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Children’s Nurses - Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences 2015; 7 (3) Children’s Nurses The Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences Children’s Nurses Anno 7, numero 4, Inverno 2015-2016 Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - CB FIRENZE Prezzo: Italia 12,50. Estero 15 ISSN: 2036-2218 Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche Gli Infermieri dei Bambini Gli Infermieri dei Bambini

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Children’s Nurses - Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences 2015; 7 (3)

Children’s Nurses The Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences

Children’s Nurses

Anno 7, numero 4, Inverno 2015-2016 Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - CB FIRENZE

Prezzo: Italia € 12,50. Estero € 15

ISSN: 2036-2218

Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche

Gli Infermieri dei Bambini Gli Infermieri dei Bambini

Children’s Nurses - Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences 2015; 7 (3)

Gli Infermieri dei Bambini Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche

Children’s Nurses. Italian Journal of Pediatric Nursing Science

Editor in Chief: Sofia Bisogni (University of Florence)

Scientific Committe:

Pierluigi Badon (University of Padua)

Elena Bernabei (Aversa, Italy)

Elena Bezze (University of Milan)

Teresa Bordone (University of Eastern Piedmont, Novara)

Giuliana D'Elpidio (University of Rome “Tor Vergata”, Bambino Gesù Children Hospital)

Filippo Festini (University of Florence)

Laura Fornoni (University of Genoa, Gaslini Hospital for Sick Children)

Susan Gennaro (Boston College)

Edward Alan Glasper (University of Suthampton)

José Rafael Gonzalez Lopez (University of Sevilla)

Mariagrazia Greco (University of Naples “Federico II”)

Susan Madge (Royal Brompton Hospital, London)

Anna Persico (University of Turin)

Denis Pisano (Cagliari)

Simona Pizzi (Milan)

Jim Richardson (University of Glamorgan, Wales)

Mariangela Roccu (University of Rome “La Sapienza”)

Loredana Sasso (University of Genoa)

Fiona Smith (Royal College of Nursing, London)

ISSN 2036-2218

Direttore Responsabile: Filippo Festini Redazione: Sofia Bisogni, Daniele Ciofi, Stella Neri. Società Italiana di Scienze Infermieristiche Pediatriche Via Borgognoni 7/C, 51100 Pistoia email: [email protected] Registrazione Tribunale di Firenze n. 5619 del 20/12/2007 Finito di stampare nel mese di marzo 2016

Gli Infermieri dei Bambini - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche - Trimestrale

Stampa: Pubblimail—Calenzano © Copyright Società Italiana di Scienze Infermieristiche Pediatriche. Testi, fotografie, disegni: riproduzione vietata I dati personali forniti per l’indirizzario sono usati esclusivamente per l’invio della pubblicazione e non vengono ceduti a terzi per nessun motivo (DLgs 196/2003) Copertina: Shutterstock

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In questo numero

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Stato dell’arte Macchi S et al. La gestione infermieristica dei bambini portatori di drenaggio toracico

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Rricerca Bulli G et al. La Sindrome di Munchausen per Procura: un’indagine tra gli infermieri di area pediatrica

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Review Tengattini S et al. Raccomandazioni di buona pratica clinica per la gestione e il trattamento della cute neonatale

120

Ricerca Bagnasco A et al. Child and Family-Centered Care (CFCC): uno strumento per analizzare l’attitude dell’infermiere pediatrico

128

Ricerca Coelho Tambò C et al. Skin lesions in preterm infants in a neonatal intensive care unit

132

Ricerca Cerne D et al. La transizione di ruolo dall’assistenza all’adulto all’assistenza al bambino: studio fenomenologico descrittivo

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Charles West Spinelli Bini C et al. La traduzione italiana di “How to Nurse Sick Children”. Ultima parte

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Stato dell’arte

Simone Macchi, Laura De Porras Payana IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, Milano [email protected] Keywords: Chest Tubes; Thoracentesis, Pneumothorax, Pediatric nursing.

Introduzione In un individuo sano le membrane pleuriche (viscerale e parietale) sono strettamente legate tra di loro, e sono separate solo da uno spazio virtuale. La pressione all’interno della cavità pleurica è negativa ed ha un ruolo importante nel mantenere il polmone espanso. Se aria o altre sostanze entrano nello spazio pleurico, la pressione negativa viene meno ed il polmone collassa, ed è possibile ristabilire l’equilibrio inserendo un drenaggio toracico allo scopo di drenare aria, sangue o pus, permettendo così la riespansione del polmone. Anatomia e fisiologia delle vie respiratorie inferiori L’apparato respiratorio è costituito da vie aeree e polmoni. La sua funzione più importante è la respirazione esterna, cioè l’assunzione di ossigeno e la cessione di anidride carbonica. Le vie aeree iniziano della cavità nasali e terminano negli alveoli. Le vie aeree hanno le loro strutture di supporto mentre i polmoni, per mantenere la loro forma e la stabilità, dipendono dalla pressione intratoracica, che all’interno della cavità pleurica è negativa e ha un importante ruolo nel mantenere espanso il polmone. Se dell’aria o fluidi (altre sostanze) entrano nello spazio pleurico, la pressione negativa viene meno e il polmone collassa. Lo scambio di gas respiratori avviene negli alveoli per diffusione, attraverso un processo di variazione del volume polmonare, definito ventilazione. I polmoni, destro e sinistro, si dividono in lobi, segmenti, lobuli ed acini. Il polmone destro è diviso in tre lobi mentre quello sinistro in due lobi. I polmoni sono considerati anatomicamente maturi da circa otto anni di età. Con la maturità polmonare ci possono essere sino a 23 livelli di divisione delle vie aeree tra la trachea e gli alveoli.(1) Ciascun polmone è contenuto nelle cavità pleuriche. La pleura parietale riveste le pareti interne della cavità toracica. La pleura viscerale è una membrana sottile e trasparente che avvolge il polmone, ad esclusione della regione dell’ilo e lungo una stretta porzione sottoilare della faccia polmonare mediale. I due foglietti pleurici delimitano uno spazio chiuso, denominato cavità pleurica. Una piccola quantità di liquido umetta le superfici di contatto, permettendo lo scorrimento dei due foglietti l’uno sull’altro, durante i movimenti respiratori.(2) In circostanze fisiologiche lo spazio intrapleurico tra queste membrane contiene solo una piccola quantità di liquido lubrificante, pari a circa 0.3 ml/kg del peso corporeo di fluido pleurico.(3,4) I bambini piccoli hanno i polmoni immaturi e pochi pori alveolari per consentire il passaggio di aria. La loro capacità funzionale residua (FRC), il volume di gas nei polmoni dopo l’espirazione passiva, è inferiore perché la parete toracica è

La gestione infermieristica dei bambini portatori di drenaggio toracico

Abstract La gestione infermieristica del bambino con drenaggio toracico ha lo scopo di ripristinare una adeguata ossigenazione, promuovere la riespansione del polmone e prevenire le complicanze. Il ruolo degli infermieri nella gestione dei drenaggi toracici richiede una preparazione specifica del personale non solo dei reparti di pediatria ma in tutte le unità in cui si può trovare un bambino portatore di drenaggio toracico, Questo permetterà di gestire il paziente nel miglior modo possibile, nell’ambito di un’equipe multidisciplinare Questo articolo descrive lo stato dell’arte della gestione dei drenaggi toracici ma vuol essere soprattutto uno spunto per ulteriori approfondimenti e future ricerche infermieristiche in un settore così delicato.

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più compliante. Come risultato questi pazienti hanno riserve respiratorie e cardiovascolari limitate rispetto agli adulti quindi sono più soggetti a rapido deterioramento in condizioni patologiche.(5) L’aria può entrare tra la pleura e il polmone dall’esterno, in presenza di una soluzione di continuo della parete toracica oppure può entrare nello spazio pleurico a causa di danni al polmone stesso. Quando si verifica una breccia nell’integrità della parete toracica o l’interruzione della continuità polmonare per esempio per la rottura spontanea di bolle pleuropolmonari (c.d. blebs nell’eziopatogenesi dello pneumotorace spontaneo)(6) o a causa di una patologia traumatica, tumorale, infiammatoria, l’aria viene aspirata nella cavità pleurica a seconda della fase di respirazione. Ogni volta che il bambino respira e genera una pressione negativa, l’aria entra non solo nei polmoni, ma anche attraverso la breccia nella pleura integra dove può rimanere intrappolata. L’aria presente nello spazio pleurico può essere riassorbita solo se il difetto e la perdita sono piccole, in caso contrario l’aria che non riesce a fuoriuscire crea delle vere e proprie sacche che, quando di grosse dimensioni, possono comprimere il polmone, compromettere la respirazione e spostare le strutture del mediastino (cuore, trachea e vasi sanguigni) con conseguenze anche molto severe per il paziente. Indicazioni all’utilizzo del drenaggio toracico Pneumotorace: è la presenza di aria o gas nella cavità pleurica, che può avvenire spontaneamente, ma può essere causato da trauma del parenchima, da inserimento di catetere venoso centrale, oppure da complicanze chirurgiche. Per rimuovere l’aria dallo spazio pleurico viene inserito un tubo di piccolo calibro dentro il torace, verso l’apice del polmone, posizionandolo anteriormente sulla linea emiclaveare, tra il secondo ed il terzo spazio intercostale, oppure lateralmente sulla linea ascellare media (III- IV o V spazio intercostale).(7) Emotorace: è la raccolta di sangue nella cavità pleurica, causato da un trauma brusco o penetrante oppure quale complicanza di chirurgia toracica. Se è presente anche dell’aria all’interno della cavità pleurica (emopneumotorace) può essere necessario dirigere un drenaggio toracico aggiuntivo all’apice per drenare aria (apicale), oltre che per drenare i fluidi (come nel drenaggio basale); se un drenaggio è posizionato correttamente, dalla base all’apice, ed è di calibro sufficiente può riuscire a drenare da solo sia l’aria che il sangue.(8) Versamento pleurico: consiste in accumulo di liquido pleurico causato da un cambiamento nell’equilibrio tra la pressione idrostatica e quella dell’osmosi colloidale che avviene nello

The care of Children with a Chest Tube The care of children with a chest drainage aims at restoring an adequate oxygenation, promoting lung expansion and preventing complications. The management of chest tubes requires a specific training not only to nurses working in Pediatric Hospitals but also to those of all the clinical settings where a child with a chest tube can be admitted. This paper describes the state-of-the-art of thoracic drainage management in children

State-of-the-art

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spazio pleurico tra pleura parietale o viscerale per alterazione patologica di uno o di entrambi i foglietti pleurici.(9) Chilotorace: consiste in un accumulo di linfa nella cavità pleurica, che può essere causato da un trauma toracico, da un tumore o come conseguenza di una procedura chirurgica che abbia coinvolto le strutture linfatiche mediastiniche.(10) Trasudato: fluido limpido che si raccoglie nella cavità pleurica quando ci sono spostamenti di fluidi nel corpo a causa di condizioni come insufficienza cardiaca congestizia, malnutrizione, insufficienza renale ed epatica.(11) Essudato: è un fluido torbido con cellule e proteine che si raccoglie quando la pleura è affetta da condizioni maligne (tumori primitivi della pleura o localizzazioni pleuriche metastatiche) o infiammatorie come ad esempio in caso di polmonite complicata da pleurite.(11) Empiema: è una raccolta di liquido purulento nella cavità pleurica, quale complicanza di polmoniti batteriche, dell’ascesso polmonare, di traumi toracici penetranti, oppure da cause iatrogene come ad esempio dopo interventi chirurgici toracici.(12) Post-operatorio: per prevenire che l’accumulo di sangue o le perdite aeree nello spazio pleurico compromettano l’espansione polmonare. Cardiochirurgia: viene utilizzato un drenaggio toracico per rimuovere il sangue che si accumula nel mediastino o nel pericardio. Questi drenaggi vengono inseriti per prevenire un tamponamento cardiaco, che può verificarsi se è presente un accumulo di sangue o altri fluidi nella sacca pericardica, che causano un aumento di pressione intrapericardica con conseguente compressione del cuore (per questo motivo in molti interventi cardiochirurgici si lascia una soluzione di continuo tra spazio pericardico ed i cavi pleurici).(13,14) Tipi di drenaggio toracico Per drenaggio toracico si intende il posizionamento di un sondino di varie dimensioni nel cavo pleurico allo scopo di evacuare raccolte aeree o liquide ed ottenere la riespansione del polmone. Dopo il posizionamento nello spazio pleurico, il sondino viene collegato ad un sistema di drenaggio, che consente l’eliminazione dei liquidi raccolti o dell’aria accumulata. Si distinguono drenaggio anteriore e laterale. Per convogliare aria, viene posizionato un drenaggio anteriore, per liquidi o sangue uno laterale, così come per le raccolte miste di aria e liquidi. Questo perché un drenaggio anteriore non riesce o comunque non in maniera completa, a favorire l’eliminazione di liquidi.(15) Accesso laterale: 4°-6° spazio intercostale, sulla linea ascellare media; accesso anteriore: 2°-3° spazio intercostale, sulla linea emiclaveare. La sede consigliata per l’inserimento del drenaggio toracico, denominata “safe triangle”, è lo spazio ascellare sulla parete laterale del torace delimitato dal margine laterale del muscolo grande pettorale, in linea orizzontale a livello del capezzolo e posteriormente dal margine anteriore del muscolo gran dorsale.(16) Questa sede consente un’agevole introduzione del tubo di drenaggio che non dovrà attraversare i grossi gruppi muscolari (dorsale o pettorale) o rischiare di ledere strutture vascolari (arteria mammaria). Il tubo di drenaggio così posizionato non ostacolerà il decubito supino del bambino aumentandone così la compliance.(15) È importante che l’infermiere conosca il motivo del posizionamento del drenaggio, cosa drena e in quale sede è stato inserito in quanto questo condizionerà l’assistenza che verrà fornita al bambino (17). La scelta della dimensione del tubo di drenaggio può dipendere dalla patologia. Uno pneumotorace può essere adeguatamente drenato con un catetere da 10-16 F (French); in caso di emotorace o di empiema pleurico, data l’elevata viscosità di questi liquidi, sarà necessario un catetere di dimensioni maggiori da 20-28 F.(18) Per i bambini le misure sono: Neonato 8-12 F; Lattante 12-16 F; Bambino 16-24 F; Adolescente 20-32 F. Il drenaggio toracico più usato è denominato “Trocar” ed ha un calibro variabile da 8 a 36 F (3 F = 1 mm). Si tratta di un

drenaggio “armato”, cioè reso rigido da un mandrino posizionato al suo interno allo scopo di facilitarne la penetrazione della parete toracica ed il posizionamento all’interno del cavo pleurico. Una volta inserito, per prevenirne il dislocamento, viene ancorato utilizzando un filo da sutura in materiale non riassorbibile. (16,19) Il “Thoracotomy Chest Tube” è un tubo flessibile, dritto o ad angolo retto, studiato per essere inserito attraverso una piccola incisione nel torace, in genere dopo intervento chirurgico. Quando un drenaggio toracico viene posizionato al termine di una procedura chirurgica, l’estremità aperta viene fatta passare dall’interno della parete toracica attraverso un’incisione, lasciandone al suo interno l’estremità del tubo con occhielli posizionandolo così per un ottimale drenaggio. E’ preferibile una stretta corrispondenza attraverso i muscoli intercostali per minimizzare il sanguinamento e per ottenere una chiusura ermetica della cavità toracica. Inserimento del drenaggio Prima di effettuare qualsiasi manovra, quando possibile, è importante assicurarsi che il paziente (sia egli bambino o adolescente) ed i suoi genitori siano adeguatamente informati sul fatto che verrà inserito un drenaggio toracico. Questo comprende spiegare cos’è un drenaggio toracico e a cosa serve, le ragioni per il suo inserimento, come verrà posizionato, la probabile durata della procedura e per quanto tempo il drenaggio rimarrà in situ, nonché le eventuali complicanze. Sarà inoltre essenziale assicurarsi che il paziente abbia ricevuto una adeguata sedazione ed analgesia prima di effettuare la manovra. Possibili complicanze Sanguinamento è una potenziale complicanza durante l’inserimento del drenaggio toracico in quanto può essere accidentalmente intaccato un vaso durante la procedura. Solitamente si risolve spontaneamente ma potrebbe richiedere anche un intervento chirurgico.(20) Infezione il rischio di sviluppare un’infezione aumenta con il prolungarsi della durata del mantenimento del drenaggio in sede. (1,20) Enfisema sottocutaneo può verificarsi se perdite d’aria dallo spazio pleurico penetrano nei tessuti sottocutanei, ed è caratterizzato da gonfiore dei tessuti del collo, della faccia e del torace. Alla palpazione i tessuti danno una sensazione di crepitio e l’aria sottocutanea deforma la parte interessata del paziente.(20) L’aria sottocutanea è assorbita spontaneamente se viene trattata la perdita d’aria sottostante, oppure se essa si ferma spontaneamente. Danno alle strutture interne quali diaframma, fegato, aorta e polmone stesso (mal posizionamento del tubo).(21) Sistemi di drenaggio Una volta posizionato il tubo di drenaggio è necessario che l’estremità distale dello stesso sia fornita di una valvola unidirezionale onde permettere la fuoriuscita di aria o liquido dal cavo pleurico durante l’atto espiratorio ed impedire nel contempo il rifornimento di aria dall’esterno ad ogni atto inspiratorio, a causa della negativizzazione della pressione endopleurica. La valvola di Heimlich E’ costituita da un cilindro di materiale plastico che presenta un’apertura su ciascuna delle due basi. All’interno del cilindro è contenuto un tubo in caucciù collassabile collegato ad una sola apertura. Questo lato va collegato al drenaggio mentre l’altra apertura va lasciata aperta o collegata ad un sacchetto di raccolta. La valvola di Heimlich è un sistema sensibile alle variazioni della pressione endopleurica: le valve in caucciù o in materiale plastico collabiscono quando la pressione intrapleurica è negativa impedendo all’aria di entrare, mentre si aprono in caso di positività della pressione endopleurica permettendo così all’aria di uscire.(15) Queste valvole non sono raccomandate per drenare fluidi in quanto hanno la tendenza a bloccarsi, (16) compromettendo il corretto funzionamento del drenaggio.

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Stato dell’arte aneddotiche descrivono di chiedere ai bambini di gridare ad alta voce durante la rimozione del drenaggio toracico, garantendo così una pressione intratoracica superiore alla pressione atmosferica.(27) Al termine della manovra deve essere eseguita una valutazione completa delle vie respiratorie per identificare possibili complicanze. Questa deve includere la registrazione della frequenza respiratoria del bambino, del ritmo, della simmetria dei movimenti del torace e dell’utilizzo dei muscoli accessori, della saturazione e del colore della pelle.(28) Studi condotti prevalentemente su una popolazione adulta hanno dimostrato che la somministrazione di sola morfina non fornisce un controllo soddisfacente del dolore per la rimozione del drenaggio toracico mentre gli antiinfiammatori non steroidei, gli anestetici locali e gli agenti inalatori possono avere un ruolo importante nell’efficacia della terapia antalgica per questa procedura. (29) Inoltre tre studi su interventi non farmacologici (rilassamento, ghiaccio e musica) non hanno dimostrato nessun effetto nella riduzione del dolore durante la fase di rimozione del drenaggio toracico.(29) Gestione del drenaggio La gestione infermieristica del bambino con drenaggio toracico deve permettere di ripristinare una adeguata ossigenazione, promuovere la riespansione del polmone e prevenire le complicanze. A questo proposito monitorare i parametri vitali con regolarità ogni due ore o secondo necessità in modo particolare frequenza, tipologia, profondità e facilità degli atti respiratori oltre che il livello di saturazione dell’ossigeno è di importanza fondamentale.(20) Anche il controllare regolarmente il volume, il colore e le caratteristiche del liquido drenato fa parte del monitoraggio di base. per qualsiasi cambiamento improvviso nella quantità del drenato si dovrà avvisare lo staff medico, tenendo comunque presente che non dovrebbe essere maggiore di 5 ml/kg in un ora oppure maggiore di 3 ml/kg per tre ore consecutive.(30,31) L’indice più semplice di buon funzionamento del drenaggio è la presenza di oscillazioni del liquido all’interno del tubo rigido lungo in relazione alle variazioni della pressione endopleurica: il liquido deve salire in inspirazione e scendere in espirazione. La cessazione di oscillazioni può indicare che si è verificato un blocco all’interno del drenaggio che deve essere risolto urgentemente per impedire uno pneumotorace iperteso(32), oppure che il drenaggio ha esaurito la sua funzione e che quindi, in assenza di drenaggio di liquidi o aria, potrebbe esserne considerata dal medico la rimozione. Nel caso in cui il drenaggio sia stato posizionato per uno pneumotorace potrebbe rilevarsi la comparsa con gli atti respiratori di bolle sulla superficie della valvola ad acqua(15), ciò si verifica quando il paziente espira o tossisce, riducendosi in frequenza man mano che si risolve la perdita aerea attiva (quando si riceve un’aspirazione a pressione positiva questo modello si inverte). Ci sono alcune osservazione legate alla cura dei pazienti con drenaggio toracico che gli infermieri devono controllare e registrare. Queste sono state abbreviate come SBD(32): S (Swinging - Oscillazioni); B (Bubbling - Bolle); D (Draining - Drenante). Se viene utilizzata l’aspirazione meccanica, non dovrebbe esserci la presenza di oscillazioni nei drenaggi toracici quindi SBD può anche stare per: S Aspirazione; B Bolle; D Drenante. Controllo delle infezioni Come ogni ferita, il sito di inserzione del drenaggio toracico è una potenziale fonte di infezioni, pertanto la medicazione dovrebbe essere ispezionata giornalmente. (19) Per ridurre il rischio di infezioni è fondamentale monitorare il

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Sistema di raccolta con una bottiglia (Bulau) Il Bülau, dal nome dell’internista amburghese Gotthard Bülau che per primo descrisse l’utilizzo di una valvola ad acqua collegata ad un tubo di drenaggio toracico, è un sistema che prevede l’utilizzo di un bottiglione di vetro o plastica graduato, provvisto di un tappo a vite attraverso il quale sono infissi due tubi dei quali uno, più lungo, con l’estremità tagliata a becco di flauto, arriva sul fondo del bottiglione, mentre l’altro, corto, termina appena sotto il tappo. Nel Bülau deve essere contenuta acqua sterile o soluzione fisiologica in modo tale che il tubo lungo vi sia immerso per circa 2 cm. Il tubo più lungo va collegato al drenaggio del paziente, mentre il tubo corto deve permettere la fuoriuscita dell’aria e va lasciato aperto o collegato al sistema di aspirazione. Prima di collegare il dispositivo al drenaggio toracico del paziente è fondamentale controllare che il tubo sia al di sotto della superficie dell’acqua. Collocando l’estremità distale del tubo sott’acqua si crea una tenuta idraulica, condizione fondamentale in un sistema di drenaggio pleurico. Un’immersione eccessiva aumenta la pressione idrostatica che l’aria intrapleurica deve superare prima che possa fuoriuscire dal torace, rendendo molto più difficoltosa la fuoriuscita dell’aria dallo spazio pleurico.(22) Per questa ragione è importante rispettare il livello di acqua raccomandato sul bottiglione. I fluidi che fuoriescono dal drenaggio vanno a sommarsi all’acqua sterile già presente nel bottiglione aumentandone il livello e di conseguenza può compromettere il funzionamento della valvola ad acqua. Se si prevede una perdita di fluidi dal drenaggio, in base anche all’età del paziente, è consigliato l’aggiunta di un secondo bottiglione che manterrà il livello di tenuta idraulica a 2 cm H2O. Sistema di raccolta con due bottiglie Questo sistema si differenzia da quello con una bottiglia per l’aggiunta, tra il paziente e il classico Bulau, di una bottiglia di raccolta, anch’essa provvista di un tappo a vite attraverso il quale sono posizionati due tubi, entrambi corti, in modo da non venire a contatto con il liquido contenuto al suo interno evitando così di funzionare come valvola. Questo recipiente va collegato al drenaggio tramite uno dei due tubi che fuoriescono dal suo tappo mentre l’altro deve essere collegato al Balau attraverso il tubo lungo immerso nell’acqua che svolge la funzione di valvola unidirezionale. Questo permette di raccogliere il liquido pleurico in un vaso diverso da quello che funziona da valvola e, anche se la raccolta sarà abbondante, non sarà ostacolato il normale funzionamento dell’apparecchiatura. Aspirazione e sistema di raccolta con tre bottiglie I sistemi di drenaggio possono essere collegati ad un aspiratore (vuotometro) che, esercitando una pressione negativa, permette di evacuare più rapidamente l’aria o il liquido contenuti nella cavità pleurica. Per controllare che l’aspirazione non sia eccessiva si può utilizzare il sistema a 3 bottiglie. Tra il vaso di raccolta e il vaso che svolge la funzione di valvola ad acqua si inserisce una terza bottiglia. Anche quest’ultima è provvista di un tappo a vite attraverso il quale scorrono tre tubi dei quali due corti sono collegati alle altre bottiglie, mentre un terzo lungo e rigido è immerso in una quantità d’acqua variabile in funzione della pressione negativa massima che si vuole applicare. Rimozione del drenaggio Un’importante complicanza associata alla rimozione del drenaggio toracico è quella si sviluppare uno pneumotorace se il paziente inala durante la manovra.(23,24) Non vi è significativa differenza nell’incidenza di sviluppare uno pneumotorace post rimozione se il drenaggio viene rimosso a fine inspirazione o a fine espirazione.(25) Le linee guida della British Thoracic Society raccomandano di rimuovere il drenaggio toracico mentre il paziente esegue la manovra di Valsalva (espirazione forzata a glottide chiusa) o durante l’espirazione. Queste manovre sono praticamente impossibili da far eseguire ai bambini.(26) Le segnalazioni

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Stato dell’arte

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sito del drenaggio per verificare la presenza di segni di infiammazione e arrossamento che potrebbero essere indice di colonizzazione batterica(33). Se sono presenti questi segni è opportuno eseguire un tampone che identificherà la causa dell’infezione rendendo così attuabile un adeguato trattamento.(34) Nonostante non ci siano chiare evidenze scientifiche sulla frequenza nel cambio della medicazione è opportuno eseguire controlli giornalieri del sito del drenaggio e rinnovare la medicazione ogni 48/72ore (24,26), o prima nel caso risulti bagnata, sporca o non adesa alla cute. (24) Mungitura o rullaggio La “mungitura manuale” o il “rullaggio con pinza” del tubo di drenaggio toracico sono tecniche utilizzate quando nel drenaggio c’è del sangue per prevenire l’occlusione da coaguli. Utilizzare queste procedure di routine è sconsigliato.(35-38) Queste pratiche non sono ritenute sicure in quanto possono generare una pressione negativa nello spazio pleurico, sino a – 400 cmH2O(39), che può causare, oltre a dolore, l’intrappolamento di tessuto polmonare nei fori del drenaggio(40,41). Se è presente un coagulo visibile all’interno del tubo di drenaggio è consigliata la spremitura manuale sino a liberare il tubo dal coagulo facendolo confluire nel sistema di raccolta.(42) Una valida alternativa alla mungitura o rullaggio è quella di posizionare il tubo di drenaggio in modo che sia libero da anse o strozzature, permettendo così ai fluidi di scorrere liberamente.(22)(21) Anche se non vi sono evidenze scientifiche adeguate si ritiene opportuno che per facilitare un buon drenaggio e ridurre i rischi di complicanze l’ubicazione ottimale per posizionare i bottiglioni di raccolta sia con un dislivello non inferiore a 60 cm dal piano del paziente.(43) Qualora si sospetti che il drenaggio toracico sia occluso da un coagulo, si potrà procedere al lavaggio con soluzione fisiologica o, in casi selezionati, con un fibrinolitico.(44) Clampaggio E’ consigliabile clampare il drenaggio toracico solo in situazioni di emergenza.(21,45) Queste possono essere: Rapido drenaggio iniziale di versamento pleurico può

causare un edema polmonare. Se ciò è presente avvisare immediatamente il medico che può decidere di clampare il drenaggio per un periodo di tempo da lui indicato;

Durante il cambio del bottiglione è necessario clampare il drenaggio solo ed esclusivamente per il tempo necessario alla manovra;

Spostare la camera di raccolta sul letto del paziente (con sistemi di drenaggio non valvolati) può far confluire per gravità i fluidi presenti nello spazio pleurico. Se possibile le camere di raccolta non dovrebbero mai essere portate a livello del torace, ne tanto meno superiormente. Se questo è inevitabile bisogna clampare il drenaggio;

Dopo l’instillazione intrapleurica (per esempio nell’intalcamento o nei casi di lavaggio con soluzioni disinfettanti o antibiotiche) il tubo drenaggio può essere chiuso, per un tempo limitato e comunque non superiore ad un ora (32) o posizionato in modo che descriva un’ansa che permetta la fuoriuscita di aria e non del liquido.

