino daalcuni carabinieri, i quali hanno dovutoabbandonare il paese a causa delle rap-presaglie nei loro confronti. Ci puoi rac-contare di alcuni episodi di repressione eabusi contro cittadini mapuche che hai vis-suto, o cui hai assistito o sei venuto aconoscenza nei lunghi anni come corri-spondente di PF a Wallmapu. Episodi cheti hanno colpito in maniera speciale...- Nei momenti più critici del denominatoconflitto mapuche - alla fine degli anni no-vanta - sono state numerose le volte che hodovuto vivere o conoscere eventi di insolitae, sicuramente ripudiabile, violenza contro icomuneros mapuche.A Cuyinco, per esempio, dove le guardieforestali hanno colpito brutalmente a basto-nate la moglie del lonko della comunità. Ladonna di 56 anni è stata attaccata e colpita

senza pietà da oltre una decina di guardiearmate di bastoni.Nella comunità Pascual Coña, settore Lleu-Lleu, circa duecento carabinieri hanno circon-dato e assalito una modesta abitazione doves’incontravano uomini, donne e bambinimapuche. Hanno sparato decine di bombelacrimogene e pallini d’acciaio. Un comuneroha perduto un occhio per le conseguenze diun’azione di polizia.A Pantano, una guardia forestale ricattava icomuneros costringendoli a regalare animalio, viceversa, quando questi non potevanopagare perché non avevano neanche damangiare, li picchiava.A Temucuicui, dove carabinieri e investigatorientravano sistematicamente nelle case deidirigenti mapuche, distruggendo mobili e col-pendo adulti e bambini che vivevano nel ter-rore.La lista di lutti è lunghissima, però forse ilterrorismo di stato in territorio mapuche puòessere simboleggiato nel crudele assassiniodel giovane Alex Lemun nella zona di Ercillache, a tutt’oggi, è rimasto impunito. Fu unassassinio a sfondo razzista e basta.- Ci immaginiamo che in questi ultimi15 anni tu abbia ascoltato molte volte

discorsi in cui si parla di “nuovo corso”...Come qualificheresti la politica indigenadella Concertazione?- Il nuovo corso non è mai esistito, è lastessa politica di sempre dove sono cambia-ti gli attori, ma non le relazioni di potere. Lepolitiche indigene della Concertazione si ba-sano sull’idea e sulla visione di un paeseuniculturale e cercano, come storicamente èaccaduto, l’assimilazione dei popoli nativi e,nel migliore dei casi, la loro integrazione aimargini della società cilena. Nonostante tut-

te le indagini e analisi, le commissioni di ognitipo e le dichiarazioni roboanti, i governi dellaConcertazione, nella sostanza, riducono iltema indigeno a loro elemento economico oculturale. Da lì derivano le politiche assisten-ziali, i programmi e i progetti limitati nel loroobiettivo e carattere. Inoltre, il governo èimpegnato in un modello di sviluppo che pri-vilegia il capitale a discapito degli indigeni, percui le politiche collegate ai mapuche sonosottomesse a questo modello di mercato.- La destra e i settori di governo le-gati a partiti come il PPD e la DC hannoinsistito sul fatto che il principale proble-ma dei mapuche fosse la povertà in cuivivono e non quello dei diritti culturali,politici, economici e sociali inculcati nellasingolare “democrazia cilena”. Parlare dipovertà mapuche è quasi un luogo co-mune, posto che guidiamo la classifica ditutti i ranking di disoccupazione,emarginazione sociale, indigenza, ecc.,però quello che non si dice mai è che que-sta povertà non è casuale, ma il prodot-to di poco più di un secolo di sottomis-sione forzata allo stato cileno e di sac-cheggio delle nostre ricchezze naturali,della nostra conoscenza ancestrale e diquel patrimonio culturale che si mostrain musei e gallerie private. Più che parla-re di povertà allora non ritieni che sareb-be meglio parlare dell’”impoverimento”dei mapuche?- Il mapuche non è nato povero, lo han-no ridotto in povertà con la violenza: gli han-no portato via il suo territorio, lo hanno con-finato in campi di concentramento denomi-nati eufemisticamente “riserve”(reducciones) e gli hanno proibito di esserese stesso. Questo processo di impoverimen-to è iniziato con la conquista spagnola, è pro-seguito con l’espansionismo dello Stato-Na-zione cileno nel secolo XIX e si è attualmen-te consolidato in quindici anni di democradura(N.d.T. termine che nasce dalla contrazionedei termini democrazia e dittatura). È inne-gabile che una percentuale significative deimapuche sopravvivano in condizioni di po-vertà, ma questo è un effetto del problemae non la causa. La vera causa occorre cer-carla nell’occupazione militare e politica cilenae, più recentemente, nella penetrazione enello sviluppo dell’industria forestale.- Sappiamo che il modello neoliberistacostituisce una nuova ondata di

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Il 4 maggio scorso due cittadini italiani sono stati malmenati ed arrestati per averpartecipato ad una manifestazione di una comunità mapuche nella foresta araucaniacontro una multinazionale del legno, la Forestal Mininco.Un’associazione mapuche sta pagando loro le spese legali per evitare il provvedi-mento di espulsione.

Giuseppe Gabriele di 28 anni dottore in psicologia, 28 anni, di Vasto (Abruzzo) e Dario Ioseffidi 20, di Fiesole (FI), sono stati arrestati dai carabineros cileni e minacciati di espulsionementre stavano stavano effettuando una intervista video ad un lonco - la figura più rappre-sentativa di ogni comunità mapuche - della comunità di Chupilco, nella foresta araucania, a700 chilometri da Santiago, durante un’azione dimostrativa dei mapuche in un’ area di pro-prietà della multinazionale Forestal Mininco.I due giovani al momento dell’arresto stavano filmando un’occupazione da parte della comu-nità di Chupilco, in lotta da 17 anni contro l’appropriazione - da loro definita illegale - di terreda parte della multinazionale del legno “Forestal Mininco”. Sono stati bloccati dai carabinieridelle forze speciali con i fucili spianati, costretti a gettarsi faccia a terra, ammanettati edarrestati. Sono stati accusati di “furto di legname” e condotti in caserma, dove, dopo unanotte in carcere, è stato loro chiesto la mattina successiva di firmare il proprio provvedimen-to di espulsione.Dopo la notte in gattabuia i due sono stati rimessi in libertà, previa la firma del proprio decretodi espulsione dal Cile, un’applicazione da parte della polizia internazionale di una legge varatadurante la dittatura di Pinochet che impedisce agli stranieri di occuparsi delle vicende politicheinterne al Paese. Ora i due giovani, che sono rimasti latitanti per un giorno, sono rifugiatipresso il “Consejo de todas las tierras”, l’organizzazione mapuche autonoma della città diTemuco che gli ha finanziato un avvocato e ha deciso di opporsi al decreto di espulsione.“I Mapuche – ci ha raccontato Dario Ioseffi durante un’intervista telefonica - si battono perrecuperare le terre indigene che sono state loro usurpate dai conquistadores e poi da Pinochet,ed oggi dalle multinazionali del legno, che tagliano le piante native. Al loro posto piantano ipini, che fanno seccare i fiumi e producono erosione. Quando ci hanno arrestati stavamoriprendendo un gruppo di Mapuche che tagliavano i pini piantati dalla Mininco. Qui in Cile iMapuche vengono chiamati terroristi e sono accusati possedere armi. Noi possiamo testi-moniare che non hanno nessuna arma e vivono in grande povertà. Eppure ci ospitano e cistanno pagando l’avvocato, mentre il consolato italiano non ci ha dato alcun aiuto”.Il dirigente Mapuche Aucan Huilcaman, successivamente all’arresto dei due giovani, avevadenunciato “la negligenza della CONADI – l’organizzazione statale creata per l’aiuto e losviluppo delle comunità indigene cilene - e del governo regionale di fronte al saccheggio delleterre che ormai da due decadi vengono portateavanti attraverso i procedimenti che lo Stato de-cise con la Legge Indigena 19.253.” Continua de-nunciando: “i Carabinieri del Cile hanno informatoche gli italiani stavano rubando il legname. L’infor-mazione dei Carabinieri risulta assurda poiché èimpensabile che due cittadini Italiani arrivino daRoma per rubare il legname nella IX regione. Que-sta denuncia non ha nessun senso”.A Firenze, attraverso l’associazione Yaku – impe-gnata in un progetto di cooperazione con alcunecomunità Mapuche - e i collettivi autonomi fio-rentini, è in corso una raccolta fondi per rifondarel’associazione “Consejo de todas las tierras” chesi occupa dell’aiuto legale dei due ragazzi italiani.

da: YAKU http://www.yaku.eu/primapagina

Il Cerchio 20

CILE – WENUYKAN

E’ nata nel settembre scorso il “ MAPUDUNGUN”associazione d’amicizia con il Popolo Mapuche,composta da alcuni cittadini Italiani e da Cilenirifugiati in Italia e in Europa dai tempi delladittatura di Pinochet. L’associazione ha conte-stato la laurea a Honoris a Michelle Bacheletdall’università di Siena. Qualche sito per info econtatti:[email protected] Udine w w w . k u l t u r a m a p u c h e @ g m a i l . c o m

[email protected]

Due italiani espulsi dalle terre Mapuche

colonizzazione sui nostri territori, ricchi dimaterie prime e risorse naturali. Ilsubcomandante Marcos parla della TerzaGuerra Mondiale, una guerra di conquistadi nuovo tipo, in cui le multinazionali e lemega corporazioni saranno i nuovi impe-ri, i governi meri amministratori del sac-cheggio e i suoi apparati di repressione ele forze armate, le guardie private incari-cate di mantenere l’”ordine”. Credi chequesta definizione del sistema economi-co neoliberista si adatti a quanto sta suc-cedendo al popolo mapuche in Cile?- Assolutamente, con l’aggravante chequesta nuova conquista in Cile si sta attuan-do da parte degli stessi conquistadores delXVI secolo: gli spagnoli. E, come nel passato,sono i componenti del popolo mapuche quelliche si sono organizzati per resistere allapenetrazione capitalista nel loro territorio,mentre le classi dominanti cilene, in perma-nente atto di genuflessione, aprivano le por-te, le braccia e le gambe al seme imperialista.Gli indigeni sono dispensabili all’economia dimercato, le terre mapuche sono da dispen-sare. Tutto si vende e tutto si compra e, laverità, non importa chi vende o chi compra,perché il Cile, ci dicono, si trova sul camminodello sviluppo.Perciò si riempie il territorio mapuche di stra-de private, di imprese forestali che devasta-

Il Cerchio 21

Per ora, è possibile acquistare il libro inInternet mettendosi in contatto [email protected] e, volendo, si può anchecontattare qualsiasi libraio o istituzione in-teressata a diffondere il libro.

