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Wilderness / Awareness / Life / Development / Environment / Nature volume 0

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Page 1: W i l d e r n e s s / A w a r e n e s s / L i f e / D e v ......compagnia narrativa Campobase. Scrive testi di saggistica, narrativa e poesia. Arianna De Micheli - Giornalista freelance,

W i l d e r n e s s / A w a r e n e s s / L i f e / D e v e l o p m e n t / E n v i r o n m e n t / N a t u r e

v o l u m e 0

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p e r u n ’ e c o l o g i a d e l l a m e n t e

W i l d e r n e s s / A w a r e n e s s / L i f e / D e v e l o p m e n t / E n v i r o n m e n t / N a t u r e

v o l u m e 0

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8 Perché Walden - Antonio Por tanova10 Essere Natura - Davide Sapienza12 Perché ci serve un tribunale per la Terra - Cormac Cul l inan22 L’u o m o e L a Fo re s t a

La foresta immaginata - Marco Paci 34 Pr o F i L i

Presentazione - Pierg iacomo Pagano 38 Pr o F i L i

Arne NÆss - Pierg iacomo Pagano 46 Vita e Natura - Pier Luig i Luis i54 Il Richiamo - Barry Lopez62 Camminare è un mulino - Davide Sapienza 64 L’is o L a sa L v a t i c a

In luogo incerto - Franco Michie l i72 La colonia perduta dei bambini - Sandro Bass i81 Walden: un libro - Gerardo Mastrul lo86 Po r t F o L i o - Dimitr i Marchant92 Di a L o g h i

Una rivoluzione che parte dall’alto. Intervista ad Alberto Tessaro, Enessere - Antonio Por tanova108 L’uomo e la Natura nel cinema di Miyazaki - Luca Raf fae l l i114 Alberi e infanzia: Miyazaki , Buzzati e Rigoni Stern - Pietro Bass i118 Il f ilo di paglia e il telaio di Gandhi - Rober t Norr i s124 Wilderness e poesia - Matteo Meschiar i126 Pa s s a g g i - Simona Piccol ini127 Paesaggio: uno spazio per la biodiversità - Car lo Ferrar i134 Dino Campana e la Natura- Sandro Bass i140 Il bosco delle vipere - Serg io Mantovani145 vi s i o n i - Mart in Vlach146 Pesce Fresco - Ar ianna De Michel i154 Lo s P a z i o D e L L e F i g u re

Erin Stead - Emil io Varrà

/ i N D i c E

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c O N T R i B U T O R S

Cormac Cullinan - Autore e avvocato specia-lizzato in diritto ambientale, è direttore di Cullinan & Associates Inc, il più importante studio legale sudafricano operante in questo settore. Ex attivista anti-apartheid, si occupa di diritto e politica ambientale dal 1992 e in particolare delle interazioni dell’uomo con l’ambiente. è noto al grande pubblico in parti-colare per il suo libro, Wild Law, oltre che per diversi lavori commissionati e pubblicati dalla FAO e dalle Nazioni Unite. Nel 2008 è stato inserito nella lista dei più illustri “campioni dell’ambiente” in “Planet Savers: 301 Extra-ordinary Environmentaliswts”, che elenca le persone che maggiormente hanno contribuito a promuovere uno sviluppo sostenibile, compren-dendo personaggi del calibro di Buddha, San Francesco d’Assisi e Henry Thoreau.

Marco Paci - è professore ordinario presso il Dipartimento di Gestione dei Sistemi Agrari, Alimentari e Forestali (GESAAF) dell’Univer-sità di Firenze, dove insegna Ecologia presso le Scuole di Agraria e di Architettura. L’attività scientifica riguarda svariati settori dell’eco-logia forestale e della selvicoltura. Un filone a parte è quello sulle relazioni immaginarie uomo-foresta. Fra le sue pubblicazioni Eco-logia Forestale, alcuni saggi di taglio storico-antropologico sulla foresta nell’immaginario occidentale (L’uomo e la foresta, Le Foreste della mente, Le radici del pensiero) e due libri per l’infanzia, L’Ecologia siamo noi e I rifiuti e l’ambiente. Fa parte, dal 2012, del comitato scientifico dell’Ente Parco Regionale Migliarino San Rossore Massaciuccoli.

Davide Sapienza - Scrittore e geopoeta, tradut-tore di classici (Jack London, E.A. Poe, Barry Lopez) e autore di reportage, dopo venti anni dedicati alla musica come autore di biografie rock, autore televisivo e conduttore radiofonico, nel 2004 pubblica il “journal” psicogeografico I Diari di Rubha Hunish seguito da La valle di Ognidove, La strada era l’acqua, La mu-sica della neve, Scrivere la natura e Cammi-nando. Nel 2012 fonda “Diritti della Natura Italia” . Nel marzo 2016 ha pubblicato per Feltrinelli Zoom la raccolta di poesie Il Du-rante Eterno Delle Cose. Tra i premi, “Le Ghiande” di Cinemambiente. Attualmente sta lavorando a un progetto geopoetico letterario “sul campo” per un parco nazionale nell’Artico norvegese, primo al mondo di questo genere. Vive nelle Orobie dal 1990.

Piergiacomo Pagano - Ricercatore senior all’ENEA, ha iniziato la propria carriera al CNEN, nel campo della radio-tossicologia, utilizzando ratti come animali da esperimen-to. Ponendosi domande sulla liceità di tali procedure ha quindi fondato un laboratorio di culture cellulari. Negli anni 90, allargando il proprio interesse all’ambiente in generale, ha partecipato ad alcuni progetti del Ministero dell’Ambiente e si è dedicato allo studio e alle ricerche nel campo della filosofia ambientale. è autore di oltre cento articoli e di numerosi libri tra i quali spiccano Filosofia ambientale, 2002; Alla scoperta dell’Uomo, 2005, terzo classificato al Premio Majella 2006; La Poli-tica Propositiva, 2012; Storia del pensiero biologico evolutivo, 2013. Nel 2014 è stato visiting scholar alla North Texas University.