Il drenaggio toracico può essere chiuso prima della sua rimozione, sebbene la necessità di questa manovra sia discutibile.

Durante la disconnessione accidentale del sistema di drenaggio.

I drenaggi toracici non dovrebbero essere chiusi durante il trasferimento del paziente. Se lo spostamento è lungo o considerato rischioso, come ad esempio tra ospedali, può essere presa in considerazione la necessità di utilizzare una valvola di Heimlich che, in qualche circostanza e nel breve termine, è in grado di sostituire un sistema di raccolta. Questo sistema è però sconsigliato quando vi è la fuoriuscita di liquidi, in quanto questo inficerebbe il corretto funzionamento della valvola.(20) Gestione del dolore Le pleure parietali sono fortemente innervate da nervi sensoriali, quindi ogni cambiamento nello spazio pleurico può

essere molto doloroso, in modo particolare durante la fase inspiratoria. Il paziente sarà involontariamente portato a respirare velocemente e superficialmente in modo da limitare il movimento della pleura riducendo così il dolore. Valutazioni periodiche del dolore sono necessarie per la cura del bambino portatore di drenaggio toracico. Un’inadeguata gestione del dolore incisionale o pleurico può portare a ipoventilazione mettendo il paziente a rischio di complicanze quali atelettasia e polmonite. L’infermiere deve essere anche consapevole del rischio di ipovantilazione associato all’utilizzo di analgesici oppioidi e all’analgesia controllata dal paziente adolescente. La presenza di dolore durante le fasi respiratorie, oltre impedire una respirazione profonda, limiterà anche il paziente nel tossire, diminuendo così la ventilazione degli alveoli, impedendo una buona ossigenazione con conseguente pericolo per l’espansione del polmone. Un bambino con dolore non sarà cooperante con i fisioterapisti e, non tossendo, le secrezioni non vengono rimosse in modo da essere espettorate o ingerite. Le secrezioni possono diventare focolai per i microorganismi che possono causare una polmonite ipostatica, in particolare nei bambini o nei neonati che rimangono allettati. E’ da ritenersi obbligatorio una valutazione regolare del dolore, utilizzando strumenti appropriati e validati. La somministrazione di analgesici è da considerare come parte integrante della gestione del drenaggio toracico.(1) Qualora non risulti prescritta un’adeguata terapia analgesica è dovere dell’infermiere informare il medico ed ottenere una corretta prescrizione antalgica.(46) Oltre alla terapia farmacologica è importante ricordare che esistono una serie di strategie alternative e complementari per alleviare il dolore, come la distrazione o il posizionamento del paziente, ognuna delle quali può produrre sollievo non farmacologico.(17) Questi interventi hanno l’intento di ridurre la somministrazione di analgesici in modo da attenuare i possibili effetti collaterali quali nausea, vomito, prurito, stipsi, sonnolenza e depressione respiratoria data dai farmaci antidolorifici ed in particolare dagli oppioidi.(47) Posizione e movimento Il paziente deambulante nel postoperatorio avrà meno complicazioni rispetto a quello allettato quindi non appena le condizioni cliniche lo consentono è opportuno incoraggiarlo a mobilizzarsi delicatamente. Quando il bambino è a letto o è un neonato è opportuno cambiare con regolarità la sua posizione in modo da favorire la fuoriuscita di aria o liquidi dal drenaggio e prevenire l’irrigidimento delle articolazioni della spalla, in modo particolare nel sito d’inserzione.(48) Il bambino deve essere posizionato mantenendo lo schienale del letto quasi verticalmente o mettendolo in posizione semi-Fowler. (32) Ansia e stress L’ospedalizzazione causa ansia e stress nei bambini e nei loro famigliari. (49) La presenza di un drenaggio toracico che impedisce il movimento e invade l’integrità del proprio corpo può incrementare questa situazione di profondo disagio. Una leggera sedazione, se prescritta, può aiutare qualche bambino, ma attività adeguate all’età e tecniche di distrazione possono aiutare la maggioranza dei pazienti. L’infermiere insieme ad altre figure dovrebbe elaborare un programma di attività semplici che impegnerà il bambino e al tempo stesso rafforzerà e promuoverà le sue capacità di coping.(1) L’ansia perioperatoria può essere definita come una complessa combinazione di paura, apprensione e preoccupazione spesso accompagnate da sensazioni fisiche.(50) Ricerche hanno dimostrato che l’ansia preoperatoria ha profondi effetti sia a livello fisiologico che psicologico. (51) Un’eccessiva ansia ostacola la capacità dei bambini di far fronte alle cure mediche, influisce sul loro fisico e sul benessere mentale, favorisce comportamenti negativi e non collaborativi, e provoca cambiamenti comportamentali nel

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Stato dell’arte periodo post-operatorio. La correlazione tra alti livelli di ansia e scarsi risultati post-operatori suggeriscono che la riduzione dell’ansia nel periodo pre-operatorio nei bambini potrebbe promuovere un miglior recupero post-operatorio. (52,53) In particolare si è visto che i bambini più piccoli, da 1 a 3 anni, provano paura (sono più spaventati) per la separazione dai genitori mentre vanno verso la sala operatoria, mentre i bambini più grandi, dai 4 ai 12 anni, sono più coscienti su ciò che devono “subire” per cui sono più impauriti dall’intervento chirurgico. (54) Bringuier et al(55) hanno messo in evidenza le difficoltà a discriminare l’intensità del dolore dall’ansia, sottolineando il fatto che nel postoperatorio circa il 10% dei bambini è valutato in modo non corretto. Ljungman ha affermato che le strategie inefficienti per il controllo del dolore spesso erano associate a cause psicologiche.(56) Conclusioni Il ruolo infermieristico nella gestione dei drenaggi toracici è vario ed importante e richiede una preparazione specifica del personale, non solo delle terapie intensive o delle aree specialistiche, dove maggiormente si può trovare un bambino portatore di drenaggio toracico, ma in tutti i reparti di pediatria. Questo permetterà di gestire il paziente nel miglior modo possibile, fermo restando che la gestione si può ritenere ottimale solo quando è affidata ad un equipe multidisciplinare (medico, infermiere, fisioterapista, psicologo). Questo articolo vuole essere un punto d’inizio sulla gestione dei drenaggi toracici ma soprattutto uno spunto per ulteriori approfondimenti e future ricerche infermieristiche in un settore così delicato quale è la pediatria. Ringraziamenti Gli autori desiderano ringraziare la Dott.ssa Maura Massimino (Direttore della S.C. di Pediatria dell’Istituto Tumori di Milano) ed il Dott. Paolo Scanagatta (S.C. di Chirurgia Toracica dell’Istituto Tumori di Milano). Bibliografia 1- Crawford D. Care and nursing management of a child with a chest drain. Nurs Child Young People 2011 Dec;23(10):27-34. 2- Larsen R. ZT. Anatomia dell'apparato respiratorio. In: Larsen R. ZT, editor. La respirazione artificiale. II ed. Milano: Springer; 2012. p. 1-18. 3- Agostoni E. Mechanics of the pleural space. Physiol Rev 1972 Jan;52(1):57-128. 4- Zocchi L. Physiology and pathophysiology of pleural fluid turnover. Eur Respir J 2002 Dec;20(6):1545-1558. 5- Chang A, Hanley F, Wernovsky G, Wessel D. Pediatric Cardiac Intensive Care. London: Lippincott Williams & Wilkins; 1998. 6- MacDuff A, Arnold A, Harvey J, BTS Pleural Disease Guideline Group. Management of spontaneous pneumothorax: British Thoracic Society Pleural Disease Guideline 2010. Thorax 2010 Aug;65 Suppl 2:ii18-31. 7- Seguier-Lipszyc E, Elizur A, Klin B, Vaiman M, Lotan G. Management of primary spontaneous pneumothorax in children. Clin Pediatr (Phila) 2011 Sep;50(9):797-802. 8- Tovar JA, Vazquez JJ. Management of chest trauma in children. Paediatr Respir Rev 2013 Jun;14(2):86-91. 9- Avansino JR, Goldman B, Sawin RS, Flum DR. Primary operative versus nonoperative therapy for pediatric empyema: a meta-analysis. Pediatrics 2005 Jun;115(6):1652-1659. 10- Tutor JD. Chylothorax in infants and children. Pediatrics 2014 Apr;133(4):722-733. 11-Stillwell P. Disorders of the pleura. In: Walsh B, editor. Neonatal and pediatric respiratory care. fourth ed. St. Louis, Missouri: Elsevier Saunders; 2014. p. 623. 12- Islam S, Calkins CM, Goldin AB, Chen C, Downard CD, Huang EY, et al. The diagnosis and management of empyema in children: a comprehensive review from the APSA Outcomes and Clinical Trials Committee. J Pediatr Surg 2012;47(11):2101-2110. 13- Pepi M, Muratori M. Echocardiography in the diagnosis and management of pericardial disease. J Cardiovasc Med (Hagerstown) 2006 Jul;7(7):533-544. 14- Sagrista-Sauleda J, Merce AS, Soler-Soler J. Diagnosis and management of pericardial effusion. World J Cardiol 2011 May 26;3(5):135-143. 15- Mori P, Casalini A, Miglio V. Il drenaggio toracico. In: Casalini A, editor. Pneumologia Interventistica. Milano: Springer; 2007. p. 555. 16- Laws D, Neville E, Duffy J, Pleural Diseases Group, Standards of Care Committee, British Thoracic Society. BTS guidelines for the insertion of a chest drain. Thorax 2003 May;58 Suppl 2:ii53-9. 17- Sullivan B. Nursing management of patients with a chest drain. Br J Nurs 2008 Mar 27-Apr 9;17(6):388-393.

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Ricerca

Di fatto viene definita una patologia rara, benché detta sua rarità sia viziata dall’oggettiva difficoltà di diagnosi alla cui base si pone la scarsa conoscenza della patologia stessa, l’estrema elusività che la caratterizza nonché le implicazioni anche legali di quello che, a tutti gli effetti, è un abuso su minore (7,8). La diagnosi, benché medica, è frutto di una attenta valutazione multidisciplinare (9), considerato che, proprio il personale sanitario, suo malgrado, è il mezzo principale attraverso il quale si espleta l’abuso (10). Analizzando la presenza dell’infermiere, non solo da un punto di vista fisico ma soprattutto da quello relazionale, durante tutto il processo di cura e di conseguenza del prendersi cura, vediamo che questi ha un ruolo molto importante, addirittura fondamentale per taluni aspetti (11,12). La letteratura infermieristica in merito è limitata ma concorda su due punti sostanziali: Conoscere è il primo passo per la realizzazione di una

diagnosi precoce e dunque per un effettivo intervento di protezione del bambino.

L’infermiere competente in quanto debitamente istruito in merito alla MSbP può avere un impatto significativo su riconoscimento, diagnosi e intervento precoci (13-19).

Ma la competenza non è la sola conoscenza: l’infermiere deve sviluppare una maggior consapevolezza, cosa per la quale non solo gli devono essere forniti gli strumenti, ma deve anche rendersi conto che può e quindi deve usarli. La multidisciplinarietà diviene quindi non soltanto un elemento alla base della diagnosi ma anche uno strumento a tutela del professionista, non ultimo per il fatto che

La Sindrome di Munchausen per Procura: un’indagine tra gli infermieri di area pediatrica

Abstract Introduzione. La Sindrome di Munchausen per Procura (MSbP) è una rara psicopatologia che si traduce e manifesta in una aberrante forma di abuso su minore benché detta sua rarità sia viziata dall’oggettiva difficoltà di diagnosi alla cui base si pone una scarsa conoscenza della patologia stessa. Sulla base di studi stranieri precedenti è stata condotta un’indagine multicentrica a carattere conoscitivo relativa sul grado di conoscenza della MSbP tra gli infermieri di area pediatrica di tre ospedali toscani. Materiali e Metodi. La ricerca è stata condotta sulla base di un analogo studio statunitense presso gli ospedali di Santa Maria alla Gruccia del Valdarno, San Donato di Arezzo e Pediatrico Meyer di Firenze nei mesi di Luglio, Agosto e Settembre 2013, mediante la somministrazione di un questionario diretto agli infermieri delle unità operative di Pediatria Medica e Pronto Soccorso. Risultati. Il 52,7% dei 74 soggetti intervistati ha dichiarato di conoscere la MSbP. L’analisi evidenzia una maggior probabilità di trovare conoscenze in soggetti con età inferiore a 30 anni, impiegati in un ospedale pediatrico e con formazione di base di tipo universitario. Il grado di conoscenza generale appare ubiquitariamente scarso, dato che il punteggio atto a valutarlo si attesta sui livelli basso (30,8%) e medio-basso (30,8%). Concetto chiaro è che la MSbP è una forma di abuso su minore classificabile tra le Patologie delle Cure, mentre sembra meno chiara la distinzione tra le Patologie delle Cure stesse. Dei 12 (16,2%) intervistati che hanno avuto esperienza professionale diretta con la MSbP, solo 4 sono stati attivamente coinvolti nella diagnosi mentre 19 (25,7%) dei 74 totali dichiarano di aver assistito a casi sospetti di MSbP e non diagnosticati come tali. Nel 38,9% dei casi di MSbP risulta che il primo a muovere sospetti è stato un infermiere, avvalorando la tesi secondo la quale l’infermiere competente in materia possa ricoprire un ruolo chiave nel riconoscimento della MSbP, dato confermato con sostanziale unanimità (90,5%) dagli stessi professionisti interrogati in merito. La maggioranza degli infermieri (95,9%) sottolinea la necessità di una formazione specifica. Conclusioni. La conoscenza della MSbP all’interno della compagine infermieristica è limitata e la necessità di formazione è sentita in primis dagli esponenti della professione stessa; I risultati confermato il ruolo chiave dell’infermiere nel riconoscimento e nella diagnosi precoce.

Giulia Bulli1, Daniele Ciofi2 1-Ospedale S. Maria alla Gruccia, Montevarchi 2-Ospedale Pediatrico Meyer [email protected] Keywords: Munchausen Syndrome by Proxy; Child Abuse; Pediatric nursing

Introduzione La Sindrome di Munchausen per Procura (Munchausen Syndrome by Proxy - MSbP) è una psicopatologia dell’età adulta che si traduce in una grave forma di abuso su minore che unisce abuso fisico, negligenza medica e maltrattamento psicologico. La persona dedita alla cura del bambino, solitamente la madre, procura o simula la malattia del figlio secondo una metodologia estremamente variegata, per una forma di autogratificazione data dal fatto di assumere per interposta persona il ruolo di malato e dunque, richiamare su di sé le attenzioni del personale sanitario con cui essa si relaziona tramite il piccolo. Il bambino per contro, a causa delle ripetute ospedalizzazioni e delle procedure diagnostico terapeutiche anche invasive cui viene sottoposto dai sanitari alla ricerca di una risposta a sintomi inspiegabili, può riportare gravi sequele psico-fisiche, finanche giungere alla morte, benché non siano tese a questo le manipolazioni materne. Classificata tra le cosiddette “Patologie delle Cure” (1), nello specifico tra le patologie da Ipercura, e inquadrata nel DSM-IV come “Disturbo Fittizio con Segni e Sintomi Fisici Predominanti (300.19)” (2), presenta più gradi di severità alla cui base si pone un’alterata relazione affettiva madre-figlio che vede la necessità di provvedimenti a protezione del bambino e al tempo stesso di un intervento psicoterapeutico per il disagio materno. Menzionata per la prima volta in letteratura nel 1977 dal pediatra inglese Roy Meadow che ne coniò il termine (3), annovera contributi a livello mondiale benché ad oggi non si abbiano studi di prevalenza significativi se non circoscritti ad ambiti limitati (4-6).

The nursing skills in the recognition of Munchausen Syndrome by Proxy: a multicenter survey The Munchausen Syndrome by Proxy (MSBP) is a rare psychopathologic disease that results in an aberrant form of child abus; its low frequency may be influenced by the difficulty of diagnosis due to the general lack of knowledge of the disease itself. On the basis of previous international studies, a multicenter survey was conducted to assess the degree of knowledge of MSBP among paediatric nurses in three hospitals of Tuscany (Italy). Materials and Methods. Following a similar study conducted in the USA, a questionnaire was administered to the nursing staff of Pediatrics units and of Emergency departments in two general hospitals and one pediatric hospital of the Tuscan Health Service in 2013. Data were collected anonymously and an aggregate statistical analysis was performed. Results. Only 52.7% of the 74 participants stated to know MSBP. The awareness was more frequent in subjects under 30 years, employed in a pediatric hospital and with a bachelor degree. The level of general knowledge is generally low, as the evaluating score was more commonly low (30.8%) or medium-low (30.8%). It is clear to participants that MSBP is a form of child abuse, but the distinction between the different forms of physical child abuse and neglect seems to be less clear. Of the 12 (16.2%) respondents who had direct experience with a case of MSBP, only 4 had been actively involved in the diagnosis, while 25.7% of the total (n=19) claimed to have witnessed suspected cases of MSBP. In 38.9% of cases of MSBP, the first to formulate the diagnostic suspect was the nurse. This finding suggest that nurses may play a key role in the recognition of MSBP, as confirmed almost unanimously (90.5%) by the participants, who, in addition, expressed (95.9%) the need for specific training. Conclusions. The knowledge of MSB is limited among nurses, and the need for training is primarily felt by nurses themselves.

Research

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Ricerca l’argomento non è scevro da implicazioni etiche e morali e l’impatto psicologico della sindrome sull’infermiere è di fatto importante (20), cosa che fa sì che il professionista stesso diventi, suo malgrado, soggetto che necessita di tutela. Obiettivo Scopo dello studio è stato valutare il grado di conoscenza della MSbP tra gli infermieri di area pediatrica di tre ospedali toscani quale contributo italiano al fine di evidenziare eventuali necessità formative. Materiali e metodi Studio trasversale conoscitivo multicentrico. Lo studio è stato condotto sull’impronta dello studio del 1994 di Hochhauser et al (21). Lo studio si è svolto presso gli ospedali di Santa Maria alla Gruccia del Valdarno, San Donato di Arezzo e Pediatrico Meyer di Firenze nei mesi di Luglio, Agosto e Settembre 2013, mediante la somministrazione di un questionario consegnato in busta chiusa, con copia della relativa autorizzazione, all’Infermiere Coordinatore del reparto. I soggetti coinvolti nello studio erano gli infermieri delle unità operative di Pediatria Medica e Pronto Soccorso dei tre ospedali, in quanto attivamente coinvolti nell’assistenza del paziente pediatrico; per quanto riguarda in particolar modo gli ospedali del Valdarno e di Arezzo si è optato per la distribuzione del questionario nei reparti di Pronto Soccorso, benché non prettamente pediatrici, in quanto la gestione dell’accesso pediatrico a questo specifico servizio vede il rinvio all’unità operativa di Pediatria Medica per i codici bianchi, azzurri e verdi mentre la gestione diretta dei codici gialli e rossi nonché delle patologie necessarie di consulenza chirurgico/ortopedica. Sono state acquisite le autorizzazioni presso le Direzioni Sanitarie ed Infermieristiche dei centri eletti a sede d’indagine. Il questionario è stato strutturato sulla base delle domande contenute nel questionario dello studio di Hochhauser et al (21). Esso consta di 13 domande a risposta chiusa e una, opzionale, a risposta aperta, oltre a domande di interesse demografico; si articola in due percorsi distinti a seconda della risposta positiva o negativa alla prima domanda, inerente la conoscenza o meno della MSbP, che poi si riuniscono nell’ultima serie di domande, comune ad entrambi i percorsi. Esso è inoltre suddiviso in 4 sezioni contraddistinte rispettivamente con le lettere A,B,C e D, nelle quali sono ripartite le domande secondo criterio di pertinenza ad un particolare ambito: Sez. A – Dati socio professionali (Percorso 1 e 2 ) Sez. B – Grado di conoscenza della sindrome (Percorso 1) Sez. C – Percezione e pratica professionale (Percorso 2) Sez. D – Esperienza professionale e percezione bisogno formativo (Percorso 1 e 2) I dati sono stati raccolti in forma anonima ed analizzati in forma aggregata attraverso tabellazione e successiva analisi inferenziale mediante l’utilizzo di programmi statistici (Excel e EPInfo). Per le risposte aperte è stata attuata un’analisi testuale, La domanda 4 proponeva 18 items inerenti le caratteristiche distintive la MSbP tra i quali all’intervistato veniva richiesto di indicare quelli ritenuti corretti tralasciando quelli ritenuti al contrario errati; di questi 18, 12 erano corretti mentre 6 errati; in base alle risposte date si è attribuito un punteggio, assegnando un punto per ogni risposta corretta data e togliendo un punto per ogni risposta segnata come corretta ed invece errata; il punteggio massimo ottenibile era 12 (segnate solo tutte le 12 risposte corrette) mentre quello minimo -6 (segnate solo tutte le 6 risposte errate); il punteggio totale ottenuto è stato stratificato in livelli di conoscenza con le seguenti modalità: Punteggio da -6 a -1: nessuna conoscenza Punteggio da 1 a 3: livello di conoscenza BASSO Punteggio da 4 a 6: livello di conoscenza MEDIO – BASSO Punteggio da 7 a 9: livello di conoscenza MEDIO – ALTO Punteggio da 10 a 12: livello di conoscenza ALTO

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Risultati Sono stati raccolti in totale 74 questionari dei quali il 40,50% all’ospedale pediatrico Meyer, il 17,60% all’ospedale San Donato di Arezzo e il 41,90% all’ospedale di Santa Maria alla Gruccia del Valdarno, distribuiti tra le unità operative di Pediatria e Pronto Soccorso. Dei soggetti intervistati l’83,8% è risultato di sesso femminile e l’età media è risultata essere di 41 anni; di cui il 15,7% con età inferiore o uguale a 30 anni. La media dell’anzianità in pediatria è risultata di 7,58 anni; il 51,4% del campione possiede un’anzianità di servizio superiore a 5 anni. Dei 74 soggetti intervistati, il 55,4% era in possesso di Diploma Regionale e il 37,8% di Laurea Triennale. Soltanto il 18,9% ha anche un titolo di studio post-base. Alla domanda se conoscessero o meno la sindrome, circa la metà degli intervistati (n=39, 52,7%) ha dichiarato di conoscere la, mentre l’altra metà (n=35, 47,3%) ha dichiarato di non conoscerla. Valutando le fonti più frequenti di acquisizione di informazioni in merito, emerge una sostanziale equivalenza tra fonti formali (46,3%) e fonti informali (53,7%); tra le risposte date vediamo spiccare la formazione di base con il 31,5% e a seguire altri infermieri e quotidiani, Tv e Media rispettivamente con il 12,9% e il 13,0%. Per quanto riguarda nello specifico il canale formativo come fonte di acquisizione di informazioni, si evidenzia come il 53,3% abbia acquisito conoscenze con la formazione di base, il 33,3 % con Master di 1° livello e il 13,4% con corsi di aggiornamento per la Formazione Continua in Medicina. Una volta quantificati i soggetti che avevano dichiarato di conoscere la sindrome, abbiamo valutato l’effettivo grado di conoscenza elaborando i dati raccolti con l’attribuzione di un punteggio secondo le modalità descritte in precedenza; è emerso che il punteggio minimo conseguito è stato di 1 punto (punteggio minimo ottenibile = -6), mentre quello massimo di 10 punti (punteggio massimo ottenibile = 12). Sulla base del punteggio ottenuto è stato possibile stratificare in livelli il grado di conoscenza della MSbP, come mostrato dalla tabella 1. L’item più frequentemente riconosciuto come esatto, con una percentuale del 76,9% è stato: “La Sindrome di Munchausen per Procura è una forma di abuso su minore classificabile tra le cosiddette Patologie delle Cure” Per contro, l’item errato più frequentemente non riconosciuto come tale e dunque segnato come esatto, con una percentuale del 30,8% , è stato il seguente: “La madre assume atteggiamenti inappropriati al periodo evolutivo del bambino”. L’item “La madre è fredda o indifferente nei confronti del bambino” non è mai stato segnato e dunque, in quanto errato, riconosciuto sempre come tale. In base al reparto di appartenenza, risulta che nei reparti di Pediatria Medica il 42,4% (n=14) degli intervistati non ha conoscenze contro il 54,6% (n=19) che dichiara di averne, mentre, in Pronto Soccorso, il 51,2% ( n=21) dichiara di non avere conoscenze e il 48,8% (n=20) di averne. In base alla tipologia di ospedale, se pediatrico o non pediatrico, la probabilità di trovare maggiori conoscenze nel primo piuttosto che nei secondi risulta maggiore, in quanto si nota come la percentuale degli infermieri che dichiarano di avere conoscenze sia del 73,3% (n=22) per quanto riguarda l’ospedale pediatrico contro il 38,6% (n=17) per quanto riguarda gli altri due ospedali, non pediatrici (p=0,009). In base all’età risulta maggiore la probabilità di conoscenza tra

n %

Livello ALTO ( da 10 a 12 pt.) 6 15,4%

Livello MEDIO - ALTO (da 7 a 9 pt.) 9 23,0%

Livello MEDIO - BASSO ( da 4 a 6 pt.) 12 30,8%

Livello BASSO (da 1 a 3 pt.) 12 30,8%

NESSUNA CONOSCENZA ( da - 6 a -1 pt.) 0 0,0%

Tabella 1. Grado di conoscenza della MSbP in livelli secondo il punteggio ottenuto alla domanda 4

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Ricerca

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Tuttavia tali conoscenze, ove presenti, sono generalmente limitate a nozioni di base, talora confuse. L’infermiere, benché sia risultato nel 38,9% dei casi esperiti di MSbP il professionista che per primo ha mosso sospetti, non vede valorizzato il suo ruolo proattivo dato il fatto che solo occasionalmente viene attivamente coinvolto nella diagnosi e si nota come, quando abbia avuto sospetti di casi non diagnosticati come tali, non li abbia palesati se non con i propri colleghi in quanto manchevole delle conoscenze atte a supportare la necessaria sicurezza per proporsi in un intervento più incisivo. La necessità di conoscenze e dunque di formazione in merito appare dunque un bisogno sentito dalla compagine infermieristica stessa in quanto indice della consapevolezza del professionista stesso dell’importanza del proprio ruolo in riconoscimento, diagnosi e cura di tale forma di abuso. I risultati ottenuti si pongono sostanzialmente in linea con quelli della letteratura precedente (21,22), sebbene quest’ultima sia esigua, spesso datata e riguardante realtà straniere; non sono stati reperiti studi precedenti concernenti la realtà italiana e la presente indagine si propone come contributo preliminare in quanto circoscritta ad un ambito limitato, cosa che fa rendere auspicabile la riproduzione della stessa su un campione di maggiore entità. I nostri risultati evidenziano innanzitutto è la necessità di una maggior divulgazione di conoscenze in merito, non ultimo con l’implementazione di un progetto formativo destinato agli infermieri di area pediatrica e a quanti attivamente coinvolti nell’assistenza del paziente pediatrico volto a colmare le lacune professionali evidenziate in merito a questa patologia. Potrebbe essere utile l’organizzazione di una rete di prevenzione e controllo all’interno dei consultori per completare l’attività preventiva sul territorio ed una centralizzazione a livello nazionale delle segnalazioni per quanto riguarda l’ambito ospedaliero così da ovviare alla problematica delle “peregrinazioni” tra i vari centri di cura caratterizzante i tratti elusivi della sindrome. Bibliografia 1. Gruppo di lavoro S.I.N.P.I.A. sugli abusi in età evolutiva, Linee guida in tema di

abuso sui minori, in http://www.sinpia.eu/atom/allegato/154.pdf, 2002 con revisione approvata in CD 2007, u.c. 04 Marzo 2013

