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Temperanza, fortezza e castità (Sull’interpretazione di una figura simbolica medioevale a Maniace)* di Claudio Saporetti Direttore del Centro Studi Diyala, Associazione Geo-Archeologica Italiana A new observation of the medieval frieze on the portal of the church of Maniace (Bronte) allowed the Author to complete an old description in which the interpretation of a scene was very uncertain. It now seems that this scene represents a hunter who blows the horn, accompanied by his dog; this is about to cacth a unicorn, which took a refuge by a virgin (“Chastity”), who for his part turns towards the “Fortitude”. The Author suggests furthermore to add even the “horse” depicted on the mosaic floor of Otranto to the various figures of unicorns so far known. I I bassorilievi romanici della chiesa di Santa Maria di Maniace, scolpiti nei capitelli delle strombature del por- tale di accesso, presentano due teorie di raf- figurazioni particolarmente interessanti. Da una parte l’insieme di figure, che non possono essere rapportate ad alcuna tematica di tipo narrativo (storico o biblico o fabulistico), enuncia chiaramente un si- gnificato simbolico. Dall’altra le scene bi- bliche facilmente interpretabili (Genesi) si risolvono poi in altro tipo di raffigurazione di difficile interpretazione, forse collega- bile con la prima teoria. I problemi che si presentano sono dun- que di due tipi: 1/2014 HIRAM * Una recente visita alla Chiesa medioevale del Castello di Maniace, a Bronte, mi ha indotto a riconsiderare una figura che in uno studio precedente non ero riuscito ad interpretare. Lo studio, a suo tempo condotto con mia moglie +Ada Aragona, era stato pubblicato nel n. 1 dell’anno VIII (Gennaio 1984) del «Foglio d’Arte. Mensile di arte e cultura», con il titolo Sculture medioevali a Bronte (pag. 19 sg.). Si trattava di un articolo con tre “finestre”, più una bibliografia che qui non ritengo necessario riportare. Riporto invece, riorganizzando il tutto, il testo dell’articolo e delle “finestre”, intervallandole secondo la loro localizzazione più giusta. Nelle parentesi quadre sono aggiunte attuali. HIRAM_1_2014:HIRAM 7-03-2014 12:02 Pagina 41

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TTeemmppeerraannzzaa,, ffoorrtteezzzzaa ee ccaassttiittàà((SSuullll’’iinntteerrpprreettaazziioonnee ddii uunnaa ffiigguurraa ssiimmbboolliiccaa mmeeddiiooeevvaallee aa MMaanniiaaccee))*

di CCllaauuddiioo SSaappoorreettttiiDirettore del Centro Studi Diyala, Associazione Geo-Archeologica Italiana

A new observation of the medieval frieze on the portal of the church of Maniace(Bronte) allowed the Author to complete an old description in which the interpretationof a scene was very uncertain. It now seems that this scene represents a hunter whoblows the horn, accompanied by his dog; this is about to cacth a unicorn, which tooka refuge by a virgin (“Chastity”), who for his part turns towards the “Fortitude”. TheAuthor suggests furthermore to add even the “horse” depicted on the mosaic floor ofOtranto to the various figures of unicorns so far known.

IIIIbassorilievi romanici della chiesa diSanta Maria di Maniace, scolpiti neicapitelli delle strombature del por-

tale di accesso, presentano due teorie di raf-figurazioni particolarmente interessanti.

Da una parte l’insieme di figure, chenon possono essere rapportate ad alcunatematica di tipo narrativo (storico o biblico

o fabulistico), enuncia chiaramente un si-gnificato simbolico. Dall’altra le scene bi-bliche facilmente interpretabili (Genesi) sirisolvono poi in altro tipo di raffigurazionedi difficile interpretazione, forse collega-bile con la prima teoria.

I problemi che si presentano sono dun-que di due tipi:

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* Una recente visita alla Chiesa medioevale del Castello di Maniace, a Bronte, mi ha indotto ariconsiderare una figura che in uno studio precedente non ero riuscito ad interpretare. Lo studio,a suo tempo condotto con mia moglie +Ada Aragona, era stato pubblicato nel n. 1 dell’anno VIII(Gennaio 1984) del «Foglio d’Arte. Mensile di arte e cultura», con il titolo Sculture medioevali aBronte (pag. 19 sg.). Si trattava di un articolo con tre “finestre”, più una bibliografia che qui nonritengo necessario riportare. Riporto invece, riorganizzando il tutto, il testo dell’articolo e delle“finestre”, intervallandole secondo la loro localizzazione più giusta. Nelle parentesi quadre sonoaggiunte attuali.

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1. Quale è il significato di quelle figurenon rapportabili a scene bibliche?

2. Le due teorie costituiscono un tuttoomogeneo, o sono invece ciascuna motivoa sé, separato e indipendente?

Nel tentativo di dare una risposta, siapure necessariamente ipotetica a questedomande, sarà bene descrivere breve-mente le scene, incominciando da quella disinistra perché, nell’ipotesi che sia possi-bile una lettura in chiave di omogeneità deirilievi, è più probabile che questa letturavada cercata sulla falsariga di quella di unlibro, cioè appunto da sinistra a destra.

La scena a sinistra è costituita dagruppi, quasi sempre legati l’uno all’altro,aventi come centro delle figure femminili.

Poiché le altre figure che ad esse afferi-scono sono figure “negative”, cioè simbolidel Male, spesso mostruosi, ne deriva cheanche le figure femminili svolgono qui unruolo negativo.

Come appartenenti allo stesso sesso diEva, rovina dell’umanità, la donna è dun-que rappresentata come simbolo per ec-cellenza del Male. Le donne-centro dellescene sono cinque, ma poiché le figurefemminili sono in tutto sei, si potrebbeavanzare l’ipotesi che ognuna di esse rap-presenti un vizio capitale, con esclusionedella Lussuria rappresentata, come ve-dremo, nella parte opposta. Un vizio capi-tale è d’altronde ben riconoscibile nellafigura del vecchio che si tira la barba, sim-bolo dell’Ira in altri esempi iconograficimedioevali.

L’incertezza di vari particolari impedi-sce di vedere se un vizio è raffigurato comegenerato da una donna. In un caso, co-

munque, sembra chiaro che una donnaculli un serpente come fosse suo figlio.

Altrove invece i vizi sono generati dallabocca di figure adiacenti: sono un ser-pente ed un dragone alato. A rigore si po-trebbe pensare, per il dragone, che lafigura gli morda la coda; tuttavia il paral-lelo del serpente sembra indicativo, eporta ad escluderlo.

