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The Vikings Italy – STUDIO SUI NORMANNI DEL SUD ITALIA (XI-XII sec. d.C.)

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STUDIO SUGLI ARMAMENTI DEI NORMANNI DEL SUD ITALIA

L’arazzo di Bayeux, realizzato intorno al 1070-1077 per celebrare la vittoria del duca di Norman-dia Guglielmo il Conquistatore sui Sassoni nella celebre battaglia di Hastings (1066), rappresenta un docu-mento di eccezionale valore poiché ci consegna informazioni, altrimenti sconosciute, sugli usi ed i costumi dei Normanni vissuti nella seconda metà dell’XI secolo fra il nord della Francia e l’Inghilterra. Ciò che maggiormente colpisce dello splendido ricamo (lungo 68, 38 m ed alto 0,5)1 realizzato con lana di otto colori tessuti su lino grezzo, è l’accuratezza delle rappresentazioni di castelli, navi e soprat-tutto degli indumenti civili e militari degli impavidi discendenti di Rollone. In Inghilterra i Normanni giunsero da conquistatori, imponendo agli sconfitti le proprie tradizioni militari e ciò si riverberò nell’arazzo di Bayeux dove il manierismo artistico dei vincitori fu immortalato con forza, specchiandosi nella superiorità militare degli stessi. Ciò non avvenne invece nel meridione d’Italia ove la conquista normanna del Sud Italia, durata circa 60 anni, fu contraddistinta da una forte attrazione sociale e culturale verso le autorità esistenti; Longobardi, Chiesa Romana, Bizantini con i quali si scontrarono e confrontarono, pur mantenendo, dopo avere conquistato il potere nel Mezzogiorno, i titoli, i costumi e le usanze dei precedenti governanti. In seguito con Roberto d’Altavilla detto il Guiscardo, i clan normanni trovarono una certa unità che consentì loro di avere la forza sufficiente, grazie anche al definitivo atto di vassallaggio alla Chiesa Ro-mana, per sostituirsi a Longobardi e Bizantini, anche se le violente rivolte tra Normanni stessi perdurarono ancora per decenni fino alla costituzione del regno di Ruggero II. I primi Normanni giunsero nel sud Italia agli albori dell’anno 1000, incontrando una realtà politi-ca, economica ed etnica articolata e multiforme. Agli inizi del secolo XI la Calabria e la Lucania soggiaceva-no al dominio dei Bizantini i quali le avevano a loro volta sottratte con la forza delle armi ai Saraceni ed ai Longobardi2. Esistevano inoltre i territori che componevano la cosiddetta Langobardia minor3 denominazione utilizzata dai Greci per indicare quella parte dell’Italia meridionale controllata dai Longobardi, mentre alcune aree dell’Italia centro-meridionale erano dal secolo IX occupate da radicate enclavi saracene. Fra queste ricordiamo la più importante, ubicata nei pressi della foce del Garigliano la quale forniva mercenari ai signori cristiani, nonché ai Bizantini che li reclutarono durante la guerra di riconquista della Calabria e della Puglia4. Bizantini, Longobardi ed Arabi custodivano dunque tradizioni militari ben distinte per retag-gio e cultura.

1 Oggi conservato nella sala Harold del Centre Guillaume le Conquérant, in Bayeux.2 Cfr. E. ZANINI, Le Italie bizantine: territorio, insediamenti ed economia nella provincia bizantina d’Italia, VI-VIII secolo, Bari 1998, p. 90.3 Cfr. J. M. Martin, La Longobardia Meridionale, in: Il Regno dei Longoabardi in Italia. Archeologia, Società, Istituzioni, a cura di S. Gasparri, Spoleto 2004, pp. 327-365. Più in generale, a proposito della presenza longobarda nel Meridione d’Italia, cfr. V. von Falkenhausen, I Longobardi meridionali, in: Il Mezzogiorno dai Bizantini a Federico II, vol. III della Storia d’Italia diretta da Giuseppe Galasso, Torino 1983, pp. 251-364.4 A proposito dell’insediamento musulmano sito presso la foce del Garigliano, cfr. G. CIUFFI, Memorie Storiche ed Archeologiche della città di Traetto, Napoli 1854, pp. 17-18.