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gli infermieri sotto i 30 anni (81,8%) piuttosto che tra i più anziani (47,5%, p=0,02). Non si sono riscontrate differenze significative in base agli anni di anzianità di lavoro e in base al sesso (p = 0,12 nel primo caso e p = 0,42 nel secondo). Per quanto riguarda il tipo di formazione di base, il 75,9% degli infermieri che ha una formazione universitario hanno dichiarato di conoscere la MSbP versus il 36,6% di chi ha il titolo regionale (p = 0,0006). Il grado di conoscenza generale appare scarso, dato che, secondo quanto evidenziato dall’attribuzione del punteggio atto a valutarlo, esso si attesta sui livelli bassi (n=12, 30,8%) e medio – basso (n=12, 30,8%) contro il 15,4% (n=6) del livello medio – alto e il 23% ( n=9) del livello alto. La probabilità di avere uno dei quattro livelli di conoscenza non differisce in modo significativo tra gli infermieri dell’ospedale pediatrico e quelli degli ospedali non pediatrici. Non ci sono differenze significative al riguardo neppure stratificando i soggetti per tipo di reparto, età, titolo di studio di base e formazione post-base. Andando a valutare la percezione professionale della sindrome in mancanza di conoscenze in merito, è emerso che gli infermieri, durante la loro attività lavorativa, sono rimasti colpiti da genitori particolarmente presenti e ansiosi nei confronti del figlio durante la degenza in ospedale ma pronti ad acconsentire senza remore a tecniche diagnostico – terapeutiche anche invasive (36,4%) e da genitori presentatisi più volte con il proprio bambino vittima di patologie ogni volta non ben clinicamente definibili (29,1%), due occorrenze che, ancor più a ragione se concomitanti, sono meritevoli di approfondimento. Riguardo a quella che è la diretta esperienza professionale con la sindrome, il 16,2% (n=12) degli intervistati ha dichiarato di aver assistito, durante la sua carriera professionale, alla diagnosi di MSbP, nella definizione della quale solo il 33,3% (n=4) è stato attivamente coinvolto. Mentre il 70,3% (n=52) non ha mai sospettato casi non diagnosticati, il 25,7% (n=19) dichiara di aver assistito a casi che, all’epoca in cui si sono verificati, ha sospettato, o potrebbe ora sospettare restrospettivamente, essere attribuibili alla sindrome e non diagnosticati come tali; con una percentuale di frequenza del 50%, risulta che il primo a muovere sospetti nei casi esperiti sia stato il pediatra, seguito dall’infermiere (l’intervistato stesso o un altro infermiere) con una percentuale del 38,9%, avvalorando la tesi secondo la quale un infermiere competente in materia possa ricoprire un ruolo importante nel riconoscimento della MSbP. Da evidenziare il fatto che, qualora abbiano sospettato in prima persona un caso di MSbP , gli intervistati hanno dichiarato con una frequenza in entrambi i casi del 42,9%, di averne parlato con gli altri infermieri o di non aver fatto niente in quanto non sicuri, mentre nessuno ha personalmente denunciato l’abuso. Sostanzialmente unanime, con una percentuale del 90,5%, il giudizio professionale positivo del campione intervistato sul contributo significativo al riconoscimento della MSbP che può dare un infermiere debitamente formato in merito, così come sull’utilità di corsi di formazione volti ad approfondire tali tematiche, con una percentuale del 95,9%; Per quanto infine riguarda i commenti opzionali richiesti agli intervistati, rilasciati soltanto dal 9,5% degli infermieri (n=7), sono sommariamente suddivisibili in un 42,9% (n=3) che conferma quanto già espresso nelle risposte precedenti con la necessità di formazione e approfondimento di tali tematiche e un 57,1% (n=4) che palesa dei dubbi in merito. Discussione La percentuale di coloro che hanno dichiarato di conoscere la MSbP è sostanzialmente paritaria a quella di coloro che hanno dichiarato di non conoscerla; l’analisi dei dati evidenzia una maggior probabilità di trovare conoscenze in soggetti con un’età inferiore ai 30 anni, impiegati in un ospedale pediatrico e con formazione di base di tipo universitario.

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Introduzione La cute è un organo vitale, è la parte più esterna ed estesa del corpo umano, agisce come un’interfaccia tra l’ambiente interno e l’esterno (1,2). Svolge numerose funzioni: promuove la ritenzione idrica, proteggendo dalla disidratazione e mantenendo l’equilibrio elettrolitico; regola la temperatura corporea; protegge da microorganismi, sostanze tossiche, traumi e radiazioni ultraviolette; permette la stimolazione tattile tramite i recettori presenti sulla superficie (3). La cute è formata da tre strati: epidermide, derma e tessuto sottocutaneo. L’epidermide è composta dallo strato corneo e dallo strato basale, funge da barriera, previene l’assorbimento di sostanze tossiche e di microorganismi e favorisce la ritenzione di acqua e calore (1). Lo strato corneo è la parte più esterna ed è formato prevalentemente da cheratinociti mentre lo strato basale, collegato al derma tramite fibrille di proteine, è la fonte di rinnovo delle cellule dello strato corneo (1). Nello strato basale si trovano i melanociti (1). Il derma contiene le cellule dell’infiammazione, vasi sanguigni, linfatici e terminazioni nervose, è costituito per la maggior parte da collagene ed elastina immerse in una matrice di mucopolisaccaridi, grazie alle sue componenti è dotato di forze ed elasticità (1). Dal derma nascono le stimolazioni tattili, dolorifiche, di calore e di pressione (1). Alla nascita è spesso 2÷4mm (1). Lo strato sottocutaneo è composto da tessuto connettivo e grasso, permette di trattenere il calore e di avere riserve caloriche (1). La cute di un neonato non è sviluppata quanto quella di un adulto, e tanto meno lo è quella di un neonato prematuro (nato < 37 settimane di età gestazionale) (1). La combinazione tra immaturità, necessità

di monitoraggio e attuazione di procedure invasive ne fa aumentare il rischio di lesione e quindi di perdita dell’integrità cutanea (4). L’integrità della cute del neonato può essere compromessa in molti modi (2). Le lesioni possono comparire a causa di insulti meccanici, chimici, termici o infezioni, oppure possono essere correlate ad alterazioni congenite come l’epidermolisi bollosa, l’aplasia congenita della cute o gli emangiomi (2). Le principali lesioni o cause delle stesse che possono occorrere in ambito neonatale sono: strappo dell’epidermide, lesioni chimiche, lesioni termiche, lesioni ischemiche o da pressione, ferite chirurgiche (2). A queste si aggiungono le seguenti: 1) lesioni da alterazioni congenite: le più frequenti sono l’epidermolisi bollosa e l’aplasia congenita della cute. La prima consiste nella tendenza della cute a formare vesciche e bolle in seguito a lievi traumi. Il grado di severità e il decorso variano da una disabilità minore fino alla morte nella prima infanzia. L’aplasia della cute consiste nella mancanza di epidermide, derma o sottocute in alcune zone. Le lesioni non sono infiammate, i margini sono ben definiti e assomigliano alle ulcere, spesso si trovano sulla fronte, sul viso e sulle estremità (5); 2) dermatite da pannolino: è molto comune nei neonati, colpisce cosce, perineo, inguine e glutei. Le escoriazioni nell’area del pannolino sono provocate dal contatto prolungato con le urine o da colonizzazione da candida (5); 3) eritema tossico del neonato: è una condizione molto comune che colpisce più del 50% dei neonati a termine. La manifestazione più evidente appare nel secondo giorno di vita, anche se l’esordio può avvenire fino a 2

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Raccomandazioni di buona pratica clinica per la gestione e il trattamento della cute neonatale

Abstract Background. La cute del neonato è fragile e sottile e la sua integrità può essere facilmente compromessa. Le cure prestate per la prevenzione e il trattamento della cute neonatale non sono omogenee e si basano spesso su esperienze personali. Obiettivo. Illustrare le attuali raccomandazioni di buona pratica clinica per la gestione e il trattamento della cute del neonato a termine e pretermine. Materiali e metodi Revisione narrativa della letteratura con interrogazione di database biomedici, reperimento e analisi della documentazione, sintesi dei risultati principali tramite tabelle sinottiche. Risultati. L’ approccio alla cute del neonato ne deve considerare il grado di maturità, che dipende dall ’ età gestazionale e postnatale. L’ immaturità della cute nel pretermine lo espone a maggior rischio di lesioni cutanee, di perdita di acqua e calore. E’ consigliato rimandare il primo bagno a 6 ore di vita ed eseguirlo ad immersione in acqua a temperatura controllata; nel neonato a termine sano è necessario solo se la cute è secca, per il pretermine è sufficiente ogni 4 giorni usando acqua sterile, rimuovendo solo gli eccessi di vernice caseosa e risciacquando bene. La cute va asciugata tamponando delicatamente. I principali fattori di rischio per l ’ insorgenza della dermatite da pannolino sono l' umidità, le frizioni, l' irritazione da ammoniaca e/o da enzimi fecali; per evitarla occorre effettuare cambi frequenti, usare pannolini superassorbenti con gel e cercare di diminuire la trasmissione di microorganismi enterotossici. Per la prevenzione e il trattamento della cute alterata si possono applicare emollienti senza frizionare; per i prematuri è necessario usare una tecnica sterile ed evitare la contaminazione del contenitore (porzioni monodose). I distretti più comuni di lesioni nelle UTIN sono le estremità, il torace, la schiena e il viso. Per favorire il processo di guarigione è meglio utilizzare nei neonati sistemi permeabili. La medicazione deve essere atraumatica, di facile applicazione, che permetta buona visibilità e non adesiva. Per favorire la guarigione è consigliato il mantenimento di un ambiente umido, pulito e protetto. Prima di applicare delle sostanze sulla cute è necessario valutarne la tossicità: la cute lesa dei neonati pretermine è a maggior rischio di assorbimento di sostanze di norma non tossiche per i neonati a termine, qu indi è necessario limitare il tempo di contatto con gli antisettici e preferire soluzioni acquose. Per prevenire lesioni cutanee da danno termico bisogna ridurre il tempo di contatto con le fonti di calore e/o interporre schermi di sicurezza. La presenza di una ferita chirurgica sulla cute neonatale necessita di una valutazione periodica, sistematica e documentata per evidenziare eventuali segni di infezione. Per prevenire le lesioni da presidi si possono applicare barriere protettive tra la cute e i dispositivi e tra la cute e i cerotti. Il tipo di lesione da pressione più frequente è dovuto alla terapia con CPAP o alla presenza di cannule nasali. La prevenzione comprende un' attenta osservazione, il cambio frequente di posizione dei dispositivi e l’ uso di presidi e/o adesivi trasparenti. Prima di applicare cerotti o adesivi occorre valutarne la necessità e ridurne al minimo l’ utilizzo e le dimensioni (lo strappo di parte dell’ epidermide è la causa più frequente di alterazione della cute dei neonati pretermine). Per la prevenzione di lesioni da frizione è meglio utilizzare lenzuola di cotone e applicare prodotti emollienti. Discussione. A differenza dei neonati a termine, l’ immaturità cutanea dei soggetti prematuri suggerisce la necessità di prestare cure alla cute adeguate e personalizzate con approcci assistenziali differenti in relazione all’ età gestazionale al fine di prevenire l’ insorgenza di lesioni. Le prove di efficacia presenti in letteratura sono ancora deboli e attendono ulteriori conferme da studi futuri. Sono segnalate significative difformità nelle cure prestate alla cute del neonato, spesso per scarsa diffusione dell’ utilizzo di protocolli.

Silvia Tengattini, Silvia Ferrario, Luca Giuseppe Re, Elena Bezze Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano [email protected] Keywords: Skin care; Pressure Ulcer; Infant, Premature; Pediatric nursing.

Recommendations of good clinical practice for the management and the treatment of neonatal skin Neonatal skin is frail and thin and its integrity is easily compromised. Care of neonatal skin in terms of prevention and treatment is not homogenous and is often based on personal experiences. Aim. The aim of this review is to illustrate the current recommendations of good clinical practice for the management and treatment of the skin of premature and term newborns. Materials and Methods. Narrative review of the literature searching biomedical databases, analysis of documentation and synthesis of principal results with synoptic tables. Results. Neonatal skin needs to be approached according to its maturity grade, which depends on the gestational and the postnatal age. Preterm skin immaturity exposes this newborns to a higher risk of skin lesions, loss of heat and water. It is suggested to postpone the first bath to 6 hours after birth and to immerge the newborn in water with controlled temperature; in healthy term newborns the bath is necessary only if the skin is dry, the preterm newborn can be bathed every 4 days in sterile water, removing only the excessive vernix caseosa and rising well. The skin has to b dried gently. The principal risk factors for the upcoming of skin breakdown in the nappy area are humidity, frictions, irritations of ammoniac and/or faecal enzymes; to avoid it one should frequently change diapers, use super absorbant nappies with gel and try to reduce the transmission of enterotoxigenic microorganisms. For the prevention and the treatment of altered skin it is possible to use emollients without frictoning; for preterms it is necessary to use a sterile technique and to avoid the contamination of the container (singles use containers). The districts more common for lesions in neonatal intensive care units (NICU) are extremities, thorax, back and face. To favour the healing process it is better to use permeable systems. The dressing has to be atraumatic, easy to apply, transparent and non adhesive. To favour healing it is suggested to maintain the site humid, clean and protected. Before applying any substance onto the skin it is necessary to assess its toxicity: broken skin of preterm newborns is at higher risk for absorbing substances that normally are not toxic for term newborns, therefore it is necessary to limit contact time with antiseptics and to prefer watery solutions. To prevent skin breakdowns due to thermal damage it is important to reduce the time of contact with the heat sources and or interpose barrier screens. In order to prevent lesions due to the use of devices it is possible to apply protective barriers between the skin and the devices and between skin and tape. The most frequent ulcer pressures occur during CPAP therapy or the use of nasal cannula. The prevention consists of careful observation, frequent change of position of the devices and the use of semipermeable dressings. Before applying any tape or adhesives it is necessary to assess its utility in order to diminish to a minimum its use and the its dimensions (tape -stripped epidermis is the most frequent cause of skin alteration in preterm newborns). To prevent friction lesions it is better to use cotton sheets and apply emollient products. Conclusions. Preterm newborns’ skin immaturity requires a different approach than the one used in term newborns. Skin care has to be appropriate and personalized according to gestational age in order to prevent skin lesions. The strength of recommendations published so far is weak and more research in this field is needed. There are still different approaches to neonatal skin care due to non-adherence to protocols.

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Review settimane di vita. Spesso inizia dal viso, per poi diffondersi al tronco e agli arti. I palmi delle mani e le piante dei piedi di solito non sono colpite. La clinica può variare: macule, papule o pustole. L’eruzione di solito dura alcuni giorni, ma è raro che una singola lesione persista per più di un giorno. Non richiede trattamento (6); 4) milia neonatale: colpisce dal 40% al 50% dei neonati. Sono presenti da poche a numerose lesioni. Gli aspetti clinici comprendono cisti innocue, ovvero piccole protrusioni bianche perlacee appena sotto la superficie cutanea. Spesso è visibile sul naso, ma può anche comparire dentro la bocca, sulla mucosa o sul palato, più ampiamente sull’occipite, sul viso e sul tronco. Le lesioni guariscono spontaneamente dopo poche settimane dalla nascita (6); 5) miliaria (rash da caldo): deriva dall’occlusione dei dotti delle ghiandole sudoripare. Le lesioni comunemente compaiono sul collo, all’inguine e sugli arti, ma anche sul viso. Si manifesta come papule di 1÷3 mm. Il trattamento prevede la rimozione del bambino dal calore e il controllo della temperatura dell’incubatrice. Intanto che le condizioni della cute si risolvono, è utile eseguire per il benessere del bambino bagni freschi, applicare delle garze bagnate e usare steroidi topici (6); 6) acne infantile o macchia di latte (pityrosoprum folliculitis): colpisce i bambini nelle prime settimane di vita. L’aumentata attività delle ghiandole sebacee dei neonati causa infiammazione e follicolite. Si manifesta come una cupola eritematosa a forma di papule e pustole superficiali sulle guance, sul naso e sulla fronte. Il rash non dà prurito. Si risolve in poche settimane senza trattamento (6). E’importante che l’infermiere operante in ambito pediatrico conosca tutti gli aspetti che riguardano le migliori pratiche di cura alla cute neonatale: spesso durante il ricovero in ospedale i professionisti si preoccupano molto della condizione clinica del neonato sottovalutando il fatto che, per trattare la patologia, si deve necessariamente avere contatto con la sua cute; se questo non avviene seguendo le migliori prove di efficacia disponibili, possono esservi ripercussioni negative anche di entità severa (7,8). Purtroppo attualmente le cure erogate si basano spesso su esperienze personali o convinzioni e le procedure e/o tecniche per la prevenzione o il mantenimento dell’integrità cutanea non sono omogenee (7,8). La salvaguardia di tale integrità rappresenta un importante standard di qualità delle cure ed è riconosciuto come uno tra i principali indicatori di outcome sensibili per l’assistenza infermieristica (7,8). E’necessario che tale standard di qualità venga innalzato il più possibile quando le cure devono essere prestate alla cute di soggetti fragili come i neonati, ed in particolare modo i neonati pretermine. Scopo Illustrare le migliori prove di efficacia disponibili per la gestione e il trattamento della cute del neonato a termine e pretermine. Materiali e metodi Il reperimento delle fonti bibliografiche è avvenuto previa interrogazione dei database biomedici TRIP Database, Cochrane Library, PubMed, CINAHL. La strategia di ricerca delle citazioni pertinenti ha visto l’utilizzo di parole chiave (“pressure ulcer”, “infant, newborn”, “infant, newborn: birth-1 month”, “infant: 1÷23 months”), linguaggio controllato (MeSH Terms), operatori booleani AND/OR e filtri (fascia di età dei soggetti: 0÷23 mesi; disegni di studio: linee guida, revisioni sistematiche con o senza metanalisi e non sistematiche, sperimentazioni cliniche controllate con o senza randomizzazione). Risultati Il processo di ricerca della documentazione è stato eseguito l’11 marzo 2014 e ha prodotto 282 citazioni di cui 37 rilevanti per titolo. Di esse, 30 hanno corrisposto a documenti disponibili in full text gratuitamente. Caratteristiche della cute Il grado di maturità della cute dipende soprattutto dall’età gestazionale (EG) e dall’età postnatale: l’approccio alla cute del neonato deve perciò tenere in considerazione queste

caratteristiche (3). Al momento della nascita la cute di un neonato a termine è ricoperta da vernice caseosa, sostanza protettiva che, se lasciata in sede, viene riassorbita gradualmente in poche settimane (9,10). Essa inizia a prodursi dalla 17°÷20° settimana di EG (1,11). In un neonato a termine la cute è interamente rivestita di vernice caseosa, è opaca, ha poche vene visibili, presenta pieghe intorno alle articolazioni e assenza di edema (1,11). La sua struttura è simile a quella dell’adulto (2). Nel neonato prematuro la cute è più sottile, trasparente, gelatinosa e rossa: il suo colore non è un buon indicatore dell’ossigenazione periferica (1,8,11). Le pieghe sono poche e la cute è ricoperta da lanugo più che da vernice caseosa (1,11). Spesso i prematuri sono edematosi per eccesso di acqua e di sodio (1,11). Nel prematuro lo strato corneo non è del tutto sviluppato e il processo di maturazione della cute impiega tanto più tempo quanto più l’EG è bassa (1,2,8,11). Le fibrille proteiche che connettono il derma all’epidermide sono in minor numero e meno aderenti (1,11). Nel derma ci sono meno fibre elastiche e collagene (1,11). Il pH del neonato a termine è intorno a 6.34, e in 4 giorni scende a 4.95 (1,2,10,11). Nel pretermine il pH è circa di 6, nella prima settimana arriva a 5.5 e dopo un mese scende a 5 (1,11). Zinco e grassi si accumulano nell’ultimo trimestre di gravidanza: questi fattori sono necessari per mantenere intatta la cute (1,11). La cute svolge numerose funzioni: regola la perspiratio insensibilis, diminuisce la perdita di calore, difende dai microorganismi, da stimoli ambientali, da traumi, da radiazioni e favorisce la stimolazione tattile (3,10). La sua immaturità nel pretermine comporta aumento di permeabilità, raggiungimento di un adeguata acidità superficiale in tempi più lunghi, assottigliamento dello strato della vernice caseosa, diminuzione del numero di melanociti, minor quantità di grasso sottocutaneo (3,8). Tali caratteristiche espongono il neonato a maggior rischio di lesioni cutanee (2). Inoltre l’immaturità e la superficie corporea più estesa rispetto al volume possono provocare una maggior perdita di acqua e calore, aumentando il rischio di Trans Epidermal Water Loss (TEWL) (2,3,9) e favorendo l’insorgenza di altre condizioni morbose: disidratazione/ipotensione, squilibrio elettrolitico, instabilità termica (con conseguente maggior richiesta di calorie) (3,8). Cure quotidiane della cute sana E’necessario eseguire cure adeguate per diminuire i danni iatrogeni e tutti i tipi di lesione che possono insorgere (12), e ricordare che se il bambino è instabile bisogna cercare di prestare solo le cure essenziali concentrandole in un tempo ridotto e se possibile predefinito (5). Prima di eseguire qualsiasi tipo di manipolazione sul neonato è importante che il caregiver si lavi bene le mani utilizzando un sapone a pH neutro (3). Tutti gli indumenti usati per i neonati dovrebbero essere di cotone, in quanto hanno maggior resistenza rispetto alle alte temperature richieste dal lavaggio e dalla sterilizzazione (9). Il detergente non dovrebbe contenere né profumi, per rischio di allergia, né candeggina o ammorbidente per rischio di dermatite (9). Se il neonato è esposto alla luce solare, occorre vestirlo con abiti leggeri, mettere il cappellino e applicare di frequente creme protettive (9). Per quanto riguarda l’antisepsi cutanea non c’è concordanza rispetto al prodotto ideale da usare (iodiopovidone, alcol, ambedue) (13) né c’è sufficiente conoscenza della potenziale tossicità dei principi attivi normalmente in uso: soluzione iodata, sodio ipoclorito, acido acetico, perossido di idrogeno hanno dimostrato avere effetti dannosi (8,14). Per questo motivo l’uso di iodiopovidone o clorexidina non è consigliato di routine (15) anche se nei neonati di basso peso alla nascita iodiopovidone e alcol sono i prodotti maggiormente utilizzati (16). Per il riscaldamento dei bambini è raccomandato raggiungere un’umidità pari all’85%÷90% (8). La fonte di calore più utilizzata è costituita da pannelli radianti, seguita dall’incubatrice (8). L’adozione di wrapping occlusivo (16) e di una fasciatura in polietilene nei neonati Very Low Birth Weight (VLBW) può migliorare la termoregolazione e diminuire le perdite di acqua (14).

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Purtroppo in molte Unità di Terapia Intensiva Neonatale (UTIN) non è in uso un protocollo di cure alla cute neonatale (16). Bagnetto Come raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), è necessario rimandare il primo bagno a 6 ore di vita (10) ed eseguirlo ad immersione in acqua calda (più confortevole rispetto alle spugnature) (17), allorchè le condizioni del bambino siano stabili e/o quando il bambino sia a termine (1,3), anche se in uno studio è stato provato che il tempo di esecuzione del bagnetto non ha impatto significativo sulla temperatura corporea del bambino (18). Nel neonato a termine sano è necessario eseguire il bagno solo se la cute è secca: anche se eseguito più di una volta al giorno, non è dannoso (9) e non ha effetti negativi sulla colonizzazione della cute (17). Al contrario nel neonato prematuro, anche solo un bagnetto può provocare effetti sfavorevoli, come assorbimento di sostanze potenzialmente nocive, stato di ipotermia e destabilizzazione dei parametri vitali (1). Per il pretermine è sufficiente eseguire il bagnetto ogni 4 giorni, frequenza ritenuta adatta per diminuire il rischio di infezione (15). Per l’esecuzione del bagno è indicato usare solo acqua calda, o eventualmente aggiungere sapone neutro senza sostanze irritanti (1,3,9,11,15,17,19). Soprattutto per i neonati sotto le 26 settimane di età gestazionale è importante usare solo acqua sterile e risciacquare bene (3). Per tutti i bambini, ma soprattutto per i prematuri, non è consigliato l’uso routinario di saponi, antisettici o antibiotici (11). In particolare nelle prime 2÷3 settimane di vita nei neonati pretermine è sconsigliato usare saponi a pH alcalino, con profumi e/o additivi (8,20). Se la temperatura dell’acqua è provata solo con il tatto può provocare ustioni, per questo è necessario monitorarla attentamente attraverso il più appropriato utilizzo di un termometro (11,19). Con l’igiene il pH subisce delle alterazioni e per tornare alla normalità impiega più di un ora (1). Il mantenimento di un’adeguata acidità è importante per evitare cambiamenti della flora cutanea (3). Durante il bagno occorre rimuovere solo gli eccessi di vernice caseosa (10,17): questo perché essa ha molti effetti positivi fra cui il miglioramento dell’idratazione e la diminuzione della perspiratio insensibilis (3). Una volta terminato il bagno occorre risciacquare subito e non lasciare il neonato pretermine immerso per troppo tempo in acqua, in quanto l’irritazione dipende dal tempo di contatto e dalla frequenza del bagno (1,9,19). Per asciugarlo non strofinare ma tamponare delicatamente (1,3,17,20). In presenza di alterazioni e secchezza cutanea usare emollienti al bisogno (8,9). A seconda delle alterazioni presenti occorrono diversi tipi di accorgimenti: ad esempio in caso di dermatite atopica ridurre la frequenza del bagno, se si tratta di dermatite seborroica applicare una sostanza emolliente e lasciarla per la notte (9). Gli emollienti riducono la secchezza e conservano l’acqua presente nello strato corneo, gli idratanti aumentano la quantità di acqua (1,11). L’olio di vaselina è l’emolliente più sicuro e efficace ed è contenuto in prodotti come Eucerin Aquaphor crema (1,9,14,19). Uso del pannolino Per evitare la dermatite da pannolino è necessario effettuare cambi frequenti, usare pannolini superassorbenti con gel e cercare di diminuire la trasmissione di microorganismi enterotossici (3,8,9,20,21). In questo modo la cute rimane asciutta e mantiene un pH fisiologico (11). Durante il cambio del pannolino è necessario detergere la zona genitale con acqua calda e tamponare per asciugare, senza strofinare (3,21). I principali fattori di rischio per l’insorgenza della dermatite sono l’umidità, le frizioni, l’irritazione da ammoniaca e/o da enzimi fecali (3). Le principali cause di dermatite sono dovute ad uno stato di irritazione e successiva infezione da candida o streptococco beta emolitico (9). In caso di dermatite è utile lasciare scoperta la cute, rimuovere eventuali agenti allergizzanti e applicare idrocortisone per la riduzione dell’infiammazione (3,9). Per prevenire e trattare la cute alterata si può applicare ossido di zinco (1,9,11,19) e