Che la donna sia la madre e la protet-trice dei simboli del Male è evidente dagliatteggiamenti delle figure femminili:quando non cullano, abbracciano: vuoi lacoda del dragone partorito dalla bocca,vuoi due dragoni siamesi (hanno la testa incomune), vuoi due teste grottesche chesembrano essere di serpenti, a meno chenon siano all’estremità di code di dragone.I simboli mostruosi del Male sembrano es-sere dunque due: il serpente, sia con latesta di rettile che di uomo (evidente allu-sione al serpente del libro della Genesi, cheha ispirato spesso raffigurazioni del tenta-tore in veste di serpente antropocefalo), edil dragone, ben noto nella iconografia con-temporanea.

In genere nelle raffigurazioni romani-che il dragone assomma le caratteristichedegli animali “negativi”: il pesce, il capro, ilserpente, il gallo. Da ciò una duplice raffi-gurazione: quella femminile, cioè l’arpia ola sirena (donna con corpo di pesce o diserpente, talvolta raffigurata con due codedi pesce in atteggiamento che vuole essereforse sguaiato, talvolta con orecchie lepo-rine o asinine, talvolta con le ali), e quelladel drago-maschio (testa e zampe anterioridi capro, corpo di serpente). È evidentel’influsso dell’Apocalisse sulla natura de-

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moniaca del drago.Qui a Maniace troviamo sia il drago-

femmina (arpìa) sia il drago-maschio. L’ar-pia è raffigurata con testa femminile, ali ecoda di serpente. Il drago-maschio sosti-tuisce alla testa femminile un volto bar-buto. Nella barba è forse possibile ritrovareun ricordo del capro, né è escluso che la fi-gura rechi tracce di corna. Stranamentetutte le raffigurazioni dei dragoni hannoperò le zampe anteriori (le posteriori man-cano, per via dell’estremità di serpente) afoggia leonina (il leone è un animale “po-sitivo”).

È indubbio comunque che tutta la scenarappresenti una sarabanda di esseri mal-vagi, così come sono malvagi i due identiciibridi animali che aprono a sinistra la teo-ria: due dragoni con volti grottescamentescimmieschi. Si tratta di una delle scene piùvaste che abbiano questo carattere di sim-bolismo del Male e che presentino similipersonaggi. E certamente, in quella coe-renza che rivela nella sua composizione (ilgruppo delle donne), potrebbe rivelarsi traquelle più significative, se la nostra cono-scenza della simbologia medioevale fossepiù approfondita.

Prima “finestra”

Benedetto Radice [in Chiese, conventi, edi-fici pubblici di Bronte. Note tradizionali e stori-che, Bronte 1923] ha descritto la scena deicapitelli facendo numerosi ed ingenui er-rori. Nei capitelli di sinistra vede uomini,animali ed uccelli con volto di scimmia, edun serpente che si attorciglia e snoda, e chemorde la bocca a un mascherone, come fi-

gure che fungono da piccole cariatidi. Nonriconosce dunque la presenza di figurefemminili, non sottolinea il fatto che glianimali sono ibridi, non nota che gli uccellicon volto di scimmia sono in realtà dei“dragoni”, né che il serpente, invece dimordere la bocca del “mascherone”, in re-altà ne esce.

Nel primo capitello a destra, la donna è“tra due uccelli”, e dunque non evidenziache sono antropocefali [segue].

La doppia scena che inaugura i rilieviche si trovano nella strombatura di destrapuò fornire la chiave che spiega quale sia ilrapporto tra le due fasce È rappresentatainfatti per due volte, con una insistenzache sembra dunque voluta, una donnanuda che afferra, con passo di danza, duegalli antropocefali per il collo, o meglio liabbraccia.

Non dovrebbero esserci difficoltà nel-l’interpretare la scena come una rappre-sentazione simbolica della Lussuria. Se cosìfosse (come credo), si vedrebbe subito ilrapporto con il resto della fascia. La scenache segue immediatamente è infatti quellache rappresenta la cacciata dal ParadisoTerrestre, la cui entrata è rappresentata dauna porta a volta, davanti a cui sta l’angelocon la spada. L’angelo spinge Adamo per unspalla. Poco più oltre è Eva in atteggia-mento di afflizione (il capo posato su unamano).

Dunque per l’ignoto Autore dei rilievi ilpeccato originale, inizio di ogni male perl’uomo, sembra sia stato un peccato di lus-suria. Il capitello che dà il via alla fascia didestra sembra dunque il trait-d’union con lescene dei vizi, che qui continuano con la

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raffigurazione di un altro di essi. Le scenedel Genesi rappresentano allora sia la con-seguenza patita dall’umanità a causa di unodi questi vizi (la Lussuria), sia l’attuazionepratica di uno di essi (l’Invidia, o l’Ira, nelcaso di Caino).

Seconda “finestra”

L’iconografia medioevale della “Lussu-ria” non è fissa. Secondo R. Salvini, la Lus-suria è rappresentata in un capitello di SanSaturnino a Tolosa sotto forma di unadonna che cavalca un leone [cf. il Portaledegli Orefici a Santiago di Compostela]. Piùcerta è la raffigurazione a Fidenza [partedestra del Duomo, sulla torre], dove un sol-dato attenta alla virtù di una vergine. Al-trove [transetto nord della cattedrale diLund, nel fonte battesimale di Valleberga,nella Puerta del las Platerias, a Santiago doCompostela] la Lussuria è rappresentata dauna coppia che si abbraccia. Ad Amiens e aChartres la donna ha in mano uno scettroed uno specchio, che dobbiamo consideraredunque simboli specifici della Lussuria.

Nel mosaico di Moissac la Lussuria è se-minuda. A Notre Dame di Parigi è raffigu-rata come una donna che si guarda allospecchio. A Maniace la Lussuria è ricono-scibile sia per la nudità e l’atteggiamentodella donna, sia per gli animali che abbrac-cia [sul gallo simbolo dell’impudicizia cf. W.Molsdorf, Cristliche Symbolik der mittelalter-lichen Kunst, Leipzig 1926], ed anche il no-stro Il gallo, in “Fischia il gallo”, Catalogodella Mostra, Perugia, Galleria Tesorid’arte, Complesso Monumentale di San Pie-tro, Marzo-Maggio 2011, 43 sg.

La conseguenza principale della cac-ciata a causa del vizio della Lussuria è raf-figurata subito dopo: la fatica del lavoro,rappresentata da Eva che fila ed Adamo chezappa, questa volta vestiti (temi iconogra-fici ben noti anche altrove).

Inizia qui la storia del secondo peccato:l’assassinio di Abele. Si vede infatti che idue figli di Adamo, Caino e Abele, offrono ilrispettivo sacrificio, su un medesimo al-tare: Caino le spighe, ed Abele un anima-letto (forse un agnello; il rilievo è rovinato).L’atteggiamento di Abele, che guarda in su,è una trovata ingenua e spontanea per sot-tolineare la sua maggiore devozione, gra-dita a Dio. Tracce rimaste sulla mensolettache sovrasta la scena sono sicuramentequanto resta della mano di Dio rivoltaverso Abele.