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Tali differenze si riverberarono anche nell’impiego di equipaggiamenti in uso tra i combattenti appartenenti ai diversi gruppi etnici, che sarebbero stati gradatamente mutuati e fatti propri dai Normanni progressivamente stabilitisi nel Sud Italia. Il primo incontro fra i guerrieri del Nord e la cultura militare longobarda ebbe per esempio a verificarsi, se dobbiamo prestare fede ad Amato di Montecassino, intorno al 999 d. C.5 Mentre sostavano presso Salerno, 40 pellegrini Normanni di ritorno da Gerusalemme, furono assaliti dai saraceni. Stupefatti per la mancanza di qualunque resistenza da parte degli abitanti della città e non potendo sopportare la spregiudicatezza dei loro aggressori, costoro domandarono ed ottennero armi e cavalli dal principe longobardo Guaimaro, ponendosi rapidamente all’inseguimento dei loro aggressori che colsero di sorpresa ed uccisero6. La fonte sopraccitata è assai importante perché indica che furono proprio i Longobardi a fornire ai pellegrini normanni l’equipaggiamento militare necessario a sconfiggere i saraceni. Anche il cronista Guglielmo di Puglia concorda sull’impiego da parte dei primi Normanni di armi fornite dai Longobardi. Egli infatti riferisce che, in un periodo compreso fra gli anni 1012 e 1017, alcuni pellegrini giunsero dalla Normandia in visita al santuario di San Michele Arcangelo sul Gargano e qui in-contrarono un esule longobardo di nome Melo, che volle reclutarli per combattere contro i Bizantini. Allettati dalle promesse del loro nuovo alleato il quale decantò la ricchezza della Puglia, alcuni capifamiglia Normanni (probabilmente gli unici dotati di un armamento personale minimo) decisero di scendere in Italia con altri guerrieri ed incontrarono Melo in Campania. I Longobardi fornirono dunque a costoro cavalli ed armi per combattere contro Bisanzio7. Chi dunque si fosse imbattuto nei primi contingenti di Normanni giunti in Italia, avrebbe potuto forse vedere i soli loro capi vestire le pesanti e lunghe cotte di maglia ed impugnare il classico scudo ad aquilone, la lancia e la spada di foggia tipicamente franco-settentrionale. I guerrieri di condizione più umi-le dovettero invece già da subito ibridare il loro armamento, contaminandolo con elementi longobardi che prevedevano l’uso di elmi a cappuccio con guanciali sormontati da bottoni di metallo e per i più fortunati, cotte di ferro lunghe fino al ginocchio (figura 1) e corazze a scaglie (fig. 2 e 3). L’armamento sarebbe poi stato completato dal caratteristico scudo tondo che i Normanni ben conoscevano ed utilizzavano (figura 4) e da lance dotate di alette, per altro già note anche al mondo fran-co-settentrionale, così come documentato da un manoscritto del IX secolo e dalla figura 4 già in preceden-za menzionata8.