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Review idrocolloide (5,20,21). E’stato dimostrato che in bambini di età gestazionale compresa fra le 29 e le 36 settimane il trattamento con Eucerin Aquaphor crema 2 volte a settimana ha diminuito l’incidenza di dermatiti (1). Nei neonati sotto la 33° settimana di età gestazionale tale trattamento ha apportato benefici nella diminuzione sia di dermatiti che di condizioni di TEWL (1,3,14). Oltre che tramite l’uso di sostanze emollienti, si hanno benefici anche con l’utilizzo di acidi grassi essenziali (3). Uno svantaggio degli emollienti è la minor aderenza degli elettrodi (14); eventuali ulteriori alternative sono ossido di zinco, vitamine A e D, e, ancora meno costoso, l’olio vegetale con acido linoleico (3). E’importante che nell’applicazione dei diversi emollienti non ci sia frizionatura (3) e in particolare per i prematuri è necessario usare una tecnica sterile ed evitare la contaminazione del contenitore; per questo è meglio usare delle porzioni monodose (3). Occorre prestare particolare attenzione all’uso del borotalco per rischio di inalazione (3,9,20). In caso di sospetta infezione da candida è indicato il trattamento classico con antifungineo fino a negatività del tampone (1,3,5,9,11,21). Trattamento della cute lesa: lesioni in generale L’uso di un protocollo per la prevenzione delle alterazioni della cute nei neonati VLBW si è dimostrato efficace nella salvaguardia della cute (7). Questo è importante perché il neonato può andare incontro a vari tipi di lesione: il grado di alterazione può variare da una escoriazione superficiale ad una ferita a tutto spessore che coinvolge il derma (1); la valutazione delle lesioni nei neonati prematuri però risulta difficile per la mancanza di uno strumento adeguato a questa popolazione (22). I distretti più comuni di lesioni nelle UTIN sono le estremità, il torace, la schiena e il viso, mentre al Nido sono le estremità, la schiena, i glutei e il viso (23). In caso di escoriazioni non infette, queste possono essere deterse con acqua calda sterile, soluzione salina (24,25) o perossido di idrogeno (3) e ricoperte con una medicazione occlusiva per mantenere l’ambiente umido (1,3,11,22,23). Uno strato di vaselina può essere usato per creare una medicazione semiocclusiva che facilita la migrazione delle cellule epiteliali (1,11). Se è presente un’infezione la medicazione deve essere di tipo non occlusivo a potere antibatterico o alginato d’argento (2); in questo caso può essere utile effettuare dei tamponi cutanei per identificare gli organismi responsabili delle infezioni (1). E’sconsigliato usare un antisettico di routine, il suo utilizzo è consentito solo se la ferita è colonizzata o su cute integra (24). In caso di sospetto di infezione fungina applicare un antifungineo (1,23). Per favorire il processo di guarigione è meglio utilizzare medicazioni occlusive o semiocclusive, anche se i sistemi permeabili sono preferiti nei neonati (14). Pochi prodotti sono stati creati appositamente per i neonati e molti sono di tipo semiocclusivo (2). Nella scelta della medicazione è necessario valutare le caratteristiche che questa dovrebbe avere: atraumatica, di facile applicazione, che permetta buona visibilità (21) e non adesiva (per il fissaggio è consigliato utilizzare una rete elastica) (2). La guarigione avviene meglio se le lesioni sono in un ambiente umido, pulito e protetto (22). I presidi per medicazioni più utilizzati sono i seguenti: silicone: da utilizzare a diretto contatto con la cute, è

assorbente, ha potere antibatterico, è disponibile in gel per cicatrici, non è adesivo (2), non è utilizzabile in caso di allergia (5,20,21), è efficace per molti tipi di lesione (26,27);

film liquido senza alcol, utile per la prevenzione delle lesioni da strappo della cute o da danno chimico (20);

idrocolloidi (efficaci per il mantenimento dell’umidità e per il debridement autolitico, sono impermeabili, antibatterici, fungono da barriera per gli altri adesivi, riducono il rischio di TEWL, sono di facile applicazione e sono sterili (5,21,28). Usati per ferite profonde non infette, devono essere cambiati ogni 5÷7 giorni (1));

idrogel (può essere solido o in gel (5,20,21). Può essere usato per ferite infette in associazione con un antibatterico

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possono causare ipotiroidismo (1,8). La clorexidina ha un’efficacia superiore nella diminuzione della colonizzazione cutanea rispetto allo iodiopovidone, all’esaclorofene e all’etanolo: infatti elimina sia i gram positivi che i gram negativi; è assorbita in minor quantità, non ha effetti sistemici, ha un’azione più rapida e non dà sensibilizzazione, riducendo il rischio di allergie (1,8,19,28). Sia iodiopovidone che clorexidina riducono la colonizzazione batterica per 4 ore e possono essere assorbiti a livello sistemico (1). L’alcol isopropilico determina ipoglicemia, depressione del SNC e danno tissutale con ustioni anche di 2° e 3° grado (1,5,8,19). Inoltre esso è meno efficace nel suo potere di decolonizzazione batterica rispetto allo iodiopovidone e alla clorexidina (1). Il sodio ipoclorito se diluito provoca solo irritazione, se è concentrato o a contatto con la cute per molto tempo conduce a necrosi tissutale (19). L’esaclorofene è neurotossico (1,8). Per la loro potenziale tossicità che hanno, gli antisettici non sono raccomandati per la cura giornaliera dei neonati (1). Se è necessaria la disinfezione cutanea occorre applicare l’antisettico 30’prima della procedura e rimuoverlo con acqua sterile o soluzione salina con NaCl al 5% (1,5,8,11). L’antisettico più adatto sembra essere quello contenente il 4% di clorexidina gluconato e il 4% alcol isopropilico (19,28). Danno termico Il danno termico ha diverse cause favorenti: pannelli radianti, incubatrici, elettrodi per il monitoraggio transcutaneo, VeinViewer® e fototerapia (5,11,19,20,21). I pannelli radianti e le incubatrici provocano disidratazione della cute causando alterazioni cutanee (11). Per quanto concerne gli elettrodi e il VeinViewer® è consigliato impostare temperature adeguate per la cute del neonato, evitare se possibile il contatto diretto o altrimenti ridurre il tempo di contatto (20,21). Per prevenire le lesioni da fototerapia si può interporre uno schermo in plexiglass di sicurezza davanti alla luce in modo tale da filtrare i raggi UVA e ridurre le irritazioni cutanee (19). Ferita chirurgica E’raccomandato seguire sempre le indicazioni del chirurgo (5), ma in generale in presenza di una ferita chirurgica è necessario un attento monitoraggio, per quanto possibile occorre lasciare in sede la medicazione per 7 giorni (o almeno per 48 ore) (2) ed effettuare una valutazione periodica, sistematica e documentata per evidenziare eventuali segni di possibile insorgenza di uno stato infettivo (5,21). Le medicazioni a base di alginato d’argento possono essere una valida alternativa alle medicazioni tradizionali (20) anche se in caso di ferita non infetta le medicazioni a base di argento, idrogel, idrofibre o schiume non sono di ben dimostrata efficacia pur ritenendosi sicure (20). Per la cute attorno ad una ferita che perdura per più di 30 giorni è necessario applicare una protezione con barriera liquida (20). Decubiti da presidi Per prevenire le lesioni da presidi si possono applicare delle barriere protettive a base di pectina, idrogel, idrocolloide (3) oppure del cotone (29) tra la cute e i dispositivi e tra la cute e i cerotti: in questo modo il presidio non causa lesioni e la rimozione degli adesivi può avvenire senza produrre alterazioni della cute (5,7,8,11). Per assicurare il saturimetro o gli accessi vascolari, in alternativa ai cerotti, si possono utilizzare le medicazioni elastiche o trasparenti o delle garze (3,5,7,8,11,20,21,24,29). E’necessario valutare lo stato della cute in particolare sotto il bracciale dello sfigmomanometro per la misurazione della pressione arteriosa, sotto il saturimetro, attorno alla placca di una stomia, in caso di terapia con Continuous Positive Airway Pressure (CPAP), a contatto con cerotti (25). Per la protezione del setto nasale in neonati sotto CPAP si consiglia di utilizzare le medicazioni in silicone (25). Lesioni da pressione Le lesioni da pressione sono in aumento a causa dello sviluppo di nuovi presidi e/o tecnologie che possono limitare la possibilità dei cambi di posizione del neonato (11). Le necrosi da pressione sono causate dalla presenza di acqua e

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o un antifungineo. Deve essere sostituito ogni 5÷7 giorni (1). Viene utilizzato sotto la medicazione con buoni risultati (2). Ha efficacia sicura e provata (27));

schiume (idrofile all’interno e idrofobe all’esterno, sono disponibili in diverse dimensioni (5,20,21));

film semipermeabile (dotato di versatilità, trasparente e sottile, permette il mantenimento di un ambiente umido, non ostacola la riepitelizzazione delle ferite non infette (5,20,21));

idrofibre (superassorbenti, a contatto con i fluidi si trasformano in gel (20));

alginati (efficaci per ferite non molto profonde (20)); enzimi topici (la loro efficacia e sicurezza non è ancora stata

sperimentata sui neonati (20)); miele (favorisce un ambiente a basso pH e iperosmotico

con proprietà antibatteriche (2)); Negative Pressure Wound Therapy (da utilizzare sulle

lesioni pulite, ha capacità rigenerative, utile per ferite complesse e difetti della parete addominale (2)).

In particolare l’idrogel e l’idrocolloide servono per mantenere l’umidità dell’ambiente (1,3,5,23). Le medicazioni trasparenti sono usate per ferite non infette in quanto al di sotto di questi dispositivi aumenta la colonizzazione batterica (1,3). In presenza di essudato é consigliato l’utilizzo di una medicazione assorbente (2). Con l’applicazione delle nuove medicazioni non è necessaria la detersione della ferita, occorre pulire solo il tessuto circostante (24). I cambi delle medicazioni non devono essere frequenti, è opportuno il mantenimento di un ambiente umido, di una temperatura adeguata, di un pH neutro fisiologico e di una flora batterica bilanciata (2). Durante il posizionamento, il cambio e il rinnovo della medicazione devono essere presenti due operatori (uno si occupa del contenimento) (5,21), l’ambiente deve essere tranquillo, non si deve appoggiare materiale sull’incubatrice e si deve minimizzare il tempo di esposizione della ferita (5,21). Meno di una UTIN su quattro ha un protocollo per il trattamento delle lesioni, di conseguenza le tecniche di trattamento sono variabili (20): una lesione ogni tre viene lasciata all’aria aperta o coperta con medicazione secca (20). Da uno studio è emerso che il 71% delle UTIN in USA utilizza una barriera protettiva per le abrasioni; in caso di lesione nei prematuri il 58% applica medicazioni e antibatterici, il 5% lascia la lesione scoperta, il 7% pulisce la ferita e la lascia all’aria (13). In un altro studio è risultato che il 56% delle UTIN americane preferisce lasciare le lesione scoperta, il 19% utilizza barriere fisiche come Tegaderm™ o DuoDERM®, il 10% applica medicazioni con antibiotico e l’11% preferisce utilizzare vaselina o idrogel (16). La scelta del presidio considerato più adatto avviene sulla base dell’esperienza dell'operatore sanitario (16). Le alterazioni cutanee possono derivare da molte cause: chimiche, termiche, da strappo, da pressione (1,3). Danno chimico Prima di applicare delle sostanze sulla cute è necessario valutarne la tossicità e limitare l’uso di quelle che possono avere un potenziale assorbimento ed effetti sistemici (7). L’assorbimento delle sostanze è in funzione del tempo di permanenza sulla cute, della concentrazione del principio attivo e delle condizioni della cute (7): la cute lesa dei neonati pretermine (meno di 33 settimane EG, 2÷4 settimane di vita) è a maggior rischio di assorbimento anche di sostanze di norma non tossiche per i neonati a termine (3). E’necessario proteggere le lesioni cutanee da eventuali effetti tossici e infezioni fino a quando lo strato corneo è maturo (1). Per questo è necessario limitare il tempo di contatto con gli antisettici e preferire soluzioni acquose (21). Gli effetti collaterali dovuti all’uso di antisettici sono variabili ma in generale possono provocare desquamazioni, ustioni e vesciche (11). C’è la possibilità di danno da contatto con sostanze quali lo iodiopovidone (che determina effetti anche a lungo termine) (5,7,19), la clorexidina e l’alcol isopropilico (21). Lo iodiopovidone in particolare aumenta i livelli di iodio nel sangue determinando effetti sistemici sulla tiroide che

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dalla poca quantità di elastina e collagene nel derma: il tessuto edematoso riduce la pressione sanguigna e aumenta il rischio di necrosi (8). Possibili fattori di rischio sono la sedazione, la paralisi, uno stato di ipotensione, l’edema e una terapia farmacologica a base di inotropi (5,21). Altri fattori coinvolti nella comparsa di lesioni sono: forza e durata della pressione, grado di umidità, perfusione, nutrizione, presenza di infezioni, immobilità, paralisi cerebrale, cardiopatie congenite, intervento chirurgico, peso alla nascita, struttura della cute, superfici di supporto, intubazione, presenza della CPAP (25,30). Il tipo di lesione più frequente è dovuto alla CPAP o alle presenza di cannule nasali: colpisce il setto nasale (alterazioni o necrosi del setto) e per lo più i neonati al di sotto delle 33 settimane di EG (30). In caso di neonato in posizione supina le aree più colpite sono: testa (zona occipitale), tronco (la pressione si irradia fino alle spalle), area sacrale (in zona centrale) (5,24,25,31); in posizione prona sono: testa, tronco, ginocchia (qui si riscontra la pressione massima) (5,31); in posizione laterale sono: testa, spalle (pressione maggiore), anche (le pressioni sono concentrate a partire dalle anche fino alla coscia), capo e tronco (pressione minore) (31). Anche i lobi delle orecchie, le mani e i piedi sono ad alto rischio di lesione; è sconsigliato l’utilizzo di cappellini troppo stretti (8) ed è necessario cambiare posizione al saturimetro ogni 3-4 ore (24). Come prevenzione per possibili lesioni alle orecchie è sufficiente osservare e monitorare il sito, in altre zone è necessaria l’applicazione di idrocolloide (24). In generale per prevenire le lesioni da pressione è necessario compiere un’attenta osservazione di cute e tessuti, cambiare di frequente la posizione dei dispositivi e usare dei presidi e/o adesivi se possibile trasparenti e che diminuiscano e distribuiscano meglio la pressione (1,3,5,8,11,20,21). I presidi adatti a questo scopo sono: lettini ad acqua, medicazioni in idrogel, materassi antidecubito con gel, aria o schiuma, cuscinetti in gel da posizionare dietro le orecchie o nella zona occipitale (3,5,11,21,22,25). Per ridurre l’insorgenza di lesioni da frizione applicare delle medicazioni trasparenti sulle prominenze ossee (3) ed evitare di appoggiare direttamente sulla cute sonde, deflussori e cavi di vario tipo (5). Se il neonato è sottoposto a CPAP bisogna scegliere e fissare in modo appropriato la mascherina (5,24). Purtroppo spesso l’assegnazione del presidio è casuale (32). Per tale motivo assume importanza fornire una formazione adeguata agli operatori sanitari in merito alla conoscenza del migliore presidio antidecubito per quel neonato e del migliore rapporto costo-efficacia per ottimizzarne il suo utilizzo (32). In presenza di ulcere da pressione occorre detergere la ferita, rimuovere la necrosi, trattare le infezioni e fornire un adeguato supporto nutritivo (20). Per il loro trattamento, nei nati al di sotto delle 32 settimane EG, si consiglia di seguire la linea guida dell’Association of Women's Health, Obstetric and Neonatal Nurses (AWHONN): per le ferite non infette usare idrogel, idrocolloidi o film, per ferite infette applicare idrogel con antibatterico o antifungineo topico ogni 6-8 ore (25). Per la detersione delle lesioni da pressione è opportuno eseguire delle frequenti irrigazioni, ogni 4-6 ore, con soluzione riscaldata e una siringa da 20 ml e catetere Teflon per favorire il debridment e la guarigione (1,3,5,20,21,22,23,25). In caso di necessità di un debridement chirurgico esso deve essere eseguito da personale esperto (5). In presenza di tessuto necrotico è fondamentale la prevenzione delle infezioni e il mantenimento di un ambiente secco (2). Danni da strappo o sfregamento Prima di applicare cerotti o adesivi occorre valutarne la reale necessità e ridurne al minimo l’utilizzo e le dimensioni (3,5,7,11,24,29). Lo strappo di parte dell’epidermide è la causa più frequente di alterazione della cute nei nati sotto le 27 settimane di EG (20). Le lesioni da frizione sono presenti in neonati che strofinano ginocchia o gomiti sul lenzuolo (1). Per questo motivo è meglio utilizzare lenzuola di cotone leggere e applicare pomate tipo Eucerin Aquaphor per la prevenzione (11,22). Per la rimozione di adesivi direttamente a contatto con la cute usare garze imbevute di acqua calda e sapone

diluito piuttosto che alcol o altri solventi (1,3,7,11,14,20,21,25). Queste sostanze infatti, sia per la rimozione che per il posizionamento degli adesivi, causano danno tissutale e possibili emorragie (1,3,2). Eventualmente per la rimozione si può usare dell’olio minerale, ma questo provoca difficoltà nella seguente applicazione (1,11). Per evitare alterazioni cutanee è bene evitare l’utilizzo di adesivi standard: meglio utilizzare quelli naturali a base di karaya, più resistenti al calore e all’umidità (7,14). E’necessario rimuovere gli elettrodi in sede da più di 24 ore o mal funzionanti (3,11). Gli adesivi più adatti dovrebbero aderire rapidamente e creare un legame forte ma non eccessivo in modo da non ledere la cute durante la rimozione (14). In caso di forte legame cute-medicazione è consigliata la rimozione con paraffina (21). Per la prevenzione delle lesioni è necessaria l’identificazione dei neonati a rischio, il monitoraggio dei segni di alterazione della cute e la scelta di medicazioni traumatiche (26). La tecnica consigliata prevede di rimuovere la medicazione o il presidio dotato di adesivo in modo parallelo e orizzontale alla cute (3,20,21,24) per evitare danni anche a parte dello strato corneo (3). Occorre essere delicati durante la manovra, in quanto da una potenziale lesione si può avere infezione e successiva cicatrice (19). Gli adesivi in plastica o a base di pectina provocano lesioni durante la rimozione soprattutto nei neonati prematuri, mentre gli elettrodi in idrogel non causano alterazioni della cute, anche se manifestano difficoltà di applicazione nei neonati più piccoli (1,14,29). Per il monitoraggio cardiopolmonare è meglio utilizzare elettrodi in gel idrofilico o in idrocolloide (1,29), anche se un difetto dell’idrogel è che il gel potrebbe non aderire più dopo le prime 24 ore (1). Gli elettrodi in karaya sembrano dare meno alterazioni cutanee, ma non sono molto usati in quanto nei prematuri determinano più irritazione (1). Un studio che ha confrontato cerotti in acrilico, in idrocolloide, in poliuretano, in silicone, a base di ossido di zinco, ha dimostrato che il silicone non aumenta il legame con la cute (26). La forza di legame degli adesivi a base di ossido di zinco aumenta nelle prime 2 settimane, è maggiore rispetto all’idrocolloide ma può indurre una eccessiva riduzione della traspirazione cutanea (26). L’idrocolloide fornisce idratazione simile alla cute integra, ma determina eritema per irritazione (26). La forza necessaria per la rimozione del cerotto è, in ordine decrescente: acrilico, poliuretano, idrocolloide, silicone, schiume con idrocolloide (26). La forza da applicare nella rimozione è correlabile al danno prodotto, anche se nell’insorgenza della lesione sono coinvolti altri fattori (26). Discussione La cute del neonato è sensibilmente diversa rispetto a quella dell’adulto. Tuttavia anche fra neonati ci sono importanti differenze, che aumentano al diminuire dell’età gestazionale, al punto che per i neonati pretermine sembra più appropriato parlare anziché di funzioni della cute, di “disfunzioni” della stessa, in quanto la sua immaturità non consente l’assolvimento efficace di alcuni compiti a cui è preposta, primo fra tutti l’effetto barriera nei confronti di sostanze potenzialmente tossiche. Per questo motivo è importante prestare cure alla cute del neonato adeguate e personalizzate, prevedendo anzitutto approcci di cura differenti in relazione all’età gestazionale. Le cure quotidiane al neonato sono consigliate anche in caso di instabilità delle sue condizioni cliniche ma in tal caso è raccomandato concentrarle nel tempo. E’fondamentale che l’operatore sanitario o il caregiver prima di prestare tali cure si lavi accuratamente le mani e utilizzi detergenti senza profumi o sostanze potenzialmente irritanti. Allo stesso scopo è consigliato il cotone quale tessuto di prima linea per gli effetti letterecci e i capi di vestiario del neonato. In caso di contatto prolungato ai raggi solari ricordarsi di vestirlo con capi leggeri e di proteggere la testa e le parti esposte rispettivamente con cappellino e crema solare, anch’essa priva di profumi. Se il neonato è a termine e/o stabile per l’esecuzione del primo bagnetto si possono attendere le

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Review decubiti dovuti alla presenza di presidi. Occorre prestare la massima attenzione in presenza di saturimetro, accessi vascolari o CPAP applicando barriere protettive fra la cute e i dispositivi. Le medicazioni elastiche, trasparenti, in silicone o le garze possono rappresentare un’alternativa al cerotto in seta che, per sue caratteristiche intrinseche (alto grado di adesività), favorisce l’insorgenza di decubiti. Fra i fattori di rischio che possono agire sfavorevolmente nello sviluppo di lesioni da pressione uno dei principali è il peso alla nascita del neonato, direttamente correlabile all’età gestazionale. Le aree più a rischio sono in prevalenza il setto nasale (presenza di cannule nasali o di CPAP) e i lobi delle orecchie. La prevenzione inizia da un attento monitoraggio della collocazione corretta dei presidi e una regolare e frequente rotazione del loro posizionamento, e prosegue con una adeguata distribuzione delle pressioni diminuendone l’effetto lesivo sulle prominenze ossee attraverso l’utilizzo appropriato e personalizzato di presidi e/o lettini antidecubito oltre all’eventuale applicazione di medicazioni trasparenti. Fondamentale è evitare di appoggiare direttamente e per lungo tempo sulla cute del neonato sonde, deflussori e cavi e, in presenza di CPAP, scegliere e fissare in modo adeguato la mascherina. Per non incorrere in danni da strappo o sfregamento e, allo stesso tempo, prevenire irritazioni alla cute, è raccomandata la rimozione di supporti adesivi standard (peraltro sconsigliati sulla cute neonatale, ai quali si preferiscono quelli in karaya, gel idrofilico o idrocolloide) utilizzando garze imbevute di acqua tiepida e sapone diluito senza il ricorso a solventi; la rimozione, che deve essere eseguita in senso orizzontale e parallelamente alla cute, in caso di forte legame può essere operata anche a mezzo di paraffina. Conclusioni Gli studi riguardanti la gestione e il trattamento della cute del neonato a termine e pretermine sono allo stato attuale in numero limitato. Le raccomandazioni desunte dalla letteratura non sempre hanno avuto grado e forza necessarie per poter suggerire importanti modifiche delle pratiche di cura attualmente erogate; questo si deve anche alla non elevata qualità metodologica di alcuni studi. Tuttavia dalla revisione è emerso che non solo la cute del neonato è diversa da quella dell’adulto, ma anche che vi sono profonde e sostanziali differenze fra quelle di un neonato a termine e di uno prematuro. Per questo è indispensabile prestare un’assistenza infermieristica adeguata, appropriata e personalizzata, evitando l’insorgenza di lesioni al tessuto tegumentario. Ad esempio durante il bagnetto di un neonato con cute sana è necessario utilizzare saponi a pH neutro e limitare il tempo di contatto con il detergente, mentre per il prematuro è addirittura preferibile utilizzare acqua sterile. Per evitare l’insorgenza di lesioni è fondamentale la prevenzione: occorre in particolare limitare l’utilizzo di antisettici cutanei ai soli casi di reale necessità, applicare protezioni che facciano da barriera in caso di dispositivi o presidi a diretto contatto con la cute, ridurre l’utilizzo di cerotti ed adesivi e nel caso in cui questi fossero indispensabili, per la loro rimozione è raccomandato l’utilizzo di cotone imbevuto di acqua tiepida sterile. Sebbene per il trattamento delle lesioni cutanee siano disponibili in commercio molte medicazioni di tipo avanzato, occorrono ulteriori studi che ne avvalorino efficacia e sicurezza soprattutto nei neonati pretermine. Permangono ancora significative difformità di gestione nelle cure prestate alla cute del neonato, spesso derivanti da scarsa diffusione dell’utilizzo di protocolli, specie nelle unità operative in cui il rischio di insorgenza di lesioni cutanee è per sua natura più elevato, come nelle UTIN. Bibliografia 1. Lund C, Kuller J, Lane A, Lott JW, Raines DA. Neonatal skin care: the scientific basis for practice. Neonatal Netw. 1999;18(4):15-27. 2. Fox MD. Wound care in the neonatal intensive care unit. Neonatal Netw. 2011;30(5):291-303. 3. Darmstadt GL, Dinulos JG. Neonatal skin care. Pediatr Clin North Am. 2000;47(4):757-82.

prime 6 ore di vita; il bagnetto può non essere eseguito quotidianamente qualora la cute non si presenti secca ma nel caso è permesso l’uso di detergenti purchè il suo uso non sia routinario, siano privi di profumi e a pH neutro; in presenza di vernice caseosa è sconsigliata la sua completa rimozione. Nei neonati prematuri è possibile eseguire il bagnetto anche ogni 4 giorni procedendo ad un accurato risciacquo ed evitando di tenerlo troppo a lungo in immersione in acqua, quest’ultima sterile se di età gestazionale inferiore alle 26 settimane. Per l’asciugatura si procede tamponando delicatamente senza strofinare la cute. La prevenzione delle dermatiti da pannolino si attua attraverso cambi frequenti del presidio, preferibilmente superassorbente e con gel, per mantenere la cute asciutta e ridurre al minimo il tempo di contatto con ammoniaca ed enzimi fecali. Per la prevenzione e il trattamento della dermatite da pannolino è utile se possibile lasciare scoperta la parte e utilizzare ossido di zinco (per neonati pretermine sono consigliati anche altri prodotti specifici). Qualora ci si trovi in presenza di dermatite, si suggerisce di applicare il trattamento in modo sterile utilizzando prodotti disponibili in formato monodose. Occorre prestare particolare cautela nell’utilizzo di borotalco, per il rischio di inalazione da parte del neonato. In caso di trattamento della cute lesa di un neonato l’utilizzo di antisettico è sconsigliato di routine e preferito se la cute è integra e colonizzata. Le caratteristiche della medicazione dovrebbero essere le seguenti: atraumatiche, di facile applicabilità, trasparenti, non adesive, che garantiscano una buona umidità e un’adeguata temperatura, che preservino il pH fisiologico e consentano il bilanciamento della flora batterica. I cambi dovrebbero essere eseguiti solo se strettamente necessari con procedura di cambio e rinnovo svolta da due operatori. In caso di lesione infetta è preferibile il ricorso ad una medicazione occlusiva e trasparente previa detersione con acqua sterile tiepida; in caso di lesione non infetta è consigliata una medicazione non occlusiva, con potere assorbente in presenza di essudato, mentre non è precisata né la necessità né l’agente di detersione più indicato. La cute del neonato, specialmente se pretermine, è particolarmente esposta all’assorbimento di prodotti chimici, non esclusi gli antisettici cutanei, a proposito dei quali la letteratura riporta casi di desquamazioni e insorgenza di vesciche, se non di vere e proprie ustioni. Le condizioni basali della cute, in primis funzione dell’età gestazionale, oltre alla concentrazione del principio attivo dell’antisettico e al tempo di contatto dello stesso sulla cute, sono fattori contribuenti al danno locale e favorenti l’assorbimento per via sistemica. Perciò si sconsiglia l’uso di routine di antisettici cutanei. Qualora il loro uso si renda necessario, l’applicazione avverrà 30’prima dell’esecuzione della procedura e la rimozione del prodotto andrà eseguita con acqua o soluzione fisiologica sterili. La clorexidina gluconato in concentrazione al 4% in alcol isopropilico sembra essere allo stato attuale la soluzione antisettica cutanea preferibile, anche se la letteratura consiglia, qualora sia attuabile ed utile, l’utilizzo di una base acquosa come solvente. Il danno termico a livello di cute neonatale si può manifestare in termini di disidratazione e alterazioni cutanee, principalmente a mezzo dei pannelli radianti e delle incubatrici. Si consiglia di evitare il contatto diretto con le fonti di calore e se questo non è possibile ridurre al minimo i tempi di contatto, monitorando con attenzione l’adeguatezza della temperatura e adottando misure di precauzione (es. utilizzo di schermi in plexiglass). La medicazione di una ferita chirurgica, salvo indicazione medica, deve essere lasciata in sede almeno per 48 ore effettuando valutazioni periodiche sull’eventuale insorgenza di segni e sintomi di infezione. Alle medicazioni tradizionali può essere affiancata quale valida alternativa quella a base di alginato d’argento. La cute del neonato per sua caratteristica è particolarmente esposta allo sviluppo di

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Caratteristiche della cute del neonato (1-3,8-11)

Neonato a termine Funzioni nel neonato a termine Neonato pretermine (Dis)funzioni nel neonato pretermine

Ricoperta da vernice caseosa, opaca, poche vene visibili, presenza di pieghe intorno alle articolazioni, assenza di edema.

