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www.ancic.it/jaccm via Malta, 42 ‒ 95127 Catania (+39) 339 6539740 ‒ 349 1429058 ‒ 347 6809481 à [email protected] JOURNAL OF APPLIED CEREMONIAL AND COMMUNICATION IN MANAGEMENT testata iscritta al n.15/2016 del Registro della stampa del Tribunale di Catania anno II numero 1, gennaio ‒ marzo 2017 ISSN 2499-9326 © Accademia Nazionale Cerimoniale Immagine e Comunicazione (A.n.c.i.c.) Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta o conservata in un sistema di recupero o trasmessa in qualsiasi forma, o con qualsiasi sistema elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, registrazioni o altro, senza un’autorizzazione scritta da parte del Direttore Responsabile. ISSN 2499-9326 Anno 2017 ‒ Numero 1

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    anno II numero 1, gennaio ‒ marzo 2017 ISSN 2499-9326

    ©Accademia Nazionale Cerimoniale Immagine e Comunicazione (A.n.c.i.c.) Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta o conservata in un sistema di recupero o trasmessa in qualsiasi forma, o con qualsiasi sistema elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, registrazioni o altro, senza un’autorizzazione scritta da parte del Direttore Responsabile.

    ISSN 2499-9326

    Anno 2017 ‒ Numero 1

  • www.ancic.it/jaccm

    via Malta, 42 ‒ 95127 Catania (+39) 339 6539740 ‒ 349 1429058 ‒ 347 6809481

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    anno II numero 1, gennaio ‒ marzo 2017 ISSN 2499-9326

    ©Accademia Nazionale Cerimoniale Immagine e Comunicazione (A.n.c.i.c.) Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta o conservata in un sistema di recupero o trasmessa in qualsiasi forma, o con qualsiasi sistema elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, registrazioni o altro, senza un’autorizzazione scritta da parte del Direttore Responsabile.

    Direttore Responsabile Francesco Raneri

    Director journal manager

    Direttore Editoriale Maximiliano E. Korstanje Chief Editor

    Coordinatore scientifico Francesco Raneri Scientific Coordinator

    Comitato editoriale Santo Di Nuovo, Pasquale Fatuzzo, Sebastiano Licciardello, Adriano Nicosia, Elisa Sciacca

    Editorial Board

    Comitato scientifico Michele Ambaye, Alexandru Capatina, Luigi Ciampoli, Santo Di Nuovo, Pasquale Fatuzzo, Vanessa GB Gowreesunkar, Sebastiano Licciardello, Manuela Pilato, Giovanni Puglisi, Francesco Raneri, Hugues Séraphin, Mustafeed Zaman

    Scientific Committee

    Segreteria di redazione Alessandro D'Alio, Chiara Leanza, Martina Mignosa, Adriano Nicosia, Valentina Spitaleri

    Editorial Staff

    Editor informatico Alfio Nicotra Computer Editor

  • SOMMARIO Anno 2017 ‒ Numero 1

    GLI EVENTI MEDIALI Francesco Raneri pag. 1

    QUELLO CHE ACCADDE LA MATTINA DEL 22 DICEMBRE 1947: SPIGOLATURE SULLA RIFORMA COSTITUZIONALE BOCCIATA Sebastiano Licciardello pag. 12

    TRAUMA E RESILIENZA TRA NEUROSCIENZE E ASPETTI PSICO - SOCIALI Santo Di Nuovo pag. 24

    IL RUOLO DELLE COMPETENZE “NON-TECNICHE” NELLA COSTRUZIONE DELLE CAPACITÀ RESILIENTI DEL SOCCORRITORE Luigi De Luca pag. 44

    LIVELLI DI TRASCRIZIONE DI GENI COINVOLTI NELLA METILAZIONE DEL CANCRO AL COLON RETTO Lorella La Spina pag. 75

  • 1 Anno 2017 ‒ Numero 1

    GLI EVENTI MEDIALI

    Francesco RANERI

    Sommario 1. Gli eventi mediali – 2. Caratteristiche – 3. Le tipologie degli eventi mediali – 4. I partner degli eventi mediali – 5. Il cerimoniale nell’evento mediale – 6. Il giuramento del Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella Abstract “L’uomo è un animale sociale”, diceva il filosofo Aristotele1. Sente il bisogno di relazionarsi con i suoi simili, di creare gruppo, comunità, società. Da qui la necessità di comunicare, prerogativa innata nell’essere umano.

    Ma cosa vuol dire comunicare? Significa donare qualcosa di sé, condividere, entrare in relazione con altri soggetti e renderli partecipi di un sentimento, di un argomento, di un pensiero, di un messaggio ben preciso.

    È impossibile non comunicare, poiché, volendo metaforizzare, noi esseri umani siamo come due rette perpendicolari, ossia destinate ad incontrarci e scontrarci continuamente.

    Preistoricamente2 parlando, le prime forme di comunicazione furono i gesti, progrediti poi in linguaggio parlato. Alcuni reperti storici (sculture, dipinti), rappresentarono i media del tempo, in grado di memorizzare tutto ciò che di importante accadesse e vi fosse intorno.

    Ma la scrittura, nata grazie alle civiltà dei Sumeri e degli Egizi, sconvolse la comunicazione. Si passò dalla scrittura come acquisizione di elementi visti alla scrittura utile alla registrazione di elementi parlati fino ad arrivare al Medioevo in cui, come sostiene James Burke3, i sistemi comunicativi si fondarono sulla memoria.

    1 http://www.societapartecipativa.it/blog/?p=163 2 http://www.lacomunicazione.it/voce/storia-della-comunicazione/ 3 Storico inglese della scienza, autore e produttore televisivo

  • 2 Anno 2017 ‒ Numero 1

    Questo sistema fu superato con l’avvento della stampa. I messaggi si trasmisero attraverso il passaggio di libri, ma quando il telegrafo, prima, e il telefono, dopo, fecero il loro ingresso in società, le informazioni vennero trasferite repentinamente.

    Intorno al 1920 ci furono trasformazioni verso la società di massa. Negli Stati Uniti, dopo il primo conflitto mondiale, la gente restò affascinata da apparecchi radiofonici che riuscivano a trasmettere voci e musica. In poco tempo sorsero le emittenti radiofoniche. Ormai la radio era un mezzo di massa. Anche se, di lì a poco sarebbe nato il mezzo di comunicazione per eccellenza: la televisione.

    Con la nascita della televisione, alcuni eventi/ cerimonie, che prima erano riservati ad un numero ristretto di persone, furono resi noti ad una moltitudine di gente, resa partecipe grazie alla diretta tv. Si tratta dei cosiddetti Eventi mediali.

    Keywords massa – organizzazione – fase – programmazione – partecipazione

    Autore prof. Francesco RANERI email: [email protected] Docente di Abilità relazionali e Cerimoniale, Università degli Studi di Catania Presidente Accademia nazionale cerimoniale immagine e comunicazione

  • 3 Anno 2017 ‒ Numero 1

    1. Gli eventi mediali

    L’evento mediale4 o cerimonia televisiva, è un avvenimento concreto, talvolta inatteso, narrato in diretta dalla televisione, ma non creato da

    quest’ultima. È presentato in pompa magna, in grado di stravolgere le solite abitudini televisive e di suggestionare l’immaginazione. Dà la

    possibilità ad un gran numero di spettatori di prendere parte ad alcuni eventi storici (nozze reali, funerali di personalità celebri, giochi olimpici, canonizzazioni, - eventi drammatici – 11 settembre 2001, ecc) che non

    sarebbero raggiungibili in altra maniera, comodamente seduti sulle poltrone di casa propria.

    La tv non interviene durante la cerimonia, si limita a menzionare il nome di una personalità di rilievo, o a precisare qualche dettaglio. Essa diventa testimone dell’evento.

    2. Caratteristiche

    Questo genere televisivo ha un carattere esclusivo; le altre reti sospendono la programmazione prevista, per dare spazio alla

    straordinarietà dell’evento in questione. La cerimonia mediale è superiore ai programmi quotidiani; non può essere interrotta.

    Un elemento caratterizzante è attribuito dal fatto che, a differenza dei

    classici programmi televisivi, essi non sono organizzati dai media, ma la televisione funge solo da canale di comunicazione. Alcune istituzioni

    pubbliche5, governi, commissioni parlamentari, organizzazioni internazionali sono i promotori di suddette cerimonie.

    4 Treccani, Lessico del XXI secolo, 2013. http://www.treccani.it/enciclopedia/media-event_(Lessico-del-

    XXI-Secolo)/ - Dayan D., Katz E., Le grandi cerimonie dei media. Baskerville, Bologna, 1993. Pagine 6-8 5 Dayan D., Katz E., Le grandi cerimonie dei media. Baskerville, Bologna, 1993.Capitolo 1

  • 4 Anno 2017 ‒ Numero 1

    Hanno una programmazione e pubblicizzazione preventiva; i

    telespettatori vengono avvisati in tempo da parte degli organizzatori, grazie al diffusissimo mezzo di comunicazione. Ecco che l’attesa, del

    tanto desiderato evento, si fa fervida.

    Data la straordinarietà e la storicità della cerimonia, il telespettatore

    vuole solennizzare l’evento in compagnia, vuole condividere ogni singolo momento che sicuramente resterà nel ricordo di ciascuno. Si tratta di un genere televisivo che crea socializzazione.

    In questi particolari eventi si segue il ritmo del cerimoniale. Ogni telespettatore fa parte della cosiddetta partecipazione cerimoniale,

    svolge una funzione ben definita; esempi: nelle olimpiadi, il ruolo del tifoso, nelle nozze reali, i “fans” della Monarchia … e così via.

    È un genere televisivo nel quale ogni immagine ha la sua importanza,

    crea testimonianza, crea storia. Ciò che stupisce positivamente, è che due momenti fondamentali di un medesimo evento, che si stanno

    svolgendo nello stesso istante, possono essere guardati e apprezzati solo da chi segue l’evento televisivamente. Chi, invece, si trova sul luogo della

    cerimonia, potrà viverla solo dal suo punto di vista, che è sicuramente limitato.

