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agine con uno scatto fotografico è qualcosa alla portata di tutti: in tasca di ognuno di noi orm
ai c’è un apparec-chio capace di fotografare, registrare, inviare im
magini anche a di-
stanza. È difficile oggi che non ci sia una uscita, un campo, una im
-presa senza una docum
entazione fotografica, e tutto grazie ai rapidi progressi che ha fatto la fotografia in questi ultim
i anni, da quando è stata digitalizzata.In questo piccolo articolo proverem
o a ripercorrere in grandi linee le tappe che hanno portato a questa diffusione così capillare della fotografia (dal greco photos - luce + graphia - disegno).La preistoria. La fotografia si basa sul principio della cam
era oscura, un dispositivo ottico conosciuto già nell’antichità con A
ristotele, e poi approfondito da studiosi arabi nell’XI secolo: una scatola chiusa in cui la luce entrando attraverso un piccolo foro (detto foro ste-nopeico) proietta l’im
magine esterna
sulla faccia opposta al foro. Questo
principio fu utilizzato da disegnatori e artisti per riprodurre la realtà, con di-segni e incisioni, m
a non era possibi-le fissare l’im
magine e portarla fuori
della camera.
LA PRIM
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FIA. È solo nella m
età del XIX secolo che alcu-ni scienziati francesi studiarono il m
odo di fissare l’imm
agine. Nel
1826 Joseph Niépce fissò su una lastra di stagno, trattata con del
bitume di G
iudea, un elemento che indurisce e sbianca alla presenza
della luce, la vista dalla finestra della sua casa: era la prim
a foto-grafia! È una im
magine sfocata
e sgranata, una di quelle foto che noi oggi elim
ineremm
o su-bito; eppure fu la prim
a imm
a-gine a rim
anere impressa su un
supporto, anche se non ancora riproducibile.
Due ragazzi (m
olto bravi in recitazione e tecniche espressive) sono stati colti anche qui durante le prove. è la loro espressione a foca-lizzare l’attenzione dell’osservatore.
Nonostante la m
essa a fuoco non ottimale,
questo scatto può essere utilizzabile e inte-ressante sia per l’espressione della G
uida, sia per la particolare inquadratura, con la linea del bastone che guida lo sguardo e il contra-sto di colore tra
il bianco della felpa e il ver-de dei pupazzi.
RITRATTIIl ritratto è un tem
a fotografico mol-
to interessante, focalizzato principal-m
ente sulle espressioni dei soggetti ritratti. D
a tener presente, sempre, la
necessità di uno stacco deciso dallo sfondo, in modo da valorizzare il volto e
l’eliminazione (anche dopo lo scatto, con il procedim
ento di taglio della foto) degli elem
enti di disturbo.
Qui è lo sguardo delle G
uide ritratte, con la concentrazione e l’attenzione rivolte allo scherm
o di un notebook che si intravede nell’angolo inferiore della foto.
Anche in questo caso lo sguardo attento
dell’Esploratore focalizza
subito l’attenzione
sul volto.
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agine che catturava l’obiettivo; nel 1935 lo statunitense Frank Back inventò lo zoom
, un obiettivo unico telescopico, che permette
di mettere a fuoco soggetti a distanze diverse. Il colore invece
fa capolino nel 1936, sempre con la Kodak
che inventò una pellicola con gelatine capaci di catturare i colori; lo sviluppo e la stam
pa a colori rim
asero però difficili fino agli anni ’60 quando centri di stam
pa si diffusero su tutto il territorio nazionale.N
on è da dimenticare un’altra invenzio-
ne che permise di produrre apparecchi
capaci di stampare le foto im
mediatam
ente, senza aspettare di m
andare il rullino ad un centro specializzato: era il 1947 e con la Polaroid nasceva la foto istantanea.
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E. L’ultima rivoluzione nel m
ondo della fotografia si com
pie con l’avvento dell’elettronica: l’imm
agine non è più catturata da una pellicola m
a da un sensore che è capace di trasform
arla in un segnale elettrico di tipo analogico e di m
emorizzar-
la. È ancora alla Kodak che viene prodotto il prim
o prototipo: era il 1975 quando lo statunitense Steven Sasson m
emorizzò su
un nastro digitale l’imm
agine in bianco e nero di un suo assistente, una im
magine
con risoluzione di 0,01 Megapixel, scatta-
ta con un prototipo pesante 3,6 chili. D
a allora prese sempre
più piede la ricerca in questo cam
po e nel giro di pochi decenni il digita-le ha superato la pellico-la, fino addirittura a farla praticam
ente scompari-
re. E questa è storia dei nostri giorni.
