tc 04 2014
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CASA BELLA CASA | TOPOGRAFIA E STORIA | CITTÀ E TEMPO | CITTÀ E QUARTIERI | STATO DELLʼARTE | PROGETTARE IL TERRITORIO | SPAZI DELLA CULTURA
ALL’INTERNO
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AFFARI E ABITARE
RAVENNAn . 9 0maggio
2014
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MAGGIO 2014
I Sedici Il ruolo dell’Architettura contemporanea
Ciclo di conferenze organizzate e promosse dal Gruppo Ravimm - Le Cantine di Palazzo Rava e dalla rivista dell’abitare TrovaCasa Premium (edizioni Reclam),
con il patrocinio del Comune di Ravenna e Ravenna 2019Coordinatore: Emilio Rambelli - Nuovostudio
Info Ilaria Siboni - [email protected] - cell. 338 1584910
Comune di Ravenna
Espongono Intervengono
Giovedì 27 febbraioCasavecchia e Muratoria Montini e ZoliRavenna Faenza
Giovedì 20 marzoGabriele Montanari Angeli e BrucoliUnione Comuni Bassa Romagna Faenza
Giovedì 17 aprileStudio Rava Piersanti Burroni e DapportoFaenza Ravenna
Giovedì 22 maggioPaolo Rava Panbianco e PretolaniComune di Forlì Forlì
Giovedì 19 giugnoDavide Cristofani Lazzarini e PinoniFaenza Faenza
Giovedì 18 settembreFrancesca Proni Studio EllevuelleComune di Ravenna Forlì
Giovedì 6 novembreTeprin Associati Inout ArchitetturaRavenna Ferrara
Giovedì 4 dicembreEmilio Agostinelli Piraccini e BaldacciSoprintendenza di Ravenna Cesena
Calendario 2014
Tutti gli incontri si terranno presso Le Cantine di Palazzo Rava - Via di Roma 117 - Ravenna
Apertura mostra ore 20, inizio conferenza ore 21
Via Faentina 218s - Fornace Zarattini Ravenna tel. 0544 463621 - www.ravennainterni.com
TROVACASA PREMIUM
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www.facebook.com/RavennaInterniM
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topografia e storia
città e tempo
città e quartieri
stato dell’arte
progettareil territorio
spazi della cultura
offerte immobiliari
04
contenuti
A Cervia, Nest, la palazzina glamour ed ecosostenibile
certificata in Classe A
Ravenna-Berlino: mosaicidalle sponde del Padenna
ad Alexanderplatz
Tesori gnomonici nascostial Museo Torricelliano
di Faenza
Cervia, laboratorio urbanistico al bivio fra
sviluppo e sostenibilità
Angeli e Brucoli
Il destino dei luoghi:le periferie, fra degrado e
progetti di recupero
Intervista a NandoRandi, mecenate della
Galleria d’arte Ninapì
Idea Casa 12 . Agenzia Romagna . Agenzia Futura 13 .
Scor . Fratelli Savorani 14 . Eurocase . Case d’Autore 15 .
Snoopy Casa 24 .La Rocca . Agenzia Ritmo 25 .
Universo . Studio Effe 26 .MC & Partners . Mazzini Casa 27 .
Fabrizio Panzavolta 47 .
casa bella casadi Paolo Bolzani
di Pietro Barberini
di Mario Arnaldi
di Chiara Bissi
di Domenico Mollura
di Enrico Gaudenzi
di Marina Mannucci
maggio 2014
fotografieMAGGIO 2014
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TROVACASA PREMIUM
BANCA POPOLARE RA TC:Layout 1 20/05/14 10:02 Pagina 1
MAGGIO 2014
Autorizzazione Tribunale di Ravenna n. 1240 del 8 novembre 2004
Direttore responsabile: Fausto Piazza
Consulenza redazionale: Paolo Bolzani
Collaborano alla redazione: Andrea Alberizia, FedericaAngelini, Pietro Barberini, Roberta Bezzi, Chiara Bissi, Alberto Giorgio Cassani, Enrico Gaudenzi, Serena Garzanti(segreteria), Maria Cristina Giovannini (grafica), MarinaMannucci, Luca Manservisi, Domenico Mollura, Guido Sani,Serena Simoni.
Progetto grafico: Quadrastudio - www.quadrastudio.info
Referenze fotografiche: Alberto Giorgio Cassani, Paolo Genovesi, Fabrizio Zani.
Redazione: tel. [email protected]
Editore: Reclam Edizioni e Comunicazione srlviale della Lirica 43 - 48124 Ravenna - tel. 0544.408312 [email protected] - www.reclam.ra.itDirettore generale: Claudia Cuppi
Stampa: Grafiche Baroncini - Imola - www.grafichebaroncini.it
edizione di Ravenna
ControcopertinaSi chiama “Nest” la palazzina realizzata recentemente aCervia, con appartertamenti residenziali-turistici, che “in-treccia”, proprio come in un nido, estetica, comfort e so-stenibilità ambientale. L’edificio di proprieta dell’imprendi-tore Rudy Albrizzi e ideato dall’architetto ravennate StefanoFocaccia, vanta, primo nella riviera cervese, una certifica-zione in Classe A Casa Clima.
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CASA BELLA CASA
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L’imprenditore “illuminato” Rudy Albrizzi di Bologna,ha voluto rievocare la forma del nido e quindi hachiesto al proprio progettista, l’architettoStefano Focaccia di Ravenna, di applicareuna decorazione che si rifacesseall’immagine del nest nei due grandifrangisole disegnati a ramificazioneplurima e applicati ai fronti lateralidell’edificio, che proseguonooltre le pareti per garantirel’ottimale ombreggiamentonei vasti balconi-terrazzo
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di Paolo Bolzani
Il nuovo “nido”cervese a due passi dal mare
Nella nuova palazzinaNest si coniugano
esigenze ecosostenibileed estetiche, tali da
potersi vantare comeprimo esempio di edificio
in Classe A CasaClimadella nuova generazione
di fabbricati realizzatinella riviera di Cervia
Nest in inglese significa nido e a questo pensavano Herzoge De Meuron quando hanno realizzato il nuovo grande sta-dio olimpico di Pechino. Allora come oggi si leggeva ovun-que come l’idea del “nido d’uccello” derivasse dalla «formache lo caratterizza e ai tanti “ramoscelli intrecciati” che necostituiscono la struttura». La suggestione dell’immagineha fatto tendenza un po’ ovunque e anche a Cervia nonsono rimasti insensibili, come appare da questa palazzinaeretta al posto di un piccolo albergo, dimenticato in unavia minore a 100 metri dal mare della città della cerva. La committenza, costituita dall’imprenditore “illuminato”Rudy Albrizzi di Bologna, ha voluto rievocare quella forma,chiedendo al proprio progettista, l’architetto Stefano Fo-caccia di Ravenna, di applicare una decorazione che si rifa-cesse all’immagine dell’opera realizzata dagli architetti sviz-zeri nella capitale cinese. Da qui il nome Nest di questanuova architettura cervese, che balza immediatamente al-l’occhio per la presenza dei due grandi frangisole disegnatia ramificazione plurima e applicati ai fronti laterali dell’edi-ficio, che proseguono oltre le pareti per garantire l’ottimaleombreggiamento nei vasti balconi-terrazzo. Infine ecco lagrande falda unica – tratto tipico dell’architettura di Focacciainsieme ai forti sbalzi e all’utilizzo del brise-soleil – che siinclina verso sud rivestendosi interamente di pannelli foto-voltaico, posati su un materassino coibente in fibra di legnodi spessore pari a 28 centimetri. Già dalla fibra in legno sipercepisce l’intento ecologico del fabbricato, intento con-fermato dal materiale del brise-soleil, i cui “ramoscelli”sono realizzati infatti in multistrato di fogli di cellulosa ri-vestiti da un laminato bianco, tagliato al laser su disegno.Nest nasce dall’esigenza di catturare la maggior quantitàdi luce naturale, trattandosi peraltro di una tipica secondacasa di tipo estivo. Da ciò derivano la ampie porte-finestree il privilegio di una vita all’esterno del corpo chiuso dellacasa, risolta a livello strutturale nei forti sbalzi dei balconi-terrazzi che si librano nel vuoto dei piani primo, secondo esottotetto con la funzione di proteggere le ampie finestredalla radiazione solare diretta, mentre conferiscono allafacciata l’effetto di una smaterializzazione a grandi vassoi.Una volta giunti sotto la grande facciata, la modernità delgesto architettonico si percepisce fin dalle pannellature
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CASA BELLA CASA
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della recinzione su strada, realizzate in co-rian e verniciate con colori fuori standardper abbinarsi al tono tortora dell’edificio.Si tratta di un colore che successivamenteviene rideclinato negli infissi, con carter inalluminio verniciato all’esterno e legno lac-cato bianco all’interno. Uno sguardo allegenerose porte-finestre a scorrevoli paral-leli e l’occhio esperto rileva la presenza diun triplo vetro e un ottimo soluzione per lasoglia in versione raso-pavimento, che con-ferma l’attenzione maniacale e program-matica cui si sottopone tutto il fabbricato,dalle strutture alle finiture. Basti pensareagli infissi, che sono stati passati attraversoun test di tenuta all’aria pari a 0.7 (perfor-mance positiva sotto l’unità). In realtà tuttoil fabbricato soggiace ad un programma dicontenimento dei costi energetici, legati adalte performance strutturali ed energetiche.Questo spiega la scelta della tipologia co-struttiva che premia il legno, mediantel’adozione dei pannelli a travi-parete por-tanti denominati XLAM, che risolvono le esi-genze statiche sia in verticale con setti por-tanti, sia in orizzontale nei solai. Ciò «hapermesso di realizzare i grandi sbalzi deibalconi che, con altre tecnologie costrut-tive, avrebbero richiesto ben altri spessori»,spiega l’ingegnere Michele De Beni di Bol-zano. «Inoltre la necessità statica di darecontinuità ai setti parete – prosegue DeBeni - che sostengono gli elementi orizzon-tali dei balconi e al solaio del secondo pianoper il balcone dell'attico, non ha compor-tato ponti termici». Le ottime caratteristichestrutturali, inserite in uno schema staticoin grado di sfruttare completamente le pre-stazioni dei setti in XLAM, si accoppianoalle prestazioni energetiche supportate daun rivestimento isolante in fibra di legnoesterno ad alto peso specifico ed internonella controparete che riveste i muri esterni,presentano un valore di tramittanza termicapari circa alla metà di un blocco in termola-terizio di produzione attuale. Lo stessospessore di isolante è stato utilizzato per isetti verso il vano scale non riscaldato. «Lacopertura invece – prosegue De Boni - pre-senta una struttura a travi con un tavolato,sui cui sono posti 28 cm di fibra di legnoesterno in densità media e 6 cm in densitàmaggiore. Per lo stesso motivo sotto ai pa-vimenti sono stati posati in opera dei ma-
Nelle foto, diversi ambienti “open air” che caratterizzanole terrazze e i balconi della palazzina residenziale “Nest” a Cervia
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“Nest” nasce dall’esigenza di catturare la maggior quantità di luce naturale, con ampie porte-finestre scorrevoli e il privilegio di una vita all’esterno
del corpo chiuso della casa, risolta a livello strutturale nei forti sbalzi deibalconi-terrazzi che si librano nel vuoto dei piani primo, secondo
e sottotetto con la funzione di proteggere le ampie finestre dalla radiazione solare diretta, mentre conferiscono alla facciata
l’effetto di una smaterializzazione a grandi vassoi
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CASA BELLA CASA
terassini in fibra di legno, con membrana in neoprene per otte-nere il migliore isolamento acustico. Anche nella progettazionedegli impianti le scelte divergono dalla standard, optando per«un sistema a tutt'aria in cui però il sistema di ventilazione (ri-cambio igienico) e quello di potenza (ricircolo) sono fisicamenteseparati. Questa separazione è agevolata dai volumi limitati ingioco in cui l'aria esterna, una volta immessa in ambiente,viene di fatto immediatamente trattata dalle unità interne agliappartamenti. La produzione dell'acqua calda sanitaria è de-mandata a dei boiler dotati di pompa di calore». Entriamo nelvano scale, dotato, per scelta progettuale e non per imposizionenormativa comunale, come spiegano Albrizzi e Focaccia, di unascensore. I nostri passi si susseguono su una pavimentazionein lastre di grés porcellanato di grandi dimensioni e dello stessotono tortora delle pareti, che risalgono i gradini. «Il piano terra»,spiega Focaccia «dell’edificio è costituito da un porticato privatoin parte adibito ad autorimessa. Lo standard i parcheggio pre-visto dalle norme comunali (2 posti per alloggio) ci ha obbligatoad adibire gran parte della esterna a parcheggio privato, mentreil retro rivolto a sud è adibito a giardini privati delle varie unità».Ora saliamo al piano superiore per la rampa “a ginocchio” esoluzione “a zampa d’oca” per velocizzare la salita. «Il piano
La soluzione vincente ha sceltouna struttura portante in legno a
setti e solai in travi-pareti in XLAM;notevoli strati di coibentazione;infissi a triplo vetro e a soglia in
versione raso-pavimento; assenzadi gas ed energia elettrica
prodotta dal tetto fotovoltaico;impianti di ventilazione e diclimatizzazione fisicamente
separati; produzione di acquacalda sanitaria con boiler
alimentati a pompa di calore.