    La grandezza della tv sta nel regalare ai suoi telespettatori, immagini

    contemporanee; dà l’opportunità di immergersi completamente nella cerimonia, sotto tutti i punti di vista, di cogliere dettagli che andrebbero

    sicuramente persi se non fossero focalizzati e ripresi televisivamente.

    Anche il modo di raccontare, di descrivere le immagini che scorrono

    una dopo l’altra nello schermo, segue dei modi ben definiti. La voce narrante guida, orienta in base alle situazioni riprese e proiettate; utilizza un lessico forbito, mantiene un’intonazione composta,

  • 5 Anno 2017 ‒ Numero 1

    flemmatica e sospende la sua cronaca nel momento più opportuno. Ha

    il compito di predisporre il pubblico televisivo6, a percepire con dimestichezza i vari aspetti della cerimonia in questione. Il racconto

    deve avvenire con la maggiore discrezione possibile, deve seguire il corso dell’evento, senza mai porsi in contrasto con esso.

    Ogni evento racchiude in sé dei contenuti, dei messaggi specifici, che vengono condivisi dai media e vengono presentati ai telespettatori attraverso forme diverse; esempio eclatante le Nozze Reali, presentate

    come la storia d’amore di qualsiasi principessa delle favole, ma che in realtà non hanno quasi nulla di fiabesco, ma celano significati diversi.

    Diverse sono le funzioni di questa speciale tipologia di eventi;

    • essi possono svolgere un ruolo di commemorazione nel ricordare

    un avvenimento ben preciso;

    • oppure funzione riparatoria/ di riconciliazione a causa di un

    avvenimento traumatico da un punto di vista sociale, di un conflitto;

    • o ancora funzione trasformativa, poiché propongono soluzioni a

    problemi sociali importanti, apportando ulteriori cambiamenti, attraverso nuovi eventi.

    Si dice: “Ad ogni azione, la sua reazione”. Anche nel contesto di queste cerimonie, ciascun spettatore interpreta e reagisce differentemente. La

    televisione, in questo caso, ha il compito di cogliere e mettere in risalto i diversi modi di risposta ai messaggi inviati dagli eventi.

    Capacità cruciale della tv è sapere catturare l’immagine giusta al momento giusto, affinché si percepisca inesorabilmente l’essenza della

    6 Dayan D., Katz E., Le grandi cerimonie dei media. Baskerville, Bologna, 1993. Pagina 120-123

  • 6 Anno 2017 ‒ Numero 1

    cerimonia e il narratore deve essere in grado di comprendere ed esporre

    fedelmente il significato portante dell’evento.

    3. Le tipologie degli eventi mediali

    Competizione, Conquista, Incoronazione7. Queste le tipologie degli eventi mediali. Esse si basano sui tre modelli di legittimità dell’autorità propri della teoria di Weber razionale-legale (Competizione), per il rispetto delle regole; tradizionale (Incoronazione) per il forte legame con la tradizione; carismatica (Conquista) per la eccezionalità, per il carisma appartenente a certe personalità.

    Alcuni eventi possono non fare parte di alcuna tipologia, altri invece possono essere caratterizzati da elementi di una o più tipologie

    sopraelencate.

    • Competizione: il campo d’azione è rappresentato dallo sport e dalla politica. È presente una quantità elevata di spettatori. Si tratta di sfide disciplinate da norme, nelle quali i partecipanti vi prendono parte

    liberamente. Hanno un limite spazio-temporale. Presenta elementi del Cerimoniale. È presente la superiorità assoluta delle norme. I ruoli

    del pubblico sono due: fans, in un primo tempo, e giudici, secondariamente. Esempi: i dibattiti presidenziali, la Coppa del Mondo, le Olimpiadi.

    • Conquista: si tratta di eventi insoliti, che interessano un cambiamento travolgente. I protagonisti sono esseri umani diversi

    7 Dayan D., Katz E., Le grandi cerimonie dei media. Baskerville, Bologna, 1993.Capitolo II – Gagliardi C.,

    Media event, in Franco Lever- Pier Cesare Rivoltella- Adriano Zanacchi ( edd), La comunicazione. Il dizionario di scienze e tecniche, http://www.lacomunicazione.it/voce/media-event/ (9/01/2017)

  • 7 Anno 2017 ‒ Numero 1

    dalla gente comune, con un prestigio eccezionale. Il pubblico in

    questa tipologia di evento si pone come osservatore rispettoso. Presenta elementi del Cerimoniale. Esempio: lo Sbarco sulla Luna.

    • Incoronazione: trattasi di una vera e propria cerimonia con regole e riti ben definiti strettamente legati alla tradizione. Il ruolo del

    pubblico è di devozioni nei confronti di certi leaders. Esempi: canonizzazioni, nozze reali, funerali di personaggi di un certo rilievo.

    Spesso accade che le tre tipologie si fondano l’una con l’altra. Un esempio eclatante è dato dal celebre sbarco sulla luna8, avvenuto nella notte tra il 20 e il 21 luglio 1969. Questo evento ha attraversato tutte e

    tre le tipologie, partendo dalla Competizione tra due Nazioni (USA E US); la Conquista, attraverso lo sbarco; l’Incoronazione finale degli

    astronauti.

    4. I partner degli eventi mediali

    Sono tre i partner9 appartenenti agli eventi mediali: organizzatori, broadcast e il pubblico. Affinché l’evento riesca al meglio è necessario

    che ognuno di essi dia il proprio contributo, nel proprio ambito di interesse.

    È possibile che i tre partner siano in dissenso per ciò che concerne la sceneggiatura, la gestione dell’evento. Uno dei partner potrebbe non concedere il proprio supporto, potrebbe desiderare una strutturazione

    differente, potrebbe addirittura far sì che questo non abbia alcun successo o non venga messo in onda. A questo punto è necessaria una

    8 Barlozzetti G, Eventi e riti della Televisione. Pagina 62 - 8 Dayan D., Katz E., Le grandi cerimonie dei media.

    Baskerville, Bologna, 1993. pagina 31-32 9 Dayan D., Katz E., Le grandi cerimonie dei media. Baskerville, Bologna, 1993. Cap III

  • 8 Anno 2017 ‒ Numero 1

    contrattazione tra i partner.

    Se non si arriva ad un accordo tra le parti in causa, con molta probabilità il programma può essere eliminato, i cosiddetti “eventi

    negati”10.

    5. Il cerimoniale dell’evento mediale

    Si è spesso citato il termine cerimonia11. Qual è il suo significato? Quali le caratteristiche? Dal latino caerimonia12, si tratta di un

    avvenimento eccezionale, che viene celebrato seguendo particolari regole del cerimoniale. Essa non è né del tutto spettacolo, né in assoluto

    festa, ma la sua peculiarità è che si tratta di un ibrido fra i due concetti. Da una parte, permette una forte reciprocità tra pubblico e realizzatori dell’evento, propria della festa, dall’altra parte questi attori sono distinti

    e separati, prerogativa dello spettacolo.

    Qualsivoglia cerimonia si fonda sulla presentazione di certi simboli13.

    Ogni protagonista della celebrazione ha un’aria alquanto pomposa e segue determinati riti.

    6. Il giuramento del Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella

    Martedì 3 febbraio 2015, Sergio Mattarella ha prestato il giuramento da nuovo Presidente della Repubblica italiana, dopo le dimissioni di

    Giorgio Napolitano.

    10 Dayan D., Katz E., Le grandi cerimonie dei media. Baskerville, Bologna, 1993. Cap III – pagina 77 11 Dayan D., Katz E., Le grandi cerimonie dei media. Baskerville, Bologna, 1993. Capitolo IV, paragrafo 5. 12 http://www.garzantilinguistica.it/ricerca/?q=cerimonia 13 Dayan D., Katz E., Le grandi cerimonie dei media. Baskerville, Bologna, 1993. Pag 128

  • 9 Anno 2017 ‒ Numero 1

    Inizia in mattinata il classico cerimoniale. Sono le 9.30. Le campane

    di Montecitorio suonano. Lucia Pagano, Segretaria della Camera dei Deputati, si avvia, con la classica Lancia Thema Blu istituzionale, verso

    Palazzo Montecitorio, partendo dal palazzo della Consulta e scortata dai Carabinieri. A riceverlo sono presenti la Presidente della Camera, Lucia

    Boldrini e la Presidente Vicaria del Senato ,Valeria Fedeli.

    La campana interrompe il suono. I carabinieri in uniforme rendono gli onori al nuovo Presidente. Nella sala dei Ministri i componenti del

    Consiglio di Presidenza del Senato e dell’Ufficio di Presidenza della Camera, salutano il Presidente.

    In seguito, il Presidente viene condotto verso l’Aula dalle Presidenti sopracitate e dalle relative Segretarie.

    Ecco che il Presidente sale sul banco della Presidenza. A questo punto,

    la Presidente Boldrini proclama aperta la seduta e invita il Presidente a prestare Giuramento, secondo l’articolo 9114 della Costituzione Italiana.

    (Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della

    Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune).

    Dopo il Giuramento, suona la campana di Montecitorio e si sentono 21 colpi di artiglieria. È il momento del messaggio alla Nazione. Quindi,

    un Segretario della Presidenza legge il processo verbale della seduta; il Presidente del Consiglio Renzi viene accompagnato alla Galleria

    antistante il Cortile.

    A conclusione del processo verbale, la Presidente Boldrini, chiude la

    seduta. 14 https://www.senato.it/1025?sezione=128&articolo_numero_articolo=91 http://www.repubblica.it/speciali/politica/elezioni-presidente-repubblica-

    edizione2015/2015/02/03/news/quirinale_giuramento_mattarella_marted_3_febbraio-106410232/

  • 10 Anno 2017 ‒ Numero 1

    Il Presidente della Repubblica viene guidato dalle Presidenti delle

    Camere verso la Galleria, dove ad attenderlo c’è il Presidente del Consiglio.

