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The submitted study case is about the rupestrian church of Meryemana in Göreme (Cappadocia, Turkey), a small church with mural paints representing valuable heritage at risk due to poor stability of the rock were it’s excavated in. The digital musealization researches, prototyping/3D printing and multimedia extraction of the Meryemana church came from the Carlo Gira's work in his Architecture degree thesis (Tutor: G.Verdiani, co-tutor: F.Susca, A. Aliperta).

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LA CHIESA DI MERYEMANA IN GÖREME, TURCHIAMusealizzazione virtuale attraverso la stampa 3D e la realtà aumentata

UNIVERSITÀDEGLI STUDI

FIRENZEScuola diArchitettura

Anno Accademico 2013 - 2014

LaureandoCarlo GIRA

RelatoreProf. Arch. Giorgio VERDIANI

CorrelatoriDott. Andrea ALIPERTA

Arch. Filippo SUSCA

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Ai miei Genitori

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INDICE :

PREMESSA

I. LA CAPPADOCIA Storia e cultura della Cappadocia Arte ed Architettura II. MERYEMANA KILISE Lo spazio per il culto Analisi delle decorazioni Pier Paolo Pasolini, Medea

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III. DIGITAL HERITAGE Strumenti e metodi di acquisizione Strumenti e metodi di rappresentazione IV. RAPID PROTOTYPING Lo stato dell’arte Selective Laser Sintering (SLS) Il modello di studio Additive Architecture: esempi e progetti in grande scala V. AUGMENTED REALITY Realtà Aumentata nell’architettura e nei musei La Chiesa di Meryemana virtuale

CONCLUSIONI

ABSTRACT

43

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PREMESSA

Nell’ambito della documentazione e conservazione delle eredità culturali archi-tettoniche, scultoree ed archeologiche, la ricerca scientifica ad esse dedicata ha sviluppato negli ultimi anni l’uso di moderne tecniche di rilievo (laser scanning e photogrammetry) per la produzione digitale di modelli tridimensionali finalizzati all’elaborazione di nuove riflessioni e studi, oltre che per la loro divulgazione.L’aumento della varietà di software e hardware disponibili sul mercato, unito alla loro eccezionale velocità di sviluppo qualitativo e funzionale, ha incrementato l’interesse di studenti e ricercatori su queste tematiche.In virtù di questi mutamenti, in una prospettiva di rapida obsolescenza delle tecniche utilizzate, la ricerca scientifica richiede di procedere con una visione più ampia rispetto al passato. In quest’ottica sono qui individuate le linee guida per la realizzazione di un pro-getto finalizzato alla conservazione di un bene storico architettonico di estremo valore culturale, che, oltre ad essere tuttora inaccessibile al pubblico, rischia di andare perduto per sempre.Individuando i processi d’innovazione delle tecniche di rappresentazione, in que-sta tesi si è volutamente evitato di approfondire nel dettaglio le modalità della re-alizzazione del progetto. Tenendo conto delle limitazioni degli hardware utilizzati, si propone infatti di mettere in relazione le odierne tecnologie di computer grafi-ca e prototipazione rapida in prospettiva del loro futuro progresso, definendo una soluzione che oltre ad essere ad oggi realizzabile, preveda di essere migliorabile.

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Capitolo 1

LA CAPPADOCIA

01 LA CAPPADOCIA

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Capitolo I

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La Cappadocia (un nome che oggi non corrisponde ad alcuna realtà amministrati-va) è situata nel cuore della Turchia (Fig. 1.1), precisamente nell’Anatolia centrale. È meglio conosciuta per la bellezza caratteristica dei suoi paesaggi scolpiti dalla secolare erosione delle rocce vulcaniche. L’attività eruttiva dei massicci vulcanici, l’Erciyes Daği (3.916 m) e l’Hasan Daği (3.258 m), è infatti all’origine degli spessi strati di tufo che ricoprono l’antico altopiano anatolico. Pianure di residui vulca-nici e tavolati si alternano a gole, coni, corrugamenti, pinnacoli, piramidi e camini delle fate 1 (Fig. 1.2), formando uno scenario naturale fuori dal comune.La morfologia e le condizioni geologiche del luogo hanno dato vita ad un tipo di architettura rupestre che, per la sua caratteristica di essere scavata nella roccia, quindi non in muratura, si è meglio conservata nei secoli. Malgrado i molti crolli dovuti alla fragilità di queste rocce sedimentarie, ed alla loro repentina erosione, molte opere architettoniche risalenti anche a più di un migliaio di anni fa sono tuttora visitabili e in buono stato conservativo (Fig. 1.3).

Storia e cultura della Cappadocia

Essendo stata provincia dell’Impero Romano (dal 17d.C.), la Cappadocia divenne fin dal terzo secolo uno dei maggiori centri della teologia Ortodossa. In questi luoghi nacquero tre dei padri del Cristianesimo: Basilio il Grande 2, Gregorio Na-zianneno (il Teologo) e Gregorio di Nissa, che contribuirono ad ampliare l’influen-za spirituale in questa regione. Vi si sviluppa allora un’architettura religiosa, testi-moniata per lo più da fonti scritte, in quanto di quell’architettura paleocristiana ad oggi restano solo alcune rovine. Sono eretti parecchi martirya, e in una lettera Gregorio di Nissa menziona il gran numero di Santuari esistenti in Cappadocia.All’epoca paleocristiana risalgono alcune chiese in muratura, come la basilica di

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La Cappadocia

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1.1 La Cappadocia 950 d.C. (Fonte: The Depart-ment of History, United States Military Academy)

1.2 I Camini delle Fate (Foto: Yone)

1.3 Castello di Uçhisar (Fonte: zpravyzlondyna.blogspot.it)

1.1

1.2 1.3

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Capitolo I

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Eski Andaval, presso Niğde, e rari monumenti rupestri, come la basilica interrata di Maçan o quella di S. Giovanni Battista di Çavuşin. La storia della Cappadocia cristiana non si lega a quella di Costantinopoli, ma s’intreccia piuttosto con quella delle contigue regioni transcaucasiche, Armenia e Georgia. Pertanto è possibile individuare un periodo pre-islamico, che dura fino alla metà dell’VII secolo, senza soluzione di continuità con l’età antica, in cui la Cappadocia, situata nel cuore dell’impero bizantino, era una provincia popolosa e ricca.

Nel V sec. la regione subisce le incursioni degli Tzanni, degli Isaurici e, all’inizio del VI sec., degli Unni. Si edificano infatti delle fortificazioni attorno ai principali cen-tri, che sotto Giustiniano I (527 - 565) vengono restaurate. Lo stesso imperatore fonda poi la città di Mokisos, che verso il 535 è elevata al rango di grande metro-poli di una nuova provincia ecclesiastica. Nel 561 sono poi i Persiani che contendono il controllo della regione, invadendo e impadronendosi di Sebaste (575) e Cesarea (611). È proprio in questo periodo che, grazie alle peculiarità geologiche del sito, si sviluppa sempre di più l’usanza di nascondersi nel sottosuolo per motivi difensivi. Si scavano intere città sotterra-nee, in particolare quelle di Derinkuyu e Kaymakli, lungo la strada che da Nigde conduce a Nevsehir. La loro realizzazione avrebbe risposto alle esigenze delle po-polazioni locali dei secoli VI-VIII, soprattutto cristiane, minacciate dalle incursioni di bande di arabi (anche se alcune ipotesi, in verità non suffragate da documenta-zione certa, le vorrebbero risalenti al periodo ittita).Il complesso di Derinkuyu (Fig. 1.4) si sviluppa nel sottosuolo per nove livelli (anche se recenti studi ne attribuirebbero altri due) che presentano una serie interminabile di tunnel per una lunghezza pari a circa trenta chilometri. Visto in sezione, l’insediamento affonda fino a cento metri nel sottosuolo, e poteva ospi-

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La Cappadocia

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tare fino a 25.000 persone.Il complesso di Kaymakli (Fig. 1.5) invece è composto da sette livelli abitabili anche da 20.000 persone. Il ritrovamento di luoghi come recinti per gli animali, di sistemi di areazione e di impianti per il rifornimento d’acqua lasciano pensare che la popolazione che ci viveva è rimasta anche per lunghi periodi.

Le incursioni Arabe, dopo un breve periodo di equilibrio con le forze bizantine, ricominciano e si intensificano dall’inizio del IX sec., ma malgrado l’instabilità della frontiera orientale, la Cappadocia resta un territorio bizantino , fortemente militarizzato. Stabilità relativa che dura fino all’arrivo dei Turchi nell’XI secolo.I Selgiuchidi (una confederazione di tribù dei Turchi dell’Asia Centrale come gli Ottomani che abbatterono l’Impero bizantino nel 1453) vincendo la battaglia di Manzikert nel 1071 si insediano e procedono alla conquista del territorio spingen-do le popolazioni greco-bizantine cristiane verso la costa ionica con il passare dei secoli. Dopo la presa di Cesarea nel 1082, i Selgiuchidi diedero inizio a una grande espansione urbanistica nella regione, costruendo moschee a Cesarea, Aksaray, Niğde e in altre città.Nei secoli successivi, i Selgiuchidi, respinti in Anatolia centrale nel 1097, durante la prima crociata, con la presa di Nicea (capitale selgiuchide), posero le radici di quello che, dal XV secolo, sarebbe sorto come Impero Ottomano.Malgrado questi progressi di islamizzazione del territorio, i greci e i cristiani erano ancora numerosi, e molti villaggi ospitavano una popolazione mista.

La storia religiosa della Cappadocia sarà sempre travagliata dalla sua condizione di terra di confine dell’impero. Divenne il luogo dove si confrontarono l’ortodos-sia e le eresie più pericolose, gli iconoclasti e gli iconoduli, i cristiani e il nascente

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Capitolo I

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1.4 Il complesso di Derin-kuyu (Fonte: bindiribli.ro)

1.5 Il complesso di Kayma-kli (Fonte: whoy.ru)

1.6 Tokali Kilise (Fonte: turkeytour.com)

1.4 1.5

1.6

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La Cappadocia

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Islam. Continuò anche dopo la sua caduta in mano alle truppe turche la sua fiera guardia alla fede cristiana che cederà solo con il tempo e la mancanza del suo antico riferimento, Costantinopoli. Un’ultima rinascita dei monumenti si manifesta infatti nel XIX secolo e all’inizio del XX, prima del definitivo allontanamento dei greci, durante i quali vengono scavate affascinanti opere rupestri e costruite grandi chiese decorate con pitture e mirabili i affreschi.

