157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

80
Get Homework/Assignment Done Homeworkping.com Homework Help https://www.homeworkping.com/ Research Paper help https://www.homeworkping.com/ Online Tutoring https://www.homeworkping.com/ click here for freelancing tutoring sites UroboroS

Upload: homeworkping6

Post on 18-Feb-2017

114 views

Category:

Education


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

Get Homework/Assignment Done

Homeworkping.com

Homework Help

https://www.homeworkping.com/

Research Paper help

https://www.homeworkping.com/

Online Tutoring

https://www.homeworkping.com/

click here for freelancing tutoring sites

UroboroS

Page 2: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

Avventura FantasyDi Emanuele Ranzani

____________________________________________________________________

Emanuele Ranzani DUNGEON MASTERPietro Ferrario HALDAMIR FALASSIONFederico Grassi REED LESSTommaso Versetti GHESHMattia Olgiati RONENFederico Balzarotti ANDORIN LITIA

ATTO I-OSCURI PASSATI-

hesh alzò gli occhi al cielo, la brezza afosa del primo pomeriggio gli solleticava le scaglie rossastre. Il suo corpo era ormai madido di sudore per via dell’allenamento mattutino. Si sdraiò per terra e volse lo sguardo in alto, verso il cielo limpido: “Perché il Maestro non torna?”. Questo pensiero lo tormentava di continuo, come una mosca che ronza attorno al naso. Si mise seduto e osservò il campo

d’addestramento centrale: gruppi di allievi stavano svolgendo vari esercizi, dalla corsa, al percorso a ostacoli, al sollevamento pesi. Poi si soffermò sull’edificio che ormai conosceva molto bene: L’Accademia dei Quester. Ricordava ancora lo stupore e la sorpresa quando il Maestro lo portò qui dodici anni fa, e con la mente ripensò a quel momento. Il Maestro gli disse che l’edificio era simbolo di equilibrio: un

Page 3: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

quadrato perfetto di duecento metri per lato, costruito interamente in pietra calcarea di un bianco gradevolmente sporco. L’ingresso, rialzato da una gradinata, era dominato da due imponenti statue raffiguranti draghi rampanti, che ruggivano in direzione del doppio portone in legno. Il drago rampante era il simbolo del Maestro e dei Quester. Il pian terreno dell’Accademia comprendeva: una sala d’aspetto, una mensa con cucine, gli alloggi dei maestri e una palestra al chiuso. Il piano superiore ospitava invece le camerate degli allievi e i servizi. Ghesh si avviò verso l’armeria del campo con il manichino da allenamento sotto al braccio. La sua figura era imponente: le squame imperlate di sudore emanavano riflessi bianchi sulla terra battuta facendolo sembrare un essere di luce. Al suo passaggio molte teste si girarono, tanti erano ammirati egli rivolgevano un rispettoso saluto; altri invece erano sospettosi e un po’ intimoriti. Ghesh sorrise tra se: “Ecco i nuovi studenti. Ormai sono passati tre mesi e ancora mi guardano in quel modo, sono forse troppo duro con loro?” e rise, rivelando una serie di lunghi e aguzzi denti: le zanne di un Drago! Il reale motivo di tanta diffidenza era proprio l’aspetto di Ghesh: egli era infatti un Dragonide. Ghesh tuttavia era ormai abituato a questo miscuglio di paura e disprezzo, purtroppo le recenti preoccupazioni riguardanti il Maestro fecero riemergere dai recessi della sua memoria una storia, di dolore e sofferenza, una storia di un bambino che ha scoperto troppo presto cosa fosse la diversità in questo mondo. E Ghesh fu assalito dai ricordi.

Il tetto di un carro. Ecco la cosa che a Ghesh viene sempre in mente quando ripensa alla sua infanzia. I Dragonidi sono una razza molto rara discendenti dal sangue dagli antichi Draghi, perseguitati per decenni poiché i Draghi, prima della loro scomparsa avvenuta ormai secoli fa, erano una specie malvagia e hanno provocato stragi e distruzione nelle Due Valli. Nei documenti si parla di singoli draghi che distruggono intere città. A causa di queste persecuzioni, i Dragonidi rimasti conducono vite nomadi in piccoli gruppi, sempre in fuga dai cacciatori che li braccano per le scaglie multicolore, o dalle folle di superstiziosi. Tuttavia non è facile uccidere un Dragonide poiché sono naturalmente dotati di una forza fisica straordinaria e possono sparare varie sostanze dalla bocca, abilità ereditata dai Draghi.Gesh era nato in una di queste carovane. La sua famiglia si guadagnava da vivere vagando di villaggio in villaggio e aiutando gli abitanti con i problemi più disparati: dalla costruzione di abitazioni, alla caccia, all’addestramento, all’istruzione. Erano dei tuttofare al servizio della popolazione. Poi, esaurito il loro compito, ripartivano, condannati a un’esistenza miserabile, sempre in fuga e sfruttati anche dalle persone

Page 4: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

che li temevano, ma che non potevano fare a meno di loro. Ghesh era sballottato da un villaggio all’altro. Un giorno giunsero in un remoto insediamento sulla Strada Commerciale tra Fallcrest e la Guglia Tonante. La carovana arrivò nei pressi del villaggio mentre una colonna di fumo si stava alzando da un edificio. Immediatamente, un gruppo di Dragonidi si lanciò giù dai carri e si mosse verso il pozzo per prelevare l’acqua. Riempiti i secchi si diressero verso le fiamme, le voci dei contadini che cercavano di spegnere la casa avvolta dalle fiamme, le urla delle donne, il pianto dei bambini riempivano le orecchie di Ghesh che osservava la scena dal carro. Anche se aveva solo dodici anni, capiva benissimo cosa stava accadendo. Quello che stava bruciando non era infatti un edificio qualsiasi, ma il granaio con le provviste: senza di esse il villaggio non avrebbe superato certamente l’inverno. I Dragonidi spensero le fiamme in brevissimo tempo, nonostante i loro sforzi però, il fuoco aveva divorato più della metà del raccolto. I contadini ringraziarono i Dragonidi, i quali si offrirono di rimanere per aiutare a ripristinare i viveri in cambio di ospitalità. Rimasero per tutta la settimana cacciando e aiutando nella mietitura dell’ultimo raccolto di stagione, o raccogliendo funghi e bacche nella foresta. I genitori di Ghesh gli impedivano di scendere dal carro durante il giorno; perciò lui si annoiava molto e non poteva fare altro che osservare la vita del villaggio attraverso le tende del carro. Di sera, dopo il pasto, i Dragonidi si riunivano, si scambiavano informazioni poi si coricavano. Ghesh si svegliò nel cuore della notte, si alzo e uscì dal carro: sentiva una pressione sulla vescica. Si diresse nella boscaglia, trovò un albero e fece pipì. Odiava quella vita, odiava la sua gente che si umiliava per la sopravvivenza, odiava quel maledetto carro dove era sempre rinchiuso e odiava se stesso per essere nato Dragonide. All’improvviso sentì un rumore, un fruscio. Si tirò su i pantaloni e tornò alla carovana: vide delle ombre scure e sottili, che si dirigevano verso i carri, talmente esili che sembravano fili di marionette e, istintivamente, si accucciò dietro a un albero. Quel gesto forse gli salvò la vita perché in quel momento una delle ombre guardò verso di lui... Ghesh poteva sentire il suo sguardo che trapassava il legno… non fiatò per paura che se avesse respirato l’avrebbe trovato. Le ombre si diressero a gruppi verso i carri della carovana, erano praticamente invisibili e non emettevano alcun rumore, difficile credere che fossero Umani. Ghesh si sporse dal suo nascondiglio, le ombre erano tutte nei carri, poi sentì un gemito sommesso, e un tonfo: il cadavere di un Dragonide era stato gettato a peso morto giù dal carro, con la gola tagliata, il sangue che bagnava l’erba… Ghesh si premette le mani sulla bocca per non urlare, sentì le gambe mancare e si afflosciò lungo il tronco. Poi altri gemiti, altri tonfi. Sto sognando non può essere vero… il pensiero andò ai suoi genitori, ai

Page 5: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

suoi amici, voleva aiutarli, ma sapeva che sarebbe morto, non poteva fare nulla, solo fuggire e salvarsi la vita. Tuttavia non riusciva a muoversi, le gambe non rispondevano. Guardò ancora e vide le ombre che trascinavano tutti i Dragonidi in un mucchio al centro della radura. Sembravano sacchi vuoti, le facce serene, la gola squarciata: agli occhi di Ghesh era tutto assurdo, si aspettava che da un momento all’altro saltassero tutti in piedi e gli dicessero che era uno scherzo; ma non fu così. Dopo aver ammassato i cadaveri dei Dragonidi, le figure si misero in cerchio e si fece avanti un’altra ombra con delle lunghe corna e gli occhi blu che scintillavano. L’ombra pronunciò alcune parole accompagnate da ampi gesti delle mani e in mezzo al cerchio si materializzò una faccia scheletrica con una corona d’ossa. Ghesh tornò dietro al tronco: Perché? Perché??..Voglio andare via...ho paura! Ormai non si tratteneva più: ansimava, il cuore batteva a mille. Non importava che lo prendessero purché tutto questo finisse in fretta. Ma non finì: il teschio e l’ombra scambiarono alcune parole in una lingua sconosciuta. Poi lo scheletro scomparve. Ghesh vide le ombre sfoderare i coltelli all’unisono, emettendo un suono cristallino di lame che sfregano contro i foderi. Si avvicinarono ai cadaveri dei Dragonidi :No questo no! Non ce la faccio…. Ghesh ora piangeva in silenzio, sapeva cosa stava per succedere e non voleva vederlo, non poteva. Grazie a una forza sconosciuta che non sapeva di possedere si alzò in piedi e cominciò a correre con le lacrime calde che sgorgavano ormai senza posa sulle guance. Corse per un tempo indefinito urlando nella notte, urli selvaggi che raccoglievano molte cose: le difficoltà che un bambino emarginato aveva dovuto sopportare, il disprezzo del mondo per una razza ormai in via di estinzione, e le recenti immagini ancora vivide nella sua memoria, ma tanto assurde da non essere vere. Poi crollò al suolo esausto, strisciò dalla strada fino a un gruppetto di cespugli, raccolse alcune foglie cadute per via del rigore autunnale e improvvisò un giaciglio, poi si stese e dormì piangendo. Ghesh si svegliò che il sole era già alto, piantò un legnetto per terra e guardò l’ombra che il sole proiettava sull’erba. Capii che era quasi mezzogiorno. Raccolse alcune erbe commestibili per il viaggio. La vita nomade può essere una dura maestra, ma i suoi insegnamenti sono utili. Non sapendo che fare e ancora sotto shock, Ghesh decise di camminare proseguendo verso Ovest, continuando a seguire la Strada Commerciale. Non sapeva cosa ci fosse a Ovest poiché la sua giovane vita era trascorsa peregrinando lungo i regni a Est della capitale. Rimase ai margini della Strada Commerciale, nascosto nella boscaglia, almeno il buon senso non lo aveva abbandonato. Giunse alle porte della città commerciale di Middleroad, che si trovava appunto a metà strada tra la Guglia Tonante e Fallcrest, la capitale. Middleroad era

Page 6: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

famosa per fungere da intermediario commerciale tra la capitale e le città dell’Est. Infatti, poiché la Strada del Re è molto pericolosa e infestata da mostri e briganti, i ricchi mercanti erano soliti ingaggiare i mercenari di Middleroad per far la guardia alle carovane mercantili. Ghesh osservò le guardie che presidiavano l'ingresso: non poteva passare da li. Fece il giro largo della città cercando un punto di accesso. Vide lo scolo delle fogne, un piccolo foro nelle mura e decise che non c’erano alternative, se voleva sopravvivere. Ghesh si calò nella melma scura che usciva dal canale: solo il giorno prima non avrebbe toccato quella melma nemmeno con un bastone. Si accucciò e trovò il passaggio bloccato da tre sbarre di ferro provò a passare in mezzo alle sbarre, ma niente da fare; era un Dragonide: già a dodici anni era alto come un Umano di venti e molto più muscoloso. Scosse con violenza la prima sbarra: non si mosse di un millimetro, così la seconda, la terza invece ebbe un cedimento. Gesh applicò ancora più forza e la barra si spezzò. Bene, ecco un passaggio sicuro, pensò Ghesh, avanzò e richiuse la sbarra. Sbucò fuori dal canale di scolo. Era in una zona periferica della città. Gli edifici erano bassi e fatiscenti, costruiti alla maniera degli Umani. Molte carovane erano in attesa di uscire, c’era una gran folla attorno ai carri. Ghesh vide i mercenari armati fino ai denti e le guardie che pattugliavano quella zona, chiaramente presa di mira dai ladri per le merci pregiate che ospitava. Ghesh tornò dentro prima che qualcuno lo scoprisse. Concluse che il canale sarebbe diventato la sua casa, poiché la foresta di notte era pericolosa e piena di animali, la città brulicava di guardie e di mercenari… l’unica soluzione era nel centro. Così Ghesh cominciò la sua vita da randagio: di giorno con il volto fasciato e le mani bendate si fingeva un lebbroso, per nascondere la sua razza e mendicava nella periferia di Middleroad e con quel poco che gli veniva dato si comprava del pane raffermo. Per l’acqua aveva trovato un piccolo ruscello al di fuori delle mura, dove si dissetava e lavava di giorno. La notte dormiva nel canale, la prima settimana non riuscì praticamente a dormire per la puzza, a volte vomitava ed era sempre sporco. La mattina doveva passare almeno un’ora a lavarsi nel ruscello per togliere una parte dell’odore.Presto imparò che la strada ha leggi proprie: se invadevi lo spazio degli altri mendicanti loro ti picchiavano. Ghesh non reagiva mai, si limitava a spostarsi in un’altra zona. Ci mise un mese a trovare un posto non occupato e trascorreva li tutto il giorno tendendo la mano ai passanti che lo guardavano con occhi pietosi… voleva morire, ma il pensiero di scoprire chi aveva sterminato la sua carovana e i suoi genitori lo teneva in vita.

Page 7: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

Dopo otto anni Ghesh era cresciuto in maniera spaventosa: anche se aveva solo vent’anni era più alto di tutti i mercenari della città e sotto i vestiti laceri si intravedevano i muscoli guizzanti e possenti. Mendicava ancora e non si toglieva mai le bende, il passaggio tra le due sbarre era diventato troppo stretto e non dormiva più nel canale. Anni prima aveva scoperto di essere diventato incredibilmente forte: aveva afferrato le altre due sbarre e le aveva spezzate con facilità sorprendente, così ora strisciando ventre a terra riusciva a entrare e uscire dalla città. Si era costruito una catapecchia in legno ai margini del torrente e si esercitava nel bosco correndo per giorni, cacciando e rinforzando il fisico: era in forma perfetta. Quel giorno era fiducioso e sicuro di se e provò qualcosa che non aveva mai osato fare: derubare una carovana. Era mattino presto, ma l’ingresso era già affollato di bancarelle, mercanti e mercenari. Ghesh adocchiò una carovana con solo tre mercenari come scorta. Stava venendo caricata ora. Il suo piano era semplice aspettare che i tre si allontanassero per fare rapporto al mercante e lasciassero incustodita la carovana. Sarebbe bastato un minuto e avrebbe arraffato qualsiasi cosa ci fosse in quel carro. I tre uomini avevano finito, Ghesh era pronto a scattare, ma uno rimase di guardia: Merda! pensò Ghesh. Ma non si perse d’animo era determinato: se avesse preso qualcosa di valore avrebbe forse potuto cambiare vita. Si avvicinò di soppiatto, ma l’uomo sentì i possenti passi del Dragonide e si girò. Troppo lentamente però: Ghesh era pronto e gli mollò un pugno in pieno viso. L’uomo si accasciò per terra senza un suono, svenuto. Ghesh guardò nel carro a prima vista non vide niente degno di nota: aprì una cassa e trovò delle spezie, ma prima che potesse controllare altro, sentì un fruscio, istintivamente si gettò oltre il carro, schivando per un soffio la lama di un mercenario… Sono già tornati?! Il Dragonide si alzò e vide le facce scioccate del mercante e dei due uomini, poi si toccò la faccia e sentì le scaglie ruvide sotto le dita: nel buttarsi di lato aveva perso le bende. Tutta la piazza si girò a guardarlo e altri mercenari si fecero avanti: Sono perduto… mi uccideranno… pensò Ghesh. Si rassegnò, voleva arrendersi, era stanco di quella vita… voleva scomparire dal mondo.“Afferra la spada!” Ghesh si riscosse, si guardò intorno: un uomo altissimo e snello, vestito con una tunica color terra e col cappuccio che gli celava il viso gli stava lanciando una spada. Ghesh la afferrò. “Combatti!” disse la figura, senza nessuna particolare enfasi nella voce. Il Dragonide si mise in guardia: non aveva mai impugnato o posseduto una spada prima, ma ora c’era una possibilità, quell’uomo gli aveva dato una speranza. Un mercenario si fece avanti per affrontare Ghesh “Dannato Dragonide, dopo che ti avrò tagliato le mani ti passerà la voglia di rubare!”

