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ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITA’ DI BOLOGNA ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITA’ DI BOLOGNA FACOLTA’ di LINGUE e LETTERATURE STRANIERE Corso di studio in Lingue e Letterature Straniere La Creazione dell'Uomo nel Popol Vuh Prova finale in: Letterature Ispano-americane Relatore: Presentata da: Prof. Giovanni Gentile Marchetti CAMILLA PARUOLO Correlatore: Prof. Marcos Rico Domínguez Sessione: III Anno accademico: 2011 / 2012 1

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Questa tesi parte dalla lettura e dallo studio del Popol Vuh, il libro sacro dei Maya, il quale narra le origini del mondo e dell'uomo. Scriverla è stato per me incredibilmente divertente ed appassionante, e la mia speranza è che lo sia anche per chi la leggerà!Buon viaggio nella visione del mondo maya!Enjoy your trip into the Mayan world view!¡¡Disfruten de este viaje en la cosmovisión maya!!

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Page 1: TESi di Laurea sulla creazione dell'uomo secondo i Maya.  [Tesis sobre la creación del hombre según los Mayas.  Dissertation about the Mayan concept of the creation of mankink.]

ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITA’ DI BOLOGNAALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITA’ DI BOLOGNA

FACOLTA’ di LINGUE e LETTERATURE STRANIERE

Corso di studio in Lingue e Letterature Straniere

La Creazione dell'Uomo nel Popol Vuh

Prova finale in:Letterature Ispano-americane

Relatore: Presentata da:

Prof. Giovanni Gentile Marchetti CAMILLA PARUOLO

Correlatore:

Prof. Marcos Rico Domínguez

Sessione: III

Anno accademico: 2011 / 2012

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Page 2: TESi di Laurea sulla creazione dell'uomo secondo i Maya.  [Tesis sobre la creación del hombre según los Mayas.  Dissertation about the Mayan concept of the creation of mankink.]

Ai due Astri che mi hanno dato la vita, Giuseppe e Giovanna, che con l'esempio di

Famiglia che hanno Creato mi hanno insegnato come «changes can come from the power of many,

but only when the many come together to form that which is invincible.. the Power of One»!

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Indice Pagina

Ringraziamenti 4

1. Introduzione: 5

2- il Mito: cosa sono e come ci dobbiamo rapportare ai miti?

2.A : Definizioni del termine Mito nel corso della storia. 72.B : Definizione “personale” del mito. 82.C : Come rapportarsi ai miti? 92.D : Rapporto mito-storia. 92.E : Miti simili o ricorrenti. 10

3- Tratti principali della cultura maya.

3.A : Quando e dove sorse la civiltà Maya. 123.B : Religione-mentalità maya. 133.C : Dualismo cielo-terra. 143.D : Chilam-Balam. 153.E : La (intrigante) concezione del tempo. 163.F : Il Calendario. 173.G : Dualismo giorno/notte. 183.H : Astronomia e architettura. 193.I : Scrittura. 203.L : Matematica. 203.M : Il Mais, sostanza con cui venne creato l'uomo nella quarta Creazione. 21

4- POPOL VUH, il libro sacro che mette la parola all'origine del mondo. 224.A : Struttura del Popol Vuh. 234.B : La creazione primaria. 244.C : Prima creazione. 254.D : Seconda creazione. 254.E : Terza creazione. 264.F : Il mito dei sette-Ahpu. 274.G : Fecondazione di Ixquic. 284.H : La storia dei gemelli, o “LOS MAGOS”. 30

4.H.1 : I due gemelli vengono “convocati” dai signori di Xibalba. 314.H.2 : I gemelli si avviano verso il loro destino. 324.H.3 : Il piano ideato da Ixbalamqué, rimasta/o momentaneamente sola/o. 324.H.4 : Il sacrificio dei gemelli e la loro rinascita. 334.H.5: I gemelli tornano al cospetto dei Camé per terminare il loro mandato. 344.H.6 : I gemelli si convertono in Sole e Luna. 35

4.I : Quarta Creazione. 354.I.1 : I primi 4 uomini, uomini-perfetti. 364.I.2 : Ciclo rimasto aperto? 37

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5. Simbologia del Popol Vuh e approfondimenti.

5.A : l'Universo maya. 375.B : l'Albero. 385.C : la PAROLA. 395.D : Cicliche RINASCITE. 405.E : Divinità Creatrici. 425.F : Rogo/ ciclo della FENICE. 435.G : UOMO: MAIS/PIANTE = fecondità umana : fertilità della terra. 44

5.G.1 : l'Acqua. 465.H : Il juego de la pelota, o Tlachtli. 465.I : Missione dei gemelli. 475.L : Numerazione. 485.M : Ixbalamqué era maschio o femmina? 495.N : Animali messaggeri per i Gemelli. 505.O : Norme di condotta. 515.P : Altri Codici. 51

5.P.1: Opera di distruzione dei libri maya per mano degli Spagnoli. 515.P.2 : I manoscritti. 525.P.3: Libro dei Libros de Chilam Balam. 53

6. Perché l'uomo è stato creato e Comentario- Conclusioni.

6.A : tema cruciale: PERCHE' l'UOMO è STATO CREATO? 546.B : Conclusioni- Comentario. 55

Bibliografia 59

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Ringraziamenti

Questo lavoro è stato concepito e portato a termine grazie a un'appassionante esperienzadi studio e di ricerca, il cui input mi è stato dato dal professor Giovanni Gentile Marchetti, acui sono molto riconoscente. Un ringraziamento speciale va anche al correlatore di questatesi, il prof. Marcos Rico Domínguez, per le parole di incoraggiamento e sostegno che,forse anche inconsapevolmente, mi ha dato. Il grazie più spassionato va alla mia famiglia: a mamma Giovanna e papà Giuseppe, chemi hanno cresciuta e istruita con valori che reputo molto importanti e che costituiscono unabase solidissima da cui partire alla ricerca di confronti e consolidamenti, e che mi hannomostrato il terreno più sicuro da cui spiccare il volo; alle mie sorelle Sara e Veronica e amio fratello Pietro, per avermi sopportato e supportato (!) nelle mie scelte, negli imprevistie soprattutto in questo ultimo periodo di esami e tesi; infine a tutta la grande famigliaallargata, perché non mi hanno mai fatto mancare parole e sorrisi di comprensione econforto. Un ringraziamento particolare anche a Francesco, perché ha saputo trasmettermiquell'entusiasmo per la ricerca della verità che ora conservo tra i valori più preziosi e chespero di non abbandonare mai, e a Federica, che mi trasmette telepaticamente e in direttale sensazioni che quelle magnifiche terre mesoamericane provocano tutt'ora!E a tutti i miei amici, che anche se non lo sanno, continuano a riempirmi di forza e dienergie positive ogni giorno, ad ogni sguardo, abbraccio, risata e scambio di idee.Vorrei inoltre esprimere la mia gratitudine anche alla musica in generale, e a quella dialcuni amici in particolare, perché mi è stata di enorme aiuto in alcuni momenti di difficileconcentrazione. Vi ringrazio di cuore, p'iar 2!

1 Nota alla DEDICA _ Film: La Forza del Singolo; è un film drammatico del 1992 basato sulla novella di Bryce Courtenay del 1989 che porta lo stesso nome. - I cambiamenti possono venire dal potere di molti, MA solo quando i tanti si uniscono per formare ciò che è invincibile..la potenza dell'Uno/la Forza del singolo.

2 «P'iar», in lingua Maya-Chorti, significa familiare, amico, compagno e collaboratore, si applica altresì ai membri del clan. ( Raphael Girard, La Bibbia Maya. Il Popol Vuh: storia culturale di un popolo, p. 267.)

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1. INTRODUZIONE

“HAY QUE CONOCER DE DONDE VENIMOS. POR QUE' ESTAMOS AQUí ”!

Stiamo vivendo anni molto importanti, anni di grandi e rapidi cambiamenti, anni che

saranno impressi nei libri di storia delle generazioni future; e chissà in che termini!

Nel momento in cui più si parla della fine del mondo “profetizzata”, secondo alcuni, per il

21 dicembre 2012 dai Maya, mi è stato consigliato di studiare ed approfondire questo

meraviglioso popolo partendo però dal punto di vista opposto, ovvero quello dell' inizio del

mondo, ed in particolare dell'uomo.

Questo mi ha permesso di avventurarmi nella cultura di una civiltà che ha origini

antichissime e che si rivela ogni giorno più interessante, ad ogni scoperta o ipotesi

avanzate dagli studiosi della materia; e di iniziare avventurandomi nella lettura di un libro

di capitale importanza per la conoscenza della religione, la mitologia, l'emigrazione e la

storia dei Maya-Quiché, i cui discendenti vivono tuttora sugli altipiani del Guatemala.

Il Popol Vuh, ovvero “Libro del Consiglio”.

La versione del testo qui utilizzata è quella dello scrittore messicano Ermilo Abreu Gómez,

che aggiunge al titolo originale le parole “Antiguas leyendas del Quiché”. Trattandosi di

'leggende', nel secondo paragrafo (il prossimo) ho voluto creare una sorta di breve linea di

pensiero sulle diverse concezioni e definizioni di ciò che viene chiamato Mito.

Sarà poi necessario, al fine di comprendere il più possibile i vari concetti che vengono

espressi in questi miti aborigeni, compiere una piccola esplorazione di quello che è la

cultura maya, così profondamente radicata in ogni individuo ed espressa in ogni atto del

quotidiano, in ogni rito e cerimonia. Questo è il tema del terzo paragrafo.

Il quarto presenta una mia personale sintesi dei racconti del Popol Vuh, in cui ho cercato

di concentrare l'attenzione sulle quattro cicliche creazioni dell'uomo e sul mito dei due Eroi

gemelli Hunahpu e Ixbalamqué, antenati divini che hanno permesso che avvenisse l'ultima

creazione, quella (forse attuale) del Vero Uomo maya-quiché.

Della simbologia che percorre questo testo e che si collega a quella degli altri (pochi!) libri

maya che sono scampati alla distruzione da parte dei Conquistadores verranno analizzati,

nel paragrafo quinto, gli elementi che ho ritenuto più importanti e inerenti al tema centrale.

Infine, dopo aver viaggiato attraverso le quattro creazioni alla ricerca del cammino

evolutivo che hanno fatto i nostri antepasados e che, sui loro passi e con i loro

insegnamenti, possiamo percorrere anche noi, il paragrafo sesto sarà dedicato alle

conclusioni a cui sono giunta indagando sia il perché della/e creazione/i sia il motivo che

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sta alla base della curiosità che provoca in me il mistero delle mie e delle nostre origini,

che è poi direttamente collegato alla ricerca di una verità che sembra difficile da

raggiungere, ma che non per questo deve essere abbandonata. Teniamo a mente che «la

verità è grande e potente», come dicono gli antichi testi, e che «non è mai stata infranta

dai tempi di Osiride» 3; e vedrete che un giorno la scopriremo, pura e incontaminata come

dovrebbe riuscire a mantenersi sempre.

Per quanto riguarda i termini in lingua maya che incontrerete nella lettura di questo saggio,

sappiate che ho fatto riferimento al dizionario K'iché – English di Allen J. Christenson della

Brigham Young University oltre che, ovviamente, al Popol Vuh di Abreu Gómez.

Per la corretta pronuncia delle lettere, preoccupatevi di ricordare il suono ch (da

pronunciare tch), la h che va calcata similmente alla j spagnola o al tedesco ch (come nel

nome proprio di “Bach”); poi la z che ha lo stesso suono della s di “serpente”, la x dei

dizionari maya che si legge come la ch francese o sh inglese, e da ultimo la v e la u che si

pronunciano come la w della parola inglese “wind”.

Prima di inoltrarci nei vari paragrafi, vi lascio riassunto in poche parole quello che

rappresenta la Cultura del popolo Maya. Una delle immagini che viene utilizzata come

compendio di questa religione è il triangolo equilatero 4: ogni lato rappresenta un

orientamento intellettuale distinto e complementare agli altri due. Uno dei lati costituisce

l'orientamento cosmologico e politico, un altro equivale a quello sociale che si traduce

nell'onnipresente culto degli avi, mentre il terzo lato corrisponde all'orientamento

soteriologico5 dove si indagano le caratteristiche dell'Altro mondo.

-Ma' a pa'atik u beeta'al tech ba'ax ku páajtal a beetik! 6, ovvero “no esperes a que te

hagan lo que tú puedes hacer”.

Siamo pronti, allora, per incamminarci in una ricerca personale delle nostre origini e per

lasciarci affascinare dal pensiero Maya, una delle più grandi civiltà che il mondo abbia

conosciuto, che racconta la sua visione della nascita del mondo e dell'Uomo?

3 Papiro Prisse, risalente alla dodicesima dinastia egizia e ottenuto dal francese Émile Prisse d'Avennes nel 1856, ora è conservato a Parigi. Nei testi egizi risulta evidente che maat significa “right, true, truth, real, genuine, upright, just, unalterable,etc”. Nel papiro qui citato vi è scritto: “Great is maat, the mighty and unalterable, and it hath neverbeen broken since the time of Osiris” (dio egiziano degli inferi e della fertilità); e tra le massime di Ptahhetep (la cuitomba è a Saqqara) ci viene consigliato di “MAKE MAAT, OR RIGHT AND TRUTH, TO GERMINATE”.

4 Miguel Rivera Dorado, “Diez rasgos en el Mayab y en Egipto” Revista Española de Antropología Americana, p. 8.5 Per soteriologia si intende una teologia della salvezza dell'uomo mediante la ricerca di senso nella vita: spiegazione

del mondo, della vita e del destino dell'uomo, il quale racchiude, soprattutto, l'idea della continuità dell'essere dopo la morte – idea della resurrezione, rigenerazione o del rinnovo della vita una volta scomparso l' involucro corporale.

6 http://www.indemaya.gob.mx/cultura-maya/literatura-maya.php/refranes-mayas.html .

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2- il Mito : cosa sono e come ci dobbiamo rapportare ai miti?

«Il mito è un testo sacro; riferisce un avvenimento che

ha avuto luogo nel tempo primordiale, il tempo favoloso

delle origini [...] È dunque sempre il racconto di una

"creazione": si narra come qualcosa è stato prodotto,

come ha cominciato a essere.» - Mircea Eliade 7

Per poter affrontare al meglio l'argomento di questo saggio, è importante ridefinire l'originedi un concetto chiave quale il Mito, e che rivediamo alcune delle tante definizioni che diquesto sono state date nel corso dei secoli.

Questo permetterà ad ognuno di poter scegliere come affrontare la lettura dei prossimicapitoli, a seconda del punto di vista che più gli sembrerà appropriato.

E allora, avanti, cosa si intende per Mito? E come ci dobbiamo rapportare a ciò chechiamiamo testi e credenze mitiche?

2.A – Definizioni del termine Mito nel corso della storia :

Il termine Mito deriva del greco mythos, 'parola, racconto'.

Il significato che assume in Omero è quello di «parola, discorso», ma anche di «progetto,macchinazione»; mentre secondo il filologo tedesco W.F.Otto (1951) avrebbeoriginariamente indicato «la parola nel senso antico, che non distingue tra parola ed essere».

In età classica, Platone lo definì come «racconto intorno a dèi, esseri divini, eroi e discesenell'aldilà» (Repubblica 392a); e nel pensiero filosofico, in quanto discorso che nonrichiede o non prevede dimostrazione, mythos venne contrapposto a lògos, nel suo sensodi 'argomentazione razionale'.

Una tesi un po' diversa, che prevedeva che il mito celasse, esprimendole in formaallegorica, profonde verità e insegnamenti morali, arrivò con il neoplatonismo, e ancora latroviamo in Bacone, nel De sapientia veterum (1609).

Contro di essa, invece, si espresse G.B.Vico 8, che affermava che il mito non ha«sapienze riposte» da rivelare, ma esprime la genuina concezione del mondo che èpropria dell'umanità primitiva. Secondo questo filosofo italiano da cui nacque la modernascienza del mito, va, dunque, considerato come un insieme di materiali storici,antropologici e sociologici e valutato secondo l'evoluzione della mente e delle societàumane.

Più tardi, tra fine Ottocento e inizio Novecento, il mito venne assunto o come narrazione estruttura religiosa fondamentale, o come «forma di pensiero»- creazione ideale, distintadal pensiero logico o scientifico.

7 Mircea Eliade, Aspects du Mythe .8 Giambattista Vico, Scienza Nuova, 1725 .

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Freud, poi, studiando il mito da un nuovo punto di vista, si riferisce ad esso come a unamanifestazione corale dello spirito umano, che rivela e, al tempo stesso, nasconde alcune

tendenze inconsce dell'uomo.

Dal versante antropologico, Malinowski 9, tratta il mito come una storia narrata per stabilireuna credenza, per servire da precedente in una cerimonia o in un rituale, o per agire damodello di condotta religiosa o morale.

Questa minima 'rassegna storica' ci dà una prima idea di quante numerose ediverse accezioni ha potuto assumere la parola «mito» ai nostri giorni, soprattutto data laquantità di studiosi che si sono interessati, e che sempre più si stanno appassionando, aquesto tema.

Darne una definizione univoca, di conseguenza, risulta piuttosto difficile.

Ma se per un primo momento pensiamo ad analizzarlo da un punto di vista il più oggettivoe generale possibile, potremmo considerare il mito come una “narrazione investita disacralità” relativa alle gesta di déi ed eroi protagonisti delle origini del mondo, o allemodalità con cui il mondo stesso e tutte le creature hanno raggiunto la forma attuale in undeterminato contesto socio-culturale o popolo.

Nel classificarlo come “narrazione sacra”, si intende considerarlo come verità di fede, e gliviene, così, attribuito un significato religioso o spirituale.

Questo, ovviamente, non implica né che la narrazione sia vera..né che sia falsa!

2. B – Definizione “personale” del mito:

A questo punto proviamo ad interrogarci su quello che ognuno di noi intende per mito,perché vi assicuro che a seconda della mentalità, o del grado di conoscenza che ci si èfatti del contorno/cultura, o dell' “apertura mentale” (passatemelo!) di ognuno, viapproccerete ai racconti mitologici in maniere totalmente differenti; e, aggiungerei, vi sipotrebbero aprire livelli di consapevolezza inaspettati!

Se pensiamo a quali sono i due pensieri più estremi a cui si potrebbe arrivare,sicuramente quello realizzato dal solo emisfero sinistro del nostro cervello, ovvero quellopiù razionale, analitico e logico-lineare, corrisponderebbe al vedere il mito come unbisogno di spiegare la realtà e di risolvere quelle che consideriamo contraddizioni dellanatura; come spiegazione di un rito; come struttura delle credenze di un gruppo.

All'estremo opposto, il solo lato destro del cervello, quello che “gestisce” gli aspetti intuitivi,creativi e non razionali della vita, potrebbe arrivare a sostenere che il mito è la più riccafonte di informazioni della storia umana, che può essere considerato un racconto sacroche svela dei misteri e che dà la risposta a molti interrogativi degli uomini, su come sononati l'universo e l'uomo, su come hanno avuto origine gli astri e la terra, le piante e glianimali e che spiega come si sono formate le società civili con l'aiuto degli eroi; o che,addirittura, «nel mito e non nella storia c'è scritto tutto»10.

Ora, io credo che, come in ogni aspetto della vita, ci voglia un buon equilibrio, sia tra i due9 Branislaw Malinowski, “Il mito come sviluppo drammatico del dogma” , Sesso, cultura e mito , 1962.10 Corrado Malanga, Genesi .

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emisferi del cervello (!) sia nell'occhio critico con cui si legge un racconto mitico.

2. C – Come rapportarsi ai miti?:

La risposta giusta alla domanda sul come ci dobbiamo rapportare ad un mito è, sì,assolutamente personale, ma quello che consiglio io è che vada comunque ricercata conuna buona predisposizione all'ascolto/lettura e con un buon bilanciamento di occhio criticoe di 'possibilità di credere'.

Davanti a un mito siamo come un bambino quando fa domande la cui risposta supera lasua capacità di comprensione. O come un bambino che ascolta una qualsiasi favola,ognuna delle quali racchiude in sé vari concetti e messaggi, come può essere la storia diBiancaneve (che non cito casualmente, ma che ritroveremo più avanti!).Ascoltando ripetutamente la fiaba e coinvolgendosi emotivamente, il bambino capisceinnanzitutto il significato più generale della storia, e con l' andare del tempo, arriva acomprendere anche le accezioni più nascoste.

Si tratta delle famose “chiavi di lettura” di cui mi parlava la professoressa di italiano alliceo, possibili e numerose chiavi di accesso a qualsiasi tipo di narrazione, che dipendonodall'età, dalle esperienze, dalle conoscenze e dal momento della vita in cui si affronta unalettura o un ascolto.

Così come per le fiabe, i MITI vengono utilizzati per comunicare messaggi necessari e didifficile comprensione razionale; sono racconti il cui fine ultimo è quello di permettereall'ascoltatore di arrivare direttamente al significato profondo della cosa in forma inconscia.

Molti, ed è quello a cui credo di essere giunta anch'io, vedono nel mito un contenuto diconoscenza che va oltre la forma d'espressione del mito stesso.Vi invito a pensare, d'ora in avanti, di provare a considerare il mito come mezzo perarrivare a una conoscenza superiore di voi stessi e della realtà.

2. D – Rapporto mito-storia:

É facile che, fin da più piccoli, molti di noi abbiano iniziato a sospettare che la Storia che ciinsegnavano a scuola non era “il vero e preciso racconto della sequenza degli eventipassati”, ma che anzi, una definizione come «a fable agreed upon» (“una favolaconcordata”) 11 sarebbe più intellettualmente convincente .

Pensiamoci bene: per leggere la storia scritta, ci deve essere stato qualcuno che ha presola penna in mano ed effettivamente questa storia l'ha scritta; cosìcché mi pare correttotenere sempre in conto che il risultato è comunque stato filtrato dal punto di vista dellapersona o della gente che l'ha redatta.

E consideriamo che nella maggior parte dei casi erano i vincitori delle guerre chescrivevano i libri di storia, e che quindi, molto probabilmente, essi si portano dentro unetnocentrismo che potrebbe risultare un' insinuazione dannosa per praticamente tutti igruppi eccetto quello dello storico.

11 Robert D. Duce, “The Popol Vuh and Book Chain Kin”, Estudios de Cultura Maya.

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Focalizziamoci, allora, più strettamente su quello che riguarda il popolo maya-quiché e il Popol Vuh, libro su cui si basa questa indagine, scritto da padre Ximénèz, e chepossiamo considerare il documento, contenente il mito della creazione, comune delleculture Maya e Quiché fino al momento della loro separazione, racchiusa nello stesso.

È a questo frate domenicano Ximénèz che dobbiamo il merito di aver scoperto unmanoscritto in lingua quiché che risultò poi essere un libro sacro per i maya; il Popol Vuh,appunto. Interpretando il sentimento del popolo Quiché, questo frate intitolò la suaversione spagnola: «Storia dell'origine degli indiani di questa provincia del Guatemala», ilche mostra come questo popolo conferiva un valore storiografico a questo suo libro.Possiamo quindi dire, prendendo in prestito le parole di Girard, che “i Maya-quichédefiniscono la loro concezione di Storia là dove dichiarano che i loro racconti mitici sono altempo stesso delle narrazioni storiche, un mito-storia quindi, un mito elevato a rango di storia” 12.