Traduzione di Sonia Chialastri e revisione diDaniela Cabrera dei Traduttori per la Pace

no il bosco nativo, di discariche e impianti peril trattamento delle acque reflue, di dighe idro-elettriche. Allora, questa non è una guerraqualsiasi, è una guerra finale, la guerra per lasopravvivenza umana, perché il capitalismosta depredando e distruggendo il pianeta. Inol-tre, questa nuova colonizzazione ha unamanifestazione forse più perversa, lacolonizzazione dello spirito e della mente,posto che la gente la si manipola, la si am-morbidisce, gli si mente per trasformarla inun’entità non pensante, perché pensare è pe-ricoloso.Però –non c’è dubbio- la conoscenza è libe-ratrice ed un’arma potente: è lancia, alabarda,fucile, machete, witrahue, perciò indipenden-temente dalla sua apparenza di fortezza ine-spugnabile, il capitalismo ha paura, delVenezuela, della Bolivia, di Cuba, perché gliindigeni hanno detto basta e hanno preso laloro storia in mano una notte qualsiasi e sisono ritirati nel bosco a fare l’amore conl’America mora, meticcia, india. (…)

CAMPAGNA PER L’IMMEDIATA LIBERAZIONEDEI PRIGIONIERI POLITICI MAPUCHE

“Migliaia di chiavi nelle mani della Presidente Bacheletper liberare il mapuche detenuto”

La lettera nella pagina seguente va firmata (nome, cognome e indirizzo) e inviata a:

Presidente MICHELLE BACHELET JERIAPalazzo La Moneda, Santiago del [email protected]

Inviare copia a:

Sig. RODOLFO STAVENHAGENRelatore speciale sulla situazione dei diritti umani edelle libertà fondamentali dei popoli indigeni, Uffi-cio dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani delleNazioni Unite,CH-1211 Genève 10 – Suisse - [email protected]

Commissione Etica Contro la Tortura – [email protected]

Sig. CLAUDIO GROSMANNPresidente del Comitato delle Nazioni Unite Controla Tortura Ufficio dell’Alto Commissariato per i Di-ritti Umani delle Nazioni UniteCH-1211 Genève 10 – Suisse - [email protected]

All’Eccellentissimo Presidente della Repubblica del CileSignora Michelle Bachelet JeriaPalazzo La Moneda

Signora Presidente, Le scrivo per richiedere il Suo intervento di frontealla grave situazione che vede protagonisti i prigionieri politici mapuche,incarcerati nel Suo Paese, giudicati secondo la legge antiterrorismo ere-ditata da una dittatura che il mondo intero ha ripudiato, e processati daiTribunali di Giustizia Militari, atto illegale e illegittimo in una società de-mocratica.Signora Presidente, mi appello a Lei, affinché ponga fine a questa aberrante situazione promossadallo Stato Cileno, che continua a trattenere in detenzione preventiva queste persone, obbligandolea lottare per la loro libertà con l’unico mezzo di cui ancora dispongono in simili circostanze: la pro-pria VITA. Le comunità nazionale e internazionale sono a conoscenza dei molteplici scioperi dellafame attuati all’interno delle prigioni del Suo Paese. Le richieste sollevate sono molto semplici e difacile soluzione, com’è stato nel caso di Patricia Troncoso, con l’unico dettaglio che Lei, SignoraPresidente, e il Suo Governo, avete avuto bisogno di più di 100 giorni di sciopero per capirlo. Nonci fu un’apertura al dialogo come primo passo, venendo a meno il rispetto per il popolo mapuche e,inoltre, non fu nemmeno data una risposta alle raccomandazioni e alle osservazioni che, in merito atale situazione, furono fatte dalle Nazioni Unite.Uomini e donne mapuche sono stati ingiustamente arrestati e perseguitati solo perché si sono per-messi di difendere il loro ancestrale patrimonio culturale. Le loro terre sono state invase da aziendeforestali, da progetti di costruzione di dighe e da discariche di rifiuti industriali che vanno contro laconcezione cosmologica e le abitudini di vita di uno dei popoli originari più numerosi del sud delcontinente americano.Lo Stato Cileno ha sviluppato la strategia di criminalizzare le loro richieste, di incarcerarli, in regimedi detenzione preventiva e a tempo indefinito, di dividerli fra carceri diverse ogniqualvolta si arre-stano più membri della stessa famiglia; è stata militarizzata la zona dell’Araucania, sono stati realiz-zati blitz in diverse comunità e bruciate le loro abitazioni, come nel caso di Juana Calfunao. Alcunimembri mapuche sono stati assassinati dalla polizia. L’ultimo caso è quello di Matías Catrileo, colpi-to a morte alle spalle. Tutte azioni destinate a creare paura, dirette non solo ai prigionieri, bensì atutte le comunità; azioni di maltrattamenti e di torture fisiche e psicologiche; atti che attentano controla VITA e l’integrità delle persone e che sono ancora più incomprensibili poiché attuati all’interno diuno Stato, governato da una ex-prigioniera politica, figlia di madre torturata e di padre assassinatosotto lo stesso flagello.Ora abbiamo saputo che altri cinque prigionieri politici mapuche hanno deciso di mettere in pericolola propria vita, per chiedere la fine della detenzione preventiva, per riavere la loro libertà con unosciopero della fame nel carcere di Nueva Imperial. Questo è il motivo per cui Le scrivo, nella speran-za di ottenere il Suo intervento e la Sua intercessione in favore della vita e della libertà del “machi”Pascual Catrilaf Curiche, del “zugumachife”, Patricio Catrilaf Curiche, del “tayilfe” Jesús Curiche,del “guillatufe” Moisés Curiche Curiqueo e del “llankan” Damian Curiche Curiqueo, tutti in sciope-ro della fame nel carcere di Nueva Imperial.Le chiedo, inoltre, di adottare tutti i provvedimenti che consentano di porre fine immediatamente allarepressione nelle comunità, alla tortura e ai trattamenti crudeli, inumani e degradanti a cui sono sot-toposti i loro membri, alla detenzione preventiva e arbitraria, all’applicazione della leggeantiterrorismo per giudicarli, e di disporre il trasferimento dei processi in atto dalla Giustizia Milita-re ai Tribunali Civili.Nell’attesa di una Sua risposta, Le consegno simbolicamente la chiave che Le permetterà di aprire leporte delle carceri del Cile e di liberare i prigionieri politici mapuche.

Con rispetto,

(Nome, cognome e indirizzo)

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L’ANTITERRORISMOCONTRO IL POPOLO MAORI

di Massimiliano Galanti

Il 15 ottobre dello scorso anno, trecentoagenti della polizia neozelandese in tenutaantisommossa hanno arrestato diciassettepersone, attivisti per i diritti dei Maori,ambientalisti e pacifisti. L’accusa è stata dipossesso illegale di armi e terrorismo. Il tri-bunale ha poi fatto cadere l’accusa di terrori-smo, cosicché gli arrestati sono stati posti inlibertà vigilata. Gli arresti erano stati ordinatidopo un anno di indagini nell’isola del Nordsopratutto concentrate sul villaggio di Ruatokiche è la porta di accesso dei monti Ureweradove vive la tribùindipendentista deiTuhoe. Secondo i gior-nali che hanno dato no-tizia degli arresti, questierano scattati in seguitoad avvistamenti di uomi-ni in tuta mimetica edarmati che si spostava-no per le foreste. Sem-pre secondo i giornali al-cuni degli arrestatiavrebbero minacciato ibianchi di fare una brut-ta fine ed avrebbero af-fermato di stare prepa-rando una guerra controla Nuova Zelanda. La de-cisione del tribunale dimettere tutti in libertà hastroncato questeillazioni, ma il tenore del-le relazioni interrazzialifra i pakeha (i bianchi) edi Mori è stato riportatoindietro di molti decennie a ciò a contribuito nonpoco il partito di destraneozelandese che ha sollecitato i Maori mo-derati a “sconfessare la loro sottocultura sov-versiva e scissionista”. Paradossalmente, siala gente Maori sia la gente di origine europeaè rimasta sconvolta da questa operazione dipolizia, seppure per opposti e speculari moti-vi.