La scena successiva è evidentementel’omicidio di Abele, e fin qui la compren-sione è facile.

Prima “finestra” (seguito)

Il resto della scena della strombatura èanch’esso frainteso. Pur riconoscendo esat-tamente la “cacciata”, [B. Radice] vede inAdamo ed Eva condannati alla fatica unagenerica scena rappresentante il lavoro; diconseguenza, l’offerta di Caino e Abele nonsarebbe altro che una scena che raffiguradue persone che “abbicano covoni digrano”.

La scena dell’uccisione di Abele sarebbepoi la rappresentazione della seminagione:un uomo sparge la semente (in realtà èCaino che colpisce), un’altra con la zappa(sic!) la copre e “spiana le porche”, cioè i

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solchi. Dal fatto che la scena non è statacompresa possiamo dedurre che la rotturadi parte delle due figure è avvenuta primadel 1923. [segue].

Più difficile il seguito. La fascia terminainfatti con due scene che sono una rappre-sentazione di caccia [= si tratta di un suo-natore di corno preceduto da un cane] edun duello. Non è immediatamente agevolericonoscervi un proseguimento delle sto-rie del Genesi anche se possiamo ritenerciliberi, sulle orme di tanti esempi iconogra-fici medioevali, di immaginare saltati intericapitoli del libro biblico. La supposizioneche viene più spontanea è quella di vederenella scena della caccia la rappresentazionedi Nemrod (Genesi 10,8-9), anche se ver-rebbe a costituire un unicum.

Prima “finestra” (seguito)

Le due scene successive [sempre se-condo Radice], rappresenterebbero la cac-cia (con un cinghiale atterrato, mentre unaltro salta addosso ad una donna) e laguerra. L’interpretazione è dunque errataalmeno nella prima parte (l’animale non èun cinghiale, ma probabilmente un cane enon è affatto atterrato). Purtroppo i nume-rosi errori tolgono alle parole di Radice lanecessaria credibilità riguardo alla secondaparte. Un altro accenno al portale è in G. DiStefano [L’Architettura Religiosa in Sicilia nelXIII secolo, “Archivio Storico per la Sicilia”,Palermo 1938], ma per l’interpretazionedelle figure abbiamo solo l’ipotesi che “ilcapitello coi pennuti dal volto umano”possa essere una satira anticlericale. Lastessa idea (“la lunga tradizione guelfa

della storiografia locale ha voluto vedereallusioni anticlericali, di spirito ghibellino”è in S. Bottari [Monumenti svevi in Sicilia,“Atti del VII Congresso Nazionale di Storiadell’Architettura”, Palermo 1955].

Ma la scena del duello? È la rissa tra ipastori di Abramo e quelli di Lot? Ma anchequesta scena (Genesi 10,7) sarebbe un uni-cum nell’arte medioevale; né servirebbemolto a comprovarla il fatto che la figuradi destra potrebbe essere un suonatore dipiffero (ci sono infatti ai lati dei due duel-lanti, due figure: quella di sinistra non èchiaro se sia un angelo o una donna; quelladi destra ha la testa rotta, e si può capiresolo che tiene con la mano qualcosa che leesce dalla testa: o la lingua o un piffero).

[Corrige: la figura di sinistra costituiscel’oggetto del presente studio, e si rimandaa più avanti. Quella di destra è stata invecerecentemente riconosciuta da GiovannaMatini come un’ulteriore simbologia del-l’Ira (vecchio che si tira la barba)].

Se inserite in una certa logica, do-vremmo pensare che le scene della caccia edel duello rappresentino, come quelle pre-cedenti, una conseguenza negativa del pec-cato originale, cioè due azioni malvagiecompiute a causa dei vizi acquisiti dal-l’umanità dopo la caduta. La scena delduello non rappresenterebbe, a questo pro-posito, difficoltà di interpretazione (po-trebbe raffigurare la Discordia, che si trovaaccostata alla Lussuria nel bassorilievi me-dioevali, oppure il vizio dell’Ira, inten-dendo l’uccisione di Abele come il viziodell’Invidia, ma più difficile sarebbe inter-pretare in questa chiave la scena della cac-cia, di per sé anonima ed innocente.

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Se però la nostra interpretazione difondo dovesse rivelarsi giusta (a sinistrasimboli dei vizi, a destra il vizio che ha datoadito a tutto il male dell’uomo, seguitodalle conseguenze dolorose e da altri viziancora) è possibile rinvenire un altro vizio:quello della Superbia. Parte della criticavede infatti nella figura di Nemrod un po-tente cacciatore che fu tale contro la vo-lontà di Dio (“[…] era un valente cacciatorea dispetto di Jahveh”, P.E. Testa, Genesi, To-rino 1969, 415 sg.) e non è escludibile dun-que che sia stato visto in questa luce anchedall’anonimo esecutore, o meglio dall’ispi-ratore dei rilievi di Maniace.

Dobbiamo dire però che l’interpreta-zione delle due scene come raffigurazionidi vizi non ci convince: i due guerrieri chesi affrontano non sono infatti due soldatiquali vediamo duellare, in altre raffigura-zioni medioevali, a piedi (come qui) o a ca-vallo, con spade e lance, ma fanno parte diuna iconografia particolare, ben altrimentinota.

Sono due persone che si affrontano, condue piccoli scudi, aventi ciascuno un tondoumbone, avanzati fin quasi a toccarsi. Dalletracce che rimangono (specie per l’uomo asinistra) è chiaro inoltre che l’arma offen-siva non è una spada, ma una mazza, for-mata da un manico terminante con unapalla rotonda.

Non daremo una spiegazione noi a que-sta scena. Tuttavia vogliamo sottolinearealcuni punti che potrebbero dare l’avvio aulteriori indagini, da svolgere non solo indirezione di Maniace, ma anche di Otranto,di Trani, di Ravello e di Monreale (ved. la“finestra” qui sotto).

Terza “finestra”(riportata anche in Mosaico, 113)

Conosciamo guerrieri identici al temaiconografico di Maniace in quattro rappre-sentazioni: nelle porte di Barisano da Trani,a Trani e a Ravello, nel mosaico pavimen-tale di Otranto (prima zona a sinistra delgrande albero), nel mosaico pavimentaledella chiesa di San Savino a Piacenza, nelquarto capitello orientale del chiostro diMonreale. A questi esempi ed altri even-tuali si può ora aggiungere con sicurezza ilnostro Maniace.

Possono giovare le altre raffigurazioni adare una spiegazione alla nostra? Sì e no.