Ora, può sorgere una doverosa domanda: se il Popol Vuh è stato scritto da un fratedomenicano, siamo certi che rispetti una traduzione il più possibile letterale dei testiindiani? Presenta solo elementi originali, puri del pensiero maya?

Alcuni studiosi non danno credibilità a questo 'Libro della Comunità' perché dicono che hauna forte influenza cristiana; grazie agli studi comparati, però, vi sono sempre nuovielementi che dimostrano che la cultura Maya aveva già conoscenza di questa storia primadell'arrivo dei Conquistadores, come ad esempio il ritrovamento di un fregio che raffiguraIxbalamqué e Hunahpu, i due eroi-gemelli protagonisti della seconda parte del Popol Vuh,“nuotando tra mostri celesti dopo aver recuperato la testa del padre, decapitato dai signorigovernatori dell'inframondo”. Con questo rinvenimento, sostiene l'archeologo statunitenseHansen, «si conferma che Ixbalamqué e Hunahpu esistevano già 300 anni prima diCristo, con cui si conferma l'originalità della creazione divina nella civilizzazione maya» 13.

Anche se è vero che ci sono riferimenti al Cristianesimo nel testo, questi non sembranoessere molti, indi per cui viene ora generalmente visto come uno dei racconti esistenti piùpuri della cosmovisione preispanica. E il fatto che contenga elementi non di originepreistorica, come santi cattolici o avvenimenti storici relativamente recenti “non è indice diuna tradizione mitica decadente o morente, ma forse la prova della sopravvivenza di unafiorente tradizione orale, in grado di adeguarsi ai cambiamenti in continua evoluzione” 14.

2. E – Miti simili o ricorrenti:

Così come questo libro getta luce sulla mitologia dei Maya-quiché, viene da pensare cheun grande aiuto nel capire e completare parte dei testi (spesso laconici) nel periodo deicontatti con gli Spagnoli può arrivare dai miti contemporanei. Quelli di popoli maya come iKechi e i Mopan, ma anche dei Mixe, dei Popoluca e dei Totonachi, che presentanospesso episodi e motivi collegati al Popol Vuh, e che quindi confermano questa ipotesi.

12 Raphael Girard, La Bibbia Maya. Il Popol Vuh: storia culturale di un popolo, p. 10 .13 EFE News Service, “Descubren friso que representa a heroes del Popol Vuh, el libro sagrado maya”, p.1, traduzione

personale. 14 Karl Taube, Miti aztechi e maya, p.123

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Naturalmente, i miti non rimangono mai congelati in modelli invariabili di parole ed eventi,e non lo rimasero né dopo l'arrivo di Colombo, né prima; possono variare nel corso dellastoria, alcune parti possono essere dimenticate e altre aggiunte dalla fantasia delnarratore o può succedere che più miti vadano a fondersi in un unico racconto; quel cheimporta è che alcune situazioni, alcuni personaggi, alcuni eventi spesso rimangonocostanti.

Sono molti i miti che si assomigliano, pur provenendo da popoli vissuti in epoche diverse ein luoghi molto lontani; alcuni miti americani narrano storie in cui, anche se con nomi eparticolari diversi, l'intreccio delle storie e il significato che trasmettono rimane uguale aquelle dei miti dell'Asia o dell'Africa o dell'Europa.

Un esempio di mito che sicuramente conosciamo tutti e che ritroviamo nella cultura dimoltissime civiltà ci è dato dal mito del diluvio universale, presente in ben 64 letterature dipopoli diversi! 15

Ma ve ne sono molti altri che si ripetono e

assomigliano, e che ci invitano a riflettere.

Davanti a questa affinità tra miti, dobbiamo

riattivare entrambi gli emisferi del nostro

cervello e scegliere di nuovo quale strada “del nostro ipotetico bivio” più ci si addice:

potremmo spiegarla con il fatto che alcune intuizioni e alcune esperienze sono così

comuni fra gli uomini che essi, pur non conoscendosi, le esprimono con le stesse

immagini e le stesse idee; oppure potremmo pensare che molti miti risalgono ad un

avvenimento storico, che venivano raccontati da chi viaggiava e si spostava da un paese

all'altro, e che poi venivano tramandati di luogo in luogo assumendo forme diverse. E, di

nuovo, a voi la scelta!

Ricapitolando le idee, quello che ho cercato di esplorare e farvi esplorare è il

significato del mito, un racconto sacro che ha la capacità di far arrivare l'ascoltatore al

mondo dei princìpi attraverso la parola e il coinvolgimento emotivo. Il chiarimento di ciò

che risulterà contraddittorio e una corretta disposizione degli avvenimenti nella luce giusta

(senza rinnegare l'essenza del mito), sarà poi compito della razionalità.

Quello che sto cercando di dire è che non dovete accettare passivamente il mio punto di

vista, né quello di nessun altro; spero vi siate fatti la Vostra idea di Mito, così che

possiamo inoltrarci nella lettura di questo Popol Vuh consapevoli del fatto che, come ogni

leggenda, è un mondo da leggere, su cui pensare, e vedere poi se per noi è possibile.

Se qualcosa non sembrerà vero, allora naturalmente non accettatelo.

15 Troviamo una rappresentazione del diluvio a pagina 74 del Codice di Dresda. La figura riporta il particolare di un vaso maya tardo-classico; probabilmente una rappresentazione classica del caimano del diluvio, che ricorda la fascia superiore della p. 74 del Codice di Dresda. Karl Taube, Maya Aztechi e Maya, p. 115.

12

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3- Tratti principali della Cultura Maya

“Per interpretare questo materiale mitico, che è al tempo stesso molto vecchio eperennemente giovane, è indispensabile immedesimarsi nel modo di pensare, di sentire edi esprimersi propri dell'indigeno e di esplorare gli strati più profondi del suo pensiero, diconoscere i suoi processi mentali, le sue idee religiose; in una parola, la condizione realedella sua spiritualità” 16. Non potevano esserci parole migliori per sintetizzare ed esprimere il prossimo passo chedobbiamo fare nello sviluppo del tema centrale di questo studio e per avere una base diconoscenze comuni che ci permetteranno di entrare più a fondo nel mondo del Popol Vuh.Per farlo, proviamo ad azzerare qualunque pre-giudizio o pre-concetto, per cercare diliberare la mente e riuscire infine a leggere queste antiche leggende attraverso gli occhi diun ipotetico osservatore maya, magari abitante del Guatemala, molto tempo primadell'arrivo degli Spagnoli.

3.A : Quando e dove sorse la civiltà Maya:

Chi erano, quindi, questi Maya? O Maya-Quiché? E dove vivevano? Da dove venivano?Inizio con l'introdurre qualche data, in maniera da avere una linea su cui muoverci, lineache non potrà essere data per certa, in quanto non vi è una corrispondenza esatta tra leteorie dei vari autori presi in esame: dalle mie ricerche, molti esperti concordano nelconsiderare il 2° millennio a.C. come fase “pre-classica” di quella che potremmo chiamare«proto-comunità maya»17; la seguepoi, tra il 200 d.C. e il 900 d.C., unafase “classica”, quella ritenuta dimassimo splendore. Verso la fine diquesta fase, il regno dei Maya siestendeva dalla costa pacifica alGolfo del Messico e ai Caraibi.

Finché poi, dicono gli studiosi,sparirono abbandonando molte dellecittà intatte, città che furono poiinghiottite dalla giungla. Girard , percitarne uno, ci dà come indicazionel'anno 830 d.C. per questo abbandono delle città; e ci dice che attorno agli anni “949/1000d.C fino al 1350”18 arrivarono i Toltechi19 ad occupare le zone che erano state maya (epoca

16 Raphael Girard, La Bibbia Maya. Il Popol Vuh: storia culturale di un popolo, p. 10 .17 Girard ammette che “sembra probabile che l'inizio dell'Era storica dei Maya-Quiché risalga a circa 52 secoli fa,

epoca contemporanea all'inizio delle dinastie reali egiziane e anteriore al regno di Hammurabi, alla fondazione di Babilonia e a quella di Ninive”. E, aggiunge, “non sembra azzardato pensare che l'inizio della preistoria maya-quiché risalga più o meno a 15o20 millenni fa, epoca che, allo stato attuale delle nostre conoscenze, coincide con quella del popolamento del continente ad opera dei primi emigranti asiatici”. Op. cit., p.306 .

18 Op. cit. .19 Toltechi equivale a Quiché. «Tolteca», infatti, è il nome che i cronisti applicano alla cultura quiché, ovvero alle

grandi culture di tipo monumentale che, provenienti dal Guatemala, fioriscono nell'Anahuac fino al crollo di Tulàn

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che viene chiamata Maya-Tolteca, o Maya-Quiché). Il periodo che va dal 900 al 1250 d.C. è quello che Taube riporta come “primo periodopostclassico”; ed è l'epoca a cui risale Tula, nel Messico centrale, città nota oggi come laleggendaria Tollan, la capitale dei Toltechi governata da Topiltzin Quetzalcoatl, l'quivalenteumano del grande dio Quetzalcoatl. Il periodo successivo viene classificato come “tardo postclassico”, tra il 1250 e il 1521d.C., e corrisponde alle culture incontrate dagli Spagnoli nel XVI secolo. Sento, a questo punto, il bisogno di spezzare una piccola lancia a favore delle popolazioniMaya odierne: navigando fra i vari siti internet, mi sono imbattuta in un commento, scrittodal loro punto di vista, a proposito dell'abbandono delle città. Nel dire che la civiltà Mayasparì, quello che forse non ci rendiamo conto è che non stiamo facendo “only aninaccuracy”, quanto piuttosto “a great disservice” a quelle più di 6 milioni di persone che sisentono e definiscono Maya e che vivono oggi in Guatemala, Messico e Belize. Ilcommento continua, e afferma che “mentre le città-stato delle pianure del periodo classicopossono essere state abbandonate nel decimo secolo, il popolo Maya non sparì più diquanto non lo fecero gli Italiani quando cadde l'Impero Romano” 20.

3.B : Religione-mentalità maya:

Detto questo, che non mi sentivo di tralasciare, iniziamo una breve analisi di quelle chesono le caratteristiche e i tratti principali della mentalità e della cultura Maya. Parto coltracciare le virtù fondamentali a cui ogni maya-quiché doveva aspirare: come vedremo nelPopol Vuh, menzogna, tradimento e perfidia vengono castigati, e vengono invece esaltatequalità come il dominio di sé, il pacifismo, l'umiltà, la giustizia sociale, l'altruismo all'internodella comunità, l'amore per il lavoro e per la verità (quest'ultima era realmente radicatanell'animo dell'indiano, anche da come leggiamo in Todorov, che efficacemente ci portadritti al punto con un esempio preso da Zurita, vedi nota 21), il rispetto del diritto degli altrie, soprattutto, il sentimento di gratitudine nei confronti degli déi e degli uomini. È quindi doveroso dire che i Maya-Quiché, al pari di egizi, greci, romani, cinesi,giapponesi e altri popoli, si considerano diretti discendenti degli déi . Primo su tutto, i Maya credevano nell'esistenza di un unico Dio, vivo e vero, ritenuto il piùgrande degli Déi, colui che aveva creato tutte le cose, “nuestro creador, cuidador de nuestra

alma, el que al recibirnos no recibe sino lo que él mismo crea, el que tiene al cielo trás de él” 22. Lo chiamavano Hunab Ku, dicevano che ogni cosa viene da lui, e che non ha volto; dal momento che è incorporeo, dunque, non è possibile riprodurre alcuna immagine per

e che sono opera dei gruppi etnici imparentati per cultura e lingua ai Maya. Questa cultura si estese poco a poco sulla zona centrale del Messico, pur frazionandosi con il passar del tempo in culture locali o regionali, parallelamente al processo di differenziazione linguistica del gruppo originale.

20 http://www.criscenzo.com/jaguarsun/mayanow.html , traduzione personale.21 «Nessuno osava spergiurare, temendo che gli dèi nel nome dei quali giurava lo punissero con una grave infermità.

(…) I genitori mettevano severamente in guardia i figli contro la menzogna, e un padre puniva il figlio che aveva commesso tale mancanza pungendogli le labbra con una spina di maguey. Di conseguenza i ragazzi crescevano con l'abitudine di dire la verità. Quando viene chiesto ai vecchi indiani perchè il loro popolo oggi dice tante bugie, essi rispondono che ciò dipende dal fatto che il falso non è punito. (..) Gli indiani dicono che hanno imparato a mentire dagli spagnoli», Tzvetan Todorov, La conquista dell'America. Il problema dell'«altro», p.110. 22 Palabras de Chilam Balam, Ah Kin, cantore in Cabalchén Maní , nel testo a cura di Silvia Rendon e Alfredo Barrera

Vazquez, El libro de los libros de Chilam Balam, p. 95.

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adorarlo 23. Egli rappresenta l' Unità da cui veniamo e la Totalità di cui tutti facciamo partee a cui tendiamo. A parer mio, è questo un concetto comune a molti, se non a tutti, i culti.Se provassimo ad andare a fondo nella conoscenza di tutte le religioni e culture delpianeta, sono pronta a scommettere che in moltissime ci imbatteremmo in questa Unità-Totalità, questa entità suprema, eterna, che in qualche modo ha dovuto dare inizio a ciòche oggi è intorno a noi; e immagino che inizialmente si sia scomposta in un duale(vedremo come il dualismo costituisce in effetti un tema predominante per Maya, Egizi,...),poi in quattro, poi in otto e così via, fino a moltiplicarsi in ogni cosa del creato, di cui quinditutti facciamo parte. Qualunque sia il nome che vogliamo attribuirgli, siamo tutti parte diHunab Ku, di questa Coscienza universale che ha organizzato la materia in stelle, pianetie sistemi solari, di questa energia intelligente che pervade l'universo. 3.C : Dualismo cielo-terra:

Dopo l'avvio dato al mondo da Hunab Ku, questa única-deidad considerata comemassima divinità del pantheon maya, il Popol Vuh si fa espressione della convinzionedella venuta di un susseguirsi di ben quattro genesi dell'uomo, avvenute secondo unaciclicità temporale che procede per gradi successivi di evoluzione. Ognuno di questi livellicomporta la distruzione di quelli precedenti/inferiori, fino a tornare al punto di inizio..da cuipoi si riparte! Ci troviamo, a questo punto, di fronte a una concezione di eterna rinascita, diquel dualismo universale , fondamento del pensiero maya, che era espressione dell'unitàdel tutto, da cui discendeva e in cui finiva per riunirsi ciclo dopo ciclo; Hunab Ku, in dueparole.

Legato ai numerosi e contorti modi di porre la questione della resurrezione edell'immortalità dell'anima, vi è il dualismo cielo-terra. Simbolo di questo binomio, innanzitutto, è l'Uccello-Serpente (personificato inQuetzalcoatl, dio creatore della mitologia messicana), che sintetizza appunto la forza ototalità cosmica: il primo, l'uccello da preda, rappresenta il dio del Cielo, mentre il«Serpente» (chij chan) è un animale terrestre; la loro associazione esprimel'accoppiamento cielo-terra da cui nasce l'umanità maya-quiché. Il pueblo Chorti, popolazione maya contemporanea con cui familiarizzò durante un periododi residenza l'americanista esploratore e antropologo Rapahel Girard, ripete ancora oggiquesto accoppiamento cosmico, questo matrimonio del diodel cielo e della dea terrestre nell'introduzione del grande“Palo di Volteggio” (un albero che tagliano dalla foresta nellaprima fase del rito) in una grande buca, durante la cerimoniache da questo palo prende il nome. La stessa grande unioneviene rappresentata, nella figura accanto24, con un simbolo-chiave, l'albero della vita25, piantato in un vaso, che è invece«simbolo della fertilità inesausta ed espressione della teofania albero-cosmo-divinità,

23 Come confermano le parole di Fray Diego Lopez de Cogolludo, Historia de Yucatán .24 Figura 23, Versioni dell'albero della vita nei codici maya e messicani, Raphael Girard, Op. cit., p.105.25 Per Corrado Malanga, “Genesi”, l'albero della vita eterna è il DNA.

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fonte di rigenerazione senza fine» 26. L'albero è certamente un'immagine comune amolte religioni; lo troveremo nel Popol Vuh, dove la Céiba rappresenta l'albero dell'origineche collega la terra e il cielo, punto in cui germoglia 27; lo troviamo tra gli Egizi e nellaBibbia, e un altro esempio ci arriva dai Mixtecas, popolo preispanico, che secondo ilvescovo Nuñez de la Vega (1702) credevano che il primo popolo provenisse da un albero,e più precisamente “dalle radici di quella Seiba (..) e in una coperta molto antica l'hannodipinta” 28. L'albero dunque, è quell'elemento che, prendendo nutrimento dalle proprieradici e lanciando forte in aria i suoi rami, collega la terra al cielo. Relazionato a questo, c'è il concetto della corda che congiunge il cielo alla terra, e che èveicolo degli déi e dell'essenza divina, e da cui discendono anche le generazioni umane. Questo concetto di dualismo lo potrete ritrovare in tutta la mitologia maya (e non solomaya!), dai dipinti o incisioni sui vasi di ceramica alle opere di archeoastronomia.

3.D : Chilam-Balam :

Non sorprende, allora, che l'anima del popolo maya era il sacerdote-indovino chilan , datoche era considerato il legame tra la terra e il cielo. Era un “intermediario con ilsovrannaturale”, veniva chiamato anche Chilam Balam, indovino-giaguaro, o interpreter ininglese (interprete degli déi), e aveva il compito di mantenere i rapporti tra la cittadella e ilcielo per assicurare la sussistenza dei vivi e la perpetuazione della razza 29. Era colui chepossedeva la chiave della rinascita, e la sua missione più importante era quella di fungereda guida dei defunti, esattamente come il lama tibetano. Secondo quanto riferito daArnold, il Chilam-balam, durante il suo trance 30, seguiva il destino del defunto, lo guidava,cercava di istruirlo e di servirgli come interprete. Era lui il vero protettore del mondo deimorti e quindi anche del mondo dei vivi. Non possiamo non ri-notare la somiglianza con il lama del Bardo Thodol tibetano, equindi con la concezione buddista secondo cui l'umanità è coinvolta in un ciclo quasisenza fine di vita-morte-rinascita. Come per il buddista (e per il cristiano), per il Maya ènecessario integrare il feto con un'anima, affinché questo viva. E ancora, come il buddista,il Maya è convinto che quest'anima sia la psiche di un defunto che vuole rinascere. La differenza sta nel fatto che mentre per il buddista la reincarnazione è una sorta diripiego da cui bisogna cercare di liberarsi, il Maya, convinto che la vita terrena sia positiva ,incita questo desiderio di rinascita del defunto, lo accompagna attraverso le metamorfosidell'«anima» e lo aiuta nel trovare una “matrice”, ovvero il ventre di una donna gestante. La fede in questo ritorno ciclico dei trapassati ( 31 ) era, per Paul Arnold, il perno delpensiero maya. Questo autore decifrò il manoscritto che è ora conservato a Parigi, unmanuale che, secondo la decrittazione dell'autore, descrive la storia dei defunti tra le due

26 Raphael Girard, La Bibbia Maya. Il Popol Vuh: storia culturale di un popolo, p. 315.27 Paul Arnold, Op. cit., p.61 : “Per i Maya il centro, che è l'ombelico del mondo e per il quale passa l'asse

dell'universo, è verde come l'albero dell'origine, la céiba”. 28 John Eric Sidney, Comentario al Codice de Dresde, p. 9. Dove sarà finita questa coperta? 29 Paul Arnold, Libro dei Morti Maya, p.72 .30 Trance: stati nei quali si pensava di entrare in comunione con la psiche del morto, influenzarlo, animarlo e

riportarlo sulle vie terrene.31 Paul Arnold, Il libro dei morti maya, p. 16 .

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rinascite (da qui, il titolo). Essendo la specie condannata a sparire in caso di mancatereincarnazioni, l'universo dei maya poggiava sull' «interdipendenza dei vivi e dei morti». Il Maya non si lamenta minimamente del destino dell'uomo, anzi, lo trovastraordinario! Teme, piuttosto, il soggiorno nel Limbo, nel mondo dell'inframezzo. È qui cheentra in gioco il chilan, che in collaborazione con il Moan – uccello mitico a cui vieneattribuito un ruolo di conduttore, e «creatore prometeo di luce e di vita» 32-, dovrà guidareil defunto, e la sua anima, verso la matrice della rinascita. Il chilam-balam, interprete degli déi e depositario del sapere sociale, si trovava a decideredelle sorti di ogni individuo. Non sorprende, infatti, che le profezie di alcuni sacerdoti sianosopravvissute fino ad oggi come i beni più preziosi, nonostante l'imposizione delcristianesimo. Grazie ad alcuni passaggi del Chilam Balam de Tizimín e di Maní (raccolte di profeziedi cui darò più informazioni più avanti), sappiamo che «il chilán entrava in una piccola stanza,

presumibilmente in un tempio, a prendere la profezia (del katun). Restava con la bocca in terra

senza muoversi, e la sua voce era spenta – sospetto che si trovasse in un trance allucinatorio –

per ascoltare la profezia comunicata da una figura di duende 33, chiamato Max, scimmia-ragno,

termine che per estensione includeva i duendes. Dopodiché, il chilán usciva a comunicare la

profezia agli altri sacerdoti» 34.E' importante notare come questa convinzione si rifletta nel linguaggio, dove «profezia» e«legge» sono un'unica parola. Una delle profezie più degne di nota fu quella del chilan Ah Xupan Nauat, che avrebbeprevisto “fin dall'XI secolo” che nell'anno 1527 sarebbe cominciata l'invasione delloYucatán, a quanto riporta Todorov 35.

3.E : La (intrigante) concezione del tempo:

Stiamo parlando di un popolo che non concepiva barriere tra il quotidiano e il sacro, trapassato e futuro (che appartengono allo stesso “libro”); di una società che grazie allasopravvivenza dei miti nei riti -e nelle danze, processioni simboliche, rappresentazioniteatrali,..- stabilisce una corrispondenza tra presente e futuro, tra la realtà esistente e ilmito. Vivere ed agire con le norme mitiche è un'ossessione costante per il Maya-Quiché,che tutt'ora vive in un'era mitologica, la quarta nella sua concezione ciclica, e che vale adire che vive in un tempo e in uno spazio sacri.A questo modo egli non conosce alcuna frattura rispetto al passato; esso non rappresentanulla di oscuro dal momento che i miti costituiscono la base della sua conoscienzaculturale. Egli concepisce il tempo come ciclico, opposto quindi alla concezione lineare delcalendario gregoriano, e supremo, nel suo modellare tutta la vita del cielo e della terra “inuna macchina ciclica che avrebbe girato per tutta l'eternità” 36.

32 Op. cit., p.47.33 Duende: spirito, elfo.34 John Eric Sidney, Comentario al Codice de Dresde, p. 100.35 Tzvetan Todorov, La conquista dell'America – Il problema dell'«altro», p. 91 .36 J. E. Sidney, Op. cit. , p. 120 .