La popolazione bianca è convinta di ave-

re già fatto tutto il possibile per i Maori, laloro lingua e la loro cultura sono formalmen-te ed ufficialmente riconosciute, esistono unatv ed una radio in lingua maori. Nelle scuole siinsegna la lingua, la storia e la cultura di que-sto popolo e il parlamento riserva dei seggi alpartito Maori. Per contro i Maori lamentanoun sostanziale disinteresse delle autorità bian-che per i loro problemi ed i loro diritti. La po-sizione dei Maori è stata condivisa anche dalRelatore Speciale delle Nazioni Unite sui dirittiumani e le libertà fondamentali dei popoli in-

digeni RodolfoStavenhagen. Nel suorapporto del 2006,Stavenhagen ha con-cluso che esistonodiseguaglianze persi-stenti fra i Maori e glialtri neozelandesi nellasanità, nei salari, neglistandard di vita, neglialloggi e nella giustizia.In una sua notaStavenhagen ha ancheespresso il forte timo-re che il divario socialeed economico fra iMaori e gli altri neoze-landesi stia aumentan-do. I Maori la pensanoesattamente come ilRelatore speciale e ri-tengono che la causaprincipale di questa si-tuazione sia il razzismoche non ha mai cessa-to di inquinare la socie-tà neozelandese. Delresto, una recente in-

chiesta del ministero per lo sviluppo socialeha concluso che i Maori stanno peggio deibianchi in base a tutti i parametrisocioeconomici adottati. Rischiano tre voltedi più dei bianchi di morire di morte violenta equattro volte di più di essere arrestati per ag-gressione. Pur essendo solo il 15% dell’interapopolazione della Nuova Zelanda (4 milioni di

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abitanti), il 40% delle sentenze penali riguar-da i Maori e il 50% della popolazionecarceraria è costituito da indigeni. I redditidei Maori sono mediamente più bassi del30% rispetto ai bianchi e la loro aspettativadi vita è di 10 anni più bassa. Tutto ciò acca-de mentre i neozelandesi bianchi pensano dinon avere nulla di che rimproverarsi. Ovvia-mente i Maori non sono dello stesso pareree continuano ad evidenziare che tutti i loroproblemi derivano dalla espropriazione frau-dolenta delle loro terre avvenuta nella primametà del XIX secolo ad opera dei colonizza-tori bianchi. Fra il 1840 ed il 1890, mentre laloro popolazione diminuiva drasticamente acausa delle malattie, i bianchi sottrassero aiMaori il 95% del territorio. La questione ter-

POPOLI INDIGENI DELL’ARTICOdi Massimiliano Galanti

Il cambiamento globale del clima ed imotivi che lo hanno provocato sono noti.Meno conosciute sono alcune delle conse-guenze che la modificazione del clima pro-voca nella vita delle popolazioni indigene. Igiornali hanno riportato la notizia della richie-sta di risarcimento danni che gli abitanti indi-geni di un minuscolo villaggio dell’Alaska hannoavanzato alle maggiori compagnie petrolife-re statunitensi. Il motivo? Il riscaldamentoatmosferico sta facendo sciogliere il

permafrost, lo strato di terreno ghiacciatosu cui sorge il loro villaggio, e le case spro-fondano. Da qui la richiesta danni.

Anche i ghiacci dell’Artico si sciolgono e,invece di cercare di correre ai ripari, i governidei paesi rivieraschi (Russia, USA, Canada,Norvegia e Danimarca-Groenlandia) stannoaccapigliandosi fra loro per trarne vantaggio.Meno ghiaccio significa accesso meno diffi-coltoso al mar Glaciale Artico e ciò significapossibilità di accesso alle ricchezze petrolife-re e minerarie che sotto quel mare si trova-no. Non solo, ogni anno la riduzione dei ghiac-ci apre varchi più ampi e per più tempo lungole coste settentrionali della Groenlandia, delCanada e dell’Alaska. Il mitico passaggio anord-ovest, sogno di generazioni di esplora-tori e navigatori sta per diventare una realtàcommercialmente sfruttabile. Le grandi com-pagnie petrolifere e di navigazione chiedonocon sempre maggior forza ai rispettivi go-verni di riferimento di garantire libero acces-so a quei vasti spazi un tempo inaccessibili.

Nel 2005 il Canada si è nuovamentescontrato con la Danimarca a causa di unavecchia disputa, mai sopita, relativa alla so-vranità sulla minuscola isola di Hans, nellostretto di Nares, tra l’isola di Ellesmere e laGroenlandia. Nel 2007, con l’intento dichia-

ritoriale continua perciò ad essere al centrodelle rivendicazioni indigene. Migliaia di causesono state intentate dalle diverse tribù Maoria partire dal 1975, anno in cui fu istituita unacorte di giustizia speciale per esaminare i varicasi di contenzioso territoriale, ma senza al-cun risultato. L’unico risultato favorevole aiMaori venne da una sentenza della corte spe-ciale che, in base al diritto consuetudinario,riconobbe la proprietà di alcune aree costie-re ai Maori che vi abitavano. Questo risulta-to fu però annullato, nel 2004, da una leggeche sancì la proprietà statale delle aree co-stiere. Non c’è da stupirsi, quindi, se i Maorisi sono stancati di questa situazione e cer-cano di porre la questione del rispetto deiloro diritti all’attenzione del mondo.

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rato di rivendicarne la sovranità, la Russia hainviato un sottomarino a piantare la sua ban-diera sul fondo del mare Artico in corrispon-denza del Polo Nord. Relativamente all’Arti-co, anche i rapporti con gli Stati Uniti nonsono facili per il Canada e ciò a causa di unadisputa sulla sovranità sul mare di Beaufort,non a caso ricco di petrolio. Cosa tutto que-sto possa comportare per i millenari equilibrinaturali degli ecosistemi presenti a quelle la-titudini e per i popoli indigeni che in quegliecosistemi hanno fino a oggi vissuto è noto.Precarietà, sofferenza, distruzione,irreversibilità. Paradossalmente, però, gli abi-tanti indigeni di quei luoghi, gli Inuit, pensanodi poter trarre un vantaggio dalle difficoltàdel Canada nel difendere e ribadire la sovra-nità sulla propria parte dello spazio Artico.Gli Inuit abitano quelle regioni da tempoimmemorabile. Nunatsiavut, Nunavik,Nunavut, Inuvialuit, dal mare del Labrador almare di Beaufort, sono la terra natale dovecrescono i propri figli e dove intendono rima-nere per sempre come amministratori eguardiani.

Il popolo Inuit è composto da circa50.000 persone che, come quasi tutti i po-

poli indigeni, soffrono di graviproblemi. La disoccupazione èil problema principale per il79% della popolazione Inuit.Seguono alcolismo (65%) etossicodipendenze (59%).Con 135 casi ogni centomila,il tasso di suicidi è sette voltepiù alto rispetto al resto dellapopolazione canadese e col-pisce sopratutto i giovani.

Gli Inuit sono politica-mente organizzati e suggeri-scono al Canada di cambiarela propria strategia per l’Arti-co. Invece di spendere mon-tagne di denaro per dimostra-re al mondo di avere il con-

trollo militare di quelle regioni, il Canada, se-condo gli Inuit, dovrebbe semplicementemantenere gli impegni presi con loro nel2005. Quegli accordi prevedevano che il Ca-nada costruisse case e stanziasse fondi perla sanità e l’istruzione, in una parola dessemodo agli Inuit di garantire un futuro ai pro-pri figli. Secondo gli Inuit, ciò rappresente-rebbe un enorme vantaggio per il Canadapoiché, sottolineano, è la presenza di citta-dini a fare si che un territorio faccia parte diuno stato perciò, sostengono, solo la loropresenza nell’Artico può consentire al Cana-da di mantenerne la sovranità. Sembra inve-ce che il Governo canadese non abbia alcu-na intenzione di mantenere gli impegni presicon gli Inuit, così come ha scarso rispettodegli altri popoli indigeni presenti sul suo ter-ritorio. Può sembrare un paradosso, ma, se-condo la leader Inuit Mary Simon, è proprio ilpervicace tentativo del Canada di sradicare ipopoli indigeni dai territori da essi tradizio-nalmente abitati che oggi sta mettendo inforse il mantenimento della sovranità cana-dese sull’Artico.

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L’N.S.A. VUOLE LE TERRE DEGLI APACHEDa Alessandro

Margo Tamez ha recentemente emesso laseguente richiesta di un aiuto urgente, spie-gando che da luglio sua madre e gli Anziani diEl Calaboz, in Texas, sono stati bersaglio dinumerose minacce e fastidi da parte delBorder Patrol (organismo preposto ai con-trolli delle frontiere), l’Army Corps ofEngineers (corpo di ingegneri delle forze ar-mate) , il NationalSecurity Agency (orga-nismo preposto alla di-fesa nazionale) e gli StatiUniti stessi, in relazionealla proposta di piazza-re delle recinzioni sulleloro terre.

Il NSA ha richiesto nellospecifico che gli Anzianicedano i loro territori perle recinzioni, spiegandoloro che dovranno spo-starsi a una distanza di3 miglia per passare icontrolli, viaggiare, alle-vare e custodire le ca-pre e tutto il bestiameSULLE TERRE DI LOROPROPRIETA’ !

La madre di Margo la informa che dallo cor-so lunedì l’Army Coorps of Engineers, il BorderPatrol e il NSA li hanno braccati e fermati perdire loro che non hanno altra scelta “l’argineverrà costruito su questi territori che a loropiaccia oppure no per cui devono vendere leloro terre al governo degli Stati Uniti.”

Margo chiede che si possano aiutare gli An-ziani e le donne native proprietarie di questeterre, ad opporsi all’occupazione coatta del-le loro terre. Così scrive:

Cari congiunti,avrei desiderato scrivervi in un momento

migliore, ma sono costretta ad essere velo-ce e diretta.

Mia madre e gli Anziani di El Calaboz, sinda luglio sono stati oggetto di minacce e fa-stidi da parte del Border Patron, dell’ArmyCorps of Engineers, il NSA e gli Stati Uniti aproposito della costruzione di una recinzionenei loro confini.

Da luglio sono stati oggetto di moltissime

telefonate, di visite non attese e non desi-derate nei loro territori, allo scopo di infor-marli che dovranno rinunciare a parte dei ter-ritori di loro proprietà in favore della costru-zione di recinzioni di confine. Il NSA chiedeagli Anziani di rinunciare alle loro terre, e inol-tre che percorrano 3 miglia per passare icontrolli,camminare, passeggiare, allevare e

custodire greggi e bestia-me SUL LORO PROPRIOTERRITORIO.

La minaccia che gravasui Nativi, gli stili di vitae i territori è molto seriae comporta stress neicapi locali come nel casodella dott. Eloisa GarciaTamez rimasta isolatadalla comunità per i dirit-ti dei Nativi, a causa del-la poca visibilità dei Nati-vi del Texas del Sud e delTamaulipas del Nord nel-la questione dei confini.