Arte ed Architettura

La tradizione architettonica della Cappadocia nasce dai numerosi vantaggi legati alla caratteristiche isolanti del tufo vulcanico. Non solo i luoghi sacri infatti, ma anche granai, abitazioni e addirittura interi insediamenti rupestri, risalenti all’epo-ca medioevale, sono stati rinvenuti negli anni. La tecnica dell’escavazione si adat-tava all’ambiente fisico e a quello economico, in quanto non richiedeva particolari tecniche costruttive né particolari macchine da costruzione. Nonostante nessun testo ne descrive la tecnica, i procedimenti che sono ancora oggi in uso, ne con-sentono una semplice ipotesi. In primo luogo era necessario scavare un tunnel fino al centro della sala da realizzare, che in seguito veniva ampliata scavando dal basso verso l’alto, ricordandosi di preservare colonne o pilastri previsti al centro. Tramite poi supporti di legno ed impalcature si scavavano le parti alte e per ulti-mo si intagliavano, all’occorrenza, i dettagli e le decorazioni architettoniche.Le tipologie architettoniche per le chiese rupestri che si susseguono dal secolo IV-V al secolo XII o XII presentano sono molteplici. La più antica forma è la ba-silicale, a tre navate (Çauṣ In), a navate rettangolari semplici o doppie (Sant’Eu-stachio a Göreme), a croce libera, a croce inscritta in un quadrato (dopo la fine

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Capitolo I

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del sec. X: Karanlek Kilise a Göreme). Un’altra tipologia è quella ad una navata di forma rettangolare, meno lunga che larga, coperta da una volta a botte con asse perpendicolare a quello della chiesa. L’esempio più bello di questo tipo si trova a Göreme, nella seconda parte della Tokali Kilise 3 (Fig. 1.6)W: questa chiesa aveva in principio un’unica navata rettangolare con un’abside, venne modificata poi in navata trasversa a tre absidi.Le chiese e i monumenti della Cappadocia sono rilevanti non solo per la loro ar-chitettura, ma anche e soprattutto per le decorazioni. All’esterno presentano, ma solo in alcuni casi, delle decorazioni molto semplici, di solito al disopra della por-ta: un arco a sesto rialzato e talvolta una serie di archi più piccoli e di egual forma.La decorazione degli interni invece si componeva soprattutto di scene della vita di Cristo e, più di rado, delle vite dei santi, nonché di figure isolate, dipinte in piedi o in medaglioni. Solo durante l’epoca iconoclasta la decorazione fu principalmente, benché non esclusivamente, di tipo lineare e floreale 4.Durante il X secolo, e all’inizio dell’XI, le scene evangeliche formano fregi con-tinuati, in cui le figure si susseguono ininterrottamente da sinistra a destra. I soggetti sono trattati in modo aneddotico, poiché una scena è spesso composta di parecchi episodi, con ricerca di particolari concreti e di gesti espressivi e vivi. Molti soggetti, soprattutto per la storia della Madonna e dell’infanzia, passione e risurrezione di Gesù, sono ricavati dai vangeli apocrifi.Nel sec. XI si fa sentire, così nella pittura come nell’architettura, l’influenza bi-zantina. Le scene non formano più un racconto continuato, ma rappresentano in altrettanti quadri separati i principali misteri di Cristo corrispondenti alle feste più solenni, raggruppate non in ordine cronologico, ma secondo l’aspetto teologico o liturgico. Il trattamento dei soggetti è diverso: meno concreto, ricorda maggior-mente i grandi mosaici bizantini della stessa epoca.Il valore dal punto di vista artistico delle pitture e delle decorazioni di queste chie-

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La Cappadocia

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se rupestri della Cappadocia risulta meno interessante se confrontato con il loro valore storico. Esse occupano infatti un ruolo fondamentale nella storia dell’arte cristiana, poiché mostrano un esempio di quell’arte monastica e popolare che, nata in Siria e in Palestina nei secoli V e VI, estese poi la propria influenza sull’Eu-ropa del Medioevo. Talvolta, specie a Roma, le pitture venivano eseguite proprio da artisti provenienti dall’oriente. I centri della produzione monastica orientalesono andati scomparendo, solo in Cappadocia possiamo trovare tale insieme così completo e coerente di queste testimonianze architettoniche.

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NOTE

1 Con questo termine si fa riferimento alla denomi-nazione popolare data ai rilievi rocciosi con morfo-logia tipicamente formata da un prisma rastremato verso l’alto di tufo (oppure limo o roccia vulcanica) sormontato da un cono dello stesso materiale ma più compatto che protegge la roccia sottostante.Queste formazioni rocciose vengono denominate fatate in quanto secondo la leggenda i massi sulla sommità furono posati da divinità celesti.

2 Basilio, vescovo di Cesarea in Cappadocia, detto Magno per dottrina e sapienza, insegnò ai suoi mo-naci la meditazione delle Scritture e il lavoro nell’ob-bedienza e nella carità fraterna e ne disciplinò la vita con regole da lui stesso composte; istruì i fedeli con insigni scritti e rifulse per la cura pastorale dei poveri e dei malati; morì il primo di gennaio. Gregorio, suo amico, vescovo di Sásima, quindi di Costantinopoli e infine di Nazianzo, difese con grande ardore la divinità del Verbo e per questo motivo fu chiamato anche il Teologo.

3 O Chiesa dell’Anello, è la più grande ed interes-sante chiesa di Göreme, deve il proprio nome ad un anello fissato sul soffitto.

4 L’attribuzione all’epoca dell’iconoclastia delle de-corazioni di alcune chiese della regione sono ancora oggi oggetto di discussione. Fra i rari complessi che sono stati associati all’iconoclastia, citiamo innan-zitutto la decorazione di una chiesa funeraria della valle di Kurt Dere (vicino al villaggio di Karacaören), nei dintorni di Ürgüp, che consiste solo in croci e

motivi ornamentali (alberi e racemi). Lo studio del vocabolario ornamentale e dell’epigrafia suggerisce di collocare nell’VIII secolo questa decorazione che esalta la croce, ma dato che l’aniconismo e la stauro-filia (predilezione per l’immagine della croce) erano tradizionali nell’arte funeraria, non possiamo essere certi della sua ispirazione iconoclastica. D’altronde poco lontano , nello stesso sito, un’altra chiesa, pressappoco coeva, coserva sulla parete orientale della navata un programma figurativo: un ritratto di san Basilio e una rappresentazione della visione di sant’Eustachio. La contemporaneità dei due gruppi di pitture, aniconiche da un lato, figurative dall’altro, invita dunque ad una certa prudenza nel definire iconoclastiche le prime.

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BIBLIOGRAFIA

Jolivet-Lévy C., L’arte della Cappadocia, Jaka Book, 2001

Jolivet-Lévy C., La Cappadoce médiévale: images et spiritualité, Zodiaque, 2001

Gianluca Bertucci, Roberto Bixio, Mauro Traverso, Le città sotterranee della Cappadocia: le abitazioni ipo-gee, l’organizzazione urbanistica, i sistemi di difesa, le opere di regolazione idrica scavati nel sottosuolo dell’Altipiano Centrale Anatolico, documentati da quattro anni di indagini, Erga, 1995

Velmas T., La visione dell’invisibile, L’immagine bizantina o la trasfigurazione del reale, Jaca Book, 2009

Y. Hirschfeld, The Judean Desert Monasteries in the Bizantine Period, New Haven-London 1992

Ennio Concina, Le arti di Bisanzio: secoli VI-XV, Pear-son Italia S.p.a., 2002

J. Patrich, Sabas, Leader of Palestinian Monasticism. A Comparative Study in Eastern Monasticism, Fourth to Seventh Centuries, Washington, 1995

SITOGRAFIA

Cappadocia Turkey,www.cappadociaturkey.net

Byzantine Heritage Network,www.byherinet.it

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Capitolo II

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Meryemana Kilise

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02 MERYEMANA KILISE

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Capitolo II

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La chiesa di Meryemana (Kılıçlar Kuşluk - la “chiesa della Vergine Maria” - Göreme, n°33), risalente all’XI secolo, fa parte di un vasto complesso monastico composto da decine di chiese rupestri (X-XIII sec.), oggi organizzato in un “mu-seo all’aria aperta” 1. Collocato ad 1,5 km di distanza dal centro del villaggio di Göreme, nella valle di Kiliçlar (il nome turco significa “valle delle spade“), questo complesso contiene alcune tra le più belle chiese scavate nella roccia (Fig. 2.1; 2.2), decorate da bellissimi affreschi e pitture murali, i cui colori conservano anco-ra tutta la loro freschezza originaria.

Il percorso per raggiungere la chiesa sovrasta la zona fertile ricca di coltivazioni, passando tra alte mura di pietra e attraversando alcune camere rupestri con fron-tali in rovina. Si arriva così allo spazio piano che contiene l’ingresso della Chiesa (Fig. 2.3; 2.4), ormai chiuso al pubblico da un piccolo cancello. Superato il cancel-lo si passa per due camere, divise tra loro da un ulteriore varco che porta ancora i segni della presenza di una porta macina. L’ingresso alla chiesa è caratterizzato dal tipico arco a ferro di cavallo, una volta arricchito da pitture murali.

Lo spazio per il culto

Nonostante la tecnica dell’escavazione potesse offrire la possibilità di creare nuove forme architettoniche, gli artigiani della Cappadocia rimasero fedeli ai mo-delli bizantini. La tipologia della Meryemana corrisponde dunque a quella delle chiese bizantine in muratura. Non solo la pianta, ma anche in alzato ne riprende i consueti elementi architettonici: archi, pilastri, colonne, capitelli, cornici, volte e cupole.Questo tipo di edificio, di modeste dimensioni, corrispondeva ai bisogni limitati di

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Meryemana Kilise

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2.1 Mappa delle Chiese nella “Valle delle Spade”, Göreme, Turchia. N° 33 : Chiesa di Merye-mana (Kılıçlar Kuşluk).(Fonte: Google)

QR-Code_1 Virtual Tour dell’ “Open Air Museum” Göreme, Turchia:

2.1

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Capitolo II

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2.2 Vista panoramica sul-la Kılıçlar Valley. (Foto: G. Verdiani)

2.2

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Meryemana Kilise

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piccole comunità monastiche. La caratteristica peculiare che lo distingue dalle al-tre chiese della zona è la sua tipologia costruttiva: una navata trasversale coperta da due volte a botte di diverse dimensioni, senza alcun sostegno a terra. Sui muri laterali sono ricavate delle nicchie cieche, ed una panca bassa percorre le mura perimetrali del naos (fig. 2.5; 2.6; 2.7). L’enorme crepa che attraversa l’intero vano rivela le drammatiche condizioni in cui versa la Meryemana, inoltre la sequenza degli spazi mostra chiaramente un complesso sviluppo della Chiesa nel tempo. Aggressivi interventi successivi alla sua realizzazione ne hanno difatti alterato e distrutto una parte degli affreschi originali, come quello che apre il collegamento con la camera delle tombe.Ad Est del naos si aprono le tre absidi, due delle quali ancora conservate in buono stato. Quella a sud, detta diacoricon (sagrestia), è quasi completamente scompar-sa e una grande apertura verso la valle permette una vista impressionante verso le vette opposte. Quella a nord, definita prothesis, accoglie lo spazio una volta usato per la preparazione del pane e del vino. Le tre absidi potevano tuttavia avere anche ruoli secondari, ad esempio venivano anche usate per le commemo-razioni di santi, monaci defunti o donatori e fondatori della chiesa.Tra il bema e il naos la separazione è netta, in primo luogo una differenza di altezza, come si può notare in sezione, contraddistingue e separa i due spazi. Inoltre un corridoio con soffitto sopraelevato si apre sulla navata con una icono-stasi 2 scolpita in sei archi e cinque colonne. Tre delle cinque colonne sono andate perdute, ma la parte mancante tuttavia crea una percezione asimmetrica della chiesa ed enfatizza il valore delle colonne restanti.Al di sotto del bema, nella parte destra, ci sono altri due vani secondari, struttura-ti uno sull’altro, probabilmente scavati in un secondo momento, prevedevano un collegamento diretto al naos mediante scale di legno.Il bema e le camere inferiori sono al di là della crepa che divide la chiesa in due

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Capitolo II

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2.3 Chiesa di Meryemana, vista esterno lato Sud. (Foto: G. Verdiani)

2.3

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Meryemana Kilise

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2.4 La Chiesa di Meryema-na (snapshot dalla nuvola di punti)

2.4

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Capitolo II

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2.5 Pianta e Sezione Longitudinale Chiesa di Meryemana (rilievo dalla nuvola di punti)

2.5

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Meryemana Kilise

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2.6 Sezioni Longitudinali Chiesa di Meryemana (ri-lievo dalla nuvola di punti)

2.6

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Capitolo II

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2.7 Sezioni Trasversali Chiesa di Meryemana (ri-lievo dalla nuvola di punti)

2.7

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Meryemana Kilise

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parti. Tagliando trasversalmente le due volte, la crepa scende le pareti verticali e corre lungo la pavimentazione, solo una lunghezza di mezzo metro separa i due estremi. Ogni cammino svolto quindi sul lato del bema può essere considerato pericoloso sia per la struttura che per l’incolumità del visitatore.