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Fotografare gli Scout è allo stesso tempo facile e m
olto difficile. Facile perché l’uniform
e, le attività, la natura in cui spesso si lavora, sono tutti elementi che
in una fotografia fanno sorridere, catturano l’attenzione, sono evocativi. Mol-
to difficile perché le attività si svolgono in condizioni di luce particolari (sotto l’om
bra delle piante, al sole forte e contrastato delle ore centrali della gior-nata), con m
ovimenti im
prevedibili dei soggetti umani, con giochi veloci, con
persone che, quando si rendono conto di essere fotografate, si mettono im
-m
ediatamente in posa (e qualche volta anche in m
odo che, per quanto sem-
bri divertente, non è per nulla fotogenico). Quindi è buona cosa partire con
le idee chiare, soprattutto se vogliamo che le nostre foto abbiano un utilizzo
più ampio che non la visione nel nostro ristretto gruppo di am
ici. Proveremo
a vedere quindi con qualche esempio com
e evitare i trabocchetti più insidiosi e rendere le nostre im
magini degne di ricordo e, m
agari, di pubblicazione su Avventura. Le foto che presentiam
o, per aiutarci a trovare qualche suggeri-m
ento, sono state scattate ai Guidoncini Verdi dell’Em
ilia-Romagna del 2012.
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egli eventi con grandi numeri la
difficoltà maggiore è riprendere
tutto; molto spesso non è possi-
bile farlo semplicem
ente per la disposizione am
bientale. In questa foto non si è in grado di sapere a quale evento si riferi-sce, non ci sono punti di riferim
ento, solo un cerchio di Scout. Cercate quindi, in questi casi, di inserire nell’inquadratura qualche riferim
ento all’evento (il sim
bolo dell’evento, un cartellone di indicazione ecc.) Se possibile, allontana-tevi e cercate di inquadrare tutta la scena, m
agari, se possibile anche dall’alto. N
el caso si può utilizzare la tecnica della panoramica, cioè scattare una serie
di foto diverse da incollare poi insieme con un program
ma di fotoritocco.
Anche
qui la
connotazione dell’evento è difficile da riconosce-re, m
a la foto è utilizzabile generi-cam
ente per rappresentare un cer-chio di Scout: l’uniform
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116 un gruppo di persone, un pae-saggio, una costruzione al cam
-po, una roccia, dei fiori ognuno di questi elem
enti, se vogliamo
che la fotografia sia di buona qualità, deve essere valorizza-to. A
nche la motivazione per
cui si fa una fotografia influenza le scelte di com
posizione, se vo-gliam
o una foto ricordo o la testimonianza di un evento saranno le
persone al centro dell’attenzione, mentre se si vuole docum
entare una costruzione che è stata il com
pimento di una im
presa saranno i particolari costruttivi a essere im
portanti. Bene, il soggetto della fotografia deve quindi avere la capacità di attrarre l’attenzione di chi la guarda: per facilitare questo com
pito ci viene in aiuto la cosiddetta regola dei terzi, per la quale, dividendo la foto con quattro linee im
maginarie paralle-
le ai bordi (due verticali e due orizzontali), i quattro punti in cui le linee si intersecano saranno quelli su cui è indicato inserire il soggetto principale.A
ltri piccoli trucchi per comporre al m
eglio sono quelli di porre il soggetto alla fine di linee geom
etriche, oppure di usare dia-fram
mi aperti per far risaltare il soggetto
rispetto allo sfondo, o utilizzare stacchi crom
atici. Una volta realizzato lo scatto si
può anche intervenire eliminando parti di foto non interessanti, con
il procedimento che si chiam
a taglio della foto (o crop, usando il ter-m
ine inglese). Con i tagli si possono ottenere belle foto anche con form
ati differenti
rispetto alle proporzioni tradizionali (4:3), con strisce orizzontali/verticali più strette o con il form
ato quadrato. Buona luce!
Il f
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aPoiché la fotografia digitale è nata solo recentem
ente (una quarantina di anni fa), m
olti riferimenti tecnici di questa arte si rifanno ancora al precedente si-
stema che è durato quasi un paio di secoli. Uno di questi è il form
ato della pellicola (il cosiddetto rullino), che si inseriva nella m
acchina fotografica e cat-turava l’im
magine; da questo si ricavava il negativo che poi veniva stam
pato in positivo sulla carta (questa ultim
a parte del procedimento si usa ancora).
Il formato delle m
acchine fotografiche era diventato uno standard e corri-spondeva a 35 m
m (o 135), cioè l’obiettivo catturava e convergeva la luce in
una superficie rettangolare sulla pellicola di dimensioni pari a un rettangolo
di 36x24 mm
.Costruire oggi dei sensori per fotocam
ere digitali che corrispondono a quello standard, che in tal caso prendono il nom
e di fullframe, è ancora pa-
recchio costoso.O
ttimi apparecchi, anche sem
iprofessionali, fanno invece uso di form
ati di sensore differenti: i due più diffusi tra le reflex più note hanno la sigla APS-H o APS-C, rispettiva-
mente di dim
ensioni 28,7x19 mm
e 23,6x15,7 mm
. Ma ce
ne sono anche altri più piccoli (per esem
pio per le fotocamere com
-patte o per gli sm
artphone).Evidentem
ente se si monta un obiettivo per
apparecchi formato 35 m
m su una fo-
tocamera APS-C, la superficie lum
ino-sa catturata dall’obiettivo è m
aggiore di quella registrata dal sensore, quindi la foto salvata sulla scheda di m
emoria
è come se fosse “ritagliata” (pensando
sempre allo standard 35 m
m); o da un
altro punto di vista, leggermente ingran-
dita. Questo fattore di ingrandim
ento si chiam
a fattore di CROP e per l’APS-C per
esempio, corrisponde a 1,5.