    A tributare onori al neo eletto Presidente della Repubblica, è presente un reparto di Corazzieri, in uniforme di gran gala.

    Il Presidente Mattarella, accompagnato dal Presidente del Consiglio Renzi e dalle Presidenti delle Camere, si avvia verso l’uscita di Montecitorio.

    La cerimonia termina con l’Inno Nazionale e passa in rassegna il reparto d’onore schierato con bandiera e banda.

    A questo punto si reca a Palazzo Venezia, accompagnato dal Premier Renzi, per onorare il Milite Ignoto, con una corona di fiori. Nel frattempo, volano le frecce tricolori sul Monumento ai caduti.

    Il Presidente della Repubblica, salendo sulla Lancia Flaminia 335 e scortato dai corazzieri e dai motociclisti, si dirige verso il Quirinale dove

    nel cortile riceve gli onori militari.

  • 11 Anno 2017 ‒ Numero 1

    RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

    BARZOLETTI G., (2002), Eventi e Riti della Televisione. Dalla Guerra del Golfo al Twin Towers, Franco Angeli, Milano

    DAYAN D., KATZ E. , (1993), Le grandi cerimonie dei media. La storia in diretta, Baskerville, Bologna

    GRASSO A., (1992), Storia della televisione italiana, Garzanti, Milano

    MC LUHAN M., (1997), Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore, Milano

    PECCHENINO M., (2002), Organizzare gli eventi. Come gestire convegni, manifestazioni, feste per la comunicazione d’impresa, Il Sole 24 ore, Milano

  • 12 Anno 2017 ‒ Numero 1

    QUELLO CHE ACCADDE LA MATTINA DEL 22 DICEMBRE 1947:

    SPIGOLATURE SULLA RIFORMA COSTITUZIONALE BOCCIATA

    Sebastiano LICCIARDELLO

    Abstract Ricostruendo il clima nel quale gli uomini dell’Assemblea costituente, messa da parte ogni divisione e differenza in nome del bene comune per l’Italia, la mattina del 22 dicembre 1947, giunsero ad approvare la carta costituzionale, l’articolo si interroga sui motivi della recente bocciatura referendaria della riforma costituzionale contenuta nella legge costituzionale recante "Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione”.

    Malgrado gli stessi padri costituenti avessero avvertito – sin dall’approvazione – l'esigenza di una revisione della Costituzione, la riforma costituzionale voluta dal governo Renzi ha suscitato notevoli clamori e divisioni, persino tra i giuristi. Probabilmente perché essa ha rinunciato all’ideale di una Costituzione che rappresentasse il cemento di coesione della società, ove ogni persona possa riconoscersi. Il tutto ad appannaggio dell’esigenza (fortemente sollecitata dai mercati finanziari) di garantire anzitutto la governabilità al Paese, dimenticando, invece, che, storicamente, le Costituzioni nascono per limitare il potere esecutivo.

    Dalle conflittualità sorte, tuttavia, va recuperato un rinnovato impegno politico verso una democrazia che pratichi la solidarietà per il raggiungimento della felicità di ciascuna persona.

  • 13 Anno 2017 ‒ Numero 1

    Keywords democrazia – costituzione – riforme – governabilità – sovranità Autori prof. Sebastiano LICCIARDELLO email: [email protected] Ordinario di Diritto Amministrativo, Università degli Studi di Catania

  • 14 Anno 2017 ‒ Numero 1

    Mentre nel Paese da poco uscito dalla guerra manca tutto, mentre

    ancora è forte il ricordo del grande disastro ferroviario del Balvano, che provocò nella notte del 3 marzo 1944 oltre 500 morti, mentre ancora

    sono vive le immagini della morte del generale Bellomo, innocente, condannato alla fucilazione dagli inglesi e del crudele linciaggio a Roma

    dell'onesto Direttore del carcere di Regina Coeli, Donato Carretta, vittima dell'odio ideologico, un manipolo di uomini di diversa provenienza politica, accomunati da un elevato valore etico e da una

    onesta intelligenza, messa da parte ogni divisione e differenza, cominciarono a pensare al bene comune dell'Italia, per restituire dignità

    ad un popolo trascinato in rovina dal fascismo e dalla guerra.

    Sono i componenti dell'Assemblea Costituente di fatto espressione di tre forze politiche tra loro ideologicamente molto distanti: Quella

    liberale rappresentata tra gli altri da Croce, Nitti e Orlando, quella democristiana da La Pira e Dossetti e quella social-comunista da Nenni

    e Togliatti.

    Qualcosa li teneva assieme: gli ideali democratici, che per Bobbio

    rappresentarono il "cemento che tenne insieme gli uomini della classe politica1". Vi fu una "fusione" delle diverse culture, anzi ideologie politiche, animate dalla consapevolezza e dalla volontà di costruire un

    nuovo ordine democratico2.

    Quell'ordine democratico che avrà la sua massima sintesi nell'art. 1

    della Costituzione per cui "l'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro". E si declina nei successivi articoli, ovvero nei

    principi personalista, solidarista, lavorista, pluralista, autonomista.

    1 N. Bobbio, Origini e caratteri della Costituzione, in Dal fascismo alla democrazia, a cura di M. Bovaro,

    Milano, 1977, 168 2 P. Maddalena, Quello che si deve sapere della Costituzione della Repubblica Italiana, Napoli, 2010, 11

  • 15 Anno 2017 ‒ Numero 1

    Superando la concezione di una uguaglianza formale delle vecchie

    Costituzioni borghesi ed affermando una uguaglianza di fatto.

    Tutte scelte oltremodo coraggiose da parte dei Padri costituenti che

    hanno messo in discussione "i protagonisti dello Stato e della Legge intorno ai quali i giuristi moderni avevano ricamato finissimi merletti

    mitologici3", determinando lo smarrimento di Oreste Ranelletti che nel progetto di Costituzione riteneva mancasse quasi del tutto il senso dello Stato o di Vittorio Emanuele Orlando a disagio di fronte ad una Corte

    costituzionale che potesse cassare il legislatore4.

    La Costituzione della Repubblica verrà approvata nel pomeriggio di

    lunedì 22 dicembre 1947 con 453 voti favorevoli su 515 votanti.

    Dirà l'onorevole Ruini quel pomeriggio: "Questa Carta è essa stessa un inno di speranza e di fede".

    La mattina di quel giorno il presidente Terracini ha ricordato che durante i lavori dell'Assemblea Costituente "ci siamo divisi, urtati,

    lacerati nella stessa discussione del testo parlamentare. Ma vi era uno sforzo per raggiungere l'accordo e l'unità. Ed ora io sono sicuro che

    nell'approvazione finale il consenso sarà comune ed unanime e dirò che al di sotto di una superficie di contrasto vi è una sola anima italiana. L'Italia avrà una carta costituzionale, che sarà sacra per tutti

    gli italiani uniti nell'avvenire alla Repubblica ed alla sua Costituzione".

    Ed ancora dirà ancora Ruini: "Abbiamo la certezza che durerà a

    lungo e forse non finirà mai, ma si verrà completando ed adattando

    3 P. Grossi, La Costituzione italiana quale espressione di un tempo giuridico pos-moderno, in Riv. trim. dir.

    pubbl., 2013, 622 4 O. Ranelletti, Note sul progetto di Costituzione presentato dalla Commissione dei settantacinque

    dell'Assemblea costituente, in Scritti giuridici scelti, I, Napoli, 1992, 549; V. E. Orlando, Studio intorno alla forma di governo vigente in Italia secondo la Costituzione del 1948, in Riv. trim. dir. pubbl., 1951, 43

  • 16 Anno 2017 ‒ Numero 1

    alle esigenze dell'esperienza storica... La Costituzione sarà

    gradualmente perfezionata: e resterà la base definitiva della vita costituzionale italiana. Noi stessi - ed i nostri figli - rimedieremo alle

    lacune ed ai difetti che esistono".

    Se anche i padri costituenti hanno sin da allora avvertito l'esigenza di

    una revisione della Costituzione ci si chiede perché la revisione costituzionale contenuta nella legge costituzionale intitolata "Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la

    riduzione del numero dei parlamentari, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione” ha

    suscitato tanti clamori e posizioni fortemente contrarie e contrastanti, divisioni, anche tra i giuristi schierati su due "fronti" del si e del no, in attesa del referendum che si è tenuto il 4 dicembre 2016.

    Si è detto da parte del fronte del SI che la risposta a questa profonda divisione che la riforma costituzionale ha creato, va cercata nel fatto che

    detta riforma è stata voluta dal governo ed approvata da una maggioranza parlamentare, eletta con quella legge elettorale (il c.d.

    porcellum) dichiarata incostituzionale, che pertanto non rappresenta se non una minoranza del paese reale, e che oltretutto ha rifiutato il dialogo con le altre forze politiche, anzi ha impedito il dialogo utilizzando gli

    strumenti della tagliola, del canguro, della seduta - fiume.

    Io credo invece che questa "divisione" corrisponda ad una profonda

    frammentazione della società di oggi ed al fatto che la riforma costituzionale ha rinunciato ad una Costituzione che rappresenti il

    cemento di coesione della Società, collante della democrazia, elemento di unione, ove si riconosce ogni persona.

    La Costituzione italiana - si è scritto - è nata "dalla capacità dei

  • 17 Anno 2017 ‒ Numero 1

    costituenti di individuare il minimo comune denominatore tra le

    diverse posizioni politiche a confronto... da un compromesso e non dall'imposizione unilaterale di una visione di parte. Questa origine

    compromissoria è ciò che ha dato solidità alla costituzione perché l'ha resa frutto di una realtà socialmente radicata5".

    È il sentimento della ricerca di un bene comune che muoveva i Padri Costituenti attraverso un "metodo" che tendeva a trovare punti di incontro.