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Fu così che vennero creati e distrutti i primi tre tentativi di umanità. Il passato, ogni volta,potrebbe sembrare tagliato fuori dal presente, ma la realtà è che non scompare, bensì sitrasforma per incorporarsi ad esso, dando così origine alla composizione di una sorta di«cordone sanitario rinforzato destinato a difendere il genere umano»37. Ogni periodo è, dunque, una creazione. E ogni Era è al tempo stesso unita e divisa dallealtre perché ognuna è parte fondamentale della stessa ed unica Totalità, divise al fine didistinguere le fasi del passato, “unite per conservare il legame causale che le collega alTutto”, a Hunab Ku. E ogni rinascita equivale a una nascita. Così che la morte non può che essere percepitacome abbandono di questo mondo per abitarne un altro; perché non è il punto finale delnostro destino terreno, non rappresenta la distruzione completa immediata, ma piuttostouna sorta di “scomparsa”, come indicato dal significato del nome Xibalba (il Limbo chetanto temono), 'Luogo della Dissolvenza, della Scomparsa'; un'interruzione nei ciclisuccessivi di vita-morte-vita. Poiché il tempo si ripete, la conoscenza del passato conduce a quella del futuro, omeglio, stiamo parlando della stessa cosa. Pertanto, quando gli avvenimenti vengonoriferiti al passato, come in una cronaca, o quando invece si riferiscono al futuro, sottoforma di profezie, stiamo sempre trattando della stessa cosa. Gran parte delle profezie maya, di conseguenza, corrisponde alla storia che si ripete. 38

Una (tardiva) iscrizione nel Libro de Chilam Balam cita: «Tredici ventine d'anni, epoi tutto ricomincerà daccapo» 39. Risulta evidente che per i Maya (e per gli aztechi) il ciclodomina rispetto alla linearità, e che quindi l'immagine, grafica e mentale, che hanno deltempo viene rappresentata da una ruota (opposta alla freccia, immagine occidentale deltempo, che segue una successione dall'infinito negativo all'infinito positivo).

3.F : il Calendario:

Su questa intima convinzione che il tempo si ripeta, iMaya fondarono (40) il loro calendario e lorappresentarono, infatti, disegnato su di una ruota. Il CALENDARIO, così come conosciuto oggi, fu redatto eperfezionato intorno al I secolo a.C., e veniva utilizzatocome lo strumento principale per accordare le azioni degliuomini o dei capi maya con gli eventi della storia e leazioni civilizzatrici degli déi in passato e la volontà deglistessi nel presente. La ruota calendarica è un ciclo di 52 anni (che possiamo

37 Raphael Girard, Op. cit. , p.301 .38 CURIOSITà! : “In un manoscritto andato perduto, Fuensalida dice «Oggi conservano le profezie (scritte nei loro

caratteri antichi)quelli che chiamano sacerdoti [Itzaes]in un libro, come di storia, che chiamano ANALTE. In questoconservano la memoria di quanto è loro successo da quando popolarono quelle terre». ” , J.E.Sidney, Op. cit. ,p. 22.

39 Tzvetan Todorov, Op. cit. , p.103 .40 Secondo Karl Taube, a introdurre nella regione i primi prototipi noti di calendari e scrittura non furono gli Olmechi

(che “diedero vita alla prima grande cultura della regione e sono forse il primo popolo per il quale si possa parlare di civiltà” - finì nel 400 a.C), bensì un'altra antica civiltà, quella degli Zapotechi degli altipiani di Oaxaca, che fece registrare i dati storici più significativi nel 600 a.C. - Miti aztechi e maya, p.12 .

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considerare come equivalente al nostro secolo) che combina l'anno solare,o Haab' , conl'anno sacro (o Tzolk'in). Il ciclo si suddivide in quattro parti uguali che corrispondono aiquattro settori dello spazio e alle quattro Ere (Soli) mitiche. Il suo punto di partenza è ildramma della quarta Creazione. Da qui, questi due calendari ciclici si fusero l'uno conl'altro come due meccanismi agganciati che, ruotando assieme, davano origine al grandeCerchio Sacro di 52 anni solari, considerato sacro da tutte le popolazioni delMesoamerica. Ad esso, quindi, riferivano avvenimenti sia passati sia futuri, come adesempio l'attesa messianica del ritorno di Quetzalcoatl- Gucumatz. L'anno sacro (o agricolo o religioso) si compone di 260 giorni: 20 nomi consecutivi digiorni vengono associati ai numeri da 1 a 13. Ad esempio, un giorno come l'Uno Caimanoè formato da due parti: il numero uno e il nome Caimano. Non si avevano ripetizioni digiorni finché non si erano esaurite tutte le 260 combinazioni di nomi e numeri. Da questocalendario prendevano spesso il nome individui, déi e perfino le epoche. L'anno solare41 (o anno vago), invece, si compone di 365 giorni, suddivisi in 18 mesidi 20 giorni, più un periodo finale di 5 giorni – i quali venivano considerati pericolosi, i piùtemibili dell'anno in quanto si commemorava il ritorno al caos primitivo, quelli di maggiordolore per la paura di morti inaspettate o di essere divorati dal giaguaro 42. Ogni anno vagoprende il nome di uno dei 260 giorni. A causa delle variazioni di questi due cicli, undeterminato anno solare non ricorreva prima del completamento di 52 anni solari. Vi è un terzo calendario, denominato Cuenta Larga (o Lungo Computo), basato suimovimenti del pianeta Venere. Basato su un sistema vigesimale (cioè sul numero 20),implica un calcolo costante di giorni a partire da un evento mitico fondamentale avvenutoin data 13.0.0.0.0 4 Ahau 8 Kumkú (importante scoperta fatta da Ernst Forstermann,bibliotecario capo della Reale Biblioteca Pubblica di Dresda e custode del Codice Maya diDresda) che equivarrebbe al 13 agosto 3114 a.C. (le ricerche di Forstermann permisero aJoseph Goodman e ad altri di risalire alla data base dell'attuale ciclo del Lungo conto). Per come viene utilizzato, il 4 Ahau 8 Kumkú serve più o meno come le nostre lettere“a.C.”, ossia per indicare una distanza anteriore al punto di partenza del conteggio attuale.Vi sono poi dei numeri posti in spirali di serpenti collocate verticalmente 43, che vannoavanti a partire da una data 9 Kan 12 Kayab, più di 34 mila anni prima della composizionedel Codice di Dresda. Tutta la filosofia maya del tempo è dunque una marcia progressivadal passato al futuro.Quello che ci dice Taube a proposito di questo è che “la formula del Grande calcolo aprì aiMaya la prospettiva dell'illimitato, creando in tal modo una nuova concezione della vita” 44.

3.G : Dualismo giorno/notte: Essi osservavano direttamente il cielo e utilizzavano il calendario per prevedere le eclissisolari(45) e quelle lunari, i cicli del pianeta Venere - l'oggetto celeste di maggior interesse

41 Siccome il Sole, secondo il mito maya, sorge solo nella Quarta Creazione, dobbiamo scartare la possibilità che sia esistito un calendario solare prima di questa epoca.

42 Silvia Rendon e Alfredo Barrera Vazquez (a cura di), Op. cit. , p.150 .43 J. Eric S. Thompson, Un comentario al Codice de Dresde, pp. 61-73.44 Karl Taube, Op. cit. , p.17 .45 Curiosità! : l'ultima eclissi solare del 1999 è avvenuta con 33 secondi di ritardo rispetto a quanto predetto dai

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per loro-, i movimenti delle costellazioni, etc che essi non ritenevano solo come semplici“movimenti meccanici di corpi celesti” 46, ma rappresentavano le azioni/gesta degli déi, leriproduzioni/ripetizioni degli avvenimenti mitici avvenuti nel tempo della creazione. Uno dei punti fondamentali del loro pensiero, difatti, è costituito dal contrasto tra il giorno e la notte . Innanzitutto è necessario sapere che essi fanno iniziare il giorno (o “sole”-entrambi chiamati k'in- che rappresenta l'unità o prototipo di realtà maya 47) quando il soleè allo zenit. La loro alba segna dunque il periodo diurno di stabilità e di ordinedell'esistenza quotidiana: il sole scalda la terra, dà vita alle piante, mostra la giustaposizione, relazione, proporzione e distanza tra tutte le cose, presiede sulla terra “e tutto èbene con il mondo”. Ecco che poi, quando è alto in cielo, “presta attenzione a unachiamata dell'Oltretomba” e inizia la sua discesa “per incontrare il suo Destino”. Arriva allora la notte, periodo durante il quale credono che i mortali possano comunicarecon il soprannaturale, in quanto corrisponde al tempo mitico in cui déi e demoni diventanoattivi. Durante i sogni, dicono, lo spirito degli uomini intraprende viaggi pericolosi perincontrare déi, avi e altri esseri soprannaturali. Guardando il cielo, la notte, potremmoscorgere gli episodi sacri della creazione che si ripetono continuamente nei movimenti deipianeti e delle costellazioni.Il contrasto tra queste caotiche e “pericolose” ore notturne e quelle chiare, ordinate orediurne non rappresenta però una semplice distinzione tra bene e male, ma si riallaccia aquel principio dualistico di cui parlavo prima e che è alla base di tutte le cose, consideratoin un rapporto di contrapposizione complementare: entrambi sono necessari all'esistenza.Esattamente come il sonno è la necessaria controparte rivitalizzante dell'attività diurna,così la notte e il tempo sacro infondono nuovo potere e forza alla realtà del giorno.

3.H : Astronomia e Architettura:

Insomma, l'osservazione e l'organizzazione dei processi naturali abbiamo vistogiocano un ruolo essenziale per il popolo maya. È nota, infatti, l'eccezionale precisionedelle loro conoscenze astronomiche, parimenti a tutti gli aspetti della tecnica agricola,dell'urbanesimo e dell'architettura, e della vita quotidiana. Sapevano, ad esempio, che il nostro Sistema Solare percorre un' ellisse che ha per centroil centro della galassia, e che per fare il giro dell'intera Galassia, impiega 25 625 anni,periodo di tempo che rappresenta un anno galattico. Questo significa che il sole e tutti isuoi pianeti si muovono in cicli in relazione con Hunab-Ku, la luce centrale della Galassia. I maya si preoccuparono molto di legare la religione, l'ASTRONOMIA e l'ARCHITETTURA.Traendo la conoscenza dal cielo e dalla terra, le città e i templi furono costruiti comestrumenti astronomici per unire l'uomo con lo spazio-tempo. Furono orientati conesattezza sbalorditiva secondo i punti cardinali o gli equinozi, legando in un perfetto

sacerdoti-astronomi maya.46 Karl Taube, Op. cit., p.19 .47 Robert D. Bruce, “The Popol Vuh and the Book of Chan Kin”, Estudios de Cultura Maya , p. 26 .

..per saperne di più: “Il cerchio solare è il formato base o modello a cui è soggetta tutta la cosmologia maya. È il modo base in cui il pensiero maya concepisce la realtà. Potremmo compararlo alla singola cellula di un organismo, dotato di un completo set di cromosomi capaci di determinare tutte le caratteristiche intrinseche dell'organismo completamente sviluppato.”

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dualismo il proprio ambiente cosmico (il cielo, il sole e le stelle, la luna e i pianeti, la ViaLattea..) con quello terreno (la loro terra, il re vivente e i suoi discendenti, i cicli dellestagioni, Xibalba - in molte lingue maya ci si riferisce alla Via Lattea come a Xibal Be, lavia di Xibalba-, ...). Se mi permettete un commento, dell'architettura maya potremmoaffermare quello che E. Drioton diceva di un edificio egizio: «Ahí reina la geometría comesoberana absoluta» 48. Per ciò che concerne l'astronomia, invece, solo teniamo a menteche era essenzialmente diversa da quello che oggi intendiamo noi, poiché il suo scopoprimordiale consisteva nell'interpretazione mitica dei poteri magici che governanol'universo.

3.I : Scrittura:

I loro progressi nei campi di astronomia, cronologia, scrittura e matematica fa dei Maya unpopolo estremamente interessante e curioso.Nel campo della SCRITTURA, stando a quanto riferitoci da Girard, raggiunsero il livello piùelevato del continente e “furono il solo popolo amerindio che riuscì a perfezionare unsistema di scrittura geroglifica” 49. Benché già nota ai Maya protoclassici, raggiunse un altolivello di complessità e importanza durante il successivo periodo classico (300-900 d.C.). Sempre simbolica e allusiva, sembra che sia servita, inizialmente, per i soli bisogni dellavita religiosa. O meglio, i primi autori coloniali son d'accordo sul dire che scrittura e letturaerano limitate ai sacerdoti-indovini e ad alcuni laici della nobiltà, vale a dire a coloro checustodivano i segreti dell'antichità.Di recente sono stati fatti grandi progressi nella decifrazione dei geroglifici maya. Siprospettano anni veramente interessanti per lo sviluppo dello studio di questa religione ecultura. Perché siamo certi che sapessero scrivere, e sappiamo che documentarono leloro mitologie con un'ampia varietà di mezzi, tra i quali ricordiamo i libri (di cui pare che nesiano rimasti solo quattro), i vasi dipinti, incisioni su legno e su osso, scritte su monumentidi pietra, accompagnate da immagini che ne illustravano episodi mitici e attributi di déiparticolari.

3.L : Matematica:

Per quanto riguarda la MATEMATICA, dobbiamo loro riconoscere di aver scoperto l'usodella posizione come mezzo per assegnare un valore relativo ai numeri e, importantissimi,il concetto e l'utilizzo dello zero, almeno 500 anni prima degli Arabi e 1000 prima cheniente di simile fosse conosciuto in Europa. Mentre il valore numerico di 1 è rappresentato da un punto e il 5 da una linea, lo zeroequivale ad una conchiglia di mare stilizzata (una spirale). La conchiglia, nelle culturemaya e messicana, è l'emblema della nascita, il punto di partenza della vita; e, in quantoanche simbolo di fertilità, è in rapporto con la dea luni-terrestre Ixquic, madre dei duegemelli Hunahpu e Ixbalamqué.Questo momento -il punto zero, iniziale- rappresenta il passaggio da una vita ad un'altra,

48 Miguel Rivera Dorado, “Diez rasgos en el Mayab y en Egipto” Revista Española de Antropología Americana, p.5 .

49 Raphael Girard, Op. cit. , p.302 .

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quello in cui una vita si conclude e l'altra ha inizio. Questo momento, che troveremoconcretizzato nel Popol Vuh nel dramma della decapitazione di Hunahpu e della suarinascita, è inoltre relazionato al ciclo della germinazione del mais, quando la semente sidisintegra ma il piccolo stelo di mais non è ancora venuto fuori: è il momento del nulla. Presentano, inoltre, un sistema di numerazione vigesimale, lo stesso che utilizza la naturaper la divisione della cellula; in armonia con l'universo, dunque!

3.M : Il Mais, sostanza con cui venne creato l'uomo nella quarta Creazione:

Un'altra caratteristica fondamentale del pensiero maya è dunque il loro rapportarequesta ciclica rinascita della natura, delle piante (e, soprattutto della pianta vitale pereccellenza, il mais!) con gli esseri umani «morti»: sono loro, i «morti» evocati dall'uomo,che causano la «rinascita» delle piante 50. La rigenerazione del morto e quella del maisprovengono, in sostanza, dalla stessa fonte di vitalità universale. Questo popoloconsiderava il MAIS come un dono gratuito degli déi agli uomini, e che coltivarlo era undovere sacro (lo rivedremo nell'analisi del Popol Vuh). Era rappresentato dalla giada(jade), un minerale prezioso dal colore verde. E addirittura, secondo quanto riportato sul“Libro del Consiglio”, il mais rappresentava la sostanza con cui fu creato l'essere umano 51! Parliamo infatti di un popolo che vive e dipende quasi esclusivamente dalla produzionedel mais (o granoturco), forza creatrice della sua civiltà, «vita stessa» per i Chorti. Èabbastanza ragionevole allora pensare che il miracolo della fertilizzazione diventi il centrodi interesse di tutta la vita, dell'arte e della religione maya-quiché. Ad ogni tappa di una vita che comincia, si ripete l'atto iniziale realizzato dagli déi – “o dailoro nahual, in illo tempore” 52- in cui l'uomo ( e lo approfondiremo) venne creato con mais impastato con sangue divino . Lo ritroviamo anche tra i Chorti, dove quando nasce unbambino, la levatrice taglia il cordone ombelicale su una spiga di mais bianco, affinché ilsangue si mescoli al mais.

Ovviamente, non potrà che essere relazionata con questa piantaanche la patria originale che le fonti maya e messicane riconosconocome unica, vale a dire Tamoanchan, paese di fertilità e di abbondanza,patria del mais e della cultura maya-quiché 53.E ancora, il nome generico che danno a loro stessi, sia i Maya sia iChorti, è Chan 54, nahual del/ o che deriva dal loro grande totem: ilSerpente55, appunto, questo antenato che diede il proprio sangue performare i veri uomini Maya e Quiché. Il sangue che scorre loro nelle vene, in quello di tutti,

50 Paul Arnold, Op. cit. , p.16 .51 CURIOSITA'! : “Seguendo i canoni dati in esempio dagli dèi del mais, il prete chorti si lascia crescere i capelli che

rappresentano le foglie, la barba e la piantina di mais. Non può tagliarsi i capelli né pettinare la sua testa irsuta e tanto meno grattarsi con le unghie poiché tale gesto inciterebbe -similia similibus- i roditri a piantare le loro unghie taglienti nel gambo del mais. Si può invece grattare la testa con un fuso di legno che è assimilato al trapiantatoio che serve per la semina” - Raphael Girard, Op. cit. , p.198 .

52 Raphael Girard, Op. cit. , p. 257 .53 Op. cit. , p. 255 .54 Chan: 'Serpente'.55 Figura 64, Op. cit., p. 258: Tratta dal codice di Dresda, rappresenta in modo eloquente la scena mitica dell'uccello

da preda che pianta i suoi artigli nel corpo di un serpente per estrarne il sangue destinato a dar corpo all'uomo.

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è lo stesso di questo antenato comune. E conservare la purezza di questo sangue divinodiventa dunque indispensabile al fine di garantire l'esistenza stessa della comunità.

Siete riusciti a calarvi nella complessa e intrigante mentalità dell'osservatore maya? Sonoriuscita a trasmettervi almeno un po' di quello che è il vero credo di questa civiltà antica,ma ancor viva; che sbocciò all'improvviso e in tutto il suo splendore; che ci ha rivelatotanto, ma che ha ancora da insegnarci (e scoprire) tanto tanto altro? Spero di sì, e diessere riuscita a riassumere e a farvi avere un'idea di alcuni dei concetti base del loropensiero che ci serviranno per addentrarci nella lettura e nell'analisi di uno dei libri piùimportanti del popolo maya-quiché giunto ai nostri giorni. Cos'altro aspettiamo?, ¡Vamos!

4- POPOL VUH, il libro sacro che mette la parola all'origine del mondo.

“Entonces no habìa ni gente, ni animales, ni àrboles, ni piedras, ni nada.

Todo era un erial desolado y sin lìmites. Encima de las llanuras el espacio

yacìa inmòvil; en tanto que, sobre el caos, descansaba la inmensidad del

mar. Nada estaba junto ni ocupado. Lo de abajo no tenìa semejanza con

lo de arriba. Ninguna cosa se veìa de pie. Sòlo se sentìa la tranquilidad

sorda de las aguas, las cuales parecìa que se despeñaban en el abismo.

En el silencio de las tinieblas vivìan los dioses que se dicen: Tepeu,

Gucumatz y Hurakàn, cuyo nombres guardan los secretos de la creaciòn,

de la existencia y de la muerte, de la tierra y de los seres que la habitan.”

(Popol Vuh, Antiguas Leyendas del Quiché 56)

Per la religione maya, le più importanti fonti coloniali mitologiche furono scritte dai Mayastessi. E fu così anche per il documento più importante che è giunto fino a noi: il PopolVuh, appunto.

Fu scritto tra il 1545 e il 1558 da un anonimo membro del lignaggio Cavek dei Maya-Quiché del Guatemala. Questo lignaggio era stata una “ruling house” 57(casa regnante)finché cadde per mano degli Spagnoli, nel 1524.

Gli ordini religiosi cominciarono, come mezzo di conversione, a trascrivere in alfabetolatino le lingue locali. È da questo periodo coloniale, infatti, che deriva la trascrizione diquasi tutti i nomi degli déi e dei luoghi sacri citati nel libro. Il sistema alfabetico latinoveniva spesso insegnato ai giovani delle élite locali, così che, non molto tempo dopo, lepopolazioni autoctone iniziarono a scrivere con la nuova ortografia le loro tradizioni.

Il Popol Vuh deriva probabilmente da un libro preispanico o da una serie di libri, integraticon le tradizioni orali quiché.

56 Ermilo Abreu Gómez, Popol-Vuh , Antiguas leyendas del Quiché, p.19.57 N. Tarn e M. Prechtel, “Metaphors of relative elevation, position and ranking in Popol Vuh” Estudios de

Cultura Maya, p.1 .

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Tuttavia, purtroppo, questo manoscritto originale, trascritto in alfabeto coloniale, sparì oandò perduto. C'è chi crede sia possibile che sia tornato in mano agli indios che sonsempre stati “celosos guardianes”58 delle loro cose; e chi dice che «è celato agli occhi delricercatore e del pensatore, dal momento che è scomparso» (Recinos).

La copia che è perpetuata fino ai giorni nostri, comunque, è opera del domenicanoFrancisco Ximénèz, che circa 150 anni dopo, tra il 1701 e il 1703, scoprì, trascrisse etradusse il manoscritto in spagnolo. A tal proposito dichiarò:

“era con grande riservatezza che conservavano questi manoscritti, con una tale segretezza che

neanche gli antichi ministri ne erano a conoscenza, e analizzando questa cosa, mentre mi trovavo

nella parrocchia di Santo Tomás Chichicastenango, scoprii che era la dottrina di cui si erano nutriti

insieme al latte delle loro madri, e che tutti loro conoscevano a memoria , e trovai che tra loro

c'erano molti di questi libri” .59

4.A : Struttura del Popol Vuh :

Il Popol Vuh, dunque, costituisce un trattato completo di teogonia, di cosmogonia e diastronomia. Vengono presentate la teologia, la nascita e la formazione degli déi, lacreazione (o meglio, le creazioni!) dell'uomo , delle specie animali, delle piante, … Spiegala creazione dell'Universo, i rapporti di Dio con l'uomo, la missione etica dell'individuo e delgruppo, la buona organizzazione della società.

È diviso in tre parti principali: la prima riguarda le origini primordiali del mondo; la secondala creazione di due gruppi di gemelli (“los Ahpù”) e le origini degli uomini e del mais (ciò sucui più mi concentrerò); nella terza parte, quella che chiamiamo 'storia mitica' sfuma nella“storia storica” dei Quiché, culminando in un elenco di re che arriva al 1550 (un legame tragenealogie di re con il mito che veniva utilizzato per confermare discendenze e dirittiancestrali).

Considerando che sta diventando sempre più evidente che l'episodio degli eroi gemelli erapresente tra i Maya classici più di sei secoli prima della conquista spagnola, possiamoconfermare che il Popol Vuh è un documento essenziale al fine di comprendere non solo iQuiché postclassici, ma anche la religione classica Maya.

Addentriamoci allora in questa importante fonte, che è contemporaneamentestorica, letteraria e culturale. Mi focalizzerò principalmente sulle parti prima e seconda; perquel che riguarda la terza, accenno solo, in questa sede, a ciò che potrebbe tornare utilepiù avanti.

