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RAZZA, RAZZISMI, DISCRIMINAZIONI RAZZIALI IL CONTRIBUTO DELL’ANTROPOLOGIA CULTURALE ALLA RIFLESSIONE CONTEMPORANEA 1° Convegno nazionale SIAC (Società Italiana di Antropologia Culturale) Sapienza Università di Roma 8, 9, 10 novembre 2018 ABSTRACT E SESSIONI

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Razza, Razzismi, discRiminazioni RazzialiIl contrIbuto dell’AntropologIA culturAle

AllA rIflessIone contemporAneA

1° convegno nazionale sIAc (società Italiana di Antropologia culturale)

sapienza Università di Roma 8, 9, 10 novembre 2018

aBsTRacT E sEssioni

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organizzazione

Comitato Scientifico del Convegno:stefano Allovio, Alberto baldi, mauro geraci, simone ghezzi, simonetta grilli, Alessandro lupo, ferdinando mirizzi, daniele parbuono, rosa parisi, cecilia pennacini, gianfranca ranisio.

Comitato organizzativo:Alessandro lupo (coordinatore), matteo Aria, Anna Iuso, pino schirripa.

Collaboratori:francesco Aliberti, silvia Allione, francesca ballone, Valeria bellomia, maria boyadzhieva, michela buonvino, greta maria capece, francesca cappelluzzo, osvaldo costantini, fulvio cozza, Virginia de silva, Alessandra donati, cecilia draicchio, matteo gallo, Jasmine Iozzelli, francesco lattanzi, sarah letizia rossi modigliani, Anna giulia macchiarelli, mario marasco, sergio marchetti, michele mosca, Alice recine, carmelo russo, Andrea santoro, corinna santullo, chiara.scardozzi, dario scozia, Altea Vatteroni.

Libro degli abstract a cura di:daniele parbuono in collaborazione con Alberto baldi, simonetta grilli, rosa parisi, commissione comunicazione sIAc, comitato scientifico del convegno.

Ratio della locandinasullo sfondo un tableaux databile intorno alla fine dell’ottocento di origine tedesca con i rap-presentanti delle razze umane ritratti in primo piano talora di fronte e talvolta di tre quarti o di profilo per meglio evidenziarne i tratti somatici. È parimenti presente un ulteriore distinguo etnografico rintracciabile nella definizione di copricapi e indumenti. tale sfondo rappresenta un passato dominato anche sul piano scientifico dalla necessità di arbitrarie e pertinaci stig-matizzazioni razziali con tutte le tragiche consegue che ne derivarono ivi comprese le attuali inquietanti derive.In primo piano, decisamente sovrapposto a cotale “scenario”, “spalleggiato” dal sottostante box con titolo e programma del convegno, la foto di una bambina a cui, fermo restando il suo volto, sono state attribuite coloriture diverse: auspica un presente che neghi più “facce” all’u-mana genia nel rispetto, parimenti, delle diversità culturali. Il lato, riferimento alle serigrafie moltiplicative di Warhol, rivisto e corretto, intende qui ribadire l’unicità umana assieme alle sue declinazioni mai gerarchiche e discriminatorie.tableaux e foto, in originale e in copia digitale, appartengono agli archivi del mAm, museo Antropologico multimediale dell’università degli studi di napoli federico II; autrice della foto scattata nella città di mysore, India sud orientale, nel 1983, elaborata in computer grafica, è paola pisano.

In collaborazione con:

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AbstrAct e sessioni

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Razzismi istituzionali, quotidiani

1° sessionegiovedì 8 novembre 2018, ore 15.00-17.00Aula A

coordina: cristina papa.

partecipano: ulderico daniele; elisabetta di giovanni; sara miscioscia; elisabeth tauber e paola trevisan; sabrina tosi cambini.

e nei conflitti bellici

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9Razzismi istituzionali, quotidiani e nei conflitti bellici8 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

Anti-antiziganismo? cultura e identità rom per combattere l’Antiziganismo

ulderico daniele (università di roma tre)[email protected]

Il 14 febbraio 2018, in una sala della presidenza del consiglio dei ministri e sotto l’egida di unAr, è stato presentato in Italia l’erIAc, l’Istituto europeo di Arte e cultura rom,

una iniziativa promossa a livello europeo dal consiglio d’europa, open society foundation e roma leaders’ initiative. fra gli obiettivi principali di erIAc ritroviamo “aumentare la stima di sé dei rom e diminuire il pregiudizio negativo della popolazione maggioritaria utilizzando le arti, la cultura, la storia e i media” ed “educare e informare la popolazione non rom sulle arti e la cultura rom, così da aiutare a costruire comprensione, tolleranza e rispetto reciproco tra le comunità rom e non-rom” (magazzini 2016). gli stessi temi ritornano in maniera ancora più decisa nel comunicato stampa scritto in questa occasione dal branch italiano di erIAc. da un punto di vista antropologico, questa mobilitazione appare interessante per almeno due ordini di ragioni. Innanzitutto perché si basa sull’utilizzo esplicito del concetto di cultura, termine che viene sia associato alle produzioni di artisti e attivisti, sia inteso in senso antropologico, ovvero in connessione con l’identità dei gruppi rom. Inoltre, i protagonisti della mobilitazione sottolineano la loro appartenenza alle comunità rom, rivendicano il ruolo prioritario di artisti e intellettuali rom nella produzione di rappresentazioni e questionano l’autorità scientifica dei non rom (Acton 2015, mirga 2018 ). In questo paper ci proponiamo di avviare un percorso di analisi antropologica di questa mobilitazione, considerando come il tema del riconoscimento dell’identità culturale venga declinato dai protagonisti italiani di erIAc. Ipotizziamo tre tappe di analisi: la prima riguarderà i documenti pubblici fondativi dell’organizzazione; la seconda l’arena comunicativa dei social media; la terza interviste con alcuni dei protagonisti di questa iniziativa. guarderemo a questi dati mettendo alla prova quelle cornici antropologiche che hanno ragionato sulla “politicizzazione della cultura” (Wright 1998, turner 1993, stolke 1995, Appadurai 1996) e sulla etnicizzazione (Amselle 2009), provando a connetterle con le riflessio-ni italiane sull’antiziganismo (piasere 2012, 2015, tosi cambini 2012).

Bibliografia Acton t. A., Scientific Racism, Popular Racism and the Discourse of the Gypsy Lore Society, “ethnic and racial studies”, 39, 7, 2015: 1187–1204. Amselle, J.l., Il Distacco dall’Occidente, roma, meltemi, 2009.Appadurai, A., Modernity at Large, Minneapolis-London, university of minnesota press, 1996.magazzini, t., Cultural Institutions as a Combat Sport. Reflections on the European Roma Institute, “the Age of Human rights Journal”, 7, 2016: 50-76.mirga A., Challenging Anti-gypsyism in Academia: The Role of Romani Scholars, “critical romani studies”, 1, 1, 2018: 8–28. piasere l., L’antiziganismo, Quodlibet, macerata, 2015.piasere l., Scenari dell’antiziganismo. Tra Europa e Italia, tra antropologia e politica, firenze, seId, 2012.stolke, V., talking Culture. New Boundaries, New Rhetorics of Exclusion in Europe, “current An-thropology”, 36, 1, 1995: 1-24.tosi cambini s., Antiziganismo: strumenti interpretativi e fenomenologia contemporanea, “Anuac”, I, 1, 2012: 17-23.turner t., Anthropology and Multiculturalism: What is Anthropology that Multiculturalists Should be Mindful of It?, “cultural Anthropology”, 4, 8, 1993: 411-429.Wright s., The politicization of “Culture”, “Anthropology today”, 14, 1, 1998: 7-15.

Keywords: politicizzazione della cultura; etnicizzazione, antiziganismo.

Xenofobie antizigane: forme di etnicizzazione delle comunità rom in Italia

elisabetta di giovanni (università degli studi di palermo) [email protected]

dopo una introduzione alla categorizzante iper-diversità dei rom in Italia, fondata sulle con-tinue idiosincrasie attuate dalla occidentale società, l’intervento intende proporre alcuni

spunti di riflessione sulle dinamiche di transizione interculturale messe in atto dalle comunità rom, esito di ricerca etnografica, cercando di mettere a fuoco passaggi obbligati che vedono i rom costretti a subire un inevitabile processo di deculturazione. come suggeriscono alcuni recenti studi di antropologia applicata e di psicologia di comunità, è possibile ipotizzare un nuovo scenario di contatto tra la società complessa dei gage (non rom) e la società semplice rom, confinata in campi-ghetto. sono molti i casi, infatti, in cui il gruppo più debole – nel momento del crash culturale con l’altro gruppo – non si lascia rimodellare senza reagire, bensì attiva dei dispositivi simbolici grazie ai quali opera una appropriazione selettiva, per cui nulla o quasi viene accettato senza rielaborazione. Allorché si avvia una rifunzionalizzazione di ciò che è nuovo/alieno/imposto, forse è possibile parlare di “ridefinizione culturale” (crespo, la-lueza, pallì 2002) come terza via che schiva il pericolo di una acculturazione definitiva messa in campo dai rom per limitare l’antiziganismo imperante nell’europa contemporanea.

Bibliografiaclough marinaro I., sigona n., Introduction. Anti-Gypsyism and the politics of exclusion: Roma and Sinti in contemporary Italy, “Journal of modern Italian studies”, 16, 5, 2011: 583-589.crespo I., lalueza J.l., pallí c., Moving communities: a process of negotiation with a gypsy mi-nority for empowerment, “community, Work and family”, 5, 1, 2002: 49-66.piasere l., Scenari dell’antiziganismo. Tra Europa e Italia, tra antropologia e politica, seid, 2012.sigona n., The governance of Romani people in Italy: discourse, policy and practice, “Journal of modern Italian studies”, 16, 5, 2011: 590-606.

Keywords: Antiziganismo, rom/gage, ridefinizione culturale, campi.

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11Razzismi istituzionali, quotidiani e nei conflitti bellici10 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

chiuse fuori. storie di devianza e discriminazioni delle donne rom in Italia, fuori e dentro il carcere.

sara miscioscia (università degli studi “la sapienza” di roma)[email protected]

Il titolo dell’intervento, “chiuse fuori”, riprende quello della mia tesi di dottorato ed è stato scelto per rimarcare la condizione per cui le donne rom sono escluse e precluse, (oltre che

spesso recluse) dalla nostra società: sovrarappresentate negli istituti di pena, vivono in inse-diamenti ghettizzanti, non hanno documenti d’identità e di soggiorno, sono quotidianamente discriminate. lo studio parte da un dato quantitativo: in europa con i rom avviene quello che negli stati uniti accade con neri e latinoamericani, che rappresentano il 7% della popolazione e forniscono il 60% dei carcerati, “la prigione diviene così un prolungamento-sostituto del ghetto”, come evidenzia loic Wacquant. In Italia non esistono censimenti ufficiali per quan-to riguarda le presenze di rom e sinti ma le cifre stimate si aggirano intorno allo 0,2% della popolazione, percentuali ben diverse a quelle rilevate nelle carceri: nella casa circondariale di rebibbia femminile le donne rom rappresentano circa un terzo delle detenute e ancora maggiori sono le proporzioni dei giovani presenti nell’Istituto penitenziario minorile di casal di marmo a roma che “ospita” il 65% di ragazze e il 35% di ragazzi rom, nelle sezioni nido le romnià sono addirittura oltre il 90%. l’intervento proposto intende partire dall’analisi della situazione attuale dei rom fuori e dentro le carceri per riflettere sui concetti di antiziganismo e detenzione anche in una prospettiva di antropologia applicata. Il tema delle donne rom de-tenute è molto complesso e quasi completamente inesplorato, questo intervento intende dare un primo contributo su questa realtà, aprire uno spiraglio di quelle porte chiuse per sollevare dubbi, stimolare quesiti e invogliare ulteriori approfondimenti.

Bibliografiapiasere l., Popoli delle discariche, cIsu, roma, 1991.piasere l., scenari dell’Antiziganismo, seid editori, firenze, 2012.tosi cambini s., La zingara rapitrice. Racconti, denunce, sentenze (1986-2007), cIsu, roma, 2008. Wacquant l., Punire i poveri, derive Approdi, roma, 2006.

Keywords: donne, rom, antiziganismo, carceri.

esplorare gli archivi sui due lati della frontiera: politiche e pratiche antizingare in Austria ed in Italia agli inizi del novecento

elisabeth tauber (libera università di bolzano)[email protected]

paola trevisan (università degli studi di Venezia)[email protected]

l’europa di inizio novecento ha visto lo sviluppo di politiche antizingare (About, 2014) che, pur con modalità che variavano da stato a stato, hanno inciso in maniera significativa

sulla vita dei rom e dei sinti. In questo lavoro indagheremo gli effetti delle politiche antizinga-re sulle reti familiari sinte che si muovevano nel tirolo storico fra il 1900 e il 1913, arrivando ad attraversare la frontiera con il regno d’Italia. gli archivi di polizia offrono materiale inte-ressante non solo per ricostruire tali politiche, ma anche per analizzare le pratiche di polizia messe in atto nei confronti di specifiche famiglie sinte (o di due gruppi familiari) – una fermata dalla polizia in tirolo e l’altra nella provincia bresciana, esemplificatrici di come entrambi gli stati agissero nei confronti di coloro che venivano definiti “zingari”. dopo estesi periodi di ricerca sul campo fra i sinti (tauber 2006; trevisan 2008), le autrici prosepttano una lettura del materiale archivistico che vada nella direzione proposta da John and Jean comaroff (1992) con “l’etnografia storica”. nel presentare i due casi si sono, infatti, messe in relazione le micro interazioni fra i diversi attori sociali, la specificità dei contesti locali in cui hanno avuto luogo e la più ampia questione dello sviluppo delle politiche antizingare. Queste hanno dato luogo a trattamenti differenziali e differenziati che hanno attraversato tutta la storia del novecento per arrivare fino al XXI secolo.

BibliografiaAbout I., Unwanted “Gypsies”. The Restriction of Cross-Border Mobility and the Stigmatisation of Romani Families in Interwar Western Europe, “Quaderni storici”, 49, 2, 2014: 499-532.comaroff J. l., comaroff J., Ethnography and the historical imagination, univ. of california, Westvie press, 1992.tauber e., Du wirst keinen Ehemann nehmen! Respekt, die Bedeutung der Toten und Fluchthei-rat bei den Sinti Estraixaria, reihe, forum europäische ethnologie, bd. 8, 2., überarbeitete Auflage, münster, lIt Verlag, 2006. trevisan p., Etnografia di un libro: scritture, politiche e parentela in una comunità di Sinti, roma, cIsu, 2008.

Keywords: etnografia, archivio, confini, sinti, Italia.

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12 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

la razzializzazione del welfare. discorso sul sistema delle “Accoglienze” in Italia

sabrina tosi cambini (università degli studi di firenze)[email protected]

l’amplissima questione dell’ accoglienza dei migranti e, soprattutto, dei richiedenti asilo in Italia ha attratto la ricerca antropologica verso campi che fino ad una quindicina di anni

fa nel nostro paese erano rimasti in ombra, in particolare le logiche e le forme delle cosiddette “Accoglienze”, ossia i luoghi, i processi e i dispositivi che si riferiscono alle policies, politics and practices intorno al sistema che “accoglie” in “strutture” e in “progetti”. per capirne in profondità gli assunti politici, sociali e culturali che stanno alla base degli approcci, delle scelte e delle pratiche Istituzionali e del terzo settore, appare fondamentale una riflessione gene-alogica che ai migration and refugee studies affianchi direttamente le questioni inerenti il “trattamento” dei “poveri”, del governo degli “indesiderabili”, delle categorie del welfare, e la comparazione con le “Accoglienze” che hanno riguardato e riguardano altre categorie (classi-che e più recenti) proprie del welfare, individui e gruppi “da trattare”: i “senza fissa dimora” e i “nomadi/zingari/rom”. Questo ci permette di individuare le costanti dei trattamenti riser-vati a “senza fissa dimora”, “nomadi/zingari/rom”, “migranti” e “richiedenti asilo” e quelle trasformazioni negli approcci e nelle pratiche che aggiungono/sovrappongono alla “classe” la “razza”, disegnando una parabola in cui si assiste ad una distribuzione razzializzata della sofferenza e del suo trattamento. Il contributo proposto si basa su un lavoro di campo, di riflessione antropologica e di ricerca applicata che dai primi anni 2000 ad oggi si è articolato fra strutture di accoglienza, campi nomadi, servizi sociali, associazionismo, cooperative sociali, progetti di “accompagnamento”, assessorati regionali, prefetture, comuni, di numerose territorialità italiane, oltre a occupazioni di immobili, insediamenti informali, etnografie di “immersione” con gruppi e famiglie. con uno sguardo arricchito dalla comparazione con il contesto europeo, di cui si ha esperienza sul campo e di studio.

BibliografiaAA.VV., European Project WE: Wor(l)ds which exclude (2012-2014). national reports http://weproject.unice.fr/categories/national-report and publications http://weproject.unice.fr/cata-logtosi cambini s., Homelessness: l’approccio critico dell’Antropologia, in r. gnocchi (a cura di), Homelessness e dialogo interdisciplinare. Analisi a confronto tra modelli diversi, carocci, roma, 2009. turner J, peters K. (eds), Carceral Mobilities. Interrogating movement in Incarceration, Abing-don, oxon; new York, nY, routledge, 2017.Van Aken m. (a cura di). Rifugio Milano. Vie di fuga e vita quotidiana dei richiedenti asilo, na-poli, carta editori, 2008.

Keywords: accoglienze, welfare, lavoro sociale, razzializzazione.

2° sessionegiovedì 8 novembre 2018, ore 17.15-19.15Aula A

coordina: cristina papa.

partecipano: roberta Altin; Alexander Koensler; tamara mykhaylak; laura sugamele.

Razzismi istituzionali, quotidiani e nei conflitti bellici

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15Razzismi istituzionali, quotidiani e nei conflitti bellici14 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

Intersezioni migratorie dal Kosovo: dall’accoglienza umanitaria al conflitto etnico

roberta Altin (università degli studi di trieste)[email protected]

l’intervento analizza le migrazioni dal Kosovo a trieste comparando le differenze tra il pri-mo flusso di profughi in fuga dall’ex Jugoslavia negli anni ’90 con il più recente incremento

di richieste di asilo di giovani kosovari, per lo più minori ‘non accompagnati’. Analizzando le storie di vita e le motivazioni di richiesta di protezione emerge un profondo cambiamento nelle modalità di ingresso e nella gestione dell’accoglienza che ha peggiorato l’inserimento nel contesto locale in area di confine, alimentando conflitti sia con la comunità kosovara di ‘prima generazione’, ma ancora di più con le altre nazionalità di migranti dell’est (specie con i serbi) e con gli italiani (Koinova 2013).A 20 anni di distanza si sono irrigiditi il controllo e l’attraversamento dei confini nei balca-ni (lo franco, pusceddu 2017), nonché l’apparato burocratico dell’accoglienza umanitaria (fassin 2012); sul medio-lungo periodo si evidenziano conflitti e processi di razzializzazione delle seconde generazioni, con incremento del nazionalismo (Appadurai 2014) e di violenti conflitti tra gang giovanili (kosovari vs serbi). l’enfasi sulla differenziazione etnico-religiosa ha accentuato in maniera strumentale ineguaglianze di genere ed integralismi, facendo peggiorare anche i rapporti con i cittadini italiani, che costruiscono rappresentazioni di cataloghi etnici, progressivamente negative dal nord al sud dei balcani.

BibliografiaAppadurai A., Il futuro come fatto culturale, milano, cortina, 2014.fassin d., Humanitarian Reason. A Moral History of the Present. Berkeley, university of cali-fornia press, 2012.lo franco Z., pusceddu A.m. (a cura di), Oltre Adriatico e ritorno. Percorsi antropologici tra Italia e Sudest Europa, milano, meltemi, 2017. Koinova m., Four types of Diaspora Mobilization: Albanian Diaspora Activism for Kosovo Indi-pendence in the US and the UK, “foreign policy Analysis”, 9, 2013: 433-453.

Keywords: migrazioni, balcani, richiedenti asilo, accoglienza.

spazi del divenire in Israele/palestina

Alexander Koensler (Queen’s university belfast) [email protected]

Il conflitto nello spazio israelo-palestinese viene rappresentato in termini dicotomici basati su presunte polarità etnicizzate e razzializzate, mentre relazioni ibride e trasversali dell’atti-

vismo pacifista e di solidarietà viene spesso sottovalutato. Analisi fondate sui paradigmi dello studio dei movimenti sociali accertano spesso l’esaurimento dell’attivismo pacifista a volte le ricerche etnografiche rimangono ancorate in quello che saskia sassen (2006) ha definito la “trappola endogena” dello studio di fenomeni sociali, una trappola che tra l’altro non permette di vedere connessioni e processi sociali situati su scale diverse. Questo intervento parte da una prospettiva diversa: lo sguardo etnografico segue le varie espressioni della vita sociale delle rivendicazioni e svela come le forme di mobilitazione si stanno evolvendo, dalle contraddizioni di una lobby istituzionale verso una diversificazione delle modalità di agire e pensare in spazi autonomi frammentati. Attraverso ricerche sul campo realizzate in diversi periodi tra il 2004 e il 2013 sulle campagne contro le demolizioni di case di cittadini arabo-beduini e palestinesi nel deserto del negev, l’intervento dimostra come nuove forme di mobilitazione emergono, mobilitazioni in grado di creare spazi autonomi frammentati che si articolino in relazione a ecosofie, postanarchismo e altri approcci piuttosto sperimentali. Questi sono gli “spazi del divenire” (newman 2015) in Israele/palestina in quanto indicano una rielaborazione profonda delle categorie interpretative del conflitto stesso (fisher 2006).focalizzandosi sulla vita sociale delle rivendicazioni, diventa possibile delineare il quadro per un’antropologia dei movimenti che va oltre la “trappola endogena” di un’antropologia che non va oltre un’identificazione stretta con gli obiettivi degli attivisti (Koensler 2015). Questo modo di intendere l’impresa antropologica mira a rilanciare un tentativo di comprendere di trasformazioni socio-politiche più ampie oltre le polarità etnicizzanti.

Bibliografiafischer m. m. J., Changing Palestine-Israel Ecologies. Narratives of Water, Land, Conflict, and Political Economy Then and Now, And Life To Come, “cultural politics”, 2, 2, 2006: 159-152.Koensler A., Israeli-Palestinian Activism: Shifting Paradigms, farnheim, Ashgate, 2015.newman s., Postanarchism, london, Wiley & blackwell, 2015.sassen s., Territory, Authority, Rights: From Medieval to Global Assemblages, princeton, prin-ceton university press, 2006.

Keywords: Israele/palestina, movimenti sociali, trasversalità.

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17Razzismi istituzionali, quotidiani e nei conflitti bellici16 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

Intreccio tra l’odio, il razzismo e la xenofobia.le dure conseguenze di guerra in ucraina

tamara mykhaylak (università degli studi di napoli federico II)[email protected]

la guerra in ucraina contro i ribelli separatisti filorussi è il più sanguinoso conflitto in eu-ropa dai tempi della ex Jugoslavia. dall’inizio dei combattimenti, la violenza degli scontri,

ha provocato la morte di oltre diecimila persone. come conseguenza di questi tragici eventi, negli ultimi anni, nella società ucraina, sono emersi nuovi razzismi, non più focalizzati sul con-cetto della razza, come accadeva in passato nell’europa occidentale, ma su quello della cultura e dell’identità nazionale. In molti casi il web diventa uno dei principali mezzi per diffondere i messaggi di odio. conseguentemente sono cresciuti movimenti nazionalisti estremisti, per i quali il pacifismo rappresenta un sinonimo di debolezza, addirittura non conciliabile con l’a-more per la propria patria. In questo clima di ostilità generale, emergono anche intolleranze verso la cultura russa che chiaramente vengono ricambiate, alimentando l’inimicizia verso gli ucraini. le conseguenze di questo conflitto vengono studiate dagli esperti di entrambi i paesi, tuttavia, non è stato fatto ancora abbastanza per tentare di trovare una strada comune e possi-bili soluzioni.

Bibliografia le nuove irregolarità – i nuovi conflitti. I percorsi risolutivi, III congresso dell’Associazione ucraina di sociologia, charkiv 2017. the mission of anthropological and ethnological studies: academic traditions and modern challenges, XII congresso degli antropologi e degli etnografi della russia, Izevsk 2017. Kappeler A., La Russia. Storia di un impero multietnico, a cura di Aldo ferrari, roma, edizioni lavoro, 2006.tchorzevs’ka t., Cambiamenti degli “stereotipi etnici” come esempio della “ricostruzione dell’i-dentità nazionale”, http://social-anthropology.org.ua/seminars/, 2017.

Keywords: guerra, ucraina, russia, nuovi razzismi.

l’ideologia nazionalista-razzista serba come “marcatura” politica del meccani-smo di sessualizzazione dell’altro-donna nel conflitto dei balcani. lo stupro et-nico: il concetto di etnia nella sua connessione alla simbologia antropologica-pa-

triarcale dell’invasione sessuale-territoriale sul corpo femminile bosniaco

laura sugamele (università degli studi “la sapienza” di roma)[email protected]

l’argomento che mi propongo di esaminare intende focalizzarsi attorno al significato che il corpo femminile acquisisce all’interno di specifici contesti nazionalisti, dove determina-

te variabili razziali e sessuali intervengono quali elementi di discrimine nel processo di deu-manizzazione dell’alterità. nella mia analisi tenterò di riflettere sul punto, appena accennato, considerando su un piano strettamente antropologico e con evidenti connessioni patriarcali, le intersezioni di genere-razza che inevitabilmente entrano in gioco nella contrapposizione et-nica e politica tra due gruppi. In quest’ottica, il nazionalismo serbo che viene a formarsi nella fase di disgregazione politica in seguito alla morte del generale tito e con accenti decisamente acuti, emerge con contorni ideologici a cui fanno da sfondo, richiami alla superiorità sessuale e razziale, tra cui la forza del soldato e dell’uomo serbo. In particolare, si evidenzierà quanto la mitizzazione di una serbia, grande e vittoriosa, abbia preso corpo da una concettualizzazione assai negativa dell’altro, del popolo bosniaco, iniziando dal corpo delle donne, ben intersecata alle dicotomie di genere radicate in quel contesto culturale-patriarcale. contestualmente, all’u-tilizzo dello stupro all’interno del conflitto serbo-bosniaco, sottostanno motivazioni razziste dello scontro io-altro, e nel caso, il corpo femminile viene individuato quale metafora dell’at-traversamento e della distruzione di questo “altro”. la donna è così incorporata nella stessa categoria di “etnia” bosniaca ed è, dunque, tale relazione che nell’orizzonte bellico conduce ad una identificazione del femminile con il suo gruppo, cosicché, violentare sessualmente le donne bosniache aveva un significato simbolico potente: la distruzione fisica del corpo delle donne, esplicava l’annientamento identitario dell’intera etnia, considerata rivale e nemica.

Bibliografiagjidara m., grmek m., simac n., Le nettoyage ethnique. Documents historiques sur l’idéologie serbe, points, paris, 2002. Hall s., Cultura, razza, potere, introduzione e cura di m. mellino, ombre corte, Verona, 2015.sekulic t., Violenza etnica. I Balcani tra etnonazionalismo e democrazia, carocci, roma, 2002.strazza m., Fenomenologia dello stupro: evoluzione dei significati della violenza sessuale nelle guerre, “Humanities”, IV, 12, 2017.

Keywords: nazionalismo, razzismo, corpo, sessualizzazione.

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Saperi scientifici, pratiche mediche

1° sessionegiovedì 8 novembre 2018, ore 15.00-17.00Aula b

coordina: pino schirripa.

partecipano: chiara carraro; Annamaria fantauzzi; chiara Quagliariello; chiara mazzanti.