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Lo spazio cucina di uno degli appartamenti di Nest
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CASA BELLA CASA
Scorci di vari spazi funzionali degli appartamenti di Nest:cucina , stanza-armadio, bagno.
primo è costituito da due alloggi speculari rispetto al vanoscale/ascensore. Gli alloggi hanno una superficie calpesta-bile di 45 metri quadri e sono caratterizzati da un localesoggiorno/cucina, il bagno ed una camera da letto doppiacon annesso spogliatoio. Sia il soggiorno che la camera af-facciano grandi vetrate su ampi terrazzi di tre metri di pro-fondità». Saliamo ancora per raggiungere gli alloggi del se-condo piano, che in realtà ricalcano quelli del primo ma sisviluppano in formato duplex, con i due livelli abitativi col-legati da una irta scaletta che si insinua nel corpo dellacasa fino ad accedere a un piano sottotetto, in cui sonostate ricavate altre due stanze ed un bagno di servizio. «Dal sottotetto – prosegue il racconto di Focaccia – si accedead un ampio terrazzo sul retro rivolto a sud e a dei balconimeno profondi rispetto a quelli sottostanti, sul fronte».Giunti all’interno degli alloggi, si conferma la loro vocazionestagionale, in quanto le pavimentazioni terrazzate, presentinel lato su strada e su quello opposto, si equivalgono persuperficie a quelle interne. Il buon gusto tendenzialmente“total white” del design nel disegno e nell’arredo degli in-terni ci racconta ancora una volta del desiderio di quiete erelax emanante da questo luogo. Tutto ciò è coniugato conl’osservanza delle prescrizioni di tipo ecosostenibile di Ca-saClima, che ha valso al fabbricato il certificato in Classe A,praticamente l’attestato di una casa tendenzialmente pas-siva, vale a dire a consumi energetici quasi annullati.
www.nestcervia.com
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Ravenna-Berlino:
TOPOGRAFIA E STORIA
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mosaici dalle sponde del Padenna ad Alexanderplatz
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La stazione metro di Alexanderplatz a Berlino
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TOPOGRAFIA E STORIA
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La chiesa di San Michele in Africisco è stata co-struita nel 545 dal banchiere Giuliano Argentariosulla riva orientale del Padenna, in posizione do-minante rispetto al centro cittadino di Ravenna,che si svilupperà lungo questa direttrice. L’edifi-cio religioso era a 3 navate, divise da colonne dimarmo (successivamente sostituite da altre in la-terizio) e dotato di portico. Custodito dai monacibenedettini, passò poi a una congregazione dipreti ( X-XII sec.) e ai canonici detti cardinali (ci-tati in una carta del 1130). Dopo la sconsacra-zione della chiesa, avvenuta nel 1805, i mosaicioriginali dell’abside furono staccati da Liborio Sa-landri nel 1843 per conto della corte di Prussia(sono oggi esposti al Bode Museum di Berlino).Il legato Francesco Saverio Massimo, per farsi
di Pietro Barberini
Nella grandiosa piazza della metropoli tedesca spicca “La nostra vita”, un mosaico lungo 125 metri sulla facciata
della Casa dell’Insegnante. Poco lontano, nelle sale del Bode,prestigioso museo di antichità, i mosaici ravennati del VI secolo
di San Michele in Africisco, “venduti” alla Prussia nel 1843
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perdonare della perdita inflitta alla città di Ravenna, ordinòal Salandri di pulire i mosaici di Sant’Apollinare Nuovo, maquesti cadde dall’impalcatura e morì (!) nel 1846. Le pochestrutture superstiti, visibili dall’attuale piazza AndreaCosta, si riducono oggi ai muri dell’abside, inglobati all’in-terno di un negozio di abbigliamento e, al campanile (sec.XV), ora ridotto a magazzino.Per trovare un pezzo di Ravenna, bisogna andare a Berlino:lo “strappo” del mosaico absidale di San Michele in Africi-sco, pagato a caro prezzo da Salandri, è da più di cento-cinquant’anni fra i reperti bizantini conservati nella capitaletedesca. Se pensiamo alla legge del contrappasso, ai sac-cheggi e ai furti d’arte perpetrati a danno del nostro Paese,non percepiamo la privazione di quest’opera musiva, forsescampata più facilmente all’incuria e al degrado. Visti iquantitativi di bombe caduti su Berlino durante l’ultimoconflitto, non è di poco stupore scoprire come tante opered’arte, statue o intere parti di città, come quelle contenutenel Museo di Pergamo, siano riusciti a riemergere dalle ro-vine fumanti della guerra. Con la nostra città e con il mo-saico, Berlino, ritornata capitale della Germania riunificatanel 1991, ha ritrovato legami di reciproco scambio turisticoe culturale. Vicino ad Alexanderplatz, la piazza centrale
Nella pagina a sinistra: in alto, la sala del Bode Museum diBerlino dove è stata ricoostruita l’abside della chiesa ravennatedi San Michele in Africisco, con i mosaici originali “strappati” nel
1843. In basso, il campanile della chiesa ancora oggi visibile incentro a Ravenna. Ciò che resta dell’edificio, compresa l’abside
spogliata, è stato inglobato in un negozio di abbigliamento.
A fianco, ancora uno scorcio di Alexanderplatz con l’hotel ParkInn, ultimato nel 1970 e completamente ristrutturato nel 2005.
Qui sopra, la traccia, con targa, del Muro di Berlino
Per ritrovare un pezzo della Ravennabizantina bisogna andare a Berlino, adammirare lo “strappo” del mosaico
absidale di S. Michele in Africisco
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TOPOGRAFIA E STORIA
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cancellata dai bombardamenti e ricostruita dal regime comunista neglianni Sessanta, si erge un imponente edificio di 12 piani: Haus des Le-hrers, la “Casa dell’insegnante”, ideata dall’architetto Hermann Hen-selmann nel 1964. Siamo nel cuore del quartiere Mitte. Di fronte un edificio simbolo dellaDDR, la torre della televisione, esempio architettonico e capolavorotecnico; realizzata fra il 1966 e il 1969, è alta 368 metri. Ad oltre 200metri da terra, trova spazio un caffè-ristorante panoramico che ruotadi 360 gradi ogni mezz’ora (questo tempo sembra sia stato acceleratodalle esigenze del capitalismo, poiché nella Repubblica Democraticaoccorreva un’ora per completare il giro!). All’altezza del terzo pianodel palazzo Haus des Lehrers, si trova un murale mosaicato alto 7metri e lungo 125 dove si può ammirare la grandiosità e l’ingenua bel-lezza comune ad alcuni mosaici bizantini ravennati. Non è proponibileuno scambio , se non culturale, con il nostro patrimonio che possiamoammirare in contesti diversi, eppure l’opera di Walter Womacka si im-pone con grazia e leggerezza a dispetto delle dimensioni. È una dellepiù grandi opere d’arte europee e descrive scene che riguardanol’educazione e la formazione scolastica, la vita familiare e l’amicizia.Il titolo del mosaico è Unser Leben (la nostra vita). Womacka, natonella Repubblica Ceca, ha diretto per oltre vent’anni la scuola di BelleArti di Berlino e nel suo capolavoro , certamente il più “grande”, hareso viva e incancellabile la dimensione didattica e culturale del so-cialismo reale, da lui tratteggiato con maestria nel segno di un “neo-realismo” utopico ma straordinariamente verista.
Tutte le foto sono di Pietro Barberini
Sopra: Il Bode Museum, sulla punta della cosiddetta Isola dei Musei di Berlino.Sotto: il singolare orologio di Alexanderplatz, con le ore del mondo..
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Museo Torricelliano a Faenza
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di Mario Arnaldi
Il Museo torricelliano si formò nel 1908 presso laBiblioteca comunale della città di Faenza, in occa-sione dell’Esposizione Internazionale istituita per iltrecentesimo della nascita del noto matematicoEvangelista Torricelli. Torricelli nacque a Roma nel1608 da Gaspare Ruperti (di Bertinoro) e da GiacomaTorricelli (di Faenza). Fu battezzato in San Pietro,ma rimasto presto orfano trascorse la sua gioventùa Faenza, studiando presso lo zio materno Don Ja-copo, monaco camaldolese (al secolo Gian France-sco Torricelli) Prima di recarsi nuovamente a Romae divenire, poi, matematico ufficiale della corte diFerdinando II de Medici, sostituendo Galileo Galileidopo la sua morte. La Società Torricelliana di Scienze e Lettere, natanel 1947, nel trecentesimo della morte del nostromatematico, ha la sua sede in alcuni locali del pa-lazzo Laderchi di Faenza, e oggi, negli stessi locali,ospita e cura il Museo torricelliano, che nel frat-tempo si è arricchito di ulteriori donazioni direttealla Società stessa e da ulteriori fondi della Biblio-teca comunale.Il corpus gnomonico del Museo e fu donato alla So-cietà da diversi personaggi di rilievo della città ro-magnola: il conte Luigi Zauli Naldi, Emilio Biondi eEstella Lama (in memoria del marito Angelo Lama).Si tratta di una collezione molto piccola, ma di buonpregio. Il pezzo più interessante è fuor di dubbio l’astrolabiodi fine Cinquecento, donato al Museo dal conte LuigiZauli Naldi (1894 - 1965). Egli fu uomo colto e grandeappassionato d’arte, promotore di una sezione di“Italia nostra” a Faenza, Conservatore dal 1919 al1925 della Pinacoteca comunale, alla quale donò56 dipinti di autori importanti che andavano dal-l’ambito tardo-gotico fino ai moderni (Fattori, Abbati,Morandi, De Pisis), e collaboratore della BibliotecaManfrediana alla quale fece confluire l’intera biblio-teca di famiglia (circa 7000 volumi, fra incunaboli,cinquecentine, secentine e volumi rari), nonchéprincipale sostenitore assieme a Gaetano Ballardinidel Museo delle ceramiche al quale donò ben 337pezzi oltre a numerosi volumi d’arte.L’oggetto fu montato già in origine su una laminad’ottone quadrangolare (non è una singolarità, ma
Pagina a sinistra: Faenza, palazzo Laderchi,
sede della Società Torricelliana di Scienze e Lettere.
In questa pagina, in alto: una delle sale del Museo torricelliano a Faenza.
Sotto: La faccia “recta” dell’astrolabio cinquecentesco del Museo torricelliano
(concessione della Società Torricelliana di Scienze e Lettere).
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CITTÀ E TEMPOCITTÀ E TEMPO
neppure una sistemazione comune)per agevolarne l’uso su una posta-zione fissa e si compone di un ele-mento traforato (rete) che mostra laposizione delle stelle fisse di giornoe di notte, un disco (timpano) incisofronte e retro e un indice di mira (ali-dada). La faccia anteriore (recta) mo-stra il classico astrolabio con rete ealidada sovrapposti al timpano conele linee orarie del giorno e dellanotte ed i cerchi delle altezze (almu-cantarat) dei corpi celesti. Sulla fac-cia posteriore (versa) del timpano sitrova una proiezione geografica po-lare molto interessante (vedremo poiil perché).Sulla faccia posteriore, invece, èstato tracciato il grafico dell’astro-labio elaborato da Juan de Rojas ySarmiento (s. XVI) comunemente co-nosciuto con il solo nome di Rojas,ma è priva del suo “regolo” e delcursore. È, ora, molto complicatospiegare in cosa consista il tracciatodell’astrolabio del Rojas e come fun-zioni il suo metodo di lettura in unsemplice articolo come questo. Di-ciamo solo che si tratta di una pro-iezione ortografica della Sfera chegià fu descritta da Vitruvio, il notoarchitetto romano, con il nome dianalemma e da lui impiegata nellacostruzione di orologi solari. Lo stru-mento, in realtà derivante dalla Sa-phea di Arzaquel (Al-Zarqali, sec. XII)fu divulgato con la stampa del Com-mentariorum in Astrolabium, pubbli-cato a Parigi nel 1551e questo ci for-nisce un sicuro termine post quem.La proiezione geografica (planisferogeografico) disegnata sulla facciaversa del timpano ci fornisce nuovielementi. In essa sono indicate Tra-pobana, una fantomatica isola giàcitata in antico da Megastene (290a. C.) e da Claudio Tolomeo (II sec.)e che ancora nel 1521 Amerigo Ve-spucci sperava di scoprire in uno deisuoi viaggi, e le Molucche, isole di-
In alto: la faccia “versa” dell’astrolabio cinquecentesco del Museo Torricelliano a Faenza, con il tracciato del planisfero di Juan de Rojas
(concessione della Società Torricelliana di Scienze e Lettere).Sotto: Il “timpano” con la proiezione geografica dell’emisfero boreale.