Barry Lopez - Considerato il più importan-te autore americano di natura e paesaggi (il Guardian lo ha definito “probabilmente il mi-gliore landscape writer della letteratura mon-diale”), ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il prestigioso National Book Award per la saggistica con Sogni artici. Tra le sue opere Una geografia profonda (tradotto e curato in Italia da Davide Sapienza), Resistance e Lupi e uomini, longseller negli Stati Uniti nonché finalista del National Book Award. Collabora con diverse riviste (tra cui Harper’s, Granta, The Georgia Review, Orion, Outside, The Paris Review, Manoa) negli Stati Uniti e all’estero. Il suo lavoro è tradotto in molte lingue e appare in decine di antologie. Oggi vive nell’area delle Cascade Mountains, Oregon, con la moglie, la scrittrice Debra Gwartney.

Franco Michieli - Classe 1962, geografo, re-dattore per molti anni delle riviste Alp e RdM, scrittore, esploratore e garante internaziona-le di Mountain Wilderness, è tra gli italiani più esperti nel campo delle grandi traversate a piedi: con uno o due compagni attraversa a piedi terre impervie senza Gps, strumenti rice-trasmittenti, mappe, bussola e orologio. in vero isolamento nella natura. Sul tema ha pubbli-cato il libro La vocazione di perdersi e tiene corsi e seminari per professionisti o semplici appassionati. Ha raccontato le sue esperienze in centinaia di articoli, conferenze e nel film La via invisibile. Nel 2014 ha vinto il Premio Gambrinus “G. Mazzotti”, tra i più impor-tanti premi di letteratura di montagna, per il suo libro Huascaran 1993. Verso l’alto, verso l’altro.

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Pier Luigi Luisi - Laureato alla Scuola Nor-male di Pisa in chimica, dal 1980 è profes-sore di Chimica Macromolecolare, direzione Biopolimeri, al Politecnico Federale di Zuri-go (ETHZ). Interessato alla interfaccia tra scienza e umanesimo, ha fondato nel 1985 la Cortona-week, una settimana residenziale interdisciplinare per dottorandi, e dal 1987 è membro del Mind and Life Institute (dialogo tra scienza e Buddismo) fondato da Francisco Varela e dal Dalai Lama. Recentemente ha scritto Vita e Natura con Fritjof Capra (The Systems View of Life, Cambridge Univ. Press, 2014) e la seconda edizione del suo libro The Emergence of Life (Cambridge Univ. Press) è apparsa nell’estate 2016. è autore di oltre 500 lavori su riviste internazionali, e di una dozzina di libri, tra cui anche romanzi e libri per ragazzi.

Sergio Mantovani - Naturalista e geografo, da circa vent’anni si dedica all’osservazione e allo studio della fauna, collaborando con univer-sità ed enti locali per l’attività di monitorag-gio. Ha scritto oltre 150 articoli e servizi per le principali testate nazionali del settore (tra cui Airone, Oasis e Geo). Autore di diversi vo-lumi in ambito naturalistico e geografico, ha vinto il Premio Mario Pastore Giornalista per l’Ambiente - categoria Giovani, e due volte il Premio Nazionale di Letteratura Naturalistica Parco della Majella. Terzo classificato ai Malta Tourism Press Awards 2011 per un reportage geografico sulle Isole Maltesi, secondo al 5° Pre-mio Giornalistico Internazionale del Vallese (Svizzera). Ha fatto parte della Giuria della XXI edizione di Sondrio Festival, Mostra In-ternazionale dei Documentari sui Parchi.

Matteo Meschiari - Nato a Modena nel 1968, insegna antropologia e geografia all’Università di Palermo, dove è professore associato. Studia il paesaggio in letteratura, la wilderness, il camminare, lo spazio percepito e vissuto pres-so varie culture di interesse etnografico. Ha pubblicato le sue ricerche con Sellerio, Liguori e Quodlibet. Nel 1997 ha fondato lo Studio Italiano di Geopoetica, affiliato all’Institut In-ternational de Géopoétique, creato dal poeta scozzese Kenneth White. Dal 2000 lavora alla composizione e diffusione orale di un poema epico intitolato Terra (poi Terra Nova), che rac-conta la storia geologica e biologica del pianeta. Con Maurizio Corrado ha fondato nel 2016 la compagnia narrativa Campobase. Scrive testi di saggistica, narrativa e poesia.

Arianna De Micheli - Giornalista freelance, è nata a Milano nel 1974 per poi trasferirsi con la famiglia sul Lago Maggiore all’età di tre anni. Vissuta nei boschi e “scaraventata in cit-tà” all’epoca dell’università, attualmente vive tra Modena e Verbania. Sempre a caccia di si-nonimi e fedele ai congiuntivi, si definisce “cu-riosa di tutto ma esperta di nulla”, impegna-ta ad annusare le persone come un cane (suo animale-feticcio) e a guardare il mondo con gli occhi di fanciullo. Si considera il migliore amico di Milton (il suo cane corso) e il peggior nemico di se stessa. I libri sono per lei l’equi-valente della coperta per Linus. Le piacciono i ragni, le scolopendre, giocare con il fango, in-seguire i lombrichi, conversare con i pipistrelli. Spera di rinascere pesce. In alternativa, uccello migratore. Oca selvatica, forse. Magari Cava-liere d’Italia. O sula dai piedi azzurri.