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21Saperi scientifici, pratiche mediche20 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

etnografia delle pratiche di cura e degli interventi sociosanitari in tutela della maternità indigena in chiapas (messico). discorso sulle ragioni di uno scontro

tra filantropia indigenista, medicalizzazione e razzismo

chiara carraro (università degli studi di torino)[email protected]

le statistiche recenti sulla mortalità materna nel parto rilevano che gli stati messicani con una più alta incidenza del fenomeno sono guerrero, chiapas e oaxaca, dove la popolazione

maggiormente colpita è quella indigena. lo stato messicano, a scadenze alterne ed entro il 2015 è stato chiamato a ridurne gli alti numeri rispettando i parametri stabiliti in goals internazionali che misurano l’efficienza e lo sviluppo dei suoi sistemi sanitari, ma nonostante il numero delle morti nel parto sia stato negli ultimi anni effettivamente ridotto, ancora oggi il problema persi-ste e nelle regioni a maggioranza indigena risulta di complessa gestione. la presente riflessione segue una ricerca di campo svolta a san cristobal de las casas e nelle aree indigene de los Altos (chiapas, messico); in questa sede si vorrebbe riflettere su alcuni dei motivi che rendono ragione della maggior incidenza della mortalità materna nel parto nelle aree indigene suddette, ripensando criticamente il ruolo delle figure e dei saperi tradizionali -e non- relativi al parto all’interno degli ospedali, nei centri di salute rurali e nei progetti che tentano una “medicina interculturale”; ci si vorrebbe interrogare sulle possibilità reali e sui falsi miti che incidono nel dialogo tra la “medicina tradizionale” maya e quella di stampo biomedico, facendo luce sulle dinamiche di potere sottese al dialogo stesso, che spesso seguono linee etniche e razziali ricor-dando retoriche neocoloniali escludenti e marginalizzanti per le popolazioni indigene.

Bibliografiafarmer p., On suffering and structural violence. Social and economich rights in the global era, in Farmer Pathologies of power. Health, human right and the new War of the poor, university of california press, berkeley, los Angeles, london, 2003.freyermuth enciso g., Mujeres de humo, morir en Chenalò. Género, étnia y generación, factores constitutivos del riesgo durante la maternidad, centro de Investigaciones y estudios superiores en Antropología social (cIesAs), el Instituto nacional de las mujeres, el comité por una maternidad Voluntaria y sin riesgos, chiapas, 2003.page pliego, J. t. (ed.), Enfermedades del rezago y emergentes desde las ciencias sociales y la salud publica, unAm, coyoacan, mexico, d. f., 2014.Quaranta I., Antropologia medica, raffaello cortina, milano, 2006.

Keywords: neocolonialismi etnici, razzismo e medicalizzazione, pregiudizi razziali nelle prati-che sanitarie, medicina interculturale e bio-politica.

dalla sindrome di salgari alla stigmatizzazione nelle pratiche di cura: etnografia in corsia

Annamaria fantauzzi (università degli studi di torino)[email protected]

l’intervento mette in luce le forme di “accoglienza”, trattamento e gestione di pazienti di origine straniera, in particolar modo nel pronto soccorso e nel reparto di psichiatria di un

ospedale piemontese. dalla ricerca etnografica, tuttora in corso, si evincono atteggiamenti stig-matizzanti per determinate categorie di pazienti, trattamenti discriminanti nella somministra-zione di farmaci e nella prescrizione di visite specialistiche, molto spesso camuffati dietro la presunta incomprensione della lingua e la non accettazione di richieste dell’utente, scambiate sovente come pretese. In particolare, in pronto soccorso, si evincono approcci discriminanti da parte del personale sanitario che rimarcano soprattutto elementi biologici del paziente (odore, colore della pelle, pulizia, vestiario), mentre, nel reparto di psichiatria, quelle che sono diffe-renze culturali nel sentire e manifestare la malattia vengono lette, erroneamente, con i canoni della biomedicina in un’interpretazione iper-culturale che reifica la patologia in superstizione, stregoneria e saperi tradizionali. A partire dai dati etnografici, si analizzeranno le diverse posizioni teoriche della medicina delle migrazioni (sindromi di salgari, sindrome da general Hospital, dpts, fase del criticismo e dell’arroccamento) per valutare le differenti forme e tipologie di razzismo riscontrabili nel rapporto operatore sanitario-paziente straniero.

Bibliografiacoppo p., Le ragioni degli altri. Etnopsichiatria, etnopsicoterapie, raffaello cortina, milano, 2013 tognetti bordogna m. (a cura di), Disuguaglianze di salute e immigrazione, milano, franco Angeli, 2008.conti c. (a cura di), Immigrazione e politiche socio-sanitarie. La salute degli altri, milano, fran-co Angeli, 2004.tullio seppilli, Le nuove immigrazioni e i problemi di strategia dei servizi sanitari europei: un quadro introduttivo, “società e salute”, 3(2), 2004: 35-48.

Keywords: stigmatizzazione, pregiudizio, medicalizzazione, cura.

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23Saperi scientifici, pratiche mediche22 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

modelli di parto, migranti ‘dalla pelle nera’.processi di razzializzazione nell’assistenza sanitaria a donne di origine sub-sahariana

chiara Quagliariello (École des hautes études en sciences sociales - eHess)[email protected]

la crescente presenza di migranti nei reparti di ostetricia e ginecologia è un fenomeno che attraversa l’intero territorio italiano. Il fatto che in Italia il tasso di natalità sia più alto tra

le donne straniere rispetto alle donne italiane è un dato rappresentativo della situazione nazio-nale, ormai da diversi anni. A partire dai risultati di tre ricerche etnografiche rispettivamente svolte presso i reparti di ostetricia e ginecologia di poggibonsi (siena), palermo e lampedusa, si rifletterà sui processi di razzializzazione che emergono dalle risposte messe in campo dagli operatori sanitari nell’assistenza alle donne di origine sub-sahariana che mettono al mondo i propri figli in Italia. l’obiettivo sarà quello di evidenziare fino a che punto gli stereotipi e gli immaginari razziali relativi alla figura della ‘madre africana’ pesino sulla scelta dei professio-nisti di orientare le donne verso specifici modelli di parto. due rappresentazioni dominanti saranno prese in considerazione: la madre africana quale paziente poco affidabile da un punto di vista medico e socio-sanitario, e la madre africana quale paziente ‘più vicina alla natura’ ri-spetto alle donne italiane. nel primo caso, la tendenza che ne deriva è l’iper-medicalizzazione della gravidanza e del parto, fino alla subordinazione delle migranti a diverse forme di violenza ostetrica. nel secondo caso, l’orientamento prevalente è la de-tecnicizzazione della gravidanza e del parto, e il tentativo di indirizzare le migranti al modello della cosiddetta ‘nascita natura-le’. Il confronto tra modelli selezionati dai professionisti per l’assistenza alle donne di origine sub-sahariana permetterà di sottolineare fino a che punto tendenze sanitarie contrapposte tra loro riflettano lo stesso tipo di logica: fornire una risposta a forme di essenzializzazione nei confronti delle madri ‘dalla pelle nera’.

Bibliografiabridges K. m., Reproducing Race. An Ethnography of pregnancy as a site of racialisation, berk-ley, university of california press, 2012.guillaumin c., L’idéologie raciste, gallimard, paris, 2002 [1972].pinelli b., Salvare le rifugiate: gerarchie di razza e di genere nel controllo umanitario delle sfere d’intimità, in claudia mattalucci (a cura), Antropologia e riproduzione. Attese, fratture e ricom-posizioni della procreazione e della genitorialità in Italia, raffaello cortina editore, milano, 2017.sauvegrain p., La santé maternelle des « Africaines » en Île-de-France : racisation des patientes et trajectoires de soins, “revue europeenne des migrations Internationales”, 28(2), 2012: 81-100.

Kyewords: razzializzazioni, essenzialismi, modelli di parto, migranti sub-sahariane.

ripensare l’antispecismo in una prospettiva materialista

chiara mazzanti (università degli studi “la sapienza” di roma)[email protected]

prima dell’avvento della rivoluzione industriale gli animali venivano impiegati principal-mente come forza lavoro, ad esempio nelle varie fasi della produzione alimentare, nel tra-

sporto, nella guerra ecc. in proporzione minore venivano utilizzati come cibo. l’avvento del capitalismo ha sostituito le funzioni dell’animale non-umano con l’operaio salariato, con le nuove scoperte tecnologiche e con il sistema produttivo seriale della catena di montaggio. eppure questo passaggio storico, invece di “liberare” l’animale dall’assoggettamento secolare nei confronti dell’uomo, lo ha invece “declassato” al livello di materia prima – massicciamente impiegata – all’interno del nuovo sistema produttivo. parallelamente sono sorti molti movi-menti filosofici e politici che in vario modo hanno tentato di promuovere la tutela e i “diritti” dell’animale non-umano. la maggior parte di questi movimenti si uniscono sotto la bandiera estremamente variegata dell’antispecismo. tradizionalmente quindi i movimenti antispecisti prendono in considerazione il rapporto fra l’uomo e l’animale non umano e operano all’inter-no di questo orizzonte.obiettivo di questo contributo è mostrare come l’ideologia specista abbia una portata molto più vasta, che sconfina la semplice relazione con l’animale non-umano per coinvolgere il rap-porto dell’uomo con l’intero sistema-mondo; ciò sarebbe avvenuto con l’emergere nel Vecchio continente di un’ontologia naturalista. ne consegue dunque una ridefinizione dell’antispeci-smo in una prospettiva materialista, che faccia proprie le riflessioni del marxismo sul pensiero, la conoscenza e la loro materialità. In questa prospettiva l’antespecismo diverrebbe epistemo-logia di un’ecologia marxista.

Bibliografiacolling s., Animali in rivolta. Confini resistenza e solidarietà umana, mimesis, milano, 2017.descola p., Oltre natura e cultura, seId, firenze, 2014.lenin V. Il’ič, Materialismo ed empiriocriticismo. Note critiche su una filosofia reazioanria, nuo-ve edizioni operaie, roma, 1978 [1909].singer p., Liberazione animale. Il manifesto di un movimento diffuso in tutto il mondo, Il sag-giatore, milano, 2015 [1975].

Keywords: merce, natura, antispecismo, materialismo dialettico.

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Colonialismi e Antropologia

1° sessionegiovedì 8 novembre 2018, ore 17.15-19.15Aula b

coordina: Vanessa maher.

partecipano: Alessandra brivio; erika grasso e gianluigi mangiapane; martina pafumi; carmelo russo; marta Villa.

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27Colonialismi e Antropologia26 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

genere, razza e classe: popolazioni locali, migranti e colonizzatori nel ghana coloniale

Alessandra brivio (università degli studi di milano bicocca)[email protected]

l’emigrazione degli italiani nell’Africa sub-sahariana rappresentò una percentuale minima e quasi dimenticata dell’imponente flusso migratorio italiano nel mondo ma significativa

per un’analisi delle dinamiche di dominio e di costruzione della razza. Il caso qui considerato è quello del ghana coloniale, che, durante i primi decenni del novecento, divenne una meta per alcuni italiani che migrarono soprattutto dal nord del paese. lasciarono un’Italia fascista ecoloniale e si trovarono in una posizione interstiziale dalla quale esercitarono le più “banali” forme di razzismo nei confronti della popolazione locale ma allo stesso tempo subirono quelledell’amministrazione coloniale britannica. gli italiani erano poi divisi al loro interno, in base al lavoro svolto e alle relazioni che erano in grado di instaurare con i colonizzatori e alla classe diappartenenza. due sono i temi che cercherò di affrontare nell’intervento: il primo riguarda la sessualità e il desiderio, che furono fondamentali dispositivi per l’affermazione delle gerarchierazziali e delle pratiche del dominio coloniale, il secondo invece si concentra sul lavoro e i pro-cessi di razzializzazione del lavoro.l’obiettivo di questo intervento è quello di mettere in luce le dinamiche attraverso cui il razzi-smo si esprime, le sue esasperanti linee di demarcazione e la sua perversa logica di frammen-tazione e riproduzione. Appare infine evidente che le sue dinamiche devono essere studiate intersecando diversi assi, tra cui il genere, la razza e la classe.

Bibliografiafanon f., I dannati della terra, einaudi, torino, 2007.stoler A.l., Carnal Knowledge and Imperial Power: Race and the Intimate in Colonial Rule, university of california press, berkeley, 2002.bhandar b., bhandar d., Cultures of dispossession: rights, status and identities, “critical femini-sms”, darkmatter,14, 2016.davis A., Donne, razza e classe, Alegre, 2018 [1981].

Il museo, l’altro e la “razza”. Il museo di Antropologia ed etnografia di torino tra decolonizzazione e sguardo al futuro

erika grasso (università deli studi di torino, museo di Antropologia ed etnografia)[email protected]

gianluigi mangiapane (università degli studi di torino, museo di Antropologia ed etnografia)[email protected]

I musei italiani della prima metà del novecento si caratterizzano per essere i luoghi in cui, attraverso l’analisi e l’esposizione di collezioni, sia etnografiche sia antropologiche, le tesi ra-

ziologiche ed evoluzioniste vennero messe alla prova e in cui è possibile osservare una costante negoziazione e definizione dell’alterità e del corpo della nazione: in questo senso il museo di Antropologia ed etnografia dell’università di torino (mAet) costituisce un caso paradigma-tico. dapprincipio gli stretti contatti tra giovanni marro, il suo fondatore, e la scuola lombro-siana confermano il modello scientifico all’interno del quale oggetti e reperti umani sono stati raccolti e conservati; in un secondo momento, l’adesione politica e intellettuale all’ideologia fascista, unitamente all’adattamento degli insegnamenti universitari alle leggi razziali del 1938, resero inevitabile una particolare concentrazione dell’attività accademica e museale di marro ai temi del razzismo sfociata in diverse pubblicazioni e nell’allestimento della sala della razza presso la mostra “torino e l’Autarchia” del 1939.Il mAet deve oggi confrontarsi con l’eredità di questi modelli analitici ed espositivi in vista del nuovo allestimento e dell’apertura, dopo decenni di chiusura al pubblico. In un recente passa-to sono state avviate collaborazioni con associazioni e istituzioni presenti sul territorio e sono stati realizzati progetti specifici, come, per esempio, il progetto “lingua contro lingua. una mostra collaborativa” del centro piemontese di studi Africani. tali progetti risultano utili per pensare al prossimo percorso espositivo, soprattutto se confrontate con esperienze nazionali ed internazionali che hanno coinvolto i musei come luoghi di contatto fra culture.

Bibliografia marro g., La Sala della razza nella rassegna “Torino e l’autarchia”, tipografia silvestrelli e cap-pelletto, torino, 1939.pecci A. m., mangiapane g., “Expographic Storytelling”: the Museum of Anthropology and Eth-nography of the University of Turin as a Field of Dialogic Representation”, “the International Journal of the Inclusive museum”, 3, 1, 2010: 141-153pennacini c. , E’ possibile decolonizzare i musei etnografici?, in remotti f. (a cura di), Memoria, terreni, musei, edizioni dell’orso, Alessandria, 2000: 217-237.sorgoni b., Racist discourses and practices in the Italian Empire under Fascism, in grillo r., pratt J. (a cura di), The politics of recognizing difference: multiculturalism Italian style, Ashgate, Aldershot, 2002: 41-57.

Keywords: musei, razza, alterità, cultura materiale.

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29Colonialismi e Antropologia28 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

colonialismo e scolarizzazione in nuova caledonia: dalla segregazione razziale nel periodo coloniale alle rivendicazioni

indipendentiste kanak per “decolonizzare la scuola”

martina pafumi (università degli studi di torino)[email protected]

In seguito alla presa di possesso della nuova caledonia nel 1853, il governo francese mise in atto una politica coloniale razzista basata su una strategia di esclusione dei kanak, popola-

zione autoctona dell’arcipelago. Qui, infatti, diversamente da quanto avvenne negli altri suoi possedimenti, la francia non si mostrò interessata a formare un’élite indigena che legittimasse i benefici della colonizzazione, come dimostra il fatto che la questione della scolarizzazione kanak venne presa in carico dall’amministrazione coloniale solo dopo un trentennio dalla presa di possesso del territorio. Attraverso una politica di assimilazione che vietava l’uso degli idiomi locali per favorire l’apprendimento della lingua francese e che educava al rispetto dei valori repubblicani, il governo coloniale intendeva fare tabula rasa della cultura melanesiana, pur ufficializzando, al tempo stesso, l’esistenza di due sistemi scolastici aventi differenti programmi didattici: le écoles indigènes e le scuole frequentate dai cittadini francesi. Questo “apartheid scolastico” terminò nel 1946, quando ai kanak venne riconosciuta la cittadinanza francese e il diritto di frequentare la scuola secondaria. tuttavia, un secolo di politiche di segregazione e di acculturazione rendeva difficile il reinserimento dei giovani nel contesto melanesiano e, al tempo stesso, aveva provocato un certo ritardo kanak nel ricoprire posti dirigenziali e di responsabilità politica. ciononostante, sarà proprio la prima generazione di studenti kanak diplomati a denunciare la persistenza di forti diseguaglianze all’interno del sistema scolastico e a dare vita negli anni ’60 ai primi movimenti indipendentisti che, ancora oggi, rivendicano un sistema scolastico egualitario, in grado di adattare i programmi didattici alle specificità lingui-stiche e culturali locali, e che hanno dato avvio a quel lungo processo di decolonizzazione che avrà il suo esito nel referendum di autodeterminazione del prossimo novembre 2018.

Bibliografiabensa A., Chroniques Kanak. L’ethnologie en marche, paris, ethnies-documents, 1995.Kohler J.-m., Wacqaunt l., L’école inégale. Éléments pour une sociologie de l’école en Nouvelle Calédonie, nouméa, orstom, 1985.pineau-salaün m., Être kanak à l’école, “revue ethnies”, 22-23, 1998: 51-70.pineau-salaün m., Décoloniser l’école ? Hawai’i, Nouvelle-Calédonie. Expériences contemporai-nes, rennes, presse universitaire de rennes, 2013.

Keywords: colonialismo; popoli autoctoni; istituzione scolastica; decolonizzazione.

la piccola sicilia di tunisi.razzializzazione della subalternità in un protettorato francese (secoli XIX-XX)

carmelo russo (università degli studi “la sapienza” di roma) [email protected]

Il contributo è incentrato sul caso peculiare di costruzione di una essenza etnica siciliana da parte francese dopo l’instaurazione del protettorato in tunisia (1881). le grandi opere

promosse dalla francia avevano attratto manodopera siciliana poco qualificata. da questa im-migrazione era nata la piccola sicilia di tunisi. Alcuni vertici politici, intellettuali e orga-ni di stampa francesi propugnavano la costruzione di una “razza siciliana” caratterizzata da perico-losità sociale, inadeguatezza alla socialità, indolenza alla vita lavorativa. la po-vertà dei sicilia-ni, tradotta nella capacità di accettare guadagni miseri, avrebbe favorito la disoccupazione dei lavoratori francesi (faranda 2016).si trattava di un processo ambivalente. da un lato, gli stessi siciliani tendevano a rappre-sen-tarsi strutturati su “tratti tipici” quali l’uso di dialetti isolani, “tradizioni” culturali, ha-bitus sociali definibili come “siciliani”. dall’altro, la francia per un verso discriminava i siciliani, per un altro tentava di naturalizzarli per aumentare le presenze di propri cittadi-ni, erodendo quelle di italiani (faranda 2016).soprattutto, la sicilianità era un elemento simbolico con cui si “sceglieva” un’identità sfa-vo-rendo altre rappresentazioni, poiché la realtà sociale era composita e i “confini etnici” fluidi e porosi (barth 1969): le relazioni sociali, matrimoniali, lavorative tra siciliani, altri italiani, tuni-sini, francesi erano frequenti e complesse, sfuggendo a una “purezza” siciliana (clifford 1988). la fluidità sociale si intersecava a quella urbana: nonostante la piccola sicilia fosse rappresen-tata come luogo connotato dall’elemento siciliano, separato con confini precisi dal resto della città, era dotata di senso da relazioni di asimmetrie di potere. In quanto polarità di degrado, la piccola sicilia era “l’immagine rovesciata” dell’alta borghesia francese e definiva “i marginali” in opposizione allo “splendore” della nuova città (Wac-quant 2008).

Bibliografiabarth f., Ethnic groups and boundaries. The social organization of culture difference, oslo, uni-versitetsforlaget, 1969.clifford J., The Predicament of Culture. Twentieth-Century Ethnography, Literature, and Art, cambridge (mass.)-london, Harvard university press, 1988.faranda l. (a cura di), Non più a sud di Lampedusa. Italiani in Tunisia tra passato e presente, roma, Armando, 2016.Wacquant l., Urban Outcasts. A Comparative Sociology of Advanced Marginality, cambridge (uK), polity press, 2008.

Keywords: sicilianità, tunisia, quartiere etnico, stigma.

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30 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

razzismo e mito della razza nelle produzioni per l’infanzia: dall’impresa libica alla seconda guerra mondiale. Fumetti, giochi dell’oca, libri, figurine

ed esposizioni museali nell’Italia colonialista

marta Villa (università degli studi di trento)[email protected]

In Italia in epoca coloniale ci fu una vasta produzione di letteratura per l’infanzia, di fumetti, di figurine e di giochi in scatola che, propagandando il mito della razza, permettevano la

costruzione di una certa identità bianca in opposizione all’alterità dei colonizzati. Il fumetto avventuroso italiano di ambientazione africana fu strumentalizzato dal regime fascista, con l’impresa coloniale in etiopia (1935). gli autori italiani, tenendo d’occhio i già rodati modelli stranieri, si cimentarono quindi con soggetti avventurosi ambientati nei luoghi delle colonie italiane, facendo ricorso ai più tradizionali topoi riguardanti l’immagine degli africani. lo stes-so accadeva nella costruzione delle sale coloniali dei musei che venivano visitate in massa dalle scuole, soprattutto quelle elementari: tutte le esposizioni erano disposte per far risaltare il primato italiano e la supremazia razziale bianca. l’intervento di taglio storico e antropologico vuole mettere in evidenza il settore poco noto della produzione legata al mondo dei bambini e in particolare il legame stretto tra narrazione, rappresentazione e aspetti ludico didattici di questi strumenti, malleabili e addomesticabili agli intenti di chi deteneva il potere: la costruzio-ne di un preciso immaginario che aveva come soggetti gli uomini e gli ambienti delle colonie era necessario per evidenziare quanto l’identità italiana fosse solida e migliore. I testi scolastici per bambini, le copertine dei quaderni, i giochi da tavolo hanno presentato l’impresa coloniale italiana con immagini profondamente razziste, ma nello stesso tempo hanno cercato di trasmet-tere il messaggio che il nostro impero coloniale fosse molto diverso da quello degli altri stati europei (“Italiani, brava gente!”).

Bibliografiagibelli A., Il popolo bambino, einaudi, torino, 2005.said e. W., Orientalismo: l’immagine europea dell’Oriente, bollati borighieri, torino, 1991. spagnolli n., Villa m., Nel segno della razza: produzioni per l’infanzia e il caso della venere nera Teresa Naretti di Manara, in depilano V., mari l., proglio g. (eds.), Subalternità italiane. Per-corsi di ricerca tra letteratura e storia, Aracne edizioni, roma, 2014.Villa m., L’Oriente giocattolo: rappresentazioni italiane dell’immaginario e propaganda nei giochi da tavolo tra 1800 e 1950, in proglio g. (ed.), Orientalismi italiani, Antares, cuneo, 2012.Villa m., Pubblicità, giochi e potere nell’Italia postunitaria. Per la costruzione di una possibile identità nazionale, in Aru s., deplano V. (eds), Discorsi d’Italia, ombre corte, Verona, 2013.

Keywords: infanzia, mito della razza, Italia colonialista, propaganda razzista.

Colonialismi e Antropologia

2° sessioneVenerdì 9 novembre 2018, ore 15.00-17.00Aula d

coordina: Alberto sobrero.

partecipano: Antonino blando e rosario perricone; fabiana dimpflmeier; nicola martellozzo; fabio mugnaini; giovanni ruocco; paola sacchi, barbara sorgoni e sofia Venturoli.

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33Colonialismi e Antropologia32 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

Intellettuali e fascismo in sicilia (1936-1946).demologia, etnologia, Antropologia e Archeologia ai tempi delle leggi razziali

Antonino blando (università degli studi di palermo)[email protected]

rosario perricone (università degli studi di palermo)[email protected]

la (ri)nascita dell’Impero romano/fascista e la guerra in spagna, da lì a poco, avrebbe portato ad una «rifioritura» della cultura fascista, non più nazionale ma imperiale, non

più statale ma totalitaria. la sicilia e i suoi intellettuali diventarono protagonisti di questa nuova marcia del fascismo; del resto era stato lo stesso mussolini a battezzare la sicilia come «isola imperiale», nell’agosto del 1937. A farsi carico della rifioritura di questa nuova cultura erano non solo gli scrittori e giornalisti ma anche l’università siciliana con i suoi giuristi, i suoi linguisti e glottologi, i suoi antropologi e i suoi archeologi, i suoi economisti. studiosi tutti di grande fama nazionale e internazionale che avrebbero avuto, in personaggi diversi come giovanni gentile e bottai i loro punti di riferimento. con il passaggio dalla nazione all’impero, il fascismo rinsaldava l’alleanza con la chiesa, si emancipava dalla diarchia con la corona, concentrava su di sé il comando militare, cercava una nuova for-mula costituzionale dello stato che gli permettesse di «durare», metteva su il progetto di un nuovo stato delle regioni, dava inizio al sistema giuridico della diseguaglianza razzista e antisemita, abbandonava quel che restava della legalità dello statuto sostituendolo con il principio della volontà del duce, cercava di ritornare alle origini radicali dando l’assalto al latifondo e infine si avviava a una nuova guerra mondiale rompendo con la società delle nazioni, con gli alleati della grande guerra, per passare ad un patto d’acciaio con il nemico di allora ma adesso fedele alleato: la germania nazista.gli intellettuali siciliani si gettarono anima e corpo in questa impresa culturale, presen-tandosi come i veri interpreti della nuova Italia imperiale: creatori di opinione pubblica, capaci di egemonia culturali, in grado di assolvere al compito di intellettuali organici del partito. gli interventi dell’accademici e degli scrittori, nei giornali, nelle riviste, non si contavano: si andava dalla capillare editoria dell’Istituto nazionale di cultura fascista, alle pagine di «critica fascista» o «lo stato», dai settimanali, ai giornali, alla grande distri-buzione libraria e letteraria, per arrivare sino alle feroci pagine della «difesa della razza» o a quelle, più accademiche, del «dizionario politico del pnf». Insomma gli intellettuali siciliani trovarono tutto lo spazio a loro disposizione per portare, finalmente, il fascismo alle sue estreme conseguenze rivoluzionarie; non si trattava solo di un gioco intellettua-le, bensì della straordinaria opportunità, offerta dalla politica imperialista, di poter dare un’azione pratica, immediata, concreta, alle loro idee. la parola che si faceva direttamente atto, che si rendeva subito visibile con l’identificazione, ad esempio, di un nemico vero e concreto, un nemico dell’impero, della razza e, successivamente, un nemico nella guerra, come l’ebreo.l’impero imponeva la riscoperta del mito contadino da parte degli economisti, la celebra-zione del diritto romano, una nuova archeologia che esaltasse la presenza romana nel me-diterraneo, la creazione di una razza pura latina, l’invenzione di una tradizione folkloristica e antropologica fascista, di un diritto penale e costituzionale rivoluzionario, di scrivere una letteratura che uscisse dalla «noia». Intellettuali come il romanista salvatore riccobono, il costituzionalista gaspare Ambrosini, il penalista giuseppe maggiore, l’antropologo giu-

seppe cocchiara, il linguista Antonio pagliaro, l’archeologo biagio pace, scrittori come Vitaliano brancati e elio Vittorini, si trovavano coinvolti, insieme a molti altri, in questo progetto politico. tutti erano fascisti e alcuni lo rimarranno anche dopo il crollo del regi-me, altri passarono all’antifascismo e qualcuno andò a combattere nella resistenza. Questo breve viaggio nell’Impero, durato solo pochi anni, vuole raccontare come, anche in una realtà difficile e «misteriosa» come quella siciliana, vi sia stato un progressivo radicamento il fascismo, a dimostrazione della «sua capacità di costruire un largo “consenso”» tra gli intellettuali, senza «minimizzare o trascurare, come fenomeni superficiali privi di valore sostanziale, le diverse forme di adesione, di allineamento passivo o semplicemente oppor-tunistico». Atteggiamento autoassolutorio che non permette di comprendere la potente costruzione ed eredità intellettuale tra fascismo, antifascismo e repubblica.