Regolazione perspiratio insensibilis, diminuzione perdita di calore, difesa da microorganismi, stimoli ambientali, traumi, radiazioni, sensibilità a stimolazione tattile.

Più sottile, trasparente, gelatinosa e rossa. aumento della permeabilità; raggiungimento di adeguata acidità in

tempi più lunghi; assottigliamento dello strato di vernice

caseosa; diminuzione del numero di melanociti; diminuzione della quantità di grasso

sottocutaneo. Struttura simile a quella dell’ adulto.

Presenza di poche pieghe, presenza di lanugo più che di vernice caseosa.

Maggior perdita di acqua e calore, aumento TEWL, maggiore suscettibilità a disidratazione-ipotensione, squilibrio elettrolitico, instabilità termica per superficie corporea più estesa rispetto al volume.

pH intorno a 6.34, in 4 giorni scende a 4.95.

Spesso presenza di edema, strato corneo poco sviluppato (a minore EG corrisponde maggior tempo di maturazione della cute).

Minor quantità e aderenza di fibrille proteiche che connettono il derma all’ epidermide. Nel derma meno fibre elastiche e collagene. pH di circa di 6, nella prima settimana 5.5 e dopo un mese 5. Accumulo di zinco e grassi nell’ ultimo trimestre di gravidanza.

Trattamento della cute sana del neonato (3,5,9-21).

Cure quotidiane

In presenza di parametri vitali instabili ridurre e concentrare nel tempo le cure. Prima dell’ esecuzione delle cure e di manipolazioni lavare le mani con sapone a pH neutro. Utilizzare indumenti in cotone. Utilizzare detergente senza profumi (rischio di allergia), non utilizzare candeggina o ammorbidente (rischio di dermatite). In caso di neonato esposto al sole vestirlo con abiti leggeri, mettere il cappellino e applicare di frequente prodotti per la protezione solare. Consigliata un' umidità pari all’ 85%-90%. Eseguire wrapping occlusivo e fasciatura in polietilene nei neonati VLWB.

Bagnetto

Raccomandato il primo bagno a 6 ore di vita, con immersione in acqua calda solo in condizioni di neonato stabile e/o a termine. In caso di neonato prematuro è sufficiente eseguire il bagno ogni 4 giorni. In caso di neonato a termine sano eseguire bagno solo se cute secca. Se eseguito più di una volta al giorno non è dannoso e non ha effetti negativi sulla colonizzazione della cute. Usare solo acqua calda, o aggiungere sapone a pH neutro senza sostanze irritanti. Monitorare attentamente la temperatura dell’ acqua tramite termometro. Per neonati prematuri (<26 settimane EG) usare solo acqua sterile e risciacquare bene. Sconsigliato l’ uso routinario di saponi, antisettici o antibiotici. Rimuovere solo gli eccessi di vernice caseosa. Risciacquare subito e non lasciare il neonato pretermine immerso per troppo tempo in acqua. Asciugare senza strofinare tamponando delicatamente. In presenza di dermatite atopica ridurre la frequenza del bagno. In presenza di dermatite seborroica applicare sostanze emollienti e lasciarle per la notte (es. olio di vasellina: sicuro ed efficace).

Pannolino

Fattori favorenti Eccessiva umidità, frizioni, irritazione da ammoniaca e/o da enzimi fecali, infezione da candida o streptococco β emolitico.

Dermatite

Prevenzione

Effettuare cambi frequenti, usare pannolini superassorbenti con gel, diminuire la trasmissione di microorganismi enterotossici. Mantenere la cute asciutta e un pH fisiologico. Detergere la zona genitale con acqua calda e tamponare , senza strofinare per asciugare.

Trattamento

Per prevenzione e trattamento cute alterata: applicare ossido di zinco e idrocolloide. Lasciare scoperta la cute se possibile, rimuovere agenti allergizzanti, applicare idrocortisone (riduz. infiammazione). 29÷36 settimane EG: applicare Eucerin crema 2 volte/sett. Meno di 33 settimana EG: applicare Eucerin Aquaphor. Alternative: ossido di zinco, vitamine A e D, olio vegetale con acido linoleico. Applicare senza frizionare, utilizzare tecnica sterile, evitare la contaminazione del contenitore (meglio monodose). Attenzione al borotalco (rischio di inalazione). Se sospetta infezione da Candida eseguire trattamento antifungino fino a negatività del tampone.

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Review Trattamento della cute lesa del neonato (1-3,5,7,8,11,13,16,19-31).

Raccomandazioni generali

Distretti più frequenti a rischio di lesione

Nido: estremità, schiena, glutei, viso TIN: estremità, torace, schiena, viso

Antisettico Uso consentito solo su cute colonizzata o integra e sconsigliato di routine.

Caratteri medicazione

Atraumatica, di facile applicazione, buona visibilità, non adesiva (per il fissaggio eventuale uso di rete elastica). Cambi non frequenti, opportuno il mantenimento di ambiente umido, temperatura adeguata, pH fisiologico, flora batterica bilanciata; consigliata la presenza di due operatori durante il posizionamento, il cambio e il rinnovo; procedura da eseguirsi in ambiente tranquillo, senza appoggiare materiale sull’ incubatrice e minimizzando il tempo di esposizione della ferita.

Lesioni Infette Detersione con acqua calda sterile, soluzione salina o perossido di idrogeno; medicazione occlusiva (eventuale

strato di vaselina per medicazione semiocclusiva); consigliato l' uso di medicazioni trasparenti- Non infette

Detersione (controverso); medicazione non occlusiva a potere antibatterico o alginato d' argento; in presenza di essudato consigliato l' uso di medicazioni assorbenti; in caso di infezione fungina consentito l' uso di antifungino.

Danno chimico da antisettici

Efficacia

Clorexidina: ottima efficacia nella diminuzione della colonizzazione cutanea, scarso assorbimento cutaneo, non effetti sistemici riferiti, rapidità di azione, assenza di sensibilizzazioni riferite, ridotto rischio di allergie. Iodiopovidone, esaclorofene, etanolo: buona efficacia nella decolonizzazione cutanea. Alcol isopropilico: decolonizzante batterico meno efficace rispetto a iodiopovidone e clorexidina.

Effetti collaterali

In generale: non trascurabile assorbimento a livello sistemico, desquamazioni, ustioni, vesciche. Iodiopovidone: aumento dei livelli ematici di iodio, accertati effetti sistemici sulla tiroide (ipotiroidismo). Alcol isopropilico: possibile ipoglicemia, depressione del SNC e danno tissutale con ustioni accertate di II e III grado. Sodio ipoclorito: diluito può causare irritazione locale, concentrato o a contatto con la cute per tempi prolungati può condurre a necrosi tissutale Esaclorofene: neurotossicità. L' assorbimento dell' antisettico è funzione di: tempo di permanenza sulla cute, concentrazione della soluzione, condizioni basali della cute.

Raccomandazioni di buon uso

Preventiva valutazione del livello di tossicità, limitazione all' uso di sostanze con possibile assorbimento ed effetti a livello sistemico, limitazioni al tempo di contatto ( se possibile preferire soluzioni acquose), sconsigliato l' uso routinario e/o quotidiano, applicazione 30' prima della procedura e rimozione con acqua sterile o soluzione salina (NaCl 5%). Antisettico più adatto: clorexidina gluconato al 4% in alcol isopropilico al 4%.

Danno termico

Cause Pannelli radianti, incubatrici, elettrodi per il monitoraggio transcutaneo, VeinViewer®, fototerapia. Possibili effetti: disidratazione, alterazioni cutanee (es. pannelli radianti, incubatrici).

Prevenzione

Elettrodi e VeinViewer®: consigliato impostare temperature adeguate; evitare contatto diretto e minimizzare tempo di contatto. Fototerapia: schermo in plexiglass di sicurezza davanti alla luce (filtraggio raggi UVA, riduzione irritazioni cutanee).

Ferita chirurgica

Gestione e trattamento Seguire sempre le indicazioni del chirurgo. Necessario attento monitoraggio, se possibile lasciare in sede la medicazione per 7 giorni (o almeno per 48 ore). Effettuare valutazione periodica e documentata per evidenziare insorgenza di infezione.

Medicazione

Medicazioni a base di alginato d' argento: valida alternativa alle medicazioni tradizionali. Per ferita non infetta: medicazioni a base di argento, idrogel, idrofibre o schiume sicure ma di non provata efficacia. Per ferita che perdura da più di 30 giorni: applicazione di protezione con barriera liquida attorno alla cute.

Decubiti da presidi

Prevenzione Applicare barriere protettive a base di pectina, idrogel, idrocolloide oppure cotone tra cute e dispositivi o cute e cerotti.

Raccomandazioni

Per assicurare il presidio (es. saturimetro, accessi vascolari): applicazione medicazioni elastiche o trasparenti o garze in alternativa ai cerotti. Valutazione stato della cute sotto: bracciale dello sfigmomanometro o saturimetro, attorno a placca per stomia, sotto presidio per CPAP, a contatto con cerotti. In caso di presenza di CPAP utilizzo di medicazioni in silicone per protezione setto nasale.

Lesioni da pressione

Fattori di rischio Peso alla nascita, struttura della cute, superfici di supporto, forza e durata della pressione, grado di umidità, perfusione, sedazione, terapia con inotropi, stato di nutrizione, infezioni, immobilità, ipotensione, edema, paralisi, paralisi cerebrale, cardiopatie congenite, intervento chirurgico, intubazione, ventilazione tramite CPAP.

Aree colpite

Setto nasale (CPAP o cannule nasali soprattutto per neonati al di sotto di 33 settimane di EG. Posizione supina: testa, tronco, area sacrale. Posizione prona: testa, tronco, ginocchia. Posizione laterale: testa, spalle, anche, capo, tronco. Altre aree a rischio: lobi delle orecchie (sconsigliati cappellini troppo stretti), mani, piedi (cambiare posizione al saturimetro ogni 3-4 ore).

Prevenzione

Orecchie: osservare e monitorare il sito. Altre zone: applicare idrocolloide. In generale: attenta osservazione, cambiare di frequente posizione dei dispositivi, usare presidi e/o adesivi che diminuiscano e distribuiscano in modo ottimale la pressione (es. lettini ad acqua, medicazioni in idrogel, materassi antidecubito con gel, aria o schiuma, cuscinetti in gel da posizionare dietro le orecchie o in zona occipitale). Applicare medicazioni trasparenti su prominenze ossee, evitare di appoggiare sulla cute sonde, deflussori e cavi. In presenza di CPAP scegliere e fissare in modo appropriato la mascherina.

Trattamento

Detergere la ferita, rimuovere la necrosi, trattare le infezioni, fornire adeguato supporto nutrizionale. Per neonati al di sotto delle 32 settimane di EG seguire linea guida AWHONN (ferite non infette: idrogel, idrocolloidi o film; ferite infette: idrogel con antibatterico o antifungineo topico ogni 6-8 ore). Detersione: eseguire irrigazioni ogni 4-6 h con soluzione riscaldata, siringa da 20 ml e catetere Nelaton. In caso di necessità di debridement chirurgico: da eseguirsi da personale esperto. In caso di tessuto necrotico: prevenire le infezioni, mantenere ambiente secco.

Danni da strappo o sfregamento

Rimozione adesivi

Usare garze imbevute di acqua calda e sapone diluito, evitare alcol o altri solventi (danno tissutale e possibili emorragie). Per la rimozione possibile l’ utilizzo di olio minerale (difficoltà nella seguente applicazione). Rimuovere in modo parallelo e orizzontale. In caso di forte legame cute-medicazione: rimozione con paraffina.

Elettrodi e adesivi

Evitare l’ uso di adesivi standard, meglio quelli naturali a base di karaya (più resistenti a calore e umidità): adesivi in plastica o a base di pectina possono provocare lesioni durante la rimozione (prematuri). Rimuovere gli elettrodi in sede da più di 24 ore o mal funzionanti. Gli elettrodi in idrogel non causano alterazioni della cute (difficoltà di applicazione nei più piccoli). Per il monitoraggio cardiopolmonare consigliati elettrodi in gel idrofilico o in idrocolloide (ma il gel potrebbe non aderire più dopo le prime 24 ore). Gli elettrodi in karaya causano meno alterazioni cutanee, ma non sono molto usati (possibili irritazioni nei prematuri).

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Introduzione La letteratura internazionale è concorde nell’affermare che ad oggi non esiste una definizione univoca di Child and Family-Centered-Care (CFCC). Il concetto di CFCC è usato principalmente per descrivere tutte quelle attività che riconoscono la famiglia come fondamentale fonte di supporto nel promuovere la salute del paziente. La CFCC è vista fondamentalmente come un paradigma (1), una filosofia (2), un modello di cure (3), o come una teoria pratica (4). Sebbene gli infermieri sembrino condividere il concetto della CFCC, la sua introduzione nella pratica risulta piuttosto problematica (5). La mancanza di tempo, di personale e di strutture adeguate sembrano ostacolare gli infermieri nel svolgere al meglio il loro ruolo educativo(5). Mikkelsen e Frederiksen (6) hanno individuato aspetti rilevanti per l’implementazione della CFCC nella pratica assistenziale. I pilastri del modello da loro presentato sono: il supporto alla famiglia, la condivisione delle responsabilità, l'autonomia, e il controllo della famiglia e la negoziazione . Questi definiscono la più importante caratteristica della CFCC, identificata nella condivisione di fondamentali valori di mutualità e obiettivi comuni (5). Detto ciò, appare di notevole rilevanza conoscere l”attitude” dei professionisti rispetto a tale prospettiva. Per “attitude” si deve intendere il modo di agire e/o di pensare del professionista rispetto a una possibile implementazione (7,8). La letteratura, non solo in sanità, suggerisce come sia difficile mantenere questa “attitude” sempre positiva rispetto alle implementazioni e alle novità che quotidianamente richiedono impegno ed innovazioni (8). Quindi anche per la dirigenza appare utile conoscere l’attitude dei professionisti riguardo la CFCC onde meglio mirare gli interventi relativi al contesto di riferimento. La domanda di ricerca risulta quindi la seguente: quali sono i fattori che definiscono l’attitude dei professionisti rispetto l’implementazione e attuazione della CFCC in un ospedale pediatrico italiano? Obiettivo L’obiettivo dello studio è stato quello di progettare uno

strumento per analizzare l’attitude del professionista rispetto alla filosofia della CFCC. Materiali e Metodi Lo studio, che è stato condotto nel periodo compreso tra fine Settembre 2013 ed i primi di Novembre 2013 in un ospedale pediatrico nel Nord Italia, si inserisce all’interno di un più ampio progetto di miglioramento della Qualità (9). L'ospedale in cui si è svolto lo studio è altamente specializzato nella cura pediatrica avanzata. L'intero ospedale ha ottenuto nel 2007 il Certificato di Joint Commission International (JCI)(10,11). L'Unità di Trapianto di cellule Staminali Emopoietiche ha ottenuto la Certificazione JACIE (Joint Accreditation Committee of ISCT and EBMT) (12) dal 2011 e vengono eseguite Trapianti di cellule staminali allogeniche e autologhe. Lo studio si è avvalso della Metodologia del Test-Retest (13) e può esser suddiviso nelle seguenti fasi: Progettazione e revisione strumento Test strumento Retest strumento Analisi dei dati. Lo strumento, definito d’ora in poi il Child and Family-Centered Care Questionnaire – Nurses’ attitudes (CFCCQ – NA), è stato progettato dai ricercatori dopo una ricerca bibliografica sul tema della CFCC (14). Dalla letteratura disponibile, sono emersi alcuni quesiti maggiormente ricorrenti e sulla base di questi sono state ricavate le domande presenti nel questionario. In particolare si è adottato come modello concettuale di riferimento quello proposto da Mikkelsen e Frederiksen (6) e il questionario proposto in uno studio pubblicato sull’American Journal of Critical Care (15). Lo strumento, nella sua versione finale, risulta composto due parti: 1. Parte anagrafica, nella quale sono stati richiesti: età, sesso,

nazionalità, unità operativa, anzianità totale di servizio, anzianità di servizio nel reparto attuale, scolarità (media inferiore, media superiore, laurea) e formazione

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Annamaria Bagnasco1, Fabiana Acampora1, Simona Calza1,2, Loredana Sasso1 1-Dipartimento di Scienze della Salute-Università degli Studi di Genova. 2-Istituto Giannina Gaslini, Genova [email protected] Keywords: Family Nursing; Child and Family-centered Care; Child; Pediatric Nursing.

Child and Family-Centered Care (CFCC): uno strumento per analizzare l’attitude dell’infermiere pediatrico

Abstract Obiettivo. Progettare e testare uno strumento per analizzare l’ “attitude” del professionista alla filosofia della CFCC. Metodi. I partecipanti allo studio sono: infermieri pediatrici dei reparti di Emato-Oncologia, Trapianto di cellule Staminali Emopoietiche, Dipartimento di Emergenza Accettazione e Dialisi dell’ospedale Gaslini di Genova, aventi un’età compresa tra 36 e 53 anni, un’anzianità di servizio, in media, di 20 anni; quasi tutti in possesso di diploma . Il questionario è stato distribuito in forma cartacea secondo la metodologia del test-retest. Strumento. Lo strumento Child and Family-centered Care questionnaire - nurses' attitudes (CFCCQ - NA) è stato progettato dopo una ricerca bibliografica. Il livello di misurazione utilizzato è stato quello ordinale, tramite scala Likert a 6 variabili (1=Mai…. 6=Sempre) per ognuno dei 21 items. Lo strumento è composto di due parti: parte anagrafica e corpo del questionario Risultati. Le risposte date nella seconda somministrazione si sono rivelate coerenti con quelle date nella prima, avvenuta in tempistiche differenti: alla maggior parte di queste è stato dato un valore superiore a 3 e raramente sono stati attribuiti valori bassi (1,2). Inoltre sono state valutate l’affidabilità, grazie al test-retest, e l’omogeneità dello strumento. Conclusioni. L’Alpha di Cronbach è risultata > 0,9 quindi si può attribuire allo strumento un buon livello di affidabilità e coerenza interna. La CFCC è una filosofia conosciuta e praticata nelle unità coinvolte nello studio ed utilizzarla significa umanizzare la cura, coinvolgendo il bambino e la famiglia: migliora l'adherence e compliance. Coinvolgere significa anche diminuire lo stress, paure e aiuta a migliorare la cura. Questo potrebbe tradursi in una diminuzione dei ricoveri ospedalieri e, non ultimo, una riduzione dei costi.

Child and Family-Centred Care questionnaire - nurses' attitudes: a tool to evaluate pediatric nurses’ attitude toward Child and Family Centred Care This study aimed at creating a tool to evaluate the attitude of nursing professionals towards the "Child and Family Centred Care" approach. Methods. The “Child and Family-Centred Care questionnaire - nurses' attitudes” (CFCCQ-NA) was designed after a bibliographic research. The level of measurement used was ordinal, using a Likert scale with 6 variables (1=never…6=always) for each item. The validation study involved pediatric nurses of the Gaslini Children Hospital in Genoa. The questionnaire was distributed in a paper form following the test-retest methodology. Results 50 pediatric nurses participated, age range: 36-53, mean working age: 20 years. The answers given in the second administration were consistent with those given in the first one, which took place at a different time. The majority of scores were higher than 3, whereas lower scores were rarely assigned. Cronbach’s alpha for reliability was >0,9. Conclusions CFCCQ–NA showed an excellent level of reliability and internal coherence. CFCC is a nursing approach that is known and implemented in the units involved in the study.

Research

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infermieristica (diploma, laurea triennale, laurea specialistica/magistrale, master di I° livello);

2. Corpo del questionario, composto da 21 items (Figura 1)

La progressione delle domande e il conseguente sviluppo del questionario è stato pensato in base alla seguente logica: una prima parte (domande 1-5) inerente la concezione di quali siano i punti principali per una valida responsabilità condivisa , una seconda parte (domande 6-10) per definire quali siano le conoscenze e le competenze ritenute importanti per implementare autonomia e controllo del genitore, una terza parte (domande 11-15) centrata su quali siano le modalità di comportamento o di ragionamento clinico utili affinché si possa parlare di negoziazione tra paziente/famiglia e professionista, infine, una quarta parte (domande 16-21) mirata a raccogliere il punto di vista dei professionisti sul possibile supporto alla famiglia e al bambino. Il livello di misurazione utilizzato per ognuno dei 21 items è stato quello ordinale, tramite scala Likert a 6 variabili (1=Mai, 2=Molto raramente, 3=Raramente , 4=Frequente-mente, 5=Molto frequentemente, 6=Sempre). Per valutare la comprensione e la consistenza tra gli items, è stato somministrato ad un panel di esperti costituito da 2 infermiere del reparto di Dialisi, 6 del reparto di Oncologia e 2 del PS DEA che, su base volontaria, lo hanno analizzato e ne hanno messo in risalto le criticità. Basandosi sulle considerazioni fatte dal panel di esperti, il questionario è stato rielaborato per il Test e il Re-Test dello Strumento. Il campionamento di convenienza (13,16) utilizzato nel Test e Re-test ha riguardato gli infermieri pediatrici operanti nei reparti di Emato – Oncologia Pediatrica, Trapianto di Cellule Staminali Emopoietiche, Dipartimento di Emergenza ed Accettazione e Dialisi. L’arruolamento è stato su base volontaria dopo presentazione dello studio. Sono stati inclusi soltanto gli infermieri pediatrici che possedessero almeno 1 anno di anzianità di servizio. Per l’analisi statistica è stato utilizzato SPSS versione 15. La statistica descrittiva è stata utilizzata per analisi del campione di convenienza. Il Metodo Test Re-test ha permesso di valutare l’affidabilità e l’omogeneità dello strumento (13,16) . Risultati Sono stati coinvolti 50 infermieri pediatrici, aventi un’età compresa tra 36 e 53 anni, un’anzianità di servizio, in media, di 20 anni; tutti in possesso di diploma, tranne due partecipanti in possesso di laurea triennale e tre con master di I° livello. Tutti i partecipanti hanno compilato sia Test che Retest a distanza di circa due settimane (16). Il periodo di distribuzione, compilazione e consegna, in alcuni casi è quantificabile in circa otto/dieci giorni, in altri casi, è avvenuto al momento della consegna dello strumento. I partecipanti allo studio sono stati gli stessi sia nel Test che nel Retest. Tutti hanno fornito il questionario nelle tempistiche prestabilite, rispondendo a tutte le domande (solo un item non ha avuto risposta). Condivisione delle responsabilità Al primo item (definire quali siano i ruoli e le responsabilità del genitore nel processo di cura), il 38 % dei partecipanti (n 19) ha dichiarato di utilizzare sempre questa pratica assistenziale, ma altrettanti hanno affermato che non sempre lo fanno durante l’ambito assistenziale (38%).

Figura 2 Distribuzione delle risposte agli item da 1 a 6

Figura 3 Distribuzione delle risposte agli item da 7 a 10

Poco più della metà (54%) determina sempre i bisogni del bambino in collaborazione con la famiglia e con gli altri professionisti della salute (item 2) e altrettanti ritengono sia sempre importante parlare con il bambino e la famiglia riguardo la malattia ed il trattamento (item 5), anche se a quest’ultimo, il 6% (3 partecipanti) hanno espresso di farlo raramente durante l’assistenza. Per quanto riguarda la pianificazione con il bambino e la famiglia di strategie efficaci per affrontare i diversi trattamenti terapeutici (item 3), solo un partecipante (2%) ha dichiarato di praticarlo “raramente”, mentre 32 partecipanti (64%), ritiene che sia importante farlo sempre nella pratica assistenziale; così come il 68% (34 infermieri) ritiene sia importante parlare con il bambino e la famiglia riguardo all’intervento assistenziale che si sta per attuare (item 6). Infine, è stato dichiarato dal 72% dei partecipanti (36 infermieri) che spiegano sempre al bambino e alla famiglia quali siano i farmaci ed i presidi che occorrono per la gestione della propria condizione (item 4), un solo partecipante (2%) ha dichiarato di farlo “raramente” (Figura 2). Autonomia e controllo del genitore Per quanto riguarda questa tematica, i valori riscontrati sono stati inferiori alla media. Meno della metà ha dichiarato, per questa area, che prende “sempre” in considerazione questa pratica: il 44% dei partecipanti (22 infermieri) si è riconosciuto in questa affermazione sia per quanto riguarda l’item 7 (il personale accerta i livelli di autonomia e capacità di gestione della malattia da parte della famiglia) sia per l’item 8 (il personale accerta i livelli di comprensione del bambino e della famiglia sia prima che dopo gli interventi educativi). Solo 19 partecipanti (38 %) formula “sempre” obiettivi realistici e condivisi (item 9) e poco più (42% dei partecipanti) incoraggia “sempre” un ruolo più attivo del bambino e del familiare nel processo di cura (item 10). Inoltre in tutte e quattro gli items riportati in quest’area, si è riscontrata una frequenza, anche se minima, della risposta “raramente”; in particolare all’item 9, citata precedentemente, il 12% degli infermieri (n 6) dichiara di farlo “raramente” (Figura 3). Negoziazione Il 60 % degli infermieri (n 30) ha dichiarato di coinvolgere sempre il paziente e la famiglia nella cura e nella presa di decisioni e solo 9 partecipanti (18%), hanno risposto di farlo “frequentemente”(item 13).