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Sopra: l’astrolabio n. inv. 1285 custodito al Museo Galileo di Firenze è datato 1568; uno dei suoi tre “timpani”
mostra una mappa identica a quella dell’astrolabio faentino. Sotto: l’anello astronomico universale di William Oughtred costruito
da Edmund Culpeper nella seconda metà del secolo XVII (concessione della Società Torricelliana di Scienze e Lettere).
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CITTÀ E TEMPO
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venute commercialmente fondamentali per i portoghesi
già dal 1513 e poi per gli olandesi dal 1599. Entrambe le
isole si trovano citate in numerosi testi cinquecenteschi
a partire dal Trattato dell’uso et della fabbrica dell’astro-
labio di Egnazio Danti (1569) contenente anche l’ag-
giunta del planiferio del Roias. Oltre a queste ed altre
notazioni più generiche (Africa, Asia Europa ecc.) è stato
segnato il territorio del Vicereame della Nuova Spagna
che si estendeva dal Guatemala fino alla Lusiana e dalla
California fino a Cuba. Istituito nel 1532, durò fino al
1821. Sulla mappa è segnato un altro territorio, Spa[gna],
che è l’unica nazione esplicitamente nominata. Conosco
altri due timpani identici, nel disegno della mappa e
nelle sue notazioni geografiche – quasi come se fosse
stato fatto con lo stampino: uno è custodito nel Museo
Galileo, nell’ambito dell’Istituto e Museo di Storia della
Scienza a Firenze e fa parte di un astrolabio (n. inv.
1285) di autore ignoto ma datato 1568, e l’altro a Oxford,
molto simile a quello fiorentino nella struttura dell’astro-
labio, datato 1580 e attribuito a Egnazio Danti. Entrambi
questi due astrolabi non sono inseriti, come il nostro,
in una lamina quadrangolare ma anch’essi, come il no-
stro, mostrano sul retro il grafico del planisfero del Ro-
jas.
Quanto appena rilevato mi farebbe pensare che lo stru-
mento sia entrato in possesso della famiglia Zauli Naldi
ereditandolo direttamente dal conte Francesco Antonio
Zauli (1737 - 1816) che comprò per certo dagli eredi del
gesuita spagnolo, Padre Silvestro Marina, un anello
astronomico anch’esso poi donato al museo torricel-
liano, assieme all’astrolabio, dal conte Luigi Zauli Naldi.
È possibile, quindi, che anche l’astrolabio dovesse far
parte degli oggetti importanti che i gesuiti spagnoli por-
tarono con sé a Faenza dopo l’esilio imposto loro da
Carlo III di Borbone nel 1767. Più di 4000 profughi gesuiti
giunsero in Emilia e Romagna; 830 di essi provenivano
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Pagina a fianco,a sinistra: uno degli orologi solari d’altezza a ore italianecustoditi al Museo torricelliano di Faenza. Lo strumento è
siglato ASB e datato 1750 (foto Gian Paolo Costa).A destra: uno degli orologi solari d’altezza custoditi al Museo torricelliano di Faenza. La carta è colorata
e le ore sono moderne (concessione della Società Torricelliana di Scienze e Lettere).
dai territori spagnoli d’oltreoceano e a gruppi furonodestinati a diversi conventi. I gesuiti di Santa Fe si sta-bilirono a Rimini e a Forlì, i cileni a Imola, Ravenna e Ce-sena, a Bologna e Ferrara i messicani e i paraguaiani aFaenza (e poi anche a Ravenna). A Bagnacavallo e aLugo furono assegnati i filippini.La presenza di strumenti astronomici e gnomonici in Ro-magna, provenienti dai territori spagnoli o fabbricati perclienti spagnoli, dunque non deve stupirci. La prove-nienza degli strumenti, però, non deve di conseguenzaessere considerata anche come il luogo della loro co-struzione: i due astrolabi di Firenze e di Oxford, infatti,sembrano essere di fattura italiana e l’anello astrono-mico, il secondo strumento della collezione che ora de-scriverò, fu fabbricato in Inghilterra. L’anello astronomico del Museo torricelliano fu costruitoda Edmund Culpeper (1660 – 1738), un abilissimo arti-giano inglese che dopo aver fatto l’incisore si dedicòalla costruzione di strumenti scientifici, indirizzando ilsuo operato soprattutto verso quelli ottici e matematici.Culpeper è noto per i suoi miglioramenti alla meccanicadei microscopi a treppiede (conosciuti come “tipo Cul-peper”) e quindi si tratta di un oggetto di grande pregio(molti orologi solari da lui firmati, soprattutto compostidi armille incernierate come il nostro, sono esposti indiversi musei scientifici europei).L’anello astronomico universale è un tipo di orologiosolare portatile (fondamentalmente si tratta di un oro-logio solare d’altezza – che mostre le ore per mezzodell’altezza del Sole sull’orizzonte – equinoziale) derivatoda quello più famoso ideato da Gemma Frisius a Lovanio(odierna Leuven, in Belgio) nel 1557, ma quello in pos-sesso del Museo torricelliano corrisponde alla rielabo-razione fatta nel 1652 dal reverendo William Oughtred.Questo tipo d’orologio solare è detto “Universale” per-ché può essere regolato per diverse latitudini e fu pro-dotto in tutta Europa dal 1680 circa fino al 1800. Si com-pone di due armille metalliche incernierate nelle
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CITTÀ E TEMPO
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estremità dei loro diametri in modo che si possano
aprire a 90 gradi. Su sorreggono utilizzando un anello
di sospensione che è solitamente collegato ad un
corpo scorrevole aggiustabile nella posizione indicata
su una scala di latitudini. L’ora si legge muovendo lo
strumento finché i raggi solari non fanno coincidere
un piccolo punto luminoso generato da una piastrina
forata, posta all’interno delle due armille, con il cerchio
orizzontale o, per meglio dire, parallelo all’equatore
celeste: quello su cui sono incise le tacche delle ore.
Purtroppo questi due strumenti, per la loro preziosità,
non sono visibili al pubblico se non nelle fotografie
che il nuovo curatore del Museo ha ritenuto di dover
inserire nel percorso museale.
Oltre a questi due preziosi oggetti, il corpus gnomonico
del museo si compone di altri quattro orologi solari.
Si tratta di orologi solari portatili d’altezza costruiti in
serie su tavolette di legno per un mercato meno ricco.
Il grafico delle linee orarie si imprimeva sulla carta
che veniva poi incollata alla tavoletta; nel caso lo si
In alto a sinistra:frontespizio manoscritto
del manuale dignomonica
di Carlo Cesare Scaletta, datato 1692
(concessione dellaSocietà Torricelliana di
Scienze e Lettere).
Le altre fotoriproducono altre
pagine del manoscritto di Carlo Cesare Scaletta
(concessione dellaSocietà Torricelliana di
Scienze e Lettere).
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fosse voluto rendere un po’ più prezioso, si finiva co-lorandolo a mano (solo due dei quattro orologi pre-senti nella collezione torricelliana sono a colori). Gliesemplari non colorati sono siglati ASB e datati 1750,mentre quelli a colori sono più recenti. Questo tipo di orologio solare d’altezza funzionavarivolgendo il lato (che nell’esemplare a colori è se-gnato AD) verso il Sole, inclinando la tavoletta versol’alto finché l’ombra (in questo caso) del primo spe-rone in alto (B) non cada perfettamente nella metàdel secondo sperone posto un po’ più indietro o fin-ché un raggio di sole passasse attraverso i piccolifori praticati al centro di due pinnule di legno collocatein alto (vd. l’esemplare non colorato). Si faceva scor-rere una perlina lungo un filo con piombino ancoratoalla tavoletta, e si fermava sulla data del giorno diosservazione aiutandosi con la scala del calendariodisegnata di lato; lasciando il filo libero di pendereverticalmente la perlina mostrava le ore.Il Museo torricelliano, inoltre, possiede un piccoloquaderno manoscritto, datato 1692 e firmato dal fa-entino Carlo Cesare Scaletta (1666 – 1748), l’autoredella ben nota Epitome Gnomonica, pubblicata a Fa-enza nel 1698 e poi a Bologna nel 1702.La sede della Società Torricelliana si trova in via Me-daglie d’oro, 51 a Faenza e il Museo è visitabile ognisabato mattina, oppure su appuntamento. Sito in-ternet www.racine.ra.it/torricellianafaenza, indirizzomail [email protected].
Bibliografia essenziale
Mike Cowham (2004), A Dial in your Poke, Cam-bridge.
Niccolò Guasti (2006), L’esilio italiano dei gesuitispagnoli. Identità, controllo sociale e pratiche cul-turali (1767 – 1798), Biblioteca del XVIII secolo, 2,Roma.
Gian Paolo Costa (2008), Il Corpus gnomonicoScaletta / Zauli Naldi presso la sede della SocietàTorricelliana di Scienze e Lettere a Faenza, in“Gnomonica Italiana”, n. 14, Anno V.
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Lasciate alle spalle le celebrazioni per il centenario della na-scita di Milano Marittima (1912) è il presente e il futuro pros-simo a impegnare cittadini, forze economiche e amministratoridi Cervia. L’appuntamento elettorale di fine maggio chiama icervesi alla scelta del sindaco oltre che dei rappresentanti peril parlamento europeo. E proprio la lunga e animata campa-gna elettorale è diventata occasione per una riflessione sulleprospettive, le vocazioni e i possibili modelli di sviluppo dellacittà dai due volti, Cervia – Milano Marittima. Come non avve-niva da anni, al centro del dibattito, si sono affacciati prepo-tenti temi che riguardano l’esistente in termini di patrimoniomonumentale da recuperare, di settori economici da ripen-sare, e di crescita di nuovi insediamenti. Al momento di an-dare in stampa Cervia non ha ancora il nuovo sindaco, corre dafavorito il giovane Luca Cofferati candidato del Pd e del cen-trosinistra, ma inseguono da vicino, gli outsider del Movi-mento 5 stelle, della lista civica Progetto Cervia, diRifondazione e Comunisti italiani e del centrodestra. A con-fronto in chiave elettorale stili, visioni e intenzioni per una cittàche si prepara ad agganciare nel 2015 l’evento dell’Expo di Mi-lano, l’Esposizione universale di natura non commerciale, chesi ripete dal 1851. La prima edizione fu a Londra. Il tema pro-posto da Milano è “Nutrire il pianeta, Energia per la vita”, evuole includere tutto ciò che riguarda l'alimentazione, dal pro-blema della mancanza di cibo per alcune zone del mondo, aquello dell'educazione alimentare, fino alle tematiche legateagli ogm. Nonostante le note vicende giudiziarie di questi
giorni, legate agli appalti del grande cantiere, nei 6 mesi del-l'Expo, si stima che arriveranno 29 milioni di turisti, per unamedia giornaliera di 160 mila visitatori. E Cervia si candida a di-ventare la spiaggia della grande manifestazione. Un’opportu-nità da cogliere coinvolgendo tutta la Riviera romagnola, unicavetrina per il turismo balneare vocato al divertimento e al be-nessere. Il legame con Milano rimanda al gruppo di soci me-neghini della "Società Milano Marittima per lo sviluppo della
CITTÀ E QUARTIERI
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Cervia laboratorio urbanisticoal bivio fra sviluppo e sostenibilità
Dopo la fase elettorale la città dovrà scegliere cosa fare
del grande programma diriqualificazione urbana della
città storica, dell’area del litoralee della prima traversa
di Milano Marittima, cheprevede nuovi insediamenti
residenziali e commerciali
di Chiara Bissi
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Alcune immagini fra natura e storia di Cervia: una vista dall’alto delporto turistico, il porto canale con la Torre di guardia degli storici
Magazzeni del Sale, i giardini e i il Magazzeno del Sale Darsena, untramonto sulle saline.
