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PRIMO PIANO 3Corriere del TicinoVENERDÌ 15 GENNAIO 2016PRIMO PIANO2 Corriere del Ticino

VENERDÌ 15 GENNAIO 2016

Euro-franco

Un anno di economia in trinceadopo l’addio alla soglia di 1,20LadecisionedellaBancanazionalehasegnatounpuntodi svoltaper laSvizzeraA12mesididistanza ilPILzoppica, le imprese soffronoma il sistema tieneancora

I CONSUMATORI

QUEI PICCOLI VANTAGGILa decisione della Banca nazio-nale svizzera di un anno fa, sep-pur indigesta per molti settori vo-tati all’export, ha portato anchevantaggi, specialmente per i con-sumatori. «Gli Svizzeri sono diven-tati più ricchi», ha dichiarato Jan-Egbert Sturm, direttore del Centrodi ricerca congiunturale del Poli-tecnico di Zurigo (KOF). «Il consu-mo aggregato ai prezzi correnti,quindi in termini nominali, ha pra-ticamente stagnato quest’anno»,ha sostenuto dal canto suo EricScheidegger, capo della Direzionepolitica economica della Segrete-ria di Stato dell’economia (SECO).Si può dunque sostenere che leeconomie domestiche, nel loroinsieme, hanno risparmiato, datoche i redditi sono progrediti piùdei consumi. Da inizio anno l’indi-ce svizzero dei prezzi al consumoha registrato una flessione, inparte a causa dell’apprezzamen-to del franco, ma anche per lacaduta del corso del petrolio edei prezzi dell’energia. Nel 2015l’inflazione è stata negativadell’1,1%. Per il momento appro-fittiamo di una «buona» deflazio-ne, ha spiegato all’ATS Michel Gi-rardin, professore di macrofinanza all’Università di Ginevra.Indubbiamente, la debolezza deiprezzi si rivela positiva per i con-sumatori e i turisti svizzeri all’e-stero, per gli acquisti transfronta-lieri e per i prezzi all’importazione.A preoccupare è invece l’effetto alungo termine dell’introduzionedei tassi negativi da parte dellaBNS. In particolare la scelta hacolpito le casse pensioni chehanno giocoforza dovuto ridurrele rendite previdenziali future.

Un anno fa la Banca nazionale decideva di non difendere più la sogliaminimadi 1,20 tra euro e franco, lasciando fluttuare liberamente il cambio. Una sceltaopposta a quella del 6 settembre 2011, quando, per fermare la continua rivalu-tazione dellamoneta elvetica, fissò appunto quella soglia invalicabile.ThomasJordan difende ancora oggi quella decisione di un anno fa che ha evitato guaipeggiori: diversamente la Banca non sarebbe stata più in grado di gestire consicurezza il suo bilancio. Dodici mesi dopo la tempesta non si è trasformata inciclone, ma non è difficile contare danni e feriti: il PIL ha subito frenato la suacrescita e il Paese è andato a un passo dalla recessione; molte imprese, soprat-tutto quelle votate all’export, si sono trovate a non essere più competitive.Ma ilPaese è ancora in piedi.

VANNI CARATTO

QUI LOSANNA zxy BERNARD RÜEGER*

«LaBNSimparidallaFed:nessunamossabrusca»L’imprenditorecritica lapoliticadell’istitutoROBERTO GIANNETTI

zxy La BNS ha sbagliato soprattutto nelmodo in cui ha abolito la soglia mini-ma con l’euro. È l’opinione diBernardRüeger, presidente della Camerca dicommercio vodese e presidente dellaRüeger SA, azienda romanda attivanella produzione di sensori per la mi-surazionedella temperaturanell’indu-stria petrolifera e del gas, con circa 200dipendenti, di cui 80 inSvizzera. Il 90%dellaproduzionevieneesportata.Unanno fa ladifesadella sogliamini-ma iniziava adiventare insostenibile.CosarimproveraallaBNS?«Il modo in cui ha abolito la soglia dicambio, dato chehapreso tutti in con-tropiede.Nonesisteunabancacentra-lenelmondochenondiasegniall’eco-nomia su quello che intende fare.Prendiamoper esempio la Fed: ha an-nunciato il suo recente rialzo dei tassiper mesi. Invece in Svizzera abbiamovisto un vicepresidente della BNS chedue giorni prima dell’abolizione avevaassicurato tutti che la soglia a 1,20 sa-rebbe stata tenutapermesi, senonperanni. Io hoparlato conmolti colleghi enonc’èunasolasocietàcheabbiaanti-cipato l’abolizione della soglia. Questononènormale».Lasituazionenell’industriaègrave?«Sì. Non bisogna dimenticare che inpochi anni l’euroè scesoda1,60a1,10,e quindi non si tratta solo dello shockavvenuto un anno fa. Questo cumulodisvalutazionicihamessoallecorde,econ i nostri margini non riusciamo acompensare. Notiamo anche che il 15gennaio di un anno fa abbiamo regi-stratounaperdita immediatasu tutto ilfatturato che non avevamo ancora in-cassato,esi trattadigrandi importi.Pertenere i clienti noi abbiamo preso ladecisione di abbassare di colpo tutti inostriprezzidel15%.Pernoi inoltrec’èil problema che il prezzo del petrolio èbasso e quindi gli investimenti nel set-