Page 8: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

colpì con un fendente laterale, Ghesh lo bloccò e contrattaccò, l’uomo parò il colpo, ma la spada gli schizzò via di mano… ”E’ impossibile...ha una forza che non è di questo mondo…” disse il mercenario incredulo. Ghesh senza rendersene conto conficcò la spada nel ventre dell’uomo che barcollò e stramazzò al suolo, bagnando di sangue la terra secca. Ghesh si rese conto di ciò che aveva fatto, guardò la spada rossa e ritornò a quella notte, la notte del massacro…”Bastardo!” urlò uno dei mercenari della carovana lanciandosi contro Ghesh, ancora immobilizzato. “Non fare un passo in più” disse l’uomo incappucciato, ma l’altro non lo ascoltò. L’uomo allora scattò in avanti, anzi è meglio dire che si teletrasportò, perché nessuno lo vide muoversi. Durante lo scatto sfilò con delicatezza la spada dalla mano di Ghesh, poi fece lo stesso gesto con quella del mercenario. Quando l’uomo si accorse che stava correndo con in mano il nulla si arrestò, si girò e vide l’uomo misterioso con le due spade in mano che sorrideva sotto il cappuccio. Anche Ghesh si rese conto di non avere più la spada. Avvenne tutto così in fretta che nessuno capì cos’era successo. Allora l’uomo si tolse il mantello e il cappuccio e rivelò una lunga tunica bianca con un drago rosso rampante sulla schiena. La folla era in delirio, quell’uomo era il leggendario Douven Staul, scomparso da anni, creduto morto era ora davanti a loro. Tutti lo conoscevano era una vera e propria leggenda vivente. “Scusa per il disturbo” disse al mercante lanciandogli un sacchetto tintinnante. “Assolda dei mercenari più intelligenti la prossima volta”. Poi si avvicinò a Ghesh: “ Sei stato bravo. Vieni con me” disse sorridendo, un sorriso caldo che rischiara il cuore, come pane appena sfornato. Ghesh si alzò e seppe che ora la sua vita aveva un senso, aveva uno scopo: servire quell’uomo che gli aveva ridato la vita, e un giorno scoprire chi era stato a massacrare la sua famiglia.

Ghesh si riscosse, e si accorse di essersi immobilizzato per almeno cinque minuti nel bel mezzo del campo di addestramento e ora tutti lo stavano fissando. Uno degli allievi più anziani si avvicinò con cautela: “Va tutto bene signor maestro? State…state piangendo”. Ghesh si passò velocemente la mano gigantesca sulla faccia squamosa, poi sorrise e se andò dicendo “Va tutto bene grazie, quando avete finito la lezione riponete gli attrezzi”. Si diresse quindi a grandi passi verso l’armeria, ripose con cura il manichino, poi uscì e si diresse verso la boscaglia fitta, camminò per un po’. Poi si appoggiò ad un albero, si afflosciò e pianse. Si alzò e cominciò a prendere a pugni l’albero: la corteccia si apriva sotto i possenti pugni del Dragonide. Perché questi ricordi ancora mi tormentano? Maestro dove siete, ho bisogno di voi.

Page 9: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

“Brax, al centro!” tuonò una voce nel possente nel mezzo del campo di allenamento. Il tramonto era giunto già da un po’, ma all’Accademia dei Quester si lavorava fino a sera. “Si, Mastro d’Armi Andorin!” e un ragazzo di non più di quindici anni si alzò, prese la spada di legno e uno scudo dalla rastrelliera delle armi. “Vai un po’ troppo sul sicuro, Brax. Dovresti osare un po’ di più almeno in allenamento, solo così potrai scoprire le tue debolezze e trovare un equilibrio. Bene, Eton, in piedi!”. Ancora una volta un ragazzo si alzò, aveva probabilmente la stessa età di Brax, impossibile dirlo con certezza. Eton afferrò un lungo bastone di legno levigato, con le estremità mozzate “Scelta interessante, Eton: contro spada e scudo un’arma a lungo raggio come il bastone può sfruttare varchi e aperture, tuttavia non è facile da controllare al cento per cento ed è carente in difesa. Sono curioso di vedere cosa vi inventerete. Voglio uno scontro pulito: niente scorrettezze o colpi bassi, è solo un allenamento. Cominciate! Brax si lanciò in avanti, attaccando con la spada tesa e la guardia bassa, tentando un affondo, ma Eton non si mosse: portò invece il bastone dietro al corpo con il braccio destro e lo fece schizzare in avanti con la velocità di una freccia. Brax ebbe appena il tempo di alzare lo scudo: il colpo lo investì con violenza e il ragazzo sentì una fitta di dolore al gomito. Che potenza!, Brax arrestò la sua carica, abbassò lo scudo, pronto per attaccare di nuovo, ma Eton era scomparso. Ma cosa?...A sinistra! Brax realizzò appena in tempo per parare un altro affondo, un’altra fitta al gomito. Merda! Ha sfruttato il punto ceco creato dal mio scudo per spostarsi a sinistra. Si è mosso in modo così leggero che non ho nemmeno sentito i suoi passi. Brax abbassò lo scudo e il terzo affondo arrivò puntuale da parte di Eton; stavolta però Brax era pronto: usò lo scudo per deviare l’affondo. Con la punta del bastone oltre la sua testa, Brax poteva attaccare Eton direttamente. Andorin osservava il combattimento: Il punto forte di Eton è la capacità di muoversi silenziosamente e con imprevedibilità, così disorienta l’avversario e lo costringe in difesa, ma una volta che la guardia viene bucata, è un facile bersaglio, poiché con il bastone diventa praticamente impossibile difendersi da quella distanza. Ben fatto ragazzo! Brax tese il corpo, poi lo fece scattare in avanti come un elastico, la spada puntata alla testa di Eton, che però non si scompose: con un’agilità sorprendente piegò le gambe e inarcò la schiena. La spada gli passò a pochi centimetri dal naso e Brax sorrise Ho vinto. Mentre Eton si stava raddrizzando, Brax puntò il piede destro e lo usò come perno per ruotare su se stesso, tese il braccio sinistro e colpì Eton con lo scudo alla nuca. Eton cadde per terra con la vista annebbiata, ma riuscì comunque a girarsi e a vedere Brax che stava

Page 10: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

per calare il colpo. Senza pensarci afferrò una manciata di terra e la gettò negli occhi al suo avversario. “Ahhh…maledetto!” urlò Brax, lasciando cadere spada e scudo. “Eton!” abbaiò Andorin. “Avevo detto niente scorrettezze. Avevi chiaramente perso! Un vero Quester ammette la sconfitta! Dopo la lezione sei convocato nei miei alloggi”. Poi si rivolse a Brax: “Bravo ragazzo! Eri svantaggiato sia fisicamente, sia per il tipo di arma, ma hai agito con intelligenza, usando lo scudo come contundente. Ora vai a lavarti gli occhi. Procediamo col prossimo combattimento…”. “Mhpf, severo come al solito eh, Andorin”. La faccia del nano si incupì: “Tu invece sbuchi sempre fuori come un serpente, Reed”. Una figura minuta si materializzò dalla chioma di un albero vicino al campo: era più basso di un uomo, ma sotto i vestiti attillati di un verde muschio si notavano fasci di muscoli nelle gambe, frutto di allenamenti quotidiani. Indossava guanti aderenti e stivali leggeri e una sottile armatura di cuoio. Portava i capelli corti e il loro nero enfatizzava i suoi tratti marcati. La cintura alla vita era fornita di molte tasche, poi ne indossava un’altra a tracolla che conteneva parecchi coltelli. Il Mezzuomo agganciò le gambe al tronco dell’albero e si lasciò penzolare a testa in giù, come un pipistrello. Poi riprese la parola, sorridendo in modo furbo: “Eton aveva vinto, Andorin. Sul campo di battaglia quello che conta è la vittoria “. La faccia di Andorin si tese: “Era un incontro amichevole, per valutare le loro abilità di combattimento, non per valutare la loro capacità di imbrogliare”. Reed sbuffò: “Non essere stupido Andorin: non devono partecipare ad un torneo di scherma. Noi Quester affrontiamo pericoli e difficoltà che tutti evitano, rischiamo il culo ogni santo giorno, per questo ci pagano così tanto” e il suo sorriso si allargò: trovava quella conversazione molto divertente. “Almeno io non insegno ai miei studenti come rubare”. Reed raccolse la frecciata e ora il suo volto non stava più sorridendo. Con un colpo di addominali sganciò le gambe dal tronco e atterrò con la delicatezza di un gatto. “Andorin, sai bene che ai miei studenti insegno solo come liberarsi da catene e manette o come muoversi senza farsi notare. Il Maestro mi ha severamente proibito di insegnare altro, perché alcune cose possono essere fraintese. Tuttavia la vita è ben diversa fuori dall’Accademia...ah già, tu sei fuggito dalla realtà anni fa. Forse gli studenti non sanno che lo stimato e rispettato maestro Andorin era un…”. “Non dire un’altra parola Reed!” tuonò Andorin. La sua espressione era diventata spaventosa: gli occhi erano sbarrati fissavano il terreno, sul volto alcune vene cominciavano a pulsare convulsamente sulle tempie, le mani erano serrate e le nocche stavano sbiancando. Stava tremando di rabbia. Reed si rese conto di aver parlato troppo: “Non puoi fuggire dal passato per sempre Andorin, devi accettarlo e superarlo”, detto questo si avviò verso l’Accademia. Andorin

Page 11: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

recuperò velocemente il controllo: “Per oggi basta ragazzi, ci vediamo qui domani alla stessa ora”. Gli allievi sconvolti si allontanarono dal campo parlando tra loro sottovoce. “Perfetto… prima di cena questa storia avrà fatto il giro della scuola” pensò Andorin. Il nano si guardò intorno, ora il cortile era deserto e inspirò l’aria fresca della prima sera, poi si diresse anche lui verso l’edificio squadrato. Era vestito in modo semplice: camicia marrone chiaro, leggera con la scollatura a V e le maniche corte, Un paio di brache consumate e stivali spessi. Il nano amava chiaramente la sobrietà. La sua lunga barba scura era folta, legata alla maniera dei nani con pesanti anelli d’ottone e intrecciata molte volte. Andorin decise che non voleva entrare nell’Accademia passando dal portone principale: Dagor gli avrebbe letto la faccia, vedendo il senso di colpa e la tristezza, attizzate dallo scontro verbale con Reed. Si fermò un secondo e gli tornarono in mente tutti quegli eventi, quelle facce disperate, quelle vite che aveva spento, quegli innocenti che aveva sacrificato in nome di un dio che, probabilmente non esisteva.

La Valle Est è dominata dalle Montagne Forgiaurora, le più alte vette del regno delle Due Valli. Sono state chiamate così perché quando il sole tramonta, i riflessi delle sue cime innevate sono proiettati su tutta la valle, creando meravigliosi giochi di luce. Queste montagne sono state per molto tempo utilizzate come una miniera di pietra bianca. Poi secoli fa, i Nani hanno creato città nella pietra, scavando ed estraendo infiniti strati di roccia. Coloro che hanno visto le loro meravigliose città dicono che le montagne sono state svuotate come zucche. La capitale, Irondust, è avvolta dalla leggenda, pochi sono i Nani nati lì che la abbandonerebbero: si racconta che sorga in prossimità di un enorme cratere che lascia filtrare la luce nella montagna, conferendo alla città un’aria angelica, nessuno straniero ha mai messo piede ad Irondust, il cui ingresso si dice sia uno dei segreti meglio custoditi della storia nanica. Molti dubitano perfino della sua esistenza. I Nani inventarono un sistema di colonne per sostenere le montagne. Tuttavia gli architetti dei Nani sono molto gelosi dei loro segreti, quasi quanto i fabbri. Le tecniche dei fabbri sono leggendarie in tutte le Due Valli. Nessuno sa come facciano a scaldare il ferro ad una temperatura così elevata, nessuno ha mai scoperto il segreto delle leghe ultraresistenti da loro create. Nemmeno ai pochi privilegiati visitatori di queste esclusive città vengono rivelati i segreti di queste arti secolari. I Nani sono un popolo prosperoso, poiché non si sono rifugiati nelle città sotterranee, ma hanno creato avamposti commerciali, come Hammerfast, città governata in primis dalle gilde commerciali naniche, ma che è ben lieta di ospitare mercanti e commercianti da tutto il regno. I Nani sono un popolo

Page 12: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

molto religioso: il loro dio principale è Moradin, il Signore Della Forgia: protettore dei fabbri e patrono del lavoro. Molti Nani, pregano anche Bahamut, il Dio Drago della Giustizia. In onore di queste due divinità maggiori, il popolo nanico ha eretto numerosi splendidi santuari lungo tutta la catena Forgiaurora. Attorno a questi santuari si formavano delle piccole comunità, poiché erano meta di pellegrinaggi. Uno di questi, Fer-Vadil, è dedicato a Bahamut, e si trova a circa quaranta miglia a Sud di Hammerfast. La struttura gerarchica del santuario è semplice: in cima si trovava il Sacerdote, carica ereditaria, considerata molto prestigiosa nella società nanica. Poi una piccola guardia di sicurezza personale, generalmente inutile poiché nessuno attaccherebbe mai un santuario. Poi si trovava la popolazione, commercianti, contadini e via dicendo. I santuari erano colmi di mendicanti e senzatetto, che si assiepavano nella speranza di ricevere una parte delle offerte che i pellegrini riservavano al santuario. Il sacerdote del santuario di Fer-Vadil si chiamava Dallin, della casa dei Litia, una nobile famiglia. Il suo primogenito Andorin, era iniziato alla carica di sacerdote.“Muoviti Corbin!”, urlò Andorin verso la finestra della caserma di guardia. ”Non urlare così dannazione! Altrimenti Viglin mi schiafferà di nuovo alle cucine!”. Corbin, scese velocemente con aria guardinga. Poi i due si allontanarono. “Andorin, stai marinando ancora le lezioni di religione?” chiese una voce divertita alle loro spalle. “Si, Belin… e tu terrai la bocca chiusa vero?”, chiese il Nano fingendo di dare un ordine. “Ma certo, futuro sacerdote”, disse la guardia ridendo. Belin era addetto al presidio dell’ingresso della caserma, anche se aveva una decina di anni in più dei due ragazzi, aveva subito fatto amicizia con loro, e li copriva durante le loro fughe giornaliere. I due sgusciarono fuori dalla città scavalcando le mura nel punto dove queste incontravano la pietra e si arrampicarono con agilità verso la sommità del santuario: la gigantesca statua di Bahamut, raffigurante un Drago che reggeva uno scudo e una bilancia .C’era una scalinata che permetteva di accedervi, ma a loro piaceva scalare la parete. “Oggi vinco io Corbin!” disse Andorin. “Ne sei sicuro?”, disse mentre accelerava. “No, sei sleale!”. Corbin arrivò in cima in pochissimo tempo, poi il ragazzo si voltò e aiutò il Nano a salire, sorridendo, e Andorin si ricordò di quando si erano conosciuti: erano ancora dei bambini, Andorin, un pomeriggio uscì e incontrò un ragazzino Umano, più o meno della sua età, che si allenava con la spada. Il ragazzo si voltò verso Andorin e gli lanciò la spada ridendo, Andorin la prese e i due cominciarono a combattere, poi vennero fermati dai servitori del sacerdote, che punirono Corbin per aver tentato di colpire il futuro sacerdote. Andorin era triste, ma

Page 13: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

il giorno seguente trovò Corbin, ancora ad aspettarlo, con in mano le spade, aveva una guancia gonfia e stava sorridendo.I due ragazzi rimanevano ore a godersi la vista dalla sommità del santuario, parlando dei loro sogni e delle loro speranze nel futuro. “Un giorno diventerò un famoso paladino! Porterò pace e giustizia nelle Due Valli e sconfiggerò gli eretici una volta per tutte!”, diceva ogni giorno Corbin, e ogni volta dentro di lui Andorin si intristiva, poiché quello era anche il suo di sogno, ma gli era negato per nascita. Tuttavia non lo faceva mai pesare a Corbin. “Dovresti parlare a tuo padre, Andorin. Fagli capire che il tuo sogno non è quello di rinchiuderti per sempre in un santuario”, disse Corbin quel giorno quasi leggendogli nel pensiero. “Sai che non ce la faccio, non riesco ad affrontare mio padre”, disse Andorin. “Potresti provarci, cosa ti trattiene? Non ti metterà di certo in prigione”, disse ridendo. Andorin non aveva mai visto Corbin triste, o abbattuto. Sorrideva, sorrideva sempre.Erano trascorsi tre anni. Andorin, dopo la lezione di religione, si diresse come al solito verso la caserma per il duello con Corbin. Il ragazzo lo aspettava: era diventato alto e muscoloso, i capelli neri lunghi che svolazzavano al vento. Anche Andorin era cresciuto, per quanto può essere cresciuto un nano in altezza. Era robusto e la barba gli era cresciuta molto. Andorin però vide due cose che lo turbarono: Corbin non aveva le due spade con cui erano soliti allenarsi, inoltre per la prima volta in ventuno anni di vita non stava sorridendo. “Corbin…cosa succede?”, chiese allarmato Andorin all’amico. “Oggi termina il mio apprendistato al santuario di Fer-Vadil. Parto domattina per unirmi alle nuove reclute dell’esercito della Vera Croce, mi assegneranno alle truppe di fanteria”. Andorin si sentì perduto: Corbin era l’unica persona che lo faceva andare avanti in quella vita così odiosa. “Hai parlato con tuo padre?” chiese Corbin. “Sai che non l’ho fatto”, rispose Andorin. Il ragazzo allora si staccò dal muro dove era appoggiato “Molto bene: gli parlerò io per te! Ma questa è l’ultima volta che ti aiuto! Quando saremo nell’esercito della Vera Croce non potrò più pararti il sedere”, poi si diresse a tutta velocità verso la residenza del sacerdote. Andorin sentì il sangue defluirgli dal corpo: “Corbin! ti prego, fermati…per gli dei!”, e gli andò dietro. Corbin era irremovibile, varcò le porte, attraversò la lussuosa residenza della famiglia Litia, salì le scale e raggiunse la stanza privata del sacerdote. Si fermò, prese un respiro e bussò. “Chi è?”, rispose una voce. “Corbin, apprendista paladino, con suo figlio, signor sacerdote, vorremmo parlarle”. Un momento di silenzio. “Entrate”. I due ragazzi entrarono. Il sacerdote Dallin, era un Nano sui settant’anni, che, per la durata vitale di un nano, era paragonabile a un Umano di trenta, un giovincello praticamente. Vestito in modo ricco, con la tunica lunga blu,