Sandro Bassi - Nato nel 1961, faentino, è guida escursionistico-ambientale dell’Emilia-Romagna e guida turistica. Come autore o coautore ha pubblicato una trentina di lavori sul territorio romagnolo a tema perlopiù na-turalistico-geografico, dagli alberi monumen-tali, alla speleologia, alla flora del Parco regio-nale della Vena del Gesso, fino agli itinerari (a piedi, in bici e sui sentieri delle Foreste Sacre, incluso anche il Sentiero “Dino Campana”) del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Vive e lavora a Faenza, non a caso la «vecchia città, rossa di mura e turrita» cantata, non solo descritta, ne «La Notte», incipit dei Can-ti Orfici di Dino Campana.

Gerardo Mastrullo - Bibliotecario, libraio, editore, lavora da oltre 35 anni con e tra i libri. Dopo essere stato direttore marketing per l’area linguistica (dizionari e prodotti multimediali) prima di Garzanti e poi di Utet, ha lavorato come direttore generale presso Red Edizioni. Dal 2006 si occupa a tempo pieno della sua casa editrice, La Vita Felice, fondata nel 1992, con la quale svolge un lavoro di ricerca edi-toriale per far leggere, in nuove traduzioni, i grandi autori della letteratura mondiale spes-so dimenticati o trascurati. Per molti anni ha insegnato “Progettazione e tecniche editoriali” nei corsi di specializzazione postuniversitari organizzati con i contributi CEE. Dal 2014 è docente del Master di specializzazione nei me-stieri dell’editoria “MasterBook” presso l’uni-versità IULM di Milano.

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Emilio Varrà - Ha fondato nel 1996 Hame-lin, associazione culturale che lavora nel campo dello studio della letteratura per ragazzi, della promozione alla lettura, dell’organizzazione di mostre ed eventi su fumetto e illustrazione, tra cui BilBOlBul, Festival internazionale di fumetto, giunto alla decima edizione. Autore e coautore di volumi dedicati alle opere di scrit-tori come Twain, Kipling, o autori di fumetto come Munoz, Altan, Giardino, all’analisi delle metafore d’infanzia, all’evoluzione degli ultimi venti anni di letteratura per ragazzi in Italia, al linguaggio dell’albo illustrato contempora-neo, è tra i fondatori della rivista “Hamelin. Storie, figure, pedagogia”. Collabora alle riviste “Lo straniero”, “Gli Asini”, “Li.B.e.R.”, “In-fanzia”. Insegna all’Accademia di Belle Arti di Bologna all’interno dell’indirizzo di Fumetto e Illustrazione.

Carlo Ferrari - Nato a Bologna nel 1944, è stato ordinario di Botanica nelle Università di Pavia e di Bologna. La sua attività scientifica è dedicata all’analisi della biodiversità vegetale dal livello genetico a quello dei sistemi ambien-tali. Membro di varie società scientifiche na-zionali e internazionali, è stato presidente della Società Italiana di Scienza della Vegetazione e direttore del Centro Interdipartimentale di Ri-cerca in Scienze Ambientali dell’Università di Bologna. Alla ricerca scientifica ha affiancato un’intensa attività di informazione sul valore della conservazione biologica, come tema cen-trale della gestione ambientale, con articoli e libri. Tra questi ultimi, i recenti Biodiversità: dal genoma al paesaggio (2010), edito da Za-nichelli, e L’ecologia del paesaggio (2013), edito dal Mulino.

Luca Raffaelli - Considerato uno dei mas-simi esperti italiani nel campo dei fumetti e dell’animazione, giornalista e autore di saggi, dal 1994 cura la rubrica Nuvolette su Lan-ciostory e da diversi anni ha scritto e scrive di animazione e fumetti su XL, il mensile di La Repubblica, su Il Venerdì di Repubblica e su La Repubblica, per la quale ha curato numerose collane dedicate ai fumetti. Autore di numerosi libri e saggi tra cui “Le anime disegnate. Il pen-siero nei cartoon da Disney ai giapponesi”, testo di riferimento per chiunque si occupi di ani-mazione in Italia, è stato il direttore artistico di Castelli Animati, festival internazionale del cinema d’animazione di Genzano, nonché di Romics, festival del fumetto e dell’animazione di Roma. Come sceneggiatore, ha collaborato nel 2002 con Giulio Cingoli e Dario Fo.

Robert Norris - Nato nel 1974 a Modena, è un ricercatore indipendente e viaggiatore che da anni esplora paesaggi interiori ed esteriori in qualità di scrittore, traduttore, camminatore, in-segnante e praticante di lingua inglese e discipline orientali. Ha conseguito lauree in Lettere e Lin-guistica presso le università di Aberdeen e Oxford e le sue traduzioni nei campi dell’aristotelismo ri-nascimentale italiano, della letteratura e filosofia dell’Illuminismo tedesco, delle armi medievali e della cultura enogastronomica italiana sono sta-te pubblicate da case editrici quali Brill, State University of New York Press, Laguna Edizioni e Gambero Rosso. Autore anche di reportage am-bientali, poesia in prosa e poesia, ha collaborato con il sito del Permaculture Research Institute, il giornale online Rebelle Society e “Vivere Soste-nibile”. Vive a Zurigo con la moglie, autrice e insegnante spirituale Shelly Sharon.

Fabio Liverani - Fotografo di professione, ha collaborato con alcune tra le più prestigiose riviste dedicate all’ambiente, fra cui National Geographic Italia, Geo Magazine, Oasis, Focus, Mondo sommerso, Aqva, Ocean Realm, BBC Wildlife Magazine, Arca, Segni nel Tempo. è stato editore di Hydra, rivista italiana di acquariofilia, collaboratore dell’agenzia fo-tografica Grazia Neri e inviato per il centro iconografico dell’editore De Agostini. è rap-presentato dall’agenzia inglese Nature Picture Library, con la quale ha pubblicato su testate e libri di editori di tutto il mondo. Ha tenu-to seminari e workshop attraverso Photofarm School of Photography e la piattaforma didat-tica internazionale Manfrotto School of Xcel-lence. Oggi la sua ricerca verte principalmente sul linguaggio fotografico e la lettura dell’im-magine.

