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PRIMO PIANO 3 Corriere del Ticino VENERDÌ 15 GENNAIO 2016 QUI LOSANNA zxy BERNARD RÜEGER* «La BNS impari dalla Fed: nessuna mossa brusca» L’imprenditore critica la politica dell’istituto ROBERTO GIANNETTI zxy La BNS ha sbagliato soprattutto nel modo in cui ha abolito la soglia mini- ma con l’euro. È l’opinione di Bernard Rüeger, presidente della Camerca di commercio vodese e presidente della Rüeger SA, azienda romanda attiva nella produzione di sensori per la mi- surazione della temperatura nell’indu- stria petrolifera e del gas, con circa 200 dipendenti, di cui 80 in Svizzera. Il 90% della produzione viene esportata. Un anno fa la difesa della soglia mini- ma iniziava a diventare insostenibile. Cosa rimprovera alla BNS? «Il modo in cui ha abolito la soglia di cambio, dato che ha preso tutti in con- tropiede. Non esiste una banca centra- le nel mondo che non dia segni all’eco- nomia su quello che intende fare. Prendiamo per esempio la Fed: ha an- nunciato il suo recente rialzo dei tassi per mesi. Invece in Svizzera abbiamo visto un vicepresidente della BNS che due giorni prima dell’abolizione aveva assicurato tutti che la soglia a 1,20 sa- rebbe stata tenuta per mesi, se non per anni. Io ho parlato con molti colleghi e non c’è una sola società che abbia anti- cipato l’abolizione della soglia. Questo non è normale». La situazione nell’industria è grave? «Sì. Non bisogna dimenticare che in pochi anni l’euro è sceso da 1,60 a 1,10, e quindi non si tratta solo dello shock avvenuto un anno fa. Questo cumulo di svalutazioni ci ha messo alle corde, e con i nostri margini non riusciamo a compensare. Notiamo anche che il 15 gennaio di un anno fa abbiamo regi- strato una perdita immediata su tutto il fatturato che non avevamo ancora in- cassato, e si tratta di grandi importi. Per tenere i clienti noi abbiamo preso la decisione di abbassare di colpo tutti i nostri prezzi del 15%. Per noi inoltre c’è il problema che il prezzo del petrolio è basso e quindi gli investimenti nel set- tore sono bloccati. Ma i problemi si ve- dono a molti livelli: io sono anche nel CdA della Coop e anche qui non si ve- deva una crisi simile da 35 anni». Ma il cambio attuale con l’euro, vicino a 1,10, non è meno doloroso? «No, le difficoltà rimangono. Penso che il cambio dovrebbe essere a 1,35 o qualcosa del genere. Io ho un impianto in Olanda, che fabbrica gli stessi pro- dotti di quello in Svizzera, ma lì il mar- gine di guadagno è enorme, è del 30% in più. E non stiamo parlando di un Paese in via di sviluppo». Ultimamente diverse imprese hanno annunciato tagli al personale. Crede che potrebbe esserci un’ondata di li- cenziamenti? «Penso che sia possibile, perché le im- prese sono riuscite a vivere per qualche mese sugli ordini precedenti all’aboli- zione della soglia di cambio. Ora invece le commesse sono diminuite e quindi i nostri budget sono molto stretti. Credo che il 2016 sotto l’aspetto del lavoro sa- rà più difficile del 2015. Finora molte società avevano aumentato gli orari di lavoro senza pagare di più, ma ora mancano le commesse». Negli organi di informazione ci sono messaggi rassicuranti sulla capacità di resistenza delle imprese elvetiche. «Si, ma io non ci credo molto. La BNS prova a far passare il messaggio che le cose vanno bene, ma a mio avviso non è vero. La resistenza delle imprese sviz- zere è inferiore di quanto si pensi. Stan- no provando a giustificare la loro deci- sione. In queste condizioni abbiamo meno soldi, e non riusciamo ad investi- re nell’innovazione, e per le società vecchie, con prodotti tradizionali, è molto difficile sopravvivere in Svizzera. Questo spinge le delocalizzazioni». Anche la sua società ha dovuto delo- calizzare parte della produzione? «Sì, noi abbiamo già da tempo centri in Germania, Malesia e Cina, dove è pos- sibile trovare personale molto formato. La paga di un ingegnere in Malesia è di un terzo rispetto alla Svizzera. Quello che è nuovo è che non si sta delocaliz- zando solo la produzione, ma anche i servizi amministrativi, come le offerte ai clienti, la contabilità, e via dicendo. Per onestà non voglio comunque met- tere tutto sulle spalle della BNS, che ha giocato un grosso ruolo, ma anche a vari fattori, come anche l’iniziativa contro l’immigrazione di massa. L’eco- nomia è molto pragmatica e molti vo- gliono vedere che direzione prenderà la Svizzera. Inoltre anche il marchio svizzero è meno richiesto, o meglio, non si è più disposti a pagare molto di più per questo marchio». * presidente della Camera di commercio vodese e presidente della Rüeger SA di Losanna shock non è ancora passato» ha avuto conseguenze molto pesanti per il nostro settore. Comunque la BNS è in- tervenuta introducendo i tassi negativi e cercando di indebolire il franco sui mer- cati, sempre rispettando il quadro legale. Noi