Page 14: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

colore caratteristico di Bahamut, e uno stemma del Dio appeso al collo. Un copricapo bianco che ricadeva sulle spalle completava l’abbigliamento sacerdotale. Dallin era girato di spalle, verso la finestra. “Cosa volete?”. “Vostro figlio vorrebbe dirvi qualcosa, signor sacerdote”, disse Corbin. “E tu che ci fai qui allora?”. “Sono qui per sostenerlo, come amico, signore”. “Mio figlio non deve avere paura di parlare con me. Ti prego di aspettare fuori, grazie”. Corbin fece un inchino e uscì appoggiando la mano sulla spalla dell’amico. Andorin guardò il padre e, come ogni volta le parole gli vennero meno. Stavolta però gli venne in mente la faccia di Corbin, sempre così serena, intristita dal pensiero di doverlo abbandonare, pensò a tutta la tristezza accumulata in questi anni e dentro di se trovò la forza. Il suo viso cambiò, divenne rilassato e risoluto: non sembrava più lui: “Padre ora io ti comunicherò quello che ho intenzione di fare della mia vita. Un discorso che ho rimandato per troppi anni. Io non diventerò il tuo successore: io mi unirò a Corbin e insieme diventeremo dei paladini al servizio della Chiesa. Io voglio aiutare davvero le persone, voglio liberare il mondo dall’eresia. Non puoi trattenermi, padre. Io seguirò la mia strada”. E rimase in piedi, pronto alla reazione del padre. Suo padre si girò e gli sorrise dalla prima volta che lo conosceva: “Andorin, sono fiero di te. Onestamente non pensavo che avresti mai avuto il coraggio di dirmelo in faccia. Sapevo benissimo che non eri portato per il sacerdozio, tuo fratello mi succederà, lui studia molto più di te, e ha davvero la vocazione. Anche se, per diventare paladino, e richiesto un apprendistato di dieci anni presso un santuario. Tu però sei nato nel santuario, conosci la religione e la storia, e so che ti addestri sempre con la spada. Grazie al cielo l’influenza di un sacerdote di Bahamut conta ancora qualcosa presso la Santa Sede. Darò disposizioni di assegnarti allo stesso battaglione che passerà da qui domattina per prelevare le reclute. Sono un padre prima di essere un sacerdote di Bahamut, desidero che i miei figli siano felici. Buona fortuna Andorin, torna qui qualche volta”, detto così gli si avvicinò e lo abbracciò. Andorin ricambiò l’abbraccio e pianse in silenzio sulla spalla di suo padre. Poi si alzo e uscì, animato da una nuova forza: quel giorno Andorin Litia era rinato. Uscì dalla porta, Corbin lo aspettava, la faccia piena di aspettative. Andorin sorrise, e Corbin lanciò un grido di gioia. I due amici si abbracciarono convinti che sarebbero rimasti insieme per sempre. Due anni dopo Andorin e Corbin si erano distinti nell’addestramento vero e proprio come paladini, ed erano stati promossi a sottotenenti. Prima di dare la caccia agli eretici, le reclute dovevano sostenere un altro breve periodo di addestramento presso la cattedrale di Crosskild situata presso le Colline della Luna, quartier generale dell’esercito della Vera Croce, situata a sud di Fallcrest. La Santa Sede aveva costruito

Page 15: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

la Cattedrale così vicina per tenere sotto controllo l’operato dei paladini. L’addestramento era durato due anni ed era stato molto duro. Combattimenti, lezioni teoriche sulle dottrine eretiche, sulla religione e sulla mitologia degli dei. Ora Corbin e Andorin erano pronti per intraprendere la loro prima missione come sottotenenti dell’esercito regolare della Chiesa. C’erano state alcune segnalazioni riguardo a streghe in un piccolo villaggio a sud del Lago Nen vicino alle Colline Vecchie. Le streghe erano tra gli esseri più temuti, poiché all’apparenza sembravano normali donne, ma esse offrivano sacrifici agli dei malvagi, e si pensava che permettessero ai demoni di possedere il loro corpo, per mettere al mondo la progenie infernale. Altri dicono che le streghe siano portatrici di malattie e pestilenze. La confusione del popolo sulle creature demoniache era dilagante, così secoli prima, la Chiesa aveva Istituito il Tribunale dell’Inquisizione, composto da preti e sacerdoti esperti nelle pratiche di epurazione e nelle tecniche di riconoscimento, di inquisizione, e di condanna degli esseri maligni: questi individui erano gli Inquisitori della Chiesa. Essi erano scortati dove c’era bisogno delle loro capacità dai paladini della Vera Croce. Andorin e Corbin comandavano una decina di truppe fanteria, tutte reclute come loro. Sottotenente era uno dei gradi più bassi all’interno dell’esercito, ma averlo raggiunto ancora prima entrare in azione era un fatto di orgoglio: entrambi erano saldi nei loro principi e mostravano una spiccata attitudine al comando.I due amici stavano marciando ormai da un giorno e mezzo, entro la sera sarebbero giunti in prossimità del villaggio. Andorin guardava la carrozza dell’Inquisitore: era una normale carrozza scura, trainata da quattro ronzini. Tuttavia il passeggiero non si era mai fatto vedere da nessuno, rimaneva all’interno, le tendine tirate, si faceva portare il cibo nella carrozza e non scendeva mai. Andorin e Corbin erano molto agitati, ma anche eccitati: avrebbero finalmente contribuito e mondare la terra dagli eretici e dai demoni. Al tramonto il sergente al comando di quella missione, un paladino Umano sulla cinquantina, robusto e ben piazzato, urlò di fermarsi e di accamparsi. Andorin e l’amico fecero segno alle loro unità di montare le tende. Ad operazione ultimata, il sergente fece segno ai due sottotenenti e ai loro contingenti di seguirlo: “Ora faremo una veloce ricognizione nel villaggio e cercheremo di capire la natura del problema, lasciate parlare me”. Arrivati nella piazza del villaggio i cittadini trovarono ad accoglierli tutti gli abitanti. Uno uscì dalla massa e parlò con il sergente.“Sono Umil, il capo-villaggio. Grazie per essere arrivati così in fretta”.“Sono Galan sergente al comando di questa unità, ditemi”.

Page 16: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

“Circa due settimane fa hanno cominciato a verificarsi degli episodi strani nel villaggio: alcuni uomini hanno cominciato a stare male, poi a morire. Alcune donne hanno partorito bambini morti e molte altre sono diventate sterili”.“Avete qualche indizio? Qualcosa è cambiato nel villaggio rispetto a quando questi incidenti non si verificavano?”.“Si, è colpa di quelle streghe puttane!”, gridò la voce di un vecchio che si levò dal gruppo di persone. “Stai zitto, vecchio pazzo!”, gli intimò Umil. “No, lasciatelo parlare. Vieni avanti”, disse il sergente Galan. “Sono arrivate proprio due settimane fa, signore. Sono due donne e una bambina, abbiamo dato loro rifugio. Hanno detto di essere prostitute, ma io sono convinto che siano streghe! Gli uomini che sono andati con le streghe sono morti poco dopo di una morte sconosciuta. Non può essere una coincidenza!”.“Dove sono le donne?”, chiese Galan. La sua voce era carica di impazienza.Umil riprese la parola: “Sono in una casa ai margini del villaggio. Abbiamo sprangato la porta, passiamo loro il cibo da una finestra”.“Bene, che nessuno si avvicini alla casa”, ordinò Galan. Poi fece cenno agli altri di seguirlo. Tornarono al campo, Galan si diresse verso la carrozza dell’Inquisitore, rimase fuori e gli parlò sottovoce di quello che era successo. La porta della carrozza si aprì e tutti i paladini voltarono la testa verso la figura che era appena scesa: l’Inquisitore era alto e magro, portava una tunica lunga fino alle caviglie completamente nera, indossava un largo cappello circolare e delle mani guantate reggevano un libro. Al collo portava lo stemma di Bahamut. Il sergente ordinò ad Andorin e a Corbin di seguirlo e disse a tutti gli altri di circondare il villaggio. Si diressero velocemente, presso la casa indicata da Umil. L’edificio era piccolo e fatiscente, la porta inchiodata con pesanti assi di ferro. “Rimuovete le assi”, furono le prime parole pronunciate dall’Inquisitore. Andorin e Corbin tolsero le assi dalla porta. Poi L’Inquisitore avanzò, entrò nella casa seguito dai tre paladini. Andorin si tappò il naso: un odore nauseabondo appestava l’aria, si guardò intorno nell’oscurità, vide degli avanzi di cibo, feci e liquidi corporei in un angolo della casa, “Non le hanno lasciate uscire per giorni…” pensò Andorin. Anche Corbin era nauseato. L’Inquisitore teneva lo sguardo fisso sulle donne e sulla bambina accucciate in un angolo: i capelli spettinati, le vesti sporche, le facce terrorizzate. La sua espressione e il suo tono di voce atono non mutarono: “Siete accusate di essere streghe, discolpatevi o sarete condannate”. Le donne erano troppo stremate, o spaventate e non risposero. “Portatele fuori da qui”, ordinò l’Inquisitore ai paladini. Il sergente prese la donna più vicina per i capelli e la trascinò fuori con la forza: lei,

Page 17: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

impotente, strillava e si teneva i capelli .Corbin, incredulo, sollevò delicatamente una delle due donne, ormai svenuta per gli stenti. Andorin prese la bambina, la sollevò: non pesava niente, era magrissima, le ossa spuntavano sotto la poca carne rimasta, gli occhi erano semichiusi. I suoi capelli una volta biondi erano ormai lerci e scuri. La bambina con le poche forze rimaste sollevo la mano e si aggrappò alla barba del Nano tirandola dolcemente in ultima disperata richiesta d’aiuto. Andorin sentì un dolore allo stomaco, poi le lacrime salirgli agli occhi: cos’era tutto questo?. L’Inquisitore se ne accorse e si avvicinò sussurrandogli: “Non lasciarti ingannare. Queste donne non sono più umane, si sono donate ai demoni. Dobbiamo compiere la suprema giustizia, dobbiamo dimostrare che non temiamo le forze del male. Devi essere spietato”. Poi condusse Andorin all’aperto, il Nano però, appoggiò la bambina con delicatezza. L’Inquisitore si avvicinò e diede un calcio alla bambina, la piccola creatura gridò e si portò le mani allo stomaco. “Ehi, cosa…”, urlò Andorin, ma Galan gli fu vicino e scosse la testa, con lo sguardo severo. “E’ tremendo che una bambina si sia donata alle forze demoniache in così tenera età, ma qui non c’è posto per il male. Hai scelto il tuo destino!”, disse la figura nera, sovrastando la bambina. Andorin era scioccato. Poi l’Inquisitore riprese parola e, rivolgendosi agli abitanti, urlò: “Il male ha raggiunto questo luogo, i demoni hanno approfittato della vostra generosità e hanno causato dolore e sofferenza. Queste donne sono streghe, sento l’odio e le forze malefiche scorrere nel loro sangue. Hanno contagiato l’intero villaggio con le loro pratiche infernali, si sono finte prostitute, ingannando tutti. Avete fatto bene a rinchiuderle, ora le streghe sono deboli. La Santa Sede e il Tribunale mi danno il potere di liberarvi una volta per tutte da questa piaga ultraterrena. Preparate i roghi, oggi bruceremo il male e lo rispediremo negli inferi”. La folla era isterica, urlava e si dimenava. Alcuni corsero vero gli alberi per prendere della legna e altri gioivano, piangevano e gridavano a Bahamut le loro preghiere. Tornarono subito con tre grandi rami, li piantarono nel terreno, poi ammassarono legna. Dai lati del villaggio arrivarono gli altri paladini e si fecero in cerchio attorno ai roghi appena costruiti. Presero le donne: una urlava e implorava pietà, l’altra e ancora svenuta. Ignorando le suppliche i cavalieri corazzati le legarono ai pali con robuste corde. La folla era sempre più rumorosa. Presero la bambina e la sbatterono con violenza contro al palo: la poverina sbatté la testa e si accasciò sul tronco, perdendo i sensi. Dalla nuca cominciò a sgorgare del sangue vermiglio .Poi due paladini accesero le torce, si avvicinarono ai roghi delle due donne e gli diedero fuoco. Le fiamme si alzarono immediatamente per via della legna secca, la donna ancora cosciente si dimenava e strillava di terrore. L’altra si svegliò per via del calore

Page 18: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

e si guardò intorno, poi vide le fiamme e cercò di fuggire, ma ormai non aveva più nemmeno le forze per restare in piedi. Poi Galan prese la torcia e si diresse verso la bambina. “No…” Andorin aveva lo sguardo sbarrato, non ci credeva. Poi Galan diede fuoco senza battere ciglio al rogo della. La piccola piangeva disperata, graffiando il legno, e dimenandosi, ma le corde la tenevano inchiodata. Una donna riuscì quasi a liberarsi dalle corde, ormai quasi del tutto bruciate, ma i contadini con un forcone la respinsero tra le fiamme ferendola al viso, lei cadde e le fiamme l’avvolsero, urlava, urla disumane. Andorin sentiva l’odore di carne bruciata nelle narici poi avvertì il sapore di bile salire dalla gola, distolse lo sguardo si tappò il naso e prese un respiro per soffocare il vomito: dove erano le creature del male, dove erano gli eserciti demoniaci da sconfiggere? Queste tre povere creature, incarcerate per giorni, quella bambina, denutrita erano davvero servitrici degli dei del male? Ora lei stava morendo bruciata viva sul rogo, senza nessun motivo; alzò gli occhi verso di lei la bambina, ormai sfregiata e abbracciata dalle fiamme, stava cercando ancora di fuggire, le mani tese verso Andorin, gli stava chiedendo aiuto, lo stava supplicando di salvarla dall’inferno, dal dolore, urlava e si sporgeva verso il Nano. Andorin la guardava, avrebbe potuto afferrarle la mano se avesse voluto. Basta… Bastaa!, Andorin non poteva più sopportarlo, sentiva il dolore crescere nelle viscere, pensava sarebbe morto con loro. Si lanciò in avanti, con un colpo preciso dell’ascia recise le corde che bloccavano la bambina, poi la prese e la portò via dal fuoco, correndo fuori dal villaggio, la creatura scottava e il suo calore bruciava Andorin, ma il Nano non sentiva niente. La folla sbalordita lo guardava, gridando insulti, poi due paladini gli furono addosso, stavano per fermarlo, quando con due fendenti precisi Corbin, gli disarmò, mettendosi tra loro e Andorin. “Corri Ando, corri!”, gli urlò Corbin. Andorin non pensò più e corse via con la bambina tra le braccia. Dove vado? Non posso fuggire!, poi dalla calca emersero i cavalieri, Il Nano si girò e vide un’ombra gigantesca emergere dal dietro una casa. L’ombra tese il braccio e ribaltò cavallo e cavaliere, poi si voltò verso di lui. “Scappa”. L’altro cavaliere però stava raggiungendo il nano, quando dei coltelli si conficcarono nella gola del cavallo. L’animale nitrì di dolore e cadde, portando con se il cavaliere. Una piccola figura incappucciata si materializzò. “Corri Nano, nel bosco!”.Andorin teneva ancora stretta la bambina, fece per muoversi, poi si voltò verso Corbin: “Ando, sei stato il mio più grande amico. Sei un fratello per me. Corri, salva quella bambina.”, lo disse col il suo solito sorriso. Schivò un colpo di un terzo cavaliere buttandosi a terra, poi si alzo con una capriola e tagliò le gambe dell’animale, che rovinò terra. “Corbin, raggiungici nel bosco, non farmi aspettare!”