Bibliografiabuttitta A., Giuseppe Cocchiara, tra folklore e letteratura, in Id. (a cura di), Giuseppe Cocchiara, Popolo e letteratura in Italia, sellerio, palermo, 2004.cassata f., «Difesa della razza». Politica, ideologia e immagini del razzismo fascista, einaudi, torino, 2008.cavazza s., Piccole patrie. Feste popolari tra regione e nazione durante il fascismo, Il mulino, bologna, 1997.genco m., Repulisti ebraico: le leggi razziali in Sicilia (1938-1943), Istituto gramsci siciliano, palermo, 2000.gentile g., Profilo di Giuseppe Pitrè, introduzione al vol. I dell’«edizione nazionale delle opere di giuseppe pitrè», g. babera, firenze, 1939.Israel g., Il fascismo e la razza. La sceinza italiana e le politiche razziali del regime, Il mulino, bologna, 2010.lupo s., L’utopia totalitaria del fascismo, in Aymard m., giarrizzo g. (a cura di), Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità ad oggi. La Sicilia, einaudi, torino, 1987.

Keywords: manifesto della razza, giuseppe cocchiara, giuseppe pace, sicilia.

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35Colonialismi e Antropologia34 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

manipolazioni mediatiche d’altri tempi? colonialismo, propaganda e costruzione dell’alterità africana alla fine dell’ottocento

fabiana dimpflmeier (università della tuscia di Viterbo)[email protected] [email protected]; [email protected]

nel 1887 il giornalista giuseppe piccinini inizia a pubblicare quattro volte a settimana per l’editore edmondo perino di roma una cronaca a puntate dedicata alle campagne militari che si svolgono in Africa a seguito della bruciante sconfitta di dogali e della decisione dell’Italia di dichiarare guerra all’Abissinia. nato come resoconto veritiero, il lavoro di piccinini (presto raccolto in quattro volumi per un totale di circa 1600 pagine e intitolato guerra d’Africa) include minuziosi reportage di guerra, storie di vita di soldati, informazioni scientifiche sulla regione e i suoi abitanti. l’opera, tuttavia, sulla falsariga dei romanzi d’appendice popolari nell’ottocento, vede ben presto sfumare il confine tra finzione e realtà introducendo una serie di storie romanzate che prendono spunto da luoghi e personaggi reali della colonia e che si accompagna a un utilizzo di molteplici registri narrativi: scritto e visuale, scientifico e romanzesco, ufficioso e confidenziale, colto e popolare. Il tutto corredato da illustrazioni di carte geografiche, battaglie, cammei di soldati, immagini di affascinanti o temibili tipi africani che mantengono viva l’attenzione del pubblico rendendo il volume un brillante esempio di manipolazione mediatica ottocentesca.l’intervento si propone dunque di analizzare il linguaggio scritto e iconografico utilizzato nella guerra d’Africa di giuseppe piccinini, intesa come opera di propaganda coloniale e costruzio-ne mediata delle rappresentazioni dell’alterità africane della fine del XIX secolo. In particolare, esso vuole porre in risalto le logiche e le strategie messe in atto nel testo e il loro sostanziale legame con la costruzione identitaria nazionale italiana.

Bibliografiadel boca A. (a cura di), Adua. Le ragioni di una sconfitta, bari-roma, laterza, 1997.finaldi g. m., Italian National Identity in the Scramble for Africa. Italy’s African Wars in the Era of Nation Building, 1870-1900, bern, peter lang, 2009.nani m., Ai confini della nazione. Stampa e razzismo nell’Italia di fine Ottocento, roma, caroc-ci, 2006.palma s., Immaginario coloniale e pratiche di rappresentazione: alcune riflessioni e indicazioni di metodo, “studi piacentini”, XIV, 2000: 187-201.

Keywords: colonialismo africano, propaganda, rappresentazione dell’altro, costruzione nazio-nale identitaria.

razze, nevi e svastichele ricerche antropologiche della spedizione nazista in tibet (1938-39)

nicola martellozzo (università degli studi di bologna)[email protected]

non c’è nulla di strano in un gruppo di scienziati europei che compie ricerche in tibet. Almeno finché non aggiungiamo che siamo nel 1938, e che quegli scienziati sono nazisti.

la quinta spedizione tedesca in tibet rimane la più famosa, grazie ai suoi obiettivi. Il principale finanziatore fu l’associazione nazista Ahnenerbe, nata con lo scopo di trovare prove storiche e antropologiche sull’esistenza della razza ariana. uno dei principali ideologi della teoria razzista in europa fu Hans günther, antropologo tedesco che propose una classificazione dei tipi fisici umani. Il suo allievo bruno beger prese parte alla spedizione del 1938 come etnologo ufficiale del reich, con lo scopo di compiere misurazioni biometriche sulla popolazione tibetana e rac-cogliere più manufatti possibili.l’antropologia si trovò così impiegata in una survey estensiva, che ha come antecedente storico la spedizione allo stretto di torres (1898). Il caso della spedizione nazista ci offre una testimo-nianza storica problematica, ma anche attuale. la “finzione moderna” di una scienza neutra, a-politica, salta completamente nella ricerca etnologica in tibet, obbligandoci a riflettere sui legami contemporanei tra scienza, politica e ideologia. la ricerca di legami storici e culturali tra razze distanti rende la teoria nazista inaspettatamente trans-nazionale, e un veicolo di processi identitari che, sullo sfondo della seconda guerra mondiale in Asia, hanno una certa importanza geopolitica.la spedizione tedesca non rimane solo un episodio scientifico isolato, ma si apre ad un più am-pio discorso pubblico. Viene prodotto un documentario etnografico, geheimnis tibet (1943), che contribuisce alla costruzione culturale del tibet nell’immaginario europeo. Questa rappre-sentazione dell’alterità è un modo per avvicinarla, declinarla come continuità di razza, iscritta nei corpi stessi. Il lavoro di berger - tra antropometria e ricerca etnologica - lascia dei margini di ambiguità, ma non ferma questo processo.

Bibliografiabanks m., Ethnicity: Anthropological Constructions, routledge, london, 2013.beger b., Mit der deutschen Tibetexpedition Ernst Schäfer 1938/39 nach Lhasa, schwarz, Wiesbaden, 1998.engelhardt I., Nazis of Tibet: A Twentieth Century Myth, in M. Esposito (ed.), Images of Tibet in the 19th and 20th Centuries, École française d’extrême-orient, vol. 1, 2008: 63-96.neuhaus t., Tibet in the Western Imagination, springer, new York, 2012.

Keywords: discorso razziale, antropometria, nazismo, bruno beger.

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37Colonialismi e Antropologia36 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

folklore, razza e regime: la cultura popolare ne “la difesa della razza”

fabio mugnaini (università degli studi di siena)[email protected]

la costruzione degli argomenti con cui gli italiani, autorizzati, invitati o obbligati, a dichia-rarsi “francamente razzisti” dalle leggi razziali, avrebbero potuto sostenere quella svolta

ideologica del regime fascista, fu affidata al quindicinale diretto da telesio Interlandi (pisanty, 2006). Attingendo ad una vasta gamma di saperi accademici (debitamente selezionati e orien-tati), imperniato sul binomio antropologia e biologia (Israel e nastasi, 1999), il potenziale argo-mentativo non mancava di amplificare anche sentimenti o pregiudizi decisamente radicati nella cultura popolare, intrecciati, spesso, con pratiche rituali e di devozione popolare. l’obiettivo evidente era quello di “convincere” che così come il regime era stato razzista fin dei suoi esor-di, presentendo quello che la scienza confermava, così il sentire popolare dell’italiano aveva sempre saputo della differenza che correva tra il “noi” e tutti quei “loro”: le altre razze, sia quelle sottomesse con la conquista coloniale che quelle che invece convivevano da secoli con gli “italiani di razza ariana” e che con essi avevano costruito e condiviso l’avvento alla nuova vita nazionale, partendo dagli ebrei (sarfatti, 2007).l’esaltazione del razzismo popolare (canepa, 1978) fu uno degli estremi segmenti di quell’as-servimento al regime che marcò tanta parte degli studi di folklore (cavazza, 1987) e che mac-chiò nomi destinati ad avere ruoli importanti nello sviluppo successivo degli studi, nell’Italia repubblicana e democratica, nata sulle ceneri del regime (mileto, 1985 ; cocchiara, 1981). mai come oggi, stante il risveglio di ideologie neonazionaliste, neofasciste, razziste e xenofobe, è importante ripercorrere le tracce di quella costruzione ideologica: questo è l’obiettivo del con-tributo che qui si propone, centrato sugli scritti dei folkloristi pubblicati nella rivista razzista .

Bibliografiacanepa A., L’immagine dell’ebreo nel folclore e nella letteratura de postrisorgimento, “la rasse-gna mensile di Israel”, 44, n. 5/6, 1978: 383-399.cavazza s., La folkloristica italiana e il fascismo, “la ricerca folklorica”, 15, 1987: 109-122.cocchiara g., Storia del folklore in Italia, palermo, sellerio, 1981.Israel g., nastasi p., Scienza e razza nell’Italia fascista, bologna, Il mulino, 1999.mileto r.., Etnografia e folklore nelle opere di Raffaele Corso, cosenza, rubbettino, 1985.pisanty V., La difesa della razza, milano, bompiani, 2006.sarfatti m., Gli ebrei nell’Italia fascista, torino, einaudi, 2007.

Keywords: folklore, propaganda, razzismo, regime.

negri d’Italia. tra scienza politica, positivismo e antropologia, il dibattito sulle razze nell’Italia fin de siècle (1890-1900)

giovanni ruocco (università degli studi “la sapienza” di roma)[email protected]

nel processo di costruzione dell’unità politica, l’Italia conosce negli ultimi decenni del no-vecento lo sviluppo di un intenso dibattito determinato dalle difficoltà insite nel processo

di costruzione dell’identità nazionale. Al suo interno, un rilievo assoluto lo assume l’aspro confronto sulle differenze culturali e sociali delle diverse parti del paese, polarizzato in parti-colare lungo l’asse nord-sud, che assume contenuti esplicitamente razziali e utilizza categorie concettuali all’epoca di ampia presa, come quella dell’atavismo. Il dibattito degli anni novanta dell’ottocento, sviluppato soprattutto intorno alle tesi degli esponenti dell’antropologia crimi-nale, chiama in causa i principi e gli statuti stessi di diversi ambiti disciplinari. Infatti, se questi presentano un comune riferimento scientista alla cultura positivista, diverso è il modo in cui focalizzano e interpretano il rapporto tra natura e società. In tal senso, figure intellettuali e po-litiche come gaetano mosca o napoleone colajanni sviluppano una critica serrata delle forme di naturalizzazione delle razze, riconducendole alla loro dimensione storico-sociale. per tutti questi ambiti di riflessione, comunque, il riferimento alla nozione di razza è tanto del tutto evi-dente, quanto essenziale. due elementi di rilievo saranno analizzati in questa comunicazione: da un lato, il conflitto aperto tra campi disciplinari, a partire dal quale in quegli anni in Italia si assiste alla nascita di una scienza politica e si ridelinea lo spazio dell’antropologia; dall’altro la rilevanza che quel confronto assume nella storia italiana, fissando i termini del dibattito successivo cresciuto intorno al tema meridionalista, e soprattutto contribuendo a connotare, anche attraverso la relazione che istituisce tra la riflessione sull’ambito interno nazionale e quel-la verso l’esterno, in particolare verso il mondo coloniale, l’immaginario razziale che ancora sopravvive nel discorso pubblico del nostro paese.

Bibliografia:giuliani g, lombardi-diop., Bianco e nero. Storia dell’identità razziale degli italiani, le mon-nier, 2013.guillaumin c., L’idéologie raciste. Genèse et langage actuel, gallimard, 2002. [1972].nani m., Ai confini della nazione: stampa e razzismo alla fine dell’Ottocento, carocci, 2006.ruocco g., Razze in teoria. La scienza politica di Gaetano Mosca nel discorso pubblico dell’Ot-tocento, Quodlibet, 2017.

Keywords: razze e razzismi, nazione, scientismo, scienza politica, meridionalismo.

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38 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

corrado gini e le spedizioni multidisciplinari del comitato Italiano per lo studio della popolazione: un’analisi preliminare

paola sacchi (università degli studi di torino) [email protected]

barbara sorgoni (università degli studi di torino)[email protected]

sofia Venturoli (università degli studi di torino)[email protected]

In questa presentazione si intende introdurre una ricerca appena avviata sulle carte del co-mitato Italiano per lo studio della popolazione, fondato da corrado gini nel 1928, e in

particolare sui lavori delle dieci spedizioni scientifiche multidisciplinari intraprese dal cIsp: sette all’estero e tre presso le «isole etniche italiane». le spedizioni, che si svolgono tra il 1933 e il 1938 sotto la diretta direzione sul campo dello stesso gini, raccolgono un vasto materiale documentale costituito da questionari etnografici, medici e antropometrici, oltre che da reperti di varia tipologia. In questa sede vorremmo presentare i primi risultati dei lavori svolti su: l’In-chiesta demografica sulle popolazioni della tripolitania, l’Inchiesta demografico-antropologi-co-sanitaria sui samaritani e l’Inchiesta demografico-antropologico-sanitaria sulle popolazioni indigene e meticce del messico. le spedizioni segnano un momento importante nella teoria sul meticciato di gini, uno dei punti centrali della sua eugenetica rinnovatrice. le spedizioni scientifiche del cisp diventano il centro pulsante del comitato e anche il personale laboratorio di gini, in particolare quando, verso la seconda metà degli anni ’30, si incrina il suo idillio con la politica fascista. uno degli scopi centrali delle spedizioni era quello di raccogliere dati su alcune popolazioni per studiare “le cause della decadenza e della scomparsa graduale di certe razze così come le cause della formazione e della fioritura di razze nuove sulle quali la nostra ignoranza è quasi assoluta” (gini 1928: 205). Il presente contributo, prendendo in esame le carte e i documenti risultanti dalle spedizioni, – per lo più ignorati dall’antropologia italiana – intende, da un alto, analizzare il ruolo del maggior esponente dell’eugenetica italiana nell’ambi-to del dibattito scientifico internazionale sulla razza e la sua teoria sul meticciato, che risultava particolarmente in contrasto con i principali discorsi veicolati dalla scienza fascista. dall’altro, riflettere sui percorsi metodologici definiti e costruiti dalle spedizioni del cIsp, analizzandoli alla luce della tradizione europea delle spedizioni scientifiche.

Bibliografiagini c., Le Comité Italien pour l’étude des problèmes de la population, “bulletin de l’Institut International de statistique”, XXIII, 1, 1928: 204-207. gini c., Le rilevazioni statistiche tra le popolazioni primitive - 2, ed. roma, tip. f. failli, 1941.gini c., I Samaritani, genus, 1, 1/2, giugno 1934-XII: 117-146.gini c., Relazione della missione demografica del Comitato Italiano per lo studio dei problemi dellapopolazione in Tripolitania, genus, 1, 1/2, giugno 1934-XII: 109-116.

Keywords: corrado gini, cisp, razza, meticciato.

Razzismi istituzionali e quotidiani

1° sessionegiovedì 8 novembre 2018, ore 15.00-17.00Aula c

coordina: berardino palumbo.

partecipano: maria elisa dainelli; michela fusaschi; fiorella giacalone; luca Jourdan; luca sebastiani.

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41Razzismi istituzionali e quotidiani 40 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

retoriche e dispositivi identitari durante gli “stati generali delle associazioni africane”: un resoconto etnografico

maria elisa dainelli (università degli studi di perugia)[email protected]

Il seguente intervento vuole essere una riflessione di carattere etnografico, a seguito di un incontro svoltosi il 26 maggio 2018, a milano. durante tale giornata ho avuto l’occasione di

seguire due associazioni che sono oggetto della mia ricerca di dottorato (cobetos, comunità beninesi di toscana e comopa, comunità mondiale panafricana) e i soggetti che, come rappre-sentanti, si sono recati nel capoluogo lombardo al fine di partecipare agli “stati generali delle associazioni africane”. tale riunione è stata ed è tutt’ora per me una fonte inesauribile di studio per quanto concerne le retoriche e i dispositivi identitari messi in atto in ambito associativo diasporico, in Italia.durante tutta la sessione di interventi, nei quali ogni rappresentante di associazione, da tutte le regioni, era tenuto a presentare il proprio gruppo e i propri valori di appartenenza, ho po-tuto rilevare molti elementi: prima fra tutti la contrapposizione tra un noi (i neri) e un loro (i bianchi), differenza che passa attraverso il corpo e i suoi segni e che vuole adesso un riscatto tramite questi nuovi attori europei, migranti stabiliti da tempo. nell’esaltazione di una propria narrazione autonoma, un’autoimprenditorialità, una de-colonizzazione degli atti e del pensie-ro, ho percepito però anche una forte compattazione “nera”, che improvvisamente escludeva i partecipanti della parte africana del maghreb e gli italiani presenti in sala.Questa territorializzazione dell’appartenenza, che se non richiamava chiaramente al concetto di razza, ne faceva eco contrapponendo continuamente i bianchi all’orgoglio nero, si inscrive all’interno di una infinita negoziazione di posizione in un contesto di immigrazione per coloro che, anche se da decenni sul suolo italiano, continuano a sentirsi cittadini di serie b.«Abbiamo anche noi la nostra antropologia del sapere!» (otto bitjoka, fondatore del movi-mento degli stati generali delle associazioni africane).

Bibliografia:cutolo A., Regimi di verità. Nazionalismo, anticolonialismo e afrocentrismo nella galaxie patrio-tique in Costa d’Avorio, “l’uomo”, 1-2, 2011: 235-260.mbembe A., A’ propos des écritures africaines de soi, “politique Africaine”, Karthala, 1, 77, 2000: 16-43.geschiere p., The perils of belonging. Autochtony, citizenship and exclusion in Africa and Euro-pe, university of chicago press, 2009.saillant f., Kilani m., graezer bideau f. (a cura di), Per un’antropologia non egemonica, Il manifesto di losanna, elèuthera, milano, 2012.

Keywords: diaspora, panafricanismo, negritudine, associazionismo.

che “genere” di cultura. universalismi-etnocentrici ed economie morali in materia di harmful traditional practices

michela fusaschi (università di roma tre)[email protected]

l’intervento si colloca nell’ambito dell’antropologica pubblica in materia di modificazioni dei genitali femminili-mogf quale critica di discorsi e politiche dell’unione europea. sulla

scia dei lavori dell’antropologa s. engle merry e della giurista femminista ugandese s. tamale ma, soprattutto, sulla scorta di un’etnografia pluriennale e dallo studio dei documenti ufficiali “in favore delle vittime”, anche come responsabile di un progetto ue, si vuole evidenziare come una paradossale interpretazione “universalista-etnocentrica” di concetti antropologici, associata ad una mancanza di riconoscimento delle soggettività nella costruzione del consenso transnazionale, possa innescare processi di razzializzazione e stigmatizzazione piuttosto che percorsi di inclusione sociale. concetti come “cultura” e “tradizione” sono assunti nell’ambito dei diritti umani delle donne (non ne è esente la convenzione di Istanbul, 2011) come forme arcaiche, statiche ed essenzialmente ostili alle donne. molte pratiche, fra cui le mogf o i matrimoni cosiddetti precoci, sono definite harmful traditional practices, rientrando nella più ampia categoria transnazionale di violence against women, radicate nella tradizione e frutto della cultura recepita come un sistema omogeneo e consensuale, privo di dinamicità così come era nell’evoluzionismo universalista e riproposto oggi nel governo umanitario. In questo senso la cultura diventa un problema piuttosto che una risorsa. le mogf costituirebbero l’esempio tipico di questa concettualizzazione che, dal punto di vista pratico, ha permesso di mobilitare l’opinione pubblica a livello globale e locale utilizzando i vecchi modelli della “cultura tra-dizionale” o della “razza” per ribadire la barbarie africana o l’ideologia misogina dell’Islam offrendo l’opportunità di solleticare l’immaginario collettivo sul corpo delle Altre, per lo più le “donne africane” inquadrandole, così, in vere e proprie economie morali differenzialiste e razzializzate.

Bibliografiaengle merry s., Human Rights and Gender Violence. Translating International Law into Local Justice, university of chicago press, chicago, 2006.fusaschi m., Humanitarian Bodies. Gender and Genitals Modifications in Italian immigration policy, “cahiers d’études Africaines”, lV (1), 217, 2015: 11-28.fusaschi m., cavatorta g. (a cura), FGM/C: from medicine to critical anthropology, meti ed., roma, 2018: 250.tamale s., The Right to Culture and the Culture of Rights: A Critical Perspective on Women’s Sexual Rights, “Africa feminist legal studies”, 16, 2008: 48.

Keywords: modificazioni genitali femminili, economie morali, ragione umanitaria, etnografia di genere.

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43Razzismi istituzionali e quotidiani 42 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

gli antropologi di fronte alle norme di razzismo istituzionale: quali pratiche interculturali possibili?

fiorella giacalone (università degli studi di perugia)[email protected]

Il razzismo istituzionale è un complesso di norme e pratiche che riflettono e riproducono disuguaglianze sociali. si rende necessario verificare quanto leggi e comportamenti produ-

cano forme di discriminazioni nei confronti delle minoranze, ma anche quanto queste forgino la stessa opinione pubblica. le questioni migratorie, e i flussi provenienti dall’Africa e dal medio oriente, stanno orientando le politiche di diversi stati europei, in un continuo conflitto sulle regole da riscrivere sul trattato di dublino e sulle diverse modalità per impedire la libera circolazione delle persone. l’europa rischia di spaccarsi proprio sulle politiche migratorie, e il governo italiano si pone come uno dei protagonisti nelle politiche di respingimento. Questo pone agli antropologi una riflessione profonda sulla difficoltà di dialogo tra culture, come sulle stesse politiche di accoglienza e di integrazione, ponendo al centro le questioni dei diritti e del-la convivenza tra persone di nazionalità e religioni diverse. Verranno presentati e commentati alcuni esempi tratta da esperienze di ricerca con particolare riferimento ai richiedenti asilo.

Bibliografiabartoli c., Razzisti per legge. L’Italia che discrimina, bari, laterza, 2012.basso p. (a cura di), Razzismo di stato. Stati Uniti, Europa, Italia, milano, franco Angeli, 2010.faso g., Lessico del razzismo democratico, roma, derive Approdi, 2008.giacalone f., Il razzismo istituzionale attraverso storie di discriminazione: pratiche e linguaggi razzisti, “Voci”, XIII, 2016: 82-106.gjergji I., Sulla governance delle migrazioni, milano, franco Angeli, 2017.

Keywords: razzismo istituzione, pratiche discriminatorie, afrofobia, islamofobia.

Affondiamo le navi delle ong.criminalizzazione della solidarietà e nuovi razzismi nell’Italia contemporanea

luca Jourdan (università degli studi di bologna)[email protected]

con il crollo del comunismo, nell’ultimo trentennio la logica del capitalismo neoliberista è stata in parte controbilanciata da una “ragione umanitaria”, ovvero da un insieme di

discorsi e pratiche biopolitiche orientate alla difesa della vita umana perlomeno nella sua di-mensione biologica (zoé). Attualmente anche quest’ultima logica sta venendo meno e “salvare le vite umane”’ non è più un obbligo morale che sottende la politica e l’azione delle istituzioni. di conseguenza stiamo assistendo a un processo di criminalizzazione della solidarietà in un contesto più ampio in cui la povertà viene intesa sempre più come una colpa. le ong che salvano i migranti in mare, così come i semplici cittadini che li aiutano ad attraversare le alpi, sono diventate il bersaglio di una campagna d’odio che ne criminalizza l’azione. Questo paper intende esplorare l’intreccio fra razzismo da un alto e i discorsi e le pratiche istituzionali volte alla criminalizzazione della solidarietà dall’altra. l’obbiettivo è quello di gettare luce sulla nuo-va fase politico-economica dominata da retoriche sovraniste e neo-nazionaliste e in particolare sulle nuove forme di razzismo che ridefiniscono i confini fra inclusione ed esclusione.

Bibliografiabarbujani g., L’invenzione delle razze, bompiani, 2006.dardot p., laval c., La nuova ragione del mondo, derive Approdi, 2013. fassin d., Ragione umanitaria, derive Approdi, 2018. mbembe A., Necropolitica, ombre corte, 2016.

Keywords: razzismo, ragione umanitaria, solidarietà, ong.

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44 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

razzismo e politiche d’integrazione: problematizzando una relazione “insospettabile”. riflessioni a partire da una ricerca trans-scalare

sul “Quadro europeo per l’integrazione”

luca sebastiani (ces- university of coimbra)[email protected]

Questa comunicazione intende problematizzare i discorsi politici-istituzionali sull’integra-zione dei/delle migranti, risaltando tanto le dinamiche d’inclusione/esclusione differen-

ziale (mezzadra e neilson, 2013) come le storie coloniali che attraversano gli attuali processi di costruzione dell’alterità. decostruendo la retorica mainstream che considera l’integrazione come l’antitesi del razzismo, illustrerò i nessi esistenti tra le due realtà, privilegiando le dimen-sioni istituzionale (Hesse, 2004) ed epistemica (grosfoguel, 2010) del razzismo. con quest’o-biettivo, mi centrerò nel “Quadro europeo per l’integrazione”, uno spazio “multilivello” di soft law istituito dall’unione europea negli ultimi due decenni, basandomi nel lavoro di ricerca della mia tesi di dottorato (2014) . posteriormente, apporterò connessioni trans-scalari tra il piano europeo ed alcune politiche nazionali (segnatamente le spagnole ed italiane), mostrando l’esistenza di un nesso tra “razzismo” ed “integrazione” nei seguenti termini: 1) i saperi implicati negli strumenti politici -manuali, piattaforme consultive, indicatori...- co-struisce un intendimento tecnocratico/depoliticizzato dell’integrazione, silenziando le relazio-ni di potere preesistenti e favorendo una comprensione limitata e psicologicista del razzismo (maeso e Araujo, 2017);2) le retoriche “meritocratiche” ed “inclusive” di tali politiche determinano processi d’inferio-rizzazione dell’Altro(a) razzializzato(a) e dei suoi saperi/forme di vita, considerati inadeguati o incompatibili con le società e democrazie “occidentali”.la comunicazione s’inquadra nel progetto polItIcs: the politics of anti-racism in europe and latin America, finanziato dal consiglio europeo di ricerca (ref.: 725402 - polItIcs – erc-2016-cog. ricercatrice principale: silvia rodríguez-maeso).