In basso, un manifesto dei primi del ‘900, rispolverato in occasione delcentenario della fondazione di Milano Marittima
spiaggia di Cervia", che nel 1912 videro le potenzialitàinespresse del territorio a nord di Cervia con la pienaadesione al modello ottocentesco della città giardinodi Ebenezer Howard, chiaro esempio di integrazione traambiente naturale, spazio urbano, spiagge e diverti-mento. Ed è su quell’impronta che ancora ci si interroga pen-sando a Milano Marittima, località sul mare che nono-stante lo sviluppo frenetico dell’Italia del dopoguerranon ha tradito la propria fisionomia, tutelando le pro-prie bellezze paesaggistiche e naturali come nessunaltra nel litorale romagnolo. Sostenibilità e bellezzasono state le linee guida dalla lungimirante creativitàdel pittore e grafico pubblicitario Giuseppe Palanti, ispi-ratore del primo nucleo urbano. Nato a Milano nel 1881,cartellonista e figurinista per il teatro alla Scala, fu al-lievo e poi docente dell’accademia di Brera. Designer,artista della ceramica e dei tessuti, Palanti, pittore sen-sibile al paesaggio incontaminato della spiaggia di Cer-via si fece protagonista di una stagione fondativa, diun’avventura urbanistica che portò al disegno di unapiccola città delle vacanze per la borghesia milanese.Un sogno divenuto realtà con i primi villini a pochi passidalla spiaggia, inseriti in una sorta di piano che preve-deva un asse principale, una serie di piazze circolaricon al centro aree verdi, dalle quale si dipartivano araggiera i boulevards, come raccontato da GabrieleGardini nel volume “Cervia. Immagine e progetto”. Se l’Expo è alle porte, è il futuro della città ad essere inattesa di una definizione completa. Sul tavolo della discussione il concetto di località comeluogo di sperimentazione urbanistica, attento alle mi-gliori e s pressioni dell'architettura e del design con-temporaneo ma anche la valutazione di nuoviinsediamenti turistici e di progetti di rigenerazione dellearee costiere. Paradigma di questa fase storica l’ac-cordo di programma fra Comune, Provincia e Ausl dauna parte e la società Pentagramma Romagna dall’al-tra. Un accordo che prevede varianti urbanistiche su treambiti: la colonia dei monopoli di Stato, già Monteca-tini in contiguità con l’arenile; l’ambito della Prima tra-versa con villa Idrovora con le relative pertinenze, postain posizione centrale nell’abitato di Milano Marittima, in
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CITTÀ E QUARTIERI
destra e sinistra del canale di alimentazione delle Salinestoriche, affacciato sul Lungomare; e la riqualificazionedella città storica con i programmi per il Quadrilatero, leCase dei Salinari e Borgo Saffi nonché il riuso del Ma-gazzino Darsena. Fanno parte dell’accordo anche suolicollocati nell’immediato intorno dell’ospedale di Cervia,nei segmenti più alti del porto canale, da destinare inparte prevalente ad elisoccorso ed a servizi tecnici, inprossimità delle strutture ospedaliere esistenti; ed infinealtre proprietà minori.Un intreccio che rimanda al disegno di aree vitali, al ri-pensamento del modello turistico, e interroga sulla qua-lità e la densità di nuovi insediamenti di tipo residenzialee commerciale. La lunga crisi economica che stringe leborse degli imprenditori e raffredda le intenzioni degli in-vestitori contraendo la domanda, impone la realizzazionedi progetti oculati, votati alla massima sostenibilità,senza cedere alle facili sirene della speculazione. Dopomesi di polemiche scompare l’intenzione di realizzarenell’ambito della Prima traversa un grande complesso re-sidenziale sviluppato in altezza a pochi passi dalla spiag-gia. Un cosiddetto grattacielo, definito impietosamente iltramezzino, mai amato dai cervesi, ritenuto simbolo diun sviluppo d’altri tempi, che fra gli anni Cinquanta e Ses-santa fece la fortuna della località. Svanito il gesto archi-tettonico, ripudiato anche dai candidati sindaco, rimanecomunque una previsione edificatoria di 17 mila metriquadrati all’interno di un accordo di programma che pervolontà delle parti vuole rendere efficaci le strumenta-zioni urbanistiche e rapide le procedure attuative. Un
Alcuni rendering di progetti di ristrutturazione eriqualificazione a Cervia, presentati dalla società
Pentagramma con il programma “Cervia d’Amare”.Dall’alto: il Magazzeno del Sale Darsena,
la passeggiata a mare a Milano Marittima, il quadrilatero dei salinari in centro storico.
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I progetti di svilluppo della città sonoaffidati alla società Pentagramma
Romagna in aree in larga parte di-smesse, di proprietà demaniale e
comunale, come il magazzino Dar-sena o il centro di accoglienza delleSaline. Le plusvalenze patrimoniali
derivanti dall’intero quadro delleoperazioni attivate dovrebbero ga-
rantire opere di interesse pubblico einterventi di carattere sociale.
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programma di recupero, riuso e valorizzazione strategico per lariqualificazione urbana di Cervia, che apre la via anche ad altriinterventi nel segno di un rinnovato sviluppo turistico. Pentagramma Romagna, società partecipata pariteticamenteda Fintecna Immobiliare spa e da Eagle spa, a sua volta espres-sione del raggruppamento di partners regionali Galotti SpA eConsorzio cooperative costruzioni - CCC, opererà in aree inlarga parte dismesse od in parziale dismissione, di matrice de-maniale e di proprietà comunale, come il magazzino Darsena oil centro di accoglienza delle Saline. L’entità delle plusvalenzepatrimoniali derivanti dall’intero quadro delle operazioni atti-vate garantiranno opere di interesse pubblico e interventi dicarattere sociale. Questa al momento l’architettura dell’accordo, che a frontedella realizzazione di nuove strutture residenziali e di servizio(commercio, pubblici esercizi e attività artigianali) individuaopere di allestimento del retro spiaggia, di arredo urbano delleaste stradali, parcheggi, uno da 500 posti, aree verdi, interventidi manutenzione nell’area del quadrilatero caratterizzato dauna forte frammentazione nelle proprietà; nonché la riqualifi-cazione dell’antico contenitore del magazzino Darsena, di pro-prietà comunale, da oltre vent’anni in balia di progetti, marceindietro, frenate e abbandoni. Un punto quello del magazzinoDarsena capace di chiudere la fase delle politiche di riqualifi-cazione urbana della città storica, ma ancora tutto da giocareper via della scelta di affidare la gestione e concessione del-l’immobile a un soggetto capace di progettare anche gli inter-venti di riqualificazione. Trova posto nell’accordo anchel’edilizia residenziale sociale (social housing), su suoli di pro-prietà comunale, in via Pinarella, per 22 alloggi. Ai cittadini di Cervia con il voto e alla prossima amministrazionecomunale il compito di scegliere il proprio futuro, di program-mare con oculatezza e pragmatismo romagnolo il meglio in ter-mini di ripresa economica e qualità della vita per le prossimegenerazioni.
Sopra, un altro rendering di progetto di Pentagramma: ilrecupero a fini turistici della ex colonia Montecatini.
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CITTÀ E TEMPOIMMAGINI E DOCUMENTI
Sguardi su Ravenna tra Ottocento e Novecento
Gli scatti fotografici degli Alinari in mostra
alla Galleria Oriani
Nella prestigiosa sede della Sala Esposizioni della Fondazione Casa diOriani di piazza San Francesco di Ravenna – pregevole Galleria vetratagià portico erratico proveniente dal monastero di S. Maria in Porto - èstata recentemente inaugurata una bella mostra dal titolo Ravenna tra'800 e '900, che propone gli scatti degli Alinari dedicati alla nostra cittàdalla fine dell’Ottocento fino agli anni successivi alla prima Guerra Mon-diale. Il merito di questa proposta culturale, visitabile fino al 28 maggio, spettaal Rotary Club Ravenna Galla Placidia e ai Fratelli Alinari, con il patrociniodel Comune di Ravenna e della Fondazione Casa di Oriani, la collabora-zione di Luigi Tomassini, docente di storia della fotografia e curatoredella nostra mostra, insieme a Dante Bolognesi e a Michele Giambarba,mentre l’immagine coordinata è opera di Stefano Focaccia. «Questamostra - sottolinea Davide Roncuzzi Presidente RC Ravenna Galla Pla-cidia - è solo un esempio di come il nostro Club interpreti il Rotary,un’associazione internazionale di persone che volontariamente mettonoa disposizione degli altri del proprio tempo, quello che sanno fare meglioe le proprie relazioni. Anche il nostro Club lavora in questo modo,insieme a chi desidera condividere questa visione. Per questo, ci piacericordare che ogni donazione per questa emozionante esperienza vi-suale, fatta attraverso una offerta o l’ordine di una foto si contribuiràalla formazione di un giovane meno fortunato ma di certo desiderosofortemente di impegnarsi per costruire un futuro migliore per sé e quindiper tutti noi. «Sono immagini che abbiamo voluto riportare "alla luce" – dice ancoraRoncuzzi – per ricordare il passato di Ravenna mentre si guarda alfuturo, si progetta il suo sviluppo, che tutti desideriamo forte ed armo-nico, rispettoso della Sua storia e di un approccio "analogico" alla fis-sazione di un istante».Le sezioni in cui si articola la mostra sono quattro. I. Ravenna fra fineOttocento e primo Novecento. Nel periodo in cui i primi fotografi co-minciano a riprendere vedute e scorci di Ravenna, verso il 1860, l’im-magine della città, consolidata in una secolare e spesso ripetitiva lette-ratura di viaggio fin dal Medioevo, sta modificandosi con una nuovasensibilità interessata alle emozioni suscitate dall’ambiente urbano.Da Ferdinand Gregorovius (1863) a Eugène-Melchior De Vogüé (1893)
si afferma e perfeziona lo stereotipo ravennate fortunato e tenace diRavenna “città del silenzio”, facile da ritrovare nei visitatori stranieri eitaliani, da Henry James (1873) a Maurice Barrès (1894), da Oscar Wilde(1877) a Gabriel Faure (1912), da Gustav Jung (1913, 1933) a MirceaEliade (1927) e Marguerite Yourcenar (1935). Ha scritto Giovanna Bosi Maramotti che «di Ravenna i viaggiatori “spessohanno messo in rilievo una sua forza fascinatrice, […] quella dell’ab-bandono, della meditazione, della vanità del tempo e delle glorieumane».II. I monumenti. Nel corso dell’Ottocento la cultura locale viene elabo-rando un sentimento di tutela dei monumenti, con interventi di “re-stauro”, alacremente messi in cantiere da Corrado Ricci, per il qualeRavenna può affermarsi sul proscenio nazionale e internazionale attra-verso la valorizzazione delle sue peculiarità artistiche più spiccate, valea dire delle testimonianze architettoniche del V e VI secolo, delle me-morie lasciate dal suo passato di capitale, con una drastica selezionedelle sue vicende storiche e artistiche. Con Ricci Ravenna è la sededella prima Soprintendenza ai monumenti italiana nel 1897.III Le pinete. Uno dei motivi su cui si fonda il mito di Ravenna «città delsilenzio» sono le pinete. Per tutta l’età moderna assistiamo a una forteespansione del bosco litoraneo. La confisca dei beni delle corporazionireligiose, la privatizzazione delle pinete, i disastrosi eventi climatici, lenecessità di terra e di lavoro per le crescenti masse bracciantili causanouna drastica riduzione della superficie boschiva, ridotta a meno di 2500ettari a fine Ottocento. Da questo scempio scaturisce la Legge Rava(1905) che permette la ricostituzione della nuova pineta sulle aree lito-
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Foto d’epoca di Ravenna nel classico bianco e nero degliAlinari. Dall’alto: prospettiva di via di Roma con il
cosiddetto Palazzo di Teodorico (Chiesa di San Salvatoremaggiore). La Tomba di dante e quadriportico di
Braccioforte. Il Mausoleo di Teodorico.