Page 19: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

disse Andorin con le lacrime agli occhi. “Certo Ando, puntuale come al solito”, disse Corbin, con la voce incrinata. Poi il Nano corse nella boscaglia, seguito dal Mezzuomo e dalla grande figura: Corbin non gli avrebbe raggiunti. Qualcuno doveva trattenere i soldati durante la loro fuga e il pensiero di una vita senza più Corbin lo fece stare male, ma la povera bambina che teneva in braccio lo fece andare avanti. Continuarono a correre nel bosco poi giunsero in una piccola radura in terra battuta, un fuoco ormai spento di cui rimanevano solo le braci, tre giacigli e un uomo altissimo, col volto coperto completavano la scena. Andorin depositò a terra la bambina, e l’uomo fu subito da lei. La esaminò velocemente: la carne bruciata era ormai di colore viola scuro, le profonde ustioni su tutto il corpo avevano formato croste spesse dove la pelle era bruciata, ogni minimo movimento doveva provocare un dolore atroce alla povera creatura. “Non posso salvarla qui. E anche se sopravvivesse sarebbe sfigurata e menomata”, disse infine l’uomo con una nota di tristezza nella voce. “Sta soffrendo, c’è solo una cosa che posso fare per lei..” ed estrasse un pugnale dalla cintura”. Maestro...non vorrete…”, cominciò il Mezzuomo. “Guardala Reed. Abbiamo altra scelta? Vuoi davvero vederla agonizzare fino alla morte?”. Il Mezzuomo distolse lo sguardo e non parlò più. Andorin era sconvolto: “No! Non toccatela! La salverò io, la porterò da un guaritore!”, stava per prenderla di nuovo in braccio quando l’uomo gli appoggiò una mano sulla spalla: “Non puoi farlo. Sicuramente i paladini stanno pattugliando la zona. Se esci dal bosco sei perduto, e lo sarà anche lei. Non vorrai farla tornare nel fuoco vero? Sai che lo farebbero, hai visto la loro follia. Lasciami porre fine al suo dolore, è un atto di carità, te lo chiederebbe lei se potesse parlare”. Andorin sapeva bene che era la verità, ma non ci riusciva. Non riusciva nemmeno a guardarla in faccia, voleva fuggire, scappare, voleva cancellare tutto questo. L’alto umano si avvicinò col coltello ancora in mano, Andorin si girò e glielo prese di mano: “Lo farò io”, disse, e non era una richiesta. Si inginocchiò e la guardò negli occhi, la bambina lo guardava, emettendo gemiti sommessi, Andorin si avvicinò al suo viso: “Piccola, mi spiace non ho potuto salvarti. Non ho fatto nulla, perdonami ti prego, stai soffrendo per colpa mia, io non….”, poi non resse più e cominciò a piangere. Allora la bambina con le ultime forze rimaste sollevò il braccio e accarezzò la guancia del Nano, lui la guardò con la colpa negli occhi, ma negli occhi di lei c’era la pace, una pace fresca e definitiva, che solo morte può portare. Il braccio perse improvvisamente forza e cadde. “Non ce l’ho fatta, non ci sono riuscito, come potevo…io…”, l’uomo lo sorresse e lo sollevò. “E’ finita ora. E’ in pace. Andiamo, non possiamo seppellirla Comunque a lei non importerebbe”. L’uomo, il Mezzuomo e l’enorme figura, raccolsero le loro cose in fretta e si

Page 20: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

incamminarono, Andorin li seguì. Non gli importava chi fossero quelle persone. Le gambe ormai si muovevano da sole, il suo corpo sembrava non appartenergli più, nella testa aveva solo il sorriso di Corbin e gli occhi di quella bambina, colmi di una pace che, dopo quel giorno, avrebbe trovato solo con la morte.Andorin smise di pensare al passato e tornò alla scuola. Al centro del cortile c’era la Statua del Maestro Fondatore. “Dove siete Maestro? Voi avreste trovato le parole per placare i miei ricordi”. Andorin entrò poi nelle sue stanze al pian terreno, passando non per l’ingresso principale, ma per la finestra che teneva sempre aperta.

Nella sua camera, Reed era disteso sul letto con le braccia dietro la testa. Fissava il soffitto e ripensava a quello che aveva detto ad Andorin: sapeva che era cambiato, non era più un paladino, ma il suo odio per la Chiesa era così profondo che a volte immaginava Andorin legare una figura senza volto a un palo, poi appiccare il fuoco, sordo alle suppliche di quel povero condannato. Il passato lo travolse, cominciò a tremare, sentiva il calore di quelle fiamme e l’odore penetrante di carne bruciata.

“Reeeeed, devi portare fuori le capre. Il signor Carty ti aspetta!”. Reed si alzò di soprassalto e sbatté la testa contro il soffitto spiovente “Ahia!”. Di malavoglia si vestì e guardò fuori dalla finestra sgranando gli occhi: “Il sole non è ancora sorto, per le mutande di Avandra!”.Si vestì in fretta. Indossò la sua cintura preferita, piena di tasche dove nascondere le cose e prese il suo pugnale, che aveva barattato con un mercante. Scese le scale e si sedette al tavolo. “Cosa c’è per colazione?”, chiese, conoscendo già la risposta. “Latte e formaggio, Reed come tutte le mattine, rispose il padre. “Non ne posso più di pane, formaggio e latte tutti i santi giorni!”, sbuffò Reed. “Allora avvertici quando diventerai un ricco mercante” rise il padre. “Io non voglio diventare un mercante, io voglio diventare un ladro. Ieri sono riuscito ad aprire la porta del granaio scassinando quel vecchio lucchetto usando solo un legnetto lavorato e un fil di ferro! Sono bravo sai?” disse Reed tutto orgoglioso. Ora il padre non stava più ridendo “Ancora con questa storia Reed! Diventare un ladro non è un sogno, è solo una fantasia infantile! Ormai hai undici anni è ora che capisci come gira il mondo! Diventerai un pastore o un taglialegna, o un formaggiaio. Questo è quello che facciamo qui, il tuo futuro è qui!”, senza accorgersene si era messo a urlare e si era alzato in piedi. Reed arraffò in fretta la colazione e uscì dalla casetta bassa sbattendo la porta. Passò da Carty a prendere il gregge ancora imbronciato e lo portò sulle colline adiacenti al villaggio. Dopo aver slegato Trif, il cane pastore di Carty, Reed si sedette nel suo punto preferito: una roccia piatta da un lato dove poteva

Page 21: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

appoggiarsi comodamente e guardare la Valle Ovest. Fece correre lo sguardo all’orizzonte: vide le cime scoscese dei Colli di Gardbury, il punto dove il Fiume Inverno e Il Fiume Nentir si uniscono, vide la maestosità di Gynestria il Fiore della Magia, vide l’immenso Tumolo dei Colli Grigi, dove gli era severamente proibito andare e in lontananza gli alti edifici di Fallcrest, la capitale, dove risiedeva la famiglia reale. Ammirò la vastità del mondo che si estendeva sotto di lui: così vicina eppure così irraggiungibile. Poi pensò al suo villaggio. Chiamarlo villaggio sarebbe sbagliato: era un insediamento di Halfling, Mezzuomini dotati di resistenza e tenacia. L’agglomerato contava una trentina di edifici che si affacciavano sul Fiume Inverno, appena fuori dalla Foresta Troncodinverno, a Ovest dei Colli Grigi. Gli abitanti erano pochissimi e praticavano l’autosussistenza: erano tutti taglialegna, formaggiai e pastori. I contatti dell’insediamento con il mondo esterno erano minimi: ogni tanto qualche mercante giungeva al villaggio e barattava beni particolari, come cera per le candele o spezie per cucinare con i prodotti locali. Vita ordinaria, dura, sempre al freddo, ma il cibo non mancava e le famiglie erano unite e si volevano bene. Una vita tranquilla, ma a Reed questo non bastava, lui sognava l’avventura, questo posto per lui era una prigione.Reed si girò per controllare le capre, ma sapeva che Trif non le avrebbe lasciate allontanare, era un ottimo cane pastore. Finì la colazione che aveva portato via in fretta e furia da casa sua, e ripensò a quello che aveva detto suo padre: Non è vero. Un giorno me ne andrò da questo villaggio sperduto, gelido, che puzza di capra! Visiterò tutti quei posti e diventerò famoso! pensarci lo rincuorava, ma ci credeva davvero? A volte era determinato e ci credeva, a volte invece pensava che sarebbe morto bevendo latte di cap.Mentre il sole stava tramontando e il pomeriggio volgeva al termine, Reed era ancora appisolato contro la roccia quando sentì una vampata di gelo attraversargli le ossa. Intontito e infreddolito, aprì gli occhi cercando di capire cosa fosse: due occhi scuri lo stavano fissando, si tirò indietro istintivamente e sbatté la testa contro la roccia “Ahia!”. Poi alzò lo sguardo e lo vide: un maestoso lupo dal manto bianco. Era così candido che al confronto la neve sembrava sbiadita e sporca, la coda morbida e delicata, le zampe forti e possenti, il muso allungato e intelligente, con le orecchie all’insù. La creatura emanava un’aura bianca, come un riflesso sul metallo. Reed lo ammirò estasiato e pensò che fosse la cosa più bella che avesse mai visto. Poi si ricordò che era un lupo e ne ebbe un po’ timore, ma non paura. Come poteva una creatura tanto meravigliosa fare del male? Il lupo sorpassò Reed e si diresse verso le pecore. No, dannazione! pensò Reed e si alzò, ma si paralizzò quasi subito: le pecore

Page 22: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

non accennavano a muoversi, nemmeno Trif diede segno di averlo anche solo notato. Il lupo si sedette in mezzo alle pecore, si girò e fissò Reed poi inclinò la testa come divertito dalla sua reazione. Si alzò e proseguì voltandosi. Vuole che io lo segua?, Reed non ci pensò due volte e andò dietro al lupo. La creatura bianca e il ragazzo camminarono per un po’ fino ad una parete rocciosa dei Colli Grigi. Il lupo condusse Reed alla base della roccia, in un punto seminascosto dalla vegetazione, era talmente aggraziato che non faceva alcun rumore, sembrava fatto d’aria. La creatura posò delicatamente la zampa in un punto della roccia e rimase immobile. Reed si avvicinò verso il punto che il lupo stava indicando e notò uno scintillio nella pietra, si avvicinò e guardò meglio, poi sussultò “Non…non può essere!”. Improvvisamente il lupo si voltò corse via, “Aspetta!” urlò Reed, ma l’animale era già scomparso nella Foresta Troncodinverno. Reed indugiò sul punto dove il lupo era scomparso, poi tornò a concentrarsi su quello che aveva indicato l’animale. Si chinò ed estrasse il pugnale: gli tremavano le mani. Grattò via della materia scintillante dalla parete e la mise in una tasca della cintura. Poi cominciò a correre, tornò velocemente dalle pecore e le fece muovere per tornare al villaggio, era così eccitato che continuava a correre avanti e doveva fermarsi ad aspettare il gregge. Arrivò in vista delle abitazioni, illuminate col fumo che usciva dai comignoli. Si diresse verso la fattoria di Carty e lo trovò ad aspettarlo con un cipiglio poco rassicurante dipinto in faccia. “Reed, dannazione è un’ora che ti aspetto! Sei in ritardo!” “il ragazzo lo ascoltava appena: “Scusi signor Carty, non capiterà più” urlò mentre si allontanava, poi schizzò verso casa, correndo come se ne andasse della sua stessa vita.Arrivato a casa, Reed spalancò la porta facendo spaventare i suoi genitori: “Mamma, papà siamo ricchi! Ho trovato dell’oro sulle colline!”. “Buonasera anche a te Reed” disse sua madre indaffarata ai fornelli, senza dare segno di aver sentito quello che aveva detto il figlio. “Non essere sciocco Reed, non c’è oro a nord della Valle Ovest”, si intromise suo padre seccato. Allora Reed si slacciò la cintura e versò il contenuto della tasca sul tavolo: per poco suo padre non cadde dalla sedia per la sorpresa. “Reed… per tutti gli dei, dove diavolo l’hai preso?” era sbiancato. “Una pecora è scappata e mentre la inseguivo mi sono imbattuto nel filone, seminascosto da un cespuglio”. Reed era un sognatore, ma non era affatto uno stupido. Si guardò bene dal parlare del lupo bianco. Tutti sapevano che i lupi bianchi erano estinti, uccisi per la pelliccia, trasformata in abiti o tappeti per i nobili. “Reed, ascoltami bene: è di vitale importanza che tu non parli a nessuno di quest’oro, mi hai capito?”. Il padre aveva afferrato Reed per le spalle e lo stava fissando intensamente. “Si papà ho capito…” Reed non aveva mai visto suo padre così serio. Gli faceva paura. “Ora

Page 23: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

mangia e vai poi vai letto”. Reed fece come gli era stato detto. Una volta salito in camera, stava pensando intensamente all’oro, era più eccitato che mai. Papà vuole tenere l’oro per noi. Diventeremo ricchi e ce andremo da questo posto, pensava soddisfatto e un po’gli dispiaceva per quello che aveva pensato di lui oggi. Si sdraiò sul letto immaginando i posti che lui e la sua famiglia avrebbero visitato, dove sarebbero andati a vivere, magari in un palazzo, o in un castello. Sentiva che la sua vita stava per cambiare. Aveva ragione.Si stava addormentando quando un suono seccò lo riportò alla realtà: qualcuno stava uscendo di casa. Si tirò in piedi, apri la finestra e guardò giù: Perché papà sta uscendo a quest’ora?, si sporse per guardare meglio. Reed vide suo padre impugnare una vanga, scavare una buca poco profonda, chinarsi e lasciarvi cadere della polvere dorata. Reed impallidì: Papà, che diavolo stai facendo? Poi suo padre richiuse il buco e si avviò verso il centro del villaggio. Senza riflettere, Reed si mise i guanti, si calò fuori dalla finestra, afferrò la sommità del tetto spiovente e si lasciò scivolare. Arrivato alla fine del tetto, mollò la presa e atterrò, rotolando per attutire il rumore. Era sempre stato agile, inoltre passava ore ad arrampicarsi sugli alberi. A volte giocava a passare di albero in albero senza toccare terra. Nascondendosi dietro le case, seguì il padre finché non si fermò. Era davanti alla casa di Line, l’anziana del villaggio. Una vecchia signora severa, che prendeva le decisioni importanti e a cui tutti chiedevano consiglio. Suo padre bussò: attese finché non gli venne aperto, poi entrò. Reed fece il giro della casa, arrivato sul retro si mise in posizione favorevole per origliare. “Fay, cosa ti porta qui a quest’ora della sera?, chiese Line, accomodandosi su una vecchia sedia foderata. Fay era in piedi: “ Mio figlio ha trovato un filone d’oro sulle colline del pascolo”. Line si sporse in avanti arricciando le labbra “Hai delle prove?”. Fay le gettò un sacchetto di cuoio. Quando Line ebbe visto il contenuto la sua espressione cambiò in un sorriso. “Magnifico…”. Prese la polvere e la passò tra le dita. “Line, dobbiamo dire a tutto il villaggio di non parlarne con nessuno, dobbiamo nascondere meglio il filone!” L’espressione di Line si fece dura: “Nasconderlo!? Questa e una benedizione di Avandra! Useremo l’oro per prosperare, diventeremo il centro commerciale della Valle Ovest! Basta baratto, basta legna, basta col freddo, questo tesoro ci porterà alla gloria!”, Line sembrava in trance. Fay si stava agitando: “Line, sai bene cosa ci succederebbe se qualcuno sapesse che qui c’è dell’oro. La Chiesa…”. Anche Line era scattata in piedi ora. “Fay! Non una parola di più. Questo è un ordine dell’anziana del villaggio! Se proverai a ostacolare il mio operato ti bandirò a vita dalla comunità con la tua famiglia. Dimentichi che ti ho accolto, pur conoscendo il tuo passato. Così mi ripaghi? Non

Page 24: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

impedirai al villaggio di vivere felice solo per una tua paura infondata! Ora esci”. Fay, livido in volto, si voltò e uscì, lasciando Line a rimirare l’oro con occhi famelici.Accidenti! Devo tornare a casa prima di mio padre, se scopre che sono uscito passerò i guai dell’inferno! pensò Reed. Facendo un giro lungo si avviò verso casa, poi un rumore di legno sbattuto attirò la sua attenzione: si voltò e vide una figura oscura, un’ombra che portava una sacca sulle spalle. La figura aprì la finestra della casa di Line ed entrò. Poi si udì un gemito soffocato. Reed non pensò più a nulla: corse verso casa con tutta la velocità di cui erano capaci le sue piccole gambe. Si arrampicò sul tetto facendo il percorso inverso e tornò nella sua stanza, si tolse le scarpe ed entrò nel letto. Era scosso da tremiti, il battito cardiaco accelerato. Cosa diavolo sta succedendo qui? Cos’è quell’essere? Cosa ha fatto a Line? Un turbine di domande affollava la mente di Reed, ma nessuna risposta giungeva in suo soccorso. Poi la porta della sua stanza si aprì: era suo padre, il viso tirato dalla tensione, ma la voce era ferma: “Reed, raduna le tue cose, domani mattina partiamo, lasciamo il villaggio.”. Reed era confuso: “Cosa? Dove andiamo, e perché questa fretta?”. “Non c’è tempo ora per le risposte, poi non è quello che hai sempre voluto? Ma, stai tremando?”. Reed se ne accorse solo ora: “Ho freddo…”, mentì. “Copriti, poi fai i bagagli e dormi, ci aspetta un lungo viaggio domani”, e suo padre chiuse la porta. Reed prese i suoi pochi vestiti, li avvolse in una coperta e fece un fagotto. Poi prese il pugnale, lo assicurò alla sua cintura e lo mise vicino al fagotto, per non dimenticare nulla. Ecco tutti i suoi averi. Poi si rimise a letto, togliendosi l’unico paio di scarpe che possedeva. Prima di addormentarsi, pensò che ora la sua vita cominciava ad assomigliare alle avventure che si narrano attorno al fuoco, dove eroi affrontano pericoli mortali. Quello che aveva sempre voluto. Allora perché aveva paura?Al mattino fu svegliato dal suono di trombe. “Che diavolo succede, per la barba del Re?”, imprecò aprendo gli occhi. Si alzò a fatica, si mise le scarpe, prese la cintura con dentro il pugnale che non abbandonava mai, e scese. “Mamma, papà, che cosa…”, ma si bloccò quando vide l’espressione dei suoi genitori: erano terrorizzati e stavano fissando qualcosa fuori da una finestra dalla parte opposta rispetto al centro del villaggio. Reed si affacciò e vide qualcosa che non aveva mai visto prima: uomini con trombe aprivano la strada a degli uomini a piedi, armati di lunghe picche. Subito dopo avanzavano dei cavalieri imponenti con armature scintillanti ed elmi luminosi. Portavano spade lunghe, e scudi con uno stemma raffigurante una testa di drago argentato: il simbolo di Bahamut, il Dio Drago della Giustizia. I cavalli erano adornati con bardature blu, e raffiguravano lo stesso simbolo degli scudi. A seguire, un uomo