Bibliografiagrosfoguel r., Epistemic Islamophobia and Colonial Social Sciences, “Human Architecture: Journal of the sociology of self-Knowledge”, 8 (2), 2010: 29-38.Hesse b., Discourse on Institutional Racism: the genealogy of a concept, in law I., phillips d., turney l. (eds), Institutional Racism in Higher Education, stoke on trent, trentham books, 2004: 131-147.maeso r. s., Araújo m., The (im)plausibility of racism in Europe: policy frameworks on discri-mination and integration, “patterns of prejudice”, 51 (1), 2017: 26-50. mezzadra s., neilson b., The Border as a Method, or, the Multiplication of Labor, durham, nc and london, duke university press, 2013.

Keywords: razzismo istituzionale, razzismo epistemico, integrazione dei/delle migranti, Qua-dro europeo per l’integrazione.

Razzismi istituzionali e quotidiani

2° sessionegiovedì 8 novembre 2018, ore 17.15-19.15Aula c

coordina: berardino palumbo.

partecipano: Ilaria bracaglia; matilde flamigni; lara giordana; sara roncaglia.

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47Razzismi istituzionali e quotidiani 46 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

tra razzismi e neo-colonialismi: l’antropologia come bussola

Ilaria bracaglia (universidad nacional Autónoma de méxico)[email protected]

nel corso dell’anno scolastico 2017/2018 ho curato e realizzato per conto dell’associazione AcAt Italia (Azione dei cristiani per l’Abolizione della tortura) un progetto pilota dedica-

to ai diritti umani rivolto a quattro classi dell’Istituto scolastico tommaso salvini di roma. Ab-biamo riflettuto insieme sulle retoriche securitarie, sui processi di marginalizzazione e definizione di gruppi “minoritari”: ci siamo confrontati dialetticamente attraverso un metodo di tipo focus group e abbiamo individuato alcuni casi esemplari che ci permettessero di vedere come quelle retoriche discorsive si trasformino in prassi. non abbiamo dedicato un incontro specifico al tema “migrazioni” né a quello del “gender”: li abbiamo volutamente mantenuti come presenze co-stanti seppure non centrali del nostro percorso, proprio per evidenziare come attraverso alcune pratiche discorsive chiunque possa divenire “straniero”. non a caso, tra gli argomenti proposti più frequentemente dagli studenti c’erano proprio questioni di genere e “gli immigrati” come li hanno spesso definiti. propongo dunque un resoconto ragionato delle esperienze emerse nel corso del progetto (di cui si può trovare traccia qui: http://www.acatitalia.it/newsite/content/di-ritti-umani-questi-sconosciuti-report-degli-incontri) che per me è stata anche una vera e propria esperienza di terreno: ho raccolto informazioni, ho cercato delle possibili interpretazioni che mi permettessero di orientarmi nel dialogo con questi eterogenei adolescenti. In questo senso – e sono stati proprio gli studenti a farmelo notare – il progetto ha assunto anche i caratteri di un tentativo di antropologia applicata: in un contesto per molti versi desolante come quello attuale, concentro la mia attenzione sulle opportunità e gli strumenti che l’antropologia può offrire per supportare la nascita di discorsi diversi, efficacemente dialoganti, capaci di accogliere ogni tipo di “outsider” e di guardare con sospetto alla categoria stessa di “straniero”.

BibliografiaAppadurai A., Sicuri da morire. La violenza nell’epoca della globalizzazione, meltemi, milano, 2017.bartesaghi e., Genova: il posto sbagliato. La Diaz, Bolzaneto, il carcere. Diario di una madre, dispo-nibile on-line: www.veritagiustizia.it/altro/libri.php, 2003.beneduce r., Etnopsichiatria. Sofferenza mentale e alterità fra Storia, dominio e cultura, carocci, roma, 2007.dal lago A., giordano s., Graffiti. Arte e ordine pubblico, Il mulino, bologna, 2016.dei f., Antropologia della violenza, roma, edizioni meltemi (disponibile on-line fareantropolo-gia.cfs.unipi.it), 2005.girard r., Miti d’origine. Persecuzioni e ordine culturale, feltrinelli, milano, 2005.graeber d., Critica della democrazia occidentale. Nuovi movimenti, crisi dello Stato, democrazia diretta, elèuthera, milano, 2011. malighetti r. (a cura di), Oltre lo sviluppo. Le prospettive dell’antropologia, meltemi, roma, 2005.marchetti s., mascat J. m. H., perilli V., Femministe a parole. Grovigli da districare, ediesse, roma, 2012.olivier de sardan J. p., Antropologia e sviluppo, raffaello cortina editore, milano, 1995.

Keywords: usi sociali dell’antropologia; outsider; minoranze; dicotomie.

gli “spettri” della rivoluzione haitiana e la paura dell’“Altro”

matilde flamigni (università degli studi di genova)[email protected]

la rivoluzione che portò all’indipendenza di Haiti dall’assoggettamento francese (1790-1804), annunciò l’avvento di un tempo nuovo, l’imposizione di un modello di società e

di un’idea di umanità liberati dalla dominazione coloniale e dalla schiavitù. In questi termini tuttavia, le rivolte e gli “spettri di Haiti” vennero interpretate come una catastrofe dalle società schiaviste del mondo atlantico. Attraverso l’analisi di alcune testimonianze e rappresentazioni dell’insurrezione dei coloni fug-giaschi, approfondirò il modo in cui la ribellione, violenta e organizzata, della popolazione nera e servile contro i coloni bianchi riprodusse il timore del contagio insurrezionale nei vicini territori coloniali, mettendone a rischio l’ordine sociale e razziale e costruendo stereotipi sugli haitiani che persistono ancora oggi.nel 1938, c. l. r. James, intellettuale nero nativo di trinidad, rievocò l’insurrezione di Haiti, ormai relegata nell’oblio e dimenticata dalla ricerca storiografica, attraverso la pubblicazione del volume black Jacobins. l’interesse nacque dal suo impegno nel movimento pan-africanista e nella lotta anticoloniale globale: James cercava infatti di parlare al suo presente riscattando un’intera storia di rivolte dei neri. ripartendo da questa prospettiva, mi propongo di decostruire l’universalità dei codici che in-tessono la rappresentazione delle insurrezioni dei subalterni come catastrofe. come la razza è stata prodotta e riprodotta da queste narrazioni distopiche? In che modo il race management si è riarticolato attraverso tali distopie? A partire da queste domande mi concentrerò sui temi attuali dei processi di razzializzazione e dei nuovi conflitti identitari, considerando come le nar-razioni distopiche si rifacciano a un concetto di “comunità in pericolo” selezionate attraverso precise concezioni di razza e di subalternità.

Bibliografiacagliero r., ronzon f. (a cura di), Spettri di Haiti. Dal colonialismo francese all’imperialismo americano, ombre corte, Verona, 2002.du bois W. e. b., Sulla linea del colore. Razza e democrazia negli Stati Uniti e nel mondo, Il mulino, bologna, 2010.James c.l.r., I giacobini neri. La prima rivolta contro l’uomo bianco, derive & Approdi, roma, 2015.lowe l., The Intimacies of Four Continents, duke university press, durham, 2015.

Keywords: schiavitù; razza; catastrofe; rivoluzione.

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49Razzismi istituzionali e quotidiani 48 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

“t’es qui toi?”. Il meticciato in nuova caledonia tra passato e futuro

lara giordana (università degli studi di torino)[email protected]

le ondate successive di migrazione (oceaniane, europee, asiatiche) verso la nuova cale-donia, con ragioni e modalità diverse, hanno costruito un paese che viene definito oggi

multietnico.colonia penale dal 1853, divenuta in seguito colonia di popolamento, la nuova caledonia ha conosciuto politiche di esclusione territoriale e giuridica, che hanno regolato amministrativa-mente la mobilità degli indigeni kanak fino al 1946, ma le cui conseguenze si sono protratte ben oltre.Inoltre, nelle famiglie dei coloni europei i meccanismi della trasmissione patrimoniale con-tribuiscono all’“integrazione” dei figli nati da unioni miste, numerose sin dalle origini della colonizzazione, vista l’iniziale scarsità di donne europee. d’altra parte, le società kanak, come molte società oceaniane, manifestano un grande interesse per lo straniero da “coltivare” (Hau-dricourt 1964), attraverso la diffusa pratica dell’adozione, che rafforza i “clan” sul piano so-ciopolitico.tali elementi contribuiscono a far sì che, a differenza di altri territori sottoposti al controllo francese, in nuova caledonia al pur importante meticciato biologico (bensa 1988 e dauphiné 1996) non corrisponda l’emergenza di un gruppo sociale autonomo, riconosciuto come metic-cio.nonostante non sia emersa in maniera stabile una rappresentazione collettiva dei meticci, la “questione del meticciato” è comparsa spesso sulla scena pubblica: a lungo stigmatizzata, pas-sata sotto silenzio, è stata argomento politico contro le rivendicazioni indipendentiste nel corso degli anni ’80. nell’ideologia del “destin commun” che caratterizza l’attuale processo di deco-lonizzazione, “la questione del meticciato” assume nuova importanza diventando oggetto di valorizzazione sociale e oggetto di ricerca legittimo per gli antropologi.

Bilbiografiabensa A., Colonialisme, racisme et ethnologie en Nouvelle- Calédonie, “ethnologie française”, 18 (2), 1988: 188-197.dauphiné J., Le métissage biologique dans la Nouvelle- Calédonie coloniale (1853-1939), in saussol A., Ztomersky J. (a cura di), Colonies, territoires, sociétés. L’enjeu français, paris, l’Harmattan, 1996: 217-222.Haudricourt A. g., Nature et culture dans la civilisation de l’igname: l’origine des clones et des clans, “l’Homme”, 4 (1), 1964: 93-104.trépied b., muckle A., Les transformations de la question métisse en Nouvelle-Calédonie (1853- 2009), “Anthropologie et sociétés”, 38 (2), 2014: 89- 108.

Keywords: meticciato, multietnico, appartenenza, nuova- caledonia.

casta e razza.riflessioni a partire dai canti dei lok shahir di mumbai

sara roncaglia (università degli studi di milano)[email protected]

traendo ispirazione da una tradizione secolare, i bardi (lok shahir) di mumbai cantano le disuguaglianze derivanti dall’istituzione castale. la maggior parte di essi, di origine dalit,

denuncia il ruolo della casta nella cronaca urbana contemporanea. l’intervento esamina due canti, il primo di Vilas ghogre e il secondo di sambhaji bhagat, in cui vengono descritte le forme di discriminazione che colpiscono i dalit a causa della loro origine. Questa prima analisi permette di mettere in luce il dibattito sui concetti di casta e razza. I tratti salienti del discorso si dipanano a partire da tre punti principali: a) la pubblicazione nel 1936 di contro le caste di bhimrao ramji Ambedkar, principale simbolo della lotta contro il sistema della caste e ispirato-re della costituzione dell’India indipendente; b) l’intervento dei dalit alla conferenza mondia-le contro il razzismo di durban nel 2001; c) la dichiarazione di empatia del 2014 in cui è stata chiesta “la fine dell’oppressione dei dalit in India” da parte dei partecipanti al raduno pubblico per l’ottantacinquesimo anniversario della nascita di martin luther King a Washington d.c.

Bibliografiacharsley s., Untouchable: What is in a Name?, “the Journal of the royal Anthropological Institute”, n. 2(1), 1996: 1-23.ghurye g. s., Caste and Race in India, new delhi, popular prakashan, 1969.omvedt g., Seeking Begumpura: The Social Vision of Anticaste Intellectuals, new delhi, na-vayana, 2008.rege s., Against the Madness of Manu, b.r: Ambedkar’s Writings on brahmanical patriarchy, new delhi, navayana, 2013.

Keywords: casta, dalit, mumbai, lok shahir.

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Razzismi istituzionali e quotidiani

3° sessioneVenerdì 9 novembre 2018, ore 11.15-13.30Aula d

coordina: Alessandro simonicca.

partecipano: Katia ballacchino e letizia bindi; lia giancristofaro e Velentina lapiccirella Zingari; giovanna guerzoni; Zaira tiziana lofranco; Alessandra persichetti; roberta raffaetà; francesca sbardella.

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53Razzismi istituzionali e quotidiani 52 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

far festa al tempo della safety. Azioni securitarie, normalizzazione della diversità e nuove discriminazioni culturali

Katia ballacchino (università degli studi della basilicata)[email protected]

letizia bindi (università degli studi del molise)[email protected]

nel quadro di una etnografia in basso molise che le due autrici stanno svolgendo su un gruppo di cerimoniali caratterizzati dal coinvolgimento di animali e da pratiche rituali

competitive (corse di uomini su carri trainati da buoi e sospinti da cavalli) oltre alle ripetute polemiche animaliste che hanno bloccato più volte queste feste, più recentemente si è attestata un’azione repressiva relativa a temi inerenti la sicurezza. Questo si connette all’accresciuto problema della safety nelle manifestazioni pubbliche conseguente ad alcuni fatti di cronaca che hanno spostato l’attenzione delle istituzioni locali e delle forze dell’ordine sui cerimoniali in cui si ravvedevano rischi per il ‘pubblico’ dirigendosi, così, verso una progressiva ‘sterilizzazione’ dello spazio festivo da ogni aspetto di informalità, creatività e partecipazione. All’interno di questo quadro critico si ripropongono le classiche dicotomie tra modernità e tradizione, tra spazi normati e spazi informali, tra asetticità dello spettacolo mediatizzato e fusionalità della performance tradizionale che doppiano e rafforzano vecchie forme e discorsi della discrimi-nazione: civili/selvaggi, norma/anomia, sobrietà/eccesso, controllo/eccedenza, etc. In questa logica neo-securitaria le comunità coinvolte vengono additate come irrazionali e fuori controllo e di conseguenza come arretrate e obsolete. In questo caso, inoltre, tre delle quattro comunità interessate sono di minoranza arberëshe e questo talora potrebbe finire per implicare anche forme di discriminazione e pregiudizio culturale.

BibliografiaAppadurai A., Fear of Small Numbers: An Essay on the Geography of Anger, durham, london, 2006.bendix r. et alii (a cura), Heritage Regimes and the State, göttingen, 2012.castel r., L’insicurezza sociale. Che significa essere protetti?,torino, 2003.ceci A., La trilogia della città conviviale, Antropologia della sicurezza, 1, eurilink, 2010. foucault m., Sécurité, territoire, population, cours au collège de france (1977-1978), paris, 2004.

Keywords: patrimonio immateriale, securitarismo, pregiudizio, partecipazione.

La palla eh di Ciciano e l’unesco. Il patrimonio ludico tradizionale come strumento di integrazione e superamento

della xenofobia in un piccolo paese toscano

lia giancristofaro (università degli studi “g. d’Annunzio” di chieti-pescara)[email protected]

Velentina lapiccirella Zingari (università degli studi “g. d’Annunzio” di chieti-pescara)[email protected]

la presente proposta contiene la prima sistematizzazione di un’etnografia condotta in toscana nel quadro di un più ampio interesse nei processi regionali / nazionali / globali di patrimo-

nializzazione e monitoraggio messi in atto negli ultimi due decenni, soprattutto, ma non esclusi-vamente, dal quadro della convenzione unesco sul patrimonio culturale Immateriale (2003). Il rapido flusso migratorio ha trasformato e sta trasformando la vita di molti paesi d’Italia e d’eu-ropa. la frazione di ciciano, comune di chiusdino, conta circa 300 abitanti di cui poco meno di un terzo stranieri, costituisce un interessante caso di studio. Qui, la pratica del gioco tradizionale della palla eh! (o palla 21) è considerata dagli abitanti della frazione una grande opportunità di comunicazione e dialogo interculturale. nella interpretazione che ne fa la comunità dei giocatori praticanti, la palla eh permette in tempi brevi alle famiglie migranti di entrare in dialogo con la società locale. la palla eh si pratica in piazza, in spazi liberi dalle macchine e strutturalmente inclusivi, in accordo con l’intera comunità dei residenti. nel 2017, la comunità della palla eh ri-sponde con entusiasmo all’invito che viene da Associazione giochi Antichi (AgA) di Verona, di unirsi a comuni tutta Italia per partecipare alla creazione di una rete italiana per la salvaguardia dei giochi e sport tradizionali nel quadro del progetto tocatì - festival internazionale dei giochi in strada. Quali risorse trova, nella convenzione e più in generale nell’organismo sovra-nazionale dell’unesco, una piccola comunità locale? Quali sogni e quali immaginari sono in movimento dentro questa iniziativa? Il caso di studio permette di analizzare convergenze tra gli usi sociali del patrimonio culturale e i valori all’opera dentro le narrative di una piccola comunità che professa l’antirazzismo praticato nel quotidiano di un gioco patrimoniale. contro le nuove retoriche della razza, la costruzione di stigmi e stereotipi in crescita in una società globale attraversata dalla tentazione della chiusura identitaria che raggiunge anche il territorio di un piccolo comune to-scano, giocare insieme e partecipare alla costruzione della rete translocale di tocatì permette alla comunità di ciciano di sentirsi nel mondo, parte di un progetto visionario, utopico eppure reale.

Bibliografiagiancristofaro l., Politiche dell’immateriale e professionalità demoetnoantropologica in Italia, roma, Aracne, 2018.giancristofaro l., lapiccirella Zingari V., Società Civile e Patrimonio Culturale Immateriale, mi-lano, franco Angeli, 2018 (in stampa).lapiccirella Zingari V., Dalle tradizioni popolari al patrimonio culturale immateriale. Un processo globale, una sfida alle frontiere, “palaver”, IV, 2, 2015.lapiccirella Zingari V. , in parbuono d. , sbardella f. (a cura di), Costruzione di patrimoni. Le parole degli oggetti e delle convenzioni, patron, bologna, 2017.

Keywords: xenofobia, migrazione, comunità, gioco.

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55Razzismi istituzionali e quotidiani 54 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

classi etniche? I rischi del razzismo istituzionale nei contesti scolastici

giovanna guerzoni (università degli studi di bologna)[email protected]

“ prima i bambini veneti”, “In questo liceo non ci sono bambini rom né disabili”, la cronaca appare troppo spesso attraversata, specie negli ultimi mesi, da numerosi casi di razzismo isti-

tuzionale in ordini e gradi diversi della scuola italiana. le dimensioni del razzismo istituzionale nei contesti scolastici possono rivelarsi in modo esplicito, in azioni e dichiarazioni razziste e di-scriminatorie, ma anche - forse soprattutto - in modo implicito, ad esempio, nel definire criteri organizzativi – di accesso, di costruzione delle classi, nelle azioni educative o nella progettazio-ne pedagogica ecc. - che si tramutano o rischiano di tradursi in atti discriminatori con evidenti violazioni del diritto all’istruzione e all’educazione degli studenti; in questo senso il razzismo istituzionale è stato definito nelle “forme di organizzazione istituzionale che producono sia tra gli utenti che tra gli operatori disfunzioni, conflitto e devianza” (bartoli, 2012). Il razzismo istituzionale pertanto si rivela non solo sul piano del mancato sostegno al pieno sviluppo della personalità individuale, ma anche tutte quelle volte in cui l’azione istituzionale, che dovrebbe promuovere l’esperienza della cittadinanza e della coesione sociale a partire dal gruppo classe, viene indebolita o addirittura delegittimata a favore di un gruppo specifico. si tratta di azioni particolarmente gravi oggi in una fase in cui il compito istituzionale della scuola è richiamato a sostenere un’idea di cittadinanza plurale basata sul riconoscimento della diversità culturale, del rispetto dell’altro di un pensiero plurale in grado di promuovere processi di costruzione identitaria che agiscono una pluralità di appartenenze proprie al mondo contemporaneo.

Bibliografiabalibar e., Wallerstein I., Razza, nazione, classe. Le identità ambigue, roma, edizioni associate editrice internazionale, 1996. bartoli c., Razzisti per legge. L’Italia che discrimina, roma, laterza, 2012.Ass. lunaria (a cura di), Cronache di ordinario razzismo. Quarto libro bianco sul razzismo in Italia, 2017.cingolani p., premazzi V., Dispersione scolastica e studenti di origine straniera, report fieri, febbraio 2016.rivera A., Regole e roghi. Metamorfosi del razzismo, bari, dedalo, 2009.simonicca A. (a cura di), Antropologia dei mondi della scuola, cIsu, 2011.Wieviorka m., Il razzismo, roma, laterza, 2000.

Keywords: razzismo istituzionale, scuola, antropologia dell’educazione, migrazione.

etnografia di una pratica ambigua: la mediazione interculturale a scuola tra inclusione e segregazione dell’utenza “straniera”

Zaira tiziana lofranco (università degli studi di bergamo)[email protected]

la mediazione interculturale è una pratica consolidata attraverso cui la scuola italiana ha fino ad oggi gestito il confronto con la diversità rappresentata dall’utenza immigrata.

Introdotta in Italia negli anni ’90 per gestire l’emergenza linguistico-comunicativa posta dall’a-lunno migrante neoarrivato, la mediazione “ponte” era funzionale ad un modello multicultura-le di società, sorretto da una concezione essenzializzata di lingua e di cultura di cui gli individui sarebbero “portatori” in quanto membri di un gruppo nazionale.la riflessione teorica sviluppatasi a partire dalla metà degli anni 2000 ha invece promosso il passaggio paradigmatico ad un tipo di mediazione interculturale che intende innescare un mu-tamento culturale sia nell’utenza, sia nella scuola.più di recente il vecchio modello di mediazione “ponte” sembra essere messo in crisi anche dalle sfide educative lanciate dai “nuovi italiani”: genitori residenti in Italia da almeno un ven-tennio ed alunni nati nel nostro paese che sviluppano competenze in lingua italiana e compar-tecipano alla produzione della cultura locale.la precarizzazione della figura del mediatore e i tagli al welfare dopo la crisi iniziata nel 2007 hanno indotto alcune scuole ad “arrangiarsi” ed hanno reso incerta la trasposizione delle rifles-sioni teoriche aggiornate sulla mediazione alla pratica scolastica.Il contributo intende analizzare in maniera critica questa specifica congiuntura attraverso la presentazione di un’etnografia condotta in un progetto di mediazione scuola-famiglia in un istituto scolastico e in una attività di mediazione condotta in uno spazio compiti extra-scola-stico.A partire da queste due esperienze si intende riflettere criticamente sulle potenzialità della mediazione di promuovere l’inclusione dell’Altro, favorendone la partecipazione in istituzioni non più monoculturali, ma anche di diventare un nuovo strumento di etnicizzazione e segrega-zione dell’utenza di origine straniera, impedendone l’autoespressione.

Bibliografiarossi e., La mediazione in classi multiculturali, roma, bonanno editore, 2012.Villano p., riccio b., Culture e mediazioni, bologna, Il mulino, 2008.gobbo f. (a cura di), L’educazione al tempo dell’Intercultura, roma, carocci, 2008.favaro g., fumagalli m., Capirsi diversi. Idee e pratiche di mediazione interculturale, roma, carocci, 2004.

Keywords: mediazione interculturale, scuola, extra-scuola, inclusione, segregazione.

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57Razzismi istituzionali e quotidiani 56 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

razzismo e settarismo in medio oriente. Il caso della siria pre e post-bellica

Alessandra persichetti (università per stranieri di siena)[email protected]

la riflessione che il mio contributo al convegno vorrebbe apportare si incentrerà su un nodo nevralgico della geo-politica contemporanea: il sanguinoso conflitto che oppone sunniti e

sciiti in medio oriente e, più in particolare, nell’arena della guerra civile siriana. In particolare, mi interessa studiare le aree d’intersezione tra razzismo e settarismo etnico-religioso attraverso una ricostruzione storico-antropologica relativa all’ultimo secolo a partire dalla scottante attua-lità politica. dopo aver analizzato l’eventuale esistenza del concetto di “razza” nella storia della cultura islamica classica e nei sistemi tribali della regione, mi concentrerò sulle retoriche e sulle modalità di costruzione dello stato nazionale siriano in relazione alle plurime identità religiose, etniche, linguistiche. come sono stati costruiti e intrecciati i concetti di “nazione”, “etnia”, “confessione religiosa” nella siria post-coloniale? Quali stereotipi reciproci hanno fondato le relazioni tra etnie, confessioni religiose, sette, tribù dalla costruzione dello stato siriano sotto Hafez al-Asad al 2011? e dal 2011 ad oggi? la conquista dell’Iraq nel 2003 segna una svolta importante nella storia delle relazioni tra sunniti e sciiti nel mondo islamico: attraverso l’analisi della comunicazione mediatica (stampa, internet, tv) e delle figure religiose istituzionali più autorevoli o famose, tenteremo di ricostruire l’escalation della tensione che ha causato il rinfo-colamento della contrapposizione - latente dalla battaglia di siffin (657d.c.) ad oggi! - tra le due maggiori sette dell’Islam.

Bibliografiarodinson m., Politique et croyance, paris, fayard, 1993.mneimneh H., From Communitarism to sectarianism: the trajectory of factionalism in the Arab Middle East, Hartfort seminary, 2016.Hashemi n., postel d., Sectarianization: mapping the new politics in the Midlle East, oxford university press, 2017.makdisi u., The culture of sectarianism. Community, history and violence in nineteenth century ottoman Lebanon, the university of california press, 2000.

Keywords: razzismo, settarismo, comunitarismo, guerra civile.

semi di razzismo o semi di speranza? Il ruolo del verde urbano nei processi di cittadinanza nella città di bolzano

roberta raffaetà (libera università di bolzano)[email protected]

Il concetto di razzismo rinvia quasi automaticamente a processi identitari tra gruppi umani. prendendo come spunto il caso della presenza/assenza del verde urbano nella città di bolza-

no, la mia presentazione riflette su come in botanica esista un lessico fortemente connotato da termini razzisti per descrivere i rapporti tra specie vegetali e come questo razzismo partecipi nei processi di razzializzazione tra gruppi umani. la mia presentazione deriva da una ricerca antropologica, parte del progetto greencItIes. Il progetto, condotto da un team interdisci-plinare alla libera università di bolzano, mira a comprendere il ruolo giocato dal verde urba-no nella creazione di benessere - largamene inteso - dei cittadini. la mappa del verde urbano della città di bolzano verrà letta come uno spazio topografico che rende manifeste le varie stratificazioni identitarie che hanno accompagnato la storia della città nei secoli. l’inclusione/esclusione di particolari specie areboree cristallizza tensioni identitarie, che permangono e se-gnano ancora oggi le politiche d’appartenenza della città. A partire da queste considerazioni, la mia presentazione aprirà alla riflessione di come gli alberi possano partecipare ad un processo collettivo che lasci spazio al fiorire di un concetto di cittadinanza più inclusivo ed aggregante in tempi di crisi sia ecologica che identitaria.

bibliografiaZinn d., Migrants as metaphor. Institutions and Integration in South Tyrol’s Divided Society, roma cIsu, 2018.clark n., The Demon-Seed: Bioinvasion as the Unsettling of Environmental Cosmopolitanism, “theory, culture & society”, 19, 1-2, 2002: 101-125.rival l. m., The social life of trees: anthropological perspectives on tree symbolism, berg, oxford, 1998.myers n., Becoming Sensor in Sentient Worlds: A More-than-natural History of a Black Oak Savannah, in bakke g., peterson m. (eds), Between Matter and Method, bloomsbury press, 2017: 73-96.

Keywords: natureculture, verde urbano, bolzano, cittadinanza.