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Meno della metà degli infermieri, ritiene di prendere sempre in considerazione i valori della famiglia (46%) e i desideri del bambino e della famiglia (44%) (item 11 e 12); una piccola percentuale (2% e 4%) ha dichiarato di farlo raramente. In merito all’item 14 (offrire alternative concrete ed attuabili nella gestione della cura) non c’è stata una risposta prevalente: il 28% (14 partecipanti) ha dichiarato di farlo “frequentemente”, il 26% (13 partecipanti) “molto frequentemente”, il 14 % (7 partecipanti) “raramente” e solo il 32% (16 partecipanti) “sempre” (Figura 4). Supporto alla famiglia Le risposte ai quesiti inerenti il supporto alla famiglia, hanno evidenziato quanto sia ritenuto importante il ruolo della famiglia e quanto si possa promuovere il ruolo genitoriale nel processo di cura del bambino; infatti, il 50 % dei partecipanti (25 infermieri), ha dichiarato di farlo “sempre” sia all’item 16 (la famiglia assume un ruolo importante nella presa delle decisioni sull’assistenza del proprio bambino) sia all’item 18 (favorire il ruolo genitoriale nel processo di cura del bambino). Solo l’8% (4 infermieri) ritengono che “raramente” la famiglia assuma un ruolo importante. Meno della metà (44%) considera le esigenze culturali, di comunicazione e di supporto (item 17) così come il 46% (23 infermieri) cerca di mantenere “sempre” le abitudini del bambino e della famiglia, ove le condizioni cliniche lo renda possibile (item 21). Le risposte date all’item 19 (assicurare il comfort del bambino e della famiglia) risultano particolarmente significative: il 54% (26 partecipanti) lo fa “sempre” e il 36% (18 partecipanti) “molto frequentemente”. Infine l’item 20 (assicurare sostegno a genitori, fratelli ed altri membri della famiglia per assisterli nei loro bisogni) ha ottenuto risposte quasi omogenee: il 32% (16 infermieri) “sempre”, il 36% (18 infermieri) “molto frequentemente” e il 30% (15 infermieri) “frequentemente”; solo un infermiere (2%) ha dichiarato di farlo “raramente” (Figura 5). Discussione Alla disamina dei risultati, un dato importante è stato fornito dalla valutazione della reliability dello strumento: l’alpha di Crombach è risultata superiore a 0,9, attribuendo allo strumento un eccellente grado di affidabilità e consistenza interna. Inoltre, per quanto riguarda la reliability Test Retest, la deviazione standard e la comparazione tra i risultati ottenuti, hanno dimostrato che non vi sono differenze significative tra le medie dei

risultati di Test e Retest. Ciò ha permesso di definire lo strumento utile e valido per indagare la tematica precedentemente delineata. Lo studio condotto evidenzia quanto, per i partecipanti, la filosofia della CFCC sia sentita come fattore positivo e praticata nell’ambito assistenziale, nonostante alcuni items abbiano ricevuto risposte non del tutto positive (items 7,8,9,10,14,20). Tale dato è apparentemente in contrasto con la letteratura (6), dalla quale sembrerebbe emergere quanto sia poco diffuso l’uso sistematico di strategie riconducibili alla FCC nella pratica assistenziale. I partecipanti hanno dichiarato che non sempre la utilizzano, solo pochi hanno riferito di farlo raramente e nessuno ha ritenuto opportuno segnalare che non la si effettua per niente o molto raramente. Inoltre, è rilevante quanto gli infermieri (60%) coinvolgano sempre il paziente e la famiglia (item 13) nel processo di cura. Questi dati risultano essere importanti in quanto non solo ci confermano l’importanza che i partecipanti danno alla CFCC, ma anche quanto siano stati veritieri i risultati. Ciò che ancor di più valorizza i risultati ottenuti, riguarda il coinvolgimento dei partecipanti allo studio. Tutti si sono mostrati molto interessati all’argomento ed allo studio che si andava ad effettuare; la partecipazione è stata attiva ed è stato dato un forte contributo durante tutto il percorso. Questo è stato implementato dalla possibilità di introdurre l’argomento e lo studio agli infermieri delle varie unità operative, grazie ad incontri formativi organizzati dai ricercatori prima delle varie fasi di questo studio. Conclusioni Con questo studio si è cercato di approfondire tutte le tematiche inerenti non solo il concetto di CFCC, ma anche quello di salute, cosa vuol dire coinvolgere l’adolescente e la famiglia e quali siano le problematiche che si riscontrano nel rapporto tra bambino-famiglia ed operatore. Secondo i risultati dello studio condotto, si sono resi evidenti i diversi concetti: 1. La CFCC è una filosofia conosciuta ed, ancor di più, è risultata essere una pratica utilizzata nell’assistenza delle unità operative coinvolte nello studio 2. Utilizzare questo strumento, o altri già validati, non solo aiuta a fornire una stima dell’applicazione della CFCC, ma fornisce uno spunto per gli operatori, per approfondire l’argomento o prenderlo maggiormente in considerazione durante l’assistenza quotidiana 3. Assistere significa prendersi cura dell’altro (17) ed essendo stato accertato che la famiglia, soprattutto la madre, sono elementi essenziali per la cura del bambino, è importante quanto l’infermiere, a cui è dato il compito di assistere, sia sempre più spinto ad utilizzare la filosofia della CFCC, portando, così, all’umanizzazione delle cure, e soprattutto ad un pieno ed efficace coinvolgimento del bambino e della famiglia alle cure. In questo modo non solo si migliora l’adherence e la compliance ai piani di cura, ma anche la collaborazione attiva da parte delle figure coinvolte (17). 4. Coinvolgere, come esplicitato nel punto precedente, significa anche diminuire lo stress, le paure ed aiuta a migliorare la cura (18). Questo si potrebbe tradurre in una diminuzione dei giorni di degenza e, non meno importante, in una diminuzione dei costi (19).

Figura 4 Distribuzione delle risposte agli item da 11 a 15

Figura 5 Distribuzione delle risposte agli item da 16 a 21

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l’accreditamento degli ospedali” 4 Edizione – ( in vigore da gennaio 2011) 11. JCI. Advancing effective communication , Cultural competence and Patient Centered care: a

road map for Hospitals 2011 12. Fain J. A. La ricerca infermieristica: leggerla, comprenderla e applicarla. Seconda edizione.

2004, McGraw-Hill, Milano 13. Smith L, Colemann V. Child and Family Centred healthcare. 2011, Hoeply Second Edition 14. Downey L, Ruth A. Engelberg, Sarah E. Shannon and J. Randall Curtis. Measuring intensive

care nurses’ perspectives on Family-Centered End-of-Life Care: Evaluation of 3 Questionnaires, AJCC 2006; 15 (6)

15. Gaeta L. Lettura critica degli studi clinici. Nella formazione delle figure sanitarie. 2011, Aras Edizioni;

16. Ahmann E , Dokken D. Strategies for Encouraging Patient/Family member partenerships with the health care team. JPN 2012;38(4)

17. Dennis Z. Kuo, T. Mac Bird, J. Mick Tilford – Associations of Family – Centered Care with Health Care Outcomes for Children with special health care needs. Matern Child Health J 2011;15:794-805;

18. Radwin LE, Ananian L, Cabral HJ, Keeley A, Currier PF. Effects of a patient/family – centered practice change on the quality and cost of intensive care: research protocol. JAN 2011;67(1):215-24

19. Festini F, Biagini I. L’assistenza centrata sulla famiglia in ospedale pediatrico: studio delle percezioni degli infermieri tramite il Family-Centered Care Questionnaire. Children’s Nurses-Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences 2013;5(1)

20. Craig P, Dieppe P, Macintyre S, Michie S, Nazareth I, Petticrew M. Developing and evaluating complex interventions: the new Medical Research Council guidance. BMJ 2008; 337: 1655

21. Gale NK, Heath G, Cameron E, Rashid S and Redwood S. Using the framework method for the analysis of qualitative data in multi-disciplinary health research BMC Medical Research Methodology 2013;13:117

22. Petralia P, Bagnasco A, Calza S, Fornoni L, Del Buono S, Sasso L. et al Children ’s and Young people Audit Policy Tool” (CYPAPT): un percorso di validazione linguistico-culturale di un ospedale pediatrico italiano. CN-IJPNS 2013; 5 (4): 120-123.

I dati raccolti, quindi, hanno suggerito come siano importanti i fattori definenti l’attitude degli infermieri verso la CFCC. Da ciò si desume come sia cruciale la loro valutazione negli interventi di miglioramento della pratica assistenziale correlati alla CFCC. La letteratura, infatti, è concorde nell’affermare che una buona conoscenza del contesto operativo è utile nell’approcciare e nel progettare interventi complessi in sanità. (20). La CFCC è da considerarsi un vero intervento complesso come da definizione del Medical Research Council Framework (21). Infatti sono molti i fattori e le variabili intercorrelate che impattano su un qualsiasi intervento di CFCC (21). Ulteriori ricerche potranno valutare l’attitude all’implementazione della CFCC tra altre figure professionali, quali medici, logopedisti, psicomotricisti, educatori professionali ed altre figure professionali che sono comunque coinvolte nelle cure del piccolo paziente e nel coinvolgimento della sua famiglia. Infine, si potrebbe estendere lo studio in altre Unità Operative, riuscendo ad inquadrare ancora meglio l’atteggiamento nei confronti della CFCC. In ultima analisi, poiché la tematica dell’ “autonomia e controllo del genitore” ha ricevuto risposte non del tutto soddisfacenti, si ritiene sia necessario favorire questa pratica attraverso corsi di formazione o metodologie utili ad implementarla nell’assistenza quotidiana. Lo studio è stato effettuato su un campione relativamente ridotto (50 infermieri), delineato solo dalle figure infermieristiche ed avvenuto in tempistiche brevi, i risultati ottenuti possono essere soltanto parzialmente sufficienti per poter essere comparati a quelli presenti nella letteratura internazionale. Lo studio può però esser considerato un test pilota dove si è descritta l’attitude degli infermieri pediatrici nei confronti della CFCC. Inoltre, essendo i partecipanti in maggior numero in possesso di diploma, non è stato possibile valutare coloro che hanno ricevuto una formazione universitaria; sarebbe stato interessante comparare le due categorie e valutare quanto il nuovo percorso di laurea potesse portare beneficio nella pratica della CFCC. Un altro limite, non meno importante, è stato il sesso dei partecipanti coinvolti che ha visto una netta predominanza del sesso femminile Bibliografia 1. Hall E. When a Newborn or Small Child is Critically Ill. Nurses’, Parents’ and

Grandparents’ Experiences and Dynamics in Family-centred Care. Doctoral Thesis. University of Aarhus. 2007, Aarhus

2. Malusky S.K. A concept analysis of family-centered care in the NICU. Neonatal Network 2005;24(6): 25–32

3. Shields L., Pratt J., Davis L.M. & Hunter J. Family-centred care for children in hospital. Cochrane Database of Systematic Reviews (1), Art. No.: CD004811. DOI: 10.1002/14651858.CD004811.pub2. 2007

4. Hutchfield K. Family-centred care: a concept analysis. JAN 1999;29(5):1178–1187

5. Paliadelis P., Cruickshank M., Wainohu D., Winskill E., Steven H. Implementing family-Centered care: an exploration of the beliefs and practices of pediatric nurses. AJAN 2005;1 (23): 31-36

6. Mikkelsen G, Frederiksen K. Family Centered Care of Children in hospital-concept analysis. JAN 2011; 67(5):1152-62

7. Hughes M. Parents' and nurses' attitudes to family-centred care: an Irish perspective. J Clin Nurs 2007;16(12):2341-8

8. Cox R, Brenner M. Commentary on Hughes M. Parents' and nurses' attitudes to family-centred care: an Irish perspective. J Clin Nurs 2007;16:2341-2348

9. Petralia P, Sasso L, Bagnasco A, Calza S. Letter to the Editor Comprehensive Pediatric Nursing.2013; Early Online: 1–1

10. JCI Progea. Gli standard Joint Commission International per

Condivisione delle responsabilità

1. Definire i ruoli e le responsabilità del genitore e del professionista nel processo di cura

2. Determinare i bisogni del bambino in collaborazione con la famiglia e con gli altri professionisti della salute

3. Pianificare con il bambino e la famiglia ciò che può essere d’aiuto al bambino ad affrontare i diversi trattamenti da effettuare

4. Spiegare al bambino e alla famiglia quali sono i farmaci e i presidi che occorrono per la gestione della propria condizione

5. Parlare con il bambino e la famiglia riguardo la malattia e il trattamento 6. Parlare con il bambino e la famiglia riguardo all’intervento assistenziale

che si sta per attuare

Autonomia e controllo del genitore

1. Il personale accerta i livelli di autonomia e capacità di gestione della malattia da parte della famiglia

2. Il personale accerta i livelli di comprensione del bambino e della famiglia sia prima che dopo gli interventi educativi

3. Stipulare obiettivi realistici e condivisi 4. Incoraggiare un ruolo più attivo del bambino e del familiare nel

processo di cura

Negoziazione

1. Prendere in considerazione i valori della famiglia 2. Prendere in considerazione i desideri del bambino e della famiglia 3. Coinvolgere il paziente e la famiglia nella cura e nella presa di decisioni 4. Offrire alternative concrete ed attuabili nella gestione della cura 5. Supportare le decisioni della famiglia, ove la situazione clinica lo renda

possibile

Supporto alla famiglia

1. La famiglia assume un ruolo importante nella presa delle decisioni sull’assistenza del proprio bambino

2. Considerare le esigenze culturali, di comunicazione e di supporto 3. Favorire il ruolo genitoriale nel processo di cura del bambino 4. Assicurare il comfort del bambino e della famiglia 5. Assicurare sostegno, ai genitori, fratelli e ad altri membri della famiglia

per assisterli nei loro bisogni 6. Mantenere le abitudini del bambino e della famiglia, ove la condizione

clinica lo renda possibile

Figura 1. Child-Family Centred Care questionnaire-nurses’ attitudes (CFCCQ-NA). Corpo del questionario

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Skin lesions in preterm infants in a neonatal intensive care unit

Abstract The skin care of preterm infants should be a priority for nurses working in neonatal intensive care units, to reduce the risk of developing injuries during hospitalization. Goal. This study aimed to evaluate skin lesions that affect premature infants in a Brazilian neonatal intensive care unit. Methods. It is a quantitative, descriptive exploratory study, carried during one month in 2014 in a neonatal intensive care unit of a public institution, in Fortaleza. An ad hoc form for collecting data was used. Results. The sample included 27 preterm infants, who were hospitalized during the collection period, with 39 lesions identified. There were 12 bruising (31%); 9 diaper dermatitis (22%), 5 hyperemias with edema (13%), 4 abrasions (10%); 2 erythema (5%); 2 candidiasis (5%); 2 hematomas (5%); and 1 pustule, 1 cellulite and 1 hemangioma (3%). Upper limbs were the sites of greatest evidence of injuries with 17 lesions (44%), probably because they are the place of first choice for blood collection and introduction of devices for intravenous therapy. There were 11 cases (27%) in the perianal region associated with sour stool; 4 cases (10%) on the face and 4 cases (10%) in the abdomen; only one record (3%) in the lower limbs, chest and forehead respectively. There was a predominance of lesions with an area <1 cm2 for a total of 19 occurrences (50%); with most of them, 18, sizing <1 cm (46%). The use of topical medication was the care mentioned in 21 cases (54%); in 9 cases (22%) the conduct was expectant, only observing the evolution of the injury; in 7 cases (18%) there was not any medical record; 1 case reported (3%) where gauze was applied directly to the lesion and 1 case (3%) in which the hydrocolloid was used. Discussion. It is necessary to intensify the care of the skin care of premature infants, aiming not only at treatment, but mainly at the prevention of their skin lesions.

Cristiane Coelho Timbó1, Daniela Braga Godinho1, Fernanda Cavalcante Fontenele1, Maria Rosimar De Jesus Barbosa2, Loreto Lancia2, Regina Cláudia Melo Dodt3, Rebeca Silveira Rocha1 1-Estácio do Ceará University Center, Fortaleza, Federal Republic of Brasil 2- Department of Health, Life and Environmental Sciences, University of L’Aquila, L’Aquila, Italy. 3- Metropolitana da Grande Fortaleza College, Fortaleza, Federal Republic of Brasil [email protected] Keywords: Infant, Newborn; Skin care; Pressure Ulcer; Infant, Premature; Intensive Care, Neonatal; Pediatric Nursing

Incidenza di lesioni della cute dei pretermine in una unità di terapia intensive neonatale La cura della cute dei neonati pretermine è una priorità per gli infermieri che lavorano nelle terapie intensive neonatali, allo scopo di ridurre il rischio di sviluppare lesioni durante l'ospedalizzazione. Obiettivo. Lo scopo di questo studio è stato di valutare le lesioni cutanee che colpiscono i neonati prematuri in una terapia intensiva neonatale brasiliana. Materiali e metodi. Studio esplorativo quantitativo descrittivo, svolto per la durata di un mese nel 2014 in una terapia intensiva neonatale di un ospedale pubblico di Fortaleza. È stato utilizzato un modulo di raccolta dati costruito ad hoc. Risultati. Il campione ha incluso 27 neonati pretermine che sono stati ricoverati durante il periodo di studio, con 39 lesioni identificate. Sono stati rilevati 12 ematomi (31%), 9 dermatiti da pannolino (22%), cinque iperemie con edema (13%), q4 abrasioni (10%), due eritemi (5%), due Candidosi (5%), due ematomi (5%), una pustola, una cellulite e un emangioma (3%). Gli arti superiori sono il sito di maggior incidenza di lesioni con 17 casi (44%), probabilmente perché sono il luogo di prima scelta per i prelievi di sangue e l'introduzione di presidi per la terapia endovenosa. Si sono registrati inoltre 11 casi (27%) nella regione perianale associati con la presenza di feci liquide, quattro casi (10%) sul volto e quattro casi (10%) sull'addome. Sugli arti inferiori, il torace e la fronte e' stata rilevata soltanto una sola lesione. È stata osservata una predominanza di lesioni con una superficie superiore a 1 cm² per un totale di 19 casi (50%); la maggioranza di essi aveva una lunghezza massima inferiore a 1 cm. Per quanto riguarda il trattamento, in 21 casi sono stati usati farmaci topici, in nove casi c'è stata semplice osservazione dell'evoluzione della lesione. Discussione. E’ necessaria una crescente attenzione alla cura della cute dei neonati prematuri non solo Per quanto riguarda il trattamento ma soprattutto per la prevenzione

Research

Introduction Skin is a very important multifunctional organ, promoting mechanical, thermal and immune protection and preventing loss of body fluids. (1). For its features, the newborn (NB) skin, especially the PNBs’ (PNB), can easily be injured. The damaged skin increases the risk of infections because the protective barrier is not intact, becoming a gateway to bacteria and fungi entrance (2,3). NB skin care has been a constant concern of professionals working in the Neonatal Intensive Care Unit (NICU), which is initiated soon after birth, in order to maintain optimal body temperature, to contribute to a successful adaptation and to maintain skin integrity, which is necessary for the performance of its functions (4,5). Since the time of admission to the time of discharge, the infant is subjected to a series of handling activities and use of devices such as, among others: positioning catheters, venous and arterial punctures, capillary sticks, placement of sensors and electrodes, personal hygiene, dressing changes, positions changing; all these situations are contributing factors in lesions due to their repetitive frequency during PNB’s hospitalization (6,7). The NB skin differs depending on the gestational age (GA). The skin of term NB is moist and warm to the touch, with generally protective lanugo on the shoulders and back and a moderate amount of vernix caseosa at birth. The color of the skin of the neonate is normally light pink and has a bluish tinge in the hands and feet, due to vasomotor instability, capillary stasis, and high levels of hemoglobin. On the opposite, the skin of PNB is thin, transparent, reddish, with protective fluff, little vernix caseosa, and with visible veins, due to scarcity of adipose tissue and superficial capillary net. The post-term NB has a skin that is inelastic, brittle, devoid of fluff and vernix caseosa, with also plantar and palmar grooves (8).

The skin of NB is thinner and less cornified than in adults. All newborn skin layers (epidermis, dermis and hypodermis) have reduced thickness. These characteristics are more pronounced in PNBs (9). The PNB has a jelly-like, translucent skin, lacking fat and relatively incapable of retaining heat or water. Although after birth there is a maturation acceleration, until the second postnatal week the immature skin of PNB is more susceptible to ruptures, which facilitates the entry of germs (10). About 80% of infants who are born prematurely develop some injury to the skin until the first month of life and approximately 25% of all preterm and low birth weight babies have at least one episode of sepsis within the first 3 days of life, with skin as the main gateway (3). Approximately 350,000 PNBs worldwide die due to sepsis and meningitis, 50% of deaths in the first week of life, when the epidermal barrier function is more compromised. These numbers are even higher in developing countries, achieving mortality rates of up to 70% (5). The treatment of a dermal lesion is not easy: competence and attention are required by the NICU nursing staff, making this kind of care challenging. Therefore, it is necessary a sound scientific basis, in addition to practical experience, to guarantee high quality care for the skin of NBs. Disruption of the skin has important consequences for the PNB, such as the prolongation of hospitalization, increased costs, increased risk of infection, pain and reduced quality of life (11). According to the Brazilian Code of Ethics for Nursing Professionals (Nursing Federal Council Resolution - COFEN 204/00, Chapter III, Article 16) it is the responsibility of Nurses to ensure the client a Nursing Care free of damage from malpractice, negligence or recklessness. It is therefore important to develop activities that promote not only the integrity of the skin, but that are at the same time centered to the patient as a whole.

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Ricerca From an adequate care of skin may depend the survival of the PNB: the child subject to frequent procedures and daily handlings that are predisposing factors for skin lesions and is essential to minimize the harmful effects caused by nursing actions. Having up-to-date epidemiological data regarding PNB skin lesions may be useful to plan improvements in the care provided. Goals To evaluate skin lesions that affect PNBs in a NICU. To identify skin lesions that affect PNBs in a NICU. To investigate the causal factors of skin lesions of PNBs. To describe the care provided to treat skin lesions in PNBs. Material and Methods A quantitative, descriptive and exploratory study was developed, in which detailed descriptions of several variables regarding PNBs’ skin were collected. These data can be used to evaluate current practices in order to plan possible improvements. (12-14). This research was developed in a NICU of a public institution in Fortaleza-CE. It is a hospital university school, characterized as a H24 reference to mother and child care, with multidisciplinary teams specialized in newborn care. The neonatal unit has 21 beds in NICU and 30 beds in Intermediate Care. The NICUs are fitted with modern devices and equipment, specialized and appropriate to their clients. An ad hoc form was used, regarding relevant aspects of birth and clinical conditions of the PNB, therapeutic procedures performed, injuries and skin lesions and also maternal data. Data were collected for 1 month in 2014, through direct observation. This observation was direct, systematic and constant. The data were processed, discussed and thoroughly analyzed according to the literature, in order to avoid errors, confusing information or information that could harm the search result. They were presented in tables and absolute and relative frequencies, in the respect of research ethical principles. When entering the NICU, the parents were contacted and the study was explained to them, including their right to withdraw their child from the research at any time, if they wanted. The social relevance of this research was shown and parents were reassured about the absence of risk, also stating that there would be no cost to the family. A written informed consent was collected. Collected data were kept anonymous and confidential. Results Twenty-seven PNBs were included in the study. 39 injuries were identified, because some PNB had more than one skin lesion in the period of data collection. Table 1 shows the data observed in premature NBs. The skin of PNBs may present with various changes or skin lesions. These lesions are very variable and may be temporary and mild, resulting from a physiological reaction, or they may indicate a serious and potentially fatal change (8). Regarding the type of skin lesion presented by PNBs, there were 12 bruises (31%); 9 cases of Diaper dermatitis (22%), 5 of hyperemia with edema (13%), 4 abrasions (10%); 2 Erythemas (5%); 2 cases of candidiasis (5%); 2 hematomas (5%); one case of pustule, one of cellulite and one of hemangioma (3%). Table 2 show the distribution of the skin lesions according to the body area and to other variables. Another relevant factor is the measure of the lesion. This provides data for prevention and is a quality indicator of the care provided to children (10). Table 3 describes the different sizes of the lesions. The clinical diagnosis is a factor that should be considered in the care of NBs, taking into account the prognosis and the probability of lesions onset. Among the subjects of our study, Respiratory Distress Syndrome (RDS) was the most common diagnosis, with 13 cases (48%), followed by neonatal infections associated with RDS (9 cases, 33%), 4 cases of severe hypoxia (15%) and one case of neonatal infection (4%). With regards to the care provided after the identification of the lesions, in 21 cases (54%) a topical medication was applied; in 9 cases (22%) there was only observation of the

Gender N % Male 14 52 Female 13 48 Gestational age (weeks) 24 – 29 (extreme preterm) 9 33 30 – 34 (moderate preterm) 12 45 35 – 36 (borderline) 6 22 Weight at birth (g) 550 – 999 (ELBW) 8 30 1000 – 1499 (VLBW) 8 30 1500 – 2499 (LBW) 8 30 2500 – 3999 3 10 Gestational adequacy SGA 5 19 AGA 22 81 Length (cm) 27 – 33 4 14 34 – 40 12 45 41 – 47 11 41 Type of delivery Vaginal 14 54 Abdominal 12 46 Apgar at 1st minute 7 to 10 7 25 4 to 6 8 30 0 to 3 12 45 Apgar at 5º minute 7 to 10 18 67 4 to 6 9 33

Table 1. Distribution of subjects according to characteristics at birth

Forehead N % Venous puncture 1 3 Face Removal of adhesive bandage 4 10 Uppers limbs Arterial Puncture 8 20,5 Venous puncture 8 20,5 Tocotraumatism 1 3 Lower limbs Venous puncture 1 3 Thorax Congenital 1 3 Abdomen Infection 2 5 Chemical burn 2 5 Perianal Diaper dermatitis 9 22 Candidiasis 2 5

Table 2. Distribution of lesions according to body areas and other variables

Total area N %

< 1cm2 19 50

1 – 2 cm2 9 22

3 – 4 cm2 5 13

> 4 cm2 6 15

Larger base or height

< 1cm 18 46

1 – 2 cm 12 31

3 – 4 cm 7 18

> 4 cm 2 5

evolution of the injury; in 1 case (3%) a gauze dressing was applied and in 1 case (3%) a hydrocolloid dressing was applied. In 7 cases (18%) the treatment was not recorded. Discussion When speaking of the skin of PNBs, several factors must be considered. Since the maturity of the skin is related to gestational age, a PNB is likely to manifest serious injuries caused by physical, chemical and mechanical stimuli. It is believed that this is also an important factor favoring the appearance of skin lesions, since the immaturity of the skin (that appears crispy, soft and hypersensitive) is a characteristic of the premature. In general, the lower the gestational age, the greater is the fragility of the skin of the newborn; sometimes injuries occur at a touch especially in PNBs, the largest part of our sample. Prematurity is