auspichiamo che la BNS intervenga ancora sul mercato dei cambi e che il franco evolva presto verso una banda più ragionevole rispetto alle divise impor- tanti. Per noi il livello attuale dell’euro- franco a 1,08 non è ancora soddisfacente, anche se non è possibile definire con precisione un livello ideale». Quali sono le strategie che hanno adot- tato le imprese del settore industriale svizzero per affrontare il problema del franco forte? «Le imprese hanno dovuto reagire. Il 69% delle aziende in giugno ci aveva detto che aveva dovuto ridurre i prezzi. Per questo l’aumento dell’efficienza e una gestione rigorosa dei costi sono i principali obietti- vi, a cui si aggiungono maggiori acquisti dall’estero, il miglioramento dell’innova- zione e l’aumento del tempo di lavoro». Il calo dei margini farà diminuire gli in- vestimenti? «Sì, ma non solo a causa dei margini, ma anche sull’onda del clima politico incerto dovuto alle relazioni con l’Unione euro- pea, soprattutto dopo l’Iniziativa contro l’immigrazione di massa». Il fenomeno della delocalizzazione è stato massiccio? Continuerà nel 2016? «L’internazionalizzazione è un fattore chiave per le nostre imprese e permette di accrescerne la competitività e favorire gli investimenti. Circa un quarto delle nostre imprese ha delocalizzato una parte della produzione nell’UE, un altro quarto pensa di farlo prossimamente». R. GI. * vicedirettore di Swissmem QUI RIVERA zxy LORENZO DOMENICONI* «La vera prova da superare è appena iniziata» zxy Pensare che le difficoltà maggiori sarebbero state nel 2015 è del tutto fuorviante, la vera prova da superare è il 2016. È la convinzione di Lorenzo Domeniconi, fondatore di GTK Ti- mek, un gruppo specializzato nella produzione di rulli di alta precisione per applicazioni tecniche con un’ot- tantina di collaboratori. La società è stata l’anno scorso vincitrice del Prix SVC della Svizzera italiana. Cosa ha pensato un anno fa quando ha sentito la decisione della BNS? «Questa notizia è stata come un fulmi- ne a ciel sereno, nessuno se lo sarebbe mai atteso. Anche perché gli esperti e le banche stesse non avevano mai da- to un segnale in questo senso. La pri- ma reazione è stata di una totale con- fusione: dobbiamo ridurre il persona- le, gli stipendi». Poi ha preso fiato e ha cercato di tro- vare una via d’uscita meno dolorosa. «Dopo un paio di giorni ho cercato di ragionare se c’erano altre soluzioni: ho analizzato le esposizioni dell’azienda, gli ordini in corso e ho capito che la decisione migliore sarebbe stata quel- la di prendere tempo, anche per capi- re in che direzione si sarebbe stabiliz- zato il cambio». Era però necessario programmare le mosse future. Come si è mosso con i collaboratori? «Ho riunito i responsabili e abbiamo liberamente discusso della situazione, con un solo punto fermo: avevo già deciso di non fare né riduzioni di sti- pendio né di personale». Ha scelto quindi una strada che fa onore ad un imprenditore, ma che può creare problemi sul fronte dei conti. «Era ovvio che se non tagliavamo do- vevamo diventare più competitivi. Ho quindi confermato gli investimenti in un nuovo stabile che stavamo co- struendo, potenziato la ricerca e svi- luppo e il reparto commerciale. E non da ultimo ho cambiato macchine che non erano ancora così vecchie per comprarne altre ancora più perfo- manti: una scelta difficile ma che vole- va guardare al futuro». Sta già cogliendo i frutti? «Sarebbe bello. I processi sono più lunghi, ma vedo che questa scelta sta già portando risultati nella nostra ca- pacità di essere più innovativi. Ma so- no realista: per noi, come credo per molti imprenditori, il vero anno diffi- cile sarà il 2016, perché nel 2015 ave- vamo ancora gli ordini e il lavoro fatto prima della decisione della BNS. Quindi la preoccupazione c’è, anche perché oggi il mercato è diventato completamente instabile: un giorno c’è euforia, l’altro basta un attentato da qualche parte nel mondo e si ripiom- ba nella depressione». In questa ripresa mondiale che zop- pica vede segnali positivi da qualche parte? «Paradossalmente è il mercato italia- no quello che sta dando i segnali mi- gliori. Diverse aziende che non si face- vano più sentire da tempo sono torna- te da noi. Credo che sia un’ottima noti- zia per tutto il Ticino, che vive di rela- zioni strette con la Penisola» Come stanno vivendo i suoi dipen- denti questa situazione? «La mia scelta è stata quella di infor- marli sempre di tutto. Ma nonostante io non abbia voluto operare tagli, per loro la preoccupazione resta» * fondatore GTK Timek Tutti spiazzati È stata l’unica banca cen- trale al mondo che non ha mandato segnali di av- vertimento all’economia. Così nessuna impresa ha potuto prepararsi Nervi saldi Invece di tagliare abbiamo deciso di investire con ancora più forza. Ci vorrà tempo per vedere i risultati, ma la direzione è quella giusta