Page 25: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

cavalcava da solo, la sua armatura era più particolare delle altre, ricca di ricami e finiture. Ma la cosa più straordinaria era l’elmo: lunghe zanne che non lasciavano intravedere il viso, sormontate da corna lunghe e ricurve. La testa di un Drago. Sulla schiena portava la spada più grande che Reed potesse mai immaginare. L’elsa era adornata da fiamme argentate e brillava alla luce del sole mattutino. Per ultimo un carro chiudeva la processione, tirato da quattro cavalli. Era meraviglioso, lungo almeno trenta piedi, in legno dorato. Sui lati erano dipinte scene di combattimenti e battaglie. Sulla sommità, una scultura dettagliatissima di un drago che impugnava uno scudo e una bilancia.L’uomo dall’elmo a forma di testa di drago uscì dal gruppo e si fece avanti. Con voce possente e profonda urlò rivolto ai Mezzuomini che ormai erano usciti tutti dalle loro abitazioni, svegliati dalle trombe.“Ascoltate tutti, Mezzuomini. Sono Sir Roland Callyion, Comandante dell’Ordine della Vera Croce. Siamo in possesso di informazioni secondo le quali in questo insediamento si pratichi il culto di Asmodeus, il Dio Drago dei Nove Inferi. La pratica del culto di Asmodeus è considerata eresia dalla Chiesa. La Santa Sede ha inviato Lord Vardek Bassion, Primo Inquisitore, per investigare. Non tentate la fuga, radunatevi qui e mantenete la calma”.“No… non è possibile! Perchè hanno chiamato il Primo Inquisitore?”, esclamò Fay. “Presto! Reed, Lorna prendete le vostre cose e seguitemi!”. Seguirono Fay fino alla stanza di Reed, salirono le scale. Fay aprì la finestra: “Fate come me”. E fece le stesse identiche mosse che aveva eseguito Reed la sera prima. L’unica differenza è che fu più veloce e quando atterrò non fece alcun rumore. Reed era scioccato: “Papà ma tu...”. “Non c’è tempo Reed, taci e scendi!”. Reed scese e suo padre lo prese: “Lorna tocca a te!”. La donna si lasciò cadere, facendosi però sfuggire un grido. “Chi è stato?”, disse una voce dall’altra parte della casa. Subito giunsero un paio di guardie armate di picche. Istantaneamente Fay estrasse due coltelli dalla camicia e li lanciò. I coltelli si conficcarono nelle gole dei due soldati, che morirono in silenzio. “Presto correte nella foresta!”, disse Fay alla moglie e al figlio. Poi si voltò giusto in tempo per schivare un’enorme lama. Si diede la spinta con le gambe ed eseguendo una rovesciata scagliò in aria un altro coltello verso la gola dello spadaccino. Roland, sollevò la gigantesca arma e vi si nascose dietro parando il coltello. “Non è cambiato: maneggia ancora quella spada come se fosse un bastoncino!”, penso il Mezzuomo. Poi altri cavalieri giunsero, e Fay capii di essere finito, ma doveva almeno mettere in salvo la sua famiglia. Si girò e vide il figlio e la moglie che correvano, inseguiti dai cavalieri: Merda no! Poi un cavaliere afferrò Lorna, rimasta più indietro rispetto a

Page 26: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

Reed. Il ragazzo senti un grido e si girò: “Mamma!”. Poi un sacco di cose successero tutte insieme: il secondo cavaliere afferrò Reed, il ragazzo senti una forte presa sul petto, poi più nulla, la morsa perse istantaneamente la sua forza. Reed cadde da cavallo insieme al cavaliere e lo guardò: il cavaliere non aveva più la testa, al suo posto c’era un mare di sangue che sgorgava. Reed sentì il sapore di bile in bocca, poi vomitò, si sentì afferrare di nuovo, e trascinare nella foresta, cominciò a scalciare a ad urlare in preda al panico, poi una voce calma e rassicurante: “Tranquillo, sono un amico”. Reed si girò e si trovò di fronte ad un uomo altro e snello, col viso celato da un cappuccio scuro. Nello stesso momento Roland afferrò Fay che si era distratto, alla gola con la sua mano enorme, il Mezzuomo sapeva che sarebbe morto: “Reeed! Mi dispiace…ghh ti prego… non odiarmi!” urlo con il poco fiato che gli era rimasto, poi perse i sensi. L’uomo misterioso prese Reed sollevandolo senza sforzo e lo condusse nel profondo della foresta correndo come un fulmine. Reed piangeva, tappandosi le orecchie per non sentire più le urla di sua madre. Quando l’uomo misterioso si fermò, posò delicatamente il ragazzo a terra, raccolse della legna in giro e accese un fuoco con un acciarino, poi si sedette, aprì il suo zaino e tirò fuori del cibo freddo, lo passo a Reed che lo afferrò meccanicamente. “Mangia”, disse l’uomo. “Cosa faranno ai miei genitori?”, chiese Reed con la voce spezzata. L’uomo tacque per un po’ poi parlò: “Tutto il villaggio sarà accusato di eresia. Gli abitanti verranno bruciati vivi sui roghi.”. Reed sentì quelle parole come se fossero attutite da un’enorme massa d’acqua, poi qualcosa in lui si spezzò e impazzi: pianse, urlò, prese a pungi il terreno spellandosi le nocche. L’uomo incappucciato non si mosse di un millimetro e non tentò di fermarlo. Poi quando non ebbe più lacrime da piangere si fermò. “Perché?”, chiese più a se stesso che all’uomo. “Per l’oro. Qualcuno ha trovato l’oro, devono aver ricevuto una soffiata. La Chiesa in questi casi arriva sempre per prima. Con false prove accusano la popolazione e la sterminano usando come scusa l’eresia. L’oro è estremamente raro nelle Due Valli. La Chiesa possiede gli unici due filoni d’oro al momento scoperti, e sono in via d’esaurimento. Non stupisce che abbiano inviato il Primo Inquisitore e il Comandante Roland. “Non troveranno nulla nel villaggio…noi non adoriamo il Dio Drago dei Nove Inferi…” disse Reed, senza staccare gli occhi dal terreno. L’uomo sospirò: “Probabilmente hanno mandato un agente a portare false prove nel villaggio. Reed si ricordò dell’ombra con il sacco. “Non posso stare qui senza fare nulla…disse alzandosi in piedi”. “Cosa credi di poter fare, ragazzo? I tuoi genitori non riuscirebbero ad affrontare il destino che li attende se ti sapessero sul rogo con loro. Impazzirebbero”. Dopo che ebbe finito, nel cielo si levarono urla disperate, selvagge, Reed si voltò e vide alte fiamme che si levavano

Page 27: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

nel cielo. “Hanno già cominciato…”, senti dire all’uomo dietro di lui. Reed corse verso i fuochi: ”Nooo lasciami andare!” , l’uomo lo teneva stretto, poi lo prese e lo avvicinò a se abbracciandolo “Non devi guardare…”, gli sussurrò all’orecchio. Reed si tappava le orecchie urlando per la rabbia e la disperazione, mentre l’uomo lo abbracciava forte. Rimasero così finché non fu finita e anche l’ultimo grido si spense. Poi si misero in marcia abbandonando il luogo del rogo. Reed sentiva l’odore di carne bruciata che gli entrava nelle narici, ebbe un altro conato, ma inspirò e si trattenne. “Chi sei? Come hai fatto ad uccidere una guardia a cavallo senza usare un’arma”. L’uomo si girò: “Mi chiamo Douven Staul, forse hai sentito parlare di me; comunque nessun essere umano può decapitare un cavaliere senza un’arma, io ho usato una semplice spada, può darsi che tu non l’abbia vista”. Reed avrebbe dovuto essere al settimo cielo per essere stato salvato dall’avventuriero più famoso delle Due Valli, ma non riuscì nemmeno a ringraziarlo. “Chi era mio padre?”, chiese Reed all’uomo. “Tuo padre era Fey Less, uno dei più grandi ladri che le Due Valli abbiano mai conosciuto: ha compiuto imprese leggendarie, rubando tesori di inestimabile valore a nobili, alla Chiesa e perfino al Re”. Ora Reed era orgoglioso di suo padre, non perché fosse stato un grande ladro, ma perché era un padre affettuoso e amorevole. Sui fuochi che avevano illuminato quella notte insanguinata aveva giurato di vendicarlo.

Reed mise la testa sotto al cuscino, poi sentì un suono acuto, che interruppe il filo dei ricordi: la campanella della cena. Reed si diede una lavata alla faccia e scese in refettorio, sperando che un po’ di cibo lo avrebbe calmato.“Ragazzicosa diavolo vi è successo?”, chiese Dagor senza alzare lo sguardo dalla sua porzione di fagioli con patate. Reed, Andorin, Ghesh erano seduti al tavolo dei maestri, ognuno di loro mangiava in silenzio, fissando il piatto. Dagor proseguì: “Reed, Andorin, avete fatto un bel casino con quel siparietto oggi. Ora i tuoi studenti Reed, sono ai ferri corti con i tuoi Andorin, poiché li hai definiti ladri. D’altra parte Reed, tu hai interrotto la lezione di Andorin e lo hai provocato deliberatamente. E ora, come se non bastasse, tutta la scuola si chiede quale sia il passato segreto del maestro Andorin. Avete entrambi sbagliato. Domani, Andorin mi aspetto che tu vada a scusarti con Reed e suoi studenti durante la lezione di Furtività. Intesi?”. “Certo, Dagor”, poi l’uomo riprese: “Tu Reed ti scuserai con Andorin per averlo interrotto e per averlo definito un cattivo maestro durante la sua lezione. D’accordo?”. “SI, Dagor” “E nessuno di voi risponderà ad una sola domanda sul passato di Andorin. Le voci si placheranno col tempo. Merda, Douven sarebbe molto deluso da voi: la prima volta che si assenta in 5 anni e subito combinate casini”. I tre sussultarono nel sentire

Page 28: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

chiamare il Maestro per nome, lo facevano ogni volta. Avevano sentito solo Dagor in tutte le Due Valli chiamarlo così. “Bene spero che la faccenda sia risolta. Conosco bene le vostre storie, ma, se la prossima volta vi venisse in mente di fare qualche stronzata, pensate a Douven e a tutto quello che ha fatto per voi” Il Nano e il Mezzuomo erano sprofondati nelle sedie, avevano entrambi un’aria colpevole. Reed fu il primo a parlare: Andorin, scusami. Ti ho offeso, so bene che sei cambiato e che sei una vittima della Chiesa. Io ero là quel giorno e ho visto. Sono agitato per il ritardo del Maestro”. Era sincero, poi parlò il Nano: “Perdonami anche tu Reed. Ho coinvolto anche i tuoi allievi, non siete ladri. Mi scuso”. Dagor si rilassò e sorrise: era vestito con una veste bianca, lunga fino alle caviglie, trattenuta da una vistosa cintura in cuoio bianco. Sulla schiena portava un dragone rosso rampante, simbolo dei Quester. Possedeva dei tratti maschili molto marcati una grossa mascella e un naso pronunciato, in contrasto con i capelli lunghi, biondo sporco, tirati indietro e una carnagione pallida. Tuttavia quello che colpiva di lui erano gli occhi: profondi e neri, come due tunnel senza fine, ti fissavano e ti trafiggevano.Il rispetto che tutta la scuola provava per Dagor era inferiore solo a quello nei confronti del Maestro. Tutti conoscevano Dagor: era semplicemente il mago più potente delle Due Valli. Orfano, venne abbandonato davanti alla torre di Gynestria, l’accademia dei maghi. Nelle giornate di sole, la si poteva vedere anche a trecento leghe di distanze, nitida e sfavillante come le montagne stesse. Lo trovarono dentro ad una cesta, piccolissimo aveva forse un anno di vita. All’interno della cesta col bambino vi era un biglietto, scritto in fretta e con una calligrafia tremolante che recitava: “Dagor. Sa far volare le cose”. Probabilmente era nato in un villaggio di contadini superstiziosi come ce ne sono migliaia, abbandonato dalla famiglia per evitare che lo uccidessero credendolo posseduto da chissà quale demone. I Magister pensavano che fosse impossibile che un bambino così piccolo manifestasse i segni della magia, ma, curiosi lo accolsero comunque. Dagor manifestò molto presto i suoi poteri, facendo volare, libri tappeti, sedie e mobili. I Magister si accorsero subito delle enormi potenzialità del bambino e Dagor crebbe nella torre di Gynestria sotto la guida e l’addestramento dei severi Magister. Si raccontano molte storie sul quel periodo: la leggenda più famosa narra che una volta Dagor, per punizione, dovette rimettere in ordine un’intera sezione della Grande Biblioteca, che, in totale conta più di 3 milioni di libri. Gli ci sarebbero voluti minimo tre mesi. Dagor però, stando alla leggenda, fece levitare tutti i libri della sezione questi andarono a posizionarsi in modo ordinato alfabeticamente. Si racconta che sembrava l’autunno dei libri, libri ovunque: uno spettacolo unico. Un’altra storia narra che durante, il Magister stesse

Page 29: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

spiegando le molteplici applicazioni del fuoco alla magia. Dagor era particolarmente annoiato quel giorno, così diede fuoco alla barba del Magister. Tuttavia come tutte le leggende che si rispettino, cambiano a seconda di chi le racconta, però tutte concordano sul fatto che Dagor fosse uno studente geniale, ma svogliato, indisciplinato e arrogante. I Magister lo tolleravano perché tutto quel potere magico lasciato a se stesso, senza educazione né disciplina, poteva essere un pericolo molto serio. Così pensavano che almeno, finché fosse rimasto a Gynestria, lo potessero controllare. Poco dopo tuttavia, successe qualcosa che fece capire ai Magister che avevano sottovalutato il problema. Ampiamente.Durante una lezione un Magister aveva organizzato un piccolo torneo di battaglie mentali. La magia si basa su due principi abbastanza semplici: il Mana e lo Shir. Il Mana è la riserva di potere magico che risiede in ogni mago, finché c’è il Mana è possibile scagliare incantesimi. Lo Shir invece, è la volontà di fare qualcosa. Un mago deve credere fermamente in quello che fa, poiché la magia sorvola le normali leggi terrene. Se per esempio si volesse scagliare un incantesimo banale come la palla di fuoco, bisognerà impastare il Mana, ovvero estrarne la giusta quantità e prepararla all’uso, poi unirlo allo Shir credendo che quell’energia allo stato puro che è il Mana potesse diventare fuoco. E’ come buttarsi giù da una scogliera e credere di poter volare: puoi anche urlare dicendo che puoi volare, ma la tua mente sa che stai per schiantarti. Ci vogliono almeno dodici anni per sviluppare uno Shir, per questo i maghi devono essere addestrati da piccolissimi. Più è forte è lo Shir, più potente sarà l’incantesimo, a patto di avere abbastanza Mana per scagliarlo: la magia è fatta di questi sottili equilibri, il mago capace conosce bene queste leggi, ma soprattutto conosce bene se stesso.Dagor aveva uno Shir dirompente come un mare in tempesta, e una riserva di Mana mai vista prima. Era il mago più dotato che la storia ricordasse. E lo sapeva.Era la prima volta che il Magister organizzava questi incontri e Dagor era impaziente di vincere. Perché lui avrebbe vinto, lo sapeva. Il Magister tuttavia era preoccupato: conosceva bene i rischi di una battaglia mentale, e sapeva che Dagor era un pericolo per gli altri. Così decise di farlo combattere contro i migliori quattro studenti della sua età, convinto che lo avrebbero impegnato a sufficienza. Dagor era eccitato come mai se lo era ricordato: significava che il Magister lo considerava il migliore. I quattro ragazzi si misero davanti a Dagor e chiusero gli occhi, lui fece lo stesso. I maghi potevano proiettare il proprio Shir all’esterno della mente, rendendo la volontà un’arma reale, tuttavia mantenere lo Shir fuori dalla mente richiedeva un consumo di Mana enorme. Mentre gli Shir si scontravano il Magister era sempre più

Page 30: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

preoccupato, poiché vedeva i quattro allievi tremare, sudare e ansimare sotto i colpi dello Shir di Dagor, il quale era calmo e rilassato, sembrava addormentato. Subito il Magister chiuse gli occhi e proiettò lo Shir fuori dalla mente e uno spettacolo sconvolgente si presentò davanti ai suoi occhi: nello spazio infinito che di solito era grigio, sorgeva, alta e maestosa una testa infuocata di leone, che scatenava un inferno di fiamme dorate. La danza del fuoco più temibile e meravigliosa che il Magister avesse mai visto. Poi l’unico pensiero che lo attraversò fu di portare i suoi studenti fuori da quell’inferno, si guardò intorno e vide le figure un tempo scintillanti di una lontra, un cavallo, una zebra e una volpe: erano a terra, le carni ustionate dalle fiamme, la luce vitale quasi scomparsa. Stavano morendo. Lo Shir del Magister si lanciò verso di loro, ma istantaneamente le fiamme lo circondarono, non poteva più scappare, sentiva caldo, fiamme ovunque, stava soffocando. Sentì una voce lontana, una voce che gli urlava di morire. Si, lui doveva morire, lo capiva, era necessario. Poi la sua coscienza venne scossa da un urlo e vide un enorme orso bianco lanciarsi verso di lui, con una zampata aprì un varco nel muro di fuoco, poi l’orso parlò: “Sganciati!”, il Magister guardò verso gli animali ancora distesi. “Non possiamo più fare nulla! Sbrigati, sganciati o verremo inghiottiti completamente. Non riuscirò a trattenerlo ancora a lungo”. Rassegnato, il Magister aprì gli occhi, facendo rientrare lo Shir ormai libero nella mente.Cadde sul pavimento dell’aula ansimando, portandosi le mani alla gola, inspirò quanta più aria possibile. Il pavimento freddo in pietra fu un sollievo inaspettato: credeva di bruciare. Si guardò attorno: gli altri studenti stavano scuotendo i quattro compagni distesi a terra, urlando parole che il Magister non riuscì a capire, vedeva tutto un po’ sfocato e gli pulsava la testa. Poi una porta sbatté con violenza alle loro spalle; il mago si girò a fatica e vide il Primus Magister in persona irrompere nella stanza, sudato e con i capelli scomposti. Dietro di lui tutti gli altri Magister della torre. Tempestivamente si disposero in cerchio attorno a Dagor, che nel frattempo non si era mosso di un millimetro, e cominciarono ad intonare un incantesimo all’unisono, pronunciando parole incomprensibili. Dopo cinque minuti circa Dagor svenne e venne prelevato dai maghi. I Magister erano esausti, ma si recarono dai quattro studenti ancora stesi a terra. Il Magister che stava tenendo la lezione cercò di alzarsi: “No, rimani qui e tranquillizza agli studenti, poi vai in infermeria. E’ un miracolo che tu sia vivo”, gli sussurrò all’orecchio il Primus Magister, mentre usciva portando un allievo esanime tra le braccia. Il Magister si girò e vide le espressioni degli altri studenti: erano scioccati, le ragazze piangevano sommessamente e i ragazzi parlavano in tono agitato. Il Magister li tranquillizzò, poi disse che la lezione