Table 3. Distribution of lesions according to size

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life (11). Lesions, even if small, are the gateway to infections, therefore they are a reason of concern. A study conducted in 2011 in a population of newborns identified lesions <1 cm2 for a total of 20 cases (40%), in 17 cases there were lesions with area between 1 and 2 cm2 (33%) and even 14 lesions with an area >2 cm2. As far as the maximum length is concerned, there was a predominance of lesions between 1 and 2 cm (35-68%) (28). In the measurement of an injury some mistakes can occur in neonatology, due to the lack of homogeneity in the lesions. Therefore, the measurement of the largest base, or height, is the most favorable option for this procedure in the neonatal unit. With regard to the use of topical products such as anti-inflammatory or antifungal medications, there is controversy about the application: in some cases, nurses have autonomy to their use, in other cases they are prescribed by a physician. However, such medications must be used with caution. In diaper dermatitis complicated by Candida albicans, topical application of antifungal ointments or creams under the supervision of a qualified professional is the best option. The use of powders is not recommended. The PNB’s skin is very thin, with a thinner stratum corneum, decreased cohesion between the dermis and epidermis and less effective skin barrier function: as a consequence, there is transepidermal water loss, increased percutaneous absorption of chemicals and easier skin traumas, even avoiding any adhesive bandage. This causes increased risk of infections, toxicity and difficulties in fluid homeostasis (32). Skin lesions commonly occur in individuals with skin fragility, mainly affected by some preexisting disease or using certain medications, who require careful evaluation by clinical professionals to determine the appropriate treatment (33). According to a study conducted on 51 NBs, 92% had prematurity, 43% had Respiratory distress syndrome and 24% had dispnoea (28). The same NB may have more than one diagnosis simultaneously, needing longer and higher quality care (21). Skin injuries require special care, quick decision making, effective intervention and precise attitude by the caregiver. However, this should not be a discouraging factor. Rather, it is a challenge for the neonatal care team, requiring, therefore, that neonatal practice be based on scientific evidence and on practical experience (6). Babies affected by skin lesions should be handled with extreme care. Injury should be prevented by gentle handling, reducing exposure to physical trauma and using lubricants, special ointments and clothes (34). Studies have shown that the indiscriminate application of topical medication in PNBs may increase the risk of nosocomial infections and coagulase-negative staphylococci infections; it is not therefore recommended their prophylactic routine use in PNBs (35). Nurses should be very careful towards such products. Because of the newborn skin fragility, the inappropriate use can have an adverse effect on their skin. Therefore, it is necessary to know the formulation of these products. Antifungal ointment can be used for fungal infections. If an extensive bacterial colonization is suspected, antibiotic ointment can be used as indicated (36). The treatment of any injury is a dynamic process that requires continuous assessment of a patient’s specific characteristics and should be individualized and carried out by trained professionals. Successful treatment of wounds depends on the competence and knowledge of the professionals involved and on their ability to evaluate and select appropriate techniques and resources (37). The choice of the optimal treatment for an injury depends on the degree of contamination, on how it has been produced, and on local and systemic factors related to the healing process (38). There is not only one factor related to lesions in infants. However, it is believed that it is befecial the existence of a protocol directing the NB skin care, determining which intervention must be applied and how it should be performed. Skin care should be customized on case by case base. Evidence-Based clinical practice guidelines should guide the routine care of neonatal skin, providing tools for nurses on a scientific basis (39). Preserving skin integrity is an important aspect of nursing care to PNBs. The goal should be to preserve

an important factor contributing to the high infant mortality rate; causing PNBs skin injuries may have negative consequences in their prognosis (20). A study conducted in 2011 with 31 PNBs had a high percentage of late preterm, 3.42% of the PNBs had less than 30 weeks (extremely PNBs), 48% were between 30-34s (late preterm) and only 10% were between 35-36s (borderline premature). Another study of 66 newborns in which there was a prevalence of 50% of very low birth weight (between 1000 and 1500 g), 30.8% extremely low birth weight (<1000g). These factors influence the mortality and clinical complications during hospitalization of infants in the NICU (21). The weight is a very important factor for skin lesions, because PNBs have little subcutaneous tissue and the skin is loose, inelastic, translucent; thermal instability and the tendency to dehydration favor the development of lesions (6). This condition worsens when the baby is considered small for gestational age (SGA), as SGA infants are considered at higher risk for perinatal problems (22). The size together with the other factors mentioned make unique prematurity characteristics, since the smaller the birthweight and the gestational age, the greater is the ability to develop skin lesions. The type of delivery can influence directly in the management of PNBs; cesarean section may induce a greater handling of infants with risk of skin lesion, given the need for manipulation with the help of sharp instruments. However, the difference in this research was not significant. The classification of the Apgar score is one of the strategies that include immediate care given to the newborn after birth (23). In a study carried out in 2008, 121 newborns (77.7%) developed some kind of injury, and some infants had more than one injury in the study period; the following injuries were found: bruising (50,9%), perineal erythema (28.7%), candidiasis (8.3%), infiltration (3.5%), hematoma (3%), erosion (2.2%), crack (1.7%), excoriation (0.9%), impetigo (0.4%) and abscess (0.4%) (24). In another study with 105 NBs, 38 (46.9%) children had papule, 35 (43.2%) scales, 27 (33.3%) erythema, 11 (13, 6%) crust, 6 (7.4%) whelk 5 (6.2%) plate, 3 (3.7%) bladder, 3 (3.7%), erosion, 2 (2.5%) fissure, 2 (2.5%) excoriation, 1 (1.2%) 1 ecchymosis (1.2%) and 1 stain (25). The daily practice of care given to PNBs requires daily assessment of their skin, promoting a descriptive evolution of this integument, and allowing diagnosis of any change in this barrier and its consequences (27). When detecting an injury, it is essential to classify it and describe it accurately (28). Therefore, the professional must be aware of any injury, no matter how small, paying attention also to the achievement of records, which are extremely important to monitor the treatment of PNBs. Skin lesions most commonly found in PNBs hospitalized to the NICU were classified as erythema, blister, pustule, hematoma, infiltration among others (29), with upper limbs as the most observed location. The upper limbs are the places of choice for blood drawings, followed by the lower limbs. The results of our observation are similar to other studies on premature skin lesions: upper limbs (52%), perianal region (27%), lower limbs (12%), head (6%) and other (3%) (24). In another study the areas identified with the lesions were: 61.7% in cephalic region; 30.9% in the lower limbs; 28.4% in the genital area; 18.5% in the perianal region and 61.7% of the lesions were located in more than one location (25). The use of tape in the NICU is often inevitable due to the need to protect the devices and monitoring equipment. However, there is a need to minimize the amount of used tape and reduce the skin area in contact with the tape (30). Removing tape from the skin of newborns causes abrasion, erythema and ulceration of the skin (31). Removal of the tape may remove 70 to 90% of the stratum corneum. In premature infants, due to the immaturity of cell regeneration processes, epithelial healing and renewal can take days after the removal of tapes. Thus, the professional should be very cautious with this practice. Our study also checked the size of the lesion in PNBs. Disruption of the skin has important consequences for the premature, such as prolongation of hospitalization, increased costs, and increased risk of infection, pain, reduced quality of

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Ricerca

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Ricerca the barrier function of the skin, reducing the exposition to secondary infections. However, there are only a few controlled studies on the methods to remove dressing from PNB skin. It is suggested the use of cotton or cotton swab dipped in water or emollients (31). To observe the skin and its modifications, nurses must have skills regarding the newborn skin peculiarities. In our study there were 7 NBs (18%) without any registration of the treatment performed. Clinical recording must be a priority for nurses in their activities. As a matter of fact, clinical data also provide the basis for research and are an important tool in improving the quality of nursing care for newborns. Conclusion This study observed 27 PNBs who were hospitalized to a NICU and identified 39 lesions. The nursing care of PNBs should be holistic and customized on their peculiarities. Providing competent skin care to PNBs may contribute to promote the quality of life of the babies during their stay in neonatal units, and it represents a continuous challenge for neonatology nurses. There is a need to improve the skin care given to PNBs, not only with regards to treatment but especially with regard to prevention. Our data may be of help to neonatology nurses in order to improve the care provided to PNBs. Bibliography 1– Fernandes JD, Machado, MC, OLIVEIRA ZN. Quadro clínico e tratamento da dermatite da área das fraldas – Parte II. An. Bras Dermatol. 2009, 84: 47- 54. 2- Fontenele FC, Cardoso MVLML. Cuidado com a pele do recém- nascido na unidade de terapia intensiva neonatal. In: Moura EC, Silva GRF, Nery IS (organizadoras). Fases e faces do cuidar em enfermagem: o Piauí no nordeste brasileiro. Teresina: EDUFPI, 2011. 3- Tamez RN, Silva MJP. Enfermagem na UTI neonatal: assistência ao RN de alto risco. 5 ed. Rio de Janeiro: Guanabara Koogan, 2013. 4- Fontenele FC. Lesões de pele em recém- nascidos na unidade de terapia intensiva neonatal [dissertação]. Fortaleza: Universidade Federal do Ceará; 2008. 5- Adriano LSM, Freire ILS, Pinto JTJM. Cuidados intensivos com a pele do recém-nascido pré- termo. Rev Eletr Enf [Internet]. 2009, 11(1):173-180. 6- Fontenele FC, Cardoso, MVLML. Lesões de pele em recém- nascidos prematuros internados na unidade de terapia intensiva neonatal. Rev Rede Enferm Nordeste, 2005, 6(2): 88-95. 7- Rades E, Bittar RE, Zugaib M. Determinantes diretos do parto prematuro eletivo e os resultados neonatais. Rev Bras Ginecol Obstet, 2004, 26(8): 655- 662. 8- Santos RRR, Cardoso MVLML, Silva GRF, et al. Aplicação de manual educativo sobre a pele do RN com estudantes de enfermagem. Rev Eletr Enfermagem, 2007, 9(3): 759–771. 9- Cestari S, Murahovschi J. Abordagem contemporânea dos cuidados com a pele infantil, São Paulo: Limay, 2010. 10- Rodrigues YT, Rodrigues PPB. Semiologia pediátrica. 3 ed. Rio de Janeiro: Guanabara Koogan, 2012. 11- Ferreira VR, Madeira LM. Lesões de pele em recém- nascidos na unidade de terapia intensiva neonatal e a assistência de enfermagem. Rev. Mineira Enfermagem. 2004, 8(1): 165- 252.

CN-IJPNS FAQ Risposte alle domande più frequenti dei lettori

Quando viene spedito Children’s Nurses ? La nostra rivista ha cadenza trimestrale. Il primo numero di ogni anno è quello d’Inverno (che porta il numerò d’ordine 4 dell’anno solare precedente), che viene spedito solitamente a metà Febbraio; il secondo numero è quello di Primavera, spedito verso la metà di Maggio col numero 1 dell’anno in corso; seguono poi il terzo numero, quello d’Estate, che è spedito solitamente ad Agosto (numero 2 dell’anno in corso), ed il quarto numero, Autunno, spedito solitamente a Novembre (numero 3 dell’anno in corso). Talvolta la rivista non mi arriva, o arriva molto tardi: perché? Children’s Nurses viene inviato in abbonamento postale e viene recapitato da Poste Italiane. Purtroppo abbiamo dovuto constatare che mentre in alcune zone il recapito è tempestivo e regolare, in altre è frammentario e spesso non avviene. Abbiamo più volte protestato con Poste Italiane ma con scarso successo. Quando ci viene segnalato un mancato recapito, noi provvediamo subito all’invio di un'altra copia. Occorre però tenere presente che l’invio per posta ordinaria di una copia aggiuntiva costa 8 volte la tariffa dell’abbonamento postale. Chiediamo a coloro nelle cui zone si verificano i mancati recapiti di aiutarci nella soluzione del problema e di inviare un reclamo ufficiale a Poste Italiane, utilizzando il form online che trovate all’indirizzo: http://www.poste.it/online/reclami/servizi-postali Perché il carattere di stampa della rivista è così piccolo ? A differenza di altre riviste scientifiche, dotate di larghi mezzi economici e di sponsorizzazioni, Children’s Nurses deve stare molto attenta alle spese di stampa. Quando è stato deciso di aumentare il numero di articoli pubblicati in ogni numero della rivista, per contenere i costi abbiamo scelto di mantenere inalterato il numero di pagine. Questo però ha portato di necessità a ridurre la dimensione dei caratteri. I membri della redazione di Children’s Nurses sono retribuiti ? No. Nessun membro della redazione riceve alcuna retribuzione per ciò che fa e neppure rimborsi spese. Tutto il lavoro che porta all’uscita della rivista (copy-editing, impaginazione, segreteria, corrispondenza, logistica ecc.) è fatta a titolo volontario da infermieri che donano parte del loro tempo libero a permettere la pubblicazione della rivista. Non sono retribuiti, ovviamente, neppure gli autori degli articoli ed i referee che valutano la qualità scientifica dei manoscritti sottoposti alla redazione. Questo spiega perché il costo dell’abbonamento annuale alla rivista è così basso, più basso di qualsiasi altra rivista infermieristica italiana. Sono invece a pagamento la stampa ed il confezionamento della rivista che sono fatti da un’azienda esterna, e l’abbonamento postale.

12- Lobiondo-Wood G, Haber J. Pesquisa em enfermagem: métodos, avaliação crítica e utilização. 4 ed. Rio de Janeiro: Guanabara Koogan, 2001. 13- Gil AC. Como elaborar projetos de pesquisa. 5 ed. São Paulo: Atlas, 2010. 14- Polit DF, Beck CT. Fundamentos de pesquisa em enfermagem: métodos, avaliação e utilização. 7 ed. Porto Alegre: Artmed, 2011. 15- Marconi MM, Lakatos EM. Metodologia Científica. 6 ed. São Paulo: Atlas, 2011. 16- Cianciarullo TI. Instrumentos básicos para o cuidar: um desafio para a qualidade da assistência. São Paulo: Atheneu, 2005. 17- Leone CR, Tronchin DMR, Toma E. Assistência integrada ao recém- nascido. 2 ed. São Paulo: Atheneu, 2011. 18- Ministério da Saúde (BR). Assembléia Mundial de Saúde. Resoluções WHA20.19 e WHA43.24, de acordo com o Artigo 23 da Constituição da Organização Mundial da Saúde. 19- Costa HPF, Marba ST. O Recém- nascido de muito baixo peso. 2 ed. São Paulo: Atheneu, 2010. 20- Ramos HRC, Cuman RKNC. Fatores de risco para prematuridade: pesquisa documental. Esc Anna Nery Rev Enferm, 2009, 13(2): 297- 304. 21- Magalhães FJ, Lima FET, Rolim KMC, et al. Respostas fisiológicas e comportamentais de recém- nascidos durante o manuseio em unidade de terapia intensiva neonatal. Rev Rene, Fortaleza, 2011, 12(1): 136- 43. 22- Clotherty JP, Eichenwald EC, Stark AR. Manual de neonatalogia. 6 ed. Rio de Janeiro: Guanabara Koogan, 2009. 23- Hockenberry MJ, Wilson D. Wong: Fundamentos de enfermagem pediátrica. 8 ed. Rio de Janeiro: Elsevier, 2011. 24- Nepomuceno LMR. Avaliação do indicador de qualidade “Integridade da Pele do Recém- Nascido” como subsídio para a capacitação do pessoal de enfermagem [dissertação]. São Paulo: Universidade de São Paulo, 2008. 25- Ferreira AS. Guerra ALCI, Javorski M, et al. Lesões de pele em recém- nascidos e lactentes. Rev enferm UERJ, Rio de Janeiro, 2013, 21(2): 208- 15. 26- Fontoura FC, Fontenele FC, Balbino, AC, et al. Recém- nascido com anomalia congênita: um enfoque em diagnósticos de enfermagem. Rev enferm UFPE. 2012, 6(10): 2387- 95. 27- Martins CP, Tapia CE. A pele do recém- ascido prematuro sob a a avaliação do enfermeiro: cuidado norteando a manutenção da integridade cutânea Rev Bras Enferm, 2009, 62(5): 778- 783. 28- Fontenele FC, Cardoso, MV. Skin lesions in newborns in the hospital setting: type, size and affected area. Rev Esc Enferm USP, 2011, 45(1): 130- 137. 29- Macdonald MG, Mullett, MD, Seshia, MMK. Avery: Neonatologia: fisiopatologia e tratamento do recém-nascido. 6 ed. Rio de Janeiro: Guanabara Koogan, 2007. 30- Allwood M. Skin care guidelines for infants aged 23–30 weeks' gestation: a review of the literature. Neonat paed child health nurs. 2011, 14(1): 20- 27. 31- Reis AT, Santana HHS, Araujo LA. Exame Físico Neonatal in: Enfermagem na prática materno- neonatal. Rio de Janeiro: Guanabara Koogan, 2012. 32-Shwayder, t.; Akland, t. Neonatal skin barrier: structure, function and disorders. Dermatol Ther. 2005, 18(2): 87–103. 33-Stephen-Haynes J. Skin tears: achieving positive clinical and financial outcomes Clinical Focus, Wound care, March 2012. 34-Magnani D, Campani L, Di Lorenzo R, et al. The nursing care of newborns affected by Epidermolysis Bullosa: a review of the literature. Children’s Nurses - It J Ped Nurs Sci 2014, 6(3): 97-101. 35-Afsar FS. Skin care for preterm and term neonates. Clin Exp Dermatol, 2009, 34 (8): 855-858. 36- Association of Women's Health Obstetric and Neonatal Nurses (AWHONN) Neonatal skin care, second edition. Evidence-based clinical practice guideline. 2007. 37-Mandelbaum SH, Di Santis, EP, Mandelbaum, MHS. Cicatrização: conceitos atuais e recursos auxiliares - Parte II. Anais Bras. Dermatol. Rio de Janeiro, 2003, 78(5): 525-542. 38-Jorge AS, Dantas SRPE. Abordagem multiprofissional do tratamento de feridas. São Paulo: Atheneu, 2003. 39-Lund CH, Kuller J, Lott J W. Neonatal Skin Care: Clinical Outcomes of the AWHONN/NANN Evidence-Based Clinical Practice Guideline. J Obstet Gynecol Neonatal Nurs. 2001, 30(1): 41-51.

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Diana Cerne1, Carmen Torraco2, Marco Petean3, Angelo Dante4

1 Azienda per l’Assistenza Sanitaria n. 2 - Bassa Friulana-Isontina 2 L’OndaNova Cooperativa Sociale Onlus 3 Azienda per l’assistenza sanitaria n. 4 - Friuli Centrale 4 Università degli Studi di Trieste adante@units Keywords: Nurse’s Role; Nursing Care; Nurse-Patient Relations; Qualitative Research; Pediatric Nursing

La transizione di ruolo dall’assistenza all’adulto all’assistenza al bambino: studio fenomenologico descrittivo

Abstract In Italia, l’assistenza infermieristica pediatrica è largamente garantita da infermieri generalisti esperti nell’assistenza all’adulto. Conoscere il vissuto degli infermieri che transitano verso l’ambito pediatrico è utile alle organizzazioni sanitarie per ottimizzare la gestione delle risorse umane e migliorare la qualità assistenziale erogata. Materiali e metodi. E’ stato condotto uno studio fenomenologico descrittivo su 18 infermieri arruolati con campionamento a palla di neve. Risultati. Le principali motivazioni alla transizione verso l’assistenza pediatrica sono state la demotivazione e la presenza di limitazioni funzionali. Il processo di transizione è stato accompagnato da emozioni contrastanti mentre i ridotti livelli di abilità ed esperienza nell’ambito pediatrico hanno reso difficile l’integrazione iniziale. I partecipanti hanno percepito una ridotta utilità delle competenze possedute. La transizione è avvenuta generalmente in modo destrutturato. Discussione. L’assistenza al bambino implica il possesso di specifiche competenze. I risultati dello studio stimolano l’innalzamento dei livelli di attenzione al processo di transizione da parte della leadership infermieristica. Conclusioni. La transizione dall’assistenza all’adulto a quella pediatrica necessita di essere adeguatamente governata dal punto di vista organizzativo anche attraverso percorsi d’inserimento strutturati. Saranno utili ulteriori contribuiti di ricerca orientati alla documentazione dell’associazione tra processo di transizione verso l’ambito pediatrico ed esiti assistenziali.

Introduzione La transizione di ruolo è un processo dinamico e di sviluppo emozionale che permette l’acquisizione di identità, valori e conoscenze di base inerenti il nuovo ruolo acquisito (1). Tale fenomeno è tipicamente accompagnato dalla separazione della persona che lo sperimenta, dai precedenti legami e supporti sociali, dalla mancanza di punti di riferimento, dall’insorgenza di nuovi bisogni e dall’incongruenza tra vecchie e nuove aspettative (2). Nella transizione si realizza il passaggio da una condizione di comfort e familiarità ad una condizione sconosciuta che richiede un fisiologico periodo di adattamento per l’interessato e per il gruppo di lavoro che lo accoglie (3,4). Il cambiamento di ruolo non è facile (5) e quando le organizzazioni non garantiscono adeguati livelli di guida e supporto (6,7) può generare frustrazione, senso di inadeguatezza ed ansia, impattando negativamente sulle performance lavorative e sulle abilità di decision making (8). La transizione può inoltre esitare nella decisione di ritornare al ruolo precedente entro il primo anno di lavoro (9,10). Al contrario, quando si realizza una transizione di successo, il professionista si esprime nel nuovo ruolo con competenza, conoscenza, accettazione, impegno e soddisfazione determinando un miglioramento della qualità del servizio (11). Sebbene il supporto fornito dalle organizzazioni attraverso specifici programmi e con la messa a disposizione di guide (mentor o tutor) non permetta di eliminare completamente ansia e stress generati dal processo di transizione, essi promuovono la soddisfazione, la confidence, il senso di appartenenza nonché l’acquisizione di competenze (4,12-14). Nella letteratura infermieristica sono disponibili numerosi contributi sulla transizione di ruolo. È stata infatti documentata la transizione da studente infermiere ad infermiere clinico (15-17), da infermiere clinico a docente universitario (18), da infermiere generalista a infermiere specialista (1,4,14), da contesti di cura per pazienti acuti all’assistenza domiciliare (11) o agli hospices (19) mentre non risultano disponibili studi che indaghino l’esperienza della transizione degli infermieri dall’assistenza

al paziente adulto a quello pediatrico. In Italia l’assistenza infermieristica al bambino ed alla sua famiglia è garantita solo in piccola parte da laureati in infermieristica pediatrica (DM 70 del 1997) mentre nella maggior parte dei casi essa è erogata da infermieri generalisti che frequentemente transitano dall’assistenza all’adulto all’assistenza al bambino (20). Nonostante l’attuale dibattito incentrato sulla necessità di garantire cure specializzate in ambito pediatrico (20), non sono disponibili evidenze sul processo di transizione di ruolo degli infermieri generalisti verso l’ambito pediatrico. Conoscere il loro vissuto è infatti utile alle organizzazioni sanitarie non solo per ottimizzare la gestione delle risorse umane ma anche per migliorare la qualità assistenziale erogata al bambino ed alla sua famiglia. Lo scopo principale dello studio è quello di esplorare l’esperienza vissuta dagli infermieri generalisti nella transizione dall’assistenza all’adulto a quello pediatrico. Materiali e Metodi E’ stato condotto uno studio fenomenologico descrittivo (21), il cui report è stato redatto sulla base dei criteri più rilevanti della checklist Consolidated Criteria for Reporting Qualitative Research COREQ, sviluppata per garantire uniformità agli studi qualitativi basati su interviste o focus group (22). Partecipanti. La popolazione di riferimento era costituita dagli infermieri che hanno vissuto l’esperienza di transizione dall’assistenza all’adulto all’assistenza in ambito pediatrico. Adottando un campionamento a palla di neve (23) sono stati arruolati gli infermieri che hanno espresso il consenso alla partecipazione. Complessivamente diciotto infermieri sono stati contattati telefonicamente ricevendo informazioni sulle finalità dello studio e sulle modalità di raccolta dati. Setting e raccolta dati. La raccolta dati è avvenuta alla sola presenza del ricercatore in un luogo dedicato scelto dai partecipanti. Prima di questa fase le domande contenute nelle interviste sono state sottoposte ad un test pilota per valutarne l’appropriatezza e

Nurses’ transition from adult care to children’s care: a phenomenological study Introduction. In Italy, children’s nursing care is provided also by general nurses who previously worked in adult settings. Knowing the nurses’ role transition experiences may help Health-Care Organizations to optimize their human resources management and improve the quality of care. Methods. A phenomenological study was conducted. Eighteen nurses were enrolled with a snowball sampling. Results. Participants’ workplace demotivation and physical limitations were the main triggers of the role transition from adult care to children care. During this process nurses have experienced conflicting emotions. Their inexperience in the pediatric field and the perception of a limited utility of their skills made their integration into the new teamwork difficult. Generally, the role transition occurred in an unstructured way. Discussion. Children’s nursing care requires specific skills. The results of this study encourage Health-Care Organizations to increase the level of attention on transition role in pediatric settings. Conclusions. The transition role from the adult to pediatric nursing care should be adequately governed also through formal mentoring programs. Future research should be directed to documentation of the association between transition process and nursing care outcomes.

Research

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Ricerca la comprensibilità. Al fine di permettere una profonda riflessione sull’esperienza vissuta dai partecipanti ed aumentare la probabilità di ottenere risposte dettagliate, le domande guida sono state loro consegnate una settimana prima dell’intervista. Le domande guida erano le seguenti: 1. Quali sono le motivazioni che hanno determinato il suo

passaggio dall’assistenza al paziente adulto a quello pediatrico?

2. Come ha vissuto l’esperienza? Quali emozioni ha provato? 3. Quali sono le figure professionali che maggiormente

l’hanno supportata in questa esperienza? 4. Dal punto di vista organizzativo era previsto un

programma d’inserimento strutturato? 5. Quali sono le difficoltà che ha riscontrato in questa

transizione? 6. Quali strategie possono essere facilitanti per migliorare la

transizione dell’infermiere dall’assistenza al paziente adulto a quello pediatrico?

Le interviste faccia a faccia condotte nel periodo compreso tra gennaio e marzo 2014, sono state audio registrate ed arricchite con dettagli raccolti dall’intervistatore in un diario. La durata media delle interviste è stata di 40 minuti. Il progressivo reclutamento dei partecipanti è stato determinato in base alla saturazione dei dati (23). Analisi dei dati. Le interviste sono state trascritte e successivamente sottoposte ad analisi del contenuto (24). Ogni intervista è stata letta più volte per acquisirne una profonda comprensione. Alle frasi degli intervistati sono stati attribuiti i significati compresi dal ricercatore ed i concetti emergenti sono stati sintetizzati in unità descrittive. Successivamente, al fine di identificare l’essenza del fenomeno, le unità descrittive sono state sintetizzate in categorie tematiche. I ricercatori hanno evitato interpretazioni personali durante le interviste e nell’analisi del loro contenuto in modo da non influenzare i risultati con aspetti ritenuti da essi stessi rilevanti (24). Nella descrizione dei risultati sono state utilizzate citazioni dei partecipanti, codificate in modo da indicare l’intervista a cui facevano riferimento. Al fine di promuovere la diversità, arricchire la comprensione e garantire credibilità ai risultati, le fasi del metodo fenomenologico sono state condotte indipendentemente da ognuno dei ricercatori che poi hanno collaborato confrontando ed integrando i risultati ottenuti, rispettando il concetto di triangolazione dei risultati (24). Per la descrizione del campione sono state utilizzate statistiche come descrittive frequenze, percentuali (%) ed indici di tendenza centrale come media, deviazione standard (DS), mediana e range. Aspetti etici. Lo studio è stato preventivamente autorizzato dalla Direzione Aziendale della sede di coordinamento. Tutti i partecipanti preventivamente contattati hanno espresso il consenso alla partecipazione. Tutti i dati sono stati trattati nel rispetto della normativa vigente in materia di tutela della privacy. A tal proposito, ai partecipanti sono stati assegnati dei codici numerici, le audio registrazioni dopo essere state trascritte sono state distrutte mentre le trascrizioni sono state archiviate in un luogo sicuro. Risultati Hanno partecipato complessivamente 18 infermieri di cui 17 (94.4%) femmine e 1 maschio (5.6%) con una età media di 42.7 anni (DS 7.1, mediana 45, range 29-51). Oltre alla laurea in infermieristica o titolo equipollente posseduta da tutti i partecipanti, un solo partecipante possedeva una Laurea Specialistica in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche. Gli anni medi di esperienza clinica nell'assistenza all’adulto erano di 15 anni (DS 5.5, mediana 15, range 4-26) mentre l’esperienza lavorativa maturata nell’ambito pediatrico era di 5 (DS 3.9, mediana 5, range 1-15). Al momento dell’intervista 6 (33.3%) intervistati lavoravano in una

Struttura Ospedaliera Universitaria mentre il restante numero 12 (66.7%) lavorava in un Ospedale di rete. Le esperienze degli infermieri Dall’analisi del contenuto sono emersi cinque temi rilevanti (tabella 1) e 15 unità descrittive che forniscono una sintesi delle complesse esperienze vissute dagli intervistati. Decidere di lasciare l'adulto per assistere il bambino Per la maggior parte dei partecipanti, la ridotta motivazione al lavoro o la presenza di limitazioni funzionali hanno influenzato la volontà di lavorare in ambito pediatrico “la lunga esperienza con gli adulti mi aveva portato a vedere con noia il mio lavoro. Avevo perso molti stimoli ed avevo bisogno di qualcosa che mi incuriosisse, che mi potesse far tornare la motivazione. Volevo una nuova esperienza e ho pensato che l’unica soluzione fosse quella di lavorare con i bambini” (intervista 15). Tuttavia anche l’interesse verso l’ambito pediatrico accompagnato dalla voglia di ampliare le proprie competenze professionali rappresenta un’importante spinta motivazionale “mi ha sempre affascinato l’idea di lavorare nel mondo pediatrico, poiché mi piacciono moltissimo i bambini e relazionarmi con loro […] dopo tanti anni di esperienza con l’adulto ho deciso di provare questa nuova esperien-za” (intervista 14). Gestire emozioni contrastanti La transizione verso l’ambiente pediatrico è stata descritta come un’esperienza ricca di emozioni contrastanti in cui possono coesistere gioia, paura, ansia “nei primi giorni di lavoro ero felicissima e molto motivata, ma anche ansiosa per ciò che mi aspettava e per quello che mi veniva chiesto. Avevo paura di non essere in grado di fare determinate cose o di essere giudicata negativamen-te” (intervista 14), “i primi giorni sono stati un connubio di emozioni positive e negative. Da un lato ero entusiasta… era un mondo nuovo per me, che mi affascinava, dall’altro ho provato tanta ansia, perché dovevo integrarmi con le nuove colleghe, con i pediatri e soprattutto con un nuovo tipo di paziente e ciò mi spaventava molto” (intervista 15). Per molti l’esperienza di transizione è stata invece prevalente-mente negativa e spesso associata ad insicurezza e ridotta autostima professionale “nei primi giorni mi sono sentita spaesata e spaventata, perché ho riscontrato delle difficoltà che non avevo mai avuto nel rapporto con il paziente adulto” (intervista 9), “ero un’infermiera esperta, tutor clinico e mi accingevo a ritornare principiante. E' un'esperienza certamente.... ma per l'autostima l'impatto è forte” (intervista 2). Sentirsi sospesi tra due culture assistenziali diverse Il possesso di ridotti livelli di abilità ed esperienza nello specifico ambito pediatrico ha reso difficile l’integrazione iniziale nella nuova équipe “all’inizio il rapporto è stato difficile perché ci sono state molte incomprensioni, non capivano che determinate cose non le