    Ecco quello che è accaduto nel 1947, il 22 dicembre mattina. Nella seduta mattutina del 22 dicembre 1947 chiede la parola al presidente

    Terracini, l'on. Giorgio La Pira. Ormai il testo della Costituzione è definito e si deve procedere alla votazione finale.

    La Pira propone che il testo della Costituzione sia preceduto dalla

    formula: "In nome di Dio il popolo italiano si dà la presente Costituzione". E dice: "Prima di presentare questa formula, io ne ho

    parlato a quasi tutti voi, perché non fosse la mia proposta una novità assoluta. E fra l'altro ho avuto questa preoccupazione, che si trattasse

    cioè, di una formula sulla quale tutti potessero concordare, cioè non di una espressione politica, ma di una frase sulla quale ci fosse il consenso interiore e totale dell'assemblea".

    Dopo le perplessità per così dire procedurali del Presidente interviene l'on. Togliatti che dice: "Onorevole Presidente, è un fatto che stamani,

    quando ci siamo alzati, faceva freddo, ma nonostante questo, quando abbiamo visto brillare il sole nel cielo di dicembre, abbiamo sperato

    che almeno per noi, membri dell'assemblea costituente della repubblica italiana, esso avrebbe brillato su una giornata di unità e di

    5 G. Zagrebelsky, Loro diranno, noi diciamo, Roma - Bari, 2016, 80

  • 18 Anno 2017 ‒ Numero 1

    concordia. Siamo venuti qui con la convinzione di compiere un atto di

    unità, anzi con il deliberato proposito di scartare in questo giorno tutte le questioni che potessero dividerci... perché tutti capissero che l'atto

    solenne che oggi compiamo, è un atto nel quale ci sentiamo uniti... se dovessimo aprire il dibattito sulla proposta dell'on. La Pira non ci

    troveremmo uniti... compiremmo una manifestazione che sarebbe in contrasto con lo spirito unitario, col quale abbiamo voluto venire qui oggi... per questi motivi prego l'on. La Pira di volere desistere dalla sua

    proposta".

    Dopo gli interventi di Marchese, Calamandrei, Coppa e dello stesso

    Presidente, La Pira dice: "La mia proposta ha voluto essere una proposta di unione e non di divisione... quindi pregherei vivamente gli onorevoli Togliatti, Nenni, Marchese e tutti gli altri amici di vedere di

    trovare questo punto d'incontro".

    Seguiranno gli interventi di Nitti e del Presidente, infine La Pira

    riprende la parola e dice: "A me non resta che partire dal presupposto e dal punto di vista dal quale mi ero mosso, e cioè che vi fosse unità, un

    consenso in tutta l'assemblea. Ma evidentemente se questo consenso non vi fosse e volessero essere motivi di screzio profondo, di disunione tra gli animi, non so veramente cosa dire, perché ciò va contro il punto

    di vista dal quale ero partito... francamente se tutto questo dovesse produrre la scissione nell'assemblea, io per conto mio non posso dire

    che questo: che ho compiuto secondo la mia coscienza il gesto che dovevo compiere".

    Il resoconto parlamentare registra a questo punto "vivissimi, generali, prolungati applausi - molte congratulazioni".

    Dopo avere letto questa pagina degli Atti dell'Assemblea Costituente,

  • 19 Anno 2017 ‒ Numero 1

    ci si chiede se la democrazia debba perseguire il "bene comune"

    attraverso politiche e scelte condivise ovvero anche attraverso decisioni espressione (efficiente) di una maggioranza, più o meno

    democraticamente costituita.

    Quest'ultima opzione muove dalla esigenza che occorre garantire

    anzitutto la governabilità per assicurare al Paese decisioni e risposte sempre pronte ed adeguate, percorsi decisionali più spediti ed efficienti, per allineare la politica alla economia (ed alla finanza). Da qui la

    necessità che la Costituzione (al pari della legge elettorale) venga anzitutto a garantire la governabilità.

    E tuttavia si è sottolineato che "la governabilità può essere richiamata quale valore di un regime democratico soltanto quando la democrazia è assolutamente al riparo, iniziando dalla legge elettorale

    che deve essere per certo una legge che consenta la democraticità del sistema. Soltanto soddisfatta questa prima condizione la governabilità

    può costituire un valore aggiunto6".

    Peraltro la Corte costituzionale con la sentenza n. 1/2014 ha

    dichiarato la illegittimità costituzionale della legge n. 270/2005 (il c.d. porcellum) perché viene a determinare un’alterazione del circuito democratico definito dalla Costituzione, basato sul principio

    fondamentale di eguaglianza del voto e la violazione della libertà di scelta dei candidati da parte dei cittadini.

    La governabilità si antepone alla democrazia tuttavia anche nella legge n. 52/2015 (c.d. Italicum) che ha sostituito la l. n. 270/2005, dopo

    che la Corte Costituzionale con la ricordata sentenza n. 1/2014 ne ha dichiarato la illegittimità, dato che tende "a incoronare la sera stessa

    6 I. M. Marino, Prime considerazioni su diritto e democrazia, in Dir. Soc., 2010, 256

  • 20 Anno 2017 ‒ Numero 1

    delle elezioni il vincitore, cioè il capo politico che per cinque anni potrà

    governare controllando il parlamento attraverso il controllo del partito di cui è a capo7". Infatti per l'art. 2, comma 8 "i partiti o i gruppi

    politici organizzati che si candidano a governare depositano il programma elettorale nel quale dichiarano il nome e cognome della

    persona da loro indicata come capo della forza politica".

    La stessa riforma costituzionale bocciata intendeva la Costituzione uno "strumento" del governo, volto a rafforzare la "governabilità",

    quando invece storicamente le Costituzioni nascono per limitare il potere esecutivo.

    Questa esigenza di governabilità è fortemente sollecitata dai mercati finanziari. Nel report degli analisti della banca d'affari JP Morgan del 2013 si imputa alle Costituzioni dei paesi dell'Europa meridionale un

    ostacolo che spezza il circolo potere-finanza: "Questi sistemi politico e costituzionali del Sud presentano tipicamente le seguenti

    caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti; governi centrali deboli nei confronti delle regioni; tutele costituzionali dei

    diritti dei lavoratori; la licenza di protestare se vengono proposte sgradite modifiche dello status quo. La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste caratteristiche".

    Altrettanto significativi sono stati i rapporti delle banche d'affari sugli esiti del referendum costituzionali che avrebbe – nel caso di vittoria del

    sì – innescato un aumento dello spread, un calo del PIL ed altre nefaste conseguenze per lo Stato, che tuttavia poi non si sono verificate.

    E tuttavia è evidente che lo Stato appare sempre meno "sovrano" rispetto al potere della finanza, da cui lo Stato "dipende" anzitutto

    7 G. Zagrebelsky, Dite con parole vostre, in La Costituzione bene comune, Roma, 2016, 81

  • 21 Anno 2017 ‒ Numero 1

    perché finanzia il debito pubblico e che cerca di indirizzare le scelte

    politiche interne.

    Non c'è dubbio che la revisione costituzionale sottoposta al

    referendum assecondava queste istanze di governabilità.

    Rimanendo sul piano del "metodo" occorre sottolineare che

    rinunciando alla condivisione di un progetto si è rinunciati anche ad un linguaggio condiviso. Sotto questo profilo le nuove norme costituzionali mancano di quello stile condiviso e risultano – almeno talune – di

    difficile comprensione anche agli addetti ai lavori.

    Gustavo Zagrebelsky ha scritto che "siamo di fronte ad un testo

    incomprensibile. Verrebbe voglia di interrogare i fautori della riforma innanzitutto il Presidente della Repubblica di allora, il presidente del Consiglio, il ministro e chiedere come ci chiedevano a scuola: dite con

    parole vostre che cosa avete capito. Qui, addirittura, che cosa avete capito di quello che avete fatto? Saprebbero rispondere? E noi,

    possiamo capirci?8".

    Ma non è mia intenzione entrare nel merito del progetto di revisione

    costituzionale su cui ampiamente altri - da fronti opposti - hanno scritto e detto e su cui oramai è calato il sipario della bocciatura referendaria.

    Una notazione conclusiva. Al di sotto della conflittualità che la legge

    di riforma costituzionale ha determinato vi è una "tensione sociale" che può essere recuperata. Anzi, che va recuperata, per un rinnovato

    impegno politico, verso la democrazia, quella democrazia che richiede cittadini attivi, consapevoli, e che invece il degrado e la corruzione dei

    costumi, ed ancor peggio i deprecabili ostentati privilegi del "potere"9,

    8 G. Zagrebelsky, Dite con parole vostre, cit., 85 9 C. M. Martini, Per un'etica nella pubblica amministrazione, Bologna 1992, 19

  • 22 Anno 2017 ‒ Numero 1

    hanno reso disinteressati e diseducati10.

    "Riconquistare" la democrazia dopo le sue promesse mancate11, significa una nuova solidità dei sentimenti, un impegno etico ed

    educativo o, come sottolineato oltralpe, una œuvre de pédagogie a cui siamo chiamati anche noi giuristi12, verso quella giustizia che deve

    praticare la solidarietà, verso la felicità di ciascuna persona, verso la costruzione di un ordine giuridico impregnato di quei valori che conseguano al vincolo democratico.

    10 I. M. Marino, 266 11 N. Bobbio, Il futuro della democrazia, Torino, 1984 12 J. Moret-Bailly e D. Truchet, Pour une autre déontologie des juristes, Paris, 2014, 70

  • 23 Anno 2017 ‒ Numero 1

    RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

    BOBBIO N., (1977), Origini e caratteri della Costituzione, in Dal fascismo alla democrazia, a cura di M. Bovaro, Milano

    BOBBIO N., (1984), Il futuro della democrazia, Torino

    GROSSI G., (2013), La Costituzione italiana quale espressione di un tempo giuridico post-moderno, in Rivista trimestrale diritto pubblico

    MADDALENA P., (2010), Quello che si deve sapere della Costituzione della Repubblica Italiana, Napoli

    MARINO I. M., (2010), Prime considerazioni su diritto e democrazia, in Dir. Soc.