In quattro sezioni (Ravenna fra fineOttocento e primo Novecento.I monumenti. Le pinete. Il porto
e la marina) come sottolinea il professore Luigi Tomassini
dell’Università di Bologna,«Ravenna è la prima città non
toscana di cui gli Alinari conservanouna ricca documentazionefotografica, già dal 1865».
ranee, richiamando anche nel nome l’antico bosco cantato da Dante eBoccaccio, e costituisce il primo intervento legislativo “a difesa di unpatrimonio nazionale”, “a tutela dell’arte e della natura”. Le fotografieche ritraggono le pinete in questo periodo continuano a mostrare unmondo quasi fuori dal tempo, luogo dilettevole di ozio e di svago per lefamiglie della ricca borghesia e della vecchia nobiltà, e luogo di ap-provvigionamento della legna necessaria ai propri bisogni per i poveridella città.IV. Il porto e la marina. Nel 1860 lo scalo ravennate è riconosciuto“porto nazionale” e i lavori promossi da Luigi Carlo Farini, Filippo Lan-ciani, Alfredo Baccarini migliorano una situazione in verità piuttostodepressa nella prima metà del secolo. L’ingresso della prima imbarca-zione a vapore nel 1847 non ha invertito, infatti, il ruolo del porto che èlimitato agli scambi regionali. Agli inizi del Novecento la crescita delmovimento portuale è ragguardevole e i piroscafi che rappresentavanosolo l’8% del movimento in termini di tonnellaggio di stazza, nel 1906hanno un’incidenza del 28% e negli anni dopo il 1910 del 60-70%. L’in-gresso nel 1908 del primo grande piroscafo, il Meldolesia, lungo quasi100 metri con 20 piedi di pescaggio, e poco più avanti del Duna di ben6000 tonnellate fa pensare in un futuro migliore. L’attacco di una flottaaustriaca al porto Corsini il 24 maggio 1915, a poche ore dalla consegnadella dichiarazione di guerra da parte del governo italiano, assume inqualche modo il segno del riconoscimento dell’importanza strategicadello scalo ravennate. Si tratta della prima operazione di guerra con leprime vittime da una parte e dall’altra e merita non a caso la copertinadi Beltrame sulla “Domenica del Corriere”. In quegli stessi anni vienescoperto il litorale, la spiaggia, come possibile elemento di crescita eco-nomica. Nel 1872 è inaugurato il primo “Stabilimento balneare” costi-tuito da alcuni cabinotti e due grandi baracconi. Ravenna, come sottolinea Tomassini, «è la prima città non toscana dicui gli Alinari conservano una ricca documentazione fotografica, già dal1865. Non è difficile attribuire al comune legame a Dante Alighieri delledue città la ragione di questa prima “escursione” al di fuori della To-scana», favorita dalla ricorrenza del sesto centenario dantesco ed dallaforte eco suscitata dal ritrovamento delle ossa di Dante proprio nellanostra città. Sempre secondo Tomassini, nel 1873 nei cataloghi degliAlinari, che già in quegli anni vendevano più dell’80% della loro produ-zione di fotografie all’estero, «vengono aggiunte ancora 13 immaginifotografiche, di cui due dedicate alla Pineta e al Capanno Garibaldi; mala grande campagna fotografica su Ravenna appare nel catalogo del1881, quando a Ravenna vengono fatte altre 196 riprese, con una co-pertura dei principali monumenti e dei mosaici assai più estesa e siste-matica che in passato. Si tratta di una attenzione assai precoce; siamoinfatti solo all’inizio di quella sistematica messa in opera di successive“campagne fotografiche” sul territorio, nelle città d’arte ma anche neipiccoli centri, che sarà realizzata nei due decenni successivi dai fotografifiorentini (e dai loro “operatori” specializzati) fino a portare all’iniziodel ‘900 ad una effettiva “copertura” dell’intero territorio nazionale edel suo patrimonio artistico e paesaggistico».
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Quarto appuntamento il 22 maggio con la serie di confe-renze promosse e organizzate dal Gruppo Ravimm e dalla ri-vista dell’abitare Trovacasa Premium, nelle Cantine diPalazzo Rava a Ravenna, con il patrocinio del Comune, diRavenna 2019 e curate dall’architetto Emilio Rambelli diNuovostudio. Continua così nell'ambito della rassegna "Isedici - il ruolo dell’architettura contemporanea", il con-fronto e scambio di idee fra due diverse generazioni di pro-gettisti in campo architettonico e urbanistico: cavejastudiodi Forlì presenterà in mostra i propri progetti mentre, a se-guire, Paolo Rava (architetto con studio a Faenza e tuttoraassessore all’Urbanistica del Comune di Forlì) parlerà «del-l’essenza del recupero urbano e architettonico».
Paolo Rava è nato nel 1956; vive e lavora prevalentementea Faenza. Ha compiuto gli studi alla Facoltà di Architetturadell’Università di Firenze, laureandosi con Adolfo Natalini.Dal 1989 compie studi e ricerche sulla teoria e sulla praticanel campo della bioecologia in Architettura seguendo corsial Politecnico di Milano e al corso Anab Ibn (Institut Fur Bau-biologie + Oekologie) sviluppando esperienze sulla Archi-
IDEE E PROGETTI
I SediciL’essenza del recupero urbano e architettonico
secondo Paolo RavaIn mostra i progetti di cavejastudio
Quarto appuntamento dedicato al ruolo dell’architettura
contemporanea per un confronto generazionale fra
l’architetto faentino e assessoreall’urbanistica di Forlì, e i giovani
progettisti forlivesi AlessandroPretolani e Filippo Pambianco
Nelle foto, alcune realizzazioni firmate dall’architetto Paolo Rava, nell’ambito
dell’edilizia privata abitativa, spazi per uffici,riqualificazione di ex edifci industriali e restauro
di costruzioni storiche.
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tettura naturale sostenibile e bioclimatica. Dal 1994al 1997 ha svolto attività di assistente universitarioper il professore Massimo Carmassi alla Facoltà diArchitettura di Ferrara. Dal 1980 al 1995 lavora informa associata nell’A + 4 Studio e dal 1995 comeprogettista in proprio. Lo studio sviluppa le variescale di progettazione architettonica, fino al con-trollo delle fasi esecutive. Contemporaneamente ein relazione a questi progetti ha attivato una atti-vità di ricerca e ha partecipato con esito positivo avari concorsi. Ha insegnato come esperto di tecni-che bioclimatiche e sostenibili svolgendo attività ditutor a corsi e laboratori di progettazione in Italia.Delegato Anab (Associazione Nazionale Architet-tura Bioecologica), organizza seminari e convegnisul tema della sostenibilità, sul ruolo delle variabilidi efficienza nei costi energetico-ambientali strate-giche nella fase progettuale del processo edilizio. A proposito del tema proposto da Paolo Rava perla conferenza è da citare un suo recente studio, fi-nalizzato al restauro conservativo di un edificio sto-rico faentino, incentrato su “La fibra, materia primadel progetto di restauro energetico”. La ricerca evi-denzia l’importanza – negli interventi di conserva-zione di manufatti antichi sul piano della tutela edella qualità energetica – della verifica di sistemitecnologicamente compatibili con le realtà e le tec-niche costruttive degli edifici storici. Nel caso spe-cifico si tratta dell’utilizzo di materiali naturali etradizionali, come il cannicciato, applicati con tec-niche innovative.
cavejastudio nasce a Forlì dai due architetti Ales-sandro Pretolani e Filippo Pambianco. «Da umilestrumento di lavoro contadino – si legge nella pre-sentazione a firma dei due progettisti –, la caveja èdiventata nel tempo il simbolo della Romagna. Uti-lizzata principalmente per segnalare acusticamentel’arrivo del carro dei buoi doveva inoltre rappre-sentare, in base alla proprie fattezze e decorazioni,lo status del proprietario. Con i secoli quest’oggettoassunse innumerevoli virtù propiziatorie come pro-teggere i campi dalle intemperie, prevedere il sessodei nascituri, scongiurare presenze maligne, gua-rire dalle malattie. La caveja è il simbolo più elo-
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IDEE E PROGETTI
Tre renderig di progetti per concorsi nazionali einternazionali ideati da cavejastudio di Pretolani ePambianco, proposti in occasione dell’incontro alleCantine di Palazzo Rava a Ravenna.
quente della Romagna e dell’attaccamento che quest’ultima ri-serva alla terra e alle tradizioni. Vivere il proprio territorio inve-stendo in esso impegno e creatività è la scelta che sta alla basedella filosofia di cavejastudio. L’intenzione è dunque di valoriz-zare la tradizione, mantenendo però una prospettiva apertaverso l’Europa e il mondo. Punto di partenza del nostro lavoro èla consapevolezza che solo dall’attenta conoscenza della situa-zione locale si possa arrivare a risposte di carattere generale».Alessandro Pretolani (1981) studia Architettura presso l’Univer-sità di Bologna dove si laurea nel 2006. Negli anni successivi èassegnista di ricerca presso la Facoltà di Architettura di Cesenae nel 2009 si iscrive al Dottorato di Ricerca in Composizione Ar-chitettonica presso l’Università di Bologna, discutendo nel 2013una tesi sulla figura di Aldo Rossi.Filippo Pambianco (1980) durante gli studi ottiene una borsaLeonardo presso lo studio spagnolo dell’Architetto GuillermoVazquez Consuegra. Nel 2006 si laurea presso l’Università di Bo-logna con Tomaso Trombetti e Guillermo Vazquez Consuegra,per il quale lavora dal 2007 al 2011 prendendo parte a numerosiconcorsi internazionali di Architettura. Svolge attualmente ilruolo di assistente al laboratorio di progettazione III presso ilDipartimento di Architettura dell’Università di Bologna.
In mostra Pretolani e Pambianco presenteranno i loro progetti:2012 Umbria Gallery; 2013 Europan 12 Svizzera; 2014 Centro so-cioculturale sui resti del mercato di Reinosa (Spagna).
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MAGGIO 2013
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PANZAVOLTA TC:Layout 1 21/05/14 09:45 Pagina 1
Il secondo appuntamento della rassegna “I Sedici – il ruolo del-l’Architettura contemporanea” ha avuto come protagonista lostudio faentino Angeli e Brucoli architetti.Il consueto appuntamento con gli incontri curati dall’architettoEmilio Rambelli – e promossi da questa rivista, in collabora-zione con il gruppo Ravimm – si è incentrato su un giovane so-dalizio fondato nel 2011 da Nadia Angeli e Matteo Brucoli, lacui attività ha dato lo spunto per alcune considerazioni intro-duttive dello stesso curatore che ha definito quello dell’archi-tetto un mestiere e una missione in cui la seconda prevale sulprimo quando si hanno “piccole” occasioni e pochi mezzi perrendere il progetto architettura costruita.La condizione tratteggiata da Rambelli è tipica di moltissimiesordi ma diviene “strutturale” quando la scarsità di occasioni
e mezzi colpisce tutti i livelli di un sistema produttivo. È in que-sti casi che sensibilità e qualità diventano parole e idee ancorapiù concretamente assonanti.Lo studio con sede a Faenza – «incrocio di vie di comunica-zione» – ha presentato la propria attività attraverso quattro in-terventi, selezionando altrettanti temi progettuali in essisviluppati: recupero, carattere del contesto, efficienza ener-getica e uso sincero dei materiali; tale concatenazione assumeuna valenza metodologica nell’ottica di inquadrare l’architet-tura come prodotto sinergico di tre protagonisti, intesi comevertici di uno stesso triangolo equilatero e rappresentati dalprogettista, dalla committenza e dalle imprese esecutrici.Nel primo intervento i progettisti si sono misurati con la de-molizione e la ricostruzione di un piccolo fabbricato ubicato
STATO DELL’ARTE
Il mestiere e la missione
Sensibilità e qualità nei progetti di Angeli & Brucolidi Domenico Mollura
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Nella pagina a fianco (da sinistra verso il basso):ricostruzione del Podere del Tiglio
sull’Appenino tosco-emiliano a Palazzuolo sul Senio;la “Casa per una ballerina”, ristrutturazione
di un appartamento in centro storico a Ravenna;spazio per uffici in una fabbrica di Cerreto d’Esi
in provincia di Ancona; interni di un’abitazione, sempre in provincia di Ancona.