Page 31: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

era finita e quel giorno non ci sarebbero state altre lezioni. I ragazzi uscirono, sconvolti. Il Magister si accasciò su una sedia. Non poteva credere a quello che aveva appena visto.Dagor si guardava attorno, era in alto. C’era fuoco dappertutto, lui però non sentiva il calore delle fiamme, non sentiva niente. Capì che lui era il fuoco. Dominava uno spazio ardente, la sua coscienza era in ogni fiamma in ogni scintilla di quell’inferno. Vedeva tutto. Le fiamme dorate danzavano, formando figure geometriche complesse e lui le comandava. Che sensazione meravigliosa, si sentiva un dio, un dio in quell’incubo infuocato. Poi si svegliò. Era in un luogo buio e umido, sentiva freddo e non aveva la forza di alzarsi in piedi. Cercò di capire dove fosse e allungò il braccio; sentì qualcosa di freddo: ferro, sbarre. Era in una cella. Poi si ricordò della lezione, della battaglia, il fuoco d’oro…Non era un sogno!“Sei sveglio finalmente”, disse una voce proveniente dall’oscurità. Dagor non riconobbe chi aveva parlato, poi una figura si materializzò dal buio: il Primus Magister! Dagor non lo aveva mai visto di persona. “Signore, perché sono in una cella?”, chiese Dagor più curioso che spaventato. “Una cosa alla volta, Dagor. Ricordi cosa è successo ?”. “Si, io…stavo duellando a lezione, poi…ricordo le fiamme e…”. “Hai ucciso i tuoi compagni”, terminò il Primus, con la voce carica di tristezza. “Hai perso il controllo del tuo Shir”. Dagor, era incredulo. Il Primus gli stava forse facendo uno scherzo? Voleva fargliela pagare per tutti i guai che causava alla torre? Poi come un flash, l’immagine di lui, di lui fuoco che penetrava le volontà dei suoi compagni, come un coltello in una nuvola avanzava attraverso le loro coscienze urlando una sola parola: “Muori!”. La disperazione lo assalì: era un assassino! Aveva ucciso. Volle piangere, urlare, ma non vi riuscì. Lo avevano drogato? “Calmati ragazzo. Ascoltami. Sai che gli Shir quando vengono proiettati fuori dalla mente vanno in quello spazio grigio, tra la mente e la realtà che noi chiamiamo Limbus. Normalmente assumono la forma di un animale, che rispecchia le caratteristiche del mago. Sapevo che il tuo Shir era un leone, ma questo è molto di più. Il tuo nuovo Shir è speciale: è uno Shir Ambientus. Nello studio della magia si è solo ipotizzato dell’esistenza di questi Shir, che sarebbero in grado di mutare la natura stessa del Limbus, e di plasmarla a loro piacimento. Solitamente lo scopo di uno Shi proiettato fuori dal corpo ha lo scopo di prosciugare la riserva di Mana dell’avversario lasciandolo esausto o incosciente, il che in battaglia, di solito equivale a morire, per questo chi ha i maghi migliori è incredibilmente avvantaggiato. Uno Shir Ambientus tuttavia, è la manifestazione di una volontà inimmaginabile, questo vuol dire che ha poteri quasi illimitati, inclusa la volontà di porre fine alla vita”

Page 32: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

“Ma io…volevo solo…che ho fatto?”“Dagor, fammi finire. So bene che non volevi uccidere i tuoi compagni. Non ho idea di come tu possa aver risvegliato uno Shir Ambientus, ma ti sei fatto dominare dalle emozioni, e uno Shir Ambientus schiaccerebbe qualsiasi mago, divorando anche la volontà del proprietario. Cosa pensavi? Di essere migliore degli altri? Volevi per caso umiliarli, dimostrando di essere il mago più dotato a memoria d’uomo? Bene, ora lo sai. E cosa è costato? La morte di quattro ragazzi. Se non fossi intervenuto avresti ucciso anche il tuo maestro. Noi Magister abbiamo compiuto un sigillo sul tuo Shir, una magia antica e pericolosa.”, ora il Primus aveva un tono accusatorio, e Dagor volle coprirsi le orecchie: non riusciva a sopportare che le sue colpe venissero denudate in questa maniera, ma il suo corpo non si muoveva ancora bene; dentro di lui stava piangendo per i suoi compagni, per la sua vita, per quello che era.Il Primus continuò: “Tuttavia questo è un fatto senza precedenti. Ho riunito il Consiglio dei Magister in via eccezionale. Verrai processato per i tuoi omicidi tra tre mesi. Dagor ascoltò le ultime parole come se provenissero dal fondo del mare. “Dagor. Il tuo potere è pericoloso. Non so se possa essere controllato, ma non ti abbandonerò. Userò questi tre mesi per allenarti personalmente nell’uso e nel controllo dello Shir. Dovremo rimettere lo Shir a poco a poco nel tuo corpo tramite il sigillo, e non sarà per niente piacevole. Preparati a soffrire ragazzo. Cominciamo domani”.Questa non è una leggenda, questa è la vera storia del mago che ha risvegliato lo Shir divino, la storia che i giovani maghi si raccontano sotto le coperte, prima di dormire, fantasticando sul loro futuro, prima che la luna illumini Gynestria.Interi annali di magia sono stati smentiti e il mondo della magia è stato scosso nelle fondamenta. Lo Shir Ambientus da allora ossessiona i maghi come mai fece prima.Dopo tre mesi, Dagor si presentò ad un processo a porte chiuse, nessuno seppe mai chi fu il suo accusatore, chi fu presente. Nessuno seppe mai se Dagor fu assolto o no e se riuscì a controllare lo Shir Ambientus. Dopo questi eventi Dagor diventò un mago esemplare: rimase per più di dieci anni a Gynestria, conducendo studi che saranno di importanza vitale per la magia. Tra i più importanti il Liquido Repellente, che in breve divenne uno dei composti più usati nelle Due Valli per case, costruzioni, armature… Scoprì le Dieci Parole del Potere, che gli valsero la consegna del titolo di Ultimus Magister, il mago definitivo. A quel punto, a soli ventidue anni, era il mago più famoso delle Due Valli e avrebbe potuto tranquillamente prendere il comando di Gynestria come Primus Ultimus Magister, sarebbe stato l’anello mancante tra uomo

Page 33: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

e magia, e avrebbe guidato i maghi verso un’era di scoperte e rivoluzioni inimmaginabili.Invece rinunciò a prendere il posto dell’attuale Primus, dicendo che il potere magico e la saggezza sono due cose diverse, e che non sarebbe stato un rettore capace per via del suo carattere. Due settimane dopo partì in compagnia di un uomo conosciuto da poco, un mercenario di nome Douven Staul, anche lui aveva ventidue anni. Questo sconvolse la Gynestria: perché il mago più brillante e capace della storia partiva verso un destino incerto con un uomo appena conosciuto, un mercenario?. Vagarono per le Due Valli, e diventarono presto famosi, almeno Douven divenne famoso, Dagor già lo era. Portarono alla luce tesori perduti, esplorarono le caverne più profonde, scalarono le cime più alte. Raccontarono della Terra-di-La, come veniva chiamato in grande continente, al di la delle Montagne Forgiaurora. Diventarono le guardie del corpo di ricchi mercanti, duchi, conti, sventarono perfino un attentato al Re in persona. Il mondo li considerava più di semplici mercenari, erano qualcosa di nuovo, uomini che dedicavano la loro vita a svelare misteri, a compiere imprese leggendarie, sempre alla ricerca del limite: definibili con una sola parola: avventurieri. Un giorno, al culmine della loro popolarità, si sparse la voce che i due avessero chiesto un’udienza al Re in persona. Douven e Dagor lo avevano salvato un anno prima da un tentativo di omicidio, i cui dettagli erano noti solo a Douven, Dagor, al Re e ai suoi fedelissimi. La faccenda era passata sotto massimo silenzio, ma le voci erano ancora, dopo un anno, più attive che mai. Chi parlava di una setta di fanatici, chi di un sicario, chi di una ribellione, alcuni erano anche convinti che Dagor e Douven avessero loro stessi ordito l’attentato, per poi sventarlo e prendersene il merito. La sola cosa che tutti sapevano era la fine di questa storia. Un giorno come tanti altri, a Fallcrest davanti al palazzo reale, un edificio immenso circondato da ben cinque cinte murarie, ognuna autonoma completamente dalle altre, per resistere anche decenni in caso di assedio, si sentirono delle grida: due uomini stavano gridando davanti al primo portone.“Vogliono uccidere il Re! Fateci entrare!”, urlavano e bussavano, ma le guardie non aprivano. Allora uno di loro appoggiò la mano al portone di legno, alto quattro metri e spesso uno e questo uscì dai cardini, spaccandosi in due. Le due metà volarono a trenta piedi di distanza. I due entrarono e ci fu un allarme generale. Coloro che c’erano raccontano che i due sembravano inarrestabili: il mago era avvolto da una barriera blu e si faceva largo tra i soldati che rimbalzavano contro la sfera come fossero su un cuscino, l’altro invece era così rapido che molti non lo videro, si faceva largo tra le guardie schivando indietreggiando e proseguendo inesorabile, danzando

Page 34: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

a velocità folle in quel mare di lame. I due superarono le oltre cinquecento guardie del castello, oltrepassarono le altre quattro porte, poi sfondarono il portone principale ed entrarono. Il giorno dopo il Re radunò tutta la città nella Grande Piazza d’Armi di fronte al castello, e tenne un discorso su come i due avventurieri l’avessero salvato, mettendo a rischio le loro vite, anche se non disse mai da cosa l’avessero salvato. Poi chiese loro di domandare qualsiasi cosa volessero, i due chiesero se fosse possibile rinviare la richiesta, dato che al momento non c’era nulla che desiderassero. Il Re acconsentì. Douven e Dagor furono le uniche persone delle Due Valli verso cui un Re era mai stato in debito. Almeno fino a quel giorno. Il motivo dell’udienza restò un mistero. Poi incredibilmente, Douven e Dagor si separarono. Dagor andò a nord con alcuni carpentieri, muratori e falegnami del Re, sotto i Colli Grigi, dove il Fiume Inverno si unisce al Nentir, e cominciò a costruire un edificio. Douven invece scomparve, senza lasciare traccia. Molti fecero domande a Dagor che si limitava a rispondere: “Tornerà”. Passarono cinque anni. Dagor aveva trent’anni. Per tutto questo tempo aveva viaggiato tra i Colli Grigi, per la costruzione e Gynestria, per approfondire i suoi studi di magia. L’edificio era ormai pronto, circondato da alte mura, copriva uno spazio vastissimo. Nessuno sapeva a cosa serviva, e le voci su Dagor, la misteriosa costruzione e su Douven, ancora disperso, non smisero mai di riempire le taverne delle Due Valli.

Dagor ripensò a quei tempi, allora avrebbe voluto uccidere Douven, ma che poteva farci?. Lui era fatto così. Avrebbe dovuto aspettarselo. Sperò che non fosse successo di nuovo o questa volta l’avrebbe ammazzato davvero.“Bene quando avete finito possiamo parlare di Douven”, esordì. In cinque minuti tutti avevano già finito e messo a posto. Si sedettero al tavolo, Andorin portò la birra, Reed accese una candela. Ghesh chiuse il refettorio, ormai deserto. La candela illuminava i loro volti. Tutti si aspettavano che fosse Dagor a cominciare e infatti fu così: “Bene prima di tutto cosa sappiamo?”. Ghesh prese la parola per la prima volta in quella sera: “Tre mesi fa il Maestro si è recato a nord-ovest, nei pressi di Winterhaven, dicendo che c’era qualcosa di strano laggiù, voci di un male antico. Alcuni suoi informatori gli avevano riferito che i coboldi erano inquieti, stavano diventando sempre più audaci. Si erano spinti fin quasi nei villaggi per compiere razzie. Winterhaven non è rimasta a guardare e ha contrattaccato, ma i coboldi sono spariti dalla circolazione. Douven disse che è proprio questo che lo ha incuriosito: i coboldi di solito sono creature aggressive e stupide, non si ritirano mai”. Dagor lo guardò pensieroso: “Sono le stesse informazioni che ho io”. “Come è possibile

Page 35: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

Dagor? Come può il Maestro non averti detto di più dopo quello che avete passato assieme?”, chiese Reed, con un tono indignato nella voce. Questo divertì Dagor: “Ti stupirebbe sapere quello che Douven mi tiene nascosto. Comunque non è questo il fulcro del problema: Douven ha sempre fatto così, ma se si è allontanato alla vigilia degli Esami, vuol dire che il problema potrebbe essere reale”. Andorin finì il suo boccale di birra: “Sapete bene cosa ha sempre affascinato, o dovrei dire, con tutto il rispetto, ossessionato il Maestro vero?”, guardò gli altri. “I draghi. I coboldi non erano un tempo servitori fedeli dei draghi prima che si estinsero? E se un drago fosse sopravvissuto e stesse dando ordini ai coboldi? O almeno potrebbe pensarlo il Maestro. Stando a quello che so, questo edificio non aveva nessuno stemma prima che il Maestro tornasse. Sappiamo anche che il Maestro ha scelto come simbolo dei Quester un drago rosso rampante, identico a quello che porta al collo. Dagor, ci hai sempre detto che il Maestro sparì per dieci anni, poi all’improvviso torna, salva Ghesh e porta al collo un medaglione rosso sangue. Non permette a nessuno di toccarlo, di guardarlo per troppo tempo e ovviamente non se lo toglie mai. Di cosa è fatto? Rubino? Esiste un rubino così grande?! Non credo. Dagor, davvero non sai dove il maestro è stato in quei dieci anni? E’ importante per noi saperlo”. Dagor si distese sulla sedia, sbuffando: “Merda…mi sono sentito rivolgere questa domanda così tante volte che mi sento male. Inoltre non so quante volte ve l’ho già raccontato. Il nostro progetto era quello di fondare l’Accademia dei Quester e di costruirla insieme. Quella mattina, eravamo ancora nelle stanze del castello di Fallcrest, ospiti del Re, avevamo appena ottenuto da lui il permesso di fondare l’Accademia. Mi sveglio, busso alla sua camera e non risponde. Busso ancora, non è da lui ignorarmi, quindi butto giù la porta. La finestra era spalancata e lui scomparso, così mi sono messo al lavoro da solo. I progetti per la scuola erano già pronti da tempo, la burocrazia in questo regno è solitamente lunga, soprattutto per la costruzione. Con l’aiuto del Re le carte da riempire si ridussero di molto, il denaro per la costruzione non ci mancava, quindi, con i costruttori gentilmente offerti dal Re, mi sono messo al lavoro”. “Fammi capire Dagor: il Maestro scompare, trovi una finestra spalancata al decimo piano o quel che è di quell’enorme castello...e il tuo primo pensiero è quello di costruire l’Accademia? Perché non lo cercasti? E gli fosse capitato qualcosa?”, chiese Reed con irritazione. “Era il dodicesimo piano, e ho visto fare a Douven cose che non ti immagini. Non mi preoccupava l’altezza, o il fatto che fosse scomparso: ci sono poche cose a questo mondo in grado di uccidere Douven Staul. Riguardo alla tua teoria sui draghi, Andorin: interessante, ma sbagliata poiché i draghi si nutrivano della loro stessa distruzione. Gli antichi scritti parlano di bestie malvagie, portare

Page 36: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

morte e dolore era nella loro natura. I draghi resero schiavi i coboldi, da allora quelle stupide creature pensano di essere dei prescelti per riportare i draghi nel mondo. Dannate bestie, fanatiche e ignoranti: pessima combinazione. I nostri antenati, i Nerath, combatterono i draghi per secoli e alla fine li sconfissero, provocandone l’estinzione. Quella era l’epoca degli eroi, delle battaglie e delle creature leggendarie che ora dimorano solo nei nostri sogni. Se ci fosse un Drago nelle Due Valli non starebbe rintanato in qualche grotta a ingrassare facendosi portare cibo e tesori da una massa di coboldi ignoranti. Se ci fosse un Drago nelle Due Valli sarebbe in volo, a portare l’inferno su questa terra”. “E il medaglione?”, insistette Reed, vedendo che oggi Dagor era più chiacchierone del solito. Il mago si versò della birra, poi ne bevve un lungo sorso, cominciava ad essere stanco delle domande: “Un altro degli innumerevoli misteri che avvolgono la figura di Douven. Ne è sicuramente entrato in possesso nei Dieci Anni di Vuoto, come li chiamano nelle taverne e nelle locande. Quando tornò, bè lo tempestai di domande, mi infuriai con lui, esigevo delle risposte, ma lui si rifiutò sempre di rispondere dicendo cose come: “Non vorresti saperlo”, e altre frasi senza senso. Quegli anni hanno cambiato Douven: è diventato più chiuso in se stesso, più riflessivo, più… non saprei so solo che una volta era sfacciato, arrogante e guardava la morte ridendogli in faccia. Mi ricordo ancora tutte le volte che abbiamo rischiato la vita per causa sua. Ero io quello assennato, che poneva dei limiti, Douven era quello che li superava. No, mi dirà mai nulla di quei dieci anni, nessuno svelerà mai i segreti di Douven Staul”. “Il Maestro non se ne andrebbe mai per altri dieci anni vero?”, chiese Ghesh. “No certo che no, Ghesh. Douven è felice qui, era il nostro sogno quello di aprire una scuola e di crescere giovani ragazzi dotati, a cui però la vita non ha sorriso. Volevamo fare qualcosa di utile e di bello. Tuttavia è strano che sia così in ritardo. Ha detto che sarebbe stato via la massimo dieci giorni e sono già tre mesi. Inoltre, come ho già detto, tra poco ci saranno gli Esami Quester: la sua presenza qui è indispensabile. Sono giunto a una conclusione: voi tre andrete a Winterhaven e scoprirete cosa diavolo è successo a Douven. E’ da dodici anni che non lasciate la scuola, avrete voglia di rivedere il mondo. Io rimarrò qui, serve qualcuno alla scuola. Sospenderemo momentaneamente le lezioni, diremo ai ragazzi che hanno tutto il tempo per prepararsi all’esame e a quelli che non sono sotto esame dirò di prendersi una vacanza. Andate a letto e riposatevi: partirete all’alba”. I tre si alzarono, salutarono Dagor, e si diressero verso le loro stanze.