Questa parte, che nella sua versione Abreu Gómez pone come continuazione della primae sotto il titolo di “Los Abuelos”, fornisce l'elenco dei popoli che provenivano dallo stessoceppo culturale e che probabilmente vivevano insieme, nello stesso paese, primadell'emigrazione quiché. Questa patria comune di origine viene descritta come «il luogo incui sorge il sole» , e rappresenta Tulán, in Messico. Dal momento in cui i Quiché dissero:«andiamo laggiù verso il paese da cui sono venuti i nostri padri», il Popol Vuh si limiterà araccontare gli avvenimenti della migrazione e della storia quiché, sconosciuti nella storia

58 Ermilo Abreu Gómez, Op. cit. , prólogo, p. 10.59 Fr. Francisco Ximénèz, Historia de la Provincia de San Vicente de Chiapa y Guatemala, Guatemala, 1929-1934.

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maya. Questo insieme di testimonianze -che nella versione citata potete trovare da p.35 ap.72- costituisce una prova indiscutibile dello spostamento dei Quiché -o Toltechi- dalGuatemala a Tulán, e dunque dimostra una volta di più che il Guatemala è stato “la primapatria dei Quiché e, al tempo stesso, il centro di origine della civiltà maya e tolteca” 60.

4.B : La Creazione primaria:

Avete letto le prime parole di questo libro all'inizio del paragrafo: come molti dei librisacri, all'inizio vi era il NULLA ; né animali, né alberi, né pietre, “ni NADA”; si sentivasolamente la tranquillità sorda delle acque (troveremo un uso alternativo dei terminiacqua, mare e cielo per designare la sostanza prima; questo si spiega in base allecredenze maya e messicane sulla consustanzialità di mare e cielo 61).

Vivevano, nel silenzio dell'oscurità (intesa come mancanza di luce), tre divinità: Tepeu,Gucumatz (o Kukulcán) e Hurakán. Abbiamo già visto il rapporto intimo che esiste tra déi,astri e settori del cosmo che è fondamento della teologia e del calendario maya e cheritroviamo espresso dal mito: gli déi sono spiriti che animano con la loro presenza i corpiastrali e i settori del cosmo, conferendo loro il loro carattere divino.

Questi tre déi si misero d'accordo su ciò che avrebbero dovuto fare e diedero avvio aquella che possiamo definire La Creazione di tutte le cose, a partire da quella della Luce,«la cual recibirìa alimento de eternidad». Con questo “si misero d'accordo” viene espressauna caratteristica che ogni atto di creazione DEVE presentare se si vuole che avvenga: civuole l'accordo unanime, una perfetta unità di vedute e di azioni dell'insieme del corpoteogonico 62. Agendo all'unisono, questo corpo teogonico dimostra la concezionemonoteista indigena, basata sulla pluralità nell'unità . Esattamente come vi è un unico soleche assume posizioni diverse, per i Maya esiste un unico Dio -un Dio increato, causaprima di tutto ciò che esiste, esistente prima di ogni cosa e anteriore alle sue opere; dinuovo, Hunab Ku-, che si frammenta in diverse ipostasi (= diverse dimensioni della realtà,appartenenti alla stessa sostanza divina) e si manifesta nelle diverse posizioni dell'astro. Èpoi lo stesso principio che governa la comunità in quanto organismo: l'individuo non esistein quanto tale, bensì in quanto membro della sua comunità, parte costitutiva/integrante enecessaria di un Tutto.

Troviamo questo concetto espresso nel nome di Hurakán, «Quello con un solo piede», inoccasione della creazione della terra: la sparizione mitologica del piede o della gamba diquesta divinità esprime la concezione teogonica secondo cui un Dio è una parte scissa diun altro, in quanto, in realtà, esiste un unico Dio. La terra, in quanto dea, è una partescissa di Hurakán, il Dio del cielo e, in quanto piano cosmico, un'ipostasi o sdoppiamentodel piano cosmico celeste.

Ma torniamo al nostro racconto: il processo della creazione si realizzò in fasi successive -o per gradi, come dice il Chilam Balam di Chumayel- prima venne creato il cielo, poi fudistinto da quella che divenne la terra, e infine tutto ciò che quest'ultima contiene, dal60 Op. cit. , p. 347.61 La stessa credenza la troviamo tra i Chorti, che assimilano le nubi, la pioggia e l'acqua al «cielo», “quel cielo che,

più tardi, crollando, provocherà il diluvio che distruggerà l'umanità”; Op. cit., p.25.62 Op. cit. , p.30.

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regno minerale, passando per quelli vegetale e animale, per terminare con l'umanità.Vediamo che è una teoria che non presenta troppe differenze con quella descritta dallarealtà scientifica!

Una volta creati gli alberi da frutto, da cui raccoglieranno il loro cibo “los pobladores quehan de venir”, e i boschi e le montagne, gli déi pensarono di dover creare dei guardiani edei servitori che si prendessero cura di tutta lavegetazione. Posero allora le bestie e glianimali sulla terra, accanto ai rami e ai tronchidi quegli alberi, aspettandosi qualcosa cheperò non accadde: siccome questi rimaseroinerti nel luogo in cui furono posti e non furonocapaci di pronunciare i nomi di chi li avevacreati e li avrebbe sostenuti, fu comandato lorocome avrebbero dovuto comportarsi da quelmomento in poi e furono abbandonati al lorodestino. Rimarranno dunque bestie selvatichee presto le loro carni saranno sacrificate e cotte-e-divorate dalla “gente de mejorentendimiento que iba a nacer” 63.

4.C : Prima Creazione:

Idearono, a quel punto, dei nuovi esseri capaci di parlare e di raccogliere, al momentoopportuno, l'alimento seminato e cresciuto nella terra. Siamo quindi alla PRIMA dellequattro CREAZIONI dell'uomo narrate dalla mitologia maya. Le carni di questi esserifurono formate con “barro húmedo” (fango, massa che risulta dalla miscela di terra eacqua), o con argilla (“clay”, in inglese), stando a quanto dice qualche autore 64. Essiottennero il dono della parola, ma poiché non avevano coscienza di ciò che dicevano, fudetto loro che avrebbero vissuto “a pesar de todo, mientras vienen mejores seres”65.Furono condannati a vivere in caverne, dirupi o tane come le bestie, perché Dio non fecepiù niente per questi primi esseri e li abbandonò al loro destino. Non è chiaro, a questopunto, se fu distrutto l'intero mondo, ma sicuramente l'uomo fu creato di nuovo. Risultaabbastanza evidente che la reale preoccupazione degli déi, a cui dedicherò un interosottoparagrafo, era quella di dare vita ad esseri umani capaci di ascoltare, parlare,comprendere ciò che dicevano, e soprattutto che fossero in grado di riconoscere, ora esempre, i loro creatori e di invocarli.

4.D : Seconda Creazione :

Il SECONDO tentativo fu risolto formando le nuove creature con “la madera”, il legno,affinché potessero camminare con “rectitud y firmeza” sulla faccia della terra. Quello chesappiamo di loro è che si misero insieme, si accoppiarono e, dopo un po' di tempo,63 Ermilo Abreu Gómez, Op. cit. , p.22.64 Karl Taube, ad esempio, fa riferimento all'argilla nel suo libro Miti Aztechi e Maya; ma che la prima creazione sia

stata fatta con l'argilla lo si trova anche in alcuni dei siti che troverete in fondo a questa tesi.65 Op. cit. , p.24 .

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procrearono anche dei figli. Ebbero il dono della parola, coscienza di quello che dicevano-a differenza degli esseri della prima epoca-, ma mancava loro la ragione; le loro parole,infatti, risultavano prive di espressione e sentimento. Non avevano cuore e, ovviamente,non riuscivano a capire che erano giunti fin sulla terra unicamente per volontà degli déi.Per tutta questa serie di elementi, e in aggiunta per la loro “cachaza” (calma), per la qualesembravano stupidi, furono considerati esseri inservibili, praticamente “muertos con vida”.Ecco che allora, come presumibile, il corpo teogonico che aveva dato forma a questecreature non ne risultò soddisfatto; così, quando meno se lo aspettavano, fecero caderesu di loro una pioggia di cenere/resina che ne oscurò l'esistenza. Stiamo parlando di unaviolenta inondazione, che durò per molte lune e che distrusse tutto; il catastrofico diluvio dicui parlano molti testi di molte culture, vien da pensare!

4.E : Terza Creazione:

“Todavía los dioses hicieron nuevos seres con nueva sustancia natural.” Per questoTERZO gradino di quella che potrei azzardare a chiamare 'scala dievoluzione' nella ricerca dell'uomo ideale, è la prima volta che troviamodifferenza tra i materiali con cui furonoformati l'uomo e la donna: di tzite fu fatto “elhombre”, di espadaña la “mujer”. Sono,questi, due tipi di pianta di cui non vieneriferito nient'altro nel testo. Da una miapiccola ricerca risulta che lo tzite (a destra) è

un albero di “pito” o il seme, color rosso vivo e simile a unfagiolo, del “coral tree” (questi semi vengono ancora oggiutilizzati in alcune cerimonie divinatorie); e la espadaña (sopra, a sinistra) è invece unapianta millenaria, esistente “fin dall'era dei dinosauri” e che ancora oggi è considerata unatra le piante sacre che molti popoli offrono per venerare la Santa Cruz 66. Thompson è inlinea con questa versione per il materiale di cui è costituito l'uomo, ovvero il “pito tree”, maper quanto riguarda la donna sostiene che fu fatta di “reed” ,'canna' 67, (e di giunchi, diràinvece Taube).

Aprirei una piccola parentesi su questa terza creazione, in quanto molti autori nonritengono vi sia distinzione tra questa e quella che Abreu Gómez ha trascritto comeseconda; Taube, per citarne uno, sostiene che in un primo tentativo l'uomo fu formato conl'argilla, nel secondo con il legno (e la donna di giunco) e per il terzo fu utilizzato il mais. Enon ne nomina altre. Fa come coincidere quelle che a mio parere sono due creazionisuccessive in Gómez , la seconda e terza, facendole terminare con la combinazione di ungrande diluvio e di feroci demoni che accecano e dilaniano gli esseri di legno. Devoammettere che è possibile interpretarlo in entrambi i modi,ma nel dubbio ho poi preferito

attenermi a non troppe versioni diverse, per avere almeno una linea di base da cui poipotrete partire se interessati ad addentrarvi più a fondo in questo affascinante tema!

66 http://redalyc.uaemex.mx/pdf/577/57707809.pdf .67 J. Eric S. Thompson, “Maya Creation Myths”, Estudios de Cultura Maya, p.4 .

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Tuttavia, nemmeno queste figure corrisposero all'aspettativa dei creatori. Fu cosìche decisero di dare fine anche a questo terzo tentativo. A questo punto, per la primavolta si incontra la parola «morte» nel manoscritto quiché; nozione che leggiamo nelleparole di Girard 68 e che troviamo anche nel Chilam Balam di Chumayel69, quando dice: «èil tre Cimi che fu inventata la morte e fu Dio nostro padre a inventare la prima morte».

Vediamo quindi il quadro, piuttosto apocalittico, che di questa ci traccia il Popol Vuh. In unprimo momento, la terra si oscurò, e una serie di bestie feroci ( o “fieras”) si avventaronosu quegli esseri: vengono citati in particolare l'uccello Xecotcovah, che affondò i suoiartigli nella terra e con il suo becco tolse la “yema”(parte centrale, tuorlo) dei loro occhi, e ilfelino (non specifica se un gatto o un ghepardo o un leopardo,..) Cotzbalam, che invecescavò i loro corpi, stracciò le vene e masticò le loro ossa fino a farle diventare dei piccoliframmenti irregolari. Accadde poi qualcosa che a parer mio è alquanto inaspettato:davanti a coloro che erano sopravvissuti a questo sterminio, si presentarono quelli chevengono definiti “pequeños seres, cuya alma había sido invisible hasta entonces” e chenoi potremmo chiamare utensili da cucina e animali domestici. Sono quindi “piedras demoler”, cani, pentole e boccali a ribellarsi a coloro che vennero perfino definiti “conatiumani”, lamentandosi del maltrattamento ricevuto e rallegrandosi della vendetta che eranoin procinto di compiere. Spaventati e timorosi di queste parole, gli uomini si compattaronoe scapparono. Quelli che non morirono dissanguati nelle cave o schiacciati tra i rami deglialberi si ammazzarono l'un l'altro; i pochi rimanenti, come “ricordo della semplicità dei lorocuori” 70, si trasformarono in scimmie.

4.F : Il mito dei sette-Ahpu:

Dopo questo diluvio e la distruzione degli esseri di (let's say!) legno, la terra funuovamente vuota e gli déi, altrettanto nuovamente, avevano bisogno di uomini che lisostenessero con preghiere ed offerte.

Ne vedremo i dettagli, ma non subito. Questo perché i veri esseri umani verranno creatisolo dopo che gli Eroi Gemelli avranno vinto i demoni, signori dell'oltretomba, e ottenuta lamateria di cui è costituita la materia umana.

Il racconto inizia con la biografia e l'albero genealogico dei due gemelli protagonisti, enarra le avventure dei sette Ahpu (i primi déi agrari per i maya) procreati da Ixpiyacoc eIxmucané, nonni dei gemelli, quindi nonni dell'umanità maya-quiché. Nella sua qualità diEssere supremo, Ixpiyacoc non ha biografia: sono i suoi figli che si trasformano in uominie di cui si raccontano la vita e i miracoli, dal momento che assumono le funzioni di creatorie di eroi civilizzatori che illustrano le norme culturali del popolo maya-quiché.

“Aquí se habla del misterio de la vida y de la muerte de los hermanos Ahpú ” 71 e sinarrano le avventure che Hunahpu e Ixbalamqué, figli dello spirito degli Aphu, visseroprima in terra propria e poi nell'oltretomba, Xibalba, luogo di distruzione e di rovina in cuirisiedevano esseri malevoli. 68 Raphael Girard, Op. cit. , p. 60.69 Traduzione di Mediz Bolio.70 Ermilo Abreu Gómez, Op. cit. , p.29 .71 Op. cit., p. 75.

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Questi primi fratelli Ahpu di cui ci parla il Popol Vuh vissero in terra quiché “in untempo che non è possibile precisare”. Erano dotati di saggezza e di bontà, offrivano la loroconoscenza a chi aveva bisogno di aiuto; e tra le arti che praticavano distaccavanosoprattutto la magia e gli incantesimi. Leggevano il futuro nelle stelle, nella sabbia e nellemani, conoscevano il cammino delle nubi, capivano e dominavano tutto. Per divertirsi sipreparavano con cura e giocavano “a la pelota” (gioco molto interessante e significativo sucui tornerò) nelle piazze adeguate per questa attività.

Rimasero orfani di padre fin da piccoli; e purtroppo anche la sposa di uno dei due fratelli,da cui nacquero i due fratelli Hunbatz e Hunchouén, morì presto.

Nello stesso periodo, dei perfidi esseri vivevano in questo regno chiamato Xibalba, unacittà che viene comparata all'inferno, dove si dilettavano nel torturare, far soffrire euccidere le persone attraverso l'invio di piaghe, violenze e malattie (concepite quali malipsichici e non quali stati patologici).

Mentre questi esseri realizzavano il loro destino, “el gavilán” (lo sparviero), messaggero diHurakán, seppe quanto erano abili ed onesti gli Aphu e discese dalle nubi per vederligiocare alla pelota. Purtroppo però, al calar della sera, il trambusto che non sipreoccupavano di fare i due fratelli arrivò alle orecchie dei signori di Xibalba, e questi,orgogliosi com' erano, si innervosirono per un gesto che reputarono una mancanza dirispetto e di moderazione. Mandarono allora a chiamare coloro che producevano talebaccano, per sfidarli al “gioco rituale” e poi poterli castigare come meritavano, se avesseroperso. Gli Aphu non poterono far altro che accettare, così tornarono a casa a salutare lamadre, nascosero i loro strumenti sopra una trave del tetto di casa e si avviarono verso illoro destino.

Senza essere sfidati sul terreno di gioco e senza alcuna giustizia, furono sottoposti a varieprove; dopodiché, i signori di Xibalba li dichiararono sconfitti, li ammazzarono, seppellironoi resti squartati dei loro corpi e, a mo' di trofeo, appesero le loro teste su un ramo di unalbero che era talmente vecchio che la gente che abitava lì vicino lo chiamava “El Abuelo”e che non aveva mai dato né frutti né fiori.

Quella notte ci furono un forte vento e un'oscurità mai percepiti prima; la terra tremò e almattino l'albero inaspettatamente fiorì e diede molti frutti. Tutto questo spaventò molto iCamé 72, signori despoti di Xibalba, i quali ordinarono che nessuno si avvicinasse aquell'albero e che nessuno osasse toccare nemmeno la cáscara (il guscio, la buccia) diquei frutti.

4.G : Fecondazione di Ixquic :

“Como por obra de gracia”73, una doncella (io credo che qui sia intesa in entrambi isignificati di giovane ragazza e di vergine) principale della terra di Xibalba, figlia di uno deidespoti, sentì parlare di questa storia e, spinta dalla curiosità, decise di andare a vedere

72 Villacorta traduce la parola Camé nel modo che segue: caa= pietra per macinare e me= fare a pezzi, polverizzare. Questi termini esprimono efficacemente il pensiero indigeno relativo al dio della morte, cioè che «il maligno» possiede una macina gigantesca destinata a tritare e a polverizzare coloro che sono condannati alle pene dell'inferno. - Raphael Girard, Op. cit., p. 86 .

73 Ermilo Abreu Gomez, Op. cit. , p.83.

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quell'albero con i suoi occhi. Quando gli fu vicino, Ixquic -questo era il nome della ragazza-diventò pallida e si mise a tremare, senza capire bene perché. Una voce uscì alloradall'albero e chiese alla ragazza cosa cercasse e cosa desiderasse. La risposta le uscìspontanea e naturale: “- Les busco y les deseo”. Le chiesero allora di stendere il braccio inmodo da avvicinare una mano ai frutti; e inaspettatamente uno di questi “le ech ó saliva 74 en la palma de la mano ”.

In seguito le spiegarono che, poiché non era stato giusto il motivo della loro morte, il destino di lei sarebbe stato quello di perpetuare il señorío della casta degli Ahpu. In lei sarebberinata la loro stirpe e non sarebbe mai più rimorta. In questo modo gli Ahpu compirono il desidero di eternità che viveva inloro e che dall'alto Hurakán aveva posto (“infundido”, piùprecisamente) in essi al momento della creazione.

Il padre della ragazza si accorse della gravidanza della figlia solo qualche mesedopo, e non credendo alle parole di Ixquic quando gli giurò di non aver mai visto neancheil viso di un uomo in vita sua, si riempì d'ira, chiamò i Búhos ('gufi') e ordinò loro di portarlalontano, di sacrificarla tra i rami di un albero, e di portargli in un bicchiere il cuore dellaragazza come testimonianza.

Quando questi furono sul punto di ucciderla, Ixquic ricordò loro che “nadie puede sincausa justa quitar la vida a nadie” e raccontò la verità di quello che era successo. Siccomenon credettero subito, la ragazza gli dimostrò che non mentiva su chi portava nel ventreordinando di mettere sotto l'albero il bicchiere riservato al cuore di lei e mostrando comealcune gocce di sangue caddero e si coagularono in forma di cuore. Così i Búhoscredettero, tornarono dal padre, gli raccontarono l'avvenuto e poco dopo tornarono dallaragazza e si convertirono in suoi schiavi.

Si è accesa anche a voi, per caso, una qualche lampadina leggendo queste ultime righe?C'è stato qualche elemento che vi ha richiamato alla mente qualche fiaba? Risulta quasiimpossibile non evidenziare la similitudine con altri miti e altre fiabe, fra cui certamentequella di Biancaneve, come vi anticipavo prima.

Ixquic si diresse allora nella casa degli Ahpu, in cui erano rimasti solamente i duefratelli orfani Hunbatz e Honchouén e la nonna Ixmucané, con la speranza di poter trovareaiuto e conforto nella famiglia degli spiriti con cui aveva parlato. Dalla più anziana le furichiesto di superare una prova al fine di verificare che i figli che portava in grembo fosserodavvero suoi nipoti. Le si ordinò quindi di portare qualcosa da mangiare, pur sapendo chenel campo che avevano seminato i fratelli si eriggeva solo una piantina di mais rachitica ecresciuta male. La povera ragazza invocò in suo aiuto coloro che avrebbero potutaaiutarla, che subito accorsero a far sì che la milpa crescesse e desse abbondante frutto;così che Ixmucané si riempì di stupore e accettò Ixquic come nuora: «cuidaré de los seresque traes porqué serán mellizos (gemelli); en mis brazos recibiré los descendientes de

74 “Un figlio è come la saliva,” ci dice Karl Taube in Miti Aztechi e Maya, p. 96, “lo sputo, l'essere del padre, ed è lo stesso per il figlio di un signore, di un artigiano o di un oratore. Il padre non scompare, ma vive nel figlio”.

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mis hijos» 75.

4.H : La storia dei gemelli, o “ LOS MAGOS ”

Fu così che nacquero Hunahpu e Ixbalamqué . La verità è che in un primo momento non èben chiaro se si tratta di persone o di animali, a parer mio, perché viene dato loro unquantitativo maggiore di aggettivi di animali che non di persone. Lobeznos, rapaces, furiade animales acosados, tigres,.. questi sono gli appellativi con cui vengono definiti i duegemelli all'inizio delle loro vite. Erano terribili e gridavano con furia irrefrenabile, così che idue cugini li strapparono dalle braccia di loro madre e li abbandonarono in un postoinaccessibile, accanto ad un formicaio affinché venissero tormentati e divorati per tutta lanotte. Le formiche, però, non li toccarono neanche; e i due fratelli crebbero nella rudezzadel monte, al pericolo delle intemperie, proprio come bestias con espíritu.

Anche questa è una caratteristica che ritroviamo nelle mitologie di molti altri popoli: l'elogioa questo tipo di crescita in mezzo alla natura, coi pericoli e le prove a cuiobbligatoriamente si è sottoposti e che chiamano in forza sia il corpo che la mente peressere superati, lo ritroviamo ancora oggi in racconti come “Il libro della Giungla”, in filmcome “Instinct- Istinto primario” e in molti altri.

Crescendo in tal modo, i ragazzi iniziarono ad esercitare le arti e la saggezza come sefossero cosa naturale, come se fossero nate insieme al loro sangue. Appresero i segretimagici dei loro nonni da voci che arrivavano dal cammino del silenzio e della notte; e nelbosco, dove vivevano, tutti gli animali obbedivano loro. Non per questo, però, smisero divisitare madre, nonna e cugini/fratelli. Davanti a loro si comportavano con semplicità esolo quando era necessario mostravano le arti che sapevano esercitare.

Hunbatz e Hunchouén erano molto vanitosi e trattavano i due fratelli minori conmalizia e stupidità, facendo loro dispetti ed inganni, che furono sempre taciuti. Finchévenne il momento in cui Hunahpu e Ixbalamqué iniziarono a compiere il destino cheportavano nel midollo delle loro ossa e diedero ai due il castigo che meritavano a causadel loro mal-comportamento. Il male che desideravano si ritorse contro loro stessi efinirono trasformati in scimmie della foresta. Secondo Raphael Girard, questi duepersonaggi rappresenterebbero gli uomini della seconda epoca (terza per questo studio)se pensassimo alla storia dei due gemelli Hunaphu e Ixbalamqué come ripetizione, informa diversa, della narrazione delle tre prime Ere. Queste due scimmie, infatti,diventeranno patrone degli artisti, dei danzatori e dei musicisti.