tore sonobloccati.Ma i problemi si ve-dono a molti livelli: io sono anche nelCdA della Coop e anche qui non si ve-devaunacrisi simileda35anni».Mailcambioattualeconl’euro,vicinoa1,10,nonèmenodoloroso?«No, ledifficoltàrimangono.Pensocheil cambio dovrebbe essere a 1,35 oqualcosadel genere. Iohoun impiantoin Olanda, che fabbrica gli stessi pro-dotti di quello in Svizzera, ma lì il mar-gine di guadagno è enorme, è del 30%in più. E non stiamo parlando di unPaese inviadi sviluppo».Ultimamente diverse imprese hannoannunciato tagli al personale. Credeche potrebbe esserci un’ondata di li-cenziamenti?«Penso che sia possibile, perché le im-

presesonoriusciteavivereperqualchemese sugli ordini precedenti all’aboli-zionedellasogliadicambio.Ora invecele commesse sonodiminuite equindi inostri budget sonomolto stretti. Credoche il 2016 sotto l’aspetto del lavoro sa-rà più difficile del 2015. Finora moltesocietà avevano aumentato gli orari dilavoro senza pagare di più, ma oramancano lecommesse».Negli organi di informazione ci sonomessaggi rassicuranti sulla capacitàdi resistenzadelle impreseelvetiche.«Si, ma io non ci credo molto. La BNSprova a far passare il messaggio che lecose vannobene,ma amio avviso nonèvero.La resistenzadelle impresesviz-zereè inferiorediquantosipensi.Stan-no provando a giustificare la loro deci-sione. In queste condizioni abbiamomenosoldi,enonriusciamoadinvesti-re nell’innovazione, e per le societàvecchie, con prodotti tradizionali, èmoltodifficile sopravvivere inSvizzera.Questo spinge ledelocalizzazioni».Anche la sua società ha dovuto delo-calizzarepartedellaproduzione?«Sì, noi abbiamogiàda tempocentri inGermania,Malesia e Cina, dove è pos-sibile trovarepersonalemolto formato.Lapagadi un ingegnere inMalesia èdiun terzo rispetto alla Svizzera. Quelloche è nuovo è che non si sta delocaliz-zando solo la produzione, ma anche iservizi amministrativi, come le offerteai clienti, la contabilità, e via dicendo.Per onestà non voglio comunquemet-tere tutto sulle spalle della BNS, che hagiocato un grosso ruolo, ma anche avari fattori, come anche l’iniziativacontro l’immigrazionedimassa. L’eco-nomia èmolto pragmatica emolti vo-gliono vedere che direzione prenderàla Svizzera. Inoltre anche il marchiosvizzero è meno richiesto, o meglio,non si è più disposti a pagaremolto dipiùper questomarchio».

* presidente della Camera di commercio vodesee presidente della Rüeger SA di Losanna