    MARTINI C. M., (1992), Per un'etica nella pubblica amministrazione, Bologna

    MORET-BAILLY J. E TRUCHET D., (2014), Pour une autre déontologie des juristes, Paris,

    RANELLETTI O., (1992), Note sul progetto di Costituzione presentato dalla Commissione dei settantacinque dell'Assemblea costituente, in Scritti giuridici scelti I, Napoli

    ORLANDO V. E., (1951), Studio intorno alla forma di governo vigente in Italia secondo la Costituzione del 1948, in Rivista trimestrale diritto pubblico

    ZAGREBELSKY G., (2016), Dite con parole vostre, in La Costituzione bene comune, Roma

    ZAGREBELSKY G., (2016), Loro diranno, noi diciamo, Roma - Bari

  • 24 Anno 2017 ‒ Numero 1

    TRAUMA E RESILIENZA TRA NEUROSCIENZE E ASPETTI PSICO-SOCIALI

    Santo DI NUOVO

    Sommario 1. Resilienza e trauma: alcune precisazioni terminologiche – 2. Lo stress: componenti biologiche e percezione soggettiva – 3. Caratteristiche della resilienza, e possibilità di misurazione – 4. Capacità da potenziare per favorire la resilienza – 5. La resilienza nelle organizzazioni lavorative – 6. Conclusioni Abstract Il concetto psicologico di resilienza, mutuato dalla biologia ed ecologia, indica la capacità di affrontare e superare i traumi della vita. A livello individuale, con riferimento alle turbolenze che si verificano nei rapporti interpersonali, nelle famiglie e nei gruppi sociali. Ma anche a livello aziendale, organizzativo e istituzionale, e persino nelle relazioni internazionali, in tutte le situazioni che provocano un forte stress o un prolungato stato di crisi.

    Muovendo proprio dalla definizione di evento traumatico e dalle sue conseguenze psicologiche in termini di stress, il lavoro si propone di indagare come la resilienza funziona, evidenziando, da un lato, come la facoltà di una persona di conservare una gratificante qualità di vita sia correlata alla sua “intelligenza emotiva” e, dall’altro, come esista anche a livello aziendale una resilient community, intesa come la capacità di un’organizzazione di fronteggiare situazioni di stress e di crisi, che risulta correlata alla mindfulness aziendale.

    Oggetto dell’indagine sono anche i diversi strumenti per misurare la resilienza. In particolare il test Resilience Scale, usato anche in aziende lavorative e ambienti militari, accanto al quale esistono anche strumenti specifici per la valutazione della resilienza nei bambini e adolescenti.

  • 25 Anno 2017 ‒ Numero 1

    Keywords resilienza – stress – trauma – crisi – comunicazione Autore prof. Santo DI NUOVO email: [email protected] Ordinario di Psicologia. Direttore del Dipartimento di Scienze della Formazione, Università degli Studi di Catania

  • 26 Anno 2017 ‒ Numero 1

    1. Resilienza e trauma: alcune precisazioni terminologiche

    In biologia ed ecologia, ma anche nelle scienze delle costruzioni, la resilienza è la capacità di un sistema di ripristinare la sua condizione di

    equilibrio (omeostasi) dopo un intervento esterno o un deficit rispetto alla capacità di carico (overload).

    In psicologia, la resilienza viene vista come la capacità di affrontare i traumi della vita, di superarli e di uscirne rinforzati e addirittura trasformati positivamente.

    Quando ad una iper-stimolazione (grave e/o prolungata) rispetto alle capacità di fronteggiarla e reggerla subentra un dis-equilibrio, la

    possibilità di ripristinare l’equilibrio è consentita appunto dalla resilienza. In realtà, il termine resilienza implica qualcosa di più rispetto ad una semplice sopravvivenza nonostante i danni, ed anche alla

    condizione di adattamento (cambiamento di sé per resistere all'evento) e al far fronte o coping, che designa l'uso di risorse adeguate, ma senza

    necessariamente tornare ad una condizione di equilibrio positivo dopo la perturbazione del sistema.

    Per valutare come la resilienza funziona, bisogna dare un'appropriata definizione della perturbazione che provoca lo squilibrio, definita in ottica psicologica come evento traumatico.

    La definizione di trauma (secondo l'etimologia originale: τραῦµα,

    ferita) sul piano fisico comporta una lesione dell'organismo causata dall'azione dannosa di agenti esterni (incidenti, malattie, violenze, ecc.); per lo più improvviso ma anche conseguente ad accumulo, come nei

    traumi sportivi.

    Il trauma psicologico veniva definito da Janet già alla fine dell’800

    come un evento che, per le sue caratteristiche, non si può integrare nel

  • 27 Anno 2017 ‒ Numero 1

    sistema psichico pregresso della persona e quindi resta separato dal

    resto della sua esperienza psichica.

    Per Freud (1926) trauma psichico è “la valutazione delle nostre forze

    rapportate all'entità del pericolo, ammettendo la nostra impotenza di fronte a esso”. Produce conseguenze psichiche anche gravi ma la sua

    caratteristica fondamentale è di essere percepito come non controllabile con le risorse consuete: altrimenti non si parlerebbe di trauma, ma di conflitto, affrontabile con le forze disponibili.

    Il trauma ha dunque due aspetti, uno legato all'evento che produce la rottura dell'omeostasi delle dinamiche interne all'organismo, l'altro

    connesso alla rappresentazione soggettiva dell'evento e delle sofferenze che ne derivano, con ripercussioni sulle dinamiche relazionali (Cyrulnik, 2000).

    Eventi psicologici che inducono uno stress traumatico, e richiedono una risposta adattiva, sono soprattutto quelli che coinvolgono le vittime

    di disastri naturali, come terremoti o alluvioni, e relative emergenze; maltrattamenti e abusi all'infanzia; gravidanze indesiderate; nascita di

    figli disabili; tumori o patologie invalidanti; patologie gravi di familiari; bullismo, stalking e mobbing; forti conflittualità familiari o nei contesti lavorativi; perdita del lavoro; gravi incidenti; episodi di guerra, attacchi

    terroristici o violenze di gruppo.

    Per descrivere le conseguenze psicologiche di questi eventi si parla di

    disturbo post-traumatico da stress (Post-Traumatic Stress Disorder, PTSD) caratterizzato secondo il DSM-5 (APA, 2013) da esposizione ad

    una situazione traumatica da cui derivano sintomi involontari e intrusivi, alterazioni cognitive ed emotive e della reattività psicologica, tendenza all'evitamento degli stimoli associati al trauma. Ne consegue

  • 28 Anno 2017 ‒ Numero 1

    un disturbo persistente che causa disagi clinicamente significativi o

    compromissioni del funzionamento sociale, lavorativo o in altre aree importanti della vita quotidiana.

    Elemento essenziale delle conseguenze del trauma, che la resilienza dovrebbe riparare, è dunque lo stress. Sul piano biofisico, il trauma è

    legato allo stress in quanto spesso ne è la causa (come nello stress-post traumatico) ma può esserne anche la conseguenza, nel senso che il trauma deriva da uno situazione di stress forte e prolungato.

    2. Lo stress: componenti biologiche e percezione soggettiva

    Le componenti biologiche dello stress sono state oggetto di innumerevoli studi sul piano fisiologico e genetico. È noto che lo stress, come risposta fisiologica e adattiva ad una minaccia, attiva condizioni

    allostatiche che impegnano solitamente una specifica via neuroendocrina conosciuta come asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Gli

    stimoli stressanti provocano il rilascio dell'ormone corticotropina (CRH) dai neuroni nel cervello; la regolazione dell'attività di CRH è fondamentale per l'adattamento cerebrale allo stress.

    Una ricerca del Weizmann Institute of Science in Israele (Amir-Zilberstein e al., 2012), ha identificato un percorso specifico di

    segnalazione intracellulare che controlla l'espressione del CRH indotta dallo stress. La scoperta riguarda la proteina Orthopedia (OTP), che si

    esprime in alcune parti del cervello associate all'adattamento dello stress, modulando l'espressione di CRH. È stato dimostrato che OTP

    regola la produzione di due recettori presenti sulla superficie dei neuroni; questi ricevono e inoltrano le istruzioni di produzione di CRH, assumendo un'essenziale funzione di interruttori 'On-Off' delle

  • 29 Anno 2017 ‒ Numero 1

    funzioni.

    La regolazione del CRH è fondamentale per l'adattamento allo stress neuronale. La mancata e cronica attivazione o interruzione della

    risposta di CRH può portare a sovra e sotto-attivazione dei circuiti cerebrali correlati, causando le note condizioni patologiche.

    Studi specifici sullo stress conseguente ad abuso infantile hanno riguardato il coinvolgimento di sistemi biologici, e il funzionamento neurofisiologico (Cicchetti e al., 2010). In particolare riguardo al

    metabolismo degli ormoni steroidi, si è riscontrata una risposta maggiormente adattiva dopo un abuso nei bambini con livelli più elevati

    di cortisolo al mattino (Cicchetti e Rogosch, 2007).

    Charney (2004) ha individuato undici possibili mediatori neurochimici, neuropeptidici, e ormonali della risposta psicobiologica

    di stress estremo, la cui azione può condurre alla vulnerabilità o alle capacità di recupero.

    Nel loro insieme, i risultati degli studi citati sembrano identificare percorsi biologici evolutivamente determinati che modulano

    l'adattamento allo stress, aprendo la strada ad interventi mirati sul piano biochimico per il recupero degli effetti dello stress. Ma, come i risultati dei trattamenti antistress hanno chiaramente dimostrato, il

    recupero delle normali funzioni di risposta allo stress può avvenire proficuamente anche mediante interventi psicologici.

    In questa direzione, bisogna ricordare che insieme agli aspetti 'oggettivi', biologici, dello stress, gli studi psicologici hanno ribadito

    l'importanza della percezione soggettiva di esso come evento stressante: ciò che si definisce ‘appraisal’, per cui lo stesso evento per alcune persone è stressante, per altre no, e l'intensità dello stress percepito

  • 30 Anno 2017 ‒ Numero 1

    attiva in misura spesso profondamente diversa la risposta

    neurobiologica.