Haldamir era finalmente faccia a faccia col suo destino. Due mesi fa aveva iniziato la ricerca di quell’uomo, l’uomo con il medaglione rosso. Non ci aveva messo molto a

Page 37: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

scoprire chi fosse, a quanto pare era parecchio famoso. Dopo essere scomparso per dieci anni era riapparso all’improvviso, aveva fondato una scuola per avventurieri, chiamati Quester. A quanto pare era un favore che il Re gli aveva concesso di persona. I Quester erano mercenari d’elite. Non entravi all’Accademia solo perché eri il figlio di un conte, perché eri ricco o avevi conoscenze molto in alto. I Quester erano scelti fin da piccoli per il loro talento. Dopo aver superato prove al limite della sopravvivenza, un addestramento sfiancante e un esame severissimo, venivi ricompensato con la Tessera del Quester: un simbolo del tuo valore, riconosciuto pubblicamente. Chi era riuscito a diventare Quester, aveva accesso ai lavori migliori, a luoghi altrimenti inaccessibili e a una vita votata all’avventura. I Quester erano pochissimi e ovunque andassero erano stimati e rispettati. Tutto questo ad Haldamir non importava, lui sapeva solo che il fondatore di questa scuola possedeva un medaglione rosso sangue a forma di drago. Tutti ne erano a conoscenza ed era un altro dei misteri su cui si speculava la notte, nelle bettole, dopo il lavoro nei campi, davanti a un boccale di birra. Per lui questo era sufficiente. Arrivò in vista delle mura: calcolò circa quattro metri di altezza, lisce e spioventi: non c’era modo di scalarle. Haldamir si fermò, raccolse una pietra da terra e la scagliò contro il portone: nel punto dell’impatto la pietra rimbalzò senza far rumore. Un rivestimento magico. Se c’era un mago sarebbe stato tutto più difficile, dal momento che non poteva superare le mura, si sedette e attese.

Dagor uscì dall’Accademia e si diresse verso la piccola boscaglia che precedeva le mura della scuola: di solito una passeggiata riusciva a calmarlo e a schiarirgli le idee. “Douven, figlio di puttana, dove sei andato stavolta?”. Stava ancora passeggiando quando avvertì una vibrazione nel Mana: qualcosa aveva oltrepassato la barriera sensitiva che aveva eretto attorno alla scuola. Si bloccò e cominciò a riflettere, aveva poco tempo. Non poteva essere un animale, aveva modificato l’incantesimo per rilevare solo un’intrusione di qualcuno che pesasse almeno settantacinque chili. Solo gli orsi potevano pesare così tanto, ma in questa zona non c’erano orsi. Era troppo tardi per i mercanti che rifornivano quasi giornalmente l’Accademia. Un cacciatore? Poteva essere, ma di solito i cacciatori inseguivano le prede che si spostavano lungo il fiume. Perché si sarebbe spinto così nell’entroterra quando nei pressi del fiume c’era così tanta abbondanza di selvaggina? Senza più pensare cominciò a correre verso il punto in cui aveva avvertito l’intrusione: il portone Ovest. Avanzò a passo veloce in quella direzione e arrivò di fronte al portone. L’intruso non avrebbe potuto superare le mura grazie al suo incantesimo Respingente. Le porte delle mura non

Page 38: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

avevano meccanismi, erano state incantate da Dagor in persona e si aprivano solo su suo comando, e così il mago disse loro di aprirsi. Dagor vide la una figura scura seduta fuori dal portone: “Chi sei? Cosa ci fai qui?”, domandò alla figura. Questi si alzò ed entrò nell’Accademia senza rispondere. “Fai un altro passo e verrai considerato una minaccia”, disse Dagor a voce alta. Ma l’altro non rallentò, con rapidità sollevò l’arco che teneva in mano e incoccò una freccia, mirando alla testa di Dagor. Il mago se ne accorse in tempo e sollevò una barriera che fermò la freccia. Nel frattempo la sagoma si mosse con rapidità e leggerezza sorprendenti, portandosi di fronte a Dagor, ma il mago non si scompose: richiamò il Mana e lo trasferì ai piedi. Poi scomparve dalla visuale dell’intruso. “Cosa cerchi qui?”, disse ancora Dagor. L’altro si girò e Dagor era alle sue spalle ad almeno cento metri da lui. “Cerco un uomo che si chiama Douven Staul”, rispose la figura. “Se ti intrufoli qui di notte non è certo perché vuoi chiedergli un autografo, cosa vuoi da lui?”. “Voglio ucciderlo”. Dagor scoppiò a ridere: “Sei per caso un pazzo fanatico? Hai idea di chi stai parlando? Sei un cacciatore di gloria per caso?”. “L’intruso uscì dall’ombra, e Dagor lo vide: era un elfo, almeno alla prima occhiata sembrava un elfo. Alto, snello, portava i capelli lunghi sciolti alla maniera degli elfi, erano di un castano chiaro. Lineamenti aggraziati, quasi femminili, zigomi alti e fronte liscia, e i suoi occhi erano viola, senza iride né pupilla, sembrava cieco. Dagor capì cos’era. Cosa ci faceva qui questa creatura? Il Velo si stava assottigliando di nuovo? Senza pensarci, si mosse velocemente alle spalle della creatura: il Mana nei suoi piedi lo rendeva fulmineo e praticamente invisibile. Appoggiò la mano sulla sua spalla, e la creatura simile a un elfo si accasciò. Dagor lo prese in spalla, superò la piazza dove la statua di Douven si levava alta, illuminata da una pallida luce lunare; si diresse verso l’armeria, aprì il lucchetto della porta con la magia ed entrò, poi depositò l’intruso a terra e lo legò con dei lacci magici. Chiuse la porta, si chinò su di lui poi appoggiò di nuovo la mano sulla sua spalla. La creatura rinvenne. Dagor era più minaccioso e terrificante che mai: “Adesso mi dirai tuto”.

La mattina della partenza il cielo era grigio e nuvoloso. Gli uccelli erano bassi e c’era aria di pioggia. Ghesh e Andorin erano nella sala di accoglienza. Indossavano vestiti pesanti per il Nord, i loro zaini erano pronti. Ghesh era assorto nel lucidare la sua spada, mentre Andorin aveva la testa china affondata nelle mani, intontito per la troppa birra che aveva bevuto la sera prima. A differenza della maggior arte dei Nani, Andorin non reggeva quasi per nulla gli alcolici. “Uhh la mia testa… Ghesh dove diavolo è Reed, dobbiamo partire”. “Sai che ha il sonno pesante. Ti ricordi quella gita

Page 39: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

che facemmo a nord, sui Colli Grigi, anni fa? Cominciò a piovere a dirotto, la pioggia più fitta che riesco a ricordare. Io e te eravamo andati a raccogliere legna per il fuoco. Ricordi che fatica per raccogliere due legnetti, non ci sono quasi albero sui Colli, perché è quasi tutta roccia. Comunque venimmo sorpresi dalla tempesta e dovemmo tornare indietro di corsa. Reed era rimasto per tenere il fuoco vivo, tornammo e lo trovammo addormentato, con l’acqua che lo stava quasi sommergendo. Quella radura rocciosa si riempì quasi istantaneamente, ricevendo l’acqua dalle altre conche. I Colli si trasformarono in un fiume in piena. Abbiamo rischiato grosso quella volta”. “Si, ricordo. Non ho mai visto nessuno dormire così”. “Stavate sparlando di me?”, chiese Reed, entrando nella saletta d’accoglienza. “Si”, rispose Ghesh, sorridendo, “Bene possiamo partire, Dagor ci sta aspettando al portone Ovest”, disse infine il Dragonide, rinfoderando la spada. Uscirono dall’edificio, e si diressero vero i cancelli. “Ma chi diavolo è quello?”, esclamò Reed, che vide per primo qualcuno accanto a Dagor. “Ragazzi!”, urlò il mago agitando la mano e correndo verso di loro. “Dagor chi è quell’elfo?”, chiese Ghesh. “Ieri sera ho sentito una vibrazione nella barriera, quando ho aperto i cancelli, questo elfo mi ha attaccato, cercava Douven, voleva ucciderlo. L’ho neutralizzato, poi ho dovuto interrogarlo. Mi sono introdotto nella sua memoria con la magia. Qualcosa è successo durante i Dieci Anni di Vuoto, qualcosa di terribile. Questo elfo è sicuramente entrato in contatto con Douven, ma i suoi ricordi sono confusi, è stato vittima di un grave trauma. Dovrei condurre esami più approfonditi”. I tre erano sgomenti: “Questo schifoso voleva uccidere il Maestro!? Per tutti gli dei Dagor, tienilo qui, interrogalo, torturalo, scopri chi diavolo è poi ammazzalo”, cominciò a sbraitare Reed, senza controllo. “Reed calmati, merda! Non posso tenerlo sotto controllo come si deve qui, ci sono troppi ragazzi in giro. Questo elfo è furbo, meschino, farebbe qualsiasi cosa per fuggire. Non posso occuparmi di lui, mandare avanti la scuola e stare in guardia verso altre possibili minacce esterne. Inoltre se agissi troppo in profondità o troppo in fretta con la magia nella sua mente potrei provocare danni irreparabili e perderemmo l’unica traccia per scoprire cosa diavolo combinò Douven in quei dieci anni. Ragazzi portatelo con voi. Tenetelo d’occhio. Quando troverete Douven state in guardia, cercherà sicuramente di fare qualcosa, non so cosa è successo, ma ho percepito un odio profondo, coltivato negli anni.”. “Dagor… i suoi occhi…”, chiese Andorin con stupore. “Probabilmente una malattia o una danno subito da qualche magia, non lo so ancora, ma ci vede benissimo, meglio di voi, non fatevi ingannare. Ragazzi questa storia non mi piace, voglio risolverla il prima possibile. Trovate Douven e riportatelo qui insieme a questo elfo. Siete in

Page 40: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

missione ufficiale per l’Accademia dei Quester. Buona fortuna”. “Va bene, lo faremo per il Maestro, ma non ti garantisco che non lo ammezzerò durante il viaggio”, disse Reed, guardando l’elfo in lontananza con disprezzo”. “Non pensarci nemmeno, Reed. Altrimenti te la vedrai con me”, Dagor era serio, la sua minaccia non era a vuoto. “Non preoccuparti Dagor, non ci saranno problemi”, disse Ghesh. “Partiamo e che gli dei siano con noi…”, sospirò Andorin.

ATTO II-COMPAGNI-

interhaven dista dall’Accademia circa 50 miglia, in linea d’aria dall’Accademia dei Quester. Non più di quindici ore di cammino. Il gruppo attraversò il Fiume Inverno e si diresse a sud seguendo il Nentir. Rimasero vicino al fiume, poi si spostarono la Strada del Re, la storica via che attraversa il regno e proseguirono verso Ovest. Attraversarono i colli di Gardbury, così chiamati per via dell’Abbazia

di Gardmore, ormai in rovina, costruita ai tempi dei Nerath. Era una santuario dedicato a Bahamut, e fungeva anche da base per i soldati paladini durante le battaglie contro i Draghi. C’è una leggenda che narra di un glorioso tesoro rubato ai Draghi custodito sotto l’abbazia, ma chiunque abbia visitato le rovine, e sono stati in

Page 41: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

molti, ha trovato solo un mucchio di macerie. I Colli anticipavano il clima invernale rigido del Nord, pertanto presentavano una vegetazione rada e un clima ventoso. Dopo circa sette ore di marcia arrivarono in prossimità dei Colli, e decisero di fermarsi per il pranzo. Uscirono dalla strada e trovarono una piccola zona senza erba. Raccolsero un po’ di legna e accesero un fuoco per cuocere la carne che si erano portati dall’Accademia. Stavano mangiando quando Reed parlò: “Come ti chiami, Elfo?”. “Haldamir”, rispose l’altro. “E perché vuoi uccidere il nostro Maestro, bastardo?”, lo aggredì Reed con il veleno nella voce. “Non sono affari tuoi Mezzuomo”, rispose tranquillamente Haldamir. Reed si stava alzando, ma Ghesh lo trattenne: “Stai calmo. Siediti e continua a mangiare”. “Quando questa storia sarà finita, Elfo, ti ucciderò personalmente”. “Se questo è il tuo desiderio, puoi provarci”, rispose Haldamir. Finirono il pasto e ripresero il cammino. Il vento soffiava con violenza e, scendendo dai Colli Gardbury, si abbatteva sui viaggiatori. I quattro indossarono i mantelli. Dopo circa quattro ore di cammino sentirono il freddo del Nord sulla faccia, lo sentirono penetrare nelle ossa. Winterhaven era vicina. Erano quasi giunti alla fine dei Colli di Gardbury, si cominciavano a notare alberi sparsi lungo la Strada del Re. Era primavera, perciò almeno non avrebbero avuto la neve di cui preoccuparsi. “Da dove cominceremo a cercare il Maestro?”, chiese Reed. “Il Maestro sarà sicuramente stato riconosciuto dagli abitanti di Winterhaven, sapremo subito se ha preso una camera in una locanda”, rispose Ghesh. “E se il Maestro si fosse accampato fuori dalla città? Potrebbe non gradire attenzioni se è venuto qui per compiere una missione delicata”, intervenne Andorin. “E’ una possibilità. In quel caso guarderemo in ogni grotta, in ogni cespuglio e sotto ogni sasso di questa zona finché non lo troveremo”, disse il Dragonide. “Fermi tutti”, intervenne Haldamir. “Perché? Che succede?”, chiese Andorin. L’Elfo indicò gli alberi, oltre la strada: un’ombra stava avanzando sul terreno, e lo stava inghiottendo. L’oscurità stava avanzando verso di loro. “Ragazzi… correte!”, esclamò Reed, e si precipitò dalla parte opposta. Uscirono dalla Strada del Re, la tenebra era alle loro spalle, poi Ghesh inchiodò: “A sinistra!”, urlò. L’ombra era davanti a loro, li stava circondando. Si misero spalla contro spalla formando un cerchio, le armi in pungo, non sapendo da chi difendersi. All’improvviso l’ombra si alzò e coprì tutto quello che aveva intorno: la strada, gli alberi, il cielo. “Ci inghiottirà!”, urlò Andorin. L’oscurità si strinse come un cappio attorno a loro, e alla fine tutto divenne nero. Non quel nero che vedi quando chiudi gli occhi, ma il nero assoluto, il nero allo stato puro. “Per tutti gli dei, ma dove siamo?”, chiese Andorin, più a se stesso che agli altri. “Non ne ho idea, ma cos’era quell’ombra che ci ha

Page 42: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

risucchiato? Siamo ancora nelle Due Valli?”. “Questa è una dimensione creata artificialmente con la magia, anche se non saprei dire di che tipo. Probabilmente in un qualche punto del sentiero siamo incappati una trappola magica, e siamo stati inghiottiti dalla dimensione stessa. Siamo ancora nelle Due Valli, ma non ci siamo”, disse Haldamir. “E tu che diavolo ne sai?”, chiese Reed. “Molto poco Mezzuomo. La mia è solo un’ipotesi”. “E sai anche come uscire da qui?”. “Certamente no. Ora siamo soggetti alle regole di questa dimensione e nessuno di noi conosce la magia, in altre parole siamo in trappola”. Prima che qualcuno potesse dire altro, qualcosa si materializzò in lontananza: una figura illuminata in quel mare di oscurità. “Restiamo uniti, non molliamoci e andiamo a vedere”, disse Ghesh. Si tennero l’un l’altro e, camminando lentamente, si avvicinarono verso quell’immagine. Quando furono abbastanza vicini, videro una scena stranissima: un essere con la pelle di uno strano viola e dalle sembianze umane era sospeso nel buio, a braccia distese e gambe unite, formando una croce. Tuttavia la cosa più strana era che quell’essere era visibile, non era stato avvolto , l’oscurità non lo aveva intaccato, era letteralmente a colori, come se fosse in mezzo a un campo in una giornata di sole d’agosto. “E quello cos’è?”, chiese Reed. Poi la cosa viola precipitò, come liberato dai legami invisibili che lo tenevano sospeso. Ghesh, istintivamente lo prese con le sue possenti braccia. “Ghesh, che fai? Non sappiamo cos’è quella cosa…”, disse Andorin. “Guarda Ando: è magrissimo, si vede perfino lo scheletro. Le sue vesti sono tutte strappate. I polsi e le caviglie sono nere…questo essere era prigioniero. Chissà da quanto tempo era qui”. “Ma cos’è? Ha gli occhi come l’Elfo, senza pupille. Tu Elfo, ne sai qualcosa?, chiese Reed, ma dall’oscurità non giunse nessuna risposta. “Gli servono subito delle cure, è denutrito e probabilmente ha i muscoli atrofizzati: dobbiamo portarlo via da qui”, proseguì Ghesh. Poi lo toccò e l’oscurità cominciò a dissolversi, lentamente si ritirò, lasciando il posto alle Due Valli. “L’oscurità è scomparsa appena l’ho toccato…”, disse Ghesh sollevando la creatura e caricandosela sulle spalle. “Che vuoi fare Ghesh? Non possiamo portarla con noi. Non sappiamo nemmeno cos’è. Inoltre abbiamo già altri casini qui”, disse Reed, ammiccando verso Haldamir. “No Reed, dobbiamo capire quello che è appena successo. Potrebbe essere connesso alla scomparsa del Maestro. Se questa creatura riprenderà conoscenza, potrà dirci cos’era quello ci ha intrappolati, inoltre non possiamo rischiare che succeda di nuovo”. “Forse è meglio portare questa creatura da Dagor e dirgli quello che è successo. Lui lo saprà sicuramente, poi possiamo riprendere la ricerca del Maestro”, suggerì Andorin. “E se gli fosse successo qualcosa? No, porteremo con noi la creatura, aspetteremo che si svegli e le faremo delle domande. Poi decideremo il da farsi. Ora proseguiamo,

Page 43: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

abbiamo perso fin troppo tempo”, disse Ghesh ed era già in cammino. “Questa storia sta prendendo una piega che non mi piace”, disse Andorin. La tranquillità dell’Accademia sembrava più lontana che mai.