Analisi delle decorazioni

Nelle chiese della Cappadocia il legame tra architettura e pittura è molto stret-to, per ogni modello architettonico (a navata unica con soffitto piatto o a volta a botte, longitudinale o trasversale, croce libera o croce inscritta) si determinano soluzioni decorative differenti. Riguardo le tecniche decorative non si hanno informazioni dettagliate. Di solito come base veniva usato un intonaco composto da calce, sabbia tufo e paglia trita-ta applicato direttamente sulla roccia.Nello spazio gerarchizzato rappresentato dalla chiesa di Meryemana, le imma-gini non hanno tutte lo stesso valore. All’estremità della chiesa, le absidi, poste sempre ad Est, rappresentano il punto focale verso cui convergono gli sguardi dei fedeli disposti nella navata, ma è anche il luogo di massima sacralità (solo il clero può penetrarvi). Le immagini devono quindi contribuire ad esaltare lo spazio liturgico, legandosi alla sua funzione.Al di sopra dell’altare dell’absidiola settentrionale un vescovo di Mira, raffigurato abbastanza raramente, san Nicandro, è rappresentato qui in grande scala, rele-gando ai lati, in punti poco visibili, san Basilio e san Modesto.Ciò è dovuto in particolare al suo ruolo di santo patrono del donatore, anch’egli chiamato Nicandro, rappresentato di fronte, sul muro occidentale della navata. Il corridoio trasversale, che corre davanti le absidi e fa già parte dello spazio del

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Capitolo II

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santuario, presenta invece una decorazione completamente agiografica. I santi raffigurati nelle volte e sui timpani di questa parte della chiesa sono in posizione orante, con le braccia tese verso l’alto (Fig. 2.8). Una scelta iconografica che si ritiene fu dettata direttamente dal desiderio di Nicandro e di sua moglie, fonda-tori della chiesa, per beneficiare delle preghiere di intercessione dei santi, oltre che a quelle della Theotokos (genitrice di Dio) e del Precursore rappresentati nella Deisis absidale. Il gran numero di sante raffigurate resta tuttavia insolito, facendo ipotizzare agli studiosi che possa essere invece dovuto al ruolo della chiesa, servita forse come convento femminile. La posizione d’onore in cui sono raffigurati i ritratti di sant’O-nofrio e san Zosimo, modelli di ascetismo, che sovrastano l’abside centrale e settentrionale, ma soprattutto la loro preminenza sulle sante e il loro legame con l’eucarestia ne suffragano la tesi 4. Più in basso, sulle pareti del corridoio, sono state rappresentate altre figure molto venerate: san Panteleimone, Sant’Eustachio e santa Barbara. A prescindere dalla loro paternità, queste figure, collocate sul santuario, luogo per eccellenza della presenza divina, sono nuovamente considerate, negli anni successivi al periodo iconoclasta, le mediatrici più efficaci tra l’uomo e Dio, e le loro immagini hanno il valore di icone culturali.

Come d’usanza nelle chiese a pianta basilicale risalenti al X-XI secolo, la storia del-la salvezza ed in particolare gli eventi più significativi della vita di Cristo vengono raffigurati negli spazi delle navate. Anche nella Meryemana, sulle volte a botte del naos, davanti al santuario, la decorazione, al pari delle preghiere, delle salmodie e delle letture, agisce quasi come uno degli elementi del rituale. Le pitture, che avvolgevano i fedeli, rendevano presente sotto i loro occhi l’opera della salvezza, orientavano i loro pensieri verso Cristo, ricordando la sua missione tra gli uomini

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Meryemana Kilise

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e le sofferenze che ha sopportato. I pittori, così come i teologi e la liturgia, oltre al Vangelo, usavano i racconti dei vangeli apocrifi - principalmente il Vangelo dell’Infanzia, detto tradizionalmente Protovangelo di Giacomo 5- insistendo sul ruolo di Maria, creatura umana che fu la dimora della divinità: unione con Dio a cui ciascuno è chiamato. Gli episodi del Viaggio verso Betlemme e della Natività (parte settentrionale, volta a botte lato meridionale) ricordano il ruolo di “Maria come porta attraverso la quale la salvezza è entrata nel mondo” 6. Come spesso accadeva, anche in questo caso la Natività è collocata di fronte alla scena della Dormizione della Vergine, un legame antitetico, posto ai lati della rappresentazione della Theotokos dipinta sul muro occidentale, sottolineato dall’iconografia (in entrambe le decorazioni domina la figura di Maria sdraiata su un letto di colore analogo). Sempre sulla volta a botte, lato settentrionale, la scena della Crocifissione, omes-sa molto raramente nelle chiese di questo periodo, raffigura un Cristo ad occhi socchiusi, al tempo stesso Dio e uomo, morto eppure vivo.Anche nel naos come nel bema altri santi, ugualmente popolari in tutto l’Impero bizantino, sono raffigurati in gruppo, i più celebri a quel tempo erano i Martiri di Sebaste, cinque di questi sono raffigurati nella parte meridionale della navata, sulla volta. Di fronte invece i cinque Martiri Persiani. Sulla parete, nelle nicchie al di sotto della volta, vi sono raffigurati Giovanni il teologo (l’Evangelista), Daniele e Giovanni Battista (Fig. 2.9, 2.10, 2.11).Un tema abituale al centro dell’iconostasi nelle chiese bizantine, si trova invece all’ingresso del santuario e raffigura la Deisis 3 (Fig. 2.12).

Le pitture della Meryemana (Fig. 2.13; Virtual Tour dell’interno della chiesa: QR-Code 2-5) rappresentano per lo specialista, ma anche per il visitatore curioso, una preziosa testimonianza dell’arte pittorica del X-XI secolo. Solo nella Cappado-

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Capitolo II

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2.8 Interno Chiesa di Meryemana - volta e cor-ridoio del bema. (Foto: C. Giustiniani, G. Verdiani)

2.8

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Meryemana Kilise

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2.9 Interno Chiesa di Meryemana - Naos. (Foto: C. Giustiniani, G. Verdiani)

2.9

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Capitolo II

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2.10 Interno Chiesa di Meryemana - I Cinque Martiri di Sebaste. (Foto: C. Giustiniani, G. Verdiani)

2.11 Interno Chiesa di Meryemana - I Cinque Martiri Persiani. (Foto: C. Giustiniani, G. Verdiani)

2.12 Interno Chiesa di Meryemana - Crocifissine (sinistra), Deisis (centro), viaggio verso Betlemme (destra), Sante oranti (in basso). (Foto: C. Giustinia-ni, G. Verdiani)

2.10 2.11

2.12

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Meryemana Kilise

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2.13 Mappa schematica delle decorazioni

Virual Tour Interno ChiesaQR-Code_2:

QR-Code_3:

QR-Code_4:

QR-Code_5:

2.13

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Capitolo II

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cia infatti, in tutte le sue chiese rupestri, si possono apprezzare questi affreschi, che nelle altre regioni del mondo bizantino sono rari e spesso frammentari. Una massa documentaria copiosa, sapientemente orchestrata, che riflette una storia movimentata e ci informa sulla società, le sue credenze e pratiche religiose.

Pier Paolo Pasolini, Medea

Tra maggio e agosto 1969 il regista italiano Pier Paolo Pasolini girò, prevalente-mente in Siria e in Turchia, il film Medea. In quest’opera cinematografica molte delle scene furono girate proprio nella chiesa di Meryemana, che nel film rappre-senta il tempio dove è custodito il Vello d’oro7 (Fig. 2.14).Quest’opera ha un duplice valore, oltre a quello di contribuire all’importanza storica ed artistica della chiesa, costituisce anche un documento importantissimo ai fini della ricerca, in quanto ne documenta lo stato di degrado in cui riversava in quegli anni, confrontabile con i rilievi effettuati nel 2012 dal DIDA (Dipartimento di Architettura, Firenze).In un video, presentato dal Prof. Arch. Marcello Scalzo e dall’Arch. Claudio Giu-stiniani al CHNT di Vienna8 nel 2013 (QR-Code_6), l’intento è proprio quello di mettere in rapporto i dati raccolti nella campagna di rilievo fotografico (tramite riprese fotografiche panoramiche), e le immagini del film di Pasolini, utile suppor-to per monitorare la condizione delle crepe, ormai molto grave.

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Meryemana Kilise

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2.14 Foto dal set del film Medea (Foto: Mario Tursi)

QR-Code_6 Video rea-lizzato da M. Scalzo e C. Giustiniani

2.14

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NOTE

1 Il Goreme Open Air Museum è membro dell’UNE-SCO World Heritage List dal 1984 , ed è stato uno dei primi due siti UNESCO in Turchia.

2 Parete divisoria decorata con icone che separa la navata delle chiese di rito orientale (ortodosse e cat-toliche) dal Bema (santuario) dove viene celebrata l’Eucaristia.

3 Maria, colei che intercede (Deesis). I sentimenti materni di attenzione per gli altri che ha la Madre di Gesù nell’episodio evangelico delle Nozze di Cana (Gv 2,1-12), si possono ritrovare dipinti nell’icono-stasi, dove Maria è in atteggiamento orante, è la “Deesis”, per eccellenza.

4 Onofrio fu nutrito nel deserto del pane celeste, Zosimo dette la comunione a Maria Egiziaca.

5 F. Bovon, p. Geoltrain, Écrits apocryphes chrétiens, I, Paris 1997, pp. 71-104.

6 Jolivet-Lévy C., L’arte della Cappadocia, Jaka Book, 2001, p.189.

7 Il vello d’oro era, secondo la mitologia greca, il vello (pelle intera) dorato di Crisomallo, un ariete alato capace di volare che Ermes donò a Nefele. Il vello d’oro fu in seguito rubato da Giasone e dai suoi compagni, gli Argonauti, con l’aiuto di Medea, figlia di Eete. Aveva il potere di guarire le ferite.

8 Convegno Internazionale Cultural Heritage and New Technologies.

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BIBLIOGRAFIA

Verdiani G., Il vuoto e la sostanza: breve visione sul paesaggio della Cappadocia, NETWORK IN PRO-GRESS, vol. 13, 2013, pp. 9-30.

Andaloro M., Crescenzi C., Pogliani P., Verdiani G., The St. Eustache and the Meryemana churches in Göreme. Two case studies of documentation about rupestrian heritage in Cappadocia, technical approach from the digital survey to the restora-tion hypothesis, in: Digital Heritage International Congress 2013, Marseille, France, 28/10/2013 - 01/11/2013, IEEE, vol. 2, 2013, pp. 579-579.

Crescenzi C., Verdiani G., The CHRIMA project: Investigating the rupestrian architecture in the Me-diterranean area, in: 17th International Conference on Cultural Heritage and New Technologies 2012, Vienna, Austria, 05/11/2012 - 08/11/2012, Museen der Stadt Wien – Stadtarchäologie, vol. 1, pp. 1-11.

Scalzo M., Iconostasis: some examples in the rupe-strian church, in Università degli Studi di Firenze, 2012, pp. 185-190.