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58 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

cattolicesimo etnico? trasformazioni, discriminazioni, potere

francesca sbardella (università degli studi di bologna)[email protected]

Questo intervento nasce sulla base delle ricerche di campo sviluppate per il prIn 2012 mi-grazioni, legami familiari e appartenenze religiose: interrelazioni, negoziazioni e confini e

sulla base delle ricerche organizzate all’interno del vasto lavoro di ricerca condotto, in questi ultimi anni, dall’osservatorio sul pluralismo religioso (opr) di bologna sulle diverse forme di cattolicesimi dei migranti in emilia romagna. Intendo chiedermi in che termini sia possibile parlare di cattolicesimo etnico, cosa si intenda con questa espressione e quali siano gli attori sociali che lo costruiscono. I gruppi migranti in Italia hanno declinato il cattolicesimo nostrano e hanno costruito dei sincretismi di credo, di liturgia, di prassi. È la stessa stanzialità in terra lontana che inventa gruppi coesi, caratterizzati e caratterizzanti che, nonostante non abbiano in effetti né credenze né provenienza comune, fanno nascere centri pastorali tutto spontanei, a volte socialmente invisibili. Queste voci pas-sano spesso attraverso il filtro della famiglia che, a livello micro, le inventa, le sperimenta e le vive al suo interno. la famiglia intesa come nucleo sociale minimo ma anche come gruppo di famiglia allargata, come spesso si ritrova in molti contesti di migranti.la dimensione religiosa delle comunità migranti interagisce non solo con le politiche sociali at-tuate nei paesi di provenienza, con le politiche di “evangelizzazione” e di assistenza della chiesa cattolica, ma anche con spinte religiose dei migranti stessi. necessario chiedersi quanto questi sincretismi nascano dal basso e dall’interno del gruppo migrante o siano invece la costruzione stessa della struttura ecclesiastica, che ripensa a sua volta i testi ecclesiastici di riferimento e tenta azioni mirate volte all’assorbimento di quelle che, sulla carta, sono percepite come de-vianze rispetto al canone.

Bibliografiabonizzoni p., conti p., Famiglie straniere e processi di integrazione sul territorio: un approccio multidimensionale, in Ambrosini m., bonizzoni, p. (eds.), I nuovi vicini. Famiglie migranti e integrazione sul territorio. Rapporto 2011, fondazione Ismu, milano, 2012: 61-84.Kofman e., Family-related migration: a critical review of European Studies, in “Journal of eth-nic and migration studies”, 30 (2), 2004: 243-262.Kokot W., tölölyan K., Alfonso c. (eds), Diaspora, Identity and Religion: New Directions in Theory and Research, routledge, new York, 2004.sabbarese l., Migrazioni e diritto ecclesiale. Aspetti strutturali e risvolti pastorali, “Ius missio-nale”, anno V, 2004: 221-256.pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli Itineranti, Erga migrantes caritas Christi, 2004.

Keywords: cattolicesimi etnici, evangelizzazione, liturgia, immigrazione.

Razzismo e migrazioni

1° sessionegiovedì 8 novembre 2018, ore 15.00-17.00Aula d

coordina: patrizia resta.

partecipano: sara bonfanti; maria giovanna cassa; milena greco; francesco pompeo.

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61Razzismo e migrazioni60 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

un tocco di ‘marrone’. giochi cromatici sulla pelle delle diaspore indiane nel mediterraneo

sara bonfanti (università degli studi di trento)[email protected]

se l’india è tristemente nota per un sistema castale mai bandito e per rinnovati focolai di razzismo, le diaspore indiane trasferitesi in paesi occidentali sono anche imbricate in altri

discorsi e pratiche (anti)razzisti. Intendendo per razzializzazione un processo di traduzione so-cio-culturale, che spesso si accompagna alle migrazioni transnazionali, il contributo considera le esperienze razziali dei punjabi nel nord-Italia: area ad alta densità immigratoria, segnata in diverse misure da un passato nazional-coloniale rimosso, da un razzismo interno cangiante, e da una xenofobia avallata da politiche destrorse. con profondità storica, e sulla base della mia ricerca etnografica multi-situata condotta tra Italia e India nel triennio 2012-2014 (e riaperta dal 2017, allargandosi al regno unito), tratterò di specifiche dinamiche razziali quotidiane che attraversano sia confini geopolitici che frontiere sociali (in termini di genere ed età, clas-se, etnia e religione). Il lavoro sul campo con punjabi italiani rivela una matassa di relazioni razzializzanti e razzializzate messe in atto in un contesto super-diverso: all’interno di e tra minoranze immigrate, in una società ospitante disomogenea. nonostante una certa retorica multiculturale, e una marginalizzazione della négritude africana (sotto una governance europea ideologicamente bianca, maschile, laico-borghese), gruppi e individui di origine sud-asiatica incorporano, agiscono e resistono la tinta ambivalente del brownie (la pelle marrone) su una scala del colore volatile, come messo in scena con ironia in un progetto teatrale giovanile. delegittimata la nozione di razza, cogliere la transnazionalità della razzializzazione minuta e quotidiana è un passo teso a comprendere la resilienza dei razzismi, in un mondo sempre più plurale ma non di meno ineguale.

BibliografiaHall s., Living with Difference (Reference ed.). A Conversation with Bill Schwarz, london, Queen theatre, Video, 2007.mellino m., De-Provincializing Italy: Notes on race, racialization and Italy’s coloniality, in lom-bardi-diop c., romeo c. (eds.), Postcolonial Italy. Challenging national homogeneity, new York, palgrave, 2012: 83–99.prashad V., The karma of Brown folks, minneapolis, university of minnesota press, 2000.silverstein p., Immigrant racialization and the new savage slot: Race, migration, and immigra-tion, “Annual review of Anthropology”, 34, 2005: 363–384.

Keywords: diaspore indiane, multiculturalismo italiano, race relations transnazionali, etnogra-fia del quotidiano.

Diventare razzisti migrando?Incontri, rappresentazioni e razzismi fra gli italiani in marocco

maria giovanna cassa (università degli studi di milano bicocca)[email protected]

l’intervento prende in esame un caso particolare: quello dei nuovi migranti italiani in ma-rocco, in particolare le rappresentazioni di sé e dell’altro secondo le dicotomie italiani/

marocchini, occidentali (moderni e civili)/africani (arretrati e rinchiusi in logiche tradizionali/patriarcali), imprenditori operatori di sviluppo/dipendenti bisognosi di educazione, cristiani/mussulmani.A partire dalle testimonianze dirette e da casi etnografici si intende far emergere come queste costruzioni discorsive dell’altro portino a una lettura culturalista dell’altro in cui le differenze sono descritte così profonde da giustificare l’incomunicabilità, così radicate nelle tradizioni e nelle pratiche della religione musulmana da essere naturalizzate fino allo slittamento verso la spiegazione su base biologica dell’impossibilità di incontro: “ce l’hanno nel dnA”, “è nella loro natura”. Verranno ricostruite sia le ragioni storiche di tale situazione (che affondano le radici nella politica fascista di costruzione di una identità italiana e nell’impresa coloniale), che contemporanee (dimostrando come alcune pratiche discorsive razziste e islamofobiche italiane agiscano sia dentro che fuori dai confini nazionali). Anche dopo la migrazione infatti gli stere-otipi strutturati in Italia sembrano mantenere la loro funzione di strumenti per categorizzare e rendere comprensibile sia il contesto di nuova residenza che le relazioni quotidiane.Verrà inoltre fatto cenno a come la “linea del colore” che definisce i confini del “noi” sia ela-stica e mobile fino ad includere alcuni marocchini o escludere alcuni italiani; queste negozia-zioni e slittamenti delle appartenenze tuttavia non sembrano incrinare, ma anzi confermare, la convinzione dell’impossibilità di un incontro con i marocchini da un lato e la definizione di sé come cosmopoliti grazie all’esperienza di migrazione dall’altro.

BibliografiaAgier m., La condition cosmopolite. L’anthropologie à l’épreuve du piège identitaire, paris, la découverte sciences humaines, 2013.bachis f. 2018, Sull’orlo del pregiudizio. Razzismo e islamofobia in una prospettiva antropologi-ca, cagliari, Aipisa.eriksen t. H., Ethnicity and Nationalism. Anthropological Perspectives, london, pluto press, 1993.lombardi-diop c., giuliani g., Bianco e nero. Storia dell’identità razziale degli italiani, milano, le monnier università, 2013.

Keywords: Italiani, marocchini, migrazione, rappresentazioni

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63Razzismo e migrazioni62 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

retoriche xenofobe e migrazioni.la percezione di razzismo e discriminazione fra donne somale a napoli

milena greco (università degli studi di napoli federico II)[email protected]

Il panorama migratorio italiano complesso, dinamico, in cui si intrecciano nuovi e vecchi flussi migratori è stato caratterizzato, fin da principio, da una considerevole componente

femminile, che a sua volta costituisce un universo variegato e articolato. I migranti, d’altro canto, sono sempre più bersaglio di retoriche politiche e sociali legate al neo-razzismo, all’i-slamofobia, mentre è diffusa l’opinione che invadendo in confini attentino alla “cultura”, alla “tradizione” come all’ “identità” nazionale. In questo intervento, si intende riflettere su tali retoriche tenendo conto del dibattito teorico inerente le nuove forme di razzismo, a partire da una ricerca condotta, con un approccio antropologico, nel corso della quale sono state prese in considerazione le esperienze e la percezione di fenomeni legati a pregiudizi, stereotipi o for-me di discriminazione, in diversi ambiti del quotidiano, di donne di origine somala a napoli. saranno messi a confronto, in tal senso, i punti di vista di immigrate presenti in città da diversi anni, che hanno intrapreso percorsi di stabilizzazione e di altre arrivate più di recente nell’am-bito dei flussi di richiedenti protezione internazionale, anche in riferimento a questioni legate all’appartenenza religiosa, come quelle inerenti il velo.

Bibliografia balibar e., The Construction of Racism, in “Actuel marx le racisme apres les races”, n. 38, 2005/2: 11 – 28. decimo f., Quando emigrano le donne. Percorsi e reti femminili della mobilità transnazionale, bologna, Il mulino, 2005. donald J., rattansi A. (a cura di), Race, culture and difference, londra, sage, 1992.signorelli A., miranda m. (a cura di), Pensare e ripensare le migrazioni, palermo, sellerio, 2011.

Keywords: neorazzismo, islamofobia, genere, immigrazione somala.

da banglatown a esquilino2 fra xenofobia popolare, razzismo e in-differenza. una ricerca-azione nel municipio V del comune di roma

francesco pompeo (università di roma tre)[email protected]

roma oggi vive una profonda crisi i cui segnali erano da tempo visibili nei/dai territori. la capitale è un caso specifico di metropoli globale per il suo sviluppo “vernacolare” che sto-

ricamente ha consumato il territorio segnando una molteplicità di confini sociali e simbolici legati ai quartieri. uno spazio urbano articolato in cui la migrazione anima da decenni una realtà multietnica dalla precisa distribuzione.l’intervento presenta gli esiti di una ricerca-azione (protocollo di intesa con il municipio V dal 2016 con l’osservatorio sul razzismo e le diversità- univ. romatre) nell’area orientale, casilino-prenestino, circa 230.000 abitanti; zona di transizione attraversata dalla contraddizio-ne tra una gentrification che realizza l’espansione del centro ed un reinsediamento emporiale migrante con una presenza superiore alla media (12% dei residenti) e la prevalenza della com-ponente asiatica, secondo uno specifico “modello orientale” che crea nuove forme di socialità. un vicinato caratterizzato da una superdiversity, già investito da un processo di appropriazione simbolica dello spazio, prima banglatown d’Italia, oggi, col rafforzamento cinese, divenuta “esquilino 2”.gli elementi quali l’insediamento commerciale, la concentrazione nazionale e la prevalenza di famiglie di cosiddetta seconda generazione, hanno determinato un nuovo contesto, definibile come “neo-autoctonia” riformulando la critica di sayad sugli enfants illegittimes. tale dina-mica viene anche interpretata in chiave conflittuale con manifestazioni di xenofobia popolare legate alla retorica della re-indigenizzazione della periferia e persino pestaggi razzisti come i famigerati bangla tour. dinamiche rafforzate nel 2016-17 dopo gli attacchi terroristici in eu-ropa, con episodi di islamofobia culminati nella “crisi” delle piccole moschee, che ha anche coinvolto alcune scuole pubbliche.

Bibliografiapompeo f. (a cura di), Paesaggi dell’esclusione. Politiche degli spazi, re-indigenizzazione e altre malattie del territorio romano, utet, torino, 2012.pompeo f. (a cura di), Pigneto-Banglatown. Migrazioni e conflitti di cittadinanza in una periferia storica romana, meti, roma 2011.pompeo f., Il ‘modello orientale’: scenari e conflitti della superdiversità romana nell’era dell’i-dentitarismo alemanniano, in lo piccolo f. (a cura di), Nuovi abitanti e diritto alla città: un viaggio in Italia, Altralinea, firenze, 2014: 207-224. pompeo f., «We don’t do politics». Rhetorics of Identity and Immigrant Representation in Rome City Council, “Archivio Antropologico mediterraneo”, XVI, 15 (2), 2013: 87-98.

Keywords: xenofobia popolare, razzismi, neo-autoctonia, etnografia.

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Razzismo e migrazioni

2° sessionegiovedì 8 novembre 2018, ore 17.15-19.15Aula d

coordina: patrizia resta.

partecipano: Annalisa dinuzzo; pietro meloni; pasquale menditto; laura menin.

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67Razzismo e migrazioni66 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

stereotipi, pregiudizi, cosmopolitismi vernacolari nella campania multietnica

Annalisa di nuzzo (università degli studi di salerno; università degli studi suor orsola benincasa - napoli)[email protected]

l’intervento verterà sulle ambivalenze e i paradossi emersi dalle ricerche sul campo che la scrivente conduce da più di un decennio in campania, terra sia di forte emigrazione che di

immigrazione. gli strumenti teorici adoperati sono quelli della metodologia del “campo sociale” che, come si evince dalle ricerche delle antropologhe postcoloniali sulle trasmigrazioni nelle attuali società post-moderne, permette di osservare come -attraverso incontri/scontri quotidiani - gli attori sociali si rendono protagonisti di una silenziosa ma significativa trasformazione che rivela la complessa e ambivalente relazione che si è determinata nei vissuti quotidiani, nelle isti-tuzioni, negli immaginari reciproci. dalla ricerca sono emersi, per un verso, pregiudizi antichi e nuovi stereotipi etnici e di genere, per l’altro la concreta realizzazione di un cosmopolitismo vernacolare, in particolar modo per quei soggetti vulnerabili protagonisti di specifiche migrazioni quali donne e minori non accompagnati.lo straniero si trasforma, gradualmente, da oggetto di osservazione in soggetto osservante che analizza la società in cui inscrive la sua identità di altro. si produce così una sorta di osservazione riflessiva - che contribuisce alla costruzione del sé in relazione all’altro.si tratta - è evidente – di una etnografia che trasforma continuamente gli osservatori in osservati e fornisce materiale prezioso per un’antropologia riflessiva: una continua, reciproca ridefinizione identitaria che investe sia chi emigra ma anche e soprattutto chi accoglie. se pure a fatica e in ma-niera carsica, la ricerca lascia intravedere, il graduale definirsi di nuove identità nomadi, “identità composite”, o più semplicemente soggettività post-moderne.

Bibliografiadi nuzzo A., La morte, la cura, l’amore – Donne ucraine e rumene in Campania, roma, cIsu, 2009.di nuzzo A., Donne migranti in Campana: crudeltà quotidiane, sistemi familiari, matricentrismo trasmigrante, in guidi l. pelizzari m.r. (a cura di), Atti del convegno nazionale delle storiche, Vol. IV,2 Il genere della violenza. Linguaggi e rappresentazioni in Nuove frontiere per la storia d genere, 2011.di nuzzo A., Fuori da casa. Migrazioni di minori non accompagnati, roma, carocci, 2013. di nuzzo A., Rivoluzioni silenziose. Nuovi sistemi familiari, genitori e figli nel meridione italiano multietnico, in marchesini s., martinelli n., paini A., rossi m. (a cura di) Seconda e terza gene-razione Integrazione e identità nei figli di immigrati e coppie miste, Verona, stamperie comune di Verona, 2014.glick-schiller n., Trasnational Social Fields And Imperialism: Bringing A Theory of Power to Transnational Studies, “Anthropological theory”, 5, 4, 2006: 439-461.macisti m., pugliese e., L’esperienza migratoria. Immigrati e rifugiati in Italia, roma-bari, later-za, 2003.pugliese e., L’Italia tra migrazioni internazionali e migrazioni interne, bologna, il mulino, 2006.sassen s., Globalizzati e scontenti, milano, il saggiatore, 2002.sen A., Identità e violenza, roma-bari, laterza, 2008.

Keywords: trasmigrazione, stereotipo, cosmopolitismo vernacolare, pregiudizio.

l’immaginario del benessere. razzismo ed esclusione sociale nelle forme di consumo

pietro meloni, università degli studi di siena [email protected]

In una società dove le differenze si riproducono in modo privilegiato nelle forme di consumo, è negli oggetti del quotidiano che si gioca il senso della distinzione sociale, anche in relazione

alla rappresentazione dell’altro migrante. negli ultimi anni, in effetti, il razzismo si è spesso legato al tema delle merci, stabilendo criteri di inclusione ed esclusione. nei social network e nella vita quotidiana, ad esempio, le persone si lamentano frequentemente dei migranti che arrivano in Italia come richiedenti asilo: sono spesso ben vestiti e in buona forma fisica, dun-que apparentemente in salute. e, soprattutto, possiedono lo smartphone. l’ovvio immaginario che emerge è quello di un migrante che, per meritare di essere accolto, deve presentarsi come indigente, denutrito, privo di tutto.In questo intervento vorrei evidenziare che il consumo, esibito in oggetti del desiderio, riprodu-ce gli stessi tratti superficiali che sono utilizzati per classificare l’altro. se gli oggetti funzionano come barriera e come livello, essi stabiliscono anche le possibilità di inclusione ed esclusione delle persone dai gruppi sociali. da questo punto di vista, il migrante con lo smartphone è una figura incongruente agli occhi del razzista, perché costringe quest’ultimo a ridefinire la propria idea di distinzione sociale. propongo quindi di utilizzare gli studi sul consumo per comprende-re meglio alcune forme di marginalizzazione di soggetti migranti in una società dove le forme di distinzione sono, come direbbe bourdieu, battaglie per imporre stili di vita.

BibliografiaAnderson b., Comunità immaginate. Origini e fortune del nazionalismo, roma, laterza, 2018.bourdieu p., La distinzione. Critica sociale del gusto, bologna, il mulino, 2011.goblot e., La barriere et le niveau, paris, fèlix Alcan, 1925.Hall s., Cultura, razza, potere, Verona, ombre corte, 2018.

Keywords: consumo, merci, distinzione, esclusione sociale

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69Razzismo e migrazioni68 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

governare le vite. etnografia di uno spazio di riconoscimento politico parigino

pasquale menditto (università degli studi di bologna)[email protected]

In risposta alla crisi dei flussi migratori che ha investito lo spazio parigino, le autorità cittadi-ne in collaborazione con lo stato francese hanno istituito nel novembre del 2016 il centro

umanitario di paris-nord (porte de la chapelle), affidandolo alla gestione della ong emmaüs solidarité. Il compito del dispositivo umanitario consisteva nel fornire un’assistenza materia-le ai migranti bloccati negli accampamenti informali sorti in un area compresa tra il XIX e il XVIII arrondissement. Il contributo proposto in questa sede è frutto di un’esperienza di ricerca sul campo condotta in collaborazione con utopia56, un’associazione di cittadini, che ha affiancato emmaüs per buona parte dell’esperienza operativa del centro umanitario. In particolare verranno analizzate le pratiche di accoglienza e governo dei migranti/richiedenti asilo dispiegate all’interno dello spazio della bulle, l’area preposta allo screening della popola-zione migrante, nel tentativo di evidenziare il sapere da esse articolato e ridefinito. I processi di produzione di soggettività riconosciute (donne sole, famiglie, minori, malati) sottendono categorie politico-culturali, che si condensano intorno al principio (morale) della vulnerabilità medico-sociale (fassin), trasformandolo in uno strumento di selezione all’interno della molti-tudine politica dei migranti. Allo stesso tempo, gli individui eleggibili d’assistenza da parte del dispositivo vengono sottoposti a pratiche di governo (foucault) che puntano a disciplinarne i comportamenti così da educarli alle modalità di interazione con il dispositivo stesso. parametri e pratiche di selezione costituiscono dunque il processo di costruzione di un’alterità ricono-scibile (deleuze-guattari), che viene contrapposta ai soggetti esclusi, non conformi, a cui non resta che impegnarsi in un’ulteriore lotta per provare la legittimità della loro presenza.

Bibliografiadeleuze g., guattari f., Mille piani. Capitalismo e schizofrenia 2, napoli-salerno, orthotes, 2017 [1980].fassin d., Humanitarian Reason: A Moral History of present, los Angeles, london, university of california press, 2012 [2010].foucault m., Nietzsche, la genealogia, la storia, in Il discorso, la storia, la verità. Interventi 1969-1984, torino, einaudi, 2001.Hannerz u., La complessità culturale. L’organizzazione sociale del significato, bologna, Il muli-no, 1998 [1992].

Keywords: biopolitica, esclusione, discriminazione, migranti.

razzismo, confini e migranti subsahariani bloccati in marocco

laura menin (università degli studi di milano-bicocca)[email protected]

nell’ultimo decennio, l’effetto combinato dell’esternalizzazione delle frontiere europee e delle politiche restrittive in materia di migrazione in marocco ha reso estremamente peri-

coloso il ‘transito’ dei migranti subsahariani verso l’europa, prolungando la loro permanenza forzata in marocco. I migranti intrappolati in marocco vivono sulla propria pelle una dramma-tica combinazione di controllo transnazionale delle frontiere e violenza istituzionale, demoniz-zazione dei media e razzismo (timerà 2011, pouessel 2012). prendendo spunto dal lavoro sul campo e dalle interviste condotte nel 2014, questo intervento esplora le esperienze di razzismo e dell’emarginazione narrate da sadibou, Yakana, theodoro - tre migranti subsahariani che si ritrovano bloccati nei quartieri più poveri e marginalizzati di rabat - sullo sfondo di politiche di immigrazione in continuo cambiamento e in crescita tensioni sociali. mentre i pregiudizi anti-nero sono radicati nella storia della schiavitù razziale in marocco (el Hamel 2013), gli usi metaforici della schiavitù dei miei interlocutori richiamano anche l’attenzione sulle molteplici e sovrapposte forme di violenza ordinaria e istituzionale che li spingono ai margini di società. concentrandomi legami fra razzismo quotidiano, politiche transnazionali di confine e stigma-tizzazione mediatica dei migranti subsahariani in marocco questo intervento intende riflettere sulle sui più ampie dinamiche storiche e contemporanee di razzializzazione dell’alterità.

Bibliografiael Hamel c., Black Morocco. A history of Slavery, Race, and Islam, new York, cambridge uni-versity press, 2013.menin l., “Anti-black racism”: debating racial prejudices and the legacies of slavery in Morocco, sWAb Working paper series, ledijournal, 2016.puessel s., Noirs au Maghreb. Enjeux identitaires, tunis, Karthala, 2012.timéra m., La religion en partage, la ‘couleur’ et l’origine comme frontière: Les migrants sénéga-lais au Maroc, cahiers d’études africaines, n. 1, 2011.

Keywords: razzismo, confini, razzializzazione, migranti subsahariani.

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Razzismo, media, linguaggi

1° sessioneVenerdì 9 novembre 2018, ore 11.15-13.30Aula A

coordina: gabriella d’Agostino.

partecipano: Alberto baldi; gaetano mangiameli; riccardo putti; max ruben ramos; eugenio Zito.

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73Razzismo, media, linguaggi72 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

Immagini di immaginarie, immaginifiche razze

Alberto baldi (università degli studi di napoli federico II)[email protected]

desideriamo soffermarci sulle modalità di costruzione e rappresentazione di un’alterità che individuano nell’immagine latu sensu intesa il medium capace di stigmatizzare, dettagliare

e dunque “oggettivare” una “ripartizione” razziale tanto nitida quanto variamente immaginata e vivacemente visionaria.In un arco di tempo compreso tra la seconda metà dell’ottocento e gli anni ottanta del nove-cento, periodo specificamente dominato dalle procedure di riproduzione fotografica analogica che assumono i caratteri di un fenomeno di massa, e da una grafica che diviene “tipografica” con una rutilante invasione del colore, intendiamo proporre alcuni casi che rendono evidenti sia in ambito scientifico che divulgativo, e dunque dagli album antropometrici a quelli su usi e costumi, dal romanzo di appendice, ai settimanali illustrati, all’editoria infantile, alla tele-visione certune macroscopiche, immaginifiche messe in forma di un diverso che l’immagine costruisce e determina, demonizza e imbelletta ma soprattutto “recinta” e contiene.

BibliografiaAldrovandi u., Monstrorum historia cum Paralipomenis historiæ omnium animalium, bononiæ, typis n. tebaldini, 1642.Argentieri m., L’Occhio del regime. Informazione e propaganda nel cinema del fascismo, firenze, Vallecchi, 1979.bandi H.g. et al., Età della Pietra, milano, Il saggiatore, 1960.eco u., Storia della Bruttezza, torino, bompiani, 2007.leuzinger e., Africa Nera, milano, Il saggiatore, 1960.ronzon f., Antropologia dell’arte. Dalla pittura italiana del Quattrocento all’arte etnica contem-poranea, roma, meltemi, 2006.Wittkower r., Duemila anni di mostri, «Kos», III, 1986. 4-22.

Keywords: album antropometrici, diversità fotografate, dipinte, disegnate.

la spirale razzista nei social media

gaetano mangiameli (università degli studi di milano)[email protected]

una parte considerevole, se non preponderante, della comunicazione politica in generale, delle prese di posizione pubbliche in tema di antirazzismo più in particolare, nonché delle

manifestazioni di linguaggio violento e/o razzista ha luogo nei social media, dove il razzismo si inserisce in una spirale continuamente alimentata. In particolar modo facebook, per via delle caratteristiche del mezzo, costituisce da tempo una gigantesca forma di produzione di testua-lità in crescita e in costante aggiornamento. nell’ambito delle riflessioni sulla formazione delle opinioni e sulla circolazione delle informazioni, questioni strettamente correlate alle diffuse preoccupazioni sul razzismo contemporaneo, è necessario tenere conto di questa forma parti-colare di materiale etnografico ed è fondamentale farlo focalizzando l’attenzione sulle specifici-tà del contesto dei social media. per gli antropologi si tratta anche di svolgere un lavoro che da un lato va a informare l’impegno politico e dall’altro può stimolare proficue riflessioni di ordine teorico e metodologico, a proposito del punto di vista dell’osservatore, della mobilitazione del capitale culturale e del suo intreccio con il capitale di relazioni sociali, delle costruzioni iden-titarie e degli essenzialismi. In questo intervento si procederà a presentare alcuni spunti in tal senso, a partire dalla concreta esperienza nei social media. Questi ultimi vanno intesi non solo come canali di espressione di contenuti prodotti ed elaborati altrove, nella “realtà reale”, e da qui esportati nel mondo digitale, ma anche come luogo generativo di una realtà discorsiva che dà forma con una propria logica alle relazioni sociali, agevolandole, arricchendole, impoveren-dole o inibendole, a beneficio o a detrimento dell’impegno antirazzista.

Bibliografiabateson g., Verso un’ecologia della mente, milano, Adelphi, 1976.Horst H., miller d. (eds.), Digital anthropology, london-new York, bloomsbury, 2013.remotti f., L’ossessione identitaria, roma-bari, laterza, 2010.rivera A., Estranei e nemici. Discriminazione e violenza razzista in Italia, roma, deriveAp-prodi, 2003.

Keywords: antirazzismo, comunicazione, facebook, impegno.