Martin Vlach - Studente di Sociologia e me-dia della Repubblica Ceca, è noto per la sua serie di foto surreali che ha realizzato a par-tire dal 2013. Nelle sue immagini, figure solitarie abitano paesaggi in bianco e nero sfumati e nebbiosi in cui elementi visuali minimali creano atmosfere oniriche e accat-tivanti. Utilizzando la nebbia per elimina-re ogni dettaglio circostante e lasciando così i soggetti dei suoi lavori su uno sfondo grigio uniforme, Vlach trasmette con le sue imma-gini un senso di malinconia sospesa in cui i personaggi tuttavia non sono tristi. Soli, ma non solitari.

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Marcello Rossi - 44 anni, padre di Libero, vive e lavora a Mantova. Fotografo amatoriale autodidatta, scatta esclusivamente in analogico sia 35mm che medio formato, ma si cimenta anche con la Polaroid e con la stenoscopia (la cosiddetta tecnica Pinhole, caratterizzata da una profondità di campo pressoché illimita-ta e da un risultato estremamente difficile da prevedere e come tale particolarmente interes-sante da un punto di vista artistico). Usa solo macchine fotografiche d’antan, vecchie o molto, molto vecchie e pellicole quasi sempre scadute e con difetti evidenti di sviluppo. In un’epoca dominata da digitale e virtuale, con accani-mento romantico si ostina a sviluppare e stam-pare il bianco e nero in casa.

Pietro Bassi - Nato a Bologna nel 1979, vive nelle pianure di Budrio, in provincia di Bolo-gna, ma tutti i giorni guarda verso le montagne dell’Alto Appennino. Perito agrario laureato in Lettere moderne con una tesi intitolata “Albe-ri e uomini in Mario Rigoni Stern”, dove ha affrontato il rapporto tra uomini occidentali e alberi, è un ibrido fatto di terra, alberi, ani-mali e umane storie. Lavora per la casa editrice Zanichelli per la quale, fra le molte cose, ha ideato e curato Scrivere la natura di Davide Sapienza e Franco Michieli e Scrivere una canzone di Alfredo Rapetti Mogol e Giuseppe Anastasi. Rispettando gli alberi e facendo libri per lavoro, non ha mai pubblicato un libro suo.

Simona Piccolini - Svolge prevalentemente attività di illustratrice, attraverso la quale ri-trae e racconta il mondo animale. “Credo che la creatività umana possa essere un tributo alla creatività della vita selvatica e a ciò che c’è di selvatico in noi. Una maniera per condividere e celebrare l’unione con tutti gli esseri viventi. Forse l’arte, compiendo un percorso circolare, può partecipare a tale processo restituendo al mondo le immagini del mondo, poiché ogni immagine che contribuisce a costituire le nostre esistenze e le nostre varie forme di cultura pro-viene da una interminabile serie di relazioni intrecciate tra tutti gli esseri viventi”. Esegue tutto interamente a mano, quando possibile mescolando ed espandendo i colori con le dita, utilizzando come supporto soprattutto elementi comunemente definiti “di scarto” (cartoncini di vario genere, spessore e misura).

Filippo Macchi - Fotografo e viaggiatore, fa del camminare la pratica ideale per raggiungere i suoi obiettivi. Dalle strade asfaltate delle città ai sentieri di alta montagna per raccontare il paesaggio e l’ambiente con curiosità ed obietti-vità. Cultore del bianco e nero quale forma di espressione più pura della fotografia, dal 2010 lancia l’ambizioso progetto Ma.Ni. Adventu-re Photography, insieme alla moglie Lavinia. Attualmente collabora con altri fotografi pro-fessionisti locali ed è impegnato su due progetti importanti rivolti uno al paesaggio, dal titolo “Far Over the Misty Mountains”, e uno alla street photography, dal titolo “Reading, l’arte della lettura”.

Dimitri Marchant - Accanto alla sua profes-sione nel campo della moda, ha fatto della fo-tografia la sua passione. “è come se guardassi il mondo attraverso una macchina fotografica. Le cose che fotografo non sono altro che il mio quotidiano, ma quando le osservo e le trattengo tramite l’obiettivo mi provocano un’emozione, e questo processo di osservazione è una fonte continua di energia. Anche fotografare soggetti apparentemente ovvi o insignificanti non mi lascia mai privo di curiosità e stimoli. Vede-re cinquanta volte il sole che sorge, significa sperimentare cinquanta emozioni diverse. In definitiva, quello che cerco di fare è vivere un rapporto intimo con la realtà”.

Martin Rak - Nato nel 1984 a Praga, ha avuto la sua prima macchina fotografica dal nonno quando aveva sei anni. Ama trascorrere il suo tempo libero nella natura o in viaggio: “è una bella sensazione trovarsi in cima a una scoglie-ra nel silenzio del mattino, quando la prima luce avvolge il paesaggio. Cerco di cogliere que-sta atmosfera e condividerla con le persone”. Di recente è stato attratto in particolare dalla fotografia in bianco e nero, che unitamente alle lunghe esposizioni “mi permette di allontanar-mi dal mondo reale e realizzare compiutamen-te la mia intenzione creativa”. Dal 2012, il suo lavoro è stato premiato con diversi ricono-scimenti, tra cui un primo, due secondi e quat-tro terzi posti all’International Photo Awards IP. è il vincitore del Premio Nazionale della Repubblica Ceca nell’ambito del Sony World Photography Award 2016.