L’ANNUNCIO Alle dieci e trenta di un tranquillo giovedì arriva la svolta nella politica monetaria della Banca nazionale. (Foto Keystone)

zxy Thomas Jordan ha pochi dubbi. Unanno dopo l’abolizione del cambiomini-mo di 1,20 tra euro-franco il presidentedella Banca nazionale svizzera rimanepersuaso di aver agito correttamente.«Siamo sempre convinti che la decisionesia stata giusta», ha affermato Jordan inun’intervista radiofonica di qualche gior-no fa. Secondo l’economista 53.enne lamisuraadottata il 15gennaio2015èavve-nuta nell’interesse della Svizzera. A suoavviso la soglia minima è stata un buonostrumento per lottare contro la forza delfranco,manonèaltrettantovalidoper farfronte all’attuale debolezza dell’euro.Continuare a difenderla non avrebbeavuto senso.Dall’altra Jordan valuta come sopporta-bili gli effetti negativi chequella scelta hacomportato. D’altra parte i timori di unarecessione, di una deflazione e di un for-te aumento della disoccupazione nonhanno trovato conferma in questi dodicimesi: l’economiaha rallentato fortemen-te (+0,2% nel primo trimestre; – 0,2% nelsecondo e zero nel terzo), ma ha evitatotecnicamente la recessione; i prezzi sonoscesi (–1,1% nel 2015), ma una parte èdovuta anche al crollo del petrolio; la di-soccupazione – la sorpresa più positiva –non è affatto esplosa, anche se, come in-segnano tutti imodelli, i tempidi riaggiu-stamento dell’occupazione sono piùlunghi. In ogni caso in alcuni settori lapressione sulle aziende è stata e restaelevata, ma secondo il presidente dellaBNSnon si puòparlare di deindustrializ-zazione del Paese. Vero è che l’industria,soprattutto quella di esportazione, sisente in grande difficoltà (vedi intervistea lato) e il settore del turismo e del com-mercio (con gli acquisti all’estero piùvantaggiosi) ha subito un contraccolpoimportante. Diverso il punto di vista del-le banche: «La sfida più grande per noisono stati gli interessi negativi introdottidalla BNS, più che l’abolizione della so-glia minima di cambio – spiega al CdTDaniela Flückiger di SwissBanking –. Ledifficoltà delle imprese esportatrici no-stre clienti ci riguardano inoltre da vici-no».

L’ANALISI zxy JEAN-PHILIPPE KOHL*

«Nell’industriapersimigliaiadipostidi lavoroe lo shocknonèancorapassato»zxy Il franco forte ostacola l’industria sviz-zera. Swissmem, l’organizzazionemantel-lo che riunisce le imprese del settore dellametalmeccanicaedelettrica, l’hapiùvolteripetutonelcorsodel2015.L’organizzazio-ne raccoglie oltre un migliaio di aziendecon 330 mila dipendenti e rappresenta il32% dell’export elvetico, con un valore dicirca 66 miliardi di franchi. Proprio a fineanno il portavoce dell’associazione avevaannunciato che oltre i due terzi delleaziende del settore hanno dovuto abbas-sare i prezzi per non essere cancellate dalmercato. Molti datori di lavoro hanno ta-gliato impieghi o trasferito la produzione.Dati ribaditidalvicedirettorediSwissmemJean-Philippe Kohl, capo della divisionePoliticaeconomicadiSwissmem.L’industria elvetica ha digerito il raffor-zamentodel franco svizzero?«No, il settore non ha superato lo shock

del rafforzamento del franco, che com-porta ancora conseguenzemolto pesantiper leaziendevotateall’esportazione.Noicrediamo che la situazione sia ancorapreoccupante per i nostri membri e chegli effetti negativi della decisione dellaBNS si sentirannoancoranel 2016».Pensate che quest’anno ci saranno an-cora dei rischi sull’andamento degli af-fari e sul livellodell’occupazione?«Sicuramente.La situazione restadifficilee le imprese elvetiche dovranno ancoraapplicaremisuredi razionalizzazionepercompensare il calo dei prezzi di venditaintrodotto per restare competitivi».È possibile tracciare un bilancio deglieffetti che il franco forte ha avuto sugliaffari nel 2015?«A livello di cifre, nel 2015 abbiamo regi-stratouncalodellecifred’affari,degliordi-nativi e le conseguenze sul livello occupa-

zionale sono state pesanti, anche se nonabbiamo ancora le cifre precise dell’Uffi-cio federale di statistica. Comunque siparla di diverse migliaia di posti di lavoropersi nel nostro settore. Inoltre la situazio-nealivellodimargini restamoltopreoccu-pante. Nello scorsomese di giugno il 35%delle aziende ci aveva annunciato cheprevedeva che il 2015 si sarebbe chiuso inperditaacausadella forzadel franco».Come giudicate la politica che la Bancanazionale svizzerahaportatoavantido-po l’abolizione della soglia minima dicambio con l’euro?«Chiaramente, laBNShadovutoprende-re le suedecisioni adattandosi allemossedella BCE. Dopo gli interventi massiccidell’Eurotower la BNS non disponevapiù di margini di manovra ed è stata co-stretta ad abbandonare la soglia di cam-bio. Questo è comprensibile. Ma questo