5 Per la datazione dell’episodio ci siamo affidati alle conclusioni di H. HOFFMAN, Die Anfänge der Normannorum in Süditalien, in: Quellen und Forschungen aus Italienischen Archiven und Bibliotheken, 49 (1969) pp. 95-114.6 Avan mille [.XVI. ans](b)puis que Christ, lo nostre Seignor, prist char en la Virgine Marie, apparurent en lo monde XL. vaillant pelerin. Venoient del saint Sepulcre de Jerusalem, pour aorer Ihesu Crist. Et vindrent a Salerne, laquelle estoit assegé de Sarrasin, et tant mené mal qu’il(I) se vouloient rendre. Et, avant, Salerne estoit faite tributaire de li Sarrazin. Més, se tarderent qu’il non paie-rent chascun an li tribut à lor terme, encontinent (a) venoient li Sarrazin o tout molt de nefs, et tailloient et occioient et gastoient la terre. Et li pelegrin de Normendie vindrent là. Non porent soustenir tant injure de la seignorie de li Sarrazin, né que li Christiens en fussent subject a li Sarrazin. Cestui pelegrin alerent à Guai||marie, serenissime principe, liquel governoit Salerne o droite justice, et proierent qu’il lor fust donné arme et chevauz, et qu’il vouloient combatre contre li Sarrazin; et non pour pris de monoie, més qu’il non pooient soustenir tant superbe de li Sarrazin. Et demandoient chevaux. Et quant il orent pris armes et chevaux, ils assallirent li Sarrazin et molt en occistrent. Cfr. AMATO DI MONTECASSINO, Storia de’ Normanni di Amato di Montecassino volgarizzata in antico francese, a cura di V. De Bartholomaeis, Roma 1935, Libro I, pp. 21-24.7 Melus ut Italiam Gallos cognovit adisse, Ocius accessit; dedit arma carentibus armis; Armatos secum comites properare coegit. Cfr. GUGLIELMO DI PUGLIA, Le gesta di Roberto il Guiscardo, a cura di F. De Rosa, Cassano 2003, Libro I, p. 80. Cfr. altresì G. S. BROWN, The norman conquest of Southern Italy and Sicily, London 2003, pp. 21-22; K. B. WOLF, Making History the Normans and their Histo-rians in the Eleventh Century, Philadelphia 1995, p. 9.8 Cfr. Apocalisse di Sain Amand, Biblioteca Municipale, Ms 386, Cambrai, France.

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Ma furono gli equipaggiamenti bizantini a pesare in maniera decisiva e consistente sulla graduale ibridazione di quelli normanni del Sud Italia, fra i quali si contavano molti più uomini a cavallo di quanto la stessa Normandia non registrasse9. Numerosi erano poi stati i Normanni (per gli equipaggiamenti vedi Fig. 5) che anziché opporsi al dominio bizantino in Italia, dopo essere giunti in Puglia, si erano imbarcati alla volta di Costantinopoli per arruolarsi quali mercenari al servizio degli imperatori10. Un certo Hervè detto Φραγγόπουλος (figlio dei franchi) intorno al 1050 era il leader dei mercenari normanni che combattevano al servizio di Michele VI. Dopo essersi ribellato all’autorità imperiale, egli si riconciliò col la Corona e fu nominato stratelates d’Oriente nell’esercito di Isacco I Comneno (1057-1059)11. Roussel di Bailleul che era stato nel sud Italia luogotenente di Roberto il Guiscardo e che si ritirò in Asia Minore, si rivoltò contro l’imperatore Michele VII e tentò di costituire un principato indipendente da Costantinopoli12. Utile a comprendere i rapporti politici sociali e militari tra Normanni e Bizantini è anche la storia del normanno Roberto Crispino che dopo aver combattuto i Saraceni di Spagna si ritirò a Costantinopoli al servizio dell’Imperatore13. Entrando in contatto con la cultura greca, assai avanzata anche in ambito bellico poiché ereditiera della tradizione romana, i normanni poterono certamente fare uso anche di equipaggiamenti bizantini, raccolti a seguito di razzie sul campo di battaglia e non. A tale proposito è utile ricordare che dopo avere sconfitto i Bizantini nella battaglia di San Martino del 1058 Ruggero d’Altavilla, distribuì ai suoi uomini spoglie, cavalli ed armi, predati al nemico14. L’osmosi culturale tra normanni e le popolazioni del Sud Italia avvenne però anche attraverso la consuetudine, descritta dal cronista Guglielmo di Puglia, di accogliere con gioia malfattori e tutti coloro che cercavano rifugio presso le prime comunità normanne. I Normanni allora li istruivano nei loro costumi e nella loro lingua, per formare un unico popolo15. In tal modo costoro potevano disporre continuamente di un ricambio di uomini, da utilizzare come forza armata nelle continue battaglie che dovettero affrontare per imporsi quali nuovi dominatori del Sud Italia. A tale proposito è utile ricordare come, agli inizi della conquista della Calabria, Roberto il Guiscardo aves-se al proprio fianco una sessantina di uomini appartenenti a popolazioni slave insediatesi lungo le coste adriatiche, nell’area di influenza bizantina, che si erano arruolati per combattere sotto le sue insegne e che gli erano fedelissimi come fratelli16. È dunque evidente che tali guerrieri comunque accolti nelle schiere normanne, impiegassero equipaggiamenti di foggia bizantina. Alle pesanti cotte di ferro, i Bizantini, preferivano le più funzionali