Jolivet-Lévy C., L’arte della Cappadocia, Jaka Book, 2001

Jolivet-Lévy C., La Cappadoce médiévale: images et spiritualité, Zodiaque, 2001

Velmas T., La visione dell’invisibile, L’immagine bizantina o la trasfigurazione del reale, Jaca Book, 2009

Y. Hirschfeld, The Judean Desert Monasteries in the Bizantine Period, New Haven-London 1992

Ennio Concina, Le arti di Bisanzio: secoli VI-XV, Pear-son Italia S.p.a., 2002

Pichard J., Romanesque Painting, Heron Books, 1968

F. Bovon, P. Geoltrain, Écrits apocryphes chrétiens, Paris, 1997

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SITOGRAFIA

Unesco,http://whc.unesco.org/en/list/357

Göreme,http://www.goreme.com/index.php

MÜZE - Göreme Open Air Museum,www.muze.gov.tr/goreme-en

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03 DIGITAL HERITAGE

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Capitolo III

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Nell’estate 2012 il Dipartimento di Architettura di Firenze (DIDA), in collaborazio-ne col Dipartimento di Scienze dei Beni Culturali di Viterbo (DISBEC), ha svilup-pato un progetto denominato: Rupestrian Habitat and Arts in Cappadocia –Tur-key- and in Center-South Italy. Stone, carved architecture, painting: between the knowledge, the conservation and the enhancement. Approvato nel 2013 presso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca; il lavoro, tuttora in fase di sviluppo, è partner del progetto PRIN (Italian National Relavance Reserch Project) approvato nel 2013, ed avrà una durata complessiva di 3 anni.Partendo da un’accurata campagna di rilievo digitale e fotografica delle chiese di Sant’Eustachio, Meryemana e San Daniele, situate sul retro della grande area della Tokali Kilise, a Göreme il progetto di ricerca ha come obbiettivo quello di analizzare i dati raccolti e fornire strumenti e modelli finalizzati alla comprensio-ne delle cause di danno e degrado (effetti del tempo e dei cambiamenti climatici sulle architetture) del patrimonio culturale tangibile (edifici, siti e paesaggio). Il materiale prodotto risulta dunque indispensabile per il recupero, la conservazio-ne del patrimonio e per una maggiore comprensione dei suoi valori culturali.

Strumenti e metodi di acquisizione

Il rilievo rappresenta il primo passo verso la conoscenza di un bene architetto-nico, poiché sui dati geometrici e cromatici raccolti si basano tutte le successive analisi, siano esse metriche, proporzionali, diagnostiche, strutturali. Gli inte-ressanti sviluppi che la tecnologia ha messo a punto riguardo gli strumenti ed i metodi di acquisizione tridimensionale “senza contatto” hanno permesso di concludere quest’importante fase della ricerca nel miglior modo possibile. Grazie infatti all’utilizzo di un laser scanner (Faro CAM2 Focus3D) (Fig.3.1) di proprietà

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dell’Università della Tuscia e gestito dall’unità del DIDA, si è arrivati ad avere una perfetta conoscenza geometrico dimensionale degli insediamenti rupestri rilevati.Il laser scanner è in grado di acquisire dati tridimensionali relativi alla posizione di punti nello spazio rispetto ad un sistema di riferimento noto grazie ad un emetti-tore di luce codificata1 (laser) che, scontrandosi con un oggetto lungo il suo per-corso, misura la distanza da esso. Collocato quindi questo strumento nelle varie posizioni (stazioni), l’oggetto potrà essere scansionato in ogni sua parte. Una volta redatto un progetto di rilievo, mirato a stabilire il numero e la posizio-ne delle stazioni al fine di evitare zone d’ombra con conseguente perdita di dati, l’apposizione di mire ottiche o target sulle architetture da rilevare renderà pos-sibile, in fase di post-produzione, unire le singole acquisizioni. Inoltre tramite un rilievo topografico dei targets, l’architettura da rilevare sarà riferita ad un sistema di riferimento assoluto.Il risultato è un modello 3D discontinuo, costituito da una serie di nuvole di punti (una per ogni stazione) che conserva la reale scala del bene acquisito e che con-sente dunque di effettuare le operazioni di rilevamento (in passato messe in atto in loco) direttamente in laboratorio grazie all’uso di software dedicati.Nel caso della chiesa di Meryemana, il rilievo tridimensionale, sfruttante questo tipo di tecnologia, è stato essenziale. Lo scanner laser essendo in grado di restitu-ire oggetti di forma complessa con un errore massimo di 3mm (ma soprattutto in tempi ridotti), ha prodotto un risultato che ha contribuito in maniera decisiva alla produzione dei modelli bidimensionali (piante e sezioni canoniche) e tridimensio-nali (mesh) su cui poter compiere le operazioni virtuali successive.Le fasi del lavoro si sono articolate secondo le seguenti fasi:- registrazione delle nuvole di punti (software usato: Leica Cyclone v.6);- produzione degli screenshot per il ricalco degli elaborati bidimensionali (softwa-re usato: Autodesk Autocad 2013);

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Capitolo III

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3.1 Laser Scanner Faro CAM2 Focus3D (Fonte: G. Verdiani)

3.2 Screenshot dalla nu-vola di punti, in giallo la parte della roccia a ri-schio crollo, contenente le absidi ed il corridoio del bema.

3.3 Restituzione degli elaborati bidimensionali tramite un’operazione di ricalco su Autocad delle screenshot (prodotte con il software Leica Cyclone)

3.1 3.2

3.3

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- esportazione del nuvola in formato .PTX;- elaborazione (pulizia) e triangolazione (software usati: Inus Rapidform Xor3 e Gemagic Studio 2012).Durante la fase di registrazione, gli algoritmi presenti nel software, permettono di unire le singole scansioni tramite operazioni di rototraslazione basate sull’indi-viduazione di un numero sufficiente di punti omologhi significativi tra le nubi di punti. Sull’intero modello correttamente messo a registro sono state individuate pianta e sezioni significative che permettessero di descrivere le peculiarità dell’ar-chitettura in modo esaustivo attraverso i consueti elaborati bidimensionali otte-nuti tramite produzione di screenshot e restituzione al CAD degli stessi (Fig. 3.2; 3.3).Le nuvole di punti, tuttavia, per quanto dense possano essere, rappresentano, come precedentemente accennato, un modello discontinuo 2 (Fig. 3.4), che, se pur metricamente fedele al reale, non ne mantiene le caratteristiche percettive. Per una rappresentazione più fedele del manufatto, che tenesse conto anche del dato cromatico e delle caratteristiche superficiali del reale percepito, è stato indispensabile ricorrere a tecniche di reverse modeling per la costruzione di un modello continuo. Grazie all’uso di strumenti e algoritmi messi a disposizione da software specifici è stato dunque possibile ottenere un modello mesh a maglia triangolare a partire dai dati acquisiti sul campo 3. Durante l’operazione di trian-golazione il software permette di controllare che l’eventuale deviazione tra i dati originali e la mesh prodotta rientri all’interno di un range di errore accettabile (in media 1mm) (Fig.3.6).Una volta ottenuto un modello hi-poly da semplice triangolazione è opportuno, da parte dell’operatore, curare eventuali errori topologici presenti nella mesh me-diante l’uso di tools semiautomatici che consentono di avere sempre il controllo sull’aderenza geometrica del modello al reale.

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Capitolo III

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3.4 Modello discontinuo Point Cloud (61 Milioni di punti; 3,5 GB)

3.5 Modello Mesh Hi-Poly - Triangolazione dei punti (37 Milioni di poligoni; 2,7 GB)

3.4

3.5

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3.6 Analisi della devia-zione nel passaggio dal modello discontinuo ad un modello mesh a ma-glia triangolare (errore compreso tra un massi-mo di “1mm” e “-1mm”; media d’errore intorno a “0,1mm”)

3.6

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Capitolo III

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Strumenti e metodi di rappresentazione

La documentazione digitale tramite le tecniche laser scanning, la realizzazio-ne delle tavole canoniche di piante e sezioni, e la restituzione in un sistema 3D continuo (modello mesh hi-poly), rappresenta solo una prima fase del processo di rappresentazione dell’oggetto. La divulgazione dei beni culturali e degli studi su essi condotti ad oggi avviene attraverso i metodi e strumenti che necessitano di una ulteriore elaborazione del dato virtuale, realtà aumentata e di applicazioni real-time, deve ancora scontrarsi con i limiti computazionali che caratterizzano la maggior parte degli hardware presenti sul mercato 4. Per questo motivo diventa indispensabile mettere in atto procedure di ottimizzazione dei modelli 3D che consentano, a fronte di una notevole semplificazione del dato geometrico, di contenere il peso dei file in termini di megabyte e di mantenere al tempo stesso la reale percezione delle caratteristiche del manufatto.Tali procedure sono ad oggi ancora interessate da numerosi studi e risultano tutt’altro che standardizzate. La pipeline di seguito descritta in 5 fasi e applicata per questo caso di studio prevede l’applicazione di tecniche di modellazione e texturing utilizzate nel campo dell’enterteinment che contribuiscono in modo significativo all’ottimizzazione del modello hi-poly.

Fase 1: Retopology. Il modo migliore per alleggerire il dato derivante dall’elabo-razione delle nuvole di punti (modello mesh hi-poly) è l’utilizzo di una tecnica di rimodellazione conosciuta come retopology. Esistono oggi strumenti avanzati che consentono l’utilizzo semplificato (semiautomatico) di tale tecnica. L’obbiettivo è quello di ridurre drasticamente il numero dei poligoni che descrivono la geome-tria dell’oggetto, dall’ordine dei milioni a poche migliaia, mantenendo i punti di controllo della mesh mid-poly (Fig. 3.7). Tale processo ne semplifica certamente

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la forma, ma consente tuttavia di poter utilizzare la mesh low-poly (Fig. 3.8) pro-dotta per applicativi real-time render 5 o per la produzione di video, poichè ad un numero inferiore di poligoni corrisponde un alleggerimento computazionale del motore di render in fase di calcolo.Tra i numerosi software che permettono il corretto esito della retopology, è stato scelto per questo lavoro il tool di Pixologic ZBrush v.4R6 : lo ZRemesher. Grazie a questo strumento semiautomatico, in pochi passaggi è stata ricreata una nuova struttura poligonale (a maglia quadrangolare 6) del modello mesh hi-poly. L’algo-ritmo permette di poter personalizzare l’esito finale del risultato, consentendo di scegliere dove la topologia del modello dovrà essere più densa di poligoni (specialmente nei punti in cui il modello presenta una geometria complessa ricca di dettagli) o meno densa (per esempio nelle parti “lisce” del modello), tramite l’utilizzo di alcuni settaggi come il Target Polygons Count slider, l’Adaptive Size slider ed Color Density slider (Fig. 3.9).

Fase 2: Parametrizzazione UV. Questa operazione consente di codificare la posi-zione dei punti del modello 3D su una superficie di coordinate (u ; v) attraverso la creazione di una corrispondenza biunivoca, e risulta di primaria importanza poichè la mappa così creata (detta appunto UV Map) costituisce un sistema di riferimento univoco per tutte le texture che saranno applicate al modello.Una corretta codifica della UV Map segue criteri di distribuzione omogenea sullo spazio UV dei poligoni del modello 3D, soddisfa la continuità di tale distribuzione e punta ad annullare la presenza di sovrapposizioni tra poligoni che farebbe venir meno il rapporto biunivoco tra i punti del piano e dello spazio, inficiando la quali-tà della texture.Anche in questo caso, come per la retopology, attraverso l’utilizzo di un plug-in di ZBrush (UV-Master), è stato possibile, in pochi semplici passaggi, la generazione

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Capitolo III

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3.7 Modello Mesh Mid-Poly (6,8 Milioni di punti; 270 MB)

3.8 Modello Mesh Low-Poly (57’000 Poligoni; 8,4 MB)

3.7

3.8

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3.9 Z-Remesher Tool in ZBrush (Retopology)

3.9

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Capitolo III

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di una mappa UV a partire dalla mesh low-poly precedentemente prodotta. Il software mette a disposizione dell’operatore numerosi strumenti di personaliz-zazione del risultato finale. Utilizzando infatti lo strumento Polygroups è stata effettuata una preventiva suddivisione della mesh in gruppi di poligoni. Succes-sivamente il comando unwrap della subpalette di UVMaster genera una Atlas UV-Map, suddividendo la mappa in “isole” separate. In questo modo è possibile ottimizzare lo spazio nella griglia delle UV (sempre di forma quadrata), coprendo-la il più possibile in ogni sua parte. Questo consente di produrre mappe di risolu-zione superiore al pari di dimensione in termini di byte (Fig. 3.10).