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75Razzismo, media, linguaggi74 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

la creazione dell’immaginario razzista/antirazzista nel cinema: alcuni esempi

riccardo putti (università degli studi di siena)[email protected]

premesso un esplicito riferimento alla concezione di morin del cinema come luogo dell’im-maginario; morin infatti nel suo libro, recentemente ripubblicato, cinema o l’uomo imma-

ginario osserva la trasformazione, del cinematografo, invenzione a finalità scenica, nel cinema, macchina di produzione dell’immaginario.Adottando questo punto di vista attraverso la lettura di alcuni film nelle loro sequenze più si-gnificative si potrà osservare sia il formarsi e il modificarsi nel tempo sia degli stereotipi razzisti che dei quelli opposti dell’antirazzismo. In effetti del termine razzismo esistono varie defini-zioni anche storicamente varianti: dal razzismo di epoca coloniale, a quello nazifascista, fino a quello contemporaneo che pur non sostenendo più il modello del razzismo scientifico basato sulle razze, individua tuttavia ideologie e pratiche discriminatorie basate sulla costruzione di gruppi sociali, classificati in base alla loro origine e provenienza, a cui sono assegnate caratteri-stiche collettive valutate implicitamente o esplicitamente come inferiori.dunque si procederà con l’analisi di alcune sequenze filmiche e della loro contestualizzazione all’interno dell’impianto narrativo del film.prime ipotesi di film su cui verrà portata l’attenzione sono:griffith nascita di una nazionefleming Via col ventorichard fleischer mandingoKramer Indovina chi viene a cenaspike lee malcolm X,spilberg Il colore violacameron Avatar

Bibliografiamorin e., Il cinema o l’uomo immaginario, raffaele cortina, 2016.castoriadis c., L’istituzione immaginaria della società, bollati boringhieri, 1995. scego I., Quella volta che il razzismo invase l’etere, left 2017 (https://left.it/2017/11/25/igia-ba-scego-quella-volta-che-il-razzismo-invase-letere/).turam l., Per l’uguaglianza, Add editore, 2014.

Keywords: cinema, razzismo/antrirazzismo, immaginario.

Islamophobia in portugal: the portrayal of muslims and Islam in media’ discourses

max ruben ramos (universidade de coimbra)[email protected]

this paper analyses the main Islamophobic discourses presents in portuguese media narra-tives surrounding muslims and Islam since the 2000s. this analisys is based on data from

press and media online, particularly the discursive construction on muslims and Islam after the 9/11 attacks in u.s., the 2006 danish cartoon affair, the 2015 charile Hebdo attack in paris and the campaign and petition, launched in portuguese pubic sphere, in may 2016, against the construction of the new mosque in greater lisbon – in mouraria, where muslims from south Asian and West Africa live and work. In the first part, I examine how the vast majority por-tuguese media and cyberspace narratives tend to represent muslims and Islam. In the second part, I will show how some journalistc coverages in press and mass media – very often focused in tacking and “correct” negative representations of muslims and Islam – have depoliticize the debate on anti-muslim racism in social and political domain, ignoring the institutionalised policies of Islamophobia.

BibliographyAsad, t., Formations of the Secular: Christianity, Islam, Modernity, stanford, cA, stanford uni-versity press, 2003. said e., Covering Islam: How the Media and the Experts Determine How We See the Rest of the World, new York, pantheon books, 1981.sayyid s., A Measure of Islamophobia, “Islamophobia studies Journal”, 2 (1), 2014: 10-25.Van dijk t., Racism and the Press, routledge, london, 1991.

Keywords: islamophobia, media, muslims, portugal.

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76 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

oltre il pregiudizio razziale. Istantanee di incontri, tra memoria, patrimonio culturale e pratiche di sviluppo nell’eritrea post-coloniale (1972-1974)

eugenio Zito (università degli studi di napoli federico II)[email protected]

la memoria post-coloniale del rapporto tra eritrea/etiopia e Italia risulta ancora frammen-taria e in parte da esplorare, anche perché spesso considerata “intrattabile” (elhaik 2014)

per gli stretti legami con la fase coloniale (d’Agostino 2012), il cui carico simbolico di violenza e razzismo ancora pesa (grechi, gravano 2016). diversi lavori storico-culturali e antropologici hanno ricostruito il punto di vista dei soggetti della diaspora eritreo-etiopica in Italia, anche in connessione con l’attuale emergenza migratoria. poco è stato invece scritto in ambito antropo-logico sui rapporti in eritrea ed etiopia tra italiani e locali in epoca post-coloniale. In merito, andando a ritroso nella storia dell’Hansenians’ ethiopian Welfare organization, esperienza di sviluppo socio-sanitario avviata nel 1969 in eritrea e tutt’ora operante in etiopia, emergo-no storie e microstorie, “nascoste” in raccolte fotografiche private e nell’archivio HeWo, in grado di restituire da questa particolare angolatura un panorama stimolante del rapporto tra italiani ed eritrei sul tema dei pregiudizi razziali. nel contributo viene proposta una narrazione visuale di incontri tra cooperanti italiani ed eritrei attraverso istantanee riguardanti le pratiche di sviluppo nei centri HeWo di Asmara, mai-Habar e massawa nel 1972-1974, poco prima della destituzione dell’imperatore Hailé selassié. gli eritrei “assistiti” sono attivi protagonisti nella gestione dei programmi di sviluppo che li riguardano, coinvolti in relazioni giocate su condivisione sociale e scambio interculturale. le foto restituiscono una vivida narrazione di contesti e rapporti improntati a un forte spirito di comunità, dove nella rappresentazione dei corpi non emergono nette separazioni tra gruppi, né tanto meno gerarchie di potere, configu-randosi nell’insieme come un suggestivo patrimonio culturale post-coloniale da interrogare (baldi 2004; pennacini 2005).

Bibliografiabaldi A., Scatti per sognare. Avigliano nelle fotografie dell’archivio Pinto, milano, mondadori electa, 2004.d’Agostino g., Altre storie. Memorie dell’Italia in Eritrea, bologna, Archetipolibri clueb, 2012.elhaik t., The Incurable Image: Curation and Repetition on a Tri-continental Scene, in cham-bers I. et al. (eds), The postcolonial museum: the arts of memory and the pressures of history, farham surrey, Ashgate, 2014.grechi g., gravano V. (a cura di), Presente Imperfetto. Eredità coloniali e immaginari razziali contemporanei, milano, mimesis, 2016. pennacini c., Filmare le culture. Un’introduzione all’antropologia visiva, roma, carocci, 2005.

Keywords: eritrea post-coloniale, foto, razzismo, pratiche di sviluppo.

Razzismo, media, linguaggi

2° sessioneVenerdì 9 novembre 2018, ore 15.00-17.00Aula A

coordina: gabriella d’Agostino.

partecipano: francesco bachis; Ivan bargna; simone ghiaroni; domenico Ienna; franco lai.

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79Razzismo, media, linguaggi78 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

razzisti per natura. fondamentalismo culturale e naturalismo in alcuni discorsi antirazzisti

francesco bachis (università degli studi di cagliari)[email protected]

Verena stolcke (1995) ha individuato nell’idea di “naturalizzazione della repulsione per l’alterità” uno dei tratti caratteristici del fondamentalismo culturale, elemento che, con

altri, permette di distinguerlo dalle forme classiche di razzismo. Il “neo-razzismo” si configura così non solo come il frutto di uno slittamento dalla “razza” alla “cultura” ma come una più generale concezione del mondo basata sul carattere innato della paura dell’“altro”. Questa transizione naturalizzante sembra favorire il riemergere degli stereotipi di matrice “razziale” ancora operativi nel fondamentalismo culturale (bachis 2018).A partire dall’idea del razzismo come “nozione contrastiva” (bunzl 2007), l’intervento intende prendere in esame alcuni discorsi e pratiche antirazziste operanti in Italia: conferenze, dibattiti, didattica interculturale. l’idea di un carattere “naturale” della repulsione per “l’altro” da un lato si accompagna alla “culturalizzazione” delle appartenenze, dall’altro contribuisce a pla-smare una “cosmologia antirazzista” (stoczkowski 2007) volontaristica e centrata sulla nozione di tolleranza che sembra rafforzare i presupposti naturalistici del fondamentalismo culturale.

Bibliografiabachis f., Sull’orlo del pregiudizio: Razzismo e islamofobia in una prospettiva antropologica, Aipsa, cagliari, 2018.bunzl m., Antisemitism and Islamophobia: Hatreads Old and New Europa, pickliy paradigm press, chicago, 2007.stoczkowski W., Racisme, antiracisme et cosmologie lévi-straussienne, “l’Homme”, 182, 2007: 7-52.stolcke V., Talking Culture: New Boundaries, New Rhetorics of Exclusion in Europe, current Anthropology, 36, 1, 1995: 1-24.

Keywords: antirazzismo, fondamentalismo culturale, pratiche interculturali, naturalizzazione del razzismo.

l’arte del colore: exposure. A white woman in West Africa

Ivan bargna (università degli studi di milano-bicocca)[email protected]

se la “razza” è il correlato oggettuale delle pratiche razzializzanti che la fanno esistere, non è solo questione di credenza e pregiudizio, ma di incorporazione. Immagini e racconti non

costituiscono allora la rappresentazione di una realtà preesistente, ma strategie per assumerla e mutarla, per per-formarla, nel rapporto che si costruisce con l’altro da sé. l’opera di Virginia ryan, artista australiana bianca che ha vissuto a lungo in ghana, anche al di là delle sue stesse intenzioni, si affaccia sulla questione della razzializzazione del colore. expo-sure. A white woman in West Africa è un lavoro fotografico (un reportage quasi-etnografico sugli expat in Africa, con foto scattate da amici, conoscenti, passanti e dipendenti) che la ritrae nella banale quotidianità, ma restituita sotto una luce diversa, quella che illumina il colore, at-traverso l’introduzione di uno scarto minimo che mette in tensione chi guarda, generando un effetto perturbante: l’immagine urtante della nostra normalità escludente, l’eredità coloniale che ancora cova nelle pieghe del quotidiano rapporto tra bianchi e neri. nelle sue foto i bian-chi perdono quel “privilegio dell’invisibilità” di cui gode chi occupa una posizione egemonica e non è costantemente rimandato al colore della propria pelle come a un problema.

BibliografiaAppiah K. A., gutmann A., Color Conscious. The Political Morality of Race, princeton univer-sity press, princeton, 1996.bargna I., coccia m. (a cura), Biografie plurali. Virginia Ryan: Africa, arte e altrove / Plural Biographies. Virginia Ryan: Art, Africa, and Elsewhere, fabbri editore, 2018.Hall s., Who needs ‘Identity’?, in Hall s., du gay p. (eds.), Questions of Cultural Identity, Sage, 1996: pp. 1-17.Yancy g. (ed.), What White Looks Like. African American Philosophers on the White Question, routledge, new York, london, 2004.

Keywords: arte, Africa, colore, fotografia.

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81Razzismo, media, linguaggi80 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

un batman marocchino è un batman brutto.I riferimenti indessicali a razza e etnicità nel disegno infantile

simone ghiaroni (università degli studi di modena e reggio emilia)[email protected]

Il disegno è una delle attività di gioco preferite dai gruppi di bambini. nel disegno viene pro-iettata, grazie a un riferimento indessicale e a un procedimento di empatia visiva, l’identità

personale del disegnatore e si ottiene un segno concreto esterno della possibilità di azione del bambino, della sua agentività primaria. così, all’interno dello spazio immaginario del disegno è possibile rappresentare relazioni personali, negoziare legami amicali, costruire giochi e im-medesimazioni. l’attività grafica produce un segno nel quale si coagulano sia le intenzionalità personali del disegnatore sia l’intenzionalità condivisa prodotta nelle interazioni all’interno del gruppo dei pari. ci sono però nella traccia grafica riferimenti indessicali non intenzionali al contesto esterno di produzione, soprattutto alle caratteristiche di genere, età ed etnicità. In base a questi riferimenti e attraverso la possibilità di manipolazione delle relazioni attraverso l’uso sociale delle immagini, i giudizi estetici espressi rispetto ai disegni, alle iconografie e il loro trattamento all’interno del gruppo si riferiscono alla valorizzazione differenziale di stigma o prestigio di caratteristiche personali del disegnatore. A partire da una ricerca sul campo condotta in scuole dell’infanzia emiliane per 10 mesi, l’intervento propone alcuni casi in cui i dialoghi attorno a disegni rendono salienti i riferimenti indessicali connessi alla “razza” o all’etnicità.

Bibliografiagell A., Art and Agency. An Anthropological Theory, oxford university press, oxford, 1998. ghiaroni s., Il disegno selvaggio. Un’antropologia del grafismo infantile, meltemi, roma, in corso di pubblicazione.Hanks W., Exploration in the Deictic Field, “current Anthropology”, 46, n. 2, 2005: 191-220. severi c., Il percorso e la voce. Un’antropologia della memoria, einaudi, torino 2004.

Keywords: indessicalità, agency, iconografia, disegno infantile.

meglio in cielo che in terra. più sincretismi che esclusioni nella denominazione mitopoietica ‘globalizzata’ d’oggetti e configurazioni celesti

domenico Ienna (università degli studi “la sapienza” di roma)[email protected]

Attraverso complesse dinamiche d’incontro tra antichi motivi culturali euro-asiatici e appor-ti ‘occidentali’ moderni, si è venuta progressivamente a formare una ‘koiné’ mondiale di

denominazione/interpretazione mitopoietica di oggetti e configurazioni della volta celeste. tale nomenclatura - ufficialmente ‘globalizzata’ all’inizio del secolo scorso (per paradosso, in ambito scientifico) a fronte del permanere comunque di saperi ‘tradizionali’ etnici/folklorici in ambiti locali - pur limitata ormai a suggestivo sistema di riferimento dal punto di vista astronomico, rappresenta certo un eccezionale spazio di ricerca storica e soprattutto antropologica. Il contri-buto rileva in essa – nello specifico – sia involontarie/volontarie esclusioni (relative soprattutto a mitologie d’Africa non mediterranea, oceaniche e amerindiane, recentemente oggetto comunque di qualche attenzione) sia feconde integrazioni, però, tra tanti popoli e culture mitopoieticamente proiettati sulla volta celeste. mescolamenti e convergenze non esenti dunque da squilibri d’in-fluenza (predominanza culturale ‘classica’, araba e più tarda europea) ed equivoci interpretativi, dovuti anche a contributi individuali di navigatori, astronomi, geografi e letterati: i quali – sotto firmamenti diversi – hanno potuto esprimere comunque creatività e dialettica, grazie pure alle non eccessive pressioni esercitate da poteri politici ed economici nazionali e sovranazionali, evi-dentemente interessati di più alle cose ‘terrene’.

Bibliografia capponi p., I nomi di Orione. Le parole dell’astronomia tra scienza e tradizione, Venezia, marsilio, 2005.delporte e. J., Délimitation scientifique des constellations. Tables et cartes, cambridge-new York-melbourne, cambridge university press-cup, 1930.filopanti Q., Lezioni di astronomia, milano, l. bortolotti, 1877.gallo c., L’astronomia egizia. Dalle scoperte archeologiche alla misurazione del tempo, padova, ArIes-muzzio, 1998.gaspani A., cernuti s., L’Astronomia dei Celti. Stelle e misura del tempo tra i Druidi, Aosta, Kel-tia, 1997.Ienna d., Integrazione tra culture e apporti individuali nella denominazione mitopoietica ‘globaliz-zata’ di stelle e costellazioni, in Antonello e. (a cura di), Atti del X Convegno SIA-Società Italiana di Archeoastronomia. Trinitapoli, Parco Archeologico degli Ipogei, 23 Ottobre 2010, la città del sole, s.d. (2017?).Ienna d., L’esplorazione del Cosmo: contesti scientifici, tecnologie e fattori antropologici, lombardi satriani l.m. (a cura di), RelativaMente. Nuovi Territori scientifici e prospettive antropologiche. roma, Armando, 2010: 307-315.pettinato g., La scrittura celeste. La nascita dell’astrologia in Mesopotamia, milano, Arnoldo mondadori, 1999.schaefer b. e., L’origine delle costellazioni greche, “le scienze”, 462, 2007: 72- 77.Vanin g., Catasterismi. L’origine, la storia, il mito delle costellazioni, feltre (bl), rheticus-dbs Zanetti, 2013.

Keywords: Archeoastronomia, etnoastronomia, mitologia, storia dell’Astronomia.

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82 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

forme di etnocentrismo e di stereotipo “razziale” e culturale nel fumetto: alcuni esempi

franco lai (università degli studi di sassari)[email protected]

l’industria culturale e dei media rappresenta un enorme luogo di produzione di significati, di diffusione di ideologie e di sedimentazione dei valori e dei comportamenti sociali in

modo capillare e di massa (banti, 2017).All’interno della cultura di massa, nella storia ormai secolare del fumetto, possiamo incontrare espressioni emblematiche di forme più o meno chiare di etnocentrismo attitudinale e ideologi-co (per usare i concetti esposti, tra gli altri, da signorelli, 2007).come è noto il fumetto è stato da tempo “sdoganato” come oggetto di studio dagli anni sessan-ta. In particolare l’apripista è stato umberto eco; mentre la rivista linus di oreste del buono ha contribuito non poco far accettare il fumetto come prodotto degno di attenzione nella cul-tura italiana (eco, 1965; barbieri, 2009).sulla base di alcuni generi di fumetto tento di mostrare come immagini e significati etnocentri-ci, stereotipati e, neppure tanto velatamente razzisti, sono presenti nella produzione del fumet-to di massa: da quelli per un pubblico di infanzia a quelli per adolescenti e così via. possiamo ritrovare espressioni di questo genere anche in alcuni fumetti del periodo coloniale anteriori agli anni cinquanta e nel fumetto “di guerra” degli anni sessanta-settanta.

Bibliografiabanti A. m., Wonderland. La cultura di massa da Walt Disney ai Pink Floyd, roma-bari, later-za, 2017.barbieri d., Breve storia della letteratura a fumetti, roma, carocci, 2009.buttitta A., Mandrake e la magia della comunicazione, in casetti f., colombo f., fumagalli A., La realtà dell’immaginario. I media tra semiotica e antropologia, milano, Vita e pensiero, 2003: 213-223. eco u., Charlie Brown e i fumetti. Umberto Eco intervista Elio Vittorini e Oreste del Buono, “linus”, 1, 1965: 1-2.signorelli A., Antropologia culturale. Un’introduzione, milano, mcgraw-Hill, 2007.

Keywords: fumetti, cultura di massa, etnocentrismo attitudinale e ideologico, alterità culturale

Razze, razzismi

1° sessioneVenerdì 9 novembre 2018, ore 11.15-13.30Aula c

coordina: flavia cuturi

partecipano: bruno barba; domenico branca; marcos Antonio batista da silva; Kyra grieco; filippo lenzi grillini; francesca scionti; silvia stefani; enrico straffi.

nei conflitti politici e bellici

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85Razze, razzismi nei conflitti politici e bellici 84 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

Quel che resta della “razza”: la costruzione dell’immaginario andino in perù

domenico branca (università degli studi di sassari)[email protected]

con la riforma Agraria del 1969, in perù, il termine di classificazione sociale di origine co-loniale “indio” ha, almeno a livello terminologico, ceduto il passo alla categoria di classe di

“campesino” (contadino). Attualmente, nel contesto peruviano, la parola “indio” è considera-ta, insieme a quella di “serrano” (abitante della regione andina) un insulto. nozioni di geogra-fia, “razza”, disuguaglianza sociale, genere, si intersecano nella storia sociale di questi termini di classificazione che, a partire dalla fine del XVIII secolo e, soprattutto, nel XIX intervengono nell’assegnare all’“indio” uno spazio concreto all’interno del territorio nazionale – le Ande (méndez 2011), una delle tre macro-aree in cui si è soliti dividere il paese. nel quadro più ge-nerale dell’attuale multiculturalismo postmoderno – che alcuni autori hanno interpretato come una forma contemporanea di ideologia nazionalista di controllo della differenza (Wade 2008) –, è possibile riscontrare una ambiguità tra la retorica statale, che esalta la differenza come elemento costitutivo del paese, e un insieme di stereotipi e supposti “caratteri” intrinseci che, secondo certi immaginari, costituirebbero tratti “naturali” (stolcke 2000) delle popolazioni an-dine. stereotipi che riemergono con forza in concomitanza di manifestazioni politiche critiche nei confronti dello stato. A partire dall’analisi etnografica di diverse mobilitazioni aymara nel sud del perù (2011, 2017) contro un progetto minerario sui territori della popolazione locale, mostrerò come più che la vigenza della nozione di “razza” – di cui si è da tempo dimostrata l’infondatezza scientifica – permangono quelle che sono state definite da marisol de la cadena come le “conseguenze della nozione stessa” (de la cadena 2008), all’interno delle relazioni sociali e politiche e nell’immaginario di costruzione nazionale in perù.

Bibliografiade la cadena m., “Introducción”, in marisol de la cadena (eds), Formaciones de indianidad. Articulaciones raciales, mestizaje y nación en América Latina, popayán, envión, pp. 7-34, 2008. méndez c., De indio a serrano: nociones de raza y geografía en el Perú (siglos XVIII-XXI), Hi-stórica XXXV(1), 2011: 53-102.stolcke V., La «naturaleza» de la nacionalidad, desarrollo económico 40(157), 2000: 23-43.Wade p., Identidad racial y nacionalismo: una visión teórica de Latinoamérica, in marisol de la cadena (eds), Formaciones de indianidad. Articulaciones raciales, mestizaje y nación en América Latina, popayán, envión, pp. 7-34, 2008.

Keywords: perù, nazione, “razza”, aymara.

razzismo cordiale o… razzismo e basta?Il caso brasiliano

bruno barba (università degli studi di genova)[email protected]

una narrazione stereotipata e semplificativa ha tramandato l’immagine del brasile come la terra della convivenza pacifica, il paese della concordia delle tre componenti maggioritarie

– indigena, negra e portoghese – il luogo dove prospera la cultura meticcia per eccellenza. sono ancora valide queste rappresentazioni? nelle pratiche quotidiane, nell’immaginario collettivo, nei social media e nei mezzi di comunicazione tradizionali si perpetuano ed eventualmente si rinnovano fobie, pregiudizi, leggende. Il testo cerca di destrutturare alcuni miti: quello del signore benevolo; della piantagione come luogo dell’incontro pacifico; della donna negra come veicolo consapevole e felice della mediazione culturale. miti che comunque conservano non soltanto una loro efficacia persuasiva, ma che possiedono anche una forza esplicativa per com-prendere la peculiarità del “caso brasile”. un buon punto di osservazione, per comprendere “fossilizzazioni” e mutamenti della tradizione è costituito dal terreiro di candomblé in contesto urbano: per questo il testo contiene l’esame del ruolo rivestito oggi dalle religioni sincretiche di origine africana per veicolare un’immagine dinamica, moderna, efficiente dell’uomo e della donna afro-brasiliani.

Bibliografia diwan p., Raça pura. Uma historia da eugenia no Brasil e no mundo, contexto, são paulo, 2007.Moutinho L., Razão, “cor” e desejo, Educs Anpocs, são paulo, 2004.Ribeiro Corossacz V., Il corpo della nazione. Classificazione razziale e gestione sociale della ripro-duzione in Brasile, cisu, roma, 2004.nascimento A., O genocidio do negro brasileiro. Processo de un racismo mascarado, perspectiva, são paulo, 2016.

Keywords: meticciato, candomblé, pregiudizio, genocidio.

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87Razze, razzismi nei conflitti politici e bellici 86 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

reflexões sobre o combate ao racismo pela educação no brasil: cultura universitária

marcos Antonio batista da silva (universidade de coimbra)[email protected]

A presente comunicação é derivada da tese de doutorado desenvolvida entre 2012-2016, com o título “discursos étnico-raciais de pesquisadores (as) negros (as) na pós-graduação:

acesso, permanência, apoios e barreiras”, na pontifícia universidade católica de são paulo, brasil. o estudo fundamenta-se primeiramente na perspectiva teórica de guimarães (2002), entendendo “raça” como uma construção social e um conceito analítico fundamental para a compreensão de desigualdades socioestruturais e simbólicas instituídas e observadas na so-ciedade brasileira. segundo, adotamos uma concepção de racismo que integra as dimensões estrutural e simbólica na compreensão da produção e reprodução das desigualdades sociais (essed,1991).no campo metodológico, utilizamos a hermenêutica de profundidade (Hp), pro-posta por J. b. thompson (2011). os resultados da tese indicaram que os entrevistados enfren-taram barreiras, preconceitos, discriminação e racismo, no âmbito escolar e fora dele durante a trajetória educacional, bem como apontam algumas mudanças que propõem melhorias nas condições de vida da população negra no brasil, muitas delas resultantes de resistência e en-frentamento dos sujeitos e de suas famílias, bem como de políticas governamentais voltadas à promoção da igualdade racial, impulsionadas pelo movimento negro (estatuto da Igualdade racial, políticas de ações afirmativas). conclui-se que a presença negra na universidade, além de reduzida, é desigual e restrita a algumas áreas. o fato de que a desigualdade e a pobreza ter “raça”/cor no brasil faz com que nossas politicas sociais, supostamente universais, terminem por obter resultados insuficientes, na medida em que não contribuem para a superação dessa ordem de desigualdade.

Bibliografiaessed p, Understanding everyday racism: interdisciplinary theory, londres. sage, 1991.guimarães A. s.A, Classes, raças e democracia, são paulo, editora 34, 2002. Hesse b., Discourse on Institutional Racism: the genealogy of a concept, in law I., phillips d. and turney l.(eds), 2004.thompson J. b., Ideologia e cultura moderna: teoria social crítica na era dos meios de comuni-cação de massa, petrópolis, Vozes, 2011.

Keywords: racismo, desigualdades sociais, educação.

“naturalmente contro”: politiche e rappresentazioni della differenza etnica e di genere in un contesto di conflitto socio-ambientale

Kyra grieco (cermA/mondes Américains, ecole des Hautes etudes en sciences sociales – eHess; Institut français d’etudes Andines - IfeA)[email protected]

Questa presentazione esamina le dinamiche di naturalizzazione della differenza etno-razzia-le e di genere nel contesto di un movimento socio-ambientale d’opposizione alle attività

minerarie a cielo aperto nelle Ande peruviane settentrionali. I dati presentati sono il frutto di un anno di ricerca nella regione di cajamarcatra il 2011 e il 2013, che ha coinvolto principalmente gli abitanti locali mobilizzati contro il progetto minas conga. Il lavoro di ricerca etnografi-co è stato successivamente integrato dall’analisi di diverse tipologie di materiale audio-visivo (documentari, servizi televisivi, campagne di sensibilizzazione) prodotte tra il 2013 e il 2016, e che hanno permesso di interrogare documentare l’adattamento e la diffusione delle rappre-sentazioni locali del conflitto su scala nazionale e internazionale. la presentazione si divide in tre parti. Introdurrò brevemente il contesto nazionale e regionale del conflitto in oggetto, i principali attori e gli eventi marcanti. passerò quindi ad analizzare il discorso militante locale per evidenziare la modalità attraverso cui le categorie sociali di “campesino” (letteralmente contadino indigeno) e di “madre” sono state trasformate in identità politiche “naturalmente” opposte all’espansione delle attività minerarie su larga scala. Infine, mostrerò come il conte-nuto critico di queste rappresentazioni – strettamente legate al contesto socio-politico locale e nazionale - si vada progressivamente perdendo nel processo di mediatizzazione del conflitto a livello nazionale ed internazionale. Qui le rappresentazioni delle donne e dei contadini indige-ni quali soggetti contrari “per natura”, sono decontestualizzate rispetto alle circostanze che le hanno prodotte e ridotte a visioni esotizzanti e femminilizzantidell’Altro che perpetuano immaginari coloniali e patriarcali e reiterano le disuguaglianze ad essi sottese.