Dati gli avvenimentidegli ultimi 5 giorni, sen-

tiamo di avere il bisogno urgente di osser-vatori dei diritti umani nella nostra area, im-piegati da tutti quelli che possano recare aiu-to, il più presto possibile.

Mia madre mi ha informata, non appenaa portata di cellulare fuori Redford, Texas,chelunedì 13 novembre , gruppi dell’Army Corpsof Engineers, del Border Patrol e del NSAsono andati casa per casa, hanno telefonatoal suo ufficio e sul telefono cellulare, e inaltre sedi, inseguendo e bloccando la gente,dicendo loro che non hanno altra scelta inquesto frangente. Dicono agli Anziani e aquelli più indifesi che la recinzione verrà fat-ta su quella terra che lo vogliano o no e chedovranno vendere la terra agli Stati Uniti.Mia madre Eloisa Garcia Tamez, LipanApache ( discendente dei Messicani Chiricauae di Aniceto Garcia che alla nascita la accol-se con le tradizionali cerimonie del benve-nuto e del fulmine), sta resistendo all’occu-pazione forzata con strenua volontà. Ha giàavuto due grandi scontri col NSA, da luglio,uno nell’ufficio dell’Università del Texas a

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Brownsville, dove è Di-rettrice di un Program-ma Infermieristico edove conduce ricerchesul diabete tra i Natividella regionebinazionale MX-US delTexas del Sud e diTamaulipas.

Ha inoltre riportatoche alcuni proprietaridi terre nella zona deiranch di El Calaboz, LaPalma e El Ranchito ,già sotto pressione pervendere agli Stati Uni-ti, senza previo con-senso, hanno già fir-mato per vendere al-cune terre, a causa delloro progressivo impo-verimento e sfrutta-mento, causato, inquella zona dalla colonizzazione, dalcorporativismo, dalla NAFTA e dallamilitarizzazione.

Tutto questo è un oltraggio, ma ancora dipiù una significativa violazione della Dichia-razione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Po-poli Nativi, di recente ratificata e accettatadalle Nazioni Unite, tranne che dagli StatiUniti, dal Canada e dall’Australia. In aggiun-ta si tratta di una violazione del CERD delleNazioni Unite, la Commissione sull’Elimina-zione delle Discriminazioni Razziali e Razzi-ste.

Mia madre è profondamente stressata ein crisi, non potendo sapere se l’esercito egli agenti del NSA potranno costringerla afirmare quei documenti. Afferma che le te-lefonano a tutte le ore, sette giorni alla set-timana. Ha detto loro fermamente di non cer-carla oltre, di non chiamarla a tutte le oredel giorno e della notte e neppure neiweekend. Ha chiesto loro di potersi incon-trare in un luogo pubblico con i loro superio-ri. Hanno rifiutato, però le intimidazioni e lemolestie sono continuate.

Attualmente, a causa del forte stress cuisono sottoposti gli Anziani, dal momento chegli viene chiesto, con oscure manovre, di ce-dere i territori, sento di DOVER fare appelloa parenti, amici, colleghi, specie quelli riunitiin Texas e sino alle regioni del Rio Grande,coinvolti nelle battaglie dei diritti dei Nativi,

Per approfondimenti: http://www.lipanapachetribe.com/Se volete contat-tare Margo per sa-perne di più man-date una mail a:[email protected],oggetto: emer-genza in ElCalaboz, LipanApache e Basque-Indigena NorthAmerican Land

Title Owners!!…

a farsi avanti e aiutarci.Vi prego! Vi prego di aiutare le donne Na-

tive a resistere all’occupazione coatta dei loroterritori!

Per favore, non esitate a trasmettere que-sto documento alla gente nei vostri network,nei mass media, nei giornali, negli ambientidei diritti umani, dei Nativi, della giustizia, enei gruppi di osservazione della salute pub-blica!

Margo Tamez

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Amici della natura Saviore dell’Adamello

IX Corsa Sacra della ValcamonicaIn Solidarietà con gli Apache di San Carlos

In Difesa del Monte Graham, Arizona

La Mt. Graham Sacred Run

Dal 1988 gli Apache delle ri-serve di San Carlos e WhiteMountain, in Arizona, si oppon-gono alla costruzione di un os-servatorio astronomico sulle vet-te della loro montagna sacra Dzilnchaa si an. La Specola Vaticanadei Gesuiti, l’università di Arcetria Firenze, il Max Planck Instituttedesco, la University of Arizonadi Tucson, ed altre università sta-tunitensi, hanno costruito tre te-lescopi su questa montagna ditremila metri nel mezzo del de-serto. La Sacred Run venne isti-tuita nel 1992 da un gruppo diattivisti Apache di San Carlos,come pellegrinaggio, come affer-mazione del diritto alla libertà di culto, e comeprotesta contro la profanazione degli astro-nomi.

Ogni anno la Sacred Run parte da un pun-to diverso in Arizona, per raggiungere nel corsodi due o più giornate i prati e i boschi in cimaal Monte Graham. La corsa è a staffetta,con gente di tutte le età, principalmente gio-vani e giovanissimi. Spesso partecipano al-tre tribù come gli Yaqui, i Tohono O’Odham,ed i Navajo. Vari gruppi ambientalisti e cri-stiani degli Stati Uniti, alcuni europei e Amicidella Natura, hanno corso negli anni con gliApache.

Alla fine della corsa si passano due notti edue giorni campeggiando in alpeggio, facen-do cerimonie, seminari, e passeggiate.

La Corsa Sacra

Dal 1992 al 2003 numerose delegazioni diApache hanno viaggiato per tutta l’Italia fa-cendo conferenze pubbliche, incontri politici,proteste di piazza, ed interpellanze parlamen-tari, in difesa dei loro diritti. Gli Amici dellaNatura hanno appoggiato queste visite di lot-

ta. Gli Apache sono gente di montagna, e sisono innamorati subito delle Alpi edell’Adamello, continuando a tornarci in varigruppi. Cosi nacquero l’amicizia e la corsarupestre in contemporanea.

Abbiamo portato per otto anni il testimo-ne che ci fu dato dagli Apache per la CorsaSacra sulla vetta del Monte Re di Castello.L’orogenesi del massiccio Adamello-Presanellavede in questa vetta il suo punto più antico.Per otto millenni il Passo di Campo è stato laporta orientale del Santuario Camuno del Cer-vo (primo titolo per l’Italia della World HeritageList dell’UNESCO). Il sentiero detto della“Tràersèra” è il più tradizionale tra quelli cheattraversano in ogni direzione l’alta valSaviore. La tragedia accaduta durante la pri-ma guerra mondiale alla caserma Campellioè dimenticata, e nessuna commemorazioneè mai stata organizzata per il più grande epi-sodio di morte collettiva del frontedell’Adamello. I cittadini di Saviore hanno re-spinto, quest’anno, con un referendum, lavolontà dell’amministrazione comunale divendere le terre di proprietà della comunitàfin dal 1400, che si trovano in Trentino, al di

Parco dell’Adamello

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AURO

là del Passo di Campo. Per tutte queste ra-gioni vi ritorniamo, iniziando il nuovo ciclo diotto anni con un nuovo testimone. La no-stra avventura fisica, intellettuale, ed umanadi solidarietà con gli Apache, nel tempo è di-ventata anche ricerca spirituale del significatoche ha per noi la sacralità della natura e dellemontagne.

Chi Può Partecipare

La Corsa Sacra è una scarpinata alpinisticasu un dislivello di 1,717 metri. Il primo terzoè una salita ripida, poi è tutto in quota duemila.L’ultimo terzo è una pietraia accidentata espigolosa che sale fino a 2,891 metri di alti-tudine. Il tempo in luglio è molto variabile. Ilfreddo può essere intenso, e se piove la pie-traia diventa scivolosa. L’andare ed il tornarerichiede almeno dodici ore a passo in forma.E’ indispensabile essere abituati a camminarein montagna, e prepararsi con alcune gite inquota prima della Corsa. Ogni partecipante èresponsabile del proprio abbigliamento, dellapropria incolumità, e cibo.

La Corsa Sacra è aperta a tutti. Ragazzi ebambini sono sotto la responsabilità dei lorogenitori o familiari, e se abituati a camminarepossono farcela. Anziani montanari ce la fan-no senza problemi. Il percorso è per due ter-zi in mulattiera e sentiero, solo l’ultimo terzoin pietraia è pericoloso e richiede maggioreattenzione e forza.

Chiediamo ai partecipanti di iscriversi alGruppo Italiano Amici della Natura che, attra-verso un’assicurazione di responsabilità civi-le, garantisce le loro e le proprie prerogative.Consigliamo l’iscrizione al Club Alpino Italia-no, che offre una serie di servizi, il più impor-tante dei quali è il trasporto in elicottero in

Per ulteriori informazioni contattare:

Amici della Natura,Via Guani 12,25050 Saviore dell’Adamello (BS)Telefono: 0364-634664,cellulare: 335-6871116Email: [email protected]

www.amicidellanaturasaviore.org

caso di infortunio.Non è indispensabile convertirsi

all’Apacherismo Alpino per partecipare allaCorsa Sacra. Chiediamo solo che tutti i par-tecipanti si adeguino all’attività del gruppo consincerità e rispetto. La Corsa è un pellegri-naggio, un momento di ricordo e riflessione,preghiera e sacrificio, è un abbraccio solidaleai nostri amici Apache di San Carlos, è un attodi protesta politica nei confronti degli astro-nomi vaticani, italiani, tedeschi, e statuniten-si, contro l’ etnocidio da loro perpetrato inArizona. Chi partecipa alla Corsa è consape-vole che questi sono i suoi modi e le sue ra-gioni.