Fase 3: Baking della normal map. Esportato il modello da ZBrush a Luxology Modo v.701 (Fig. 3.11), sono state effettuate le necessarie operazioni di baking per la produzione delle textures e della normal map. Il baking consiste nel tra-scrivere in un’immagine 2D (la nostra UV-Map) le informazioni provenienti da un modello hi-poly (Fig. 3.12). Per la normal map (mappa delle normali) ad esempio le normali di tutte le facce che compongono la geometria mesh vengono tradotte in pixel. Ogni pixel della mappa corrisponde (tramite il suo colore) al valore ed all’orientamento di una normale del modello hi-poly. Le normal map infatti si ri-cavano tipicamente dai modelli ad alta risoluzione per essere applicate a versioni decimate egli stessi modelli. La normal map attribuita al modello a bassa risolu-zione tramite un materiale (shader), simula visivamente lo stesso dettaglio delle geometrie originarie ad alta risoluzione. Si tratta evidentemente di un effetto visivo illusorio, ma molto efficace e largamente impiegato nella grafica 3D per videogames (Fig. 3.13).

Fase 4: Texturing. In questa fase è stato necessario utilizzare 4 diversi tipi di software per la realizzazione del risultato finale: la creazione della color map

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3.10 UV-Master Tool in ZBrush

3.10

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Capitolo III

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(mappatura delle geometrie mesh con textures del colore diffuso ottenute dalla campagna fotografica). Per produrre una efficace mappa del colore è stato usa-to il metodo della proiezione da una camera (Front Projection) direttamente sul modello mesh.La buona riuscita di quest’operazione ha imposto di definire una rigorosa pipeli-ne. In primo luogo è stata necessario l’utilizzo del software EOS Systems Photo-modeler grazie al quale, dopo una preventiva fase di calibrazione della fotocame-ra per la correzione delle distorsioni sui fotogrammi, è stato possibile individuare, in maniera precisa, la posizione della camera nello spazio. Questa tecnica prende il nome di resezione (o camera resectioning), a partire da una serie di punti omo-loghi individuati contemporaneamente sul fotogramma e sul modello, l’algoritmo di Photomodeler riconosce le coordinate spaziali da cui ogni singolo fotogramma è stato scattato. Per il camera resection sono stati usati: Adobe Photoshop per la correzione delle dominanti cromatiche (bilanciamento del bianco) e per l’indi-viduazione di target (punti) personalizzati (circa 12 per ogni fotogramma), Inus Rapidform Xor3 per l’apposizione (sempre manuale) dei target (punti omologhi) nello spazio (Fig. 3.14) e Rhinoceros v.5 per la conversione e l’esportazione nel formato di interscambio .DXF dei target.Le camere individuate da Photomodeler (Fig. 3.15) sono state esportate nel for-mato .FBX verso il software di computer grafica Luxology Modo v.701, nel quale si è concluso il processo. La definitiva operazione di ri-proiezione dei fotogram-mi sul modello mesh low-poly è stata possibile all’interno di Modo utilizzando l’opzione chiamata Front Projection (Fig. 3.16). Le immagini proiettate sono state poi codificate all’interno della mappa (u,v) attraverso il comando Bake to Render Output.

Fase 5: Rendering. Sempre all’interno del software Luxology Modo v.701, è stata

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conclusa la fase finale. Dopo una preliminare operazione di painting 3D (colo-razione direttamente sul modello tramite strumenti pennello) delle parti non texturizzate dalle immagini fotografiche (parti relative agli ambienti esterni e sot-tosquadri), sono state renderizzate le mappe utili alla rappresentazione realistica del modello: la mappa delle occlusioni ambientali (Ambient Occlusion map 8) e la mappa dell’illuminazione (Total Illumination map). Queste mappe, opportuna-mente combinate con la color map (mappa delle texture), consentono di apporta-re al modello finale quel fotorealismo utile, come si è detto, alla sua divulgazione ed alla sua attendibilità cromatica (Fig. 3.17).

I modelli originati da questa pipeline risultano essere molto leggeri in termini di byte. Sfruttando le tecniche sopra descritte, infatti, possono essere importati in software come Unity 3D (operante nel settore dell’entertainment) per la produ-zione di applicativi real-time.

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Capitolo III

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3.11 Editing della UV Map col software Luxology Modo v.701.

3.12 Baking della mappa delle normali: la mesh low-poly è sovrappo-sta alla mesh hi-poly, il software trasferisce le informazioni sulla geo-metria della mesh ad alta risoluzione sottostante trascrivendole mappa del-le UV sottoforma di pixel.

3.11

3.12

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3.13 Applicazione della Normal Map sul modello Mesh Low-Poly

3.13

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Capitolo III

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3.14 Individuazione di punti (omologhi a quelli del fotogramma da pro-iettare) nello spazio tri-dimensionale (software: Inus Rapidform XOR3).

3.15 Calcolo della posizio-ne originale della camera al momento dello scatto del fotogramma (softwa-re: Photomodeler).

3.16 Proiezione fronta-le (direttamente dalla camera importata) del fotogramma sul modello mesh low-poly (software: Luxology Modo v.701)

3.14

3.15 3.16

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3.17 Applicazione delle mappe Ambient Occlusion e Color Map sul modello Mesh Low-Poly

3.17

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NOTE

1 La luce codificata, a differenza della luce am-biente, è una luce che per contenuto informativo è facilmente riconoscibile da un sensore elettronico.

2 I modelli a nuvola di punti ottenuti per cam-pionamento attraverso strumenti di acquisizione digitale presentano alcune limitazioni dal punto di vista computazionale. Banalmente, ad esempio, non è possibile realizzare una still image (render) di una nuvola di punti.Una nuvola di punti non strutturata (unstructured point cloud) è costituita da punti nello spazio che non risultano organizzati.

3 Per triangolazione si intende il processo di con-versione da modello di punti a modello di superficie poligonale triangolare. Le informazioni quanti-tative e qualitative del modello a punti vengono coerentemente interpretate e riadattate per una rappresentazione tassellata della frontiera (sche-ma di rappresentazione che esplicita la superficie poligonale). Le coordinate disposte regolarmente per righe e per colonne (matrice di punti) vengono collegate mediante facce triangolari, l’interruzione della “rete” è gestita attraverso una soglia angolare tra poligoni adiacenti o una massima lunghezza dei lati dei poligoni.

4 E’ innegabile che vi sia al giorno d’oggi la tenden-za ad avvalersi di dispositivi smartphone e tablet, dispositivi che, per quanto prestanti, sono ben lungi dal garantire l’utilizzo di modelli 3D ad alta densità (high-poly) che al tempo stesso siano fotorealistici.

5 Il real time offre la possibilità di interagire profon-damente con l’ambiente virtuale creato navigando al suo interno in tempo reale. Inoltre consente l’interattività con esso, aggiungendo o modificando elementi dell’ambiente e controllando l’accesso alle informazioni.Le potenzialità applicative spaziano in numerosis-simi ambiti, dalle architetture di esterni ed interni completamente esplorabili in tempo reale, alla di-dattica e progettualità in ambito medico, meccanico, industriale. I Software più famosi per la produzione di queste applicazioni sono: Unity 3D, Torque 3D, Unreal Engine, TGB, L3DT.

6 Una mesh a facce quadrangolari è descritta da una maglia i cui punti hanno valenza 4, dove per va-lenza si intende il numero di bordi coincidenti. Sono molto diffuse nella progettazione di modelli per l’en-terteinment in quanto il loro criterio di suddivisione garantisce la continuità del secondo ordine anche nei vertici straordinari e una buona qualità di forma.

7 Le lettere “U” e “V” indicano gli assi della texture 2D dal momento che “X”, “Y” e “Z” sono già usate per indicare gli assi dell’ oggetto 3D. Le coordinate UV vengono assegnate per faccia e non per vertice. Ciò significa che un vertice condiviso può avere coordinate UV differenti in ognuno dei suoi triangoli, in modo che i triangoli adiacenti possano essere divisi e posizionati su aree diverse della mappa della texture.

8 Il procedimento matematico che porta all’appli-cazione dell’ambient occlusion (AO) è nato per simu-

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lare effetti di illuminazione diffusa e viene utilizzato da solo o in combinazione con altri shaders più com-plessi, nei render statici e negli applicativi real-time render. In estrema sintesi, si tratta di una tecnica in grado di simulare l’ombreggiamento delle superfici, riproducendo un effetto di occlusione ambientale che simula l’illuminazione globale; se si immagina la luce diffusa che popola una scena, gli spigoli più o meno acuti tra i piani geometrici degli oggetti sono quelli meno investiti dal flusso luminoso. In altre parole la luce risente dell’occlusione (cioè dell’ombra di prossimità) degli elementi nell’ambiente, da cui il nome della tecnica. L’algoritmo grafico pertanto illu-mina in maniera differenziale le superfici, tenendo gradualmente in ombra le parti occluse (quelle dove arriva meno luce).

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04 RAPID PROTOTYPING

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Capitolo IV

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Oltre allo studio e alla conservazione digitale del dato, nell’ambito della ricerca volta non solo alla documentazione ma anche alla divulgazione del bene cultura-le preso in esame, l’obbiettivo della Tesi è quello di proporre un sistema per una riproduzione fedele del manufatto che sia al contempo realistico e suggestivo, alla pari di un’esperienza reale. Per fornire quindi al visitatore una simile impres-sione le nuove tecnologie di stampa additiva offrono la possibilità di ricreare, con un errore minimo impercettibile, gli spazi rilevati e dare una nuova vita al bene architettonico ormai inaccessibile.Il progetto prevede quindi la realizzazione in scala 1:1 della chiesa di Meryemana, partendo dal dato acquisito ed elaborato, col fine di ricostruire la spazialità archi-tettonica dell’insediamento rupestre.Attualmente le macchine a prototipazione rapida sono relativamente di semplice impiego, la qualità dei prototipi in termini di precisione dimensionale, rugosità superficiale e prestazioni meccaniche è in continua crescita. Inoltre è possibile un’ampia scelta di metodi e materiali per tipo d’impiego dei prototipi. Per questo la tecnologia della prototipazione rapida è considerata a pieno titolo un mezzo efficace per il rapido sviluppo del prodotto.

Lo stato dell’arte

La prototipazione rapida (RP - Rapid Prototyping) è una tecnologia innovativa che rende possibile la realizzazione, in poco tempo e senza l’utilizzo di utensili, di og-getti caratterizzati da una geometria complessa, partendo da un dato matematico dell’oggetto in questione su di un sistema CAD tridimensionale 1.La tecnologia prende spunto dall’idea che ogni oggetto può essere pensato come l’unione di sezioni di spessore infinitesimo (slice). Gli elementi sono quindi il

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Rapid Prototyping

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risultato della progressiva aggiunta di materia, da qui la definizione di layer ma-nufacturing (produzione per piani). Contrapponendosi ai metodi di stampaggio tramite deformazione plastica, o quelli di sottrazione di materiale (fresatura, tor-nitura), questo tipo di macchinari (stampanti 3d) aggregano e saldano tra di loro gli strati di materia partendo da liquidi (fusione di fotopolimeri) o solidi (fusione di polveri o di fogli di laminazione termoplastici).Il processo di realizzazione dell’oggetto stampato si riassume quindi in 3 fasi:- determinazione di un numero di sezioni con spessore finito dal modello CAD 3D;- realizzazione della prima sezione;- costruzione delle successive sezioni che verranno fatte aderire con la preceden-te (Fig. 4.1).Le macchine additive, costruendo l’oggetto per sovrapposizione di stati di spes-sore compreso tra 0,05 e 0,25 mm, devono quindi depositare da 80 a 200 strati per ogni centimetro di altezza. Tali sistemi, di per sé, possono risultare lenti se paragonati alle moderne macchine a controllo numerico (macchine sottrattive). La denominazione “prototipazione rapida” deriva tuttavia dal fatto che essi non necessitano quei processi tipici delle macchine sottrattive, come la determinazio-ne del percorso utensile, ma sono ottenuti direttamente dal modello matematico tridimensionale. Le tecniche oggi consolidate si basano essenzialmente sulla:- foto-polimerizzazione di monomeri liquidi (SLA, U.V. Curing, Polyjet);- sinterizzazione selettiva di polveri tramite laser (SLS, SLM, EBM);- stratificazione di fogli di carta o lamiera (LOM);- estrusione di filamenti in materiale termoplastico (FDM);- spruzzatura di termoplastici o collanti con tecniche simili alla stampa a getto d’inchiostro (MJM, DoD)2.