    Viene inoltre ribadita l'importanza della consapevolezza della risposta

    dell’organismo: il “sentirsi stressati”, spesso al di là dei parametri fisiologici come il livello di cortisolo, la conduttanza cutanea, la

    respirazione, ecc. Lo stress aumenta per ragioni sociali (iperattività, insicurezza lavorativa, spersonalizzazione dei rapporti) e la percezione dello stress muta di conseguenza, in correlazione con la ‘ferita’ sul piano

    neurobiologico (Ozbay e al., 2008).

    Su questi aspetti soggettivi della gestione dello stress traumatico si

    innesta la possibilità di recupero mediante la resilienza.

    3. Caratteristiche della resilienza e possibilità di misurazione

    La capacità di resistere positivamente ad eventi negativi ha da sempre

    costituito oggetto di studio in psicologia: già Anna Freud aveva dimostrato come bambini fortemente traumatizzati dagli eventi bellici

    potevano tornare ad adeguati livelli di funzionamento psicologico e di benessere (Freud e Burlingham 1943). Il costrutto di resilienza fu introdotto in psicologia negli ultimi decenni del secolo scorso (Werner e

    Smith 1982; Masten e Garmezy 1985; Werner, 1989, 1995).

    Come detto, la resilienza comporta meccanismi di riparazione degli

    effetti negativi dello stress traumatico, ma anche di cambiamento nelle risorse della persona: la frustrazione può trasformarsi in opportunità

    (Siebert, 2005; Castelletti, 2006; Masten 2007; Masten e Wright, 2009; Gonzales, 2012; Robertson, 2012).

    Le caratteristiche essenziali della resilienza, sul piano psicologico,

  • 31 Anno 2017 ‒ Numero 1

    sono la competenza e il controllo durante la condizione di stress causato

    dal trauma (far fronte, coping), cui, come detto, si aggiunge il recupero, cioè il ritorno progressivo alla condizione di partenza nonostante la

    gravità del trauma; e, ancora, la possibilità di un proficuo apprendimento per il futuro: capacità di usare le stesse competenze per

    ulteriori situazioni di stress, quindi rafforzamento delle difese e delle abilità del soggetto nel fronteggiare le situazioni difficili.

    Le variabili specifiche implicate nella resilienza sono studiate nei

    diversi strumenti di valutazione del fenomeno.

    Nella costruzione di uno di questi primi strumenti, Wagnild e Young

    (1993) considerano la resilienza come capacità strategica con implementazioni tattiche; le persone resilienti sono capaci di riprendere dopo un trauma una vita soddisfacente e autentica; quindi un test sulla

    resilienza deve misurare la capacità di una persona di conservare una gratificante qualità di vita. Il test Resilience Scale messo a punto dagli

    autori valuta pertanto le seguenti aree: Vita significativa (Purpose); Perseveranza; Equanimità; Autosufficienza; Capacità di stare soli in

    modo adeguato (Coming Home to Yourself). La Resilience Scale è stato il primo strumento sviluppato per misurare direttamente la resilienza, e viene usato anche in aziende lavorative e ambienti militari.

    La “Resilience scale for adults” (Friborg e al., 2003; adattamento italiano: Laudadio e al., 2011) prevede come dimensioni essenziali da

    valutare per le capacità di resilienza:

    § Autoefficacia

    § Fiducia nel futuro

    § Pianificazione e controllo

    § Competenza sociale

  • 32 Anno 2017 ‒ Numero 1

    § Coesione familiare

    § Risorse sociali

    Queste ultime quattro caratteristiche risultano superiori nei caregiver

    dei disabili, dimostrando come la resilienza sia possibile in condizioni di forte frustrazione e di persistente difficoltà nella vita quotidiana.

    Strumenti specifici esistono per la valutazione della resilienza nei bambini e adolescenti.

    La scala Resiliency Attitudes and Skills Profile (Hurtes e Allen, 2001),

    adatta per età da 12 a 19 anni e usata spesso nel counseling alle famiglie, valuta sette dimensioni: insight, indipendenza, creatività, umorismo,

    iniziativa, qualità delle relazioni e orientamento valoriale.

    La Resiliency Scale for Children e Adolescents (Prince-Embury 2006, 2008) ha due versioni, una per bambini e una per adolescenti. Le

    dimensioni valutate sono il senso di mastery (con le sub scale ottimismo, autoefficacia e adattabilità); la capacità di relazione (fiducia,

    supporto e tolleranza); la reattività emotiva (sensibilità, capacità di recupero e superamento di problemi emotivi).

    La Child and Youth Resilience Measure (Ungar e Liebenberg, 2009), standardizzata per età da 12 a 23 anni, valuta le risorse che favoriscono la resilienza a livello individuale, relazionale, comunitario e culturale.

    Ha due versioni, una di 58 item ed una ridotta di 28. Tenendo conto degli aspetti della resilienza comuni in diverse culture, si presta bene ad

    applicazioni cross-culturali.

    Indirettamente legata alla resilienza, in quanto indaga i fattori che

    consentono un orientamento adattivo verso i problemi, è la scala COPE (Coping Orientation to Problems Experienced, Carver et al, 1989) adattata in Italia da Sica e al. (1997). Vengono studiati 15 componenti:

  • 33 Anno 2017 ‒ Numero 1

    supporto sociale, uso di alcool o droghe, religione, umorismo,

    accettazione, soppressione della competizione, sfogo emotivo, reinterpretazione positiva, negazione, distacco comportamentale,

    distacco psicologico, attività, planning, ricerca di informazioni, ricerca di comprensione di significati.

    Una recente revisione dello strumento (Sica e al., 2008) ha evidenziato cinque grandi dimensioni indipendenti su cui è basata la nuova versione italiana: Sostegno sociale, Strategie di evitamento,

    Attitudine positiva, Orientamento al problema e Orientamento trascendente.

    4. Capacità da potenziare per favorire la resilienza

    Ai fini di un intervento psicologico per incrementare le capacità di

    resilienza, specie dopo situazioni di stress post-traumatico, è importante riepilogare le abilità da attivare, sia come risorse interne

    della persona che come capacità di trarre profitto delle risorse offerte dal contesto (Agaibi e Wilson, 2005):

    § padroneggiare sentimenti ed emozioni forti: ad esempio, distacco mentale, evitare ruminazioni, usare tecniche di rilassamento;

    § fare piani realistici: ricerca di informazioni e criteri di

    comprensione adeguati;

    § possedere abilità di comunicazione efficace;

    § sviluppare una buona immagine e fiducia in sé;

    § avere auto-efficacia e aspettative di controllo interne: poter fare

    qualcosa per controllare attivamente il trauma, evitando la passivizzazione;

  • 34 Anno 2017 ‒ Numero 1

    § identificarsi come “survivor” attivo, piuttosto che semplice

    'sopravvissuto' o addirittura come vittima passiva;

    § evitare di ricorrere a difese negative o soluzioni di “conforto” ma

    disadattive come alcol, droghe, altre dipendenze patologiche;

    § saper trovare aspetti positivi nella situazione stressante, attuando

    una re-interpretazione positiva.

    I contesti di supporto (Werner, 1995; Malaguti 2005) sono quelli offerti dalla famiglia, anche allargata, e/o dalla comunità e gruppi dei

    pari di riferimento del soggetto, che deve essere in grado di individuarli, recepirne correttamente le potenzialità di sostegno e farne proficuo uso.

    Le capacità da attivare in tal senso sono:

    § tenersi in contatto con gli altri, senza isolarsi;

    § saper cercare aiuto e supporto sociale;

    § apertura (self-disclosure) alle persone care e fidate;

    § condivisione di competenze, emozioni, sensazioni con altri nella

    stessa situazione;

    § spiritualità e 'speranza' come dimensione interpersonale e culturale

    (Scioli e al., 2016).

    Non mancano esempi di ricerca sulle condizioni di resilienza dopo eventi di grande impatto emotivo: uno studio di Lazarus (2004) ha

    evidenziato le relazioni fra indicatori di positivo adattamento di bambini e famiglie dopo l'attentato dell'11 settembre 2001.

    Ai fini della programmazione di interventi per favorire la resilienza, è importante segnalare che essa non è direttamente correlata con la

    vulnerabilità bio-psichica: è possibile che un'alta vulnerabilità si associ ad alta resilienza, e viceversa, che ad un'accentuata condizione di

  • 35 Anno 2017 ‒ Numero 1

    vulnerabilità corrisponda una bassa capacità di resilienza.

    La resilienza può essere quindi addestrata con mezzi psicologici, anche in persone vulnerabili in età evolutiva (Yates, 2003; Heath e al.,

    2014).

    Wolin e Wolin (1993) hanno individuato alcuni elementi essenziali

    per descrivere e incrementare risorse e forze interne alla persona:

    § Assunzione di consapevolezza: identificare problemi e risorse, ricercare soluzioni;

    § Indipendenza: stabilire limiti e confini adeguati tra sé e gli altri;

    § Relazioni: capacità di scegliere interlocutori positivi;

    § Iniziativa: trovare piacere nello svolgere attività costruttive;

    § Creatività: ampliare la propria visuale della realtà, sviluppando la possibilità di rifugiarsi in un mondo immaginario ma non

    irrealistico (creative imagery);

    § Humour: diminuire la tensione scoprendo la dimensione ironica

    capace di sdrammatizzare;

    § Etica: avere saldi principi per guidare l’azione nelle scelte positive

    e negative.