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PRIMO PIANO 3Corriere del TicinoVENERDÌ 15 GENNAIO 2016PRIMO PIANO2 Corriere del Ticino

VENERDÌ 15 GENNAIO 2016

Euro-franco

Un anno di economia in trinceadopo l’addio alla soglia di 1,20LadecisionedellaBancanazionalehasegnatounpuntodi svoltaper laSvizzeraA12mesididistanza ilPILzoppica, le imprese soffronoma il sistema tieneancora

I CONSUMATORI

QUEI PICCOLI VANTAGGILa decisione della Banca nazio-nale svizzera di un anno fa, sep-pur indigesta per molti settori vo-tati all’export, ha portato anchevantaggi, specialmente per i con-sumatori. «Gli Svizzeri sono diven-tati più ricchi», ha dichiarato Jan-Egbert Sturm, direttore del Centrodi ricerca congiunturale del Poli-tecnico di Zurigo (KOF). «Il consu-mo aggregato ai prezzi correnti,quindi in termini nominali, ha pra-ticamente stagnato quest’anno»,ha sostenuto dal canto suo EricScheidegger, capo della Direzionepolitica economica della Segrete-ria di Stato dell’economia (SECO).Si può dunque sostenere che leeconomie domestiche, nel loroinsieme, hanno risparmiato, datoche i redditi sono progrediti piùdei consumi. Da inizio anno l’indi-ce svizzero dei prezzi al consumoha registrato una flessione, inparte a causa dell’apprezzamen-to del franco, ma anche per lacaduta del corso del petrolio edei prezzi dell’energia. Nel 2015l’inflazione è stata negativadell’1,1%. Per il momento appro-fittiamo di una «buona» deflazio-ne, ha spiegato all’ATS Michel Gi-rardin, professore di macrofinanza all’Università di Ginevra.Indubbiamente, la debolezza deiprezzi si rivela positiva per i con-sumatori e i turisti svizzeri all’e-stero, per gli acquisti transfronta-lieri e per i prezzi all’importazione.A preoccupare è invece l’effetto alungo termine dell’introduzionedei tassi negativi da parte dellaBNS. In particolare la scelta hacolpito le casse pensioni chehanno giocoforza dovuto ridurrele rendite previdenziali future.