E ancora, dopo il diluvio una serie di esseri mostruosi popolò la superficie dellaterra quiché. Uno di essi, Vucub Caquix ('Sette Pappagallo'), era un uccello vanagloriosoche sosteneva di essere il sole e la luna, il Signore di tutto. Per la sua presunzione e il suovantare qualcosa che “está fuera de su proprio ser”76 , venne punito: il fallimento e lamorte di questo falso dio rappresentano l'immagine del castigo riservato agli orgogliosi, aivanitosi e a coloro che usurpano funzioni e attributi che a loro non spettano di dirittodivino. Proclamarono infatti a gran voce, Hunahpu e Ixbalamqué, che «non può esserci

75 Op. cit. , p.93.76 Ermilo Abreu Gómez, Op. cit. , p.106 .

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che un solo Dio, l'Unico creatore è Cabahuil ('Cuore del Cielo')»77. Venne pertanto ucciso

Vucub Caquix e, dopo di lui, i suoi due figli Zipacná e Capracán, rispettivamente percarenza di coscienza e per credersi padrone delle montagne il primo, e per la sua pretesadi equipararsi agli déi il secondo, ed entrambi su esplicita richiesta di Hurakán.

In casa, per aiutare la nonna e la madre lavoravano la terra. Capitò, però, che per unaserie di mattine i due fratelli trovarono distrutto tutto il lavoro del giorno precedente. Cosìuna sera si fermarono a controllare chi era o erano questi ladri: a sorpresa (almeno mia) sipresentarono nella notte, a distruggere il raccolto, piccoli e grandi animali. I gemelli nefermarono uno, un topo, che sarà colui che svelerà a Hunahpu e Ixbalamqué il postosegreto in cui i loro discendenti nascosero gli strumenti del gioco della palla. L'interessante frase con cui il topolino implora di non essere ucciso, ovvero che “por otraparte yo sé que vuestro oficio no es matar sino dar vida”, potrebbe quasi essereconsiderata un'anticipazione.

4.H.1 : I due gemelli vengono “convocati” dai signori di Xibalba :

Grazie a questo piccolo animale riuscirono a recuperare gli strumenti dei loro antenati eimpararono a giocare a palla nel cortile in muratura, lo stesso campo che confinava con ilregno di Xibalba in cui avevano giocato i loro progenitori. Come supponibile, la gente diXibalba sentì dei rumori e, innervositi perché la loro pace era stata disturbata,cominciarono a gridare: “¿No saben los tales que el juego entre nosotros es sagrado, y que

nadie sin licencia puede ejecutar juego alguno? ¿No comprenden que el juego es signo de libertad

y de muerte y azar que rige la sentencia de los jueces?” A tal punto mandarono a chiamare, a

convocare e sfidare coloro che si 'erano permessi' di far qualcosa senza una loro

autorizzazione.

La notizia arrivò a casa e fu Ixmucané a riceverla. Consapevole del destino che scorrevanel sangue dei suoi nipoti, ma pur sempre asciugandosi una lacrima di tristezza, mandòun pidocchio a informare i gemelli che stavano giocando nel campo, lontani da casa . Ilmessaggio compì il viaggio più velocemente del previsto, grazie all'aiuto che il pidocchioricevette da un rospo, che ingoiò l'animaletto e che fu a sua volta ingoiato da unserpente, il quale fu poi trasportato nella pancia di un gavilán, che portò a destinazionefino al primo, minuscolo messaggero. Tenete a mente questi animali perché nel prossimoparagrafo discuterò di ciò che possono rappresentare.

I due gemelli, appena ricevuta la notizia tornarono a casa. Questa volta non lasciarono iloro strumenti da gioco, ma li portarono con sé; prima di partire seminarono una pianta nelcentro della casa, dissero alle due donne di casa: «se vedrete che i suoi gambi appassiscono, sarà il segnale del fatto che siamo morti; ma se rinverdisce e germoglia, saprete che siamo vivi. Questo è il segno della nostra parola» 78, e poi partirono. Senzasalutarle, per non causar loro sofferenza.

77 Raphael Girard, Op. cit., p.69 . A p.82 dello stesso libro, l'autore ci dà un'altra importante chiarificazione nel farci notare la diversità di funzione tra Cabahuil Cuore del Cielo, Hurakan e i sette Ahpù: “ il primo è il dio del cielo, il secondo crea la terra che è parte di lui stesso e gli altri la fecondano per farne sorgere la vegetazione. Sono tutti dei creatori, omologhi di un'identica entità teogonica, tuttavia il tipo di creazione che realizzano è diverso ed è determinato dal nome e dall'aspetto della divinità”.

78 Ermilo Abreu Gómez, Op. cit. , p.145, traduzione personale.

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4.H.2 : I gemelli si avviano verso il loro destino:

Seguendo un sentiero che si addentrava sottoterra, arrivarono ad un punto in cuiquattro sentieri si incrociavano in un'ampia piazza tenebrosa, e poi si allontanavano l'unodall'altro in direzioni opposte. Quando abituarono gli occhi all'oscurità, videro che unsentiero era rosso, uno nero, uno bianco e l'altro giallo (colori significativi, che rivedremo).Imboccarono la via che gli suggerì una voce, dopodiché mandarono una vespa tra lagente di Xibalba, affinché pungesse uno dopo l'altro tutti i signori principali (che riconobbe“por la cimera de plumas que llevaban en la cabeza”79) che erano riuniti in Consiglio. Unodopo l'altro, all'essere punti -con un pelo della gamba di Hunahpu-, gridarono tutti i loronomi, così che i due gemelli li conobbero già, e si sentirono più sicuri e fiduciosi. È benequi ricordare o far sapere che, secondo il pensiero indigeno, chi conosce il nome di unapersona né è il padrone e lo domina con il suo potere magico, perché la persona è ilproprio nome e conoscendola si ha pieno potere su di lei. Questo spiega forse l'assenzadel verbo essere nelle lingue della famiglia maya, dal momento che questa categoriagrammaticale è inclusa nei pronomi personali. Hunahpu e Ixbalamqué, infatti, nonrivelarono la loro identità in nessun momento delle loro avventure in quel regno.

Dopo aver vinto la sfida al juego de la pelota, furono ugualmente sottoposti a dureprove, che riuscirono a superare grazie alle loroconoscenze magiche, acquisite per rivelazione oispirazione divina. La magia viene consideratainseparabile dal rito e dalla scienza e dimostra che ilsapere trionfa sull'ignoranza , che l'intelligenza ha la meglio sulla forza bruta e i metodi grossolani.Affrontarono la Cueva del Humo o Casa Oscura,

superarono una notte nella Cueva del Frío e uscirono incolumi dalla Cueva de los Tigres;poi, con l'aiuto delle formiche che rubarono dei fiori nei giardini dei signori di quel luogoeludendo la guardia dei custodi, superarono la prova richiesta dalla Cueva de losPedernales y de las Lanzas; infine, furono fatti entrare nella Cueva de los Murciélagos,dove avrebbero dovuto passare la notte tra miliardi di pipistrelli-vampiri. Per nascondersi, idue fratelli si infilarono dentro le loro cerbottane, e provarono a dormire. Al primocinguettio dell'alba, Ixbalamqué chiese a Hunahpu di sporgersi dalla cerbottana pervedere se già albeggiava. Nel momento in cui mise fuori la testa, un pipistrello che li stavaspiando, con un colpo secco, lo decapitò. Nel vedere la testa di uno dei gemelli, i signoridi Xibalba esultarono e fecero festa: finalmente avevano sconfitto i due ragazzi.

4.H.3 : Il piano ideato da Ixbalamqué, rimasta/o momentaneamente sola/o:

Ma non sarebbe certo potuta finire così!

Ixbalamqué si trovò a dover affrontare da sola/o (vedremo più avanti il grandedibattito che esiste sul quesito del sesso di Ixbalamqué) le ultime prove. Si nascose nelbosco, dove chiamò a raccolta gli animali e chiese il loro aiuto nel portarle/gli ciò di cui sicibavano. Con quello che raccolse si avvicinò al corpo di Hunahpu, gli posizionò unazucca vicino alle spalle, fece qualche buco per rappresentare occhi, narici e bocca e

79 Op. cit. , p.147 .

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“luego le insuflò vida soplàndola con el aliento de su boca” 80. La testa iniziò a palpitare euna tenue luce verde uscì dalle sue fenditure. Ixbalamqué posizionò il corpo del fratelloseduto sul suolo, gli incrociò braccia e gambe e rimase così dritto che sembrava che sipotesse risvegliare. Tutti gli animali che le/gli stavano attorno e che l'avevano aiutata/o, alvedere questo si spaventarono e fuggirono via; tutti fuorché il coniglio. “Me lo esperabas”,gli disse Ixbalamqué, gli confidò il piano che aveva in mente e gli assegnò un compito.Arrivò poi il momento in cui i signori despoti dell'oltretomba sfidarono Ixbalamqué al juegode la pelota. Avrebbero usato la palla di gomma. Non appena fu il suo momento digiocare, la lanciò in altissimo; dove la ricevette il coniglio, che la prese e scappò, comed'accordo. Alla fine della sua corsa, scavò una buca e sotterrò la palla.

Attenzione, attenzione: nello stesso istante in cui la palla sparì, Ixbalamqué prese la testadi Hunahpu, la posizionò sopra il corpo defunto e mise la zucca sopra il muro. Ed eccoche Hunahpu riprese vita! Insieme alla sorella/fratello sorrisero orgogliosi. Ancora unavolta, la loro sapienza li aveva aiutati ad escogitare un ottimo piano. Con questasostituzione della testa con la pelota di gomma 81, i signori di Xibalba furono dunquenuovamente sconfitti e Hunahpu ritrovò la sua personalità e rientrò nel mondo dei vivi. Aquanto riporta Girard, questa è una “bella allegoria sulla distruzione della semente che sitrasforma in pianta, come avviene per il morto che diventa un nuovo essere senzadetrimento per la sua personalità” 82. Ritornerò su questo punto, per approfondirlo meglio,più avanti. 4.H.4 : Il sacrificio dei gemelli e la loro rinascita:

Senza essere visti, scapparono lontano dal paese e incontrarono un gruppo di Indovinivenuti da terre lontane con destino a Xibalba. Diedero loro istruzioni su quello cheavrebbero dovuto consigliare ai despoti dell'oltretomba quando chiederanno consiglio sulmodo in cui ammazzare i gemelli e sul cosa avrebbero dovuto fare dei loro resti.Tornarono presto al cospetto di questi demoni perché sapevano che era necessario cheaccadesse ciò che stava per succedere. Furono offerte loro alcune bevande e fu accesoun grande rogo. I due ragazzi fecero il loro ultimo discorso, e rivolgendosi a tutto ilConsejo dissero: “Haremos lo que mandàis. Pero no penséis que no sabemos que aquì vamos a

morir. Conocemos mejor de vosotros nuestros destinos, porque la hora de nuestra muerte ha

llegado. La muerte se cruzò con nuestra sombra. Sólo nosotros la vimos. Oímos y entendimos su

voz” 83. Bevvero ciò che venne loro offerto, poi cong iunsero le loro mani , e in silenzioavanzarono fino al rogo, dove si lasciarono andare alla loro sorte. Le ossa rimaste, suconsiglio degli Adivinos che consultarono quelli di Xibalba, furono bruciate, macinate,legate con un filo di pita (aloe) e furono gettate nel fiume.

Le ossa non vennero portate via e, cinque giorni dopo, sotto la trasparenza delleacque, riapparirono i due ragazzi come uomini-pesce. Ci furono una serie di apparizioni:una scia azzurra luccicò per brevi istanti sia il primo giorno sia il quinto, alla stessa ora. I

80 Ermilo Abreu Gomez, Op. cit. , p. 157.81 La consustanzialità tra la gomma, di cui è fatta la palla, e di cui è fatto anche il sangue divino si esprime mediante uno stesso termine: quic, che significa palla, sangue, linfa o resina di un albero. - Raphael Girard, Op. cit., p.146.82 Op. cit., p.186.83 Op. cit. , pp. 160-161.

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due fratelli sembravano coperti di squame, avevano pinne e coda e si muovevano senzasosta. Nei loro occhi si riflettevano i raggi del sole. La simbologia, a questo punto,comincia a complicarsi, e vede interlacciarsi ed equivalersi i concetti di uomo, pesce, maise sole.Più tardi, i due fratelli iniziarono a farsi vedere in riva al fiume. Passeggiavano come dueuomini miserabili, dalla pelle secca e sporca e vestiti di stracci. Sembravano però allegri, epresto si misero a cantare e a ballare in mezzo alla gente, e ad eseguire giochi di magia. Uno di questi consisteva nel farsi a pezzi a vicenda, fino ad uccidersi -sempre'apparentemente'. Il primo che tornava in vita risultando illeso, chiamava quello che ancora“se quedaba tras lo invisible”. I racconti su questi due maghi non tardarono molto ad arrivare alle orecchie dei signori diXibalba, che li fecero invitare al loro cospetto, per vedere con i propri occhi le arti chepraticavano. 4.H.5 : I gemelli tornano al cospetto dei Camé per terminare il loro mandato:

Viene detto che arrivarono estenuati, stracciati, con l'aria di vagabondi; aggettivi chetracciano un elogio all'umiltà, alla rassegnazione e alla povertà in contrapposizione allusso e all'orgoglio presentato dai Camé. Un concetto simile è espresso da uno dei principifondamentali della democrazia maya, in cui non esistono ricchi o poveri: il vocabolariochorti è infatti privo di termini per esprimere l'idea di povero, ricco e mendicante. E lostesso concetto è anche a fondamento della leggenda del dio povero e del dio ricco dellamitologia messicana, i quali si contesero il titolo di dio solare e, come suggerisce Girard 84,fu il dio povero a trionfare. Diventa quindi interessante stabilire un parallelo tral'insegnamento di Hunahpu e Ixbalamqué, che abbiamo detto essersi diffuso in Americamolti secoli prima dell'era cristiana, e il cristianesimo: entrambe sono religioni dei poveriche predicano “la fede in un Uomo-Dio ideale che si sacrifica per salvare l'umanità” el'uguaglianza degli uomini; e che affermano che l'essere umano non aspira soltanto al suobene personale, bensì a quello della comunità.

Nonostante la loro apparenza, strabiliarono i Camé con i loro incantesimi. Vennesubito chiesto loro di ripetere la straordinaria magia della 'morte-rinascita'/'desaparición-reaparición': Ixbalamqué fece a pezzi il fratello, gli tolse una ad una tutte le parti del corpoe gettò via il cuore. Un granello di cenere rovente cadde al suolo. Allora gridò con tutte leforze che aveva: “-Ahora vuelve y levàntate”; e immediatamente dopo Hunahpu tornò aquella che viene definita l' “apparenza della vita”. La magia che utilizzavano i due gemelli è un tecnica di 'magia imitativa'85, che producecioè degli effetti che agiscono gradualmente sullo spirito delle persone stregate fino adobbligarle ad eseguire di spontanea volontà quel che vedono fare. (E, pensateci, non ècosì lontano dalla tecnica utilizzata dalla pubblicità o dalla televisione o in generale da unqualcosa tangibile fin nel nostro quotidiano!)Allora Hun Camé y Vucub Camé sentirono il desiderio di godere di più di quel mondo

84 Raphael Girard, Op. cit. , p. 206. 85 CURIOSITA'!: Per gli indù Maya significa “illusione” - tutto ciò che cambia è illusione. E Einstein aggiungerà:

“Reality is an illusion, albeit a persistent one”.

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misterioso che veniva loro offerto, grazie all'arte di quei mendigos. Chiesero, così, diessere fatti sparire essi stessi, facendosi assicurare di tornare in vita senza tardare troppo.

Dopo averli fatti sparire, i due gemelli rimasero fermi, calmi, con lo sguardo fisso. Lagente di quel luogo iniziò ad allarmarsi e a scappare alla rinfusa. Alcuni caddero, altrisparirono, e altri ancora furono sterminati dai due maghi. All'improvviso, si sentirono i nomidi Hunahpu e Ixbalamqué provenire dall'aria. In questo istante, quelli che ancora simuovevano si convertirono in rifiuti e stoppie, e furono spazzati via dal vento. Così le gentidi Xibalba sparirono come esseri umani e furono convertiti in cose fragili e inerti. Nessunoli adorò né li temette più. Con la loro disfatta, che nella concezione di Girardcorrisponderebbe alla fine della terza epoca, viene dimostrata l'idea che l'immortalità èlegata alla scienza, mentre la morte è frutto dell'ignoranza. È questo un pensiero filosoficoche è stato ripreso fin nei giorni nostri, in particolare da Clemenceau che dichiara che laconoscenza libera mentre l'ignoranza rende schiavo 86. 4.H.6 : I gemelli si convertono in Sole e Luna:

I gemelli si avviarono verso la terra di Pucbal Chah,dove erano seppelliti gli Ahpu. Lì conobbero il segretodei loro cuori e parlarono al vento, che si fermò perascoltarli: «Siamo i vendicatori della morte. La nostrastirpe non si estinguerà finché ci sarà luce nella stelladella mattina» 87. Questa ultima frase credo sia proprioun bell'impeto per quei 6 milioni di odierni Maya di cuiparlavo prima!Una volta portato a termine il loro destino, Hunahpu eIxbalamqué salirono al cielo dove diventarono il sole e

la luna 88. Poté dunque aver luogo la quarta (e, per ora!) ultima creazione.

4.I : Quarta Creazione:

Siamo pertanto arrivati al nocciolo di tutto questo studio, a quella cioè che vieneconsiderata la creazione dell'uomo maya-quiché attuale, e che fu realizzata da un corpoteogonico di tredici déi.“Entonces los dioses se juntaron otra vez y trataron acerca de la creación de nuevasgentes, las cuales serían de carne, hueso e inteligencia” 89. Fecero questo abbastanzain fretta perché doveva essere concluso prima del sorgere del sole. Qualsiasi attocreatore, infatti, ha luogo nel corso della notte e deve essere terminato all'alba.Benedissero il nutrimento degli esseri che avrebbero abitato quelle regioni e recitaronoalcune preghiere la cui risonanza si disperse come “ráfaga de alhucema” (raffica, folata dilavanda) che riempì l'aria di un buonissimo profumo. Non ci fu essere visibile che nonricevette il suo influsso. “Este sentimiento fue como parte del origen de la carne del

86 Clemenceau, Au soir de la Pensée .87 Ermilo Abreu Gomez, Op. cit. , p. 169. 88 Karl Taube, Op. cit. , p.99 .89 Ermilo Abreu Gomez, Op.cit. , p.30 .

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hombre”, ci dice il Popol Vuh.Nell'oscurità che precede l'alba Gucumatz e Cuore di Cielo ordinarono a un gatto, unavolpe, un loro (pappagallo), una cotorra (uccello simile al pappagallo, con le guancecoperte di piume, ali e coda lunghe e appuntite) e a un corvo 90 di portare la notizia che ilmais giallo, quello morado e quello bianco erano abbondanti e maturi a Paxil e Cayala.Per questi stessi animali fu scoperta l'acqua che sarà posta “en las hebras (gruppo, ciuffo)de la carne” dei nuovi esseri. Però prima, gli déi la diluirono con i chicchi macinati di tuttequelle pannocchie e ne fecero le bevande necessarie alla creazione e al prolungamentodella vita dei nuovi esseri. Queste bevande furono preparate da Ixmucané, secondoGirard. Mentre questi elementi entrarono nelle sostanze destinate a dar loro, agli uomini,vita, forza ed energia. Si misero a riflettere per sapere come fare a modellare i nostri (dell'era attuale) primi padrie le prime madri. Con il prodotto delle spighe gialle e bianche formarono la carne del tronco, delle braccia e della gambe dell'uomo . Per dar loro vigore, gli infilarono dentroalcune canne.

4.I.1 : I primi 4 uomini, uomini-perfetti:

Fu così che vennero creati i primi quattro uomini “de razón”, i primi genitori. Quattro,dunque, furono le persone di cui si formarono le carni soltanto con degli alimenti; i loronomi furono: Balam Quitzé il primo uomo, Balam Acap il secondo; il terzo Majucutaj e IquiBalam il quarto. Presto mostrarono di essere uomini dotati di grande intelligenza perché ineffetti, come se fosse qualcosa di naturale che uscì dai loro spiriti, furono consapevoli diquale fosse esattamente la realtà che li circondava, a partire da quello che c'era sotto ilcielo fino a quello che tremava nello spazio misterioso e popolato dal vento. Ne troviamouna conferma nelle parole di Balam Quitzé, quando dice: “Así percibimos ya dóndedescansan y se apoyan las cuatro esquinas del mundo, las cuales marcan los límites delo que nos rodea por abajo y por arriba”.

Capiamo quindi come questi primi uomini di mais erano dotati di grande intelligenzae seppero ringraziare i loro creatori «due e tre volte» 91. Potevano vedere ogni cosa, dallaterra al cielo, fino ai limiti dell'universo. A questo punto però, gli déi cominciarono a preoccuparsi di che questi esseri potesseronon sapere usare questa conoscenza in maniera corretta e di che si ingannerebbero “conel secreto que tiene el orden del caos” e che un giorno potessero eguagliare la grandesapienza propria degli déi. Decisero allora di ridurre loro i poteri, e lo fecero limitando lavista di quei primi uomini: come se alitassero su uno specchio, fecero in modo chepotessero vedere in modo chiaro solo ciò che gli era vicino.Al posto dell'onniscienza fu data loro la felicità : mentre gli uomini dormivano, gli déicrearono quattro belle mogli, che posero loro accanto “desnudas y quietas, como si fueran

90 Il ricordo degli animali che scoprono il mais e il sentimento di riconoscenza nei loro confronti è ancora vivo tra i popoli maya-quiché. Per Girard, questi animali sarebbero uno yak (gatto selvaggio), un utiù (il coyote), un quel (il pappagallino) e un hoh (il nibbio).

91 Il sentimento della riconoscenza, in virtù del fatto che obbedisce ad un comandamento esplicito degli dèi, si trasforma in una virtù cardinale dei Maya-Quiché - Raphael Girard, Op. cit., p.263.

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muñecos de madera pulida” e dalle quali ebbe inizio la stirpe dei Maya-Quiché. Questeprime quattro coppie diedero vita ai nuovi esseri con cui cominciò a popolarsi la Terra. 4.I.2: Ciclo rimasto aperto?:

Il libro prosegue con la separazione e la migrazione delle diverse tribù, e quest'ultimacreazione rimane la sola a non concludersi con una catastrofe, in quanto rappresentava lafase iniziale di un ciclo aperto. Malgrado ciò, nella testimonianza lasciata nel 1563 dalmercenario Frate Luis Carrillo di San Vicente c'è uno straordinario riferimento al possibileevento di una distruzione di questa quarta epoca. A quanto scrive, i vecchi indiani in puntodi morte tramandavano i loro idoli a chi avrebbe continuato ad onorarli e venerarli, perchéquelli che ne seguono le leggi e i costumi prevarranno, mentre gli altri, come gli spagnoli,saranno sconfitti. “Quando questi (uomini della quarta creazione) dovessero morire, queglidéi dovranno inviare un nuovo sole che getterà luce su colui che dovranno seguire e lepersone recupereranno le loro generazioni e possiederanno le loro terre in pace etranquillità” 92.