    L'American Psychological Association in un suo documento (APA, 2014) suggerisce un decalogo per costruire la resilienza:

    1. mantenere buoni rapporti con familiari, amici e altre persone significative;

    2. evitare di vedere momenti critici o eventi stressanti come problemi insostenibili e insuperabili;

    3. accettare circostanze che non possono essere modificate; 4. sviluppare obiettivi realistici e perseguirli;

  • 36 Anno 2017 ‒ Numero 1

    5. intraprendere azioni risolute in situazioni avverse;

    6. cercare nuove opportunità di scoperta di sé dopo una perdita; 7. sviluppare la fiducia in se stessi;

    8. mantenere una prospettiva a lungo termine e considerare l'evento stressante in un contesto più ampio;

    9. mantenere una prospettiva di speranza, aspettandosi miglioramenti e la visualizzando ciò che è desiderabile;

    10. prendersi cura della propria mente e del corpo, esercitandosi

    regolarmente, e prestando attenzione ai propri bisogni e sentimenti.

    In sintesi, lo sviluppo della resilienza appare correlata con l'incremento di quella che si definisce in generale 'intelligenza emotiva' (Schneider e al., 2013).

    Ovviamente, a queste capacità cognitive ed emotive del soggetto va associato il potenziamento effettivo delle risorse ambientali di supporto

    alla persona in difficoltà. E questo deve avvenire nei diversi ambiti: familiare, scolastico, dei gruppi dei pari, dei servizi sociali e di comunità.

    5. La resilienza nelle organizzazioni lavorative

    Nei contesti socio-economici, si definisce resilient community la

    capacità di aziende e organizzazioni, produttive o di sicurezza sociale, nel fronteggiare un forte stress o un prolungato stato di crisi tornando

    allo stato di iniziale, oppure arrivando a nuovi equilibri positivi. La capacità dell'azienda di rispondere rapidamente e in modo determinato

    ai cambiamenti imprevisti e potenzialmente dannosi è la resilienza organizzativa. Essa si basa sul management del rischio e della crisi, sulla preparazione di piani specifici per gestire le emergenze (Leflar e

  • 37 Anno 2017 ‒ Numero 1

    Siegel, 2013).

    Essenziale per la gestione delle fasi critiche è la ‘mindfulness aziendale’ (Weick, Sutcliffe, 2010; Caruso e Di Nuovo, 2016) consistente

    nella capacità di focalizzare ciò che non funziona e comunicare in modo efficace su questi temi, auto-organizzandosi di fronte a situazioni di crisi

    per trovare nuove e adeguate soluzioni. Si può parlare in questo senso di positività organizzativa che le aziende possono apprendere (Cameron e al., 2003).

    Secondo Sheffi (2015) la sopravvivenza e la prosperità di un'azienda dipendono da ciò che fa prima che si verifichi una crisi, più che dalle

    azioni che bisogna mettere in atto quando la perturbazione è già in corso. Vanno individuati in anticipo gli elementi critici ad alto potenziale di impatto anche se con bassa probabilità; impegnandosi non

    solo per la sicurezza, ma per sviluppare capacità resilienti di riprendersi dalle crisi; e questo aspetto può trasformarsi in un vantaggio

    competitivo. L'autore fa riferimento a grandi imprese (tra cui Toyota, General Motors, Intel, Amazon, e anche la Marina degli Stati Uniti) per

    esemplificare come le aziende possono ridurre la vulnerabilità e migliorare la produttività e la competitività.

    6. Conclusioni

    Le turbolenze che si verificano nel corso dello sviluppo individuale,

    dei rapporti interpersonali, delle famiglie e dei gruppi sociali, ma anche a livello aziendale, organizzativo e istituzionale, e persino nelle relazioni

    internazionali, provocano stress fonte di trauma a diversi livelli di intensità, e richiedono una risposta centrata sulle capacità di resilienza a vari livelli.

  • 38 Anno 2017 ‒ Numero 1

    Gli studi su queste capacità, e sul modo di svilupparle, prendono le

    mosse dalla ricerca psicobiologica (genetica, biochimica, neurofisiologica) ma si estendono al campo psicosociale.

    Le applicazioni di questi studi ai diversi piani di intervento aprono nuove prospettive per il ripristino del benessere individuale e sociale in

    tempi di crisi.

  • 39 Anno 2017 ‒ Numero 1

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  • 44 Anno 2017 ‒ Numero 1

    IL RUOLO DELLE COMPETENZE “NON-TECNICHE” NELLA COSTRUZIONE

    DELLE CAPACITÀ RESILIENTI DEL SOCCORRITORE

    Luigi DE LUCA

    Sommario 1. Dalla psicologia dell’emergenza al sostegno psicosociale nella crisi: dalla cura alla prevenzione – 2. La traumatizzazione (potenziale) del soccorritore – 3. La messa a sistema delle “competenze non-tecniche” – 4. Le competenze multidisciplinari e integrate del soccorritore – 5. Il profilo di competenze del soccorritore – 6. L’esperienza della formazione sulle “competenze relazionali e di ruolo” nel Corpo nazionale dei Vigili del fuoco – 7. La metodica dell’outdoor training e la correlazione con gli strumenti delle competenze “non-tecniche” nella formazione “relazionale” del soccorritore – 8. Conclusioni: la padronanza delle competenze “non-tecniche” come fattore protettivo del soccorritore

    Abstract Le cosiddette competenze “non-tecniche” (non-technical skills) offrono strumenti operativi di natura trasversale, integrabili e spendibili nella gran parte delle professioni e, soprattutto, in tutte quelle dove la dimensione relazionale è centrale ed assume una valenza strategica, in termini di processo e di risultato. Le competenze “non-tecniche” diventano strumento di efficienza ed efficacia nell’azione (operativa e relazionale) del soccorritore e, al tempo stesso, fattore di protezione nella sua esposizione a stress emotivi reiterati e acuti, sia nella dimensione individuale che in quella di gruppo. Le competenze “non-tecniche” assumono, dunque, un ruolo fondamentale nel

  • 45 Anno 2017 ‒ Numero 1

    processo di empowerment1 del soccorritore, anche nel suo gruppo di riferimento e, soprattutto, nello sviluppo, nel consolidamento e nel mantenimento delle sue capacità resilienti. Le competenze “non-tecniche”, in quanto elementi di base nei processi di self-empowerment2, possono diventare pertanto, strumento di efficienza ed efficacia nell’azione (operativa e relazionale) del soccorritore e, al tempo stesso, fattore di protezione nella sua esposizione a stress emotivi reiterati e acuti. Costituiscono, dunque, elemento di competenza di base nello sviluppo, nel consolidamento e nel mantenimento delle sue capacità resilienti, sia nella dimensione individuale che, ancor più, in quella di gruppo e di comunità (ovvero organizzativa, nel caso dei sistemi di risposta alle emergenze). Keywords resilienza – competenze non-tecniche – formazione – soccorritori – emergenza Autore dott. Luigi DE LUCA e-mail: [email protected] Sostituto Direttore antincendi capo esperto del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco Responsabile Centro di formazione nazionale dei Vigili del fuoco per il Sud Italia – Catania

    1 Per empowerment si intende un processo di crescita, dell'individuo, del gruppo e della comunità, fondato

    sull'incremento della stima di sé, della percezione di autoefficacia e dell'autodeterminazione a far emergere risorse inespresse e stimolare la persona ad appropriarsi consapevolmente del proprio potenziale. [Julian Rappaport, 1981, Swift&Levine, 1987, Donata Francescato, 1994, M.A. Zimmerman, 2000].

    2 Per promuovere il self-empowement si deve cercare di attivare fiducia, ambizione e desiderio nei confronti dell’altro e dell’ambiente circostante al fine dell'“apertura di una nuova possibilità all'interno del soggetto” [L. Dallago, 2008]. La possibilità di scegliere è la condizione necessaria per l'assunzione della responsabilità della scelta stessa. L'approccio generale del self-empowerment si fonda sull’idea che il comportamento sia causato dalla personale percezione di successo o insuccesso e quindi sia cognitivamente determinato, dunque orientabile. [Massimo Buscaglioni, 1991, M.A. Zimmerman, 2000].

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    1. Dalla psicologia dell’emergenza al sostegno psicosociale nella crisi: dalla cura alla prevenzione

    Da alcuni decenni, la psicologia dell’emergenza3 e tutte le discipline

    ad essa correlate, hanno fatto significativi passi in avanti, rispetto a quando, il loro ambito di applicazione, sembrava ristretto all’intervento

    psicologico (un tempo si sarebbe detto psichiatrico) prevalentemente in occasione dei conflitti di natura bellica, delle guerre civili con esodi di massa di rifugiati o in occasione delle grandi catastrofi.

    Il consistente aumento, sia in termini quantitativi che qualitativi, dei disastri naturali, degli eventi atmosferici particolarmente avversi e

    l’incrementarsi di incidenti correlati o correlabili a tutte quelle attività antropiche che sottendono ad un considerevole aumento dell’indice di rischio, sono stati fertile terreno di studio e d’intervento per

    quest’ambito delle scienze del comportamento4.

    Tutto ciò ha determinato un aumento dell’interesse e delle

    conoscenze sulle dinamiche psicologiche, non solo da parte degli addetti ai lavori, ma anche delle popolazioni civili, sempre maggiormente

    colpite da eventi anche ad elevata criticità e, dunque, ad altrettanto elevata intensità emotiva.

    Anche il nostro Paese è stato purtroppo, soprattutto negli ultimi

    decenni, scenario di eventi naturali e antropici di impatto talvolta devastante, e non solo sul piano dei danni fisici e sociali.

    3 La psicologia dell'emergenza è il settore della psicologia che si occupa degli interventi clinici e sociali in

    situazioni di calamità, disastri ed emergenza/urgenza. Più in generale, è la disciplina che studia il comportamento individuale, gruppale e comunitario in situazioni di crisi.

    4 Secondo Greenpeace: “La frequenza dei disastri naturali è fortemente aumentata: nel 1980 furono registrati in tutto il mondo 400 eventi, mentre 30 anni dopo - con i medesimi criteri di classificazione - ne sono stati registrati quasi mille. Se i disastri geofisici (quali terremoti, tsunami, etc.) mostrano una sostanziale stabilità numerica, le inondazioni e le frane sono pressoché triplicate, le tempeste e gli uragani sono raddoppiati e risultano in forte aumento anche le ondate di calore, i periodi di siccità, gli incendi” (Boraschi, 2012).