ha avuto conseguenzemolto pesanti peril nostro settore. Comunque la BNS è in-tervenuta introducendo i tassi negativi ecercando di indebolire il franco sui mer-cati, sempre rispettando il quadro legale.Noi auspichiamo che la BNS intervengaancora sul mercato dei cambi e che ilfrancoevolvapresto versounabandapiùragionevole rispetto alle divise impor-tanti. Per noi il livello attuale dell’euro-francoa1,08nonèancora soddisfacente,anche se non è possibile definire conprecisione un livello ideale».Quali sono le strategie che hanno adot-tato le imprese del settore industrialesvizzero per affrontare il problema delfranco forte?«Le imprese hanno dovuto reagire. Il 69%delle aziende in giugno ci aveva detto cheaveva dovuto ridurre i prezzi. Per questol’aumento dell’efficienza e una gestione

rigorosa dei costi sono i principali obietti-vi, a cui si aggiungono maggiori acquistidall’estero, il miglioramento dell’innova-zionee l’aumentodel tempodi lavoro».Il calo deimargini farà diminuire gli in-vestimenti?«Sì, ma non solo a causa dei margini, maanche sull’ondadel climapolitico incertodovuto alle relazioni con l’Unione euro-pea, soprattutto dopo l’Iniziativa control’immigrazionedimassa».Il fenomeno della delocalizzazione èstatomassiccio?Continuerànel 2016?«L’internazionalizzazione è un fattorechiave per le nostre imprese epermette diaccrescerne la competitività e favorire gliinvestimenti. Circa un quarto delle nostreimprese ha delocalizzato una parte dellaproduzionenell’UE,unaltroquartopensadi farloprossimamente». R. GI.

* vicedirettore di Swissmem

Macome si giunse alla svolta di un annofa e per quali ragioni? Tutto ha inizio il 6settembre 2011, quando in piena crisidei debiti europei, la Banca nazionalesvizzera fissa a 1,20 franchi il tetto delcambio contro l’euro, per evitare un ec-cessivo rafforzamento. Per difenderequesto obiettivo l’istituto si prepara adacquistare ingenti quantità di euro, im-mettendo liquidità. L’intervento per-mette di fermare il trend che il 10 agosto2011 aveva portato il tasso di cambio trale due valute vicino alla soglia di 1 a 1 edi mantenere per oltre tre anni la sogliaminima di cambio a 1,20 franchi per uneuro stabilizzandolo in un range tral’1,20 e l’1,25. La soglia minima di 1,20viene violata per la prima volta nell’apri-le 2012 quando in Asia durante le con-trattazioni la valuta di Eurolandia passaal di sotto delminimo stabilito dallaBNSsui mercati asiatici. Il 9 gennaio 2012

l’allora direttore della BNS, Philipp Hil-debrand, rassegna le dimissioni con ef-fetto immediato.Nella conferenza stam-pa in cui annuncia il ritiro, Hildebrandsottolinea che «l’attuale corso della poli-tica monetaria sarà portato avanti confermezza e che la soglia minima rimanea 1,20 franchi per un euro». Subito dopol’annuncio il franco si rafforza ulterior-mente su tutti i mercati. Il 4 settembre2014 l’ex numero uno di UBS e CreditSuisse,OswaldGrübel, critica duramen-te la politica della sogliaminimadi cam-bio assicurata dalla BNS e l’aggancio delfranco all’euro. Così facendo, secondoGrübel, la Svizzera sostiene in modo ar-tificiale lamoneta europea e indeboliscela propria: «Tutti i nostri patrimoni ven-gono svalutati per unquinto», afferma. Il18 dicembre 2014 la BNS, per ridurrel’attrattiva del franco, introduce un tassod’interesse negativo. I patrimoni dellebanche sui conti giro dell’istitutodaquelmomento in avanti verranno gravati conun tasso del –0,25%. Il 5 gennaio 2015 ilpresidente della BNS,Thomas Jordan ri-badisce che la soglia minima di 1,20franchi per un euro «rimane irrinuncia-bile». Le cose però vanno diversamente:il 15 gennaio 2015, la clamorosa retro-marcia: proprio Thomas Jordan annun-cia l’abbandonodaparte della BNSdellasoglia minima di cambio con la monetaunica. L’interesse negativo viene portatoa –0,75%. Ad un anno di distanza, ieri ilcambio viaggiava intorno a 1,0922, lon-tano da quella soglia perduta.