In sintesi, abbiamo visto che nella concezione Maya-Quiché ci sono quattro (o tre,accorpando la seconda e terza creazione in una unica, in cui gli uomini furono creati con illegno e spazzati via dal diluvio universale) tentativi di umanità, due distruzioni di uomininel passato e una nuova creazione, promessa per il futuro. Non ci rimane che aspettarla, e di sperare di poterla vivere noi stessi, anche solo che sitratti di quel cambio di consapevolizzazione (o consapevolezza, o coscienza) di cui moltiparlano!

5. Simbologia del Popol Vuh e approfondimenti

«Ogni vero uomo si sforza costantemente di superare se

stesso per riuscire a raggiungere l'ideale dell'onniscienza

e della perfetta visione divina, al fine di ritrovare la categoria

di uomo-dio che lo caratterizzò all'inizio» 93.

Come in ogni mito che si rispetti, alle basi del Popol Vuh vi è una simbologia molto ampiae varia. Tenterò ora di descrivere e definire qualcuna delle immagini principali di cui questolibro è costellato.

5.A :l'Universo maya:

Gli antichi Maya rappresentavano l'organizzazione dell'universo come suddiviso tra cielo eterra. Vi erano quattro atlanti, chiamati Bachab, i quali erano assegnati ad ognuno deiquattro punti cardinali e avevano il compito di sostenere il cielo, che era composto di nove

92 Scholes and Adams, 1938, Doc 46 - p. 5 di “Maya Creation Myths”, Estudios de Cultura Maya, di E. Thompson. 93 Raphael Girard, Op. cit., p. 264.

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piani o livelli sovrapposti 94. Secondo quanto sostiene Arnold, il Bachab del Nord sembraabbia il corpo di un cinghiale dell'America centrale e rappresenta l'inverno; quello del Sudè simbolizzato da una colossale testa d'aquila e potrebbe esprimere l'idea di estate. Eancora, il Bachab dell'Ovest, rappresentante dell'autunno, è un essere dal viso d'uomo, edalla cresta e gli artigli di uccello; mentre quello dell'Est è una figura in cui si è volutascorgere una rappresentazione del morto, perché con il senso di «seme addormentatonella terra» 95, in attesa che le piogge estive ne favoriscano la crescita, costituisce unaperfetta personificazione della primavera. Questi quattro Bachab quindi non erano solo ireggitori del cielo, ma ne simbolizzavano anche le stagioni e il processo della fecondità.

La terra era perciò un quadrato dai lati orientati secondo i punti cardinali ed ai quali eraassegnato un colore. Il centro formava un quinto luogo con un quinto colore del quadrato.A volte, l'atto della creazione è descritto come la preparazione di un campo di mais aquattro lati con una corda di misurazione: “Furono costruiti i 4 lati , furono ricavati i 4angoli,/furono misurati, furono messi 4 picchetti, /fu ridotta la corda, allungata la corda/ nelcielo, sulla terra, / ai 4 lati, ai 4 angoli”96. E il prodotto di questo campo cosmico sarà ilpopolo del mais, che fornirà il cibo agli déi.

Ecco dunque perché il quadrato e la piramide sono considerate rappresentazioni delCosmo.

5.B :l'Albero:

Al centro del mondo passa l'asse dell'universo (axis mundi) ecioè quella che potremmo definire la via di comunicazionecosmica; i simboli con cui viene più frequentementepresentata sono l'albero sacro e la montagna cosmica, mapossono essere sostituiti dai simboli di una colonna, unascala o una corda. Concentriamoci sulla figura dell'alberosacro, la céiba 97, «l'albero del principio» che pone in comunicazione tutti e tre i livelli delcosmo: quello sotterraneo, per via delle sue radici; quello della superficie della terra,grazie al suo tronco; e quello celeste, con i suoi rami. Riunisce inoltre in sé tutti glielementi, a partire dall'acqua che circola insieme alla linfa, la terra si integra ad essotramite le radici, le foglie si alimentano grazie all'aria e infine il fuoco deriva dal lorosfregamento.

L' antecedente esemplare dell'albero della vita è l'albero sacro e mitico su cui, nel PopolVuh, furono messe le teste degli Ahpu. Motivo per il quale è talvolta rappresentato con duerami orizzontali su cui si vedono sette fiori o glifi kin, simboli che equivalgono alle setteteste degli Ahpu, ovvero ai sette frutti sferici che ornano l'albero miracoloso di Xibalba eche hanno in questa scena mitica il loro modello esemplare. Al pari dell'universo cherappresenta, l'albero della vita si rigenera periodicamente e da qui viene la convinzionesecondo cui la fonte di vita e di eterno rinnovamento si trova al centro del cosmo.94 Paul Arnold, Op. cit. , p.51.95 Op. cit. , p.56 .96 Karl taube, Op. cit., p.88.97 La céiba è simile al jicaro, un albero indigeno del Guatemala.

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I Maya credono, inoltre, che subito dopo il diluvio vennero eretti cinque grandialberi, a nord, a sud, est, ovest e nel centro, per sostenere il cielo. Nei tre racconti ChilamBalam di Chumayel, Tizimín e Manì questi alberi “dell'abbondanza” vengono associati acolori, uccelli, direzioni. E sono tutti chiamati Imix Che, Alberi Imix, con probabile allusioneal primo giorno di un nuovo ciclo katun 98. Con il colore nero il popolo Maya indicava l'Ovest e lo identificava con la morte, poiché iventi nefasti provenivano da quella direzione. Al lato opposto vi è l'Oriente, che indicavanocon il colore rosso, che è legato al segno kan «fecondità» e ad una divinità agreste. L'Estè eccellente e il vento dell'Est insieme a quello del Nord erano apportatori di pioggia,quindi di vita. Nelle preghiere ci si riferisce spesso all'Est, e questo in molte religioni. Là,per la cultura maya abitano i chaac, gli déi della pioggia; e inoltre là è dove «emergono ilsole, la luna, le stelle, le nuvole e la pioggia» 99. Questo è anche il motivo per cui tutti glialtari sono voltati verso questa direzione. Il nord, l'alto, che designavano con il colore bianco, era ritenuto positivo, quindi attivo.Mentre il basso, quindi il sud, caratterizzato dal colore giallo, è negativo, quindi passivo. Èquesta una ripartizione delle forze cosmiche che ricorda quella, piuttosto nota, dei cinesi, iquali dividono tutte le cose tra due poli: lo yang positivo, attivo o di genere maschile; e loyin negativo, passivo, o femminile; il cielo è yang, la terra è yin.Infine il centro, per il quale passa l'asse dell'universo e l'ombelico del mondo, è per i Mayaverde come l'albero dell'origine, la céiba.

5.C : la PAROLA:

A smuovere la fissità dell’universo primordiale, il Popol Vuh chiama in causa, proprio comeil Vangelo di Giovanni nel Vecchio Mondo, il Verbo, la parola. Faccio un rapido confronto tra i due testi: secondo il mito maya, "vi era immobilità esilenzio nell’oscurità, nella notte. Unicamente il Creatore e il Modellatore (…) si trovavanosulle acque circondati di chiarore.(…) Allora giunse la sua Parola. Si riunì qui con ilSovrano Serpente Piumato, qui nell’oscurità, nella notte, e parlarono fra loro e meditarono;si misero d’accordo, congiunsero i loro vocaboli e i loro pensieri.(…) Allora decisero lacreazione" 100. Mentre l'evangelista Giovanni afferma che "in principio era il Verbo, il Verboera presso Dio, e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto permezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di ciò che esiste" 101.

Tutto il cosmo è stato dunque creato dalla parola e per parola e volontà di Dio, Hunab Kuper i Maya. La parola assume un senso quasi magico diremmo noi: 'egli disse luce, e lucefu'; conosciamo tutti questa formula.E ancora nel discorso che gli Ahpu fanno a Ixquic al momento di fecondarla viene messain rilievo l'equivalenza dei termini Parola e Azione: quel che è detto è fatto, o sta peresserlo. Si capisce quindi perché i Maya, come anche i Chorti, non pronuncino maidirettamente il nome del demonio: se il fatto di pronunciarlo lo fa comparire, è chiaro che lo

98 Karl Taube, Op. cit., p. 110.99 Paul Arnold, Op. cit., p.61 .100 Versione di Recinos.101 Vangelo di Giovanni, 1, 1-2.

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considerino un tabù. Lo scrittore Le Clézio, che tradusse in francese i testi Las Profecías de Chilam Balam e laRelación de Michoacán, si espresse su questo tema della parola divina che nomina e faapparire le cose, dicendo che è la “palabra mágica que sale de la boca misma de Hunab Ku, el

Verdadero Dios, palabra de los dioses y del infierno, palabra de los Katun y del Sacerdote Chilam”102. Il potere di questa parola è lo stesso che fu concesso ai profeti e ai Sacerdotes-del-culto-solar, o chilam balam. Lo Chilan viene infatti sempre rappresentato con una bocca smisurata, sbadigliante, dallaforma quasi quadrata, poiché si tratta della bocca degli déi di cui riferisce le parole.Interpretandolo a modo suo, anche il primo vescovo dello Yucatan Diego de Landa, ilquale diede avvio ad un'opera di totale distruzione dei libri indiani nel 1549, scrisse che ilcompito dello chilan era quello di «fornire al popolo le risposte dei demoni» 103. Abbiamovisto che operava come oracolo all'interno del tempio, tenuto all'oscurità, in estasi,sdraiato sul suolo. Esprimeva ad alta voce i messaggi del cielo, in un linguaggio elevatoche veniva poi interpretato.

Questo potere cosmogonico della parola è riconosciuto e diffuso in molte tradizionireligiose e lo troviamo riassunto persino in un verso dell'illustre filosofo e grammaticosanscrito del V secolo Bhartrhari, il quale recita: “Quelli che conoscono la rivelazione,sanno che questo universo è una trasformazione della parola“ 104. E' forse da collegare allafrase del Libro del Chilam Balam, un poco più brutale, che afferma che «Chi non sacomprendere morrà; chi capirà, vivrà»? Come dire che solo quelli che si risveglieranno eche riusciranno a capire cos'è realmente la vita, sapranno poi onorarla per ciò che è e nonsaranno preoccupati della morte perché capiranno che si tratta solo di un cambiamento, diuna rigenerazione?Forse; ma intanto vi lascio con un commento che il Popol Vuh aggiunge sul dono dellaparola che fu fatto ai primi esseri umani: contrapposta al silenzio che è “desolazione,abbandono e morte” 105, questa risuonò “armoniosa como nunca jamás música algunahabía sonado ni vibrado bajo el cielo” 106.

5.D : Cicliche RINASCITE:

Sappiamo che il Maya trova invidiabile il destino dell'uomo e che una delle sue maggioripreoccupazioni è la reincarnazione , il cui simbolo107(figura a sinistra) è espresso da un

vaso pieno di cenere e di ossicini da cui nascono una, due o a volte tre foglierialzate e con una nervatura centrale: ciò che sembrava morto, rifiorisce. Nel Popol Vuh, nel momento in cui gli Ahpu salutano la nonna e le dicono di nonpiangere poiché conoscono la sorte che li attende -si incorporeranno al sole e allaluna mostrando come l'anima umana si fonda in quella divina-, alludono alla lorosopravvivenza / continuazione della vita, ma non alla loro immortalità. Con questo,

102 Jean- Marie Gustave Le Clézio, Profecías de Chilam Balam, p.23 .103 Paul Arnold, Op. cit., p.66 .104 BV I:120, http://www.riflessioni.it/simbologia/popol-vuh-1.htm .105 Ermilo Abreu Gomez, Op. cit. , p.21 .106 Op. cit., p.23 .107 Simbolo 98, Paul Arnold, Op. cit., p. 160 : Reincarnazione, rigenerazione, resuscitare: caput-cux.

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secondo Girard 108, i gemelli espressero la credenza animistica della loro epoca. Hunahpuinsegna una nuova dottrina che elimina la paura della morte, dal momento che essaconduce all'apoteosi divina in cielo. È questa la ragione per cui le famiglie non devonopiangere di fronte alla felicità che attende il defunto. Ritroviamo questa idea anche nelvocabolario dei Chorti, dove vi è un unico termine per indicare 'morire','trascorrere l'estate'e 'viaggiare'.

Nel loro viaggio, i morti svolgono un'importante funzione nella rinascita delle piante:pare che essi, infatti, siano i «fati» o le «larve» stesse delle piante 109; questo è unesempio di come i due concetti di fertilità della natura e fecondità dell'uomo sianoprofondamente legati e inseparabili. In entrambi i casi è Dio stesso che interviene nell'attodi procreazione; l'uomo depone il suo seme nel ventre della donna allo stesso modo in cuimette le sementi sotto la terra, tuttavia la metamorfosi sia dell'uno che dell'altro si realizzain modo soprannaturale, che non dipende da loro, come grazie ad un soffio vitale.I principali simboli della rinascita dopo la morte e della rigenerazione periodica della vitasono infatti il sole e il mais, che vediamo riuniti e personificati in Hunahpu. La sua testarecisa paragonata alla palla di gomma presenta un'ampia gamma di significati al riguardo:a) rappresenta il mistero del chicco o del seme che muore in seno alla terra pertrasformarsi nella pianta che sarà il nutrimento dell'umanità maya-quiché;b) sul piano astronomico descrive il sole che muore sottoterra per rinascere-risorgere adest;c) è espressione della morte che si disintegra nella terra per trasformarsi e dare vita ad unnuovo essere. Dio tagliò la testa di suo figlio solamente «per manifestarsi», dice il 'Librodel Consiglio', ovvero per manifestare la sua presenza nel momento culminante deldramma della germinazione, che si trasferisce sempre anche sui piani astrale e umano 110.In questo Girard vede la dimostrazione di un passaggio importante dall'animismo al pianopiù elevato dello spiritualismo.

Il dramma della creazione cosmica che si ripete in creazioni successive del mondoe dell'umanità viene commemorato ancora oggi: durante la cerimonia del passaggio delsole attraverso lo zenit che i preti chorti celebrano due volte all'anno, ad esempio, tuttequeste creazioni rinnovate o rigenerazioni periodiche del mondo, dell'uomo e dellavegetazione, nelle quali intervengono le stesse forze sacre e la cui azione rimane identicasia nel mito sia nel rito, permettono di comprendere appieno il meccanismo cosmo-teogonico della creazione prima del pensiero maya, considerata l'archetipo di tutte lecreazioni. Persino le celebrazioni del nuovo anno erano vissute come ripetizioni ritualidella distruzione e della ricreazione del mondo, mentre la piantumazione degli alberirappresentava il rinnovamento.A pagina 74 del Codice di Dresda si trova un valido esempio di quanto detto 111:descrivendo il disastroso diluvio, che può esser visto come evento fondamentale dellacreazione in quanto conduce all'origine del mondo attuale, precede ed introduce le pagine

108 Raphael Girard, Op. cit., p. 162 .109 Paul Arnold, Op. cit., p. 32 .110 Raphael Girard, Op. cit. , p.168.111 Karl Taube, Op. cit. , p.10.

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che descrivono l'istituzione del nuovo anno, con l' innalzamento dei cinque grandi alberi anord, sud, est, ovest e al centro per sostenere il cielo.5.E : Divinità Creatrici:

I Maya avevano una concezione della divinità estremamente evoluta e sofisticata: ladivinità preesistente alla creazione del mondo, chiamata con molti nomi fra cui Hunab Ku,Cabahuil o Cuore del Cielo, è immaginata duplice: femminile e maschile insieme. Esso èallo stesso tempo Creatore (femminile, "Colei che concepisce i figli") e Modellatore(maschile, "Colui che li genera"). Questa visione serve a distribuire fin dal principio in modo equilibrato la presenza di Yin eYang nel racconto della creazione; e a dimostrare che in natura ogni cosa trae la suaorigine dall'equilibrata comunione dei due poli sessuali. Hunab Ku è, ormai sarò chiaro, quel dio che è ovunque; un organismo gigantesco che cicontiene tutti. È possibile ridurre a un denominatore comune, ovvero a Lui in quanto Unità,sia la comunità sia gli déi, gli astri e le serie del calendario. Ciascuna serie in sérappresenta il Tutto assoluto, così come ogni dio rappresenta in sé tutta la divinità e cosìcome i figli si considerano uno sdoppiamento o alter ego dei genitori. È possibile comunicare con questa entità solo attraverso il sole. La divinità creatrice nel Popol Vuh, inoltre, appare svincolata da appartenenze etniche eregionali: non è "il Dio dei Maya", né di qualche popolo eletto o ristretta cerchia di fedeli.Alcune divinità minori di tipo totemico compariranno solo nella terza parte del libro, comead esempio gli idoli delle varie tribù, ma Cabahuil, il Creatore e Modellatore, è unadivinità a carattere universale. La duplice deità creatrice è chiamata anche Gucumatz o Kukulkan, e si tratta di quel"Serpente Piumato" che ritroviamo con diversi nomi in molti popoli precolombiani.

Per quello che riguarda le divinità che si preoccuparono di realizzare i vari tentatividella creazione dell'umanità, sappiamo che dal triumvirato teogonico che diede avvio alprimo tentativo (Tepeu, Gucumatz e Hurakan) si passò ad un settemvirato di cui feceroparte anche i quattro dei cosmici Alom, Bitol, Cajolom e Tzakol 112, per poi concludere conun gruppo di tredici dèi che realizzò l'ultima creazione.

Sul piano astrale, questi tredici Dèi corrispondono alla divinità solare nella sua posizionezenitale e al suo seguito stellare composto da dodici compariche costituiscono il gruppo degli déi della pioggia, i chaac 113. IlChilam Balam di Chumayel ci parla di questi «Déi che sonoimpringionati nelle stelle» (trad. di Mediz Bodio) e ci dàun'eccellente illustrazione del gruppo dei tredici Déi nellafigura114 riprodotta qui accanto che mostra la divinità solare del

centro del cielo in funzione di Dio-Tredici, accompagnato da dodici stelle aventi tutte lastessa forma. 112 Raphael Girard, Op. cit., p.24.113 Op. cit., p.53 - Dobbiamo questa spiegazione ai preti Chorti che continuano ad osservare le norme tradizionali

stabilite in questo mito. 114 Op. cit., figura 8 p. 54: Il Dio Tredici (solare) al centro dei dodici Dei stellari che integrano la sua personalità. Si

osservi che la divinità è in piedi, sull'albero cosmico, i cui rami assomigliano a delle braccia aperte ad implorare le benedizioni celesti (disegno tratto dal Chilam Balam di Chumayel).

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Questi tredici Dei, la cui genesi risale alla Terza Era, sono il modello del numero sacro,tredici appunto, fondamentale nell'astronomia e nel calendario mesoamericani.

Se questo Dio rappresenta gli déi della pioggia, il Dio-Sette rappresenta gli Déi agrari, iprimi dei quali furono gli Ahpu. Il personaggio classico corrispondente a Hun Hunahpu, ilpadre degli eroi gemelli, è un dio del mais; mentre la nonna Ixmucané, colei che èincaricata di preparare la massa che sarebbe diventata la consistenza del corpodell'uomo, appare nel Popol Vuh come la “Abuela Déa del Maíz”. Infine i due Eroi GemelliHunahpu e Ixbalamqué, divennero déi del mais e riemersero da Xibalba elevandosi alcielo come Sole e Luna, ritenuti doni dai Maya; e che ogni giorno re-interpretano il loroviaggio nell'Aldilà e il loro festoso/gioioso ritorno.

Il momento propizio per ogni creazione è il periodo antecedente alla prima alba.Sapendo che ogni creazione è una ripetizione della prima e, allo stesso tempo, che lospuntare del giorno viene visto “per la prima volta” soltanto dagli uomini di mais, èplausibile che ci si chieda come mai il sole sorga successivamente alle ben tre creazionidell'uomo. Una eventuale risposta a questo dubbio è che con questa “prima volta” siintenda trattare della nascita non di un sole fisico ma di quello metafisico che simbolizzal'illuminazione della mente. Potrebbe risultare un'allegoria sul comportamento chedovrebbe avere ogni uomo: prima si diventi realmente uomini e poi si raggiunga laconsapevolezza della propria origine! Solo allora si avrà la luce, intesa come qualcosa chenon viene creata ma piuttosto “attivata”, “risvegliata”, rivelata e portata allaconsapevolezza. Potrebbero avere ragione coloro che dicono che anche i sassi, gli alberie gli animali hanno ognuno un proprio livello di coscienza, ma che forse solo l'essereumano può rendersi conto di essere Dio che osserva se stesso nel cosmo; oppureTeilhard de Chardin, teologo-scienziato francese del secolo scorso a cui va il merito diaver collaborato al progetto di tessere un ponte di collegamento tra pensiero scientifico epensiero religioso, che in una sua frase celebre affermò: “We are not human beingshaving a spiritual experience; we are spiritual beings having a human experience” 115.D'altra parte, come lo abbiamo visto per i Maya, anche secondo la Kabbala ebraica tuttociò che è in terra rispecchia in modo fedele ciò che sta in Alto e il senso della Stella diDavid di “come in Cielo, così in Terra”, dice Malanga 116, riassume tutto il suo significato.Se il divino si fa umano, ogni nostra azione, anche la più banale, potrebbe forsecondizionare le stelle, le galassie, i mondi spirituali? Perché in fondo, se ricordiamo ilracconto della creazione originale e quello del Big Bang che dicono che tutto ciò chesiamo è parte di una nebulosa primordiale (o “polvo cósmico”), forse non è così sbagliatopensare che siamo davvero “polvere cosmica” più “il soffio vitale di Dio”, l'anima, lo spirito!

5.F : Rogo/ ciclo della FENICE:

In occasione del dramma della quarta Creazione, al momento del rito di purificazione datoin esempio dai Gemelli nel rogo di Xibalba, furono creati il sole e la luna, che salirono in

115 Pierre Teilhard de Chardin, The Phenomenon of Man (Le Phénomène Humain) , 1955.116 Claudio Malanga, “Genesi”, p. 30.

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cielo contemporaneamente ai 400 Giovani che rappresenteranno le Pleiadi 117. Abbiamo,in questo rogo, l'esemplare primordiale del Fuoco Nuovo, che da quel momento in poidovrà commemorare questo avvenimento alla fine di ogni età o Era, ovvero nelle stessecircostanze in cui si realizzò per la prima volta prima dell'inaugurazione della quarta Era.

Ogni volta dunque che si inaugurava un nuovo ciclo, veniva acceso il Fuoco Nuovoaffinché simboleggiasse la rinascita di una nuova vita in seno a una nuova creazione.

Nel convertire i gemelli da esseri terrestri a celesti, il fuoco assume dunque il ruolo ditrasformatore di esseri ed oggetti da una forma inferiore ad una superiore.

Se ci spostiamo sul piano agrario, il procedimento preconizzato da Hunahpu che consistenel ridurre in polvere, come farina di mais, le sue ossa calcinate, mette per la prima voltain rilievo le proprietà magiche della cenere, sostanza in cui si trasformano i Gemelli primadi risuscitare. Ecco che, così come la fenice, Hunahpu e Ixbalamqué rinascono dalle loroceneri.