Un anno fa la Banca nazionale decideva di non difendere più la sogliaminimadi 1,20 tra euro e franco, lasciando fluttuare liberamente il cambio. Una sceltaopposta a quella del 6 settembre 2011, quando, per fermare la continua rivalu-tazione dellamoneta elvetica, fissò appunto quella soglia invalicabile.ThomasJordan difende ancora oggi quella decisione di un anno fa che ha evitato guaipeggiori: diversamente la Banca non sarebbe stata più in grado di gestire consicurezza il suo bilancio. Dodici mesi dopo la tempesta non si è trasformata inciclone, ma non è difficile contare danni e feriti: il PIL ha subito frenato la suacrescita e il Paese è andato a un passo dalla recessione; molte imprese, soprat-tutto quelle votate all’export, si sono trovate a non essere più competitive.Ma ilPaese è ancora in piedi.

VANNI CARATTO

QUI LOSANNA zxy BERNARD RÜEGER*

«LaBNSimparidallaFed:nessunamossabrusca»L’imprenditorecritica lapoliticadell’istitutoROBERTO GIANNETTI

zxy La BNS ha sbagliato soprattutto nelmodo in cui ha abolito la soglia mini-ma con l’euro. È l’opinione diBernardRüeger, presidente della Camerca dicommercio vodese e presidente dellaRüeger SA, azienda romanda attivanella produzione di sensori per la mi-surazionedella temperaturanell’indu-stria petrolifera e del gas, con circa 200dipendenti, di cui 80 inSvizzera. Il 90%dellaproduzionevieneesportata.Unanno fa ladifesadella sogliamini-ma iniziava adiventare insostenibile.CosarimproveraallaBNS?«Il modo in cui ha abolito la soglia dicambio, dato chehapreso tutti in con-tropiede.Nonesisteunabancacentra-lenelmondochenondiasegniall’eco-nomia su quello che intende fare.Prendiamoper esempio la Fed: ha an-nunciato il suo recente rialzo dei tassiper mesi. Invece in Svizzera abbiamovisto un vicepresidente della BNS chedue giorni prima dell’abolizione avevaassicurato tutti che la soglia a 1,20 sa-rebbe stata tenutapermesi, senonperanni. Io hoparlato conmolti colleghi enonc’èunasolasocietàcheabbiaanti-cipato l’abolizione della soglia. Questononènormale».Lasituazionenell’industriaègrave?«Sì. Non bisogna dimenticare che inpochi anni l’euroè scesoda1,60a1,10,e quindi non si tratta solo dello shockavvenuto un anno fa. Questo cumulodisvalutazionicihamessoallecorde,econ i nostri margini non riusciamo acompensare. Notiamo anche che il 15gennaio di un anno fa abbiamo regi-stratounaperdita immediatasu tutto ilfatturato che non avevamo ancora in-cassato,esi trattadigrandi importi.Pertenere i clienti noi abbiamo preso ladecisione di abbassare di colpo tutti inostriprezzidel15%.Pernoi inoltrec’èil problema che il prezzo del petrolio èbasso e quindi gli investimenti nel set-

tore sonobloccati.Ma i problemi si ve-dono a molti livelli: io sono anche nelCdA della Coop e anche qui non si ve-devaunacrisi simileda35anni».Mailcambioattualeconl’euro,vicinoa1,10,nonèmenodoloroso?«No, ledifficoltàrimangono.Pensocheil cambio dovrebbe essere a 1,35 oqualcosadel genere. Iohoun impiantoin Olanda, che fabbrica gli stessi pro-dotti di quello in Svizzera, ma lì il mar-gine di guadagno è enorme, è del 30%in più. E non stiamo parlando di unPaese inviadi sviluppo».Ultimamente diverse imprese hannoannunciato tagli al personale. Credeche potrebbe esserci un’ondata di li-cenziamenti?«Penso che sia possibile, perché le im-