Intanto noteremo subito che negli altriesempi questi combattenti non sono mai inrelazione con scene bibliche, tanto menonel libro della Genesi.

C’è poi, sembra, un suggerimento per lasoluzione che proviene dal mosaico di SanSavino (Piacenza). Ai lati di una figura introno recante i simboli del sole e della lunasono ritratte quattro scene: un re, con lascritta REX IUDEX, un uomo davanti a unascacchiera, un uomo che rifiuta di bere, in-fine i due combattenti con piccolo scudo(questa volta oblungo) e mazza.

Con buona probabilità l’interpretazioneche è stata data a queste raffigurazioni [E.Cecchi Gattolin, I tessellati romanici della Ba-silica di San Savino, in R. Salvini, La Basilicadi San Savino e le origini del romanico a Pia-cenza, Modena 1978] coglie nel segno. Essedovrebbero rappresentare le quattro virtùCardinali: il re la Giustizia (ha accantoanche una figura che reca un libro con lascritta LEX), il giocatore di scacchi la Pru-

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denza, l’astemio la Temperanza, i nostricombattenti la Fortezza.

Stranamente solo Willemsen, sembra,[C.A. Willemsen, L’enigma di Otranto, Gala-tina 1980] ha accostato questo significatoall’iconografia dei due combattenti,quando si trovano altrove: più precisa-mente quelli di Otranto. Ma non con asso-luta certezza, se più genericamente parlapoi di una virtù che combatte contro ilvizio, e se coinvolge in questo simbolismoanche un cavallo che appare sotto i com-battenti, sempre a Otranto, in posizionearaldica [si veda oltre per l’interpretazionedi questo cavallo, che identifichiamo conl’unicorno].

Prima di Willemsen ci si era limitati afornire altri paralleli, ma senza alcun aiutoper l’identificazione: Schultz [H.W. Schultz,Der Kunst des Mittelalters in Unteritalien, Dre-sden 1860] ha ricordato una scena nel tim-pano della parte posteriore dell’ingressodel Castello di Trani, dove però c’è un solosoldato, e Crozet [R. Crozet, Le chasseur et lecombattant dans la sculture romane en Sainto-gne, Mélanges Leejeune I, Gembloux 1975]aveva fatto presente una raffigurazionenella chiesa di St. Pierre l’Isle.

Quando erano state date, le spiegazioninon erano state, tuttavia, molto convin-centi: Haug [W. Haug, Das Mosaik vonOtranto, Wiesbaden 1977] aveva fatto pre-sente che il combattimento con clava emazza era nel Medioevo una forma arcaicaper dirimere questioni giudiziarie, La SettisFrugoni [C. Settis Frugoni Per una lettura delmosaico pavimentale della Cattedrale diOtranto, “Bullettino dell’Istituto Storico Ita-liano per il Medio Evo e l’Archivio Murato-

riano” (1968) e 1970; Il Mosaico di Otranto.Modelli culturali e scelte iconografiche (1970)]aveva pensato ad un soldato macedone in-tento a debellare un nemico, Garufi [C.A.Garufi, Il pavimento a mosaico della Cattedraledoi Otranto (1907)] aveva addirittura sba-gliato vedendo un solo combattente, Gian-freda [G. Gianfreda, Il mosaico pavimentaledella Basilica Cattedrale di Otranto (Casamari1965); anche in “Fede e Arte” 11 (1963)], ri-ferendosi ad un passo di San Paolo, (cheparla di scudi, è vero, ma anche di spade,non di mazze) vi aveva rinvenuto un sim-bolo del buon cristiano.

Meno ancora si trova nella critica alleporte di Barisano da Trani. Palmarini [I.M.Palmarini, Barisano da Trani e le sue opere dibronzo, “L’arte” 1 (1968)] li chiama sempli-cemente combattenti. Sarlo [F. Sarlo, Bari-sano da Trani e le sue fusioni in bronzo, Firenze1905] pensa, con incertezza, alla lotta tra lachiesa militante ed i suoi nemici spirituali,mentre Boeckler [A. Boeckler, Die Bronzen-türen des Bonannus von Pisa und des Barisanusvon Bari, Berlin 1953] li chiama “Gladiato-ren”.

Lo stesso per Monreale. R. Salvini, in Ilchiostro di Monreale e la scultura romanica inSicilia [Palermo 1962], infatti scrive che (ilcapitello) presenta figure panneggiate digiovani duellanti (a quanto si può capire inqualche caso, perché la maggior parte dellefigure è acefala) con vecchi, il che potrebbeavere qualche significato allegorico, peresempio la battaglia tra la vecchia e lanuova fede, tra l’Antico ed il Nuovo Testa-mento.

Una diretta osservazione del capitello diMonreale rivela che la scena dei combat-

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tenti è scolpita da una parte e dall’altra. Daun lato i combattenti sono chiaramentegiovani, ed hanno a destra ed a sinistra duefigure acefale non identificabili. Dall’altrolato invece i due combattenti hanno labarba; anch’essi hanno a destra e a sinistradue figure acefale, ma qui siamo più fortu-nati: a destra si riesca a vedere che si trattadi un vecchio che si tira la barba (l’Ira, giàvista anche a Maniace); a sinistra invece lafigura, che sembra maschile (non ci sonotracce di capelli sulla schiena) tiene inmano un pomo (la Discordia?).

Anzitutto notiamo che la scena dei com-battenti segue, a Maniace, quella della cac-cia, e potrebbe essere allora significativo ilfatto che accanto ai combattenti delleporte di Barisano da Trani ci sono degli ar-cieri. Questi arcieri costituiscono anzi ilpendant fisso dei combattenti, essendo conessi nella zona inferiore delle porte, men-tre nella zona superiore ci sono raffigura-zioni di personaggi (Cristo, Santi).

Anche ad Otranto c’è qualcosa di simile:appena sopra i due combattenti, c’è ugual-mente un’arciere (anzi, una arciera, o me-glio un’Amazzone) che trafigge un cervo. Sitratta dunque, anche qui, di una scena dicaccia. Naturalmente ci si è sbizzarritianche in questo caso per dare una spiega-zione a questa Amazzone (che tale apparedallo squarcio del vestito, che le rivela ilseno destro). Willemsen l’ha associata aDiana, al pari di Gianfreda (che vi vede l’im-magine dell’idolatria che uccide il cervosimbolo di Cristo) mentre la Settis Frugoniha messo in relazione questa figura conAlessandro Magno (rappresentato nel mo-

saico nel suo volo verso il cielo), per viadelle sue avventure con le Amazzoni. Ma ilvolo di Alessandro non appartiene al ri-quadro dei combattenti e dell’Amazzone, ela relazione ci sembra allora incerta. Non èescludibile dunque che la raffigurazionedei combattenti con parma e mazza fossequasi sempre in rapporto con una scena dicaccia, anche se i combattenti costitui-scono un motivo iconografico fisso, quasiinvariabile, mentre la caccia era varia-mente intesa: nelle porte di Trani-Ravello-Monreale un arciere, a Otranto un’Amaz-zone che trafigge un cervo, a Maniace uncacciatore con corno.