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I n questi tempi di crisi, smarrimento e incertezza, non di rado si sente ripetere che solo un nuovo impul-so all’economia, le ricette del libero mercato e il sostegno ai consumi potranno traghettarci in acque più sicure. Crediamo si tratti di una pericolosa illusione. Continuiamo imperterriti a ragionare secondo

schemi superati, anestetizzati da continue informazioni che, anziché fornirci strumenti utili per decifrare il mondo, spesso finiscono per renderci apatici e ciechi di fronte alle contraddizioni del nostro tempo. “Produci, consuma, crepa”, recitava il testo di una canzone: alzi la mano chi non si riconosce, almeno in parte, in que-sta immagine. E allora proviamo a chiederci: siamo proprio certi che il modello che abbiamo seguito fino ad oggi sia ancora adatto alle sfide della contemporaneità? Siamo davvero convinti che potremo replicarlo inde-finitamente, incuranti delle crescenti sperequazioni del mondo e dei danni che continuiamo ad arrecare alla Natura? Sempre di corsa, sovraesposti, iperconnessi e continuamente aggiornati, più aumentano le possibilità di comunicare e più diventiamo incapaci di dialogare. Forse vale la pena fermarsi e riflettere sul mondo che abbiamo costruito, sul rapporto che abbiamo con gli altri, sulle conseguenze delle nostre azioni sull’ambiente. Un vecchio adagio recita “è meglio un passo nella direzione giusta che dieci in quella sbagliata”. In tempi fre-netici come questi dovrebbe essere il nostro mantra. Quale strada seguire, allora? è una domanda complessa, che merita la nostra attenzione. Regaliamoci il lusso della lentezza. Abbiamo bisogno di ritrovare un senso di splendore, meraviglia e incantamento per il mondo. Di recuperare la nostra umanità. Discutere di modelli alternativi di sviluppo, ragionare sulle prospettive e gli scenari che ci attendono non deve ridursi a un vuoto esercizio intellettuale. La posta in gioco non è “solo” la tutela dell’ambiente o la “salvezza” dai cambiamenti climatici ma, per così dire, la nostra anima. Siamo convinti che urga una onesta, radicale messa in discus-sione di ciò che fino ad oggi abbiamo dato per scontato, per riappropriarci di ciò che un malinteso concetto di progresso ha tolto a noi e alla Natura. Da queste premesse nasce Walden. Abbiamo voluto realizzare un magazine dedicato ai temi dell’ecologia, della sostenibilità dello sviluppo, del pensiero ambientale. Una rivista immaginata prima e realizzata poi con l’intento di aiutare il lettore a “fermarsi”, riflettere, porre e porsi domande e interrogativi, generare dubbi. Come il lago che dà il nome al capolavoro di Thoreau, spe-riamo che queste pagine possano costituire un luogo della mente, ancor prima che uno spazio editoriale, in cui cercare ognuno per proprio conto coordinate e direttrici. Con l'aspirazione di contribuire a una "ecologia della mente" (per dirla con Gregory Bateson), oggi più che mai necessaria. Per farlo, abbiamo cercato lin-

p E R c h é WA L D E N/ A N T O N i O p O R TA N O vA

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guaggi il più possibile trasversali e universali, affrontando temi apparentemente distanti: ecologia, filosofia, letteratura, cinematografia, economia, e molti altri. Abbiamo fatto del nostro meglio e ci auguriamo che troverete queste pagine interessanti e stimolanti. Siamo convinti che serva una visione d’insieme, un modo diverso e più consapevole di affrontare la complessità del mondo per poter essere ancora “capaci di futuro”. E Walden, nel suo piccolo, ha l’ambizione di evocare queste riflessioni e offrire spunti di approfondimento. Proprio per questo motivo parla al lettore curioso, stimolato da punti di vista alternativi, disposto a mettersi in discussione e in gioco.Walden, in definitiva, nasce con lo scopo di comunicare in una maniera diversa e, speriamo, originale, la bellezza e la complessità del mondo, di parlare all’“anima” (al di là di ogni personale convinzione religiosa) delle persone, di toccarne le corde più profonde. Vuole essere un luogo di scambio, un’agorà virtuale in cui di-scutere, parlarsi, cercare di capire. Ci piace definirla una “rivista da meditazione”, come certi whisky invec-chiati che invitano alla quiete e alla riflessione. L’obiettivo, ambizioso, è quello di contribuire a innescare un vero cambiamento di Gestalt, che ridefinisca il modo in cui percepiamo il mondo e ad esso ci rapportiamo. Non ci servono “altri beni”, ma un altro concetto di “bene”. Non serve perseguire un aumento del “benessere”, ma riappropriarci del significato del “ben essere”. Questa è la sfida che si pone Walden, nella piena consape-volezza che non vi sono compiti messianici da svolgere e che da sola una piccola rivista non potrà mai cam-biare il mondo. Ma i tanti piccoli cambiamenti che possono innescarsi in ogni individuo sono senza dubbio il primo punto da cui partire per inventarci un mondo diverso. Più giusto e, ci auguriamo, anche più bello.

Antonio Portanova è nato a Venezia nel 1971 e vive a Modena dal 1986. Laureato in Scienze Naturali con una tesi in ecologia sperimentale preparata presso la University of East Anglia di Norwich (UK), ha conseguito nel 1999 il dottorato di ricerca in Geobotanica presso l’Università di Pavia. Dal 2000 svolge attività di libero professionista nei settori dell’ambiente, della comunicazione e dei servizi. Si occupa in particolare di biodiversità e conservazione della natura.