QUI RIVERA zxy LORENZO DOMENICONI*

«Laveraprovadasuperareèappena iniziata»zxy Pensare che le difficoltà maggiorisarebbero state nel 2015 è del tuttofuorviante, la veraprovada superare èil 2016. È la convinzione di LorenzoDomeniconi, fondatore di GTK Ti-mek, un gruppo specializzato nellaproduzione di rulli di alta precisioneper applicazioni tecniche con un’ot-tantina di collaboratori. La società èstata l’anno scorso vincitrice del PrixSVCdella Svizzera italiana.Cosa ha pensato un anno fa quandoha sentito ladecisionedellaBNS?«Questanotiziaè statacomeun fulmi-neaciel sereno,nessuno se lo sarebbemai atteso. Anche perché gli esperti ele banche stesse non avevanomai da-to un segnale in questo senso. La pri-ma reazione è stata di una totale con-fusione: dobbiamo ridurre il persona-le, gli stipendi».Poi ha preso fiato e ha cercato di tro-vareunaviad’uscitamenodolorosa.«Dopo un paio di giorni ho cercato diragionare sec’eranoaltre soluzioni:hoanalizzato le esposizioni dell’azienda,gli ordini in corso e ho capito che ladecisionemigliore sarebbe stata quel-la di prendere tempo, anche per capi-re in che direzione si sarebbe stabiliz-zato il cambio».Eraperònecessario programmare lemosse future. Come si èmosso con icollaboratori?«Ho riunito i responsabili e abbiamoliberamentediscussodella situazione,con un solo punto fermo: avevo giàdeciso di non fare né riduzioni di sti-pendionédi personale».

Ha scelto quindi una strada che faonore ad un imprenditore, ma chepuò creare problemi sul fronte deiconti.«Era ovvio che se non tagliavamo do-vevamo diventare più competitivi. Hoquindi confermato gli investimenti inun nuovo stabile che stavamo co-struendo, potenziato la ricerca e svi-

luppo e il reparto commerciale. E nonda ultimo ho cambiato macchine chenon erano ancora così vecchie percomprarne altre ancora più perfo-manti: unasceltadifficilemachevole-va guardare al futuro».Sta già cogliendo i frutti?«Sarebbe bello. I processi sono piùlunghi, ma vedo che questa scelta stagià portando risultati nella nostra ca-pacità di essere più innovativi. Ma so-no realista: per noi, come credo permolti imprenditori, il vero anno diffi-cile sarà il 2016, perché nel 2015 ave-vamo ancora gli ordini e il lavoro fattoprima della decisione della BNS.Quindi la preoccupazione c’è, ancheperché oggi il mercato è diventatocompletamente instabile: un giornoc’èeuforia, l’altrobastaunattentatodaqualche parte nel mondo e si ripiom-banella depressione».In questa ripresa mondiale che zop-pica vede segnali positivi da qualcheparte?«Paradossalmente è il mercato italia-no quello che sta dando i segnali mi-gliori.Diverseaziendechenonsi face-vanopiù sentireda temposono torna-tedanoi.Credochesiaun’ottimanoti-zia per tutto il Ticino, che vive di rela-zioni strette con la Penisola»Come stanno vivendo i suoi dipen-denti questa situazione?«La mia scelta è stata quella di infor-marli sempre di tutto. Ma nonostanteio non abbia voluto operare tagli, perloro la preoccupazione resta»

* fondatore GTK Timek

Tutti spiazzatiÈ stata l’unica banca cen-trale al mondo che non hamandato segnali di av-vertimento all’economia.Così nessuna impresa hapotuto prepararsi

Nervi saldiInvece di tagliare abbiamodeciso di investire conancora più forza.Ci vorrà tempo per vederei risultati, ma la direzioneè quella giusta

INDEX QUESTA SERA SUTELETICINO

Fari accesisulla valutazxy Il superfranco continua aoccupare la scena. Qualisono a questo punto le pro-spettive per la valuta elveti-ca e per la Borsa svizzera?Se ne parla questa sera aIndex, in onda alle 22 su Te-leTicino. Conduce Lino Terliz-zi. Ospiti Sascha Kever dellaPKB e Filippo Fink della BSI.

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