presesonoriusciteavivereperqualchemese sugli ordini precedenti all’aboli-zionedellasogliadicambio.Ora invecele commesse sonodiminuite equindi inostri budget sonomolto stretti. Credoche il 2016 sotto l’aspetto del lavoro sa-rà più difficile del 2015. Finora moltesocietà avevano aumentato gli orari dilavoro senza pagare di più, ma oramancano lecommesse».Negli organi di informazione ci sonomessaggi rassicuranti sulla capacitàdi resistenzadelle impreseelvetiche.«Si, ma io non ci credo molto. La BNSprova a far passare il messaggio che lecose vannobene,ma amio avviso nonèvero.La resistenzadelle impresesviz-zereè inferiorediquantosipensi.Stan-no provando a giustificare la loro deci-sione. In queste condizioni abbiamomenosoldi,enonriusciamoadinvesti-re nell’innovazione, e per le societàvecchie, con prodotti tradizionali, èmoltodifficile sopravvivere inSvizzera.Questo spinge ledelocalizzazioni».Anche la sua società ha dovuto delo-calizzarepartedellaproduzione?«Sì, noi abbiamogiàda tempocentri inGermania,Malesia e Cina, dove è pos-sibile trovarepersonalemolto formato.Lapagadi un ingegnere inMalesia èdiun terzo rispetto alla Svizzera. Quelloche è nuovo è che non si sta delocaliz-zando solo la produzione, ma anche iservizi amministrativi, come le offerteai clienti, la contabilità, e via dicendo.Per onestà non voglio comunquemet-tere tutto sulle spalle della BNS, che hagiocato un grosso ruolo, ma anche avari fattori, come anche l’iniziativacontro l’immigrazionedimassa. L’eco-nomia èmolto pragmatica emolti vo-gliono vedere che direzione prenderàla Svizzera. Inoltre anche il marchiosvizzero è meno richiesto, o meglio,non si è più disposti a pagaremolto dipiùper questomarchio».

* presidente della Camera di commercio vodesee presidente della Rüeger SA di Losanna

L’ANNUNCIO Alle dieci e trenta di un tranquillo giovedì arriva la svolta nella politica monetaria della Banca nazionale. (Foto Keystone)

zxy Thomas Jordan ha pochi dubbi. Unanno dopo l’abolizione del cambiomini-mo di 1,20 tra euro-franco il presidentedella Banca nazionale svizzera rimanepersuaso di aver agito correttamente.«Siamo sempre convinti che la decisionesia stata giusta», ha affermato Jordan inun’intervista radiofonica di qualche gior-no fa. Secondo l’economista 53.enne lamisuraadottata il 15gennaio2015èavve-nuta nell’interesse della Svizzera. A suoavviso la soglia minima è stata un buonostrumento per lottare contro la forza delfranco,manonèaltrettantovalidoper farfronte all’attuale debolezza dell’euro.Continuare a difenderla non avrebbeavuto senso.Dall’altra Jordan valuta come sopporta-bili gli effetti negativi chequella scelta hacomportato. D’altra parte i timori di unarecessione, di una deflazione e di un for-te aumento della disoccupazione nonhanno trovato conferma in questi dodicimesi: l’economiaha rallentato fortemen-te (+0,2% nel primo trimestre; – 0,2% nelsecondo e zero nel terzo), ma ha evitatotecnicamente la recessione; i prezzi sonoscesi (–1,1% nel 2015), ma una parte èdovuta anche al crollo del petrolio; la di-soccupazione – la sorpresa più positiva –non è affatto esplosa, anche se, come in-segnano tutti imodelli, i tempidi riaggiu-stamento dell’occupazione sono piùlunghi. In ogni caso in alcuni settori lapressione sulle aziende è stata e restaelevata, ma secondo il presidente dellaBNSnon si puòparlare di deindustrializ-zazione del Paese. Vero è che l’industria,soprattutto quella di esportazione, sisente in grande difficoltà (vedi intervistea lato) e il settore del turismo e del com-mercio (con gli acquisti all’estero piùvantaggiosi) ha subito un contraccolpoimportante. Diverso il punto di vista del-le banche: «La sfida più grande per noisono stati gli interessi negativi introdottidalla BNS, più che l’abolizione della so-glia minima di cambio – spiega al CdTDaniela Flückiger di SwissBanking –. Ledifficoltà delle imprese esportatrici no-stre clienti ci riguardano inoltre da vici-no».