Alloggio e Cibo

Il rifugio degli Amici della Natura offre tren-ta posti letto con bagni e camere in comune,e due cucine autogestite. Consultate il sitoweb per i dettagli e foto della casa rifugio.Altri alloggi saranno disponibili in paese. I par-tecipanti facciano pervenire la loro adesioneentro e non oltre il 31 maggio.

Il Cerchio 30

….ANCORA SUL TELESCOPIOSULLA GRANDE MONTAGNA SEDUTA

Sabato 8 marzo 2008 il Sole24ore ha pubblicato un articolo sul ruolo dell’Italia nellarealizzazione dell’LBT sul Mt. Graham in Arizona; considerato il fatto che l’articolonon menzionava affatto le rivendicazioni del popolo Apache di san Carlos sul sito, anome del Cerchio, Massimiliano Galanti ha segnalato all’autore dell’articolo tali man-canze e fornito una efficace sintesi della vicenda. Come vedrete nella corrisponden-za di seguito riportata, il sig. Lepido ha fatto un uso molto parsimonioso di taliinformazioni….

Alla cortese attenzione del Sig. DanieleLepido

Redattore de Il Sole-24 OreMilano

Egregio Signore,ho avuto occasione di leggere il suo

articolo sul “più grande binocolo del mondo”annunciato in prima pagina e pubblicato apagina 20 de Il Sole-24 Ore di oggi sabato 8marzo 2008.

Come lei giustamente evidenzia, il LargeBinocular Telescope – LBT rappresenta ungrande successo per la tecnologia italiana cheè largamente rappresentata in questa nuovainstallazione scientifica.

Vorrei però renderle noto, valuti poi lei sesia necessario darne conto ai lettori del suogiornale, un diverso punto di vista sullaquestione.

La montagna su cui è stata realizzataquesta installazione scientifica, il monteGraham, in Arizona, è uno dei principali luoghisacri del popolo Apache. DZIL-NCHAA-SI-ANo La-grande-montagna-seduta è il nome chele fu dato, molte centinaia di anni, fa da questopopolo indigeno. DZIL-NCHAA-SI-AN è sededei GA-AN, gli spiriti della montagna, a cui gliApache si rivolgono durante le loro cerimonie.I GA-AN sono la rappresentazione dello spiritoe dell’essenza di tutte le cose, delle creature,delle forze della natura e quindi sono lamanifestazione del potere del Grande EssereSupremo che tutto ha creato e governa.DZIL-NCHAA-SI-AN è il luogo dove si trovanole Sacre Sorgenti che forniscono l’acquanecessaria allo svolgimento delle cerimonie,ed è il luogo dove i guaritori Apache trovanole piante necessarie alle cerimonie diguarigione ed alla preparazione delle medicinetradizionali. DZIL-NCHAA-SI-AN non è l’unico

nome della montagna, essa ne ha altriconosciuti solo dagli sciamani e da pochi altriiniziati. Con questi nomi rituali essi si rivolgonoalla montagna durante le cerimonie e lechiedono il permesso di entrare in contattocon i GA-AN i quali a loro volta fungono dacanale di comunicazione con il Grande EssereSupremo. Solo se la montagna non èdisturbata i GA-AN accettano di entrare inrelazione con gli uomini e per questa ragionegli Apache non vogliono che si costruisca nullasulla montagna. Se il disturbo dovessecontinuare i GA-AN potrebbero nonmanifestarsi più e gli Apache perderebbero lapossibilità di mettersi in comunicazione conDio. Sulla montagna si trovano anche le tombedegli antenati e ciò oltre a rappresentarel’antico legame spirituale degli Apache conDZIL-NCHAA-SI-AN, costituisce uno deimotivi per cui gli Apache si recano sullamontagna solo in particolari occasioni. Unadi queste è per procurarsi i materiali, sacri inquanto presi dalla montagna, per costruiregli oggetti cerimoniali o per riportarli alla

Il Cerchio 31

montagna una volta che il loro uso è terminatoo quando sono troppo usurati dall’uso.

Alcuni dei promotori della costruzione deltelescopio binoculare sul monte Grahamhanno sostenuto che non ci sono “evidenze”che la montagna sia sacra e che quella degliApache non è una “vera” religione. A questoproposito va ricordato che solo nel 1970 fuapprovata dal Congresso degli Stati Uniti unalegislazione a tutela dei diritti religiosi dei nativi,l’American Indian Religious Freedom Act. Finoad allora le religioni indiane non eranoufficialmente riconosciute e chiunque, comein effetti accadde, poteva impunementeattuare persecuzioni nei confronti di chiseguiva le vie delle antiche tradizioni religiose.

La conseguenza di queste situazioni, e delladiscriminazione razziale che ancora oggicolpisce i popoli indigeni americani, è stata laclandestinizzazione delle pratiche religioseindigene. Per questo, ancora oggi, moltiApache negano di avere una propria religione,mantengono segreti i luoghi dove praticanole cerimonie ed ancor meno danno spiegazioniinerenti il loro modo di rapportarsi con Dio.

Questa situazione è statavergognosamente e strumentalmente usatada quanti erano intenzionati ad impedire lasalvaguardia dei luoghi sacri agli Apache.

Dzil-Nchaa-Si-An è alta circa 3500 metrie si trova nella catena dei monti Piñaleno,nella Contea di Graham, e fino al 1873, datain cui furono unilateralmente ridisegnati gliattuali confini delle riserve Apache, sitrovava all’interno dei loro territori.In quella data infatti, con un attoillegale, gli Stati Uniti sottrassero agliApache della riserva di San Carlosoltre il 50% del loro territorio,appunto quello dove si trova DZIL-NCHAA-SI-AN e ne affidarono lacustodia al U.S. Forest Service. Lamontagna è perciò, fin da allora,formalmente protetta e la ragione èche questa montagna è unasingolarità naturale. Rappresentainfatti un rarissimo esempio diconcentrazione di diversità biologica,essendo un sistema ecologico dovesono presenti 5 delle 7 formazionivegetali tipiche dell’Americasettentrionale, che vanno dalla boscagliasemidesertica dei primi contrafforti, allaforesta boreale delle cime. Sulla montagnavive, nella ristrettissima area delle cime con

vegetazione boreale, l’intera popolazionedello scoiattolo rosso di monte Graham,specie dichiarata in via di estinzione, ed inoltremolte specie vegetali ed animali endemicheinserite nell’elenco delle specie a forte rischiodi estinzione.

Nonostante tutto ciò, nel 1970 l’Universitàdell’Arizona, con la partecipazione di svariatienti scientifici ed universitari fra cui il Max PlankInstitut tedesco, l’Osservatorio Astrofisico diArcetri italiano, la Specola vaticana,l’Università dell’Ohio ed altri, si fece promotricedel progetto dell’Osservatorio Internazionaledi Mount Graham (MGIO). Inizialmente ilprogetto aveva come obiettivo la costruzionedi 18 telescopi, poi ridotti a 7, su una dellecime della montagna. Uno di questi telescopiè il Large Binocular Telescope.

L’Università dell’Arizona iniziò i lavori dicostruzione nel 1989, dopo aver ottenutodal U.S. Forest Service e dal U.S. Fish andWildlife Service una deroga alle leggi diprotezione ambientale a cui la montagna èsoggetta, e ciò nonostante la carenza deiprescritti esami di impatto ambientale e delnecessario parere dei popoli nativi interessaticome prescritto dall’American Indian ReligiousFreedom Act. Nello stesso anno un gruppo diApache tradizionalisti e di capi spiritualifondarono la Apache Survival Coalition alloscopo di intraprendere azioni utili a fermarelo scempio e la dissacrazione della montagna.Allo stesso tempo gruppi e associazioni

ambientaliste statunitensi scesero al lorofianco per la salvezza del delicatissimoecosistema e dello scoiattolo rosso minacciatidal taglio degli alberi e dalla costante presenza

Il Cerchio 32

dell’uomo. Le molteplici azioni messe in attohanno fatto si che, con la sola eccezione delleistituzioni scientifiche citate, numerosissimialtri istituti ed università americane edeuropee abbiano deciso di non intervenire inquesto progetto.

Anche il Consiglio Tribale degli Apache dellaSan Carlos Reservation si è ripetutamente edufficialmente espresso contro la costruzionedei telescopi e numerosi consigli tribali ecoordinamenti di popoli nativi americani,numerose congregazioni religiose “bianche”e molti membri della comunità scientificastatunitense si sono apertamente edufficialmente dichiarati contrari allacostruzione dei telescopi in quanto fonte dipericolo per le specie vegetali ed animaliprotette, di irreparabile offesa alla dignità delpopolo Apache, al rispetto della sua cultura edelle sue tradizioni e soprattutto ai suoisentimenti religiosi.

Rappresentanti del popolo Apache di SanCarlos, a partire dal 1992, sono venuti in Italiaper sensibilizzare la nostra opinione pubblicaed il nostro Governo circa il fatto che,attraverso l’Osservatorio Astronomico diArcetri, il nostro paese si stava rendendocompartecipe di una palese ingiustizia nei loroconfronti e corresponsabile del rischio diestinzione di specie protette. Fu in seguitoad una di queste visite che una parte deglioperai dell’Ansaldo, esecutrice di parte del LBT,dichiararono la loro obiezione di coscienza esi rifiutarono di partecipare ai lavori dicostruzione della struttura di sostegno deglispecchi del telescopio. Il consistente interessedella opinione pubblica italiana verso laprotesta degli Apache convinse anche, a piùriprese e con diversi governi, numerosi gruppidi parlamentari a sottoscrivere e presentaremozioni parlamentari (almeno tre) allo scopodi bloccare i finanziamenti italiani destinatiall’Istituto Astrofisico di Arcetri, partner delprogetto. Ma, con ogni evidenza, la lobbyscientifica italiana si è dimostrata più forte dellasensibilità per i diritti umani dei parlamentarifirmatari delle mozioni.