Categorie tematiche Unità descrittive

Decidere di lasciare l'adulto per assistere il bambino

Ridotta motivazione al lavoro Limitazioni funzionali Interesse verso l’ambito pediatrico Ampliamento delle proprie competenze

professionali

Gestire emozioni contrastanti

Gioia / Paura /Ansia Insicurezza e ridotta autostima

professionale

Sentirsi sospesi tra due culture diverse

Ridotti livelli di abilità ed esperienza Difficile integrazione iniziale / Diffidenza Perdita di autonomia professionale Disponibilità dei membri dell’équipe e del

coordinatore infermieristico

Scoprire di non poter contare sulle proprie conoscenze

Non poter contare sulle proprie competenze

Necessità di rimodulare le strategie assistenziali

Necessità di proteggersi dagli errori Vivere il governo della transizione da parte dell’organizzazione

Transizione destrutturata Esigenza di percorsi strutturati

Tabella 1. Temi e unità descrittive emersi dalle interviste

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maturare nel tempo e dei criteri di misurazione oggettivi, sono stati vissuti favorevolmente dai partecipanti “l'ho vissuta molto bene in quanto ho avuto la fortuna di avere dei tutor competenti e pazienti, che hanno saputo formarmi. Essendo un’esperienza nuova per me, è stato tutto molto interessante e stimolante” (intervista 7). A tal proposito, l’utilità di un programma di accompagna-mento strutturato basato su strategie formative avanzate, che faciliti l’integrazione nell’équipe e promuova la cultura dell’accoglienza è un’esigenza emersa dal vissuto della maggior parte dei partecipanti “è necessario un percorso di inserimento formale, sostenuto da più infermiere esperte. Un percorso formativo veramente centrato sulle conoscenze e competenze che il neo inserito dovrebbe acquisire” (intervista 2), “sarebbe utile rivedere più volte all’anno le varie procedure, con simulazioni, perchè magari difficilmente ti capita di farle e non saremmo in grado di metterle in pratica” (intervista 9). Discussione Questo studio, a conoscenza degli autori, è il primo a livello nazionale in cui sia stata documentata l’esperienza di transizione di infermieri esperti in assistenza all’adulto verso l’assistenza in ambito pediatrico. La ridotta numerosità campionaria e la natura qualitativa del disegno di ricerca richiedono tuttavia cautela nella generalizzazione dei risultati in altri contesti operativi nazionali. Le caratteristiche demografiche dei partecipanti sono risultate omogenee rispetto al profilo descritto a livello nazionale in termini di età media, di distribuzione di genere e di anni di esperienza clinica complessiva (25,26). Le principali motivazioni che hanno stimolato la transizione dall’assistenza all’adulto a quella pediatrica erano legate alla possibilità di trovare condizioni lavorative migliori. Tuttavia, un processo di transizione non orientato alla crescita professionale e non supportato da adeguate motivazioni potrebbe determinare un ridotto livello di engagement (grado di coinvolgimento) verso il nuovo ruolo incidendo negativamente sul successo della transizione stessa (8). Un attento monitoraggio da parte delle organizzazioni sanitarie delle richieste allocative degli infermieri e delle motivazioni che ne sono alla base è dunque necessario al fine di garantire il successo della transizione e incidere positivamente sulla qualità del servizio erogato (11). Come documentato in letteratura (4,5) anche in questo studio la transizione è stata un’esperienza in cui erano presenti contestualmente emozioni positive e negative configurandosi come un momento critico ad alta salienza psicologica (27) in cui, il mancato governo da parte delle organizzazioni, potrebbe orientarne l’esito verso una chiusura precoce o tardiva. È possibile infatti che quando il professionista non padroneggia la transizione, fugga precocemente verso altre realtà operative oppure, non riuscendo a prendere decisioni adeguate, ne ritardi la conclusione. La messa in discussione della propria identità (27) ed i ridotti livelli di abilità percepiti generano condotte lavorative orientate all’instabilità, all’indecisione e all’incoerenza che, una volta intercettate dai membri del gruppo, si pongono alla base della diffidenza e della forte perdita di autonomia percepita dai partecipanti (19). La consapevolezza di non poter contare sulle competenze acquisite in passato e l’incerta presenza di percorsi d’inserimento strutturati uniti alla percezione di un aumentato livello di rischio nell’erogare l’assistenza (8) e alla mancanza di una robusta formazione di base nell’ambito pediatrico (20) potrebbero incidere negativamente sulla permanenza degli infermieri in tale ambito generando così non solo frustrazione per coloro che sperimentano la transizione ma anche uno spreco di risorse umane (28) a livello organizzativo. Secondo i partecipanti quello pediatrico è un ambito di difficile transizione in cui specifici programmi d’inserimento (29) e la presenza di tutor formati che affianchino per un periodo adeguato il neo inserito (30) appaiono dunque fondamentali per garantirne il successo.

avevo mai fatte e sembravano infastiditi” (intervista 14). Molti infermieri hanno infatti vissuto diffidenza nei propri confronti ed una forte perdita di autonomia professionale “nel primo periodo, il personale di reparto era molto chiuso, riservato solo alle infermiere pediatriche e le infermiere generaliste venivano viste come delle intruse” (intervista 11), “nonostante lotti ogni giorno per affermare chi sono e quali siano le mie competenze, ho dovuto accettare che mi fosse tolta molta autonomia” (intervista 2). Tuttavia la contestuale disponibilità dei membri dell’équipe e del coordinatore infermieristico nel fornire adeguate informazioni e risolvere i dubbi è stato determinante nel favorire il processo di integrazione dei nuovi membri “mi sono state vicine le colleghe ma anche la coordinatrice che si rendeva sempre disponibile e mi chiedeva spesso come andava, se avessi dubbi o problemi. Mi ha aiutato a farmi accettare da tutti e farmi sentire subito parte del gruppo” (intervista 14) Scoprire di non poter contare sulle proprie conoscenze Tutti gli intervistati erano accomunati dalla percezione di non poter contare sulle competenze maturate precedentemente al nuovo ruolo assunto “Ho subito capito che l'occhio clinico maturato in sei anni di lavoro non mi serviva affatto... né con il neonato, né con il bambino” (intervista 2), “le mie competenze erano importanti perché non partivo da zero, ma il problema principale è che tutto viene modificato quando devi praticarle su un bambino, perché cambia il modo di approcciarsi e il modo di effettuare certe tecniche infermieristiche” (intervista 15). Le prime esperienze assistenziali hanno fatto emergere la necessità di rimodulare le strategie assistenziali a cui i partecipanti erano abituati non solo per la diversa conformazione fisica del bambino e per il diverso approccio comunicativo richiesto “le difficoltà più grandi le ho riscontrate nel lavorare con i neonati o bambini più piccoli, perché li vedevo più fragili” (intervista 14), “con l'adulto si riesce ad interagire in maniera diretta. Con il piccolo paziente, purtroppo ciò non succede. E' difficile capire quali sono i suoi bisogni e le sue priorità” (intervista 3) ma anche per la costante presenza dei genitori con i quali era necessario instaurare alleanze e garantire la loro partecipazione alle cure (ad esempio permettendo loro di somministrazione alcuni farmaci o di utilizzare alcuni devices per ottenere la compliance terapeutica del bambino) “spesso viene affidato molto del nostro lavoro alla madre... perché il bambino preferisce assumere farmaci da una persona che conosce” (intervista 2). Il bagaglio esperienziale e di conoscenze non era inoltre percepito come utile a proteggersi contro possibili errori “in qualche situazione di emergenza avrei potuto sbagliare, perché non ero pronta e sono andata in panico, ma per fortuna mi sono trovata in turno con colleghe che mi ha aiutato a far fronte a questo momento di difficoltà” (intervista 15), “un infermiere senza conoscenze in ambito pediatrico ragiona come se assistesse un adulto. Questo mi ha portato a sottovalutare molte situazioni. Poi ho imparato che ciò che non è rilevante nell’adulto, può essere pericoloso nel bambino” (intervista 2). Vivere il governo della transizione da parte dell’organizzazione Nella maggior parte dei casi, la transizione è avvenuta in modo destrutturato ed è stata affidata al coordinatore infermieristico che ha garantito l’affiancamento di un tutor o di colleghi esperti per un periodo di tempo variabile “per il primo periodo non c’è stato un vero e proprio programma di inserimento. Semplicemente sono stata affiancata nei turni da infermiere più esperte che mi guidavano e davano risposte ai miei dubbi” (intervista 14) tuttavia, le esperienze di transizione presidiate dalle organizzazioni attraverso percorsi strutturati che prevedevano l’affiancamento a tutor dedicati, un elenco di competenze da

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INFORMAZIONI PER GLI AUTORI La rivista "CHILDREN’S NURSES - Italian Journal of Pediatric Nursing Science" prende in considerazione per la pubblicazione contributi originali in italiano ed in inglese su argomenti di infermieristica pediatrica e neonatologica. I lavori possono essere sotto forma di articoli di ricerca originale, revisioni della letteratura, esperienze professionali, lettere alla redazione ed ogni altro tipo di lavoro originale che fornisca un contributo significativo ed utile per la pratica clinica degli Infermieri di area pediatrica. I manoscritti devono essere preparati seguendo le norme per gli Autori pubblicate di seguito, che sono conformi agli Uniform Requirements for Manuscripts Submitted to Biomedical Editors editi a cura dell’International Committee of Medical Journal Editors (Ann Intern Med 1997;126:36-47). La redazione mette a disposizione il proprio supporto per la corretta preparazione dei manoscritti. Per contattare la redazione e ricevere informazioni al riguardo, inviare una email a [email protected] o chiamare il 366 1776066. I lavori devono essere preparati in italiano ed inviati per posta elettronica all'indirizzo email

[email protected] Il testo dovrà essere preparato in formato .doc o .rtf. I lavori sottoposti a "Infermieri dei Bambini -GISIP" verranno inviati per la valutazione ad esperti esterni. Gli autori riceveranno una notifica di ricevimento dell'articolo e, non appena disponibile, il giudizio dei revisori e la decisione dell'editore. I manoscritti sottoposti a "Infermieri dei Bambini -GISIP" non devono essere già stati pubblicati e, se accettati, non dovranno essere pubblicati altrove né integralmente né in parte. Tutto il materiale iconografico deve essere originale. L’iconografia tratta da altre pubblicazioni deve essere corredata dal permesso dell’editore. La rivista recepisce i principi della Dichiarazione di Helsinki e tutte le ricerche sottoposte alla redazione che coinvolgano esseri umani devono essere state condotte in conformità ad essi. Dopo l'accettazione tutti gli autori dovranno inviare alla redazione la seguente dichiarazione: "I sottoscritti autori trasferiscono la proprietà dei diritti di autore alla rivista Infermieri dei Bambini -GISIP, nella eventualità che il loro lavoro sia pubblicato sulla stessa rivista. Essi dichiarano che l’articolo è originale, non è stato inviato per la pubblicazione ad altra rivista, e non è stato già pubblicato. Essi dichiarano di essere responsabili della ricerca, che hanno progettato e condotto e di aver partecipato alla stesura e alla revisione del manoscritto presentato, di cui approvano i contenuti. Dichiarano inoltre che la ricerca riportata nel loro lavoro è stata eseguita nel rispetto della Dichiarazione di Helsinki". L’invio di un manoscritto per la pubblicazione comporta, in caso di accettazione, l’automatica autorizzazione all’utilizzo dell’articolo per gli eventi formativi ECM della SISIP. I manoscritti dovranno essere redatti con spaziatura doppia in carattere 12, non dovrà superare le 20 cartelle e non dovrà contenere più di 60 citazioni bibliografiche. L’articolo di ricerca deve essere di norma suddiviso nelle sezioni: introduzione, materiali e metodi, risultati, discussione, conclusioni. Nell’introduzione sintetizzare chiaramente lo scopo dello studio. Nella sezione dei materiali e metodi descrivere in sequenza logica come è stato impostato e portato avanti lo studio. Nella sezione dei risultati dare le risposte alle domande poste nell’introduzione. I risultati devono essere presentati in modo completo, chiaro, conciso eventualmente correlati di figure, grafici e tabelle. Nella sezione discussione riassumere i risultati principali, analizzare criticamente i metodi utilizzati, confrontare i risultati ottenuti con gli altri dati della letteratura, discutere le implicazioni dei risultati. Le revisioni devono trattare un argomento di attualità ed interesse, presentare lo stato delle conoscenze sull’argomento, analizzare le differenti opinioni sul problema trattato, essere aggiornato con gli ultimi dati della letteratura. Ogni manoscritto dovrà includere, nella pagina iniziale, l'indicazione del nome e cognome di tutti gli autori, dell'istituzione di appartenenza, il nome, indirizzo, numero telefonico e e-mail dell’autore al quale dovranno essere inviate la corrispondenza, riferimenti di eventuali Congressi ai quali il lavoro sia già stato presentato, menzione di eventuali finanziamenti ricevuti, ringraziamenti. Dovrà essere anche preparato un riassunto (abstract) di circa 200 parole contenente gli elementi più importanti del lavoro presentato. La bibliografia deve comprendere i soli lavori citati nel testo. La bibliografia va numerata con numeri arabi in ordine consecutivo di prima citazione nel testo. Il richiamo delle voci bibliografiche nel testo deve essere fatto con numeri arabi posti tra parentesi. La bibliografia deve essere citata nello stile standardizzato approvato dall’International Committee of Medical Journals Editors. Per ogni voce bibliografica si devono riportare il cognome e l’iniziale del nome degli Autori (elencare tutti gli Autori fino a sei, se sette o più elencare solo i primi sei nomi seguiti da: et al.), il titolo originale dell’articolo, il titolo della rivista (attenendosi alle abbreviazioni usate dall’Index Medicus), l’anno di pubblicazione, il numero del volume, il numero di pagina iniziale e finale. Nelle citazioni bibliografiche seguire attentamente la punteggiatura standard internazionale come esemplificato di seguito:

Esempio di articolo: Palese A, Lamanna F, Di Monte C, Calligaris S. Quality of life in patients with right- or left-sided brain tumours. J Clin Nurs 2008;17:1403-10. Esempio di libro: de Martino M. Pediatria. 2012, Edises, Napoli

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Conclusioni La transizione dall’assistenza all’adulto a quella pediatrica necessita di essere adeguatamente governata dal punto di vista organizzativo anche attraverso percorsi d’inserimento strutturati. Nel contesto italiano, in cui l’assistenza al bambino è affidata principalmente agli infermieri generalisti in quanto più facilmente utilizzabili anche in altri contesti clinici, è richiesta l’acquisizione di una nuova cultura professionale. Assistere il bambino implica infatti il possesso di competenze specifiche appartenenti in particolare alla figura dell’infermiere pediatrico. Al fine di garantire i migliori livelli di qualità e sicurezza nell’assistenza al bambino ed alla sua famiglia, la leadership infermieristica e gli Organi di rappresentanza professionale dovrebbero mantenere elevati livelli di attenzione sul fenomeno. Presidiare la transizione a livello organizzativo garantendo un’attenta allocazione alle risorse umane contestualmente ad una mirata programmazione del fabbisogno di infermieri specializzati in ambito pediatrico sia a livello locale che nazionale permetterebbe alle Università di ampliare l’attuale offerta formativa colmando nel corso degli anni le attuali criticità. Utili in futuro sono contribuiti di ricerca orientati alla documentazione dell’associazione tra processo di transizione verso l’ambito pediatrico ed esiti assistenziali. Bibliografia 1. Anderson JK. The work-role transition of expert clinician to novice academic educator.

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di Charles West, MD Traduzione italiana di Cecilia Spinelli-Bini e Filippo Festini

How to nurse Sick Children

Come assistere i bambini malati Parte 6

Termina in questo numero la pubblicazione a puntate in italiano della prima opera di Infermieristica pediatrica “How to Nurse Sick Children”, pubblicata da Charles West nel 1854 ed intesa come libro di testo per la formazione delle Infermiere dei Bambini dell’Ospedale Great Ormond Street di Londra. E’ la prima volta che “How to nurse Sick Children” viene tradotta in italiano. L’edizione che qui viene presa in considerazione è la terza, pubblicata nel 1864 sempre per i tipi dell’editore Longman, Green & Roberts di Londra. “How to nurse Sick Children” è il testo fondamentale al quale si fa risalire la nascita dell’Infermieristica pediatrica come autonoma disciplina scientifica ed assistenziale.

attenzione la finestra per qualche minuto un paio di

volte al giorno per far entrare aria fresca da fuori.

L’igiene personale

C’è anche paura di lavare il bambino o di cambiare le

lenzuola, nel timore che l’eruzione cutanea si possa

estendere o che il bambino possa prendere freddo.

Invece, anche nel morbillo -nel quale soltanto c’è una

minima base per un qualche timore di quel genere- se si

usa acqua tiepida e si lava una piccola parte del corpo

alla volta, non c’è alcun pericolo nemmeno con lavaggi

frequenti; passare frequentemente una spugna umida

sulla cute è in molti casi un gran sollievo per il paziente

la cui pelle scotta per la febbre. Lo stesso vale per il

cambio delle lenzuola, che in caso di febbre necessitano

di essere cambiate più frequentemente che in qualsiasi

altra malattia.

Le bevande

Lo stesso tipo di obiezioni parimenti infondate viene

spesso sollevato al fatto di dare al paziente bevande

fredde; questo nonostante che esse siano per le persone

che hanno una sete ardente di grandissimo sollievo, e

che l’acqua tiepida, l’infuso di pan tostato (2) o l’orzo

non offrano che un mediocre surrogato di quell’acqua

fredda che il paziente brama.

La quantità d’acqua da somministrare ogni volta non

deve eccedere i due cucchiai da minestra ma ben fredda,

e la somministrazione si può ripetere tutte le volte che il

bambino lo richiede.

Posso solo aggiungere che non deve esser dato ad un

bambino nulla di più di ciò che egli sia in grado di

prendere in sicurezza in una sola volta; sarà soddisfatto

di una tazzina abbastanza piena, mentre si agiterà

eccessivamente se verrà forzato a bere fino in fondo il

contenuto di un recipiente grande

Gli alimenti

Un altro preconcetto erroneo, che si manifesta più in

suggerimenti avventati che nei fatti, riguarda

l’alimentazione necessaria ai pazienti nel corso di una

febbre.

Può capitare che un bambino stia per giorni e giorni

senza prender altro che un pochino di the o di orzo o di

maranta e in quantità così piccole che non gli sarebbero

bastate per un solo pasto, quando era in salute.

(2) “Toast-water” nel testo originale. Consisteva in acqua tiepida nella quale era stato messo un pezzo di pane tostato; dava all’acqua un vago sapore caramellato

Il pericolo del morbillo può essere presente o subito al

momento in cui compare l’eruzione cutanea oppure

intorno al 5°-6° giorno. Il mal di gola della scarlattina

aumenta progressivamente fino al quarto o quinto giorno,

ma se prima d’allora era stato solo lieve, raramente si

aggrava dopo tale giornata. Il pericolo principale nel vaiolo

non si presenta prima del settimo o ottavo giorno,

qualunque sia stata vasta la butteratura.

I compiti dell’infermiera

Un’altra cosa da tenere a mente è che le febbri, a differenza

della gran parte delle malattie, anche se sono in forma

molto lieve devono seguire un certo corso e durano un

certo tempo, che nessuna abilità del dottore può accorciare;

inoltre, il pericolo che accompagna le febbri, benchè sia

grandissimo in certi momenti non è mai del tutto assente in

alcun momento del loro decorso e può apparire

all’improvviso a causa di azioni imprudenti. Nelle febbri,

dunque, quando non siano molto gravi, le cose dipendono

molto più dall’accortezza dell’infermiera che dalla capacità

del medico.

Ci sono giorni di attesa e di osservazione, in cui non c’è

null’altro da fare; dei giorni in cui l’interferire nel decorso

non porterebbe altro che danno; giorni, cioè, in cui tutto

ciò che si può fare e che è giusto tentar di fare è: spugnare

la pelle arida e secca con acqua tiepida, dare da bere per

alleviare la sete, mantenere la stanza ben aerata e gli

indumenti gradevolmente puliti.

Fare bene questo -con delicatezza per placare l’irritabilità

del bambino e con allegria per tenere alto il morale dei

genitori- è il compito dell’infermiera; compito svolgere il

quale è lungi dall’esser facile.

Errori da evitare

Ci sono in aggiunta alcune idee sbagliate -non solo

dell’infermiera ma talvolta anche della famiglia- che

ostacolano la corretta gestione della febbre durante il suo

decorso.

La temperatura

In primo luogo c’è una paura eccessiva di far prendere

freddo al bambino, e la stanza viene in molti casi

mantenuta molto calda e poco ventilata. Quando i bambini

hanno il morbillo è bene tenere la stanza a una temperatura

di circa 60 gradi (1); ma nelle altre febbri la temperatura

non deve superare i 55 gradi (1) al massimo, considerato

che è poco frequente che non si possa aprire con un po’ di

(1)Si tratta di 16 gradi centigradi e 13 gradi centigradi rispettivamente

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Inoltre può accadere che in tutto questo tempo il piccolo

sembra peggiorare sempre più e allora la naturale ansia

dei familiari li può portare a temere che il bambino si

spenga per inedia. Invece, occorre tenere bene in mente

che quando c’è la febbre alta nessun cibo può esser

appropriatamente digerito; che il cibo non digerito

causerebbe disturbi e danno a carico dello stomaco e

degli intestini, rovinando magari tutte le possibilità di

guarigione; e infine che determinare quando alimentare

il bambino o dargli del vino, lungi dall’essere una

questione su cui l’infermiera può disporre è invece

spesso una delle decisioni più difficili da prendere anche

per il più capace dei medici.

Osservanza delle prescrizioni

In nessuna malattia è necessaria un’osservanza più stretta

delle disposizioni mediche riguardanti l’alimentazione

che nel caso della febbre. E quest’osservanza va garantita

non solo nella puntuale esecuzione di tutto ciò che è

prescritto ma anche nell’astenersi dal compiere

qualunque cosa che non sia stata prescritta.

Conclusione

Se queste poche e semplici note risulteranno utili, potrò

in futuro scrivere in modo più particolareggiato di quanto

ho fatto in quest’occasione.

Nel frattempo, vi prego di non gettar da parte questo

libro come se non vi avesse detto null’altre cose che non

sapeste già; o come se poteste essere buone infermiere

senza conoscer ciò che vi è scritto. C’è un vecchio

proverbio che recita: “Ciò che è meritevole di esser fatto, è meritevole di esser fatto bene”.

E questo non può esser più vero che a proposito di

un’occupazione dal cui buon svolgimento dipendono la

salute e la vita. Ciò di cui vi ho parlato è certamente poca

cosa, ma lo scopo della vita di una persona non è quello

di compiere grandi azioni quanto quello di eseguire

piccoli compiti, praticare piccole virtù, elargire agli altri

piccoli atti di gentilezza. Questo è in particolare lo scopo

della vostra vita. Non devo certo ricordarvi che è da

questo che originano le grandi cose, quelle che compiete

a coloro con cui avete a che fare in questa vita e quelle

riceverete voi stesse nell’altra.

Il mio sincero augurio e la mia preghiera per voi e per

me stesso è che, quando il nostro cammino su questa

terra sarà concluso, noi possiamo udire le parole di

approvazione: “Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto”.

FATTI CHE ILLUSTRANO LA NECESSITA’ DI UN OSPEDALE PER I BAMBINI

1°- La mortalità dei bambini sotto i dieci anni è solo del due per cento, meno di quanto fosse cinquanta anni fa. Delle

50.000 persone che muoiono ogni anno a Londra, 21.000 sono bambini al di sotto quell’età.

2°- Gli ospedali di Londra sono inadeguati ad offrire ospitalità ai bambini malati. Nel gennaio 1843, su 2336 pazienti

ricoverati in tutti gli ospedali, solo 26 erano bambini al di sotto dei dieci anni, affetti da malattie peculiari dell’età.

3°- Le conoscenze mediche riguardanti le malattie dei bambini sono particolarmente carenti, a causa della mancanza di

sufficienti opportunità per il loro studio.

4°- Un ospedale speciale per bambini e necessario perché la speciale cura dei bambini malati richiede una speciale

organizzazione.

5°- Ospedali per bambini sono stati fondati con successo in 17 tra le principali città d'Europa ma non ne esisteva

neppure uno nel Regno Unito, finché non è stato aperto l'ospedale per bambini malati in Ormond Street.

6°- L’opinione della professione medica e pressoché unanimemente a suo favore

“Mi azzardo a dire che i poveri come classe beneficeranno più dall'apertura di un ospedale per malattie dei bambini

che da qualsiasi altro ospedale generale".

Dr. LATHAM

“È un fatto che dobbiamo riconoscere: le malattie dei primi anni di vita sono in generale riconosciute meno di quelle

che capitano a un'età più matura. Ed è un fatto che merita ancor più divulgazione quello che l'imperfezione delle nostre

conoscenze è principalmente dovuta alla mancanza di ospedali dedicati al ricovero di bambini malati”.

Dr. WATSON

“Il proposito di creare un ospedale per bambini malati nelle immediate vicinanze di Londra è così carico di benefici

futuri per ogni classe della comunità che non posso far altro che guardare ad esso col più profondo interesse e con la

massima attenzione”

Dr. BURROWS

“E’ senz'altro un’assoluta NECESSITÀ in questa metropoli. Vi faccio i miei migliori auguri per il suo successo e possa

avere tutto il sostegno che riuscirò a procurargli”.

Dr. LOCOCK

“Sarò felice di collaborare in qualsiasi modo voi riteniate sia di beneficio a codesta istituzione.”

Dr. FERGUSON

“La fondazione di un ospedale per i bambini in Londra oltre a rappresentare un inestimabile beneficio per gli stessi e

per i loro afflitti genitori, contribuirà grandemente anche all'avanzamento delle conoscenze mediche nell'importante

settore delle malattie infantili”.

Sir JOHN FORBES FINE

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Per non dimenticare

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Children’s Nurses

Winter 2015-2016. Year 7, Issue 4

The care of Children with a Chest Tube Simone Macchi, Laura De Porras Payana Children’s Nurses - Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences 2015; 7 (4): 112-116. State-of-the-art, [Italian] The nursing skills in the recognition of Munchausen Syndrome by Proxy: a multicenter survey Giulia Bulli, Daniele Ciofi Children’s Nurses - Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences 2015; 7 (4): 117-119. Observational Study, [Italian] Recommendations of good clinical practice for the management and the treatment of neonatal skin Silvia Tengattini, Silvia Ferrario, Luca Giuseppe Re, Elena Bezze Children’s Nurses - Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences 2015; 7 (4): 120-127. Review, [Italian] Child and Family-Centred Care questionnaire - nurses' attitudes: a tool to evaluate pediatric nurses’ attitude toward Child and Family Centred Care Annamaria Bagnasco, Fabiana Acampora, Simona Calza, Loredana Sasso Children’s Nurses - Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences 2015; 7 (4): 128-131 Validation Study, [Italian] Skin lesions in preterm infants in a neonatal intensive care unit Cristiane Coelho Timbó, Daniela Braga Godinho, Fernanda Cavalcante Fontenele, Maria Rosimar De Jesus Barbosa, Loreto Lancia, Regina Cláudia Melo Dodt, Rebeca Silveira Rocha Children’s Nurses - Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences 2015; 7 (4): 132-135. Observational study, [English] Nurses’ transition from adult care to children’s care: a phenomenological study Diana Cerne, Carmen Torraco, Marco Petean, Angelo Dante Children’s Nurses - Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences 2015; 7 (4): 136-139. Qualitative study, [Italian] The Italian translation of “How to Nurse Sick Children”, by Charles West. Last part Cecilia Spinelli Bini, Filippo Festini Children’s Nurses - Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences 2015; 7 (4): 140-141. Historical paper, [Italian]