Nella teologia eliopolitana, il concetto della vita-morte-rinascita era sintetizzato edespresso in un'unica immagine: quella, appunto, della leggendaria fenice (l'uccello Bennu)che a intervalli di tempo molto distanziati tra loro «costituiva un nido di rami odorosi e dispezie, lo gettava nel fuoco e si lasciava a sua volta consumare dalle fiamme. Dal rogonasceva miracolosamente una nuova fenice che, dopo avere imbalsamato le ceneri di suopadre in un uovo di mirra, le portava con sé in volo fino a Eliopoli dove le deponeva su unaltare del dio-sole egizio, Ra. Secondo una variante della storia la fenice morente volava aEliopoli e si immolava sul fuoco dell'altare, da cui poi nasceva la giovane fenice» 118.Questo uccello ha acquisito molti significati nel corso della storia e della letteratura ed è lostesso che viene ripreso ai giorni nostri dall'autrice di Harry Potter, ad esempio; ma ilprimo riferimento ad esso si trova nei Testi delle Piramidi egizi. Il suo nome, Bennu, sisuppone derivi dal verbo benu, che significa 'risplendere', 'sorgere' o 'librarsi in volo'.

È dunque un simbolo dell'eterno ciclo della vita, che può essere paragonato, di nuovo, alsole che nasce all'alba, muore al tramonto e che rinasce il mattino successivo.

5.G : UOMO: MAIS/PIANTE = fecondità umana : fertilità della terra :

Abbiamo già trovato come, per i Maya, i due concetti di fecondità umana e feconditànaturale (intesa come quella delle piante) sono inscindibili.Per questa ragione potremmo dire che l'archetipo e modellodi tutte le fecondazioni risale a quella della “prima donna”,Ixquic, di cui narra il Popol Vuh. Questo episodio spiega la credenza indigena nel fatto chela vita, al pari delle generazioni umane, discende dai ramidell'albero cosmico, allo stesso modo in cui ne è discesa lasostanza divina generatrice dei gemelli (déi del mais). D'altra parte, la fecondazione miracolosa di Ixquic (la terra)

117 L'episodio dei 400 Giovani è descritto dal Popol Vuh nel racconto dell'uccisione di Zipacná, figlio di Vucub Caquix,che avvenne per mano dei due Gemelli, incaricati di esercitare questa giustizia da Hurakan; pp. 114-118.

118 Robert Bauval e Graham Hancock, Custode della Genesi, p. 262.

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per mezzo della caduta della saliva, bava o linfa (che potremmo classificare comespirituale) dall'alto dell'albero sul carnale, ovvero sulla mano e poi dentro di lei, spiega ildoppio mistero del concepimento dell'uomo e della germinazione delle piante. E vienerappresentata ancora oggi dai preti chorti, i quali versano davanti all'idolo un getto doppiodi sangue d'uccello e di boronté (bevanda a base di mais e di cacao, riservataall'alimentazione degli déi e dei loro rappresentanti terrestri) 119 che ricade sull'ombelicodella terra, rappresentato dalla duplice buca scavata ai piedi dell'altare.Per di più, questa credenza ha un suo equivalente sul piano linguistico, in quanto le linguemesoamericane per tradurre l'idea di nascere si servono del verbo 'discendere' e negliscritti geroglifici il concepimento o la nascita di una creatura è simboleggiata da unatraccia di piedi discendente [ 120 ].

E ancora, ritroviamo questo concetto nella posizione adeguata che, nel cerimoniale chortiosservato dai genitori di un defunto in sostituzione dei lamenti di un tempo 121 , il cadaveredoveva avere come condizione richiesta per un felice esito del dramma funebre. Questaposizione consisteva nel sistemare il cadavere sul dorso, al centro di una croce o nelmezzo della casa, con la testa rivolta verso oriente e i piedi verso occidente, nelladirezione verso cui il morto si sarebbe «incamminato» (si ricordi che morire eincamminarsi sono sinonimi) fino ad arrivare, come fecero Hunahpu e Ixbalamqué, alpunto d'intersezione dei 4 sentieri sotterranei, ovvero al cuore dell'aldilà. Detto in altre parole, il corpo si deve trovare al centro del cosmo imitando i gambi di maische piantarono i Gemelli al momento di salutare mamma e nonna, o come l'idolo postosull'altare. Questa è la posizione fissata da Hunahpu quando distese Zipacnà: lo staredisteso sul dorso con la bocca all'aria permette allo spirito di uscire liberamente dal corpo,che Dio poi isserà verso l'altro mondo. Questo spirito o anima lo troviamo rappresentato nel Codice di Dresda122 da un nastro o dauna corda, così come l'essenza divina, mentre dai Chorti è simboleggiata con una catenadi 13 frutti che cinge il cadavere e che essi chiamano «il cavo con cui ci tira nostroSignore».Nella cultura maya-quiché, un simbolo ancor più importante con cui viene interpretatal'anima, lo spirito o il cuore divino e umano è il mais, che equivale anche al nostro sangue.Ecco perché, nel corso della notte cosmica narrata dal Popol Vuh, si realizzanosimultaneamente le creazioni del mais, degli esseri umani e della cultura maya-quiché; eperché il ciclo della vita di Hunahpu, o del mais, è altresì l'immagine della vita umana.L'inizio e la conclusione di queste vite derivano dalla stessa fonte di vitalità universale edobbediscono ad un identico principio di causalità che si esprime nel seguente dogma: “Dio

119 Raphael Girard, Op. cit., p. 108.120 Figura 22, Op. cit., p.104 :Tlazoltéotl, replica di Ixquic, partorisce. Si osservi la finezza dei tratti di Hunahpu, i

numerosi segni: le mezze lune che rappresentano Ixquic, le impronte di piedi in posizione discendente che indicano la provenienza celeste dei bambini: il dio nascente arriva tenendosi a dei cordoni (cordone ombelicale assimilato ai cordami celesti). Il dio agrario, replica di Ahpu, feconda la vergine Ixquic (versione antropomorfica del tema dell'albero di vita che feconda Ixquic). Si osservi che l'atto si compie, al pari del parto, su un tappeto.

121 Op. cit., p. 176 .122 Figura a p. 3 del Codice di Dresda.

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dà il respiro alle creature e lo toglie loro al momento della morte per riassorbirle nellamateria biocosmica” 123. In questo modo, la creazione del quarto Sole non è qualcosa che si è prodotto bensì che siriproduce continuamente, al pari di ogni creazione mitica, dell'eterna fioritura dellavegetazione, del movimento continuo degli astri e, aggiungerei, con un punto difocalizzazione più ristretto al nostro quotidiano, del nostro svegliarci freschi ogni mattina eandare a riposare, perché con le energie più limitate, la sera.

5.G.1 : l'Acqua:

Un ruolo fondamentale in questa stretta relazione tra uomo e piante (o mais) è giocatodall'acqua, in quanto possiede la proprietà magica di favorire lo sviluppo dell'essereumano, nella stessa maniera con cui favorisce quello delle piante. Il fiume in cui avviene la risurrezione di Hunahpu e Ixbalamqué, nel Popol Vuh, non èinfatti che un simbolo della vita stessa, simbolo della nostra Materia Prima. Così comeimmunizza l'uomo contro qualsiasi influsso maligno, protegge e rende inattaccabile lasemente e questo, secondo Girard, perchè «infiltra in lui del sangue divino» 124.

In questa relazione tra acqua-piante-uomo-mais-sangue risiede anche la causa deisacrifici del popolo in esame: benché questi continuino ad essere l'aspetto più condannatodell'antica religione mesoamericana, nascevano da una premessa basilare, quella cioè delriconoscimento del ruolo e della responsabilità degli uomini nella conservazionedell'equilibrio cosmico. Il Popol Vuh insegnava che gli déi crearono la razza umana, ilpopolo di mais, affinché li sostenesse con preghiere ed offerte. Inizialmente ritenevanonecessario che il sangue da versare dovesse essere umano, concetto che viene espressoin modo efficace nel sacrificio degli Ahpu che permette loro di trasformarsi in frutti. Quando però, nel corso della quarta Era, i Maya-Quiché proclamarono l'inviolabilità dellavita umana, non fu l'idea a cambiare bensì la modalità di sacrificio: ci si limitò infatti asostituire i sacrifici umani con i sacrifici di animali; ed è così che continuano ancora,tramite i preti indigeni che versano del sangue alla terra affinché essa, fecondata, producadei frutti.

5.H : Il juego de la pelota , o Tlachtli :

Questo gioco della pelota, a cui sono collegati gli eroi gemelli, è un gioco dal significatocosmico: esso ricostruisce e ripete il mito della creazione, la lotta del bene contro il male.Si è detto che i Maya-quiché, al pari di altri popoli dell'antichità, nell'interpretare i fenomenilegati alla propria esistenza, fecero una realizzazione di sé attraverso il mito. È ciò che simanifesta parzialmente nella tradizione del gioco della palla, i cui aspetti religiosi e socialisi esprimono, appunto, con uno stampo mitico.

Per quanto riguarda l'aspetto religioso, si trova come principale significato larappresentazione magica del ciclo delle forze luminose: dalla nascita del sole, la suaazione benefattrice sulla terra, fino al suo viaggio nell'oltretomba dove affronta e lotta

123 Raphael Girard, Op. cit., p.215.124 Op. cit., p.191 .

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contro le forze dell'oscurità per vincere e risorgere come un sole nuovo. Nel frattempo, laluna figura come compagna del sole in lotta sempre rinnovata tra gli esseri luminosi equelli dell'oscurità.

Vi fu un primo tentativo di creazione di esseri luminosi rappresentato da Hun-Hunahpu eVucub-Hunahpu, che tuttavia fracassò per la loro sconfitta (sleale!) per mano delle forzedell'oscurità personificate dai signori di Xibalba. Alla morte di questa coppia fu fatto unnuovo tentativo, questa volta rappresentato dai gemelli Hunahpu e Ixbalamqué: essi siaffrontarono varie volte nel campo da gioco con i signori di Xibalba, senza essere maivinti. Quando il primo viene decapitato nella Casa dei Pipistrelli, l' altra/o si trova a lottareda sola/o in campo. La decapitazione di Hunahpu e la permanenza di Ixbalanquésimboleggiano la “morte” del sole mentre la luna prosegue combattendo la battaglia controle forze dell'oscurità; in questo ordine di idee, il recupero della testa di Hunahpu equivaleal sole che rinasce. Potremmo quindi considerarla come una spiegazione dellasuccessione del giorno e della notte, così come una esplicazione della presenza della lunadurante quest'ultima; la continuità del ciclo rimane spiegata dal pareggio nel campo digioco 125.

In questo tlachtli ogni squadra era composta da sette giocatori (immagino che ilnumero variasse a seconda delle varie popolazioni)e quella che perdeva pagava la sconfitta ad unprezzo piuttosto caro: il caposquadra venivadecapitato. Il campo era costituito da un'arenarettangolare, la più grande delle quali era quella diChichen Itzá, i cui due lati più lunghi erano di 166metri e delimitati da alte mura; al centro di ognuno,a una decina di metri sottoterra, fuoriusciva unanello di pietra ornato da incisioni cherappresentavano serpenti intrecciati 126. Per vincere la gara il giocatore doveva gettare unapalla di gomma dura e pesante attraverso gli anelli, ed era ammesso passarsela e tirareusando solo cosce, spalle, fianchi e ginocchia.

I segnapunti di pietra dei campi da gioco rivelano che i Maya classici ripetevanoritualmente la partita mitica avvenuta tra gli eroi gemelli e i signori di Xibalba: in uno diquesti a Copán, ad esempio, vi è rappresentato Hunahpu che gioca contro un dio dellamorte 127.

5.I : Missione dei gemelli:

Come molti dei salvatori degli antichi miti, Hunahpu e Xbalanqué sono figli di una vergine-in questo caso Ixquic-, ovvero di una coscienza pura.

Sul piano astronomico, abbiamo visto che la storia dei gemelli riproduce il corso del sole (edella luna) e, tanto nella sua traiettoria diurna che nel suo circuito annuale, simboleggia il

125 Teresa Federico, “Simbolismo del juego de pelota en el Popol Vuh” Estudios de Cultura Maya, p. -------!!!! 126 Zecharia Sitchin, Gli dèi dalle lacrime d'oro, p. 100.127 Karl Taube, Op. cit. , p. 103.

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ciclo della vita umana: è questa la ragione per cui il sole (Hunahpu) nasce con l'aurora,muore scendendo sottoterra, per poi rinascere, trionfalmente, a Oriente. Nella ripetizionecostante di questi movimenti si proietta la legge dell'eterno rinnovamento universale, di cuitutti e tutto facciamo parte.

Gli déi del mais Hunahpu e Ixbalamqué, dunque, si umanizzano per innalzare il livellodell'uomo al piano divino e diventano i modelli del vero uomo (halach winik, in maya; Achiin quiché) 128.

In questa loro missione viene rafforzato quel legame di cui non possiamo non accorgerciche esiste fra le loro vicende e quelle dei “messia” dei miti del Vecchio Mondo. Si dovràquindi ammettere che i popoli amerindi hanno potuto attingere alle stesse fonti mitiche eletterarie di Egizi, Ebrei, Greci, Persiani, etc oppure chissà che queste informazioni nonriguardino un linguaggio simbolico onnipresente ed eterno che esprime alcune verità cheancora non abbiamo scoperto!

Oltre al ciclo del sole, il complesso viaggio del dio del mais e dei suoi figlisimboleggia l'origine degli uomini, che corrisponde alla creazione del mais. Sembrapertanto che la discesa nell'oltretomba sia anche la ricerca della sostanza di cui è fattal'umanità; questa concezione è, sia per contenuto sia per significato, molto simile a quelladegli Aztechi, che narrano della discesa di Quetzalcoatl nella Terra dei Morti perrecuperare le ossa da cui nasceranno gli uomini (che verranno poi mischiate, dalla deaCihuacoatl - 'Donna serpente', con il sangue del dio) 129.

5.L : Numerazione:

Per i maya i numeri rappresentano al tempo stesso delle personalità divine, dei corpiastrali e dei settori cosmici legati a fenomeni meteorologici. Questa concezione, che staalla base della struttura dei sistemi del calendario, astronomico, matematico, astrologico ecronologico dei Maya-Quiché, reputa le cifre più importanti rispetto ai nomi percaratterizzare gli déi, perché sono le sole invariabili che li identificano.Il giovane dio Hunahpu impersona, fin nel nome proprio (Hun significa Uno) e nelleallegorie perfettamente intellegibili per lo spirito indigeno, l'unità matematica e cronologica.Questa si traduce attraverso i numeri Uno e Cinque, e Venti, che rappresenta il dio solarenella sua funzione di Vero Uomo, di modello dell'essere umano perfetto,contrapposto alle creature dei cicli precedenti che si trasformarono in animali. L'unità vigesimale è anche simboleggiata drammaticamente nella scena in cui idue Gemelli «stendono le mani, le une sulle altre» al momento di precipitarsi nelrogo di Xibalbá 130. Il mito stabilisce così, in questo modo allegorico, le basi delsistema aritmetico maya-quiché: le mani e le dita sono infatti le basi dellanumerazione, e l'Unità diventa un uomo completo in possesso di venti dita [figura131].Ventisi traduce quindi hun winak (un uomo), quaranta si traduce ca winak (due uomini) e così

128 Raphael Girard, Op. cit., p. 120. 129 Zecharia Sitchin, Op. cit., p.45 .130 Raphael Girard, Op. cit., p.209 .131 Figura 58, Op. cit., p. 210 : Il dio del mais munito di dita e unghie gigantesche assimilate a dei segni kin, simbolo

dell'unità aritmetica (Codice Tro-cortesiano)

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via. Lo stesso episodio esprime anche i venti giorni del uinal: questa è l'unità che si manifestanella struttura del tun, anno di 360 giorni e simbolo dell'intima fusione luni-solare perchèformato dall'unione di una cifra solare (venti, un uomo, Hunahpu) e di una cifra lunare(diciotto mesi, Ixbalamqué).

Un altro numero che troviamo con insistenza nel corso del racconto della QuartaCreazione è il numero 4, che corrisponde ai settori del piano cosmico, i quali, a loro volta,si riflettono nella divisione in quattro settori del territorio per mezzo di due linee che siincrociano al centro della piazza pubblica delle cerimonie 132; assume dunque il valoremistico di immagine del centro, dell'ombelico o cuore del mondo maya-quiché.

C'è chi poi afferma che il mito maya e la sua periodica riproduzione sembrano averassorbito, probabilmente “nel far eco ai 'miti' del Vicino Oriente” 133, gli elementi celesti del

racconto e, in particolare, il simbolismo del numero sette legato alpianeta Terra. Nelle raffigurazioni che si trovano lungo le mura delcampo da gioco (o sala della palla) alcuni giocatori sonorappresentati con l'emblema del Disco del Sole, mentre altripresentano quello di una stella a sette punte [figura accanto]. DaSitchin sappiamo inoltre che la rappresentazione dei pianeti comestelle a più punte era molto frequente; eprobabilmente questa usanza cominciò findai lontani Sumeri: essi non contavano i

pianeti come facciamo noi, ovvero dal Sole verso l'esterno, bensìal contrario, dall'esterno verso l'interno. Risulta, così, che Plutoneera il primo, Nettuno il secondo, Urano il terzo, Saturno il quarto,Giove il quinto; e ancora Marte era il sesto, la Terra il settimo eVenere l'ottavo (figura a, qui a destra). Un qualche indizio afavore di questa tesi si potrebbe trovare a Chichén Itzá e in altri luoghi dello Yucatan, dovesono stati trovati simboli quasi identici a quelli con i quali i diversi pianeti venivanorappresentati in Mesopotamia (figura c, accanto).

5.M : Ixbalamqué era maschio o femmina? :

Ixbalamqué era maschio o femmina? Su questa domanda sono state avanzate parecchie ipotesi e opinioni, sono state prese edutilizzate entrambe le possibilità, ma resta una delle croci della scuola Maya. La polemica più grande si basa sull'iniziale X (o Ix): vi è il dubbio tra che sia un diminutivoo un possibile segno di femminilità. Girard, ad esempio, sostiene deciso che la radice ix è una particella che denota lafemminilità e che quindi determina il sesso di chi la porta nel nome. Nel Popol Vuhtroviamo altri due esempi di donne, Ixmucané e Ixquic (dove Quic significa al contempo:sangue, resina, linfa come pure qualsiasi secrezione liquida, divina, umana o animale, che

132 Op. cit. , p. 266 .133 Zecharia Sitchin, Op. cit. , pp. 103-104. Figure 41 e 42 di pagina 103.

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si assimila alla pioggia, parimenti regolata dalle fasi della luna 134), su cui non vi è alcundubbio che siano femmine; è dunque chiaro ed inequivocabile per lui che Ixbalamqué siauna femmina. Vi è anche l'idea largamente diffusa che, se questo/a gemello/a fossepensato come maschio, dovrebbe essere più Venere che la Luna135. Tuttavia c'è chi tratta entrambi i gemelli come maschi, sostenendo che Sole e Luna sono,appunto, due fratelli e non fratello e sorella. Non sarò di certo io a risolvere questo quesito, anche se sono fiduciosa che gli studiosipossano un giorno arrivare ad una risposta, magari utilizzando nuove piste; un possibileindizio va secondo me ricercato nel gioco della palla: nonostante non ci sia un accordogeneralizzato nemmeno su questo punto, c'è chi afferma che “il gioco veniva praticato daquasi tutti gli adolescenti e maschi adulti, sia nobili che popolani" 136. Se questo fosseattestato come certo, allora potremmo dire che entrambi gli Eroi gemelli del Popol Vuherano maschi. In questo studio ho preferito servirmi di entrambi i generi femminile e maschile per lasciarea chiunque una decisione personale; a me, ad esempio, piace pensarla come sorella diHunahpu, che anche se a volte potrebbe risultare l'assistente 137del fratello, gli dàcomunque sempre un aiuto del tutto indispensabile!

5.N : Animali messaggeri per i Gemelli:

Nel Popol Vuh, nel momento in cui i messaggeri di Xibalba lasciarono la casa di Ixmucanédopo aver riferito l'ordine di convocare i due gemelli per una sfida sul campo da gioco, laabuela ricevette un grande aiuto da un pidocchio, che le cadde dai capelli e cominciò acamminarle sulla gonna. Avendo ascoltato le parole dei messaggeri, questo insettinovenne gentilmente e rispettosamente incaricato di portare la notizia a Hunahpu eIxbalamqué, che stavano giocando da molte ore nella Plaza de Juego, che era piuttostolontano da casa.

All'inizio del suo cammino, l'animaletto venne visto da un rospo, e alla domanda su dovestesse andando, rispose: «Llevo el mandado en mi barriga (pancia). Voy en busca de losnietos de Ixmucané para darles un recado de los señores de Xibalbá» 138. Si noti che qui ilventre è inteso come l'organo dell'intelligenza, della memoria e dei sentimenti; funzioni cheadempie anche il cuore.

Per accorciare i tempi di percorrenza del messaggio, il rospo si propose di ingoiare ilpidocchio, e di trasportarlo. Dopo un po' incontrarono un serpente bianco di grandidimensioni, e insieme decisero che avrebbe inghiottito il rospo per metterci ancora menotempo. Dall'alto, un uccello da preda (el gavilán) vide l'animale strisciare con fatica etroppo lentamente rispetto all'urgenza del messaggio; discese allora dalle nubi, si avventò

134 Raphael Girard, Op. cit. , p. 110. Troviamo una spiegazione molto simile a pagina 63 del dizionario K'iché – Inglese di Allen J. Christenson, dell' Università Brigham Young : “ kik’<el> (n) = blood; sap (linfa, sangue, vigore);http://www.famsi.org/mayawriting/dictionary/christenson/quidic_complete.pdf .

135 Recinos, 1950:162-163; Edmonson, 1971, 142-144; Nathaniel Tarn e Martin Prechtel, “Metaphors of relative elevation, position and ranking in Popol Vuh”, Estudio de Cultura Maya, p. 14 .

136 Wilkerson, p. 45 e altri: http://it.wikipedia.org/wiki/Gioco_della_palla_centroamericano .137 Nathaniel Tarn e Martin Prechtel, Op. cit., p.14 .138 Ermilo Abreu Gomez, Op. cit. , p. 142.

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sul serpente e lo divorò. Riuscì così a portare il messaggio a destinazione prima che fossenotte.

L'interpretazione che Girard 139dà a questo episodio vede come protagonisti l'uccello dapreda, che rappresenta il sole; il serpente bianco, che per la prima volta compare sullascena mitologica ed è simbolo della Via Lattea 140; e infine il rospo, che corrisponde al

chaac, dio della pioggia proiettato nelle stelle dalla tradizione maya. L'immagine di tutti equattro questi animali assorbiti in un'unità richiama l'idea che i corpi celesti, al pari deglidéi, non sono che frammenti di un tutto.