Il gruppo viene attaccato dai coboldi sulla strada.

“I Coboldi sono davvero irrequieti. Si sono spinti ad attaccare un gruppo armato. Non una carovana, un convoglio con cibo provviste o merce di valore. Comincio a pensare che qualcuno sia infastidito dalla nostra presenza”, disse Andorin, pulendo l’ascia dal sangue. “Sapevamo di non andare in vacanza. Forza, Winterhaven è vicina, e il nostro amico viola ha bisogno di cure”, disse Ghesh. Un’ora dopo, i Quester, l’Elfo e la creatura arrivarono alle porte della città.

Dopo che la creatura viola si è ripresa, il gruppo le fa delle domande.

“Si sta svegliando!”, disse Reed. “Riesci a sentirmi?”, chiese Ghesh. La creatura aprì gli occhi, poi li richiuse subito, infastidita. “Tiro le tende, forse il sole gli fa male dopo tutto il tempo passato al buio”, disse Andorin. “Chi siete voi?”, chiese la creatura, tenendo ancora gli occhi chiusi. “Siamo un gruppo di viaggiatori che si trovava sulla Strada del Re. Siamo stati inghiottiti dall’oscurità, lì abbiamo trovato te. Io mi chiamo Ghesh”. La creatura volle alzarsi, ma era ancora troppo debole: “Stai giù, hai i muscoli atrofizzati”, disse Ghesh trattenendolo. “Che giorno è oggi, e dove sono?”, chiese la creatura. Il suo timbro di voce era profondo. “E’ il ventisettesimo giorno di Ultimo Seme nell’anno 433. E sei a Winterhaven, a Nord delle Due Valli. Da quanto tempo eri rinchiuso lì dentro, in quel… sigillo, come l’hai chiamato?”, chiese Andorin. “Da due secoli”, rispose la creatura. “Questo non è possibile. Saresti morto di fame, di sete, di vecchiaia! Dicci la verità dannazione!”, si intromise Reed, scaldandosi. “Alcuni tipi di sigilli non si limitano a bloccare il sigillato, ma hanno regole proprie, a seconda del potere di chi li ha lanciati, che influenzano chi vi è dentro. Io potevo sentire la fame, potevo sentire la sete, ma non sarei morto. E’ stato qualcosa di indescrivibile…”. Poi la creatura tacque. “Chi sei? Cosa sei”, sussurrò Ghesh. “Sono un Deva, mi chiamo Ronen”. “Cos’è un Deva? Da dove diavolo vieni?, chiese Reed sempre più confuso. “Lasciate che vi racconti tutto dall’inizio, i miei ricordi sono un po’ confusi… credo di aver passato gli ultimi vent’anni privo di conoscenza…”. Gli altri si sedettero. Ronen, prese un respiro e cominciò a parlare, debolmente: “C’è qualcosa che voi Mortali non sapete: non siete

Page 44: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

soli. Siete parte di un complesso sistema di Piani Dimensionali noto come Multiverso. So che non è facile da spiegare ma cercate di seguirmi: all’inizio della Storia c’erano due Distese Infinite: il Mare Astrale, e il Caos Elementale che si estendevano all’infinito. Poi queste due Distese si scontrarono e nacquero i Piani Dimensionali, che ancora oggi esistono. Da allora esiste il Multiverso e le due Distese vennero chiamate Piani Fondamentali. All’interno dei Piani Fondamentali, vi sono i Domini e i Reami: realtà a sé stanti situati nel Mare Astrale o nel Caos Dimensionale. Alcuni di questi Piani sono vasti come un mondo, altri raggiungono solo la grandezza di una città. Poi c’è il Mondo Mortale, ovvero questo luogo, dove vivono tutte le creature mortali. questo mondo separa il Caos Elementale e il Mare Astrale. Nessuno sa come sia possibile che il Mondo Mortale separi due luoghi che si estendono all’infinito, poiché in teoria se si estendono all’infinito, dovrebbero toccarsi, come successe all’inizio di tutto. Questo viene chiamato Paradosso Dimensionale: è cioè impossibile dimostrare che sia così, ma nessuno in miliardi di anni ha ancora trovato un modo per collegarli direttamente. Tuttavia potrebbe essere ipoteticamente possibile un collegamento visto che sono luoghi infiniti. In conclusione finché non si dimostra il contrario i due Piani Fondamentali risultano ancora “separati” anche se infiniti. Quello che invece è certo, è la presenza di due Piani Paralleli rispetto al Mondo Mortale.Prestate molta attenzione ora: immaginate tre piatti. Voi, le vostre terre e le vostre città, le montagne, i fiumi e le foreste, tutto quello che c’è intorno a voi sono sul piatto centrale. Sul piatto sopra di voi c’è la Selva Fatata un Piano Parallelo e sotto di voi, nell’ultimo piatto si trova la Coltre Oscura, il secondo Piano Parallelo : queste sono due copie, due echi del vostro mondo. Questi due Piani sono unici nel loro genere. Laddove nel Mondo Mortale si trovano mari e montagne, anche su questi piani si trovano mari e montagne analoghe. Tuttavia non si tratta di copie perfette. Una grande città qui nel Mondo Mortale potrebbe corrispondere a una foresta nella Selva Fatata, oppure a un complesso di rovine distrutte nella Coltre Oscura. L’ipotesi più accreditata è quella che la Selva Fatata rappresenti il mondo com’era all’origine: vegetazione lussureggiante e incontaminata. Mentre la Coltre Oscura mostri come sarà il mondo verso la fine dei suoi giorni: un dominio di rovine e distruzione, dove i vivi e i morti vivono assieme gli ultimi secoli del Multiverso. Ora vi starete chiedendo come è possibile che questi Piani Paralleli entrano in contatto con il vostro mondo. Esiste un fenomeno unico che accomuna i Piani Paralleli: il Velo. Il Velo è uno strato di una materia cosmica sconosciuta che separa i Piani Paralleli dal Mondo Mortale. Senza il Velo, le tre dimensioni si sovrapporrebbero, creando una serie di Paradossi

Page 45: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

Dimensionali e distruggendosi a vicenda. A volte, in alcuni punti del Mondo Mortale, il Velo diventa più sottile, consentendo a chi si trova in quel punto di attraversare la dimensione, giungendo, a volte senza nemmeno rendersene conto, nel Piano Parallelo. Questa è a grandi linee, la struttura del Multiverso in cui viviamo. Per quanto mi riguarda, appartengo alla razza dei Deva. Sono nato nel Mare Astrale, a Celestia, la Patria dei Ricordi e sono la reincarnazione di migliaia di esseri che hanno votato la loro vita alla causa del bene. Noi Deva siamo tuttavia esseri unici e con caratteristiche individuali, come voi mortali, ma a volte, se siamo stimolati da una parola, un pensiero, un odore, siamo in grado di recuperare qualcosa dalle nostre vite precedenti: echi, emozioni fugaci e sensazioni. Un Deva può vivere anche migliaia di anni e, quando muore, la sua coscienza torna a Celestia, e tutte le sue esperienze e ricordi si uniscono a quelli già esistenti, per andare a creare una nuova vita. Noi siamo una razza particolare che rinasce da noi stessi. Siamo anche conosciuti come i Ricordanti. Io ero un Viandante Dimensionale, un’autorità errante che aveva il compito di vegliare sull’equilibrio dei Piani. Il sigillo ha tuttavia cancellato la maggior parte dei ricordi e inibito molte delle mie abilità. Non mi ricordo della mia città, delle persone che ho incontrato. Chi ha lanciato quel sigillo ha dato disposizioni ben precise: probabilmente tutto il tempo che ho passato lì dentro è servito al sigillo per vagliare i miei ricordi e cancellare quelli desiderati. Le mie conoscenze sono ora molto limitate. E ricordo molto poco della mia vita prima del sigillo: avvertii una Vibrazione Interplanare nell’Abisso. Queste Vibrazioni possono essere il segno imminente di una possibile collisione tra due Piani, oppure la nascita di qualcos’altro, qualcosa di così potente da sconvolgere l’equilibrio dei Piani. Comunque nulla di buono. L’Abisso è il Piano più malvagio e corrotto del Caos Dimensionale, l’anomalia proveniva dal Regno di Thanatos, il Ventre della Morte. Dopo aver esplorato per molto tempo sono giunto nel luogo dove la presenza dell’anomalia era più penetrante: non riesco a ricordare il nome… ricordo solo che c’erano ossa ovunque… un immenso mare di ossa dove la puzza di morte stessa era come ossigeno. Giunto sul luogo sentii un’altra presenza, non di tipo dimensionale, ma la proiezione reale di furia omicida. Mi voltai e su una montagna d’ossa svettava un Rakasha: un orribile essere, con il volto da tigre e il corpo da uomo. Noi Deva siamo creature buone per nascita, tuttavia a volte alcuni di noi si smarriscono sulla via del male. Quando ciò accade ci tramutiamo in Rakasha. E’ la cosa che più ci spaventa in assoluto, poiché un Raksha è puro odio. Io e Il Rakasha combattemmo per giorni sul mare d’ossa, la lotta fu cruenta e sanguinosa, mai il mare d’ossa era stato testimone di un duello così magnifico e terribile allo stesso tempo. Stavo infine

Page 46: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

per sconfiggere il Rakasha, egli era disteso ai miei piedi, il volto deformato dalla paura, ero pronto a finirlo, quando il terrore sulla faccia della bestia si tramutò in un sorriso beffardo…poi tutto svanì nell’oscurità. Quando rinvenni era ancora buio pensai di aver perso la vista, cercai di muovermi, ma qualcosa mi tratteneva, capii immediatamente cosa: un sigillo! Provai molti contro-incantesimi, prima di arrendermi, ormai conscio del fatto che non avrei mai potuto spezzare quel sigillo nemmeno se fossi stato a piena energia. Colui che mi aveva sigillato doveva essere dotato di una potenza inimmaginabile. Come è possibile che non abbia notato la sua presenza durate lo scontro con il Rakasha? Passai due secoli nel sigillo ,mentre le mie conoscenza e la mia memoria svanivano rimase solo il ricordo della bestia e del suo sorriso. Ormai ero perduto, senza speranza, sigillato in una dimensione irreale, che mi divorava lentamente. E nelle infinità del sigillo attesi. Fino a oggi”.

“Per tutti i diavoli dell’inferno...”, sussurrò Reed, accasciandosi ancora di più sulla sedia, aveva gli occhi fissi sul terreno. Gli altri non parlavano, ma le loro facce esprimevano tutto: lo sgomento di essere parte di qualcosa di immenso e fuori dalla loro comprensione. “Perché nessuno sa nulla di ciò che ci circonda? Se come dici a volte il Velo può assottigliarsi, allora qualcosa dalle altre dimensioni potrebbe essere arrivato qui…”, disse Andorin. “Infatti succede. Qualcuno in questo mondo deve sapere per forza qualcosa, per nascondere le tracce delle cose che giungono dagli altri Piani. Tuttavia è la prima volta che visito il Mondo Mortale, non conosco usi e costumi di questo posto”, disse il Deva. “Ronen, quando siamo stati risucchiati dal sigillo, sei comparso ai nostri occhi, dal buio è emersa la tua figura. Quando ci siamo avvicinati, sei… caduto, per così dire. Quando ti ho toccato l’oscurità si è dissolta. Significa qualcosa per te?”. “Mi viene in mente un solo motivo: chi mi ha sigillato ha voluto che voi mi salvaste. Probabilmente l’ordine del sigillo era quello di non rilasciarvi finché non mi aveste toccato. A quanto pare il nostro incontro è stato deciso secoli fa”, disse il Deva. “Questa rivelazione scosse ancora di più Reed: “Come è possibile, noi non siamo nessuno! Cosa c’entriamo noi con i Piani, i sigilli e tutte le altre cose di cui hai parlato?”, chiese, ormai senza più controllo. “Calmati. Non so rispondere alla tua domanda. Tuttavia ora il mio obbiettivo è uno solo: scoprire cosa mi ha sigillato e capire il perché. Ho perso i miei poteri, non riesco più ad avvertire le Vibrazioni Interplanari. Di conseguenza non so più dove sono i Portali, non so più dove il Velo si assottiglia. In poche parole non posso al momento fare nulla al riguardo. Stando con voi potrei scoprire chi e cosa mi ha imprigionato e capire l’origine di quella anomalia, sempre che esista ancora. Fatemi venire con voi, vi

Page 47: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

prego. So che non ho il diritto di chiedervelo dato che sono in debito con voi, ma voglio farlo lo stesso”. “Cosa facciamo?”, chiese Andorin. “Se come dice qualcuno ci ha manipolato per farci incontrare quell’essere, stare con lui potrebbe essere come andare tra le braccia della morte”. “Anche se così fosse, di certo questo non lo farà desistere. Inoltre sembra essere bene informato. Se succedesse di nuovo qualcosa come faremmo? Se ora siamo invischiati in questa storia non possiamo farci nulla, ma possiamo limitarne i danni. Quando avremo trovato il Maestro lo lasceremo andare per la sua strada. Nel frattempo non possiamo lasciarlo qui, il rischio che capiti qualcos’altro è troppo alto. Ne va della vita del Maestro”., obbiettò Ghesh. “Va bene, ma se fosse una spia, o un traditore? Ci ha raccontato quello che ha voluto. Non possiamo sapere se è la verità”, insistette Reed. “Merda Reed, hai visto com’era conciato in quel posto, come può essere una spia?! Spia di chi poi? Lui ci serve, non so perché ma sento che dobbiamo stare con lui”, disse Ghesh. “Va bene Ghesh. Lo terremo con noi, ma sappi che io non sono d’accordo.”, si arrese Reed. “E l’Elfo che ne pensa?”, chiese Andorin. “Chi se ne importa di quello che pensa lui!”, disse Reed, un po’ troppo ad alta voce. “Fate come vi pare”, fu la risposta di Haldamir.“Bene. Ronen, puoi rimanere con noi per adesso”, gli disse il Dragonide. “Vi ringrazio molto”, disse il Ronen, senza sorridere, inchinando leggermente il capo. Poi tornò a stendersi e riacquistò la sua immobilità quasi totale. “Tuttavia dovrai seguirci nella nostra missione”, puntualizzo Andorin. Poi gli spiegarono come era organizzato il regno delle Due Valli, parlarono delle città, dei loro popoli, del Re. Gli spiegarono dell’Accademia e raccontarono della sparizione del Maestro. “Dovrai aiutarci a trovare il Maestro, Ronen”, concluse il Dragonide. “Nessun problema. Sarò felice di ripagare il mio debito”, rispose il Deva. “Bene ora che abbiamo chiarito tutto, noi tre andremo a vedere cosa ha da offrire questa città, e faremo qualche domanda in giro. Torneremo qui stasera, per cena, e faremo il punto della situazione”. Reed, Ghesh e Andorin uscirono dalla stanza, lasciando Haldamir e Ronen da soli. Quando furono usciti Ronen si rivolse ad Haldamir: “Quando hai intenzione di dirglielo?”. “Taci Deva. Una parola e ti pianto una freccia in gola”.

I tre esplorano la città e parlano con i PNG. 1) Vengono a sapere che il Maestro potrebbe essere andato nel luogo che chiamano

la Tomba del Drago, dove si racconta che durante la Grande Guerra, i Nerath abbatterono un Drago. Il suo peso e le sue dimensioni scavarono un solco enorme, ma il Drago era ancora vivo e venne imprigionato e torturato per anni.

Page 48: 157528492 ouroboros-incipit-avventura-d-d

Troveranno lì Agrid, uno Gnomo al servizio di Kalarel. Se interrogato li condurrà alla Fortezza.

2) Ricevono da Lord Pedraig il compito di eliminare la minaccia dei Coboldi. Dentediferro, il capo dei Goblin, se interrogato non rivelerà nulla. Se torturato indirizzerà verso la Fortezza del Nord, se lo uccidono, troveranno nel forziere un biglietto di kalarel “La mia spia dice di…. Bla bla bla. Tra pochi giorni il Velo cederà e il portale sarà di nuovo utilizzabile e potremmo mandarlo da lui.

3) Ricevono da Valthrun informazioni e il compito di portargli una mappa della Fortezza del Nord.