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L’ UO m O E L A f O R E S TAM a r c o P a c i

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L A f O R E S TA i m m Ag i N ATA

La storia dell’uomo si è intrecciata con quel-la delle foreste sin dagli albori della civiltà. Da sempre infatti gli esseri umani hanno

ricavato progressivamente dai boschi spazi vitali per le coltivazioni, i pascoli, gli insediamenti. Pri-ma i villaggi e poi le città sono nati e cresciuti in gran parte conquistando lo spazio che appartene-va alle selve: le fondamenta della civiltà sono state gettate anche a discapito delle foreste.Il rapporto che ha legato l’uomo alla foresta è sem-pre stato ambivalente. Da un lato utilitaristico, in quanto essa ha rappresentato nei secoli fonte di ri-sorse, riparo, sicurezza e salute. Dall’altro, all’op-posto, essa ha ispirato negli uomini di ogni epoca e luogo emozioni, suggestioni, cultura, spirituali-tà. Ieri come oggi, nelle società arcaiche come in quelle più civilizzate, le foreste sono sempre state scrigni di sogni, luoghi in cui gli esseri umani pro-iettano il loro immaginario. Nella nostra epoca, che chiede di essere attraversata in fretta, le foreste ci ricordano come sia possibile porsi al di fuori del tempo degli uomini con la nobile pigrizia del mondo vegetale.

Quasi invariabilmente, le foreste hanno sempre rappresentato un “altrove” rispetto alla civiltà, an-

ticorpi della cultura ufficiale. Esse sono l’“ombra della civiltà”, come afferma in un celebre saggio del 1992 Robert Pogue Harrison. È proprio nella foresta che l’individuo, spogliandosi dalle sovra-strutture sociali e culturali, lascia emergere la sua parte più profonda, non contaminata dalle con-venzioni sociali e dalle leggi degli uomini. Un’al-terità che si è sviluppata ed è maturata nel corso dei secoli.

Nel mondo greco era la religione a sancire e re-golamentare il legame tra l’uomo e la foresta. Le ninfe Driadi, per esempio, erano considerate vere e proprie anime arboree, intimamente legate alle piante che le ospitavano, al punto che il taglio non poteva avvenire se prima il sacerdote non avesse stabilito che la divinità non risiedeva più nell’albero. E ogni specie arborea, dalla quercia di Zeus all’alloro di Apollo, era sacra a un dio.Anche la storia di Roma è intimamente connessa a quella della foresta: è proprio una lupa, crea-tura della selva, ad allevare e accudire Romolo e Remo. Quando poi Romolo fonderà Roma sul Palatino, affiderà la custodia dei boschi sacri fuori dall’Urbe al collegio sacerdotale dei fratres Arvales: scaturiscono proprio da qui le fondamenta del di-

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v i TA E N AT U R AP i e r L u i g i L u i s i

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La via della scienza, fino all’ultima parte del se-colo scorso, è stata prevalentemente percorsa con un approccio meccanicistico/riduzioni-

stico. Di conseguenza, un sistema complesso veniva prima suddiviso in un certo numero di parti, ogni parte studiata separatamente, con l’idea di mettere insieme successivamente tutte le informazioni per arrivare a comprendere l’intero sistema. Perciò, in biologia un organismo veniva studiato in termini di organi, ogni organo in termini di cellule, ogni cellula in termini di componenti metabolici e delle reciproche relazioni. Lo stesso per un sistema fisico, fino ad arrivare all’intera cosmologia. Questo tipo di approccio cartesiano/newtoniano ha indubbiamen-te avuto un grande successo, portandoci ad un’era della tecnologia con importanti ramificazioni nella medicina e nella scienza dei computer. L’approccio riduzionistico è stato, ed è tuttora, molto importan-te dal punto di vista pragmatico. È ancora presente in alcune correnti principali della scienza, partico-larmente nella biologia molecolare: eccoci qui, come indicato da Evelyn Fox Keller, nel “secolo dei geni” – e siamo oggi testimoni di una sorta di determinismo genetico, con una forte enfasi su DNA, RNA e più in generale sui geni, come gli elementi centrali della vita in tutti i suoi aspetti. Il problema principale di questo approccio è che esso non riesce ad offrire una reale comprensione delle proprietà dell’intero siste-ma. Analizzare il tessuto o le proprietà molecolari dell’ala della farfalla può darci molte utili informa-zioni locali, ma non potrà mai darci la chiave del “perché il volo?”; e studiare i percorsi metabolici di una cellula e tutto il suo DNA non potrà mai darci una risposta alla domanda: “che cos’è la vita?”. Più in

generale, i tratti importanti dell’intero sistema non si possono ricavare dallo studio delle singole parti.Questo è diventato chiaro a metà del secolo scorso, quando ci fu davvero un fiorire di nuove indagini con nuove parole chiave, come auto-organizzazione, proprietà emergenti, visione sistemica, autopoiesi, ordine dal caos, omeostasi, ordine in sistemi lontani dall’equilibrio, frattali, grazie ad autori come Nor-bert Wiener, Paul Weiss, Ilya Prigogine, Ludwig von Bertalanffy, Humberto Maturana, Gregory Bateson, Jean Piaget e diversi altri. Nacque una specie di nuovo paradigma per lo stu-dio della scienza – sebbene, naturalmente, non in modo unico, omogeneo, lineare, ma con il rigetto del riduzionismo in favore di una visione sistemica come comune denominatore.La base del pensiero sistemico muove dalla conside-razione che la maggior parte dei sistemi complessi intorno a noi (che siano entità viventi, sistemi socia-li, città, colonie di insetti) sono costituiti come un insieme di molte parti, o componenti, e che le pro-prietà del sistema sono dovute alla rete di interazioni di tutte le parti – alla loro interdipendenza.Dunque, mentre Galileo, Newton e Cartesio, sebbene in modi diversi, veicolavano l’idea che conoscendo i blocchi di costruzione fondamenta-li della realtà e le loro proprietà si sarebbe potuto comprendere il mondo, il pensiero sistemico dice l’opposto: che non possiamo capire la realtà guar-dando ai singoli componenti, ma sono prendendo in considerazione il tutto, con la mutua interazione di tutti i componenti. L’enfasi ora è sul network di interazioni, su ciò che tiene insieme le parti, più che sulla singola parte.