Bibliografiaboccara g., Ayala p., Patrimonializar al indígena. Imagi-nación del multiculturalismo neoliberal en Chile, cahiers des amériques latines, 66, 2011: 207–27.caballero p. l., giudicelli c. (eds.), Régimes nationaux d’altérité: États-nations et altérités au-tochtones en Amérique latine, 1810-1950, presses universitaires de rennes, 2017.delphy c., Classer, dominer: Qui sont les autres?, ed. la fabriqua, 2008.scott J., Gender: A Useful Category of Historical Analysis, the American Historical review, 91.5, 1986, pp. 1053–75.

Keywords: genere, etnicità, movimenti sociali, attivité miniere.

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89Razze, razzismi nei conflitti politici e bellici 88 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

la “favola” delle três raças:l’identità nazionale brasiliana e le politiche indigeniste federali

filippo lenzi grillini (università degli studi di siena)[email protected]

In brasile il termine “razza” è ampiamente utilizzato sia nell’ambito delle politiche pubbliche, sia all’interno del dibattito intellettuale nazionale. nel corso della storia, il mito del paese

della “democrazia razziale” intesa come espressione della convivenza armoniosa fra persone le cui origini sarebbero riconducibili a quelle che vengono definite le “três raças” (indigena, africana e europea) è stato prima enfatizzato e in seguito decostruito e criticato.Questo intervento si propone di fare luce sulle ideologie che, nell’ambito di tale contesto na-zionale, hanno orientato le politiche pubbliche relative in particolare alle popolazioni indigene.l’indigenismo ufficiale brasiliano è stato storicamente ispirato al principio di “tutela paternali-sta”: un approccio che coniuga la volontà di controllo da parte dello stato sui popoli indigeni con il progetto di accompagnarli “pacificamente” verso la completa assimilazione nella società nazionale. un’assimilazione considerata, allo stesso tempo, auspicabile e inevitabile, secondo una lettura chiaramente evoluzionista del rapporto fra i popoli indigeni e il resto della popo-lazione brasiliana.tale quadro cambia ufficialmente solo con la costituzione del 1988 – promulgata dopo la caduta della dittatura – che sancisce l’abbandono della logica assimilazionista e il riconosci-mento del pluralismo culturale del paese. dagli anni 80’, durante il processo che ha portato alla ridemocratizzazione del brasile, le popolazioni indigene hanno elaborato e messo in atto diverse strategie di lotta che sfidano l’eredità della logica della tutela, gli stereotipi e il razzismo ancora molto diffusi nella società brasiliana soprattutto in tutti i contesti locali di interazione fra indios e non indios.Anche attraverso esempi etnografici frutto di ricerche condotte in contesto indigeno verranno delineati i percorsi attraverso i quali tali strategie si sono dispiegate all’interno dell’arena poli-tica nazionale brasiliana.

Bibliografiada matta r., Relativizando; uma introdução á antropologia social, rio de Janeiro, ed. rocco, 1987.de oliveira J. p., Storia, politica e religione tra i Ticuna. Un popolo indigeno nell’Amazzonia brasiliana, roma, bulzoni, 2005.ramos A., Indigenism: Ethnic Politics in Brazil, madison, the university of Wisconsin press, 1998.de souza lima, A. c., Um grande cerco de paz: poder tutelar, indianidade e formação de Estado no Brasil, petrópolis, Vozes, 1995.

Keywords: brasile, identità nazionale, razzismo, popoli indigeni.

Ava, tapii, Iyambae. denominazioni dell’alterità e pratiche discriminatorie tra i guaranì del chaco boliviano

francesca scionti (università degli studi di foggia)[email protected]

I contributi etnografici di melià e métraux così come quelli etnostorici di saignes e combés riguardo il popolo chiriguano di bolivia contribuiscono a tracciare il campo epistemologico

a partire dal quale riflettere sui modi in cui la rappresentazione dell’Alterità sia stata manipo-lata, incorporata ed assimilata da parte degli “invasori” tupi-guaranì al fine di costituire un soggetto etnico omogeneo, il popolo chiriguano, attraverso la minimizzazione della distanza con l’altro, commutandolo in una alterità simile governabile.A partire dall’etnografia condotta presso i guaranì che vivono in Isoso (charagua, bolivia), l’o-biettivo dell’intervento è discutere i modi in cui il popolo chiriguano prima e gli isoseños oggi definiscono l’Altro, gerarchizzandolo. I guaranì isoseños, infatti, sono parte della tripartizione etnica del popolo chiriguano, uno dei cinque gruppi etnici che in bolivia parlano guaranì ma l’unico che usa l’origine linguistica per autodefinirsi come guaranì. e la nación guaraní di bolivia, con la fondazione dell’Asamblea del pueblo guaraní nel 1987 ha forgiato la propria omogeneità e coerenza identitaria ponendosi in continuità con il popolo chiriguano, a sua volta frutto di un ampio processo di etnogenesi tra una minoranza di origine tupi-guaranì (autodenominatasi ava, cioè “uomini”) proveniente dal brasile e dal paraguay grazie ad ondate migratorie avvenute tra il XV ed il XVI secolo e una maggioranza chané arawak (dai primi denominata tapii, cioè “schiavi”) autoctona del chaco boliviano. tale incontro si risolse in un processo di meticciamento, dominazione politica e “guaranizzazione” culturale e linguistica dei chané. In quest’ottica si analizzeranno le denominazioni dell’Alterità funzionali all’essen-zializzazione e gerarchizzazione dell’Altro che hanno generato classificazioni interne al mondo guaranì tutt’oggi ancora attive nel loro potenziale discriminatorio come ava, tapii, isoseño, simba, shahuanco, camba e tapieté. denominazioni utilizzate, a seconda delle circostanze, in toni dispregiativi quando ci si rivolge ad avversari oppure orgogliosamente rivendicate, come nel caso dei guaranì dell’Isoso – gli antichi tapii perché discendenti in parte dai chané - dentro l’attuale Autonomia Indigena charagua Iyambae, che rivendicano una sorta di “purezza etni-ca”, ritenendo di essere “più guaranì di qualsiasi altro gruppo” incluse le capitanías Ava loro alleate all’interno del nuovo soggetto politico autonomo.

BibliografiaAlbó X., Los guaraní-chiriguano 3. La comunidad hoy, la paz, cIpcA, 1990.Albó X., El Chaco guaraní. Camino a la autonomía originaria, la paz, cIpcA, 2012.combès, Etno-historia del Isoso. Chané y chiriguanos en el Chaco boliviano (siglos XVI a XX) , fundación pIeb y IrfA Instituto francés de estudios Andinos, la paz, bolivia, 2005.pifarré f., Los Guaraní-Chiriguano 2. Historia de un Pueblo, la paz, cIpcA, 2015 [1989].saignes t. 2007, Historia del pueblo chiriguano , la paz: plural.

Keywords: guaraní, chiriguano, discriminazione, incorporazione dell’alterità.

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91Razze, razzismi nei conflitti politici e bellici 90 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

la discriminazione etnica nella gestione del patrimonio bioculturale in messico: un’analisi

enrico straffi (universidad nacional Autónoma de méxico)[email protected]

nel corso della conferenza proposta si analizzeranno alcuni esempi di pratiche di gestione del patrimonio bioculturale dei popoli indigeni del messico da parte di diverse istituzioni statali che continuano a manifestare una forte carica discriminatoria nei riguardi di questo settore minoritario della popolazione. In particolare, i casi di studio esaminati riguarderannno la ge-stione di alcuni siti archeologici maya da parte dell’Istituto nazionale di Antropologia e sto-ria (InAH) e le conseguenze dell’applicazione dell’ultima riforma energetica in zone abitate principalmente da popolazioni indigene o di ascendenza indigena. I casi considerati porrano in luce come siano ancora presenti in diverse politiche nazionali messicane, nonostante i molti avanzamenti avuti in ambito legislativo nella difesa dei diritti umani, numerosi elementi discri-minatori nei confronti delle etnie native. la relazione si concluderà con la presentazione di una serie di proposte teorico-pratiche volte al superamento di queste misure politiche altamente discriminatorie e fortemente avverse alla preservazione della diversità culturale.

Bibliografia straffi e., Los Mayas de hoy y los sitios arqueologicos. Intepretaciones y actividades rituales, Abya Yala, Quito, 2014.boege e., el patrimonio biocultural de los pueblos indígenas de México: hacia la conservación in situ de la biodiversidad y agrodiversidad en los territorios indígenas, InAH, comisión nacional para el desarrollo de los pueblos Indígenas, méxico, d.f, 2008.chávez s., escalante Y., rajsbaum A., Pirámides, cerros y calvarios. Lugares sagrados y legisla-ción mexicana, colección derecho Indígena, InI, méxico, 2001.consejo nacional para prevenir la discriminación, Derecho a la consulta de los pueblos y comu-nidades indígenas y afromexicanas en torno a proyectos de desarrollo y explotación de recursos naturales, consejo nacional para prevenir la discriminación, méxico, 2016.

Keywords: indigeni, messico, discriminazione, patrimonio.

“não me chame de morena”.sviluppo storico del discorso sulla razza in brasile,

tra linguaggio, politiche pubbliche e identità razzizzate

silvia stefani (università degli studi di torino/università di genova)[email protected]

Questo contributo si interroga sulle interazioni tra linguaggio, politiche pubbliche e le con-cezioni razzizzate di società e popolazione circolanti nei territori nazionali. tale riflessione

fa riferimento nello specifico alla realtà brasiliana: le peculiarità delle declinazioni del discorso su razza e razzismo in brasile, infatti, hanno reso tale contesto un punto di confronto interes-sante a livello internazionale fin dall’inizio del novecento. nel corso del XX secolo, infatti, il brasile ha costruito la propria identità nazionale sull’im-magine della “democrazia razziale”, rappresentandosi come un paese multirazziale senza raz-zismo, nato dall’ibridazione tra tre “razze” fondatrici: quella europea, africana e indigena. la democrazia razziale ha però paradossalmente funzionato come mito di dominazione politica e occultamento del razzismo radicato nella struttura sociale locale. Il censimento del 2010 è stato il primo nella storia brasiliana in cui il numero di chi si è identificato come non-bianco [negr*s, pard*s, indi*s, amarel*s (letteralmente: “ner*, scur*, indigen*, giall*”)], ha superato quello di chi si è definito tale. Questo dato è espressione di un momento di forte dibattito e cambia-mento interno rispetto al discorso circolante in brasile su razza, razzismo e colore, rispetto a cui l’introduzione delle quote razziali nelle università pubbliche è sia frutto che catalizzatore. In questo contributo dunque si intende ripercorrere come nella storia nazionale si sono arti-colati linguaggio, politiche pubbliche e razzismo. la peculiarità della storia brasiliana e del recente dibattito a questo proposito offrono infatti numerosi spunti di riflessione rispetto a come il razzismo possa radicarsi non solo in espressioni e politiche dichiarate che sottolineano la differenza tra presunte “razze”, ma anche in discorsi e pratiche che apparentemente negano ogni differenza e “purezza” in termini di razza o colore.

Bibliografiaguillaumin c., Racism, Sexism, Power and Ideology, london, routledge, 1995.pereira A. A., O mundo negro. Relações raciais e constituição do Movimento Negro contempora-neo no Brasil, rio de Janeiro, fAperJ, 2013.ribeiro corossacz V., Razzismo, meticciato, democrazia razziale. Le politiche della razza in Bra-sile, soveria mannelli, rubettino, 2006.sansone l., Blackness without Ethnicity. Constructing Race in Brazil, london & new York, palgrave macmillan, 2003.

Keywords: democrazia razziale, quote razziali, identità, politiche pubbliche.

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Razze, razzismi

2° sessioneVenerdì 9 novembre 2018, ore 11.15-13.10Aula b

coordina: bruno riccio.

partecipano: Alice bellagamba; pietro cingolani; marta mosca; Valeria ribeiro corossacz, marta scaglioni.

nei conflitti politici e bellici

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95Razze, razzismi nei conflitti politici e bellici 94 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

fulbe ‘neri’ del senegal sud-orientale: schiavitù, colonialismo, diritti civili

Alice bellagamba (università di milano-bicocca)[email protected]

l’arcipelago fulbe – come botte e schmidtz (1994) hanno descritto l’insieme delle società e delle comunità di lingua fulfulde disseminate dalle coste atlantiche del senegal fino al ca-

merun settentrionale – ha usato il colore ‘nero’ come marcatore sociale. esso identificherebbe i discendenti degli schiavi/rifugiati che, fino ai primi decenni del novecento, i fulbe integra-rono nei loro ranghi, controllandone l’assimilazione attraverso politiche matrimoniali basate su unioni intra-lignatiche o alleanze trasversali fra lignaggi ‘rossi’: questo sarebbe il colore dei fulbe d’origine libera, che le fonti coloniali francesi, portoghesi e inglesi di tardo ottocento e inizio novecento classificavano ‘nobili’. con riferimento alle regioni sud-orientali del senegal, a maggioranza linguistica fulfulde, esploreremo l’uso strategico da parte dei fulbe ‘neri della passata sottomissione e di narrazioni d’oppressione razziale per conquistare le arene della poli-tica locale, regionale e nazionale. Questa storia precede e consegue alla colonizzazione france-se. la riflessione accoglie l’invito a considerare il “lavoro” della razza, intesa come rappresenta-zione della differenza umana, in specifici contesti e circostanze storiche (Holt 2002; Hall 2011).

Biografiabellagamba A, Legacies of Slavery and Popular Traditions of Freedom in Southern Senegal (1860–1960), “Journal of global slavery 2”, 1-2, 2017: 72-99.botte r., schmitz. J., Paradoxes identitaires, “cahiers d’Études africaines”, 1994: 7-22.Hall b. s., A history of race in Muslim West Africa, 1600–1960, vol. 115, cambridge university press, 2011.Holt t. c., the problem of race in the twenty-first century, Harvard university press, 2009.n’gaide A., Conquête de la liberté, mutations politiques, sociales et religieuses en haute Casa-mance: les anciens maccube du Fuladu (région de Kolda, Sénégal), in botte r., boutrais J., sch-mitz J., Figures peules, paris, Karthala (Hommes et sociétés), 1999: 141-164.

“c’erano un italiano, un romeno e uno zingaro”. processi di razzializzazione e di costruzione dell’altro nelle migrazioni transnazionali tra Italia e romania

pietro cingolani (università degli studi di torino)[email protected]

Il presente saggio vuole fornire un contributo etnografico al dibattito sulla natura relazionale, contestuale e socialmente costruita dei razzismi contemporanei. basandosi su dati raccolti

in più di dieci anni di ricerca tra i migranti romeni in Italia e nelle località di partenza, si mette in luce come, nelle diverse fasi storiche, i migranti romeni abbiano occupato in Italia posizioni differenti negli immaginari degli autoctoni, e come tali immaginari siano stati alimentati con forza dai discorsi dei media e dei politici. riprendendo una definizione anti-essenzialista dell’i-dentità (Hall 1996), che ne evidenzia la natura processuale, si descrive come i migranti romeni abbiano incarnato il ruolo di un “altro costitutivo” rispetto all’identità nazionale italiana (mai 2010), e siano stati investiti di specifici attributi fortemente essenzializzanti in contrapposizione a quelli di un’immaginata comunità locale. Queste rappresentazioni hanno provocato dinami-che di interiorizzazione, riappropriazione degli stereotipi e di trasferimento degli immaginari razzializzanti subiti sui membri di altri gruppi immigrati, in primo luogo i rom (davis et al 2018). dall’analisi emerge come si sia di fronte a complessi processi socio-storici attraverso cui le razze, le etnie e le culture sono create, abitate, trasformate e distrutte (omi e Winant 2014). nella lettura di tali fenomeni si dà importanza alle dinamiche di segregazione spaziale e si adot-ta un approccio transnazionale nel quale le categorie di costruzione dell’altro e le pratiche di-scriminatorie si declinano in forme diverse nei differenti contesti locali, in Italia e in romania.

Bigliografiadavis n. Y., Wemyss g., cassidy, K., Racialized Bordering Discourses on European Roma, taylor & francis, 2018.Hall s., Introduction: who needs identity?, in Hall s., du gay p. (eds.), Questions of cultural identity, sage, london, 1996, 1–17.mai n., The politicisation of migrant minors: Italo-Romanian geopolitics and EU integration. “Area”, 42(2), 2010: 181-189.omi m., Winant H, Racial formation in the United States, routledge, london, 2014.

Keywords: razzializzazzione; migrazioni transnazionali; rom; romania.

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97Razze, razzismi nei conflitti politici e bellici 96 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

razza e bianchezza in Italia: rigurgiti o continuità?

Valeria ribeiro corossacz (università di modena e reggio emilia)[email protected]

nell’antropologia italiana esistono pochi studi sui soggetti che nel razzismo appartengono al gruppo maggioritario. sappiamo poco sulla percezione del proprio colore da parte

degli italiani classificati come bianchi, su come la bianchezza parteci alla riproduzione del razzismo. le analisi sono volte soprattutto a comprendere gli effetti del razzismo sulle vittime. parallelamente nella società vi è un lungo processo di occultamento del razzismo interno (an-timeridionalismo, antiziganismo), di quello delle imprese coloniali, e dei processi per cui gli italiani sono diventati pienamente bianchi. Questi elementi hanno determinato che oggi essere italiano/a presuppone essere classificato bianco/a. tuttavia, raramente si considera il peso di queste tappe storiche sull’attuale razzismo, espresso in atti violenti e nella normalizzazione e/o negazione di discorsi razzisti. sembra che non abbiamo un passato, e che quindi abbiamo un’innocenza bianca: il razzismo nasce con l’arrivo degli immigrati. partendo da questo quadro, esamino alcuni episodi del 2018, tra cui la dichiarazione di A. fontana sulla necessità di difendere “la razza bianca”, minacciata dall’arrivo degli immigrati, e la sparatoria a macerata contro persone di origine africana da parte di l. traini, in cui grida “Viva l’Italia”. Argomento che per comprendere questi fatti sia necessario analizzare il passato, i contenuti della bianchezza, il suo ruolo nella definizione della nazione, il nesso tra italianità, bianchezza e razzismo. In particolare analizzo come la bianchezza sia invisibilizzata in alcuni momenti, per emergere in altri, e come questo doppio movimento sia costitutivo del razzismo e, in specifici casi, funzionale alla riproduzione del sessismo. esamino infine le diverse forme di politicizzazione della razza sia nella direzione di una rivendicazione esplicita e volontaria del suo significato razzista, sia nelle pratiche inscritte in un progetto antirazzista mirato al ricono-scimento della bianchezza e del razzismo.

Bibliografia frankenberg r., White women, race matters. The social construction of whiteness, minneapolis: university of minnesota press, 1993.guillaumin c., L’idéologie raciste: genèse et langage actuel, paris, gallimard, 2002. tabet p., La pelle giusta, torino, einaudi, 1998.Wekker g., White Innocence. Paradoxes of Colonialism and Race, durhan and london, duke university press, 2016.

Keywords: razza, razzismo, bianchezza, Italia.

l’“Altro”: se è nero è peggio.distorsioni primitive di un continente

marta mosca (l’università degli studi di torino)[email protected]

per quale motivo persistono rappresentazioni selvagge e anacronistiche dell’Africa? perché alle qualità fenotipiche degli africani continuano ad essere associate specifiche caratteristi-

che morali? Il fatto che tali visioni continuino a (r)esistere in maniera piuttosto tenace è indice di una inequivocabile postura etnocentrica e razzista. l’ossessione per l’identità, il mito della purezza e la difesa dei confini evocata alla stregua di un imperativo per scongiurare il pericolo della contaminazione, oggi riemergono attraverso immagini e linguaggi inquietanti. basti pen-sare a chi in Italia durante la campagna elettorale ha richiamato l’esistenza di una presunta “razza bianca” a rischio di estinzione, esortando alla ribellione contro invasioni e occupazioni (nere).gli stereotipi che dipingono il continente africano come una vastità territoriale e umana omo-genea, senza alcuna distinzione, condannata alla violenza e alla penuria, popolata da società che vivono osservando modelli e pratiche culturali incomprensibili, sono frutto di distorsioni primitive. pensare che l’Africa sia un continente immobile e privo di dinamiche proprie, ri-manere fermi alle narrazioni coloniali sull’inferiorità nera e la superiorità bianca o lasciarsi suggestionare dalla retorica mediatica, corrisponde ad un pensiero piuttosto grezzo e ad un atteggiamento totalmente privo di senso critico.Questo contributo intende riflettere su quanto la costruzione dell’“Altro africano” sia frutto di rozze deformazioni e inesistenti corrispondenze tra colore della pelle e qualità morali e in-tellettuali. Vuole, in ultima istanza, evidenziare il ruolo fondamentale dell’antropologia e degli antropologi nel contrastare le derive razziste.

Bibliografiabarbujani g., Gli africani siamo noi. Alle origini dell’uomo, laterza, bari, 2016.favole A., Vie di fuga. Otto passi per uscire dalla propria cultura, utet, milano, 2018.Herzfeld m., Antropologia. Pratica della teoria nella cultura e nella società, seId, firenze, 2006.remotti f., L’ossessione identitaria, laterza, roma-bari, 2010.

Keywords: Africa, costruzione dell’altro, razzismo, antropologia.

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98 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

l’attivismo antirazzista in tunisia dopo il 2011: schiavitù, diritti dei neri e mobilitazione politica

marta scaglioni (università degli studi di milano-bicocca)[email protected]

dopo la caduta del governo di Zine el-Abidine ben Ali (1987-2011) in tunisia, conseguenza del moto di proteste popolari a seguito del suicidio di mohammed bouazizi, una nuova

fase si è aperta per la società civile tunisina. dibattiti su questioni legate ai diritti civili e umani sono fioriti, e numerose associazioni sono nate, con l’intento di promuovere la crescita sociale e politica del paese. tra di esse, associazioni che si occupano di razzismo sono emerse come una grande novità, dal momento che parlare di razzismo nei confronti dei neri o anche solo di una minoranza di neri tunisini era considerato tabu prima del 2011 (pouessel 2012). lo studio dell’attivismo di questi movimenti offre la possibilità di indagare questioni razziali da un punto di vista teorico: la costruzione del concetto di razza, declinato nell’”essere nero”, infatti, ha seguito un cammino specifico in nord Africa, perciò compararlo alla costruzione razziale prevalente nelle società occidentali risulta incorretto (Hunwick and powell 2002; Hall 2011; el Hamel 2014). la densità storica e l’evoluzione specifica delle idee razziali in tunisia devono perciò essere analizzate contestualmente. la storia dei neri tunisini, infatti, è connes-sa all’importazione di schiavi sub-sahariani lungo il deserto del sahara, e la sovrapposizione dell’”essere nero” con l’“essere schiavo” è rimasta nel pensiero popolare, tanto che gli insulti razziali oggigiorno si riferiscono semanticamente al campo della schiavitù: ‘abid – che significa schiavo ma con il tempo è diventato sinonimo di “schiavo nero” (botte 2010) e wassif – ser-vitore, anch’esso passato a significare “nero” in senso spregiativo (bédoucha in cartier 1984). Analizzando la marginalizzazione e la discriminazione sociali subite quotidianamente dai neri tunisini, il mio contributo esaminerà l’evoluzione del concetto di razza e la sua trasmissione, evidenziando i modi in cui è stato mobilitato dagli attivisti antirazzisti dopo il 2011.

Bibliografiabotte r., Esclavages et Abolitions En Terres D’islam: Tunisie, Arabie saoudite, Maroc, Maurita-nie, Sudan, André Versaille éditeur, 2010.cartier m. (ed), Le Travail et ses representations, gordon and breach science publishers, s.A, 1984.el Hamel c., Black Morocco: A History of Slavery, Race, and Islam, cambridge university press, 2014.Hall b. s., A History of Race in Muslim West Africa, 1600-1960, cambridge university press, cambridge, 2011.Hunwick J., powell e. t., The African diaspora in the Mediterranean lands of Islam, markus Wiener, princeton nJ, 2002.pouessel s., Les marges renaissantes: Amazigh, Juif, Noir. Ce que la révolution a changé dans ce “petit pays homogène par escellence” qu’est la Tunisie, “l’Année du maghreb”, VIII, 2012: 143-160.

Keywords: antirazzismo, schiavitù, tunisia, mobilitazione politica.

Razzismo e lavoro

1° sessioneVenerdì 9 novembre 2018, ore 15.00-17.00Aula b

coordina: Alice bellagamba.

partecipano: osvaldo costantini; domenica farinelli e sebastiano mannia; selenia marabello e bruno riccio; benedetta onnis; Veronica redini.

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101Razzismo e lavoro100 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

razza, migrazioni e lavoro in Italia tra migrazioni interne e migrazioni internazionali. Alcune note a partire dall’antropologia di Amalia signorelli

osvaldo costantini (università degli studi “la sapienza” di roma)[email protected]

Il dibattito sulle migrazioni appare sempre più dominato dalle questioni relative agli attuali flussi dal cosiddetto sud del mondo: l’ampio dibattito si è infatti dispiegato nelle questioni

relative agli slittamenti della categoria di rifugiato, all’azione della “ragione umanitaria” (fassin 2012) o ancora alla costruzione dei confini e all’intreccio tra questi ed altri aspetti. Il dibattito italiano dominato da tali questioni sembra aver dato meno rilievo alle possibili connessioni analitiche tra tali fenomeni e l’esperienza della migrazione italiana, soprattutto interna. Questo paper vuole procedere su un doppio binario: analizzare il tentativo di signorelli (2006), nel periodo iniziale dell’Italia come paese di immigrazione, di cogliere l’articolazione storica tra il razzismo antimeridionale e il razzismo anti-immigrati in una prospettiva antropologica; con-nettere tale tentativo con le letture attuali per riflettere sulla connessione storica tra razzismo e capitalismo italiano, attraverso la messa in evidenza dello strutturarsi di quest’ultimo su un determinato “governo della mobilità” (panico 2018). Amalia signorelli in due articoli del 2006 analizza infatti come il razzismo italiano nord-sud, frenato costantemente dall’impossibilità di mettere veramente in questione l’unità d’Italia, abbia rappresentato il campo semantico in cui si è incorniciato il razzismo all’italiana. Allo stesso tempo però, con l’arrivo degli immigrati, sostiene signorelli, il razzismo italiano si sposta sul livello diverso della competizione simbolica nell’accesso ai consumi. da un punto di vista strutturale invece, carla panico tenta la stessa via di storicizzare il razzismo all’italiana, per arrivare a sostenere l’idea di un capitalismo italiano “strutturalmente razzializzato” che conduce l’autrice a definire la situazione attuale italiana at-traverso la categoria fanoniana di “realtà proteiforme”. Il paper proposto vuole ragionare sulle possibili connessioni tra le due riflessioni.

Bibliografiafassin d., The humanitarian reason. A moral history of the present, university of california press, los Angeles, 2012.fassin d., Policing Borders, Producing Boundaries. The Governmentality of Immigration in Dark Times, “Annual review of Anthropology”, 40, 2011: 213–26.panico c., I dannati della terra rossa: “realtà proteiforme” e colonialismo interno nel caso del lavoro agricolo migrante del Sud Italia, “tHeomAI. estudios criticos sobre sociedad y de-sarrollo”, 38, 2018: 9-24.signorelli A., Migrazioni e incontri etnografici, sellerio, palermo, 2006.

Keywords: migrazione, governo della mobilità, lavoro, razzismo.