Con cordialità,

Massimiliano Galanti per: “Il Cerchio”Coordinamento Nazionale di Sostegno ai

Nativi Americani

Ravenna, 8 marzo 2008

Gentile sig. Galanti,grazie per l’attenzione e per le informazionimolto dettagliate che mi ha fornito. Nell’ar-ticolo che leggerà domani sul Sole 24 OREfarò cenno a questo aspetto, ma anche alfatto che, su questa vertenza, come suquella degli scoitattoli rossi che Lei cono-scerà bene, ci sono numerosipronunciamenti della corte federale ameri-cana (la nostra Cassazione), che danno tut-ti ragione all’università dell’Arizona.Altra cosa è la mia vicinanza e simpatia neiconfronti dei nativi americani coinvolti nellavicenda.

dl

Il sig. Daniele Lepido sul Sole 24 Ore del gior-no seguente ha, in effetti, fatto cenno delleopposizioni al progetto Large BinocularTelescope.Sepolto in un articolo in cui l’astrofisico Pie-ro Salinari lamenta il rischio che l’Italia, dopoavere contribuito in maniera determinantealla costruzione del telescopio, ora non pos-sa utilizzarlo causa il mancato stanziamentodei fondi necessari a coprire la “nostra” quo-ta parte delle spese di gestione annuali (il25% di 10 milioni di dollari).Il cenno fatto dal sig. Lepido è quello che se-gue.

“Il progetto LBT, durato oltre vent’anni, èstato fermo dal 1990 al 1996 per problemidi natura legale: prima gli scoiattoli rossidifesi da un folto gruppo di anbientalisti, poigli indiani apache, sul piede di guerrraperchè l’Osservatorio è stato costruito sulmonte Graham, considetrato sacro dallaloro cultura. Dopo undici processi, tutti vintidalla università dell’Arizona, per l’Italia staarrivando il problema finanziario della ratadi fine mese.”

Questa la risposta del signo Lepido:

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La fonte e la data delle notizie sono riportate tra parentesi. Per qualsiasi segnalazione o richiesta diulteriori informazioni si prega di contattare Il Cerchio oppure direttamente gli indirizzi indicati.

PER APPROFONDIMENTI:

http://www.giannimina-latinoamerica.ithttp://www.yaku.eu/primapaginahttp://www.survival.it

AUSTRALIAIl neoeletto primo ministroaustraliano Kevin Rudd ha pre-sentato delle scuse ufficiali agliAborigeni per le storiche ingiu-stizie subite. Il 13 febbraio,dopo una cerimonia di aper-tura cui, per la prima volta,hanno presenziato anche de-gli Aborigeni, ha rilasciato latanto attesa dichiarazione.(Fonte: Survival,13.02.2008)

BANGLADESHA seguito di una missioneesplorativa nelle ChittagongHill Tracts, un gruppo di per-sonalità del Bangladesh haespresso pubblicamente lasua “grave preoccupazione”per il popolo tribale degliJumma che vive nella regio-ne.(Fonte: Survival,18.03.2008)

BOLIVIAIl 24 Marzo alle 18, sono sta-ti arrestati a Cochabamba cin-que militanti che manifestava-no pacificamente il loro disac-cordo contro il referendum perle autonomie e la raccolta difirme organizzata dal Comi-tato Civico Interistituzionale.L’arresto è avvenuto in ma-niera violenta, quando ungruppo della destracochabambina hanno aggre-dito i giovani manifestanti ac-cusandoli di essere ladri e cri-minali. Hanno in tal modo pro-vocato l’intervento della poli-zia che li ha arrestati.(Fonte: Yaku, 31.03.2008)

A otto anni dalla Guerra del-l’acqua in Bolivia i movimenti

sociali si preparano allemobilitazioni e al confrontocon le destre separatiste del-l’oriente boliviano. E lo fannounendosi nella Coordinadoranacional de los movimientossociales che trova le sue radi-ci in quelle organizzazioni dibase che hanno difeso con ca-parbietà la loro indipendenzadal Governo Morales e cheora si propongono come for-za fondamentale per il futuroe per l’unità del Paese: daOscar Olivera e laCoordinadora en defensa delAgua y la Vida diCochabamba, teatro nel 2000di una della vittorie più signifi-cative per la difesa dell’Acquae dei Beni Comuni, al popoloAymara del Sindaco diAchacachi, Eugenio Rojas, dal-le forze sociali del Plan TresMil, al sindacato deimetalmeccanici,Fabriles, fino aicontadini deitropici e i diri-genti della Cen-trale operaiaboliviana.(Fonte: Yaku,31.03.2008)

Anche Beni e Pando dicono sìalla secessione. Ma troppesono le denunce di brogli eviolenze. Dopo Santa Cruz,teatro del referendumautonomico del 4 maggio,prosegue l’offensivasecessionista delle destre con-servatrici in Bolivia che il pri-mo giugno scorso hanno in-detto altri due referendum perl’autonomia dal governo cen-trale in altrettante regioni del-l’Oriente boliviano, i diparti-

menti amazzonici del Beni edel Pando. I dirigenti regionalihanno detto trionfalmente diaver ottenuto un risultatoelettorale stravolgente, conoltre l’80% delle popolazioniche hanno votato per l’auto-nomia. Ma da troppe partivengono testimonianze di fro-di e di violenze.(Fonte: Yaku 10.06.2008)

BOTSWANASulla terra dei Boscimani, nel-la Central Kalahari GameReserve (CKGR), stanno peressere costruiti villaggi turisti-ci e una miniera di diamantiche necessitano di enormiquantità d’acqua. Tuttavia, leautorità continuano a proibireai Boscimani di attingere ac-qua dal loro unico pozzo.(Fonte: Survival,09.05.2008)

BRASILEOttocento donne di ViaCampesina, una delle più im-portanti organizzazioni almondo di piccoli coltivatori, haoccupato un bosco di eucaliptinell’estremo Sud del Brasile.Lo scopo era abbatterli persostituirli con piante nativecompatibili con l’ecosistema.La repressione ordinata daYeda Crusius, governatrice delRío Grande do Sul, lo stato diPorto Alegre, è stata durissi-ma. Nessuno deve toccare

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USA - ITALIANS AGAINST COLUMBUS DAY

In solidarity with American Indian nations, a group of Italiancitizens have decided to actively support protests againstthe celebration of Columbus Day by establishing a petitionagainst it the controversial holiday.The petition, which was written in Cannara (Perugia) - Italyon October 9, 2007, will be presented to Italianmunicipalities, presidents of Italian regions, and to ItalianAmerican associations.Mike Graham (Cherokee) of United Native America, OglalaLakota Patriot Russell Means, and UCTP President RobertoMucaro Borrero (Taino) have endorsed the effort.The Italian petition against the celebration of ColumbusDay can be found online at http://www.petitiononline.com/cd1ptoit/petition.html.(Fonte: UCTP Taino News, 11.10.2007)

l’albero vampiro. Almeno 50militanti sono rimaste feritedalle manganellate e dalle pal-lottole di gomma. Tutte le al-tre sono state rinchiuse in unostadio. E’ la punta dell’Icebergdi uno dei conflitti coloniali eapparentemente puliti che sicombattono in America latina(Fonte: Latinoamerica,04.04.2008)

Terre indigene nello stato diRoraima minacciate, MarinaSilva, ministra dell’Ambiente, sidimette. I po-poli indigeni diR o r a i m asono attual-mente og-getto di unanuova offen-siva da partedelle forzeanti-indigenedel Brasile: ilsettore del-l ’ a g r o -business, imilitari e lab a n c a d aruralista, l’alapiù conserva-trice del Par-l a m e n t o .L’ISA – Istitu-to SocioAmbiental di Sao Paulo – sti-mava in un suo studio chel’88% delle terre indigenedell’Amazzonia potrebberoessere interessate dallo sfrut-tamento minerario. Nell’aprilescorso, con la ripresa della ter-za fase dell’operazioneUpatakon, Terra libera, tesaad espellere gli invasori dallaTerra Indigena Raposa Serrado Sol, i politici di Roraima, imilitari e anche una parte del-la società civile, sono tornatia chiedere di annullare il de-creto del Ministro della Giusti-zia che riconosce la terra in-digena, che a loro parere an-drebbe ridotta in “piccole iso-

le”. I latifondisti, capeggiati dal“signore di Roraima”, PauloCesar Quarteiro, hanno attac-cato e ferito gravemente al-cuni indigeni, utilizzando anchealcuni indigeni cooptati; il Su-premo Tribunale Federale diBrasilia ha accolto la richiestadi revisione del processo diomologazione della terra.(Fonte: Yaku, 21.06.2008)

Due Indiani brasiliani apparte-nenti ai popoli dei Makuxi e deiWapixana sbarcano in Europa

alla ricerca disperata di aiutoper salvare la loro terra nata-le. L’esito della loro battagliaavrà ripercussioni sul futuro ditutti gli Indiani del Brasile e suldestino dell’Amazzonia. Pote-te guardare le scioccanti im-magini di un attacco al lorovillaggiosul sito di Survival.(Fonte: Survival, 25.06.08)

COLOMBIABombardamenti e violenzecontro i nomadi amazzonici.I Nukak, una delle ultime tribùnomadi dell’Amazzonia, sonostati tragicamente coinvoltinelle ripercussioni dei recentinegoziati svoltisi tra il gover-

no e i guerriglieri dell’ala sini-stra delle Forze Armate Rivo-luzionarie della Colombia(FARC) per il rilascio di unostaggio.(Fonte: Survival,18.03.2008)

130 Indiani Nukak sono fug-giti dallaloro fore-sta natalea seguitodella guer-ra civileche imper-versa inColombia.( F o n t e :Survival,09.05.2008)

EQUADORLo scorso14 lugliol’Ecuadorcon 101voti has a n c i t ol ’ a c q u acome un

diritto umano nella propria Co-stituzione, segnando una gior-nata storica per gli esclusi egli impoveriti del mondo.(Fonte: Yaku 17.07.2008)