I paralleli espressi vanno consideratisolo e semplicemente come spunti per ul-teriori indagini. Ci soffermiamo breve-mente, allora, solo sulla scena dei duecombattenti di Maniace, per ricordare an-cora che essa reca ai lati altre due figure. Emagari fossero interpretabili! Invece di re-care lumi altrove, sarebbe Maniace a darli!Ma purtroppo non c’è modo di definirle:abbiamo già detto che quella a sinistra po-trebbe essere una donna o un angelo [siveda in seguito la mia interpretazione at-tuale], mentre quella di destra potrebbe es-sere un pifferaio, un demone che si afferrala lingua, o altro [si già detto che G. Matini,nel corso della nostra ultima visita a Ma-niace, l’ha identificata con un seconda raf-figurazione dell’Ira, descritta come vecchioche si tira la barba]. Nel caso del demone,ci sono riscontri, e verrebbe automatico in-terpretare come angelo la prima figura. Sa-remmo allora davanti a due guerrieriincoraggiati uno da un angelo, e l’altro daldemonio: un contorno che ci conferme-

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rebbe che si tratti di una lotta tra Bene eMale.

Ma non dobbiamo dimenticare, tutta-via, la descrizione di Radice che vede nellafigura di sinistra un animale che assale unadonna.

Se è così (non possiamo certo escluderloperché quella che sembra un’ala potrebbeessere l’animale) vediamo che la scenadella caccia risulta allora intimamente col-legata a quella dei combattenti, tanto dacostituire con essa un’unità narrativa,come se le due scene facessero parte di unostesso racconto. La donna, assalita allespalle dall’animale inseguito dal cacciatore,e rivolta verso uno dei combattenti a cuitocca un braccio, sarebbe il trait-d’uniontra due rappresentazioni afferenti alla me-desima tematica.

Questa fluidità delle scene tradisce lapresenza di un vero a proprio racconto, etrova conferma nel capitello del chiostro diMonreale, dove si vedono i soliti due com-battenti, prima giovani e poi vecchi con labarba, con due figure laterali.

Non è nostra intenzione, per conclu-dere, dare un giudizio sull’estetica di que-ste raffigurazioni.

È da sottolineare almeno qualche parti-colare che sembra degno di nota nei rilievidel portale: il gesto naturale e sconsolatodi Eva, l’accurata esecuzione di alcuni par-ticolari come le piume dei galli antropoce-fali ed il vestito dell’arcangelo nella“cacciata”, la felice riuscita della scena del-l’offerta di Caino e Abele, difficile da ese-guire perché complicata dal problema dellacollocazione prospettica dell’ara, soprat-tutto la realizzazione della scena dell’ucci-

sione di Abele, purtroppo rovinata. Forse lafigura di Abele è la migliore di tutte, cosìchina nell’atto di soccombere con quellemani aperte in un gesto di accettazione edi sacrificio.

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Tale era, dunque, la situazione della miaanalisi pubblicata nel lontano 1984. Noncredo di dover modificare una sola paroladi quanto ho scritto sulla parte sinistra esulla prima parte di destra del portale diManiace. Credo invece che possano esserechiarite meglio le ultime figure: il caccia-tore che suona il corno, il cane, l’animaleche si attacca alla schiena di una donna, idue “combattenti”. Nel frattempo infattialcune cose mi si sono chiarite, sulla basedello studio di E. Cecchi Gattolin, conte-nuto in un libro di Roberto Salvini: studioche già allora conoscevo ed i cui risultatisono stati riportati nella terza “finestra”.

Da ciò risultava che i due combattentialtro non fossero che la raffigurazione sim-bolica della “Fortezza”, presente nel mo-saico pavimentale nella chiesa di SanSavino di Piacenza insieme alle simbologiedelle altre tre virtù Cardinali.

Sulla base della convincente interpreta-zione di E. Cecchi Gattolin a proposito diSan Savino ho creduto di dare una spiega-zione alle figure della zona a sinistra (inbasso) del grande albero riprodotto nel mo-saico pavimentale di Otranto, ove sono raf-figurati anche i nostri combattenti,pubblicando i risultati in un paio di articolie sintetizzando poi il tutto nel mio Mosaico(Roma 2006). Oltre ai combattenti, in quella

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zona sono raffigurati uno strano cavallo(ne parlerò poi), una scacchiera immedia-tamente rapportabile al giocatore di scac-chi di San Savino (la Prudenza), edun’Amazzone che uccide un cervo, già av-vicinata nell’articolo del 1984 ai due com-battenti ma solo perché intesa come scenadi caccia. Ora invece ho interpretato que-sta figura come la raffigurazione simbolicadella Temperanza: così come a San Savinoquesta virtù è simboleggiata dall’uomo cherifiuta di bere, a Otranto invece è rappre-sentata dall’Amazzone; come è noto, leAmazzoni rifiutavano ogni contatto ses-suale se non per procreare: ideale di tem-peranza per la Chiesa di allora e di oggi. Perquesto lo stesso Dante non le aveva certocondannate, ma nella Divina Commediaaveva posto la loro regina insieme ad illu-stri personaggi del passato.

Manca ad Otranto, è vero, la “Giustizia”,ma va detto che era già stata rappresentataaltrove, nello stesso mosaico, con la figuradi re Salomone. Che d’altronde le virtù fos-sero intese come quattro mi pare sia elo-quentemente comprensibile dalla testa dileone con quattro corpi, presente nellastessa zona del pavimento di Otranto.

In sintesi:

A Piacenza:PPrruuddeennzzaa: due giocatori che si sfidano

agli scacchiGGiiuussttiizziiaa: un re con la dicitura: rex justusFFoorrtteezzzzaa: i nostri due combattenti con

armi particolari (scudi tondi e mazza) TTeemmppeerraannzzaa: un tale che rifiuta un bic-

chiere (di vino o altra bevanda inebriante)

A Otranto:PPrruuddeennzzaa: una scacchieraGGiiuussttiizziiaa: (manca, forse perché era già

stato precedentemente raffigurato altroveil re Salomone)

FFoorrtteezzzzaa: i nostri due combattenti conarmi particolari (scudi tondi e mazza)

TTeemmppeerraannzzaa: un’Amazzone che trafiggeun cervo

Stabilito che i combattenti sono la “For-tezza”, resta da scoprire il significato diquella figura di donna che, a Maniace, haun animale appiccicato alla schiena. Comeprima ipotesi, che tuttavia non preferisco,la scena di Maniace potrebbe raffigurareuna donna onesta (vestita da capo a piedi)sotto attacco, cioè tentazione, di un essereimmondo, quale un maiale o un cinghiale(“Il cinghiale è la quintessenza della lussu-ria”, M. Chelli, Manuale dei simboli nell’arte. IlMedioevo, Roma 2004, p. 44; “Il maiale […]nel Medioevo diviene il simbolo della lus-suria e dell’avidità, e serve a rappresentareanche il peccato di gola”, Ib., p. 50. Cf. M Pa-stoureau, Medioevo simbolico, Bari 2007, p.63 sg.)