Il trasferimento dei dati fra i sistemi CAD e le macchine di protortipazione è

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Capitolo IV

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4.1 Fasi della produzione di un oggetto, dal file CAD al modello fisico

4.1

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Rapid Prototyping

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basato su formati di scambio in grado di rappresentare modelli sfaccettati. Lo standard attuale è il formato .STL 3 che esporta un modello composto da facce triangolari, in cui ogni triangolo ha su ogni lato un solo triangolo confinante, ciò permette di distinguere l’interno dall’esterno del modello. La successiva operazione, detta slicing, opera una la suddivisione del modello matematico, ossia del file .STL che già risulta in parte degradato dalla conversione dal formato proprio dal CAD all’.STL, in “fette” orientate orizzontalmente rispetto alla disposizione che si è fatta dell’oggetto all’interno del volume di lavoro nella macchina. Data la particolare metodologia di lavorazione, la superficie finale del pezzo presenterà un aspetto a gradini. È evidente che a differenti spessori del-le slice corrisponderanno differenti risultati finali, in particolare per le superfici curve. L’ideale sarebbe di disporre spessori infinitesimali e macchine capaci di stampare tali slice in modo velocissimo.Un altro aspetto che agisce sull’estetica dell’oggetto è il numero di poligoni che ne descrivono la geometria. Chiaramente l’uso di un elemento di superficie polinomiale a basso numero di poligoni (mesh low-poly) per approssimare un dato modello rende possibile un risparmio di tempo e dati, soprattutto quando si opererà la successiva operazione di slicing. Ciò tuttavia va a discapito della qualità estetica del prodotto. Aumentando il numero di poligoni (mesh hi-poly) è impli-cito il fatto che si forniscono maggiori informazioni geometriche, rendendo dato di input più complesso. Non esiste tuttavia una singola forma geometrica che soddisfi tutte le esigenze.

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Capitolo IV

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Selective Laser Sintering (SLS)

La sinterizzazione selettiva tramite laser di polveri di nylon4 è la tecnologia scelta per la realizzazione del plastico di studio. Questo processo consolidato, ampia-mente diffuso, di cui sono note ormai le potenzialità ed i limiti, risulta un valido sistema per realizzazione in scala del manufatto.Sfruttando la radiazione emessa da una sorgente laser al CO2, le macchine SLS sinterizzano4 le polveri precompresse di materiali differenti su di una struttura di supporto. Questa è sicuramente la tecnica più interessante vista la varietà di materiali utilizzabili, che vanno dai termoplastici, alla sabbia fino ai metalli. Sul mercato operano due aziende produttrici: l’americana DTM e la tedesca EOS.Questo tipo di macchine sono gestite da un personal computer dedicato al con-trollo di processo e richiedono una workstation per la generazione del codice macchina partendo dal file .STL.Le macchine SLS non si basano su un estrusore tradizionale per controllare il ma-teriale di modellazione, ma usano un laser ad alto potenziale per fondere piccole particelle di materiale. Partendo da due contenitori di polvere su lati opposti dell’area di lavoro, un recoater (distributore di polveri) deposita uno strato di polvere (slice) sulla piattaforma di lavoro. Nella camera dove avviene la sinterizza-zione, mantenuta ad una temperatura prossima a quella di fusione della polvere (per minimizzare gli effetti del cambiamento di fase), la radiazione di laser solidifi-ca lo slice, fondendo assieme la superficie dei granelli di polvere, dando origine al profilo della sezione. Questo processo si ripete per ogni strato di polvere rila-sciato, fino a completamento dell’oggetto. L’elevatore si abbassa di una quantità pari allo spessore della sezione ed il processo riparte (Fig. 4.2; 4.3). Vengono così create parti omogenee di complessità illimitata, inoltre la polvere nell’area di lavoro costituisce un supporto naturale poiché l’oggetto, ritrovandosi immerso in

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4.2 Schema delle compo-nenti di una stampante SLS

4.3 Foto del processo di stampa (Fonte: PMD - Pro-mo Design s.cons. a r.l.)

4.2

4.3

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Capitolo IV

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questa, a fine lavorazione non necessita ulteriori supporti.Le parti costruite vengono estratte dalla camera di lavoro e viene rimossa la pol-vere in eccesso. L’operazione deve essere effettuata solo dopo che l’intero blocco è riportato a temperatura ambiente per evitare shock termici che si tradurrebbe-ro in deformazioni del pezzo. Questo può, successivamente, essere sottoposto a trattamento di levigazione, resinatura e verniciatura.Con questa tecnologia è possibile stampare plastica , metallo , ceramica o vetro, praticamente tutto ciò che può essere rilasciato come polvere e calore fuso.

Il modello di studio

Al fine di una dimostrazione pratica delle potenzialità delle tecniche di prototipa-zione volte alla descrizione fisica dettagliata della chiesa in esame, è stato realiz-zato un prototipo in scala 1:25 dell’insediamento rupestre.Partendo dal dato prodotto mediante le tecniche precedentemente illustrate di reverse modeling, sono stati prodotte due tipi di mesh differenti: una mesh hi-poly (ad alto numero di poligoni), opportunamente suddivisa secondo la morfolo-gia architettonica della chiesa (ottimizzazione necessaria per la facile gestione dei singoli file) finalizzata alla stampa in scala 1:1; una mesh semplificata (mid-poly) per la prototipazione in scala 1:25 (riducendo la dimensione di output dell’ogget-to stampato è stato possibile ridurre la densità dei poligoni che ne descrivono la geometria).In primo luogo è stato necessario unire il modello, composto dalle varie par-ti fino a questo punto prodotte tramite la modellazione inversa, in una mesh unica, composta da una sola maglia, senza soluzione di continuità. Utilizzando un software dedicato a questo tipo di operazioni (Geomagic Studio 2012), il procedi-

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mento seguito si è articolato nei seguenti step:

- riparazione, per ognuna delle sue parti divise, della Mesh poligonale (Fig. 4.4);- unione delle parti (Fig. 4.5);- rifilatura tramite piani perpendicolari (sezioni significative);- ottimizzazione della mesh (riduzione del numero di facce poligonali);- ridimensionamento del modello in scala 1:25;- definizione di uno spessore (2,5 mm) (Fig. 4.6);- esportazione del file .stl.

Tramite questa procedura è stato quindi ricavato un modello tridimensionale adatto per la successiva fase di progettazione del prototipo (Fig. 4.7).La scelta della scala di rappresentazione è stata vincolata dalle dimensioni della camera di stampa (30x30x60 cm) e da una valutazione dei suoi costi. Successivamente è stato definito il suo spessore definitivo ed esportato il model-lo.Utilizzando il software di modellazione 3d Rhinoceros v.5, dopo un attento studio funzionale, è stato progettato il prototipo finale in tutte le sue parti: modellazio-ne di tutte le parti necessarie per il montaggio (inneschi maschio/femmina).Il formato di esportazione è .STL, dal quale il software di editing Magics ha creato gli slice per la stampa. Il dato ricavato (.SLI), è stato elaborato direttamente dalla macchina di stampa utilizzata: Eosint P385.

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Capitolo IV

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4.4 Riparazione e model-lazione delle parti man-canti, per ognuna delle sue parti divise, della Mesh poligonale (Softwa-re: Inus Rapidform Xor3)

4.5 Unione delle mesh in un unico modello poligo-nale e rifilatura con piani di taglio (Software: Gema-gic Studio 2012)

4.4

4.5

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4.6 Ridimensionamento e definizione dello spessore di stampa (Software: Ge-magic Studio 2012)

4.7 Progettazione del mo-dello di studio: divisione in sezioni significative e modellazione dei supporti (Software: Rhinoceros v.5)

4.6

4.7

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Capitolo IV

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Additive Architecture: esempi e progetti in grande scala

Pressoché infinite sono, naturalmente, le possibili applicazioni della stampa tridimensionale .La versatilità di questo tipo di tecnologia espande il suo campo d’azione in tutti i settori, dalla medicina all’arte, dalla robotica alla moda.Ogni giorno nel mondo, ricercatori, studiosi o anche semplici curiosi appassiona-ti, sviluppano progetti che si basano sull’utilizzo di questa tecnologia. Nel campo dell’architettura il vasto campo d’applicazione ha prodotto numerosissimi proget-ti, dalla realizzazione di modellini di studio in scala alle sempre meno ambiziose proposte riguardo la realizzazione di interi moduli abitativi.Gli sviluppi di questi sofisticati dispositivi hanno permesso all’architetto olandese Janjaap Ruijssenaars di realizzare una vera e propria casa partendo da componen-ti prodotti proprio con stampanti 3D. Il progetto, che prende il nome di Landscape House dovrebbe essere completato entro quest’anno (2014) In pratica, grazie all’utilizzo di un’apposita stampante tridimensionale dedicata, la D-shape (Fig. 4.8), progettata dall’italiano Enrico Dini, l’architetto renderà fisici gli oggetti dise-gnati sul proprio PC tramite un materiale composto da sabbia ed agenti collanti. La D-Shape utilizza infatti uno speciale legante inorganico, completamente eco-compatibile, che combinato insieme ad una sabbia è in grado di creare oggetti con una consistenza simile alla pietra. Già nel 2009, l’architetto Andrea Morgante ha disegnato e prodotto con questa stampante una struttura monolitica compo-sta da 200 strati di 10mm: il Radiolaria Pavillon (Fig. 4.9, 4.10).Un’altro ambizioso caso di studio è quello finanziato dall’Agenzia Spaziale Euro-pea, la “European Space Agency” (Esa), per valutare la fattibilità dell’utilizzo della tecnologia di stampa 3D per costruire moduli abitativi non sulla Terra, ma sulla superficie lunare. In particolare è stato coinvolto il team guidato dall’ingegner Va-lentina Colla del Laboratorio di Robotica Percettiva dell’Istituto Tecip (Tecnologie

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della Comunicazione, dell’Informazione, della Percezione) della Scuola Superiore Sant’Anna, che si è poi avvalso della ulteriore collaborazione con Enrico Dini, e la sua D-Shape. L’idea consiste nel realizzare mattoni con i quali assemblare moduli abitativi da utilizzare nel caso di uno sbarco umano.Un’ultimo esempio, già realizzato dagli architetti Michael Hansmeyer e Benja-min Dillenburger, è la creazione uno spazio in stile cattedrale gotica interamen-te stampato in 3D con pietra arenaria battezzato Digital Grotesque (Fig. 4.12). Utilizzando il metodo dei dati immessi su computer, una maglia geometrica di 260 milioni di determinati micro-dettagli emerge come una unità architettonica. Il processo permette la creazione di elementi di grandi dimensioni, con alta risolu-zione e precisione. Diviso in due parti individuali, si compone tramite l’unione di un sistema modulare di mattoni 120x120 cm. Le strutture realizzate, quindi, sono completamente autoportanti e possono essere assemblate come costruzioni solide.In una prospettiva di un futuro non troppo lontano, dove queste tecnologie si evolveranno ulteriormente, un nuovo approccio alla progettazione e costruzione prenderà piede, fornendo nuove possibilità e aprendo nuovi scenari per i progetti di larga scala.