“mi chiamo serban e non sono il romeno di nessuno: sono il romeno di me stesso”. pratiche di assoggettamento

e soggettivazione tra pastori sardi e servi pastori romeni

sebastiano mannia (università degli studi di sassari, università degli studi di palermo)[email protected]

domenica farinella (università degli studi di messina)[email protected]

nelle aziende zootecniche sarde gli operai agricoli di nazionalità romena vengono identi-ficati e chiamati con l’espressione: “il romeno di”, da un lato spersonalizzando identita-

riamente il soggetto migrante, ovvero tipizzandolo, dall’altro istituendo “un’appropriazione” simbolica dello stesso da parte del pastore-datore di lavoro. solo ad una lettura superficiale si questionerebbe sul fatto che i salariati romeni vengono identificati sulla base della loro pro-venienza e appartenenza etnica, poiché, infatti, un’analisi più approfondita rivelerebbe che è stata trasposta alle forme e ai rapporti di lavoro odierni tra pastori sardi e dipendenti romeni un’espressione consuetudinaria dei contratti pastorali del passato: “su theracu de”. I servi pa-stori locali tuttavia, e a prescindere dalla posizione di subalternità strutturale propria del ruolo, avevano una propria collocazione sociale in ambito comunitario, i romeni, invece, relegati per la più parte nelle aziende in cui prestano servizio, vengono identificati quasi esclusivamente per la loro provenienza, una categorizzazione etnica comunque inferiorizzante e quindi tesa a stabilire differenze e in certi casi processi di razzializzazione. nel rapporto che si è definito tra pastori e servi pastori emergono inoltre processi di assoggettamento e soggettivazione attraver-so rappresentazioni legate a stereotipi, pregiudizi e costruzioni identitarie che contribuiscono a categorizzare da una parte i pastori locali, dall’altra i servi pastori “stranieri”. ricorrendo soprattutto ai risultati dell’indagine etnografica che i due autori stanno conducendo autono-mamente da diversi anni sulla pastorizia sarda, l’obiettivo è di riflettere in che misura si può parlare di processi di razzializzazione dei migranti romeni impiegati nelle campagne isolane e quali sono le narrazioni ricorrenti nelle pratiche di auto ed etero rappresentazione tra pastori e servi-pastori.

Bibliografiacorrado A., de castro c., perrotta d. (eds.), Migration and agriculture. Mobility and change in the Mediterranean area, routledge, new York, 2016. farinella d., mannia s., Migranti e pastoralismo. Il caso dei servi pastori romeni nelle campagne sarde, “meridiana”, 88, 2017: 175-196.mannia s., In tràmuta. Antropologia del pastoralismo in Sardegna, edizioni Il maestrale, nuoro, 2014.taguieff p. A., Il razzismo. Pregiudizi, teorie, comportamenti, raffaello cortina editore, milano, 1999.

Keywords: razzializzazione, romeni, pastoralismo, forza-lavoro.

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103Razzismo e lavoro102 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

regimi di mobilità e processi di razzializzazione nelle migrazioni interne in Italia

selenia marabello (università degli studi di bologna)[email protected]

bruno riccio (università degli studi di bologna)[email protected]

In questo contributo, attraverso le narrazioni e le biografie di alcuni migranti che si muovono tra i confini regionali italiani, si analizzeranno le ambivalenti connessioni tra le mobilità – so-

ciale, spaziale ed “esistenziale” (Hage 2009) – così come tra gli immaginari inerenti la società italiana. nella ricerca sulle migrazioni interne e internazionali, condotta da entrambi gli autori tra il 2014 e il 2016, sono stati prodotti materiali empirici su migranti, autoctoni e internazio-nali, che dagli anni novanta ad oggi sono giunti a bologna, rappresentata come presunta meta ideale (riccio 2016; marabello 2016).glick schiller and salazar con l’intento di opporsi alla de-politicizzazione latente che carat-terizza il dibattito sulla mobilità hanno coniato l’espressione “regimi di mobilità” (2010). Il termine “regime” pone l’attenzione sul ruolo giocato dai sistemi di regolamentazione, sorve-glianza e governo della mobilità così come sull’avvicendarsi e stratificarsi degli stessi. tenendo in considerazione l’influenza di questi processi, proponiamo una lettura analitica dei modi con cui i migranti, interni e internazionali, accedono o meno ai mercati del lavoro e/o ai servizi di welfare locali. contemporaneamente terremo conto delle rappresentazioni della società italia-na, che si modificano con l’accesso a risorse, diritti e condizioni di vita,.Infatti tempo dell’arrivo, crisi economica, processi di razzializzazione (fassin 2011, silver-stein 2005) e una crescente flessibilità e precarizzazione del lavoro hanno avuto un impatto sull’immaginario migratorio e sulle esperienze di insediamento di migranti con profili lavorativi specializzati e/o altamente qualificati. fattori strutturali e storici hanno forgiato il nord/sud come confine interno al paese. confine riconosciuto, attraversato e riprodotto dai migranti. osservando la riproduzione come la mutevolezza di alcuni elementi chiave, status e relazioni di genere, l’analisi svelerà i processi di razzializzazione, frustrazione e disillusione oltre che di vero e proprio conflitto tra aspirazioni e concrete condizioni di vita che si traducono in senso di appartenenza instabile.

BibliografiaHage g., Waiting, melbourne, melbourne university press, 2009.glick-schiller n., salazar n.b., Regimes of Mobility Across the Globe, “Journal of ethnic and migration studies”, 39 (2), 2013: 183-200.fassin d., Policing Borders, Producing Boundaries. The Governmentality of Immigration in Dark Times, “Annual review of Anthropology”, 40, 2011: 213-226.marabello s., Internal and International Migrants Navigate Italy’s South-North Border, in riccio b. (ed.), From Internal to Transnational Mobilities, bologna, odoya, 2016.riccio b. (ed), From Internal to Transnational Mobilities, bologna, odoya, 2016.

Keywords: regimi di mobilità, razzializzazione, confini, migrazioni interne.

l’arcipelago della palestina.pratiche di isolamento e marginalizzazione nel mercato del lavoro cisgiordano

benedetta onnis (università degli studi di bologna)[email protected]

partendo dalle riflessioni su un’esperienza di campo etnografica a beit sahour (betlemme), volta a indagare le condizioni di lavoro degli artigiani di legno d’olivo e la costruzione del

significato tradizionale attribuito all’artigianato, si intenderà far emergere le linee attraverso cui si dispiegano le politiche israeliane di marginalizzazione della popolazione palestinese.le condizioni lavorative in cisgiordania hanno subito numerosi sconvolgimenti alla luce di eventi di conflitto (le Intifada) e degli accordi di oslo, in seguito ai quali le aspettative per un miglioramento delle relazioni tra Israele e palestina (e delle condizioni di vita dei palestine-si) furono, di fatto, disattese. tali cambiamenti hanno innescato pratiche di riadattamento al mondo del lavoro attraverso determinate scelte di carattere economico, e hanno contribuito alla costruzione del discorso identitario palestinese. la divisione della cisgiordania in aree di giurisdizione diversa, l’assenza di collegamenti con la striscia di gaza, le barriere fisiche (muri, check-point stabili, avamposti temporanei), le misure israeliane che contribuiscono a una si-tuazione economica di de-development (roy), sono alcuni degli assi portanti di una più ampia politica di controllo sulla popolazione palestinese motivata da discorsi di carattere securitario (Halper). A ciò si accompagna una costante espansione israeliana attraverso l’appropriazione di terre (presentate come “di nessuno”) e alla fondazione di colonie: recintate, sorvegliate e tenute a distanza dalle vicine comunità palestinesi, sono invece efficientemente collegate alle città dello stato d’Israele, di cui rappresentano de facto una parte.un tale sistema politico contribuisce a creare e allo stesso tempo si nutre di un processo di definizione essenzializzata dell’Altro come qualcuno la cui sola esistenza rappresenta una mi-naccia, per far fronte alla quale diventa dunque lecito, accettato e giustificabile il ricorso a molteplici forme di violenza.

BibliografiaHalper J., La guerra contro il popolo. Israele, i palestinesi e la pacificazione globale, novi ligure, epoké, 2017 [2015].Khalidi r., Identità palestinese. La costruzione di una moderna coscienza nazionale, torino, bol-lati boringhieri, 2003 [1997].pappe I., La pulizia etnica della Palestina, roma, fazi editore, 2008 [2006].roy s., De-development revisited: Palestinian Economy and Society since Oslo, “Journal of pa-lestine studies”, 28, 3, 1999: 64-82.

Keywords: marginalizzazione, de-development, esclusione, palestina.

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104 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

scarti di lusso. processi di etnicizzazione e razzializzazione nelle reti di fornitura della moda italiana

Veronica redini (università degli studi di modena e reggio emilia)[email protected]

nell’analisi sulle reti di fornitura globali, Anna tsing (2009) ha sottolineato la varietà di fat-tori che permette di comprenderne l’articolazione e la capacità di traduzione delle forme

di vita dei lavoratori alla logica del capitalismo. Il supply chains capitalism lungi dal dispiegarsi in maniera omogenea e orizzontale si distribuisce in “nicchie” sociali e culturali specifiche at-traverso pratiche di inclusione ed esclusione sociale, etnica e di genere della forza lavoro. ricollegandomi a questo approccio e a quelli sull’intersezionalità (hooks 1998), in questo inter-vento propongo una riflessione sull’organizzazione del lavoro in un’area distrettuale in toscana legata all’industria della moda di lusso. Alla luce di materiali etnografici analizzo il ruolo svolto dall’etnicizzazione e dalla razzializzazione della forza lavoro impiegata nella rete di fornitu-ra come processi collegati ma distinti. se l’etnicizzazione si richiama infatti alla necessità di agevolare il reclutamento e la gestione della forza lavoro (ceccagno 2017), la razzializzazione consolida la gerarchia su cui si orchestra il sistema di approvvigionamento delle imprese anche in un realtà come quella distrettuale.mostrerò come l’organizzazione del capitalismo reticolare faccia leva su queste logiche non solo per giustificare i bassi salari, ma per occultare alcune parti del processo produttivo e della manodopera occupata. Il settore del lusso esibisce infatti solo una parte della forza lavoro cioè quella delle cosiddette maestranze italiane, esaltandone le capacità professionali e artigianali mentre occulta quella migrante caratterizzata dalla ripetitività, da bassi salari e non di rado da situazioni di lavoro grigio e nero. le analisi sul lavoro migrante hanno sottolineato come la definizione di high o low skill non risponda tanto all’attività svolta o alla capacità del lavora-tore, ma alla possibilità di questi ordini discorsivi di essere riconosciuti, legittimati e, non da ultimo, di diventare fonte di profitto (mezzadra, neilson 2014). nell’organizzazione del lavoro il concetto di skill tende cioè a perdere la capacità di descrivere un’attività per assumere princi-palmente la funzione di dividere, separare e, finalmente, controllare i lavoratori con importanti ripercussioni sui processi di valorizzazione delle merci (bubbico, redini, sacchetto 2017).

Bibliografiabubbico d., redini V., sacchetto d., I cieli e i gironi del lusso. Processi lavorativi e di valorizza-zione nelle reti della moda, guerini, milano, 2017.ceccagno A., L’etnicizzazione della forza lavoro nella moda italiana, in chignola s., sacchetto d. (a cura di), Le reti del valore. Migrazioni, produzione e governo della crisi, derive Approdi, roma, 2017: 125-140.Hooks b., Elogio del margine. Razza, sesso e mercato culturale, feltrinelli, milano, 1998.tsing A., Supply Chains and the Human Condition, “rethinking marxism”, XXI, 2, 2009: 148-176.mezzadra s., neilson b., Confini e frontiere. La moltiplicazione del lavoro nel mondo globale, Il mulino, bologna, 2014.

Keywords: etnicizzazione, razzializzazione, condizioni di lavoro, capitalismo reticolare.

Dottrine, ideologie, teorie

1° sessioneVenerdì 9 novembre 2018, ore 15.00-17.00Aula c

coordina: Vincenzo matera.

partecipano: marina brancato e miguel mellino; Antonello ciccozzi; luigi maria lombardi satriani; maria teresa milicia; francesco spagna; dorothy Zinn.

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107Dottrine, ideologie, teorie 106 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

la crisi dell’antirazzismo europeo. Razza e razzializzazione come dispositivi di produzione delle popolazioni europee

miguel mellino (università degli studi di napoli “l’orientale”)[email protected]; [email protected]

marina brancato (università degli studi di napoli “l’orientale”)[email protected]

Al di là delle recenti mobilitazioni metropolitane antirazziste e delle numerose lotte dei mi-granti per i diritti sociali (casa, lavoro, cittadinanza ecc.), appare evidente che in europa le

pratiche teoriche e politiche antirazziste stiano attraversando un momento di impasse. Il nostro contributo cerca di mostrare come le concezioni teoriche del razzismo differenzialista e dell’ an-tirazzismo, ostili all’uso del concetto di razza e dominanti anche nell’antropologia, non sono più adatte a comprendere le forme di razzismo della società europea contemporanea. l’idea alla base della nostra riflessione è che nelle sue espressioni dominanti l’antirazzismo europeo continui a non andare oltre un tipo di critica “ideologico-culturale”. mentre l’esperienza vissuta dalle secon-de e terze generazioni di migranti ha rivelato l’esistenza di una crescente razzializzazione sociale ed economica dello spazio continentale, l’antirazzismo europeo continua a combattere le sue lot-te come se il razzismo dipendesse unicamente da un mero identitarismo culturale: una manipo-lazione ideologica incentrata su un insieme di rappresentazioni “sbagliate”, poiché apertamente discriminatorie. Attraverso gli studi più significativi sul razzismo - da du bois a fanon passando per stuart Hall e gilroy fino a roediger, goldberg e Keeanga-Yamahtta taylor - il presente inter-vento vuole sottolineare: da una parte, che il razzismo non costituisce qualcosa di monolitico ma un fenomeno in costante metamorfosi; poiché per essere socialmente efficace, deve essere conti-nuamente rimodellato a seconda dei diversi contesti storico-geografici. dall’altra, vuole mostrare che l’antirazzismo dominante in europa è ancora quello degli anni ’80, plasmato in buona parte da testi come la forza del pregiudizio (1983) e lo spazio del razzismo (1990) di taguieff e Wie-vorka e dalle loro critiche a ciò che chiamavano il “razzismo differenzialista” o “neo-razzismo”. A livello teorico, l’analisi del razzismo continua ad affidarsi alla tradizione del marxismo bianco europeo anziché trarre insegnamento dalla tradizione, più ricca e articolata, dei black studies e del pensiero radicale africano-americano e africano-caraibico. soprattutto in Italia, espressioni come “razzismo strutturale”, “razzismo istituzionale” e “segregazione sociale” non finiscono mai di “nominarsi”, di insediarsi come questioni primarie nel dibattito pubblico antirazzista. Infine, attraverso l’analisi di alcuni esempi etnografici, tratti da una recente esperienza di ricerca, la no-stra riflessione cercherà di entrare in un dialogo critico con gli studi sull’immigrazione.

Bibliografial. basso (a cura di), Razzismo di stato. Stati Uniti, Europa, Italia, milano, franco Angeli, 2010.e. fassin, “Racisme d’Etat, politiques de l’antiracisme”, in https://blogs.mediapart.fr/eric-fassin.A. mbmbe, Postcolonialismo, roma, meltemi, 2005.m. mellino, Cittadinanze postcoloniali. Appartenenze, razza e razzismo in Europa e in Italia, roma, carocci, 2012

Keywords: antirazzismo, identitarismo culturale, razzializzazione, forclusione.

dal manifesto della razza al manifesto contro il razzismo.forme e mutamenti dell’antropo-poiesi occidentale

tra modernità e postmodernità

Antonello ciccozzi (università degli studi dell’Aquila)[email protected]

nel passaggio dalla difesa della razza alla lotta al razzismo può essere vista una modalità chiave del transito dalla modernità alla postmodernità. Questo attraversamento mantie-

ne, entro una dialettica antitetica, un elemento di continuità che riguarda la volontà di fon-dazione di ciò che si vuole sia il senso dell’umano, a partire da una premessa naturalistica e essenzializzante; di situare l’immagine dell’uomo nel novero della biologia più che in quello della cultura. se la modernità gridava che le razze umane esistono per natura, la postmodernità ribatte gridando che le razze umane per natura non esistono. Anch’essa sente il bisogno di met-tere la biologia a fondamento di una verità. In ciò va notato che, così come fu per il razzismo, anche l’antirazzismo sottende un progetto antropo-poietico. Questo progetto non si limita a descrivere l’umanità per quello che è, arriva all’intenzione normativa di prescrivere come la vorrebbe. l’antropo-poiesi antirazzista sostiene un’ecologia collaborativa più che conflittuale, in un’idea di evoluzione umana data più dalla solidarietà che dalla lotta (più dalla sympathy che dal survival of the fittest), dalla fluidificazione delle identità culturali, dall’abbattimento dei confini. Questo progetto ha poco di naturale: è una scelta storico-culturale, che non dovreb-be cercare di reificarsi con l’uso assiomatizzante di variabili prese dal campo della biologia. con ciò non si vuole ridurre all’insignificanza l’attuale paradigma biologico, antropo-poietico dell’antirazzismo. si tratta di capire che la biologia può prudentemente supportare, senza as-sorbirla, una ragione che è culturale: l’antirazzismo è una scelta antropo-poietica post-moderna che si oppone alla tentazione antropo-poietica moderna alla razzializzazione. la questione non è tanto che le razze umane per natura non esistono, ma che per cultura non vogliamo farle esistere, visto che chi provò a inventarle partendo dall’illusione che esistessero portò l’inferno sulla terra.

Bibliografia Agamben, g., L’aperto. L’uomo e l’animale, torino, bollati boringhieri, 2002.biondi g., rickards o., L’errore della razza. Avventure e sventure di un mito pericoloso, carocci, roma, 2011.latour. b., Il culto moderno dei fatticci, meltemi, roma, 2005.remotti f., Noi, primitivi. Lo specchio dell’antropologia, bollati boringhieri, torino, 2009.remotti f., Fare umanità. I drammi dell’antropo-poiesi, bari, laterza, 2013.taguieff p. A., Il razzismo. Pregiudizi, teorie, comportamenti, raffaello cortina, milano, 1999.goodman A, moses Y., Jones J, Race, Are We So Different?, Wiley-blackwell, usA-uK, 2012.siebert r., Il razzismo. Il riconoscimento negato, carocci, roma, 2003.tort p., Effetto Darwin. Selezione naturale e nascita della civiltà, Angelo colla editore, Vicenza, 2009.

Keywords: razzismo, antirazzismo, antropo-poiesi, post-modernità

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109Dottrine, ideologie, teorie 108 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

non sempre il tempo il razzismo cancella: vecchie e nuove forme del razzismo contemporaneo

luigi maria lombardi satriani (università degli studi “la sapienza” di roma)[email protected]

la relazione si richiama sin dal titolo all’incipit di una nota poesia, sostituendo all’espressio-ne “la beltà”, “il razzismo”.

richiamando uno scritto preparato da lévi-strauss per l’unesco, che ha dato occasione per uno scontro, successivamente da lui stesso narrato, si sostiene che in una certa fase di crescita, il rafforzamento dell’Io, il senso di identità è tratto necessario per il proprio radicarsi nel mondo.raggiunta la maturità, occorre guadagnare il rapporto con l’alterità, che conferisce allo scam-bio – dei singoli, dei gruppi, delle etnie – crescita e arricchimento reciproco. In Italia spesso ci si è illusi – data la differenza, nel regime fascista rispetto a quello nazista della persecuzione degli ebrei –, pur nella vergogna delle leggi raziali, che in fondo non si era veramente razzisti – si sa, “italiani brava gente” – e così via banalizzando.In effetti, il razzismo è diffuso nel nostro paese e onnipervasivo, così come la cronaca quoti-diana, nel suo ricorrente squallore, conferma continuamente. gli esempi potrebbero essere legione. oggi è tempo di disumana empietà. eppure, non è tutto così devastato; anche adesso alcune voci si alzano a opporsi a tanta chiusura, a tanta spietata volontà di ascoltare soltanto le proprie ragioni. sembrano isolate, ognuna rara avis, ma in realtà non sono poche. si tratta di dare voce a tanti silenzi stupefatti e sgomenti. si tratta di metterle assieme, queste voci, farle diventare coro. così – è un augurio e un impegno – anche in epoca, quale la nostra, di disu-mana empietà, recupereremo – ma sarà itinerario faticoso e complesso – progetto e speranza.

Bibliografialombardi satriani l. m., la stanza degli specchi, roma, meltemi, 1994.lombardi satriani l. m., nel labirinto, roma, meltemi, 1997.lombardi satriani l. m., potere Verità Violenza, 2 voll., reggio calabria, città del sole, 2015-2016.

Keywords: razzismo, empietà, chiusura, solidarietà, condivisione.

razzisti, antirazzisti e radical chic. per una teoria delle pratiche razziste nell’Italia del terzo millennio

maria teresa milicia (università degli studi di padova)[email protected]

A partire dal secondo dopoguerra, con la dichiarazione universale dei diritti umani e la crea-zione dell’unesco, si è sviluppato il dibattito su razza e razzismo, considerato a ragione,

un fenomeno distruttivo che bisognava combattere con le armi della cultura e della scienza per garantire la pace universale. sono note le sofferte fasi di elaborazione dello statement on race, con le diverse stesure dal 1949 al 1952, e i contrasti tra antropologi fisici, genetisti e antropologi culturali sulla “razza mito sociale” e la “razza fenomeno biologico”, fino al definitivo abban-dono della nozione biologica di “razza” con il consolidarsi degli studi di genetica delle popo-lazioni negli anni ’70. l’eredità della pedagogia antirazzista dell’unesco, basata sull’assunto scientifico che “le razze non esistono”, continua a ispirare l’antirazzismo a tavolino, nonostante si sia rivelata un fallimento. non solo perché carente sul piano dell’indagine storiografica ed epistemologica delle teorie razziali (e, nel caso specifico di bioantropologi e genetisti, della coerenza nella divulgazione dei progressi della scienza), ma soprattutto incapace di cogliere la complessità dei processi di razzializzazione che strutturano o ristrutturano “l’habitus razzista”. Hans Wienert, antropologo del terzo reich, chiedeva nel 1952 ai suoi colleghi “radical chic” appena accordatisi sul concetto di razza: “mi piacerebbe chiedere ai gentiluomini firmatari del documento chi di loro sarebbe pronto a sposare la propria figlia per esempio con un aborigeno australiano”. Il “buon senso razzista” di quel padre di famiglia mi sembra sia l’eredità più per-sistente che ci interpella e ci impone di esplorare nuove prospettive di ricerca che siano efficaci nelle politiche dell’antirazzismo. da queste premesse, con l’apporto della ricerca etnografica svolta su facebook (2012-2014) e in corso in calabria, il mio intervento intende offrire spunti di riflessione nell’ambiziosa speranza di poter costruire una teoria della pratiche razziste.

Bibliografiabarbujani g., L’invenzione delle razze. Capire la biodiversità umana, Milano, Bompiani, 2007.destro bisol g., capocasa m., Italiani. Come il DNA ci aiuta a capire chi siamo, roma, carocci, 2016.gilroy p., Against Race. Imagining Political Culture beyond the Color line, cambridge, Harvard university press, 2000.giuliani g. (a cura di), La sottile linea bianca. Intersezioni di razza, genere e classe nell’Italia postcoloniale, tavola rotonda, “studi culturali”, X, 2, 2013, pp. 253-343.Hall s., Race, Culture, and Communications: Looking Backward and Forward at Cultural Studies, “rethinking marxism. A Journal of economic, culture and society”, 5, 1, 1992, pp. 10-18.the race Question in modern science, the race concept. result of an inquiry, unesco, parigi, 1952.

Keywords: razzismo scientifico, antirazzismo, razzializzazione, facebook, teoria delle pratiche razziste.

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111Dottrine, ideologie, teorie 110 1° Convegno nazionale SiaC. Roma - 8 e 9 novembre 2018Razza, razzismi, discriminazioni razziali

meditazione su uno scarto. da claude lévi-strauss a françois Jullien

francesco spagna (università degli studi di padova)[email protected]

nel 1952, a pochi anni dalle catastrofi accadute durante la seconda guerra mondiale, l’u-nesco affidò a un antropologo il compito di elaborare un contributo mirato a sconfiggere

il razzismo, individuato come causa degli orrori appena passati. per poter sperare in un “mai più” Auschwitz, in un “mai più” Hiroshima. Il contributo allora stilato da lévi-strauss, il celebre razza e storia, impostò una battaglia cul-turale al razzismo, attraverso una critica al senso del progresso e un invito alla collaborazione tra le culture, producendo un testo che ebbe grande influenza e anticipò la sensibilità postmo-derna. Il concetto di “scarto differenziale”, centrale nella riflessione di razza e storia ha assunto, lungo i decenni (una volta divenuto “contenuto” didattico e pedagogico), dei connotati di “slogan”, che lo hanno reso scontato, quasi banale, riducendone e appiattendone la portata originaria. grazie alla filosofia di françois Jullien, oltre mezzo secolo dopo possiamo ritrovare il senso più profondo di quella riflessione, lo spessore e la potenzialità perduta del pensiero di lévi-strauss.

BibliografiaJullien f., Contro la comparazione. Lo “scarto” e il “tra”. Un altro accesso all’alterità, mimesis, milano-udine 2014.Jullien f., L’universale e il comune. Il dialogo tra culture, laterza roma-bari 2008.lévi-strauss c., “Razza e storia”, pp. 97- 144 in Razza e storia e altri studi di antropologia, a cura di paolo caruso, einaudi, torino 1967.spagna f., “L’universalismo biforcuto: a oltre mezzo secolo dai temi di ‘Razza e storia’ di Lév-i-Strauss”, http://www.antrocom.org/, 2010.

Keywords: razzismo, post modernità, filosofia, antropologia

Whitewashing il razzismo. la violenza razzista e la sua riduzione

dorothy l. Zinn (libera università di bolzano)[email protected]

Questo contributo parte da una disanima di alcuni recenti fatti di cronaca in Italia, la spara-toria a macerata commesso a danni di sei cittadini africani nel febbraio 2018, e l’omicidio

in calabria del maliano soumaila sacko nello scorso giugno. nell’uno e l’altro caso, subentra nelle analisi mediatiche mainstream la possibilità di un motivo razziale all’origine della violen-za, ma viene minimizzata o respinta con trattamenti diversi: nel primo caso, il furore dell’ag-gressore luca traini viene ricondotto e ridotto a un caso psicopatologico; nel secondo, l’uomo indagato dell’omicidio, Antonio pontoriero, viene descritto come vittima di una violenza strut-turale meridionale. Il contributo proposto interroga una diffusa prospettiva che, sempre più spesso, interpreta la violenza razzista come fatto di (psico)patologia individuale, minimizzando lo sfondo storico e socioculturale, largamente condiviso, che sottende questi atti. come nell’a-nalisi di anoressia proposta da bordo (1993), si argomenta che la violenza commessa dai singoli trova dei linguaggi e cristalizza degli elementi che sono culturali. prendendo spunto dal lavoro di thomas e byrd, e tenendo un confronto aperto con le analisi di casi nel contesto statuniten-se, si considerano i fattori che concorrono allo sbianchettamento del dato razzista. tra questi, il contributo della psichiatria mainstream, che include il razzismo tra le sue definizioni di psi-copatologia. compito di un’antropologia critica è quello di mettere in rilievo le responsabilità collettive di una società strutturalmente soffusa di razzismo.

Bibliografiabordo s., Unbearable Weight: Feminism, Western Culture and the Body, university of califor-nia press, 1993.pearson H., The Prickly Skin of White Supremacy: Race in the ‘Real America’, transforming Anthropology, 23 (1), 2015: 43-58. smith c., Blackness, Citizenship and the Transnational Vertigo of Violence in the Americas, American Anthropologist, 117 (2), 2015: 384-392. thomas J., byrd W., The ‘Sick’ Racist: Racism and Psychopathology in the Colorblind Era, du bois review: social science research on race, 13(1), 2016: 181-203.

Keywords: critical whiteness studies, media, psicopatologia, violenza.

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