L’ANALISI zxy JEAN-PHILIPPE KOHL*

«Nell’industriapersimigliaiadipostidi lavoroe lo shocknonèancorapassato»zxy Il franco forte ostacola l’industria sviz-zera. Swissmem, l’organizzazionemantel-lo che riunisce le imprese del settore dellametalmeccanicaedelettrica, l’hapiùvolteripetutonelcorsodel2015.L’organizzazio-ne raccoglie oltre un migliaio di aziendecon 330 mila dipendenti e rappresenta il32% dell’export elvetico, con un valore dicirca 66 miliardi di franchi. Proprio a fineanno il portavoce dell’associazione avevaannunciato che oltre i due terzi delleaziende del settore hanno dovuto abbas-sare i prezzi per non essere cancellate dalmercato. Molti datori di lavoro hanno ta-gliato impieghi o trasferito la produzione.Dati ribaditidalvicedirettorediSwissmemJean-Philippe Kohl, capo della divisionePoliticaeconomicadiSwissmem.L’industria elvetica ha digerito il raffor-zamentodel franco svizzero?«No, il settore non ha superato lo shock

del rafforzamento del franco, che com-porta ancora conseguenzemolto pesantiper leaziendevotateall’esportazione.Noicrediamo che la situazione sia ancorapreoccupante per i nostri membri e chegli effetti negativi della decisione dellaBNS si sentirannoancoranel 2016».Pensate che quest’anno ci saranno an-cora dei rischi sull’andamento degli af-fari e sul livellodell’occupazione?«Sicuramente.La situazione restadifficilee le imprese elvetiche dovranno ancoraapplicaremisuredi razionalizzazionepercompensare il calo dei prezzi di venditaintrodotto per restare competitivi».È possibile tracciare un bilancio deglieffetti che il franco forte ha avuto sugliaffari nel 2015?«A livello di cifre, nel 2015 abbiamo regi-stratouncalodellecifred’affari,degliordi-nativi e le conseguenze sul livello occupa-

zionale sono state pesanti, anche se nonabbiamo ancora le cifre precise dell’Uffi-cio federale di statistica. Comunque siparla di diverse migliaia di posti di lavoropersi nel nostro settore. Inoltre la situazio-nealivellodimargini restamoltopreoccu-pante. Nello scorsomese di giugno il 35%delle aziende ci aveva annunciato cheprevedeva che il 2015 si sarebbe chiuso inperditaacausadella forzadel franco».Come giudicate la politica che la Bancanazionale svizzerahaportatoavantido-po l’abolizione della soglia minima dicambio con l’euro?«Chiaramente, laBNShadovutoprende-re le suedecisioni adattandosi allemossedella BCE. Dopo gli interventi massiccidell’Eurotower la BNS non disponevapiù di margini di manovra ed è stata co-stretta ad abbandonare la soglia di cam-bio. Questo è comprensibile. Ma questo

ha avuto conseguenzemolto pesanti peril nostro settore. Comunque la BNS è in-tervenuta introducendo i tassi negativi ecercando di indebolire il franco sui mer-cati, sempre rispettando il quadro legale.Noi auspichiamo che la BNS intervengaancora sul mercato dei cambi e che ilfrancoevolvapresto versounabandapiùragionevole rispetto alle divise impor-tanti. Per noi il livello attuale dell’euro-francoa1,08nonèancora soddisfacente,anche se non è possibile definire conprecisione un livello ideale».Quali sono le strategie che hanno adot-tato le imprese del settore industrialesvizzero per affrontare il problema delfranco forte?«Le imprese hanno dovuto reagire. Il 69%delle aziende in giugno ci aveva detto cheaveva dovuto ridurre i prezzi. Per questol’aumento dell’efficienza e una gestione