INDIASurvival International ha lan-ciato una nuova campagnache ha per obiettivo la com-pagnia britannica Vedanta, unadelle 100 società piùcapitalizzate quotate alLondon Stock Exchange(FTSE-100). Anche IntesaSanpaolo tra gli azionisti prin-cipali.(Fonte: Survival,09.05.2008)

MESSICOChiapas ad alta tensione; Ilcalderonismo prepara l’offen-siva contro le comunitàzapatiste. Aumentano la pre-senza militare e le violazionidei diritti umani. In questocontesto sono particolarmen-te gravi gli eventidel 4 giugno: l’in-tervento delleEsercito Federale,della Procura ge-nerale della Repub-blica e della poliziastatale e municipa-le alla Garrucha(caracul zapatista)con il pretesto dicercare coltivazio-ni di marijuana. Lareazione degliabitatnti delle co-munità diHe rmeneg i l do ,Galeana e SanAlejandro che lihanno respinti conmachete, bastonie fionde ha avutod i m e n s i o n iinimmaginabi l i .Questa volta gli in-trusi non hannoaperto il fuoco, sisono ritirati minac-ciando che sareb-bero ritornati. Po-tete leggere su“Yaku” la traduzione di un ar-ticolo da “La Jornada” del 17/06/08(Fonte: Yaku, 21.06.2008)

MONDOIl Cile ha ratificato la Conven-zione ILO 169, legge interna-zionale cruciale per i popoli in-digeni. Dopo la Spagna e ilNepal, è il terzo paese

firmatario degli ul-timi 18 mesi. In attesa delnuovo governo, la campagnadi Survival per la ratifica da par-te dell’Italia continua con laraccolta di firme. Per scarica-re il modulo o firmare online:h t t p : / / i t a l i a . s u r v i v a l -international.org

PERÙTribù isolate: il governoperuviano risponde alla pres-sione mediatica. A pochi gior-ni dalla pubblicazione, da par-te dei media di tutto il mon-do, delle foto scattate lungo ilconfine tra Brasile e Perù, ilgoverno peruviano ha ricevu-to migliaia di lettere di sdegno

e pressione, e ha annunciatoun piano per verificare la si-tuazione delle tribùincontattate che vivono nelleregioni più remotedell’Amazzonia peruviana.(Fonte: Survival, 25.06.08)

Sciopero generale agrario - 8e 9 luglio: le organizzazionisociali indigene e contadine insciopero per protestare con-tro la criminalizzazione dei

movimenti e contro le misurevarate dal governo di Garcìa.Che rischiano di far scompa-rire le comunità contadine.(Fonte: A Sud 07.07.2008)

Le Badlands tornano ai Lakota

Le terre cattive: seicento km quadrati in South Dakota , terre difficileda coltivare e da attraversare, verranno restituite dall’Esercito degliStati Uniti che le aveva requisite come poligono di tiro, agli Oglala dellariserva di Pine Ridge. Il consiglio degli anziani, riunito in una scuolaelementare intitolata a “Tatsunka Uitko” Cavallo Pazzo, ha detto chela restituzione delle terre è un piccolo, ma doveroso gesto di rispettoda parte dell’uomo bianco.Le “mako’shika”, chiamate in lingua Lakota, non sono terre utili. Sonoterre sacre. Ai piedi delle Black Hills, che proteggevano i territori dicaccia dei Lakota Oglala che galoppavano in queste praterie, primache l’uomo bianco trovasse l’oro nei ruscelli. Le Badlands, sono for-mate da calanchi , vallette corrose, sabbia, creste taglienti e scarnificatedal tempo, dove milioni di anni fa vennero a morire milioni di dinosauri.In queste terre riposano gli sciamani e le ossa di Cavallo Pazzo.Nel 1942 subito dopo l’aggressione a Pearl Harbour, la Us Army, requi-sì le Badlands per addestrare i suoi artiglieri. Da anni, però, sono stateabbandonate e aggregate al sistema dei Parchi Nazionali, come altricelebri luoghi di turismo, come Yellowstone.Bottiglie, lattine, piccozze, plastica, bossoli di proiettili d’artiglieria, car-casse di veicoli corrosi dal vento e da sole, scavi per trovare ossapreistoriche e munizioni inesplose, abbandonate quando l’Esercito hatrovato altri poligoni d’addestramento, questo è la vista di queste ter-re ora.

Il Cerchio 36

L’associazione Gaia Terra, da poco entrata a fare parte del Cerchio, si presenta…

L’ASSOCIAZIONE GAIA TERRAE L’AGRIETICA GRANDE CIELO

C’è un’antica storia dei Nativi Americani che dice:“Quando il Tempo del Bisonte Bianco si avvicinerà, i figli dagli Occhi Bianchi parleranno di Amore comepossibilità di guarigione per i Figli della Terra.Essi cercheranno nuovi modi per comprendere se stessi e gli altri. Cercheranno gli Anziani della RazzaRossa attingendo alla loro saggezza e impareranno a camminare su Madre Terra in perfetta Armonia,Gratitudine e Rispetto.” Noi di Grande Cielo abbiamo iniziato questo cammino.Al centro della nostra storia e tutt’intorno a essa c’è la Ruota di Medicina che è unmodo di comprendere l’Universo.

“... La ruota di Medicina è un cerchio al cui interno si trova una croce: rappresenta lo spaziodell’Universo ma anche quello dentro di noi, il tempo in senso circolare e non lineare, dove tutto ritornaanche se trasformato.

... Il primo insegnamento che si riceve concerne i Quattro Grandi Poteri della Ruota di Medicina. A Nord della Ruota di Medicina si trova la Saggezza;A Sud l’Innocenza e la Fiducia dove scopriamo la vera natura del nostro Cuore. A Ovest l’InterioritàAd Est l’Illuminazione, dove possiamo vedere le cose chiaramente.I nostri Insegnanti ci dicono che tutte le cose all’interno della Ruota dell’Universo conoscono

l’Armonia e sanno come Donare l’uno all’altro, tranne l’uomo.Tutte le cose della Ruota dell’Universo hanno spirito e vita, inclusi i fiumi, le rocce, la terra, il cielo,

le piante e gli animali, ma solo l’uomo, fra tutti gli Esseri della Ruota, possiede la capacità di discernere.Tale capacità, però, può essere completa solo se prima abbiamo imparato l’armonia con i nostri fratellie le nostre sorelle e con tutti gli altri Spiriti dell’Universo. Per far ciò, occorre che impariamo a cercaree a percepire, in modo da trovare il nostro posto all’interno della Ruota di Medicina. Ma per trovarequesto posto dobbiamo soprattutto imparare a Donare.

La Ricerca della Visione, o ricerca di un modo di percepire le cose, è il modo in cui dobbiamoiniziare questa ricerca. Tutti quanti dobbiamo sottoporci alla nostra Ricerca della Visione per scoprirenoi stessi, per capire in che modo percepiamo noi stessi e per trovare la relazione che ci lega al mondoche ci sta intorno.

... Toccare e Sentire significa Fare Esperienza. Ogni persona è in realtà una Ruota di MedicinaVivente, unica i irripetibile, ed è stata inviata su questa Terra per Toccare, Accumulare Esperienze eImparare... Mandata su questa Terra perché imparasse le cose del Cuore attraverso il Toccare.

Secondo gli Insegnanti, c’è soltanto una cosa che tutti quanti possediamo nella stessa misura: laSolitudine. Sulla faccia della Terra non si trovano mai due esseri che siano simili in qualcosa, se nonnella solitudine, che è la causa della no-stra Crescita, ma anche la causa dellenostre guerre. Amore, odio, avidità egenerosità: tutte cose che hanno radicenella nostra solitudine, nel nostro deside-rio di essere necessari ed amati.” (da “Sette Frecce” di Hyemeyohsts Storm”)

A un tratto del nostro cammino abbia-mo sentito di realizzare e dar forma alnostro “Sogno” proprio per onorare la no-stra esperienza di vita.

Abbiamo trovato (sarebbe più esattodire ci ha trovato) un terreno alle pendicidel Monte Soratte.

Quando siamo arrivati c’era solo erba,una grande quercia e… noi con il nostro

Il Cerchio 37

Sogno.Oggi c’è un grande orto biologico, alberi da

frutta piantati da bambini, l’antico forno ab-bandonato contento di rivivere con il suo pro-fumo di pane caldo, ci sono due cavalli (Spirite Bella) che quando corrono con le loro crinie-re al vento ci fanno toccare con gli occhi labellezza della libertà, ci sono bambini che gio-cano, anziani che raccolgono e sbucciano leverdure e preparano marmellate e salse, ci sonoi te-pee (le abitazioni indiane) che ci accom-pagnano al di la del tempo e dello spazio conla loro meravigliosa forma dove nelle calde sered’estate dormiamo sdraiati a terra con lo sguar-do in alto e mentre guardiamo le stelle ci ad-dormentiamo raccontandoci la giornata, ci sonodue casali dove possiamo fare seminari, in-contri e stare insieme.

La cosa più bella che testimonia quanto crediamo in questo sogno è che la nostra Associazione èfatta di persone completamente diverse per età, educazione, spiritualità, e soprattutto perché siamopersone con famiglia, siamo persone che lavorano, ma questo non ha fermato il nostro sogno.

Abbiamo dato molto e con sacrificio ma sempre con gioia ed entusiasmo, aiutandoci reciprocamentenei momenti più difficili cercando di camminare le nostre parole.

Abbiamo vissuto esperienze indimenticabili ospitando nativi di diverse tradizioni che ci hanno tra-smesso la loro spiritualità, la loro cultura, fatto conoscere la loro arte, abbiamo imparato o “riscoperto”con loro suoni canti e danze, abbiamo ascoltato le loro preghiere pur non conoscendo le parole, ma lìabbiamo capito che le parole sono soltanto un vestito al respiro del cuore e con loro abbiamo respirato,abbiamo ascoltato le loro poesie, ascoltato il loro dolore per ciò che hanno vissuto nel passato stringen-doci la mano vicini in questo presente.