RISOLUZIO
NE E Q
UALITÀ DELLE IMM
AGINI DIGITALI
La qualità dell’imm
agine è un parametro che dipende dal num
ero di pixel (pi-xel è la contrazione delle parole inglesi picture elem
ent) contenuti all’interno della superficie del sensore digitale. Im
maginiam
o di scomporre la superficie
Mauro Bonom
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vuol dire che il diaframm
a è molto aperto, m
entre se siamo a f/22
vuol dire che è molto chiuso.
Gli obiettivi possono essere di tre tipi e si distinguono per la lunghez-
za focale, ovvero lo spazio che è compreso tra la lente e il piano foca-
le. Un obiettivo norm
ale ha una lunghezza focale di 50 mm
. Quando
la lunghezza è minore di 50 m
m si parla di obiettivi grandangolari, se
è maggiore di teleobiettivi (o zoom
).U
na macchina fotografica può decidere anche per quanto tem
po la luce può entrare nel corpo grazie all’otturatore (figura), che è una sorta di saracinesca posta davanti alla pellicola. Q
uando si preme il
pulsante di scatto, la prima delle due tendine
scorre, fino a scoprire completam
ente il foto-gram
ma da im
pressionare; la seconda tendina, in base al tem
po impostato, insegue la prim
a fino a coprire interam
ente il fotogramm
a. Più decido di tenere aperta la tendina e più luce entrerà: è per questo che per fotografare in notturna è generalm
ente consigliato un ca-valletto,
perché bisogna
tenere l’otturatore
aperto di più, e quindi la macchina fotografica
dev’essere imm
obile, altrimenti la foto risulterà m
ossa. Una reflex
può scattare anche 1/1000 di secondo così come può tenere aperto
l’otturatore per interi secondi o minuti.
Il vero artefice dei tempi e della corretta esposizione è però l’esposi-
metro, ovvero un m
eccanismo interno che legge e interpreta la luce
e consiglia l’impostazione dei giusti criteri di esposizione.
C’è un ultimo dettaglio che può aiutare nella scelta delle im
postazio-ni corrette e della lum
inosità della foto finale: il valore ISO (A
SA, per
le pellicole) ovvero la sensibilità alla luce, che rappresenta il mezzo
con il quale noi comunichiam
o con l’esposimetro: più gli ISO
e gli ASA
sono alti, più la pellicola può riprodurre im
magini più o m
eno scure. Aum
entando la sensibilità si può fotografare in condizioni di minore
luminosità, il che fa m
olto comodo m
a con un effetto collaterale: l’im
magine risulterà più sgranata.
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ella
fo
rtu
na
Praticamente im
possibile non avere sempre con sé un qualche tipo di foto-
camera, nel cellulare, nel lettore m
ultimediale, com
patta o reflex: il mondo è
sempre pronto per farsi catturare; l’abilità del fotografo deve essere quella di
rendere secolare una istantanea.O
ggi ormai tutti gli apparecchi fotografici hanno la funzione Auto,
cioè lasciando la fotocamera in questa posizione ci si preoc-
cupa solo di inquadrare la scena poi è sufficiente premere
il pulsante di scatto e il gioco è fatto. Se volessimo però es-
sere dei veri artisti, lanciati verso la conquista della Spe-cialità di Fotografo o del Brevetto di Anim
azione espressi-va, dovrem
o conoscere e usare anche le altre funzioni della rotellina m
agica presente praticamente in tutte le fotocam
ere. Al-cune ce l’hanno divisa in due sem
icerchi, altre ce ne hanno due, in altre an-cora com
pare come sottom
enù navigando tra i meandri del display: in ogni
caso queste impostazioni sem
iautomatiche vi assicureranno foto m
igliori della sem
plice modalità Auto.
Modo P: Rispetto al M
odo Auto per-m
ette qualche libertà in più, per esem-
pio è usatissimo nelle situazioni in cui è m
eglio non usare il flash (o è vietato); si ottengono dei risultati interessanti perché si costringe la m
ac-china a variare la scala ISO, e la profondità di cam
po si percepisce anche nella foto bidimensionale.
Modo Av: Anche questo m
odo è usato quando si vuole fare risaltare la profondità di cam
po. È detto priorità di diaframm
a, la regola è sempli-
ce: con valori di f elevati (otturatore chiuso a 8-11-19) rimangono a fuoco sia gli
oggetti vicini che quelli lontani; viceversa i valori di f bassi (otturatore aperto) tengono a fuoco gli oggetti inquadrati e sfuocano gli altri.
Modo
Tv: Priorità
dei tempi; indicato
se necessita congelare dei soggetti in m
ovimento o se
al contrario si vuole eviden-ziarne il m
ovimento sfuoca-
to. È il modo più usato per
fotografare il mondo acqua in m
ovimento (fontane, fium
i, cascate, ecc.).M
artina Acazi
mm
agini di: Martina A
cazi (FIG1), W
ikipedia (FIG2), H
ustvedt (FIG3)