rigorosa dei costi sono i principali obietti-vi, a cui si aggiungono maggiori acquistidall’estero, il miglioramento dell’innova-zionee l’aumentodel tempodi lavoro».Il calo deimargini farà diminuire gli in-vestimenti?«Sì, ma non solo a causa dei margini, maanche sull’ondadel climapolitico incertodovuto alle relazioni con l’Unione euro-pea, soprattutto dopo l’Iniziativa control’immigrazionedimassa».Il fenomeno della delocalizzazione èstatomassiccio?Continuerànel 2016?«L’internazionalizzazione è un fattorechiave per le nostre imprese epermette diaccrescerne la competitività e favorire gliinvestimenti. Circa un quarto delle nostreimprese ha delocalizzato una parte dellaproduzionenell’UE,unaltroquartopensadi farloprossimamente». R. GI.

* vicedirettore di Swissmem

Macome si giunse alla svolta di un annofa e per quali ragioni? Tutto ha inizio il 6settembre 2011, quando in piena crisidei debiti europei, la Banca nazionalesvizzera fissa a 1,20 franchi il tetto delcambio contro l’euro, per evitare un ec-cessivo rafforzamento. Per difenderequesto obiettivo l’istituto si prepara adacquistare ingenti quantità di euro, im-mettendo liquidità. L’intervento per-mette di fermare il trend che il 10 agosto2011 aveva portato il tasso di cambio trale due valute vicino alla soglia di 1 a 1 edi mantenere per oltre tre anni la sogliaminima di cambio a 1,20 franchi per uneuro stabilizzandolo in un range tral’1,20 e l’1,25. La soglia minima di 1,20viene violata per la prima volta nell’apri-le 2012 quando in Asia durante le con-trattazioni la valuta di Eurolandia passaal di sotto delminimo stabilito dallaBNSsui mercati asiatici. Il 9 gennaio 2012

l’allora direttore della BNS, Philipp Hil-debrand, rassegna le dimissioni con ef-fetto immediato.Nella conferenza stam-pa in cui annuncia il ritiro, Hildebrandsottolinea che «l’attuale corso della poli-tica monetaria sarà portato avanti confermezza e che la soglia minima rimanea 1,20 franchi per un euro». Subito dopol’annuncio il franco si rafforza ulterior-mente su tutti i mercati. Il 4 settembre2014 l’ex numero uno di UBS e CreditSuisse,OswaldGrübel, critica duramen-te la politica della sogliaminimadi cam-bio assicurata dalla BNS e l’aggancio delfranco all’euro. Così facendo, secondoGrübel, la Svizzera sostiene in modo ar-tificiale lamoneta europea e indeboliscela propria: «Tutti i nostri patrimoni ven-gono svalutati per unquinto», afferma. Il18 dicembre 2014 la BNS, per ridurrel’attrattiva del franco, introduce un tassod’interesse negativo. I patrimoni dellebanche sui conti giro dell’istitutodaquelmomento in avanti verranno gravati conun tasso del –0,25%. Il 5 gennaio 2015 ilpresidente della BNS,Thomas Jordan ri-badisce che la soglia minima di 1,20franchi per un euro «rimane irrinuncia-bile». Le cose però vanno diversamente:il 15 gennaio 2015, la clamorosa retro-marcia: proprio Thomas Jordan annun-cia l’abbandonodaparte della BNSdellasoglia minima di cambio con la monetaunica. L’interesse negativo viene portatoa –0,75%. Ad un anno di distanza, ieri ilcambio viaggiava intorno a 1,0922, lon-tano da quella soglia perduta.