Il nome di questo posto è stato dato durante la cerimonia della capanna del sudore (una cerimonia trale più antiche e sacre) ed è GRANDE CIELO… un luogo, dove si cammina con tutte le razze, con ibambini e con gli anziani, con tutte le gioie e i dolori, con i forti e con i deboli, con tutte le vittorie etutte le sconfitte, con semplicità e fiducia perché è quello il luogo dove il Creatore ha nascosto il segretodella Vita.

GRANDE CIELO E’ DEDICATO A:

− ai bambini di tutto il mondo perché possano vivere in un mondo di pace e amore;− agli anziani perché non debbano vivere la stagione della loro vita come la fine di qual-

cosa ma come l’inizio di un periodo nuovo in cui possano donare la loro esperienza esaggezza;

− agli ammalati nello spirito e nel corpo perché possano trovare la loro Medicina;− alla terra perché possa essere rispettata ed amata;− a tutti noi perché ognuno abbia la possibilità di toccare il mondo con la sua bellezza

personale, perché nessuno debba sentirsi più solo;

A Grande Cielo nel gennaio 2001 è nata l’associazione culturale GAIA TERRA.Le attività che si possono svolgere presso l’Associazione sono:

- Corsi sulla Ruota di Medicina- Rune sciamaniche- Seminari sui quattro elementi- Seminari su olii essenziali- Incontri con nativi- Serate intorno al fuoco dormendo nei te-pee- Cerchi di tamburi- Come avvicinarsi e conoscere i cavalli- Tiro con l’arco

PER INFO:www.gaiaterra.it – www.grandecielo.it

[email protected]@intrage.it

Cell: Barbara 3486067873Cristina 3403419190 Daniela 3387034868

Il Cerchio 38

Lettere al CerchioQuello che segue è un messaggio che giunge al Cerchio da Tlahkuilo,intervenuto in qualità di ospite e danzatore all’incontro del Cerchio l’autunnoscorso a Cannara (Perugia)

Gracias por el coordinamento y sosteño a l@s, l@s de abajo quecaminan preguntando.

Gracias tambien por su noble corazøn que se encuentra al la izquierda, yque permite luchar sin pretender vencer, solo seguirlo (el corazøn), organizandonos.Aunque; seamos “¿divers@s”?, por que sabemos que la resistencia con “indignacion en el pecho” nos hace a tod@s ììììììì IGUALES !!!!!! sinceramente

TlahkuiloPs. !!!!!!!!!felicidadez por los articulos ,bellisimos!!!!!!!!! a la proxima mail... ops....... Spero no sea un problema lo spagnolo!…

Da Umberto, un nuovo socio del Cerchio, riceviamo:

(…) Ho un sito www.umbertoarciero.it dove parlo anche dei fratelli rossi...E’ un popolo cheamo e che mi ha risvegliato la coscienza. Mi interessa la vostra rivista poichè l’informazionedei mass media e della tv è sorda, è indifferente.Non voglio che questo popolo sta morendo, sta scomparendo è mia responsabilità di uomodi mettermi con tutte le mie forze, la mia anima e il mio cuore al fianco di questo grandepopolo che 300 anni fa ci diceva quello che sarebbe successo oggi...Grazie...Umberto

Questo è un messaggio che ci arriva dall’Associazione Pantagruel, che si occupa di carcere edetenuti, e con la quale abbiamo più volte collaborato:

Cara amica, caro amico,speriamo che tu abbia cinque minuti de dedicarci.La nostra associazione sta attraversando un momento difficile sul piano economico. Le ri-chieste che ci arrivano sono molte e non sappiamo bene cosa fare. Per questo ti chiediamo didarci un aiuto che può realizzarsi:- inviando una piccola cifra in una busta chiusa alla sede della nostra associazione (Associa-zione Pantagruel Onlus - via Tavanti, 20 - 50134 Firenze), o versata sul contocorrentepostale n. 10019511, o inviandoci qualche francobollo per la nostra corrispondenza con idetenuti;- se vivi a Firenze o dintorni dedicandoci qualche tua ora per fare del volontariato in uno deinostri progetti (vedi il nostro sito www.informacarcere.it/pantagruel.php);- se vivi lontano da Firenze dedicare qualche ora ai nostri progetti (per esempio: far cono-scere nella tua zona le nostre bambole e i nostri manufatti; iniziare una corrispondenza condetenuti/e; aiutarci nella campagna Mai dire Mai per l’abolizione dell’ergastolo, ecc.);- aderendo alla nostra associazione.Ti ricordiamo che anche quest’anno puoi scegliere di destinare il 5 mille della dichiarazione deiredditi alla nostra associazione (C.F. 90012090479).Sperando di ricevere molte risposte, a disposizione per ogni ulteriore informazione.Saluti e grazie dell’attenzione.

Associazione Pantagruel Onlus

Questi sono i gruppi che attualmente costituiscono il Coordinamen-to Nazionale di Sostegno ai Nativi Americani

*Associazione Kiwani - Il Risveglio via Palagio 29 - 50065 Pontassieve (FI).Tel/fax : 055 8450201 e-mail: [email protected] - [email protected]

*Waga Chun c/o Piero Fantoni, Via Valinosio, 3 - Cortandone (AT), Tel 0161 849179*Associazione Wambli Glesca c/o Massimiliano Galanti, Via Val Pusteria 27, 48100 Ravenna.

Tel. 0544 0407058 e-mail: [email protected]*Coordinamento per il Monte Graham c/o Corrado Baccolini P.zza Sassatelli 34, 41057

Spilamberto (MO) Tel. 059 935140*Associazione Alter-Nativi c/o Vittorio Delle Fratte, via H.A. Taine 51 00100 Roma

Tel. 06 72673072 oppure 335 7533193 e-mail: [email protected]*Associazione Huka Hey c/o Auro Basilicò, Via Pitter 1, 33170 Pordenone. Tel. 0434 370558

e-mail: [email protected] - [email protected]*Associazione Mitakuye Oyasin c/o Claudia Sodo, Via C.F. Bellingeri 4, 00168 Roma

Tel. 06 33 88 066 - 339 37 40 640 e-mail: [email protected]*Comitato Pro Indios di Roraima (Brasile) Silvia Zaccaria c/o ASAL Ass. Studi America Latina

via Tacito 10, 00193 ROMA tel. 0039.06 32 35 389 – fax 0039.06 32 35 388e-mail: [email protected] – www.indiosdiroraima.org

*Gruppo Heyata c/o Claudio Rigodanzo - Via Costo, 9 - 37030 Roncà (VR) Tel.045 6545052 E-mail: [email protected]; [email protected]*Associazione Gaia Terra c/o Maurizio Rosace e Loredana Carocci, www.gaiaterra.it; e-mail:

[email protected]; [email protected]

*Referente per la libreria de “Il Cerchio”: Giuliano Pozzi Tel. 339 63 59 170e-mail: [email protected]

*Coordinatore de “Il Cerchio”: Vittorio Delle Fratte tel. 335 7533193e-mail: [email protected]

(per far parte del coordinamento e collaborare basta contattare uno dei gruppi e partecipare agli incontrile cui date cercheremo sempre di divulgare attraverso questo giornale, il sito internet e le comunicazioniai soci)

Le Tribù del Cerchio

ATTENZIONE:

vogliamo ricordare a tutti i soci che, se non aveteversato la quota associativa de “IL CERCHIO”nell’ultimo anno, la vostra iscrizione è scaduta.Per continuare a sostenere il coordinamento ericevere il giornale vi invitiamo a rinnovare l’adesioneall’associazione, effettuate al più presto ilversamento, come indicato in fondo al giornale.

IL CERCHIO èl’Associazione senza fini di lucro

che coordina i numerosi gruppi ed indivi-dualità italiani che svolgono attività di sostegno

ai Nativi Americani e di salvaguardia della Madre Ter-ra: prigionieri politici, lotte per difendere le terre ancestrali

e tribali, iniziative volte alla salvaguardia delle culture native,programmi di sostegno economico e di raccolta fondi per pa-

gare spese legali e petizioni, tenendo contatti con le associazionid’oltreoceano.Questo periodico ti fa avere notizie dal continente americano, èuno spazio indipendente aperto a tutti, un posto dove confrontarsi ecrescere insieme, uno strumento di conoscenza e di lotta nato dal-l’esigenza di persone diverse, che pur vivendo lontane con esperienzee percorsi differenti sentono “qualcosa che le accomuna”.IL CERCHIO rappresenta uno dei pochi collegamenti con la realtà deiNativi in quanto le notizie, il più delle volte ignorate dal mondo della“grande informazione”, provengono da contatti diretti con essi. Questo giornale parla anche della spiritualità, dell’arte e dellaletteratura dei Nativi Americani e sostiene le loro lotte come

sostiene quelle di ogni popolazione nativa che abbia lemedesime difficoltà a mantenere viva la propria iden-

tità culturale.ASSOCIATI A

“IL CERCHIO”

ECCO UN ALTRO BUON MOTIVO PER ASSOCIARSIChi si associa usufruisce di uno sconto del 10% sull’acquisto di libri sui/dei Nativi

Americani, scegliendo da un catalogo che comprende tutte le migliori uscite editorialiitaliane.

Se hai la possibilità di vendere il giornale puoi aiutarci a diffonderlo,ed usufruire delle condizioni speciali che in questo caso ti offriamo.

Per Informazioni o chiarimenti, ci puoi contattare ai numeri055 8450201 (Ass.ne KIWANI) - 339 63 59 170 (Giuliano) - 335 7533193 (Vittorio)

o inviare una mail: [email protected]

Quota associativa per un anno, 26 Euro (che da diritto a ricevere il giornale) da ver-sarsi sul

Conto corrente postale n 26748509Intestato a:

Associazione IL CERCHIOVia San Cresci, 19

50032 Borgo San Lorenzo (FI)

IL CERCHIO: www.associazioneilcerchio.it