In alto: due scorci (esterno e spazio living)di un appartamento a Milano Marittima.
sull’Appennino tosco-romagnolo. Podere il Tiglio (Palazzuolo sul Senio, 2013) svi-luppa l’idea della casa per le vacanze in un territorio– la Valle del Senio – fortemente votato all’equita-zione; l’area di intervento comprendeva come perti-nenze un rudere, un’area a pascolo e un corsod’acqua, tutti elementi chiamati a contribuire all’ideadi progetto. Questa non ha avuto come obiettivo lasemplice ricostruzione ex novo, piuttosto è stata in-dirizzata verso un recupero, formale e caratteriale,del luogo. Si voleva ottenere una costruzione a “kmzero” e per questo motivo si è utilizzata la pietra se-rena, il legno di castagno e le maestranze locali.La “traccia” del costruito non può che affascinare iprogettisti che prediligono il richiamo all’edilizia tra-dizionale della casa rurale come principale riferi-mento, inserito in un contesto paesaggisticotutt’altro che indifferente che impone con la suacalma potenza un naturale rispetto. Il volume di pro-getto “si incastra” nell’orografia con apertura versola vallata sul piano più basso con terrazza (zonagiorno) e accesso dal livello più alto; la pianta è ri-partita su tre campate lasciando all’interno uno spa-zio fluido, grazie anche ai passaggi tra i diversiambenti privi dei serramenti; il volume unificato dalvano scala a doppia altezza. La pietra funge esclusi-vamente da paramento esterno, per il rispetto dellanormativa tecnica, tuttavia lo spessore murario (60centimetri) diventa elemento compositivo affer-mando la presenza dell’elemento naturale e dellebucature con il rimando di luci e ombre sui diversiprospetti. La scelta della pietra serena (che lascia in-travedere bei tagli laterali la presenza naturale degliossidi), inoltre, garantisce un inserimento quasi “mi-metico” nel paesaggio confermato anche dalla vo-lontà di rendere autosufficiente la costruzione. Essa,
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STATO DELL’ARTE
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infatti, non necessita di condizionamento estivo (grazie al-l’esposizione degli ambienti e al già citato spessore murario)e può contare su un impianto fotovoltaico e su un sistema perla raccolta delle acque piovane in un apposito accumulo do-tato di filtri che rendono le stesse acque disponibili per gli usinon sanitari. Approfondimenti sull’intervento sono stati pub-blicati sul numero di aprile 2014 di questa rivista a firma del-l’architetto Paolo Bolzani.A Cerreto d’Esi (Ancona, 2013), il tema della riconversione diun edificio commerciale-produttivo ha spinto i progettisti an-cora una volta al confronto con il paesaggio, seppur diversodalla valle del savio, In questo caso si trattava di un edificiosu più livelli, da destinare ad uffici, posto lungo l’autostradaAncona-Macerata. La nuova sede della società commercialerichiedeva una precisa visibilità oltre all’adeguamento deglispazi di servizio. L’ampia area, frutto di una espansione deglianni ’60, poteva contare su un forte radicamento nel territorio;tuttavia mancava di un elemento modernamente qualificante;per questo motivo la ricerca si è concentrata su un carattere daesaltare. Il fronte dell’edificio maggiormente esposto è statoimmaginato come elemento totemico, visibile alla scala ur-bana. Per raggiungere questo scopo è stata prevista la so-praelevazione con ampliamento dell’ultimo livello incorrispondenza del vano scala sul fronte strada. La “lanterna”viene realizzata con policarbonato opalino retroilluminato chenelle ore serali diviene elemento di segnalazione anche a di-stanza, celando la sala comune dell’ultimo livello. Torna iltema dello spazio fluido tra i passaggi e gli ambienti di lavoroscandito (ad eccezione del servizi igienici) unicamente dallaluce naturale e dal colore. Ritornando allo spazio per la residenza i progettisti faentinidescrivono un intervento nel centro di Ravenna. La Casa peruna ballerina (2012) seppur in posizione interessante man-
cava di due elementi fondamentali per l’abitare moderno e perle necessità lavorative della padrona di casa: luce diretta eflessibilità. La soluzione ha stravolto la logica originaria del-l’abitazione pur confermandone in parte la ripartizione dei lo-cali. Il grande living/palestra posto sull’ingresso riceve lucediretta dal fronte grazie allo “sfondamento” delle tramezza-ture interne che vengono ricostruite interamente in vetro ecompletate con tendaggi interni.Nella Casa BT. BM. (Milano Marittima, 2012) Angeli e Brucolisono intervenuti in un edificio ancora al grezzo, che presen-tava agli occhi dei proprietari delle evidenti incongruenze intermini funzionali e di qualità degli spazi. L’edificio a bloccosu tre livelli è dotato di terrazza sul lato canale, tuttavia man-cava di permeabilità verso l’esterno. Il primo obiettivo per-tanto è quello di riappropriarsi del rapporto con il contesto,progettando il terrazzo al piano terra e dotando gli affacci deglialtri livelli di parapetti trasparenti. Il secondo obiettivo è statoquello di dare carattere allo spazio interno di soggiorno dovecampeggia la scala. Questa è stata prima depurata della suanatura di struttura per il collegamento verticale diventandoelemento di arredo, flessibile e originale. Infatti una parete inteak realizzata su disegno cela (oltre alla rampa) spazi modu-labili riproposti (nella logica e nei materiali) anche nello spa-zio cucina.In conclusione i due architetti hanno presentato l’avvio di unastart-up che consente a tutti i progettisti di segnalare delleopere realizzate e di georeferenziarle inserendo, inoltre, in-formazioni sui materiali impiegati e gli artigiani nel campo del-l’edilizia che con qualità hanno contribuito a realizzare i lavorio singoli dettagli degli stessi. Lo scopo è quello di documen-tare (potenzialmente senza confini) l’architettura contempo-ranea e dare visibilità a tutti i protagonisti del processocostruttivo.
L’essenziale stanza da bagno della casa di Milano Marittima.
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MAGGIO 2014
Martedì 3 giugno ore 18
Sala D’Attorre di Casa Melandri,
via Ponte Marino 2, Ravenna
CRONACHE E RACCONTI DI ARCHITETTURA
A Ravenna e in Romagna, 1998-2011
13 anni di ricerche sulle emergenze architettoniche del territorio
tratte dalle rubriche pubblicate su Ravenna&Dintorni e TrovaCasa
Edizioni
Ravenna
PAOLO BOLZANIArchitetto – Università di Bologna
presenta il volume
BOLZANI LIBRO TC:Layout 1 21/05/14 10:40 Pagina 1
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PROGETTARE IL TERRITORIO MAGGIO 2014
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PROGETTARE IL TERRITORIO
di Enrico Gaudenzi
Il destino dei luoghiLe periferie
Con la seconda rivoluzione industriale, per tutto il '900, intorno alle città inespansione nasce un nuovo spazio urbano spesso marginale e degradato
Luoghi dai confini incerti, senza centralità, oggi in cerca di nuove funzioni
La storia delle città è caratterizzata da epoche e avve-nimenti che hanno lasciato segni permanenti e deter-minato il loro odierno assetto. Il ventesimo secolo, piùdi ogni altra epoca ci ha trasmesso in eredità un ingentepatrimonio edilizio, diffuso sul territorio a macchia d’olio,e che spesso, nei casi di edifici specialistici o di interearee che hanno dismesso la loro funzione, è arrivato aigiorni nostri in condizioni di degrado.Alla fine del XIX secolo, grazie all’introduzione dell’elet-tricità e del petrolio, cominciò quella che possiamo de-finire la seconda rivoluzione industriale, che determinòl’inizio del processo di espansione delle città che hacaratterizzato tutto il ‘900. Il forte inurbamento che se-gnò il dopoguerra, portò alla nascita di un nuovo luogo,che aveva la densità tipica della città, ma senza gli spazie i servizi che la caratterizzavano.La periferia, intesa come spazio marginale rispetto aduna centralità, ha rappresentato fin dalla sua nascitaun luogo dall’accezione negativa, in quanto incubatoredi tutto ciò che la città non poteva o non voleva conte-nere. Fuori mura trovarono collocazione i maleodorantistabilimenti produttivi, i caseggiati per la classe prole-taria e tutti qui servizi utili alla vita della città, ma in-compatibili con il delicato contesto delle zone centrali. Prima della nascita della periferia il concetto di centrostorico non esisteva, in quanto ciò che oggi definiamocentro, coincideva con l’idea stessa di città. Fino ad al-lora aveva retto una netta differenziazione tra il territoriourbanizzato, la città, e il territorio non urbanizzato, lacampagna. La nascita della periferia rappresentò unanuova dimensione per lo spazio urbanizzato: senza con-fini e senza centralità. L’antitesi città-campagna venne
A sinistra, dall’alto, il risultato della riconversione urbana del porto canale di Salford in Gran Bretagna
fra Liverpool e Manchester (più in basso in una foto d’epoca fra le due guerre).
Un’immagine dei moderni edifici su una porzione delManchester Ship Canal, a Manchester.
Due esempi di riqualificazione di aree ex industrialisull’acqua.
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quindi sostituita dall’antitesi centro-periferia.Oggi nelle periferie si concentra la maggior partedella popolazione urbana, ma nonostante ciò, sonospesso luoghi trascurati e dove l’idea di città stentaad emergere. Questo paradigma vale sempre piùnelle medie e grandi città, mentre risulta più atte-nuato nelle città di provincia come la nostra. In epoche recenti le periferie hanno subito un ulte-riore espansione, arrivando a lambire, e a volte in-globare, le vecchie aree produttive, un tempo collo-cate al di fuori dei centri abitati. L’impeto dellarichiesta immobiliare unita alla corsa speculativa haperò fatto sì che si mancasse l'importante occasionedi poter recuperare o riconvertire queste aree di-smesse, facendo prevalere la logica dello sprawl ur-bano, ovvero della dispersione, caratterizzato dallabassa densità abitativa e dall’eccessivo uso di terri-torio. Forse, col senno di poi, sarebbe stato più cor-retto e proficuo operare secondo una logica di ricu-citura al tessuto urbano, di quelle porzioni di territoriogià trasformate in epoche passate e che, perduta laloro funzione, sono entrate in una sorta di limbo pe-renne.Nel caso di Ravenna, questo esempio lo possiamoritrovare nella tanto discussa Darsena di Città, dovedopo venticinque anni di dibattiti e progetti, ancoranon si vede luce. Ora, alcuni potranno affermare chefinalmente si è giunti ad avere un grande progettocondiviso e che molte azioni sono state intraprese.Va domandato però se fosse necessario un cosìlungo periodo per arrivare a tali risultati, conside-rando poi che nel frattempo si è continuato a consu-mare grandi quantità di suolo che non ci verrà maipiù restituito e che era invece disponibile in un’areacentrale e sufficientemente ampia per soddisfare lerichieste del mercato immobiliare degli ultimi diecianni. Certamente c’è da dire che la soluzione migliorenon è sempre la più facile da intraprendere, ma no
A destra, un capannonenell’area delle ex acciaierieFalk a Sesto San Giovanni.
In basso, due immagini di periferie ravennati:
via Chiavica Romea, con laferrovia merci e, sullo sfondo,
case popolari del quartiereSan Giovanni
(ex villaggio Anic).L’area in verde del Parco
Baronio, in via di realizzazionefra viale Randi, via Fiume
Abbandonato e viale Pertini.
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PROGETTARE IL TERRITORIO
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Una veduta dall’alto (foto Fabrizio Zani), della vasta area ex industriale della Darsena di città, ai confini con alcune porzioni di periferiaabitativa, che attende da decenni una completa riqualificazione. In basso, due scorci di aree abbandonate lungo il canale Candiano.
pain, no gain! (senza sforzo non c’è risultato).Negli ultimi tempi il dibattito attorno alle periferie si è fattopiù vivo, grazie anche al forte interessamento da parte distudiosi e progettisti di fama, che stanno cercando di portarein primo piano un argomento tanto delicato come il futurodelle città. Fino ad oggi ci si è concentrati nel preservare lezone storiche e nell’elaborare normative da funambolo, per-dendo di vista l’idea di città da portare avanti. Proprio inuna recente intervista apparsa sul quotidiano “Repubblica”,l’architetto Renzo Piano ha lanciato un appello perché ci simobiliti nel trovare delle soluzioni affinché «le periferie di-ventino città» e conquistino quella dignità che gli è semprestata negata.Tornando alla nostra realtà locale, va riconosciuto che alcunescelte urbanistiche messe in atto negli anni hanno avuto ri-cadute positive in certe zone della nostra città; ad esempiola scelta di delocalizzare in aree meno centrali alcune strut-ture pubbliche, in modo da poter sviluppare zone periferichecon quel mix di funzioni che caratterizzano la città e il correttomodo di viverla, e l’attuazione della cintura verde che segnail limite per l’espansione urbana. Il periodo di cambiamento che stiamo vivendo dovrà servireper ripensare il modo di agire nel governare i territori, met-tendo al centro di ogni scelta la qualità della vita che siandrà a determinare nei luoghi in cui si opereranno le tra-sformazioni.
AtelierTerritorio srl - Ravennawww.atelierterritorio.com
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SPAZI DELLA CULTURA
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SPAZI DELLA CULTURA
L’atrio d’ingresso della Galleria Ninapì di Nando Randi.
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L’Arte di ViaggiareIntervista a Nando Randi,
mecenate della Galleria d’arte Ninapì
«Ma i veri viaggiatori partono per partire e basta: cuori lievi, simili a palloncini
che solo il caso muoveeternamente, dicono sempre
“Andiamo”, e non sanno perché.I loro desideri
hanno le forme delle nuvole».
Charles Baudelaire
Comodamente seduta su una delle due poltrone retròche si trovano nell’atrio d’ingresso della Galleria d’arteNinapì, apro il quaderno ed inizio a prendere appuntiseguendo il racconto di vita di Nando Randi, che sonovenuta ad intervistare in questi primi giorni di aprile.