9 Cfr. D. NICOLLE, A. MC BRIDE, The Normans, Elite Series 9, p. 30.10 Cfr. F. CARDINI, I Normanni e le Crociate, in: I Normanni. Popolo d’Europa MXXX-MCC, a cura di M. D’Onorio, Venezia 1994, p. 356.11 Cfr. D. NICOLLE, A. MC BRIDE, cit., p. 46.12 Cfr. F. CARDINI, pp. 356-357.13 Cfr. S. TRAMONTANA, Popoli, etnie e mentalità alla vigilia della conquista di Sicilia, in: I caratteri originari della conquista norman-na. Diversità e identità nel Mezzogiorno (1030-1130). Atti delle sedicesime giornate normanno-sveve, Bari 5-8 ottobre 2004, ed. R. Licinio e F. Violante, p. 92.14 Goffredo Malaterra, Libro I, Cap. XXXII; Impetu facto, certamen iniit, omnesque quasi circumagens, vix unum evadere permisit: de quorum spoliis et equis et armis omnes suos abundantes fecit.15 Si vicinorum quis perniciosus ad ipsos Confugiebat, eum gratanter suscipiebant.Moribus et lingua, quoscumque venire videbant, Informant propria, gens efficiatur ut una. Cfr. GUGLIELMO DI PUGLIA, I, vv. 165 e ss.16 Guiscardus usque ad sexaginta, quos Sclavos appellant, totius Calabriae gnaros, secum habens, quos quasi fratres fidelissimos sibi benefactis et maioribus promissis effecerat, sciscitatus est ab eis utrum locum adibilem scirent, quo praedam posset capi. Cfr. GOFFREDO MALATERRA, I, 16.

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corazze lamellari lunghe fino alla vita ( Klivanion), con Kremasmata o meno a difesa delle cosce e inguine, talora corredate da schinieri di metallo (fig. 6-7-8), schinieri il cui impiego era per altro documentato anche presso la più antica nobiltà longobarda17. I Bizantini potevano integrare l’uso delle corazze lamellari con la tradizionale cotta mentre, quale protezione aggiuntiva in battaglia impiegavano scudi a ‘goccia’ (figure da 7 a 11), meno ingombranti di quelli ad aquilone poiché più piccoli e maneggevoli e, a quanto pare, talora privi dell’umbone centrale, caratteristica invece saliente degli scudi impiegati dalla cavalleria normanna ad Hastings. Anche i Normanni stanziatisi nel Sud finirono per adottare tali scudi e ciò sembrerebbe dimostra-to da una miniatura tratta dal De Rebus Siculis Carmen, composto da Pietro da Eboli, poeta di corte della casata Sveva. Tale manoscritto mostra una carica di cavalleria nella quale i cavalieri tedeschi sono rappre-sentati con abbigliamento militare tipicamente normanno e dunque con elmi dipinti e scudi a goccia di piccole dimensioni (Fig. 12), a riprova dell’influenza greca sugli armamenti. L’impiego regolare degli scudi ad aquilone in un periodo nel quale la conquista del Sud da parte dei Normanni era oramai consolidata, sarebbe invece attestato da un trifollaro in rame fatto coniare da Ruggiero I intorno al 1098. Sul recto di tale moneta compare lo stesso Ruggiero a cavallo che impugna con la destra uno stendardo e con la sini-stra un lungo scudo, simile a quelli ritratti nell’arazzo di Bayeux (Fig. 13), provvisto di ambone centrale. Oltre a combattere contro i Bizantini propriamente detti, i normanni che invasero il Sud Italia ebbero modo di incontrare in battaglia anche i Tavroskythai (Cfr. Psellus, I, 13), ossia guerrieri di origine nord-europea che militavano fra le fila dell’esercito imperiale, meglio noti come Variaghi. Si trattava nello specifico di Rus, di Norvegesi, Islandesi e Svedesi che servivano sotto le bandiere di Bisanzio. A partire dalla seconda metà del secolo XI le fila di questi combattenti sarebbero state incrementate dall’arrivo di Danesi, anglosassoni e di bretoni di discendenza vichinga18. Come documentato da una miniatura tratta dall’opera di Giovanni Skylitzis, i Variaghi indossavano armature lamellari ed elmi protetti sulla nuca da ul-teriori lamelle di metallo. Arma caratteristica di questi guerrieri era la lunga ascia di foggia danese mentre gli scudi da costoro utilizzati, potevano essere tondi o a goccia (Fig. 14-17). Completavano l’equipaggiamento la spada (3 modelli di foggia Petersen E/W e X, sono stati ri-trovati presso le rovine dell’isola fortezza Pacuiul Lui Soare) e gli schinieri il cui uso presso i Variaghi è attestato da un manufatto in avorio conservato presso lo Schnütgen Museum di Colonia (Fig. 17). Come abbiamo cercato di dimostrare gli equipaggiamenti militari in uso nel Sud Italia erano assai disparati per la presenza di etnie molto diverse fra loro. Riteniamo pertanto che i normanni del secolo XI che vissero nel sud Italia avessero ibridato consistentemente il loro equipaggiamento militare, approfittando delle razzie operate sul campo di battaglia e delle forniture longobarde e bizantine. E veniamo ora ad affrontare la pre-senza delle truppe italo-normanne alla battaglia di Hastings. La presenza di queste è inequivocabilmente documentata dal vescovo Guy d’Amiens, zio del conte Guy di Ponthieu, che figurava nell’arazzo di Bayeux come vassallo del duca Guglielmo il Conquistatore19. Il Carme è molto antico e secondo l’opinione di Frank Barlow dovrebbe risalire addirittura al 106720. Dopo l’incoronazione di Arold a Re d’Inghilterra, Guglielmo il Conquistatore decise di ricorrere a