i L N U O v O pA R A D i g m A D E L L A v i S i O N E S i S T E m i c A

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W alking, manifesto dei camminatori di Henry David Thoreau e conosciuto in Italia con il titolo “Camminare”, non

solo non è un libro, ma non si intitola “Cammina-re”. Non è un libro perché è una raccolta di letture pubbliche fatte da Thoreau tra il 1851 e il 1860 e si intitola, realmente, “Camminando”. Io sono convinto che con la traduzione delle inten-zioni, non si debba giocare. Poiché Thoreau conside-rò questi scritti (che a volte alternava a un testo chia-mato The Wild, al punto da dare, ai suoi interventi pubblici, il titolo di Walking; or the Wild) seminali rispetto a tutto ciò che avrebbe scritto in un futuro che non arrivò mai, visto che nel 1862 se ne andò a soli 44 anni. Tutto questo ha un senso perché io cre-do che far passare Walking per “Camminare” abbia in qualche modo deviato l’ingresso del lettore al sacro testo di noi amanti del wild (interiore e non solo). Al di là dell’arte della traduzione (discorso simile l’ho applicato a To Build a Fire di London, che dal 2007 è diventato Preparare un Fuoco), conosco quella del camminare e dello scrivere abbastanza per aver deciso di fare una dichiarazione di discendenza, intitolando Camminando un mio libro. A Thoreau volevo tribu-tare la migliore intuizione, la più folgorante: siamo in divenire, sempre, e quando esprimiamo, cammi-

nando, il nostro pensiero, quello che stiamo davvero facendo è trasformare energie. Lo sa chiunque non teme il contatto con le vaste terre dove la psiche tenta di suggerire al corpo e alla mente le coordinate pre-cise per divenire. La lezione del gerundio, del divenire, me l’ha data recentemente l’osservazione di un mulino, tra le mie montagne, le Orobie, di fronte a un vecchio manu-fatto in disuso. Pensando al verbo “mulinare”, quel giorno compresi che camminando si è come il muli-no. Si trasforma un elemento naturale (acqua, vento) in energia, si restituisce al mondo ciò che la natura ci ha appena donato. Pensando al mulino, ho capito che mentre ricevevo e restituivo, ero cambiato al punto da continuare a vedere nuova acqua e nuovo vento – restando in me-tafora – per ricevere l’energia che avrei poi potuto restituire al mondo: nel mio caso, sotto forma di ri-flessione geopoetica e scrittura. Di più: acqua e vento inquinati, comunque possono azionare un mulino e l’energia che ne esce, è pulita, potente. Noi siamo ogni giorno portatori di questa illuminazione: pos-siamo trasformare ogni cosa, diventando veramente parte di quel tutto che non è un concetto astratto, ma esattamente ciò che ci rende ricettori e trasmettitori di vita. Connessioni in movimento. Camminando.

c A m m i N A R E è U N m U L i N O / DAv i D E S Ap i E N z A

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WA L D E N : U N L i B R O/ g E R A R D O m A S T R U L L O

È il 4 luglio del 1845 quando il ventottenne Henry David Thoreau, ispirato dagli inse-gnamenti del suo maestro Ralph Waldo

Emerson, dalle sue letture preferite (classici e testi indiani) e dall’irrefrenabile attrazione nei confron-ti della natura, compie un’importantissima scelta: a piedi, da solo, mettersi in cammino per lasciarsi alla spalle la città di Concord e dirigersi verso il bosco attorno al lago di Walden, un luogo inconta-minato e selvaggio dove prevalgono la bellezza della natura, la solitudine e la quiete. In questo luogo impervio e meraviglioso Thoreau si costruisce una capanna di legno che abiterà per oltre due anni, vivendo di letture ed escursioni, in una comunio-ne totale e assoluta con la natura e la sua bellezza. Soltanto il 6 settembre 1847 Thoreau decide di fare ritorno alla civiltà. Da quella esperienza, minuzio-samente annotata, nascerà Walden ovvero Vita nei boschi, pubblicato, dopo molte riscritture e revisio-ni, soltanto nel 1854. Il suo testo oggi più famoso, considerato uno dei classici della letteratura ame-ricana, Walden testimonia una sorta di esperimen-to compiuto dall’autore, con l’obiettivo di cercare una conciliazione tra l’uomo e la natura, aiutato in questo dal suo innato ottimismo e dalla con-vinzione che l’uomo, dipendente da sensazioni ed emozioni, sia l’artefice ultimo del proprio destino. Per Thoreau l’uomo è perfettamente in grado di vivere anche in condizioni di povertà materiale, e anzi, da queste può trarre una felicità più profonda imparando ad apprezzare maggiormente le piccole cose. Proprio questo è lo scopo primario della vita: il raggiungimento della libertà autentica, inconta-minata dall’industrializzazione, dal mercantilismo, dalla presenza dello Stato e delle sue leggi. Con incredibile preveggenza Thoreau, che viveva e scri-veva a metà dell’Ottocento nel New England, uno stato fondamentalmente rurale, era stato in grado

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p O R T f O L i OD i M i t r i M a r c h a n t

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D i A L O g h ia n t o n i o Po r t a n o v a

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“Tutto quello che è possibile, si farà” - Jules Verne