«Ho sempre amato viaggiare, in automobile, in moto;per parecchi anni ho avuto anche un piccolo aereo cheho pilotato sorvolando un po’ tutta l’Europa. Ho tra-scorso periodi anche abbastanza lunghi in Californiadove ho avuto l’opportunità di stringere molte amicizie.A San Diego ho conosciuto l’artista Italo Scanga, rite-nuto da alcuni un alchimista del pensiero creativo, de-ceduto nel 2001 nel suo studio di Pacific Beach. Presidee Professore d’arte presso il Dipartimento Arti Visive,Italo Scanga, originario della Calabria, è famoso perle sue sculture, per i suoi dipinti, per le incisioni, operein vetro e ceramica esposte in numerose collezionimuseali, tra cui l’Art Institute di Chicago, il Metropoli-tan Museum of Art di New York, e il Museo di Los An-geles County of Art. Segnalo il catalogo della mostraorganizzata nel 1988 a Venezia presso la CollezionePeggy Guggenheim: Tre artisti italo-americani: Giorgio Ca-vallon, Costantino Nivola, Italo Scanga edito a Milano daArnoldo Mondadori; i tre artisti sono nati in Italia edhanno vissuto e lavorato prevalentemente negli StatiUniti, diventando personaggi molto noti e affermatinel mondo dell’arte. Le mostre personali di Italo sonostate allestite in musei e gallerie di tutto il mondo, tracui il Museum of Fine Art di Boston e il Museo RufinoTamayo a Città del Messico. Tra i suoi allievi ci sonoartisti come Bruce Naumann, Dan Faham e Iza Lou.Negli anni, con Italo abbiamo allacciato una fraternaamicizia e, durante la sua prima visita a Ravenna,quando vide lo spazio dell’attuale Galleria Ninapì, aquei tempi occupato da una tipografia, ne rimase af-fascinato. Fu allora che iniziammo a riflettere sulla
possibilità di valorizzare questo luogo utilizzandoloper esposizioni artistiche. Quando ero a San Diego, ilsabato mattina con Italo spesso avevamo l’abitudinedi andare in un famoso mercato di cose vecchie cheera diventato un prezioso punto di rifornimento crea-tivo per le sue sculture. Agli oggetti recuperati, grazieal suo genio artistico, Italo dava nuova vita: manufattitradizionali, inseriti nelle sue opere d’arte, si arricchi-vano di stravaganti visioni. Assemblare oggetti per luiera un’azione paziente che gli permetteva di plasmarenuove armonie tra materia e pensiero; attraversol’opera d’arte, creava nuovi stimoli tra passato e pre-sente, un nuovo ordine. Quando nel 2000 la tipografiachiuse, invitai i miei amici di San Diego a Ravenna edinsieme a loro cominciai a pensare seriamente ad uncambio d’uso dei locali ed alla galleria d’arte. Il pro-getto si è poi realizzato grazie all’artista Chiara Fuschinie a Giuseppe Padula, insegnante di design, che ne cu-rano l’aspetto artistico, scegliendo a chi far fare la mo-stre e allestendole».
di Marina Mannucci
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SPAZI DELLA CULTURASPAZI DELLA CULTURA
La prima sala espositiva (vista da est).
La prima sala espositiva (vista da ovest).
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Grazie all’amicizia con Italo Scanga, ho avuto l’oppor-tunità di conoscere Dale Chihuly di Seattle, formatosipresso la fabbrica di Venini nel 1968, considerato unodegli artisti americani più creativi ed eccentrici perquanto riguarda la realizzazione di grandi opere in ve-tro soffiato. Dale fu invitato nel 1996 ad esporre le sueopere in vetro per la prima Biennale Internazionale delvetro contemporaneo: “Venezia Aperto Vetro”. La mo-stra, curata dal critico d’arte e storico del vetro DanKlein, con la collaborazione di Attilia Dorigato e di unacommissione internazionale composta da quindici spe-cialisti dell’arte del vetro, ospitava le opere di più dicento artisti internazionali in alcune sale del PalazzoDucale, del Museo Correr e del Museo Vetrario di Mu-rano). Attualmente, più di centosettanta musei sparsiin tutto il mondo espongono opere di Dale Chihuly. DiDale si ricordano ancora i suoi chandeliers che, comedice lui stesso, “non sono dei veri lampadari, non ven-gono usati come lampadari, ma sono delle sculture.Possono essere appesi come i lampadari tradizionalima questa è l’unica cosa che hanno in comune”. Lesculture di Chihuly, composte da centinaia di elementidiversi, unici per forma e dimensione, ma in relazioneuno con l’altro per ottenere un effetto finale d’insiemeassolutamente fantastico, sono il risultato del suo pro-getto di collaborazione tra gli artisti. I suoi chandelierssono molto colorati, devono rallegrare l’anima di coluiche si sofferma a guardarli, così come i colori della tra-dizione pittorica veneziana continuano a rallegrare lospirito dei contemporanei. Le sue sono composizionifluttuanti senza peso nell’aria o nell’acqua, quindi de-vono essere poste all’esterno dove, a seconda dellaluce del giorno, i colori assumono sfumature diversefino a raggiungere l’apice della loro valorizzazionequando vengono illuminati durante la notte. La cittàdi Seattle è ormai diventata un luogo, insieme a Pil-chuck, per le scuole di soffiatura del vetro in cui inse-gnano maestri muranesi. Ho sempre viaggiato molto,ho visitato musei in molte parti del mondo, conosciutonumerosi artisti e architetti di fama mondiale e, ancora,quando posso, preparo la valigia e parto; adesso checi penso, non sono mai stato in Estremo oriente».
Chiedo a Nando se c’è una ragione particolare per questovuoto geografico; mi guarda con i suoi occhi vivi e quasistupito mi dice:
«Non c’è una ragione, ma adesso che ne abbiamo par-lato credo che dovrei andarci al più presto perché è unviaggio impegnativo, bisogna essere in forze per farloe gli anni... passano».
Ma Nando è un uomo a cui non si addice una scontata
dimensione temporale. Amante dei piaceri della vita,avvezzo alle amicizie raffinate, è un uomo libero, pienodi immaginazione, sensibile verso la sua epoca; siesprime in modo autonomo e originale. Un arguto flâ-neur contemporaneo, nel cui sguardo lo studio dei com-portamenti umani all’interno dell’ambiente metropoli-tano è una disciplina di arte sociale e politica. Ha fattodel viaggio la sua filosofia dell’esistenza; il raccontodi Nando mi fa riaffiorare alla mente alcune letture delpoeta boemo di lingua tedesca Rainer Maria Rilke, unodei flâneur più significativi della letteratura del Nove-cento, che, anche se poco conosciuto in questa veste,aveva un’indole nomade ed errabonda che, nel corsodi tutta la vita, lo spinse a visitare l’intera Europa. Adetta di Walter Benjamin, la strada condurrebbe il ≠inun tempo scomparso: «Chi cammina lungo le stradesenza meta viene colto dall’ebbrezza. Ad ogni passol’andatura acquista una forza crescente; la seduzionedei negozi, dei bistrot, delle donne sorridenti diminui-sce sempre di più e sempre più irresistibile si fa, invece,il magnetismo del prossimo angolo di strada, di un lon-tano gruppo di foglie, del nome di una strada...».Nando mi parla a lungo dei suoi viaggi e, ad ascoltarlo,mi tornano in mente i diari di viaggio dei principaliesponenti della cultura europea che avevano intrapresoil Grand Tour, tempi in cui scopo del viaggiare era laconoscenza dell’arte e dell’umanità. Anche ascoltandoNando Randi si ha un’idea del viaggio come strumentodi formazione, come mezzo di scambio e commerciointellettuale che, tramite il confronto, fa nascere e pro-gredire la coscienza critica e politica e la consapevo-lezza del viaggiatore.
Tutte le foto sono di Alberto Giorgio Cassani
«Le nostre valigie erano di nuovoammucchiate sul marciapiede;avevamo molta strada da fare.
Ma non importava, la strada è la vita».
Jack Kerouac, Sulla strada
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SPAZI DELLA CULTURA
L’ingresso alla seconda sala espositiva. La sala delle cene con gli amici al primo piano.
L’ultima sala espositiva.
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Impara l’arte e mettila …in mostra
Via Pascoli a Ravenna, fino al secondo dopoguerra era una strada con botteghe artigiane e attivitàproduttive dotate di depositi e magazzini. All’angolo con via Zagarelli alle Mura, la prima storicasede della Cmc, che si sposterà verso il centro in via Oriani, dove la sede amministrativa resteràfino agli anni Settanta. Sul finire del secondo decennio del Novecento, sulla strada si apriva una fa-legnameria che produceva infissi e costruiva mobili, come andava di moda allora. Felice Ercolessi era il titolare con il cognato Giuseppe Randi, (padre di Nando) dell’attività che pro-seguì con rinnovata lena, dopo la liberazione fino al 1952. Alla chiusura dell’attività, lo spazio primaoccupato dalle macchine per la lavorazione, finitura e lucidatura del legno, venne affittato al Comunedi Ravenna che lo adibì a sede della scuola professionale, dove si preparavano meccanici e …fa-legnami. Fra i docenti il ravennate professor Augusto Bartolotti, scultore e artista del ferro. La vocazione ad essere un luogo dove la vita e le sue storie s’intrecciano e assumono sapienza ecorpo, cultura e conoscenza, resta legata a questi locali. Verso la fine degli anni Sessanta il vociaredegli studenti venne soppiantato dal borbottio, sommesso ma incalzante, delle macchine: apre latipografia dei fratelli Grotti. Saràper trent’anni protagonista nellastampa di giornali, opuscoli elibri: punto di riferimento dell’edi-toria cattolica cittadina.Ritornano odori forti, gli inchiostriche coloravano i rulli delle mac-chine da stampa, rimangononell’aria mescolati al sentore disolvente usato per pulire le com-posizioni, che come i fogli di uncalendario, volano via uno dopol’altro.Di quei profumi sono ancora per-vasi i locali di via Pascoli 31 doveora c’è la Galleria d’arte Ninapì.Ambienti multifunzionali dovel’arte è stata sempre di casa. Lospazio si è aperto nel tempo, ab-battendo limiti e tramezzi: i muricostituiscono un fondale teatraledove vanno in scena forme artisti-che fra le più varie, innovative ed’avanguardia. Il contenitore nonassume le forme del contenuto,ma le assorbe e le propaga.