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Capitolo IV

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4.8 D-Shape (Fonte: d-shape.com)

4.9 Creazione delle slice per la stampa (Fonte: shi-ro-studio.com)

4.10 Radiolara Pavillon (Fonte: shiro-studio.com)

4.11 Landscape House (Fonte: universearchi-tecture.com)

4.8

4.9

4.10

4.11

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4.12 Digital Grotesque (Fonte: digital-grotesque.com)

4.12

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NOTE

1 Computer-Aided Drafting, cioè disegno tecnico assistito dall’elaboratore: indica il settore dell’infor-matica volto all’utilizzo di tecnologie software e spe-cificamente della computer grafica per supportare l’attività di di disegno 2D, e 3D per la modellazione solida e di superfici.

2 Acronimi:- SLA : Stereolithography- SLS : Selective Laser Sintering- SLM : Selective Laser Melting- EBM : Electron Beam Melting- LOM : Laminate Object Manufacturing- FDM : Fused Deposition Modeling- MJM : Multijet Modeling- DoD : Drop on Demand

3 Nel 1988, quando fu introdotta la Stereolito-grafia, fu scelta l’estenzione file .STL (Standard Triangulation Language) come formato neutrale tra un sistema CAD 3D ed il software che supportava il sistema di stampa. Questo tipo di formato è tuttora uno dei principali usati nell’ambito della stampa 3D.

4 Poliammide fine PA 2200 per EOSINT.

5 La sinterizzazione è un processo che consiste nella compattazione e trasformazione di materiali da polveri ad un composto indivisibile. Tale trattamento termico viene svolto ad una temperatura inferiore al punto di fusione del materiale.

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05 AUGMENTED REALITY

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Capitolo V

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Ponendo come obbiettivo la conoscenza diretta del patrimonio culturale dell’og-getto di studio della tesi, il progetto intende andare oltre gli attuali metodi di digitalizzazione 2D/3D, introducendo elementi innovativi col fine di aumentare l’ampiezza e la profondità delle possibilità informative.In seguito alla produzione in scala 1:1 del prototipo fisico derivante dai dati digi-tali rilevati e rielaborati, il visitatore potrà sperimentare e vivere un’esperienza di completa immersione nello spazio architettonico, quasi al pari dell’originale. Tuttavia il limite attuale delle tecnologie specializzate nella stampa 3D consiste nell’impossibilità di riportare e generare il dato cromatico. Nonostante ciò la ri-cerca negli ultimi anni sta producendo risultati significativi in questo senso. La 3D System, fornitore leader nel settore delle soluzioni per la stampa di contenuti 3D, ha annunciato in questi ultimi giorni (aprile 2014) la disponibilità immediata della nuova stampante ZPrinter 850 (Fig. 5.1), in grado di stampare simultaneamente in una gamma completa di colori vivaci. Dotata di cinque testine di stampa, colore chiaro, ciano, magenta, giallo e nero, è in grado di offrire centinaia di combinazio-ni di colori possibili. Altri progetti di ricerca , come quello concluso dall’olandese Tim Zaman, hanno già sviluppato i primi prototipi stampati a colori tramite macchinari non ancora disponibili sul mercato. Ricercatore presso la Delft University of technology, in Olanda, Tim Zaman è riuscito a trovare il modo di riprodurre copie perfette di ca-polavori dell’arte (Van Gogh e Rembrandt) usando una stampante 3D sviluppata dalla Océ, società che fa parte del gruppo Canon (Fig. 5.2). Partendo da tali premesse, in prospettiva di un rapido sviluppo dello stato dell’ar-te in questa direzione, il progetto di tesi si pone come ponte tra presente e futu-ro. Attualmente è ancora impensabile l’idea di realizzare prototipi di grandi dimen-sioni con questo tipo di tecnologie “multicolor”. Inoltre, anche dal punto di vista

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Augmented Reality

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5.1 Z-Printer 850 (Fonte: zcorp.com)

5.2 Schema de processo di scansione dei quadri originale di Rembrandts and a Van Gogh per la loro riproduzione fedele in ter-mini di colore e ruvidità tramite la tecnica della stampa 3D (Fonte: timza-man.com)

5.1

5.2

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Capitolo V

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dei costi di produzione di queste stampe a colori, siamo ancora lontani da una reale riuscita del progetto in grande scala. Prevedendo l’utilizzo dei processi produttivi consolidati, nel caso di studio at-tualizzato al momento della redazione del lavoro, il prototipo progettato rimane carente del dato cromatico, quindi di tutte quelle decorazioni pittoriche che caratterizzano l’architettura rupestre (descritte nel secondo capitolo). È risultata necessaria perciò un’ipotesi operativa per la risoluzione del problema del colore. Attraverso l’utilizzo di tecniche innovative, estendendo e perfezionando tecnolo-gie di esplorazione virtuale, il progetto prevede di realizzare un sistema intelligen-te che abiliti il concetto di “fruizione aumentata” dell’insediamento rupestre.

Realtà Aumentata nell’architettura e nei musei

Negli ultimi decenni il progresso tecnologico, attraverso anche la diffusione dell’u-so dei dispositivi come PC, Tablet e Smartphone, ha spostato la vecchia visione del mondo basata sulla produzione industriale ad una nuova era in cui domina l’informazione e la comunicazione. Le parole chiave di questo cambiamento sono “interattività” e “simultaneità”. Una trasformazione culturale che si riflette nel modo di interagire nel sociale, ma anche con lo spazio, con l’architettura e la città.All’inizio del secolo scorso, con dell’avvento della società industriale, si sono determinati cambiamenti epocali che hanno dato vita ad una revisione estetica nel mondo dell’arte e dell’architettura (movimento moderno e avanguardie). Analogamente lo strutturarsi della società dell’informazione (come dice Antoni-no Saggio nel suo Introduzione alla rivoluzione informatica in architettura, 2007) “deve” trasformare in maniera radicale il modo di vedere, di pensare, di produrre e quindi usare l’architettura.

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Lo sviluppo delle nuove tecniche porta a concepire e vivere lo spazio in maniera differente, l’evolversi di Internet e la diffusione della rete wireless arricchiscono l’ambiente di flussi invisibili di informazioni, modificandone la percezione. La Realtà Aumentata (AR)1 è il mezzo che mancava per superare il confine tra reale e virtuale, in quanto ci permette di rapportarci con entrambi contempora-neamente. Non trattandosi più di una realtà integralmente generata al computer, il predicato “virtuale” viene sostituito ed al suo posto compare “aumentata”, in quanto gli oggetti grafici virtuali sono in sovrapposizione all’ambiente che rientra nel campo dell’osservazione. Luoghi, oggetti e tutto ciò che è ambiente fisico è potenzialmente “ampliabile” attraverso la realtà digitale, formata da contenuti 2D (informazioni testuali, immagini e video) e modelli tridimensionali. È così possi-bile trasmettere conoscenza in maniera diretta ed efficace e, tramite la georefe-renziazione, si rende possibile inserire il progetto nell’ambito reale per il quale è stato progettato. Esistono già esperimenti di questo tipo, dalla scala architettonica a quella urbana. Il progetto della Rossi Residencial, per esempio, ha usato la realtà aumentata per mostrare l’edificio dove effettivamente dovrà sorgere. Reso possibile grazie ad Inglobe Technology, l’applicazione utilizza un enorme Target 2 (892,2 m2), il più grande mai creato. Il risultato è la visualizzazione, tramite dispositivi dotati di una telecamera interna (PC, tablet e smartphone), dell’aspetto fisico della torre e del suo impatto sulla città una volta terminati i lavori.Non c’è pressoché alcun limite alle possibilità che può offrire lo spazio virtuale unito a quello reale. Anche in ambito museale questa tecnica di comunicazione sta riscuotendo molto successo. Oggetti e reperti storici, ma anche ricostruzio-ni virtuali di edifici e interi insediamenti antichi sono raccontati e rappresentati tramite realtà virtuale e realtà aumentata. Un ottimo esempio in questo senso lo possiamo trovare nella digitalizzazione dello “studio di Carlo V” nel castello

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5.3 Progetto della Ros-si Residencial, la realtà aumentata vista da un elicottero (Fonte: inglobe-technologies.com)

5.4 Digitalizzazione dello “Studio di Carlo V” nel castello di Vincennes, ap-plicazione con indicatorivisibili e dispositivo mo-bile (Fonte: chateau-vin-cennes.fr)

5.5 Applicazione web che permette la rielabo-razione della cattedrale di Amiens e la presenta-zione a terminale (Fonte: amiens-cathedrale.fr)

5.3

5.4 5.5

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di Vincennes. Un’applicazione augmented reality mobile, realizzata in occasione di Futur en Seine, nel giugno del 2009, che permette di navigare in tempo reale all’interno di una ricostruzione in scala 1:1 dello studio di Carlo V così com’era nel XIV secolo.Tramite l’installazione di indicatori di movimento che consentono ad un compu-ter portatile di poter mostrare la scena virtuale in tempo reale, la stanza appare, così com’era 700 anni fa, attorno al visitatore, seguendo i suoi spostamenti.Nel giugno 2010 anche la città di Aimiens, in collaborazione con aziende specia-lizzate come AXYZ e AGP (Art Graphique & Patrimone), e con il sostegno del Capo dei Monumenti storici, ha deciso di usare la realtà aumentata per il suo spettaco-lo di suoni e luci organizzato nella cattedrale. Elaborando il modello virtuale della cattedrale (partendo da nuvole di punti ottenute tramite scansioni laser scanner) lo ha integrato in un software di augmented reality liberamente scaricabile dal web e utilizzabile su tre terminali posizionati in punti strategici della città. A luglio 2010, lo spettacolo di Amiens ha registrato un aumento degli spettatori superiore al 30%.Queste due applicazioni sono l’esempio di come tale tecnologia, adattata al settore del patrimonio culturale e dei musei, possa offrire nuove prospettive per la presentazione di luoghi ed elementi scomparsi, ricostruendo scenari o allesti-menti storici con una modalità spettacolare, lucida ed al contempo educativa.

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La Chiesa di Meryemana virtuale

L’unione tra realtà e mondi virtuali con la realtà aumentata (Fig 5.6; 5.7) è la chiave di volta, elemento mancante che unisce e definisce il progetto di questa tesi. Rappresenta la fusione fra reale e virtuale, unite in un’esperienza di fruizione arricchita (QR-Code_7). L’idea è quindi di mettere insieme l’interattività e le possibilità di comunicazione che ci offrono i mondi virtuali con l’atmosfera coinvolgente dell’ambiente tridi-mensionalmente e fedelmente ricostruito in un’unica “scultura aumentata” (Fig. 5.8).Il processo di sviluppo di questo applicativo, grazie all’enorme diffusione che negli ultimi 4 anni ha avuto questa tecnologia nel mercato, non ha richiesto partico-lari capacità informatiche nel settore della programmazione. Utilizzando infatti un plug-in per il software Unity 3D v.4.3.4, Qualcomm Vuforia v.2.8 3, in modo semplice e diretto, anche per un utente inesperto di programmazione, è possi-bile caricare negli assets 4 il modello mesh low-poly insieme alla color map ed alla normal map, per avere un primo risultato di realtà aumentata direttamente utilizzando la webcam del PC. Vuforia ha infatti rilasciato gratuitamente strumenti per interagire con la realtà tridimensionale: caricando il plug-in nell’interfaccia del sotfware Unity è già immediatamente possibile utilizzare, personalizzare e costruire una semplice ma efficace applicazione di realtà aumentata a partire dal riconoscimento di specifiche immagini e non dalla semplice scansione dei classici glifi e QR-codes. Le immagini target sono poi conservate in un database cloud a cui si connette il servizio, in modo da risparmiare spazio di storage locale.Qualcomm Vuforia è già compatibile sia con il sistema operativo Apple iOS che Google Android e quindi le app basate sulla sua nuova implementazione saranno disponibili per un pubblico assai vasto. Del resto la piattaforma è già supportata

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5.6 Schermata d’interfac-cia del sotfware Unity3D, preparazione del modello per la Realtà Aumentata.