Poco più di un anno fa ho avuto occasione di visitare insieme a Sara, mia moglie, alcuni spazi del Fuorisalone a Milano. Lì, per la prima volta, mi sono imbattuto nel progetto di Enessere, che an-cora non conoscevo. Di fronte a noi, in uno dei padiglioni di zona Lambrate, si ergeva imponente

una struttura in legno e metallo (titanio, come appurai in seguito) dall’aria decisamente avveniristica che ci aveva colpito immediatamente per la sua bellezza. Era senza dubbio una pala eolica, ma di un tipo che non avevamo mai visto prima. Incuriositi, avevamo avvicinato l’ospite dello stand, che subito ci aveva fatto una bellissima impressione. Alberto Tessaro, con la sua simpatica cadenza veneta, aveva risposto con grande disponibilità alle nostre domande trasmettendoci sin dal primo momento un’enorme energia e un entusiasmo contagioso. Un progetto di design dedicato al mondo delle energie rinnovabili mi apparve subito una storia da approfondire. Ai tempi Walden era ancora in una fase embrionale, ma ci lasciammo con la promessa di risentirci. Uscimmo da quell’incontro con la sensazione che in qualche modo le nostre strade si sarebbero incrociate nuovamente, senza però avere chiaro il percorso che ne sarebbe seguito.Quando, mesi dopo, lo ricontattai illustrandogli il progetto editoriale di Walden, spiegandogli che mi sarebbe piaciuto raccontare la sua avventura imprenditoriale nelle pagine della rivista, ritrovai la stessa passione ed entusiasmo che mi avevano colpito la prima volta. Gli spiegai che avrei desiderato inter-vistarlo e farmi raccontare la sua storia, perché il progetto mi aveva colpito profondamente e pensavo valesse la pena dedicargli un approfondimento. Alberto accolse subito il mio invito, e da quel momento non ci siamo più persi di vista.Quella che nelle intenzioni doveva essere un’intervista si è presto trasformata in un gioco di rimandi, suggestioni e riflessioni, di quelli che riescono piuttosto di rado. Alberto è orgoglioso di quello che ha realizzato, e ne ha tutte le ragioni. Hercules, così si chiama la pala eolica prodotta dalla sua Enessere, è per molti aspetti la quintessenza del made in Italy declinato nell’am-bito delle tecnologie rinnovabili. Titanio, legno, fibre di carbonio compongono questo oggetto quasi to-temico il cui design è frutto dell’intuizione degli ingegneri del vento, che l’hanno progettato, e del lavoro sapiente e antico degli artigiani, che l’hanno realizzato. Sì, perché la lucida follia della sfida di Enessere è proprio questa: trovare una sintesi tra due mondi, quello della tecnologia avanzata e dell’artigianato d’eccellenza, che spesso percepiamo come lontani, quando non antitetici. Il risultato è un oggetto che

U N A R i v O L U z i O N E c h E pA R T E DA L L’ A LT O/ i N T E R v i S TA A D A L B E R T O T E S S A R O, E N E S S E R E

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colpisce in maniera profonda, che resta impresso. C’è qualcosa nelle forme e nelle proporzioni di questa pala eolica, che conquista dal primo sguardo. Un amico fotografo, abituato a vedere in controluce le geometrie nascoste di paesaggi e architetture, l’ha definito “la pala eolica più bella che abbia mai visto”. Ed è assolutamente così. Le pale dell’Hercules hanno la geometria mirabile della doppia elica del DNA e le proporzioni esattamente rispondenti ai rapporti aurei. Questo è forse il vero unicum del progetto. Già dal sito traspare la filosofia che anima Alberto e i suoi collaboratori: lavorare a soluzioni per la produ-zione di energia pulita senza compromessi con la bellezza. Un aspetto, quest’ultimo, che è il vero grande valore aggiunto del progetto. Alberto è figlio putativo di Adriano Olivetti, di quel modo di intendere e fare imprenditoria che in anni ormai lontani ha fatto la vera fortuna del design made in Italy. Me lo ha citato spesso, nelle nostre chiacchiere. “Quel periodo storico non tornerà più, è un treno che oramai è passato. Olivetti incarnava la figura dell'imprenditore capace di gestire e far rendere la creatività e l’inno-vazione”, mi dice con una vena quasi nostalgica. E accompagnando questa riflessione con un aneddoto davvero emblematico. All’ultimo Fuorisalone aveva ricevuto la visita di un uomo d’affari americano, in rappresentanza di un gruppo estremamente importante e strategico nel settore delle energie rinnovabili. L’uomo, avendo sentito parlare del progetto di Enessere, voleva vederlo di persona. Davanti all’Hercules gli aveva confessato: “Vedo molti riferimen-ti all’architetto Scarpa in questo progetto, è come se voi aveste trovato una soluzione replicandola in modo continuativo, ossessivo”. Scarpa, che per una strana “circolarità” proprio per Olivetti realizzò uno dei suoi progetti più celebri, il negozio in Piazza San Marco a Venezia. La cosa incredibile in questo racconto, quella che forse Jung avrebbe definito una “sincronicità”, è che l’artigiano che ha realizzato materialmente la vela per Alberto, tanti anni prima aveva lavorato per quasi un lustro proprio per Scarpa. Segni del destino…Se paragonato ad altri eolici residenziali, Hercules rappresenta una scelta radicalmente diversa. Già l’idea di far produrre i componenti delle pale ad un artigiano del legno mi sembrava qualcosa a metà tra l’in-tuizione geniale e l’azzardo di un visionario. Eppure non si trattava del sogno nel cassetto di un amico, che mostrava il suo prototipo in garage, né di una qualche bizzarria destinata all’oblio. No, al Fuorisalone, una delle vetrine più interessanti e presti-giose del design industriale in Italia e all’estero, c’erano Alberto e il suo Hercules. Volevo capire. Da dove era partito. Come gli era venuta l’idea. Perché e come aveva scelto di proseguire. Domande che si sono tradotte in questa conversazione in cui abbiamo parlato a ruota libera di tutto quello che, direttamente o indirettamente, ha a che fare con i temi cui è dedicato Walden.