In tal caso si tratterebbe di una nuovarappresentazione della Temperanza, diffe-rente da altre sicuramente attestate.

Senza volere effettuare una completadisamina di tutti i modi in cui viene raffi-gurata la Temperanza, ne cito a caso alcuni:

1. Nell’Allegoria del Buon Governo di Am-brogio Lorenzetti (Siena, Palazzo Pubblico,Sala dei Nove, 1337-1340) la Temperanza èuna donna vestita e seduta, con in manouna clessidra.

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Il rapporto tra questa Virtù e il Tempo èpresente anche in una illustrazione del1450, dove in un paesaggio con monti ed al-beri e con quattro donne (2+2) ai lati in at-teggiamento di sorpresa, la Temperanzacompare in alto a destra, e scaturisce dauna specie di nuvole a mo’ di tendaggio,nell’atto (così la dicitura) di “aggiustare unorologio” a pendolo che sorge al centro,sopra un pilastrino. L’interno dell’orologioè del tutto visibile, con la mano della donnache interviene su un meccanismo dentato(New Catholic Enciclopedia XIII, p. 285 sg.,1967).

La ragione del rapporto Temperanza-Tempo non è per me direttamente perce-pibile. Forse contiene il suggerimento dinon intraprendere azioni se non dopo lun-ghe e meditate considerazioni.

2. Nel pulpito di Giovanni Pisano di Pisa(Duomo. 1302-1310), accanto alla Fortezza(donna vestita su un leone, altro simbolo diquesta virtù), la Temperanza è una donnanuda che si copre secondo il motivo clas-sico della Venere pudica. Indossa solo unindumento intimo ed è ben pettinata. L’attosembra indicare il rifiuto del sesso (forsedurante un episodio di violenza?).

3. “È rappresentata da una figura fem-minile intenta a versare il liquido conte-nuto in una brocca in un’altra brocca,oppure con una torcia e una brocca, per al-ludere alla moderazione delle passioni. Piùraramente è rappresentata da una figurafemminile che tiene una spada saldamentelegata da nodi”. Così il Chelli (cit., p. 153).

La spada legata sembra alludere alla

moderazione della violenza. In quanto altravaso di acqua da brocca a brocca, va ri-cordato il quattordicesimo arcano mag-giore dei tarocchi, dove compare laTemperanza, di cui sono state date sva-riante interpretazioni (J. Chevalier – A.Gheerbrant, Dizionario dei simboli, II Milano1986, s.v.). “Rappresenta una donna dai ca-pelli azzurri, vestita con una lunga gonnamezza azzurra e mezza rossa, […] Tienenella mano sinistra un vaso azzurro e neversa il liquido bianco nel vaso rosso sotto-stante che è tenuto dalla mano destra”.(ib.). Gli autori si sbilanciano in una inter-pretazione forse un po’ fantasiosa (“Si sa-rebbe tentati di vedere in questo gestoun’allusione alla distillazione, alla purifi-cazione, alla evoluzione della materia [inquesto rimandando a G. van Rijnberk, LeTarot, Lione 1947, p. 214] poiché questalama è generalmente considerata il sim-bolo dell’alchimia […] È l’ingresso dello spi-rito nella materia, il simbolo di tutte letrasmutazioni […] La Temperanza si con-tenta di travasare, da un recipiente all’al-tro, un liquido increspato che resta lostesso, senza che mai se ne perda una goc-cia. Soltanto l’involucro esterno, il vaso,cambia di forma e di colore. Non è forse […]il simbolo del dogma della Reincarnazioneo della trasmigrazione delle anime?” E viadi questo passo).

Simili interpretazioni, anch’esse al-quanto fantasiose, sono per esempio anchein Cirlot (J.-E. Cirlot, Dizionario dei simboli,Milano 2002, 478): “Arcano XIV dei taroc-chi, mostra l’immagine di un essere alatocon una tunica rossa e un manto verde az-zurro, che travasa l’acqua da una brocca

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d’argento in una d’oro […] Il suo gesto sim-boleggia la trasformazione dell’acqua (quici si riferisce all’acqua dell’“oceano supe-riore” o fluido vitale), il passaggio dall’or-dine lunare (argento) a quello solare (oro)cioè dal mondo delle forme mutanti e delsentimento a quello delle forme fisse edella ragione”.

Che la raffigurazione della Temperanzacome donna che versa acqua da una broccasia nota, è certo, ma credo che ci sia stato,con l’andare del tempo, un chiaro frain-tendimento. Nel mosaico del XIII secolo inSan Marco a Venezia, infatti, la Tempe-ranza è raffigurata come una donna cheversa acqua da una bottiglia su di un fuocoche scaturisce da una grande coppa tenutanell’altra mano. È evidente il simbolismo:qui la donna “versa acqua sul fuoco”, cioèspegne l’ardore delle passioni, che indu-cono l’uomo ad essere intemperante. An-cora nel 1511, in una incisione di Luca daLeyda (ved. in Enciclopedia dei simboli, Gar-zanti 1991, p. 590), la Temperanza (ritrattanuda come peraltro anche le altre virtù)versa con la destra, da una brocca sottile,un filo d’acqua sopra un piattino che tienecon la sinistra e da cui esce del fuoco. D’al-tronde abbiamo visto sopra (Chelli) che laTemperanza è raffigurata “con una torciae una brocca”.

È possibile dunque che la figura dei ta-rocchi, descritta sopra mezza azzurra (l’ac-qua) e mezza rossa (il fuoco), in origineversasse l’acqua sul fuoco, ricordato dallabrocca rossa o dorata.

Non vedo però come si sia pensato allaTemperanza nel caso del Concerto campestre

di Tiziano (1510 circa. Museo del Louvre,Parigi). La fanciulla nuda alla sinistra delquadro (allegoria dell’Acqua?) sembra sìversare acqua da una brocca, ma in realtàl’attinge da un pozzo, e sarà anche vero cheil sonatore di liuto vestito di rosso rappre-senti il Fuoco, ma costui si rivolge all’Ariaed alla Terra, mentre alla donna con labrocca volge le spalle.