5.7 Immagine d’esem-pio del funzionamento dell’applicazione a realtà aumentata. Col semplice inquadramento dell’ima-gine target è possibile vi-suallizzare ed esplorare il modello tridimensionale.

QR-Code_7 Download dell’applicazione a Realtà Aumentata (Android)

5.6

5.7

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da oltre 40.000 sviluppatori di 130 Paesi ed è già parte di oltre 2500 app su en-trambi gli OS.A differenza dei consolidati sistemi a realtà virtuale, con lo sviluppo di quest’ap-plicativo a realtà aumentata, al posto di un’immagine di sintesi viene restituita una videoripresa dell’ambiente circostante, e l’impressione della realtà raggiunge il massimo livello di fotorealismo consentito dal dispositivo in uso.Il progressivo sviluppo attuabile ai risultati ottenuti (tramite tecniche avanzate di programmazione) non esclude comunque la possibilità di poter personalizzare e far progredire ulteriormente le possibilità di interazione dell’applicativo real time (QR-Code_8). Anche in prospettiva di un futuro sviluppo delle tecniche di stampa 3D, grazie al quale sarà possibile riprodurre il dato cromatico, rimarrebbe tuttavia di grande utilità, in termini di fruizione informata, l’utilizzo di tale applicazione. Tramite questa tecnologia sarebbe possibile attingere in tempo reale ed in manie-ra interattiva a banche dati ed archivi informativi che ne arricchiscono l’esplora-zione in un modo come mai era stato possibile, rivelandosi come il linguaggio più idoneo per una trasformazione epocale quale quella che stiamo vivendo.

Grazie al software Unity3D è stato infine possibile sviluppare soluzioni di fruizione tridimensionale a realtà virtuale come il virtual tour e la real time section. Nel primo caso, passando dall’esplorazione aumentata alla realtà virtuale, il visitatore, anche quello non fisicamente presente nell’installazione tridimensio-nale della chiesa, può entrare virtualmente (pur restando in qualsiasi parte del mondo) nella ricostruzione virtuale della chiesa. Rendendo quindi disponibile tale apllicativo sulla rete, il sistema abilita un’esplorazione personalizzata rispetto alle esigenze di conoscenza dell’utente: un’esperienza culturale che suggerisce e propone nuove opportunità di esplorazione a distanza (QR-Code9).Nel secondo caso l’applicazione (la real time section) rende possibile sezionare

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5.8 Immagine esplicativa dell’idea di progetto.

QR-Code_8 Video espli-cativo del funzionamento dell’applicazione sul pro-totipo SLS

QR-Code_9 Download dell’applicazione a Realtà Virtuale (Android)

5.8

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5.9 Immagine d’esem-pio del funzionamento dell’applicazione a realtà virtuale. Cliccando sul modello l’applicazione permette di effettuare sezioni, spostando uno sli-der, lungo gli assi x, y e z.

QR-Code_10 Web-App “real time section”.

5.9

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in tempo reale (lungo i tre assi) il modello della chiesa di Meryemana tramite il movimento di un cursore (Fig. 5.9), direttamente con un dito sullo schermo del dispositivo touchscreen (QR-Code_10). Per entrambe le soluzioni sono state richieste semplici ma ricercate personaliz-zazioni degli script di default di Unity3D, un procedimento facilitato anche dall’e-norme quantitativo di esempi e soluzioni proposti nella sezione Forum ed Asset Store sul sito internet dello stesso software.

In sintesi, quindi, l’obiettivo è stato quello di sviluppare un insieme di soluzioni tecnologiche orientate alla valorizzazione “intelligente” del patrimonio culturale della Cappadocia, con particolare riferimento alla chiesa di Meryemana, ad uso e fruizione dei visitatori e turisti.

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NOTE

1 Si possono trovare molteplici definizioni del termine Realtà Aumentata, che cambiano anche in base all’an no di redazione. Nel maggio 2010, inseguito al suo primo sviluppo in larga scala veniva redatta come segue: la realtà aumentata (in inglese augmanted reality, abbreviato AR) è la sovrapposi-zione di livelli informativi (elementi virtuali e multi-mediali, dati geolocalizati ecc.) all’esperienza reale di tutti i giorni. Gli elementi che “aumentano” la realtà possono essere aggiunti attraverso un device mobile, come un telefonino di ultima generazione, (es. l’iPhone 3GS o un telefono Android), con l’uso di un PC dotato di webcam, con dispositivi di visione (es. occhiali VR), di ascolto (es. auricolari) e di manipo-lazione (es. guanti VR) che aggiungono informazioni multimediali alla realtà già percepita “in sé”.

2 I target sono immagini di riferimento su cui l’ap-plicazione a realtà aumentata posiziona il modello 3D (o l’elemento 2D) progettato. A differenza dei classici QrCode, veri e propri codici a barre bidimen-sionale, composto da moduli neri disposti all’interno di uno schema di forma quadrata, il target può avere varie dimensioni, colori e forme (anche nella terza dimensione). Tuttavia nuovi script negli applicativi a realtà aumentata hanno sviluppato la capacità di interagire con la realtà senza aver bisogno di un target base di riferimento (sistema targetless), in cui il target di input è ricavato proprio dalla scena inqua-drata dal dispositivo.

3 Vuforia rappresenta una delle molteplici possibi-lità di creare, con plug-in preimpostati, applicazioni

a realtà aumentata. Ne esistono anche altri, legati anche ad altri tipi di software di modellazione 3D. I più importanti sono: ARToolKit (Unity e 3ds Max), String (Unity), Junaio, Wikitude.

4 Assets, ovvero – in generale – file utili per il nostro progetto. Non si tratta solo di modelli 3D ma anche di textures, shaders, script o intere scene sviluppate con altri programmi. Esistono “pacchetti” di assets forniti di serie da Unity, che offre anche la possibilità di scaricarli gratuitamente dal sito inter-net, o comprarne di nuovi ed importarli nel progetto creato. Si è sviluppata negli anni un’intera comunità che ogni giorno implementa la disponibilità di nuovi assets, producendone in quantità esponenziali e garantendo un adeguato supporto tecnico al loro utilizzo.

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SITOGRAFIA

ArMediawww.armedia.it

ArMeidia - Augmented Reality Blog www.arblog.inglobetechnologies.com

ArMedia - Youtube Channelwww.youtube.com/inglobe

Qualcomm Vuforiawww.vuforia.com

Unity - Game Enginewww.unity3d.com

3D Systemswww.3dsystems.com

Tim Zaman - [3D Scan and Print] Paintings!www.timzaman.com/?p=2606

Art Graphique & Patrimonewww.artgp.fr

BIBLIOGRAFIA

Gregory Kipper, Realtà aumentate: Esperienze, stra-tegie e contenuti per l’Augmented Reality, Apogeo Editore, 2012.

Moioli G., Gerosa M., Brera Academy Virtual Lab. Un viaggio dai mondi virtuali alla realtà aumentata nel segno dell’open source, FrancoAngeli, 2010.

Bisogni M., La realtà aumentata. La nuova era della comunicazione di prodotto, Tecniche Nuove, 2014.

Saggio A., Introduzione alla Rivoluzione informatica in Architettura, Carocci, Roma, 2007.

Perey C., Standards for expanding AR with Print, 2011.

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CONCLUSIONI

Il lavoro svolto in questa tesi e fino a qui descritto si pone come obbiettivo la documentazione tecnica dell’oggetto di studio, utilizzando le più aggiornate tecniche e tecnologie tuttora disponibili, ma non solo, studia i processi per la divulgazione e la comunicazione, il più possibile diretta ed intuitiva, di tale docu-mentazione. Lo studio svolto è finalizzato a rivisitare il caso della Chiesa di Meryemana alla luce di un nuovo percorso metodologico che va dalle tecnologie integrate sul campo, alle ricostruzioni tridimensionali degli spazi rilevati, fornendo un più am-pio spettro quantitativo e qualitativo di dati. Da sempre il rilievo architettonico ed archeologico, oltre alla matrice conosciti-va di base, punta a fornire modelli informativi che rappresentano senza dubbio il centro della metodologia di validazione del contenuto scientifico e culturale acquisito. La facoltà di trasmettere i risultati di tali studi dipende da una com-plessità di fattori diversi (ad esempio lo spazio cartaceo, il colore e la risoluzione delle foto, i limiti del disegno, l’esaustività dei testi ecc.), molto di quanto studiato rischia di venire quindi discretizzato dai limiti dell’output. Risulta indispensabile, nell’archeologia del terzo millennio, realizzare modelli di conoscenza aperti ed interattivi basati su sistemi non lineari. Del resto in piena età digitale è quanto mai prioritario porre il problema della modellazione dell’informazione archeolo-gica secondo nuovi canoni di comunicazione e rappresentazione da destinare al futuro.

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Title: THE CHURCH OF MERYEM ANA IN GÖREME, CAPPADOCIA. NEW LIFE IN PRO-TOTYPING AND AUGMENTED REALITY

Abstract:The submitted study case is about the rupestrian church of Meryem Ana in Göreme (Cappadocia, Turkey), a small church with mural paints representing valuable heri-tage at risk due to poor stability of the rock were it’s excavated in.In 2012 a team of researchers from DIDA – Dipartimento di Architettura, Univer-sità degli Studi di Firenze carried out a survey of the church that would show the artifact current conservation state and procedures to avoid the permanent loss.The processing of data carried out by laser scanner and photographic survey made possible to produce conventional drawings and to build a 3D reality based model of the church thanks to reverse modelling, retopology and texturing techniques. This now represent an important database of a no longer accessible cultural he-ritage and a useful tool for still-images or animation products, but also an helpful mean for the development of research projects and restauration interventions for enhancement.A scale model, build from 3D data with SLS technology (Selective Laser Sintering), and an augmented reality application, developed with Unity 3D and Vuforia are the way to achieve the main aim of the project, which is the recostruction of the church trough the integration of 3D print techniques and augmented reality tech-nologies.This applications properly programmed can be used for dissemination both in scientific and entertainment fields.

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Ringrazio il Professore Verdiani, Andrea Aliperta e Filippo Susca.

Grazie a Daniele, Lorenzo, Francesca,

Michela della Promo Design.

Grazie a Giacomo, Federica, Andrea,Vittoria e tutti gli amici che con me

hanno condiviso questi anni universitari.

Grazie alla mia famiglia e ai miei genitori.

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CREDITS

The research mission in Cappadocia of the University of Tuscia “Rock paintings in Cappadocia. For a project of knowledge, conservation and enhancement”, di-rected by Maria Andaloro, is composed by multiple research units.

The group working on this research from the DIDA (Department of Architecture, Florence) is composed by:C. Crescenzi (coordinator), M. Scalzo, G. Verdiani, S. Di Tondo, A. Pasquali, C. Giu-stiniani.

The Digital Survey of Meryemana was operated by: G. Verdiani, C. Giustiniani.

The data treatment and the post processing phases on the whole dataset from the digital survey campaign were operated together with the PRIN by: G. Verdia-ni, S. Di Tondo, C. Crescenzi, C. Gira, T. Pignatale, A. Charalambous.

The mission in Cappadocia was supported by the General Direction of Monumen-ts and Museums of the Turkish Republic and Murat Gulyaz director of the Arche-ological Museum of Nevsehir.

For the 2012 survey, in particular, we are greatly indebted to the two Cultural Ministry Deputy, Metin Çakar from the Archaeological Museum of Çorum, and Gultekin Yanbeyi from the Department of Archaeology of the General Direction of Monuments and Museums.

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Autore : Carlo Gira ([email protected])

Sono riconosciuti tutti i diritti d’autore sul materiale fotografico non appartenente all’archivio personale dell’autore