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    Normalmente, un evento disastroso di grandi dimensioni o ad alto

    impatto emotivo, attira inevitabilmente l’attenzione dei media, attraverso i quali viene spesso amplificato ed enfatizzato, al fine di poter

    irrompere nel circuito delle informazioni, generare un ritorno in termini di profitto e cominciare a dettare l’agenda per un congruo periodo di

    tempo (agenda setting5). Questo accade, fintanto che un altro evento, di altrettanto interesse sociale e “appeal” comunicativo, non ne prenda il posto nella gerarchia delle priorità.

    Dopo i tragici eventi dell’11 settembre 2001 a New York, abbiamo imparato che i media oltre a diffondere ed amplificare la notizia, ne

    amplificano l’impatto emotivo sulle persone, le quali possono rimanerne emotivamente colpite, anche solo seguendo le dirette televisive e guardando le immagini di ciò che sta accadendo, in TV o su Internet6.

    Ci siamo, cioè, accorti che esiste la possibilità di “traumatizzazione vicaria”, indotta anche solo dalla percezione visiva e auditiva di un

    evento disastroso, anche se si è verificato ad una notevole distanza dal luogo nel quale si trovano le persone che ne hanno avuto notizia.

    Da un punto di vista meramente sociologico, risulta essere un verosimile effetto collaterale dei processi di interdipendenza (anche emozionale) innescati dal “villaggio globale” e della società

    dell’informazione. Quella stessa società che ci nutre e ci rassicura, facendoci credere che l’aver accesso, in tempo reale, alle notizie su ciò

    che accade nel mondo, ci possa in qualche modo aiutare ad averne il

    5 L'agenda-setting è la teoria delle comunicazioni che ipotizza la possibile influenza dei mass-media (mass-

    news) sull'audience in base alla scelta delle notizie considerate "notiziabili" e allo spazio e preminenza loro concessa. Il postulato principale dell'agenda-setting è il salience transfer, cioè il rendere la notizia saliente rispetto alle altre, quindi indica l'abilità dei mass media a trasferire un argomento da una agenda privata a quella pubblica d'interesse generale più elevato.

    6 Joseph LeDoux, Marilene Cloitre, Elizabeth Phelps (New York University).

  • 48 Anno 2017 ‒ Numero 1

    controllo per riuscire a governarlo.

    Assistiamo, inoltre, in maniera sempre più pervasiva alla traslazione del senso e del significato del termine “crisi” (“decisione”, “scelta”) su

    quello di “emergenza” (ciò che emerge, che è urgente). Dal mio punto di vista, questa sovrapposizione simbolica oltre che terminologica e

    semantica (derivata anche dal recente tendenziale abuso della parola “crisi”) genera ulteriore disorientamento e fenomeni sempre più frequenti di “entropia sociale”, ovvero di disaggregazione (anche solo

    contingente e temporanea) delle ordinarie reti di supporto sociale e di sostegno affettivo, che rischiano di sfaldarsi e diventare disfunzionali,

    se non addirittura inservibili, proprio nei momenti caratterizzati da elevata tensione e criticità, nei quali, al contrario, risulterebbero di maggiore utilità.

    Ritengo che, la consapevolezza della potenziale diffusione massificata e della pervasività dell’impatto emotivo di un evento singolo e puntuale,

    solleciti specifiche e accurate riflessioni sui nuovi sviluppi della psicologia dell’emergenza e dei modelli d’intervento per il supporto

    psicosociale agli operatori (e non solo), ovvero, di tutte quelle metodiche di contenimento e rielaborazione emotiva, che riguardano sia la dimensione individuale che quella gruppale e collettiva (organizzativa e

    di comunità).

    La prima di queste è di tipo quantitativo.

    Solo qualche decennio fa, era possibile pensare di poter affrontare interventi post-crisi e post-emergenza direttamente sugli scenari degli

    eventi critici e/o incidentali, in considerazione del fatto che, per quanto elevato potesse essere il numero delle persone potenzialmente coinvolte, sarebbe risultato comunque fattibile gestire la situazione con

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    le risorse professionali e le competenze disponibili all’interno del

    contesto sociale di riferimento.

    Oggi, alla luce delle considerazioni appena fatte, il potenziale impatto

    emotivo sulle persone, sarebbe caratterizzato da una variabile quantitativa, oltre che qualitativa, che potrebbe non essere possibile

    affrontare esclusivamente con le risorse professionali e le competenze ordinariamente disponibili in una data comunità.

    Analoghe difficoltà si potrebbero riscontrare nel dover affrontare e

    gestire l’impegno emotivo dei soccorritori di un evento particolarmente critico, qualora dovessero essere impiegati in numero elevato e,

    soprattutto, qualora il loro impegno si dovesse protrarre oltremodo nel tempo e nello spazio.

    Va anche detto che, oltre agli scenari classici, ovvero quelli naturali e

    antropici ben definiti nella nostra memoria storica e delineati dalla letteratura scientifica di riferimento, bisogna tener conto dei nuovi

    scenari di conflitto “asimmetrico”, legati al dilagare di sub-culture alimentate dagli integralismi di matrice religiosa, i quali sembrerebbero

    portare anch’essi verso questa direzione. Ovvero verso un incremento, in termini quantitativi e qualitativi, degli atti deliberati di matrice terroristica transnazionale, operati da singoli (“lupi solitari”) o da

    gruppi “dormienti”, molto spesso integrati nel tessuto sociale ed in grado di colpire obiettivi legati alla nostra quotidianità, a tutte quelle

    consolidate e rassicuranti routine della nostra vita.

    Dopo queste riflessioni di ampio respiro, le domande che ci poniamo

    sono:

    • quanto, popolazione civile e, soprattutto, operatori e soccorritori

    sono davvero preparati ad affrontare questi scenari, anche da un

  • 50 Anno 2017 ‒ Numero 1

    punto di vista emotivo e non soltanto delle conoscenze e competenze

    tecnico-operative di cui dispongono?

    • è possibile intervenire soltanto dopo, ad evento accaduto, ovvero

    quando popolazione, operatori e soccorritori, sono stati già esposti ad un impatto emotivo critico e potenzialmente dannoso?

    • in altre parole, possiamo solo occuparci del “primo soccorso emotivo”, nella speranza che “disinfettare” e iniziare a curare da

    subito la “ferita psicologica” possa essere sempre e comunque sufficiente a ridurre le probabilità di trasformarla in un trauma

    psichico?

    • diversamente, possiamo fare qualcosa di importante e concreto

    “prima” che gli eventi critici si manifestino, per rafforzare il “tessuto connettivo” e gli “anticorpi” dei singoli, dei soccorritori, del sistema di risposta all’emergenza e della società nella sua complessità?

    Le più recenti ricerche sul comportamento umano nei momenti di crisi e in emergenza ci confermano che è ragionevolmente possibile fare

    anche altro rispetto al “primo soccorso emotivo” e, soprattutto, farlo prima che si verifichino le tragedie e gli eventi critici potenzialmente dannosi.

    Stiamo parlando del potenziamento delle capacità resilienti, nella loro dimensione individuale, di gruppo e di comunità, ovvero del

    raggiungimento di un sufficiente e funzionale livello di consapevolezza (anche e, soprattutto, emotiva) delle proprie capacità di “resistenza e

    fronteggiamento” agli eventi avversi e di come, queste qualità, espresse nella loro dimensione individuale possano contribuire al raggiungimento di una resilienza di gruppo, di una resilienza di

    comunità e, nel caso dei sistemi di risposta alle emergenze, di una

  • 51 Anno 2017 ‒ Numero 1

    resilienza organizzativa.

    Questo, è dunque, un obiettivo possibile, e lo è sia nei confronti degli operatori che dei soccorritori oltre che, nella dimensione macro e con i

    dovuti distinguo in termini di complessità, nei confronti delle organizzazioni , delle comunità e, più in generale, dei contesti sociali di

    riferimento.

    Si tratta, da un parte (nel caso degli operatori e dei soccorritori) di far leva su appropriati percorsi formativi (teorico-esperienziali) e, dall’altra

    (nel caso delle organizzazioni e delle comunità) di far leva su efficaci campagne di comunicazione del rischio e di comunicazione sociale (che

    utilizzino anche i Social Network) riguardanti, appunto, il rischio (e, naturalmente, la sua percezione) e, successivamente, i comportamenti di protezione appropriati da adottare per contenerne i possibili danni,

    in questo caso, anche di tipo emozionale e psicologico.

    In entrambi gli ambiti, possiamo contare su esperienze già svolte e

    consolidate e su modelli d’intervento la cui strutturazione è possibile attraverso la letteratura scientifica di riferimento e l’analisi di indicatori

    individuali, organizzativi e sociali di comportamento.

    In questi specifici processi formativi (degli operatori addetti ai lavori e dei soccorritori) e informativi/comunicativi di ampio respiro (nelle

    organizzazioni e nelle comunità) gli strumenti propri delle competenze “non-tecniche”, possono assumere un ruolo di primaria importanza

    nello sviluppo di abilità relazionali finalizzate alla gestione di eventi a forte intensità emotiva.

    Tali abilità, di fatto, andranno ad arricchire e rafforzare il bagaglio di competenze del soccorritore e costituiranno un importante “fattore di

  • 52 Anno 2017 ‒ Numero 1

    protezione” nei confronti dello stress da accumulo (il burnout7) e nei

    vissuti di eventi critici dai quali potrebbero scaturire diverse forme di stress acuto, come il Disturbo Acuto da Stress (DAS) o, ancor peggio, il

    Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD).

    Utilizzare, dunque, abilità interpersonali riconducibili alle

    competenze “non-tecniche” in quella che, nella letteratura di riferimento, viene definita “prevenzione primaria”, garantirebbe un significativo passaggio dalla “logica della cura” (tipico appr