Fermo restando che leggo dell’esistenzadi altre raffigurazioni allegoriche dellaTemperanza (es. cammello, elefante, mu-lino a vento in Enciclopedia dei simboli, cit.,589b), resta il fatto che la donna assalita dalsuino sarebbe pur sempre un unicum. Nonpensiamo abbia nulla a che fare, per esem-pio, con la donna nuda assalita da un caneritratta da Sandro Botticelli (Nastagio degliOnesti nella pineta, 1482-1483, Museo delPrado, Madrid; cf. la novella nel Decameronedi Boccaccio ed il romanzo rinascimentaledi Francesco Colonna, Hipnerotomachia), nécon l’enigmatica figura di un uomo ab-bracciato da dietro da un suino che portaun copricapo da madre badessa, ritratto daHieronymus Bosch (Trittico del Giardino delleDelizie, 1503-1504, Museo del Prado, Ma-drid).

Un quadro un po’ più vicino alla figuradi Maniace è una tavola d’altare del Sas-setta (1437-1444), attualmente nella Villa“i Tatti” di Firenze. Raffigura una belladama sdraiata e vestitissima che si specchiae si appoggia col gomito destro sul dorso diun maiale, o forse di un cinghiale visto cheè completamente nero. Sulla destra invecec’è un leone. Secondo L. Impelluso (DieNatur und Ihre Symbole, Bildlexikon KunstBand 7) l’animale è il simbolo della lussu-

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ria che viene sconfitta dalla castità. Se l’in-terpretazione è giusta, di conseguenza illeone potrebbe rappresentare la Fortezza,di cui è simbolo (si veda anche oltre). Maanche in questo caso l’accostamento sem-bra alquanto forzato.

Dunque la figura di una donna che portaappiccicato al dorso un animale, non sem-bra dover essere avvicinata alla Tempe-ranza.

Vorrei ora proporre una nuova inter-pretazione di questa figura.

Partendo sempre da Otranto, vediamoche nella parte dedicata alle virtù Cardinali(in cui compaiono il quadruplo leone, lascacchiera [Prudenza], i combattenti [For-tezza] e l’Amazzone [Temperanza]) è rap-presentata la figura di un cavallo. Si trattadi un cavallo rampante, con una strana cri-niera a balze, purtroppo rovinato nellaparte anteriore, con la scomparsa di partedel muso e di una zampa.

Che ci sta a fare un cavallo tra le virtùCardinali? Non può esserci che fantasiosaipotetica risposta. Ma alla luce di un raf-fronto la spiegazione può forse scaturire.Osservando infatti il pavimento mosaicatodella chiesa medioevale di Santa Maria delPatir, in Calabria, vediamo, in tondi sepa-rati, delle figure: un leone, un uomo-ca-vallo che suona il corno, un unicorno.Questo unicorno ha la stessa postura (ram-pante) e lo stesso disegno della criniera diquello raffigurato a Otranto.

Non è certo bizzarro allora immaginareche il cavallo di Otranto fosse in realtà ununicorno, dato che la parte anteriore delmuso è scomparsa. Se così, ed è molto pro-

babile che sia così, va da sé che va riversatoin quella parte dedicata alle virtù Cardinalianche il significato simbolico dell’uni-corno.

Sul significato simbolico-religioso del-l’unicorno traggo da Andrea Braghin (Sal-vami dalle corna degli unicorni, Pomezia 1998,6-7), che scrive: “Sovente l’unicorno vienerappresentato sotto forma di cervo biancoartiodattilo avente una folta e lucente cri-niera di cavallo mossa dal vento, una codadi cinghiale e un lungo corno a spirale sullafronte. La fonte più antica ed attendibile incui si fa riferimento all’animale favoloso ri-sale al 400 a.C. circa. Lo scritto in questionefu redatto da un medico greco di nome Cte-sia che per primo tentò di definire l’originedella leggenda. Ctesia scrisse di un animaleallo stato brado con un corno a spirale sullatesta di circa 40 centimetri a tre colori:bianco, nero e porpora all’estremità, a cuisi attribuivano proprietà taumaturgiche”.L’Autore, dopo aver ricordato che anche ilcorno del rinoceronte aveva notevoli pro-prietà, prosegue: “Il primo ad attribuirgli ilnome di Unicorno fu Plinio il Vecchio”.Nella sua Naturalis Historia l’Autore latinoha descritto l’Unicorno “attribuendogli ilcorpo di un cavallo, la testa di cervo, lezampe di elefante, la coda di cinghiale, ilcorno nero e il muggito greve”.

“Il Fisiologo, una compilazione protocri-stiana del IV secolo – dice poi L’Autore – ag-giunse un elemento determinante,affermando che l’unicorno poteva esserecatturato solo per mezzo di una vergine, ri-ferendosi con questo all’incarnazione delFiglio di Dio. Il testo precisa che si trattava

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di un piccolo animale, simile ad un cavalloselvaggio, che i cacciatori, però, non riu-scivano a catturare facilmente. Isidoro diSiviglia divulgò la descrizione del Fisiologonelle sue Etimologie rendendola popolare.Questa tesi fu definitivamente confermatada Onorio di Autun nel XII secolo”.

Non mi pare difficile riconoscere nel-l’unicorno, a questo punto, il simbolo della“Castità” (Cirlot, cit., 507: “L’Unicorno sim-boleggia la Castità”) virtù particolarmentevicina alle Cardinali, in particolare alla For-tezza (ci vuole forza per restare puri) e allaTemperanza (che regola l’uso della castità).Forse non è un caso che a Otranto il ca-vallo-unicorno sia accanto ai combattenti(Fortezza) e immediatamente sotto l’Amaz-zone (Temperanza).

Nella già citata Enciclopedia dei Simboli (apag. 566 sg.) alcune raffigurazioni illu-strano la scena dell’unicorno che si rifugiapresso una fanciulla: una miniatura del sec.XIV da un trattato di botanica di Paltearius,una miniatura di Francesco di Giorgio, undisegno per stemma araldico del XVII se-colo. Nel già citato lavoro di Pastoureau(pag. 90), una scena del XIII secolo mostrala fanciulla vergine nuda, intanto che unsoldato infilza l’unicorno. Altre raffigura-zioni della scena della fanciulla vergine ac-canto all’unicorno sono negli arazzi delMusée des Thermes di Parigi, e costitui-scono l’oggetto dello studio, già citato, delBraghin. La fanciulla, sempre sontuosa-mente vestita, è qui raffigurata con dueanimali a lato: un leone (che sarebbe il sim-bolo della Fortezza) e, appunto, un uni-corno.