QUI RIVERA zxy LORENZO DOMENICONI*

«Laveraprovadasuperareèappena iniziata»zxy Pensare che le difficoltà maggiorisarebbero state nel 2015 è del tuttofuorviante, la veraprovada superare èil 2016. È la convinzione di LorenzoDomeniconi, fondatore di GTK Ti-mek, un gruppo specializzato nellaproduzione di rulli di alta precisioneper applicazioni tecniche con un’ot-tantina di collaboratori. La società èstata l’anno scorso vincitrice del PrixSVCdella Svizzera italiana.Cosa ha pensato un anno fa quandoha sentito ladecisionedellaBNS?«Questanotiziaè statacomeun fulmi-neaciel sereno,nessuno se lo sarebbemai atteso. Anche perché gli esperti ele banche stesse non avevanomai da-to un segnale in questo senso. La pri-ma reazione è stata di una totale con-fusione: dobbiamo ridurre il persona-le, gli stipendi».Poi ha preso fiato e ha cercato di tro-vareunaviad’uscitamenodolorosa.«Dopo un paio di giorni ho cercato diragionare sec’eranoaltre soluzioni:hoanalizzato le esposizioni dell’azienda,gli ordini in corso e ho capito che ladecisionemigliore sarebbe stata quel-la di prendere tempo, anche per capi-re in che direzione si sarebbe stabiliz-zato il cambio».Eraperònecessario programmare lemosse future. Come si èmosso con icollaboratori?«Ho riunito i responsabili e abbiamoliberamentediscussodella situazione,con un solo punto fermo: avevo giàdeciso di non fare né riduzioni di sti-pendionédi personale».

Ha scelto quindi una strada che faonore ad un imprenditore, ma chepuò creare problemi sul fronte deiconti.«Era ovvio che se non tagliavamo do-vevamo diventare più competitivi. Hoquindi confermato gli investimenti inun nuovo stabile che stavamo co-struendo, potenziato la ricerca e svi-

luppo e il reparto commerciale. E nonda ultimo ho cambiato macchine chenon erano ancora così vecchie percomprarne altre ancora più perfo-manti: unasceltadifficilemachevole-va guardare al futuro».Sta già cogliendo i frutti?«Sarebbe bello. I processi sono piùlunghi, ma vedo che questa scelta stagià portando risultati nella nostra ca-pacità di essere più innovativi. Ma so-no realista: per noi, come credo permolti imprenditori, il vero anno diffi-cile sarà il 2016, perché nel 2015 ave-vamo ancora gli ordini e il lavoro fattoprima della decisione della BNS.Quindi la preoccupazione c’è, ancheperché oggi il mercato è diventatocompletamente instabile: un giornoc’èeuforia, l’altrobastaunattentatodaqualche parte nel mondo e si ripiom-banella depressione».In questa ripresa mondiale che zop-pica vede segnali positivi da qualcheparte?«Paradossalmente è il mercato italia-no quello che sta dando i segnali mi-gliori.Diverseaziendechenonsi face-vanopiù sentireda temposono torna-tedanoi.Credochesiaun’ottimanoti-zia per tutto il Ticino, che vive di rela-zioni strette con la Penisola»Come stanno vivendo i suoi dipen-denti questa situazione?«La mia scelta è stata quella di infor-marli sempre di tutto. Ma nonostanteio non abbia voluto operare tagli, perloro la preoccupazione resta»

* fondatore GTK Timek

Tutti spiazzatiÈ stata l’unica banca cen-trale al mondo che non hamandato segnali di av-vertimento all’economia.Così nessuna impresa hapotuto prepararsi

Nervi saldiInvece di tagliare abbiamodeciso di investire conancora più forza.Ci vorrà tempo per vederei risultati, ma la direzioneè quella giusta

INDEX QUESTA SERA SUTELETICINO

Fari accesisulla valutazxy Il superfranco continua aoccupare la scena. Qualisono a questo punto le pro-spettive per la valuta elveti-ca e per la Borsa svizzera?Se ne parla questa sera aIndex, in onda alle 22 su Te-leTicino. Conduce Lino Terliz-zi. Ospiti Sascha Kever dellaPKB e Filippo Fink della BSI.