17 Victus tandem, ut erat pii cordis, eorum precibus et lacrimis, loricam suam, galeam atque ocres et cetera arma diacono praebuit in suaque persona eum ad proelium direxit. PAOLO DIACONO, V, 40.18 Cfr. R. DAMATO, G RAVA, The Varangian Guard 988-1453, p. 12.19 Apulus et Calaber, Siculus quibus Jacula ferum. Cfr. F. MICHEL (ed.), Widonis Carmen De Hastingae proelio, Chroniques An-glo-Normandes, recueil d’extraites et d’ecrits relatifs a l’histoire de la Normandie et d’Angleterre pendant les XIIe et XIIIe siècles, Rouen 1840, p. 12.20 Cfr. The Carmen de Hastingae Proelio of Guy Bishop of Amiens, edited and translated by Frank Barlow, Oxford 1999.

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tutte le forze militari disponibili per invadere l’Inghilterra e riprendersi quella corona che credeva gli spet-tasse di diritto. Per tale ragione egli chiese l’aiuto di tutte le forze militari disponibili fra le quali figuravano quelle normanne d’Italia che ben conoscevano le tecniche militari dei Bizantini delle quali, sembra, il Con-quistarore volesse in qualche modo servirsi21. Riteniamo pertanto assai probabile che i Normanni che giunsero dal sud Italia in Normandia e poi in Inghilterra avessero già ampiamente ibridato i loro armamenti e presentassero delle caratteristiche tipiche dei luoghi dai quali provenivano. Non sarebbe stato difficile vedere alcuni di loro cingere spade di foggia greca, indossare corazze lamellari complete di schinieri, impiegare elmi bizantini e scudi a goccia ostentando con orgoglio tale armamento.

21 Cfr. B. S. BACHRACH, Some observations on the military administration of the norman conquest, in: Anglo-Norman studies, VIII, Procedings of the Battle conference 1985, ed. R. A. Brown, Woodbridge 1986, p. 7.