5.O : Norme di condotta:

I miti mesoamericani non si limitano a semplici racconti sacri sulle origini del mondo, macontengono anche profondi insegnamenti sul comportamento sociale. Gli eroi civilizzatori forniscono le norme di condotta sia per l'individuo sia per la comunitàrivelando all'uomo la sua origine, la sua natura e la sua destinazione ultima 141. In particolare, la storia di Hunahpu simboleggia il corso giornaliero, annuale e ciclico delsole, che si proietta nel ciclo della vita umana, oltre che nei cicli cronologici, con cui èsolidale. Egli, in altri termini, rappresenta l'integrazione totale dell'uomo e della comunità altutto universale. Tra i vizi più comunemente citati, e ragion per cui i due gemelli uccisero il superbo uccelloVucub Caquix e i figli, sono l'arroganza e l'avidità, i più diffusi nelle alte sfere. Si potrebbe quasi arrivare ad interpretare gli uomini di fango e di legno non come speciedel passato, ma come condizioni di umanità presenti ancora oggi e in ognuno di noi. Conquesta prospettiva, le varie creazioni rappresenterebbero i gradi di sviluppo dellaconsapevolezza, e l'uomo di mais diventerebbe quell'uomo compiuto, perfetto che ognunodi noi può raggiungere.

5.P : Altri Codici:

Oltre al Popol vuh, i codici fondamentali per lo studio della religione maya che sonosopravvissuti fino ai nostri giorni sono quelli che sono sfuggiti all'opera di totale distruzioneiniziata nel 1549 da Diego de Landa, primo vescovo dello Yucatán; sono solo quattro esono conosciuti e conservati come Codice di Dresda, Codice di Parigi (o Peresiano),Codice di Madrid (o Tro-cortesiano) e il recentemente scoperto Codice di Grolier, la cuiautenticità non è accettata da tutti.

5.P.1: Opera di distruzione dei libri maya per mano degli Spagnoli:

Per avere un'idea più chiara della distruzione dei libri maya ricorro all'unica dichiarazioneche possediamo, che viene dallo stesso Landa 142, che per ironia della sorte fu quello che

139 Raphael Girard, Op. cit. , p. 151 .140 Op. cit., p.151: Girard ci fa notare “di sfuggita” che il movimento della Via Lattea e delle costellazioni zodiacali

che le attraversano quasi ad angolo retto disegna nel cielo una gigantesca croce in movimento, che i Chorti rappresentano con una svastica.

141 Karl Taube, Op. cit., p. 24 . 142 Diego de Landa, Relaciones de las cosas de Yucatán, 1938, p. 207 .

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poi preservò gran parte delle informazioni sui “pagani” nelle sue opere: “Hallámosles grannúmero de libros de estas sus letras, y porqué no tenían cosa en que no hubiesesuperstición y falsedades del demonio, se los quemamos todos, lo cual sintieron amaravilla y les dio mucha pena”.Io sono d'accordo che cercare di bruciare una cultura (perché è questo che i librirappresentano) non serva a nulla, sia perché è un atto di superiorità che difficilmenteriesco ad accettare, sia perché, in ogni caso, difficilmente questa muore, poiché vi sonodue armi più potenti della scrittura, e cioè i ricordi e la trasmissione orale! I ricordi nonmuoiono, e così da una generazione all'altra vengono tramandati, da sempre, i racconti dicome tutto cominciò e dove cominciò. Detto questo, è però giusto provare a capire il motivo di una tale decisione presa daimissionari arrivati dal Vecchio Mondo: Thompson143 ci dà l'opportunità, a questo proposito,di pensare a Landa come un “prodotto del suo tempo”, che giustamente non possiamogiudicare mediante posizioni del XX (e XXI) secolo. Probabilmente, dice Thompson, nonriusciva ad accettare la pratica del sacrificio di bambini che aveva visto in alcune chiese e,non riuscendo a capire la cultura che era dietro quei sacrifici, prese una (discutibile,quanto meno) decisione che avrebbe conquistato l'approvazione generale del suo tempo. Giusto o ingiusto che sia, molti di quei libri maya finirono letteralmente in cenere (!) maqualcosa riuscì a salvarsi e ad essere tramandato, con diversi influssi e variazioni, fino anoi.

5.P.2: I manoscritti:

La più antica relazione su questi libri maya ci arriva da Pedro Mártir de Anglería nel 1520,in cui dichiara che i “sacerdoti [..] avevano libri di figure [o disegni] su cui si basavano egovernavano , e lì avevano segnalati i tempi in cui si doveva seminare e raccogliere eandare a caccia e in guerra, e alcuni sacerdoti si capivano con altri e si scrivevano tramitefigure e sapevano ciò che era successo molti anni prima” 144. Tra i manoscritti scampati alla distruzione, il Codice di Dresda è forse il più antico e il piùelaborato e risale probabilmente all'XI o al XII secolo a.C.; è un libro di divinazione chericopia quasi sicuramente un originale del periodo classico e che, oltre che di riti religiosi edi pratiche divinatorie, parla delle eclissi, della rivoluzione sinodica di Venere, spiegadettagli del calendario maya, di quali déi influenzano ogni giorno e del sistema numerico. Adetta di Thompson 145, potrebbe essere stato tra gli esempi di scrittura indiana inviati daCortés all'imperatore Carlo V nel 1519. Per quanto riguarda il Codice di Parigi, lo studioso Paul Arnold ha riportato la sua versionee traduzione sotto il titolo di “Libro dei morti maya”; questo perché, a parer suo, l'operapuò fare intravedere la vita d'oltretomba e l'evoluzione della psiche tra due incarnazioni,essendo scritta con l'unico scopo di trascrivere per perpetrare le ricette spirituali e letecniche mistiche e magiche grazie alle quali l'uomo sperava di poter ricondurre il defuntoin un corpo umano in gestazione e far così rinascere e prosperare simultaneamente la

143 John Eric Sidney Thompson, Un comentario al Codice de Dresde, libro de jeroglifos mayas, p. 37 .144 Op. cit., p.18.145 Op. cit., p. 39.

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vegetazione sostentatrice degli uomini.Il contenuto del Codice conservato nel Museo de América di Madrid, datato al secolo XIV,è invece considerato il più ricco e vario, e tra i suoi temi annovera la mitologia, la profeziatramite trance, la pratica del fumare, la caccia, l'agricoltura, le piante ed il loro utilizzo, lamusica, la caccia, l'apicoltura, la pioggia, la semina e molto altro. 5.P.3 : Libro dei Libros de Chilam Balam :

Esistono anche altre opere, i cosiddetti Libros de Chilam Balam, che più specificamentetrattano dell'antica mitologia delle pianure maya della Penisola dello Yucatan e cheformano una sezione importante della letteratura indigena americana. Sono una serie dilibri che hanno preso il nome, Balam, dal più famoso tra i Chilam che vissero poco primadell'arrivo dei bianchi e che predisse l'avvento di una nuova religione, accompagnato dalnome della città da cui deriva (Chumayel, Tizimín, Maní,...). Balam è un nome di famiglia, però significa anche giaguaro o serpente, in senso figurato146; mentre Chilam, come abbiamo già visto, era il titolo che si dava alla classe sacerdotaleche interpretava i libri e la volontà degli déi, e il cui significato era “ciò che è bocca” 147. Questi libri furono scritti dopo la conquista spagnola, così che la scrittura è quella che ifrati adattarono alla fonologia della lingua maya in Yucatan, e il materiale usato è cartaeuropea. Benché nessuno di essi sia anteriore al XVIII secolo, essi contengono spessoriferimenti a miti e storie antiche tratte da precedenti testi coloniali e vecchi libri illustrati.Gran parte dei testi descrive eventi riguardanti i cicli temporali la cui natura ripetitivaproduce un effetto di sovrapposizione, cosicché un singolo brano può contenere eventiche risalgono all'era coloniale, a quella preispanica o a quella mitica.

Un aspetto che hanno in comune probabilmente tutti i testi maya su cui abbiamo la fortunadi poter lavorare è l'essere considerati 'parole-chiave' che venivano ampliate dagliinterpreters al leggerli o al cantarli in pubblico.

146 Silvia Rendon e Alfredo Barrera Vazquez, Op. cit., p.8 .147 Diego de Landa, Op. cit.. , p. 50 e Diccionario de Motul.

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6. Perché l'uomo è stato creato e Comentario- Conclusioni

6. A : tema cruciale: PERCHE' l' UOMO è STATO CREATO?

«¿Còmo haremos para formar otros seres que de veras sean superiores,

oigan, hablen, comprendan lo que dicen, nos invoquen y

sepan lo que somos y lo que siempre seremos en el tiempo?»(Popol Vuh 148)

Abbiamo ripercorso finora i cicli evolutivi che sono alla base della concezione dellacreazione dell'uomo secondo i Maya. Se son stati letti con gli occhi dell'ipotetico osservatore maya guatemalteco che dicevoall'inizio, si è accettato per vero tutto il loro pensiero. Facciamo un passo avanti echiediamoci qualcosa in più. Se ora conosciamo come l'uomo è stato creato,domandiamoci perché è stato creato! Quello che mostrano le parole del Popol Vuh è una preoccupazione costante degli déi,“padres y señores de lo que respira y madura”, di dare forma e vita a degli esseri chesapessero celebrare un culto in loro onore, riconoscerli come superiori, nutrirli e offrire loroun tributo obbligatorio. Dunque gli déi non accordano la vita esattamente “come donobenevolo” 149, ma sembra che sia a condizione che le creature riconoscano la loroposizione di dipendenza nei confronti del creatore, invocandolo, rendendogli omaggi etributi e nutrendolo. È quindi una grande responsabilità quella degli uomini, quasi un“debito di sangue”150 verso gli déi che hanno dato loro la vita, e le varie creazioni edistruzioni sono lì a ricordare le conseguenze di una mancanza di tali obblighi. Pare quindi chiaro che il genere umano deve riconoscere la sua dipendenza dal Creatore,ma è anche vero che costui dipende a sua volta dagli uomini dal momento in cui senza diloro non può vivere e che non può esistere senza culto. Si può quasi scorgere un patto:Egli accorda la sua protezione all'umanità a patto che essa celebri il culto in suo onore; “gliobblighi sono quindi reciproci” 151.Ricordo che gli esseri umani sono stati gli ultimi ad apparire nella storia dell'evoluzione.Per intenderci, il Sistema Solare impiegò a formarsi circa 6 mila milioni di anni e “l'uomofece la sua apparizione negli ultimi due milioni di anni” 152. Questo dà una chiave in più perla riflessione sul tema della necessità della creazione dell'uomo da parte della divinità: sianel pensiero maya sia in quello di molti popoli mesoamericani, come anche nelle credenzemesopotamiche e nella tradizione biblica, il dio arriva alla creazione dell'uomo con l'ideache questo faccia il lavoro necessario “per garantire un ordine nella realtà sensibile; e cioèaffinché domini il mondo animale e amministri el cuidado (la cura, l'attenzione) del mondo148 Si domandano gli dei. Ermilo Abreu Gómez, Popol Vuh, Antiguas leyendas del Quiché , p. 24.149 Raphael Girard, La Bibbia maya. Il Popol Vuh: storia culturale di un popolo , p. 39 . 150 Karl Taube, Miti Aztechi e Maya, p. 119.151 Raphael Girard, Op. cit., p.52. Le pratiche rituali dei preti chorti come pure i costumi tradizionali di questo popolo

si adattano perfettamente ai principi citati sopra.152 Alberto Canen, “El Observador del Génesis”, p. 34 .

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vegetale” 153. Una tesi particolare è quella di Arnold 154, che riassume l'universo maya come

“un'unità di déi e di uomini che lottano in comune contro le influenze maligne”, dato chetutti le divinità agiscono da protettori -particolari o generali– per contrastare l'opera deglispiriti maligni scaturiti soprattutto a causa delle negligenze e degli errori degli uomini. Glidéi dunque si offrono di proteggere l'umanità contro i pericoli naturali a patto/e fino aquando l'uomo osserva la regola prestabilita; e se ne astengono quando dimentica i suoidoveri. In definitiva l'uomo è l'oggetto delle loro cure, della loro protezione, ma questo non comeun atto di gentilezza, non per «grazia» che annullerebbe la fine di un'alleanza, non perchésiano (gli déi) prigionieri di un atto di stregoneria, ma perché eseguono lealmente il pianodella creazione da loro stabilito all'origine dei tempi. E il sacerdote risulta, a livello terrestre, una seconda fonte di protezione, una sorta di levaper azionare quella onnipotente del cielo.

6. B - Conclusioni - Comentario:

«You are a child of the universe, no less than the trees and the stars.

You have a right to be here.. and whether or not it is clear to you,

no doubt the universe is unfolding as it should.»

- MAX EHRMANN

Per portare a termine questo studio mi sono avventurata nella lettura di una varietà diopinioni e pensieri su un argomento che, già di per sé, lascia adito a infinite possibilirisposte. Personalmente sono molto curiosa di proseguire questa ricerca anche dopo la consegnadi questo mio (primo!) elaborato sull'affascinante mondo dei Maya e non solo. Più miaddentro nella mia indagine personale, più rimango affascinata dall'imparare che molteculture di tutto il mondo avevano e hanno storie che si assomigliano. E comincio apensare che forse davvero tutte le religioni si relazionano ad una stessa Realtà, che usanoconcetti, idee, nomi e parole diverse, ma che veramente c'è solo una Realtà, e “uno Spiritoche si muove attraverso tutta la vita” 155. Nel Libro della Comunità esistono, ad esempio, moltissimi paralleli con le leggendesumere riportate da Zecharia Sitchin. Secondo questo scrittore azero156 naturalizzatostatunitense il pantheon degli indigeni mesoamericani richiama alla mente quello dei Grecie degli Egizi, degli Ittiti, dei Cananei e dei Fenici, degli Assiri e dei Babilonesi, e “via aritroso fino a coloro dai quali tutto cominciò: i Sumeri della Mesopotamia meridionale, daiquali tutti gli altri trassero le loro divinità e le loro rispettive mitologie 157.

153 Marcello Tozza, “Mitos sobre el origen del homre”, Revista de Ciencias de las Religiones , p. 317; traduzione personale.

154 Paul Arnold, Libro dei Morti Maya, p. 109 .155 Drunvalo Melchizedek, L'antico segreto del fiore della vita , p. 35.156 azero = della Repubblica dell' Azerbaigian.157 Zecharia Sitchin, Gli dei dalle lacrime d'oro, p. 195.

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Ipotizza, inoltre, che gli olmechi africani e gli uomini barbuti del vicino Oriente (di cui sonostate trovate raffigurazioni ed enormi sculture in tutta America) furono condotti dall'altraparte del mondo sotto la guida di Toth, divinità che gli assiri e i babilonesi chiamavanoMarduk, 'Figlio del tumulo nascente'; gli egizi Toth e NIN.GISH.ZI.DA, 'Signore dell'Alberodella Vita'; fu Hermes per i Greci, Mosé nella Bibbia 158; e ancora, Quetzalcoatl per gliaztechi, Kukulkán per i Maya dello Yucatan e Gucumatz [figura accanto]per i Maya-Quiché (tutti nomi che significano 'Serpente piumato o alato').Era per tutti un dio depositario di conoscenze segrete, tra cui l'astronomia,la matematica, il calendario e l'arte di costruire le piramidi.

Capisco che per qualcuno queste ipotesi possano sembrareazzardate e strampalate, e non è mia intenzione dare ragione all'uno o aglialtri. Solamente credo che ci siano davvero molte cose che non sappiamoe che possiamo, dobbiamo e dovremmo aver voglia di scoprire; e moltealtre cose che non ci vengono raccontate nel modo più trasparente possibile, cose per cuisono personalmente molto curiosa di indagare e per cui spero di aver trasmesso a voianche solo una minima parte del fascino che esercita il mistero della nostra origine.

Reputo molto importanti un' investigazione individuale delle origini dell'uomo e dunque disé, per arrivare un giorno a poter avere una propria opinione da confrontare con altri, e damettere in dubbio affinché poi si rafforzi in un solido valore! Ecco perché sono d'accordo con chi dice che i lettori dovrebbero essere in possesso deifatti per valutare le opinioni delle autorità accademiche! Vi è una grande quantità dielementi in cui mi sono imbattuta che discordano con quello che mi è stato, ad esempio,insegnato a scuola su come è nato il mondo, su come siamo nati noi, sugli scavi, le datecruciali dell'umanità, sul come, quando, perché sorsero nel Nuovo Mondo queste grandi ecomplesse civiltà, sbocciate quasi all'improvviso e in tutto il loro splendore. Non è ben chiaro come quella dei Maya, così come quella degli Egizi e dei Sumeri (la piùantica cultura che conosciamo, che risale al 3800 a.C. circa) non presentino segni dievoluzione delle loro conoscenze e scoperte, o come mai sapessero esattamente come sipresentava il nostro sistema solare visto dallo spazio esterno, o che sapessero tutto suipianeti lontani o che conoscessero la precessione degli equinozi (che si spostano di 1°ogni 72 anni e compiono un giro completo di 360° in 25 800 anni circa e che per questorichiederebbe quanto meno un'osservazione e uno studio di parecchi anni) fin dall'iniziodella loro esistenza. E anche, più in particolare, nel Popol Vuh troviamo qualche frase interrotta, il cui seguito èlasciato intendere all'immaginazione del lettore -qualche reticenza potremmo dire-, peresempio nella fine/uscita di scena dei quattro patriarchi Maya che, sentendo che la loro ora era giunta, parlarono alle tribù in questa maniera: “Sabed y no olvidéis que nosotros los

procreadores nos debemos ir. Sabed también que volveremos en hora que está señalada. [..] Ha

158 Nota 2.10, Esodo, La Bibbia di Gerusalemme: “ l'ho salvato dalle acque: etimologia popolare del nome di Mosé (ebraico mosheh) a partire dal verbo mashah, «trarre». Ma la figlia del faraone non parlava ebraico. In realtà questonome è egiziano, noto sotto la sua forma abbreviata, moses, o sotto una forma completa, per esempio Tutmosi, «il dio Tot è nato».

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llegado el instante en que debemos volver al lugar de donde partimos. Conforme al dictado de

nuestras conciencias, volveremos al sitio de nuestro origen. [..] A quienes es debido hemos

revelado nuestros secretos. Del arte de la escritura saben los que deben saber y nadie más. [..]

Después de nuestra partida acordaos de nosotros. No nos dejéis en olvido. Evocad nuestros

rostros y nuestras palabras. Nuestra imagen será rocío en el corazón de los que quieran

evocarla.” E per ultimo, “ No esperéis que los extraños os recuerden lo debido, que para tal

empeño tenéis conciencia y espíritu. Todo lo bueno que hagáis ha de salir de vuestra iniciativa”159. Dopo aver espresso gli ultimi insegnamenti, si congedarono dagli uomini, salironosulla cima del monte Hacavitz, e nel momento in cui iniziarono a discendere il versanteovest “una nube como de lluvia los ocultò”. Non morirono, sparirono -per lo meno dallavista di chi racconta-. Le risposte alle tante possibili domande che ci si potrebbe porresarebbero sicuro molto interessanti. E ci si può sbizzarrire: dove andarono los Abuelos?Dove finirono? Li prese qualcuno? Chi? Attraversarono qualche passaggio o portaleinterdimensionale, forse?

Quello che intendo dire con questa serie di domande è che le possibilità sono davveroinfinite; ma in fondo la verità c'è, ed è una. E perché dovrebbe convincermi a priori laversione che insegnano a scuola o quella accettata da altri? O per lo meno perché dovreidarla per buona, quasi come un principio che non può essere messo in discussione? Lastoria è piena di grandi studiosi ingiustamente condannati o esiliati sotto accusa di eresia odi voler sovvertire le credenze del tempo. E per qualcuno di loro, come per Galileo Galilei,il processo è magari stato annullato secoli dopo, perché “la condanna fu giudicata ingiustae arretrata”. E allora perché rimanere fissi in un'idea andando contro ogni altro punto di vista, invece diprovare ad aprire la mente alla ricezione di tutte le voci, le quali andranno poi filtrate e, aseconda di come elaborate, scartate o utilizzate come prova o contro-prova della propriatesi? Spesso ci è molto difficile accettare qualche particolare o versione diversi della storiaoppure ciò che è raccontato in quelli etichettati come “miti”, ma questo perché siamoconvinti che quello che sappiamo adesso del nostro passato sia giusto. Ma se non fosse così? Proviamo anche solo ad insinuare il dubbio, il cui scopo, alla fine, èsempre quello di smontare un'opinione/idea/valore o al contrario di rafforzarli.

Io, come Todorov, credo fortemente alla necessità di «cercare la verità » e “all'obbligo difarla conoscere; so che la funzione informativa esiste e che l'effetto dell'informazione puòessere potente” 160. E se mentre per Cortés questa conquista del sapere portava allaconquista del potere, noi proviamo ad agire come il filosofo franco-bulgaro, che di Cortésprende, sì, in considerazione la conquista del sapere, ma lo fa “per resistere al potere”.La ricerca della verità per come la intendo io è un cammino personale che deve lasciar

159 Ermilo Abreu Gomez, Op. cit., pp. 69-70 .160 Tzvetan Todorov, La conquista dell'America- Il problema dell'«altro» , p. 299.

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cadere qualsiasi velleità di potere o desiderio dettato dall'ego, e va percorso da ognunoper poter crescere, formarsi in modo autonomo e diventare liberi. Faranno infatti fatica acredere realmente coloro che “hanno preso l'autorità per la verità, piuttosto che la veritàper autorità” (Gerald Massey). Dicendo 'realmente' mi riferisco a una convinzioneprofonda, che è stata messa in discussione almeno una volta e che ha quindi raggiuntocome un grado di solidità maggiore, si è come cementificata in uno strato più profondodella nostra coscienza. In questo studio ho cercato di fare attenzione a non imporre mai la mia versione dellecose, dei miti e della storia dei Maya-Quiché, quanto piuttosto di proporla, e di esporre altrie diversi punti di vista in modo da lasciare spazio ad una rielaborazione ed interpretazionepersonali.Gli aspetti della vita da indagare sono davvero tanti, e le cose da imparare dalla e nellavita sono ancora di più; per questo credo che non possiamo perdere neanche un minuto! Vi faccio allora un'ultima domanda, un po' provocatoria forse: pensate sia possibile chenelle letture dei testi sacri come il Popol Vuh e di tutti quelli collegati alle culture piùantiche, nelle analisi dei riti a cui i miti sono collegati e nei resti che si stanno ancorascoprendo di queste civiltà, ci siamo e ci si possa imbattere in una sorta di messaggiocomposto nella primordiale antichità per tutti «coloro che sono alla ricerca della verità» -diqualsiasi cultura, in qualsiasi epoca – i quali siano «pronti, equipaggiati» per mettereinsieme testi e monumenti e vedere i cieli dei tempi passati” 161? Io sono pronta. E voi?

Cosmologia Maya

161 Robert Bauval e Graham Hancock, Custode della Genesi , p. 304.

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Una finestra sull'arte/architettura/cultura maya, con immagini eccellenti e dettagliate: www.almendron.com/arte/arquitectura/mayas/may_02/may_024/may_024.htm .

Due documentari di Fernando Malkún sulla cultura e le profezie maya, durata di 47 minuti ,

1. http://www.youtube.com/watch?v=HA5sIa9E030 ; 2. http://www.youtube.com/watch?v=ACw_pQplaWI.

Un documentario sulle misteriose origini dell'uomo, ospitato da Heston, Charlton e diretto da Cote, Bill, durata di 48 minuti; titolo: "Mysterious Origins Of Man - Forbidden Archeology" - http://www.youtube.com/watch?v=hYRfLp9aRkk .

Estudios Mayas UNAM : http://www.iifilologicas.unam.mx/estculmaya/index.php?page=volumen-xiii .

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