Va detto che talvolta la vergine che

viene usata per catturare l’unicorno vieneintesa come la Vergine Maria, con una sim-bologia che investe Gesù Cristo. Nellastessa Enciclopedia (pag. 565 sg.) si leggeanche: “L’angelo annunciatore Gabriele èoccasionalmente rappresentato come uncacciatore che spinge il ‘prezioso unicorno’verso la Vergine con l’aiuto di cani da cac-cia, che si chiamano ‘fede, amore e spe-ranza’ oppure che prendono il nome dallevirtù cardinali: prudenza, fortezza, giusti-zia e temperanza”. Ecco che le virtù Cardi-nali tornano in ballo accanto all’unicorno.

Una raffigurazione della Vergine Mariacon l’unicorno è nel pannello centrale, tar-dogotico, dell’“Altare dell’unicorno” dellacattedrale di Erfurt. È stata recentementeriprodotta alla fig. 11 del libro di C. Augias– M. Tannini, Inchiesta su Maria (Milano2013). Vi si vede chiaramente Gabriele investe di cacciatore (suona il corno) con duecani.

Alla luce di quanto ho riportato, non misembra fuor di luogo identificare l’enigma-tica figura femminile di Maniace, abbrac-ciata da retro da un animale, e cheappoggia la mano sulla spalla di uno deicombattenti che rappresentano la For-tezza, come la fanciulla vergine in cui si ri-fugia, questa volta da dietro, un unicorno,inseguito dal cacciatore che suona il corno,ed il cane. La presenza dell’unicorno tra levirtù Cardinali di Otranto, il pendant con laFortezza negli arazzi di Parigi, il significatosimbolico della Castità così attinente allaFortezza ed alla Temperanza, infine il pa-rallelo con le numerose figure della ver-gine/Vergine presso cui si rifugia

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l’unicorno inseguito dai cacciatori, indu-cono a supporre che anche la figura di Ma-niace si riferisca alla medesima scena: ilcacciatore che suona il corno, il cane, l’uni-corno (la cui testa è praticamente scom-parsa) che si rifugia presso la vergine.

Non sarebbe fuor di luogo pensare, al-lora, che la Castità, raffigurata dalla fan-ciulla con l’unicorno, è a Maniace in strettarelazione/contrasto con la Lussuria, di cuisi è già detto a proposito del peccato deiprogenitori e delle sue conseguenze, se-condo questa sequenza di immagini:

Vizi vari.Vizio particolare: la Lussuria, che apre

alle vicende della Genesi, che sarannochiuse con l’Ira.

Conseguenza della Lussuria: cacciata dalParadiso Terrestre.

Conseguenze della cacciata: i Progeni-tori condannati al lavoro.

Proseguimento: offerta di Abele e Caino.Il delitto di Caino.Il cacciatore, la vergine e l’unicorno: il

contraltare della Lussuria: la CCaassttiittàà..I combattenti: la Fortezza, supporto alla

Castità.La causa del delitto di Caino: l’Ira (il vec-

chio che si tira la barba).

A proposito del n° 2, va da sé che l’in-terpretazione dell’albero “della cono-scenza del Bene e del Male”, direttamentederivato dalla concezione mesopotamicadegli alberi divini, era l’albero il cui frutto,se mangiato, dava la proprietà dell’onni-scienza, ed in questo senso va decisamenteinterpretato l’atto peccaminoso dei Proge-

nitori. Tuttavia il racconto, come sap-piamo, si è colorato di sensualità e di lus-suria quando il Cristianesimo ha predicatola mortificazione della carne, sicché da uncerto momento in poi l’interpretazione(falsa) dell’episodio come atto di lussuria èstata del tutto preponderante (ved. A.Gerbi, Il peccato di Adamo ed Eva, Milano2011).

Passando al n° 7, non posso esimermidall’osservare che a Maniace l’animale inquestione è tozzo, tanto da far pensare a unmaiale o un cinghiale, quando invece ce loaspetteremmo agile come un cavallo o uncapride. Penso, tuttavia, alla confusioneche è stata fatta tra unicorno e monoce-ronte, a tradire la derivazione dell’uni-corno dal rinoceronte indiano. D’altrondela sua forma e le sue dimensioni varianomoltissimo (Pastoureau, cit., 88;: “Tutti nefanno una creatura ibrida che prende inprestito le varie parti del corpo di altri ani-mali”. Cirlot, cit., 508: “Jung […] sostieneche non ha una connotazione precisa, maassume vari aspetti, perché con l’unicornosi identifica qualunque animale”). È da con-siderare poi una certa analogia con l’ele-fante, cui peraltro risulta altrove acerrimonemico: In Enciclopedia dei simboli, cit., 567, aproposito dell’unicorno si ricorda che lastessa leggenda è riferita all’elefante, cat-turato perché si era rifugiato presso duevergini nel bosco.

C’è inoltre un altro quesito: come puòsimboleggiare la Castità un animale che,nella maggior parte delle sue immagini, halo zoccolo fesso e la barba caprina? Altroveinfatti (ved, p. es. in La facciata della Chiesa di

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Borgo ed un suo rilievo simbolico, “AureaParma” 68/2-3, 1984) ho scritto come lapenso: la somiglianza di attributi con quellidel demonio ha fatto diventare “demoniaci”gli animali con queste caratteristiche.

In realtà credo ci sia stata, sulla figuradell’unicorno, una evidente dicotomia: dauna parte l’accostamento della figura dellavergine con quella di Maria Vergine hafatto sì che lo si identificasse con Gesù Cri-sto, ma dall’altra il leggendario animale ètutt’altro (Pastoureau, cit., 91: “Per diversiautori del XIII secolo, quali Pierre de Beau-vais, Guillaume le Clerc o Brunetto Latini,l’unicorno è una bestia molto crudele, unafigura diabolica «così terribile e malvagiache può essere catturata solo con l’odoredella verginità; cioè quello della virtù, delbene e delle opere pie»”). Ne risulta che la

vera simbologia della Castità è costituitadalla fanciulla vergine, e che l’unicorno neha assunto il significato solo per deriva-zione.

Un’ultima considerazione, questa voltasui combattenti. Se essi rappresentano unadelle virtù Cardinali, come mai li troviamoisolati nelle porte di Barisano? Credo che larisposta possa venire dal fatto che essi raf-figurano la Fortezza, spesso evidenziatanella figura del leone. Devono dunque raf-figurare la Fortezza anche i due leoni chenell’arte romanica stanno ai lati delleporte, spesso a sorreggere il protiro, quasisempre a straziare esseri malvagi. Se è laforza che deve proteggere l’ingresso deltempio, oltre ai leoni possono servireanche i combattenti ritratti nelle porte che,come i leoni, la simboleggiano.

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Foto 1: Portale romanico della chiesa di Maniace.

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Foto 2: Lato destro del portale: lussuria, scene da Genesi, scena problematica.

Foto 3: Scena problematica (liocorno), la fortezza e l’ira.

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