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fig. 1, Exultet Barberini, tav. 13, a.a. 1070-1100

fig. 2, Exultet Vat. Lat., Tav. 20, anni 981-87

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fig. 3, ricostruzione dell’armatura lamellare rinvenuta a Niederstotzingen. Quella longobarda utilizzata nel secolo XI,fu forse parzialmente modificata, tenendo conto anche dell’influenza greca

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fig. 4, Visione di Habukuk, Bibbia di San Vaast, Francia del Nord, primi anni del secolo XI

fig. 5, ricostruzione dell’equipaggiamento di un mercenario normanno al servizio di Bisanzio, XI secolo

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Figura 6, Menologium di Basilio II, Biblioteca Nazionale Marciana Venezia

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fig. 7, a sinistra; Bassorilievo di San Giorgio, Monastero di Vatopedy, Grecia

fig. 8, I Santi Giorgio e Demetrio, British Museum, sec. XI-XII

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fig. 9, San Demetrio di Mottola, Italia sec. XIII

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fig. 10, Affresco del Monastero greco di Hosios Loukas, XII-XIII sec. L’immagine ritrae l’equipaggiamentodi un guerriero bizantino dei secoli X-XII

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fig. 11, Armati dell’esercito bizantino; 1, Catafratto, sec. X, 2, Cavaliere portastendardo, XI-XII sec.; 3 Catefratto, 1050. Illustrazione di Angus Mac Bride, tavola C, in: I. HEATH, A. MC BRIDE, Bizantine Armies 886-1118, Men-at-arms series, 80)

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Fig. 12, De Rebus Siculis Carmen, l’esercito svevo, rappresentato con equipaggiamento tipicamente normanno della fine del sec. XII

fig. 13, due esemplari del Trifollaro di Ruggiero I Gran Conte, Mileto 1098 c.a. Si noterà come nel secondo modulo è chiaramente visibile la presenza di uno stendardo tipico dell’epoca ed assai simile a quelli raffigurati nell’arazzo di Bayeux

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fig. 14, Scylitzès MS, folio 26v, XII sec

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fig. 15, Guerriero Variago, Reliquario della Vera Croce, Museo dell’Hermitage, Inv # Omega 211

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fig. 16, Guardia Variaga balcanica, 1020-1050, Ill. Giuseppe Rava, in: R. DAMATO, G RAVA, The Varangian Guard 988-1453, Tavola B

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fig. 17, Guerriero variago, da un manufatto di avorio. Disegno al tratto di Giuseppe Rava, op. cit., p. 6

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1. La prima partecipazione di unità musulmane al fianco dell’esercito normanno è attestata già dal 1060, quale risultato dell’alleanza fra il conte Ruggero e l’emiro di Catania Ibn Al Thumna. In occasione dell’in-vasione normanna della Sicilia non vi erano però truppe saracene ai diretti ordini del Conte. Con la morte dell’emiro, le cose però cambiarono perché i normanni siglarono accordi di cooperazione militare diretta-mente con i leaders locali, creando una rete di fedeltà fra i nuovi dominatori le truppe moresche ed i loro comandanti. Già nel corso dell’assedio di Salerno del 1076 contingenti saraceni presero parte alle ope-razioni militari insieme a quelli greci e cristiani, ma costoro non sarebbero divenuti il nerbo dell’esercito normanno fino al 1091, anno nel quale l’isola fu conquistata dal popolo di Odino. A partire dal secolo XII le truppe saracene sarebbero state (pp.21-23). Nel 1091 Ruggero Borsa domandò l’aiuto del conte Ruggero per assediare Cosenza, e il conte giunse con molte migliaia di saraceni in soccorso del nipote(p. 48-49, ab omni sicilia multa Saracenorum militia excitants, Malaterra, IV, 17). Ancora una volta Ruggero Borsa nel 1094 domandò l’intervento dello zio per reprimere la ribellione di Castrovillari. Il Conte mobilitò dunque anche in questo caso le proprie truppe saracene, che combatterono al fianco di numerosi contingenti di cavalleria e fanteria cristiana, provenienti dalla Calabria (Malaterra, IV, 22, Comes vero multa millia Sara-cenorum et Calabria conducens equitum quoque sive peditum Chistianorum copias). La copiosa presenza saracena nell’esercito di Ruggero è attestata altresì nel 1098 quando costui intervenne per sedare la rivolta dei longobardi contro il principe Riccardo II di Capua (p. 50).

Altre edizioni1. Sicilian counterpoint: Power and pluralism in Norman Sicily - Joshua C. Birk,

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I° Edizione gennaio 2016©Cristian Guzzo-Vito Maglie – The Vikings Italy

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