Pietro Barberini
Nella foto, il padre di Nando assieme ai lavoranti della falegnameria
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ABITARE LʼHABITAT
CITTÀ SOSTENIBILE
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Giugno del 1941: i giornali di tutto ilmondo riportavano le vittorie dellaGermania nazista. La Francia eraoccupata. L’Inghilterra sotto asse-dio. Nei primi giorni del mese Cretainvasa dai paracadutisti tedeschicon un attacco dall’aria mai tentatoprima. Venti giorni dopo partival’operazione Barbarossa con l’inva-sione dell’Unione Sovietica. L’urtodelle armate di Hitler pareva inarre-stabile e resistere era inutile. Stalingrado ancora lontana e lastessa idea di una riscossa sembrava remota e folle. In quel con-testo storico e soprattutto in quel clima, Altiero Spinelli e ErnestoRossi lavoravano alla prima stesura del Manifesto di Ventotene:il documento fondativo dell’Europa unita. Spinelli e Rossi eranoantifascisti al confino. Gran parte della loro giovinezza l’hannoconsumata in carcere, nemici dello Stato. Il loro presente è gri-gio, il quotidiano umiliante, il futuro ostile. Eppure dalla sperdu-ta Ventotene riescono a guardare lontano. Mi emoziona pensare a quei giorni, alle circostanze terribili in cuiè nata l’idea stessa di un’Europa libera, unita, prospera e pacifi-cata. Io sono nato in una notte di grande moria, la notte fra il 9 eil 10 ottobre 1963, la notte dell’infame tragedia del Vajont, e no-nostante quel tragico e nefasto evento gettasse orrore e disono-re sul mondo economico e sulla politica, si viveva in una Europaormai apparentemente pacificata già da quasi vent’anni. Apparentemente…, perché era ancora un’Europa spaccata a me-tà e con l’incubo costante dell’olocausto nucleare, con soldati, fi-li spinati e fortificazioni ancora presenti su quasi tutti i confini. Inogni caso, nonostante i primi semi fossero già stati impiantati, seda bambino avessi raccontato quella che adesso è l’Europa aimiei genitori, mi avrebbero preso per matto. E invece l’Europa èquesta: i confini tra Francia e Germania non esistono più, quelloche allora era uno dei confini più presidiati e difesi d’Europa, cioèquello fra il Friuli e la Slovenia ora non si percepisce neanche. Co-sa da non credersi. Tragedie come le guerre mondiali non sonopiù possibili in Europa. È una grande conquista. Però l’Europa esiste ed è un miracolo fatto da uomini che aveva-no intorno a sè macerie, morti, sofferenze, violenza. Personal-mente mi sento molto orgoglioso del contributo che l’Italia ha sa-puto dare ad un progetto così alto. Ricordare questa storia tra lemille della Resistenza mi sembra di buon auspicio per il futuro.Perché è una storia che parla di una speranza che fiorisce nelladisperazione. Ci racconta di uomini che non hanno coltivato sen-
timenti di vendetta ma hanno lavo-rato per costruire un presente mi-gliore per tutti quelli che sarebbe-ro venuti dopo di loro. Quanta pas-sione c’è stata e c’è tuttora in chi siè dedicato e in chi oggi continua aspendersi per la riuscita di questoprogetto. Davvero un esempio percoloro che credono nel processo diintegrazione europea e voglionoche sia portato a compimento nei
prossimi anni. Dobbiamo solo ringraziare i padri di questa Euro-pa possibile. Però dobbiamo anche fare i conti col fatto che fra 30anni nessuno stato membro dell’UE farà più parte del G8, neppu-re la Germania. Il G8 sarà composto dalla Russia, dall’India, dallaCina, dal Messico, dal Brasile ma non da noi. A meno che ci sia finalmente un’Europa federale. Eppure tanti inItalia sono convinti che il nostro futuro non passi da un’Europapiù forte e unita. Siamo nati in un continente pacificato, per que-sto diamo per scontate molte cose che invece sono state frutto diun grande lavoro. Non gettiamolo al vento.Purtroppo però si assiste ultimamente alla diffusione di praticheimprontate a principi di disinformazione sistematica, alla volontàcioè di divulgare informazioni palesemente false al fine di getta-re luci sinistre sull’Europa e sulle sue istituzioni. Nel corso delconfronto politico, la disinformazione, veicolata come opinionelegittima espressa da una parte che contesta le affermazioni del-l’altra. A questo punto il gioco è fatto: i concetti privi di fonda-mento sono solo delle opinioni e chi ascolta può scegliere quellache preferisce. Non è su queste basi che è nata l’Europa Unita, pensata e volutaper dare al nostro continente la pace e la prosperità che dal do-poguerra ad oggi abbiamo avuto. È su queste basi però che sipuò distruggere tutto. Detto questo ritengo comunque che fra gliobiettivi immediati da perseguire vi sia quello di fissare final-mente uno stop al rigore praticato finora. L’austerità, ha avutol’effetto di aggravare la depressione, compromettendo l’obietti-vo del risanamento. Il piano deve puntare su una ripresa fondata sullo sviluppo so-stenibile, che si basi sulla realizzazione di infrastrutture euro-pee, sulle nuove tecnologie, sulle nuove fonti di energia, sulla tu-tela dell’ambiente e del patrimonio culturale, sulla ricerca di pun-ta, sull’istruzione avanzata e la formazione professionale. Que-ste sono le strade da battere per risalire la china. Ma è necessa-rio prevedere anche interventi immediati per promuovere l’occu-
Divagazioni europeiste. Il Green New Deal è la nostra
grande e unica opportunità
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pazione, con investimenti tali da generare alcuni milioni di posti dilavoro in tempi brevi. Un New Deal europeo consentirebbe di af-frontare l’emergenza occupazionale che, in alcuni Paesi dell’Unio-ne, ha raggiunto livelli record e minaccia la stessa democrazia. Madove trovare i fondi per finanziare un’azione così massiccia? Le ri-sorse finanziarie, si possono ottenere mobilitando risorse propriedell’Unione (quali ad esempio una tassa europea sulle transazionifinanziarie e una tassa sulle emissioni di carbonio), capitali privati(con Project bonds europei) e risorse messe a disposizione dallaBanca Europea per gli Investimenti. In questa prospettiva gioche-ranno un ruolo determinante anche i Sindaci d’Europa e l’Anci. La recessione sta rendendo difficile la vita nelle città, soprattutto inquelle piccole come Ravenna, che faticano a erogare, o non posso-no più farlo, servizi ai cittadini. È davvero giunta l’ora di pensare intermini nuovi il nostro futuro. E agire.Quindi, da dove partire? Quali le sfide decisive del nostro tempo?
Consumare meno, certamente. Standardizzare settori produttivi,come l’auto. Preparare l’industria e la società al riuso. Nulla deveandare sprecato, perché la natura non spreca: trasforma. Dobbia-mo introdurre maggiore responsabilità. Sensibilità. Cultura. Dobbiamo diventare saggi. Scopriremo che conviene, che questa èla strada della crescita. Perché una crescita che pensa solo ai con-sumi è sbagliata, anzi malata. Da qui dobbiamo partire per unanuova strategia positiva, i combustibili fossili sono una quantità fi-nita per definizione, come tali destinati a diventare più scarsi e piùcari. Il sole invece è lì, sarà sempre gratuito, non ha bisogno di es-sere trasportato. La tecnologia sta facendo passi avanti nella mi-niaturizzazione e nell’abbattimento dei costi. I pannelli solari oggigrandi come tetti presto saranno piccoli come finestre. Sta acca-dendo nelle energie rinnovabili ciò che abbiamo visto nell’informa-tica con i computer sempre più piccoli e potenti. Ecco la strategia giusta, e il messaggio positivo che l’accompagna:sviluppare le rinnovabili è buono per l’ambiente, buono per le no-stre tasche, buono per la competitività delle imprese e l’occupa-zione. Perché sta arrivando un balzo tecnologico che riduce in mo-do spettacolare il costo di queste energie pulite. Tutti i negazioni-sti dei cambiamenti climatici possono distorcere il dibattito politi-co ma sono dalla parte perdente della storia. È la tecnologia che lisconfiggerà. Siamo in una di quelle rivoluzioni innovative che dicolpo rendono obsoleti colossi invincibili. Chi pensa di lucrare a lungo sulle energie fossili dovrebbe esserepreoccupato. Si avvicina il giorno in cui la caduta dei prezzi delleenergie alternative li metterà fuori gioco. Le istituzioni europee so-no quindi il contesto in cui certi temi, estranei al dibattito politicoitaliano e alla stessa nostra cultura, cessano di essere idee radica-li o trasgressive e diventano le basi su cui costruire il futuro. L’am-biente non è un ostacolo alla crescita economica. La società cheignora l’ambiente, i limiti delle risorse e il valore dei servizi ecosi-stemici, limita in realtà le proprie prospettive di uno sviluppo dura-turo e può solo approfondire il solco della crisi. In questo sensonon si può più parlare di green economy.O l’economia sarà verde, o non sarà. Non potrà produrre né benes-sere né nuovi posti di lavoro. Il Green New Deal è la nostra grandee unica opportunità.
MAGGIO 2014
Marco Turchetti[Progettare Sostenibile -
Ravenna] [email protected]
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MERCATO IMMOBILIARE
Chiunque si trovi, spinto da un interesse professionale o dauna motivazione personale, a compiere una rassegna stampaperiodica delle notizie sul mercato immobiliare, dovrà metterein conto di fronteggiare una girandola di pareri e sentimentitra loro contrastanti, dati di segno apparentemente opposto,segnali di euforia ai quali si contrappongono - nel giro dipoche righe e ancor meno clic - fosche previsioni di crolli piùo meno imminenti. Sulla nostra idea del mercato influisconole esperienze e i saperi, ciò che leggiamo e che veniamo a co-noscere, il racconto di un vicino di casa o la consulenza, nellaquale certo confidiamo, di un bravo agente immobiliare. Sec’è una certezza a suo modo confortante che gli operatori ditutto il mondo sembrano condividere, questa riguarda l’an-damento del mercato di fascia alta. E mentre un sondaggioamericano di Gallup certifica che «i più ricchi continuano ascommettere sul mercato immobiliare, mentre quello che vo-gliono i poveri è l'oro», molti siti riportano la notizia prove-niente dagli Stati Uniti che vede protagonista l'investitoreBarry Rosenstein, nuovo proprietario della casa più cara dellanazione grazie ad un investimento di 147 milioni di dollari(circa 105 milioni di euro): situata nella zona degli Hamptons,all’estremità orientale di Long Island, l'abitazione gode di unaccesso diretto sulla spiaggia e dispone di oltre 72mila metriquadrati di giardino. Con laghetto annesso. Niente paura, achiunque si fosse fatto sfuggire l’affare gioverà ricordare cherimane in vendita a Palm Springs uno dei luoghi più visitatidai fan di Elvis Presley, la villa dove il re del Rock 'n Roll tra-scorse la luna di miele con la moglie Priscilla Beaulieu, sposatanel 1967: per comprare quella casa servono solo 9,5 milionidi dollari, ricordi compresi. A giudicare dalle cifre in ballo, sidirebbe che in operazioni immobiliari di questo tipo non siafondamentale conoscere quelli che altrove ci vengono illustraticome i 5 segnali per capire quando un proprietario vuole ven-dere disperatamente. Dal re del rock’n’roll all’urgenza di ven-dere il passo è per fortuna lungo, e nel più realistico mediumtroviamo non solo le più democratiche scadenze (fra cui ilprossimo 16 giugno, quella per il versamento della primaratadel Tributo per i servizi indivisibili) ma anche il Rapporto sullastabilità finanziaria di Banca d’Italia, secondo il quale: «leerogazioni di mutui nel primo trimestre del 2014 sono au-mentate del 9,3% rispetto al periodo corrispondente del 2013.Le indagini presso gli intermediari indicano che il migliora-mento riflette sia un allentamento delle condizioni di offertasia una ripresa della domanda principalmente dovuta a pro-spettive meno negative riguardo all’evoluzione dell’attivitàeconomica». Il ritorno all’erogazione di finanziamenti da partedegli istituti bancari, come conferma la società di mediazione
creditizia Auxilia Finance, sembra finalmente accogliere quelbisogno di prospettiva che accomuna in un unicum respon-sabile e virtuoso le idee di casa e futuro, assecondando unbisogno frustrato da un’azione politica ora poco coraggiosa,ora troppo frammentata. Il caos al Senato sulle coperture alPiano Casa evidenzia ancora una volta l’incapacità tutta ita-liana di fare squadra per comprendere come siano necessariemisure urgenti e strutturali che rilancino il mercato nel suocomplesso, con soluzioni durature e non parziali. L’obiettivo,anche culturale, diventa allora quello di avviare un percorsoil più possibile condiviso che sappia porre l'attenzione su ar-gomenti concreti, come la valorizzazione degli strumenti ur-banistici, la promozione di una concertazione per un miglioreutilizzo dei fondi strutturali europei e l'abbattimento dellapressione fiscale sulla proprietà immobiliare. In attesa diqueste ed altre rivoluzioni come le case full-electric, una nuovagenerazione di edifici intelligenti che consentiranno di usarel'energia in modo più efficiente per rispondere alle nuove esi-genze della vita di tutti i giorni, come la climatizzazione conle pompe di calore, la ricarica dell'auto elettrica e la cottura ainduzione, accontentiamoci allora dei circa seimila alloggi di-sponibili in Emilia-Romagna per le giovani coppie e altri nucleiche desiderano acquistare una casa con il contributo dellaRegione.
Marco SopraniResponsabile Editoria e Comunicazione
FIAIP Emilia-Romagna
Si apre uno spiraglio sul fronte dei mutui, ma resta
debole e frammentata l'azionesu strumenti urbanistici,
burocrazia, fisco e fondi europei per lo sviluppo
CONSULENZA E INTERMEDIAZIONE IMMOBILIARE
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MAGGIO 2014
I Sedici Il ruolo dell’Architettura contemporanea
Ciclo di conferenze organizzate e promosse dal Gruppo Ravimm - Le Cantine di Palazzo Rava e dalla rivista dell’abitare TrovaCasa Premium (edizioni Reclam),
con il patrocinio del Comune di Ravenna e Ravenna 2019Coordinatore: Emilio Rambelli - Nuovostudio
Info Ilaria Siboni - [email protected] - cell. 338 1584910
Comune di Ravenna
Espongono Intervengono
Giovedì 27 febbraioCasavecchia e Muratoria Montini e ZoliRavenna Faenza
Giovedì 20 marzoGabriele Montanari Angeli e BrucoliUnione Comuni Bassa Romagna Faenza
Giovedì 17 aprileStudio Rava Piersanti Burroni e DapportoFaenza Ravenna
Giovedì 22 maggioPaolo Rava Panbianco e PretolaniComune di Forlì Forlì
Giovedì 19 giugnoDavide Cristofani Lazzarini e PinoniFaenza Faenza
Giovedì 18 settembreFrancesca Proni Studio EllevuelleComune di Ravenna Forlì
Giovedì 6 novembreTeprin Associati Inout ArchitetturaRavenna Ferrara
Giovedì 4 dicembreEmilio Agostinelli Piraccini e BaldacciSoprintendenza di Ravenna Cesena
Calendario 2014
Tutti gli incontri si terranno presso Le Cantine di Palazzo Rava - Via di Roma 117 - Ravenna
Apertura mostra ore 20, inizio conferenza ore 21
Via Faentina 218s - Fornace Zarattini Ravenna tel. 0544 463621 - www.ravennainterni.com
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